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Supplemento settimanale a l’Automobile.
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
Settimanale digitale • Anno 1 • Numero 14 • 20/10/2017
MONDO APP
PAOLO BORGOGNONE ■ “Il vero progresso è quando i vantaggi di una tecnologia diventano per tutti”. Lo diceva Henry Ford, uno che di progresso – e per i suoi tempi anche di tecnologia – se ne intendeva. Oggi, a poco più di un secolo dalla rivoluzione “democratica” dell’automobile, ci siamo: il progresso è davvero alla portata di tutti e spesso assume la forma di una applicazione mobile, o app. Si tratta – per dirla in termini informatici – di un software applicativo, solitamen-
te ridotto ai minimi termini per essere veloce, intuitivo o come dicono quelli che la sanno lunga, smart. Il binomio “muoversi-app” è oramai praticamente inscindibile. Non passa giorno senza che si scopra una nuova applicazione: per prenotare un’auto in car sharing, per ritrovare le chiavi se le abbiamo perse, o se dimentichiamo dove abbiamo parcheggiato, per interagire con la nostra vettura in maniera sicura anche quando siamo al volante. E presto, con le auto che si guideranno da sole, ne arriveranno altre. Chissà di che tipo. 27 Marzo 2017 ·
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INNOVAZIONE
OnStar Go, la app è un telecomando. PATRIZIA LICATA
■ Connessione Internet, applicazioni mobili, software intelligenti e sistemi di posizionamento: ecco il mix di tecnologie con cui OnStar Go, la prima piattaforma “cognitiva e mobile” per l’auto connessa nata dalla collaborazione tra General Motors e Ibm Watson, cambia l’esperienza alla guida nella connected car. Elementare, Watson OnStar è una sussidiaria di Gm che fornisce servizi per il veicolo (sicurezza, diagnostica, navigazione, assistenza) tramite la connessione mobile; Ibm ha aggiunto alla piattaforma tecnologica di OnStar l’elemento del “cognitive computing” di Watson, ovvero il sistema Ibm di intelligenza artificiale in grado di comprendere domande poste in linguaggio naturale, di elaborare e recuperare informazioni complesse, di apprendere in base all’esperienza, di ragionare e raggiungere una sofisticata forma di conoscenza. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione dell’utente, OnStar Go con il “cervello” di Watson raccoglie i dati sull’utilizzo del veicolo e le abitudini del conducente e propone servizi personalizzati anche sulla base di quelli offerti da aziende che hanno aderito alla piattaforma (tra cui ExxonMobil, Glympse, iHeartRadio, Mastercard e Parkopedia). Per esempio, possiamo visualizzare la stazione di servizio più vicina quando siamo in riserva e pagare con un click sul
cruscotto, ordinare il pranzo a portar via, ricevere un avviso sul parcheggio libero più vicino, prenotare una stanza in hotel se abbiamo viaggiato fuori città per molte ore e avere buoni sconto e altre forme di promozione, ma solo se in linea con quanto ci serve in quel momento: inutile pubblicizzare una steak house a un vegetariano o offrire i biglietti per il concerto dei Guns N’ Roses a chi ascolta solo Mozart. A meno che non dobbiamo fare un regalo: ma anche questo Watson lo sa. Controlla l’auto Il sistema OnStar Go non è solo intelligente ma mobile al cento per cento, perché accessibile da cellulare con le applicazioni dedicate (myChevrolet, myBuick, myCadillac e myGMC a seconda del modello Gm) che creano una connessione diretta tra l’automobilista e il suo veicolo. Lo smartphone si trasforma così in un telecomando per la macchina: la potete avviare da remoto in una giornata molto fredda per far scaldare il motore, chiudere le portiere o spegnere i fari se avete dimenticato di farlo e siete ormai in ufficio, controllare lo stato della manutenzione e prenotare un appuntamento in officina, chiedere di avvisare quando scade il parcheggio a pagamento. Queste e altre funzionalità saranno a disposizione a fine anno per oltre due milioni di connected cars Gm negli Stati Uniti con connessione mobile di tipo 4G Lte. 20 Ottobre 2017 ·
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INNOVAZIONE
INNOVAZIONE
Samsung trova Adduma, auto e chiavi. un car sharing siciliano a Firenze. CARLO CIMINI
REDAZIONE
■ Arriva l’aiuto per gli automobilisti sbadati. Si chiama Samsung Connect Tag e ci aiuterà a ritrovare le chiavi dell’auto. Ovunque siano andate a finire. O l’auto stessa, se ci siamo dimenticati dove è stata parcheggiata. Il piccolo dispositivo è un normale portachiavi di dimensioni molto ridotte (4,21 centimetri di larghezza e 1,19 di spessore) e molto elettronico: sfrutta, infatti la Nb-Iot (Narrowband-Band Internet of Things), una tecnologia innovativa, sviluppata esclusivamente per le applicazioni che si appoggiano alla rete 4G (internet ad alta velocità), come in questo caso l’app dedicata. Avviso smart A differenza di strumenti simili, che necessitavano di un collegamento bluetooth sempre attivo, il Samsung Connect Tag utilizza solamente una piccola quantità di dati (anche tramite wifi) grazie alla cella telefonica dell’eSim integrata e utilizza la geolocalizzazione gps per indicare la posizione dell’oggetto a cui viene agganciato. Funziona sia in spazi aperti che al chiuso. Il piccolo portachiavi ha in dotazione anche accelerometro per connettersi con maggior velocità e un led di stato, per monitorare il livello della batteria da 300 milliamperora che, secondo l’azienda, garantisce sette giorni di autonomia. Inoltre il dispositivo ha la certificazione Ip68: il che vuol dire che è protetto da polvere acqua (per esempio in caso di pioggia). La compatibilità è limitata ai dispositivi Android (sistema operativo 6.0 marshmallow e versioni superiori). Il tag sarà tra le novità presentato alla conferenza dedicata agli sviluppatori che Samsung terrà a San Francisco il 18 e 19 ottobre. La commercializzazione sarà inizialmente limitata al mercato sudcoreano e successivamente ampliata agli altri mercati. 4
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· 20 Ottobre 2017
■ Il car sharing siciliano “Adduma car” – che funziona tramite app dedicata – sbarca a Firenze. Adduma nel dialetto della terra dello scrittore Giovanni Verga significa “accendi”. La start-up nata a Enna inaugura il proprio servizio di condivisione auto esclusivamente elettriche con una flotta di 40 veicoli Renault tra automobili e furgoni. Come funziona La flotta del car sharing fiorentino è attualmente formata da 32 Renault Zoe e 8 Kangoo Ze: diventeranno 100 entro marzo 2018. Gli utenti hanno la possibilità di muoversi per le vie dell’ex capitale d’Italia a emissioni zero e con costi più che accessibili: 20 centesimi al minuto per la prima ora; 9 centesimi ogni sessanta secondi tra la seconda e l’ottava ora. Dalla nona in poi solo 1 centesimo al minuto. Appena più alti i prezzi per i veicoli commerciali. Ricarica rapida Il parcheggio non è più un problema: si può lasciare l’auto gratuitamente sulle strisce blu e usufruire dei posti riservati ai residenti. Il mezzo non ha chiavi di accensione: è in grado di riconoscere chi lo ha prenotato tramite l’app dello smartphone. Per la ricarica, il progetto prevede l’installazione di colonnine elettriche (in collaborazione con Enel, che ha contribuito allo sviluppo della applicazione) molto più potenti di quelle oggi presenti nelle città italiane: non più a 3 chilowatt (8 ore per una ricarica completa) ma a 22. Per il “pieno” di energia basteranno 60 minuti.e strade.
SMART MOBILITY
Docomo, l’app del car sharing. CARLO CIMINI
■ Ntt Docomo (Do Communications Over the Mobile Network, una parola che in giapponese significa “Da nessuna parte” ma anche il suo opposto, “ovunque”), l’operatore telefonico più importante del Giappone, ha stretto un accordo con Orix Auto Leasing Corporation per ampliare la flotta di veicoli elettrici dedicati al servizio di car sharing, condivisione di auto a pagamento. Tutto tramite un’app. Futuro in crescita L’app, da scaricare su “dmarket” – lo store online di Docomo – permetterà agli abbonati, con un semplice gesto, di prenotare i mezzi messi a disposizione da Orix Auto e pagare con moneta digitale attraverso il loro account personale. Il colosso giapponese prevede in futuro di collaborare con altre compagnie per aumentare la propria flotta di auto elettriche, implementando tecnologie avanzate come la rete internet super veloce 5g e l’intelligenza artificiale dei veicoli autonomi. La lenta crescita nel mercato della telefonia mobile ha costretto l’azienda nipponica a intraprendere una strada più redditizia: da un anno a questa parte i clienti sono cresciuti del 28%, sottolineando come la scelta – considerata da alcuni analisti rischiosa – abbia portato i suoi frutti.
dell’auto. È il caso di Daimler che in queste ore ha annunciato la costituzione di tre divisioni legalmente indipendenti: Mercedes-Benz Cars & Vans, Daimler Trucks & Buses e Daimler Financial Services AG. Tutte e tre faranno sempre capo a Daimler AG. L’obiettivo, dichiarano i tedeschi, è “aiutare a focalizzarsi sui cambiamenti richiesti dal mercato e dai clienti”. Unità più flessibili, in grado di intercettare prima la rivoluzione, in termini di connettività, elettrificazione e guida autonoma. Oltre a valorizzare ulteriormente il titolo in borsa. Bus e truck a rischio cessione? “Nessun piano di vendita”, precisano a Stoccarda. Anche se qualche dubbio potrebbe esserci: l’operazione avrà un costo quantizzato in “centinaia di milioni di euro”, almeno considerando la prima fase. Non molti ma neppure pochi: perché investire queste risorse per una “semplice” suddivisione aziendale? Per Dieter Zetsche, presidente del Board di Daimler, “chiunque voglia puntare ad una competitività sostenibile e profittevole deve oggi evolversi continuamente e adattarsi a contesti in rapido cambiamento. La nuova suddivisione consentirà di farci trovare preparati alla nuova era industriale dell’automobile”. A meno che non ci sia la volontà di mettere in “vetrina” qualche gioiello di famiglia, per poi capitalizzare con una vendita parziale o totale. Modello ad esempio a cui punta Sergio Marchionne che già nel 2011 aveva diviso il business dei veicoli industriali, New Holland e Iveco, da quello delle vetture. E ora avrebbe scelto di dedicarsi agli spin-off di Magneti Marelli e Comau, per avere le risorse necessarie per investire nelle nuove tecnologie. Nessun contraccolpo sulla occupazione L’operazione a Stoccarda non dovrebbe comportare comunque tagli ai posti di lavoro e Daimler ha dichiarato di aver contribuito per 3 miliardi di euro al fondo pensione tedesco della società nel quarto trimestre del 2017. La decisione finale sull’organizzazione sarà in ogni caso presa nell’assemblea generale degli azionisti prevista per il 2019. Primato nel segmento premium Nel frattempo le vendite Mercedes continuano a volare: 220.894 unità registrate a settembre (+4,5% rispetto allo stesso mese del 2016), una spinta che arriva in particolare dalla gamma dei suv con oltre 78 mila unità, pari a oltre il 35% del risultato totale. Nel complesso nei primi 9 mesi, Mercedes ha raggiunto le 1.717.300 unità (+11,7%), volumi che le hanno consentito di conquistare la leadership del segmento premium davanti alle rivali Audi e Bmw.
BUSINESS
Lo spin-off di Daimler. ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO ■ Separare per resistere. Si chiama spin-off e sembra la chiave per sopravvivere alla rivoluzione che è in atto nel mondo 20 Ottobre 2017 ·
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INNOVAZIONE
Auto robot, test anche in Italia. PATRIZIA LICATA
■ L’Italia autorizzerà la sperimentazione dei veicoli a guida autonoma sulle strade pubbliche: lo ha ribadito Mario Nobile, capo della Direzione generale per i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha illustrato lo schema di decreto “Smart road” all’interno della conferenza internazionale organizzata da Anas, in collaborazione con la World Road Association sulla guida connessa ed automatica. Il decreto, in lavorazione da alcuni mesi, include un capitolo sulla guida autonoma e Nobile ha assicurato che saranno seguiti i tempi tecnici per l’approvazione, senza ulteriori lungaggini burocratiche. Test anche in città Per quel che riguarda le smart roads, il decreto del Mit serve a dare attuazione al processo di trasformazione digitale delle strade italiane, creando infrastrutture tecnologicamente avanzate che migliorano la sostenibilità e la sicurezza della rete viaria. È la sezione seconda del decreto a trattare invece di “sperimentazione dei veicoli a guida automatica”, ovvero “veicoli dotati di tecnologie capaci di attuare comportamenti di guida senza l’intervento attivo del guidatore, in determinati ambiti stradali e condizioni esterne”. I test saranno aperti a vari soggetti – dalle case automobilistiche alle università – e si potranno condurre sia sulle autostrade che in città, ovviamente dopo aver ottenuto l’autorizzazione del Mit e il via libera dei gestori delle strade. Nessun limite sulle tecnologie Il direttore generale Nobile ha sottolineato che la legge italiana indicherà “gli standard funzionali”, ovvero obiettivi 6
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· 20 Ottobre 2017
e caratteristiche, per la smart road o l’auto autonoma, ma non quali tecnologie devono essere usate per realizzarle. Tuttavia per ora i test del driverless riguarderanno solo veicoli che hanno comunque un conducente a bordo in grado di intervenire in caso di emergenza, non la guida autonoma di livello 5 in cui il veicolo è a tutti gli effetti robotizzato. Il governo preferisce prima chiarire alcuni aspetti, come la responsabilità penale, ancora non del tutto esplorati. Troppa prudenza? Questo atteggiamento prudente rischia però di perpetuare il ritardo accumulato dall’Italia rispetto ad altri paesi dove la guida autonoma si sperimenta da anni: negli Stati Uniti, Google ha iniziato i suoi test nel 2010. È lo stesso anno in cui VisLab, spin off dell’Università di Parma fondato dal professore Alberto Broggi, ha realizzato con i suoi prototipi di auto driverless un viaggio dall’Italia alla Cina in modalità cento per cento autonoma: un primato nostrano che però non ha avuto seguito perché qui mancano le regole per i test su strada. Intervenuto alla stessa conferenza Anas sulla guida automatica, Broggi (la cui VisLab è nel frattempo stata acquisita da Ambarella, azienda della Silicon Valley), ha ricordato che gli Usa hanno una legge sulla guida autonoma e la California ha appena proposto uno schema normativo, in linea con le indicazioni federali, che apre ai test dei veicoli autonomi di livello 5. Come a dire: senza regole coraggiose sulla sperimentazione del driverless si mette un freno all’innovazione, col rischio che alcuni paesi corrano avanti e gli altri restino in coda.
BUSINESS
Low cost, Volkswagen ci riprova. PAOLO BORGOGNONE
■ Volkswagen starebbe preparando un’offensiva per espandere la propria presenza sui mercati emergenti. Cina e India in testa. Per farlo il gruppo di Wolfsburg vorrebbe rilanciare l’idea – annunciata senza però seguito in tempi recenti – della produzione di modelli low cost a prezzi a partire da 5 mila euro. Suv accessibili per la Cina A riportare la notizia è il quotidiano economico di Dusseldorf Handelsblatt, che riprende fonti vicine al gruppo industriale: il Ceo di Volkswagen Matthias Mueller spererebbe così di scrivere un nuovo capitolo nella storia del marchio. “In Cina – si legge nell’articolo – Volkswagen conta di costruire due suv che avrebbero un prezzo oscillante tra gli 8.000 e i 10.000 euro. La produzione avverrebbe insieme al partner locale Faw”. Alla conquista dell’India Ancora più aggressiva la politica in India. Sempre secondo Handelsblatt, la controllata Skoda dovrebbe realizzare un modello di piccole dimensioni dal prezzo non superiore ai 5.000 euro. La produzione potrebbe arrivare a 400.000 e i 500.000 unità l’anno, aiutando il marchio boemo a raggiungere l’obiettivo dei 2 milioni di vetture prodotte in dodici mesi. Tentativi infruttuosi Non è la prima volta che Volkswagen prova a conquistare spazio sul mercato auto – che sta vivendo un periodo di espansone quasi incontrollabile – del secondo Paese più popoloso della terra, con 1 miliardo e 324 milioni di abitanti, secondo i dati della banca mondiale. A marzo di quest’anno era stata annunciata una partnership strategica con il più grande costruttore locale, Tata Motors per la produzione – sempre tramite Skoda – di una piattaforma condivisa che doveva portare alla realizzazione di una piccola low cost. L’illusione è durata il tempo di una stagione: già ad agosto Tata e Skoda hanno annunciato che non era stato possibile trovare una soluzione soddisfacente e che quindi il progetto sarebbe stato abbandonato. Flop Nano In India poi pochi hanno scordato il flop della Tata Nano che avrebbe dovuto rappresentare la svolta del mercato low cost nel Paese asiatico. Anche in quel caso il progetto – che prevedeva la costruzione di una piccola da poco più di tre metri di lunghezza e dal costo pari a circa 1.700 euro – è naufragato quasi immediatamente. Mercato tutto da esplorare Eppure l’India ha un mercato auto che corre. Nei dieci anni tra il 2004 e il 2014 la produzione è passata da 989.000 a 3.360.000 unità e nel 2015 sono state immatricolate 24 milioni di vetture. Ma ancora la strada da fare è tanta: nel 2011 il tasso di motorizzazione in India era di 11,32 auto per 1.000 abitanti. Lo stesso anno in Italia era di 695,03. Studi più recenti, però, parlano di un tasso di motorizzazione salito nel 2015, nel Paese asiatico, a 167 vetture per mille abitanti. Inoltre l’India sta cercando di sviluppare una rete stradale all’altezza: secondo il governo di Dehli, ogni giorno vengono costruiti 30 chilometri di nuove strade.
AUTO E MOTO
DB11 Volante, l’ultima scoperta di Gaydon. PAOLO ODINZOV
■ Per mostrare il cielo ai fortunati clienti che possono permettersi di averla, pagando 199 mila euro optional esclusi, la nuova Aston Martin DB11 Volante impiega appena 14 secondi. Basta premere un tasto e la magia si compie: la sua capote sparisce in un piccolo vano nel bagagliaio per regalare tutto il piacere di una guida “en plein air”. Struttura ultraleggera La decappottabile sportiva del marchio di Gaydon va ad affiancarsi nella gamma del costruttore alla DB11 Coupé lanciata lo scorso anno. Come quest’ultima impiega una struttura leggera in alluminio che le consente di contenere il peso complessivo, è più leggera di 25 chili rispetto alla DB9 Cabrio, offrendo una elevata rigidità torsionale a vantaggio delle prestazioni. 510 cavalli a cielo aperto Sotto al cofano la DB11 Volante impiega lo stesso propulsore della sorella, V8 biturbo di 4.0 litri d’origine AMG, che sviluppa 510 cavalli e 675 newtonmetri di coppia. Un motore che consente di sfiorare i 300 chilometri orari di velocità massima, accelerando da zero a cento in 4 secondi: grazie anche alla prontezza e rapidità del cambio automatico a 8 rapporti con paddle al volante che equipaggia la vettura. La capote si apre con la chiave Il massimo comfort a bordo dell’inglese è assicurato dall’abitacolo rifinito con ltradizionale cura Aston Martin. Punto 20 Ottobre 2017 ·
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di forza della vettura – assicurano i progettisti – è però la capote, disponibile nelle colorazioni rosso bordeaux, grigio e nero e realizzata in otto strati di tessuto: comandata da meccanismo elettrico che permette di aprirla in movimento fino a una velocità di 50 chilometri orari, anche da remoto impiegando l’apposito comando sulla chiave di accensione.
AUTO E MOTO
Volkswagen, una Tiguan extralarge.
cromature sparse sulla carrozzeria. Mentre nell’abitacolo si distingue per le sosfisticate dotazioni hi-tech. Come ad esempio la strumentazione interamente digitale e il sistema d’infotainment Discover Pro con schermo da 9,2 pollici e comandi gestuali: destinato alla edizioni top e dotato per la massima connettività delle interfacce Apple CarPlay, Bluetooth e Volkswagen Media Control. Solo diesel Riguardo alla meccanica le differenze della Allspace rispetto alla versione a passo corto della Tiguan sono, invece, nel ventaglio di motorizzazioni. Per lei è disponibile la sola unità a gasolio 2.0 Tdi, associata al cambio a doppia frizione Dsg, proposta nella versione da 150 cavalli con trazione anteriore o integrale o in quella da 190 cavalli unicamente con l’architettura a quattro ruote motrici 4Motion.
SMART MOBILITY
L’e-bike della Bmw.
LUCA GAIETTA
REDAZIONE ■ Chi pedala va sano e va lontano. Oggi sono sempre più le persone in città che, se possibile, lasciano in garage auto e motorini scegliendo di spostarsi con la bicicletta. Non è un caso che molti produttori di veicoli a 4 e 2 ruote abbiano ormai una divisione nella loro azienda dedita allo sviluppo di mezzi a pedali sofisticati, alcune volte quasi quanto una vettura.
■ Si chiama Allspace la nuova versione extralarge della Volkswagen Tiguan. Cresce più di 20 centimetri nella silhouette della carrozzeria, ha un design caratteristico e guadagna sette posti nell’abitacolo, offerti come optional in un listino che spazia dai 39.500 ai 46.650 euro. Bagagliaio per caricare tutto Oltre alla lunghezza, adesso a quota 4,71 metri, sulla tedesca è stato incrementato il passo di 109 millimetri. A vantaggio dell'abitabilità ma anche del volume del bagagliaio che, abbattendo i sedili posteriori, arriva a 1.920 litri e ha un piano di carico di 1,92 metri per rendere possibile il trasporto di oggetti anche molto ingombranti. Cromature e hi-tech Nella linea la Tiguan Allspace è subito riconoscibile per l’inedita calandra, il diverso disegno dei finestrini posteriori, i fari a led di serie sull’allestimento Advanced e le tante 8
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Motore elettrico da 250 watt Alla Bmw hanno appena realizzato la Active Hybrid ebike. Una bici che è un vero concentrato di innovazioni
e che subito si fa notare per il singolare design del telaio: estremamente slanciato, impiega una struttura idroformata. La tedesca è una bici a pedalata assistita e utilizza un motore elettrico Brose, che si attiva a richiesta, capace di sviluppare una potenza di 250 watt e 90 newtonmetri di coppia. Turbo e veloce Ad alimentare la meccanica, integrata nel telaio, provvede una batteria ricaricabile di 504 wattora che garantisce un’autonomia fino a 100 chilometri. L’utente può regolare sulla Active Hybrid e-bike il livello di assistenza alla pedalata mediante un apposito display. Si possono scegliere quattro diverse modalità di potenza, da Eco a Turbo, per una velocità massima di 25 chilometri orari. In sella per andare lontano Su questa bici, non certo regalata visto il prezzo esoterico di 3.215 euro, è poi presente una presa micro usb e la funzione Bluetooth per consentire agli utenti di collegare alla strumentazione smartphone e lettori digitali. La sella della Active Hybrid e-bike, invece, è stata realizzata dalla sussidiaria Bmw Designworks ed offre una posizione di seduta stabile, migliorando il comfort e l’equilibrio in partenza e in frenata.
AUTO E MOTO
Polestar, la numero 1 è ibrida. PAOLO ODINZOV
marchio era stato acquistato due anni fa dal gruppo Geely, già proprietaria di Volvo, ed era già al fianco del costruttore svedese nell’allestimento di vetture prestazionali. Arriverà nel 2019 La Polestar 1 arriverà nelle concessionarie nel 2019 e verrà costruita in una apposita fabbrica a Chengdu, che sarà inaugurata nel corso del prossimo anno. Nel design l’auto ripropone gli stilemi della Concept Coupé del 2013, con una carrozzeria a due porte sportiva e con un abitacolo 2+2. Nella meccanica impiega una versione aggiornata della piattaforma modulare Spa di Volvo, di cui è stata incrementata la rigidità torsionale utilizzando fibra di carbonio. Ibrida plug-in da 600 cavalli A spingere la Polestar 1 sulle strade e nel mercato ci penserà un sistema ibrido plug-in capace di sviluppare 600 cavalli e 1.000 newtonmetri di coppia. In modalità a zero emissioni sarà in grado di percorrere fino a 150 chilometri sfruttando un doppio motore elettrico sull’asse posteriore. Noleggio e rete di vendita Per la Polestar 1 sono già previste formule di abbonamento online della durata di 24 o 36 mesi senza deposito iniziale, appena lanciate da Volvo sulla nuova XC 40. A breve verranno aperti gli ordini. La Geely ha inoltre avviato lo sviluppo di una rete di punti vendita mondiale che proporrà successivamente anche una berlina elettrica a zero emissioni concorrente della Tesla Model 3, la Polestar 2, e un suv Polestar 3 a batterie.
SMART MOBILITY
Torino: 230 nuove colonnine. MARINA FANARA ■ Torino punta dritto sull’elettrico: a circa un mese dal debutto delle 10 colonnine (per un totale di venti punti di rifornimento) del network internazionale “evway”, ora in città sono attive altre 230 colonnine per la ricarica dei veicoli a batteria. Le nuove postazioni, installate da Bluetorino, il car sharing elettrico del gruppo francese Bollorè operativo dal 2016 nel capoluogo piemontese, sono concentrate in 43 aree da 5-6 colonnine ognuna, sparse in tutta la città, e si affiancano alle 100 già in funzione.
■ Ha debuttato ufficialmente a Shanghai la Polestar 1, la prima vettura del sub brand di Volvo, dedicato alla costruzione di modelli premium elettrificati ad alte prestazioni. Il
Ricarica a 4 euro l’ora Si tratta di stazioni che ora sono disponibili a qualsiasi cittadino e non solo agli utenti iscritti a Bluetorino, ci dicono al Comune. Il servizio ha un costo: 4 euro per ogni ora di 20 Ottobre 2017 ·
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Sul ring con la Camry Nello spot per il pubblico afro-americano, un giovane uomo di colore al telefono ordina una pizza ma precisa: “La vengo a prendere io”. Sulle note della musica con cui il wrestler e cantante John Cena accompagna il suo arrivo sul ring, e la sgargiante immagine di un pavone che apre la coda mostrando tutte le piume, l’uomo si mette in moto con la sua Camry. Lungo la strada una donna lo guarda, ammiccante: bello il ragazzo o bella la macchina? Per il pubblico di americani di origine asiatica, la Camry è la cornice ideale per un papà affettuoso che va a prendere la figlia all’uscita dall’allenamento di baseball. La bimba siede sul sedile posteriore, accende il suo tablet. Ma il papà le rivolge un sorriso, la musica suona a tutto volume nell’abitacolo: basta con gli stereotipi che dipingono i genitori asiatici come freddi e distaccati. rifornimento, in più bisogna sottoscrivere l’abbonamento (15 euro l’anno). “È un punto a favore di una maggiore sostenibilità dei trasporti nella nostra città”, sottolinea Maria Lapietra, l’assessore alla Mobilità, “in linea con il piano della nostra amministrazione per abbattere lo smog, nel quale l’elettrico è un punto cardine. In tal senso un’ampia rete di punti di ricarica è una premessa fondamentale”. Città a impatto zero Presto le infrastrutture saranno implementale fino a superare le 500 colonnine entro i prossimi mesi. Grazie a queste nuove stazioni, ribadisce l’assessore, “Torino si può oggi considerare come uno dei centri urbani del nostro Paese più attrezzati per incentivare l’uso di mezzi a basso o nullo impatto ambientale. Una condizione che, già in futuro prossimo, potrà portare benefici alla qualità dell’aria e, più in generale, a quella della vita in città”.
LIFESTYLE
Toyota Camry, l’automobile per tutti gli americani. PATRIZIA LICATA ■ La Toyota Camry è capace di appassionare chiunque la guidi e sa adattarsi allo stile di vita di ciascuno, indipendentemente dal gruppo etnico o dalla formazione culturale. È questo il messaggio della nuova campagna pubblicitaria lanciata negli Stati Uniti da Toyota per la sua berlina: lavorando con quattro diverse agenzie di marketing, il costruttore giapponese ha creato una serie di spot con protagonisti e storie diverse a seconda del pubblico cui si rivolge. 10
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Questione di stile Uomo latino mammone? Non nella Camry. Un viaggio nella berlina Toyota non si ferma nemmeno se chiama la mamma, come suggerisce lo spot dedicato agli statunitensi di origine ispanica. Il giovane alla guida rifiuta la telefonata: ora si sta godendo la strada. Un altro spot per il pubblico ispanico ha come protagonista una donna: rossetto carminio, tacchi alti, smalto rosso sulle dita che sfiorano il volante della Camry – è solo per andare al supermercato, ma lo stile si porta con sé ovunque. Spot mirati Le agenzie di marketing sanno che alcuni programmi televisivi (o in streaming su Internet) attraggono in maggioranza spettatori di un determinato gruppo etnico e comprano quindi spazi pubblicitari da riempire con lo spot più adatto. Per esempio, la serie Scandal ha un alto numero di afro-americani nella sua audience, mentre la rete Nbc Universo è tutta in spagnolo, proprio come lo spot della Camry per il pubblico latino. Le persone vogliono vedere nelle pubblicità protagonisti di ogni gruppo etnico, perché questa è l’America: ecco il concetto su cui ha lavorato Toyota. Lo slogan però è unico: Let’s go places. E per i programmi Tv che tutti guardano, come le partite di football, c’è anche uno spot “generalista” che vuole rappresentare ogni statunitense: tre persone che aspettano impazienti e altre tre che si godono entusiaste il viaggio nella Camry, dimentiche dei loro appuntamenti. Per tutti gli americani, senza alcuna differenza, la Camry promette di essere irresistibile.
STORICHE
Volvo 480 ES, nordica sportiva. MASSIMO TIBERI
■ Sicurezza, affidabilità, funzionalità degli spazi: sono i parametri costruttivi che hanno identificato nel tempo le Volvo. Ma la Casa svedese, seppure limitatamente, non ha comunque trascurato modelli d’impronta sportiva. E proprio una sportiva ha segnato il debutto della prima trazione anteriore nella storia del marchio, la 480ES. L'auto viene lanciata al Salone di Ginevra del 1986: è una originale “shooting brake” come la definirebbero gli inglesi, una coupé-wagon che, d’altra parte, rilegge in chiave moderna la formula stilistica (e pratica) già utilizzata dalla Volvo, all’inizio degli anni Settanta, con la P1800 ES, e ripresa poi dalla Lancia con la Beta HPE. Splendida forma Slanciata nella forma a due volumi, con il lunotto posteriore che ha funzione anche di portellone per l’accesso al vano bagagli, la 480, disegnata dalla equipe di Jan Wilsgaard con lo zampino della Bertone, si caratterizza per i fari anteriori a scomparsa e per la possibilità di ospitare discretamente i passeggeri posteriori (gli anteriori hanno a disposizione ottimi sedili ampiamente regolabili) e di trasformare l’abitacolo per una versatilità di carico inconsueta considerando il tipo di vettura e una lunghezza contenuta in 4,26 metri. Tecnologicamente avanzata Nella meccanica non si spinge troppo sull’acceleratore dell’autentica sportività, anche se le sospensioni (retrotre-
no ad assale rigido con barra Panhard) vengono messe a punto in collaborazione con la Lotus e il motore, l’onesto quattro cilindri 1700 di derivazione Renault 21, usufruisce dei “consigli” Porsche. Comunque, mettendo in campo 109 cavalli, buona dinamica, freni a disco e ABS optional, la ES non disdegna un certo temperamento, con punte velocistiche prossime ai 190 all’ora e accelerazioni da 0 a 100 sotto i 10 secondi. Inoltre, grazie al sistema di alimentazione ad iniezione elettronica, la coupé Volvo è in grado di montare il catalizzatore, indispensabile già allora per la diffusione su alcuni mercati. Costruita nella fabbrica olandese di Born, entrata nel patrimonio Volvo dopo l’acquisto della marca locale Daf nel 1975, la 480 non tradisce neppure la tradizione di qualità scandinava, fatta di materiali robusti, cura nei montaggi e buona dotazione di accessori, che giustificano anche prezzi un po’ sopra la media della categoria (da noi 23.500.000 lire). Crescita continua L’evoluzione negli anni vede l’arrivo nel 1988 di una variante Turbo (un piccolo Garrett) che fa crescere la potenza a 120 cavalli e la velocità si spinge fino ai 200 all’ora, mentre nel 1990 nasce la versione più economica 480 S e nel 1993 il motore viene portato a due litri. La corsa della shooting brake svedese termina nel 1995 con il soddisfacente risultato di oltre 80.000 unità prodotte, delle quali poco meno di 19.000 vendute in Italia. 20 Ottobre 2017 ·
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SPORT
Via alla Formula E a Roma. STEFANO ANTONETTI
■ Una data da segnare in agenda: 14 aprile 2018. Roma. La Formula E arriverà nella capitale sulle strade del quartiere Eur. Le monoposto elettriche provano a dare una scossa ad una città forse ancora delusa dalla rinuncia alla organizzazione delle Olimpiadi. Sulla linea di partenza Presentazione affollata con tanto di auto Jaguar, Audi, Renault e Nio pronte a salire sul palco, dopo un percorso che le ha portate a zero emissioni e in assoluto silenzio (solo un sibilo ne ha accompagnato la corsa) dal Campidoglio, passando per il Colosseo, fino al centro congressi la Nuvola all’Eur (dove sarà posta la linea di partenza dell’e-prix). Non solo una gara ma un modo di coniugare lo sport con il futuro della mobilità urbana. Più che una semplice competizione. Grande convergenza “Il progetto è nato nel 2012 e solo ora grazie alla convergen12
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· 20 Ottobre 2017
za di intenti e volontà di tutti gli interlocutori, dal governo con il ministro Lotti alla sindaca Raggi e il supporto della federazione motoristica internazionale, si sono potute superare tutte le difficoltà, arrivando a portare finalmente la Formula E a Roma”, ha spiegato il presidente dell’Automobile Club d’Italia, Angelo Sticchi Damiani. Il patto del tovagliolo “La Formula E è nata in un ristorante a Parigi a marzo 2011 con Jean Todt e Antonio Tajani, allora commissario trasporti dell’Unione Europea”, precisa Alejandro Agag patron della competizione elettrica. “Siamo partiti da quel patto siglato su un tovagliolo e oggi raccogliamo un successo senza precedenti che ha portato lo sport motoristico nelle più grandi città del mondo e ora anche a Roma”, ha continuato Agag. “Abbiamo un pilota italiano e una gara italiana, manca ora un marchio italiano che aspettiamo a braccia aperte”, così Agag prova a sollecitare una riflessione per una par-
tecipazione futura da parte di Fiat Chrysler con Maserati. L’organizzazione dell’evento costerà 10 milioni di euro. Investimento completamente privato. I biglietti saranno in vendita con prezzi a partire da 35 euro con una tariffa speciale di 1 euro per i bambini e ragazzi fino a 16 anni. “Un futuro possibile” “Con la Formula E tocchiamo un futuro possibile”, le parole della sindaca di Roma Virginia Raggi. “La Formula E coniuga tutte le sfide della mobilità di domani. La città di Roma non può essere considerata come un museo a cielo aperto, ma deve essere leader nell’innovazione e culla delle nuove tecnologie. Entro la fine del mandato realizzeremo ad esempio 700 colonnine di ricarica a Roma”, continua la Raggi. “Non potevamo dunque non accettare questa sfida insieme a tutti i partner coinvolti in questa manifestazione”, conclude la sindaca di Roma. A questo punto non resta che partire. Ovviamente da Roma.
Nelle foto la presentazione dell’e-Prix di Formula E a Roma, Il sindaco Raggi con l’organizzatore Alejandro Agag e i piloti in Campidoglio. Da sinistra: Luca Filippi (Team NIO), Nelson Piquet Jr. (Panasonic Jaguar Racing), Sebastien Buemi (Renault-e.dams), Lucas di Grassi (Audi Sport ABT Schaeffler).
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LIFESTYLE
The sound of Simon. PAOLO BORGOGNONE
■ “Cars are Cars/all over the world/similarly made/similarly sold/ in a motorcade/abandoned when they’re old”. Si apre con queste parole “Cars Are Cars”, la traccia numero nove dell’Lp “Hearts and Bones”, realizzato nel 1983 da Paul Frederic Simon, uno dei più grandi artisti americani contemporanei che ha festeggiato il 13 ottobre i 76 anni. Un’auto a fuoco Discussa tra i fan come una delle canzoni più controverse della carriera di Simon, soprattutto per un testo non sempre chiarissimo, “Cars are Cars” viene spesso citata dall’artista nelle (rare) interviste che rilascia quale esempio di come, nelle sue opere, fantasia e realtà, mito e ed esperienze vissute realmente, siano perfettamente mischiate. “Quella canzone – ha detto qualche tempo fa – l’ho composta avendo in mente la mia prima auto, anche se nel suo sviluppo il testo spazia su argomenti più generali”. 14
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La prima auto di proprietà dal cantante era una Chevrolet Impala rossa del 1958. “Triplo carburatore, era una macchina davvero veloce”. Un’auto che ha fatto, purtroppo, una brutta fine: “Un giorno prese fuoco. Ero nel Queens, a pochi metri da casa di Art Garfunkel”. Un ricordo che riaffiora nella canzone: “Avevo un’auto una volta/che era più di una casa/dentro ci vivevo, ci amavo/e lucidavo le cromature”. Il testo chiude con una vena di tristezza: “Se alcune delle mie case fossero state come la mia automobile/forse non avrei viaggiato così lontano”. Fantasia e realtà nella stessa frase. Un socio, un amico, un rivale La carriera di Paul – figlio di un professore universitario e di un’insegnante elementare – inizia prestissimo. Ed è segnata da un incontro, quello con il suo coetaneo (è nato il 5 novembre del suo stesso anno) e alter ego musicale, Ar-
thur Ira Garfunkel. I due si conoscono a New York quando entrambi hanno 11 anni e si trovano a recitare insieme in una versione teatrale scolastica di “Alice nel Paese delle meraviglie”. “Io ero il Bianconiglio, lui il gatto del Cheshire – racconta Paul – e già in molti lo riconoscevano per la sua voce particolare. Le ragazze parlavano tutte di Art e io – che ero il più piccolo di statura – decisi che avrei seguito le sue orme”. I due iniziano a cantare insieme e a 14 anni sono già in giro per New York a promuovere i loro demo. A 16 anni firmano la loro prima hit “Hey!Schoolgirl”, capostipite di una serie impressionante di successi. Dopo aver lavorato insieme con il nome di “Tom & Jerry” – “io ero Jerry”, sottolinea Paul – il duo nel 1963 assume il nome definitivo di Simon&Garfunkel, lavorando sia in America che in Inghilterra con un successo crescente, testimoniato da hit immortali come “The sound of Silence” (1965), “Mrs Robinson” (colonna sonora del film “Il laureato”, uscita nel 1967) e “Bridge Over Troubled Water” (1970).
dì lì a pochi mesi un album dal vivo. Per definire il rapporto fra i due artisti valgano le parole pronunciate da Garfunkel sul palco dell’Auditorium di Roma, durante il suo concerto tenuto lo scorso febbraio, prima di intonare, emozionando tutti noi che eravamo in sala, “The Sound of Silence”: “Questa canzone l’ha scritta un amico, un fratello, un compagno di vita e quello che per me è semplicemente il più grande autore di canzoni al mondo, mister Paul Simon”.
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Supplemento settimanale a l’Automobile Pubblicazione online - Reg. Tribunale di Roma n. 24/2016 del 09/03/16 Iscrizione R.O.C. n. 14674 - ISSN 2499-670X Direttore Responsabile Alessandro Marchetti Tricamo Redazione via Solferino, 32 - 00185 Roma tel. 06.45406719 • fax 06.49982874-2829 www.lautomobile.it • redazione@lautomobile.it • segreteria@lautomobile.it @lautomobile_ACI
Torna solista Proprio all’apice del successo Paul decise di sciogliere il sodalizio e di riprendere la carriera come solista. Da quel momento la coppia Simon-Garfunkel ha alternato clamorose rotture a reunion leggendarie, come quella per il “Concert in Central Park” del 1981, un manifesto musicale trans-generazionale, un concerto gratuito nel cuore di New York, tenuto davanti a mezzo milione di persone e che divenne
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COVER STORY FUTURO
Auto volanti, software alla guida, valori di borsa stellari, robot che sostituiscono il lavoro umano. Azioni e pensieri in taglia XL, e oltre. Appuntamento al 2021. Ma forse no.
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...dal nostro mensile
www.lautomobile.it
PUBBLICATO SUL NUMERO 8 - GIUGNO 2017
Spedizione Poste Italiane Spa - Postatarget Magazine. Pubblicazione Mensile. Data P.I. 03/06/2017
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
Anno 119°
Nuova serie • Anno 2 • Numero 8 • Giugno 2017 • €3,00
Stati Uniti, mai senza V8 • Tesla, il colore dei soldi • La pulce Smart • La Bugatti Chiron, che numeri • Zero di Norvegia • L’ultra coraggio di Zanardi • Guzzi MGX-21 a forma di jumbo • Avantime, design estremo • Uno e Y10, super turbo • L’elettrica che non si ferma mai
FRANCESCO PATERNÒ ■ L’intelligenza artificiale, cuore delle prossime auto a guida autonoma, impara dall’intelligenza umana. Stiamo insegnando alle macchine a guidare e a fare tanti altri mestieri (compreso scrivere un articolo come questo), trasmettendo però – sostengono alcuni ricercatori preoccupati – anche alcuni nostri pregiudizi e difetti. Macchine che non sciopereranno ma che magari si comporteranno da razziste alla prima occasione, a un incrocio o sulle strisce pedonali. Gli scenari più benevoli nei confronti dell’essere umano indicano che nel settore automotive, a partire dal 2021 e giusto cent’anni dopo il primo Gran Premio d’Italia di automobilismo, potremo cominciare a dire addio al volante, ceduto a un robot invisibile. Però, ed è qui la nota di ottimismo, potremo ancora scegliere se farlo. A chi piace guidare, basterà non fare clic su un pulsante. Il problema è fino a quando: perfino l’amministratore delegato del colosso mondiale dell’e-commerce, il cinese Jack Ma, sostiene che presto anche il suo ruolo sarà ricoperto da un robot.
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Certo, un’esagerazione non si nega a nessuno. Secondo uno studio della Casa Bianca del dicembre scorso, l’automazione ridurrà i posti di lavoro fra “il 9 e il 47 per cento”, fra “i 10 e i 20 anni”. Ma come si fa a dare numeri così dilatati e spacciarli per “report”? In un altro studio di McKinsey di inizio anno, la celebre società di consulenza internazionale ha messo nero su bianco che i robot si porteranno via la metà del lavoro umano, industria dell’auto inclusa. Andando però a leggere meglio il “report”, si scopre che la vittoria dell’automazione ha una data piuttosto incerta: il 2035, il 2055, il 2075. Cosicché il segretario al Tesoro dell’era Trump, il 53enne Steven Mnuchin, uomo di fede Goldman Sachs, è sembrato il saggio della montagna quando, a chi gli chiedeva dell’intelligenza artificiale che avrebbe sottratto molti posti di lavori in America, ha risposto tranquillo: “È una cosa molto lontana che non sta sullo schermo del mio radar. Penso che avverrà fra 50 o 100 anni”. A chi non assomigliano Nell’auto, anzi nella nuova mobilità che sta soppiantando a base di elettrificazione, automazione e condivisione il vecchio concetto di quattro ruote da comprare e guidare, i protagonisti sulla linea dell’orizzonte non assomigliano in nulla a un Sergio Marchionne o a un Lee Iacocca, tanto per dare due riferimenti concreti di epoche diverse. Sono personaggi che vengono da altre ossessioni – internet, software, videogiochi – e ossessionati da un altro modo di fare soldi. Più velocemente e con meno regole di quanto i top manager dell’industria dell’auto hanno dimostrato di saper fare negli ultimi cent’anni, anche se bruciando molto valore. Scenari esagerati ci arrivano quasi ogni giorno
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nella casella di posta elettronica. Narrano di guida autonoma, di elettrificazione, di trillion business, cioè di affari in crescita per migliaia di miliardi, di valori di borsa strabilianti. E ancora di auto volanti, recuperando dal secolo scorso quell’immaginario cinematografico degli anni ’60 che però allora si fermò a Star Trek. Un mondo nuovo, o “spazio, ultima frontiera” andando per vecchie citazioni, che se dovessimo descriverlo, ci verrebbe così: un mondo sotto enorme pressione perché si facciano un numero crescente di cose in un tempo limitato. Gli attori protagonisti di questi scenari si chiamano Larry Page, Sergey Brin, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Tim Cook, Elon Musk, Travis Kalanick. Più o meno splendidi quarantenni, a capo rispettivamente i primi due di Google e della dependance per la guida autonoma Waymo, di Amazon, di Facebook, di Apple, della galassia Tesla, di Uber. Altri corrono nel resto del mondo, in Asia in particolare (come Jack Ma), tutti hanno una caratteristica principale: quando parlano, apparentemente non ti vendono macchine, smartphone o like, ma la loro visione delle cose con cui giurano di voler salvare il pianeta. Page, co-fondatore di Google, sta progettando l’auto volante (il motto: “Cerchiamo creativi che possano far diventare possibile l’impossibile”) mentre il suo socio Brin è dedicato all’auto terrestre a guida autonoma. Bezos pilota spericolatamente Amazon fra cielo e terra, da consegne in 24 ore a droni che evitano il traffico urbano, senza fare tanti utili ma con un valore di borsa pazzesco basato sulle previsioni di domani: il 92 per cento dell'attuale crescita a tre cifre – calcola l’Economist – è attribuibile ai profitti stimati per il 2020. Cook gira con 250 miliardi di dollari in tasca, Apple oggi potrebbe comprarsi qualsiasi cosa, compresa la Tesla di Musk (voce ricorrente) che vale oro pur
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Il motto di Page, co-fondatore di Google: “Cerchiamo creativi che possano far diventare possibile l’impossibile”. Mentre Bezos guida spericolatamente Amazon fra cielo e terra
Sopra Larry Page, co-fondatore e Ceo di Google. A destra il Ceo di Amazon Jeff Bezos.
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La narrazione di Zuckerberg su Facebook, l’immaginazione della Apple di Cook e il fantastico mondo dell’e-commerce di Alibaba guidato da Jack Ma
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continuando a perdere soldi. E che dire di Zuckerberg con un giravite in mano che va a connettere la sua Facebook in mezzo agli operai della Ford a Rouge, lì dove cent’anni fa andavano in processione i costruttori stranieri di auto, da Agnelli a Toyoda? Kalanick è infine (o è l’inizio) l’eccesso più preoccupante: Uber è sotto accusa in tutto il mondo, lui “gioca col fuoco” scrive il New York Times, la sua creatura si aggira sui 70 miliardi di dollari di valore senza aver ancora mai messo piede in borsa, mentre le persone continuano a scaricare questa applicazione e a farsi portare dai suoi autisti a spasso per il mondo. Pensiamo a Jules Verne Scenari esagerati? Jules Verne scrisse nel 1863 “Parigi nel XX secolo”, un libro in cui si narrava di una capitale francese governata nel nostro Novecento dall’elettrificazione e da macchine ad aria compressa, mentre lo studio degli algoritmi avrebbe mandato in soffitta poesia e letteratura. L’editore Hetzel rifiutò a Verne la pubblicazione, giudicando il libro troppo avanzato. Non sappiamo se disse esattamente “exagéré!”, ma “Parigi nel XX secolo” finì alle stampe sorprendentemente nel 1994. Successone editoriale. Lo abbiamo riletto per scrivere questo articolo (cosa che un robot forse non avrebbe fatto). Scenari esagerati? Chissà, ma evitiamo di fare la fine dell’editore Hetzel.
Nella pagina a fianco: in alto, il Ceo di Facebook Mark Zuckerberg; in basso, il Ceo di Apple Tim Cook. Sopra Jack Ma della cinese Alibaba Group.
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