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ANNO VI

APRILE 2006

Il giornale dello specialista del raccolto

Un nuovo umanesimo imprenditoriale Nella campagna istituzionale 2006 l’uomo al centro del rapporto tra produzione, tecnologie e ambiente

I QUATTRO OBIETTIVI DELL’ANNO pag. 2

PARLANO GLI SPECIALISTI SPAGNOLI pag. 6

I VANTAGGI DEL NUOVO MOTORE pag. 8

IN OLANDA UN MUSEO LAVERDA pag. 11

A VITERBO L’OPEN DAY DEI RICAMBI pag. 12

Gruppo Industriale ARGO


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Il punto di Mario Scapin

Italia, Francia, Turchia e Russia ecco i quattro target del 2006 A distanza di soli tre mesi dall’avvio della mia attività ufficiale in azienda mi rivolgo per la prima volta ai lettori di LW e credo che non vi sia occasione migliore per presentare i nostri obiettivi e le azioni intraprese per il loro raggiungimento. E’ chiaro che il primo degli obiettivi è quello commerciale, perché solo attraverso la soddisfazione sui mercati è possibile perseguire tutti gli altri traguardi aziendali. Ed è proprio dal mercato che vorrei iniziare “il punto” di questo numero. Laverda per l’anno 2006 si è posta un target di crescita che si può concretizzare attraverso il raggiungimento di quattro obiettivi distinti : - riappropriarsi della quota che spetta a Laverda nel mercato domestico; - crescere in Francia; - consolidare la presenza in Turchia; - avviare la penetrazione in Russia. A questi si aggiunge ovviamente l’obiettivo di rafforzare la presenza su tutti gli altri mercati, così come quello di continuare il cammino intrapreso con la fornitura di macchine OEM. L’Italia rappresenta il mercato a cui tutta Laverda si sente più affezionata, quello che sta più a cuore a ciascun membro dell’azienda e quello a cui è rivolta un’attenzione particolare. Laverda in

questi ultimi tempi ha implementato una importante revisione della struttura commerciale, con l’obiettivo di avvicinare maggiormente l’azienda al cliente. Siamo consci che la vendita della mietitrebbia, al di là degli aspetti relativi ai contenuti tecnici della macchina o agli aspetti commerciali ed economici, si basa sulla relazione, sul rapporto di fiducia, che si instaura tra cliente e concessionario ed indirettamente tra cliente e casa madre. Alla luce di questa visione abbiamo costruito la nuova organizzazione, guidati dallo slogan “Laverda vicina al cliente per un raccolto sicuro” e stiamo prestando il massimo sforzo affinché il cliente che decide di investire sulla macchina Laverda senta la convinzione profonda di aver fatto la scelta giusta, grazie non solo alle prestazioni, ai ridotti costi di esercizio e di manutenzione, ma anche grazie alla tranquillità assicurata dalla “vicinanza” a tutto campo della casa madre. E questo vale anche quando la distanza fisica dalla fabbrica raggiunge od oltrepassa i 1000 chilometri! I primi incoraggianti segnali positivi si stanno già percependo, anche se dobbiamo essere consapevoli che il cammino sarà ancora molto lungo, specialmente in un mercato che sembra

manifestare una ulteriore contrazione rispetto al minimo storico dello scorso anno. In Francia avevamo lanciato una iniziativa analoga già lo scorso anno ed oggi, con l’ulteriore rafforzamento creatosi attraverso l’inserimento di un nuovo responsabile del mercato particolarmente dinamico, stiamo raccogliendo i primi frutti. La penetrazione di Laverda sta lentamente crescendo ed i risultati a fine stagione si preannunciano abbastanza lusinghieri. La Turchia ha costituito il bacino di maggior crescita negli ultimi due anni grazie, in particolare, alla creazione di una organizzazione distributiva molto ben strutturata e capillare sul territorio. Oggi stiamo consolidando le nostre quote di mercato reagendo molto bene agli attacchi della concorrenza, fattasi di giorno in giorno sempre più agguerrita. In Russia Laverda è appena partita, creando le basi per una crescita sul mercato attraverso la costruzione, realizzata dalla società che cura l’importazione dei nostri prodotti, di una rete di distribuzione sul territorio. Particolare attenzione e concentrazione è stata dedicata a quelle zone con specifica vocazione cerealicola e le commesse hanno cominciato ad arrivare.

Mario Scapin direttore generale

Il giornale dello specialista del raccolto Anno VI, n. 1, aprile 2006 Periodico trimestrale Registrazione Tribunale di Vicenza n. 1017 del 5 marzo 2002

direzione editoriale Angelo Benedetti Simonetta Lambrocco direttore responsabile Claudio Strati consulenza tecnica Pietro Dal Santo progetto grafico Andrea Rosset Piergiorgio Laverda hanno collaborato: Federico Bassan ispettore vendite ricambi

Rémi Hugueny

responsabile marketing operativo Laverda France

Rafael Romero Piergiorgio Laverda

curatore dell’Archivio Storico “Pietro Laverda”

Pier Luigi Bigerna fotografie Archivio Laverda spa © by Laverda spa 36042 Breganze (VI) Italy via F. Laverda, 15/17 tel. +39.0445.385311 fax +39.0445.873355 www.laverdaworld.com webmaster@laverdaworld.com Stampa Tipografia Campisi

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La comunicazione di Simonetta Lambrocco

C’è l’uomo al centro del mondo Laverda I valori di un nuovo umanesimo imprenditoriale nella campagna istituzionale 2006 È la centralità dell’uomo il filo conduttore della campagna istituzionale per il 2006 di Laverda. La riflessione sulle possibili modalità per comunicare al meglio la “missione” della nostra azienda e dei nostri prodotti e il valore del marchio Laverda ha condotto alla scelta di questo tema, considerato molto importante nella strategia della comunicazione. Infatti, se concentriamo la nostra attenzione sulla centralità del fattore umano (con una concezione davvero “umanistica” del fare) non possiamo non comprendere che questo è il vero e unico legame fra gli aspetti legati ai processi produttivi e gli aspetti legati alla fruizione e all’utilizzo del bene prodotto: Laverda ha scelto di testimoniare questi valori, oltre che con i suoi prodotti, esplicitandoli anche con la sua campagna di comunicazione. Il fattore umano è un prezioso valore, è quel “quid” in più che rende un’azienda vincente ed è ciò che oggi differenzia il Made in Italy dalle produzioni di altri Paesi. Non per nulla l’Italia diede i natali all’Umanesimo. Già nel visual appare subito evidente che l’immagine trasmette una serie di sensazioni positive. Il protagonista è un imprenditore soddisfatto e sicuro di sé: l’espressione del suo volto emana serenità, lo sguardo è rivolto a quello che immaginiamo essere il suo orizzonte, il futuro. Si associa così alla prima immagine di soddisfazione e serenità, un’idea di forte dinamismo, connotato essenziale di ogni imprenditore. La promessa è la tranquillità che deriva dalla consapevolezza di aver fatto la scelta giusta. I motivi alla base di questa promessa di tranquillità e di

soddisfazione sono l’affidabilità superiore, i costi di gestione e manutenzione contenuti, le prestazioni elevate di una mietitrebbia Laverda. Questi in effetti sono alcuni dei vantaggi di cui gode il nostro protagonista per aver scelto Laverda, vantaggi che si traducono in un reale senso di soddisfazione grazie alla redditività dell’investimento e all’orgoglio di possedere una “rossa”. Il tono della comunicazione è coinvolgente e valorizza in modo assoluto l’importanza del fattore umano, sia in riferimento all’imprenditore destinatario del nostro messaggio sia in riferimento a Laverda. La body copy recita: “L’energia di ogni impresa cresce su valori sicuri. Come quelli che tanti agricoltori hanno trovato in Laverda. La certezza della qualità del prodotto lavorato. Il vantaggio competitivo di mezzi versatili, affidabili, agili su ogni terreno. Il supporto di un grande team, pronto ad assecondarli in ogni esigenza dall’assistenza tecnica alla formazione sul campo. Per aumentare la produttività. Per progettare il futuro con serenità. Sicuri di investire bene la propria energia. Questo significa essere un Cliente Laverda, sul campo da oltre 130 anni”. Infine, come dimostra il pay off “Valori in campo”, la nuova campagna sottolinea i valori. I valori sono qualcosa di solido, concreto, qualcosa in cui credere, su cui investire. Sono il frutto di una antica tradizione aziendale e testimoniano la storicità del marchio Laverda. I valori non sono soltanto il risultato di scelte e soluzioni tecniche, ma hanno a presupposto la competenza, il coinvolgimento e la passione degli uomini che compongono l’azienda. Tutto

ciò non in astratto, ma nel concreto, nella quotidianità del lavoro, con un bel riferimento al campo anche nel senso primo del termine. Tornando al messaggio principale, la head line recita: “Un lavoratore infaticabile, un imprenditore intraprendente, un uomo tranquillo. È un cliente Laverda. Date ascolto a chi usa Laverda”. Con una o più macchine Laverda al suo fianco, quell’imprenditore soddisfatto e sereno, ma intraprendete e dinamico, si identifica con ciascuno dei tantissimi agricoltori e contoterzisti che operano o sceglieranno di operare con le “rosse”.


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L’ Italia

Viaggio di un chicco di mais nella mietitrebbia L’importanza delle tecnologie nel prevenire danni e micotossine Vi sono detti e luoghi comuni che nessuno osa smentire o cambiare. Parlare ad esempio di mais ad un contadino definendo la pannocchia “spiga”, oppure dire ad un risicoltore che il raccolto sarà abbondante perché avete visto le “pannocchie” curve verso il basso per il peso dei numerosi chicchi, suonerà strano ai più. Eppure è più che corretto. Una volta, dire che un’auto con motore a trazione posteriore “in montagna non va bene” era plausibile. Eppure molte macchine a trazione posteriore sono state regine dei rally. Poi è arrivata la moda “del tutto avanti”, trazione e motore anteriori, guai scegliere altro. Tanti luoghi comuni, mode che passano e ritornano sono talvolta frutto di artificiosa pubblicità o di ben orchestrati passaparola. Anche un comparto storicamente legato alle tradizioni come quello agricolo non sfugge alla legge delle mode o dei luoghi comuni. L’esempio lo sta offrendo il tanto chiacchierato problema delle micotossine del mais. Con presunzione e mal celata arroganza un bel giorno un esperto sentenzia che per contenere la diffusione delle micotossine bisogna assolutamente trebbiare il mais con la mietitrebbia “rotativa”. L’esperto non si preoccupa di dare spiegazioni su quel termine “rotativa”, in parte perché non lo sa ed in parte perché lo scopo è quello di sviare l’attenzione dal vero problema delle micotossine. Per fare un semplice esempio, sarebbe come dire che se si raccoglie una mela marcia a macchina si fa “marcire” di più che non raccogliendola a mano. Se la mela all’origine è marcia, lo sarà sempre, comunque essa venga raccolta. Per capire meglio la strampalata affermazione dell’esperto, abbiamo deciso di accompagnare un chicco di mais “sano” all’interno dei tre diversi tipi di mietitrebbie: due di tipo “non convenzionale“ ed una di tipo “convenzionale”. Le mietitrebbie non convenzionali sono quelle che in luogo degli scuotipaglia hanno dei sistemi di separazione “forzata” ad uno o due rotori. Le stesse si suddividono ancora in ibride, ovvero macchine che, con il classico battitore e controbattitore, hanno due rotori longitudinali che provvedono alla trebbiatura e separazione, e assiali, ovvero macchine senza battitore e controbattitore ma solo con uno o due rotori aventi la funzione di battitura e separazione lungo l’asse dei rotori stessi. La mietitrebbia convenzionale è invece munita di battitore e controbattitore, per espletare la trebbiatura, lanciatore e batteria di scuotipaglia per la separazione della granella residua dalla paglia. Secondo alcuni, le macchine non convenzionali di tipo rotativo tratterebbero meglio la granella delle macchine “convenzionali”. Facciamo una prima distinzione tra rotative ibride e convenzionali. Avendo entrambe le tipologie di macchine battitore e controbattitore, ci sentiamo di escludere differenze di trattamento della granella tra un sistema e l’altro. Considerando poi la separazione, “forzata dei rotori” sulle ibride e convenzionale attraverso il movimento sussultorio degli scuotipaglia, è palese che il nostro chicco di mais può essere danneggiato solo dalle sollecitazioni dei rotori che lo fanno girare e lo trascinano per farlo

passare tra le feritoie delle griglie, stampate e ricche di spigoli, poste proprio sotto i rotori. Ma partiamo dalla spiga di mais dove il nostro simpatico chicco è ben piantato assieme a qualche centinaio di fratelli. Improvvisamente la pianta del mais con la sua bella spiga viene tirata verso il basso dallo spannocchiatore che, se ha piastre e rulli mungitori ben registrati, stacca la spiga e la convoglia alla coclea dello stesso. Già in questa fase il chicco potrebbe subire i primi danni, vuoi per una “mungitura” troppo rapida o per una coclea convogliatrice mal registrata, magari con le eliche usurate e taglienti. Ci piace pensare che tutto venga superato senza danni, ed ecco che il nostro chicco, sempre solidale alla sua spiga, si presenta all’imbocco del canale elevatore per salire verso gli organi trebbianti. Altro passaggio critico. Infatti, se tra la coclea spannocchiatore e le spranghe elevatore manca continuità di flusso, garantita invece sulle mietitrebbie Laverda dall’esclusivo sistema PFR, il povero chicco viene travolto da altre pannocchie che vengono prese e rilasciate dal rincorrersi delle spranghe dell’elevatore. In questo modo il rischio di rotture è altissimo. Eccoci finalmente agli organi trebbianti. Ma di che tipo saranno? Convenzionali o assiali? Lo scopriamo subito. Se la spiga rotola con continuità tra il battitore ed il controbattitore, sappiamo che il chicco verrà sgranato via dal tutolo, il quale, bello integro, se ne andrà verso gli scuotipaglia assieme all’eventuale cartoccio. Se la spiga che rotolava assieme alle sue compagne comincia ad essere presa e sbattuta a dritta e a manca da una o due grandi eliche per poi finire lunga e distesa a rotolare verso l’uscita di un lungo tunnel, allora sappiamo che il nostro chicco è finito invece in un sistema assiale. In entrambi i casi la separazione del chicco dal tutolo avviene grazie all’effetto battente di spranghe metalliche che agiscono con una velocità periferica identica in tutti i sistemi trebbianti, siano essi disposti in modo assiale o trasversale al flusso del prodotto nella mietitrebbia. Tale velocità periferica, frutto di lunga e provata esperienza, va mantenuta costante a garanzia del delicato trattamento dei chicchi che, se diversamente sollecitati, tendono a rompersi. I fattori che influenzano negativamente tale stabilità sono legati a battitori con regime instabile (cosa che non avviene sulle mietitrebbie Laverda perchè

utilizzano il battitore con masse inerziali), oppure a trasmissioni di battitori e rotori sensibili all’irregolarità di flusso nella macchina (anche questo è un problema inesistente sulle Laverda in quanto esse sono munite di sistema alimentatore PFR). Torniamo a seguire il nostro chicco che, sfuggendo alla separazione del controbattitore, ha preferito procedere nella mietitrebbia. In quella assiale ha continuato a ruotare sbattendo a dritta e a manca assieme a cartocci e tutoli sbriciolati. Pian piano viene trascinato forzatamente verso l’uscita e di volta in volta schiacciato contro le griglie dei rotori per essere recuperato. Stessa sorte subisce nelle ibride, con la differenza che, spinto dalle eliche del rullo convogliatore, è stato preso da uno dei rotori e forzatamente separato attraverso le griglie sottostanti. Altra storia invece nella mietitrebbia convenzionale. Adagiato su un cartoccio, il nostro chicco se ne viene saltellando su una rampa degli scuotipaglia finché un salto di ben 210 mm fa rovesciare il cartoccio. Il chicco si ritrova così a scivolare su un bel piano preparatore e, da qui, su un vaglio assieme ad altri innumerevoli chicchi, i quali, puliti da un vento gagliardo, corrono lungo lo scivolo del cassone crivellante verso una coclea. È vero che anche nelle due macchine rotative avviene lo stesso, certamente però prima di arrivare ai vagli qualche botta in più arriva, ed il rischio di farsi male c’è. Se così non fosse, come si potrebbe spiegare la separazione “forzata”? Ora, dalla coclea del cassone crivellante, si passa all’elevatore che, più o meno grande, provvede a trasportare il nostro chicco con i compagni ritrovati al serbatoio della granella. Anche qui i rischi non mancano: catene lente, palette consumate che si piegano strisciando i poveri chicchi sulle pareti dell’elevatore, coclee di riempimento usurate e taglienti, ecc. Laverda anche in questo percorso all’interno della macchina offre soluzioni esclusive: coclee con eliche in hardox, in grado di durare per tutta la vita della macchina senza usurarsi, comodi tenditori per le catenarie e, soprattutto, elevatori in lamiera zincata a caldo a moduli imbullonati, per rapida manutenzione e sostituzione delle parti eventualmente consumate. Finalmente, dalla mietitrebbia, il nostro chicco si prepara al viaggio verso lo stoccaggio. Un grande rimorchio riceve dal grande tubo di scarico della Laverda serie M (105 litri al secondo) un’abbondante pioggia di chicchi di mais, sani, puliti e integri che si mescolano ad altri arrivati prima e da altre macchine. Il nostro amico chicco si guarda attorno e, con meraviglia, scopre che non ci sono chicchi diversi in condizioni migliori delle sue, eppure ha appena saputo che molti vengono proprio dalle “rotative” che secondo un certo “esperto” sono le uniche mietitrebbie consigliabili per la raccolta del mais. Il nostro chicco sorride perché pensa che l’unico modo per essere esperti è vivere l’esperienza di un viaggio alla scoperta della mietitrebbia. Quella convenzionale, ovviamente! Angelo Benedetti


Argo informa

Gruppo Industriale ARGO

Con il Tour Italia trattori in vetrina e sostegno alla Lega del Filo d’Oro In concomitanza con l’entrata in produzione del PowerMaster Landini ha deciso di partecipare al “Tour Italia in trattore”, organizzato dalla Ferraris Squadra Corse di Cremona e dalla rivista Macchine e Trattori, con il patrocinio dell’Ente Fiera di Verona, di Unacoma ed Unima. Scattato da Trepalle (Sondrio), il comune più alto d’Italia, il 14 gennaio, e conclusosi il 9 febbraio a Verona, all’inaugurazione della Fiera, con benvenuto in piazza Bra della carovana, il Tour Italia (una trentina di tappe per un totale di circa 4.300 chilometri) ha avuto come obiettivo anche quello di raccogliere fondi per la “Lega Filo d’Oro” che segue i bambini portatori di handicap non udenti e non vedenti. Landini ha partecipato al Tour Italia con un PowerMaster 220, alla cui guida si sono alternati i piloti del team Ferraris Andrea Navarra, Alessandro Bruschetta, Alessandro Proh e Salvatore Tatò. Nella piazza di ogni arrivo di tappa è stato creato un Info Point Landini dotato di salotto con desk, poltrone, tavolino, pannelli relativi al Tour, di altoparlanti e luci, attrezzato per la raccolta fondi a favore della Lega Filo D’oro e con a fianco un’esposizione di trattori Landini a cura dei concessionari di zona, muniti di materiali informativi e di marketing per il contatto con clienti e visitatori. L’evento ha visto un notevole ritorno informativo e d’immagine sulla stampa e sui media di settore. Tra gli sponsor che hanno aderito all’iniziativa, Banca San Paolo di Torino, Trelleborg, Ferraris squadra corse, Vero Italiano, Samas, Carino, Vaia, Levissima, Cap Consulting.

Tractor Pulling 2006, Landini e McCormick sponsor del campionato Al via il Campionato “Tractor Pulling 2006”, sponsorizzato anche per questa edizione da Landini e McCormick, marchi del Gruppo Argo che ancora una volta investono in questa disciplina sportiva sempre più amata e seguita dagli agricoltori di tutta l’Italia, nata in America mezzo secolo fa e solo da alcuni anni diffusasi in Europa. Protagonista delle competizioni 2006, con inizio il 30 aprile a Parma, sarà sempre il Landini Bufalo 3000, il trattore che nella scorsa edizione ha raggiunto il gradino più alto del podio raccogliendo ben due vittorie: la categoria Pro Stock del Campionato italiano TPI 2005 e la “Tractor Cup”, la Coppa italiana del Tractor Pulling. Pilotato da Elvio Moretti, il Bufalo 3000 per questa edizione è stato ulteriormente aggiornato e migliorato nella meccanica e anche nel look: inedita la cofanatura, in linea con il più recente family style Landini. Con una

potenza di oltre 500 CV, il Bufalo 3000 è stato costruito da Landini specificatamente per partecipare alle gare di Tractor pulling, derivato dal Legend. Le gare di Tractor Pulling, davvero spettacolari, consistono nel traino di un apposito rimorchio zavorrato, denominato “slitta”, su una pista di circa 100 metri di terreno battuto. Dopo l’apertura il 30 aprile al Kartodromo di Parma, questi gli altri appuntamenti: 14 maggio Lendinara (Rovigo), 28 maggio Marene (Cuneo), 11 giugno Pezzolo di Russi (Ravenna), 24 giugno Fiume Veneto (Pordenone) in notturna, 8 luglio San Prospero (Modena) in notturna, 22 luglio Senigallia (Ancona) in notturna, 5 agosto Argentera di Rivarolo (Torino) in notturna, 2 settembre Gonzaga (Mantova) in notturna, 17 settembre Thiene (Vicenza).

Rex, Vision, Mistral e Powerfarm protagonisti al carnevale di Cento Per il terzo anno consecutivo il Gruppo Argo ha sponsorizzato il carnevale di Cento, straordinaria festa di valenza internazionale che da tantissimi anni porta per le strade della cittadina ferrarese vivaci e multicolori carri allegorici, insieme ad ospiti e testimonial del mondo dello spettacolo. Un appuntamento che ogni anno richiama migliaia e migliaia di persone e al quale il Gruppo Argo ha partecipato con il forte spirito di innovazione ed evoluzione che lo caratterizza. Il carnevale di Cento ha rappresentato anche un’occasione di presenza concreta di Argo, con il diretto coinvolgimento dei suoi trattori come sempre impegnati a pieno ritmo nel traino dei carri di carnevale. Così in cinque domeniche tra febbraio e marzo i protagonisti del Carnevale d’Europa sono stati quest’anno una quindicina di trattori appartenenti alle serie Rex, Vision, Mistral e Powerfarm, selezionati all’interno dell’ampia gamma Landini in funzione delle dimensioni ridotte, dell’agilità e della maneggevolezza. L’appuntamento con il più famoso ed apprezzato Carnevale d’Europa, gemellato con il carnevale di Rio de Janeiro, è diventato così lo scenario ideale per valorizzare l’impegno dell’azienda, capace di rispondere in modo efficace a tutte le applicazioni, comprese quelle ludiche. La marcia non competitiva tra le storiche colombare breganzesi Ritorna a Breganze il “Giro delle colombare”, alla sua 34. edizione, tradizionale manifestazione podistica amatoriale sull’itinerario degli storici percorsi delle colline breganzesi. A cura dell’Associazione Podistica Laverda, gruppo che vanta una lunga vita sportiva, la manifestazione non competitiva a passo libero, omologata Fiasp e valida per il Concorso piede alato, si svolgerà il 4 giugno 2006 su percorsi di 7, 12 e 21 chilometri e 4 per i diversamente abili. Informazioni e iscrizioni: Silvana Radin 0445 874270, Wilma Abriani 0445 874675.


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I mercati

Così agricoltori e terzisti “matano” i raccolti Spagna, i commenti soddisfatti dei clienti che operano con Laverda

Juan Miguel Martos, Osuna, Siviglia “C’è più gusto a lavorare così”

Luis Soldado Arco, Cordova, da oltre 35 anni fedele alle “rosse”

Fratelli Cabrera Sanchez, Palma del Rio “Ben 300 tonnellate al giorno su mais”

Con più di 35 anni d’esperienza nel settore, Luis Soldado Arco è oggigiorno uno degli agricoltori e contoterzisti più influenti ed importanti della provincia di Cordova e, più in generale, della provincia andalusa. Ha sempre confidato in Laverda e nei suoi prodotti, visto che, per la raccolta, ha sempre avuto macchine rosse passando da una prima M150, ad una 3350 AL, ad una 3550 AL, alla 3700, alla L 521 Integrale e ora ad una M 306 LS 4WD che risulta essere il suo ultimo acquisto. Oggi Luis Soldado dispone di una flotta di 3 macchine da raccolta, che lavorano circa 700 ora cadauna per campagna trebbiando grano duro, orzo, mais, girasole e vari tipi di legumi… Per quanto riguarda la resa delle sue macchine ci ha commentato che è molto soddisfatto, sottolineando inoltre un altro tema molto importante. E cioè che con Laverda la manutenzione sulla macchina risulta sempre molto semplice ed economica. Come descriverebbe Laverda e le sue principali caratteristiche in tre aggettivi? “Definirei le rosse di Breganze come performanti, affidabili e con costi di gestione estremamente contenuti”. Terrebbe in considerazione Laverda per la sua prossima macchina? “Già sto pensando, per il prossimo anno, ad una nuova M 306 LS per rinnovare il mio parco macchine”.

I fratelli Cabrera sono due giovani contoterzisti che stanno proseguendo la tradizione familiare in questo settore. Oggi il loro parco macchine è composto da 3 mietitrebbie e la loro macchina più recente è la Laverda M 306 LS 4 wd, acquistata nel 2004, con la quale hanno già affrontato due campagne. Durante la lunga stagione estiva si dedicano alla raccolta di grano, orzo, girasole, vari legumi ma soprattutto mais, che nel loro caso specifico risulta essere il prodotto più importante e al quale dedicano più tempo ed energie. I fratelli Cabrera non solo trebbiano in lungo e in largo per l’Andalusia, ma alla fine della campagna andalusa si spingono a nord fino alla regione Castilla Leon per continuare lì la raccolta: almeno una fra le loro macchine raggiunge tranquillamente le 1.000 ore di lavoro all’anno! Nel decidere quale mietitrebbia acquistare hanno puntato quindi su alcuni aspetti fondamentali quali: il livellamento Laverda, riconosciunto come un vero e proprio extra bonus, l’affidabilità di una macchina che fosse in grado di lavorare senza soste, e di una macchina che potesse anche garantire uno standard elevato di prestazioni su vari prodotti e in particolare sul mais. “La macchina in lavoro su mais in una giornata media raggiunge la produzione di circa 300 tonnellate - hanno commentato a conferma della loro piena soddisfazione -, con un consumo di gasolio molto soddisfacente”. E comprerebbero un nuova Laverda? Beh, sono già in trattativa per una nuova M 306 LS...

Juan Miguel Martos è un contoterzista sevigliano molto noto e importante che conosce da moltissimo tempo le macchine da raccolta Laverda. Le condizioni particolari del terreno e le esigenze della provincia in cui Martos lavora spingono i vari agricoltori e contoterzisti della zona ad utilizzare una macchina da montagna AL. Per poter quindi offrire alla sua clientela il massimo in termini di qualità e produttività e per poter anche lavorare con una macchina in completa e totale sicurezza, Martos l’anno scorso, al momento di acquistare una nuova macchina, non ha esitato a scegliere una Laverda 255 AL 4WD. I motivi principali che lo hanno spinto e convinto all’acquisto di una Laverda sono l’alta resa e produttività della macchina ed il fatto di poter contare su una mietitrebbia totalmente sicura. Con Laverda 255 AL 4WD può infatti raggiungere ogni parcella di campo con la massima sicurezza, aspetto molto importante quando parliamo di ”mietitrebbie da montagna”. Juan Miguel Martos dispone anche di una Laverda L 523 Integrale e già pensa di volerla sostituire il prossimo anno con il nuovissimo modello M 304 LS 4WD Integrale, macchina unica nel panorama moderno. Essa lega, per le sue caratteristiche, una macchina del segmento top, quindi di alta qualità e massime prestazioni con un sistema AL a quattro punti, anteriore e posteriore: ciò la rende un autentico gioiello di tecnologia e qualità marchiato Laverda. Dopo una campagna all’attivo con la 255 AL 4WD, l’opinione sulla macchina è molto positiva: “Sono addirittura sorpreso per l’ottima resa e per le performance - ha dichiarato Juan Miguel Martos -, ma anche per il consumo minimo di gasolio e per la massima affidabilità e sicurezza. “Asi da gusto trabajar!”… così c’è gusto nel lavorare, ha concluso. A cura di Rafael Romero


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Nuovi tasselli al puzzle della rete francese Altre quattro nuove aziende. Ecco il “decalogo” delle concessionarie La distribuzione di mietitrebbie Laverda in Francia si appoggia ad una rete di specialisti di macchine da raccolta. Dal 2000 ad oggi prosegue l’evoluzione della rete distributiva di Laverda, con l’obiettivo di arrivare a una copertura capillare dell’intero territorio francese. Ma non basta la copertura geografica. Laverda infatti vuole costruire una rete solida, fatta di competenze specifiche, per promuovere, commercializzare e assistere le sue mietitrebbie. Così ciascuno dei 32 concessionari francesi è un vero specialista nel campo delle macchine da raccolta. Il concessionario Laverda ha scelto personalmente di sviluppare l’attività specifica nel settore delle macchine da raccolta in seno alla sua impresa, senza considerare prima di ogni cosa i risultati, le performance o le quote mercato, ma con l’obiettivo primario di rispondere alle richieste del mercato. Per soddisfare tali richieste e rispondere alle esigenze dei clienti utilizzatori di macchine da raccolta, il concessionario Laverda è un imprenditore che orienta la sua azienda di conseguenza, attenendosi a una sorta di decalogo che prevede: la specializzazione della forza vendita; la formazione del personale commerciale, del personale tecnico e del personale dedicato ai ricambi; il servizio e la disponibilità permanente dell’officina e del magazzino durante la stagione; l’allestimento di uno stock di parti di ricambio adeguato; l’identificazione della concessionaria. Nell’ottica di questa politica di sviluppo, Laverda può d’ora in poi contare, in Francia, anche sulle nuove concessionarie recentemente nominate e già operative per la vendita e la manutenzione delle famose mietitrebbie rosse: in Alsazia: Alsaterr a Dannemarie (68) tel. 03 89 25 05 66; in Borgogna: le società Bouilloux Petit a Dijon (21) tel. 03 80 78 82 20 e Bouilloux Petit a Senozan (71) tel. 03 85 36 08 08; in Beauce: Lesage a Janville (28) tel. 02 37 33 62 20 e Louriou a Morigny Champigny (91) tel. 01 64 94 64 63; in Rhône Alpes: Chosalland à Pizay (01) tel. 04 78 06 23 04.

Dall’Alsazia a Breganze per “toccare con mano” Visita alla casa madre per agricoltori e terzisti insieme alla concessionaria Alsaterr Laverda sta sviluppando le sue performance sul mercato francese. E tra i suoi clienti attuali e potenziali la visita alla casa madre di Breganze è sempre molto richiesta, soprattutto per scoprire le specificità tecniche ed i processi di produzione delle mietitrebbie rosse. Per questo Laurent Fuchs, patron della concessionaria Alsaterr, ha organizzato, nel marzo scorso, una visita allo stabilimento di Breganze per una ventina di agricoltori e contoterzisti alsaziani. L’organizzazione della visita è stata coordinata dall’area manager di zona, Guy Nevoret. La sera di giovedì 9 marzo gli ospiti sono stati accolti con una cena al ristorante Belvedere di Bassano del Grappa. Il venerdì mattina gli ospiti si sono recati allo stabilimento Laverda, dove sono stati accolti dal direttore vendite e marketing, Angelo Benedetti. È stata loro illustrata l’organizzazione del Gruppo Argo e della società Laverda come pure tutta la gamma 2006 delle mietitrebbie. La visita allo stabilimento produttivo, condotta dal responsabile del servizio assistenza tecnica Pietro Dal Santo, ha suscitato un reale interesse negli ospiti francesi che hanno potuto valutare il carattere eccezionale delle tecniche costruttive delle nuove linee di montaggio. Li ha molto colpiti anche la quantità dei controlli realizzati durante tutto il processo di fabbricazione. Il gruppo si è poi diretto al dipartimento ricambi, dove si è potuto rendere conto del significativo stock, delle tecnologie e dell’organizzazione messi in opera per assicurare l’invio urgente dei ricambi durante la stagione. Dopo il pranzo insieme allo staff Laverda di Breganze e la visita al museo

aziendale, gli ospiti alsaziani si sono messi in viaggio con la soddisfazione di avere “toccato con mano” la linea di montaggio di una mietitrebbia. Rémi Hugueny


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I prodotti

Il motore che va d’accordo con l’ambiente La nuova tipologia Tier 3 abbatte le emissioni nocive La salvaguardia dell’ambiente e della salute diventa sempre più obiettivo prioritaro e questo, a maggior ragione, vale proprio per quelle macchine che si trovano ad operare a stretto contatto con la natura. Con l’anno 2006 Laverda introduce i nuovi motori denominati Tier 3 che andranno a fornire un ulteriore contributo in termine di riduzione delle emissioni nocive. Con il termine Tier 3 sono identificati i motori per applicazioni non stradali che rispettano il terzo livello sulle emissioni previsto dalla normativa europea, un livello altamente restrittivo che impone un contenimento molto accentuato di tutte le tipologie di emissioni prodotte da un motore a combustione interna. Le emissioni nocive di un motore diesel sono riconducibili a due famiglie principali: da un lato quelle gassose, costituite in particolare da idrocarburi incombusti (e quindi dalle particelle di combustibile che non hanno partecipato alla combustione) e dagli ossidi di azoto (che costituiscono il risultato indesiderato della combustione); dall’altro le particelle o polveri sottili, denominate particolato, entrambe estremamente dannose per l’ambiente e per la nostra salute. L’esigenza di ridurre le emissioni nocive dei motori ha imposto un cospicuo lavoro di ricerca per i progettisti dei motori diesel. Ciò ha comportato una rivoluzione tecnologica dei motori, tanto che si potrebbe parlare di rivoluzione “copernicana” visto che i motori di appena qualche anno fa non hanno più niente a che vedere con quelli attuali. Se soluzioni tecniche come il turbocompressore o l’intercooler per il raffreddamento dell’aria in aspirazione sono oramai comuni a tutti i motori installati sulle macchine agricole, ve ne sono molte altre poco familiari nel nostro mondo. L’applicazione del common rail costituisce un primo salto generazionale per le mietitrebbie. Con ciò si intende un sistema di iniezione del gasolio in cui l’iniettore tradizionale viene sostituito da una sorta di elettrovalvola gestita da una centralina elettronica. Il gasolio, attraverso una apposita pompa, viene mantenuto ad altissima pressione all’interno di un collettore, detto rail, che alimenta tutti gli elettroiniettori del motore, uno per ciascun cilindro. La centralina elettronica riceve una serie di informazioni, ad esempio il numero di giri del motore, le temperature di esercizio, la posizione dell’acceleratore, ed effettua un numero infinito di elaborazioni al secondo.

Come conseguenza, invia dei segnali elettrici agli iniettori che ne provocano l’apertura e realizzano pertanto l’iniezione del gasolio all’interno della camera di combustione. L’iniezione avviene secondo le istruzioni fornite dalla centralina elettronica e si manifesta attraverso una successione di microscopici “spruzzi”, ottimizzati nella sequenza per fornire la migliore prestazione del motore. Si tratta di tante piccole iniezioni di gasolio che variano in termini di durata e di posizione relativa tra di loro, assicurando contemporaneamente la massima prestazione in potenza e coppia motrice, le minime emissioni nocive, la minima rumorosità del motore ed il mini-

mo consumo di combustibile. Un motore dotato di un sistema di iniezione così evoluto raggiunge la sua migliore performance quando è dotato di quattro valvole per cilindro, in quanto lo schema a quattro valvole permette di posizionare l’iniettore esattamente al centro del cilindro assicurando così una combustione ottimale. Ma con quattro valvole (quindi due dedicate all’aspirazione) è possibile anche realizzare dei condotti di aspirazione con geometria diversa. Più precisamente, il condotto associato ad una valvola può essere progettato per ottimizzare il riempimento del cilindro al regime di coppia massima mentre l’altro può essere progettato per assicurare il massimo riempimento ai giri di potenza massima. In questo modo si riesce a far entrare all’interno del cilindro la massima quantità di aria in qualsiasi condizione e il risultato lo si ritrova in termini di prestazioni del motore. Inoltre, i condotti di aspirazione con geometrie diverse permettono anche l’ottimizzazione del movimento della massa d’aria all’interno della ca-

mera di combustione, assicurando la migliore combustione di tutto il gasolio e quindi alte prestazioni e basse emissioni nocive. Le novità non si fermano qui. A queste si aggiunge quella del sistema EGR (ricircolo dei gas di scarico). I gas di scarico sono inerti nel senso che non sono in grado di assicurare la combustione del gasolio. Il reinserimento di una piccola quantità di gas di scarico all’interno della camera di combustione permette però di stabilizzare le temperature di combustione con enormi vantaggi in termini di riduzione delle emissioni di ossidi di azoto. Il ricircolo dei gas di scarico in camera di combustione si può ottenere con due diverse modalità. In un caso, una valvola a controllo elettronico è montata all’esterno del motore e permette la messa in comunicazione del collettore di scarico con quello di aspirazione, generando così un parziale travaso dei gas esausti con l’aria in aspirazione. Nell’altro caso si provoca una piccola apertura della valvola di scarico durante la fase di aspirazione, grazie ad una particolare realizzazione del profilo dell’albero a camme; come conseguenza si genera un parziale riflusso dei gas di scarico all’interno del cilindro. Oltre a contenere le emissioni, una rilevante evoluzione è stata introdotta anche in termini di riduzione della rumorosità del motore. Il sistema di iniezione common rail ha permesso, come conseguenza, di realizzare un processo di combustione più regolare all’interno della camera di scoppio assicurando un contenimento della emissione sonora. Dall’altro lato, anche la meccanica di base si è evoluta e così, nei motori più recenti, la distribuzione non è più montata sul lato anteriore del motore ma su quello posteriore, a ridosso del volano. Il vantaggio che ne consegue è notevole in quanto il volano, grazie alla sua inerzia, assicura una rotazione perfettamente omogenea e gli ingranaggi della distribuzione non sono più soggetti a disturbi vibrazionali che provocano rumorosità. Infine i moderni strumenti per l’analisi strutturale quali il sistema FEM (“calcolo ad elementi finiti”), applicato a tutte le parti fondamentali del motore, le simulazioni al computer relative ai modi di vibrare dei cilindri, dei monoblocchi, dei condotti di aspirazione e di scarico, così come le analisi computerizzate dei processi di combustione hanno permesso di ottimizzare il disegno costruttivo dei singoli componenti al fine di rendere minime le loro vibrazioni e la rumorosità generata che, come noto, è sempre la conseguenza di una vibrazione.


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I servizi

Assistenza post-vendita, servizio multilingue Il rapporto consolidato con i clienti nel mondo dei tecnici Laverda La filosofia di Laverda è oggi sempre più orientata alla soddisfazione del cliente ed alla sua tranquillità operativa. L’affidabilità e le ottime prestazioni devono essere completate dal servizio che in molti casi orienta il cliente finale nella scelta di un marchio piuttosto che di un altro. Laverda, con il suo staff del servizio post vendita, conta su uomini che hanno capito da anni questo aspetto centrale del business della mietitrebbia; tutti i componenti della squadra hanno molti anni di esperienza nel settore e sanno cosa vuol dire la vicinanza al cliente e al concessionario, in modo particolare nei momenti caldi della stagione di raccolta. Quando un tecnico dell’assistenza post-vendita si reca per servizio nei Paesi nei quali viene commercializzato il prodotto, i concessionari e i clienti finali vedono in lui il rappresentante del costruttore. Si instaura così un rapporto di stima e fiducia che viene ricordato e rimane solido negli anni. Non è raro trovare nelle varie esposizioni di macchine agricole in tutto il mondo, clienti di Paesi nei quali i tecnici Laverda hanno operato che chiedono, anche dopo quindici o vent’anni, informazioni su questo o quel tecnico. Ciò testimonia quanto gli uomini del servizio assistenza post-vendita abbiano lasciato un segno e quanto i clienti lo abbiano apprezzato. Italia, Spagna, Francia, Germania, Danimarca, Russia, Kazakistan, Giappone, Cuba, Venezuela, sono solo alcuni dei molti Paesi nei quali gli specialisti del servizio assistenza hanno operato e tuttora operano, per portare sempre più in alto il nome di Laverda. Una vera “missione” perché la squadra del servizio post-vendita, grazie alla sua lunga esperienza a contatto con le tecnologie Laverda e conoscendo le grandi capacità e potenzialità delle macchine “rosse”, ha praticamente sposato quel marchio, ci crede fortemente e parla di Laverda come della sua casa. In effetti la forza attuale del servizio assistenza post-vendita è anche rappresentata dall’attaccamento al mar-

chio, dalla disponibilità al servizio esterno che, oltre agli aspetti tecnici, presenta anche un importantissimo aspetto di relazioni interpersonali. Con le persone che i nostri tecnici incontrano, il comportamento deve essere impeccabile in quanto essi sono l’immagine di Laverda all’esterno. Molto viene fatto in termini di formazione tecnica, in quanto è fondamentale che il concessionario e il cliente finale siano consapevoli delle capacità tecniche e produttive delle macchine Laverda. Anche questo contribuisce a conferire il giusto valore al prodotto Laverda che essi hanno acquistato. La formazione tecnica non viene svolta solamente in sede, ma anche presso importatori e concessionari. Di recente il nostro specialista di mietitrebbie, Gianfranco Dal Santo, ha tenuto un corso di formazione in Turchia (il primo dei numerosi incontri che avranno luogo nell’arco dell’anno), della durata di 5 giorni al quale hanno partecipato 23 persone dei vari centri di assistenza di Laverda A/S, Turchia. A questo corso erano presenti i tecnici delle più remote aree del Paese asiatico, fin dalle regioni ai confini con Siria, Azerbaigian e Grecia. Le esigenze dei clienti Laverda in Turchia sono severe in quanto una mietitrebbia, in quel Paese, lavora in media 1.500 ore all’anno su più prodotti: orzo, grano, girasole, mais e riso, compiendo trasferimenti anche di centinaia e centinaia di chilometri per raggiungere le diverse aree agricole del Paese. Le occasioni di formazione tecnica sono momenti molto importanti perchè ci si confronta con le varie realtà ed esigenze locali. Il patrimonio di nozioni tecniche che gli specialisti di prodotto Laverda trasferiscono ai tecnici dei concessionari rappresenta una risorsa estremamente importante, tanto che la loro presenza viene continuamente richiesta per contribuire sempre più ad aumentare e valorizzare l’immagine di Laverda. Altra risorsa importante del team Laverda assistenza post-vendita è il patrimonio linguistico: russo, ru-

meno, spagnolo, tedesco, inglese, francese, spagnolo, un po’ di arabo e turco sono tutte lingue che con gli anni i componenti del team hanno imparato in campo, a fianco dei tecnici di mezzo mondo con cui hanno operato. Il rapporto umano sta alla base della forte immagine del tecnico Laverda che grazie alla sua disponibilità, al suo amore per la marca, al suo patrimonio culturale e alla sua capacità tecnica, può offrire un ottimo servizio ai concessionari e ai clienti di Laverda nel mondo. Pietro Dal Santo


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Gli eventi

Il Kenya guarda con fiducia all’agricoltura L’ambasciatrice Ann B. Nyikuli in visita a Breganze per conoscere le tecnologie della meccanizzazione La signora Ann B. Nyikuli non conosceva le mietitrebbie Laverda. Ma insediata da circa sei mesi presso l’Ambasciata della Repubblica del Kenya in Italia, e dopo essersi documentata sulle diverse attività industriali italiane in funzione di possibili nuove relazioni italokenyote nell’ambito del progetto della Chambre Européenne des Experts per l’inserimento delle imprese italiane nel mercato mondiale, ha espressamente richiesto di visitare lo stabilimento di Breganze in occasione del suo viaggio di fine marzo nel Veneto. Una visita, quella che ha avuto luogo giovedì 23 marzo 2006, quanto mai opportuna per l’ambasciatrice e per la delegazione commerciale del Kenya. La fonte principale di reddito per la repubblica africana infatti è, insieme al turismo, proprio l’agricoltura, che conta su grandi numeri grazie all’esportazione di the, caffè e fiori, ma che produce anche frumento e mais. L’obiettivo, come ha sostenuto l’addetto all’agricoltura in occasione della visita in Laverda, è il raggiungimento dell’autosufficienza agro-alimentare nel più breve tempo possibile. Oggi il territorio agricolo è suddiviso in piccoli appezzamenti curati e coltivati dal proprietario stesso ma, visto il grande e importante traguardo dell’autosufficienza, si prevede che all’agricoltura venga dato un grande impulso nel corso degli anni di qui a venire. Sono già presenti, comunque, ha specificato l’ambasciatrice, fondi agricoli dalle dimensioni maggiori, concentrati nelle mani di alcuni “big farmers”, che dovranno necessariamente investire in termini di meccanizzazione e tecnologia. “Io stessa - ha aggiunto con orgoglio Nyikuli - sono figlia di un agricoltore e ne ho sposato uno. Potete ben immaginare quanto mi stia a cuore questo fondamentale aspetto dell’economia del mio Paese”. Ma non solo all’ambasciatrice: sembra infatti che il Governo kenyota intenda incoraggiare l’importazione di macchinari dedicati all’agricoltura, abolendo completamente la tassa d’importazione. Il Kenya fungerebbe così da volano anche per i Paesi limitrofi, grazie fra l’altro alla stabilità politica consolidata ormai da anni in questa repubblica. Laverda, come ha dichiarato in occasione dell’incontro il direttore generale dell’azienda breganzese Mario Scapin, grazie alle doti di affidabilità, robustezza e durevolezza dei suoi prodotti, progettati e sviluppati per effettuare lunghe ore di lavoro in condizioni di raccolta anche molto difficili e in virtù della semplicità delle operazioni di manutenzione ordinaria, presenta in effetti tutti i requisiti necessari per un’agricoltura che, come quella del Kenya, potrebbe richiedere molto alle macchine. Successivamente al ricevimento e ai saluti

di rito, secondo il protocollo previsto per le visite ufficiali di delegazioni governativo-ministeriali, ha avuto luogo una breve presentazione istituzionale di Laverda e del Gruppo Industriale Argo e dei relativi prodotti, seguita dalla visita allo stabilimento con la descrizione delle principali fasi del processo produttivo. La giornata si è conclusa con uno scambio di doni e con i commenti estremamente favorevoli da parte della delegazione, particolarmente affascinata dall’organizzazione e dalle dimensioni dello stabilimento, nonché dall’imponenza delle mietitrebbie Laverda. Simonetta Lambrocco

INDUSTRIA, TURISMO MA SOPRATTUTTO AGRICOLTURA NELL’ECONOMIA DEL PAESE Il Kenya (582.650 Kmq di superficie, 33,8 milioni di abitanti nel 2005, capitale Nairobi con circa 3 milioni di abitanti), confina a Nord con l’Etiopia e il Sudan, ad Ovest con l’Uganda, a Sud con la Tanzania, a Est con la Somalia e a Sud-Est con l’Oceano Indiano. La sua economia si basa essenzialmente sull’agricoltura che, in confronto ai paesi limitrofi, rappresenta un potenziale considerevole. Il settore agricolo infatti sostiene tre quarti della popolazione e funziona bene con forti volumi di esportazione di tè e di caffé, come pure con l’industria manifatturiera. I mercati finanziari e il sistema bancario sono più sviluppati rispetto a molti altri paesi africani mentre il turismo internazionale, negli ultimi decenni, ha conquistato ampi margini di crescita nella produzione del Pil. Attraversato dall’Equatore, il Kenya (la savana è l’ambiente principale dove si possono trovare antilopi, giraffe, bufali, leoni, leopardi e ghepardi) presenta tre regioni morfologiche ben differenziate. Gli altopiani centro-occidentali, dove abitavano in origine i contadini kikuyu, occupano il 20% circa del territorio con l’80% della popolazione. La zona desertica è una vasta distesa di steppe praticamente disabitata: sono le terre dei pastori nomadi somali, boran e meru. La zona costiera infine è costituita da fertili suoli alluvionali. A sud si pratica l’agricoltura. Il clima è prevalentemente secco e temperato/caldo. Tra dicembre e marzo (estate keniota) prevale il caldo secco di giorno, mentre le serate sono fresche con poca umidità. Aprile e maggio di norma sono il periodo delle piogge, forti e intermittenti. Tra giugno e agosto (inverno keniota) le temperature si abbassano e il Paese diventa verde. Da settembre a novembre è “primavera”, con giornate più calde e acquazzoni.

Nelle foto, due momenti della visita kenyota a Breganze.


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Tra i tulipani un nuovo museo Laverda Aperta in Olanda la collezione di Cor Dees, appassionato del marchio breganzese Il Museo Laverda a Lisse, in Olanda, nasce dall’autentica passione di Cor Dees per il marchio Laverda in tutte le sue espressioni. Cor Dees da sempre colleziona pezzi Laverda e dalla sua raccolta di decenni è nato un vero e proprio museo. Affascinato fin dalla giovane età dal design italiano, oltre che dal ruggito superbo della marmitta e dalla linea robusta della favolosa e mitica moto Laverda, Cor raccoglie da tempo tutto ciò che ha a che fare con il marchio Laverda. La collezione è costituita non solo dalle circa 60 motociclette che fanno bella mostra di sé, ma anche da dépliant, foto storiche e filmati che documentano alcuni successi del marchio di Breganze nelle corse storiche, come la MilanoTaranto, il Giro d’Italia e le molte endurance-races come la 24 ore di Barcellona, Francorchamps, Oss de Bol d’Ór, Monza ecc. Ma il fascino esercitato dal marchio Laverda si estende ancora oltre, fino alle storiche macchine agricole della casa, delle quali la collezione privata di Cor Dees comprende alcuni preziosi esemplari. La collezione privata si trova in Akkervoorderlaan 10 a Lisse (in località De Engel), nei Paesi Bassi. Il museo è stato inaugurato di recente e può essere visitato solo su appuntamento. A metà aprile il primo “Raduno del Laverda Museum” ha visto la partecipazione, tra gli altri appassionati, di Pierantonio Laverda, Augusto Bretto-

ni, Nino Caretta, Roberto Gallina, Edoardo Dossena, Fernando Cappellotto, e di numerose altre persone ed ex dipendenti dello stabilimento Moto Laverda di Breganze. Nell’occasione il museo privato è stato aperto al pubblico alla conclusione di un giro in moto collettivo, sotto scorta della polizia attraverso il “bollenstreek”, la famosa zona dei tulipani. Al tour partecipavano piloti con le rinomate moto da corsa della fabbrica Laverda, fra cui un gran numero di SFC ma anche, per esempio, la Laverda V6. Alla fine del percorso, la cena di gala e una festa serale. Diversi prototipi e moto da corsa della collezione di famiglia Laverda sono stati esposti. Fra essi la prima e più antica Laverda (del 1947), la Laverda a 6 cilindri endurance racer, alcuni prototipi delle prime moto di 1000 cc 3 cilindri, la due tempi 3 cilindri Lesmo 350cc; inoltre i tre diversi modelli delle 1000 cc 3 cilindri endurance racers, alcune 750cc SFC e molti altri modelli unici di Laverda. Ci racconta l’amico Cor: “Il mio desiderio è quello di dare, attraverso questo mio museo, un’immagine della storia del marchio Laverda, che dal 1873 crea tecnologie per il mondo agricolo”. Conobbi Cor un paio d’anni fa. Aveva appreso, durante uno dei suoi frequenti viaggi a Breganze per incontrare amici del passato e aficionados e per assaporare l’aria frizzante di aprile scorrazzando in moto fra le colline del Torcolato, che allo stabilimento Laverda era stato da poco inaugurato un museo con molti esemplari antichi di macchine agricole. E, naturalmente, non voleva lasciare Breganze senza aver visitato la cascina ristrutturata e attrezzata a museo all’interno del perimetro aziendale. Venne a trovarci e apprezzò, da grande appassionato ed esperto conoscitore del marchio Laverda, la nostra collezione, che da allora si è ulteriormente arricchita. Cor quel giorno mi illustrò il suo progetto per la realizzazione del museo privato a Lisse. Sono felice che quel progetto sia oggi realtà. Grazie Cor per la tua coinvolgente passione. Simonetta Lambrocco

Due vedute del Museo Laverda a Lisse.


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Metti un Laverda Open Day alla Caim Ecco com’è andata la giornata organizzata dall’azienda viterbese Ecco come Federico Bassan ispettore vendite ricambi Laverda e Giorgio Peleggi, responsabile del servizio ricambi della Caim di Chia (Viterbo), raccontano per “Laverda World” il recente Laverda Open Day della loro azienda. È l’ultimo sabato di marzo, siamo in piena campagna viterbese, nell’Alto Lazio, e il tempo è nuvoloso. Si percepisce un certo movimento di uomini e mezzi intorno ad una piccola ma storica azienda che commercia in macchine agricole e ricambi, è la Caim Macchine Agricole che, come ogni sabato, apre i battenti. Tuttavia, questa mattina appare tirata a lucido, molte bandiere con il logo Laverda garriscono al vento, molte sono le auto nel parcheggio, l’ampio magazzino ricambi è stato, in via del tutto eccezionale, liberato dai bancali e dai pacchi pronti per le spedizioni, al posto dei quali è stato allestito un rinfresco. Tutto questo può voler dire solo una cosa: anche quest’anno è arrivato il giorno del Laverda Open Day. La Caim, per scelta aziendale, da circa 10 anni si impegna nella promozione dei ricambi originali nella ferma convinzione che l’unico vero risparmio per l’agricoltore di professione sia la certezza della qualità assoluta e garantita che solo i ricambi originali possono dare. Per la Caim il Laverda Open Day è sicuramente l’evento più significativo degli ultimi anni. È la manifestazione riservata interamente ai mietitrebbiatori che sono stati invitati da tutta la provincia a partecipare a quello che ormai considerano un appuntamento annuale fisso, consapevoli che in questa occasione possono usufruire delle migliori condizioni di acquisto per i ricambi delle mietitrebbie, possono incontrare i meccanici specializzati per programmare la revisione stagionale, ma soprattutto possono interloquire direttamente con il personale Laverda, sempre presente a questi eventi e sempre

disponibile a fornire delucidazioni tecniche e consigli pratici per mantenere ai massimi livelli l’efficienza delle macchine di Breganze. Lo scopo principale degli organizzatori resta tuttavia la sensibilizzazione della clientela alla scelta del ricambio originale, per contrastare la diffusione del ricambio “alternativo” che, seppure in costante calo, in questa provincia come in altre, è ancora causa di numerosi problemi riscontrati poi, all’atto pratico, principalmente dai meccanici specializzati del settore ai quali viene talvolta richiesto di montare pezzi che risultano non perfettamente intercambiabili a causa della grossolana lavorazione. A tale proposito è bene rammentare che solo Laverda è in grado di effettuare controlli su matricole, modifiche ed applicazioni che nel corso degli anni danno origine a più versioni dello stesso modello, e che solo la casa costruttrice è in grado di fornire la garanzia sul ricambio. Durante la mattinata dedicata all’Open Day, i partecipanti han-

no potuto verificare di persona la qualità dei nuovi vagli e degli scuotipaglia esposti. E hanno potuto consultare tutti i cataloghi cartacei ed informatici che Laverda mette a disposizione dei suoi concessionari e, di conseguenza, degli utilizzatori finali che ad essi si rivolgono. L’appuntamento si è concluso tra saluti e strette di mano. Molti ordini sono stati inoltrati, i clienti hanno risparmiato, i meccanici riparatori hanno programmato gli interventi, la casa madre di Breganze potrà gestire gli ordini con maggiore calma e precisione e la Caim è ben lieta di aver organizzato l’evento e di aver così contribuito ad incrementare la fidelizzazione del cliente allo storico marchio Laverda, ormai sinonimo incontrastato di mietitrebbia. La Caim Macchine agricole di Pierluigi e Claudia Scorzoso (Loc. Stradelle n. 5, Chia, VT, tel. 0761 743087) ha così dato a tutti l’arrivederci all’Open Day 2007. Federico Bassan


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L’ album

Ricordo di un laverdista doc La gioia di Angiolino alla guida della M112AL sulle colline senesi Angiolino, a bordo della sua M112AL nuova fiammante, era concentratissimo mentre disegnava lunghe scie di paglia attraverso la collina del “Boscone”. Il cielo terso, il verde della valle dell’Ombrone, il calore che lentamente allontanava il fresco della mattina, erano le premesse ideali per una giornata di lavoro da trascorrere tutta d’un fiato, commentando l’abbondanza del raccolto e la stagione finalmente benevola nel ripagare il lavoro della gente dei campi. Gli stavo seduto accanto ed Angiolino non finiva di parlare della macchina, di quella “creatura” come la chiamava lui, che aveva appena comprato in sostituzione della 84 e della 100, ormai in odore di pensione. “Questa è tutt’altra macchina: vedi come sale? (…) gira in un fazzoletto (…) e come livella bene! Ti senti sicuro in ogni situazione, sia a vuoto che a pieno carico... Sei contento del grano? Vedi com’è pulito, senza bisogno di aumentare il “vento”: un grano così gli altri se lo sognano. Avevo proprio bisogno di questa macchina, anche se per pagarla dovrò fare i salti mortali”. Attentissimo ad ogni variazione del terreno, aveva la sensibilità di tenere la barra a distanza costante dal suolo, tenendo d’occhio le estremità per non farle toccare terra. “Vedi - continuava - su questa macchina, mentre lavori in collina, non ti devi distrarre un momento, non la devi far ingolfare, devi prendere il terreno per il “verso giusto”, devi sentire quando il “cuore” ha bisogno di un attimo di respiro per smaltire quello che ha ingoiato e riprendere a macinare spighe vogliose di liberarsi del chicco che hanno dentro. Ora fermiamoci, dobbiamo scaricare perché il serbatoio è colmo, tanto ci vuole un attimo. Scendi, Pallino (tutti mi chiamavano così da giovane), e guarda se tra la paglia per terra si vede qualche chicco. Ma vedrai che va tutto bene perché quando siamo partiti

ho controllato io e per terra non ce n’erano “punti”: è segno che non abbiamo perdite”. Il sole era sempre più forte, la polvere ed il sudore sempre più avvolgenti, ma Angiolino continuava a parlare: “Questa macchina ha tanta salute, non un colpo di tosse, mai un segno di stanchezza: e sai dov’è il segreto di tutto questo? Nella semplicità di costruzione e di funzionamento, perché Laverda costruisce così, senza tanti fronzoli, ma badando al sodo, con tanta sostanza e poi ... anche se qualcosa non va, bastano un po’ di fil di ferro, un paio di pinze ed un martello. Sicuramente si riparte, stai tranquillo. Prima di partire non ho fatto il pieno di gasolio anche se ne avevo poco, la macchina comunque non consuma molto: vedrai che ce la faremo a finire”. La giornata volgeva al termine, ci eravamo fermati solo per il pranzo, ma dopo tante ore non ci sentivamo stanchi; il sole, calando, giocava tra i cipressi che increspavano l’orizzonte di quella campagna senese, tanto

modernamente descritta nei dipinti del Beccafumi e nelle allegorie del Buon Governo del Lorenzetti. Angiolino non c’è più, se n’è andato improvvisamente in una sera di novembre, tradito dal suo battitore (così chiamava il cuore quando faceva i capricci), mentre mi aspettava con la “doppietta” in mano, perché quella sera dovevamo andare a caccia di beccacce. Fece appena in tempo a dirmi che quella volta non sarebbero bastati fil di ferro e pinze per ripartire perché sentiva che “il guaio era grosso”. La sua M112 è ancora sulla breccia, lavora pochi ettari all’anno e, mi dicono, ancora bene. Sulla collina del “Boscone” ora gira una 255AL 4WD: il rombo del suo motore e la mano sicura di chi la guida esaltano la sua potenza, la sua agilità, la sua maneggevolezza. Se ci fosse ancora Angiolino, con un pizzico di orgoglio e la sicurezza di chi sa di aver scelto bene, direbbe: “Sfido io, è Laverda”. Pier Luigi Bigerna

Siamo nel 1978, una Laverda M112AL in azione nel paesaggio toscano.


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Da manuale a meccanica, due secoli di mietitura Laverda sempre prima in Italia ad inserire, dagli anni Trenta, le novità tecnologiche La mietitura dei cereali ha da sempre richiesto un alto livello di capacità organizzativa in agricoltura. A causa dell’incertezza del clima ci sono soltanto pochi giorni disponibili per mietere in modo ottimale. Se il raccolto è prematuro, il grano può essere troppo umido e non può quindi essere immagazzinato. D’altra parte, se il raccolto è in ritardo a causa di un periodo di cattivo tempo, ci si può aspettare che una grande quantità di grano vada persa. Dal XVII al XIX secolo fu possibile realizzare un raccolto veloce solo ingaggiando larghe squadre di mietitori. Nel campo i raccoglitori legavano insieme gli steli tagliati formando dei covoni e li mettevano ad asciugare. Fino all’inverno poi si provvedeva alla trebbiatura e alla spulatura del grano. Gli agricoltori hanno usato nel corso dei secoli differenti sistemi per separare il grano dalla pula o dalla spiga. Tra le forme semplici di trebbiatura ci sono l’impiego di animali per sbriciolare il grano, la battitura con rulli, slitte o dispositivi simili trainati da animali da tiro, così come il batterlo con semplici attrezzi manuali, quale il correggiato. Uno sviluppo progressivo di queste tecniche e la loro meccanizzazione portarono agli inizi del 1800 alla realizzazione delle prime trebbiatrici meccaniche. Potevano essere azionate con un maneggio a cavalli o, successivamente, con la forza motrice di locomobili a vapore. Restava però da risolvere il problema della raccolta. Nel 1831 il fabbro nordamericano C.H. McCormick costruì la prima mietitrice del mondo, che ora è conservata nel Museum for Science and Industry di Chicago.

Mietitura in collina, con motofalciatrice Laverda MF4 B attrezzata con apparecchio a mietere. I covoni così formati andavano poi legati a mano da un terzo operatore e trebbiati con una trebbiatrice fissa. Sotto: trebbiatura tradizionale del grano mediante calpestio degli animali nelle colline del sud Italia ove operano oggi le moderne mietitrebbie autolivellanti.

La meccanizzazione della mietitura, che raggiunse l’Europa alla fine dell’800, si diffuse soprattutto grazie all’impiego di falciatrici meccaniche a traino animale, opportunamente attrezzate, e portò un contributo fondamentale allo sviluppo della cerealicoltura, alleviando di molto la fatica umana. In Italia Laverda per prima avviò nel 1934 la costruzione di queste macchine con il modello 48A che, dotato di apparecchio a mietere e condotto da due operai, era in grado di sostituire il lavoro di molte persone. Il passo successivo fu la realizzazione di macchine idonee a tagliare e formare meccanicamente il covone di spighe: le mietilegatrici. Determinante in questo progresso fu l’ideazione di un meccanismo in grado di annodare lo spago di legatura. Le mietilegatrici apparvero in Nord America verso la fine del XIX secolo, per poi essere esportate in Europa agli inizi del ‘900. Ancora una volta fu Laverda, in Italia, a realizzare a livello industriale una mietilegatrice, la ML6, presentata nel 1938 e seguita, una decina di anni dopo, dalla ML5 BR, macchina più piccola e leggera che consentì di meccanizzare la mietitura anche nelle aree di collina e montagna, ampiamente presenti nel territorio italiano. Queste macchine, inizialmente previste per il traino animale e quindi provviste di una ruota che trasmetteva il moto all’apparecchio falciante e al legatore, furono poi adeguate all’uso con il trattore con la trasmissione ad albero cardanico. Entrambi i modelli ebbero un grande successo, con la commercializzazione di oltre 2000 macchine all’anno, e rimasero in produzione fino al 1973.


15 È curioso ricordare che la diffusione delle mietilegatrici fu inizialmente ostacolata nelle campagne della pianura padana dalle organizzazioni dei braccianti, che vedevano seriamente minacciato il loro lavoro. Così l’utilizzo di queste macchine fu per un certo periodo vietato da appositi decreti prefettizi. Nel secondo dopoguerra la diffusione di piccole macchine da fienagione, le motofalciatrici, consentì anche la produzione di attrezzi adatti alla mietitura meccanica nei piccoli appezzamenti e, come allora in uso, tra i filari di viti e olivi. Oltre agli apparecchi a mietere specificamente adattati, che necessitavano della presenza di due operatori, Laverda realizzò anche apparecchi legatori frontali, derivati dalle mietilegatrici, che ebbero un buon successo commerciale anche in alcuni mercati esteri. Il più evoluto fu il motomietilegatore MAS 4 prodotto alla fine degli anni ‘70. Tornando agli sviluppi tecnologici, fu la Holt Co. Stockton negli Stati Uniti che nel 1911 usò per prima una macchina a combustione per la mietitrebbiatura. La prima mietitrebbiatrice che non doveva essere più trainata da animali o trattori venne costruita invece nel 1938 dalla ditta Massey-Harris. Dagli Stati Uniti l’uso delle mietitrebbie semoventi si diffuse in Europa dopo la seconda guerra mondiale, prima nelle aree ad agricoltura più avanzata e redditizia, come la Francia, la Gran Bretagna e la Germania, poi via via anche nel resto del continente, dando il via ad un progresso tecnologico che ha cambiato il volto dell’agricoltura. Ed è nel 1956, proprio cinquant’anni fa, che Laverda lancia in Italia la prima mietitrebbia semovente, la M60. La mietitrebbia rappresenta quindi la conclusione di questo lungo e complesso

processo di meccanizzazione, con l’integrazione degli elementi essenziali della trebbiatrice e della mietilegatrice. Il suo uso ha prodotto una drastica diminuzione della manodopera impiegata nella raccolta dei cereali e anche delle perdite di grano che avvenivano quando i covoni erano legati e poi trasportati alla trebbiatrice. Ha inoltre influenzato le scelte agronomiche, sia nei confronti della sistemazione dei terreni, sia nella scelta e nell’evoluzione delle varietà di cereali. Un ruolo così importante che impegna ancora oggi tutti i costruttori mondiali in uno sforzo continuo di miglioramento di queste macchine. Piergiorgio Laverda

Un motomietilegatore Laverda MAS 4 in azione; si noti la taglia molto alta della varietà di grano, necessaria per una buona legatura dei covoni. Sotto: una mietilegatrice ML5 BR con traino meccanico e a fianco una pubblicità della mietilegatrice ML 6 negli anni ‘50.


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La storia, le storie

Riti rurali e culinari della primavera Nella tradizione veneta l’accoglienza della nuova stagione del risveglio Il Capodanno veneto, come da tradizione della secolare vita della Serenissima Repubblica di Venezia, cade il primo marzo. Una “stranezza” che non sembra poi così strana se si pensa a settembre, ottobre, novembre e dicembre, che letteralmente appaiono come il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo mese dell’anno. Se infatti si parte da marzo, quei mesi “coincidono” con il loro nome. La tradizione veneta e veneziana trova un senso anche nelle ragioni “stagionali”: il nuovo anno sembra più logico che parta con la primavera, quando tutti i ritmi biologici si risvegliano e ricominciano a “girare”, anzichè in pieno inverno. Di questa secolare tradizione la campagna veneta e friulana è tutt’oggi partecipe, in alcuni territori, con il rito del “brusamarzo”, il grande falò che brucia l’anno che se ne va (in altre zone invece l’evento si svolge prima, coincidendo con la fine dell’anno convenzionale), ma anche con il “bati marso”. “Battere marzo” è un’abitudine che si sta riscoprendo nel Vicentino, nel Padovano, nel Trevigiano, in genere nella Pedemontana veneta e in molti paesi di montagna con manifestazioni o sfilate, o cortei di auto strombazzanti con codazzi di bambini, durante i quali i protagonisti (spesso gruppi giovanili nei paesi rurali, o ragazzi delle scuole organizzati dai loro insegnanti che amano rinverdire la cultura delle tradizioni) “battono” e rumoreggiano con pentole, coperchi e clacson. Questo accade a inizio di marzo, ma anche verso la fine del mese. Un modo chiassoso per salutare la brutta stagione che finisce e per aprire orecchie e sensi alla primavera avanzante, al fiorire delle piante, al risveglio della natura, dell’agricoltura e delle coltivazioni. E la tradizione dell’accoglienza della primavera si sposa con quella culinaria. Anche qui la tradizione rurale la fa da padrona: l’uovo, innestatosi così anche alla stagione pasquale, diventa il simbolo stesso dell’orologio biologico che riparte, microcosmo di una vita pronta a sbocciare nuovamente. E infatti una massima popolare ricorda che non esiste la Pasqua senza le uova. L’uovo come essenza della primavera e rappresentazione della fertilità della terra e delle attività agricole.

Così l’uovo è diventato, ed è, non solo il simbolo della primaverile Pasqua ma anche l’ingrediente (e il colorante che gratifica l’occhio e fa gioire il cuore) tipico delle fresche specialità tradizionali primaverili, tipo la dolce focaccia veneta, nata come elaborazione “nobile” del pane e antesignana della più complessa colomba. E insieme all’uovo ecco, nelle ricette della nuova stagione, altre componenti molto simboliche come agnello, capretto, ortaggi, erbette, che richiamano la fase di rinnovo dell’anno e della vita. La festa religiosa di Pasqua acquisisce contenuti anche da antichi riti pagani, legati alla visione sacrale del raccolto del podere. Segno di speranza nel futuro.

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