Settimanale digitale • Anno 3 • Numero 83 • 3/5/2019
Supplemento settimanale a l’Automobile.
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
L’Impero e l’auto. VALERIO ANTONINI ■ Con l’incoronazione del nuovo imperatore Naruhito, in Giappone è iniziata l’era Reiwa: il tempo della bella armonia, secondo la traduzione più accreditata in Occidente. Un periodo nel quale il Paese vuole uscire da una stagnazione che riguarda anche il mercato auto – sostanzialmente fermo ai numeri del 2017 – per proiettarsi verso un futuro di crescita. Uno dei simboli della Reiwa è proprio la nuova vettura scelta dall’imperatore per le uscite ufficiali: non più l’europea Rolls-Royce, ma la giapponese Toyota Centu-
ry. Simbolo e tributo allo stesso tempo del settore automotive che anche qui è parte integrante del motore economico nazionale e che intende confermare il proprio posto nel mondo, senza farsi schiacciare dalle politiche protezioniste degli Usa e soprattutto dalla preponderante crescita della più vicina Cina. Restando, nella migliore tradizione del Sol Levante, in bilico tra rispetto della tradizione e sfida alla modernità. Una sfida che toccherà il suo apice nel 2020 quando gli occhi del mondo si volgeranno a Tokyo per le Olimpiadi, un appuntamento che sarà elettrico, a idrogeno e autonomo: come la mobilità di questa nuova era.
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BUSINESS
Quanto vale il Giappone a quattro ruote. SAMUELE MARIA TREMIGLIOZZI
■ In Giappone circolano 78 milioni di veicoli – per l’80% automobili – impiegati nel trasporto di oltre 126 milioni di persone. E qui, come nei Paesi a più alto tasso di sviluppo, il settore automotive, è un pilastro dell’economia nazionale. Secondo i dati rilasciati dalla Jama – l’associazione dei costruttori giapponesi – nel paese asiatico l’industria dell’auto vale oltre 450 miliardi di euro, circa l’11% del prodotto interno lordo. Il settore complessivamente conta 5,39 milioni di addetti – l’8,3% dei lavoratori attivi – e rappresenta il 18,2% dell’intero comparto manifatturiero della nazione.
Germania, Spagna e Francia (i primi 3 nella lista dei produttori Ue) il coefficiente si attesta rispettivamente a 1,64, 1,86 e 0,82. La produzione non venduta in patria determina il valore delle esportazioni: il Paese asiatico consegna all’estero 4,2 milioni di auto, per il 40% (1,7 milioni di unità) in rotta verso gli Stati Uniti. Al secondo posto l’Europa con 842mila unità “Made in Japan”. Di queste, poco meno di 60mila sono dirette in Italia, al quarto nella lista dei maggiori importatori dell’Unione.
Made in Japan Qui vengono prodotte 8,35 milioni di vetture all’anno, l’11% del totale mondiale. Nella classifica dei paesi produttori, il Giappone è secondo alle spalle della Cina, dove le unità assemblate salgono a oltre 24 milioni. Da aggiungere tutto ciò che nasce altrove: i costruttori del “Sol Levante” – merito di una rete produttiva estesa – assemblano fuori dai confini nazionali 19,7 milioni veicoli, per il 10% nel vecchio Continente. Il Giappone detiene, poi, un coefficiente produzione-immatricolazioni pari a 1,91, tra i più alti in termini assoluti: le vetture assemblate quasi doppiano quelle consegnate in patria, pari lo scorso anno a 4,3 milioni. In Europa il rapporto complessivo è di poco superiore a 1,1, mentre in paesi come
Parola d’ordine: innovazione Il Giappone è fra i primi al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo nel settore automobilistico. Tra i principali obiettivi, la riduzione delle emissioni di CO2 e la guida autonoma. Secondo le stime della Jama, lo scorso anno il paese asiatico ha messo sul piatto 22,5 miliardi di euro, il 24% del totale impiegato per l’innovazione nel comparto manifatturiero della nazione. L’esborso giapponese per l’industria automotive raggiunge il 40% del capitale stanziato dall’Europa intera: oltre 50 miliardi nel 2018. Come risultato degli sforzi compiuti, i laboratori delle isole nipponiche hanno prodotto – solo nello scorso anno – 2.382 nuovi brevetti, il 27% del totale globale. A riguardo, il primato assoluto è detenuto dalla Germania con il 29%. 3 Maggio 2019 ·
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LIFESTYLE
La nuova automobile imperiale. VALERIO ANTONINI
appuntamenti istituzionali. La principessa non ha vissuto con serenità la pressione della vita di corte. Ha sofferto di depressione ed è chiamata ad un compito ancora più grande: rappresentare tutte le donne del Paese. Eppure – come da antiche usanze – continua a camminare 20 centimetri dietro al marito. Un segno di “sudditanza” che, sperano in molti, potrebbe essere cancellato da un semplice gesto di “uguaglianza” di Naruhito. Basterebbe passeggiare l’uno a fianco all’altra nel giorno dei festeggiamenti pubblici. Riso e sakè per tutti Il nuovo regnante prende il posto del padre Akihito, oggi 85enne, che lascia il trono del Crisantemo dopo 30 anni chiudendo la sua era della “pace ovunque”. L’autorizzazione a ritirarsi è stata concessa dal governo dopo lunghe trattative. A novembre il sovrano ormai in pensione ringrazierà gli antenati e offrirà ai cittadini giapponesi riso e sakè in segno di prosperità. Costo della cena: 20 milioni di euro. Abe, il conservatore In epoca moderna Akihito è il primo sovrano a farsi da parte mentre è ancora in vita: queste celebrazioni quindi sono da considerarsi uniche nella storia del Paese. Dieci giorni di festa nazionale a maggio, altri otto a novembre. Qualcosa di rivoluzionario per una terra abituata soprattutto a lavorare. “Un mezzo passo in avanti verso il futuro”, dicono dal Giappone.
■ In attesa di essere incoronato il prossimo 22 ottobre, Naruhito è già (dalle 10 e 30 ora italiana del 1° maggio) ufficialmente il nuovo imperatore del Giappone. La sua ascesa al trono del Crisantemo porterà una ventata di rinnovamento, ma sempre legato alla tradizione: un esempio? Per gli impegni ufficiali, a iniziare dalla parata di incoronazione, si utilizzerà stavolta una vettura giapponese, la Toyota Century. Le celebrazioni – 43 eventi in totale costati oltre 15 miliardi di yen, prelevati dal bilancio pubblico – danno il via alla Reiwa, “era della graziosa armonia”. Il nome è stato suggerito dall’accademico Susumu Nakanishi e si riferisce alla bellezza dei fiori di pruno appena sbocciati. Una simbologia molto cara al popolo e che torna spesso anche nella letteratura del Paese. È la prima volta che, per indicare un nuovo periodo storico, si sceglie una citazione tradizionale giapponese. Finora si era sempre preso spunto dalla bibliografia cinese. La Century dell’imperatore Naruhito sfilerà di fronte ad una rappresentanza del suo popolo (oltre 2.500 invitati) a bordo della Toyota Century allestita per l’occasione. La limousine ammiraglia del marchio giapponese è alimentata da un potente sistema ibrido in grado di generare 430 cavalli di potenza. È ispirata alla Rolls-Royce Corniche III (prodotta in soli 1.678 esemplari) che accompagnò il padre Akihito durante la sua incoronazione nel 1990. Rispetto al modello in vendita (da almeno 160 mila euro), monta un motore benzina V8 da 5 litri che sostituisce il 12 cilindri della generazione passata. La “Naruhito Century” ha un passo più lungo che garantisce maggiore spazio per rendere più agevoli gli spostamenti del nuovo imperatore e della moglie Masako, il cui calendario è fitto di 4
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· 3 Maggio 2019
BUSINESS
Mercato auto: a Tokyo è calma piatta. EDOARDO NASTRI
■ Il mercato dell’auto in Giappone è in stagnazione. Negli ultimi cinque anni le vendite hanno sempre raggiunto
o superato i 5milioni di unità, con una punta massima di 5,5 milioni nel 2014. Il 2018 è stato un anno essenzialmente piatto con una crescita minima dello 0,1%. Secondo le associazioni automobilistiche di settore sono stati immatricolati 5.269.442 veicoli. Leader incontrastato delle vendite interne è stato il gruppo Toyota che ha immatricolato più di un milione e 300mila unità. 2019 senza scosse I primi tre mesi del 2019 hanno registrato una lieve decrescita rispetto al 2018: dopo l’aumento del 2,5% pari a 369.159 mila unità a gennaio, il mercato è sceso sia a febbraio (-1,1% a 468.709 vetture) che a marzo (-4% e 640.657 immatricolazioni). Il bilancio del primo trimestre è quindi negativo, con le vendite ferme a 1,5 milioni di unità per un calo complessivo dell’1,4%. Per i prossimi mesi tuttavia gli analisti prevedono una piccola ripresa che porterà ad una chiusura dell’anno in pari o in minima decrescita, riconfermando, di fatto, quanto accaduto nel 2018. Keicar sul podio L’auto più venduta di questo trimestre, e best seller dello scorso anno, è la Honda N-Box con 66mila unità immatricolate da gennaio, seguita dalla Suzuki Spacia (49mila) e dalla Daihatsu Tanto (46.800). Tutti e tre i modelli appartengono alla categoria delle Keicar: piccole auto da città dalla forma stretta e alta, progettate appositamente per il mercato giapponese e con motori a benzina di 660 centimetri cubici di cilindrata. Le piccole citycar godono di tariffe assicurative più basse rispetto alle auto tradizionali, un benefit nato in Giappone dopo la seconda guerra mondiale, quando era necessaria la diffusione di auto economiche e di piccole dimensioni. Prima di trovare una vettura tradizionale nella classifica delle auto più vendute nel paese del Sol Levante bisogna arrivare alla quinta posizione, occupata dalla Nissan Note: 41mila unità immatricolate nel primo trimestre, il 10% in meno rispetto al 2018. I costruttori Oltre ad aver dominato il mercato dello scorso anno, Toyota è il primo gruppo anche nel trimestre gennaio-marzo con 658.114 unità, l’1,9% in più rispetto al 2018. Al secondo posto troviamo l’Alleanza Renault Nissan con 224.117 vetture, in calo però dell’8,1%. Terzo posto per Honda con 220.495 unità per una debole crescita dello 0,7%.
BUSINESS
Il Giappone va in vacanza. FRANCESCO GIANNINI ■ Il Giappone si prepara a un evento senza precedenti. Dopo 31 anni di regno, l’Imperatore Akihito abdicherà il 30
aprile per lasciare il posto al giovane figlio Naruhito con cui inizierà la nuova era chiamata Reiwa. Per celebrare l’evento sono stati proclamati 10 giorni di festa – dal 27 aprile al 6 maggio – tre in più rispetto alla tradizionale “settimana d’oro” di vacanze prevista ogni anno in questo periodo. Banche, scuole e uffici governativi resteranno chiusi, così come gli impianti industriali, compresi quelli che producono auto. Anche la Borsa di Tokyo bloccherà gli scambi azionari. Il Giappone non è abituato a lunghi periodi di inattività: è tra i più laboriosi al mondo, con soli 20 giorni di riposo l’anno e un basso tasso di disoccupazione (2,5% nel 2018). Una scelta voluta che potrà avere ripercussioni – positive e negative – sull’economia del Paese. Pro e contro Per gli economisti del Dai-ichi Life Research Institute – organismo che valuta il welfare nazionale – l’inattesa e prolungata vacanza potrebbe portare una crescita del Pil (prodotto interno lordo) nel secondo trimestre dell’anno, con un indotto di circa 13 miliardi di euro per il settore turistico. Secondo la società di viaggi Jtb Corp., quasi 25 milioni di giapponesi (su circa 65 milioni di lavoratori) partiranno per le vacanze. Solamente il 20% ha scelto una destinazione estera, cosa che dovrebbe stimolare la spesa dei consumatori all’interno del Paese. D’altro canto per alcuni, anche nel mondo finanziario, un simile stop in un periodo di recessione potrebbe essere rischioso soprattutto per i grandi gruppi. A Borsa chiusa qualsiasi eventuale trattativa rallenta e rischia di saltare. Mentre altri movimenti che interessano l’economia del Giappone potrebbero andare a buon fine senza controllo. Il mondo dell’auto Il settore auto – uno dei cardini dell’economia nipponica – affronta i prossimi giorni con relativa tranquillità. Da Toyota – il maggiore produttore nazionale – sembrano navigare a vista e non si aspettano sussulti improvvisi: “Cambierà poco o niente rispetto a quello che succede durante la consueta settimana d’oro, che per noi rappresenta uno stop a cui siamo abituati da sempre. Interrompere la produzione qualche giorno in più, prolungando le vacanze per tutti, non cambierà i nostri piani a lungo termine. La transizione imperiale è dovuta all’abdicazione di Akihito e non a causa della sua morte. Il popolo giapponese vorrà solo festeggiare. In termini economici potrebbe esserci un rilancio per tutti, anche se destinato a durare poco”. Non sono attesi contraccolpi sul mercato auto interno che sta attraversando una fase di relativa calma. I dati (fon3 Maggio 2019 ·
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te Jada.jp) del mese di marzo 2019 parlano di un calo del 4% (640.657 unità vendute) rispetto allo stesso periodo del 2018, che pure era iniziato malissimo (-24% nel primo trimestre), per poi recuperare e chiudere l’anno leggermente in positivo a oltre 5 milioni e 200mila unità vendute (+0,1%). Le previsioni per il 2019 annunciano un andamento pressoché identico. Nel primo trimestre 2019 le vendite (poco più di un milione e mezzo di unità) sono in calo rispetto al 2018 (-1,4%). Se il marchio Toyota – che domina il mercato interno – resta pressoché stabile (-0,6%) e chiude il trimestre in linea con le aspettative (425.694 unità immatricolate), Nissan (-9,6%), Subaru (-17,9%) e Mazda (-8,7%) hanno risentito fortemente della crisi di tutto il mercato asiatico, Cina compresa (-13,8% a febbraio 2019). Resistono Honda (+0,7%) e Suzuki (-0,2%) mentre crescono Daihatsu (+7,6%) e Isuzu (+9,9%). Il settore è in attesa degli effetti dell’aumento delle imposte previsto a ottobre dal governo quando l’iva salirà dall’8 al 10%.
BUSINESS
L’auto yankee dei giapponesi. VALERIO ANTONINI
Shinzo Abe: tra i due sembra consolidarsi una intesa che eviterebbe la possibilità, minacciata più volte dall’amministrazione americana, di mettere dazi del 25% sui veicoli made in Japan: “Non lo faremo” – dice Trump – “Abe mi ha rivelato che sono pronti a investire oltre 20 miliardi di dollari per la produzione di nuove vetture qui da noi, generando migliaia di posti di lavoro”. Il presidente non ha accennato invece alla ventilata ipotesi di togliere i dazi su acciaio e alluminio, che interessano comunque il settore automotive. Dare e avere La strategia di Washington è quella del dare e avere. In cambio dell’annunciato dietro-front sulle auto, il presidente americano spera di ottenere dal Giappone – quarto partner commerciale degli Usa dopo Cina, Canada e Messico – una riduzione delle tariffe sull’esportazione di prodotti alimentari e agricoli: “Sono troppo alte, vanno abbassate al più presto. Sulla nostra carne viene applicata una tariffa del 38,5%, a quella proveniente da Australia e Nuova Zelanda solo il 26%. Urge un adeguamento”, ammonisce Trump. Il discorso verrà ripreso probabilmente a giugno al summit delle 20 nazioni più industrializzate che si terrà ad Osaka. Oriente made in Usa Le Case auto giapponesi producono dozzine di modelli negli Stati Uniti. Toyota e Mazda hanno investito quasi un miliardo e mezzo di dollari per costruire un impianto ex-novo in Alabama. Qui sarà assemblata, dal 2021, la nuova Corolla, che ora vede la luce in Mississipi. Il più importante costruttore giapponese ha anche altre tre fabbriche negli States. La più grande in Kentucky, le altre in Texas e Indiana. Qui costruisce alcune delle top seller tra cui il suv Rav4 ibrido, l’auto a ruote alte più venduta nel mondo. Honda ha due impianti in Ohio – nei quali produce anche la station wagon Accord e la 4x4 CR-V – uno in Alabama e un altro nello stato dell’Indiana, dove viene assemblata la Civic, compatta sportiva nipponica che può vantare oltre 800mila immatricolazioni nel 2018. Nissan costruisce le Leaf destinate al pubblico americano in Tennessee. Mentre la gamma dei suv nasce nel Mississipi. Subaru realizza Impreza, Outback, Legacy e Ascent a Lafayette (Indiana). Nella classifica di vendite dell’anno passato troviamo sei modelli giapponesi nella top ten globale.
STORICHE ■ Donald Trump cerca di chiudere l’intesa commerciale con il governo giapponese. L’accordo arriverebbe dopo quello su dazi e tariffe ormai in chiusura con la Cina. Le trattative con il Giappone sono iniziate all’epoca del doppio mandato di Barack Obama e “l’annuncio potrebbe arrivare presto” – dice Trump a margine di un evento elettorale nel Wisconsin – “Non metteremo dazi sulle auto giapponesi, ma vogliamo che ne vengano prodotte in numero maggiore qui nelle fabbriche in America”, ha dichiarato Trump. Niente più dazi In attesa di far visita al nuovo imperatore Naruhito – sarà il primo leader straniero a sbarcare a Tokyo alla fine di maggio – il presidente americano ha ricevuto il premier nipponico 6
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· 3 Maggio 2019
Honda Nsx, fuori di Senna. ROBERTO SPOSINI ■ Se solo il suo V6 da 3 litri avesse avuto anche un bel sound, allora sì che nel 1990 Ferrari 348 e Porsche 911 sarebbero davvero state in pericolo (e un po’ lo sono state lo
LIFESTYLE
Studiando design in Europa. ELISA MALOMO stesso...). Perché la Honda NSX, quella che è appena tornata sulle scene, quella che oggi, come già accadeva negli anni 90, ha passaporto giapponese ma viene prodotta sempre negli Usa, negli stabilimenti Honda in Ohio, era davvero una sportiva da intenditori. Quasi perfetta Come accade ancora oggi, il motore era in posizione centrale trasversale, appena dietro i sedili. Aveva 270 cavalli. E da molti viene considerata ancora oggi una della auto più vicine alla perfezione mai prodotte. Un’esagerazione? Non proprio. Per farla, in Honda avevano spremuto il meglio dal loro reparto Motorsport. Persino coinvolgendo nella messa a punto Ayrton Senna, allora pilota McLaren (scuderia che già allora correva con motore Honda). Montava una sofisticata distribuzione a 24 valvole, le bielle erano in titanio e la scocca in alluminio subiva ben 23 passaggi di verniciatura. Le carrozzeria, frutto di lunghi studi in galleria del vento, aveva un’aerodinamica straordinaria per il tempo. Oltre a uno stile puro e sinuoso. La trazione era posteriore. Il cambio manuale, a sei marce, preciso e veloce. La velocità massima toccava i 270 orari e lo zero-cento scorreva via in soli 5,8 secondi. Oggi come ieri Se ci pensate, tutto sommato la prima Nsx non era così lontana dalle prestazioni del modello attuale, che di cavalli ne ha il doppio (507), che ha un sistema ibrido con tre motori elettrici, un cambio robotizzato a doppia frizione a 9 rapporti e che supera di poco i 300 km/h e accelera da zero a cento in 3 secondi. La carriera della Nsx è durata una dozzina d’anni, dal 1990 al 2002, anni in cui la sportiva giapponese non riuscì mai davvero ad insidiare Ferrari e Porsche. Le ragioni? L’immagine del marchio, troppo debole rispetto a quello delle sportive italiane e tedesche. Ma proprio per questo, gli esemplari venduti finirono nelle mani di intenditori e appassionati che conoscevano bene il valore tecnologico della sportiva Honda e che, per questo, ancora oggi potrebbero avere nei garage esemplari praticamente perfetti. Preparatevi, quella alla NSX non sarà una caccia semplice, è piuttosto rara. Ma se volete un consiglio mirate in alto e indirizzate le vostre ricerche alla versione lightweight “R”, ossia quella con carrozzeria alleggerita, assetto, freni e allestimenti più sportivi. Meno ricercata ma sempre valida, l’ultima versione, quella col V6 portato a 3,2 litri. Vedrete, in Italia ne troverete poche. Ma se allargate la ricerca all’Europa, con 50mila euro la scelta si ampia di molto.
■ Mentre gli occhi di tutto il mondo sono rivolti al Giappone – dove impazzano le feste per l’ascesa al trono del Crisantemo del nuovo imperatore Naruhito – i colossi nipponici dell’automotive continuano a guardare all’Europa, culla della cultura automobilistica per il design. Aprendo qui dei centri stile, ben cinque, per essere più vicini ai gusti dei consumatori europei e insieme migliorare il loro bagaglio di esperienze. Dove nascono i crossover A guidare quel che è stato un fenomeno è il Nissan Design Europe, con sede a Londra. Qui è stato ideato il Qashqai, modello che ha aperto la strada dei crossover e oggi fra i leader delle vendite europee e italiane. L’indice di gradimento e gli incassi della vettura ha spinto il colosso nipponico ad investire nel segmento e ad aprire nel 2014 lo studio di progettazione per il brand premium Infiniti, marchio che però adesso sta lasciando l’Europa. Altro centro di successo è quello di Suzuki a Robassomero, in provincia di Torino. Inaugurato nel 2009 è l’unico che lavora in sinergia con gli altri tre centri stile del costruttore (due in Giappone e uno in India). Proprio nel centro di design europeo la nascita della Suzuki Baleno, berlina compatta del marchio per un segmento “caldo” in Europa. Nel cuore del continente La filosofia creativa di Mazda sceglie invece la Germania e colloca il suo R&D Centre a Oberursel, ad una manciata di chilometri da Francoforte sul Meno. Solo un anno fa la Casa di Hiroshima ha consegnato la direzione del polo nelle mani del belga Jo Stenuit, da più di venti anni nel team design. 3 Maggio 2019 ·
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Poco più a sud, precisamente nella città di Trebur, si trova il Mitsubishi Motor R&D Europe. Alla direzione il milanese Alessandro Dambrosio da oltre un anno in continuo dialogo con i designer dei centri di Tokyo e Okazaki, nonché col quartier generale del costruttore che – anche grazie al suo lavoro – è stato insignito del premio “brand dell’anno” (2018) dal German Design Institute. Oltralpe invece, fra Nizza e Cannes, ha sede l’ED2 (Europe Design Develoment) di Toyota e del suo marchio di lusso Lexus. Proprio nel centro di stile europeo di Sophia Antilopis, il team design guidato da Ian Cartabiano ha supervisionato tutte le fasi di evoluzione della crossover compatta UX: dai primi bozzetti all’intervento ingegneristico. Qui, come ci insegna la storia dell’arte, la squadra di esperti sviluppa le idee grazie alla luce offerta dalla Costa Azzurra. La stessa che illuminò il genio del pittore francese Van Gogh e di molti altri. Ricerca di nicchia Mantenere un centro di stile europeo ha un costo non trascurabile. Forse anche per questo tra i grandi assenti c’è Honda. La multinazionale nipponica con sede a Minato, nella provincia di Tokyo, nel 2009 ha chiuso il centro stile tedesco di Offenbach a seguito all’attuazione di un piano anti-crisi. La stessa motivazione che portò il costruttore a ritirarsi dal campionato di Formula 1 per poi farvi ritorno soltanto come fornitore di motori. Il quartier generale europeo, inaugurato nel 1992, aveva assistito alla nascita della concept Small Hybrid Sports e della OSM, una spider presentata al Salone di Londra del 2008. Non stupisce, poi, che brand come Subaru e Isuzu manchino all’appello. Per il primo, il design è diventato solo di recente una priorità, mentre per il secondo potrebbe non esserlo mai. Questione di stile.
STORICHE
Honda S 500, la grande piccola. MASSIMO TIBERI ■ Un piccolo monocilindrico 50 per trasformare in moto le biciclette: è l’esordio nel 1948 della Honda nel mondo dei motori. Dopo poco più di un decennio il nuovo marchio giapponese è già leader mondiale delle due ruote, con ritmi produttivi di oltre 100mila unità al mese e un palmarès agonistico che ha messo in ombra molti costruttori occidentali. Ma al patron ingegner Soichiro ancora non basta e vuole tornare al suo antico amore, quello per le auto. Classe ’63 Così, al Salone di Tokyo del 1962, mentre si comincia a par8
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· 3 Maggio 2019
lare di un prossimo impegno addirittura nella Formula 1, la Casa di Hamamatsu presenta due prototipi di vetture non destinati però a un immediato seguito commerciale. La vera svolta arriverà l’anno successivo con il lancio della S 500, una spider in miniatura, evoluzione di una delle proposte precedenti che era stata favorevolmente accolta dal pubblico. Dalle dimensioni ridottissime, è lunga 3,30 metri e larga 1,43, questa due posti a trazione posteriore rifà il verso, esteticamente e nell’impostazione di base, alle compatte “scoperte” britanniche contemporanee, come la Austin Healey Sprite o la MG Midget, ma sul piano tecnico si distingue per non poche prerogative. Semplice e leggera Sotto il cofano c’è un quattro cilindri che sfrutta le esperienze avanzate della Honda in campo motociclistico e di chiara vocazione sportiva: in alluminio con due alberi a camme in testa e quattro carburatori monocorpo offre, nonostante gli appena 531 centimetri cubi, ben 44 cavalli a 8mila giri, un regime elevatissimo. Dalle due ruote anche la particolare trasmissione a doppia catena, mentre le sospensioni sono tutte a ruote indipendenti, i freni a tamburo e il cambio a quattro marce, dagli innesti precisi e rapidi, ha la prima non sincronizzata. L’abitacolo è semplice, poco adatto alle misure dei guidatori europei o statunitensi, ma le prestazioni della piccola roadster (complice il peso di soli 680 chili, 130 chilometri orari di velocità con accelerazioni molto vivaci) e la grande maneggevolezza la rendono assai divertente nella guida e temibile su strada per modelli di categoria superiore. In evoluzione La produzione è limitata e si guarda ai mercati d’esportazione puntando sull’incremento della cilindrata e il miglioramento di qualità e dotazioni. Dopo circa 1.400 unità costruite, dal 1964 entra dunque in scena la S 600, senza sostanziali modifiche nei tratti ma più curata e con un nuovo 606 centimetri cubi da 57 cavalli a 8.500 giri per 145 chilometri orari di punta massima. Nel 1965 alla spider si affianca una coupé con piccolo portellone posteriore, anche lei dai richiami stilistici di sapore britannico, e a fronte di un discreto successo (10mila gli esemplari venduti) la sportiva nipponica compie un ulteriore passo avanti con la S 800 di 791 centimetri cubi, sempre disponibile con le due varianti di carrozzeria. La potenza cresce a 70 cavalli (la bellezza di 90 cavalli/litro, valore veramente notevole per l’epoca) e si possono superare i 160 con passaggio da 0 a 100 in meno di 16 secondi, le sospen-
sioni sono ora a ponte posteriore rigido con barra Panhard, il cambio interamente sincronizzato e i freni sono a disco anteriori con doppio circuito. Un progresso che consentirà alla vettura di restare in campo fino al 1970 per altre 11.800 unità realizzate (in Italia ne arriverà qualcuna con il contagocce). Nel frattempo, Honda ha conquistato fama anche nelle competizioni automobilistiche, Formula 1 compresa, e ha esteso la sua gamma con le utilitarie serie N, ispirate alla Mini inglese, e la media 1.300 entrambe a trazione anteriore, per poi decollare diventando punto di riferimento delle berline compatte di nuova generazione con la Civic del 1972.
AUTO E MOTO
Keicar: le tascabili made in Japan.
massima 2,8 metri, larghezza 1 metro e altezza 2 metri per una cilindrata massima di 150 centimetri cubici se dotate di motore a 4 tempi oppure 100 centimetri con motore a due tempi. Il passare degli anni e le dimensioni sempre maggiori assunte delle vetture tradizionali, hanno portato diversi adeguamenti normativi. L’ultimo è del 1988 e sancisce che, per essere classificata “Keicar”, la lunghezza massima debba essere di 3,4 metri, larghezza 1,48 e altezza 2 metri, per una potenza massima di 64 cavalli e 660 centimetri cubici di cilindrata. Shinzo Abe, attuale primo ministro giapponese, nel 2014 ha aumentato del 50% la tassazione per questa tipologia di vetture. L’obiettivo? Stimolare i costruttori nazionali alla maggiore produzione di modelli esportabili. L’adeguamento tecnologico Il successo commerciale delle Keicar inizia e finisce in Giappone. La diretta conseguenza di questo è che sono prodotte esclusivamente da costruttori del Sol Levante come Honda, Toyota, Mitsubishi e molti altri poco conosciuti in Occidente. Le sempre maggiori richieste degli esigenti clienti giapponesi hanno portato le Keicar ad avere equipaggiamenti opzionali spesso riservati alle vetture di classi superiori. Navigatori satellitari, interni in pelle, sedili riscaldabili e rinfrescabili, con il passare degli anni le giapponesi dedicate alla micromobilità urbana sono diventate dei box di lusso e tecnologia.
INNOVAZIONE
Toyota, il Nürburgring fatto in casa. EDOARDO NASTRI
CARLO CIMINI
■ Corte, strette e alte. Le Keicar popolano le strade giapponesi dal 1949 e in tutti questi anni sono diventate uno dei simboli automobilistici del Sol Levante. A vederle girare per le strade di Tokyo sembrano più delle caricature che dei veri e proprio veicoli, ma questa tipologia di vetture è tra le più vendute in Giappone da più di settant’anni. Il podio dei modelli bestseller nel 2018 nel paese asiatico è infatti interamente occupato dalle Keicar. La medaglia d’oro va alla la Honda N-Box che si conferma l’auto preferita dai giapponesi anche nel primo trimestre di quest’anno con 66mila immatricolazioni all’attivo. 70 anni di storia La storia delle Keicar inizia dopo la seconda guerra mondiale. L’esigenza primaria era quella di motorizzare il paese con vetture compatte ed economiche. La prima normativa in merito è dell’8 luglio 1949. Per rientrare nella categoria, e godere quindi delle agevolazioni fiscali statali, il governo aveva previsto limiti dimensionali e di potenza: lunghezza
■ Toyota ha terminato la prima parte dei lavori nella sezione centrale della sua nuova struttura di ricerca e sviluppo – il Technical Center Shimoyama, a circa 30 minuti dal quartier generale – inaugurando il percorso di prova della lunghezza 3 Maggio 2019 ·
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di 5,3 chilometri che ripercorre l’esperienza del circuito di Formula Uno (e non solo) Nürburgring Nordschleife: un tracciato molto utilizzato dai costruttori per testare i modelli in uscita, oltre che per andare a caccia di record di velocità. Una scelta voluta fortemente dal presidente Akio Toyoda in persona. Il top manager è un grande appassionato di motorsport e non ha esitato a infilare tuta e casco e scendere in pista, come ha fatto al momento del debutto della sportiva Supra. Futuro sostenibile La Casa prevede di investire nella struttura Shimoyama un totale di quasi 2,4 miliardi di euro con circa 3.300 persone impiegate. Nel 2023, anno di apertura definitiva del sito, saranno inaugurati altri due tracciati per i corsi di prova ad alta velocità e altri specializzati per la sicurezza stradale. Infine, non mancherà lo spazio dedicato ad accurati test per lo sviluppo di mezzi a guida autonoma e connessi. Il circuito di prova presenta un dislivello di circa 75 metri. Nella costruzione della nuova struttura, considerazione prioritaria è stata data alla conservazione dell’ambiente: circa il 70% della superficie totale del sito (circa 650 ettari) è vegetazione. Un occhio alle prestazioni ma anche al futuro sostenibile.
INNOVAZIONE
Tokyo 2020, in scena l’auto del futuro. PATRIZIA LICATA
Arriva l’idrogeno Toyota, sponsor di Tokyo 2020, metterà in funzione per le Olimpiadi una flotta di veicoli elettrici che sfruttano la tecnologia delle celle a combustibile: 100 autobus a idrogeno Sora più una serie di berline a idrogeno Mirai. Toyota ha anche annunciato i minibus e-palette: elettrici e autonomi e pensati per il ride sharing, questi shuttle serviranno come mezzo di spostamento per le delegazioni internazionali all’interno del Villaggio olimpico. Il costruttore porterà ai Giochi 2020 anche i veicoli elettrici e autonomi Concept-i e i-Road – auto driverless a batteria di ultima generazione, capaci di riconoscere le emozioni umane utilizzando la tecnologia di intelligenza artificiale e persino conversare con i passeggeri. In tutto sarà composta da 3mila mezzi la flotta a basse emissioni e altamente automatizzatache Toyota metterà a disposizione per il trasporto di atleti e visitatori durante i Giochi Olimpici e Paralimpici. Nuovi taxi Cambieranno veste anche gli iconici taxi di Tokyo. Toyota ha messo in vendita il “JPN Taxi”, un veicolo elettrico a batteria studiato insieme ai maggiori operatori del settore: non rinuncia alla classica eleganza e al colore blu di Giappone (“koiai”) simbolo del paese e delle auto pubbliche della capitale, ma le trasforma in veicoli più moderni e, sicuramente, più rispettose dell’ambiente. L’obiettivo di Toyota è distribuirne almeno 10mila entro l’apertura dei Giochi. Contributo Nissan Nissan ha presentato a sua volta un servizio di sharing che usa auto-robot e prende il nome di Easy Ride. In collaborazione con la connazionale Dena, il costruttore giapponese offrirà questa nuova opzione per gli spostamenti urbani basata sulla condivisione di Nissan Leaf (quindi 100% elettriche) dotate di tecnologia che le rende autonome. Le vetture si prenotano tramite la app mobile disegnata da Dena. Il lancio commerciale su scala nazionale è previsto proprio per le Olimpiadi del 2020. In campo è scesa infine anche Zmp, azienda giapponese specialista della robotica: insieme all’operatore privato Hinomaru Kotsu sta sviluppando a Tokyo un servizio di taxi autonomi che trasporterà atleti e turisti presenti ai Giochi del 2020.
SPORT
■ Tokyo 2020 sarà la prima vera Olimpiade della mobilità innovativa: elettrica, autonoma, in sharing e gestita con le app sullo smartphone. Le soluzioni hitech e ecologiche sono pensate per gli spostamenti di atleti, delegazioni internazionali e turisti, ma con l’idea di lasciare alla capitale giapponese un’eredità duraturae farne l’esempio di successo da replicare in tutto il mondo. 10
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· 3 Maggio 2019
Formula 1. Accordo per Monza. REDAZIONE ■ L’ACI Automobile Club d’Italia e Formula 1™ – gli organizzatori del campionato mondiale – hanno raggiunto
quasi mille vetture targate nel 2018. Per l’ottava generazione, la serie 992 presentata al Salone di Los Angeles lo scorso dicembre, gli uomini di Porsche confidano, per il nostro paese, negli stessi volumi di vendita “se non addirittura in qualcosa di più”. Tra le motivazioni che spiegano il successo e la leadership del modello c’è la poliedricità caratteriale della 911, che si conferma all’occorrenza docile e maneggevole ma, se lo si desidera, veloce, precisa ed emozionante. L’alto coefficiente emozionale è sicuramente tra le ragioni che spingono, chi può permetterselo, a spendere 123.999 euro (prezzo del modello d’ingresso) per acquistare un sogno. Abbiamo guidato la nuova 911 tra le curve della Corsica, attraversando le trafficate e strette strade di Bastia e muovendo verso Nord per raggiungere Cap Corse. un’intesa di massima per quanto riguarda gli aspetti economici del contratto di collaborazione relativo al Gran Premio d’Italia a Monza per il prossimo quinquennio 2020-2024. Il Consiglio Generale dell’Automobile Club d’Italia ha dato, quindi, mandato al Presidente Angelo Sticchi Damiani di proseguire la negoziazione con Formula 1™ su tutti gli aspetti tecnici e commerciali relativi alla partnership, in modo da giungere, in tempi brevi, alla firma del contratto e rendere pienamente operativa la collaborazione.
AUTO E MOTO
Porsche 911, l’ottava meraviglia. EDOARDO NASTRI
■ BASTIA – In un mondo dominato da suv e crossover c’è ancora spazio per le supercar. In Europa se ne immatricolano sempre di più: lo scorso anno sono aumentate del 20% arrivando a 40mila unità. La Porsche 911 è la più venduta al mondo e leader del mercato in Italia nel suo segmento con
Tradizione e innovazione Guardando la 911 la prima cosa che salta agli occhi è la massiccia presenza su strada data soprattutto dalla sua larghezza, aumentata di 4,5 centimetri rispetto alla versione precedente e che con gli specchietti aperti supera i 2 metri per 4,5 di lunghezza. Dal punto di vista stilistico è stato fatto un lavoro d’innovazione più che di stravolgimento. C’è infatti qualche richiamo alle prime generazioni del modello, come il bassorilievo stampato sul cofano tra i due fari tondi a Led, e la conferma di alcune caratteristiche proprie da sempre della 911, come le ruote posteriori più grandi (21 pollici) di quelle anteriori (20 pollici). Il posteriore è quello che ha subito gli aggiornamenti più evidenti. Il paraurti ingloba ora i quattro (o due se si sceglie la versione con gli scarichi sportivi) terminali di scarico, e i fari posteriori sono formati da un’unica linea di led che percorre la vettura per tutta la sua larghezza. All’interno è arrivata la rivoluzione digitale: sono spariti quasi tutti i pulsanti sulla consolle centrale e la gestione delle funzioni principali del sistema infotainment avviene attraverso un grande schermo da 10,9 pollici. Davanti al guidatore c’è il classico contagiri analogico Porsche, affiancato da due display digitali per controllare la velocità e le informazioni principali. Doppia anima Abbiamo guidato la 911 Carrera S a trazione posteriore, equipaggiata con il 3.0 biturbo benzina, in grado di sviluppare una potenza di 450 cavalli per 530 newtonmetri di coppia massima. La traduzione è semplice: accelerazione bruciante (3,7 secondi per passare da 0 a 100) e una “voce” che fa battere il cuore. Le cinque modalità di guida selezionabili dal manettino cambiano completamente il carattere della sportiva. In Normal è quieta e adatta a tutte le condizioni della guida quotidiana. In Sport si aprono le valvole degli scarichi, s’induriscono le sospensioni, il volante diventa più preciso e l’acceleratore ancora più pronto. Per chi vuole le massime prestazioni c’è poi la Sport Plus, che ritarda l’intervento dei controlli di trazione. Se piove o c’è scarsa aderenza è bene selezionare la modalità Wet (bagnato) che limita il più possibile scodate non volute o perdite di aderenza. La Individual infine permette una totale personalizzazione di tutti i settaggi. Innovare e non stravolgere Il pacchetto di sistemi d’assistenza alla guida è completo e facilmente utilizzabile. Diversi gli optional interessanti di3 Maggio 2019 ·
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sponibili, tra cui le quattro ruote sterzanti che ruotano a seconda della velocità di marcia di circa 2 gradi nello stesso senso o in direzione opposta. Il risultato che ne deriva è una grande maneggevolezza e prontezza nella risposta per una precisione di guida chirurgica. Dal 1963 la 911 fa innamorare appassionati e cattura sguardi in tutto il mondo. L’ottava generazione non fa eccezione anzi, riesce nel difficile intento di rinnovare un modello mitico, senza stravolgerne le caratteristiche che l’hanno reso una vera e propria icona.
AUTO E MOTO
mica può disattivarsi per diversi secondi. La combinazione consente un risparmio in termini di consumi ed emissioni del 19% rispetto alla S5 a benzina. La potenza del nuovo propulsore è scaricata a terra tramite il sistema di trazione integrale “quattro”, mentre la trasmissione è gestita dal cambio automatico “tiptronic” a otto rapporti. Come per tutti i modelli della gamma, l’S5 dispone di un ampio set di dettagli stilistici e funzionali che rendono il look più sportivo e aggressivo rispetto alle versioni meno performanti dell’A5.
AUTO E MOTO
Audi S5 Tdi, sportiva ma a gasolio.
Xiaomi: e-bike con l’aria da scooter.
GIOVANNI PASSI
SERGIO BENVENUTI
■ Spazio alla nuova versione di Audi S5. La novità è tutta sotto il cofano: un propulsore 3 litri sei cilindri turbodiesel da 347 cavalli. Il nuovo motore – contraddistinto dalla dicitura Tdi – eroga 700 newtonmetri di coppia disponibili già a 2.500 giri, garantendo maggiore prontezza ai bassi regimi rispetto all’unità a benzina. Non è la prima volta che la Casa dei quattro anelli monta sulle sue sportive unità a gasolio: anche l’SQ7 condivide una simile architettura.
■ La cinese Xiaomi – azienda tecnologica di grande successo in Europa, grazie soprattutto ai suoi smartphone – lancia la bici elettrica Mi Himo T1. La due ruote, con un aspetto che richiama molto quello di uno scooter, ha autonomia di 120 chilometri. La commercializzazione – limitata per ora alla Cina – parte da giugno, al prezzo di circa 400 euro. Ancora nessuna comunicazione su un probabile arrivo in Europa e Italia anche se Xiaomi vende già sul suo sito monopattini elettrici anche da noi.
Mild-hybrid Il motore della nuova S5 Tdi – come altre proposte meno potenti del marchio tedesco – sfrutta la tecnologia mildhybrid: una forma molto leggera di elettrificazione (da cui il termine “mild”, lieve in inglese), che sfrutta l’energia della batteria da 48 volt esclusivamente per aiutare il propulsore durante la partenza. Le dimensioni ridotte dell’accumulatore non permettono una percorrenza in elettrico, tuttavia in caso di decelerazioni a velocità autostradali l’unità ter-
Le specifiche tecniche L’e-bike è offerta in due tagli di autonomia: 14 ampereora in grado di viaggiare per 60 chilometri, e l’opzione da 28 Ampere-ora fino ai già citati 120 chilometri. L’offerta comprende fari a led (raggio di illuminazione tra i 5 e i 15 metri) e quadro strumenti interamente digitale da cui è possibile visualizzare tutte le informazioni utili da consultare durante il viaggio (come la percentuale rimanente della batteria, velocità di marcia, tempo). Xiaomi ha
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installato nella sua e-bike anche una forcella ammortizzata (simile a quelle delle mountain bike), una sospensione posteriore a doppia bobina, un freno a disco idraulico nella ruota anteriore e uno a tamburo sul retro. Xiaomi assicura – anche se non è stata specificata la velocità di punta del mezzo – una distanza di frenata massima di 4,5 metri per un mezzo che pesa circa 53 chilogrammi. La bici misura 1,5 metri di lunghezza, 66 centimetri di larghezza e 1 metro di altezza. Sarà venduta in tre colori: rosso, grigio e bianco.
BUSINESS
L’auto tedesca va sulla Luna. CARLO CIMINI
no le autorità tedesche a stabilire un quadro normativo per il nuovo mercato e incoraggiare gli investimenti privati. La nuova legislazione limiterebbe le responsabilità finanziarie e legali delle società private in caso di incidenti in orbita, offrendo incentivi per nuovi progetti. Il commissario aerospaziale e spaziale del ministero, Thomas Jarzombek, potrebbe presentare le leggi al Parlamento entro la fine di quest’anno. “Puntiamo a delle normative che siano aperte al futuro”, ha affermato una portavoce di Jarzombek e del ministero dell’Economia. “Questa dovrebbe concentrarsi soprattutto sugli incentivi e consentire all’industria spaziale tedesca di svolgere un ruolo più importante negli sviluppi globali”. Berlino sta anche pressando le Nazioni Unite per stabilire gli standard per l’estrazione mineraria sulla Luna, asteroidi e altri oggetti nello spazio. Primo modulo in arrivo Attualmente, il governo tedesco sta portando a termine – presso lo stabilimento di Brema – la produzione del primo modulo di servizio europeo (Esm) di proprietà Airbus – costruttore di aeromobili che in passato ha collaborato con alcuni dei più importanti costruttori automobilistici, come Audi e Italdesign – in consegna per l’Orion Spaceship della Nasa, ancora oggetto di test intensivi presso il Kennedy Space Center di Cape Canaveral che sarà utilizzato nella prossima missione verso la Luna. Le stelle (e le Case auto) staranno a guardare.
PAESE
■ Dopo Cina, Stati Uniti – dove Musk con Space X promette di portarci tutti su Marte – e persino il piccolo Lussemburgo, anche la Germania vuole entrare nel “mercato spaziale” delle missioni esplorative ed estrazione di risorse eccezionali. L’obiettivo principale è attirare nuovi investimenti privati per assicurarsi un posto in un settore in continua evoluzione che, in prospettiva, potrebbe valere mille miliardi di dollari ed essere prezioso anche per il mondo automotive. Che infatti non sta a guardare e vuole fare la propria parte. Matthias Wachter, esperto aerospaziale della Federazione tedesca dell’industria Bdi, afferma che i progressi nello spazio sono fondamentali per lo sviluppo delle tecnologie future come la guida autonoma. Negli anni passati il marchio tedesco Audi ha sostenuto il progetto internazionale “Part Time Scientists”, fornendo supporto tecnico a un gruppo di scienziati berlinesi che ha partecipato al “Google Lunar X Prize” con lo scopo di progettare un mezzo in grado di muoversi sulla superficie lunare. Il satellite come miniera La Germania è la potenza economica dell’Europa e la quarta economia mondiale. Aziende e gruppi industriali spingo-
Roma: fondi finiti, le buche restano. MARINA FANARA
■ Mentre il governo è ancora diviso sul Salva Roma che potrebbe dare una boccata d’ossigeno ai conti disastrati della 3 Maggio 2019 ·
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Capitale, i soldi stanziati per risolvere l’annoso problema delle buche sarebbero già finiti. Cantieri bloccati Secondo indiscrezioni, molti municipi avrebbero già terminato i (pochi) fondi loro concessi per mettere in sicurezza le strade di loro competenza con il conseguente blocco dei lavori in corso e nella speranza che, con la prossima manovra di assestamento, prevista per luglio, possano arrivare altri quattrini per questo capitolo. Ricordiamo che tra fondi insufficienti e difficoltà burocratiche che allungano i tempi delle gare d’appalto, il Campidoglio è in perenne affanno non solo per provvedere alla manutenzione straordinaria ma anche l’ordinaria tenuta della propria rete viaria (oltre 5.000 chilometri di strade). La capitale sprofonda E così le buche continuano ad aumentare a un ritmo che ha raggiunto livelli preoccupanti: l’Ispra (Istituto superiore protezione e ricerca ambientale) ha calcolato che si è passati da una media di 16 nuove voragini del decennio 1998-2008 a oltre 90 del periodo 2009-2018. Solo nei primi 10 mesi dell’anno scorso se ne sono formate altre 136. Che rientrano nelle attuali circa 50mila censite dal Comune. Secondo l’ultimo Rapporto Roma sicura realizzato dall’Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale insieme a Italiasicura e Ispra, i Municipi con il maggior numero di buche sono a est della città, nel V, VII, IV (Tuscolano, Prenestino, Tiburtino), ma anche in ampie zone del centro (Aventino, Palatino ed Esquilino) e a ovest nell’XI e XII (rispettivamente Portuense e Gianicolense).
AUTO E MOTO
Classe G, off-road di lusso. CARLO CIMINI ■ GRAZ – Mercedes festeggia in famiglia i quarant’anni della Classe G, nella fabbrica Magna Steyr, una filiale del più grande produttore di componenti automobilistici del Nord America, l’azienda canadese Magna International. Dal 1979 dallo stabilimento situato nei pressi della città austriaca sono uscite oltre 300mila unità del modello nato sotto specifiche militari, di cui l’80% è ancora in circolazione. La nuova versione del fuoristrada premium della Casa tedesca, mostrata in anteprima durante l’ultimo Salone di Detroit, mostra un mix di tante novità, tra comfort tecnologia e lusso, senza però tralasciare la tradizione stilistica che lo ha reso un’icona del segmento nel corso del tempo. In Italia, nel 2018, Mercedes-AMG ha venduto 110 Classe G, 14
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mentre nei primi 3 mesi di quest’anno sono state realizzate già 90 consegne (solo benzina), proiettando la Casa della Stella a quadruplicare le immatricolazioni nell’anno in corso. Come va Abbiamo messo a dura prova la nuova Classe G su terreni estremamente impegnativi. Parliamo dello Schöckl, una montagna che si erge a 1.445 metri di altitudine, particolarmente insidiosa, a pochi chilometri da Graz. Fango, roccia, ghiaia e asfalto. La nuova Classe G non si è fatta intimorire dalle insidie della natura, sia in salita che in discesa ad altissima velocità (60/70 chilometri orari). L’hard off-road non ha creato particolari problemi al fuoristrada Mercedes: agile e dinamico grazie ai tre differenziali autobloccanti, al rapporto Low Range (modalità G) e alle sospensioni a ruote indipendenti che hanno migliorato rigidità e stabilità, accrescendo il piacere alla guida merito anche dei programmi di marcia selezionabili attraverso il Dynamic Select (Comfort, Sport, Eco e Individual). Ma soprattutto, grazie alla modalità “G”, il fuoristrada della Stella ha superato a pieni voti le irregolarità dei fondi stradali più accidentati, consentendo al guidatore di eseguire anche le manovre più dure e di ricevere risposte al volante ben calibrate a seconda della trazione offerta dal terreno. Il nuovo assetto permette alla vettura di adattarsi a ogni pendenza e regolare automaticamente l’altezza della stessa dal suolo (24,1 centimetri). Questa abilità consente alla Classe G di poter affrontare un dislivello fino al 100% a seconda del fondo stradale, di superare una profondità di guado (acqua e fango) massima ora pari a 70 centimetri, di avere una stabilità di marcia per inclinazioni fino a 35 gradi, un angolo di sbalzo posteriore di 30 gradi e anteriore di 31 gradi e un angolo di rampa di 26 gradi. Più grande e spaziosa A prima vista, la nuova generazione di Classe G è più imponente: aumentano lunghezza (+53 millimetri) e larghezza (+121 millimetri), nonostante sia “dimagrita” di 170 chilogrammi rispetto al modello precedente. L’offerta comprende fari a led, sistemi di assistenza alla guida e al parcheggio (telecamera a 360 gradi), interni con sedili in pelle, oltre al nuovo assetto. Nell’abitacolo è disponibile a richiesta un ampio display widescreen di ultima generazione da 12,3 pollici ripreso da Classe E e Classe S. Motorizzazioni Disponibili due benzina 4 litri V8 G 500 da 422 cavalli (da 115.020 euro) e 63 Amg da 585 cavalli (da 156.490 euro). La variante diesel G 350d – 6 cilindri in linea che erogano una potenza da 286 cavalli – parte da 102.890 euro, la versione meno cara. La trasmissione è affidata al cambio automatico 9G-Tronic.
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LIFESTYLE
Il garage del giovane wrestler. PAOLO BORGOGNONE
■ Il 23 aprile compie 42 anni John Felix Anthony Cena Jr. Detto The Prototype. Nel suo curriculum alla casella “esperienze lavorative” c’è scritto: wrestler, rapper, attore. Ma anche ex conducente di limousine. Collezionista di auto da sogno (soprattutto muscle car, e come poteva essere diversamente per uno con quel fisico) e di guai con i creditori. Una leggenda per generazioni di fan di quello strano sport a metà tra il numero da circo, la boxe thai e il full contact che si chiama wrestling. Cena nasce nel 1977 in Massachussets, secondo di cinque fratelli, figli di un immigrato italo americano. Sarà lui stesso, nell’insolita cornice del Festival di Sanremo nel 2006, a rivendicare le proprie origini del sud Italia. Esordisce nel wrestling nel 2000 in California, assumendo subito il soprannome di “The Prototype” (si definisce “il prototipo dell’uomo perfetto”) che lo accompagnerà per tutta la 16
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carriera. Tra i suoi titoli più importanti ottenuti sul ring ci sono le tre vittorie nel World Heavyweight Championship, il campionato mondiale di proprietà della WWE: il primo a Boston, 23 novembre del 2008, a cui hanno fatto seguito quelli di aprile 2009 e ottobre 2013. Parco auto da sogno Un personaggio come Cena ha moltissimi ammiratori, parecchi amici e anche qualche detrattore. Deve essere stato uno di questi ultimi a suggerire con un pizzico di malignità che il wrestler abbia più auto nel garage della sua casa in Florida che titoli in bacheca. Cattiverie da superstar. Quello che è certo è che, quando ancora doveva farsi un nome all’interno del ring, John ha lavorato anche come chaffeur su auto di lusso. In quel periodo guidava spesso una Lincoln Continental. E adesso ne possiede una. Tanto per ricordare
da dove è venuto. Amarcord a parte, la vera passione a quattro ruote di Cena sono, abbiamo detto, le muscle car. Magari con qualche anno sulle spalle. Si va dalla Buick Gsx del 1970 (360 cavalli) a una 1969 COPO Chevrolet Camaro da 452 cavalli che varrebbe quasi 170mila dollari. Da citare anche una Plymouth Road Runner del 1971, una Ford Torino dello stesso anno e due pezzi rarissimi: la Amc Hornet SC 360, di cui esistono in circolazione pochissimi esemplari e una delle 3.547 Oldsmobile Cutlass Rally 350 del 1970 mai prodotte. Vetture moderne Un garage da star che si rispetti non è completo, però, senza le muscle car di nuova generazione e anche qui John Cena non lesina la sua passione: ecco allora sfilare una dopo l’altra, Dodge Viper, Dodge Charger srt-8, Chevrolet Corvette ZR1. Pezzo forte una speciale Custom Corvette Incenerator 2013 realizzata appositamente per Hollywood dalla Parker Brothers Concepts, una specie di Mecca per gli appassionati della customizzazione gestita dai fratelli Shannon e Marc Parker che si trova a Port Canaveral, Florida. Aggiungete un immancabile tributo alla classe e all’eleganza d’Oltremanica con una Rolls Royce Phantom – che Cena definisce “la macchina per le uscite con la famiglia” – e avrete un’idea del valore complessivo della collezione. Guai con Ford Nonostante i suoi tanti talenti – come abbiamo detto ha inciso due dischi di musica rap “WWE originals” nel 2004 e “You Can’t see Me” del 2005 e partecipato a una dozzina di film tra cui “Bumblebee” del 2018 e almeno ad altrettanti show tv – John Cena ha spesso avuto problemi di liquidità.
E per questo è finito nei guai con Ford. Dopo aver firmato un contratto di sponsorizzazione con la Casa di Detroit, il rapper si è visto recapitare una bella GT Supercar della quale sarebbe dovuto essere testimonial. In realtà dopo un mese l’ha rivenduta, intascando una bella cifra. Che, a suo dire, gli serviva per pagare dei conti in sospeso. Accusato dal costruttore di violazione del contratto, Cena è riuscito a evitare all’ultimo momento il tribunale grazie a un accordo extra-giudiziale. Non sempre per risolvere le questioni servono muscoli d’acciaio.
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Supplemento settimanale a l’Automobile Pubblicazione online - Reg. Tribunale di Roma n. 24/2016 del 09/03/16 Iscrizione R.O.C. n. 14674 - ISSN 2499-670X Direttore Responsabile Alessandro Marchetti Tricamo Redazione via Solferino, 32 - 00185 Roma tel. 06.45406719 • fax 06.49982874-2829 www.lautomobile.it • redazione@lautomobile.it • segreteria@lautomobile.it @lautomobile_ACI
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AUTO TOYOTA
Ibrido per due. CARLO CIMINI ■ BARCELLONA – Nozze d’argento per Toyota Rav4. Il suv di medio-grandi dimensioni – dal 1994, tra i più venduti al mondo con 8,5 milioni di unità – porta sul mercato la quinta generazione. Nel 2019, Toyota punta a venderne in Italia 10mila unità, in particolare la variante a quattro ruote motrici. Da noi sarà disponibile solo in versione Hy-
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brid, con un motore elettrico abbinato al benzina 2.5 litri, per una potenza complessiva di 218 cavalli per la due ruote motrici e 222 cavalli per la trazione integrale. L’abbiamo guidata sulle strade intorno a Barcellona e ha dimostrato di viaggiare con disinvoltura su ogni tracciato. Il sistema ibrido ottimizza i livelli di coppia in fuoristrada, grazie
...dal nostro mensile PUBBLICATO SUL NUMERO 28 - APRILE 2019
In primavera l’arrivo della rinnovata Rav4 e il ritorno della Corolla. Da noi in vendita solo in versione Hybrid. Prendere o lasciare.
ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO ■ MAIORCA – La Toyota Corolla è più di un nuovo modello. È una storia iniziata nel 1966 e raccontata da 46 milioni di vetture vendute nel mondo. È la storia di una rivincita di un nome cancellato e sacrificato in Europa per scelte di marketing, a vantaggio di quell’Auris mai entrato nel cuore degli appassionati. Ed è la storia
della tecnologia ibrida che ha avviato il graduale processo di elettrificazione dell’industria automobilistica, del quale ormai non si può più fare a meno. Tanto da essere offerta sulla Corolla per la prima volta in due soluzioni: la nota (ma aggiornata per renderla più efficiente) 1.8 da 122 cavalli e l’inedita 2.0 da 180 cavalli solo per
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anche alla modalità Trail: un controllo del differenziale a slittamento limitato, che permette di andare senza incertezze su fango, ghiaia, sterrato e roccia. Cresce nelle dimensioni Il nuovo Rav4 è ora poco più grande: aumentano lunghezza (4,60 metri, +3 centimetri) e larghezza (1,85 metri, +1 centimetro), mentre diminuisce l’altezza (1,68 metri, -1 centimetro). Il bagagliaio dispone di una capacità di 580 litri, 79 in più rispetto alla generazione precedente. L’equipaggiamento interno prevede di serie il display dell'infotainment da 8 pollici, posto al centro della plancia, e uno schermo multifunzione da 7, dietro al volante. Per la sicurezza attiva, il Toyota Safety Sense 2.0 è compreso nell’offerta base e, tra le varie funzionalità, dispone del sistema pre-collisione (individua anche pedoni e ciclisti, di giorno e di notte), della funzione di riconoscimento segnaletica stradale e del mantenimento attivo della corsia (riduce il rischio di incidenti dovuti, principalmente, alla distrazione e alla stanchezza del
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guidatore). Inoltre, è stato introdotto lo Smart Rear View Mirror: lo specchietto retrovisore si trasforma in monitor digitale per garantire un campo visivo più ampio, sfruttando una telecamera interna disposta tra la fine del tetto e il lunotto posteriore. Toyota Rav4 Hybrid è naturalmente connessa. È il primo modello del marchio a dotarsi del Data Communication Module (Dcm), utilizzabile con la nuova app MyT: attraverso un modulo di trasmissione dati, chi guida riceve alcune informazioni tra le quali chilometraggio percorso, posizione della vettura o promemoria sulla scadenza tagliando o manutenzione. La gamma è disponibile in tre allestimenti: Active, la versione base, Style e Lounge. Rav4 Hybrid ha un prezzo di listino che parte da 34.550 euro, per la versione Active 2WD. Debutta su questo modello anche la nuova formula di finanziamento Pay per Drive Connected che, attraverso la connettività presente sulla vettura, adatta il piano dei pagamenti all’effettivo utilizzo dell’auto, che per altro può essere restituita in qualsiasi momento. La versione a trazione integrale sarà disponibile da aprile.
il mercato europeo. Entrambe, risultato del tradizionale abbinamento tra un motore a benzina ed uno elettrico, con batterie – al litio per la 1.8, al nichel per la 2.0 – che si ricaricano in viaggio senza prese e cavi. Formula che piace: i giapponesi hanno venduto oltre 12 milioni di auto ibride nel mondo. Una strada senza ritorno: la nuova Corolla in Italia sarà solo Hybrid. Niente benzina o diesel. Prendere o lasciare. Berlina o familiare L’auto giapponese si ripresenta sul mercato italiano con un doppio abito disegnato partendo dalla piattaforma TNGA-C, la stessa già utilizzata per Prius e C-HR: hatchback, ovvero berlina compatta cinque porte, oppure familiare Touring Sports (pensata e sviluppata in Europa). Lunghezza di 4,37 metri per la prima, 4,65 per la seconda, tutte e due con un design più personale di Auris e un’immagine moderna più vicina alla generazione digitale. Ricca la dotazione di dispositivi di sicurezza inseriti nel pacchetto Toyota Safety Sense 2.0: tra questi il cruise
control adattivo che, abbinato al sistema di mantenimento attivo della corsia, consente all’auto di viaggiare in modalità quasi autonoma nelle curve più larghe e veloci. Su strada, la Corolla mostra una buona dinamica di guida, una maggiore reattività della trasmissione automatica, che perde parte del fastidioso jet lag nella risposta alle accelerazioni e conseguente rumorosità. La risposta di sterzo e sospensioni è più diretta che in passato. Il 2.0 è silenzioso e può contare su un valore aggiunto non male: viaggiare in sola modalità elettrica, in condizioni di veleggiamento, a zero emissioni fino alla velocità di 120 km/h. I consumi dichiarati sono di 30,3 chilometri con un litro per la 1.8 e di 27 chilometri al litro per la 2.0 con livelli di CO2, misurati nel nuovo ciclo WLTP, rispettivamente di 97 e 106 grammi per chilometro. Quattro gli allestimenti: Active (solo 1.8), Business (per flotte e noleggio solo 1.8), Style e Lounge (solo con il 2.0). Prezzi di listino a partire da 27.300 euro per la hatchback Active che scendono a 22.950 euro grazie all’Hybrid bonus Toyota dedicato a chi permuta o rottama una vecchia auto a benzina o diesel.
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