Arno Schmidt - Specchi Neri

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Arno Schmidt

Specchi neri

avieri


Specchi neri è il pannello conclusivo di Nobodaddy’s Kinder (1963), trittico che lo racchiude insieme a Brand’s Haide (1951) e Dalla vita di un fauno (1953). La storia costituisce un raro esempio di incursione europea nella fantascienza, anticipandone il filone americano del dopoguerra atomico. E si potrebbero trovare molti parallelismi tra queste narrazioni e le tante di sopravvissuti alla “fine del mondo” di cui è prodiga la letteratura alta e bassa degli ultimi anni. Dopo il secondo conflitto mondiale la parola d’ordine era speranza, ricostruzione; ma vi fu chi, cosciente della vastità del disastro, non si illuse sull’attitudine dell’uomo di essere nemico all’uomo e al mondo, e tra questi irriducibili misantropi Schmidt osò distaccarsi, anche nella vita, dalla società e dalle sue pompe – tanto più da quelle della società letteraria – scegliendo una distanza da anacoreta. Ritroviamo in Specchi neri il reduce che registra le sue peregrinazioni, fra i pochi uomini che la sorte ha assistito, come da una macabra zattera della Medusa: colto loico razionale, ateo e spregiudicato, si aggira in luoghi che fanno parte della privata geografia dell’autore, e ragiona a freddo sul passato e sul presente. Il protagonista percorre un itinerario orientato dagli incerti della sopravvivenza e dalla ricerca più o meno consapevole di altri superstiti, finché nella seconda parte del romanzo, che raggiunge un ipotetico 1962 – anno in cui davvero si avrà la crisi atomica – non incontra la Donna: l’ultima Eva.


collana arno 8



Arno Schmidt

Specchi neri a cura di Domenico Pinto

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Arno Schmidt Specchi neri Lavieri edizioni / ISBN 978-88-89312-55-1

Traduzione di Domenico Pinto Copyright © 2009 Ipermedium Comunicazione e Servizi s.a.s.

Titolo originale dell’opera :     Schwarze Spiegel

© 1951 by Rowohlt Verlag GmbH, Hamburg. All rigths reserved by S. Fischer Verlag GmbH, Frankfurt am Main

Questo libro è stato pubblicato con il contributo della Arno Schmidt Stiftung (www.arno-schmidt-stiftung.de). La traduzione di Specchi neri è stata condotta sul testo della Bargfelder Ausgabe.

Lavieri edizioni via IV Novembre, 19 81020 S. Angelo in Formis (CE) —— via Canala, 55 85050 Villa d’Agri (PZ) —— www.lavieri.it / info@lavieri.it


Sommario

Specchi neri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Note al testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

Per speculum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 di Domenico Pinto

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107


Desidero ringraziare l’Arno Schmidt Stiftung – e in particolar modo Susanne Fischer – il cui sostegno, ancora una volta, ha consentito la pubblicazione del libro. Per un verso o l’altro questo lavoro è debitore a molte persone, e di molte cose: Alessandro Baldacci, Diana Politano, Michele Sisto, Daniele Ventre, coloro che maggiormente sono stati esposti ai dubbi del curatore; inoltre Stefano Gallerani, Antonio Pane, Friedhelm Rathjen. La traduzione, in ultimo, non avrebbe raggiunto il suo assetto conclusivo senza i soccorsi di Marianne Schneider.

D. P.


Specchi neri



I

(1.5.1960) Luci ?  (mi alzai sui pedali) : – : – Da nessuna parte. (Come sempre in questi cinque anni). Però :  la Luna succinta lungo la strada sgretolata (dal ciglio erba e gramigna hanno fatto irruzione nel manto di catrame, al punto che solo al centro rimangono due metri di carreggiata libera :  e tanto mi basta ! ) Avanti a biciclettare :  l’affilata bautta d’argento guardava fisso dal ginepro – avanti va’ – I giorni degli uomini :  vale a dire battere le calcagna per quarant’anni. E per i più forti (belli forti anche di stomaco ! ! ) sono quarantacinque;  e il fiore di quelli non saranno che quindici anni di guerra e appena tre volte inflazione.  Contropedale :  (e fermandomi partì uno stridio;  domani mi sa che è il caso di ingrassare tutto a dovere). Puntai la bocca della carabina, per prudenza, contro il rottame sudicio :  i finestrini sotto un dito di polvere;  la portiera si aprì un pochino solo quando vi diedi una botta col calcio. Di dietro vuoto;  al volante una dama d’ossi;  (stessa storia da cinque anni a questa parte ! );  be’ :  ti auguro ogni felicità !   Ma calò subito il buio, e non è che mi fidassi ancora del creatorio :  imboscata di felci o coglionatura d’uccelli che fosse :  ero pronto con dieci colpi nel caricatore automatico :  spedala, via. Perpendicolare al crocicchio :  sulla superficie piccina della sera si levarono d’un colpo delicati veli di polvere, in cui il Sig. Folata compiva piroette :  e ora dove si va ? !  Dall’altra parte un pittogramma;  scarpicciai stanco fin lì, gli anelli infernali dei pali, giallo chiaro e nero, sormontati dalla scritta “Industria del legno Cordingen”. Un obelisco lungo il bordo intorcigliato. Almanaccai per un po’ sulla legenda incisa nella pietra :  ah :  un P.T. !  E


ebbi un sorriso malfermo :  una volta uno sbirro graduato mi ha detto, e con quale candore, che era compito della polizia controllare i punti trigonometrici, per accertarsi della loro presenza. E visto che ce n’era uno per un quarto dentro il sentiero, insieme ai contadini interessati aveva preso quell’affare e l’aveva spostato a destra di un metro e mezzo nel bosco, dove non avrebbe disturbato più Nessuno, dopodiché aveva tranquillamente seguitato per anni a registrarne la “presenza” !  Da allora diffido delle secolari acquisizioni dei geodeti, circa l’ulteriore corrugamento della catena delle Alpi, o l’elevazione della Germania settentrionale :  cherchez les constables !  – Vabbè, ma a destra o a sinistra ?   Dunque :  capita aut navim.  Il penny cadde, e Edward the Seventh, fidei defensor più un fracco d’altre cose,  m’indicò la destra :  Bon !  (E il mio minuscolo rimorchio a due ruote procedé fra sconquassi e zompi). Un passaggio a livello (vivaddio le sbarre erano sollevate) e pendenza in aumento. Un ponte dei tommy (mezzo marcito;  risalente alla Seconda guerra mondiale) sul corso d’acqua asserpolato e calmo (un bel laghetto a mano destra, tavola del giallo estremo della sera;  poi la strada piegava a sinistra, e planai nella curva con stufa eleganza, à la Padrone del Mondo :  si quis, tota die currens, pervenit ad vesperam :  satis est.  Tirai fuori il piede di porco da dietro, e la pistola :  sulla porta c’era scritto “Suhm”, e accanto una pubblicità del totocalcio. Conficcai in alto, nel legno, la punta del pesante scalpello;  poi in basso;  la serratura saltò con un latrato, flash and report.  Al solito :  i gusci vuoti delle case. Bombe atomiche e batteri avevano fatto un lavoro da manuale. Le mie dita non la piantavano col pigia pigia meccanico della torcia a dinamo. Una camera, un morto :  il fetore aveva la forza di dodici uomini :  Sigfrido se non altro nella morte  (curioso, del resto, che puzzasse ancora;  era già passato molto tempo). Al primo piano quasi una dozzina di scheletri, uomini e donne (si distinguono dalle ossa del bacino). Quindi sei uomini (o ragazzi);  cinque fra donne e fanciulle. All’esterno :  prima sarà stato un posto abbastanza grazioso;  ora il giardino spenzolava dattorno alla casa vuota. Però ... 12




II

20.5.1962.

Cultura degli USA :  Nessuno è piccino al punto da non farsi chiamare Grande a casa propria !  Sbattei il Reader’s Digest al muro, cacciai un foglio nella macchina e poi giù col crepitio (oh, ero furioso ! ) :   Sig. prof. George R. Stewart,  University of California, U.S.A. Egregio professore !   Ho letto con grande interesse l’istruttivo brano tratto dal Suo nuovo libro, Man, an Autobiography, riportato alle pagine 141176 del Reader’s Digest di luglio 1947, calandomi con profondo stupore in questa storia dell’umanità. La breve introduzione non firmata elogia a ragione l’«originalità dei suoi scritti», e il modo in cui ha ricavato dal vecchio soggetto una «rattling good story» senza la solita zavorra di nomi barbosi e cifre. Qui da noi c’è ancora qualcuno che ha in orrore la rattezza nelle questioni di storia della civiltà;  ma è motivo in più perché sia apprezzato l’indubbio «rigore con cui Lei ha scelto i documenti». Giusto una parola al riguardo. In passato ho studiato a lungo la geo­grafia del mondo antico, e la materia cattura il mio interesse ancora oggi. Per questo mi ha particolarmente colpito la Sua affermazione (p. 170a), tanto che non ho potuto formarmi un’opinione assai favorevole del Suo sapere o del Suo rigore :  «A dispetto dei Greci e dei Fenici, gli Antichi erano in buona sostanza marinai d’acqua dolce (landlubbers), esperti solo nella navigazione costiera. Ma coloro che abitavano sulle sponde dell’Atlantico, se non volevano stare a casa, non avevano che da mettersi per mare. Essi navigarono, e costruirono navi migliori, e seguitarono a salpare le ancore :  i Vichinghi, i Fiamminghi e gli Inglesi, i mercanti dell’Hansa, i Bretoni e i


Portoghesi…» (Del profondo «se non volevano» – «non avevano che», non mette conto di parlare :  ruggisce il leone se muto non sta  ). – Quando Lei (con altri) tesse le lodi dei vichinghi, pensa probabilmente alla prima scoperta dell’America;  ma con ciò dimentica che nessuno di questi pirati ha mai raggiunto Vinland  con un viaggio diretto dalla Norvegia o dall’Inghilterra, bensì facendo sempre approdo in Islanda e Groenlandia (che p. es. si trovano a portata d’occhio l’una dall’altra ! ) :  ciascuna di queste tappe richiedeva non più di 1000 km di navigazione in alto mare;  l’ultima veniva spesso compiuta per necessità. Non voglio addurre a discolpa degli antichi che i mari in cui essi vivevano – il Mediterraneo, il Mar Nero e il Mar Rosso – non offrivano lo spazio per simili tragitti. Quando si trovavano ad aver esplorato le acque a sufficienza, lasciavano la costa senza indugi, solcando abitualmente le onde in lungo e in largo;  e da Bisanzio a Fanagoria  erano pur sempre più di 700 km !  (Non sarebbe onesto da parte mia tacere che lungo questa rotta, secondo le testimonianze dei naviganti, esisteva un punto dove al marinaio esperto non era difficile individuare, per effetto delle lievi foschie, il capo Kriumetopon a nord e Karambis a sud). Ma è un altro l’esempio principe, vale a dire il commercio con l’India !  Dopo che Eudosso  ebbe ufficialmente aperto la via marittima per l’India – primo fra i greci al tempo di Tolomeo Evergete  – le spedizioni commerciali assunsero proporzioni davvero gigantesche. Le raccomando di includere i «facts» di reale interesse nel Suo repertorio :  da Alessandria si risaliva il corso del Nilo fino a Coptos;  e da lì partivano le carovane verso Berenice, sul Mar Rosso, dove la flotta delle Indie era in attesa con ben 120 (  !  ) grandi navi da carico. Sino a Oikilis, all’uscita dal Mar Rosso, si rimaneva inevitabilmente in prossimità della terra;  ma di lì in poi il convoglio sfruttava il monsone di luglio e agosto, navigando in alto mare per 40 lunghi giorni, caro Professore, per approdare dopo 3000 km a Barygaza, ecc., sulla Costa di Malabar;  a dicembre si faceva ritorno. E seguendo il pilota Ippalo  questo viaggio fu compiuto per secoli, anno dopo anno, mediante enormi convogli, tanto che Plinio  poté stimare le esportazioni in 50 milioni di sesterzi, e le importazioni in 5 miliardi. 50


Vanno anche menzionati i viaggi verso Chryse nel Golfo del Bengala (1300 km di traversata in alto mare);  poiché il percorso veniva effettuato abitualmente, e Tolomeo ne parla come di una cosa assodata. – Nulla di simile è stato mai intrapreso prima di Colombo, nemmeno dalle nazioni di cui Lei celebra la superiorità col «se non volevano» «non avevano che»;  e lo stesso Colombo, infatti, era partito avendo già informazioni su Vinland. :  Ma appetto a questi gli antichi non sarebbero che «landlubbers», nevvero ? !  Non posso che ritenerla un ignorante !   Lungi da me rigettare tutte le Sue considerazioni;  poiché come Lei giustamente osserva (p. 165a) :  «Continual talking is likely to be associated with some thought here and there»;  solo che a praticare questa massima non bisognerebbe fare libri, soprattutto quelli di storia delle civiltà. Ma per il Suo Man l’elemento decisivo è la «civilization», i.e. stando alla sua definizione a p. 175b :  «The mass of such things as agricolture, metalworking and social tradition» (mica l’arte, per esempio, o la scienza, nient’affatto !  E la parola cultura non appare neanche una volta nel Suo lavoro :  solo a p. 168a, dove in una riga ironizza su coloro per i quali un poema val più che un aratro);  ma la civilization :  con essa si ottiene «Control over outside the world», il che rappresenterebbe la «rough and easy way», il criterio dirimente per comparare diverse epoche, ovvero – come dice Lei precisando maggiormente il metodo – per «testarle». E ben presto, come a farci sentire tutto il peso del Suo test di civiltà, lo utilizza (il nostro «impiegare» non rende giustizia al Suo procedimento) con lodevole imparzialità anche per i greci. In primo luogo ci permette di comprendere facilmente la genesi della cultura ellenica :  «Not having much regular work to do, they had to pass the time in various ways. Thus the Greek citizens were able to develop art, athletics, and philosophy». È chiaro come la luce del sole, vero ?  Elementare !  – Non è così :  forse che i regnanti e i sacerdoti dei secoli che precedettero e seguirono non poltrissero nell’ozio ?   E gli isolani dei mari del Sud, o i germani, o i reclusi dei monasteri ecc., erano altri sfaticati della più bell’acqua !  Eppure 51


costoro non solo hanno mancato di sviluppare arte e scienza (a tacere poi della filosofia ! ), non solo le hanno malintese se incrociavano il loro cammino, ma hanno persino fatto il meglio per conculcarle !  Perché per taluni – diciamo il 99% – la cultura è tediosa :  lo sa Lei, questo ? !  – ovvio che per artisti e pensatori è necessaria la calma;  ma la frase, come quella del porco e della salsiccia, non è reversibile. «Molte sciocchezze sono già state scritte sui Greci in generale, e soprattutto sulle guerre persiane…» :  glielo concedo :  infatti ho il Suo libro per le mani !   «La sfortuna più grande per i Persiani non fu d’aver perso la guerra contro i Greci, bensì aver lasciato che essi ne scrivessero la storia e la trasmettessero alla posterità…» Signore mio :  ritenere il racconto di Erodoto – ché lui è la fonte, non «i Greci» – una sfortuna per i persiani, può essere solo il farnetichio di uno che non l’ha mai letto !  Poiché :  «Questa che segue è l’esposizione dell’indagine storica di Erodoto d’Alicarnasso, condotta affinché gli eventi dovuti all’azione degli uomini col tempo non divengano oscuri e le grandiose e mirabili imprese compiute sia dagli Elleni sia dai barbari non restino prive di gloria ! »,  e non si può certo dire che i Persiani vengano trattati peggio. Era una cosa che i Suoi beneamati e «intelligent Egyptian or Babylo­nians», oppure i persiani «in may ways more admirable» avrebbero pur potuto apprendere dai greci :  come si scrive una storia universale in maniera obiettiva e con una geniale visione d’assieme, in cambio delle cronachette egizie, legnose e grette, piene di altera malafede, o delle beghe di campanile nell’Antico Testamento. Dopo tali constatazioni preliminari fa partire spietatamente il Suo «test» (è meglio glissare sugli argomenti da quattro soldi e poco meno che originali circa i legami fra ciacola e pensiero;  James Burckhardt  , senza fallo, ha lasciato in eredità alcune note sull’agorazein  che vale assolutamente la pena leggere, e ciò prima della fondazione dell’Università di California). Lei riassume :  «In nessuna parte del mondo è entrata nell’uso foss’anche una sola invenzione importante attribuibile con sicurezza ai greci.» «Per cui concludo (io, il Professor George R. Stewart ! ) che i greci non hanno fondata la civiltà, né l’hanno tanto meno salvata o innovata in modo apprezza52


bile» :  Thank you !  Infine noi nevrotici occidentali, per così lungo tempo inibiti dal praeiudicium antiquitatis,  abbiamo la mente snebbiata !   Ma sì, già alcuni decenni or sono i «Fliegende Blätter»  ci avevano dato notizia delle pratiche di pittura murale in Arkansas;  Mark Twain della stampa in Tennessee;  e alcuni mesi addietro fui profondamente commosso quando nel New York Post lessi della costruzione, a lungo vagheggiata, del pantheon del football a Cazenovia per 5 milioni di dollari (per quanto l’idea sia dei greci :  innalzavano sempre monumenti a Olimpia per i loro attaccabrighe e per i saltatori);  ma spettava al suo libro, questa bonanza di minchionate, far vedere che razza di storia t’insegnano negli U.S. Finora eravamo soliti ascrivere ai greci le seguenti cose, in breve :   che furono i primi a sviluppare e esercitare lo spirito e il metodo della ricerca occidentale. Dobbiamo loro risultati importantissimi come l’esatta misurazione del globo terrestre, e di conseguenza le mappe con gli oggetti determinati da latitudine e longitudine. Nell’astronomia sono scoperte greche anche i cataloghi delle stelle, la visione geocentrica e eliocentrica ecc.;  i sistemi biologici li abbiamo derivati da loro; :  lei saprebbe risolvere un’equazione diofantea ?     Metta a confronto la produzione artistica, statue, templi, poemi epici, tragedie, con qualsivoglia produzione precedente o contemporanea :  uomini ben più grandi di me e di lei ne furono rapiti !   Filosofia –  – be’, a questo ancora non ci può arrivare. – Noi rimarremo sempre convinti, a dispetto del test di Stewart, che l’intera nostra vita intellettuale sia l’esito degli ultimi due paradigmi culturali, Rinascimento e Classicismo-Romanticismo, a loro volta fondati sulla grecità. Lei osserva che non si è mai avuto un «fall of civilization», e stando alla sua definizione non posso che concordare con lei :   sennonché il soggetto da lei indicato era «Man», signore !  «Man», e non la Sua stramba civiltà !  L’equazione fra questi due è tuttavia originale e resta di Sua proprietà intellettuale;  ma dubito che troverà chi gliela invidi. Può essere umiliante che la Sua nazione – eccezion fatta per Edgar Poe  – non abbia anco53


ra fornito un contributo alla grande cultura;  ma arriverà anche quel giorno !   (Comunque non per merito Suo ! ) Possa per sempre funzionarLe lo sciacquone; col più sincero disprezzo :   Ripiegare, mettere in busta;  i tradizionali 30 pfennig appiccicati sopra e una discesa in paese con la bici per imbucare :  è un cazzabubbolo e basta !  (Pure al ritorno persi le staffe ogni cento metri :  diosà quanto avevano dovuto sgobbare per la realizzazione delle bombe atomiche e del corned-beef :  non è che si può far tutto ! ) La Luna zitella (quasi piena, ancora). Continuavo a non placarmi, e smanioso di vendetta mi risolsi a comporre anch’io un test (félibre  non cessa di scrivere) Quindi :  partiamo :      1.) Conosce e apprezza il Dya-Na-Sore di Meyern, l’Anton Reiser di Moritz, L’isola Felsenburg di Schnabel ?   2.) Ritiene che un artista debba infischiarsene del gusto e del livello del pubblico ?   3.) «La volontà dell’uomo non è libera» – A questo ci crede ?   4.) Preferisce l’Aristippo di Wieland oppure La saga dei Forsyte ?   5.) Le è capitato di disprezzare i Suoi genitori ?   6.) Lei è superstizioso ?   7.) Qualche amico Le ha mai caldeggiato la lettura del Raphael de Aquillas di Klinger ?   8.) Odia il soldatume e chiunque indossi un’uniforme ?   9.) Può esporci brevemente il contenuto de La valle di Campan di Jean Paul ?   10.) Giudica Nietzsche un intelletto mediocre (ma un grande oratore) ?   11.) Trova più che ridicoli la boxe, i film, la moda, le buone maniere ?  Poi il demonio mi diede una forconata e aggiunsi (posso scrivere e gridare ogni cosa :  tanto sono solo ! ! ) :   12.) Nel corso della Sua vita, è mai stato assalito dal dubbio che un qualche libro sacro, usato come carta igienica, possa ustionarle il culo ?  – Segni + 1 per i Sì;  − 1 per i No e faccia la somma :   54


S’impicchi, che è meglio. (Così mi ero finalmente sbarazzato di quella ossessione). Un tentativo di foto (per la curiosità di vedere se le pellicole si fossero mantenute;  inoltre non ho mai fatto uno sviluppo;  ma è emozionante e si passa il tempo). Quindi presi a scattare :  macchie solari;  una radura grande come una stanzina;  filo spinato rugginoso (alla stazione, dove c’è quella ferraglia);  macerie di funghi rosi dalle larve;  un ramo nella foresta, oh forma per sempre fuggitiva;   una volta entro le nubi germaniche, attraverso un abetello valgo. Naturalmente anche me stesso (con l’autoscatto) :  sui gradini di casa, pensosamente sprofondato dentro un in-folio (però – come sempre – avevo una faccia così stupida che già solo il negativo mi agitò lo stomaco). Heinrich Heine :  piacevolissimo da leggere (piacevolissimo da scordare). Avesse scritto soltanto un volume – uso come metro la mia edizione in quattro tomi – sarebbe stato un grand’uomo :  ma non vi erano autori affrancati dalla miseria :  il bisogno induceva tutti a fare i mezzani della Musa, i paraninfi (i.e. in soldoni :  ricucire fraschette per i giornali;  arrangiare qualcosuccia per il rias;   applicarsi a tradurre gli stranieri ecc. – fortuna che anche ’sta caciara è finita per sempre ! ) Periodo di bel tempo, aggiunte parecchie cose alla grande carta 1 :  10.000. (Avevo scelto come base di partenza una linea che andava dal palchetto già menzionato alla vecchia torre contrae­ rea, dirimpetto alla fattoria dei Lüdecke, compiendo le necessarie levate topografiche;  per le piccole aree intermedie erano sufficienti bussola, squadro ottico e il numero dei passi per le distanze). Il mio territorio voglio tenerlo costantemente sotto controllo. – Per ogni evenienza avevo ricavato un alloggio di fortuna nel campo di approvvigionamento di Düshorn :  in modo molto sommario :  una rassettata alla stanza, due coperte a terra, un po’ di vestiti e utensili;  non si sa mai. 24. 6. :  sfogliare il sottobosco con mani febbrili. (E il paiolo fuma, sul punto di bollire;  riesco a scrivere solo nelle pause). Andavo lungo il margine del bosco così, per mio conto,   alla lettera :  senza dolo. Con 2 doppiette, come Robinson,   e un képi bianco calcato in testa per il sole alto (mi servirà da lezio55


ne :  mai più gironzolare con un bersaglio sopra la cucuzza ! ). Scorsi uno scintillio laggiù nei cespugli, appoggiai il binocolo su un ramo secco per mettere a fuoco con più calma :  e forse fu questo spostamento dietro l’abete a salvarmi la vita;  proprio allora la corteccia mi frullò attorno al naso, e il colpo di rimbalzo si perse bombendo nel sottobosco. Ebbi la presenza di spirito di lanciarmi subito in un fosso (e il mio schioppo mi pugnalò quasi alle spalle col massiccio otturatore). Raccogli le idee :  che novità è questa ?  (Càlmati;  sangue freddo;  io conoscevo la zona, quello là no ! ). Perciò sollevai pian pianino il fucile di riserva e per seguire la corrente esplosi un colpo basso :  lo posai sul terreno regolare della foresta, davanti al canale, e spinsi il berretto sul bitorzolo di pietra lì appresso :  poi strisciai con grande cautela sulla destra per 10 metri (dunque verso casa, finché il fossato a momenti non divenne troppo basso). Ad alzo 500 (il cannocchiale di mira era regolato a 300 e 500 metri) :  laggiù vi fu un secondo brillio, e il fango mi sibilò vicino alle orecchie ipotetiche del cappuccio magico, al punto che esso scese di un pollice :  fantastico !  Il tizio ci riproverà di nuovo. – Dopo breve riflessione mi attorcigliai per altri 30 metri sul tappeto d’aghi e nel marasma del suolo. Riemersi nel folto dei pini, e mi lanciai sotto i due ginepri al margine del bosco : – Ora il vigliacco ce l’avevo bene nel binocolo :  si era steso dietro un mucchio di pietre, e studiava nervosamente l’effetto dei suoi colpi;  però diffidava lo stesso del pervicace silenzio dell’uomo di paglia e rischiacciò la testa (a prima vista senza cappello) fra i sassi. Dietro il terrapieno, ansimante :  ero saettato accanto alla casa, a passo di corsa lungo i binari, scavalcando a destra, e ora mi trovavo alla sua altezza – all’incirca –, sì :  stava ancora là !  L’insaziabile era sul punto di rimettere il fucile in spalla (e vedendolo indaffarato balzai subito in piedi, e andai di trotto fino al ciglio del bosco :  Bubù ! !  ;  bravo, caro mio. Continua pure a distrarti ! ) Ma adesso la cosa si faceva difficile :  ero a 20 metri da lui e meditavo – Una possibilità :  accopparlo senza neanche fargli dire Jack Robinson.   (E là c’era la sua bici da donna, appoggiata a un pino ritorto. Con la canna dritta :  erano poche le case tedesche a produr56


le;  marrone rossiccio e giallo pallido a contrasto;  zozza;  cartone sul portapacchi. Uno zaino floscio nell’erba :  ciondolio di borraccia, gavetta, portacarte). (Forse prima si era figurato – quando avevo rizzato il binocolo, dietro l’albero – che stavo per sparargli, e che non poteva far altro che anticiparmi ?  –) Catturarlo e renderlo «inoffensivo» :  l’unica cosa che desideravo era grattarmi la testa :  che vuol dire in questo caso inoffensivo ? !  E se poi il sacripante dopo due giorni mi incendia la casetta, o se mi scanna durante il sonno ? !  Si grattò la coscia, grifagno, e dimenò le gambe così furiosamente che mi venne da sghignazzare, ma ritornai subito serio :  quello poteva benissimo alzarsi e venire per di qua !   8 metri ancora (capelli già grigi, no ? ! ). Tirai un altro respiro profondo, infelice, poi mi diedi una mossa, gli fui addosso, e colpii – be’ :  per il momento piano – col calcio del fucile !   In tuta e berretto :  eccola a terra !  !  Con le mani bianche e logore. Sguardi smisurati :  mani, spalle, un viso. Mani spalleggiano un viso. Occhi labellano una bocca :  tu !  – Mi rialzai ansante e scaricai le sue pistole al suolo;  senza pensare strappai via l’otturatore del suo fucile. Piccoli seni belli morbidi :  piccole mani belle forti. Con dita barcollanti investigai la fiaschetta di rum sul mio fianco, e l’appoggiai angosciosamente alla bocca pallida, arcuata e molle (qui :  sotto i corti capelli grigi si sentiva già un bel bernoccolo :  che idiota che sono !  Però grazie a Dio ero rasato). Deglutire :  finalmente !  Ci ricamo sopra un inno !  Deglutire. – Le reclinai la testa sulla coperta piegata, le mie mani come fibbie alle spalle sottili. Occhi grigi (ancora incoscienti;  grigi e maturi :  belli ! ) Come uno scudiscio (e con energia sbalorditiva) :  così percuoteva il corpo. Ma strinsi più forte :  «Calma, stai giù ! » feci a voce bassa :  «E fra 8 giorni i bernoccoli saranno passati.» Un sorriso. E il suo respiro;  irregolare, incerto. Pausa. Provai a togliere via le mani e mi accovacciai lungo il suo fianco destro (ma senza mai smettere di guardarla). «Come si chiama ?  » feci. «Lisa» (e non mancai di notare quanto la divertisse che i due ultimi esseri umani si davano del “lei”;  meglio che niente) quindi presi a raccontare;  passo a passo. 57


Si stupiva, stanca :  «E non mi ha violentata.» Le posi una mano sulla tempia, per compassione :  «Povera piccola;  ma con che razza di uomini ha avuto a che fare ! » (Quando ritrassi la mia mano, le punte delle dita scivolarono lungamente sulla guancia.) Al di sopra del sentiero grigio di polvere, il recesso del cielo si inceneriva, azzurro;  ritorsi piano il viso veridico e confessai :  «– in realtà non ho potuto fare a meno di pensarlo. Per un istante –». La sua bocca malata e sfinita si mise un poco a ridere, avveduta, beffarda, anche buona :  «Si salva perché l’ha confessato» Scaltra :  «Sarebbe stato un vero e proprio disonore.» Riposare ancora un po’ ?  (Sì, di là da me ho l’aspirina). Il gatto selvatico :  volevo raccattare le sue cose, ma quasi non mi ero tirato in piedi che me la ritrovai parata davanti :  in ciascuna mano una Mauser, la bocca dischiusa per l’ira, gli occhi freddi e spietati :  la donna è mobile   (Oppure la Belle Dame sans merci,   è lei ! ) «Bene, ragazzo mio», disse petrosa, a mezza voce :  «E adesso su le mani !» (Mah, perché no ? :  così sarà più facile darti una batosta ! ) Lo feci di buon grado;  ma quando mi accorsi che si dirigeva al mio fucile le sbarrai subito la strada :  sentii entrambe le canne affondarmi tra le costole. Stavamo petto contro petto e ci guardavamo negli occhi. Mi squadrò :  altezza, spalle. – Io proposi (a che pro umiliarla e farle schiacciare il grilletto per nulla ?  Così avrà sempre l’impressione di stare sullo stesso piano, di agire di sua volontà);  proposi :  «Stipuliamo un armistizio. – Sino a mezzogiorno di domani, per cominciare. –» Poi feci uno sforzo e aggiunsi :  «Per favore.» Lei aggrottò la fronte e soppesò pro e contra. Infine sollevai (molto lentamente) la mano destra e la poggiai sulla sua sinistra;  ve la lasciai per un minuto di piacere terrestre, quindi scostai l’arma di lato, adagio (mentre seguitavamo a fissarci con la serietà di due civette). Risoluta abbassò lei stessa la mano destra;  con studiata freddezza decretò :  «Sta bene ! :  Fino a mezzogiorno di domani !» – Io caricai la bici, e ci avviammo, sereni e a passetti lenti, verso casa mia. (Ora dovrà lavarsi. L’acqua bolle). Trascinai il secchio e riempii la grande tinozza nella lavanderia, mentre lei stava dentro a mangiare qualcosa, biscotti e Leberkäse, e beveva tè con lo zucchero (di canna, ra58


ro;  tutt’altra cosa rispetto a quello di barbabietola ! );  poi volle stendersi sul divano. Accovacciato pian piano presso di lei (a lungo). «Lisa –» (un tocco con la voce;  molto delicatamente;  un buffetto). Adesso mi resi conto, dallo scintillio discolo e incantevole di iride e denti, che non era affatto addormentata, ma si stava godendo la mia adorazione. :  «L’acqua era pronta» dichiarai offeso, e l’attimo dopo i miei occhi ritornarono sul suo viso assonnato. Mani sul legno (al montante della porta :  Dio mio, è da 8 anni che non vedo una donna !  E dall’altra parte sciaguattavano, fischiettavano pout-pourri forsennati, Marion Kerby   non avrebbe fatto di meglio. Per dieci volte fui per :  “Vieni nella mia pergola d’amore”,   la miseria, vai al diavolo ! ) “Lisa” :  assaporavo “Lisa”;  pronunciavo nel cicaleccio dell’erba “Lisa”;  respiravo a piene narici (tutto ciò dietro al torrente), ed ero, nel vero senso della parola, beato :  Lisa !   Patate :  lei sprizzava gioia e le pelava sottili sottili (seduta sulle mie scale, fra due bacinelle lustre), e io annuivo profondamente soddisfatto :  good for squaw to do that.   (In più spiava da occhi così gentili, all’apparenza, il suo sguardo correva oltre di me, tanto che ci sarei quasi cascato :  se non le fosse venuto di fare una boccuccia divertita :  poiché zerbinotteggiavo rapito, come davanti a un quadro in un museo). Metteva lo zucchero nelle frittelle di patate :  quindi casa sua era a est dell’Elba (Sì, ma ora bando alle ciance ! ) E lei raccontò, in fondo alla poltrona, calmissima, senza barbagli d’occhi e inghippi con le mani (solo una volta avevo dato un urlo :  Lisa voleva annacquare il rum ! ) Era venuta dall’est (ora ci completammo a vicenda nel più scarno dei modi;  io ero stato costretto a vagare per l’ovest e il sudovest) :  dall’Ucraina, dove fu deportata;  aveva risalito il corso del Nistro, Leopoli, Cracovia, Varsavia (lì aveva trascorso due inverni). Poznań, Stettino (avrebbe continuato per via d’acqua, ma non sapeva governare una barca a vela :  per tentarlo era quasi morta di fame su Usedom, a causa del forte vento contrario). Berlino (ancora un inverno;  proprio come feci io nelle mie peregrinazioni :  piantato in un appartamento;  spaccando e bruciando i mobili;  saccheggiando i negozi – e ... 59


avieri Nella stessa collana

Arno Schmidt, Dalla vita di un fauno Marco Palasciano, Prove tecniche di romanzo storico Maurizio Rossi, Mare Padanum Walter Kempowski, TadellÜser & Wolff. Un romanzo borghese Arno Schmidt, Brand’s Haide Giovanni Cossu, Turritani Gherardo Bortolotti, Tecniche di basso livello




Come in una sofisticata commedia americana degli anni Trenta, mettiamo Accadde una notte, il gioco dell’attrazione e dell’incontro è pieno di humour, ma esclude, sebbene con insolita leggerezza, ogni lieto fine. Ed è Eva a sottrarsi – rivendicando la propria indipendenza e irrequietezza – alla responsabilità di continuare la specie, al radicamento dei nuovi pionieri, preferendo comportarsi da Natty Bumppo al femminile e da ultima dei Mohicani. Se la lucida misantropia schmidtiana fa pensare, come suggerisce il traduttore, ai nostri Dossi Gadda Manganelli (cui si può senz’altro aggiungere Landolfi), gli “specchi neri” del titolo rimandano – in una chiave ironica, disincantata e perfino, qui, scanzonata – allo speculum in aenigmate di Paolo; ma anche a uno dei più acri e visionari romanzi sul futuro venuti dopo Schmidt: Un oscuro scrutare di Philip K. Dick. Goffredo Fofi

Arno Schmidt (1914-1979) è stato fra i principali innovatori della letteratura tedesca contemporanea. Le sue avventure formali culminano nel romanzo Zettel’s Traum (1970), vertice impervio e magnetico della prosa del Novecento. In traduzione sono apparsi: Alessandro o Della verità (Einaudi, 1965), Il Leviatano (Linea d’ombra, 1991), Dalla vita di un fauno (Lavieri, 2006), Brand’s Haide (Lavieri, 2007), Ateo?: Altroché ! (Ipermedium libri, 2007). www.lavieri.it/schmidt


Il besant d’or consunto, vaiolato (avevo messo la sveglia

all’una, e guardai fisso il suo disco giallognolo); era bello stare per strada, affondato nella poltrona leggera, e da parte a parte il cielo era pallido e terso sopra le vaste foreste. Ad Amburgo mi sarei procurato un buon telescopio astronomico; per il momento bastavano il gran binocolo e l’orologio da tasca; tutto calmo e raffrescato; persino madido; nessun frinire di grilli; solo di quando in quando il passaggio di un soffio attraverso le piante a destra, poi a sinistra. A quest’ora, una volta, sarebbe transitato “un treno” : molto lontano a nord un rullio lieve, andava facendosi vicino, un basso d’organo circostante e remoto, fu una buriana di scossoni precipitosi, fluirono luci in fili di perle, sparirono a sud : rullio lieve. Adesso era tutto calmo : e più bello ! In passato le luci delle macchine scorrevano senza rumore sui nastri d’asfalto : adesso regnava soltanto la Luna :

ISBN 978-88-89312-55-1

€ 14,50 (i.i.)

isBn 978-88-89312-55-1

9 7 8 8 8 8 9 3 1 2 5 5 1


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