Supplemento settimanale a l’Automobile.
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
Sharing
PAOLO BORGOGNONE ■ Quando qualcuno condivide tutti vincono”. Lo diceva Jim Rohn, imprenditore-filosofo statunitense, scomparso nel 2009. Condividere è un verbo che oggi, soprattutto nel settore della mobilità, viene coniugato sempre più spesso. Parlando di auto, private o pubbliche, di scooter, di biciclette. Perché i vantaggi sono evidenti: per il singolo cittadino, liberato dai costi sempre più alti del possesso di un auto (lato emozionale a parte, è chiaro, una vettura rimane comunque qualcosa che è piacevole possedere). Per le aziende che vivono e danno lavoro mettendo a disposizione i propri mezzi
Settimanale digitale • Anno 1 • Numero 38 • 27/04/2018
mobility
da condividere. Per le città che cercano così di ridurre l impatto di traffico e congestione. Per l ambiente che, soprattutto grazie alle sempre più numerose flotte ibride o elettriche che inquinano meno, respira aria più pulita. Abbiamo cercato di districarci in questo ambiente cosi nuovo: intanto spiegando di cosa parliamo quando parliamo di condivisione e poi esplorando i diversi aspetti di una realtà che sempre più spesso entra nei discorsi e nella vita quotidiana di ciascuno di noi. Senza scordarci mai, però, che un automobile non è solo un mezzo di trasporto ma anche un pezzo della nostra storia, un oggetto che racconta e ci racconta. E che ci piace.
SMART MOBILITY
Mobilità condivisa, verso emissioni zero. SAMUELE MARIA TREMIGLIOZZI
■ Il car sharing, da noi come nel resto del mondo, insegue l obiettivo di ridurre le emissioni, e per questo motivo sarebbe bene che si dotasse sempre più di auto elettriche. In Italia, la più alta percentuale di mezzi a batteria per le auto condivise si registra a Firenze (36% del totale), poi a Milano e a Roma (24%), quindi Torino (17%). Ma non sono soltanto le metropoli a svettare in classifica: una nota di merito va a Modena, che offre un servizio di sharing totalmente elettrico, anche se con una flotta sensibilmente minore rispetto a quella disponibile nei grandi centri urbani (37 veicoli contro, per esempio, i 3.290 di Milano e i 2.188 di Roma). Share’nGo, primato nazionale L’importante crescita della flotta elettrica condivisa a livello nazionale è una tendenza recente e dovuta principalmente all’ingresso sul mercato italiano di Share’nGo, so2
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cietà a capitale cinese, che a due anni dal debutto gestisce oggi l’82% delle auto elettriche condivise in Italia con più di 1.500 vetture in circolazione a Milano, Roma e Firenze. Le certezze di Car2Go Car2Go, il servizio di Daimler attivo in Italia dal 2013 e primo operatore al mondo, spiega all interno del suo libro bianco” i motivi per cui la mobilità condivisa alimenta lo sviluppo di quella elettrica. “Il car sharing rappresenta un ambiente di collaudo ottimale per le auto a batteria. La tecnologia è sottoposta alla massima sollecitazione e dimostra così la sua idoneità per l’uso quotidiano in condizioni reali”, ha dichiarato Olivier Reppert, ceo di Car2Go, che aggiunge: “Siamo convinti che il futuro del car sharing sia elettrico, per questo ne promuoviamo lo sviluppo sistematico”.
Sharing mobility, basta la parola. MARINA FANARA ■ Si fa presto a parlare di mobilità condivisa: oggi sta assumendo varie forme, tutte con l obiettivo di ridurre il numero di veicoli in circolazione e diminuire lo smog, ma ognuna con una sua formula specifica e una precisa definizione che è facile confondere con altre. Facciamo chiarezza. CAR POOLING Un automobilista mette a disposizione i posti liberi sulla propria auto per raggiungere una comune destinazione, dividendo così le spese con i compagni di viaggio. Anche questo tipo di servizio è supportato da una piattaforma. Nato per offrire un alternativa a treno, pullman e aereo su distanze medio-lunghe, per lo più a scopo turistico, oggi si sta diffondendo anche per gli spostamenti pendolari casalavoro tra colleghi della stessa azienda o di società limitrofe. CAR SHARING Letteralmente auto condivisa . Consente di utilizzare un autovettura quando serve, pagando una tariffa in base al tempo e ai chilometri percorsi. Il servizio è interamente gestito da società terze, tramite piattaforma web e app. Due le modalità di noleggio: a postazione fissa (l auto deve essere presa e riportata in apposite aree) o in free floating (si può prelevare e riconsegnare il mezzo anche al di fuori dei parcheggi dedicati). PEER TO PEER È un noleggio fra privati per il periodo in cui un automobile non viene utilizzata dal legittimo proprietario. Normalmente, l incontro fra domanda e offerta avviene tra sog-
getti che condividono una medesima piattaforma gestita da un operatore che provvede alle pratiche per l affitto, compresa la copertura assicurativa del veicolo. Per il resto, il noleggio è concordato esclusivamente tra i due utenti (peer-to-peer appunto): data, durata, luogo di presa e riconsegna dell auto. Anche il prezzo per l affitto è deciso dal proprietario, la piattaforma si trattiene una percentuale a titolo di commissione. RIDE HAILING Noleggio con conducente o servizio di taxi privato. Il modello è quello offerto da Uber e da Lyft: un privato cittadino mette a disposizione di un altro privato la propria automobile per condurlo alla destinazione da lui richiesta, a fronte di un compenso economico. La richiesta e il pagamento della corsa avviene tramite app, registrandosi a una piattaforma dedicata. RIDE SHARING È come un taxi collettivo o meglio, un ride hailing condiviso con a bordo più persone che compiono lo stesso tragitto. A differenza del carpooling, si paga al conducente una tariffa e non semplicemente una parte delle spese di viaggio sostenute dallo stesso conducente. 27 Aprile 2018
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PAESE
Car2go, laboratorio elettrico. MARINA FANARA
Amburgo. Anche il terzo motivo non è affatto trascurabile ed è il duplice impatto sulla qualità dell aria nelle aree metropolitane, per il semplice fatto che le auto elettriche in sharing diminuiscono il numero di auto in circolazione e non inquinano. Infine, ultima considerazione: la sharing mobility con veicoli a batteria è il laboratorio perfetto per sperimentare la mobilità elettrica del futuro. Come sottolinea Olivier Reppert, amministratore delegato di car2go: È un ambiente di collaudo ottimale, perché la tecnologia è sottoposta alla massima sollecitazione e dimostra la sua idoneità per l uso quotidiano in condizioni reali .
INNOVAZIONE
ShargeMe, il charge sharing italiano. CARLO CIMINI ■ Il car sharing elettrico è lo strumento chiave per dare impulso alla mobilità a zero emissioni in ambito urbano. Per almeno 5 motivi, secondo quanto sostiene car2go che ha condotto un apposita ricerca pubblicata in un Libro Bianco, il primo in materia. Volano per le infrastrutture La prima argomentazione riportata dallo studio è: l auto elettrica condivisa è in grado di risolvere l annoso problema della mancanza di infrastrutture per la ricarica. Nel senso che la presenza di un numero sufficiente di vetture a batteria in sharing giustifica l installazione di nuove stazioni elettriche e motiva, quindi, i cittadini ad acquistare un auto a batteria senza il timore di non poter poi trovare agevolmente un punto di rifornimento. Provare per credere Il secondo motivo è dedicato a chi nutre dubbi sulla mobilità a zero emissioni: con il car sharing a batteria il cittadino può provare in prima persona cosa vuol dire guidare un auto elettrica per poi, magari, decidere di acquistarla. Chilometri per tutti Come terza ragione, il Libro Bianco dice: Grazie alla gestione quotidiana di car sharing a zero emissioni, car2go dimostra che la mobilità elettrica si presta ad un uso intenso . Insomma, riesce a macinare tantissimi chilometri, senza problemi, anche nel traffico caotico delle città. Del resto, all azienda del gruppo Daimler non manca esperienza in tal senso: a Stoccarda, Amsterdam e Madrid già opera con una flotta completamente a batteria, per un totale di 1.400 vetture a zero emissioni a cui, entro la fine del prossimo anno, ne verranno aggiunte altre 400 per il car sharing di 4
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■ Car sharing, ride hailing e car pooling. Questi sono solo tre dei servizi che ormai sono normalmente a disposizione dei cittadini e stanno contribuendo a cambiare la vita dei centri urbani, sempre più smart e condivisi, con l obiettivo comune di abbattere l inquinamento e dar vita a una mobilità sostenibile. La start up italiana ShargeMe la pensa allo stesso modo e ha avuto l intuizione di creare il charge sharing, ovvero la condivisione di energia trasferibile tra auto elettriche private. Il progetto si basa su una piattaforma che si può gestire tramite app, ancora non attiva. L utente, in possesso di una vettura a batteria quasi scarica, se non si trova in prossimità di colonnine elettriche, può cercare nel raggio di pochi chilometri un veicolo disponibile a condividere un po di energia. La richiesta avverrà anonimamente e la conseguente transazione economica sarà conclusa tramite smartphone prima del rifornimento”. Mercato in crescita Il team di Trieste, ShargeMe, guidato da Marin Krosi e
composto da altri 4 ragazzi, ha esordito al Consumer Electronics Show di Las Vegas. La scintilla è scattata questa estate - ci racconta Krosi - proprio nella Silicon Valley, ma non avevamo ancora la percezione di quanto fosse maturo il mercato delle auto a batteria. Nel quotidiano ci siamo accorti di quanto l elettrico sia entrato nella vita delle persone. In Italia purtroppo abbiamo pochissima diffusione a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti: il fenomeno è già una realtà tra tutte le fasce della popolazione in tantissimi Paesi. L Europa è un po in ritardo anche se in Norvegia e in Germania si sta espandendo rapidamente”. Con questo progetto - continua Krosi - gli utenti potranno bilanciare i costi e guadagnare attraverso le loro ricariche: il consumatore diventerà quindi produttore. Il futuro va in questa direzione: ci sarà una produzione decentralizzata delle energie rinnovabili. La nostra idea non è quella di sostituire le colonnine di ricarica ma integrarle con sorgenti dinamiche”. Ottimismo per il futuro A Las Vegas più di una Casa automobilistica ci ha notato e alcune ci hanno raccomandato al loro fondo di venture capital. Ora però siamo focalizzati a chiudere un accordo con una società di Londra e parallelamente stiamo cercando un investitore italiano di peso interessato all investimento per inaugurare il servizio nel nostro Paese. Il progetto di charge sharing - vehicle to vehicle recharging - è una piattaforma che permetterà all utente di non rimanere senza carica durante il tragitto trasformando l energia anche in una fonte di guadagno.”
INNOVAZIONE
Lyft paga per l’ambiente. PATRIZIA LICATA ■ Rivoluzione verde” per il servizio di taxi privato Lyft: l azienda americana con i caratteristici baffi rosa sulle vetture ha annunciato che i suoi viaggi diventano da questa
settimana carbon-neutral”. In pratica, Lyft porterà a somma zero le emissioni di CO2 delle oltre 10 milioni di corse che effettua ogni settimana in tutto il mondo. “Verde” certificato Come farà Lyft a trasformare le sue corse in viaggi senza impatto ambientale? Comprando i certificati verdi” da 3Degrees, società di San Francisco che si occupa di sostenibilità. Per ogni tonnellata di CO2 emessa dai suoi autisti, Lyft pagherà 3Degrees per togliere” una quantità equivalente di CO2 dall atmosfera con strategie come piantare alberi, creare fattorie eoliche o catturare i gas serra degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Lyft calcolerà la quantità di CO2 emessa dai suoi autisti combinando il numero di chilometri percorsi con il modello d auto e il tipo di alimentazione. Milioni di dollari per essere “in” Le strategie per l ambiente non sono una novità in casa Lyft: l anno scorso l azienda ha aderito al programma We are still in” guidato dall ex sindaco di New York Michael Bloomberg e firmato da oltre 2.700 città, aziende e università degli Stati Uniti unite nella volontà di rispettare l accordo di Parigi sul clima nonostante la decisione di Donald Trump di ritirarsene. È un impegno che per Lyft significa milioni di dollari da spendere solo quest anno per pagare le iniziative anti-CO2 di 3Degrees - una scelta non irrilevante per un azienda che, secondo Bloomberg, ha perso 400 milioni di dollari nel 2017 e punta a produrre il suo primo utile solo nel 2019. L’affondo di Zimmer e Green Ma sborsare soldi per l ambiente ha senso per il servizio dei baffi rosa, perché la mossa di Lyft è intelligente anche per il business. Innanzitutto dà una risposta a chi (come gli studiosi dell università californiana UC Davis) sostiene che i servizi di ride hailing stimolano l uso dell automobile a scapito dei mezzi pubblici e peggiorano così l inquinamento. Nell attesa di introdurre nella sua flotta auto elettriche, comprese quelle cento per cento autonome, Lyft ripara” all inquinamento creato agendo immediatamente contro il cambiamento climatico, come hanno scritto i co-fondatori John Zimmer e Logan Green. Inoltre, la strategia carbon-neutral stacca Lyft dalla rivale numero uno, Uber, che, tra scandali e guai legali, ha perso clienti (dall 80% al 70% delle corse di ride hailing negli Stati Uniti, secondo Bloomberg): l obiettivo numero uno è capitalizzare.
SMART MOBILITY
2027: auto di proprietà addio. 27 Aprile 2018
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tutto il mondo. Sarà un settore economico da 2.000 miliardi di dollari di Pil aggiuntivo per i soli Stati Uniti nel 2035 perché, mentre scompaiono gli autisti, si moltiplicano le aziende innovative e i professionisti dell hi tech applicato alla mobilità.
SMART MOBILITY
GLORIA SMITH ■ Uber e guida autonoma sono il binomio vincente per rendere il servizio taxi privato così economico da eliminare la necessità di possedere un automobile. A dirlo è QuoteWizard, piattaforma online per la comparazione dei prezzi delle assicurazioni. Nonostante il recente incidente in Arizona che ha fermato momentaneamente i test sulla guida autonoma, Uber punta a inserire i veicoli driverless nelle sue flotte dal 2027; anche la concorrente principale, Lyft, lavora su questo obiettivo. Senza autista, i costi di una corsa crolleranno: tra decina d anni per gli americani usare Uber o Lyft sarà molto più conveniente che conservare un auto di proprietà. Il sorpasso dei taxi autonomi QuoteWizard basa la sua previsione sui dati (sia propri che della American Automobile Association) relativi ai costi di proprietà dell auto negli Stati Uniti e ai prezzi di Uber e Lyft. Se si usa il servizio taxi privato per andare e tornare dal lavoro ogni giorno per due mesi, il costo medio per tragitto è di 19,89 dollari a Seattle e 19,59 dollari a Denver. Spostarsi solo con Uber o Lyft per un intero anno costa 13.963 dollari a Seattle e 13.755 dollari a Denver. Possedere un automobile, invece, adesso costa in media agli americani 8.469 dollari: Uber e Lyft non convengono. Tra dieci anni, però, l inserimento di un numero crescente di veicoli autonomi nelle flotte farà scendere il prezzo dei servizi come Uber a 0,35 dollari per miglio contro gli attuali 1,35 dollari per miglio a Seattle e 1 dollaro per miglio a Denver. Di conseguenza, nel 2027 i servizi taxi privati senza conducente costeranno 6.943 dollari l anno a Seattle e 5.679 dollari a Denver, mentre l auto di proprietà costerà in media 7.598 dollari l anno. Possedere l auto non converrà più. Ingegneri al posto dei tassisti I calcoli di QuoteWizard si fondano sul presupposto che i veicoli driverless tra una decina d anni saranno affidabili e sicuri e regolarmente utilizzati nelle flotte dei servizi di mobilità. Andrà valutato anche l impatto sull occupazione: occorreranno molti più esperti di software, intelligenza artificiale e sistemi di comunicazione tra veicoli, ma non ci sarà richiesta per autisti. Il dibattito resta aperto su quanto potrà accadere nel 2027, ma uno studio di ARK Invest ha indicato a fine anno scorso che già nel 2019 saranno disponibili dei servizi taxi con auto autonome e che dopo il 2025 i taxi senza autista saranno la forma dominante di mobilità con automobile in 6
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27 Aprile 2018
Zig Zag, scooter sharing anche a Milano. ANTONIO VITILLO
■ Zig Zag è un servizio di scooter sharing già attivo a Roma, dove gli iscritti sono circa 50.000 con 170.000 noleggi in un anno. Ora il sistema è stato inaugurato anche a Milano, città in cui, entro quest’anno, arriverà a 300 il numero di veicoli disponibili alla condivisione. Pattuglia gialla Per ora sono 100 gli Yamaha Tricity 125 a disposizione di milanesi e turisti. Una “pattuglia gialla” di scooter a tre ruote, che sono indubbiamente più facili da guidare, oltre che più stabili in ogni condizione. “L’intera flotta è gestita da un’intelligenza artificiale, che aiuta a mantenere i veicoli in condivisione sempre in piena efficienza”, hanno dichiarato Emanuele Grazioli e Diego Rocca, i fondatori di Zig Zag Scooter Sharing. 3 tariffe Il servizio, anche a Milano, è disponibile per tutti coloro in possesso di patente A o B, mentre la procedura per usufruirne passa attraverso la registrazione gratuita sul sito della società di sharing, oppure tramite l’app dedicata. Si possono scegliere tre differenti tariffe: 0,29 euro al mi-
nuto (per affitti inferiori all ora), oppure 0,25 al minuto se si tiene lo scooter per più di sessanta minuti. Infine 0,04 euro ogni sessanta secondi se si prende il mezzo per tutta la giornata. Yamaha pianta gli alberi “La mobilità condivisa è molto apprezzata dai cittadini”, ha detto Marco Granelli, assessore alla Mobilità e Ambiente del capoluogo lombardo, “perché si integra alla rete di trasporto pubblico, riducendo il traffico, consentendo spostamenti veloci e limitando le emissioni”. A proposito di eco sostenibilità, la Yamaha, che è partner di Zig Zag Sharing, si è formalmente impegnata con il Comune di Milano per piantare nuovi alberi in città, a partire da novembre.
PAESE
Messina, prove di sharing mobility. MARINA FANARA
sottolinea, resta quello di promuovere e favorire politiche di mobilità a favore dell ambiente che possano fungere da alternativa all uso del mezzo privato, come stabilito nel percorso tracciato dal nostro Piano d azione per l energia sostenibile”. Ztl e sosta libera L auto condivisa in formato Messina sarà in modalità free floating (si potrà prelevare e riconsegnare dove più si preferisce) e avrà accesso libero in Ztl. L Amministrazione ha anche deciso di concedere la sosta gratuita e, in questo momento, sta valutando quali saranno i parcheggi oggetto della convenzione. Università e Comune in “Pista” Il car sharing partirà con 10 veicoli che verrano progressivamente aumentati fino ad arrivare a un totale di 55 mezzi. In questa prima fase, inoltre, le auto saranno al servizio dei circa 300 dipendenti comunali, dei dipendenti e studenti universitari e dei primi 596 cittadini che si registreranno all apposita piattaforma messa a disposizione da Pista.
BUSINESS
Firenze, più elettriche per Adduma. SERGIO BENVENUTI
■ Dopo Palermo e Catania, Messina sarà la terza città siciliana a offrire un servizio di car sharing. Al momento, si tratta di una sperimentazione che si concluderà nell arco di tre anni, grazie al protocollo d intesa siglato tra il Comune e la società Pista, acronimo di Piattaforma per l innovazione e la sostenibilità di trasporti e ambiente. Laboratorio di mobilità Una volta terminata la fase di prova, fa sapere l assessore alla Mobilità Gaetano Cacciola, si deciderà se proseguire il servizio e, soprattutto, se affiancarlo ad altre forme di trasporto condiviso, bike e scooter sharing. L obiettivo”,
■ La start up siciliana di Enna, Adduma car, sbarcata a Firenze pochi mesi fa in partnership con il gruppo francese Psa (Peugeot, Citroen, DS e da poco anche Opel) ha annunciato di aver ampliato la flotta per il servizio di car sharing con 20 veicoli in più. in totale oggi sono diventate così 60 le auto elettriche a disposizione dei cittadini, per un progetto innovativo che si avvale anche della collaborazione del Comune del capoluogo toscano, di Enel, insie27 Aprile 2018
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me ad Ald Automotive e Omoove, aziende specializzate nel noleggio a lungo termine. La carica delle sessanta Nello specifico a Firenze si può contare su 48 C-Zero e iOn (vetture compatte e comode per gli spostamenti cittadini) e 12 veicoli commerciali, tra Citroën Berlingo Van Full Electric e Peugeot Partner Full Electric, ideali per il trasporto merci in ambito urbano e le consegne. La ricarica completa richiede circa 8 ore, mentre in soli 30 minuti si può raggiungere l 80% dell autonomia.
AUTO E MOTO
Maybach, dalla Cina con “Vision”. GIANLUCA PEZZI
dettaglio sembra richiamare lo sguardo. Incominciando dalle dimensioni (lunghezza, larghezza,altezza: 5260 x 2110 x 1764 millimetri) passando alla considerevole altezza da terra e dagli enormi cerchioni dal disegno che pare ispirato ai motori aeronautici. Una griglia massiccia, quasi ad intimidire chi la sta osservando, in contrasto con i fari piatti dalla forma rastremata. Disegno laterale classicheggiante, con linea di cintura piuttosto alta che mette in evidenza la posizione di guida da suv. Si notano le superfici piatte e prive di nervature e spigoli vivi, quasi una dichiarazione di intenti che potrebbe presagire un leggero cambio di rotta nei prossimi modelli. Due monitor da 12,3 pollici All’interno materiali di altissima qualità, con una pelle di una morbidezza al tatto decisamente inusuale. Due bei monitor da 12,3” per il guidatore, con il sistema Vision Mercedes-Maybach Ultimate Luxury opera come un maggiordomo che anticipa i desideri dei passeggeri, ed una User Interface ispirata allo stile del disegno cinese a china. Per i passeggeri non c’è limite al comfort, con due poltrone posteriori il cui schienale si regola separatamente, mantenendo invariati il vano piedi e il punto di riferimento del sedile. I sedili posteriori per il riposo dispongono di un poggiagambe regolabile a piacere in lunghezza e in inclinazione. Visto che siamo in Cina, c’è anche un servizio da tè integrato in un vassoio in legno d'ebano, definito “Magic Wood”. 750 cavalli elettrici Sotto al cofano trovano posto quattro motori elettrici sincroni compatti a magnete permanente per una potenza complessiva di 750 cv, con una autonomia di 500 chilometri (NEDC) e una velocità massima di 250 km/h. Il pacco batterie ha una capacità di 80 kWh.
■ PECHINO - Giovani, ricchi e potenti. Un esercito di milionari che scalpita per poter dimostrare di avere ed essere di “più” rispetto al vicino di casa. E se c’è una cosa che fa tanto status symbol è ancora l’automobile. Per dare l’idea, se per noi occidentali la Mercedes Classe S può essere un punto di arrivo, per i cinesi si tratta dell’inizio. Basti pensare che buona parte dei clienti di Classe S è quarantenne e che per molti di loro tratta della prima vettura che ovviamente guideranno personalmente. Come fare allora per distinguersi dagli altri paperoni? Ecco servita sul piatto d’argento la nuova Mercedes-Maybach Ultimate Luxury, lussuosissima ed esagerata come i clienti che in futuro, forse, la compreranno. Sì, perché si tratta di una concept, o meglio “Vision”, ma dai contenuti decisamente reali. Oltre cinque metri La Ultimate Luxury fa di tutto per mettere in chiaro come stanno le cose. È una berlinona dal piglio suv, dove ogni 8
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27 Aprile 2018
L’obiettivo C’era bisogno di una Vision” così? Se il cuore si ribella a tanta spavalderia, razionalmente non si può non notare come Mercedes abbia cercato di far propri i clienti cinesi. Se in occidente, ed ancora più in Italia, gli eccessi non sono poi così tanto amati, qui è l’esatto contrario. Dal vivo, la Ultimate Luxury sconcerta per i logo Maybach ripetuto all’infinito all’interno delle griglie di aspirazione anteriori, per il montante posteriore verticale che taglia in due il lunotto, ma anche per lo stesso “Ultimate Luxury” in evidenza a caratteri enormi sul portellone posteriore. Tutti particolari che sono stati accolti invece con entusiasmo da parte della stampa cinese e fotografati a ripetizione in ogni singolo dettaglio. Tempi rapidi Mondi diversi, gusti differenti. Abbiamo sempre avuto la presunzione di dover esportare la nostra cultura ed il nostro design. E se invece fosse arrivato il momento di lasciar spazio alle tendenze estetiche cinesi?Potrebbe trattarsi per certi versi di ripetere ciò che accadde con le prime auto giapponesi arrivate in Europa. Con la differenza che in questo caso sarebbe una casa europea a fare da tramite, ma soprattutto con tempistiche inaspettatamente rapide. Di certo c’è che ai cinesi non piace aspettare e che, grazie anche al loro pragmatismo, riescono sempre ad ottenere ciò che desiderano.
AUTO E MOTO
Kia, una X per Picanto. GIULIA PAGANONI
AUTO E MOTO
Mercedes Classe A, un’auto di costume. FRANCESCO PATERNÒ
■ MILANO - Non solo una city car. La terza generazione di Kia Picanto ora include una versione X-Line con motore tre cilindri benzina 1.0 T-gdi da 100 cavalli e 172 Nm di coppia disponibili già a 1.500 giri. Il costruttore coreano ha infatti ampliato la gamma Picanto, presentata nell aprile dello scorso anno, presentando l inedito allestimento che affianca gli attuali City, Active e Cool. Le novità Grazie all introduzione di alcuni dettagli, la variante XLine diventa quella più off-road” e mostra una maggior presenza sulla strada grazie all assetto rialzato di 15 mm e ai cerchi in lega con nuovo disegno da 16 pollici. A bordo si nota un miglioramento dei materiali utilizzati e, soprattutto, un sistema di infotainment ricco per un auto del segmento A, quello delle utilitarie. Di serie il display touch screen da 7 pollici al quale, a richiesta, si possono aggiungere la retrocamera o la ricarica wireless per smartphone. Focus sicurezza A supporto per il guidatore ci sono i sistemi sd assistenza alla guida attivi Vsm (Vehicle Stability Management) e dell Ess (Electronic Stability System), oltre al Tcbb (Torque Vectoring Control) per la migliore sicurezza in tutte le condizioni. A richiesta è disponibile anche il sistema di assistenza alla frenata di emergenza AEB City e Urban. Come va in strada Il motore tre cilindri - il propulsore più potente che la Picanto abbia mai montato - è accoppiato a un cambio manuale a cinque rapporti. Durante la prova nel traffico milanese abbiamo notato un buono spunto e in particolare, una ripresa che per che per una piccola da città è davvero apprezzabile. Un po rumoroso l abitacolo ma ben organizzato e ricco di dotazioni. Il prezzo della Kia Picanto in versione X-Line parte da 15.050 euro.
■ SPALATO – La Mercedes punta molto sulla nuova Classe A, berlina cinque porte dall’impostazione sportiveggiante con cui dal 2012 ha abbandonato la forma monovolume per entrare in un segmento di mercato nuovo per il marchio. Facendo numeri che qui non aveva mai fatto e conquistando una fascia di clienti più giovani, di ben 13 anni in meno rispetto alla sua media secondo quanto sostengono a Stoccarda. L’acronimo intelligente La Mercedes Classe A ha una storia poco più che ventennale, con corsi e ricorsi dalla prima generazione del 1997. Oggi il nuovo modello, soltanto sei anni dopo la terza generazione, prova ad anticipare su un’auto di segmento C come si vivrà l’automobile nel futuro prevedibile. La nuova Classe A dispone infatti di un sistema di intelligenza artificiale chiamato con un acronimo Mbux (Mercedes-Benz user experience) che dialoga con chi è a bordo attraverso comandi vocali , impara dal nostro linguaggio e dalle nostre abitudini, condivide le esperienze di guida per agevolare la ricerca di molte informazioni, dal solito ristorante al tempo che fa. Parla con lei Il modo è però avanzato. Usando la parola chiave, “Hey Mercedes”, una voce femminile ci chiede cosa può fare per noi ed esegue. Evitando a chi guida di distrarsi sulla tastiera per cercare un indirizzo, una strada, un numero di telefono o abbassare la temperatura del climatizzatore. Abbiamo provato il sistema, trovandolo efficace quando le domande sono semplici, da migliorare quando sono più complesse. 27 Aprile 2018
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Mbux di serie Mbux è di serie su tutta la gamma, fatta per ora di tre motorizzazioni due benzina e un diesel, aspettando l’elettrificazione promessa come la più “cattiva” versione AMG. L’esordio del sistema di intelligenza artificiale sulla più “piccola” invece che su una ammiraglia è un messaggio chiaro di Mercedes: si va dove il mercato più richiede innovazioni di tendenza, vicine al rapporto che possiamo avere oggi con uno smartphone. Le quattro generazioni Con la prima Classe A del 1997, la Mercedes fece una operazione simile con altri mezzi, scendendo per la prima volta dal piedistallo di macchine grandi e proponendo a tutto il mercato (e strizzando l’occhio a un pubblico femminile) un’auto monovolume di soli 3,61 metri di lunghezza e a trazione anteriore. Una rivoluzione, per intercettare ben altri clienti. La seconda generazione del 2004 fu di transizione, poi nel 2012 la terza con le forme attuali fu a suo modo un’altra rivoluzione, alla ricerca – grazie questa volta al design – ancora di un nuovo cliente, più giovane ma sempre con una buona capacità di spesa. Futuro presente Ora, la quarta generazione di Mercedes Classe A fa un altro tuffo, questa volta nel futuro presente, dove la tecnologia conta o sembra contare più di motori o design. Dalla Mbux, che si può avvalere di due schermi digitali davanti a chi guida fino agli scenografici da 10,25 pollici ognuno, a un’app per condividere l’auto tra amici o in famiglia pur non avendo con sé la chiave, che permette di individuarla, aprila e metterla in moto schiacciando semplicemente un tasto sul proprio telefono, oltre ai vari sistemi di sicurezza attiva che anticipano la guida autonoma di domani. Come va Per chi poi prende in considerazione la Classe A ancora come macchina da guidare tout court, l’inedito motore 1300 turbobenzina da 163 cavalli è quello giusto, a fianco di un due litri sempre turbo benzina quattro cilindri da 224 cavalli e a un 1500 turbodiesel di originale Renault da 116 cavalli. Cambio automatico a sette rapporti in alternativa a un manuale a sei sulla prima, solo automatici sulle altre, prezzi a partire da circa 30.000 euro. Pianale allungato, una lunghezza della carrozzeria ora di 4,42 metri, qualche centimetro in più per passeggeri e bagagli (370 litri di capacità sotto il portellone), aerodinamica da record con un CX di 0,25 e altro ancora. Rivista da cima a fondo.
AUTO E MOTO
Bmw, una Serie 2 da pista. 10
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PAOLO ODINZOFF ■ Andarci in strada o in pista? Il dubbio verrà sicuramente a chi si metterà alla guida della nuova Bmw M2 Competition: versione potenziata della celebre coupé di Monaco, destinata a debuttare davanti al pubblico sotto i riflettori del Salone di Pechino (25 aprile - 4 maggio). Grintosa dall aspetto, la nuova Serie 2 Competition è subito riconoscibile dalle sorelle di gamma per le prese d aria sulla carrozzeria, soprattutto sul frontale, e per le vistose appendici aerodinamiche. Dotata di equipaggiamenti da racing, tra cui l assetto irrigidito con una barra antirollio in fibra di carbonio presa in prestito dalla M4, sotto al cofano nasconde una versione potenziata del sei cilindri in linea TwinPower Turbo che sviluppa 410 cavalli di potenza e 550 newtonmetri di coppia. Prestazioni da primato Le prestazioni della nuova Serie 2 Competition sono da primato: scattando da 0 a 100 in soli 4,2 secondi la tedesca raggiunge i 250 chilometri orari limitati elettronicamente di velocità massima. Garantisce, inoltre, divertimento ed emozioni nella guida con la trazione rigorosamente posteriore, un cambio manuale a sei marce, oppure un automatico M Dct doppia frizione a sette rapporti offerto come optional, e il differenziale attivo associato a un elettronica di controllo che prevede diversi gradi d intervento.
AUTO E MOTO
Volvo, pensa al mercato cinese. PAOLO ODINZOV ■ Volvo presenta al Salone di Pechino (25 aprile/4 maggio) la S90 Ambience: prototipo che ridefinisce il concetto ci
lusso in auto, proponendo a bordo un esperienza sensoriale unica. Basata sulla berlina a tre posti S90 Excellence, si tratta di una vettura che permette ai passeggeri posteriori di personalizzare l atmosfera dell abitacolo utilizzando un app per smartphone intuitiva con la quale si possono selezionare sette diversi temi visivi sincronizzati con specifici effetti sonori e olfattivi. Per il mercato cinese La Ambience Concept è stata sviluppata in primo luogo per il mercato asiatico e costituisce un alternativa in contrasto con i contesti urbani cinesi spesso molto frenetici,” ha dichiarato Martin Andersson, senior commercial product manager presso la divisione Veicoli Speciali di Volvo Cars e responsabile della gamma Excellence, e contribuirà a rafforzare nella Repubblica Popolare i valori del nostro marchio.”
na tornerà in strada in versione moderna, naturalmente indossando” un motore a batteria. Ritorno al passato L auto è per molti una delle icone degli anni 60, non solo in Cina ma anche per Daniel Kichert, presidente e co-fondatore di Byton, che sulla sua scrivania ne esibisce orgogliosamente una riproduzione. Il manager affiancherà Xu Liuping, neo presidente di Faw, per rilanciare il marchio statale. Le due società stanno discutendo e pianificando la loro road map: obiettivo principale è quello di cooperare nei settori dello sviluppo del prodotto e quindi della gestione dei processi di approvvigionamento e vendita. Attualmente la First Automobile Work commercializza circa 3.000 vetture l anno ma punta, entro il 2025, a incrementare di 100 volte questi volumi, arrivando a circa 300.000 unità. Via libera dal governo? In occasione del Consumer Electronics Show 2018 di Las Vegas, Byton ha presentato il suo suv elettrico da 45.000 dollari, ma la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma della Repubblica popolare cinese, che sovrintende ai nuovi investimenti nell industria automobilistica, ha bloccato il programma di licenze per frenare l eccessiva espansione della capacità produttiva. Per questo motivo, collaborare con il gruppo Faw, aiuterebbe Byton a facilitare il raggiungimento del proprio obiettivo: avviare la produzione dei veicoli a emissioni zero a partire dal prossimo anno.
INNOVAZIONE
Cina, “Bandiera Rossa” elettrica.
Un’auto storica Faw ha tante risorse - dichiara Kirchert - e la nostra esperienza nel campo dell elettrificazione ci aiuterà a rilanciare il brand. Oltretutto stiamo sfruttando l accordo con Amperex Technology - principale produttore al mondo di batterie agli ioni di litio - e stiamo collaborando con Baidu - il più importante motore di ricerca in lingua cinese, alter ego di Google - per la programmazione delle mappe e lo sviluppo del riconoscimento vocale”. La Red Flag” del 1958 è un modello riconosciuto in tutto il mondo e ha una pesante eredità” ha proseguito il manager di Byton. Il primo Hongqi è stato il Ca72, basato sul design Chrysler del 1955, ed era equipaggiato con un motore V8 da 200 cavalli.
CARLO CIMINI ■ A ogni periodo di attività deve seguirne uno di riposo”. È da una celebre frase di Mao Tse-Tung o Zedong secondo la nuova traslitterazione - che si può iniziare a raccontare la storia della Hongqi” - tradotto dal cinese Bandiera Rossa” - l auto presidenziale. La vettura venne costruita nel 1958 dalla First Automobile Works. A distanza di 60 anni, grazie a una partnership tra il costruttore Faw - di proprietà dello Stato - e il colosso Byton, cinese e guidato da ex dirigenti Bmw, la berli27 Aprile 2018
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LIFESTYLE
Jack Nicholson: il primo a idrogeno. GIUSEPPE CESARO
■ 1978. Una troupe della CBS (Columbia Broadcasting System, una delle più grandi reti radiotelevisive nordamericane) filma un signore in occhiali da sole che, al volante della sua auto, fa avanti e indietro nel piazzale antistante una sorta di capannone industriale. Cosa c’è di strano? Nulla, apparentemente. L’auto sembra una normale Chevrolet, come se ne vedono a migliaia sulle strade d’America. Sembra. In realtà è unica. Nel motore, infatti, non c’è benzina: quella Chevy va a idrogeno. Idrogeno prodotto grazie all’energia di pannelli solari. Una prima assoluta, ma l’uomo con gli occhiali da sole è abituato alle ‘prime’. Scende dall’auto, sorride a telecamere e cronisti - in un’inconfondibile miscela di ironia, sarcasmo, seduzione e follia - e dice: “È come una normalissima Chevy. L’ho guidata anche in retromarcia, perché l ultima volta che l industria automobilistica ha cercato di distruggere un industriale indipendente, ha detto che una “Tucker” non sarebbe riuscita mai ad andare in retromarcia, ve lo ricordate?” Un bagno di vapore “Se non altro – aggiunge - questo rivoluzionerà il suicidio 12
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27 Aprile 2018
assistito da automobile: al posto dell’avvelenamento da monossido di carbonio, avremo un semplice bagno di vapore ...”. Poi l’uomo si abbassa, avvicina naso e bocca alla marmitta, e respira a fondo. Quindi si rialza: “È solo acqua…”, commenta, togliendosi per un attimo gli occhiali per pulirli dal vapore. “La novità alla cui nascita state assistendo, potrebbe ridurre l’inquinamento del Pianeta del 58%. Direi che un cambiamento nell’economia del petrolio potrebbe cambiare anche certe politiche mondiali. Ci sono un sacco di ottime cose – conclude, alzando gli occhi al cielo - che potrebbero derivare dall’utilizzo dell’energia solare”.Chi è l’uomo? E perché non si toglie quasi mai gli occhiali da sole? Lasciamo che sia lui stesso a rispondere: “Con i miei occhiali da sole, sono Jack Nicholson. Senza di loro, sono solo un uomo grasso di settant’anni”. Mai contenta Quarant’anni fa esatti, dunque, uno dei più grandi protagonisti della storia del cinema americano, promuoveva già la nascita dell’auto a idrogeno. Cosa sia successo in tutti questi anni e come mai l’industria dell’auto abbia scelto di percorrere altre strade, lo lasciamo ad analisti ed esperti.
Resta il fatto, però, che – almeno tecnicamente – il motore a idrogeno era già realtà alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Del resto, quella stessa auto elettrica che oggi celebriamo come auto del futuro, è nata tra 1828 e 1841 ed è stata perfezionata tra 1865 e 1881. Una tecnologia che si era affermata sul mercato ancora prima del motore a combustione interna, facendo della “Jamais Contente” di Camille Jenatzy la prima auto (anche se la sua forma ricordava più quella di un siluro con le ruote) a infrangere il muro dei 100 chilometri all’ora. Era il 1899. “Oca giuliva” Già, ma chi o cos’è una “Tucker”? Entrambe le cose. Nicholson si riferiva, infatti, alla triste parabola del sogno visionario di Preston Thomas Tucker (1903–1956), ingegnere, inventore e imprenditore statunitense dalle idee fin troppo innovative persino per l’intraprendente America del secondo dopoguerra. Il 19 giugno 1947 - giorno della presentazione ufficiale della sua avveniristica “Tucker Torpedo” - davanti a più di 3mila persone, una serie di problemi tecnici (tra le altre cose, non si riusciva a ingranare la retromarcia) trasformarono il sogno di Tucker in un vero e proprio incubo. Come scrisse Drew Pearson - uno dei più importanti editorialisti dell’epoca - la Torpedo non era altro che una truffa, dal momento che non riusciva nemmeno ad andare a marcia indietro e, dunque, sulla strada, si sarebbe comportata come un’‘oca giuliva’. Pearson faceva ironicamente riferimento al fatto che George Lawson - ex progettista della GM – aveva ribattezzato la Torpedo apparsa nelle prime pubblicità “Tin Goose”: “Oca di latta”. I problemi tecnici riguardavano, ovviamente, quell’unico prototipo, ma molta stampa derise il sogno di Tucker e il danno di reputazione per il marchio fu irreparabile. Sogno-incubo A nulla sarebbe valso - meno di un anno dopo (agosto 1948) - il verdetto di segno radicalmente opposto di Tom McCahill - uno dei più autorevoli giornalisti dell’auto americani – il quale definì la Torpedo l auto americana più straordinaria che avesse mai visto. In effetti si trattava di una superberlina a 4 porte - lunga più di 5,5 metri (5.563mm) e larga più di 2, per 1.921 kg di peso in ordine di marcia (senza guidatore) - che sembrava uscita dalla mente di un fumettista futurista: trazione posteriore, 4 marce, boxer 6 cilindri da 5.473 cm3, 166 cavalli, velocità massima 193 km/h, in grado di passare da 0 a 100 in 10,5 secondi. Sogno di nome e di fatto. Il verdetto, però, era ormai stato pronunciato: condanna. Tucker – il cui progetto fin troppo rivoluzionario gli era valso l’inimicizia delle “Big Three” – aveva fatto il passo finanziario più lungo della gamba: non riuscirà ad ottenere i finanziamenti necessari a risollevarsi e fallirà, dopo essere riuscito a produrre solo cinquanta Torpedo. Quello che Jack Nicholson, però, non poteva sapere è che - dieci anni dopo il servizio della CBS sulla prima Chevy a idrogeno - la storia di Preston Tucker sarebbe diventata un film – “Tucker - Un uomo e il suo sogno” - firmato da Francis Ford Coppola, nel quale Jeff Bridges avrebbe interpretato il visionario, sfortunato e forse un po’ troppo incauto e velleitario imprenditore del Michigan. Incubo-sogno La parabola di John Joseph “Jack” Nicholson (Neptune City, New Jersey, 22 aprile 1937: 81 anni domani), invece, si
può dire opposta a quella di Tucker. Il padre – che non conoscerà mai (pare si tratti di un musicista alcolista e bigamo di origini italiane, tale Donald Furcillo) – abbandona la madre – una studentessa diciassettenne, di origini irlandesi - subito dopo averla messa incinta. JJJ cresce in una famiglia di sole donne (“date le circostanze – dichiarerà - è già tanto che io non sia diventato un finocchio”): la sorella maggiore, June, e la madre, Ethel. Nel ‘74 – quando Jack ha, ormai, 37 anni ed è una star di prima grandezza con alle spalle pellicole come “Easy Rider” (1969), “Cinque pezzi facili” (1970), “Conoscenza Carnale” (1971), “L ultima corvé” (1973) e “Chinatown” (1974) – il colpo di scena: grazie al lavoro di un giornalista di Time che sta facendo ricerche su di lui, scopre che quella che ha sempre creduto sua sorella è, in realtà, sua madre, mentre quella che ha sempre chiamato ‘mamma’ non è altri che sua nonna. Come se non bastasse, June, ormai, è morta da più di dieci anni. “È vero – ha dichiarato qualche tempo fa: non ho saputo che mia sorella era in realtà mia madre fino a quando non ho compiuto 37 anni. Ma la vita mi aveva già insegnato che ci sono un sacco di cose che non so. Se comincio a dare troppo peso alle cose che non conosco, tutto questo mi si ritorce contro. ‘Metti l’accento sulle cose positive’, questo è quello che dico. È un trucco, è vero, ma funziona”. Dannati pancake Non sorprende, dunque, che Nicholson – che si definisce spesso “un rozzo del New Jersey” - abbia avuto fin da ragazzino un carattere piuttosto turbolento. “Sono sempre stato contrario all autorità”, ha confessato a The Independent nel 1993. “Non ho mai sopportato che genitori, insegnanti o chiunque altro mi dicessero cosa fare. A scuola, poi, ho stabilito un vero record: per un intero anno, sono stato messo in punizione ogni giorno”. Da ragazzo, per mantenersi tra un’audizione e l’altra, fa i lavori più disparati: bagnino sul Jersey Shore, custode in un ippodromo, porta messaggi agli studi di animazione della MGM, cuoco di piatti pronti. Un lavoro, quest’ultimo, che frana di fronte alle rimostranze di una cliente per dei pancake un po’ troppo ‘alti’. “Che diavolo è questa roba?”, si lamenta la donna. “Ho perso il controllo – ha raccontato Nicholson al The Sun – ho dato un cazzotto ai pancake e ho urlato: ‘Se li prepari da sola i suoi dannati pancake!”. Il più nominato Il primo lavoro a Hollywood è quello di assistente per William Hanna e Joseph Barbera, ideatori e disegnatori di un numero stratosferico di vere e proprie super-star dei cartoni. Hanna e Barbera intravedono in Nicholson un certo talento, tanto da offrirgli un ruolo nel loro team di animazione. Il rozzo giovanotto del New Jersey, però, rifiuta per continuare a seguire i corsi di recitazione. Non sbaglia. Lo dimostrano 62 film in 52 anni di carriera, con capolavori quali (oltre a quelli già ricordati, ovviamente): “Professione Reporter” (Michelangelo Antonioni, 1975), “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (Miloš Forman, 1975, che gli vale l’Oscar come migliore attore protagonista), “Shining” (Stanley Kubrick, 1980) “Reds” (Warren Beatty, 1981) “Voglia di tenerezza” (1983, Oscar come migliore attore non protagonista), “L onore dei Prizzi” (John Huston, 1985), “Le streghe di Eastwick” (1987), “Batman” (Tim Burton, 1989: indimenticabile la sua interpretazione di Jocker), “Qualcosa è cam27 Aprile 2018
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biato” (1997: Oscar come migliore attore protagonista), “La promessa” (2001), “A proposito di Schmidt” (2002) e “The Departed” (Martin Scorsese, 2006). Con ben 12 nomination, Nicholson è l’attore (uomo) più ‘nominato’ di sempre. Dietro di lui giganti quali Laurence Olivier (10), Spencer Tracy e Paul Newman (9), Marlon Brando (8). Tanto per dare l’idea, Al Pacino è fermo a quota 8, Robert De Niro, 7. Meglio di lui, solo due donne: Katharine Hepburn (12 nomination e 4 Oscar) e Meryl Streep, inarrivabile: 21 nomination e 3 Oscar. Per ora. Collezionista di bellezza Come molte grandi star hollywoodiane, anche JJJ è un collezionista. Non di auto però. Evidentemente non lo appassionano più di tanto. O forse, non ha tempo di dedicarsi a loro. Cosa colleziona? Arte e donne. Secondo uno dei suoi biografi, il valore della sua collezione – che vanta opere di Picasso, Matisse, Modigliani, Magritte, Botero e Rodin – supera i 100 milioni di dollari. “Adoro l’arte – ha spiegato Nicholson. Ne traggo puro piacere. Ho molti dipinti meravigliosi e ogni volta che li guardo scopro qualcosa di diverso”. Per quanto riguarda le donne, invece, fanno più che testo i soprannomi che gli sono stati affibbiati dalla stampa: ‘Jack the Jumper’ (‘jump’ è l’equivalente di ‘botta’, in senso sessuale ovviamente) e ‘The Great Seducer’ (‘Il grande seduttore’). Pare che abbia avuto più ‘flirt’ che qualunque altra star. L’unico che sembra essere riuscito a tenere il suo passo è Warren Beatty. “Il mio motto – ripete – è ‘More good times’”, come dire: “Ancora tempi felici”. Coerente, non c’è dubbio.
o la presidenziale Mercedes-Benz 600 del ’72 di “Le streghe di Eastwick”. Mazzate alla Mercedes Alla casa della stella è legato un altro degli episodi di intemperanza dell’irruento ragazzo del New Jersey. Nel febbraio del 1994, mentre guida verso il campo da golf, qualcuno gli taglia la strada. Probabilmente affaticato dal super-lavoro e scosso dalla morte recente di un caro amico, Nicholson scende dalla macchina, tira fuori dalla sacca una ferro-due di grafite e fracassa il parabrezza e il tetto della Mercedes dell’incauto automobilista. Uno sfogo piuttosto costoso, non solo per l’assegno (500mila dollari) che pare sia stato costretto a staccare per chiudere, in modo extragiudiziale, la vicenda, ma anche per l’esorbitante prezzo delle speciali mazze giapponesi usate dall’attore, un set delle quali costa la bellezza di 75mila dollari. Che dire: a quanto pare il suo maestro non esagera nel sostenere che JJJ ha davvero un grande ‘swing’.
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Supplemento settimanale a l’Automobile Pubblicazione online - Reg. Tribunale di Roma n. 24/2016 del 09/03/16 Iscrizione R.O.C. n. 14674 - ISSN 2499-670X Direttore Responsabile Alessandro Marchetti Tricamo Redazione via Solferino, 32 - 00185 Roma tel. 06.45406719 • fax 06.49982874-2829
Icone a due e quattro ruote Ovvio che, in una carriera come la sua, non possono mancare icone a due o quattro ruote. Tra tutte, impossibile dimenticare la Harley-Davidson “Captain America” del ‘51, di “Easy Rider”, probabilmente il “chopper” più famoso della storia del cinema, il Maggiolone giallo del 1973, a bordo del quale, insieme a moglie e figlio, raggiunge l’Overlook Hotel nella scena iniziale di “Shining”; la bellissima Cadillac Fleetwood 75 del 1937, del fascinoso detective di “Chinatown”, la polverosa Land-Rover Serie III di “Professione: reporter” 14
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27 Aprile 2018
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PAESE MOBILITÀ
Share’ngo gialloverde. Come funziona e cresce il car sharing italo-cinese. Il servizio con quadricicli elettrici ha superato i 110mila clienti e punta diritto alla guida autonoma. PATRIZIA LICATA
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■ Auto elettriche e car sharing sono i pilastri della mobilità sostenibile, ma per produrre un vero impatto sulla qualità dell'aria e la salute delle persone, le due innovazioni devono viaggiare sullo stesso binario. Il pioniere della condivisione a emissioni zero in Italia è la italo-cinese Share’ngo: fondata dalla società milanese CS Group e finanziata con capitali del gruppo cinese Zidhou e del costruttore Geely, conta 1.800 vetture a impatto zero (diventeranno 2.000 entro l’estate) tra Milano, Firenze, Roma e Modena. I clienti italiani sono 110.000 e, dice la società, crescono al ritmo di 200 ogni giorno. Autonomia di 180 chilometri C’è molto made in Italy nei caratteristici quadricicli gialli di Share’ngo: la city car elettrica ZD è frutto di 8 anni di progettazione tra Modena, Livorno e Torino; al progetto di base si sono unite successive evoluzioni gestite dalla casa madre in Cina, in particolare per il power pack (con autonomia estesa oggi a 180 chilometri con una sola carica), gli allestimenti interni e l’elettronica di controllo. È invece italiano al cento per cento il sistema informatico per la gestione del servizio di condivisione: dalla app mobile all’interfaccia di utilizzo di bordo, che include il computer per l’avvio e la chiusura delle corse, la navigazione e l’accesso ai servizi di assistenza, fino alla gestione delle tariffe personalizzate e al con-
trollo automatico delle patenti, il sistema di applicazioni integrate fa capo a una control room a Milano ed è basato su software sviluppati in Italia che hanno ormai accumulato milioni di linee di codice. La stessa tecnologia italiana sarà la spina dorsale del servizio Share’ngo nelle città europee in cui è allo studio lo sbarco il prossimo autunno. In aprile in Italia viene presentata la nuova soluzione di Share’ngo per il car sharing “di comunità”, ovvero auto in condivisione tra gruppi di utenti privati, come piccoli comuni, insediamenti residenziali o parchi tecnologici: la formula riguarda piccoli gruppi omogenei di 1.000 utenti con 40 veicoli a disposizione da condividere e costi ribassati. In una strategia “green” a tutto tondo, Share’ngo ha anche fornito 8 delle sue auto elettriche per il progetto Ecowatch a Milano (in collaborazione con Fastweb e Amat): la mini-flotta di ZD va in giro per il capoluogo lombardo a raccogliere dati su qualità dell’aria, traffico e inquinamento acustico, che trasmette poi tramite il wifi di bordo. Il quadriciclo elettrico disegnato in Italia davvero non si ferma più: in Cina (dove Share’ngo è attiva a Shenzen e in un’altra decina di città) sono in corso le sperimentazioni per portare su strada veicoli ZD con guida assistita e autonoma nel 2019-2020. Arriveranno anche in Europa, quando i regolatori forniranno regole e standard per la circolazione di vetture driverless. Aprile 2018 |
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