Luca Dalisi La polvere dei miei stivali
Banditi, fuorilegge, sceriffi, cacciatori di taglie, pistoleri. E poi: il deserto, il Pecos River mai raggiunto, le tracce, le piste, la ferrovia che civilizza le terre selvagge. Il bandito-poeta Cappadocia, il muto Grancassa, la malinconica Rio; la morte straziante di Bombo e dello sceriffo Atos, trascinati dalla cieca determinazione di Pat Garrett a un duello che nessuno dei due vorrebbe. E ancora, la misteriosa Sidera Todes, che appare ai valorosi in punto di morte e la terribile suor Fiammetta che vuole convertire a suon di pallottole i ridicoli cacciatori di taglie. La prateria scompare, il progresso avanza, e i due ex amici Pat Garrett e Billy the Kid si troveranno l’uno contro l’altro, separati da scelte opposte ma accomunati da un unico destino. Dalisi ripercorre la nota pellicola di Sam Peckinpah – e la celebre colonna sonora di Bob Dylan – e ne distilla il sangue prima di staccarsene e rendere definitivo omaggio al poeta Billy the Kid.
ISBN 978-88-89312-99-5
9 7 8 8 8 8 9 3 1 2 9 9 5
€ 11,00 i.i.
L
Lavieri
olio
Luca Dalisi La polvere dei miei stivali. Ovvero vita e morte di Pat Garrett, sceriffo, e Billy the Kid, poeta Lavieri edizioni ISBN 978-88-89312-99-5 Collana Olio n. 4 Š 2011 Ipermedium Comunicazione e Servizi s.a.s.
Lavieri edizioni via IV Novembre, 19 81020 - S. Angelo in Formis (CE) www.lavieri.it - info@lavieri.i
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Prologo. L’inizio è la fine 7
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Uno. Testa o croce 17
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Questo fumetto deve molto a molti. Soprattutto a: Luigi Monti per aver sellato il cavallo, Giancarlo Alfano per aver oliato le pistole, Marcello per aver sparato fino all’ultima cartuccia, Ilaria Urbani per aver avuto buona mira, Roberto Urbani che ha ritrovato le tracce, a Rosa e Peppe e Carlotta. E poi al vecchio Lester per le sapienti attese. E a Lila, sempre.
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Una questione di tempo: da Billy a Pat di Giancarlo Alfano
C ’è un senso nel fatto che Woody Guthrie, cantore libertario e anarchico negli Usa della disperazione post-
bellica, abbia cantato Billy the Kid, il bandito libertario e anarchico ucciso nel 1881 da Pat Garrett, suo antico amico. Il senso sta nel fatto che Sam Peckinpah, quando decise di girare un film su Billy, chiamò un musicista universalmente considerato come l’erede di Guthrie, ossia Bob Dylan, per comporne la colonna sonora. Ne usciva un capolavoro, quel Knocking on Heaven’s Door, che il lettore di La Polvere dei Miei Stivali troverà citata nella splendida serie di vignette qui alle pagine 57-59. Il senso sta nel transito generazionale di una storia narrata tante volte e divenuta luogo comune negli Usa a cavallo della grande ondata hippie e psichedelica (e poi anche dopo, se Wikipedia conta 14 film ispirati a questa vicenda, tra cui un Billy the Kid contro Dracula...), sempre conservando un suo arcano fondo mitologico. E anzi un doppiofondo, perché dentro la storia del tradimento personale c’è la storia del tradimento nazionale. Il primo era il tradimento dell’amicizia, col collega di banditismo convertito in sceriffo. Il secondo era il tradimento dell’assenza di frontiere, idea di estensione nel territorio caratteristica del mito fondazionale statunitense. Era quasi inevitabile che dopo l’allunaggio del 1969, col raggiungimento dell’ultima frontiera ancora in qualche modo terrestre (proiezione dalla terra verso lo spazio), questa storia riacquistasse la sua forza d’origine. Peckinpah e Dylan risalivano ai disperati anni Ottanta dell’Ottocento, e agli ancora più disperati anni Trenta del Novecento (Woody Guthrie: «I’ll sing you a true song of Billy the Kid, / I’ll sing of the desperate deeds that he did»). Se nel 1960 Kennedy aveva pronunciato il celebre discorso della New Frontier, negli anni ’70 lo spazio negli USA si mostrava oramai stretto: si cominciava a girare in tondo, semmai nella speranza di essere individuati dall’avversario, e finalmente morire. Sarebbe interessante ricostruire la storia di questo girare in tondo, dalla celebre mattinata di Dallas (22/11/1963) con cui la “nuova frontiera” si richiuse nel mondo di Nixon (quando fu girato Pat Garrett & Billy the Kid): movimento epocale, che Clint Eastwood ha mostrato nel trentennale con lo splendido A Perfect World (1993), e che già Peckinpah aveva raccontato nel decennale (1973): dallo stato del Texas (dove appunto si trova Dallas) non si poteva uscire. Insomma, è chiaro che la storia del Kid e del suo più anziano amico Pat intercettava l’ani-
mo di una Nazione che guardava affascinata la propria deriva. Quel mito consentiva una sorta di storiografia in diretta: rappresentarlo ancora una volta era il modo per parlare del proprio presente. Con cambiamento di prospettiva, di epoca e di scenario, questo è quanto propone Luca Dalisi, che riparte da Peckinpah-Dylan per recuperare lo sfondo (e il doppiofondo) mitologico di quella storia vera: la true story che cantava Woody Guthrie. Anche in questo fumetto spazioso, dilatato, esteso (come il precedente Refusenik, peraltro) si va in tondo: come mostrano due tra le sequenze principali, in cui l’inseguimento diventa avvitamento, traiettoria del ritorno intorno a un medesimo punto, che è quel primo “fondo” cui s’è alluso e di cui adesso è necessario parlare: ossia, il tradimento dell’amicizia. La contrapposizione tra Pat Garrett “sceriffo” e Billy the Kid “poeta” è un fatto di coerenza, di fedeltà rispetto a un Ideale. Nel film del ’73, citato qui quasi alla lettera, questa fedeltà è resa con una potente simbologia: dopo lo sparo, il corpo del bandito resta intatto, mentre Pat spara alla propria immagine riflessa in uno specchio. Lo specchio dell’anima, appunto, e l’intangibilità del Corpo Glorioso, allegorie religiose che nella cultura puritana statunitense hanno eco immediata e che Dalisi recupera per rappresentare la storia del nostro presente. Da una parte ci sono infatti le forze del progresso economico, caratterizzate dall’ipocrisia e dal fanatismo (la suora-pistolero che converte al vangelo del Progresso con la Bibbia in mano). Dall’altra c’è un inseguimento già da sempre concluso, se è vero che la morte del Kid è preceduta (per via di prolessi narrativa) da quella dello stesso “sceriffo”. Il secondo tradimento, che ho definito dell’idea di mancanza di frontiere, si conferma tradimento di un’ideale di vita anarchica, ma al contempo si precisa come tradimento della perenne adolescenza, dell’incompiutezza come paradossale forma piena. Poi ogni epoca muta di accento i miti che eredita e ricicla. Nei primi anni Settanta la questione ruotava intorno alla splendida giovinezza fermata nell’istantanea dell’eterno; nei nostri anni essa ruota invece intorno all’inconclusa giovinezza che diventa all’improvviso maturità un po’ bolsa. Dal tempo di Billy siamo passati all’epoca di Pat.
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Lavieri edizioni collana Olio Paolo Cossi, Anarchia per erbe bollite Gianluca Maconi, Yggdrasyl. L’albero della vita Davide Pascutti, Pioggia Luca Dalisi, La polvere dei miei stivali
Luca Dalisi La polvere dei miei stivali
Banditi, fuorilegge, sceriffi, cacciatori di taglie, pistoleri. E poi: il deserto, il Pecos River mai raggiunto, le tracce, le piste, la ferrovia che civilizza le terre selvagge. Il bandito-poeta Cappadocia, il muto Grancassa, la malinconica Rio; la morte straziante di Bombo e dello sceriffo Atos, trascinati dalla cieca determinazione di Pat Garrett a un duello che nessuno dei due vorrebbe. E ancora, la misteriosa Sidera Todes, che appare ai valorosi in punto di morte e la terribile suor Fiammetta che vuole convertire a suon di pallottole i ridicoli cacciatori di taglie. La prateria scompare, il progresso avanza, e i due ex amici Pat Garrett e Billy the Kid si troveranno l’uno contro l’altro, separati da scelte opposte ma accomunati da un unico destino. Dalisi ripercorre la nota pellicola di Sam Peckinpah – e la celebre colonna sonora di Bob Dylan – e ne distilla il sangue prima di staccarsene e rendere definitivo omaggio al poeta Billy the Kid.
ISBN 978-88-89312-99-5
9 7 8 8 8 8 9 3 1 2 9 9 5
€ 11,00 i.i.
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