Settimanale digitale • Anno 3 • Numero 87 • 31/5/2019
Supplemento settimanale a l’Automobile.
INNOVAZIONE I MOTORI I LIFESTYLE
Dove va Fiat Chrysler. PAOLO BORGOGNONE ■ Fiat Chrysler ha proposto a Renault di fondersi in un’unica società, coinvolgendo nell’accordo – se possibile – anche i membri dell’Alliance franco-giapponese, Nissan e Mitsubishi. Una bomba per una industria dell’auto mondiale, alle prese con un cambiamento epocale fra elettrificazione e guida autonoma: innovazioni così radicali che richiedono investimenti crescenti, quanto difficili da fronteggiare se non si hanno dimensioni sempre più globali. Renault risponderà la settimana prossima alla propo-
sta Fca. Il governo italiano e quello francese si sono detti favorevoli, ma chiedono che fusione non faccia rima con ridimensionamento. Impianti nazionali e posti di lavoro devono essere salvaguardati. I partner giapponesi sono cauti e chiedono tempo per decidere. Con Renault hanno rapporti molto tesi da quando Nissan ha accusato di irregolarità finanziarie il numero uno dell’Alliance Carlos Ghosn. Un altro shock, cui si aggiunge adesso la proposta di Fca. Il presidente del gruppo italo-americano John Elkann sta mediando. Dopo i francesi, convincerà anche loro?
BUSINESS
Fca e Renault, prove di fusione. PAOLO BORGOGNONE
■ Settimana calda per l’industria dell’automobile. Lunedi 27 maggio Fca ha presentato al gruppo Renault una proposta non vincolante di fusione paritetica. La società che nascerebbe dall’accordo sarebbe la terza al mondo per volumi di vendita con una gamma di brand e modelli dalla low cost Dacia fino ad Alfa Romeo e Maserati. La nuova realtà sarà quotata sia a Milano che a Parigi e a New York. In una nota Fca ha parlato di benefici derivanti dalle sinergie che supererebbero i cinque miliardi di euro. Renault risponde la settimana prossima. Ma ha già definito la proposta del gruppo italo-americano “amichevole” e si è impegnata ad approfondire immediatamente la questione anche con Nissan e Mitsubishi, gli altri attori della Alliance franco-giapponese. Anche se i due marchi dell’estremo oriente non sono stati immediatamente inseriti nella proposta di Fca, questa ha comunque stimato sinergie aggiuntive per un altro miliardo di euro se anch’essi dovessero entrare nella nuova realtà. Lo stesso presidente Fca John Elkann ha subito dichiarato al giornale giapponese Nikkei: “La nostra offerta prospetta vantaggi a tutte le società coinvolte” e ha parlato di “massimo rispetto” per Nissan e Mitsubishi. 2
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· 31 Maggio 2019
Nissan tentenna I vertici di Renault – il presidente Jean-Dominique Senard e il ceo Thierry Bolloré – si sono recati a Tokyo per uno degli incontri periodici dell’Alleanza nel corso del quale è stata a lungo discussa la proposta arrivata da Fca. Al termine della riunione Hiroto Saikawa, presidente e ceo di Nissan ha confermato di “non essere contrario” alla fusione, pur manifestando dubbi, in particolare per quanto riguarda possibili sovrapposizioni tra i modelli sul mercato americano. Il manager ha comunque preso tempo confermando di voler valutare gli eventuali benefici per Nissan. Jean-Dominic Senard ha definito la partecipazione dei giapponesi alla fusione “fondamentale”. La prossima settimana, in un nuovo incontro dei membri della Alliance, potrebbe arrivare una risposta maggiormente articolata. Reazioni politiche Sia al di qua che al di là delle Alpi le reazioni politiche alla proposta sono state positive. In Italia il vice premier Matteo Salvini ha dichiarato: "Se Fiat cresce è una buona notizia, conto che sia una operazione brillante e porti a un gigante europeo dell’automobile. Dal nostro punto di vista è fonda-
mentale la tutela dei posti di lavoro e che ci sia un piano che guardi al medio termine". Salvini ha garantito la massima attenzione del governo: “Se fosse richiesta la presenza istituzionale italiana sarebbe doveroso esserci perché quello dell’auto è un comparto importante". Soddisfatto anche Bruno LeMaire, ministro delle finanze di Parigi che confermato in una intervista: “Si tratta di una grande opportunità per Renault. La fusione aumenterà gli investimenti”. Il ministro ha anche confermato che lo stato manterrà comunque la propria partecipazione (7,5%) nella nuova entità post fusione e continuerà a vigilare sugli interessi nazionali, con particolare riguardo al mantenimento degli impianti e dei livelli occupazionali. Le Maire ha anche sottolineato l’importanza che un eventuale accordo avvenga all’interno della Alliance, coinvolgendo Nissan e Mitsubishi. Tra dubbi e speranze La salvaguardia dei posti di lavoro è stato argomento del commento dei sindacati. In una lettera dei lavoratori degli impianti piemontesi al presidente John Elkann si legge: “La Fiat deve continuare a creare, sviluppare, produrre a Torino e in Italia. Ci auguriamo che non vengano sacrificati gli
stabilimenti italiani”. Sull’altro fronte Dario Gallina, presidente dell’Unione industriali del capoluogo piemontese ha manifestato grandi aspettative: “Il mondo imprenditoriale torinese e tutte le centinaia di aziende fornitrici della filiera, vedono nel nuovo gruppo italo-francese e nelle sue dimensioni una solida opportunità di sviluppo ". A queste istanze ha risposto direttamente John Elkann: “L’operazione è una nuova sfida per Fca. Azioni simili si possono fare e portano benefici a entrambi i Paesi coinvolti. Gli stabilimenti italiani saranno comunque salvaguardati". Daimler e Psa: posizioni opposte Di segno opposto le reazioni del mondo automotive. Daimler – che collabora dal 2010 con l’Alleanza Renault-Nissan e ha una partecipazione azionaria del 3,1% – ha subito aperto alla “possibilità di collaborazione”. Il numero uno di Psa Carlos Tavares, invece, ha scritto in una nota interna resa poi pubblica: “"La transazione proposta da Fca sembra particolarmente opportunistica". L’ex manager proprio di Renault sostiene poi che l’accordo “potrebbe creare incertezze all’interno dell’Alleanza”. 31 Maggio 2019 ·
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BUSINESS
Lo smash di Elkann. ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO
Le (poche) sinergie industriali Di certo lo scenario industriale è chiaro: FCA porta in dote il mercato nordamericano, Renault la tecnologia dell’auto elettrica. Nulla di più. Anzi di meno, visto che è difficile pensare ad una reale diffusione del marchio francese negli Stati Uniti (meglio in Canada). Per il resto c’è una sovrapposizione in Europa, un mercato peraltro maturo e avaro di soddisfazioni: tema pericoloso (e non poco) per gli stabilimenti italiani, nonostante siano oggi più efficienti di quelli francesi grazie alla cura Marchionne. In Cina – primo mercato automobilistico mondiale – si sommano due grandi debolezze (Jeep a parte). Difficile una sinergia sull’alto di gamma: Alfa Romeo e Maserati potrebbero rimanere a secco di piattaforme, powertrain e motori. A meno di un accordo con i tedeschi di Daimler che però sembrano già orientati a chiudere la partnership esistente con Renault (e Nissan).
BUSINESS
■ Con la proposta di fusione FCA – Renault, John Elkann ha messo in pratica quello che diceva da tempo: diluire la posizione della controllata (olandese) Exor della famiglia nell’industria dell’auto. Elkann sa bene che, a causa dei grandi investimenti necessari all’elettrificazione, imposta dai limiti sulle emissioni di CO2 fissati dall’Unione Europea per il 2030, i profitti per una Casa generalista saranno sempre più ridotti. Meglio uscire lentamente dal business. Tanto più se le risorse per quegli investimenti in FCA non ci sono. E forse non ci saranno mai. L’attuale differenza di capitalizzazione tra le due aziende porterà, in una fusione alla pari, qualche miliardo (circa 2,5) nelle casse della famiglia e degli azionisti di FCA. Smash vincente.
Tutti i numeri di un possibile matrimonio. EDOARDO NASTRI
A comando francese Se ovviamente il processo si chiuderà. A fronte di questa strategia – e anche in presenza di un eventuale ruolo di vertice dello stesso Elkann nella nuova azienda – il comando reale andrebbe ai francesi. La quota di Exor sarebbe del 15% circa e di fatto consegnerà ai consiglieri FCA un ruolo marginale. Per buona pace – nonostante le rassicurazioni delle scorse ore – degli stabilimenti italiani. Anche perché a conti fatti, il risparmio di 5 miliardi di euro l’anno generato dalla fusione e indicato da FCA sembra sovrastimato, soprattutto senza la chiusura di impianti e il taglio del costo del lavoro. Cosa deciderà Nissan Dal canto suo Renault mette nell’angolo Nissan. I giapponesi hanno finora rifiutato la fusione con il gruppo francese e “allontanato” Carlos Ghosn che spingeva in questa direzione. Ma oggi, dopo aver contribuito in modo fondamentale ai profitti Renault (senza dei quali per i francesi sarebbe stata veramente dura), Nissan si trova con le spalle al muro: entrare in un grande gruppo formato da FCA e Renault o starne fuori? Si vedrà nelle prossime ore. 4
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■ Il patto di alleanza al 50% che Fca ha proposto a Renault potrebbe cambiare il panorama del mercato automobilistico globale. Il costruttore francese, riunitosi in consiglio di amministrazione, si è detto favorevole a “studiare con interesse l’opportunità di tale intesa, atta a consolidare l’impronta industriale del Gruppo”. Sembra quindi che ci siano tutti i presupposti per la nascita di una nuova alleanza italofranco-americana. Se il patto si dovesse consolidare nascerebbe un gruppo da 8,7 milioni di veicoli all’anno che, nella classifica delle ven-
dite globali dei costruttori, andrebbe a posizionarsi al terzo posto tra Toyota e General Motors. Nei primi tre mesi del 2019, Fca ha fatturato 24,4 miliardi di euro, mentre Renault 12,5 miliardi. La somma dei due gruppi porterebbe la nuova alleanza in quarta posizione, tra Daimler (39,6 miliardi) e Ford (36,1 miliardi). Con o senza Nissan e Mitsubishi Questo è lo scenario che si andrebbe a creare se i partner giapponesi non trovassero una intesa per il loro ingresso. “Mi assicurerò che Nissan e Mitsubishi traggano pieno vantaggio da questi eventi”, ha detto Jean Dominique Senard, presidente di Renault. “I benefici dell’accordo si estenderanno ai partner dell’alleanza, Mitsubishi e Nissan”, conferma Mike Manley, ceo di Fca. La risposta da Yokohama è stata cauta: non c’è opposizione, ma si è presa il tempo di studiare “a fondo tutti gli aspetti e i dettagli” della proposta. Nuovo colosso industriale Se i giapponesi dovessero entrare nell’accordo, si verrebbe a creare un colosso industriale primo al mondo per vendite: 650mila dipendenti in tutto il mondo, 224 siti produttivi (se dovessero rimanere tutti in funzione, come finora promesso) e 23 marchi per 15,6 milioni di veicoli venduti ogni anno. Più di qualsiasi altro gruppo esistente. Numeri solo indicativi, perché l’ipotesi di alleanza porterebbe con sé una razionalizzazione di architetture, modelli, impianti e forse anche di dipendenti tutta da definire. Il gruppo italo-americano avrebbe accesso a piattaforme e tecnologie di elettrificazione di Renault: un aspetto fondamentale perché i limiti delle emissioni di CO2 imposti dall’Unione Europea incombono (95 grammi per chilometro per tutta la gamma dal 2021). I francesi vedrebbero spalancarsi una porta sul mercato nord americano. Fca stima in oltre 5 miliardi di euro i risparmi annuali derivanti dalla nuova alleanza.
BUSINESS
conda parte dell’anno (+62,1%). La quota di mercato è del 22,2%. In particolare, Zoe – citycar con un’autonomia di circa 300 chilometri – vale da sola 39.458 unità – pari a oltre il 79% – e ha registrato un incremento del 26,1%. Clio e Captur le più vendute Nel complesso le vendite globali del gruppo Renault lo scorso anno sono aumentate del 3,2%: 3.884.295 unità contro le 3.762.077 del 2017. Nella classifica delle 100 auto più vendute al mondo (fonte: Focus2move), Renault è presente con due modelli: Clio si posiziona al 34esimo posto della graduatoria globale (385.646 unità, -1,7% rispetto all’anno precedente) e Captur, 63esima, con 275.480 veicoli immatricolati (+3,1%). Numeri che confermano la forza del marchio francese nel segmento delle piccole e compatte. L’andamento nel 2019 Andando ad esaminare i risultati del primo quadrimestre 2019 (fonte: Jato Dynamics), si conferma prima Clio con 118.671 unità immatricolate (+6% rispetto al 2017), ancora davanti a Captur (78.153, +2%) e Megane/Scenic (62.253 -16%). Seguono, Renault Kwid (40.334, -2%), Dacia Logan (32.571, -2%), Dacia Sandero (32.496, -4%), Kadjar (30.531, -18%), Master (30.341, +12%), Kangoo (28.658, -6%) e chiude la classifica Dacia Duster (25.321, -15%).
Come va il futuro Renault, socio francese. una storia italiana. AUTO E MOTO
CARLO CIMINI
■ La fusione tra FCA e Renault potrebbe dare vita alla creazione di un nuovo colosso dell’auto e l’integrazione dei due gruppi aumenterebbe gli investimenti sulle tecnologie dell’elettrificazione e della guida autonoma. Ecco come va l’ormai probabile socio di Fca. Il gruppo francese è tra i leader globali nell’auto elettrica: Renault ha venduto nel 2018 oltre 49.600 veicoli a batteria, con un incremento del 36,6% e un’accelerazione nella se-
GIOVANNI BARBERO ■ L’offerta di partnership al 50% proposta da Fca al gruppo Renault è la notizia di queste ore, ma se si aprono i libri di storia si scopre che non è la prima volta che il costruttore francese (e il suo alleato) giapponese collabo31 Maggio 2019 ·
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AUTO E MOTO
Ferrari SF90 Stradale, quota 1.000. FRANCESCO PATERNÒ rano con marchi che ora fanno parte del gruppo italiano. Nell’ottobre del 1958, Renault firma in Italia un accordo con l’Alfa Romeo, al tempo di proprietà dell’ente pubblico IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), per costruire nello stabilimento del Portello la Dauphine con il marchio italiano. L’accordo ha due scopi: evitare i dazi d’importazione a cui erano sottoposte le vetture straniere e aggiungere una piccola auto economica alla gamma del costruttore italiano, aumentando i volumi di vendita e rendendolo più popolare. Citycar e veicoli commerciali Le prime Alfa Romeo Dauphine escono dallo stabilimento il 3 giugno 1959 e dopo circa un anno viene introdotta in gamma anche la Ondine che rimarrà al Portello fino al 1964. Oltre alla berline, la partnership si estende successivamente anche a veicoli commerciali, in particolare furgoni e autocarri leggeri. L’azienda titolata a portare avanti l’accordo è la Saviem, società controllata da Renault e dedicata ai mezzi da lavoro. L’intesa prevede che Alfa Romeo costruisca nella fabbrica di Pomigliano d’Arco due van, l’SG2 e l’SG4, da vendere poi con il suo marchio. La produzione terminò, con la fine della licenza, nel 1975. L’Alfa Romeo Nissan Automobili Spa L’Alfa non si limitò a stringere accordi geograficamente limitati al continente europeo. Nell’ottobre del 1980 Ettore Massaccesi e Takashi Ishihar, numeri uno della casa del Biscione e di Nissan, attuale alleato di Renault (la proposta di fusione per ora non riguarda la Casa giapponese) prestarono il loro consenso alla realizzazione dell’Alfa Romeo Nissan Automobili Spa. Figlia del patto fu la berlina Arna (acronimo di Alfa Romeo Nissan Auto), una vettura basata sulla Nissan Pulsar. Per costruirla viene realizzato uno stabilimento in provincia di Avellino, a Pratola Serra, dove oggi il gruppo Fca produce buona parte dei suoi motori diesel. Nel 1978, contestualmente all’ingresso dell’Alfa nell’orbita Fiat, termina anche la vita dell’Arna. Renault e Jeep Nel 1979 le strade di Jeep e Renault si incrociano per la prima volta. Il costruttore francese acquista la AMC, un marchio americano che controllava Jeep. La collaborazione porta alla produzione della Cherokee, un fuoristrada, oggi si direbbe suv, che è stato anche importato nel nostro paese. Jeep rimase nella galassia Renault fino alla cessione, nel 1987, a Chrysler. 6
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■ FIORANO – “Beyond”, “oltre” è la parola chiave con cui la Ferrari ha svelato l’ultima creatura a bordo della sua pista di Fiorano, alle porte della fabbrica di Maranello. È un’auto di serie e si chiama SF90 Stradale, le lettere stanno per Scuderia Ferrari e 90 sono gli anni che la squadra di Formula 1 compie in dicembre. Il suo sviluppo è durato tre anni e mezzo. Una Ferrari “beyond” perché, al di là delle retorica e della eccezionalità che sono parte viva di un prodotto invidiato nel mondo, la SF90 Stradale è la prima supercar ibrida plug-in del marchio, capace di andare anche in sola modalità elettrica per 25 chilometri. Pochi, ma novità assoluta. 5 modelli nel 2019 “È così che vogliamo sfidare il cambiamento”, ha detto l’amministratore delegato Louis Camilleri, annunciando che nel corso dell’anno alla SF90 Stradale – definita “totalmente rivoluzionaria” per il marchio – seguiranno altre 3 novità, probabilmente serie speciali, ma comunque un ricca offerta in dodici mesi (cui va aggiunta la Ferrari F8 Tributo portata al Salone di Ginevra) che è “una cosa mai successa nella storia Ferrari”. Trazione integrale, 2,5 secondi da 0 a 100 La SF90 Stradale dispone – oltre che di trazione integrale – di un motore endotermico turbo 8 cilindri a V di 90° in grado di erogare 780 cavalli, più tre motori elettrici – uno al posteriore e due sull’assale anteriore – per complessivi altri 220 cavalli (162 kW). Quota mille, la potenza più alta mai raggiunta da una Ferrari stradale. L’auto è in grado di passare da 0 a 100 km/h in soli 2,5 secondi, ha una velocità massima di 340 km/h mentre può percorrere in modalità soltanto elettrica fino a 25 chilometri, con una batteria agli
ioni di litio posizionata in basso, dietro i due sedili. Michael Leiters, il direttore tecnico, spiega quanto a Maranello si sia lavorato sulla riduzione di peso e sull’aerodinamica, che viene avvantaggiata da uno spoiler posteriore mobile (verso il basso) integrato nella carrozzeria. Il cambio è un 8 rapporti a doppia frizione, più veloce rispetto alla precedente generazione del 13% secondo l’ingegnere. Chiave keyless, prima volta su una Ferrari. Il design, “bellezza futuristica” La SF90 Stradale, lunga 4,71 metri e 1.570 chili di peso, è una supercar dalle forme eleganti e non estreme o, per dirla con le parole del suo designer Flavio Manzoni, “una sintesi tra top performance e bellezza futuristica”. La cabina due posti è in posizione avanzata, a forma di bolla che insieme a un inedito posteriore possa dare l’idea di “una navicella spaziale”. Negli interni, spiega ancora Manzoni, è stato fatto un “salto mostruoso in innovazione”. Il volante, derivato dalla Formula 1, è dotato di una serie di comandi touch che permettono di controllare virtualmente ogni aspetto della vettura tramite i due pollici. Di meccanico resta solo il manettino, con cui scegliere tra quattro modalità di guida. Dietro c’è un cruscotto completamente digitale e configurabile, dotato di schermo curvo ad alta definizione da 16 pollici – definita “prima assoluta sul mercato”. L’auto ha in listino uno speciale allestimento denominato Assetto Fiorano, ancora più sportivo, che prevede un alleggerimento di 30 chili e un maggior carico aerodinamico. Première ai media, poi ai clienti Per i prezzi bisognerà attendere il fine settimana, prime consegne all’inizio del 2020. Non degli ordini: a Fiorano sono attesi in tre giorni più di 2.000 clienti Ferrari da tutto il mondo – il 41% dei quali ne possiede già più di una secondo Camilleri – e “la maggior parte dei quali” potrebbe tornare a casa con un contratto, prevede il direttore marketing e vendite Enrico Galliera. La SF90 Stradale fa infine anche da esperimento: alla Ferrari i nuovi modelli sono sempre stati presentati prima ai clienti e poi ai media. Per questa volta si è cambiato, in futuro si vedrà.
alla trazione posteriore utilizzando la nuova piattaforma già in servizio sui suv X1 e X2, sulla monovolume Serie 2 Active Tourer e sulla Mini Countryman. La nuova architettura è in grado di ospitare un pacco batterie, quindi è probabile l’elettrificazione della vettura in futuro. La Bmw Serie 1 ha mantenuto in sostanza la stessa lunghezza della versione precedente 4,32 metri, ma è più larga (1,79) e alta (1,43). Nonostante il passo, cioè lo spazio tra le ruote anteriori e quelle posteriori, sia diminuito di 2 centimetri, Bmw dichiara che l’abitabilità interna è aumentata proprio “grazie alla nuova piattaforma utilizzata”. Più tecnologica La nuova architettura ha mutato anche le forme della vettura, che ora sono meno affusolate, con un cofano più imponente e muso e coda dagli sbalzi più corti. Proprio il frontale è uno degli elementi che è cambiato maggiormente, soprattutto nella parte della calandra, ora più alta e stretta e racchiusa dai nuovi fari a Led. La linea di cintura scorre fino al posteriore dove troviamo i gruppi ottici ridisegnati. Gli interni della nuova Serie 1 sono stati aggiornati con l’ultimo sistema multimediale del costruttore tedesco (il Bmw 7.0). Al centro della plancia spicca il display da 10,25 pollici e anche quello davanti al guidatore è della stessa misura. Due i motori benzina al lancio: 1.5 tre cilindri da 140 cavalli e 2.0 da 306 cavalli. Due i diesel: 1.5 da 116 cavalli, 2.0 declinato nelle potenze da 150 o 190 cavalli. Prezzi in Italia da 28.100 euro.
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La Bmw Toyota Supra Serie 1 cambia pelle. torna in pista. AUTO E MOTO
GIOVANNI BARBERO
ALESSANDRO MARCHETTI TRICAMO
■ Dopo 1,3 milioni di esemplari venduti dal 2004, tre carrozzerie (berlina, coupé e cabriolet) e due generazioni, la Bmw Serie 1 si rinnova per la terza volta. Il costruttore bavarese ha apportato cambiamenti sostanziali, come l’addio
■ MADRID – La sportiva che mancava. Almeno nella gamma Toyota. Con la quinta generazione Supra torna dopo 17 anni e sceglie, per il debutto europeo, l’asfalto del circuito Jarama (come una Lamborghini degli anni 31 Maggio 2019 ·
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Škoda, la prima della Scala. EDOARDO NASTRI Settanta) a Madrid. Cordoli che custodiscono ricordi importanti: il record del giro qui è ancora quello del 1979 di Gilles Villeneuve su Ferrari. 340 cavalli Il tempo di allacciare la cintura e sotto lo sguardo attento del collaudatore che siede accanto a noi, prendiamo possesso dei 340 cavalli della nuova Supra. Il circuito è piuttosto tecnico quindi mai abbassare la guardia, anche se il differenziale attivo della sportiva giapponese ci aiuta a rimanere in traiettoria e a dare stabilità alla vettura. Primi sali e scendi e la Supra si dimostra auto da corsa vera. Senza se e senza ma. Un comportamento sicuramente apprezzato da Akio Toyoda, numero uno della Casa giapponese che ha testato più volte l’auto al circuito del Nürburgring. La reattività del volante è uno dei punti di forza, aspetto che ci supporta quando abbiamo da correggere qualcosa nelle nostre traiettorie. Dopo una serie di saliscendi arriva finalmente il rettilineo dove portare la Supra fino all’ottava marcia, con una velocità che supera i 200 chilometri all’ora. È un attimo però che subita arriva la curva a destra: scaliamo fino alla terza e anche il cambio automatico ZF – con paddle al volante – si dimostra all’altezza. Il motore è il 6 cilindri benzina 3 litri di origine Bmw con 500 Nn di coppia, ampiamente sufficiente a soddisfare tutti i palati, appassionati e no. Giapponese con il cuore tedesco visto che la Supra condivide progetto e sviluppo con la Z4, grazie alla partnership tra Toyota e Bmw siglata nel 2012. Soluzioni di stile Qualche altro giro ed è il momento di tornare ai box giusto il tempo per dare – insieme a Tetsuya Tada, ingegnere capo di Supra – uno sguardo alla vettura: motore spostato indietro con il 75% del volume (e peso) dietro l’asse anteriore, distribuzione del peso perfettamente equilibrata (50 avanti e 50 dietro), sedile di guida spostato verso l’asse posteriore. La linea non passa inosservata con un design ad effetto “Wow” (la doppia gobba sul tetto è uno degli elementi più caratterizzanti) tipica di una sportiva che si rispetti. I grandi cerchi e i passaruota sinuosi rendono tutto più rassicurante. Qualche numero di quelli che contano per il mercato: la Supra è già ordinabile online, presto lo sarà anche in concessionaria con un prezzo di listino di 67.900 euro e un unico allestimento (Premium). Prime consegne in estate. Obiettivo venderne in Italia almeno 900 l’anno. 8
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■ COMO – La Škoda Scala fa il suo ingresso nel mercato italiano. La nuova berlina di segmento C del marchio boemo del gruppo Volkswagen prende il posto della Rapid, un modello di scarso successo in Italia per diversi motivi, dal design alle dotazioni ritenute non all’altezza. La rivoluzione della Scala parte proprio da stile e tecnologia, ma gli uomini di Škoda sono cauti con le previsioni di vendita, “trattandosi di un modello completamente nuovo”. La prima caratteristica della Scala la si intuisce guardandola: la vettura, lunga 4,36 metri, ha un passo notevole di 2,65 metri, cioè la distanza tra le ruote anteriori e quelle posteriori. Questo si traduce in una grande abitabilità interna, in particolare per i passeggeri dei sedili posteriori. Il bagagliaio è il più grande del segmento con una capacità di 467 litri. Rivoluzione stilistica A livello stilistico, rispetto alla vecchia Rapid siamo su un altro pianeta. La Scala è la prima vettura del marchio a portare innovazioni estetiche che vedremo d’ora in poi su tutta la gamma, come il nuovo disegno dei fari anteriori e posteriori a led o l’assenza del logo sul portellone sostituito dalla scritta Škoda in singole lettere. Anche gli interni cambiano rispetto a tutte le altre vetture in gamma: al centro della plancia c’è il display che a seconda dell’allestimento scelto è da 8 o 9,2 pollici, a cui si aggiunge la strumentazione digitale che utilizza un secondo schermo da 10,25 pollici. Negli allestimenti Sport e Style il vetro del lunotto si allunga fino a metà portellone, conferendo alla Scala una linea più da coupé. Su strada Abbiamo guidato la vettura sulle strade che si snodano intorno al lago di Como, in un percorso misto fatto di auto-
strade, curve e un po’ di città. Il motore è il 1.0 tre cilindri a benzina da 115 cavalli abbinato al cambio manuale a sei marce, che secondo gli uomini di Škoda Italia sarà il più richiesto dal nostro mercato. Il propulsore è silenzioso e totalmente privo di vibrazioni e sa essere sufficientemente reattivo, pur preferendo una guida votata al comfort di marcia che è di alto livello. Già dall’allestimento d’ingresso, l’Ambition, la Scala può contare su numerosi sistemi di assistenza alla guida, come il cruise control adattivo, il sistema di mantenimento della corsia o la frenata automatica. Il sistema infotainment è semplice e immediato da utilizzare e, se non si vogliono togliere le mani dal volante, si può contare su comandi vocali che funzionano. La gestione dell’aria condizionata è rimasta per la maggior parte affidata a comodi pulsanti fisici, mentre le regolazioni di fino si fanno dal display. Piacevoli e utili alcune “chicche” tipiche delle Škoda, come l’ombrello che può essere riposto nella portiera per non bagnare l’abitacolo (proprio come nelle Rolls-Royce), il raschietto per il ghiaccio nello sportello per il carburante, o la tendina del tetto panoramico in vetro che si avvolge anteriormente per non rubare spazio in alto al posteriore. Non elettrificata La Casa boema punta sull’elettrificazione: sono previsti 10 modelli a batterie entro il 2025, anche se per la Scala, almeno fino al prossimo restyling, non sono previste versioni a batteria. Due i benzina disponibili: il 1.0 Tsi da 90 o 115 cavalli, o il 1.5 Tsi da 150 con cambio automatico Dsg. Un solo diesel: 1.6 Tdi da 115 cavalli. In autunno sarà disponibile anche a metano, abbinata al 1.0 G-Tec da 90 cavalli. Prezzi in Italia a partire da 19.960 euro.
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io in carbonio e alluminio ed è interamente realizzata a mano. La linea è caratterizzata da vistose appendici per esaltare al massimo l’aerodinamica e soluzioni tecniche: come il convogliatore sul tetto destinato a fornire aria alla propulsione. Dietro la carrozzeria nasconde un sistema ibrido a trazione integrale che unisce un motore termico, sovralimentato con compressore volumetrico, a due unità elettriche sull’asse anteriore, per una potenza totale di 1010 cavalli. L’origine del nome Curiosa la storia del nome scelto per questa vettura. La parola Asfanè è composta dai termini del dialetto piemontese “as” “fa” “nen”, ovvero “non si fa”, quasi a ribadire in segno di sfida l’impossibilità di realizzare un’auto del genere. Mentre “DieciDieci” si riferisce alla potenza del motore.
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Asfanè Hycan: DieciDieci, un’altra cinese bolide elettrica. “impossibile”. VALERIO ANTONINI
LUCA GAIETTA ■ Sarà presentata il 30 maggio al Mauto, Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, e domenica 2 giugno presso l’Ambasciata d’Italia di Monte Carlo. È infatti tutta italiana la Asfanè DieciDieci: hypercar realizzata dalla FV Frangivento, con sede a Moncalieri, in collaborazione con diverse eccellenze industriali del nostro Paese che operano nel settore automotive tra le quali Brembo, Pirelli e Sparco. Aerodinamica da primato e 1010 cavalli La FV Frangivento Asfanè DieciDieci ha scocca e tela-
■ L’alleanza tutta cinese tra il gruppo Gac Motor e la start up Nio sta prendendo forma. I due partner hanno presentato a Hangzhou il marchio elettrico Hycan e prevedono di lanciare nel 2020 anche il primo prototipo nato dalla jointventure. Si tratta di un suv compatto a elevata autonomia, realizzato nella fabbrica Nev di Gac, inaugurata nel gennaio scorso e costata l’equivalente di quasi 6 miliardi di euro, con un volume di produzione di 400mila esemplari ogni anno. Dieci per cento ai dipendenti La nuova società ha un capitale iniziale di “soli” 65 milioni di euro circa, diviso equamente tra Gac e Nio. Un asset leggero e sostenibile che prevede processi di vendita semplificati, con 31 Maggio 2019 ·
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ordinazioni inizialmente a numero limitato e da effettuare via web, così da non rischiare di rimanere con pezzi invenduti. Contenimento delle spese che non comprende i lavoratori, anzi. “Il 10% delle quote è destinata a tutti i dipendenti – la maggior parte molto giovani – con l’obiettivo di motivarli a dare sempre il meglio. Vogliamo che, una volta cresciuti professionalmente insieme a noi, diventi difficile per loro accettare offerte della concorrenza”. Ha detto Liao Bing, ceo di Gac/Neo, ai margini della conferenza. La futura gamma a batteria di Hycan, destinata al mercato delle berline compatte e dei crossover, dovrebbe avere un prezzo d’acquisto medio leggermente maggiore rispetto ai modelli Gac e sensibilmente più basso di quelli Nio. Alleanze per crescere Gac non è nuova alle alleanze. Il costruttore nasce in Cina come fornitore di ricambi meccanici, inizia a produrre veicoli in proprio nel 1986 grazie ad un accordo con Peugeot. Ha già siglato diverse joint-venture con partner stranieri, come Fca e Toyota e vanta (come pure Nio) una sede operativa di ricerca e sviluppo nella Silicon Valley, in California. Il costruttore cinese ha venduto oltre 6mila vetture a batteria nei primi quattro mesi di quest’anno, registrando un aumento dell’82% rispetto allo stesso periodo dello scorso. Numeri destinati a crescere. La berlina Aion S, infatti, lanciata a fine aprile, ha già ricevuto 30mila richieste. Nio ha una storia molto più recente e, per ora, solo due modelli sul mercato, il crossover Es6 ed il suv sette posti Es8, top seller della start up con poco più 4mila unità consegnate dall’inizio del 2019.
■ LONDRA – Rubare un’auto non è mai stato cosi facile. Il grido di allarme arriva dalla Abi (Association of British Insurers), l’organismo che raccoglie le società assicurative della Gran Bretagna. Secondo i dati dell’organizzazione per impossessarsi di una vettura dotata di tecnologia keyless – quella che permette al proprietario di aprirla senza bisogno di estrarre le chiavi dalla tasca – bastano soltanto 20 secondi. Questa statistica conferma quella recentemente pubblicata dal Ministero degli Interni di Londra cha ha denunciato come il fenomeno dei furti d’auto sia cresciuto del 50% in Gran Bretagna negli ultimi 5 anni. Recentemente anche l’Adac – l’Automobile club tedesco – ha realizzato una ricerca in proposito dimostrando come virtualmente ogni auto dotata di questi sistemi possa essere più facilmente delle altre sottratta al legittimo proprietario. Tecnica semplice La tecnica utilizzata per i furti si chiama “Attacco Relè”. I criminali operano in coppia. Uno tiene un dispositivo appoggiato all’auto per catturare il segnale che questa invia alla chiave. Le onde vengono ripetute attraverso un altro device posto, per esempio, vicino alla porta di casa, nell’area dell’abitazione dove è più facile che vengano lasciate le chiavi. Il segnale così “ingigantito” inganna l’auto che – credendo che il proprietario si trovi in un raggio di un paio di metri – si sblocca e rende possibile l’avviamento. Secondo uno studio del Thatcham Research, 6 degli 11 modelli lanciati nel Regno Unito nell’ultimo anno con il sistema Keyless non hanno nessuna protezione contro questo tipo di furto.
BUSINESS
Regno Unito: l’auto si ruba in 20 secondi. COLIN FRISELL 10
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· 31 Maggio 2019
Serve intervenire L’ampiezza del fenomeno preoccupa gli assicuratori. Laurenz Gerger, consulente dell’Abi non usa mezzi termini: “La crescita continua del fenomeno dei furti deve essere fermata. Serve contrastare in maniera più decisa la furbizia dei criminali. Il crescente costo per le società assicurative dei rimborsi per questo motivo riflette anche la vulnerabilità delle auto col sistema keyless. Serve un’azione comune che coinvolga anche i costruttori”. L’Abi ha anche pubblicato un semplice vademecum su come proteggere la propria auto. I consigli sono di parcheggiare – quando si può – in un’area illuminata, conservare le chiavi con dispositivo keyless lontano da porte e finestre oppure chiuderle in un apposito contenitore che blocca il passaggio del segnale. Crescita continua Il documento dell’Association of British Insurers fotografa la situazione dei rimborsi per furto d’auto nel Regno Unito
nei primi tre mesi del 2019. In questo periodo dell’anno le società assicurative hanno evaso 16mila richieste, una ogni 8 minuti. Nel 2012, nello stesso periodo, le domande erano state 12mila. In questi sette anni i rimborsi sono più che raddoppiati e nel 2019 ammontano a 108 milioni di sterline solo nel primo trimestre: il costo delle liquidazioni supera gli 1,2 milioni di sterline al giorno. La crescita – rispetto anche solo al 2017 – è di oltre il 17%.
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parcheggi”. Inoltre, si legge nel documento, i ricavi della tassazione delle strade possono essere utilizzati per migliorare i servizi pubblici, le piste ciclabili e aiutare le fasce di popolazione più deboli a servirsi di mezzi meno inquinanti. Inoltre la soluzione della Congestion charge eviterebbe l’effetto esclusione per chi possiede una auto diesel che – con l’applicazione di indistinti divieti di circolazione – si troverebbe a non poter più recarsi in una determinata parte della città.
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Germania, no al bando dei diesel.
Ubs, robotaxi un ricco business.
PAOLO BORGOGNONE
LUCA GAIETTA
■ Trenta economisti tedeschi hanno sottoscritto un appello alle autorità locali e nazionali affinché rinuncino ai divieti di circolazione nelle zone centrali delle città per le auto auto con motori diesel e li sostituiscano con sistemi di tariffazione, sulla falsariga della Congestion Charge londinese. Dopo un pronunciamento della Corte federale che in pratica costringe i sindaci a intervenire fermando le vetture più inquinanti in caso di sforamento dei limiti imposti, in molte città della Germania – come Francoforte, Stoccarda e Amburgo – sono stati istituiti blocchi temporanei della circolazione per i motori a gasolio, in particolare quelli di vecchia concezione.
■ Il mercato globale dei robotaxi potrebbe valere più di 2mila miliardi di dollari l’anno entro il 2030. A dirlo è uno studio di Ubs Group AG. che ha simulato l’operato di una flotta a New York analizzando costi di gestione, tassi di utilizzo, margini e dimensioni della rete. E rilevando anche come l’adozione in massa di veicoli per il trasporto senza conducente (che saranno di fatto quasi tutti elettrici), oltre alle entrate derivanti dalla produzione dei mezzi, potrebbe favorire una crescita economica in altri settori collegati. Primi fra tutti, la fornitura di energia, l’industria per la costruzione delle stazioni di ricarica automatizzate e quello dell’elettronica per i supporti hardware necessari. Con l’impiego di mezzi completamente autonomi, l’attuale numero di taxi operanti per esempio a New York potrebbe inoltre essere ridotto di due terzi.
Città per tutti La lettera dei 30 esperti accompagna l’uscita di uno studio realizzato dal Rwi and Leibniz Institut, un ente indipendente di ricerca economica fondato nel 1926, che ha analizzato soprattutto le possibili conseguenze dei provvedimenti antiinquinamento. Secondo gli esperti tedeschi, la tariffazione delle strade “è una risposta economicamente ed ecologicamente costruttiva a una vasta gamma di sfide, come l’effetto serra, la congestione, l’inquinamento e anche la penuria di
Costruttori auto e reti internet L’espansione dei robotaxi dovrebbe comunque beneficiare in primo le aziende direttamente operanti nel settore: come Uber e Lyft, Waymo e anche Tesla (che ha promesso un milione di veicoli per il 2020). Ubs cita però anche diverse case 31 Maggio 2019 ·
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automobilistiche, tra le quali General Motors e Volkswagen, interessate a ricoprire nel settore un ruolo da protagoniste. Senza contare i principali operatori di telecomunicazioni e reti internet per la gestione dei servizi.
AUTO E MOTO
Guzzi V7 III, aggiornamento doppio.
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Cityscoot approda a Roma. CARLO CIMINI
ANTONIO VITILLO
■ Doppia novità in arrivo per gli appassionati di casa Guzzi. La più classica delle V7 III, la Special, che per i particolari cromati e le grafiche lucide è la più fedele allo spirito della V750 S3 del 1975, è stata aggiornata nelle colorazioni Nero Onice e Grigio Cristallo. Propone la tipica fascia colorata sui fianchetti laterali, che richiama la banda orizzontale sul serbatoio, mentre le ruote a raggi hanno i canali lucidati e i mozzi neri. La strumentazione è in stile vintage, a doppio quadrante circolare, come lo è la sella marrone, con cuciture a effetto “old school”. La V7 III Special è in vendita a 8.640 Euro. Illuminata a Led È già nelle concessionarie anche la versione restyling della Moto Guzzi V7 III Stone. Si chiama Night Pack, ed è caratterizzata da luci a Led, quelle di segnalazione comprese. Tutti i ritocchi effettuati a Mandello sono anche funzionali a una linea più snella: faro e strumentazione sono in posizione più bassa, il parafango posteriore è stato assottigliato e accorciato integrando porta targa e luce posteriore vi sono integrati. La sella è termosaldata, riporta il logo Moto Guzzi ricamato a filo di colore grigio. Oltre alla colorazione Nero Ruvido, la V7 III Stone Night Pack è disponibile in Bronzo Levigato o in Blu Pungente. Il prezzo è di 8.590 euro. 12
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· 31 Maggio 2019
■ Cityscoot, prima start-up francese di scooter sharing elettrici, prosegue la sua espansione internazionale. Dopo Milano, è il turno di Roma. L’azienda, che in Francia conta già di una flotta di oltre 4mila due ruote (Parigi e Nizza) e che ha esordito nel capoluogo lombardo con 500 mezzi, debutta nella Capitale con i primi 100 veicoli a batteria. Durante il periodo estivo, Cityscoot promette di incrementare questo numero. Come funziona Lo scooter elettrico – velocità massima di 45 chilometri orari e autonomia di circa 100 chilometri – può essere riservato via smartphone. Gli utenti dovranno solo scaricare l’applicazione Cityscoot (Android o iOS) per individuare il mezzo disponibile più vicino e prenotarlo gratuitamente. A quel punto si avranno 10 minuti per raggiungerlo. Il due ruote si sblocca con un codice a 4 cifre ricevuto al momento della conferma della prenotazione. Come in Francia, anche nel nostro Paese i veicoli possono essere utilizzati ovunque, a condizione che siano parcheggiati nell’area indicata dal fornitore al termine del noleggio. Solo per maggiorenni Il servizio è accessibile esclusivamente ai maggiorenni in possesso della patente di guida. Non richiede canone di abbonamento. Si paga solo per l’effettivo utilizzo: 0,29 euro al minuto ed è anche possibile acquistare il pacchetto CityRider che consente di viaggiare per 100 minuti al costo di 22 euro. Per i clienti più frequenti, Cityscoot offre anche un programma fedeltà che permette di accumulare minuti gratuiti, che verranno accreditati – tramite l’app – il mese successivo.
SMART MOBILITY
Enel X e Nissan: Vehicle to grid in Italia. MARINA FANARA
■ MILANO – Da 800 a 1.500 euro l’anno: tanto può risparmiare sulla bolletta chi possiede un’auto elettrica e decide di restituire a casa propria o alla rete pubblica parte della corrente accumulata dalla batteria. È quanto stimato da Enel X, società del gruppo Enel per lo sviluppo di prodotti innovativi e soluzioni digitali insieme a Rse, azienda pubblica di ricerca per il settore elettrico ed energetico, e Nissan. Le tre realtà hanno avviato la prima sperimentazione in Italia in materia di Vehicle to grid (V2G) la tecnologia che consente appunto lo scambio di energia tra veicoli elettrici e la rete domestica e pubblica.
Esperimento unico “L’esempio è chi durante l’orario di lavoro mette in carica l’auto”, spiega Bruno Mattucci, amministratore delegato di Nissan, “poi tornato a casa decide di restituire l’energia all’utenza domestica o alla rete pubblica”. Così avrà una riserva da utilizzare in proprio o per contribuire a evitare i cali di corrente che si verificano soprattutto con il fotovoltaico, spesso intermittente. “Si tratta di una sperimentazione particolare che per la sua complessità è inedita non solo per l’Italia ma anche per l’Europa”, sottolinea Alberto Piglia responsabile della sezione Mobilità elettrica di Enel X, “siamo i primi a provare l’impatto del V2G coinvolgendo sia il mondo delle auto elettriche aziendali che quello del privato. Stiamo lavorando a una serie di soluzioni per gestire al meglio l’energia sostenibile senza sprechi e col massimo ricavo per singoli e collettività. Ovviamente i migliori risultati del V2G si otterranno non da una singola automobile ma aggregando più batterie: la piattaforma intelligente che stiamo realizzando avrà il compito di indirizzare l’energia accumulata a seconda delle necessità”. Il funzionamento è semplice, garantisce l’equipe di Rse: tramite un’applicazione sul cellulare l’interessato potrà impostare tutte le richieste e ottenere informazioni utili come per esempio le fasce orarie più convenienti per lo scambio di corrente. “L’obiettivo è riuscire ad abbattere i costi di un’auto a batteria e anzi ricavare il massimo vantaggio economico”, aggiunge Martucci. “L’elettrico è un futuro molto prossimo e i costruttori sono obbligati a muoversi in questa direzione anche a causa delle regole sempre più stringenti sulle emissioni imposte dalle istituzioni internazionali”. Decreto in arrivo Intanto anche il governo si muove. “Il ministero dello Sviluppo economico”, ci dice l’amministratore delegato di Rse, “ci ha assicurato che il decreto sul V2G stabilito con la legge di bilancio 2018 è di prossima pubblicazione e dovrebbe contenere proprio quello che chiediamo: eliminare gli oneri di sistema che ognuno di noi paga in bolletta come contributo alle rinnovabili per chi decide di usare la propria auto come un accumulatore di energia da restituire per uso proprio o collettivo. È solo il giusto riconoscimento per chi ha un comportamento virtuoso nei confronti dell’ambiente”.
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Sperimentazione al via Il progetto verrà sviluppato nel centro di ricerca Rse a Milano dove sono state installate due colonnine di nuova generazione bidirezionali. Durante la sperimentazione, che durerà 18 mesi, un gruppo di ricercatori utilizzerà due Nissan Leaf adottando il sistema V2G. “L’obiettivo”, ci dice Maurizio Delfanti, amministratore delegato Rse, “è individuare gli stili di vita di un comune utente privato e in base alle sue abitudini verificare le funzionalità del V2G per la stabilizzazione della rete”. I ricercatori coinvolti si comporteranno come fanno normalmente nella vita quotidiana e una piattaforma intelligente registrerà durata e tempi d’utilizzo nell’arco della giornata, ricarica e consumi d’energia e quantità di elettricità restituita alla rete domestica e pubblica. Nessuno rischierà di rimanere con la batteria scarica: la piattaforma stessa garantisce che il veicolo abbia sempre a disposizione l’energia sufficiente.
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STORICHE
Villa d’Este, 90 anni d’eleganza. EDOARDO NASTRI
■ CERNOBBIO – Il Concorso d’Eleganza Villa d’Este è una festa per gli occhi e le orecchie degli appassionati di automobili. Quest’anno compie 90 anni e, insieme a quella californiana di Pebble Beach, è la competizione stilistica per auto d’epoca più importante al mondo. La 90esima edizione, organizzata dal Bmw Group Classic e dal Grand Hotel Villa d’Este, è stata vinta dall’Alfa Romeo 8C 2900B, carrozzata da Touring nel 1937, e portata sulle rive del lago di Como dal concorrente statunitense David Sydorick. Molti ritengono che questa Alfa sia l’auto più bella mai costruita, certamente le sue forme così particolari esprimono perfettamente i gusti e le tendenze del periodo dell’Art déco. La vettura ha vinto la Coppa d’Oro Villa d’Este, assegnata per refendum pubblico, ed è stata anche eletta “Best of Show” dalla giuria del concorso presieduta da Lorenzo Ramaciotti, ex responsabile dello stile prima di Pininfarina e poi del gruppo Fca.
Cantanti e star del cinema Il tema del concorso di quest’anno era “The Symphony of Engines”, “la sinfonia dei motori”. Alcune delle vetture in gara sono appartenute anche a star della musica e del cinema. In particolare hanno sfilato una Aston Martin V8 Vantage appartenuta a Sir Elton John, una Lamborghini Miura azzurra che fu di Little Tony e la Ferrari 250 GT California Spider Swb con cui Alain Delon scorrazzava per il Principato di Monaco. A proposito di Montecarlo, grande curiosità ha suscitato la Lamborghini Marzal disegnata da Bertone nel 1967, su cui il principe Ranieri e sua moglie Grace Kelly, fecero il giro inaugurale della circuito per il Gran Premio di F1 di Monaco di quell’anno. Bagno di folla infine per la Ferrari Modulo 512 S di Pininfarina, portata a Villa d’Este dal proprietario e regista americano James Glickenhaus. Nonostante i suoi 49 anni di età questo prototipo disegnato da Paolo Martin sembra ancora venire dal futuro. 31 Maggio 2019 ·
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· 24 Maggio 2019
LIFESTYLE
Los Angeles, stelle del cinema a 4 ruote. VALERIO ANTONINI
■ Le automobili ricoprono spesso un ruolo da protagoniste nel mondo del cinema e della televisione. Tanto celebrate da diventare a volte oggetti da museo. Come nel caso della mostra “Hollywood Dream Machines: Vehicle of Science Fiction and Fantasy”. Una quarantina di esemplari presi dai set – in particolare quelli dei più famosi film e telefilm di fantascienza – sono esposti al Petersen Automotive Museum, sulla Wilshire Boulevard, una delle strade più famose del Miracle Mile, il quartiere d’arte di Los Angeles alle pendici della collina di Beverly Hills. Cult Movie Tra i pezzi più importanti dell’esibizione spiccano l’indimenticabile DeLorean DMC-12 della trilogia “Ritorno al Futuro” – compresa di sistema di alimentazione che funziona con la spazzatura e quadrante per selezionare le date nella macchina del tempo – e il “Maggiolino tutto matto” con il numero 53 stampato sul cofano dell’omonima serie di pellicole che debuttò proprio 50 anni fa, nel 1969. Entrambi pezzi unici, non hanno prezzo. Momenti di storia Tra i veicoli più riconoscibili, troviamo anche due versioni
della batmobile, l’autonoma parlante Kitt della serie televisiva anni ’80 “Knight Rider”, il più moderno Trasformer Bumblebee, il concept futuristico Audi RSQ 2035 di Will Smith in “Io Robot” e la R8 del primo Iron Man. Non solo film I modelli sono esposti nel padiglione dedicato all’esibizione temporanea all’interno del “Grand Salon”, appartenente al 79enne magnate californiano Peter Mullin. Le altre sale sono dedicate alla sua collezione che comprende anche diversi esemplari d’epoca francesi anni venti e trenta, come le Bugatti T44 e Type 54 Roadster, o le Delage D6 Grand-Prix e D8-120 Cabriolet. Tutti di inestimabile valore. Un posto da sogno Il Petersen Museum è uno dei musei permanenti e aperti al pubblico più importanti del mondo. Raccoglie oltre 400 vetture leggendarie d’ogni tempo, tra cui molte muscle-car di Chevrolet o Ford e alcune sportive leggendarie, come la Ferrari 625/250 Testa Rossa Scaglietti, l’Aston Martin DB5 o la Mercedes W196 Streamliner guidata in Formula 1 da Manuel Fangio e Stirling Moss. 31 Maggio 2019 ·
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COVER STORY ITALIA
Il più e il meno della Fiat.
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...dal nostro mensile PUBBLICATO SUL NUMERO 28 - APRILE 2019
FRANCESCO PATERNÒ
Centoventi è il nome del prototipo della erede della piccola Panda, ora elettrica e à la carte. Il racconto di un progetto scritto nel 2015 ma dal futuro ancora incerto.
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■ GINEVRA – “Il progetto l’ho scritto sul volo fra Sidney e Milano, avevo 20 ore!”, ci confida Olivier François mentre gli ridono gli occhi, a fianco di Fiat Centoventi, concept di piccola berlina elettrica che “anticipa la nuova Panda” e con cui il mese scorso ha stupito un po’ tutti al Salone di Ginevra. Centoventi sono gli anni di storia del marchio ed è già un’idea chiamare così un prototipo che è innanzitutto visione di futuro. Ancora nessuna certezza di andare in produzione, ma segnale di vitalità dopo anni di assenza ingiustificata sulla scena da parte del miglior costruttore specialista di piccole al mondo. “L’idea è fare di Fiat un marchio indispensabile dell’elettrico”, dice con molto ottimismo François, capo del brand italiano e del marketing globale di Fiat Chrysler, un veterano essendo stato chiamato a Torino da Sergio Marchionne nel 2005 dopo una bella corsa in Citroën. È un creativo, sue le campagne pubblicitarie in America e in Europa con i divi del cinema e lo spot con Eminem, forse il più celebre del Super Bowl. Con la presentazione della Fiat Centoventi, François sembra essere tornato ai vecchi tempi. Il prototipo è un’auto à la carte: una berlina cinque porte quattro posti di 3,68 metri di lunghezza (3 centimetri in più dell’attuale Panda) e dalle forme classiche per la categoria che si può configurare secondo desideri e capacità di spesa partendo inevitabilmente da un prezzo basso. Dal sedile passeggero amovibile, da sostituire, per esempio, con una struttura in cui è integrato un seggiolino per bambini oppure un contenitore per il gatto e tutta una serie di accessori di produzione Mopar (altro marchio del gruppo Fca), sia per gli interni che per gli esterni. Centoventi sposta in avanti il concetto di personalizzazione, an-
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che nella propulsione. L’elettrico può contare su un sistema modulare di batterie: di base ce ne è una con autonomia di 100 chilometri, se ne possono aggiungere fino a quattro, una alla volta lungo delle slitte sotto il pianale. Se non bastassero, c’è spazio sotto i due sedili anteriori per sistemarne altre due più piccole da 50 chilometri
ognuna. Tutto ingegnoso sulla carta, tutto complesso quando – se mai si farà e come – si dovranno mettere a punto produzione e rapporto fra aumento di peso e risposta dinamica. François racconta questo e altro usando spezie care al marketing, claim tipo “Less is the new more” che poi è un altro modo di interpre-
to scritto su un aereo, addirittura “nel 2015”, poi rimasto nel cassetto (come è avvenuto per troppe altre cose in Fiat Chrysler) a causa di uno stop partito questa volta presumibilmente dall’ex capo della regione europea, Alfredo Altavilla. Andato via lui nel luglio scorso, scomparso prematuramente Sergio Marchionne, il progetto è tornato sul tavolo – in fretta e in furia, se è vero che il concept pare sia stato lavorato soltanto dal dicembre scorso – e dopo che François è stato confermato nel ruolo di capo marketing dal nuovo ceo Mike Manley. Nomina a rischio, pare, né sarebbe una novità per questo manager: leggenda vuole che nel 2006 abbia salvato la poltrona di allora organizzando una tale festa per i 100 anni di Lancia a Venezia da convincere Marchionne a tenerlo ancora.
tare il concetto di fare più con meno, messaggio globale uscito con forza dall’ultima crisi economica iniziata nel 2008 con il crollo della borsa statunitense. “Ci siamo ispirati alla prima Panda degli anni ’80, quella di Giugiaro, per avere un prodotto che sia essenziale, costi pochi e sia alla moda. L’obiettivo è un’elettrica
al prezzo di un’auto con motore termico”. Non mancano bizzarrie, una François la chiama “l’Airbnb della pubblicità”: mettere a disposizione di inserzionisti un display digitale sul portellone posteriore, che pagano la visibilità al proprietario della macchina o al car sharing che la utilizza. Fin qui lo storytelling di un proget-
Una strada in salita Dopo i fuochi d’artificio, la strada di Fiat Centoventi è tuttavia in salita. Se François dice “erede della Panda” – la quarta generazione è attesa nella fabbrica di Pomigliano entro il 2021, un accordo sindacale prevede lì la produzione fino al 2022 – Manley sembra pensarla diversamente, spiegando solo qualche metro più in là al Salone che Centoventi appartiene a un’altra fascia di mercato, il segmento B e che per la produzione non c’è nessuna decisione. Un ballon d’essai e basta? Il rischio c’è. Andando a memoria, viene in mente che più di dieci anni fa Marchionne chiese al suo golden boy di allora Luca de Meo un progetto di una Fiat low cost. Detto, fatto e finito nel cassetto. Quel prototipo di auto piccola aveva gli sportelli che si aprivano ad armadio. Come sulla Centoventi. Ma non ditelo a François.
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