SERGIO DAHÒ
Barcelona 1967 - 1972
SERGIO DAHÒ
Barcelona 1967 - 1972
Sergio Dahò
Sergio Dahò
Barcelona 1967-1972
Barcellona 1967-1972
Marta Dahò
Marta Dahò
Conocido editor de revistas como Il Diaframma, Il Fotografo o la edición italiana de la prestigiosa revista Zoom, de la que también fue director a principios de los años setenta, Sergio Dahò (Milán, 1942) ha desarrollado una larga e intensa trayectoria como fotógrafo muy centrada en la representación arquitectónica y urbanística.
Conosciuto redattore di riviste come Il Diaframma, Il Fotografo o l’edizione italiana del prestigioso mensile Zoom, del quale fu direttore all’inizio degli anni settanta, Sergio Dahò (Milano, 1942) ha svolto una lunga e intensa attività come fotografo dedicandosi prevalentemente alla rappresentazione architettonica e urbanistica.
En 1967 hace su primer viaje a Barcelona buscando explorar sus bordes. Aún se halla en los inicios de su andadura profesional, sin embargo su interés por la arquitectura vernacular y el urbanismo periférico ya es evidente. Sin saberlo, participa de una reflexión compartida por muchos artistas y fotógrafos de su generación que, tanto en Europa como en Estados Unidos, plantean una nueva atención a los espacios y territorios considerados como indefinidos o marginales por oposición a los emplazamientos canónicos. El descampado, el terrain vague o el polígono industrial, hasta entonces prácticamente invisibles, empiezan a ser vistos y reconocidos gracias a una nueva comprensión de las drásticas transformaciones del territorio.
Nel 1967 fa il suo primo viaggio a Barcellona cercando di esplorarne i suoi confini. Pur essendo agli inizi del suo percorso professionale, il suo interesse per l’architettura vernacolare e l’urbanistica delle periferie è già evidente. Senza saperlo, partecipa ad una riflessione condivisa da molti artisti e fotografi della sua generazione che, in Europa come negli Stati Uniti, prospettano una nuova attenzione agli spazi e ai territori considerati come indefiniti o marginali in opposizione alle ubicazioni canoniche. La radura, il terrain vague o il poligono industriale, fino ad allora praticamente invisibili, cominciano ad essere osservati e riconosciuti grazie ad una nuova comprensione delle drastiche trasformazioni del territorio.
Esta nueva mirada al paisaje cotidiano, periférico, anti-monumental y, sobre todo, anti-espectacular fue, sin duda, resultado de una confluencia de factores muy diversos aunque puedan apuntarse dos aspectos particularmente significativos:
Questo nuovo sguardo sul paesaggio quotidiano, periferico, antimonumentale e, soprattutto, anti-spettacolare fu senza dubbio il risultato di una confluenza di fattori molto diversi ma si potrebbero sottolineare due aspetti particolarmente significativi:
la imparable expansión urbana de algunas ciudades y la influencia catalizadora de un fotógrafo clave como Walker Evans, cuya obra empieza a revalorizarse precisamente a principios de los años setenta.
l’inarrestabile espansione urbana di alcune città e l’influenza catalizzatrice di un fotografo chiave come Walker Evans, la cui opera comincia ad essere rivalorizzata proprio all’inizio degli anni settanta.
Es en sus bordes y en sus márgenes donde las ciudades suelen revelar más profundamente su complejidad y su idiosincrasia. En su medido distanciamiento –que años más tarde reconocerá como afín al ideario de Evans–, Sergio Dahò decanta su observación tanto hacia el artefacto arquitectónico auto-construido, como a la comprensión visual que se deriva de los patrones urbanísticos y sus efectos en el uso del espacio público. Tampoco desvía su atención de la brecha social que se manifestaba en la existencia de barracas y nuevas edificaciones, así como en las precarias condiciones a las que estaban sometidos sus habitantes. Mostrando una sincera empatía con las gentes que fue encontrando a lo largo de sus deambulaciones, la significación de estas imágenes proviene asimismo de cómo nos permiten acceder a una reflexión sobre esta anti-ciudad que constituye la periferia.
E’ nei loro margini dove le città rivelano più profondamente la loro complessità e la loro idiosincrasia. Nel suo misurato distanziamento –che anni dopo riconoscerà affine alla concezione fotografica di Evans- Sergio Dahò rivolge la sua attenzione sia all’artefatto architettonico autocostruito, sia alla comprensione visiva dei modelli urbanistici e dei loro effetti nell’uso dello spazio pubblico. Ma dedica anche altrettanta attenzione alla breccia sociale che si manifesta nella coesistenza delle baracche con le nuove edificazioni, così come alla precarietà delle condizioni in cui vivevano i suoi abitanti. Mostrando una sincera empatia per le persone che incontrava nei suoi percorsi, il valore di queste immagini deriva anche dal modo in cui ci fanno riflettere su questa anti-città costituita dalla periferia.
El trabajo que se recopila en este catálogo nunca ha sido expuesto ni publicado anteriormente; como ocurre tantas veces en los archivos de los fotógrafos, forma parte de ese fondo documental que las circunstancias del momento impidieron hacer visible excluyéndolo del discurso público. Por este motivo, agradecemos muy especialmente a la Galeria Barcelona Visions y al Arxiu Fotogràfic de Barcelona su colaboración, que ha hecho posible volver a poner estas imágenes a disposición de todos aquellos que se interesan por la historia y el presente de esta ciudad.
Il lavoro raccolto in questo catalogo non è mai stato esposto o pubblicato in precedenza; come accade tante volte negli archivi dei fotografi, fa parte di quel fondo documentale che le circostanze del momento non permisero di rendere visibile escludendolo dal discorso pubblico. Per questo motivo siamo particolarmente grati alla Galleria Barcelona Vision e al Arxiu Fotogràfic de Barcelona per la loro collaborazione che ha consentito di mettere queste immagini a disposizione di tutti coloro che si interessano alla storia e al presente di questa città.
El espacio vivido de Sergio Dahò:
Lo spazio vissuto di Sergio Dahò:
Francesc Magrinyà Urbanista
Francesc Magrinyà Urbanista
una mirada urbana a la periferia de Barcelona hacia 1970
uno sguardo alla periferia di Barcellona negli anni ‘70
“Cuando hacemos una fotografía tenemos tantas posibilidades, puntos de vista y situaciones, que el simple hecho de escoger ya es una creación” Francesc Català-Roca
“Quando scattiamo una fotografia abbiamo tante possibilità, punti di vista, situazioni, che il semplice fatto di scegliere è già una creazione” Francesc Català-Roca
En su recorrido por la periferia urbana de Barcelona entre 1967 y 1972, Sergio Dahò nos ilumina sobre un momento clave de la construcción de la ciudad. Como sugiere CatalàRoca, la simple elección de un tema como objeto de la fotografía ya forma parte del acto creativo y Dahò, con esta serie, nos permite visualizar una realidad que, aunque descrita en numerosas ocasiones, resulta desconocida para muchos de nosotros. Su visión se focaliza en elementos esenciales de la urbanización de la periferia de Barcelona. Más allá de una fotografía centrada en la belleza de situaciones y personajes, percibimos la opción por una observación distanciada, pero a la vez vivida, de los territorios que ahora resultan próximos gracias a su trabajo.
Con il suo percorso attraverso la periferia urbana di Barcellona tra il 1967 e il 1972, Sergio Dahò ci aiuta a capire un momento chiave dell’edificazione della città. Come suggerisce CatalàRoca, la semplice scelta di un tema come oggetto della fotografia è già parte dell’atto creativo e Dahò, con questa serie di immagini, ci permette di visualizzare una realtà che, sia pur descritta in numerose occasioni, resta sconosciuta a molti di noi. La sua visione si focalizza su elementi essenziali dell’urbanizzazione della periferia di Barcellona. La sua è una fotografia che va ben oltre la bellezza di situazioni e personaggi: la sua scelta è quella di un’osservazione distaccata, ma allo stesso tempo intensa, di territori che diventano ora più comprensibili grazie al suo lavoro.
La mirada sobre los territorios de la periferia que nos muestran las fotografías de Colita en el Somorrostro o de CatalàRoca en Montjuïc pasa siempre a través de un personaje. En la década de 1950 encontramos un conjunto de fotógrafos, como Xavier Miserachs, Ricard Terré, Ramon Masats, Oriol
Lo sguardo sui territori periferici che troviamo nelle fotografie di Colita nel Somorrostro o di Català-Roca sul Montjuïc parte sempre da un personaggio. Negli anni cinquanta troviamo un gruppo di fotografi, come Xavier Miserachs, Ricard Terré, Ramon Masats, Oriol Maspons o Joan Colom, che propon-
Maspons o Joan Colom, que ofrecen una observación de los márgenes de la sociedad centrada en situaciones y personajes desconocidos. En este periodo, los lugares que adquieren mayor relevancia son, sin duda, el centro histórico de Barcelona y, especialmente, el barrio del Raval. La atención de Sergio Dahò, sin embargo, se traslada a los barrios de la nueva periferia resultado de la inmigración hacia Barcelona de los años 1950-1970, interesándose por la arquitectura, los límites de la ciudad y sus márgenes. Su visión se centra en los bordes de la ciudad que, en esa época, están constituidos por el Somorrostro y Montjuïc al Este, la Zona Franca al Sur; la línea que une el Carmel, la Vall d’Hebron y el Turó de la Peira al Noroeste, y desde Roquetes hasta Singuerlín, al otro lado del río Besós, al Norte.
gono un’osservazione dei margini della società centrata in situazioni e personaggi sconosciuti. In questo periodo i luoghi privilegiati sono senza dubbio il centro storico di Barcelona e, soprattutto il quartiere del Raval. L’attenzione di Sergio Dahò, al contrario, si trasferisce ai quartieri della nuova periferia che sta sorgendo sotto la pressione dell’immigrazione verso Barcellona tra il 1950 e il 1970, all’architettura, ai confini della città e ai suoi margini che in quell’epoca sono costituiti dal Somorrostro e Montjuïc ad est, dalla Zona Franca a sud, dalla linea che collega il Carmel, la Vall d’Hebron e il Turó de la Peira al nord-est, e da Roquetes fino a Singuerlín, sull’altra sponda del fiume Besòs, al nord.
La relación dialéctica entre centro y periferia
Lo sguardo di Sergio Dahò è uno sguardo di speranza ma anche di rivendicazione di una classe lavoratrice che opera nella città formale ma vive, male, nella città informale. E’ un’epoca di rivendicazioni, di critica alla società urbana come sistema di potere. Le droit à la ville di Henri Lefebvre 1, scritto nel 1968 e quindi contemporaneo a questo lavoro fotografico, mette in evidenza il rapporto tra centro e periferia, un rapporto di subordinazione al potere politico delle classi dirigenti da parte di quelle meno abbienti.
La mirada de Sergio Dahò es de esperanza, pero a la vez reivindicativa de una clase trabajadora de la ciudad formal que malvive en la ciudad informal. Es una época de reivindicaciones, de crítica a la sociedad urbana como sistema de poder. Le droit à la ville de Henri Lefebvre 1, escrito en 1968 y coetáneo de este trabajo fotográfico, pone de manifiesto la relación entre centro y periferia; una relación de subordinación entre el poder político de las clases dirigentes y las clases sociales más desfavorecidas. En este contexto, la visión de Sergio Dahò se puede interpretar como una nueva lectura del espacio. En La production de l’espace (1974) 2, Lefebvre distingue entre espacio social y espacio físico, y añade un tercer tipo: entre el espacio concebido y el percibido se introduce el espacio vivido. Las representacio-
Il rapporto dialettico tra centro e periferia
In questo contesto, la visione di Dahò si può interpretare come una nuova lettura dello spazio urbano. Nel suo saggio La production de l’espace (1974) 2, Lefebvre distingue tra spazio sociale e spazio fisico, e ne aggiunge un terzo tipo: lo spazio vissuto, che si inserisce tra lo spazio concepito e quello percepito. Le rappresentazioni dello spazio concepito sono le percezioni intellettuali di tecnici e urbanisti che precedono la
nes del espacio concebido son las percepciones intelectuales de técnicos y urbanistas que preceden a su producción física, el espacio físico. Pero la realidad no es tan sólo aquello que vemos (espacio percibido) y pensamos (espacio concebido), sino también lo que no podemos ver o conocer y que pasa indefectiblemente por el espacio vivido, donde todo se da simultáneamente y que nunca podrá ser explicado en su totalidad, porque el espacio vivido no es una verdad absoluta, puesto que las vivencias son múltiples y complejas. La mirada de Dahò es, en este sentido, esclarecedora de su espacio vivido. Las formas de crecimiento urbano: una lectura de la urbanización a través de la fotografía Dahò observa las edificaciones y la gente que las habita. El barraquismo, la urbanización marginal, los polígonos residenciales son los referentes del crecimiento urbano en este nuevo territorio, ante cuyas necesidades la administración responde tarde y deficientemente. Para entonces los especuladores ya han hecho su agosto: han construido viviendas sin urbanización, equipamientos ni espacios verdes. Los polígonos del Singuerlín o de la Vall d’Hebron son ejemplos evidentes de ello. A veces, no obstante, los técnicos y, tras ellos, la administración responden en un intento de resolver el problema, como en el caso de Montbau, retratado por Dahò con especial atención. Lo verdaderamente relevante es qué se observa y qué no, la visión de unos territorios y no de otros. Mientras que en los años cincuenta los referentes habían sido el centro histórico de Barcelona y el Raval, para Sergio Dahò el foco de interés se encuentra en la periferia urbana, esas otras Barcelonas
sua realizzazione materiale, lo spazio fisico. Però la realtà non è solo ciò che vediamo (lo spazio percepito) e pensiamo (lo spazio concepito), ma anche ciò che non possiamo vedere o conoscere e che passa inevitabilmente per lo spazio vissuto, dove tutto avviene simultaneamente e che non potrà mai essere spiegato nella sua totalità, perché lo spazio vissuto non è una verità assoluta, in quanto il vissuto stesso è molteplice e complesso. Lo sguardo di Dahò è, in questo senso, chiarificatore del suo spazio vissuto. Le forme dello sviluppo urbano: una lettura dell’urbanizzazione attraverso la fotografia Dahò osserva l’edificato e la gente che lo abita. La baraccopoli, l’urbanizzazione marginale, i poligoni residenziali sono i riferimenti dello sviluppo urbano in questo nuovo territorio, alle cui necessità l’amministrazione risponde con lentezza e inefficienza. A quel punto gli speculatori hanno già fatto affari d’oro: hanno costruito alloggi senza urbanizzazione, senza servizi o spazi verdi. I poligoni del Singuerlín o del Vall d’Hebron sono esemplari. A volte, tuttavia, amministratori e tecnici hanno tentato di risolvere i problemi, come nel caso di Montbau che Dahò ha visitato con particolare attenzione. Quello che è appare davvero rilevante è la scelta di quanto si decide di osservare oppure no, il puntare lo sguardo su determinati territori e non su altri. Se negli anni cinquanta i riferimenti erano stati il centro storico di Barcelona e il Raval, l’interesse di Sergio Dahò si focalizza sulla periferia urbana, su quelle altre Barcellone così ben ritratte da Manuel Vazquez Montalbán in Los mares del sur 3 e Juan Marsé in Últimas tardes con Teresa 4. Nella sua ricerca su alcuni quartieri – il cui insieme
que tan bien retratan Manuel Vázquez Montalbán en Los mares del Sur 3 y Juan Marsé en Últimas tardes con Teresa 4. En esta inspección de unos determinados barrios, cuyo conjunto muestra diversas formas de crecimiento urbano, con la aparición del polígono residencial como nuevo modelo que coexiste con la urbanización marginal y el chabolismo, Dahò capta perfectamente la dualidad cerdaniana entre continente y contenido, entre las formas construidas y la gente que habita estos nuevos espacios. En estas imágenes quedan plasmadas las diferentes formas de crecimiento urbano: las barracas de Montjuïc, los polígonos de Montbau, Vall d’Hebron, Sistrells o las franjas intermedias de Roquetes o el Carmel, espacios de autogestión ciudadana al margen de la administración. Las ciudades de todo el mundo surgen de un primer asentamiento, una vivienda o –en su mínima expresión– un cubierto, y del acceso a un servicio esencial, una fuente de agua. Más tarde, sus habitantes reclaman unos servicios mínimos: conexión eléctrica, transporte público, puntos de recogida de basura. Poco a poco van mejorando sus viviendas y de un cobertizo precario se pasa a una vivienda con unas prestaciones básicas. Más tarde se reivindican equipamientos comunitarios, como guarderías, escuelas y centros sanitarios de atención primaria. A medida que la ciudad se construye, los servicios indispensables van llegando sin no pocas demandas reivindicativas. Cuando la administración no cubre estas necesidades, son los propios vecinos quienes se auto-organizan para gestionar estos servicios; como en el caso de Roquetes, donde construyeron el alcantarillado de las nuevas calles mediante la iniciativa “Urbanizar en domingo” y secuestraron un autobús para reclamar que las líneas de transporte colectivo llegaran a sus barrios. Es lo que hoy se denomina el “Derecho
mostra diverse forme di sviluppo urbano, con l’apparizione del poligono residenziale come nuovo modello che coesiste con l’urbanizzazione marginale, il degrado e la bidonville – Dahò coglie perfettamente la dualità cerdaniana 5 tra contenitore e contenuto, tra le forme edificate e la gente che abita questi nuovi spazi. In queste immagini troviamo le diverse forme di sviluppo urbano: le baracche del Montjuïc, i poligoni di Montbau, Vall d’Hebron, Sistrells o le frange intermedie di Roquetes o del Carmel, spazi di autogestione cittadina al margine dell’amministrazione. Tutte le città del mondo sorgono da un primo insediamento, una casa o – nella sua minima espressione – un semplice riparo, e dall’accesso ad un servizio primario, una sorgente d’acqua. Gradualmente le loro capacità abitative migliorano e da una tettoia precaria si passa ad un rifugio con una struttura più solida. I suoi abitanti reclameranno allora servizi essenziali: connessione alla rete elettrica, trasporto pubblico, punti di raccolta dei rifiuti. E, più avanti: installazioni comunitarie come asili, scuole, centri sanitari di pronto soccorso. Con la espansione della città cresce anche la necessità di altri servizi indispensabili, che tuttavia arrivano lentamente e il più delle volte sotto la pressione di non poche rivendicazioni collettive. Quando l’amministrazione non soddisfa questi bisogni, sono gli stessi cittadini che si organizzano in comitati di auto-gestione, come nel caso di Roquetes dove la rete fognaria venne estesa alle nuove strade grazie all’iniziativa “Urbanizar en domingo” e il sequestro di un autobus servì ad ottenere che le linee di trasporto pubblico arrivassero ai loro quartieri. E’ quello che oggi si definisce “diritto alla città”, e cioè che le persone che lavorano nella città formate ma sono costrette a vivere nella città informale abbiano garantite le condizioni minime
Emplazamiento de barracas y cuevas Servicio Plano de la Ciudad. Barcelona, 1945. Ajuntament de Barcelona, Arxiu Municipal Administratiu.
Emplazamiento de barracas y cuevas Servicio Plano de la Ciudad. Barcelona, 1945. Ajuntament de Barcelona, Arxiu Municipal Administratiu.
que tan bien retratan Manuel Vázquez Montalbán en Los mares del Sur 3 y Juan Marsé en Últimas tardes con Teresa 4. En esta inspección de unos determinados barrios, cuyo conjunto muestra diversas formas de crecimiento urbano, con la aparición del polígono residencial como nuevo modelo que coexiste con la urbanización marginal y el chabolismo, Dahò capta perfectamente la dualidad cerdaniana entre continente y contenido, entre las formas construidas y la gente que habita estos nuevos espacios. En estas imágenes quedan plasmadas las diferentes formas de crecimiento urbano: las barracas de Montjuïc, los polígonos de Montbau, Vall d’Hebron, Sistrells o las franjas intermedias de Roquetes o el Carmel, espacios de autogestión ciudadana al margen de la administración. Las ciudades de todo el mundo surgen de un primer asentamiento, una vivienda o –en su mínima expresión– un cubierto, y del acceso a un servicio esencial, una fuente de agua. Más tarde, sus habitantes reclaman unos servicios mínimos: conexión eléctrica, transporte público, puntos de recogida de basura. Poco a poco van mejorando sus viviendas y de un cobertizo precario se pasa a una vivienda con unas prestaciones básicas. Más tarde se reivindican equipamientos comunitarios, como guarderías, escuelas y centros sanitarios de atención primaria. A medida que la ciudad se construye, los servicios indispensables van llegando sin no pocas demandas reivindicativas. Cuando la administración no cubre estas necesidades, son los propios vecinos quienes se auto-organizan para gestionar estos servicios; como en el caso de Roquetes, donde construyeron el alcantarillado de las nuevas calles mediante la iniciativa “Urbanizar en domingo” y secuestraron un autobús para reclamar que las líneas de transporte colectivo llegaran a sus barrios. Es lo que hoy se denomina el “Derecho
mostra diverse forme di sviluppo urbano, con l’apparizione del poligono residenziale come nuovo modello che coesiste con l’urbanizzazione marginale, il degrado e la bidonville – Dahò coglie perfettamente la dualità cerdaniana 5 tra contenitore e contenuto, tra le forme edificate e la gente che abita questi nuovi spazi. In queste immagini troviamo le diverse forme di sviluppo urbano: le baracche del Montjuïc, i poligoni di Montbau, Vall d’Hebron, Sistrells o le frange intermedie di Roquetes o del Carmel, spazi di autogestione cittadina al margine dell’amministrazione. Tutte le città del mondo sorgono da un primo insediamento, una casa o – nella sua minima espressione – un semplice riparo, e dall’accesso ad un servizio primario, una sorgente d’acqua. Gradualmente le loro capacità abitative migliorano e da una tettoia precaria si passa ad un rifugio con una struttura più solida. I suoi abitanti reclameranno allora servizi essenziali: connessione alla rete elettrica, trasporto pubblico, punti di raccolta dei rifiuti. E, più avanti: installazioni comunitarie come asili, scuole, centri sanitari di pronto soccorso. Con la espansione della città cresce anche la necessità di altri servizi indispensabili, che tuttavia arrivano lentamente e il più delle volte sotto la pressione di non poche rivendicazioni collettive. Quando l’amministrazione non soddisfa questi bisogni, sono gli stessi cittadini che si organizzano in comitati di auto-gestione, come nel caso di Roquetes dove la rete fognaria venne estesa alle nuove strade grazie all’iniziativa “Urbanizar en domingo” e il sequestro di un autobus servì ad ottenere che le linee di trasporto pubblico arrivassero ai loro quartieri. E’ quello che oggi si definisce “diritto alla città”, e cioè che le persone che lavorano nella città formate ma sono costrette a vivere nella città informale abbiano garantite le condizioni minime
Emplazamiento de barracas y cuevas Servicio Plano de la Ciudad. Barcelona, 1945. Ajuntament de Barcelona, Arxiu Municipal Administratiu.
Emplazamiento de barracas y cuevas Servicio Plano de la Ciudad. Barcelona, 1945. Ajuntament de Barcelona, Arxiu Municipal Administratiu.
a la Ciudad”: que la gente que trabaja en la ciudad formal pero se ve obligada vivir en la ciudad informal tenga garantizadas unas condiciones mínimas de vivienda, unos equipamientos básicos, suministro de agua y electricidad, transporte público, en definitiva, acceso al espacio público. El derecho a la vivienda se amplía al derecho a la ciudad. Montjuïc y La Perona, espacios de referencia del barraquismo La imagen que surge instantáneamente cuando pensamos en la periferia urbana es la del barraquismo. Es la que encontramos en las fotografías de las barracas de Montjuïc. Es allí donde se percibe con más claridad la precariedad extrema. El barraquismo se caracteriza por la suma de edificaciones frágiles, sin parcelaciones claras, ni mucho menos servicios. De hecho, lo primero que se hace con las barracas es establecer límites de parcelas, aunque todo permanezca en la ilegalidad. El único servicio básico que siempre encontramos en cualquier grupo de barracas es el acceso al agua, que Sergio Dahò retrata en la fuente como elemento esencial de abastecimiento, lo que remite a otras escenas de pobreza a lo largo del mundo y, especialmente, en África. Dahò también fotografía las barracas junto a los bloques de la Verneda, en la calle Guipúzcoa. Las barracas se sitúan junto a la línea del tren, en lo que se conoce como La Perona, el último conjunto de barracas de la Barcelona de los años ochenta. Estos márgenes de la ciudad se han trasladado hoy, con la nueva hornada de inmigrantes subsaharianos, a nuevos espacios de refugio como el distrito 22@ de Sant Martí, aún en construcción.
di abitabilità: impianti di base, fornitura d’acqua ed energia elettrica, trasporto pubblico, in definitiva accesso allo spazio pubblico. Il diritto alla casa si estende al diritto alla città. Montjuïc e La Perona, spazi di riferimento delle baraccopoli L’associazione visiva immediata con la periferia urbana è quella della baraccopoli. E’ la rappresentazione che troviamo nelle fotografie delle baracche di Montjuïc. E’ lì dove si percepisce con maggiore chiarezza la precarietà estrema. La baraccopoli si caratterizza per una somma di edificazioni fragili, senza una chiara lottizzazione, nella totale assenza di qualunque servizio. Di fatto per prima cosa si stabiliscono dei limiti agli appezzamenti, anche se tutto resta nell’illegalità. L’unico servizio essenziale che troviamo sempre in qualunque gruppo di baracche è l’accesso all’acqua, che Sergio Dahò riprende con la fontanella come unico punto di rifornimento e ci rimanda ad altre scene di povertà in tante parti del mondo e soprattutto in Africa. Dahò fotografa anche le baracche vicine agli insediamenti abitativi della Verneda, nella calle Guipúzcoa. Sorgono lungo la linea ferroviaria, una località conosciuta come La Perona, l’ultimo complesso di baracche della Barcellona degli anni ottanta. Queste aree marginali della città sono state trasferite oggi, con la nuova ondata di migranti subsahariani, a nuovi spazi-rifugio come il distretto 22@ di Sant Martì ancora in costruzione. Vall d’Hebron, Montbau e Sistrells, esperienze di poligoni generati dalla speculazione Un altro dei territori osservati da Sergio Dahò è il quartiere della Vall d’Hebron, al lato della Ronda de Dalt, vicino all’antico cammino di
Vall d’Hebron, Montbau y Sistrells, experiencias de polígonos guiados por la especulación Otro de los territorios observados por Dahò es el barrio de la Vall d’Hebron, al lado de la Ronda de Dalt, junto al antiguo camino de Sant Genís, en Horta. Su origen se halla en la construcción del polígono de viviendas Parque de la Vall d’Hebron, en 1968. Se trata de un polígono de bloques de viviendas desarrollado a partir del Plan Comarcal de 1953, que calificó este territorio como zona de parque urbano y ciudad-jardín intensiva. El proyecto consistía en aprobar un plan parcial, presentado por la inmobiliaria del grupo de J. M. Figueras y Bassols, que construiría viviendas sin equipamientos ni servicios. Este polígono de viviendas se edificó en tierras de las antiguas fincas de can Travi Vell y can Travi Nou, can Marcet (Salesianos), can Brasó y can Rossell, pertenecientes al antiguo municipio de Horta. Los bloques de viviendas de la Vall d’Hebron se imponen, aislados y potentes, sobre el paisaje. El resultado es un territorio de antiguas masías, con unos bloques aislados, salpicado de descampados que después serán convertidos en las cocheras del metro. En este paisaje destaca la imagen de una persona caminando por un territorio informal, todavía por urbanizar, quizás camino de su lugar de trabajo, situado en la ciudad formal. No fue hasta 1987 cuando, con motivo de la ratificación de la candidatura de Barcelona a los Juegos Olímpicos de 1992, se aprobó un proyecto de ordenación de este territorio que recorre el peatón retratado. Así, los antiguos descampados, huertos ilegales y barrancos se transformaron finalmente en un parque equipado con importantes instalaciones deportivas para la ciudad.
Sant Genìs a Horta. La sua origine è nella costruzione del poligono residenziale “Parque de la Vall d’Hebron” nel 1968, blocchi abitativi realizzati a partire dal Piano Regionale del 1953 che qualificò questo territorio come parco urbano e città-giardino. Il progetto consisteva nell’approvazione di un piano parziale, presentato dal gruppo immobiliare di J. M. Figueras y Bassols, che avrebbe costruito abitazioni senza altre dotazioni o servizi. Il poligono venne costruito sui terreni delle antiche proprietà di Can Travi Vell e Can Travi Nou, Can Marcet (Salesiani), Can Brasó y Can Rossell che facevano parte del vecchio municipio di Horta. Gli edifici della Vall d’Hebron si impongono, isolati e imponenti, sul paesaggio e il risultato è un territorio di antiche masserie costellato di spianate che ospiteranno le rimesse della metropolitana. In questo paesaggio risalta l’immagine di una persona che cammina in un territorio informale, ancora da urbanizzare, diretta, chissà, al suo luogo di lavoro nella città formale. Fu solo nel 1987, quando venne ratificata la candidatura di Barcelona per i Giochi Olimpici del 1992, che si approvò un progetto di ordinamento di questo territorio. Così, le vecchie spianate, gli orti illegali e gli avallamenti si trasformarono finalmente in un parco attrezzato con importanti installazioni sportive per la città. Vicino al Vall d’Hebron, a Montbau, troviamo tre blocchi con un buon livello di costruzione, in prefabbricato, in quello che doveva essere uno dei quartieri modello della zona. Lo sguardo si rivolge anche verso una serie di casette bianche a schiera, luogo di sperimentazione architettonica. Il quartiere di Montbau si trova ai piedi della Serra di Collserola, sul lato nord della Ronda de Dalt, un’area che si cominciò ad urbanizzare in maniera ordinata a partire dal 1956 per far fronte alla
Cerca de la Vall d’Hebron, en Montbau, encontramos tres bloques con una buena arquitectura de prefabricados en el que tenía que ser uno de los barrios modélicos de la zona. La mirada se desplaza también hacia unas casitas blancas como lugar de experimentación arquitectónica. El barrio de Montbau se encuentra al pie de la Sierra de Collserola, en el lado de montaña de la Ronda de Dalt, zona que empezó a urbanizarse de forma ordenada a partir de 1956 para hacer frente a las necesidades de vivienda generadas por la inmigración de la posguerra. El Patronato Municipal de la Vivienda encargó el proyecto de unas 1.300 viviendas que fue elaborado por el prestigioso equipo de arquitectos formado por Xavier Subias, P. López Iñigo y G. Giráldez Dávila, siguiendo la línea urbanística racionalista del CIAM 5. La segunda fase, desarrollada a partir de 1961, fue modificada y dobló la densidad inicialmente prevista. Sergio Dahò también se interesa por Singuerlín, un barrio de Santa Coloma de Gramenet situado al otro lado del río Besòs. Allí se construyen bloques del polígono residencial que conviven con antiguas masías y viviendas de autoconstrucción en el camino hacia la montaña. Este territorio, que en el siglo XIX era el lugar predilecto de veraneo de las clases acomodadas de Barcelona, ahora ha sido reconvertido en una mezcla de ciudad planificada y ciudad autoconstruida. La supervivencia, el derecho a la vivienda y la vivienda como negocio se entretejen de forma compleja. En sus fotografías, Dahò capta elementos como la farola, asociada a la electricidad, y el autobús subiendo la colina, expresión del acceso al transporte público, como elementos que definen lo urbano; un poco al estilo en que Edward Hopper reflejaba en sus cuadros la urbanización de la periferia norteamericana. Dahò, además, retrata este nuevo espacio vivido estableciendo un equilibrio entre la arquitectura y la nueva vida urbana.
richiesta abitativa generata dall’immigrazione del dopoguerra. Il Patronato Municipal de la Vivienda promosse il progetto di 1.300 abitazioni che fu elaborato da un gruppo prestigioso di architetti costituito da Xavier Subias, P. López Iñigo y G. Giráldez Dávila, seguendo la linea urbanistica razionalista del CIAM 6. La seconda fase, sviluppata a partire dal 1961, venne modificada in modo da raddoppiare la capacità abitativa prevista inizialmente. Sergio Dahò si interessa anche al Singuerlín, un quartiere di Santa Coloma de Gramenet situato sull’altra sponda del fiume Besos. Lì vennero costruiti insediamenti residenziali che convivevano con antiche masserie e abitazioni autocostruite lungo il cammino verso la montagna. Questo territorio, che nel diciannovesimo secolo era la località prediletta dalle classi più abbienti per le vacanze estive, è diventato oggi un miscuglio di città pianificata e città autocostruita. La sopravvivenza, il diritto alla casa e la casa come affare commerciale, si intersecano in modo complesso. Nelle sue fotografie Dahò coglie elementi come il lampione, associato all’elettricità, l’autobus che risale la collina, espressione dell’accesso al trasporto pubblico, come elementi che definiscono la dimensione urbana, un pò come Edward Hopper rappresentava nei suoi quadri la periferia nordamericana. Dahò, inoltre, registra questo nuovo spazio vissuto trovando un equilibrio tra l’architettura e la nuova vita urbana. Roquetes e Carmel, esempi di autocostruzione al margine dell’amministrazione Ma dove si fa più intensa la riflessione visiva di Dahò nel suo percorso lungo le periferie è nel quartiere di Roquetes. Il suo sguardo si concentra sui margini, dove le case costituiscono la
Roquetes y Carmel, ejemplo de autoconstrucción al margen de la administración Pero quizás donde más se intensifica la reflexión visual de Dahò en su recorrido por la periferia es en el barrio de Roquetes. Su mirada se concentra en los márgenes, donde las viviendas establecen la frontera con la naturaleza, como la última línea de conquista. El fotógrafo observa el descampado que atravesará la Ronda de Dalt, y unos barrancos por donde apenas circula la gente, pero también un sector del barrio en la periferia: el paso de la línea de alta tensión como espacio de flujo de peatones. Es la conocida calle de 40 m., que en el futuro será un espacio central de Nou Barris con la urbanización de la Vía Julia. Su mirada se ve atraída hacia los futuros espacios de flujos y los terrenos abandonados. En esta zona ya se sitúan los primeros equipamientos de ocio: la Buñolería Mariano, una arquitectura móvil propia de un barrio en construcción, un territorio en transición. Por otra parte, en sus fotografías se aprecian escenas de una periferia en construcción improvisada: los desniveles entre los planos de la calzada y de la casa, debido a que, en muchos casos, se ha ubicado la vivienda en un lugar seguro sobre la roca, fuera del peligro de los torrentes de agua de lluvia, impidiendo una sección de calle razonable; calles que transcurren entre dos fachadas de casas, con aceras estrechas, que son apenas los umbrales de las viviendas; la vía pública como espacio de juego, aún no urbanizada; los primeros coches invadiendo calles sin asfaltar; los camiones ocupando calles con socavones y en pendiente. Su mirada se dirige instintivamente hacia los signos urbanos de una ciudad inacabada.
frontiera con la natura, come si trattasse di una ultima linea di confine. Il fotografo osserva i terrain vagues che saranno attraversati dalla Ronda de Dalt e gli avallamenti dove appena può circolare la gente, ma anche altri spazi di importante flusso pedonale sovrastati da una linea dell’alta tensione. E la famosa ‘Strada dei 40m’ che, con l’urbanizzazione della Via Julia, diventerà un’area centrale del Nou Barris. E in questa zona già si trovano le prime installazioni temporanee per la ricreazione, come la Buñoleria Mariano, un chiosco che vende frittelle, un’architettura mobile propria di un quartiere in costruzione, di un territorio in transizione. Le sue fotografie mostrano anche scenari di una periferia costruita con improvvisazione, con i dislivelli tra il piano stradale e quello dell’edificio dovuti alla necessità, in molti casi, di costruire su terreno sicuro, direttamente sulla roccia, evitando il pericolo dei torrenti generati dalla pioggia ma impedendo una sezione stradale più ragionevole; strade che scorrono tra due facciate di case, con marciapiedi stretti che costituiscono in effetti le soglie delle abitazioni; la strada, non ancora urbanizzata, come luogo di gioco; le prime automobili che invadono strade non ancora asfaltate; autocarri che si muovono faticosamente tra avallamenti e forti pendenze. Il suo sguardo si dirige istintivamente verso i segni urbani di una città incompiuta. *** La città è un organismo vivo, con i suoi ritmi di crescita e di rinnovamento urbano; è uno spazio in costante trasformazione. Lo spazio pubblico dei margini delle periferie, così ben descritto da Manuel Delgado in Sociedades Movedizas7, si trova
*** La ciudad es un organismo vivo, con sus ritmos de crecimiento y de renovación urbana; es un espacio en constante transformación. El espacio público de los márgenes, que tan bien describe Manuel Delgado en Sociedades Movedizas 6, se encuentra hoy en la cartografía de los desahucios bancarios del área metropolitana. Barcelona evoluciona continuamente, y Sergio Dahò plasma en sus fotografías de finales de la década de 1960 un espacio periférico que, con el tiempo, será digerido por la ciudad. La urbe crece progresivamente, los barrios se construyen por sí solos, con algunas pinceladas de diseño planificado. La fotografía de Sergio Dahò es la mirada de un tiempo concreto y de un espacio de la periferia urbana de la ciudad en construcción. Su observación capta hábilmente las diferentes formas de crecimiento urbano: desde la precariedad de las barracas de Montjuïc, hasta los experimentos en Montbau, la especulación sobre una base agrícola en la Vall d’Hebron, o sobre antiguas parcelas de casas en Roquetes; una ciudad cuyos barrios se han edificado de forma paulatina gracias a un conjunto de actores urbanos –en este caso, los propios ciudadanos–, cuyas acciones han dado lugar a formas urbanas propias. La mirada de Sergio Dahò nos traslada a los márgenes de la ciudad, a la periferia de Barcelona a finales de los sesenta y, aunque en cierta medida su trabajo es el legado de un espacio vivido en aquella época, ahora ya un punto lejana, no por ello deja de ser cercana en un tiempo que reclama, otra vez, revuelta.
oggi nella cartografia degli sfratti bancari dell’area metropolitana. Barcellona evolve continuamente e Sergio Dahò raffigura nelle sue fotografie della fine degli anni sessanta un spazio periferico che, con il tempo, sarà inghiottito dalla città che cresce senza sosta: i quartieri sorgono spontaneamente, con solo alcuni accenni di pianificazione. La fotografia di Sergio Dahò è lo sguardo su un epoca precisa e su uno spazio periferico della città in costruzione. La sua osservazione coglie abilmente le diverse forme di crescita urbana: dalla precarietà delle baracche del Montjuïc agli esperimenti architettonici di Montbau, dalla speculazione sui terreni agricoli della Vall d’Hebron agli antichi appezzamenti di Roquetes; una città i cui quartieri sono stati edificati in forma graduale grazie anche ad un insieme di attori –in questo caso gli stessi cittadini- le cui azioni hanno dato luogo a forme urbane proprie. Lo sguardo di Sergio Dahò ci porta ai margini della città, alla periferia di Barcellona sul finire degli anni sessanta ma, anche se in una certa misura il suo lavoro è il lascito di uno spazio vissuto in quell’epoca ormai remota, non per questo appare lontano da un presente che necessita, ancora una volta, di proteste e rivendicazioni.
Notas:
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Henri Lefebvre, Le Droit à la ville. París: Éditions Anthropos, 2009. Henri Lefebvre, La producción del espacio. Madrid: Capitán Swing, 2013. Manuel Vázquez Montalbán, Los mares del sur. Barcelona: Planeta, 2009. Juan Marsé, Últimas tardes con Teresa. Barcelona: Seix Barral, 2005. Congreso Internacional de Arquitectura Moderna. Manuel Delgado, Sociedades movedizas. Pasos hacia una antropología de las calles. Barcelona: Anagrama, 2007.
Note:
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Henri Lefebvre, Il diritto alla città. Padova: Marsilio Editore, 1978. Henri Lefebvre, La produzione dello spazio. Milano: Moizzi Editore, 1976. Manuel Vázquez Montalbán, I Mari del Sud. Milano: Feltrinelli, 1996. Juan Marsé, Últimas tardes con Teresa. Barcelona: Seix Barral, 2005. L’autore fa riferimento all’opera dell’ingegnere e urbanista Ildefonso Cerdà (1815 – 1876) Congreso Internacional de Arquitectura Moderna. Manuel Delgado, Sociedades movedizas. Pasos hacia una antropología de las calles. Barcelona: Anagrama, 2007.
SERGIO DAHÒ
Barcelona 1967 - 1972
EXPOSICIÓN
CATÁLOGO
Galería Barcelona Visions, Barcelona. Del 25 de septiembre al 13 de noviembre de 2014.
Autor: Sergio Dahò. Edición: Marta Dahò y Sergio Dahò. Textos: Marta Dahò, Francesc Magrinyà. Correcciones: Rocío Peñalta. Diseño: Ignasi López [Lê_booqs]. Impresión: The Folio Club, Barcelona. Papel: Volume Offset 145g. Cubierta: Keaycolor Original Sombre Grey 300g.
Comisariado: Marta Dahò. Copias fotográficas: Jordi Calafell. (a partir de los negativos originales) Con la colaboración del Arxiu Fotogràfic de Barcelona.
ISBN: 978-84-617-1527-5 1ª edición de 60 ejemplares. © de las fotografías: Sergio Dahò. © del mapa: Arxiu Municipal. Ajuntament de Barcelona. © de los textos: los respectivos autores.
Agradecimientos: Giuliano Regis, Ana Giorgetti, Laura Sapienza, Claudio Fasoli, Jordi Calafell, Jordi Serchs, Toni Coll Tort, Ignasi López.