l'Automobile Week 28

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Settimanale digitale • Anno 2 • Numero 28 • 16/2/2018

Supplemento settimanale a l’Automobile.

INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE

Corea oltre i cinque cerchi. PAOLO BORGOGNONE ■ “Il senso della ricerca sta nel cammino fatto e non nella meta; il fine del viaggiare è il viaggiare stesso e non l’arrivare.” Parole sagge di Tiziano Terzani nel libro “In Asia”. Un continente da scoprire e che ne ha tanti dentro: il mistero della Cina, il fascino dell’India, la tecnologia del Giappone. E la Corea. Un posto talmente complicato che ne esistono due. Una industrializzata e moderna, con Case automobilistiche note in tutto il mondo come Hyundai e Kia, e

una più segreta e, in qualche modo, minacciosa. Ospitare le Olimpiadi invernali, come sta facendo la Corea del Sud e gareggiare sotto un’unica bandiera con quelli del Nord, è un passo forse non decisivo ma importante verso l’unico obiettivo comune che ha il mondo: la pace. Un’apertura che mette sotto i riflettori questo Paese e dunque anche la sua industria dell’auto, impegnata nelle sfide del futuro, dall’elettrificazione della mobilità alle vetture robot. Senza scordare, mai, tutto il resto. Il viaggio è appena iniziato. · 27 Marzo 2017

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INNOVAZIONE

Corea, le Olimpiadi del futuro. PAOLO BORGOGNONE

■ Lo stadio olimpico di PyeonChang ospita in queste ore la cerimonia di apertura dei 23esimi Giochi Olimpici invernali: il mondo guarda il presidente della Corea del Sud, Moon Jae In dare la mano alla sorella del dittatore del nord Kim Yo Jong e – forse – tira un sospiro di sollievo. Cinque cerchi da primato Sono tanti i primati di questa edizione, 92 Paesi iscritti, 2.952 atleti (78 in più di Sochi 2014) di cui 22 nord coreani e non è una presenza da niente. Ma i giochi di PyeonChang saranno ricordati anche come quelli più innovativi dal punto di vista dei veicoli impegnati: Hyundai e Kia forniscono 4.100 mezzi di modernissima concezione, tra cui centinaia di autobus a idrogeno che faranno - per tutti i 19 giorni dell’evento - viaggi tra lo stadio, la stazione di Gangneung e il villaggio olimpico.

Per la sicurezza Gli autobus a celle di combustibile non sono soltanto l’ultimo ritrovato in tema di basse emissioni: sono anche dotati di un nuovo sistema che monitora ogni istante lo stato fisico del guidatore. In pratica vengono tenute sotto controllo i battiti di ciglia di chi è alla guida e eventuali altri movimenti, come gli sbadigli. Se la centralina che riceve i dati rileva uno stato alterato fa scattare un allarme sonoro e contemporaneamente attiva una vibrazione su un piccolo terminale che chi è alla guida porta indosso. Il sistema rileva anche se il conducente del bus non tiene sufficientemente gli occhi sulla strada: in caso di distrazione e dei segnali sonori e luminosi che appaiono sul cruscotto. 16 Febbraio 2018 ·

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BUSINESS

Hyundai-Kia, giochi senza frontiere.

impatto ambientale, tra cui la seconda generazione del crossover Nexo a idrogeno presente in forma definitiva al prossimo Salone di Ginevra (già vista al Ces 2018). Nel frattempo le due associate hanno già svelato numerose new entry che stanno già riscuotendo consensi da parte del pubblico. Come la crossover Kia Niro, proposta anche nella versione ibrida plug-in per sfidare la Toyota Rav 4, oppure la GT sportiva Kia Stinger. Come anche le “sorelle” Hyundai Kona e Santa Fe pronte a “rubare” immatricolazioni nei rispettivi segmenti alla migliore concorrenza europea.

INNOVAZIONE

PAOLO ODINZOV

Samsung, via al riciclo. VALERIO ANTONINI

■ Come finirà è ancora presto per dirlo. Le Olimpiadi invernali di Pyeong Chang potrebbero avviare un processo di distensione regionale e globale tra le “due” Coree. Un nuovo corso che si augura anche la grande industria dell’auto, il gruppo Hyundai, penalizzata molto dagli ostracismi negli Usa dovuti al braccio di ferro tra Donald Trump e il dittatore nordcoreano Kim Jong-un e dalla frattura diplomatica con la Cina. Hyundai e Kia, la ripresa Il gruppo Hyundai, di cui fa parte anche la Kia, punta infatti a una ripresa dopo il calo del 2017. L’obiettivo per il 2018 è una crescita del 4%, 7,55 milioni di veicoli contro i 7,25 milioni dello scorso anno dopo averne previsti 8,25. Nel dettaglio Hyundai ha immatricolato nel 2017 4,5 milioni di veicoli, rispetto al suo obiettivo di 5,08 milioni, mentre Kia ha venduto 2,75 milioni di veicoli a fronte dei 3,17 milioni stimati. Offensiva globale Le big dell’auto di Seul godono, comunque, di buona salute. Se per far fronte al calo di vendite in America e nel primo mercato del mondo puntano a una offensiva sul fronte dei suv con nuovi modelli in arrivo, anche sui mercati europei hanno avviato strategie per aumentare i numeri. Virando decisamente al settore dei veicoli “verdi” per arrivare ad avere a livello globale un ruolo di primo piano nell’elettrificazione, idrogeno compreso. Idrogeno, batterie e altre novità Così la Kia ha già annunciato che presenterà sedici modelli elettrificati entro il 2025, compresa un’automobile a celle a combustibile. Mentre la Hyundai entro la stessa data farà uscire dalle sue fabbriche 18 modelli a basso 4

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· 16 Febbraio 2018

■ L’azienda sudcoreana Samsung intende sfruttare il cobalto recuperato dalle batterie usate dei suoi smartphone per poi utilizzarlo negli accumulatori che alimentano i motori elettrici delle auto. A questo proposito il colosso di Seul – che è il primo produttore a livello mondiale di telefonini davanti Apple e ai cinesi di Huawei – ha acquistato una società specializzata nel riciclo del materiale ferroso. La scelta si rende necessaria visto che il minerale potrebbe non essere sufficiente a soddisfare le richieste del mercato nel prossimo decennio. Lo scorso anno il fabbisogno mondiale di cobalto ha raggiunto le 12.000 tonnellate: si prevede che, entro il 202,6 ne serviranno almeno 95.000. Problemi politici Quasi il 60% del cobalto oggi utilizzato nelle batterie viene estratto nella Repubblica Democratica del Congo che però vive una condizione politica instabile che influisce sul commercio. Anche a causa di queste difficoltà, i prezzi del minerale estratto nel Paese centro-africano sono


triplicati dal 2016 a oggi. Sul mercato attuale per un chilogrammo di cobalto servono circa 34 euro, rispetto ai 12 euro del 2016. Tante soluzioni Samsung sta lavorando anche sulla possibilità di sostituire parte del cobalto nelle batterie con una percentuale più alta di nichel, elemento di cui c’è abbondanza sul pianeta. I coreani non sono i soli a credere nel riciclo. Umicore, altra azienda che produce batterie a ioni di litio nelle fabbriche di Olen in Belgio, seguirà la stessa linea di Samsung, recuperando il materiale avanzato dai cellulari ormai non più in uso.

AUTO E MOTO

Hyundai Santa Fe, una grande Kona.

Un benzina e due diesel Riguardo alle meccanica, la sport utility di Seoul proporrà inizialmente un duemila a benzina e due motori diesel di 2.0 e 2.2 litri. Tutti, abbinati di serie alla trazione integrale Htrac a controllo elettronico e a una trasmissione automatica a otto rapporti.

INNOVAZIONE

Elettrica, in Asia piace a uno su tre. CARLO CIMINI

PAOLO ODINZOV

■ Un automobilista su tre nella zona del sud est asiatico (Singapore, Indonesia, Thailandia, Malesia, Vietnam e Filippine) è propenso ad acquistare in futuro un veicolo elettrico. È il risultato di un sondaggio effettuato dalla società americana Frost&Sullivan, che si occupa di ricerche e analisi di mercato, su incarico di Nissan.

■ Hyundai ha rilasciato le prime foto ufficiali della nuova Santa Fe. La quarta generazione della sport utility coreana è ispirata nel design all’ultimo family feeling della Casa, mostra nello stile diversi tratti in comune con la sorella minore Kona ed è subito riconoscibile per il frontale caratterizzato dai gruppi ottici su due livelli con delle luci supplementari posizionate in due vani ricavati all’interno del paraurti. Anche nell’abitacolo la nuova Santa Fe è stata completamente ridisegnata. Sulla plancia un grande touch screen per gestire il sistema di infotainment, dotato delle interfacce Android Auto e Apple CarPlay, mentre la gestione delle principali funzioni di bordo avviene tramite controlli vocali.

Consumatore consapevole Lo studio ha evidenziato quale è il principale timore del consumatore medio verso una scelta elettrica: non il costo (alto) del mezzo “green” (al terzo posto in classifica) bensì l’affidabilità intesa in termini di autonomia e di ricarica (numero di colonnine o stazioni). Inoltre esiste la preoccupazione dell’esaurimento a breve delle esenzioni fiscali nei Paesi che le offrono. Questo potrebbe ostacolare la diffusione dei veicoli elettrici. Nonostante la ancora scarsa diffusione complessiva nella regione del Sud-est asiatico, l’83% dei consumatori intervistati conosce perfettamente i mezzi alimentati a batteria, mentre solo il 35% sa cosa sia un ibrido plug-in. A commento del sondaggio, Vivek Vaidya, vicepresidente della sezione mobilità di Frost&Sullivan, ha detto: “I risul16 Febbraio 2018 ·

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tati sottolineano come i consumatori siamo propensi a intraprendere la strada dell’elettrico, pure avendo ancora fiducia limitata: se l’industria e i governi collaboreranno per rimuovere questa barriera, il pieno potenziale della mobilità sostenibile sarà a portata di mano”.

INNOVAZIONE

Hyundai, 190 chilometri driverless.

BUSINESS

Tutti i numeri dei suv. JUAN FELIPE MUÑOZ-VIEIRA

SERGIO BENVENUTI

■ Hyundai macina chilometri senza un pilota umano al volante. Una flotta composta da tre suv Nexo, alimentati a idrogeno e dotati di guida autonoma di livello 4 e sistema di connessione rete 5g (ultra veloce), è riuscita a completare un percorso di circa 190 chilometri, da Seul a Pyeongchang. Il costruttore rivendica un primato: il livello 4 è a un passo dal 5, il massimo, per il quale ci vogliono ancora anni e sul quale altri produttori sembrano in ritardo. Agilità in autonomia Esperimento riuscito. Le autonome di Hyundai hanno viaggiato in autostrada alla velocità di 110 chilometri orari (la soglia massima consentita dal codice stradale coreano). I veicoli driverless si sono districati nel traffico senza problemi: hanno eseguito cambi di corsia, manovre di sorpasso e hanno attraversato agevolmente tutti i caselli utilizzando il sistema di pagamento locale senza fili Hi-Pass. La ricerca continua Entro il 2021, Hyundai intende commercializzare il sistema di guida autonoma di livello 4. Inoltre, al recente Ces di Las Vegas, la Casa ha annunciato di aver trovato l’accordo con la start up Usa Aurora Innovation per poter accelerare la ricerca della tecnologia di livello 5. Obiettivo dichiarato: 2030. 6

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· 16 Febbraio 2018

■ Il 2017 è stato altro anno di crescita per l’industria europea dell’auto. Le immatricolazioni di autovetture sono cresciute del 3% confermando la tendenza positiva iniziata nel 2014 quando l’Europa iniziava a lasciarsi dietro i peggiori anni di crisi economica. Il mercato è stato favorito dalla stabilità economica e da un’offerta più ricca. Il consumatore nel vecchio continente ha ormai molte più opzioni tra cui scegliere e l’abbondanza, oltre a sostenere le vendite sta cambiando la struttura stessa del mercato. In Europa, suv sono al 29% del mercato I suv continuano a guadagnare quota nel mercato europeo, proprio come negli Stati Uniti, anche se più lentamente. Negli Usa questo è già il segmento dominante – insieme a quello dei pick up – con oltre al 50% del totale delle vendite. In Europa il mercato è più giovane e ha quindi un potenziale di crescita molto più alto rispetto al Nord America. L’anno scorso sono stati immatricolati circa 4,6 milioni di suv, ovvero il 29% del totale del mercato. Secondo i dati di Automotive News, il volume è aumentato del 17% rispetto l’anno precedente, ossia di un tasso decisamente più alto alla crescita complessiva del mercato. L’aspetto positivo per le case automobilistiche, è che il tasso di crescita è ancora molto solido. Sebbene la quota in Europa sia ancora lontana da quella vista in Nord America, grazie al forte aumento dell’anno scorso, è passata dal 25,7% nel 2016 al 29,3% nel 2017. Offerta sempre più grande I motivi che spingono i consumatori all’acquisto dei suv rimangono gli stessi: posizione di guida elevata, design più accativanti e funzionalità. Ma ci sono anche nuovi aspetti.


L’offerta è più ricca e include quattro sub-segmenti – lowcost, generalisti, premium e lusso – su cui i marchi, cercano di attirare più clienti. Negli ultimi due anni, il mercato suv ha visto entrare in gioco nuovi protagonisti, come Dacia, Seat, Infiniti, oltre a Lamborghini, Maserati e Bentley. La carica dei piccoli suv Il segmento si è ingrandito anche verso il basso, cioè verso le B-suv, o le piccole suv. L’offerta è passata da poche opzioni rappresentate dai brand francesi, tedeschi e giapponesi, a un gruppo molto grande che include a quasi tutti i costruttori. Nel 2017, su dieci vetture immatricolate in Europa, una è stata un B-suv, con un aumento del 19%. Gli europei continuano comunque a preferire i C-suv, i compatti, di cui sono stati immatricolati 1,9 milioni di pezzi (+16%) l’anno scorso.

INNOVAZIONE

La Tesla a caccia di litio. PATRIZIA LICATA

I più grandi perdono terreno Ma il segmento non si esaurisce qui. La domanda di D-suv, ovvero le medie, è cresciuta ancora più velocemente, (+27%) passando dalle 604.000 unità nel 2016 alle 768.000 dodici mesi dopo. Questo segmento, dominato soprattutto dai brand premium, si è ingrandito anche dal punto di vista di modelli disponibili. L’arrivo di Skoda Kodiaq, Renault Koleos, Volkswagen Tiguan Allspace e Peugeot 5008 ha spinto le vendite. I suv più grandi e costosi hanno registrato un calo del 7% a 278.000 unità, in particolare a causa della mancanza di motori alternativi, ibridi e ibridi ricaricabili, molto richiesti nei segmenti alti. Chi paga la crescita dei suv Tutti questi cambiamenti hanno anche avuto un effetto negativo sugli altri segmenti. Oltre alla forte frenata delle monovolume, non c’è più entusiasmo verso le berline medie, compatte e le city-car. Le immatricolazioni di questi segmenti sono scese. La domanda per le macchine compatte, dove la Golf è regina, non cresce più e la sua quota (20%) è rimasta costante da alcuni anni. Nel frattempo le immatricolazioni delle subcompatte (Punto, Clio, Polo) sono aumentate solo di 30.000 pezzi nel 2017, cioè del 1%. Tutti e due segmenti mantengono i suoi livelli di vendita non tanto grazie ai nuovi lanci ma alla rinnovazione dei modelli che esistono da anni. Il segmento delle monovolume – che ha trainato la crescita tra il 1998 e il 2006 – oggi presenta i risultati peggiori. Nel 2017 le immatricolazioni sono crollate del 11% (da 1,4 milioni di unità nel 2016 a 1,2 milioni). Nel 2016 era il quarto segmento in Europa dietro suv, subcompatte e compatte. Un anno dopo occupa la sesta posizione superato dalle berline medie e le city-car. C’è stato un crollo in tutti e tre subsegmenti: piccole monovolume (cioè 500L, B-Max) -19%, compatte (C-Max, Scenic) -6% e grandi (-11%). Fenomeno duraturo Il boom dei suv non sembra essere un fenomeno temporaneo. Nonostante il loro costo superiore, queste auto piacciono e rappresentano l’unica fonte di profitto per molti costruttori. Chi è ai margini di questa tendenza non ha un potenziale di crescita forte: lo conferma Ferrari, che ha finalmente considerato di arricchire la propria gamma con un suv. I pronostici sono ancora più favorevoli dopo che il gruppo Volkswagen, il più grande in Europa, ha deciso di scendere in campo lanciando nuovi modelli. Stesso discorso per Hyundai e Kia che, con i loro suv piccoli, potranno trainare la crescita anche nei prossimi anni.

■ La capacità di Tesla di ottenere una produzione “di massa” dei suoi veicoli (Model 3 in primis, per la quale ha molti problemi) dipende anche dalla possibilità di rifornirsi delle materie prime che compongono le batterie per l’auto elettrica, a cominciare dal litio. Per questo non stupisce che Elon Musk stia negoziando con il colosso cileno Sqm (Sociedad Química y Minera), uno dei maggiori produttori mondiali di litio, per assicurarsi forniture consistenti e stabili del metallo. Eduardo Bitran, direttore dell’Agenzia cilena di sviluppo economico Corfo, ha rivelato che Tesla e SQM stanno “esplorando” diverse possibilità dopo che l’azienda americana ha manifestato il suo interesse a un accordo che garantisca a Tesla l’arrivo di “volumi importanti” di litio. Più rifornimenti, meno costi L’azienda di Elon Musk produce nella Gigafactory, la sua mega-fabbrica del Nevada, non solo le super-car elettriche ma le celle a ioni di litio per le batterie impiegate sia nelle auto Tesla sia nei sistemi di accumulo di energia che Tesla vende ad aziende e privati. Un’alleanza col colosso minerario cileno Sqm, osserva in un commento Reuters, permetterebbe a Musk di andare alla “fonte” del litio e garantirsi forniture stabili di una materia prima indispensabile eliminando il più possibile gli intermediari, che pesano sui costi. La svolta del litio cileno Il Cile fa parte del cosiddetto “triangolo del litio” sudamericano, un’area al confine tra Argentina, Bolivia e Cile che racchiude il 75% delle riserve globali di questo metallo. Il deserto di sale cileno Salar de Atacama, dove è attiva Sqm, contiene il 27% delle riserve mondiali, col vantaggio che qui il litio si trova in una delle sue forme più pure ed 16 Febbraio 2018 ·

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è quindi meno costoso da estrarre. Il governo cileno è stato finora lento a riconoscere la trasformazione indotta sul mercato dall’avvento della mobilità elettrica e solo l’anno scorso ha dato il via libera a un incremento della produzione nazionale di litio e aperto le porte, tramite gara pubblica, ad aziende estere interessate a entrare nella lavorazione del metallo. La “svolta” è arrivata però solo il mese scorso, quando Sqm e Corfo hanno risolto una disputa trascinatasi per tre anni: SQM ha ottenuto di poter estrarre più litio (è l’agenzia governativa Corfo a decidere le quote per ogni produttore) e di poter sviluppare riserve ancora intoccate insieme all’azienda statale Codelco; in cambio Sqm ha accettato di allineare i pagamenti delle royalties a quelli di altre società che operano in Cile e di rendere più trasparente la gestione aziendale. Musk apre una frontiera Queste novità sul mercato cileno del litio non comportano cambiamenti immediati, sottolineano gli analisti di Benchmark Mineral Intelligence: occorreranno alcuni anni per sviluppare le riserve esistenti, far entrare in attività quelle non utilizzate e portare il metallo sul mercato. Tesla però gioca d’anticipo e si immette in una gara finora dominata dai produttori di batterie, non dai costruttori d’auto. L’esito delle manovre di Musk con il colosso minerario Sqm fanno dunque da apripista: gli analisti si attendono una risposta dai costruttori tradizionali impegnati nello sviluppo dell’auto elettrica e nuove tappe di una “caccia ai metalli” che non finisce col litio, perché nelle batterie sono presenti anche cobalto, manganese, nickel, alluminio e grafite.

AUTO E MOTO

Stratos, torna il mito.

collezionista tedesco Michael Stoschek ha dato il via libera a Manifattura Automobili Torino di costruire una piccola serie limitata a 25 esemplari della sua New Stratos che gli acquirenti potranno personalizzare scegliendo tra diverse varianti come la GT racer e la Safari. Potenza da 550 cavalli La New Stratos verrà presentata al salone di Ginevra (8-18 marzo) e riprenderà nelle forme esterne il design filante della celebre vettura da Rally che ha spopolato sulle piste negli anni Settanta. Mentre nell’abitacolo sarà caratterizzata da uno stile racing puro ed essenziale, oltre a dettagli esclusivi, ereditati anche questi dal modello originale: tra cui il supporto per i caschi integrato nelle portiere. Nella meccanica la New Stratos di Stoschek e della Manifattura Automobili Torino potrà contare su un motore capace di sviluppare una potenza di oltre 550 cavalli.

AUTO E MOTO

Audi A7 Sportback, ammiraglia coupé. ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO

LUCA GAIETTA

■ Torna la Stratos: dopo la one-off ispirata alla celebre vettura della Lancia e realizzata nel 2010, l’imprenditore e 8

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· 16 Febbraio 2018

■ CAPE TOWN – Berlina con la coda. La tipica auto degli anni settanta e ottanta ferma allo stop davanti all’incrocio del futuro. Una categoria in Italia destinata a finire nell’album dei ricordi. A meno di non ridisegnarla, ammorbidendo la linea e tagliando in parte il posteriore. È l’esercizio di stile che in Audi chiamano Sportback applicato sulla A7 (e su A5): dimensioni da ammiraglia (praticamente 5 metri), stile da coupé a passo lungo e un design che ricorda alcune classiche sportive italiane.


Tanto lusso Un modello arrivato oggi alla seconda generazione dopo 250mila esemplari venduti nel mondo. Primo mercato neppure a dirlo la Cina: a Pechino e Shanghai la berlina con la coda, lunga o corta che sia, è ancora status da mostrare, tanto più se con un marchio premium come Audi. Soprattutto se poi, una volta seduti a bordo, è facile respirare il profumo della perfezione della Casa tedesca con assemblaggi, materiali e dotazioni da prima della classe. A patto però di mettere in tasca il proprio smartphone: gli spazi portaoggetti sono limitati al minimo. Bottiglia d’acqua compresa. Al contrario la capacità del bagagliaio è da trolley per viaggi intercontinentali: da 535 litri fino a 1.390 con sedili posteriori abbattuti. Firma luminosa A7 Sportback vuol dire poi ruote posteriori sterzanti e luci: quella dei fari a Led in grado di illuminare davanti per una distanza doppia di quella di sistemi tradizionali. E quelle interne che per intensità e colore regala la sensazione di lievitare tra le nuvole. Due i motori indicati con una doppia cifra: 50 ovvero un 3.0 TDI da 286 cavalli con cambio automatico tiptronic a 8 rapporti e trazione integrale Quattro (prezzo 72.900 euro) oppure 55 con il 3.0 TFSI da 340 cavalli e S-tronic a 7 marce Quattro (74.900 euro). Per l’anima della A7 Sportback (e per i mercati di riferimento che oltre la Cina comprende anche gli Stati Uniti, aree dove il diesel non è diffuso) meglio il secondo: silenzioso e nel “mood” della strategia di elettrificazione del gruppo Volkswagen con un sistema mild hybrid (forma di ibridizzazione leggera) che consente di risparmiare 0,7 litri di benzina ogni 100 chilometri. Un passo verso il domani a batteria, per portare nel futuro la vecchia idea di berlina.

AUTO E MOTO

■ Al salone di Pechino, in programma dal 25 aprile al 4 maggio, debutterà la nuova Volkswagen Touareg: terza generazione del grande suv di Wolfsburg venduto fino ad oggi per oltre un milione di unità nel mondo. Anticipata per adesso da un bozzetto ufficiale che ne mostra il profilo, la nuova Touareg appare più filante e dinamica nelle forme rispetto alla precedente. Disegnata sotto la supervisione di Klaus Bischoff, responsabile del design Vw, impiega la stessa piattaforma della Porsche Cayenne che dovrebbe consentirle prestazioni sopra la norna e una maggiore agilità nella guida, grazie anche alle sospensioni pneumatiche ad aria e le ruote posteriori sterzanti. Un suv hi-tech Pezzo forte della vettura saranno comunque, come riferito dai tecnici della Vw, le dotazioni tecnologiche: comprendenti una vasta gamma di sistemi di assistenza alla guida e in grado di assicurare la massima sicurezza di marcia e un elevato comfort. Sulla nuova Touareg debutterà, poi uno dei cruscotti digitali più grandi della categoria, ovvero l’Innovision Cockpit che apre a una nuova era nel campo dell’infotainment e della connettività.

AUTO E MOTO

La Concept Two di Rimac. VALERIO ANTONINI

Volkswagen Touareg, la quasi ammiraglia. PAOLO ODINZOV ■ Rimac Automobili, piccolo costruttore croato dalle grandi ambizioni, svelerà al prossimo Salone dell’Auto di Ginevra (8-18 marzo) la Concept Two, seconda hypercar elettrica del marchio. Il progetto prevede la realizzazione di 100 esemplari, omologati come stradali, dei quali almeno 20 saranno già pronti per essere venduti entro la fine dell’anno. 1.200 cavalli, guida il robot Il nuovo progetto Rimac, rispetto alla Concept One (pro16 Febbraio 2018 ·

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totipo del 2013) sarà dotato di un sistema di guida autonoma di livello 4 che prevede l’intervento umano solo in alcuni momenti della marcia. La Concept Two è ancora più grande, larga e potente della “One”, ma ne ripropone quasi lo stesso design esterno. La Concept Two, stando ai dati della Casa, è alimentata da 4 motori elettrici e una batteria da 120 chilowattora, in grado di erogare oltre 1.200 cavalli. Per Rimac, l’hypercar supera la già incredibile velocità massima di 354 chilometri orari del modello precedente e può andare da 0 a 100 in meno di due secondi. Prezzo da regina Per avere uno degli esemplari della Concept Two occorre mettere pesantemente mano al portafogli. Non basteranno, infatti, meno di un milione e duecentomila euro. Prezzo che la avvicina, per fascia di mercato, ai modelli di Bugatti, Pagani e degli svedesi di Koenigsegg che realizzano hypercar esclusive a tiratura limitata. La Camel Group Ltd, azienda cinese che produce le batterie a ioni di litio utilizzate sulla Concept Two, ha versato circa 30 milioni di euro, sotto forma di fondi in partecipazione societaria, a Rimac per sostenere lo sviluppo di accumulatori che garantiscano maggiore autonomia, anche rispetto ai 300 chilometri attribuiti alla Concept One.

a Waymo per mettere fine al contenzioso legale in corso di svolgimento a San Francisco. Secondo Waymo – spin off di Google che studia l’applicazione dei sistemi di guida autonoma – l’azienda di ride hailing avrebbe trafugato degli importanti segreti attraverso Anthony Lewandowski, un ingegnere passato da una società all’altra e che avrebbe portato con sé 14.000 file, fondamentali per dare anche a Uber la tecnologia per le auto senza conducente. Per questo motivo le due rivali erano finite davanti alla corte della città californiana. Svolta in tribunale Proprio in tribunale è arrivata la notizia della svolta: prima dell’inizio del quinto giorno di dibattimento l’avvocato di Waymo, Charles Verhoeven, ha comunicato al giudice William Aslup che i due contendenti avevano trovato un accordo. Oltre alla cifra – sensibilmente inferiore al miliardo di dollari chiesto dalla società di Alphabet inizialmente – l’accordo prevede espressamente che Uber non utilizzi, per lo sviluppo della sua guida autonoma, nessun hardware o software di proprietà di Waymo. In una lettera pubblicata online il ceo di Uber, Dara Khosrowshahi, ha scritto: “Anche se non crediamo che alcun segreto commerciale sia passato da Waymo a Uber e siamo convinti di non aver utilizzato nessuna informazione proprietaria di Waymo, ci stiamo comunque impegnando fianco a fianco con loro per far sì che i sistemi lidar e i software della guida autonoma che offriremo ai clienti rappresentino soltanto il frutto del nostro lavoro”.

BUSINESS

Waymo-Uber, scoppia la pace.

L’auto che va col sole.

PAOLO BORGOGNONE

VALERIO ANTONINI

■ 245 milioni di dollari in azioni, lo 0,34% del valore totale della società. A tanto ammonta il risarcimento che Uber – l’azienda che si occupa di servizio di taxi alternativi – pagherà

■ Col cielo sereno si può guidarla anche per un mese senza ricaricarla. Stiamo parlando del prototipo Lightyear One, un concept con motore elettrico dalle grandi prestazioni,

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· 16 Febbraio 2018

INNOVAZIONE


in grado di accumulare energia con dei pannelli solari integrati nella scocca. Il veicolo, stando alle dichiarazioni dei suoi inventori, è in grado di alimentarsi da sé. Col sole. Altrimenti va a batteria, si ricarica da una presa normale e può arrivare fino a 800 chilometri di autonomia. 120.000 euro circa La giovane startup olandese che ha realizzato l’auto dandole il suo stesso nome (che in inglese significa anno luce) ha presentato il Lightyear One in un breve video teaser. Si tratta di una supercar elettrica dal design moderno, realizzata con materiali ultraleggeri e fotosensibili. Non si conoscono dettagli sulle prestazioni, che potrebbero essere da sportiva, visto anche il prezzo che si aggirerebbe sui 120.000 euro. Le prenotazioni sono già aperte. Il business plan prevede il lancio di un numero limitato di vetture nel 2019, prima di una produzione più massiccia l’anno successivo. Velocità della luce Il progetto ecologico del marchio olandese inizia nel 2017 quando il team di giovani ricercatori lancia un veicolo dalle forme squadrate interamente ricoperto da pannelli solari che partecipa con successo a sfide ed esibizioni di prototipi simili. L’obiettivo degli ingegneri è quello di realizzare una mobilità sostenibile per tutti. Nel mondo, ci dicono gli ingegneri olandesi, si percorrono ogni anno in auto 9 mila miliardi e mezzo di chilometri, cioè un anno luce. “Vogliamo – è la speranza della Lightyear – che gli spostamenti sulla terra avvengano al 100% senza inquinare”.

INNOVAZIONE

Pal-V Liberty, l’automobile tra le nuvole.

■ Al Salone di Ginevra (8-18 marzo) ci sarà anche un’automobile volante. L’azienda olandese Pal-V presenterà alla rassegna svizzera la versione di produzione della PalV Liberty: una sorta di auto a tre ruote capace di ospitare a bordo 2 persone, pronta all’occorrenza a trasformarsi in un elicottero per bypassare il traffico, viaggiando tra le nuvole. Ancora in attesa delle certificazioni necessarie per circolare sulle strade e nei cieli, la Pal-V Liberty verrà prodotta a partire dal prossimo anno e avrà un listino base di 399 mila dollari (320.739 euro), destinati a salire a seconda delle versioni e la personalizzazione richiesta dai clienti. Come un vero elicottero Per adesso non sono state diffuse dal produttore le specifiche tecniche tranne il fatto che la singolare auto con le eliche impiegherà due motori aeronautici Rotax. Potrà poi contare sul sistema “Real Time Travel Calculator” (RTTC), per rendere estremamente sicure le fasi di volo, atterraggio e decollo, contando anche sulla possibilità di planare in caso di guasto a uno dei motori. Arriverà mai in commercio? La risposta (forse) arriverà a Ginevra.

PAESE

Torino, rivoluzione free floating. MARINA FANARA

LUCA GAIETTA

■ Ofo, Mobike, oBike, Free@bike ed Enotravel: sono questi i cinque operatori che hanno risposto alla gara indetta dal comune di Torino per ampliare il bike sharing a flusso libero, la bici condivisa che si può prendere e riconsegnare in qualsiasi punto della città. L’obiettivo di Palazzo Civico è disporre di 12.000 biciclette, tradizionali e a pedalata assistita da utilizzare, per un anno, in via sperimentale. 16 Febbraio 2018 ·

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Vecchie conoscenze In realtà, il bike sharing libero non è una novità per i torinesi, per due dei cinque operatori che hanno presentato una manifestazione d’interesse si tratta di una riconferma: la cinese Mobike e la piattaforma di Singapore, oBike, hanno già avviato il servizio verso la fine dello scorso anno iniziando, rispettivamente, con 1.000 e 500 biciclette. Anche Gobee.bike, un’altra realtà cinese specializzata nel settore, era presente e ha pure partecipato al bando del comune, ma poi ha deciso di ritirarsi dal mercato non solo in Italia, ma in tutta Europa. La novità italiana Su 12.000 biciclette che faranno parte della nuova flotta, 9.000 saranno di tipo tradizionale (5.000 di Ofo, 3.000 da parte di Mobike e 1.000 di oBike), mentre le altre 3.000 saranno a pedalata assistita: 2.000 della svizzera Free@bike e 1.000 della Enotravel, start up italiana, specializzata in turismo enogastronomico e mobilità sostenibile, soprattutto elettrica, poco conosciuta ma che, si legge in una nota, si pone come “soluzione italiana del free floating”. Una boccata d’ossigeno “Non mi aspettavo questo grande interesse, né da parte da parte degli operatori, né dei cittadini”, ci confessa Maria Lapietra, assessore alla Mobilità, “invece, nonostante il debutto sia avvenuto in inverno (a partire da novembre scorso, ndr), il bike sharing in free floating è stato subito apprezzato. E ha dato una boccata d’ossigeno alla città: gli operatori già attivi ci dicono che, grazie ai chilometri percorsi in meno con l’auto, si è risparmiata una quantità di anidride carbonica equivalente a quanto avrebbero potuto assorbire 600 nuovi alberi. Considerando questo exploit, abbiamo ritenuto opportuno indire un bando per ampliare e regolarizzare il servizio richiedendo ai gestori il possesso di determinati requisiti”. Garanzia bici protetta Requisiti stringenti, sottolinea l’assessore Lapietra, ma che sono stati accettati da tutte le imprese. Tra questi un’assicurazione obbligatoria sulla bicicletta e sull’utente e il controllo da parte dell’azienda sul corretto uso delle biciclette, perché sottolinea Lapietra “non sono mancati episodi di vandalismo o di abbandono delle biciclette in zone assolutamente vietate come alcune piazze auliche o aree riservate ai pedoni. Abbiamo chiesto agli operatori di individuare soluzioni tecnologiche affinché ciò non accada”. Il prezzo per la mobilità Inoltre, le aziende dovranno versare all’Amministrazione comunale 20 euro l’anno a bicicletta, ma queste risorse, ci spiega l’assessore, “non finiranno nelle casse del Comune: i 240.000 euro che arriveranno dagli operatori verranno utilizzati all’interno del nuovo tavolo tecnico per la mobilità ciclabile che avrà il compito di individuare gli interventi prioritari: i nostri cittadini ci chiedono, per esempio, più aree di sosta per le 12

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bici sparse in tutta la città, in modo da parcheggiarle senza creare intralci o pericoli, una migliore manutenzione delle piste ciclabili e la creazione di nuovi percorsi protetti”.

PAESE

Bike sharing, in fuga dall’Italia. VALERIO ANTONINI ■ Continuano i problemi per le applicazioni che forniscono servizi di bike sharing in Italia. Gobee Bike, azienda per la condivisione di biciclette in free floating, quindi senza punti di parcheggio predefiniti, ha deciso di abbandonare immediatamente il nostro Paese. La decisione arriva solo a qualche mese dall’inizio delle attività. Due ruote a fondo Dopo i ritrovamenti di mezzi resi inutilizzabili o addirittura gettati nei fiumi, infatti, l’azienda di Hong Kong ha perso subito la pazienza (e molti soldi, evidentemente). Gli atti di vandalismo contro la flotta, infatti, hanno reso insostenibile la prosecuzione del servizio. Il rischio è che presto anche altre applicazioni simili decidano di seguire la stessa strada. A renderlo noto la stessa Gobee Bike che lo ha comunicato con una mail ai suoi utenti registrati. Pare che l’app intenda, per lo stesso motivo, dire addio anche al resto d’Europa. Una magra consolazione per noi: per colpa di pochi a rimetterci è sempre la collettività, quella onesta.


STORICHE

Tom Tjaarda, un americano a Torino. MASSIMO TIBERI

■ Americano di Detroit, famiglia di origini olandesi, italiano per scelta di vita, Tom Tjaarda, scomparso nel giugno dello scorso anno, è stato uno dei grandi creativi del design automobilistico. Passione ereditata dal padre, autore di innovativi modelli degli anni Trenta come la Lincoln Zephyr, e forte capacità tecnica nel conciliare originalità e classica eleganza sono i tratti distintivi di un percorso professionale di alto profilo. Comincia alla Ghia Nel 1958, giovane neolaureato in architettura con una tesimodello di wagon sportiva futuristica dalla imponente vetratura panoramica, arriva alla Ghia di Torino, dove subito manifesta talento firmando la piccola Innocenti Spider, riuscita reinterpretazione della britannica Austin Healey Sprite. Nel 1962 inizia il rapporto con la Pininfarina e dalla matita di Tjaarda nasce il prototipo Rondine su meccanica Chevrolet Corvette che ispirerà un’icona come la Fiat 124 Sport Spider del 1966, vettura intramontabile, in produzione fino al 1985 e amatissima proprio negli Stati Uniti. Di quel periodo denso di esperienze anche due splendide Ferrari: la coupé 2+2 330 GT e la versione scoperta California della esclusiva serie 365. Con De Tomaso Il ritorno alla Ghia, dopo un passaggio alla OSI, porta alla collaborazione con De Tomaso e ad un’altra auto dalla

straordinaria longevità, la granturismo Pantera, che terrà banco dal 1971 addirittura al 1993, ulteriore testimonianza della dote di riuscire a immaginare cifre stilistiche al di là delle mode. La partecipazione da protagonista al complesso programma internazionale che accompagnerà la nascita della Ford Fiesta è poi indicativa della versatilità di Tjaarda nel misurarsi con progetti dalle vocazioni profondamente diverse. Qualità mature che vedranno il designer, ormai di fatto italo-americano, impegnato dal 1978 nel Gruppo Fiat nella fase importante della definizione di modelli come la Croma, la Lancia Thema e l’Autobianchi Y10. Gli anni '80 Degli anni Ottanta l’incontro con la Rayton Fissore, che punta all’ingresso nell’emergente settore dei suv alto di gamma. La Magnum è esteticamente riuscita, ma qualità costruttiva e componenti da “camion” di derivazione Iveco non ne incoraggeranno il successo. L’attività diventata autonoma si concretizzerà poi in tante concept-car sui telai più vari, mentre nel corso dell’intera carriera non mancheranno le incursioni ad ampio raggio anche in ambiti non automobilistici. Il premio Matita d’Oro “Design senza tempo”, che il Museo dell’Automobile di Torino ha voluto dedicargli alla memoria il 13 febbraio, è dunque il riconoscimento che interpreta e sintetizza al meglio il comune denominatore dell’opera di Tom Tjaarda. 16 Febbraio 2018 ·

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LIFESTYLE

Burt Reynolds: il Bandito e la Pontiac. GIUSEPPE CESARO

■ “E tra... De Niro e Al Pacino?” “Ma De Niro cento volte!!!” “Ma non lo so, forse Al c’ha uno sguardo più... torbido, più ambiguo. E tra... Burt Reynolds e Robert Redford?” “Ma Burt è troppo buro! Forse meglio Redford. Me sembra un po’ più tenero, più dolce”. “No, io Burt! Poi secondo me c’ha pure più sesso. Ma l’hai visto in costume da bagno che dè? È una delle poche prove dell’esistenza de Dio! Fatte servi’!”. Loro sono “Nadia” (Eleonora Giorgi) e “Valeria” (Isa Gallinelli) e il dialogo è tratto da una delle scene-cult di “Borotalco”, il film (1982) con il quale Carlo Verdone fa incetta di premi: 5 “David di Donatello”; 2 “Nastro d’argento”; “Montreal World Film Festival” e “Grolla d’oro”. Campione d’incassi Già, ma chi era questo “troppo buro” Burt? Era – ed è anco14

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ra – Burton Leon “Burt” Reynolds (Lansing – Michigan, 11 febbraio 1936: 82 anni domani), 100 film in quasi 60 anni di attività (1961-2008), alcuni dei quali, anche se pochi lo ricordano, diretti da firme del calibro di Robert Aldrich, Woody Allen, Robert Altman, Peter Bogdanovich, Mel Brooks, Blake Edwards e Don Siegel. Sebbene Reynolds non possa essere annoverato tra quegli attori le cui interpretazioni hanno reso immortale il cinema americano, è un fatto che, per almeno un decennio, è stato tra i nomi che hanno fatto registrare i più grandi incassi al botteghino. Il suo nome, infatti, è il 12esimo tra le “Money Maker Stars” di sempre (le stelle che fanno incassare di più) di Quigley, nella cui Top10 è presente, ininterrottamente, dal ’73 all’84. Non solo: se si contano gli anni consecutivi di permanenza al numero 1, Reynolds è primo a pari merito con Bing Crosby. Cinque anni ciascuno: dal


’78 al ’82 il primo, dal ’44 al ’48, il secondo. Meglio di loro solo Tom Cruise: 7 primi posti, ma non consecutivi, dal 1983 al 2005. Cinque volte non consecutive in vetta, invece, per Clint Eastwood e Tom Hanks. Tutti gli altri, sono dietro. Incidente fatale Niente male per un ragazzino del Michigan il cui futuro avrebbe dovuto giocarsi sui campi di football. La vita, però, sceglie per lui una parte diversa. Dopo il liceo, grazie a una borsa di studio sportiva, Burton viene ammesso alla Florida State University, nella cui squadra di football comincia a mettersi in luce. All’inizio del secondo anno, durante la prima partita della stagione, subisce un brutto infortunio al ginocchio. Per fortuna, riesce a riprendere il campionato. Poco tempo dopo, però, perde la milza e compromette anche l’altro ginocchio in un brutto incidente d’auto. Uno sfortunato uno-due che mette ko il suo sogno sportivo. Burton comincia, allora, a pensare di seguire le orme del padre e diventare un ufficiale di Polizia. L’uomo, però, gli suggerisce di finire l’università. Deciderà dopo. Oltre che saggio, il consiglio paterno si rivela fortunato. Il professore d’inglese sente il ragazzo leggere Shakespeare in classe e lo spinge a fare un provino per un’opera teatrale che sta mettendo in scena. Il provino funziona, il giovane ottiene il ruolo da protagonista e la sua performance gli vale il “Florida State Drama Award”. Il premio consiste in una borsa di studio per la Hyde Park Playhouse, di New York. Burton vola nella “Grande mela”, ottiene le prime recensioni positive e incontra Joanne Woodward (che un paio d’anni più tardi diventerà la moglie di Paul Newman) che lo aiuta a trovare un agente. È il 1956 e Reynolds ha vent’anni. Il resto è storia. Polvere e altare La sua migliore prova d’attore, è considerata l’interpretazione del regista di film porno Jack Horner in “Boogie Nights – l’Altra Hollywood” (1997), che vale a Reynolds un Golden Globe e una nomination agli Oscar come Miglior attore non protagonista. All’estremo opposto, invece, due pellicole che gli portano altrettanti “Razzie Award” (i premi “pernacchia” riservati ai peggior attori dell’anno): “Un piedipiatti e mezzo” (’93) diretto da Henry Winkler (il “Fonzie” televisivo), e “Striptease” (’96), per il quale lui e Demi Moore, vengono premiati come “peggiore coppia”. Tra le interpretazioni più famose e apprezzate, invece, il ruolo di Lewis Medlock nell’inquietante “Un tranquillo weekend di paura” (1973), recitato al fianco di Jon Voight, e quello di Paul Crewe – ex campione di football finito in galera – che, con una raccogliticcia squadra di detenuti, affronta le guardie in un match senza esclusione di colpi in “Quella sporca ultima meta” (1974). A Bandit che fugge Pontiac d’oro Il film, però, che rende Reynolds una vera e propria star e che è tutt’ora considerato uno dei cult più cult d’America è “Il Bandito e la Madama" (1977). Bo “Bandit” Darville è un contrabbandiere che – per soldi (80mila dollari) ma, soprattutto, per il gusto – accetta una sfida praticamente impossibile: trasportare, in sole 28 ore, 400 casse di birra dal Texas alla Georgia. Il film, ispirato alla “Cannonball Run” (una delle più famose corse illegali della storia degli States) vede il “Bandito”, al volante di una Pontiac Firebird Trans-Am MY nera e oro, farsi beffe della Polizia di ben cinque stati (Texas, Arkansas, Alabama, Mississippi e Georgia) e anche dell’implacabile sceriffo Buford T. Justice. Definito da Playboy il "Via col

vento” di questo genere di film, con 127 milioni di dollari al botteghino, “Il Bandito e la Madama" diventa il secondo film campione di incassi del 1977, dopo "Star Wars". Una Trans-Am l’anno Il successo della pellicola è talmente grande, che la Pontiac vede schizzare al cielo (+70%) il valore delle sue azioni. Per dimostrare il proprio apprezzamento al protagonista, il presidente del marchio di Detroit decide di regalagli una TransAm nuova all’anno. “Per un po’ l’hanno fatto davvero – racconta Reynolds. Dopo tre o quattro anni, però, hanno smesso. E senza nemmeno un biglietto di ringraziamento: niente. E così ho telefonato per capire cosa fosse successo. Hanno detto che la Pontiac aveva un nuovo presidente e che al nuovo presidente non piacevano i miei film!” Reynolds comincia presto a subire il fascino di muscle car e guida “sportiva” ma, come figlio di poliziotto, non può certo comportarsi come il “bandito” del suo film. Senza considerare che la famiglia non può permettersi quel genere di spese. “La nostra macchina era una Buick di seconda mano – ha ricordato qualche anno fa. Ho speso parte di quello che ho guadagnato con “Navajo Joe” (il secondo film di Reynolds: un western del 1966 firmato dal nostro Sergio Corbucci, Ndr.) per comprare la mia prima auto nuova di zecca: una Mercedes 230 SL che ho fatto venire dall’Europa. Nel corso degli anni, poi, ho avuto diverse ‘Caddy’ e anche una Rolls. La mia preferita in assoluto, però, è una T-Bird del 1955”. Come dargli torto. Del resto, che il ragazzo avesse le idee chiare lo si era già capito nel ’69. Il “Bandito”, dopo soli due o tre film, aveva rifiutato di interpretare uno dei personaggi più amati dell’intera storia della cinematografia mondiale: James Bond. "Nella mia infinita saggezza – ha spiegato recentemente con ironica malinconia – dissi a Cubby Broccoli (Albert Romolo Broccoli, il leggendario produttore della serie, Ndr.) che un americano non poteva interpretare Bond: dev’essere un inglese! Bond? Naah: non ce la posso fare! Hanno provato a convincermi, ma, alla fine, se ne sono andati. Ogni notte mi sveglio in preda ai sudori freddi.” Nessun dubbio, caro Burt. Del resto, avere le idee chiare, non significa mica che siano anche giuste.

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Supplemento settimanale a l’Automobile Pubblicazione online - Reg. Tribunale di Roma n. 24/2016 del 09/03/16 Iscrizione R.O.C. n. 14674 - ISSN 2499-670X Direttore Responsabile Alessandro Marchetti Tricamo Redazione via Solferino, 32 - 00185 Roma tel. 06.45406719 • fax 06.49982874-2829 www.lautomobile.it • redazione@lautomobile.it • segreteria@lautomobile.it @lautomobile_ACI

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COVER STORY CES

Il sorpasso. L’industria dell’auto americana rallenta nel lancio di veicoli a idrogeno. E coreani, giapponesi ed europei provano a conquistare la leadership.

MASSIMO CARATI ■ LAS VEGAS – La fine di un primato americano a zero emissioni. E questa volta Donald Trump non c’entra. Parliamo di idrogeno. Nessuna delle “Big Three” di Detroit sembra crederci più. E a dir la verità neppure Tesla: Elon Musk non ha esitato nei mesi scorsi a definire l’idrogeno come “incredibilmente stupido”. Fa niente se poi negli Stati Uniti si può comunque contare su 39 distributori, concentrati soprattutto in California, l’industria automobilistica americana ha deciso di prendere una pausa di riflessione, lasciando campo aperto in particolare ai costruttori asiatici. Non è un caso allora che al Ces di Las Vegas Hyundai abbia presentato Nexo (in foto), la seconda generazione di un suv con fuel cell a idrogeno, pronto ad arrivare su alcuni mercati selezionati nei prossimi mesi con

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un’autonomia di 580 chilometri (30% in più rispetto al precedente Tucson Fcev). Modello che rientra nel piano “green” dei coreani: lanciare 18 vetture a basso impatto ambientale entro il 2025. Non solo Hyundai. Olimpiadi a fuel cell In Giappone hanno deciso che l’idrogeno sarà tecnologia chiave per la mobilità delle prossime Olimpiadi di Tokyo 2020. E l’industria automobilistica giapponese darà il proprio contributo: 160 stazioni di rifornimento a idrogeno (diventeranno 900 nel 2030) e 40 mila veicoli a fuel cell in strada (oggi sono poco più di 2 mila) in concomitanza dei giochi olimpici del 2020. Non un investimento da poco visto che ogni distributore ha un costo di circa 4 milioni di euro. In

particolare Toyota lancerà – sempre nel 2020 – la seconda generazione della Mirai, oggi prima auto a idrogeno al mondo prodotta in grande serie (a regime 3mila unità l’anno), alla quale seguirà un modello aggiuntivo sviluppato dal concept Fine-Comfort Ride mostrato lo scorso ottobre al Tokyo Motor Show. Un impegno condiviso da Honda con la sua Clarity, anche lei in listino. Presto potrebbe arrivare anche il suv GLC F-Cell di Mercedes la cui pre-produzione è già stata avviata. Così come il veicolo di Bmw previsto nel 2021 (in piccoli numeri, dal 2025 in grande scala) e quello di Audi che, seppur con meno decisione delle connazionali, avrà il compito di continuare nello sviluppo di fuel cell a idrogeno per tutto il gruppo Volkswagen. Asia ed Europa, appunto. E negli Stati Uniti si rimane a guardare.


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PUBBLICATO SUL NUMERO 15 - FEBBRAIO 2018

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