Giuseppe fioroni nella luce nel colore

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Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa e il suo cuore è un artista. San Francesco D’assisi



Fioroni Giuseppe

Nella luce, nel colore In the light, in the color Testo critico Critical text

Philippe Daverio


Giuseppe Fioroni Nella luce, nel colore In the light, in the color

Roma, Palazzo della Cancelleria Apostolica Vaticana

9-23 giugno / June 2018 Con il Patrocinio With te support

Mostra a cura di Exhibition curated by Fabrizio Fabbri Coordinamento organizzativo Organizational coordination Valerio Monda Luca Alberto Di Laudo Progetto di allestimento Exhibition setup design Studio Fabbri, Perugia Immagine coordinata Corporate image Studio Fabbri, Perugia

Promossa da Promoted by

Monsignor Jean-Marie Gervais Presidente Coordinamento editoriale Editorial coordination Fabrizio Fabbri Progetto grafico Graphic design Studio Fabbri, Perugia

Trasporti Transportation Zucconi, Perugia Assicurazione Insurance Generali Assicurazioni, Perugia Un rigraziamento particolare A special thanks to Monsignor Jean-Marie Gervais Si ringrazia inoltre We also thank Corniceria Il Gabbiano, Perugia

Impaginazione Layout Maria Maddalena Merlini Foto Photo ARS Color di Paolo Ficola, Perugia Foto dell’artista Artist photo Paolo Ficola, Perugia, p. 6 Daniele Paparelli, Perugia, p. 125 Adriano Scognamillo, Perugia, pp. 17, 150 Traduzioni Traslations Globe Group, Perugia Stampa Printed Graphic Masters, Perugia

Š 2018 Giuseppe Fioroni Fabrizio Fabbri Editore Fabrizio Fabbri srl ISBN 978-88-6778-107-2




Sommario Summary

9 Presentazione Introduction Philippe Daverio 19 Opere pittoriche Drawings 95 Opere in ceramica Ceramic works 109 Opere grafiche Graphic works 127 Antologia della critica Anthology of criticism 151 Biografia Biography



Presentazione

Basta guardarlo in faccia, ammirare la sua barba bianca, per capire chi è: Giuseppe Fioroni è il mago che ogni bambino ha sognato. È una icona stabile della fantasia primordiale. E da mago si comporta. Da mago vuole apparire. La tecnologia per farsi individuare è infatti assai evidente perché lo si deve potere riconosce a prima vista. Infatti, prima ancora che di “fare” cose, il mago “è”: nato a Perugia, ma non è dato sapere quando, forse alcuni millenni orsono, ha un aspetto fisico archetipico. La barba che Merlino avrebbe invidiato e che Carlomagno ostentava è la sua dichiarazione pubblica di autorevolezza arcana. Tutto il resto deve rimanere incerto; e neppure si deve sapere se Fioroni possa essere il suo cognome vero oppure uno pseudonimo che l’arte gli ha fatto scegliere per ingannare l’opinione pubblica, per celarsi ulteriormente, per fare capire in modo sornione che i suoi dipinti sono mazzi di fiori, ordinati dalla sua mente e disordinati apparentemente per fuorviare la vista dell’avventore. Di sicuro e accertato potrebbe essere il suo nome Giuseppe, sia che lo si voglia riferire al saggio marito di Maria, quello che come lui era Homo Faber nella sua bottega da falegname, sia che lo si interpreti come una riedizione di ‫ףֵסֹוי‬, quel Yohsèf primo figlio di Giacobbe e della moglie Rachele, venuto al mondo dopo i dieci figli del primo matrimonio. A quel Giuseppe lì l’Onnipotente aveva regalato il dono d’interpretare i sogni e quando venne per gelosia cacciato dai fratelli, buttato in una cisterna e venduto come schiavo al faraone, divenne famoso e potente decifrando i complicatissimi sogni di quel faraone.

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Emulo ultimo di Giuseppe fu forse uno dei tre re magi che seguirono la cometa fino a Betlemme. Governa necessariamente il mago un luogo fisico per esercitare la sua misteriosa pratica. Ed ecco quindi lo studio di Giuseppe Fioroni, bottega del mago. Lo studio deve per forza di cose essere un antro; ci si trova di tutto, tutto ciò che la magia è suscettibile d’inventare o di far sorgere, ceramiche che richiedono per nascere la potenza del fuoco alchemico, quadri che per prendere forma si coprono di materie spesse e sovrapposte, coloratissime come i coriandoli dell’infanzia. Il mago, a differenza dallo stregone, è naturalmente esibizionista. Non vuole lo spettatore, esige un avventore pronto all’avventura, un ingannato consenziente vero e proprio. E se ha quest’avventore la fortuna di penetrare nella caverna del mago, allora gli viene offerta l’opportunità di tornare bambino e di scoprire i giocattoli di ceramica che animano l’antro e vanno nottetempo a collocarsi nei dipinti, ad inscenarsi nel racconto. Eccolo forse svelato il mistero di Giuseppe Fioroni: lui è il mago che legge i sogni nella bottega dei suoi mille attrezzi. I sogni diventano segni. Questi segni non provengono dal nulla: per essere un artista autentico è necessario avere antenati che già hanno praticato linguaggi paralleli, per essere un mago occorre discendere in qualche modo da Merlino, oppure da Gaspare, Melchiorre e Baldassarre come si chiamano da noi i magi, da Hor, Basanater e Karsudan come li chiamano gli etiopi o da Larvandad, Hormisdas e Gushnasaph come li nominano i siriani. Ma si fa prima a chiamarsi Fioroni. E si ritrova così il pittore a discendere dal Charles Dickens del Canto di Natale o del Grillo del Focolare (più evocativo il titolo inglese The Cricket on

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the Hearth, a FairyTale of Home) e del Patto col fantasma (e anche qui viene meglio in originale The Haunted Man and the Ghost’s Bargain). Rievoca le maschere che James Ensor dipingeva a Ostenda sul finire del secolo XIX, usando tra l’altro una tecnica pittorica assai parallela e anticipatrice della sua, fatta di spessori, di contrasti e di quell’apparente confusione che altro non è che l’invito per lo spettatore al proseguire nel guardare, al fermarsi e riflettere per ritrovare una parte delle fantasie che si sono sommate mentre il dipinto veniva realizzato. Dal magma di fioroni e fiorini emergono le facce. Alcune di queste sono volute, hanno una loro giustificata esistenza, ma altre sono ben più attraenti ancora: sono quelle che nascono dal fluire stesso della materia. Emergono queste, proprio per magia, dal ribollire dell’impasto pittorico. Si rivelano. E lo spettatore sogna, da bambino ritrovato.

Philippe Daverio

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Introduction

All it takes is one look at his face, an admiring look at his white beard and you know: Giuseppe Fioroni is the wizard who lives in every child’s dream. He’s a fixed image of primordial fantasy. He also behaves like a wizard. And he wants to be treated like one. Identification technology is an obvious choice: you must be able to recognise him immediately. In fact, even before he has “done” anything, the wizard “is”: he was born in Perugia on an undisclosed date – maybe a few millennia ago – and has an instantly recognizable, archetypal appearance. A beard that would have made Merlin green with envy, the spitting image of the beard that Charlemagne liked to show off, it is the artist’s public declaration of mystical authority. Uncertainty must cloud the rest, even the question of whether Fioroni is his surname or a nom d’artiste that he chose to confuse the public, behind which to hide, an underhand way of making the admirer of his art understand that his paintings are flower bouquets, perfectly arranged in the artist’s mind but in apparent disarray, to mislead the outsider. We may be certain of one thing: his first name is Giuseppe, like Maria’s wise husband who, like the artist, shaped wood in his workshop. Or as a reiteration of ‫ףֵסֹוי‬, the Joseph who was the first son of Jacob and Rachel, born after the ten sons of the first marriage. That Joseph had received from God the gift of the interpretation of dreams; when he was chased by his jealous brothers, thrown down a well and sold as a slave to the Pharaoh, he became famous and powerful by deciphering his master’s labyrinthine dreams. Maybe even one of the three

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kings who followed the comet to Bethlehem was also called Joseph. A wizard needs a physical space where to practise his mysterious craft. And here we have it: Giuseppe Fioroni’s studio, the wizard’s workshop. There is, by the sheer nature of things, little difference between the studio and a lair; it collects all that magic may invent or create: ceramics that take their life force from alchemic fire, paintings that take their form from the thick material covering them, as colourful as the confetti of our childhood. The wizard, unlike a sorcerer, is an exhibitionist by nature. He’s not looking for a spectator but for a fellow traveller, ready to be swept into an adventure and willing to be magicked away. If, then, this fellow traveller has the good fortune to enter the wizard’s cave, he’ll be transformed back into a child and will discover the ceramic toys that make the lair come alive and which, at night, enter the paintings to form their background. Perhaps we have unveiled the mystery of Giuseppe Fioroni: he is the wizard who interprets dreams in his amazing technicolour dreamcoat. Dreams become signs. These signs are not born from nothing: an authentic artist must be able to trace his ancestry back to those who spoke similar languages. To be a wizard, you have to count among your ancestors Merlin, or Gaspar, Melchior and Balthasar, as we call the three kings. Or Hor, Basanater and Karsudan, as the Ethiopians call them. Or even Larvandad, Hormisdas and Gushnasaph, in the language of the Syrians. But, first of all, you must be a Fioroni. The painter is descended from the Charles Dickens of A Christmas Carol or of The Cricket on the Hearth, a Fairy Tale of Home, to give it its full, fully evocative title, and of The Haunted Man and the Ghost’s Bargain. He harks back to the masks that James Ensor painted in Ostend at the tail end of the 19th century, using a painting technique that anticipated the technique of our artist, made up of thicknesses, contrasts and an apparent

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confusion that acts as an invitation to the spectator to continue looking, to stop and think and rediscover a part of the fantasies added to the painting in progress. You can see the faces in the magma of large and small flowers. Some of these faces were put there for a specific reason; others, the ones that are even more fascinating, are born from the very flow of the matter. Like magic, they emerge from the churning painting. They are revealed. And the spectator dreams, once more a child.

Philippe Daverio

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Opere pittoriche | Drawings


La maschera, 2001 tecnica mista su tela, cm 60 × 30

The mask, 2001 mixed media on canvas, cm 60 × 30

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Cattedrale, 2004 tecnica mista su tela, cm 100 Ă— 70

Cathedral, 2004 mixed media on canvas, cm 100 Ă— 70

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Sul Calvario, 2004 cemento e acrilico su tela, cm 70 × 50

On the Calvary, 2004 cement and acrylic on canvas, cm 70 × 50

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Sonnambula, 2010 tecnica mista su tela, cm 80 × 100

Sleepwalker, 2010 mixed media on canvas, cm 80 × 100

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La selva oscura, 2011 tecnica mista su tela, cm 100 × 120 The dark forest, 2011 mixed media on canvas, cm 100 × 120

Pagine seguenti Fiore di loto, 2012 tecnica mista su tela, cm 60 × 100 Next pages Lotus Flower, 2012 mixed media on canvas, cm 60 × 100

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La conversione di san Galgano, 2012 tecnica mista su tela, cm 100 × 150

The conversion of San Galgano, 2012 mixed media on canvas, cm 100 × 150

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La notte di San Giovanni, 2012 tecnica mista su tela, cm 100 × 150

The night of San Giovanni, 2012 mixed media on canvas, cm 100 × 150

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Omaggio a Hermann Hesse, 2012 tecnica mista su tela, cm 50 Ă— 150

Homage to Hermann Hesse, 2012 mixed media on canvas, cm 50 Ă— 150

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Fiori, 2013 tempera su carta, cm 54 Ă— 36

Flowers, 2013 tempera on paper, cm 54 Ă— 36

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Fiori per te, 2013 tecnica mista su tela, cm 70 × 30 Flowers for you, 2013 mixed media on canvas, cm 70 × 30

Pagine seguenti Omaggio a Chagall n. 2, 2013 tecnica mista su tela, cm 100 × 120 Next pages Homage to Chagall n. 2, 2013 mixed media on canvas, cm 100 × 120

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Peccato originale, 2013 tecnica mista su cartone telato, cm 40 Ă— 60

Original sin, 2013 mixed technique on canvas board, cm 40 Ă— 60

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Spiraglio di luce, 2013 tecnica mista su tela, cm 70 × 50 Spiral of light, 2013 mixed media on canvas, cm 70 × 50

Pagine seguenti La danza dei dervisci, 2014 tecnica mista su tela, cm 150 × 250 Next pages The dance of the dervishes, 2014 mixed media on canvas, cm 150 × 250

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Fiori 2, 2017 tempera su carta, cm 54 Ă— 36

Flowers 2, 2017 tempera on paper, cm 54 Ă— 36

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La danza, 2017 tecnica mista su tela, cm 150 × 100

The dance, 2017 mixed media on canvas, cm 150 × 100

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La musica, 2017 tecnica mista su tela, cm 150 × 100

The music, 2017 mixed media on canvas, cm 150 × 100

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Resurrezione di Lazzaro, 2017 tecnica mista su tela, cm 50 Ă— 70

The resurrection of Lazarus, 2017 mixed media on canvas, cm 50 Ă— 70

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La predica agli uccelli, 2017 tecnica mista su tela, cm 140 Ă— 100

The sermon to the birds, 2017 mixed media on canvas, cm 140 Ă— 100

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Alchimia e casualità, 2018 tecnica mista su tela, cm 80 × 120

Alchemy and randomness, 2018 mixed media on canvas, cm 80 × 120

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Bambino con flauto, 2018 tecnica mista su tela, cm 40 Ă— 30

Child with flute, 2018 mixed media on canvas, cm 40 Ă— 30

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Civiltà etrusche, 2018 tecnica mista su tela, cm 70 × 70

Etruscan civilisation, 2018 mixed media on canvas, cm 70 × 70

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Crocifissione, 2018 tecnica mista su tela, cm 100 × 60 Crucifixion, 2018 mixed media on canvas, cm 100 × 60

Pagine seguenti Da Chagall a Burri, 2018 tecnica mista su tela, cm 100 × 150 Next pages From Chagall to Burri, 2018 mixed media on canvas, cm 100 × 150

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Festa di sant’Isidro, 2018 tecnica mista su tela, cm 80 × 120 Feast of San Isidro, 2018 mixed media on canvas, cm 80 × 120

Pagine seguenti Equinozio di primavera, 2018 tecnica mista su tela, cm 50 × 100 Next pages Spring equinox, 2018 mixed media on canvas, cm 50 × 100

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In fondo agli abissi, 2018 tecnica mista su tela, cm 100 Ă— 150

At the bottom of the abyss, 2018 mixed media on canvas, cm 100 Ă— 150

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Lo squalo, 2018 tecnica mista su tela, cm 40 × 100

The shark, 2018 mixed media on canvas, cm 40 × 100

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Vortice, 2018 tecnica mista su tela, cm 80 × 120

Vortex, 2018 mixed media on canvas, cm 80 × 120

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Musica angelica, 2018 tecnica mista su tela, cm 70 × 100 Music of the angels, 2018 mixed media on canvas, cm 70 × 100

Pagine seguenti Omaggio a Lionel Hampton, 2018 tecnica mista su tela, cm 100 × 150 Next pages Homage to Lionel Hampton, 2018 mixed media on canvas, cm 100 × 150

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Pensando ad Afro, 2018 tecnica mista su tela, cm 50 × 150

Thinking of Afro, 2018 mixed media on canvas, cm 50 × 150

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Nevicata su Assisi, 2018 tecnica mista su tela, cm 50 Ă— 70

Snowfall in Assisi, 2018 mixed media on canvas, cm 50 Ă— 70

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Plenilunio, 2018 tecnica mista su tela, cm 40 × 60 Full moon, 2018 mixed media on canvas, cm 40 × 60

Pagine seguenti Notturno, 2018 tecnica mista su tela, cm 100 × 150 Next pages Nocturne, 2018 mixed media on canvas, cm 100 × 150

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Fascino del sud, 2018 tecnica mista su tela, cm 30 Ă— 120

Southern charm, 2018 mixed media on canvas, cm 30 Ă— 120

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Opere in ceramica | Ceramic works


Torre di Babele, 2008 ceramica, cm 138 × 45

Tower of Babel, 2008 ceramic, cm 138 × 45

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San Giorgio, 1977 ceramica, cm 36 × 47

St. George, 1977 ceramic, cm 36 × 47

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Cattedrale, 2013 ceramica, cm 25 × 25 × 14

Cathedral, 2013 ceramic, cm 25 × 25 × 14

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Cattedrale n. 3, 2016 ceramica, ∅ cm 80

Cathedral n. 3, 2016 ceramic, ∅ cm 80

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Cattedrale n. 5, 2016 ceramica, ∅ cm 60

Cathedral n. 5, 2016 ceramic, ∅ cm 60

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Il presepe omaggio a de Chirico, 2014 ceramica, h cm 25

The crib Homage to de Chirico, 2014 ceramic, h cm 25

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Opere grafiche | Graphic works


La predica, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 The sermon, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

L’Ultima Cena, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 The Last Supper, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

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Nell’orto degli ulivi, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 In the garden of Gethsemane, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

La cattura di Gesù, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 The arrest of Jesus, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

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Davanti a Pilato 1, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 Before Pontius Pilate 1, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

Davanti a Pilato 2, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 Before Pontius Pilate 2, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

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La salita al Calvario 1, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 Ascending the Calvary 1, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

La salita al Calvario 2, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 Ascending the Calvary 2, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

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La crocifissione di Gesù, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 The Crucifixion of Jesus, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

La resurrezione di Gesù, 2001 china su carta, cm 21 × 29,7 The resurrection of Jesus, 2001 china on paper, cm 21 × 29,7

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Gesù crocifisso, 1990 penna e matita su carta, cm 20 × 15

Jesus crucified, 1990 pen and pencil on paper, cm 20 × 15

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Crocifissione, 2001 acquerello su carta, cm 20 × 15

Crucifixion, 2001 watercolor on paper, cm 20 × 15

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Antologia della critica | Antology of criticism (selezione)

(selection)



Giuseppe Fioroni. II Giullare dell’Arte

“La poesia non nasce da le regole…ma le regole derivano da le poesie; e però tante son specie de regole, quante son poeti. Or come dunque saranno conosciuti gli veramente poeti? Dal cantar de versi”. (Giordano Bruno)

Musicanti, zingari, pagliacci, sognatori – perché Giuseppe Fioroni ama tanto dipingerli? “Perché sono liberi” afferma, semplicemente. Egli ama le vecchie leggende, per lo stesso motivo dei bambini: esse raccontano storie di vagabondaggi ovunque si preferisca, generalmente posti che si immaginano meravigliosi. I personaggi delle fiabe hanno agende con pagine vuote, buffi berretti e costumi leggermente impolverati dalla strada. Poveri re e regine, costretti nei loro ruoli tutto il giorno, abbottonati fino al collo nei loro ricamati abiti regali. I dipinti di Fioroni hanno l’innocenza, la gioia e l’onestà dei bambini, ed hanno anche un lato serio, benchè sia necessario conoscerli, proprio come i bambini, prima di poterlo scoprire. Quest’estate il Foundling Museum ospita al piano inferiore, un carnevale improvvisato di Fioroni pieno di quadri dai colori luminosi che suonano, cantano e si rifiutano di essere zittiti. Sgargianti rossi, gialli e blu, facce bizzarre e sfondi indistinti sono l’impronta della finzione. Feste mascherate e travestimenti hanno un unico scopo: capovolgere il mondo e guardarlo con altri occhi. E questo è quello che fa Fioroni. L’opportunità della mostra al Foundling Museum ha entusiasmato l’artista ed ecco perché: quasi tutte le parole italiane contengono una storia e più si conosce l’Italia e più si scopre che queste tendono ad entrare in relazione nei modi più rivelatori. L’allegro nome Fioroni per esempio, significa “fiori grandi” ed è certamente gradevole. “Innocenti” è la parola italiana per “foundlings”, trovatelli, ed i suoi sottintesi sono tragici ma fieri. Gli italiani paragonavano i loro bambini senza genitori agli innocenti bambini di Betlemme uccisi per ordine del cattivo Re Erode. Già prima dell’anno 450 i Santi Innocenti erano celebrati con un giorno festivo, “Childermas”, tre giorni dopo Natale. Come suggerisce il nome, questa festa celebra i bambini e per secoli è stata una delle più gioiose del calendario ecclesiastico (particolarmente in Inghilterra). Per gioco un bambino del luogo veniva scelto per interpretare il ruolo di un vescovo autoritario, le cui burle facevano ridere tutti. Per tre settimane era un bambino a comandare, si sentivano più risate del solito nello Spedale degli Innocenti, nome italiano di un Foundling Hospital. Mi scuso per essermi dilungato, ma i quadri di Fioroni che sono storie devono essere spiegate con altre storie. Considerate “Iter di Francesco” esposto all’interno della mostra. Poiché è l’opera di un artista umbro, il titolo non può che riferirsi a San Francesco. In Italia dove Fioroni è nato settanta anni fa, si pensa che ogni luogo ha un proprio spirito chiamato “genius”. Fioroni è sempre vissuto a Perugia una delle città medievali meglio conservate della regione umbra.

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Lo scrittore Henry James si innamorò di Perugia, “inebriato”, scrive nel suo Ore Italiane, dalla vista dall’alto della collina “di una pianura in fiore ed un fiume luccicante e montagne come una moltitudine di onde, vagamente punteggiate di città di pallido grigio”. Le volte di pietra, le strade a gradinate, le rampe e le mura di Perugia cantano ancora la “più autentica melodia medievale”. Non c’è da meravigliarsi perciò, che un artista cresciuto là si senta a suo agio con il passato. Nelle vicinanze sorge la santa città di Assisi sui cui pendii San Francesco predicò agli uccelli. Ho già detto che Fioroni è un appassionato musicista di canzoni popolari umbre? Questa è un’altra coincidenza che riporta a Francesco e ad Assisi. Quando era un elegante giovane dedito alla carriera militare, Francesco adorava le romantiche canzoni dei trovatori. Questa musica sorprendentemente nuova, intorno al 1200 veniva portata dalla Francia in Italia dai musicisti itineranti. Francesco conosceva il francese, suo padre aveva dei commerci lì e quel paese ispirò il nome di suo figlio. E quando Francesco cambiò la sua vocazione dalla guerra alla pace ebbe l’idea di raccontare la sua storia in canti composti non in latino o in francese ma nella lingua della sua Umbria. A differenza di altri inni del Medio Evo, il Cantico di Frate Sole di Francesco guarda alla natura come un figlio pieno di amore per il sole, la luna e tutti gli elementi. Ispirato dai Salmi, egli scrisse: “Laudato si’ mi Signore, per sora nostra madre terra la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”. Francesco inviò i suoi fratelli fuori dall’Umbria, istruendoli ad essere menestrelli che cantando sollevano i cuori di tutti coloro che li ascoltano. I più antichi testi usano il latino “joculatores” per menestrelli, ma la parola era usata anche per giullari e giocolieri. “Jongleur” combina tutti i significati possibili. Qualunque sia la parola, l’idea era di divertire dicendo la verità al potere. Osare di dire la verità era una prerogativa, consacrata nel tempo, dei giullari. Nella commedia di Shakespeare La Dodicesima Notte, Viola dice “Questo tipo è abbastanza saggio per fare il matto” – ed in verità, Feste il clown è il personaggio più acuto del cast (da notare che Shakespeare gli da un nome italiano). Dire la verità al potere è spesso più efficace con un sorriso sulle labbra, o suonando una canzone, il che ci riporta al no-stro maestro umbro. Giuseppe Fioroni è l’erede dotato di una illustre linea di artisti del ventesimo secolo, in particolare Marc Chagall e Odilon Redon, che si compiacciono di presentare i più profondi misteri in forma multicolore e con più di un tocco di bizzarria. Le illustrazioni del Vecchio Testamento di Chagall sono state una importante ispirazione per Fioroni, come pure il primo simbolismo di Redon dei luminosi pastelli. Maestri nel colloquiare, tutti questi artisti sono perfettamente a loro agio nel cambiare argomento, passando dai miracoli all’amore e viceversa. Forse innamorarsi è un altro miracolo, come la pace. Queste sono opere, come si dice, per bambini di tutte le età. John T. Spike

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Giuseppe Fioroni. The Jongleur of Art

“Poetry is not born in rules, rules are derived from poetry; and there are as many rules as there are poets. But how are true poets to be recognized? By their song”. (Giordano Bruno)

Musicians, gypsies, clowns and dreamers – why does Giuseppe Fioroni so love to paint them? ‘Because they are free’, he says, simply. He loves the old legends for the reason that children do: they tell stories of wandering wherever they please, usually to places that sound wonderful. Fable folk have calendars with blank pages, funny caps, and a costume, a little dusty from the road. Pity the poor kings and queens: stuck in appointments all day long, buttoned up to their necks in their embroidered regal best. Fioroni’s paintings have the innocence, joy and honesty of children, and they have a serious side too, although you need to know them, again like children, before they let you see it. This summer the Foundling Museum is hosting an impromptu Fioroni carnival downstairs, filled with brightly coloured pictures, making music, singing songs, refusing to be shushed. Boisterous reds, yellows and blues, whimsical faces and blurry backgrounds are the hallmarks of make-believe. Masquerade parties and disguises have a single purpose: stand the world on its head and then take another look at it. And that’s what Fioroni does. The chance to show at the Foundling Museum delighted the artist. Let me explain why. Almost every Italian word contains a story, and, the more you know about Italy, the more you see that these stories tend to overlap in most revealing ways. Fioroni’s cheerful name, for example, means ‘great big flowers’, which is certainly agreeable. ‘Innocenti’ is the Italian word for ‘foundlings’, and its overtones are tragic but proud. The Italians compared their children without parents to the innocent children of Bethlehem who were killed on order of evil King Herod. As early as the year 450, the Holy Innocents were honoured with a feast day, Childermas, that comes three days after Christmas. As the name implies, Childermas celebrates children, and for centuries the feast of the Holy Innocents was one of the most playful on the church calendar (especially in England, by the way). As part of the fun, a local child was selected to play the part of a bossy bishop, whose pranks made everybody laugh. For three weeks, ‘a child led them’ and more laughter was heard than usual in the Spedale degli Innocenti, the Italian name for a Foundling Hospital. Forgive me for being so longwinded, but Fioroni’s pictures, being stories, need other stories to explain them. Consider ‘Iter di Francesco’ – ‘Francesco’s Journey’ – which is in the show. As a work by an Umbrian artist, the title can only refer to Saint Francis. In Italy, where Fioroni was born seventy years ago, every place is considered to have its own spirit, which they call its ‘genius’. Fioroni has always lived in Perugia, one of the best preserved medieval towns in the region of Umbria. The writer Henry James fell in love with Perugia, ‘feasting his fill’, he writes in his Italian Hours, on its hilltop view of ‘blooming plain and gleaming river and wavily-multitudinous mountains vaguely dotted with pale grey cities’.

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The stone archways, street-staircases, ramps and walls of Perugia still sing the ‘truest medieval tune’. Small wonder, then, that an artist growing up there should feel so at home with the past. Nearby lies the holy hill-town of Assisi, on whose slopes St Francis preached to the birds. Did I explain that Fioroni is an avid musician of Umbrian folksongs? This is another connection going all the way back to Francis and Assisi. As a stylish youth bent on a military career, Francis adored the romantic songs of the troubadours. This startling new music of the year 1200 or so was carried from France to Italy by wandering musicians. Francis knew French, his father did business there, and named his son for that country. And so the idea came to Francis, after he had changed his outlook from war to peace, to tell his story in songs composed not in Latin or in French, but in the speech of his own Umbria. Unlike other hymns of the Middle Ages, Francis’s ‘Canticle of Brother Sun’ looks at Nature like a child filled with love for the sun, moon, and all the elements. Inspired by the Psalms, he wrote, ‘We praise thee Lord for our sister, mother earth, who sustains and gives us the various fruits, coloured flowers and green plants’. Francis sent his brothers out from Umbria, with instructions to be minstrels singing songs to lift the hearts of everyone who heard them. The oldest accounts write the Latin ‘joculatores’, for minstrel, but the word was used as as well for jesters and jugglers. ‘Jongleur’ combines all the possible meanings. Whatever the word, the idea was to entertain while speaking truth to power. Daring to tell the truth was a time-hallowed prerogative of jesters. In Shakespeare’s comedy ‘Twelfth Night’, Viola puts it thusly, ‘This fellow’s wise enough to play the fool’ – and indeed Feste the clown is the sharpest character in the cast (Note that Shakespeare gives him a good Italian name). Speaking truth to power is often most effective while wearing a smile, or playing a song – which brings us back to our Umbrian modern master. Giuseppe Fioroni is the gifted heir of a distinguished line of twentieth century artists, especially Marc Chagall and Odilon Redon, who are pleased to present the deepest mysteries in coats of many colours and more than a touch of whimsy. Chagall’s illustrations of the Old Testament were a major inspiration on Fioroni, as was Redon’s earlier symbolism in luminous pastels. Like master conversationalists, all these artists are perfectly at ease in changing the topic from miracles to love and back again. Maybe falling in love is another miracle, like peace. These are pictures, as the saying goes, for children of all ages. John T. Spike

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Il Maestro Giuseppe Fioroni con Rita Giacchè e John T. Spike The Master Giuseppe Fioroni with Rita Giacchè and John T. Spike Londra, Foundling Museum, 2008 John T. Spike, Giuseppe Fioroni, Denis Mahon Londra, Foundling Museum, 2008


Giuseppe Fioroni, Denis Mahon Londra, Tate Gallery, 2008 Denis Mahon ospite a casa del Maestro Giuseppe Fioroni, Perugia 2008 Denis Mahon visits the house of the painter Giuseppe Fioroni in Perugia, 2008


I due aspetti che maggiormente caratterizzano la pittura di Giuseppe Fioroni sono l’immediatezza del disegno e l’esuberanza del colore, l’uno contemporaneamente vincolato all’altro. Il disegno non è un esercizio di precisione ma un gesto impetuoso, svincolato da schemi e regole, che traduce sulla tela, in forma di libera improvvisazione, l’idea che nasce da un cosciente lavoro di profonda interiorizzazione. È da ricordare che Fioroni è un appassionato musicista che ama esibirsi improvvisando. Il colore, che rappresenta la proiezione esterna della sensibilità dell’artista, è in grado di interpretare con forza suggestiva e per certi versi magica, allegorie, miti, tradizioni e simboli. “Il colore, forse ancora più del disegno, è liberazione”. (H. Matisse). Denis Mahon, 21 maggio 2008

The two qualities that I most appreciate in Giuseppe Fioroni’s paintings are the immediacy of his handling and the exuberance of his colours. These aspects are closely linked. Fioroni’s draftsmanship is impetuous and unconventional, as opposed to an exercise in precision. He takes risks, relying on improvisation to transfer his inner idea to the canvas. It is always worth bearing in mind that he is an avid musician who loves to perform. As to his colours, the artist uses them to underscore the emotional, and sometimes even magical, force of his musings on the old myths and legends. A remark by Henri Matisse comes to mind, ‘Above all, colour is a liberation…perhaps even more so than drawing’ (La couleur surtout et peut-être encore plus que le dessin est une libération). (H. Matisse). Denis Mahon, 21 May 2008

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Vittorio Sgarbi e Giuseppe Fioroni Vittorio Sgarbi and Giuseppe Fioroni Perugia, Palazzo Cesaroni, 2004


L’anima segreta della pittura

È un mondo allo stesso modo intimo e appartenente alla sfera personale di ognuno di noi, frutto creativo della memoria personale e collettiva, quello evocato dall’arte di Giuseppe Fioroni. Un mondo senza luogo e senza tempo, ma che rimanda a un Medioevo inteso non tanto come specifico periodo storico, quanto come categoria dello spirito e dell’immaginazione, dimensione dello spirito ancora vergine. Un Medioevo puro che non è nei libri di storia, ma dentro le nostre anime, mescolandosi liberamente ad altre suggestioni solo apparentemente in contraddizione con esso, il fascino dell’antico Egitto, il rispetto per la tradizione rinascimentale centro-italica da cui Fioroni, umbro puro, sente istintivamente di provenire. Un mondo ancora convinto della necessità della figurazione, del racconto, del mito, della favola, della parabola, della sacra scrittura, del simbolo, dell’emblema, dell’allegoria, della narrazione come sermo cotidianus in cui reale e irreale si confondono per rivelare sotto metafora il senso primordiale delle cose, l’uomo che si confronta francescanamente con la propria vita e con la natura, con il bene e con il male, con il divino e il dannato. Un mondo che è un carro di Tespi, sempre pronto a alzare il sipario, dovunque trovi applicazione, dal dipinto alla ceramica, e a offrirsi come spettacolo di se stesso, teatro permanente in cui ognuno è destinato a essere il personaggio di una recita, ognuno a vestire un costume di scena. La recita è a soggetto, non sempre i personaggi danno l’impressione di comprenderla e condividerla, ma non esitano a seguirla con dedizione totale, marionette di un gioco immensamente più grande del loro. Sono mossi da una forza sotterranea e irresistibile, quasi orfica, volta spontaneamente al conseguimento del piacere, un’anima segreta dell’universo che annulla le individualità a favore del gruppo e trova nella convivenza la forma suprema di sopportazione del vivere. La lontananza è notevole, almeno dal punto di vista visivo, ma questo teatrino di Fioroni sembra talvolta condividere la stessa visione del mondo di Giandomenico Tiepolo negli affreschi carnevaleschi di Villa Valmarana, la stessa animazione viscerale, chissà se anche lo stesso tipo di critica all’ottimismo illuminista. Ma ciò che in Tiepolo è fastidiosa insensatezza dell’uomo, in Fioroni diventa dolce delirio di una vita che adeguandosi ai ritmi della natura e della storia diventa sogno, senza alludere ad alcun dramma. In questo clima di sospensione nel quale nessuno sembra poggiare i piedi per terra, neanche coloro che guardano le opere di Fioroni, in queste atmosfere vaporose e ovattate, aleggia un senso del magico che riesce a far quadrare il caos primordiale come per miracolo, il mistero atavico che tutto decide e conduce. Solo un accenno di inquietudine in quelle espressioni bloccate e attonite, prive di intenti comunicativi, che non sapresti se interpretare come manifestazione di atarassia, di appagamento o di insoddisfazione. Evidentemente, anche nel mondo creativo di Fioroni, la felicità non è un traguardo scontato, ma va conquistato momento per momento, goduto goccia dopo goccia. Un mondo semplice e popolare, quello di Fioroni, perché fatto di valori concreti e immediatamente percepibili, valori che siamo abituati a condividere come patrimonio comune delle abitudini dei nostri avi, dei nostri padri, di noi stessi, ma non certo rozzo e popolare; dotato anzi di una sua particolare delicatezza, pieno di saggezza secolare nella sua sereni-

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tà da filastrocca, morbido sotto la scorza grezza, per niente compiaciuto quando conduce la vena primitiva, memore di Chagall e di Matisse, fino a sfiorare la soglia del naïf. Figure come bambocci, soavi e incantati, corpi che vengono stilizzati da un segno netto e solido, da un gesto rapido e senza ornamenti superflui; forme nel complesso regolari, dotate perfino di un loro equilibrio classico, ma che viene subito smentito, almeno quando siamo lontani dalle ceramiche, da colori sfumati e irrealistici, filamenti che levano alla materia molta della sua consistenza, generando nuvole colorate che si formano e si disfano nel cielo della figurazione, sempre in modo irregolare e imprevedibile. Caleidoscopica e quasi arlecchinesca è questa alternanza di tonalità che scandiscono la superficie pittorica come un composito patchwork: giallo, rosso, azzurro, blu, il caldo associato al freddo, il solare al notturno, il salato al dolciastro, con il bianco schiumoso a coprire gli scarti da un passaggio all’altro, ammortizzando gli eccessi espressivi. Sono colori sorprendenti, docili e rassicuranti, ma dotati di un vigore elettrizzante, che determinano una partitura quasi autonoma dalla figurazione a cui si sovrappongono, come se un’immagine astratta finisse per coincidere con la colorazione di una figurativa. Basterebbe stilizzare ulteriormente quelle fattezze umane per trovarci di fronte a un nuovo universo lirico, tutto mentale, al di fuori di ogni riferimento oggettivo. Fioroni è ancora una volta al limite di un confine, prima fra reale e irreale, storia e metastoria, dipinto e ceramica, ora fra astrazione e figurazione. È in questo azzardo continuo, all’interno di una poesia che riscontra la magia nelle cose semplici, che va cercata la radice più autentica dell’arte di Giuseppe Fioroni. Vittorio Sgarbi

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The secret soul of painting

It is a world that is in the same way intimate and part of each of our personal sphere’s, creative fruit of personal and collective memory, that which is evoked from the art of Giuseppe Fioroni. A world without place and time, but which refers to the Medieval age, understood not as a specific historical period but as a category for the spirit and imagination, the perspective of the still virgin spirit. The pure Medieval age, that is not in the history books but in our souls, freely mixing itself with other suggestions only seemingly in contradiction with it, such as the charm of ancient Eygpt, the respect for the traditions of the renaissance in central Italy, from where Fioroni, pure Umbrian, feels instinctively to originate. A world still convinced in the necessary depiction of story, myth, fairytale, parable, sacred scripture, symbol, emblem, allegory and narration as sermo cotidianus, wherein real and unreal merge to reveal through metaphor the primordial sense of things, man who confronts in a Franciscan manner, his life and nature, good and evil, the divine and the damned. A world that is a chariot of Tespi, always ready to raise the curtain wherever need be, from painting to ceramics, and to offer itself as a show, permanent theatre in which everyone is destined to be a character in the play, everyone to wear a stage costume. The play is a story, in which the characters don’t always give the impression to understand or share it, but they don’t hesitate to follow it with total dedication, puppets in a game immensely greater than themselves. They are moved by an interior and irresistible force, almost Orphic, it shifts spontaneously to the attainment of pleasure, the secret soul of the universe that annuls individuality in favour of the group and finds in coexistence the supreme form life endurance. The remoteness is remarkable, at least from the visual point of view but this little theatre of Fioroni seems to share the same vision of the world as Giandomenico Tiepolo in the “Carnevaleschi” fresco’s of Villa Valmarana, the same visceral animation; who knows, perhaps also the same type of criticism of the Enlightenment optimism. But that which in Tiepolo is the annoying foolishness of man, in Fioroni becomes the sweet delirium of a life that is adapting itself to the rhythms of nature and history, it becomes a dream, without alluding to any drama. In this climate of suspension in which no one seems to rest their feet on the ground, not even those who look at the works of Fioroni, with these hazy and hushed atmospheres, a sense of magic wafts in the air that miraculously manages to put in order the primordial chaos, the atavistic mystery that everything decides and conducts. Only a hint of disquiet in the expressions frozen in astonishment, devoid of communicative intentions, one wouldn’t know whether to interpret them as manifestations of ataraxia, of fulfillment or of dissatisfaction. Evidently, even in the creative world of Fioroni, happiness is not a foregone conclusion but is obtained moment to moment, enjoyed game after game. Fioroni’s world is a simple and popular world, it is made of concrete values which are immediately perceivable, values that we are used to sharing as a common patrimony from our ancestors customs, from our fathers, from ourselves which are certainly not uncouth and common; this world is bestowed with it’s own particular delicateness, full of secular wisdom in it’s nursery rhyme serenity, soft under the rough skin, not self-satisfied

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when it leads the primitive inspiration, mindful of Chagall and Matisse, up to skimming the threshold of the “naïf”. Figures like chubby children, sweet and enchanting, bodies become stylized by a clear and solid stroke, by a rapid gesture and without superfluous ornamentation. Forms on the whole regular, blessed even with their own classical equilibrium but that becomes instantly denied, at least when we are away from the ceramics, from colours faded and unrealistic, filaments that take from the material much of it’s consistency, generating coloured clouds that form and dissolve in the sky of depiction, always in an irregular and unpredictable way. Kaleidoscope and almost farcical, it is this alteration in tonality that articulates the pictorial surfaces as a composite “patchwork”: yellow, red, blue, dark blue, warmth associated with cold, solar with nocturnal, salted with sugary, and frothy white to cover the deviation from one passage to another, cushioning the expressive excesses. They are surprising colours, docile and reassuring but blessed with an electrifying vigour that determines a score almost independently from the depiction to which they are superimposed, as if an abstract image ends up to coincide with the colouration of one that is figurative. It would be enough to stylize further those human features to find ourselves in front of a new lyrical universe, everything mental, outside of every objective reference. Fioroni is still on the boarder line, firstly between the real and unreal, history and metahistory, painting and ceramics, and now between abstraction and depiction. It is in this continuos risk, inside a poem which sees magic in the simple things, that is the most genuine root of art of Giuseppe Fioroni. Vittorio Sgarbi

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Onirica

Talvolta è indispensabile rivelare i meccanismi bizzarri e celati che vengono applicati, da chi guarda, alla pratica dell’indagine che sta compiendo: chi osserva le opere degli artisti dovrebbe tentare di nuotare vigorosamente contromano per risalire alla fonte del loro fare. Il mondo visivo d’oggi appare infatti codificato a tal punto che ogni creativo appartiene ad un tutto o almeno ad una parte di questo tutto: chi non è classificato si trova non solo fuori contesto ma addirittura apparentemente delegittimato. E se l’occhio del curioso alla ricerca di pieghe inattese nel panorama si ritrova illuso e frustrato, quello di chi indaga si trova invece stimolato. Occorre quindi procedere d’astuzia per capire laddove mille sfarfallii tentano d’illudere. Serve non solo arrivare ad un giudizio sull’opera, giudizio che normalmente dovrebbe richiedere tempi lunghi di sedimentazione, serve ben di più ancora capire chi di quest’opera è l’autore, il colpevole. Uno dei “trucchi” minimi e marginali per capire il rapporto che l’autore stesso intreccia con l’opera che realizza, è guardare con attenzione il modo con il quale appone la firma all’opera completata. Gli artisti grafici si tradiscono immediatamente: appongono firme retoriche. Gli artisti consapevoli appaiono invece quasi intimiditi nell’inserire il loro nome all’interno d’un lavoro che loro stessi rispettano mentre lo stanno realizzando. Courbet firmava con la semplicità d’un operaio che ha appena concluso la sua giornata d’impegno, lo stesso facevano il sommo e complicato de Chirico e il suo abissale collega Mario Sironi. È ciò che fa pure Giuseppe Fioroni. Nell’aspetto fisico, nella barba barocca e nel vestire da folletto, sembrerebbe egli destinato ad un comportamento ben più pirotecnico. Mentre realizza i suoi dipinti lascia correre una gestualità talvolta addirittura feroce. Porta invece per la sua opera, una volta compiuta e pronta alla firma come un testo da lasciare ai posteri, un rispetto finale che diventa per l’osservatore accorto il segnale d’accesso ad un cosmo pittorico che si rivela ben più complesso di quanto non possa apparire ad un occhio inavvertito. Sicché il suo garbo calligrafico diventa strumento di contrappunto per indagare la sua virulenza pittorica. E questa stessa energia nell’inventare l’immagine viene percepita successivamente non come un magma incontrollato ma come una pulsione forte dominata con attenzione da una radicale intelligenza artistica, così consapevole questa da potere superare ogni rischio di apparentamento o di citazione. Fioroni è autenticamente transgenico: riprende il percorso dell’arte in quel momento espressionista che gli altri avevano lasciato in sospeso perché gli eventi bellici della Prima Guerra Mondiale avevano mutato il fondo dell’anima delle visioni possibili. Non credo che egli lo sappia, anzi è forse inutile che ne sia addirittura al corrente, ma oggi, a cent’anni esatti da quella deflagrazione della demenza europea, lui ci riporta non con i piedi a terra ma con la testa fra le nuvole delle emozioni troncate. E così tornano, come dei diavoletti saltati fuori dalla scatoletta, le facce clownesche di Ensor con le loro contorsioni cromatiche e fisiche; così tornano le barche a vela di Marquet che hanno preso il vento delle postmodernità. Torna la materia coloratissima d’un Vlaminck non ancora reso monocromatico dal fango delle trincee. Tornano le melanconie dei primi arlecchini rosa di Pablo Picasso e gli svolazzi celesti di Marc Chagall. Ma non sono imitazioni. Corrispondo al tentativo assai riuscito di riprendere “le fila d’un discorso” dopo la condanna trasversale della cultura pittorica avvenuta prima con l’esperienza del concetto puro e successivamente con

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il percorso transgenico delle avanguardie degli anni ’80 del secolo scorso. Ma la sua non è affatto una consapevolezza fuori dai tumulti che il tempo intercorso ha graffiato nella memoria della sensibilità visiva. Tutta l’esperienza recente della materia, del gesto, della spatola e della goccia, dell’apparente casualità e del controllo poetico di questa casualità, viene assorbita e restituita con una freschezza rinnovata. Il gioco d’oggi non può non tenere conto dell’evanescenza che la coscienza attuale porta in sé. Il segno non può esistere in modo ingenuo: l’esperienza della semiotica ha insegnato che sotto lo strato apparente permangono gli strati inferiori d’un fare precedente. Sicché la massa pittorica che ne deriva si fa ricca di evocazioni e di vibrazioni. Ed è quella lì, che apre alle vibrazioni evocative d’un espressionismo fuori tempo, che assume denso ed evocativo valore poetico. Philippe Daverio

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Giuseppe Fioroni e Philippe Daverio Giuseppe Fioroni and Philippe Daverio Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 2014


Da sinistra | From the left: Fabrizio Fabbri, il Maestro Giuseppe Fioroni, Philippe Daverio, Andrea Barducci, Michele Fioroni Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 2014


Dreamlike

Sometimes it is essential to reveal the bizarre and hidden mechanisms that are applied, by the viewer, in the investigation undertaken: those who observe works of artists should try to swim vigorously against the current to trace the source of their creation. The visual world of today is in fact coded to such a point that every creative person belongs to a whole or at least to a part of all this whole: those who are not classified find themselves not just out of context only but even seemingly delegitimised. And if the eye of the curious, looking for unexpected trends in the landscape, feels disillusioned and frustrated, that of whose who investigate feels encouraged instead. It is therefore necessary to proceed with shrewdness to understand where a thousand flickers attempt to deceive. It is necessary not only to formulate a judgement on the work, a judgement that normally would require a long time to settle internally, but also much more to understand who the creator of this work is, the culprit. One of the minimal and marginal “tricks� used to understand the relationship that an artist weaves with the work he creates, is carefully looking at the way he signs the completed work. Graphic artists betray themselves immediately: they use rhetorical signatures. Artists with awareness instead appear almost intimidated a the idea of including their names on a work of art that they respected while creating. Courbet signed with the simplicity of a manual worker who just finished his day at work. The great and complicated de Chirico and his abysmal colleague Mario Sironi did the same. It is also what Giuseppe Fioroni does. In terms of his physical appearance, with the baroque beard and elfish attire, he would seem to have a more fiery personality. While he creates his paintings, he lets an ability run wild that is sometimes downright fierce. Instead he brings to his work, once completed and ready for signing like a text to be left to posterity, a final gesture of respect which becomes, for the wise observer, the signal for access to a pictorial cosmos that proves itself to be far more complex than appears to an unwarned eye. So his gentle handwriting becomes a counterpoint for investigating his painting virulence. And this same energy for inventing the image is perceived successively, not as uncontrolled magma but as a strong drive carefully dominated by a radical artistic intelligence, well aware of being able to overcome any risk of alliance or affiliation. Fioroni is authentically transgenic: he took up art at that expressionist time that the others had left hanging because the events of the First World War had changed the depth of the soul of possible visions. I do not think he knew it, actually it was probably useless for him to be aware of it, but today, exactly a hundred years after the explosion of that European madness, he takes us back not with our feet on the ground, but our head in the clouds of truncated emotions. And so, like devils jumping out of the box, the clown faces of Ensor with their physical and chromatic contortions return; as do the sail boats of Marquet buoyed by the wind of postmodernity. The colourful subject of a Vlaminck returns, not yet rendered monochromatic by the mud of the trenches. The melancholy of the first pink harlequins of Pablo Picasso and the celestial flourishes Marc Chagall make a comeback. But these are not imitations. I think of it as a very successful attempt at continuing a thread, after the transversal condemnation of the painting culture with the experience of pure concept and successively with the transgenic path of the avant-garde in the 80s of the last century. But his is not at all an awareness external to the turmoil that

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time created in the memory of visual sensitivity. All the recent experience of the material, the movement, the spatula and the drop, apparent randomness and poetic control of this randomness, is absorbed and returned with a renewed freshness. The game today cannot but take into account the evanescence that current consciousness brings with itself. The sign cannot exist in such a naive way: the experience of semiotics has taught us that under the apparent layer, lower layers of a previous creation remain. So the resulting pictorial mass becomes rich in evocations and vibration. And it is that, open to evocative vibrations of an expressionism out of time, which assumes a dense and evocative poetic value. Philippe Daverio

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Inagurazione della mostra Onirica Opening of the exhibition Dreamlike Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 2014





Giuseppe Fioroni

Giuseppe Fioroni nasce a Perugia il 19 marzo 1938. Fin da giovane frequenta l’ambiente artistico umbro, particolarmente ricco di fermenti culturali anche per la presenza a Perugia di una tra le più antiche e prestigiose Accademie di Belle Arti. Alla pratica della pittura affianca quella della ceramica, sulla scia dell’antica tradizione umbra. Nel 1978 espone a Perugia nella Galleria San Severo di Palazzo dei Priori; nello stesso anno a Spoleto in occasione del “Festival dei Due Mondi” dove torna anche l’anno successivo. Dal 1980 al 1985 espone in diverse gallerie pubbliche e private d’Italia. Nel 1986 è presente alla undicesima edizione di “Arte e Sport” a Palazzo Strozzi di Firenze e alla mostra itinerante “Trecento artisti per la pace” ad Assisi; nel 1987 e 1988 a due edizioni di “Poggibonsi Arte”. Nel 1990 in occasione dei Giochi Olimpici ad Atene espone alla “Biennale Mediterranea di Arti Grafiche”. Nel 1994 partecipa alla collettiva “Fano Jazz by the Sea”. In quella occasione il suo dipinto Omaggio a Lionel Hampton viene particolarmente apprezzato dagli organizzatori, tanto che sarà poi utilizzato per pubblicizzare il concerto del grande jazzista. Nell’anno 2003 viene invitato a Potsdam, Germania, dove ottiene un grande successo nell’ambito della rassegna “Fiabe e fantasticherie”. Nello stesso anno viene invitato dall’Assessorato alla Cultura di Ferrara ad esporre presso la Galleria Comunale di Pontelagoscuro. Nel 2005 espone a Washington al centro Bell’Italia, alla Discovery Gallery e all’Istituto Italiano per la Cultura; nel 2006 è a Madrid al Fauna’s Galleria e a Santillana del Mar al Parador Gil Blas. Nel 2007 la direzione artistica della manifestazione internazionale “Umbria Jazz” gli commissiona la realizzazione del manifesto ufficiale. Nel giugno 2008 il Foundling Museum di Londra ospita la sua mostra “Myths, Fairy Tales, Reality and Illusion” sotto l’egida di Sir Denis Mahon con la presentazione critica di J.T. Spike; contemporaneamente l’Istituto Italiano per la Cultura di Londra organizza la mostra “The Whims of Painting” a cura di Rossana Pittelli. Nell’ottobre del 2009 tiene una mostra personale a Napoli presso la Pica Gallery. Del 2010 è la sua personale a Pistoia e nel 2012 espone al Palazzo della Provincia di Arezzo. Del 2014 è la grande mostra personale tenutasi a Palazzo Medici Riccardi di Firenze. Dal 1995 è Accademico di merito della Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia.

www.giuseppefioroni.it

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Giuseppe Fioroni, Istituto Italiano di Cultura, Washington, D.C., 2005


Giuseppe Fioroni

Giuseppe Fioroni was born in Perugia, on the 19th of March, 1938. Ever since he was young, he has contributed to the Umbrian artistic scene, which is particularly rich in cultural heritage, in part because of the presence of one of the oldest and most prestigious academies of Fine Arts. Besides being a painter, he has become a ceramist, in the wake of the ancient Umbrian tradition. In 1978 he exhibited at the San Severo Gallery in Palazzo dei Priori in Perugia. That same year, as well as the following, he exhibited in the occasion of the “Festival of the Two Worlds” in Spoleto. Between 1980 and 1985 he has showed his work in various public and private Italian galleries. In 1986 he was present at the eleventh edition of “Arts and Sports” at Palazzo Strozzi in Florence and at the itinerant exhibition “Three hundred artists for peace” in Assisi. In 1987 and 1988 he exhibited at two editions of “Poggibonsi Art”. In 1990 he participated at the “Mediterranean Biennial of Graphic Arts” during the Olympic Games in Athens. In 1994 at the group exhibition “Fano Jazz by the Sea”. On that occasion his painting “Homage to Lionel Hampton” was particularly appreciated; in fact the organizers later on decided to use it to promote the famous jazz musician’s concert. In 2003 he was invited to Potsdam, Germany, where he had great success within the theme of the exhibition “Fairy tales and Fantasies”.In the same year he was invited to exhibit his works at the Municipal Gallery of Pontelagoscuro by the Cultural Department of Ferrara. In 2005 he exhibited at Bell’Italia, at the Discovery Gallery in Washington and the Italian Cultural Institute. In 2006 he was in Madrid at the Fauna’s Gallery and at Santillana del Mar at Parador Gil Blas. In 2007 he was commissioned to do the official poster for the international “Umbria Jazz” event. In June 2008 the Foundling Museum of London hosted his exhibition “Myths, Fairy Tales, Reality and Illusion” under the aegis of Sir Denis Mahon with the critical presentation by J.T. Spike; simultaneously the Italian Cultural Institute of London organised the exhibition “The Whims of Painting” curated by Rossana Pittelli. In October 2009 he held a solo exhibition at the Pica Gallery, in Naples. His solo exhibition in Pistoia in 2010 and his exhibition at Palazzo della Provincia in Arezzo in 2012. The major personal exhibition at the Palazzo Medici Riccardi in Florence was held in 2014. He has been a Member of Merit of Perugia’s Academy of Fine Arts ‘Pietro Vannucci’ since 1995.

www.giuseppefioroni.it

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Indice delle opere List of works

Opere pittoriche | Drawings 21. La maschera | The mask, 2001

63. Bambino con flauto | Child with flute, 2018

105. Cattedrale n. 5 | Cathedral n. 5, 2016 106-107. Il presepe omaggio a de Chirico | The crib Homage to de Chirico, 2014

23. Cattedrale | Cathedral, 2004

64-65. Civiltà etrusche | Etruscan civilisation, 2018

25. Sul Calvario | On the Calvary, 2004

67. Crocifissione | Crucifixion, 2018

27. Sonnambula | Sleepwalker, 2010

68-69. Da Chagall a Burri | From Chagall to Burri, 2018

L’Ultima Cena | The Last Supper, 2001

30-31. Fiore di loto | Lotus Flower, 2012

71. Festa di sant’Isidro | Feast of San Isidro, 2018

113. Nell’orto degli ulivi | In the garden of Gethsemane, 2001

33. La conversione di san Galgano | The conversion of San Galgano, 2012

72-73. Equinozio di primavera | Spring equinox, 2018

La cattura di Gesù | The arrest of Jesus, 2001

35. La notte di San Giovanni | The night of San Giovanni, 2012

74-75. In fondo agli abissi | At the bottom of the abyss, 2018

36-37. Omaggio a Hermann Hesse | Homage to Hermann Hesse, 2012

76-77. Lo squalo | The shark, 2018

28-29. La selva oscura | The dark forest, 2011

39. Fiori | Flowers, 2013

79. Vortice | Vortex, 2018

41. Fiori per te | Flowers for you, 2013

81. Musica angelica | Music of the angels, 2018

42-43. Omaggio a Chagall n. 2 | Homage to Chagall n. 2, 2013

82-83. Omaggio a Lionel Hampton | Homage to Lionel Hampton, 2018

45. Peccato originale | Original sin, 2013

84-85. Pensando ad Afro | Thinking of Afro, 2018

47. Spiraglio di luce | Spiral of light, 2013 48-49. La danza dei dervisci | The dance of the dervishes, 2014

117. La salita al Calvario 1 | Ascending the Calvary 1, 2001 La salita al Calvario 2 | Ascending the Calvary 2, 2001 119. La crocifissione di Gesù | The Crucifixion of Jesus, 2001 La resurrezione di Gesù | The resurrection of Jesus, 2001

123. Crocifissione | Crucifixion, 2001 92-93. Fascino del sud | Southern charm, 2018

60-61. Alchimia e casualità | Alchemy and randomness, 2018

Davanti a Pilato 2 | Before Pontius Pilate 2, 2001

121. Gesù crocifisso | Jesus crucified, 1990

53. La danza | The dance, 2017

59. La predica agli uccelli | The sermon to the birds, 2017

115. Davanti a Pilato 1 | Before Pontius Pilate 1, 2001

89. Plenilunio | Full moon, 2018 90-91. Notturno | Nocturne, 2018

57. Resurrezione di Lazzaro | The resurrection of Lazarus, 2017

111. La predica | The sermon, 2001

87. Nevicata su Assisi | Snowfall in Assisi, 2018

51. Fiori 2 | Flowers 2, 2017

55. La musica | The music, 2017

Opere grafiche | Graphic works

Opere in ceramica | Ceramic works 97. Torre di Babele | Tower of Babel, 2008 99. San Giorgio | St. George, 1977 101. Cattedrale | Cathedral, 2013 103. Cattedrale n. 3 | Cathedral n. 3, 2016

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Ci sono pittori che dipingono il sole come una macchia gialla ma ce ne sono altri che grazie alla loro arte e intelligenza trasformano una macchia gialla nel sole. Pablo Picasso



ISBN 978-88-6778-107-2

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