Supplemento settimanale a l’Automobile.
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
PAOLO BORGOGNONE ■ “I numeri governano l’universo”, parole dello scienziato greco Pitagora. Noi de l’Automobile questa settimana celebriamo il numero 100. Tanti quante sono le edizioni di questo settimanale, realizzate dal 30 giugno 2017. Cento è un numero complesso che ne racchiude in sé altri. Proprio come il nostro magazine, un compendio della settimana che, per l’occasione, propone una serie di articoli che hanno come fattore comune questa cifra tonda. Dalla prima auto che ha toccato i 100 all’ora alle 100%
Settimanale digitale • Anno 3 • Numero 100 • 4/10/2019
elettriche più vendute in Italia. Dalle Case fondate un secolo fa – Bentley, Citroën e Zagato – fino ai giorni leggendari della Targa Florio 1919. Oppure della prima vittoria in pista, sempre 100 anni fa, di un signore che si chiamava Enzo Ferrari e la cui eredità è ancora oggi il patrimonio preferito dagli italiani. E non dimentichiamo le novità, la Peugeot 208 in versione a batteria, che vanta proprio 100 kilowattora di potenza. Cento è un traguardo, sicuramente importante, che vogliamo festeggiare con tutti i nostri lettori. Ma non è un punto d’arrivo, bensì di partenza. Stiamo già scaldando i motori per il 101. Tutti a bordo.
AUTO E MOTO
Peugeot 208, elettrica da 100 kW. FRANCESCO PATERNÒ
■ LISBONA – Alla nuova generazione della Peugeot 208, berlina cinque porte di segmento B con i suoi 4,05 metri di lunghezza, il numero uno del marchio Jean-Philippe Imparato dà un obiettivo ambizioso: conquistare la leadership della categoria in Europa insieme alla prossima serie del piccolo suv 2008, che in particolare in Italia vale circa la metà dell’intero mercato. Mentre da gennaio 2020, sottolinea, Peugeot sarà già in linea con le nuove normative sulle emissioni di CO2 grazie all’offerta elettrificata dell’intera gamma che dispone anche dell’ibrido plug-in: “Non pagheremo multe, non perderemo soldi, rispettiamo da subito i limiti. Chi non è pronto adesso, andrà a soffrire molto”. Una nuova piattaforma “Per Peugeot l’Italia rappresenta già oggi il secondo 2
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mercato mondiale per il segmento B”, dice ancora Imparato, e la nuova 208 ha una carta in più per spingere il marchio sul gradino più alto del podio: la propulsione elettrica da subito disponibile insieme a quelle a benzina e diesel. Tutte costruite sulla nuova piattaforma (denominata Cmp e “Multinergie”), che permette di avere sulla stessa linea le tre versioni “rispondendo in tempo reale alle richieste dei mercati” e di dare ai clienti, aggiunge il top manager, “lo stesso costo di esercizio”. I prezzi della gamma La 208, che sfoggia un design ricercato sia all’esterno (molto sportivo, a scapito un po’ della spazio dietro e della visibilità di tre quarti posteriore) che negli interni (l’originale cruscotto digitale tridimensionale è
posizionato visivamente sopra la corona del piccolo volante, Peugeot lo chiama i-Cockpit) sarà in vendita in Italia dal 4 novembre, con prezzi che vanno dai 14.950 ai 38mila euro per il top di gamma, che è la versione a batteria super accessoriata (circa 30mila euro per una elettrica “normale”). A benzina i motori sono a 3 cilindri da 1.2 di cilindrata: da 75 cavalli con cambio manuale a 5 rapporti, turbo da 100 cavalli con cambio manuale a 6 rapporti o EAT8 (automatico a 8 rapporti) e turbo da 130 cavalli con cambio EAT8; un solo diesel con motore 4 cilindri da 1.5 di cilindrata, 100 cavalli e cambio manuale a 6 rapporti. Alla guida, il 100 cavalli si è dimostrato il più equilibrato, sempre pronto nella risposta in qualsiasi situazione di traffico. Unità elettrica da 100 kW Sull’elettrica, denominata e-208, l’abitabilità e il volume del bagagliaio sono identici a quelli della versione termica, grazie al posizionamento delle batterie sotto il pianale. L’unità ha una potenza di 100 kW pari a 136 cavalli e un pacco batteria da 50 kWh con una autonomia dichiarata di 340 chilometri, 8 anni o 160mila chilometri di garanzia. I tempi di ricarica Al solito, i tempi di ricarica variano moltissimo secondo la fonte: dalle 14 ore da una presa domestica fino a scendere ai livelli di uno smartphone agganciandosi a un sistema veloce che permette di avere l’80% della bat-
teria carica in mezzora. Via app sul proprio telefono è possibile programmare una ricarica a distanza e interromperla in qualsiasi momento. La Peugeot e-208 dispone di tre modalità di guida: Eco per ottimizzare l’autonomia, Normale per l’uso quotidiano, Sport per le massime prestazioni. Ha due modalità di frenata con tipologie più o meno accentuate di rigenerazione della batteria. Accordo con Enel X “Non vogliamo vendere l’elettrica per forza ma aiutare il cliente a fare la sua scelta con la massima consapevolezza”, ci dice ancora Imparato, lasciando a Salvatore Internullo, direttore del marchio Peugeot in Italia, di spiegare l’offerta per la e-208. Da una parte, attraverso un accordo con Enel X, Peugeot aiuterà il cliente a scegliere la migliore soluzione di ricarica a domicilio o in ufficio con una offerta di infrastrutture dedicate. Dall’altra c’è un’offerta di ricarica pubblica che permette con un pass di accedere alla rete di colonnine su tutto il territorio. Costi pari? Peugeot presenta anche una tabella che prevede, invece dell’acquisto (il claim di lancio è “non si compra ma si guida”), un anticipo di 3.500 euro e una rata variabile per un uso di 15mila chilometri all’anno della 208 elettrica e delle versioni a benzina e diesel da 100 cavalli. Il risultato è un sorprendente pareggio dei costi finali per l’utente: ma su questo c’è ancora da fare e da discutere. 4 Ottobre 2019 ·
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STORICHE
AUTO E MOTO
Cita n°25: andava a 100 all’ora.
Centoventi Fiat, 5 batterie da 100 km.
PAOLO ODINZOV
LUCA GAIETTA
■ Le auto elettriche? Sembra incredibile ma già alla fine del XIX secolo erano considerate una possibile alternativa alle vetture spinte da motori termici a scoppio. Al punto che proprio a un’auto a batterie spetta il merito di essere stata la prima in assoluto a toccare e perfino superare la soglia dei 100 chilometri orari. Parliamo della Cita nº 25, meglio conosciuta col nomignolo di “La Jamais Contente”. Segnò lo storico record il primo maggio del 1899, anno di costruzione del modello, durante una gara organizzata in Francia dal giornale “La France Automobile” ove veniva misurata la velocità delle vetture sul chilometro lanciato proprio per dimostrare quale tipologia di propulsione fosse la più performante.
■ Con la concept Centoventi, presentata quest’anno al Salone di Ginevra, Fiat ha inaugurato un nuovo modo di concepire le vetture a zero emissioni. Non solo per quanto riguarda design e dotazioni ma, soprattutto, nella scelta della autonomia di marcia a seconda delle esigenze.
Jamais Contente Guidata dal belga Camille Jenatzy, la Jamais Contente dopo un lancio di 500 metri percorse il chilometro alla velocità media di 105,88 chilometri orari, fermando il cronometro sui 34 secondi netti. Pensare che prima della partenza molti sostenevano che l’umanità non avrebbe mai potuto oltrepassare gli ottanta, limite dopo il quale secondo le convinzioni del tempo nessun tipo di struttura avrebbe resistito. La Jamais Contente, caratterizzata dalla carrozzeria a forma di siluro, raggiunse il primato grazie a due motori da 25 chilowatt. Erano sistemati uno per ciascuna ruota posteriore ed alimentati da batterie che fornivano una tensione di 200 Volt e 124 Ampere per una potenza di sistema intorno ai 50 chilowatt (68 cavalli). Non è un caso che nel 2009 la casa francese Venturi abbia ripreso il nome della celebre auto per identificare una serie di vetture sperimentali prodotte con il preciso intento di battere il record del mondo di velocità per veicoli ad alimentazione elettrica. 4
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Batteria come la vuoi La Centoventi anticipa i contenuti di una compatta pensata per rendere la mobilità elettrica accessibile a tutti. “La crei su misura”, spiegano i progettisti. Partendo proprio dal pacco batterie che prevede di poter aggiungere o togliere dei moduli – la disponibilità è fino a cinque – ognuno dei quali in grado di stoccare energia sufficiente a percorrere 100 chilometri. Ridefinire le “piccole” Una data di possibile produzione in serie della singolare vettura torinese non è ancora stata scritta. Ma secondo molti potrebbe ispirare l’erede della Panda ed essere la capostipite di una nuova generazione di compatte da città a batteria. Tela bianca “Il nostro obiettivo è di ridefinire la categoria delle piccole auto, come abbiamo sempre fatto con Fiat”, ha detto il presidente di Fca John Elkann. E la Centoventi sembra davvero orientata a svolgere il compito contando pure sull’elevata modularità dell’abitacolo (capace di ospitare 4 persone) e su 120 accessori prodotti dalla divisione Mopar di Fca. Ogni esemplare può essere unico, come una sorta di tela bianca da personalizzare attraverso uno specifico programma.
LIFESTYLE
100 anni fa, quando Edsel prese la Ford. FRANCESCO PATERNÒ
all’artista messicano Diego Rivera quei murales sul lavoro in fabbrica che da Detroit diventeranno celebri nel mondo, facendo discutere non poco per le accuse di “marxismo”. Henry torna alla presidenza della società nel 1943. A 80 anni, si riprende quel volante che non ha mai veramente lasciato. Il figlio Edsel non c’è più, stroncato a 50 anni da un tumore allo stomaco.
AUTO E MOTO
Zagato, 100 anni d’innovazione. EDOARDO NASTRI
■ È la storia di un figlio con un padre troppo ingombrante per essere lineare e finita troppo presto per una malattia. All’inizio del 1919 Edsel Ford, figlio del fondatore Henry che nel 1903 dà il nome di famiglia al nascente colosso di Detroit, diventa presidente al posto del padre, costretto a farsi da parte in disaccordo con gli azionisti. Uno dei tanti scontri di potere di una delle più grandi famiglie del mondo dell’automobile che è ancora lì al volante con il pronipote Bill. In quell’anno, la Ford produce negli Stati Uniti la metà di tutte le auto made in Usa, con la Ford T che domina il mercato ed è anche il simbolo di una nuovo sistema di produzione che nel Novecento finirà sui libri di storia con il nome di fordismo. Presidente a 26 anni Nel 1919, Edsel diventa presidente a nemmeno 26 anni e insieme a Henry scalano la loro società, riuscendo ad acquisire in luglio tutte le quote degli azionisti di minoranza per poco più di 105 milioni di dollari dell’epoca e diventare così unici proprietari. Serve una base più solida per lo sviluppo internazionale di Ford. Edsel è al volante, ma non è facile guidare con un padre così ingombrante, al punto che chi decide cosa finisce spesso in una zona grigia. Dentro la quale c’è per esempio il no di Henry all’idea di Edsel di fare un’auto più moderna della T. Il figlio dimostra sicuramente più passione del padre per il design, proprio mentre alla rivale General Motors stanno per creare il primo centro stile chiamato Art and Colour Section. Un mecenate per Diego Rivera Edsel si rivela anche un grande mecenate della sua città. Sostenitore del Detroit Institute of Arts, è lui a commissionare
■ La carrozzeria Zagato è nata da un’intuizione: abbandonare l’uso di strutture in legno per il telaio delle vetture, sostituendole con essenziali armature in acciaio su cui applicare carrozzerie in alluminio. Cento anni fa a Milano, Ugo Zagato fondava l’omonima azienda con l’intenzione di trasferire le tecnologie e il know how del mondo aeronautico (un settore in cui aveva lavorato durante la Grande Guerra) in quello automobilistico. Il primo progetto della Zagato fu proprio una carrozzeria d’ispirazione aeronautica per una Fiat 501 del 1922. Il successo dell’azienda milanese arrivò però negli anni ’30, decennio nel quale vennero disegnate alcune delle più belle Alfa Romeo di tutti i tempi, come la 6C 1500 Compressore del 1929, la 6C 1750 Gran Sport e la 8C 2300. Auto oggi rarissime e dal valore inestimabile che tuttavia è possibile ammirare durante manifestazioni come la Mille Miglia o altre importanti competizioni di regolarità. La serie “Panoramica” La volontà di rinascere dopo il disastro della Seconda Guerra mondiale portò le aziende stilistiche italiane a immaginare i veicoli del futuro. Zagato fu tra i più audaci: per lui le vetture di domani dovevano essere caratterizzate da 4 Ottobre 2019 ·
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una grande sensazione di abitabilità interna e per farlo il carrozziere milanese utilizzò semplicemente la luce. Nasce così la serie “Panoramica”, una gamma dalle ampie superfici vetrate e forme arrotondate. La prima fu una Fiat 1100 del 1947, realizzata con un attento studio del plexiglas, il materiale trasparente che veniva usato per almeno parte del tetto in sostituzione della lamiera e che poteva piegarsi, accompagnando le superfici curve della vettura. Il progetto brevettato fu dell’ingegner Vieri Rapi che offrì una soluzione all’avanguardia per l’epoca e di successo. Le Panoramiche di Zagato furono circa un centinaio. Il tetto a doppia bolla Alla morte del fondatore presero il timone dell’azienda i figli Elio e Gianni. Nonostante il cambio direttivo, la carrozzeria Zagato continuò ad avere successo, espandendo l’attività anche al campo del design industriale. Negli anni ’50 arrivano il tetto a “doppia bolla”, firma stilistica che il marchio continua a usare anche oggi, e una serie di modelli Gran Turismo di successo con linee filanti e aerodinamiche. Dalla Maserati A6 G/54 all’Alfa Romeo Giulietta Svz alla Lancia Flaminia Sport, solo per citarne alcune. Dagli anni ’60 inizia la collaborazione con Aston Martin. La DB4 Gt Zagato è stata una delle auto più amate dal jet set internazionale, pur essendo prodotta fino al 1963 in soli 19 esemplari. A partire da allora i due storici marchi non hanno più smesso di lavorare insieme e il loro ultimo progetto congiunto è la cabriolet Vanquish Volante del 2017. Oggi alla guida della carrozzeria c’è Andrea Zagato, 59 anni, nipote del fondatore. Tra i progetti più importanti dell’azienda milanese dell’ultimo decennio ci sono l’Alfa Romeo TZ3 concept realizzata per festeggiare il centenario del Biscione, la concept Bmw Zagato Coupé presentata nel 2013 al Concorso d’Eleganza Villa d’Este, e la Mostro del 2015, una Maserati realizzata in serie limitata che celebra il primo secolo di vita del Tridente.
AUTO E MOTO
100 candeline per Bentley. LINDA CAPECCI ■ Sono passati 100 anni da quando il londinese Walter Owen Bentley, dopo la laurea in ingegneria e un lungo apprendistato come meccanico anche nel settore ferroviario, nell’ottobre del 1919 fondò la Bentley Motors Ltd. insieme al fratello Horace. Il primo motore della Casa britannica venne completato proprio allora, nella sede di Street Mews a Londra, anche se la primogenita 3 Litre, con propulsore a 4 cilindri vide la luce solo nel 1921. La passione per le corse e la velocità portarono Mr Bentley a investire nello sviluppo di vetture sempre più performanti tanto che, nel 1922, decise di far partecipare una 6
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propria vettura alla 500 miglia di Indianapolis, classificandosi al tredicesimo posto. Le conquiste a tutta velocità Nel 1923 la stessa 3 Litre prese parte alla celebre 24 Ore di Le Mans. Raggiunse solo il quarto posto ma la vittoria non tardò ad arrivare: nel 1924 la variante sport della vettura riuscì ad aggiudicarsi la gara con alla guida il britannico Frank Clement e il canadese John Duff. Nel 1926 W. O. Bentley cedette la maggioranza delle azioni della società all’imprenditore sud africano Barney Barnato, proprietario minerario e padre di Woolf, un pilota che portò proprio le Bentley alla vitotria in alcune gare. Proprio nello stesso anno nacque la 4 ½ Litre, la leggendaria auto che l’agente segreto James Bond guida nei romanzi di Ian Fleming. Tra il 1927 e il 1930 la Casa britannica riuscì a conquistare 4 vittorie consecutive alla 24 ore di Le Mans. La prima con una 3 Litre Super Sport guidata dal duo britannico composto da Dudley Benjafield e Sammy Davis, la seconda con una 4 ½ Litre, la terza e la quarta con una Speed Six. Le difficoltà Nonostante i successi sportivi negli anni ’20 la Bentley dovette affrontare una grave crisi finanziaria in seguito alla grande depressione. Rolls-Royce, la sua principale concorrente, si offrì di acquistarla: l’acquisizione venne ufficializzata nel 1931 e due anni dopo fu svelata la prima vettura della nuova fase: la 3 ½ Litre, una versione più aggressiva della Rolls 20/25, che non piacque agli affezionati del marchio ma ne conquistò molti altri, attratti dal suo comfort straordinario. Nel 1938 nacque lo storico stabilimento di Crewe, creato dal Governo britannico insieme a Rolls-Royce, per produrre i motori aerei della RAF che saranno impegnati nella seconda Guerra Mondiale. Nel ’46 vide la luce la Mark VI, primo modello del marchio con carrozzeria interamente in acciaio. Nel ’52 fu prodotta la T1, la prima Bentley con telaio monoscocca. Negli anni ’70 Bentley visse il suo periodo più buio: i modelli dell’epoca – a detta di molti puristi – non sembravano altro che delle “repliche delle Rolls”. La situazione iniziò a migliorare a partire dal 1980 con il lancio della Mulsanne e la variante Turbo nel 1982 che insieme alla Turbo S del 1985 contribuì al rilancio sportivo del brand; al 1991 risale il debutto della prima Bentley dai tempi della S3 a non avere una carrozzeria derivata dai modelli Rolls, la Continental R.
Comprati dai tedeschi Una svolta per il marchio britannico ci fu nel 1998, quando venne acquistato dal gruppo Volkswagen. Insieme al lancio della Continental Gt, dotata di un potente motore 6.0 W12 – la prima sviluppata sotto la supervisione tedesca – arrivò un’altra vittoria a Le Mans grazie alla Speed 8: l’equipaggio era f l’italiano Dindo Capello, il danese Tom Kristensen e il britannico Guy Smith. Nel 2002, in occasione del Giubileo d’Oro della regina Elisabetta II, Bentley è tornata dopo lungo tempo a essere uno dei fornitori ufficiali della Casa Reale inglese. Per l’occasione sono stati realizzati su commissione due esemplari di State Limousine e il primo dei due è stato consegnato alla regina presso la residenza reale di Windsor. Nel 2005 ha debuttato la variante a quattro porte Continental Flying Spur mentre risale all’anno successivo il lancio della versione cabriolet GTC. Il 2011 ha visto la luce la seconda generazione della Continental GT. La vera rivoluzione però c’è stata nel 2016 con la Bentayga, primo suv del marchio che da pochissimo è arrivato in commercio anche in versione ibrida. E la storia continua.
BUSINESS
Le 100% elettriche più amate in Italia. VIOLA SELAVY
ancora evidentemente troppo bassi. L’Italia è decisamente lontana dall’elettrificazione. Anche se il numero dei modelli 100% elettrici a disposizione degli acquirenti è salito quest’anno a 26, rispetto ai 22 di un anno fa. Vediamo la classifica delle più vendute. Il podio Secondo i dati dei primi 8 mesi dell’anno, è ancora la francese Renault Zoe a guidare la classifica generale delle auto a batteria preferite dagli italiani, con 1.657 vetture registrate. Al secondo posto Tesla Model 3 (1.164), al terzo smart fortwo (1.036). Agosto ha visto però un relativo picco nelle immatricolazioni della piccola tedesca (137) che farebbero pensare ad un avvicinamento all’elettrica di Musk (71). Ricordiamo che la gamma delle citycar di Casa Daimler dal 2020 sarà interamente elettrificata. Gli altri modelli Al quarto posto della top 10 del 2019 troviamo Nissan Leaf con 787 unità, a seguire smart forfour a 382, Bmw I3 (287) e Hyundai Kona (275). Rispettivamente in ottava e nona posizione si attestano Tesla Model S con 193 vetture e Model X ferma a 149. Ultima della top 10 Jaguar I-Pace che conta 137 registrazioni. Seppur con questi numeri ancora decisamente deficitari, il mercato si è difeso piuttosto bene, pur in un mese tradizionalmente complicato come agosto. In totale le immatricolazioni sono state 534, contro le 190 nello stesso periodo dello scorso anno; una variazione percentuale del 181%. Sperando che il trend cambi definitivamente nel prossimo futuro.
AUTO E MOTO
I 100 anni del Salone di Barcellona. CARLO CIMINI
■ Nei primi 8 mesi del 2019 in Italia sono state immatricolate 6.451 vetture elettriche. Rispetto al totale di 3.091 unità commercializzate nel 2018 la crescita è del 109%. I dati Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri) parlano chiaro: i numeri sono in crescita, ma i volumi
■ Automobile Barcelona, il Salone Internazionale catalano, compie un secolo di vita. L’evento automotive si svolge dal 1919 alla Fira de Barcelona nel mese di maggio con decine di marchi provenienti da tutto il mondo che si incontrano sulle rive del mediterraneo spesso per svelare le proprie anteprime. Un’esposizione che si articola su150mila metri quadrati, tra innovazione, tecnologia e futuro, ma senza dimenticare la centenaria tradizione dell’evento. L’auto show catalano si celebra con cadenza biennale negli anni dispari nel quartiere di Montjuïc con una media superiore ai 250mila visitatori per edizione. L’attenzione dei media locali è rivolta soprattutto alle automobili prodotte nella regione, come ad esempio Seat che ha la fabbrica a Martorell, Nissan a Barcellona e Ford a Valencia. 4 Ottobre 2019 ·
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Un secolo da ricordare Il presidente del Salone, Enrique Lacalle, durante l’ultima edizione ha detto: “Celebrare 100 anni è qualcosa che in pochi possono permettersi. Noi siamo la storia di un miracolo, sopravvissuti a due guerre e alla più grande crisi economica degli ultimi decenni e che è ancora forte e persistente. In mezzo a tutto questo siamo riusciti a innovare, a darci un dimensione internazionale e a trasformare Barcellona e l’automobile in una occasione mondiale che riunisce tutti i gruppi del settore”. Inoltre, il Congresso dei Deputati della regione autonoma della Catalogna ha dichiarato l’Automobile un evento di “interesse pubblico eccezionale”, includendolo nel Bilancio generale dello Stato 2018. Si tratta, infine, dell’unica manifestazione in Spagna che ha il riconoscimento internazionale dell’OICA (Organizzazione Internazionale dei Costruttori d’Automobili), e che gode del supporto di Anfac (l’associazione nazionale dei produttori auto) e Aniacam (il gruppo degli importatori in Spagna).
AUTO E MOTO
Emissioni CO2: chi si ferma a quota 100. EDOARDO NASTRI ■ A partire dal prossimo gennaio entrano in vigore le normative approvate dall’Unione Europea che stabiliscono nuovi limiti sulle emissioni di anidride carbonica prodotte dai veicoli. La gamma delle vetture immatricolate da ogni costruttore (il 95% dal 2020, il 100% dal 2021) dovrà emettere in media al massimo 95 grammi di CO2 per chilometro. Se questo non dovesse accadere le Case si troveranno a pagare pesanti sanzioni. 8
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I costruttori fanno passi avanti e investono risorse per ridurre e successivamente azzerare la produzione di anidride carbonica anche durante il processo produttivo (il cosiddetto sistema Carbon Free). Secondo gli analisti, l’ultima auto con il solo motore termico dovrebbe essere venduta nel 2030. In occasione del centesimo settimanale de l’Automobile online abbiamo fatto una ricerca trovando una decina di modelli benzina, diesel, ibridi e a metano che superano di soli 5 grammi il limite previsto dal 2020, fermandosi così a quota 100. Senza andare a indagare le (molte) vetture che si avvicinano ( tra 95 e 99) e tutte quelle che sforano questo limite. Le tedesche sono diesel Sono solo tre le tedesche che emettono 100 grammi di CO2 per chilometro, tutte premium e diesel. Parliamo della Bmw Serie 1 con motorizzazione 1.5 a tre cilindri da 116 cavalli e delle Mercedes Classe A e Cla 180d anch’essa da 116 cavalli. Tra le vetture a gasolio si aggiungono la Nissan Qashqai 1.5 dci da 116 cavalli (lo stesso motore delle Mercedes citate sopra) e la Peugeot 308 con il 1.5 Hdi da 100 o 130 cavalli (quest’ultima solo in versione station wagon). Sfogliando i listini fanno 100 la Ford Fiesta 1.5 Ecoblue a benzina da 86 cavalli e le Renault Twingo Sce da 65 e Clio Tce da 100 cavalli. Per le alimentazioni alternative ci sono la berlina di lusso Lexus Es Hybrid da 218 cavalli e la Seat Leon a metano con il 1.5 da 130 cavalli.
AUTO E MOTO
Da 0 a 100: adrenalina, non per tutti. CARLO CIMINI ■ “Tre, due, uno. Giù l’acceleratore” è una frase che suona familiare e che spesso accompagna la lettura del-
le specifiche tecniche di quanti secondi un’auto impiega a raggiungere i 100 chilometri orari: uno dei dati più consultati dagli appassionati, seppur non così rilevante, dovendo considerare innanzitutto la sicurezza e i limiti di velocità imposti dal codice della strada che sono sempre da rispettare. Inoltre la maggior parte delle vetture immatricolate non ha un assetto sportivo da pista. Ma tra le auto stradali in commercio, più o meno accessibili a tutte le tasche, si trovano sia veri e propri fulmini a quattro ruote ma anche chi della velocità non fa certo la propria arma vincente. Ecco la classifica delle 10 più veloci e delle altrettante più lente sullo scatto da 0 a 100 chilometri orari.
STORICHE
Ferrari, 100 anni in rosso.
La classifica delle più veloci Al primo posto Nissan GT-R da 570 cavalli: solo 2,7 secondi per raggiungere i 100 all’ora e Ferrari 488 Pista – la V8 più potente della storia del Cavallino – da 720 cavalli superata di un decimo (2,8). Terze a 2,9 secondi, la coppia di Lamborghini Huracan e Aventador, rispettivamente da 640 e 740 cavalli. Appena fuori dal podio, l’Audi R8 coupé performance (620) che raggiunge i 100 chilometri all’ora in 3,1 secondi. Quinte Bmw M8 competition, versione a tetto chiuso, da 625 cavalli, Mercedes GT coupé 4 porte 63 AMG s (639) e l’elettrica Tesla Model S performance 230 cavalli (3,2). Sesta l’elettrificata Porsche Panamera turbo s E-Hybrid (680) e uno 0-100 in 3,4 secondi. Chiudono la classifica, Audi RS6 da 600 cavalli (3,6) e Jaguar F-Type 5.0 V8 coupé (575) che impiega 3,7 secondi.
ANGELO BERCHICCI
La classifica delle più lente La smart forfour 1.0 da 71 cavalli vince – suo malgrado – la classifica delle auto meno brillanti in commercio nello 0-100 chilometri all’ora: 16,9 secondi. Per un solo decimo (16,8) Hyundai i10 (1.0 MPI, 67 cavalli) è più “veloce”. Terza Skoda Fabia 1.0 MPI (60) che impiega 16,6 secondi per raggiungere la velocità di riferimento. A seguire, Nissan Micra IG da 71 cavalli (16,4), l’accoppiata Seat mii e Volkswagen up! (entrambe con il motore 1.0, 68 cavalli) con 16,3 secondi, le cugine francesi Peugeot iOn e Citroen C-Zero con propulsore elettrico (48) in 15,9 secondi e Fiat 500L 1.3 Multijet da 95 cavalli (15,5 secondi). Completano la graduatoria delle meno scattanti, Renault Grand Scenic con motore diesel Blue Dci da 120 cavalli (15,2 secondi) e a pari merito Mahindra Kuv100 (1.2 VVT, 83) e Toyota Yaris con il benzina 1.0 da 72 cavalli (15 secondi da 0 a 100 chilometri orari).
■ Esattamente 100 anni fa Enzo Ferrari ebbe il primo assaggio di un mondo, quello delle corse, a cui avrebbe dedicato la sua intera esistenza. Tutti conosciamo Ferrari come costruttore di automobili da sogno e fondatore di una delle scuderie più famose e vincenti del motorsport, ma siamo meno abituati a pensare al Drake nei panni di pilota. Eppure, il 5 ottobre 1919, la grande storia sportiva di quest’uomo iniziò dietro il volante di una Cmn (Costruzioni Meccaniche Nazionali), una piccola casa automobilistica con sede a Milano. Un esordio incoraggiante All’indomani della Grande Guerra, grazie all’amicizia con il pilota Ugo Sivocci, il ventenne Ferrari trovò lavoro come collaudatore presso la Cmn. Tutte le Case utilizzavano le competizioni per far conoscere al pubblico le proprie automobili. Ben presto, quindi, Ferrari poté realizzare un sogno che accarezzava sin da bambino: il 5 ottobre prese parte alla sua prima corsa, la Parma-Poggio di Berceto, una gara in salita particolarmente dura a causa del fondo accidentato. L’esordio di Ferrari come pilota fu incoraggiante (si piazzò quarto di categoria e dodicesimo assoluto), tanto che Sivocci convinse il giovane Enzo a prendere parte ad una delle gare più importanti dell’epoca: la Targa Florio, che si svolgeva sul finire di novembre. Dati gli scarsi mezzi di cui disponeva la Cmn, Ferrari e Sivocci furono costretti ad arrivare in Sicilia a bordo delle loro auto da corsa. Circondati dai lupi Come raccontato da Ferrari, l’inverno rigidissimo e le strade ancora inesistenti resero la marcia di avvicinamento più difficile della gara stessa. Diretti a Napoli, dove avreb4 Ottobre 2019 ·
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bero dovuto imbarcarsi per Palermo, si trovarono bloccati a causa della neve sull’altopiano abruzzese delle Cinquemiglia. Ben presto le due vetture furono circondate da un branco di lupi, che furono scacciati dalla pistola di Ferrari.
comunque a condurre la sua monoposto fino al traguardo, in seconda posizione. Sul gradino più alto del podio sale inaspettatamente Alain Prost, che viene portato in trionfo dagli uomini Ferrari.
L’ingaggio in Alfa Romeo La gara non andò per il meglio: problemi al serbatoio della benzina e un ingorgo causato da un comizio fecero arrivare Ferrari in nona posizione, fuori tempo massimo. La sua carriera da pilota continuò e, dopo una breve parentesi in cui corse con un’Isotta Fraschini, il giovane Enzo venne ingaggiato dall’Alfa Romeo, nel 1920. Fu l’inizio di una collaborazione destinata ad entrare nella storia.
Doppio trionfo Oltre a conquistare la gara di casa, in quell’8 luglio il francese regalò al Cavallino Rampante la sua vittoria numero 100 in Formula Uno. Nonostante 5 gare vinte da Prost, fu Ayrton Senna ad aggiudicarsi il campionato mondiale 1990 e la Ferrari non andò mai più tanto vicina al titolo piloti fino all’arrivo di Michael Schumacher.
La nascita della Scuderia Nel 1929, dopo aver alternato per anni al ruolo di pilota quello di rappresentante delle auto del Biscione, Ferrari fondò l’omonima scuderia, una sorta di squadra corse Alfa Romeo non ufficiale. Dopo la rottura con la Casa milanese nel 1937, la piccola officina artigianale rinacque a Modena sotto il nome di Auto Avio Costruzioni nel 1939, prima di ritornare all’originale denominazione di Scuderia Ferrari nel 1947. Vittoria numero 100 in Formula Uno C’è un altro momento nella storia della Ferrari in cui ricorre il numero 100. Siamo nel 1990, il Drake è morto da due anni, e la Scuderia affronta un lungo digiuno in Formula Uno, con l’ultimo mondiale piloti vinto che risale al 1979. Il 1990 sembra l’anno buono: la Ferrari ha strappato alla McLaren il campione del mondo in carica, Alain Prost, e con la nuova monoposto, la 640 F1, il Cavallino rampante è ritornato competitivo. Il Gran Premio di Francia Come nei due anni precedenti, il campionato è monopolizzato dalla rivalità tra Prost e Senna, rimasto alla McLaren. L’8 luglio si corre la settima prova, il Gran Premio di Francia nel circuito Paul Ricard. Senna si presenta a Le Castellet con 8 punti di vantaggio su Prost, grazie ad un inizio di campionato positivo, mentre il francese sta provando ad accorciare il gap ed è reduce da una vittoria in Messico. Ad ottenere la Pole è Nigel Mansell su Ferrari, seguito dalle McLaren di Gerhard Berger e Ayrton Senna. Prost chiude la seconda fila in quarta posizione. La partenza non è delle migliori per i piloti Ferrari che scivolano indietro. Il primo colpo di scena arriva quando iniziano i pit-stop. Entrambe le McLaren perdono tempo a causa di problemi nell’avvitamento della gomma posteriore sinistra e vengono scavalcate da Prost. Finale rocambolesco Ma la vera sorpresa sono le due Leyton House di Ivan Capelli e Mauricio Guglielmin che, grazie ad un’aerodinamica molto spinta, riescono a preservare le gomme e rinunciano al pit-stop, finendo in prima e seconda posizione. Sul finire della gara il distacco su Prost, risalito in terza posizione, è tale da far pensare ad una storica vittoria per il team britannico. Invece, al 54esimo giro la monoposto di Guglielmin rallenta per un problema al motore, viene superata da Prost ed è poi costretta a ritirarsi. A pochi giri dalla fine la stessa sorte tocca alla vettura pilotata da Ivan Capelli, che riuscirà 10
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· 4 Ottobre 2019
STORICHE
Peugeot L25, quando 100 anni fa vinse in retromarcia. MASSIMO TIBERI
■ 1919: la Prima Guerra Mondiale è finita da un anno e il mondo assiste al rilancio dell’industria automobilistica europea, che era impegnata a fondo nello sforzo bellico, tanto da abbandonare la produzione “civile”. Nascono così nuovi modelli e nuove aziende – una su tutte, Citroën – mentre tornano a far parlare di se anche le competizioni a quattro ruote. In Italia, la Targa Florio è alla sua decima edizione, con un percorso ridisegnato di 108 chilometri e l’allestimento di tribune e box permanenti. Il 23 novembre la corsa siciliana prende il via con il maltempo e una situazione delle strade tutt’altro che favorevole ai venti partecipanti, fra i quali Enzo Ferrari alla guida di una CMN, la Costruzioni Meccaniche Nazionali marchio esordiente nel settore dopo esperienze in campo aeronautico durante il conflitto.
Inizio difficile Già nel giro iniziale, dei quattro previsti, i ritiri sono numerosi, tra gli altri quelli dell’Alfa Romeo di Campari e della Fiat di Ascari, mettendo in evidenza la superiorità della Peugeot di André Boillot e della Ballot di René Thomas. La rottura di un semiasse, nella tornata finale, elimina la Ballot, ma un colpo di scena rimette in discussione quella che sembrava ormai una marcia tranquilla di Boillot verso la vittoria. Proprio all’uscita dell’ultima curva, la Peugeot in testacoda esce di strada ferendo leggermente un paio di addetti alla sicurezza e il pilota francese taglia il traguardo in… retromarcia. I commissari contestano l’irregolarità e Boillot, comunque in grande vantaggio sul secondo (Moriondo alla guida di una Itala), aiutato dai meccanici ripete la manovra questa volta nel senso giusto. Baciato dalla fortuna Un finale emozionante e fortunato che incorona la vettura blu numero 5, prima straniera a salire sul gradino più alto del podio della Targa Florio e a 55 chilometri orari di media in meno di otto ore, confermando l’ottimo potenziale tecnico, sperimentato perfino ad Indianapolis, della Peugeot L25, una quattro cilindri bialbero 2,5 litri da 80 cavalli. Sfortuna invece per Enzo Ferrari, tradito dalla sua vettura nel corso del terzo giro.
AUTO E MOTO
Citroën, l’ingegno compie 100 anni. EDOARDO NASTRI
la storia. Il giovane entra in azienda nel 1922 senza saper parlare una parola di francese. Basterà mostrare al signor Citroën il suo brevetto per il sollevamento pneumatico dei finestrini per essere assunto immediatamente. Le doti di scultore di Bertoni gli hanno permesso di realizzare, per la prima volta nella storia dell’automobile, il modello in scala della Traction Avant. Da allora e fino al 1964 realizzò lo stile delle più importanti vetture come 2CV e DS. I festeggiamenti Quest’anno il marchio francese spegne 100 candeline e per l’occasione sono state organizzate diverse manifestazioni. Il Double Chevron verrà celebrato anche da due concept car che saranno presentate nel corso dell’anno. Una la vedremo al prossimo Salone di Ginevra (7-17 marzo) e, secondo quando dichiarato dal costruttore, rappresenterebbe “un modello importante, al pari di quello che fu la rivoluzionaria 2CV, capace di anticipare un nuovo sistema di mobilità”. Dal 6 al 10 febbraio al salone Retromobile presso il Paris Expo Porte de Versailles, gli appassionati potranno visitare lo stand dedicato al centenario su cui verranno esposti più di 30 modelli suddivisi in tre categorie: concept car, veicoli sportivi e di produzione. Dal 14 al 17 febbraio le vetture più rappresentative verranno esposti anche al London Classic Car Show. Nella capitale francese nel mese di aprile verrà organizzato il “Rent&Smile Origins”, un’iniziativa che permetterà di guidare una Citroën d’epoca prenotandosi online. Dal 19 al 21 giugno 11mila collezionisti si riuniranno a La Ferté-Vidame, la storica pista dove è stata messa a punto la 2CV. Sono previsti oltre 50mila visitatori. Pubblicitario e viaggiatore Il signore del “Double Chevron” ha portato innovazione anche nel modo di fare pubblicità. Per promuovere le sue vetture all’estero ha organizzato delle vere e proprie spedizioni in tutto il mondo. In Africa nel 1922 e nel 1924 con il Sahara Crossing e la Croisière Noire, in Asia nel 1931 con la Croisière Jaune e nel 1935 in Canada con la Croisière Blanche. Ma non si è fermato qui: per quasi 10 anni 250mila lampadine hanno proiettato il suo nome sulla Tour Eiffel. Per realizzare tutto questo sono stati necessari più di cento chilometri di filo elettrico. Il 4 ottobre 1922 gli abitanti di Parigi avevano gli occhi rivolti al cielo per guardare la scritta Citroën. Un aereo aveva disegnato con la sua scia le lettere, ognuna alta 450 metri
■ Sono passati 100 anni da quando André Citroën ha rivoluzionato la produzione automobilistica francese ispirandosi al modello industriale americano di Taylor. L’imprenditore riuscì a convertire la sua fabbrica di granate attiva durante la Prima Guerra Mondiale, in stabilimento per la produzione di automobili e il 4 giugno del 1919 uscì la Tipo A, la prima Citroën. In soli tre anni i concessionari del marchio in Francia erano diventati 292, molti dei quali vecchi garage riconvertiti in punti vendita di proprietà di amici di André. Collaboratori geniali André Citroën seppe circondarsi di collaboratori geniali tra cui Flaminio Bertoni, scultore italiano prima che progettista e designer di modelli unici entrati a far parte del4 Ottobre 2019 ·
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AUTO E MOTO
Maserati Ghibli numero 100mila. ANGELO BERCHICCI
■ La Maserati Ghibli numero 100 mila ha lasciato la linea di produzione dello stabilimento “Avv Giovanni Agnelli” di Grugliasco (Torino). L’auto in questione è una Ghibli S Q4 nell’allestimento GranSport di colore Blu Emozione e interni in pelle Pieno Fiore nera. Le prestazioni La vettura, spiega l’azienda modenese, è destinata al mercato italiano, dove la berlina ha riscosso un buon successo sin dalla sua presentazione nel 2013. La Ghibli S Q4 è spinta da un motore 3.0 litri V6 Twin-Turbo da 430 cavalli, ed è dotata di un sistema di trazione inte12
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· 4 Ottobre 2019
grale a ripartizione elettronica della coppia. Di rilievo le prestazioni: la velocità massima è di 286 chilometri orari, mentre lo 0-100 viene coperto in soli 4,7 secondi. La gamma La Ghibli rappresenta l’entry level della gamma Maserati, composta dal suv Levante, dall’ammiraglia Quattroporte e dalle sportive GranTurismo e GranCabrio. Oltre al V6 a benzina (disponibile anche in versione da 350 cavalli), la berlina del Tridente è anche la prima Maserati ad offrire una motorizzazione diesel, un 3.0 V6 da 275 cavalli.
AUTO E MOTO
La Bmw X1 anche ibrida plug-in. PAOLO ODINZOV
da 10,3 pollici (optional) che permette di sfruttare i servizi Bmw Connected Drive. I motori In vendita con un listino a partire da 33mila euro, la nuova X1 può contare su un ricco ventaglio di motori accoppiati a seconda del tipo a una trasmissione manuale o automatica e una trazione anteriore o integrale. Tra questi diversi diesel: compresi un 1.5 litri da 116 cavalli e un 2.0 da 231 già omologati Euro 6d. Mentre riguardo ai propulsori benzina dispone al momento di un 1.5 da 140 cavalli e 2.0 da 192. Attacca la spina A marzo del prossimo anno la nuova X1 verrà inoltre proposta in una inedita versione ibrida plug-in (ovvero ricaricabile da una presa di corrente). Questa, spinta da un 1.5 benzina da 125 cavalli abbinato a un motore elettrico da 70 chilowatt (95 cavalli), sarà in grado di viaggiare per 50 chilometri a zero emissioni grazie alla energia di una batteria della capacità di 9,7 chilovattora.
AUTO E MOTO
■ MONACO – Sembra facile ma aggiornare un’automobile che da quando è arrivata sulle strade non ha sbagliato un colpo, rivelandosi uno dei modelli più venduti nella sua categoria, non è cosa da poco. Anche se si tratta di un semplice restyling bisogna trovare il giusto equilibrio. 1,7 milioni di unità vendute dal 2009 Proprio seguendo questa filosofia alla Bmw hanno “rivisto e corretto” la X1. Suv entry level nella gamma del costruttore di Monaco, presentata nel 2009 e prodotta fino ad oggi in 2 generazioni, ha conquistato oltre 1,7 milioni di clienti nel mondo. Il nome proiettato sull’asfalto La tedesca, cresciuta in lunghezza rispetto alla precedente di un centimetro fino a 4,45 metri, segue adesso nello stile l’ultimo family feeling di marca. Sfoggia nel frontale una mascherina più evidente, incorniciata da gruppi ottici a led, e ribadisce l’anima hi-tech del modello con gli specchietti che proiettano sull’asfalto la scritta X1 bicolore all’apertura delle portiere. Mentre nella parte posteriore si fa riconoscere per dettagli dal piglio sportivo come il paraurti abbassato e i terminali di scarico dal diametro maggiorato. Un salotto hi-tech Anche all’interno, dove rimane inalterata l’elevata capacità di carico del bagagliaio variabile da 505 a 1550 litri, la nuova X1 presenta alcune modifiche che ribadiscono il tono premium del modello. La plancia, rifinita da cuciture a vista e inserti in tinta con i rivestimenti dei sedili, offre sulle versioni top una strumentazione digitale. E fa bella mostra nell’abitacolo il sistema multimediale con schermo 14
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· 4 Ottobre 2019
Mazda3 Skyactiv-X, l’alternativa. EDOARDO NASTRI
■ SOFIA – Mazda ha progettato e messo in commercio il nuovo motore Skyactiv-X, un propulsore alimentato a benzina ma che funziona in parte come un diesel anche nelle prestazioni. “Siamo riusciti a trovare le soluzioni tecniche che permettono a questo motore di passare da combustione convenzionale ad accensione per compressione con l’utilizzo di una candela che chiamiamo Spark Controlled Compression Ignition”, racconta Heiko Strietzel, l’ingegnere che ha curato parte del progetto. In più i progettisti giapponesi hanno
aggiunto al sistema propulsivo una batteria a 24 volt, trasformandolo in mild hybrid. Il nuovo motore aspirato ha esordito sulla berlina Mazda3 in configurazione 2.0 di cilindrata da 180 cavalli, disponibile con cambio a sei marce automatico o manuale a due o quattro ruote motrici, che abbiamo guidato sulle strade della Bulgaria nei dintorni di Sofia. Gli effetti positivi di questa nuova tecnologia interessano prestazioni e consumi. Secondo il costruttore giapponese, lo Skyactiv-X permette di ottenere una coppia maggiore di circa il 10% rispetto al tradizionale motore a benzina Skyactiv-G e un risparmio di carburante di circa il 20%. Tecnologia silente La Mazda3 con lo Skyactiv-X conserva le buone doti dinamiche delle versioni diesel e benzina, unite a un design curato e sportivo e alla buona qualità costruttiva, con materiali e assemblaggi all’altezza della concorrenza premium. Nella guida non si percepisce quando la miscela si accende per compressione o per combustione, il motore è infatti molto fluido nell’erogazione ma, vista l’assenza del turbo e la coppia di 224 newtonmetri, per cercare un po’ di prestazioni va guidato ad alti regimi. Mazda dichiara un consumo medio misurato nel ciclo d’omologazione Wltp di circa 5,7 litri per 100 chilometri. Alla fine della nostra prova tra traffico cittadino, autostrada e piccole statali montane il computer di bordo registrava circa 6,1 litri per 100 chilometri, ottenuto senza risparmiarsi troppo con il gas. Un buon risultato, paragonabile a una vettura diesel di pari segmento e cilindrata. Al momento l’ibridizzazione del modello rimane leggera e non sono previste altre versioni elettrificate. 100 anni di test Gli ingegneri Mazda cercano il giusto equilibrio di funzionamento tra benzina e diesel dagli inizi del ’900, e non sono i soli. Nel 2008 infatti Volkswagen ha presentato il Gci, un propulsore a benzina il cui processo di combustione non veniva innescato dalla candela ma dalla compressione e nel 2010 ci ha provato anche Mercedes-Benz con il Diessotto. I progetti sono stati abbandonati con il tempo, mentre l’idea di Mazda, allo studio dal 2009, è stata quella di non eliminare completamente la candela, ma di utilizzarla solo quando necessario. La Mazda3 Skyactiv-X è già in vendita in Italia con un prezzo che parte da 27.800 euro. Per questa versione non c’è l’allestimento base, ma si parte dall’Executive per passare all’Exceed e arrivare alla top di gamma Exclusive.
AUTO E MOTO
Porsche Taycan, cuore elettrico. ALBERTO SARASINI
■ DORNBIRN/INNSBRUCK – Di lei sappiamo praticamente già tutto, ora però entriamo finalmente in contatto con l’elettrica dell’anno: livrea bianca, ruote da 21” con freni carboceramici, versione “top” Turbo S. La Porsche Taycan è finalmente in strada: dal vivo è bassa, molto slanciata e ricorda da vicino la Panamera con forme appena più raccolte. Si spinge un pulsante e la Taycan prende vita, con la “strabordante” batteria di schermi di bordo che si accende come i solisti dell’orchestra della Filarmonica di Vienna: quello curvo di fronte al conducente è abbinato al display centrale dedicato a navigazione e servizi, seconda unità sottostante per la climatizzazione ed ulteriore monitor di fronte al passeggero per infotainment ed ogni altra funzionalità disponibile. Impossibile annoiarsi. Coppia da togliere il fiato Nel traffico, anche nella versione Turbo S della Taycan (ma l’unica turbina di bordo è quella della ventilazione interna) si apprezzano le “classiche” doti della propulsione elettrica: erogazione docile e morbida, davvero molto ben dosabile e frenata naturale. Non solo ovviamente. La grande batteria al litio da 93,4 kilowattora alimenta due motori, che realizzano una trasmissione integrale a gestione elettronica, chiamata a scaricare al suolo una punta di 761 cavalli con 1.050 newtonmetri di coppia. Adrenalina pura. E a questo traguardo prestazionale che puntiamo non appena la strada lo consente: giù il gas e la testa si deve appoggiare al sedile per controbilanciare un’accelerazione che sorprende per istantaneità. L’auto che superiamo, nei rispetti dei limiti delle autostrade austriache, è scomparsa in un lampo e siamo già sui freni per conservare un’andatura “potabile”: impressionante, tanto più considerando che siamo in modalità Normal. In Sport e Sport+ la grinta di erogazione diventa ancor più accentuata e sotto Launch Control l’auto traguarda i 100 all’ora da fermo in appena 2,8 secondi, con passaggio 0-200 – laddove fosse possibile – sotto i 10 secondi; la Taycan Turbo S continua a togliere il fiato ad ogni scatto deciso. Ma sa aggredire con altrettanta autorevolezza curve lente e veloci, con la consueta, certosina maestria del telaio Porsche, oltre ad offrire un comfort di notevole qualità sia per insonorizzazione, sia per assorbimento delle asperità. Batteria e ricarica ad alta tecnologia Non potrebbe essere che così, peraltro, per un veicolo dal listino esclusivo (192.977 euro) dal quale si pretende il massimo. Ed il massimo, la Casa di Stoccarda lo offre anche nelle soluzioni tecniche di stoccaggio dell’energia 4 Ottobre 2019 ·
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elettrica, attraverso un accumulatore a 800 Volt pensato per offrire la massima autonomia (388-412 chilometri su ciclo WLTP) e la ricarica più rapida possibile; facendosi ad esempio bastare appena 5,5 minuti per immagazzinare 100 chilometri di autonomia sulle colonnine ad alta potenza da 270 kilowattora, come quelle del circuito europeo Ionity (non molte per diffusione in Italia). Tutto bene? Si anche se il velo d’ansia prende inesorabilmente nell’ultimo terzo di autonomia residua ed il bagagliaio limitato nella cubatura (366 litri), obbliga al “sacrificio” dei passeggeri posteriori quando si parte verso mete ambiziose. Dettagli quando si tratta – elettrica o meno – di una sportiva pura.
AUTO E MOTO
Bmw Serie 3 Touring: comfort e prestazioni. VALERIO ANTONINI
■ BOLOGNA – Dopo la versione berlina, Bmw completa il lancio della nuova Serie 3, presentando la Touring, arrivata alla sesta generazione con più di un milione e mezzo di esemplari venduti nel mondo. La carrozzeria station wagon piace molto agli italiani che la preferiscono alla “sorella” nel 75% dei casi. Al contrario in Europa, dove la familiare è scelta solo dal 25% dei clienti. Rispetto alla precedente, la Serie 3 Touring mantiene il design con piccole differenze tutte nel posteriore: linea dei finestrini – di solito piatta – che si alza leggermente in coda ricordando l’X3, passaruota rinforzati e doppi tubi di scarico ingranditi fino a 9 centimetri di diametro. Rinnovata anche la fanaleria anteriore con luci a Led o laser (op16
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· 4 Ottobre 2019
zionali, ereditati dall’alto di gamma i8) che consentono di abbagliare fino a 500 metri senza disturbare altri veicoli. La griglia centrale è stata ingrandita come nella famiglia dei suv, le barre sul tetto – non spiovente – sono di serie. Più spazi e comodità Basata sulla stessa piattaforma “Clar” della berlina, la Touring cresce in dimensioni fino a 4,7 metri per 1,8 di larghezza (più lunga di 7 centimetri della quinta generazione) e nella capacità del vano bagagli: oltre 10 centimetri in più di volume per un totale di 500 litri (1.510 con i sedili reclinati). Il portellone automatico si apre anche passando il piede sotto il baule. Le rotaie sul piano di carico facilitano lo scorrimento di borse e valigie pesanti, queste si “gonfiano” in movimento e – grazie alla gomma anti scivolo – tendono a fissare il più possibile oggetti più leggeri e delicati. Il lunotto è apribile separatamente come da tradizione Touring. Gli interni confermano la qualità dei materiali già visti sulla berlina. I sedili ergonomici sono modulabili e si possono sganciare, abbassare e spostare automaticamente. La gestione delle distanze tra i sedili permette ai passeggeri di stendere le gambe quanto basta per stare comodi: è pur sempre una familiare. Il quadro strumenti digitale da 12 pollici riporta alcune informazioni sul parabrezza, mentre il display touch-screen sulla plancia centrale da 10,25 pollici consente di accedere ai sistemi di infotainment e collegare i dispositivi mobili, connessi alla rete attraverso una sim integrata 4G e consultabili con pagine a scorrimento come uno smartphone o tablet. Station wagon, ma sportiva Nonostante la configurazione station wagon, la serie 3 Touring conserva le proporzioni delle berline Bmw a trazione posteriore: calandra allungata, sbalzo anteriore ridotto, abitacolo arretrato e coda corta. Mantiene anche la vocazione sportiva della “gemella”, grazie allo sterzo diretto e preciso, al baricentro basso e alla distribuzione del peso (ridotto di 10 chili) 50:50 sui due assali. Gli ammortizzatori progressivi lavorati meccanicamente rispetto alla precedente limitano rollio, sbalzi e sollecitazioni, aumentando il piacere di guida. Le performance sono garantite da motori prestazionali: tre diesel e tre benzina. Abbiamo provato tra le colline bolognesi la 320d con motore 4 cilindri gasolio da 2 litri e 190 cavalli. L’auto si è dimostrata particolarmente versatile, unisce comfort e prestazioni con equilibrio. Divertente da guidare e già pronta a scattare a bassi regimi, allo stesso tempo spaziosa e poco rumorosa. La gamma dei propulsori diesel è completata dal 318d da 150 cavalli e dal 330d sei cilindri da 265. Tra le benzina troviamo la più performante M340i da 374 cavalli, seguita dalle 320i e 330i da 184 a 258 cavalli rispettivamente. Le vetture più alte in gamma sono anche abbinate alla trazione integrale e al cambio automatico a 8 rapporti, mentre i motori più piccoli sono accoppiati con trasmissioni manuali. A luglio 2020 arriverà anche una versione ibrida plug-in con batteria ricaricabile dall’esterno. Tecnologie all’avanguardia Le tecnologie di bordo – come l’Intelligent Personal Assistant che risponde ai comandi vocali al saluto: “Hey, Bmw” – sono ereditate da modelli più alti in gamma: Serie 7, X7 e X5. L’allestimento base della 320d consente un principio di guida autonoma di livello 2 (il massimo consentito dalla
legge e che prevede le mani costantemente sul volante e lo sguardo attento verso la carreggiata) con sistemi di assistenza al guidatore che evitano all’auto di sbandare riportandola in corsia in caso di distrazioni, adeguano la velocità in base all’andatura delle vetture che la precedono e frenano automaticamente in caso di emergenza. L’esterno dell’abitacolo è monitorato da quattro telecamere perimetrali visibili sullo schermo centrale con funzione di registrazione fino a 20 secondi “all’indietro nel tempo” che si avvia automaticamente in caso di incidente. Le immagini in memoria si sovrappongono con quelle precedenti e possono essere memorizzate. Inoltre si possono scattare foto in tempo reale di cosa c’è intorno al veicolo. Questi dispositivi e le 70 centraline elettroniche si possono perfezionare in remoto tramite gli aggiornamenti online divulgati dalla Casa, proprio come accade con i sistemi operativi degli smartphone. Il prezzo di attacco della Serie 3 Touring parte da 41.600 euro per la 320d che abbiamo guidato.
Eredità Chrysler La vicenda nacque dalla denuncia di due concessionari sul territorio americano che sostennero di essere stati costretti a gonfiare i dati di vendita. La frode si sarebbe concretizzata attraverso un data base con i numeri effettivamente realizzati ai quali venivano aggiunte commercializzazioni fittizie quando le concessionarie non raggiungevano gli obiettivi prefissati. Rimane ancora aperta la questione riguardante Reid Bigland – capo delle vendite di Fca negli Usa – che nel giugno di quest’anno ha denunciato l’azienda per avere trattenuto indebitamente il 90% del suo compenso, con una perdita di quasi 1,8 milioni di dollari. Secondo il manager si sarebbe trattato di una “ripicca” per la sua collaborazione con la Sec riguardo la vicenda dei dati gonfiati. Bingland ha sempre sostenuto che il comportamento di Fca Usa era ben noto ai vertici, compreso il ceo Sergio Marchionne. Dal canto suo il manager – scomparso il 25 luglio del 2018 – si difese affermando di aver ereditato il modus operandi da Chrysler. Questa parte della vicenda verrà discussa in una causa in tribunale: la prossima udienza è fissata per il 3 ottobre 2019.
BUSINESS SPORT
Fca, multa da 40 milioni 1000 Miglia Green, buona negli Usa. la prima. REDAZIONE
CARLO CIMINI
■ Fca ha accettato di pagare una multa da 40 milioni di dollari per chiudere il contenzioso con la Sec (Stock Exchange Commission), l’ente Usa che controlla la borsa. La questione si riferisce all’accusa di aver falsificato i dati di vendita tra il 2012 e il 2016, fornendo dati gonfiati che testimoniavano una crescita che in realtà si sarebbe arrestata nel 2013. La sanzione, fa sapere il ramo Usa di Fca, non incide sullo stato patrimoniale dell’azienda e si aggiunge a un accordo separato con alcuni investitori che avevano denunciato il gruppo per frode sui titoli e ai quali sono state riconosciute compensazioni per un totale di 14,75 milioni di dollari.
■ BRESCIA – Si è svolta in un clima estivo la prima edizione della 1000 Miglia Green: la gara di regolarità sullo stile della storica competizione – seppur con un percorso decisamente ridotto – è stata vinta da Gianmaria Aghem e Rossella Conti a bordo di una Tesla Model 3 Performance. Hanno completato il podio De Angelis e Del Gaudio sulla Renault Zoe al secondo posto, terzo il team Confaloni-Meneghini su Mercedes EQC. L’equipaggio de l’Automobile si è classificato 12esimo a bordo di una Hyundai Kona full electric. 4 Ottobre 2019 ·
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250 chilometri a zero emissioni La 1000 Miglia Green – dedicata solo a vetture elettrificate, sia moderne che d’epoca – ha attraversato alcuni dei luoghi simbolo della storica competizione. L’evento ha richiamato migliaia di persone, tra curiosi e appassionati, ponendo al centro il tema della mobilità sostenibile. La gara di regolarità è stata suddivisa in tre tappe per un totale di 250 chilometri circa. 35 vetture, 45 prove cronometrate e 6 controlli timbro, con punti di ricarica a copertura di tutto percorso, merito anche dei van di e-gap che hanno permesso alle vetture con la spia rossa accesa di rifornirsi di energia in qualsiasi momento. Un occhio al cronometro Partenza da Brescia, la città da cui ha origine la 1000 Miglia storica con un circuito cittadino tra le vie del centro. Il giorno successivo gli equipaggi hanno lasciato la Leonessa d’Italia e sono arrivati a Milano passando per le terre della Franciacorta, Bergamo e la Brianza, ma soprattutto per Crespi D’Adda: un omaggio allo spirito che ha accompagnato la nascita dell’industria moderna italiana. Il Villaggio operaio di Crespi – fondato nel 1875 – è diventato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 2005, uno degli esempi meglio conservati a livello industriale al mondo, funzionante fino a dicembre 2003. E le case sono tuttora abitate. La seconda tappa poi si è conclusa a piazza Gae Aulenti (Milano) intitolata alla grande designer e architetto e progettata da César Pelli. Il distretto smart di Porta Nuova è stato inaugurato nel 2012 come uno dei progetti di riqualificazione urbana più grandi e importanti d’Europa e per questa occasione ha ospitato il 1000 Miglia Green Village. Durante la terza e ultima tappa di domenica 29, il convoglio elettrificato ha percorso un tratto di pista ciclabile (eccezionalmente dedicato alle quattro ruote) lungo l’Alzaia Naviglio Martesana che ha permesso di raggiungere direttamente Milano, in circa 30 chilometri. Il percorso connette i diversi parchi pubblici. Passando per il centro storico meneghino – da Via Monte Napoleone al Duomo e il Teatro della Scala – le vetture hanno lasciato il capoluogo per raggiungere il Centro di Guida Sicura ACI-Sara: lungo i 1.500 metri del circuito le auto in gara hanno completato le ultime prove cronometrate su pista. Il pranzo e la cerimonia di premiazione hanno concluso l’evento. Appuntamento al prossimo anno.
BUSINESS
Nissan: Sunderland a rischio chiusura. 18
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· 4 Ottobre 2019
COLIN FRISELL ■ LONDRA – In caso di no deal Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza accordi commerciali (attualmente fissata al 31 ottobre), Nissan potrebbe spostare la produzione del suv Qashquai in un altro impianto e chiudere la storica fabbrica di Sunderland. La notizia – che se confermata sarebbe un disastro per l’economia del nord est dell’Inghilterra – è stata riportata per primo dal Financial Times che cita tre differenti fonti “bene informate”. Il costruttore non ha commentato le indiscrezioni, limitandosi a dire che “le scelte per ora non sono cambiate”, ma è sottinteso che il futuro di Sunderland è legato alla possibilità di un accordo che eviti un’improvvisa impennata dei dazi e delle difficoltà di approvvigionamento per la fabbrica. Notizie in altalena Col voto del 2016 sulla Brexit, per l’impianto realizzato alla fine degli anni ’80 è iniziato un periodo di estrema incertezza. Poco dopo la sorprendente vittoria del “leave”, Nissan ha concluso un accordo con il governo inglese dell’allora primo ministro Theresa May che avrebbe garantito una certa stabilità alla produzione e quindi ai livelli occupazionali in cambio di una spinta propulsiva alla elettrificazione. Nell’estate del 2017 è poi arrivata la notizia che il costruttore avrebbe investito quasi 60 milioni di euro per rinnovare la fabbrica sulle rive del Wear, così da poter realizzare una doppia catena di montaggio e raddoppiare il numero di vetture sfornate dall’impianto. Ma già a febbraio di quest’anno la doccia fredda, con la notizia dello spostamento della produzione del suv a sette posti X-Trail da Sunderland al Giappone. Via i costruttori Le incertezze sulla Brexit che si trascinano ormai da oltre tre anni hanno lasciato il segno sull’industria inglese dell’auto. Nel corso di questi mesi altri costruttori come Honda e Ford hanno già deciso di chiudere i propri impianti sul suolo britannico, mentre altre – come per esempio Jaguar Land Rover di proprietà degli indiani di Tata che ha parlato di tagli per 2 miliardi di sterline – hanno annunciato drastiche riduzioni negli investimenti. A questo si aggiunga che – per timore di possibili carenze o di dazi imposti alle materie prime in arrivo dall’Europa, tutte le Case con fabbriche nel Regno Unito hanno già effettuato in aprile settimane anticipate di chiusura estiva e si preparano a fare lo stesso alla fine di questo mese. Con pesanti conseguenze sulla produzione.
Sunderland, paradossalmente la città inglese che ha avuto la percentuale più alta di votanti per la Brexit con il 61%, sopravvive economicamente proprio grazie all’impianto voluto nel 1986 dal governo Thatcher e che dà lavoro a 7mila dipendenti che, considerando l’indotto, salgono quasi a 30mila. Dalla fabbrica esce un terzo della produzione automobilistica del Regno Unito e il 26% di quella del costruttore giapponese in Europa.
BUSINESS
La ripresa di settembre. EDOARDO NASTRI
Giù diesel, su benzina Continua il calo delle motorizzazioni diesel: -13,9% per 52.166 auto. Bene invece le immatricolazioni a benzina, in crescita del 30,4%, pari a 63.681 vetture. Aumentano le vendite di auto con alimentazioni alternative:+50% Gpl, +186% metano. Numeri decisamente positivi anche per elettriche ed elettrificate. Le vetture a zero emissioni immatricolate a settembre sono state 1.253, in crescita del 157%, 10.949 le ibride (+40,3%). Bene suv e sportive A settembre sono cresciute le vendite di quasi tutti i segmenti, tranne quello delle vetture medie e grandi, che ha perso il 3,21%. Bene le citycar +40%, i suv di piccola taglia (+31,2%) e i compatti (+23,4%). Di rilievo anche il grande incremento delle sportive (+107%). Nel cumulato dei primi 9 mesi sono stati immatricolate 617mila vetture con architettura suv o crossover, con una crescita di 45.000 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
BUSINESS
Cina, anche l’auto fa la rivoluzione. ANGELO BERCHICCI ■ Dopo il calo del 3,3% di agosto, a settembre il mercato dell’auto in Italia è cresciuto a doppia cifra: +13,4% a fronte di 142.136 unità immatricolate. Il nono mese dell’anno è stato al momento il migliore di tutto il 2019. Nei primi nove mesi del 2019 i privati italiani hanno acquistato oltre 20mila vetture in più dello stesso periodo dell’anno precedente (+2,49%). Le immatricolazioni business invece perdono da gennaio a settembre lo 0,6% mentre vola il noleggio: +37,7%, pari a 5.431 unità in più.
■ Il primo ottobre 1949 il leader del Partito Comunista cinese Mao Zedong proclamò la fondazione della Repubblica Popolare. Quando il ’Grande Leader’ tenne il suo discorso davanti ad una Piazza Tian’anmen gremita di gente, nel Paese le automobili funzionanti si contavano sulle dita di una mano. Le fabbriche di auto erano totalmente assenti e le poche vetture presenti in Cina, fornite dagli Stati Uniti ai funzionari del partito nazionalista del Kuomintang, erano state da questi distrutte o condotte sull’Isola di Taiwan assieme ad armi e denaro.
Fiat in testa, Volkswagen quella che cresce di più Fiat mantiene il primato delle vendite in Italia, con 19.393 unità targate (+3,4%) nel mese. La sua quota di mercato da gennaio a settembre 2019 è del 15,2%, circa 2,2 punti in meno dell’anno precedente. Al secondo posto c’è Volkswagen, che a settembre è cresciuta del 44,2% con 14.075 auto targate. Terzo gradino del podio per Ford (+3,7%), quarta Opel (+21% e 8.552 auto) e quinta Peugeot (+0,6% e 7.931 vetture). La Panda continua ad essere la vettura più venduta in Italia anche se a settembre ha perso il 6,3% rispetto allo stesso mese del 2018, fermandosi a 9.183 unità immatricolate. Medaglia d’argento per la Lancia Ypsilon che cresce del 29,5% con più 4.156 auto, terzo posto per la Volkswagen T-Cross che si ferma a 3.560 unità.
Un boom partito in ritardo A 70 anni esatti da quella data, l’industria automobilistica cinese è la più grande al mondo. Sin dal 2009 la produzione annuale di auto è maggiore di quella di Stati Uniti e Giappone messi assieme. Si stima che nel 2019 saranno circa 24 milioni le vetture prodotte nel paese asiatico, un dato che risente della contrazione del mercato automobilistico causato dalle controversie commerciali con gli Stati Uniti (nel 2018 i veicoli costruiti sono stati 27 milioni). Secondo i dati del China’s Traffic Management Bureau, l’autorità di Pechino che sovrintende ai trasporti, il numero di auto circolanti in Cina ha raggiunto i 250 milioni. Numeri a cui si è arrivati grazie a un boom impressionante, che ha visto l’industria automobilistica cinese far registrare i tassi di crescita più elevati di sempre 4 Ottobre 2019 ·
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tazioni di auto, dall’altro cercarono di dare slancio all’industria nazionale attraverso uno strumento tuttora utilizzato: le joint venture con i marchi stranieri. Volkswagen, Chrysler e Peugeot furono i primi costruttori occidentali a mettere piede in Cina, in seguito a un accordo con il governo che permetteva alle Case di vendere i loro modelli senza pagare dazi, a patto che questi venissero prodotti tramite gli impianti e la manodopera dei costruttori locali.
(a partire dal 2000 la produzione è aumentata in media del 20% – ovvero di circa un milione di veicoli – ogni anno). A colpire è soprattutto il fatto che la grande rincorsa della Cina all’automobile sia iniziata con notevole ritardo. Nei primi 40 anni dalla fondazione della Repubblica Popolare la quantità di autovetture prodotte è rimasta marginale, posizionandosi tra le 100 e le 200 unità annue. All’inizio solo camion e trattori Nel 1950, grazie all’aiuto dei sovietici, furono fondate in Cina le prime aziende metalmeccaniche, che si dedicavano alla costruzione di trattori, camion e mezzi militari. Le principali furono la First Automobile Works (FAW), la Nanjing (oggi Nanjing Automobile Group), la Shanghai (Shanghai Automotive Industry Corporation), la Beijing (Beijing Automotive Industry) e la Second Automobile Works (oggi Dongfeng Motor Corporation). Solo nel 1958, con il “grande balzo in avanti”, il piano di industrializzazione voluto da Mao, si decise di avviare nel paese una piccola produzione di automobili. Le prime due vetture interamente costruite in Cina furono la Dongfeng CA71, una berlina pensata per i medi-funzionari, e la Hongqi CA72, ammiraglia destinata alle alte cariche del partito. Negli anni fecero il debutto anche altri modelli, come la Shanghai SH760, tutti prodotti in poche decine di esemplari all’anno, basati meccanicamente su vetture sovietiche e con un design che si ispirava a quello di marchi europei e americani, come Ford, Chrysler e Mercedes. Fino a metà anni ’80 la quantità di automobili private in Cina rimase a livelli minimi, dal momento che possedere una vettura era considerato politicamente sospetto. Gli unici soggetto legittimati ad avere un’auto erano i funzionari di partito e le “danwei”, le unità collettive di produzione, all’interno delle quali i veicoli erano utilizzati in maniera condivisa dai lavoratori. Nel 1984 il Partito decise di aprire all’acquisto delle auto da parte dei privati per sostenere l’economia. La grande corsa all’automobile Dal momento che l’industria nazionale non era in grado di soddisfare la domanda di vetture, schizzata in poco tempo alle stelle, le importazioni dal Giappone crebbero di sette volte nel solo 1984, passando da 10.500 a 85mila veicoli, nonostante i dazi imposti alle auto straniere ammontassero al 260% del loro valore. Nel 1985 la popolazione cinese spese complessivamente 3 miliardi di dollari per importare 350mila veicoli dal paese del Sol Levante. Preoccupate da quello che poteva diventare un eccessivo deficit commerciale, le autorità cinesi da un lato aumentarono ulteriormente i dazi e posero un tetto massimo alle impor20
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· 4 Ottobre 2019
La tigre cinese inizia a ruggire A partire dagli anni ’90 l’economia cinese entrò nella sua fase espansiva più importante, caratterizzata da tassi di crescita annui superiori al 10%. Uno dei pilastri su cui si basò il boom cinese fu la produzione di auto: nel 1992 venne raggiunto il traguardo del milione di vetture annue prodotte, nel 2000 venne superato anche quello dei 2 milioni e nel 2001, con l’entrata della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, l’industria automobilistica andò incontro a un’ulteriore crescita, grazie all’aumento delle esportazioni, dirette soprattutto verso i paesi del Sud-Est asiatico. L’apertura al libero-mercato Nei primi anni 2000 il Partito avviò una graduale conversione del paese ai principi dell’economia di mercato: la proprietà privata divenne un diritto costituzionalmente garantito e vennero fortemente ridotti i dazi e le limitazioni alle importazioni. Come conseguenza di questa normalizzazione, la Cina divenne il principale mercato al mondo per tutti i grandi gruppi automobilistici. Con l’aumento del tenore di vita i gusti dei consumatori si orientarono sempre più verso i prodotti americani ed europei, privilegiando in particolare i brand premium. Nei primi sette mesi del 2019 al primo posto nel mercato cinese si è posizionato il gruppo Volkswagen (2,2 milioni di veicoli venduti, 17,8% di share), seguito da General Motors (1,8 miioni, 12,2%) e dal gruppo Toyota (960mila veicoli, 7,5% di share). Con 836mila auto vendute (6,3%), il primo costruttore nazionale, Geely, è solo al quinto posto, dopo il gruppo Honda. A causa della guerra dei dazi con gli Stati Uniti, il mercato cinese dell’automotive è andato incontro ad una contrazione per la prima volta dal 1990. Nel 2018 le vendite sono diminuite del 4%. Nel corso del 2019 il trend negativo si è approfondito, tanto che la China Association of Automobile Manufacturers (CAAM), l’associazione cinese dei costruttori, stima che a fine anno le vendite dovrebbero diminuire del 5%. Guerra all’inquinamento L’enorme diffusione delle automobili private ha costretto ben presto le autorità cinesi a confrontarsi con la crescita incontrollata dei livelli di inquinamento. Il governo ha concesso ampi incentivi per l’acquisto di veicoli a bassa emissione, facendo diventare rapidamente la Cina il paese con il maggior numero di auto elettriche in circolazione, e contemporaneamente le amministrazioni locali hanno adottato misure severe per contenere la proliferazione delle auto, come apporre un tetto massimo alle immatricolazioni annuali. Grazie alle misure di contenimento del traffico, la media delle emissioni di Pm 2,5 nelle principali 75 città è diminuita del 42% se confrontata con i livelli del 2013. Nonostante i miglioramenti, in molti centri, tra cui Pechino, la quantità di particolato fine rimane comunque oltre quattro volte superiore rispetto alla media di 10 microgrammi per metro cubo su base annua consigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
LIFESTYLE
Marcello Mastroianni, classe a quattro ruote. PAOLO BORGOGNONE
■ Il 28 settembre Marcello Mastroianni, uno dei più grandi attori della storia del cinema italiano, protagonista di pellicole immortali come “La Dolce Vita” di Federico Fellini, avrebbe compiuto 95 anni. La sua carriera – lunga 170 film – era iniziata nel 1939 per poi proseguire con titoli diventati cult per gli appassionati come “Fantasmi a Roma” (1961), “8 e mezzo” (1963), “Matrimonio all’italiana” (1964), per terminare solo con la sua morte il 19 dicembre 1996. Amatissimo per la sua bravura sul set e per l’innata eleganza che lo contraddistingueva, l’attore nativo di Fontana del Liri (oggi provincia di Frosinone, ma all’epoca in pieno ventennio fascista chiamata provincia di Terra di Lavoro) non si smentiva neanche quando si trattava di quattro ruote. Le auto che ancora circolano e di cui è stato proprietario confermano la sua vocazione alla classe. Non a caso Mastroianni era un appassionato “lancista” e ancora oggi alcune delle sue vetture fanno bella mostra di sé negli eventi heritage e vengono battute all’asta a prezzi non indifferenti. 22
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· 4 Ottobre 2019
Doppia Lancia È il caso della Flaminia Coupé 2.8 3B appartenuta all’attore tra il maggio e il giugno del 1965 e che la scorsa primavera è stata aggiudicata in un’asta per 63.660 euro. Presentata al Salone di Torino del 1958, la Flaminia Coupé era dotata al suo esordio di un motore V6 da 2,45 litri e 119 cavalli che la spingeva fino ai 170 chilometri orari. Il motore venne aggiornato già nel 1960 con tre carburatori Weber doppio corpo e un collettore di aspirazione che accrebbero la dotazione di cavalli fino a 128 e la velocità massima fino a 178 all’ora. Una terza versione – che toccava i 180 – debuttò nel 1962 con un nuovo motore, spinto fino a 140 cavalli. Un’altra Lancia appartenuta a Mastroianni sarà invece in mostra tra il 24 e il 27 ottobre 2019 ad Auto e Moto d’Epoca, la manifestazione in programma anche quest’anno alla Fiera di Padova. Si tratta di una Flaminia “Super Sport Zagato” del 1965 rossa fiammante che verrà portata in esposizione dal Museo Nicolis di Verona per festeggiare i 100 anni di Zagato. Presentata al Salone di Torino del 1964, la Super
Sport curiosamente comparve allo stand Lancia il 4 novembre, quando l’evento era già iniziato da alcuni giorni. Week
Ritrovamento fortunato Tra tutte le interpretazioni di Mastroianni, quella del giornalista e scrittore Marcello Rubini in “La Dolce Vita” diretto da Federico Fellini (che definì l’attore ciociaro “magnifico”) e scritto da Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, è quella che più ha avuto eco in tutto il mondo. Il film vinse la Palma dOro a Cannes e l’Oscar per i costumi nel 1960. In alcune delle scene, girate nel 1959, Mastroianni e la co-protagonista, l’attrice svedese Anita Ekberg, attraversano la Città Eterna – fino alla famosa inquadratura con la Ekberg che si immerge nella Fontana di Trevi – a bordo di una Triumph TR3 del 1958. L’auto, che si riteneva scomparsa, è tornata improvvisamente a far parlare di sé nel 2016 quando è stata inconsapevolmente acquistata dall’ex senatore Filippo Berselli. Tra i documenti dell’auto anche la targa originale immortalata nel film: Roma 324229.
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COVER STORY LIFESTYLE
Cucina a motore. DAVIDE OLDANI *
La qualità, gli ingredienti, il design, il gioco di squadra. Dai fornelli all’automobile, storie parallele raccontate da uno dei più grandi chef italiani.
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PUBBLICATO SUL NUMERO 33 - OTTOBRE 2019
cuciniamola
dieci grandi chef per dieci auto
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■ L’automobile è un mezzo che mi fa rilassare e che mi concede il tempo per potermi concentrare e pensare, come quando si ha vicino una persona di cui fidarsi, e se ne coglie la medesima sensazione. L’auto elettrica, in particolare, trasmette un senso di leggerezza unico, fa sentire bene perché è energia pura e tutto questo mi riporta alla cucina, dove la leggerezza è mangiare in maniera corretta, seguendo le stagioni e le quantità giuste con i prodotti di qualità. Per progettare e costruire un buon modello è necessario un gioco di squadra, questa consapevolezza mi accompagna già da quando, ragazzo, frequentavo i campi da calcio: ho giocato a livello professionistico, a sedici anni ero in serie C2 fino a quando, infortunato, ho dovuto interrompere. Il concetto di squadra, appreso con lo sport, l’ho applicato al mio lavoro di Chef: in cucina tutti ne fanno parte, remando nella stessa direzione, dalla preparazione all’assemblaggio, come in fabbrica. La realizzazione di un piatto è composta da delicati passaggi che, se non rispettati, compromettono il risultato finale e l’intero lavoro così come la produzione in catena di montaggio. La Smart Forfood In cucina come nell’auto, si ha la possibilità di personalizzare il piatto, tramite la propria arte, per ogni singolo cliente, arrivando pertanto a una eccellenza. Dell’automobile amo il design e quando mi è stata data la possibilità di pensare alla Smart Forfood, l’ho disegnata come una cucina: l’ho “vestita”, ho ridefinito l’interno con allestimenti speciali per un picnic all’aperto, ricavando lo spazio per un frigorifero, le piastre e la macchina del caffè. Per design, in cucina, intendo tante cose: piatti, bicchieri e tutto ciò che
La showcar Smart Forfood nata dall’incontro fra lo chef Davide Oldani e le società Focaccia Group e Medici Style.
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aiuta a dare valore al cibo. Il cibo è un’arte effimera, perché non appena viene consumato, cambia forma e scompare. Se guardiamo invece all’automobile, il design è ciò che è stato creato, direi dunque che ho reso quasi “cucinabile” una Smart. Comfort e ospitalità In questi due mondi, a coincidere, non è soltanto il concetto di leggerezza ma anche quello di comfort, parola che in cucina traduco in ospitalità, come nella sala del ristorante per la quale ho disegnato anche i tavoli e le
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sedie così da offrire maggior comodità ai clienti che vengono a mangiare. La comodità riguarda tutto, il modo di servire e cucinare: il layout della cucina è fondamentale come quello di una macchina, si viaggia bene nel momento in cui si è comodi. Non meno importanti sono gli ingredienti, essenziali anche nella nostra storia parallela a quattro ruote. Gli ingredienti e la qualità del prodotto definiscono la differenza insieme a chi cucina, perché una volta selezionato l’ingrediente fresco, si è soltanto a un terzo del percorso: fondamentale è la capacità del cuoco che lo trasfor-
ma con la sua manualità e lo rende qualcosa di più elevato. Tutto torna: se il motore fosse la cucina e l’abitacolo l’ospitalità, quando il primo gira bene e il secondo è comodo, si fa un bellissimo viaggio. In entrambi i casi.
* È uno dei grandi chef della cucina italiana. Stellato Michelin, ideatore della cucina pop di alta qualità e accessibile, ha lavorato con Gualtiero Marchesi, Albert Roux, Alain Ducasse e Pierre Hermé, prima di aprire nel 2003 il suo ristorante D’O a Cornaredo (Milano).