Zone Attive - La Forza dei Territori

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zone attive

La forza dei territori

coesione sociaLe, green economy, conoscenza, innovazione per uscire daLLa crisi

con la partecipazione di

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Abbiamo voluto organizzare Zone Attive - La Forza dei Territori per due motivi. Innanzitutto per parlare in positivo di Rio+20. Ci auguriamo infatti che Rio non risulti inutile, che non sia solo il palcoscenico per dichiarazioni di intenti e buoni propositi. Pensiamo sia urgente assumere con consapevolezza e lungimiranza l’opportunità che la green economy prospetta. Forse siamo inguaribili ottimisti, ma di fronte al fallimento del liberismo e della speculazione finanziaria, serve un ritorno alla politica delle economie concrete, del lavoro da ricostruire, della soluzione dei problemi ambientali che, pur manifestandosi in forme tanto diverse attraverso il pianeta, accomunano tutto il genere umano. Per capire il futuro occorre cambiare il presente. Da subito. Perché già ci sono le condizioni per intraprendere questo cammino. Il secondo motivo è che Rio+20 rappresenta una grande occasione per capire che green economy non è green washing, ma un sistema finalizzato al benessere di tutte e di tutti, che ha bisogno di innovazione tecnologica nei processi produttivi e di trasformazioni culturali negli stili di vita e nell’organizzazione delle nostre città. Senza consapevolezza strategica sulle sfide che ci aspettano, la green economy non ha futuro; e soprattutto non ha futuro se non si lega a doppio filo con la speranza di un miglioramento della propria vita insieme alla vita di tutti gli abitanti della terra. Zone Attive - La Forza dei Territori racconta questa prospettiva di futuro per come già oggi si presenta, nelle esperienze concrete che abbiamo incontrato in Italia e che alludono a soluzioni valide per tutto il Paese. Il nostro è un ottimismo molto realistico. Vittorio Cogliati Dezza Presidente Nazionale Legambiente

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con la partecipazione di

L’itaLia che può sconfiggere La crisi

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C’è un’Italia che ha già trovato in sé un modo per uscire dalla crisi. Ci sono nel nostro Paese territori che attraverso esperienze di impresa, di welfare, di gestione dei beni comuni, di funzionamento delle istituzioni, di investimenti nella cultura e nella legalità, hanno saputo sperimentare un modo diverso di fare economia e comunità. Sono storie ed esperienze di coesione sociale, di economia verde, di solidarietà e bellezza che hanno tenuto al centro come valori fondanti la qualità e la specificità del territorio, l’innovazione dei processi di produzione e di organizzazione, il protagonismo della comunità locale. Punti avanzati di società civile, di imprenditoria illuminata, di amministrazioni efficienti, sono i territori che grazie a questa capacità di interpretare le sfide del futuro stanno costruendo una concreta risposta alla crisi. La strada per uscirne non può passare esclusivamente per decreti e riforme, può e deve invece riconoscere un ruolo fondamentale a queste esperienze virtuose, che già producono occupazione e capacità di stare all’interno dei processi economici in maniera vincente. In loro risiede un pezzo importante di futuro e di crescita per l’Italia ma anche una realtà concreta e contemporanea. Ed è proprio raccontando queste storie di territorio che Legambiente intende celebrare Rio+20, focalizzando l’attenzione e il dibattito sullo sviluppo sostenibile che già si legge nei nostri contesti locali, in esperienze virtuose che sono paradigmi di quella capacità italiana di generare crescita attraverso l’investimento nella qualità dei suoi territori.


con la partecipazione di

iL percorso Il viaggio nell’Italia virtuosa abbiamo voluto raccontarlo seguendo 4 parole chiave, ognuna indicata con un colore differente e che raccoglie le diverse esperienze: • innovazione è la lente per guardare al futuro delle imprese e dell’economia. È fondamentale per l’Italia saper unire la capacità di innovare prodotti e processi, investendo sulla ricerca, con la tradizione e i saperi delle imprese; • comunità sono il centro intorno a cui ruotano le storie di successo. Quando le sfide produttive diventano storie di comunità, il successo economico si coniuga con l’identità, la vita delle persone e la coesione sociale; • cultura è la molla dello sviluppo e del cambiamento. Senza cultura non c’è futuro e in essa risiede il segreto del successo. Investire sulla cultura e sulla formazione è scelta necessaria per guardare in prospettiva il futuro economico e sociale del Paese; • territorio la sua ricchezza in termini naturali e storico artistici è la caratteristica principale che ha reso l’Italia famosa nel mondo. Una straordinaria risorsa raccontata anche dalla qualità e dal successo dei prodotti italiani.

Seguite le orme in ogni pannello, vi diranno in cosa si è distinta la storia che state leggendo!

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Gli epiGoni di Archimede

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Quando Archimede progettò il sistema di specchi ustori per difendere Siracusa dall’assedio delle navi romane mai avrebbe pensato che la sua felice intuizione sarebbe stata ereditata e perfezionata per realizzare la prima centrale termodinamica ad alta efficienza della storia. La centrale Archimede di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, è stata realizzata da Enel con brevetti Enea a partire dal 2003 e deve ad Archimede Solar Energy, azienda del Gruppo Angelantoni, buona parte della sua esistenza. La centrale Archimede è un progetto d’avanguardia, che si basa su lunghe file di specchi parabolici che concentrano i raggi del sole verso una fila di convettori al cui interno scorre un fluido di sali fusi. Tecnologie sperimentali, insomma, che richiedono competenze d’alto profilo ma anche una buona dose di creatività: quella che ha portato gli ingegneri del Gruppo Angelantoni a ideare un soffietto di giunzione in grado di compensare la differenza nella dilatazione fra le parte interna del tubo in acciaio e quella esterna

in vetro. Oppure a ideare un processo per il trattamento antiriflesso della superficie vetrosa attraverso l’immersione in un gel a 500°C: un accorgimento che migliora il rendimento della centrale di circa il 7%. La buona riuscita di queste soluzioni ha accreditato l’azienda anche sul terreno delle rinnovabili, tanto da suscitare l’interesse della Siemens che è diventata azionista del progetto. Un nuovo terreno d’attività che merita di essere coltivato con lungimiranza: per questo a Massa Martana, in Umbria, due anni fa è stata inaugurata una nuova sede direzionale e uno stabilimento nuovo di zecca da 12mila mq con un investimento complessivo di 50 milioni che punta a impiegare 200 nuovi addetti, che si aggiungono ai 300 già impiegati in Italia e agli altri 550 che operano presso le sedi già aperte in Francia, Germania, India e Cina.


riGenerAre con trAsporto L’Italia ha uno dei parchi veicoli più vecchi e inquinanti d’Europa: i mezzi Euro 0-1-2 rappresentano oltre il 60% di quelli circolanti. Se aggiungiamo che 100 bus Euro 0 impattano sull’inquinamento quasi quanto 1.900 bus elettrici, appare in tutta la sua evidenza la necessità di rendere efficiente il trasporto pubblico locale italiano. Il progetto Hybus - Revamping Concept, promosso da FAAM Group in collaborazione con Magneti Marelli, Pininfarina e Gruppo Torinese Trasporti, nasce dall’idea di rigenerare autobus di età superiore ai 15-20 anni, attualmente equipaggiati con motori Euro 0-1-2, convertendoli in autobus con trazione ibrida seriale e operando un restyling delle parti di carrozzeria esterna e interna, con ripristino delle parti danneggiate. Questa soluzione può essere applicata a diverse tipologie di mezzi, a seconda delle esigenze del territorio o necessità specifiche e la trasformazione comporta un notevole risparmio

economico rispetto all’acquisto di mezzi nuovi. Il progetto coniuga perfettamente il risparmio di materiali con l’applicazione di nuova tecnologia in un settore strategico per l’economia e la qualità del vivere urbano quale quello del trasporto pubblico. Grazie alle sue caratteristiche innovative e alle sue grandi potenzialità di sviluppo, il progetto ha favorito nuova occupazione territoriale qualificata, stimola l’intera economia del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile e il modo produttivo nei riusi e nelle riqualificazioni di manufatti.

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molecole di luce

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Con 70 anni di storia imprenditoriale alle spalle e un personale altamente qualificato, FIAMM è oggi un gruppo con oltre 3mila dipendenti che operano in stabilimenti produttivi e uffici commerciali presenti in tutto il mondo. Con la sua rete di servizio globale, i suoi centri di ricerca e sviluppo a presidio dell’innovazione, che collaborano con istituti di ricerca ed universitari nazionali ed internazionali, FIAMM garantisce alle risorse che operano nel Gruppo una crescita costante della propria professionalità. Un ambiente multiculturale, ma profondamente legato al territorio, dove potersi confrontare con colleghi ed interlocutori di ogni nazionalità. La strada dell’azienda verso l’innovazione a servizio della sostenibilità è iniziata da circa 20 anni, ma si è intensificata negli ultimi tempi, con la produzione di tecnologie a supporto delle energie rinnovabili e della mobilità elettrica. Le sue innovazioni partono dai propri stabilimenti, tutti dotati di pannelli fotovoltaici; in quello di Almisano (VI), è stata realizzata l’Isola di Energia, un impianto per la produzione di energia da fotovoltaico, dotato di un sofisticato sistema per lo stoccaggio, che consente un notevole aumento dell’efficienza nell’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili e significativi risultati sul fronte della riduzione delle emissioni di CO2.

La produzione di questo impianto può soddisfare le esigenze energetiche di 50/60 famiglie per un anno, in completa indipendenza dalla rete e con un risparmio di emissioni CO2 pari a 106 tonnellate. Negli ultimi 4 anni FIAMM ha investito in innovazione circa 140 milioni di euro. I principali progetti hanno riguardato le batterie al sale, al sodio cloruro di nickel, per l’accumulo di energia da fonti alternative; lo sviluppo dell’OLED, una tecnologia che permette di ottenere superfici d’illuminazione sfruttando il principio di conversione diretta dell’energia elettrica in luce, grazie all’utilizzo di molecole organiche, con notevole risparmio energetico e vantaggio di design; la riconversione industriale dello stabilimento di Avezzano per la produzione di batterie AGM, per le auto micro ibride, a ricombinazione interna dei gas, che riducono i consumi di carburante fino al 6% abbattendo le emissioni di CO2. Quest’ultima operazione ha consentito di riassumere circa 180 persone poste in mobilità e di creare oltre 150 nuovi posti di lavoro.


il cAr shArinG delle merci Come possono oggi le imprese dei distretti manifatturieri italiani abbattere i costi di produzione e le emissioni di CO2, risparmiare tempo, personale, mezzi e carburante per la movimentazione di merci e componenti tra aziende della stessa filiera produttiva? Superando il sistema tradizionale che vede ogni azienda organizzarsi autonomamente e dando vita a sistemi logistici integrati di distretto. È quanto hanno fatto 40 imprese calzaturiere del maceratese e del fermano che hanno deciso di aderire al progetto Micro Green Logistic, ideato e promosso dalla CNA e che vede la partecipazione di Manas, importante brand del nostro made in Italy. È nata così una piattaforma innovativa e immateriale che vede le aziende prenotare per via informatica il viaggio delle merci. La ditta TWS, Trasporti e Logistica, con il suo personale specializzato provvede al ritiro e alla consegna dei componenti e dei semilavorati sulla base delle indicazioni fornite da un software

realizzato dall’Università di Camerino, che elabora le prenotazioni al fine di ottimizzare tempi e percorsi. Un’esperienza virtuosa, un esempio di come un periodo di crisi possa anche essere motore di soluzioni innovative che aiutano l’economia e l’ambiente. Il progetto affronta uno dei nodi critici del nostro sistema produttivo, quello del trasporto delle merci su strada, energivoro e con enormi ripercussioni ambientali. I risvolti positivi del nuovo modo di pensare il trasporto delle merci sono non solo ambientali, ma anche economici e sociali, con il risultato di offrire l'immagine di un territorio più sano, più attraente e più coeso. Un’esperienza esemplare di green economy italiana, che sarebbe auspicabile estendere a tutto il Paese.

elAborAzione dAti cnA mAcerAtA, leGAmbiente mArche e symbolA

proiezione dei rispArmi sull'intero distretto

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innovazione a km 0

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Innovazione, sostenibilità, efficienza. Sono le caratteristiche della nuova linea tranviaria che collega dal febbraio del 2010 il centro di Firenze al comune di Scandicci. Protagonista di questo progetto di mobilità dolce è la pistoiese AnsaldoBreda, impresa italiana di grande prestigio internazionale che ha fornito il Sirio, un tram caratterizzato da ottime prestazioni, comfort e attenzione al cliente. AnsaldoBreda sta a Pistoia come Fiat a Torino: il più grande polo produttivo della città e uno dei più significativi della Toscana. Circa 9oo addetti stabilmente occupati, praticamente un brano essenziale dell’identità pistoiese e del saper fare toscano. La linea 1, che ha profondamente riqualificato il comparto sudoccidentale della città metropolitana, permette agli abitanti di Scandicci e zona Isolotto di raggiungere in modo veloce, economico e sostenibile il centro di Firenze. Inoltre, grazie ai parcheggi di scambio il vantaggio si espande anche ai passeggeri provenienti in auto da altre località.

Un successo di efficienza e, soprattutto, di pubblico. La riduzione del traffico ha abbattuto le emissioni di CO2 di 460mila tonnellate annue, riducendo significativamente l’inquinamento nelle aree del centro con benefici non solo per gli abitanti ma anche per i monumenti storici. Inoltre, gli immobili dei quartieri residenziali attraversati dalla linea si sono rivalutati di circa il 40%. Un successo che permette, grazie alla capacità di innovazione, la tenuta del più importante polo metalmeccanico a specializzazione trasportistica dell’area metropolitana, con tutto il suo prezioso tessuto occupazionale.


come mAtricA l’hA fAtto Un impianto industriale nuovo di zecca che rianimerà nel segno dell’innovazione il polo petrolchimico di Porto Torres, un agglomerato industriale di oltre duemila ettari che verrà bonificato. Aprirà i battenti nei prossimi mesi grazie alla joint venture fra Versalis, una società del gruppo Eni, e Novamont, la più importante realtà europea per la produzione di bioplastiche da fonti rinnovabili. La nuova società si chiama Matrica (madre in sardo). Una storia a lieto fine che ha attraversato però dei momenti difficili. Nel febbraio del 2010, infatti, i lavoratori della Vinyls, una società che produceva cloro, occupano l’ex carcere dell’Asinara per protestare contro il fermo della produzione decretato a causa della posizione debitoria nei confronti dell’Eni. Sono loro a lanciare via facebook una campagna che fa il verso ai reality, l’Isola dei cassaintegrati. La protesta prosegue a lungo, fino a quando la trattativa non trova uno sbocco positivo con l’accordo fra Eni e Novamont che rilancia il sito sul terreno della chimica verde riassorbendo i lavoratori.

Il progetto prevede due impianti per produrre derivati di oli vegetali, come plastiche biodegradabili e oli lubrificanti per un investimento complessivo di oltre 700 milioni di euro. Non solo, uno degli impianti riutilizzerà anche una parte degli scarti di lavorazione. Anche il mondo dell’agricoltura sarà coinvolto in questa esperienza di chimica verde, mediante lo sviluppo di aridocolture, come il cardo, che rispondono alla vocazione territoriale della Sardegna, privilegiando tecniche agronomiche a basso impatto, non Ogm e non intensive. Insieme al sistema della ricerca locale come università, Cnr e agenzie regionali si stanno sviluppando programmi specifici di sperimentazione che l’anno prossimo potrebbero interessare un’area di 6.000 ettari.

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Un primato mondiale che parla italiano È una multinazionale leader a livello mondiale per capacità produttiva e innovazione tecnologica nel settore del PET. Con 2.300 dipendenti, rappresenta la seconda azienda chimica in Italia. Ha due centri di ricerca e sviluppo, negli Usa a Sharon Center e in Italia a Rivalta Scrivia, in provincia di Alessandria. È il Gruppo Mossi&Ghisolfi, fondato nel 1953. Negli ultimi anni il Gruppo ha esplorato il settore della chimica verde promuovendo prodotti innovativi partendo dall’utilizzo di materie prime rinnovabili (biomasse). Attraverso un progetto di ricerca pluriennale da 120 milioni di euro, il Gruppo è molto attivo nel settore dei biocarburanti di seconda generazione, derivanti da biomassa ligno-cellulosica, disponibile localmente e non destinata a fini alimentari, coltivata in aree incolte

e marginali o utilizzando scarti agricoli. La tecnologia è stata testata e brevettata presso il centro di ricerca di Rivalta Scrivia, una punta d’eccellenza del settore, dove lavorano molti giovani (102, età media 32 anni, per il 46% donne) impegnati nella sperimentazione anche grazie alla collaborazione con le università e diversi enti di ricerca. In questo centro, dal giugno 2009 è in funzione un impianto pilota che costituisce il punto di partenza per la prima bioraffineria al mondo per la produzione di bioetanolo di seconda generazione, in corso di realizzazione a Crescentino, in provincia di Vercelli. Il Gruppo ha recentemente firmato un accordo commerciale in Brasile per realizzare una seconda bioraffineria simile a quella in costruzione in Piemonte.

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hi-tech in Valdarno C’è un posto in Italia dove gli americani hanno trovato l’America: è Terranuova Bracciolini, un paesino nel Valdarno, in provincia di Arezzo, dove la californiana Power One è proprietaria di uno stabilimento con know how tutto italiano che produce inverter per eolico e fotovoltaico, quel componente che trasforma in corrente alternata la tensione continua generata da fonti rinnovabili. Nello stabilimento, che occupa circa 1.200 persone, più del doppio rispetto a tre anni fa, si percepisce un clima di efficienza e di modernità, con linee di produzione all’avanguardia e molti giovani impegnati anche nei laboratori di ricerca. Una storia di successo, insomma, che ha radici lontane. Perché in questo sito industriale per circa quarant’anni sono stati prodotti apparecchi televisivi, alimentatori e altri componenti tv. Poi la crisi nel settore delle telecomunicazioni, iniziata nel 2002, ha portato l’azienda sull’orlo del fallimento. La metà del personale fu licenziata e una parte della produzione delocalizzata in Cina.

Ma come rilanciare l’azienda? La chiave di volta fu la diversificazione verso i nuovi mercati della green economy, iniziando a produrre microturbine per la generazione diffusa di energia, poi un volano ad aria compressa per immagazzinare quella da fonti discontinue. E soprattutto, gli inverter fotovoltaici ed eolici che oggi rappresentano il prodotto di punta. La scelta è stata vincente: la produzione nello stabilimento è ricominciata a crescere posizionando l’azienda fra i leader del settore a livello mondiale: il loro mercato è al 50% in Italia, poi quello tedesco, con il 25%, ma ci sono anche Australia, Francia, Regno Unito, Spagna, Usa e Cina. L’ultima grande scommessa dell’azienda è il Centro di eccellenza e sviluppo per le energie rinnovabili: 1.600 metri quadri distribuiti su due piani in cui fare ricerca tecnologica, progettazione e test, intensificando la collaborazione con le università della Toscana e magari esportando il modello Power One anche oltre confine.

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da nero carbone a terra di Siena Il calcolo del bilancio dei gas serra, affidato all’Università degli Studi di Siena, viene effettuato secondo la metodologia internazionale IPCC e certificato ai sensi della norma ISO 14064. I settori indagati sono: energia, processi industriali, rifiuti, agricoltura, foreste e uso del suolo. Con questo meccanismo la Provincia di Siena si è dotata di un efficace pannello di controllo per verificare annualmente le emissioni e i riassorbimenti di CO2 necessario per intraprendere politiche adeguate. Il Polo tecnologico delle energie rinnovabili e il marchio Terre di Siena Carbon Free, cui potranno aderire soggetti economici del territorio, completeranno la globalità delle iniziative per arrivare all’ambizioso traguardo di un territorio a zero emissioni.

Da anni la Provincia di Siena ha attivato il progetto Siena Carbon Free 2015 con lo scopo di essere nel 2015 la prima area vasta d’Italia a emissioni zero. Un risultato che si pensa di ottenere per il 40% con l’utilizzo di rinnovabili, migliorando l’efficienza energetica e stimolando i comportamenti virtuosi della popolazione. Un ulteriore 30% dovrà arrivare da un sistema di incentivi che facilitino la sostituzione delle vecchie caldaie con altre a basso consumo. Il 20% sarà assicurato dal rilancio dei biocarburanti e dal recupero del metano prodotto dalla fermentazione del materiale organico in discarica; il restante 10%, invece, dovrà giungere dal miglioramento e allargamento delle aree boschive. Un vero e proprio laboratorio per il calcolo annuale del bilancio dei gas serra, per le attività sul campo per la loro riduzione, per lo sviluppo di buone pratiche applicabili e replicabili allo scopo di avviare un meccanismo virtuoso di stimolo per imprese, istituzioni e cittadini.

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Per incentivare l’utilizzo del fotovoltaico Risorse impegnate € Risorse erogate € Investimenti € Potenza kWp Produzione MWh/anno CO2 evitata t/anno Numero impianti incentivati

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bUone pratiche in proVincia Oltre un milione di euro a favore dei piccoli comuni, per valorizzarne le risorse attraverso progetti presentati dalle comunità locali. È il Bando delle idee che la Provincia di Roma, in collaborazione con Legambiente, ha realizzato negli ultimi cinque anni. Al centro dei progetti le relazioni sociali, i luoghi d’aggregazione, il benessere delle persone, la qualità dell’ambiente. In una parola la cura del territorio come volano dello sviluppo. E i piccoli comuni hanno risposto con grande entusiasmo e vitalità. Dal servizio gratuito di connessione a internet in banda larga di Sant’Oreste all’apiario sul Monte Soratte, dal recupero dei sentieri a Colonna, Riofreddo, Bellegra, Affile e Nazzano, ai laboratori sulla pasta fresca a Gavignano, dagli studi sui consumi energetici nella Comunità montana dei Monti Lepini, parte un segnale di ottimismo e vicinanza a tante realtà che rischiano di essere abbandonate. Anche la scuola è un importante terreno di innovazione. In due anni sono stati realizzati 228 impianti di fotovoltaico sui tetti di 183 scuole, più altri 7 installati su altre strutture, per una potenza complessiva di 2.730 kWp. Grazie a una produzione di energia elettrica annua stimata in circa 3,4 milioni di kWh, pari al fabbisogno medio di 1.450 famiglie, le scuole della provincia romana risparmieranno per

i prossimi 30 anni circa 23.000 TEP di petrolio e circa 55.350 tonnellate di CO2 ogni anno, pari alle emissioni di circa 1.400 automobili. Questi interventi sono stati realizzati attraverso un investimento di 9 milioni di euro e un bando di project financing per un totale di 23,7 milioni. Sulla stessa linea di innovazione la gara per l’affidamento del servizio integrato energia e manutenzione degli impianti tecnologici del patrimonio immobiliare. La novità è che viene definita la temperatura da raggiungere negli ambienti riscaldati, la remunerazione è quindi predefinita e non più in relazione alla quantità di gasolio consumata (come di solito avviene). Le imprese sono così incentivate a intervenire su inefficienze e dispersioni negli impianti e nelle strutture. Una bella lezione di lungimiranza per dimostrare che in tempi di crisi servono politiche innovative e che razionalizzare la spesa pubblica vuol dire solo spendere meglio per una migliore qualità della vita.

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miracolo al plaSmix

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Gestire la raccolta differenziata, realizzare manufatti con il materiale recuperato e lasciare valore aggiunto al territorio: è il miracolo di Revet, società di Pontedera (Pi) che serve più di 200 amministrazioni comunali in Toscana. Una storia che comincia nel 2009, quando l’azienda specializzata nel recupero e nel trattamento dei rifiuti si è impegnata in un progetto di ricerca sul riutilizzo delle cosiddette plastiche eterogenee come quelle che compongono le vaschette, i piatti e i bicchieri usa e getta, le pellicole da imballaggio per le quali non esistono filiere di rivalorizzazione. Tutti quei materiali plastici, insomma, che normalmente finiscono in discarica o nell’inceneritore. Il risultato (raggiunto al fianco di Pont-tech, il consorzio toscano per l’innovazione e con un investimento in ricerca e impiantistica di circa 11 milioni di euro) si chiama plasmix, vale a dire una materia prima di seconda generazione utilizzabile per produrre utensili e componenti di diverso genere. Partendo da una consapevolezza, ovvero che bisogna distinguere fra raccolta differenziata e riciclo. Ma non finisce qui. Perché adesso l’azienda chiude il cerchio, distribuendo negli esercizi

commerciali della Toscana articoli per la casa come secchi, vasi e fioriere, scope e palette ma anche persiane per case mobili, pareti fonoassorbenti o arredi da giardino. Un vero e proprio catalogo d’utensili, interamente in plasmix: ci sono persino alcuni accessori per l’industria automobilistica, come le pedane o i bauletti porta casco dei motorini prodotti, sempre nel distretto di Pontedera, dalla Piaggio. Sono prodotti competitivi, per quanto riguarda la qualità e il costo, con quelli ordinari. La collaborazione con i cittadini è fondamentale perché è dalla corretta separazione dei rifiuti che parte la filiera corta del recupero: un progetto virtuoso, che appartiene all’intera comunità e che trova negli acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni il suo epilogo naturale.


EnErgiE rinnovabili pEr la coEsionE socialE Energia a Km 0 è un network nazionale, sviluppato dall’azienda Renovo, di 50 centrali termoelettriche cogenerative alimentate a biomassa, dalla potenza unitaria di 1 MW elettrico. Il sistema permette di produrre elettricità recuperando energia da scarti agroforestali, agroindustriali e da colture in aree marginali, tutti provenienti esclusivamente da filiera corta. Il progetto prevede anche la valorizzazione del calore residuo al processo, attraverso la sua cessione a realtà industriali limitrofe e realizzando serre bioclimatiche per la coltivazione di piante ornamentali e orticole. Renovo ha siglato un accordo con la rete nazionale di cooperative sociali Cgm per coinvolgere le imprese dedicate all’integrazione e finalizzate

all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, affinché quest’ultime vengano impiegate per il reperimento e il conferimento della biomassa, la gestione delle piattaforme logistiche e i processi produttivi interni alla centrale, come essicazione e combustione. Il progetto di Renovo e la partnership con Cgm promuovono da una parte la capillare produzione di energia da fonti rinnovabili a filiera corta e dall’altra la coesione sociale puntando sul reinserimento, nel lavoro e nella comunità, delle persone più fragili.

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agroEnErgia dElla piana

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Dal 1936, la Cooperativa Fattoria della Piana raccoglie e trasforma il latte proveniente dalle fattorie dei soci situate sull’Aspromonte, sul Monte Poro, nella piana di Gioia Tauro e nel Crotonese. Oggi è cresciuta fino a diventare una tra le più grandi realtà produttive del settore di tutta la Calabria. Nel tempo, è riuscita a creare un sistema di produzione integrato, in cui ogni fase è progettata per ottimizzare le risorse e raggiungere un bilancio di ecosostenibilità del sistema stesso. I tetti delle nuove stalle, infatti, ospitano pannelli fotovoltaici ad alto rendimento, per una potenza totale di 400 kilowatt: l’energia del sole, pulita e gratuita, alimenta così l’intera Fattoria. Mentre l’impianto per la produzione di biogas da 998 kilowatt, una delle più grandi centrali agroenergetiche del centro e sud, consente di utilizzare il letame degli allevamenti dei soci, il siero residuo della lavorazione del latte, il pastazzo d’agrumi, la sansa d’olive e gli scarti delle industrie ortofrutticole della zona, per produrre energia elettrica ed energia termica,

in grado disoddisfare il fabbisogno dei processi produttivi del caseificio. I resti della fermentazione diventano concime organico per le coltivazioni di foraggi, che alimentano gli allevamenti. L’ultima innovazione introdotta nella Fattoria della Piana è uno dei più grandi impianti di fitodepurazione del sud Italia: gli scarichi idrici dell’intera fattoria vengono depurati da migliaia di piante che, oltre a rendere l’acqua pulita e riutilizzabile, forniscono ulteriore biomassa per l’impianto biogas. Questo sistema integrato, che gli ideatori amano chiamare Agroenergia della Piana, è stato insignito da Confindustria e Legambiente con il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente 2010. L’azienda, che conta clienti anche in Canada, Stati Uniti e Giappone, ha orientato il 90% dei propri investimenti in innovazione e occupa oggi 90 persone, con un incremento occupazionale del 100% negli ultimi 3 anni.


i pompiEri di albEnga Tutto è iniziato con un bando del comune per l’assegnazione di un lotto di edilizia sociale, ove si richiedeva in forma premiale una forte valenza ambientale dell’intervento. Succedeva in Liguria ed è nata così la casa più ecologica d’Italia; un edificio che coniuga attenzione all’ambiente, economicità di esercizio, salubrità pur restando nei limiti di edilizia sociale a costi contenuti; non una semplice sommatoria di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili, ma un edificio che innanzitutto non consumi, che migliori la qualità del vivere, con soluzioni facilitative per l’adozione di comportamenti virtuosi. È la Casa Ecologica dei Vigili del Fuoco di Albenga, 24 alloggi, un piano terreno di 800 mq destinato a uffici pubblici, il tutto a consumi zero: riscaldamento, raffrescamento estivo, acqua calda, energia elettrica per usi comuni, il tutto senza una goccia di combustibile fossile. Moltissime le soluzioni adottate: uso generalizzato di luci a led, ascensore a risparmio energetico, pompa di calore geotermica alimentata dal

fotovoltaico, pannelli solari termici integrati architettonicamente, isolamento differenziato secondo l’esposizione delle facciate, attenzione allo sfasamento della struttura per migliorare il benessere estivo, impianto di deumidificazione, VMC a recupero energetico, uso di materiali naturali quali sughero, lana di legno, lana di pecora, fibra di legno mineralizzata tutti provenienti da riciclo, calci naturali e pitture prive di VOC tutto per la serenità e la salute degli abitanti. Infine il primo esempio di elettro bike sharing condominiale con una pensilina fotovoltaica per la ricarica di bici e moto e con due bici di proprietà del condominio. Il progetto, pluripremiato, ha influenzato molto la comunità di Albenga: migliorando lo standard abitativo della zona, ha stimolato una domanda più consapevole, cui ha risposto un’offerta adeguata da parte delle imprese che hanno così acquisito nuova professionalità.

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la tErapia dEll’orto

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Giardini e spazi verdi rinaturalizzati, ma anche di aree di pregio storicoculturale: in Campania, da più di dieci anni gli orti urbani e sociali di Legambiente sono una realtà. Tra Pontecagnano, Eboli e Succivo se ne contano oltre 100. Gli orti di Pontecagnano: le melanzane di 3.000 anni fa. Nell’area del parco archeologico, un tempo inaccessibile e a rischio vandalismo, 60 orti di città, affidati ad anziani in pensione. Tra gli orti dei pensionati - dove si coltivano secondo il metodo dell’agricoltura biologica melanzane, zucchine, peperoni, pomodori - ci sono gli orti didattici che sono visitati periodicamente dalle scuole di tutta la Regione: una risposta all’isolamento e allo stress, uno strumento di coesione sociale. Gli orti di Eboli: un mondo diverso nel centro storico. Sorgono su un’area di proprietà del Comune di Eboli, interamente ripulita e bonificata e sono assegnati gratuitamente ai cittadini pensionati. Qui si applica l’Horticultural Therapy, per pazienti diversamente abili o con disabilità psichiche.

Gli orti di Succivo: l’ortaccio, l’orto di Teverolaccio. Grazie al recupero, il giardino del Casale oggi ospita 18 orti sociali e didattici, il frutteto e il giardino dei sensi. L’orto di Teverolaccio durante Festambiente Terra Felix ospita il programma Orti, Ortofonia e Ortografia, con una mostra sui prodotti locali, un programma di musica in natura e magici spettacoli itineranti per i bambini. Nonnet: dall’orto a internet A/R. È un progetto promosso da Legambiente e Fondazione Media Digitale. I cittadini pensionati insegnano agli studenti la coltivazione biologica e i ragazzi diventano tutor per l’alfabetizzazione digitale degli over 60. Dopo aver imparato a coltivare i prodotti biologici, anziani e giovani tutor condividono on-line le tecniche di coltivazione più innovative.


energia in cooperativa Nel 1925 cinque cittadini di Prato allo Stelvio dotati di grande determinazione e spirito d’iniziativa si misero in testa di dotare il loro paese di una centrale idroelettrica. Costruirono così il primo impianto con un investimento corrispondente al valore di circa 300 mucche. Nel 1927 fu fondata la Cooperativa, cui aderirono 47 soci, per la maggior parte famiglie, artigiani e contadini. Anche con la nazionalizzazione delle attività elettriche negli anni 60, la grande impresa nazionale non arrivò mai a Prato allo Stelvio, costringendo

la Cooperativa a elaborare piani di rinnovamento e potenziamento basati su semplici ma efficaci principi: • aumentare la capacità produttiva dell’azienda utilizzando un mix di fonti rinnovabili locali attraverso sistemi di produzione e distribuzione ad alta efficienza • creare le condizioni affinché tutte le famiglie, gli artigiani e i contadini possano partecipare alla Cooperativa • l’approvvigionamento di energia non deve servire al capitale ma agli uomini.

Oggi la Cooperativa dispone di: • 4 impianti idroelettrici • 4 impianti di cogenerazione, utilizzando biogas, oli vegetali e minerali • 1 impianto fotovoltaico • 2 impianti eolici (in comproprietà con 3 comuni e 5 cooperative) • Rete elettrica locale in MT e BT con 1.600 misuratori • 2 centrali con 3 caldaie a biomassa, 4 impianti di cogenerazione • 2 pompe di calore per un impianto di teleriscaldamento. Produzione totale di energia elettrica: circa 22,5 GWh all’anno Totale produzione termica: circa 14 GWh all’anno 21 chilometri di rete di teleriscaldamento, 550 edifici approvvigionati di calore (pari al 75% degli edifici). Nell’ultimo triennio sono stati investiti 30 milioni di euro in tecnologie innovative. Prato allo Stelvio ha 3.370 abitanti e la Cooperativa oggi conta 1.113 membri, tra cui il Comune; oltre il 90% delle famiglie e delle aziende ne sono soci. La fornitura dell’energia è in tal modo in mano alla cittadinanza e totalmente al suo

servizio, con grande risparmio economico e disponibilità finanziaria per nuovi progetti innovativi come l’installazione di una rete a banda larga. Quello di Prato allo Stelvio è un sistema che segue il principio di sussidiarietà e di responsabilità, contribuendo allo sviluppo socio-economico della comunità e del suo territorio.

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La nuova economia deLL’accogLienza

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Riace è un’originale esperienza di economia eco-solidale, che tiene insieme l’accoglienza dei migranti e la rigenerazione sociale e territoriale, il recupero urbanistico e la definizione di nuova identità di un luogo altrimenti avviato verso lo spopolamento e il declino. In questo piccolo paese della Locride (1.750 abitanti) in provincia di Reggio Calabria tutto prende spunto dalla felice intuizione del sindaco, Domenico Lucano, che ha messo a disposizione degli ospiti venuti dal mare - i profughi sbarcati sulla costa ionica - decine di case da tempo disabitate nella parte antica del paese, con il consenso dei proprietari, quasi tutti emigrati. Nel giro di pochi anni ne sono state ristrutturate più di 50, rispettando la tipologia originaria delle abitazioni e contestualmente sono stati creati 12 laboratori artigianali per mantenere vivi vecchi mestieri (produzione di tessuti etnici, ricami, legno, ceramiche, marmellate e lavorazione del cioccolato) che danno lavoro a donne del luogo e afgane, eritree, etiopi, palestinesi.

Grazie ai figli degli immigrati si è scongiurata la chiusura delle scuole e la ripresa economica ha favorito un circolo virtuoso tra accoglienza, lavoro, integrazione che ha interessato dall’agricoltura in crisi a tante altre microattività, quali la messa in esercizio di un frantoio per la molitura, la macelleria, il forno, il barbiere o i bar, oppure la taverna, dove si mescolano sapori della tradizione calabrese con spezie ed essenze di piatti africani o mediorientali. A Riace oggi c’è anche una rete di ospitalità diffusa presso abitazioni (d’estate c’è sempre il tutto esaurito) ed è in costante crescita il turismo scolastico e quello solidale, che si accompagna a quello più tradizionale, nella località marina. L’esperienza di Riace, che ha ottenuto anche il riconoscimento dell’Onu, è stata adottata da altri centri vicini, come Stignano, Camini e Caulonia.


schegge di energia Il territorio dell’Unione di Comuni Valdarno e Valdisieve è coperto per oltre il 70% da soprassuoli forestali, la cui manutenzione sostenibile è fondamentale per la coltivazione del bosco, la lotta al dissesto idrogeologico, agli incendi boschivi e alle fitopatie. Una gestione forestale, che sommata alla lavorazione del legname e all’agricoltura, produce grandi scarti legnosi: il loro smaltimento costituisce un costo, mentre il loro utilizzo come combustibile è una risorsa. È quanto ha deciso di fare l’Unione di Comuni che così porta la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili ben al di sopra di quanto imposto dalla normativa europea. Ma un altro aspetto rende questa esperienza davvero significativa. Difatti, il percorso partecipato nella progettazione degli impianti a biomassa è stato, per il territorio, elemento di innovazione e risposta ai bisogni delle comunità rurali.

INVESTIMENTI 2004 - 2011

Gli abitanti di territori cosiddetti marginali raramente hanno modo di sentirsi protagonisti nella pianificazione territoriale, senza considerare i benefici diretti per le famiglie che hanno visto diminuire la propria bolletta energetica di oltre il 30%. Oggi sono 195 le utenze fornite di riscaldamento e acqua calda sul territorio, oltre a quelle pubbliche. La partecipazione delle comunità rurali alle scelte ha creato un rapporto di fiducia tra residenti e pubblica amministrazione. Ha visto collaborare enti e istituzioni diverse con imprese e singoli cittadini rendendo questi ultimi orgogliosi di una, seppur parziale, autonomia energetica. Ma anche il dato economico-sociale non è da sottovalutare: l’attivazione della filiera bosco-energia permette di incentivare il lavoro in bosco e la permanenza dei lavoratori nelle zone di montagna.

POTENZA IMPIANTI

UTENZE pubbliche 84 95 16

Biomasse solide

€ 3.335.000,00

Rincine 320 kWt Pomino 970 kWt Castagno d’Andrea 980 kWt Vallombrosa 900 kWt

Minihidro

€ 2.200.000,00

Rincine Sieve a Masseto

37 kW 175 kW

Potenza

60 kWp

Fotovoltaico

€ 180.000,00

Investimenti totali € 5.735.000,00

In via di ultimazione

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La finanza aL Servizio deL cittadino

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Nel 2005, in Maremma, fu siglato il primo accordo tra le quattro Banche del Credito Cooperativo della provincia di Grosseto e Legambiente, per l’erogazione di finanziamenti agevolati nei settori delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Oggi sono 80 le banche che aderiscono alla Convenzione che ha favorito l’installazione di piccoli impianti a servizio di utenze domestiche o di piccole imprese artigiane o agricole. I risultati conseguiti complessivamente sono chiari: al 31 dicembre 2011, sono stati valutati positivamente da Legambiente 4.822 progetti per un totale di quasi 235 milioni di euro. La media dei singoli finanziamenti è inferiore a 50.000 euro, a testimonianza di come la Convenzione abbia promosso la diffusione di impianti di piccole dimensioni, favorendo di fatto la realizzazione di un modello energetico basato sulla generazione distribuita, sul risparmio, sull’efficienza e sulla sostenibilità. Quanto alla tipologia degli interventi finanziati, il fotovoltaico è decisamente in testa con circa 4.580

progetti, per un totale di oltre 54 MW di potenza complessiva. Seguono 216 impianti solari termici, 124 interventi di efficienza energetica (coibentazioni, sostituzioni di caldaie tradizionali con caldaie a condensazione, sostituzioni di infissi...), 49 impianti a biomasse di piccole dimensioni, 14 impianti geotermici a bassa entalpia, 12 impianti minieolici, 2 impianti minihydro. Inoltre, grazie alla nuova Convenzione sono stati finanziati anche 46 interventi di bonifica di coperture in eternit sostituite con impianti fotovoltaici (circa 18.300 metri quadri) e 2 acquisti di veicoli bifuel. L’accordo è stato anche il punto di partenza per ulteriori progetti curati da Legambiente, come i G.a.s. (Gruppi di Acquisto Solari) attivati in Veneto o in Sicilia.


economia eSSenziaLe Ha la forma di un arancio ma il colore del limone. È commestibile ma di solito non si mangia. Sono i misteri del bergamotto, l’agrume ricavato da un innesto che si utilizza principalmente nella profumeria e nella cosmetica internazionale ma anche nella produzione di dolci, gelati, bevande e ultimamente anche nella farmacopea. Nonostante numerosi tentativi d’impiantarlo altrove, cresce e prospera soltanto in un territorio specifico della provincia di Reggio Calabria, lungo la fascia costiera che si affaccia sullo Jonio, la cosiddetta zona grecanica. È dunque un simbolo riconosciuto di territorio e testimonial di biodiversità, da difendere e conservare. La lieve differenza fra la temperatura diurna e quella notturna, la conformazione geomorfologica dell’area con ampie valli solcate dalle fiumare, i venti di scirocco che portano d’inverno piogge abbondanti e d’estate caldo umido, infine il suolo, caratterizzato da terreni alluvionali ricchi di sostanze minerali, sono i fattori che concorrono alla perfezione organolettica dell’olio essenziale, composto da 354 elementi chimici che lo distinguono da quello di altri agrumi. Dal ‘700 agli anni ‘60 del secolo scorso, si sfruttavano soltanto le proprietà olfattive e fissative ricavate dalla buccia del bergamotto, basti dire che l’olio essenziale fu adoperato da Sir Grey per

aromatizzare le foglie di tè indiano creando uno degli infusi più bevuti al mondo, l’Earl Grey. Poi una fase discendente, dovuta all'irrompere della concorrenza insostenibile dei prodotti sintetici. Negli ultimi anni si è verificato il rilancio, sul mercato mondiale, dell’uso dell’essenza naturale, dando nuovo impulso ai produttori. Un vero e proprio tesoro dell’agronomia locale, dunque, intorno al quale si è costruita una filiera unica al mondo, che conta 650 aziende agricole per un totale di circa 7mila addetti (oltre l’indotto) capaci di esprimere il 95% della produzione mondiale. Inoltre sta crescendo un’interessante filiera d'eccellenza, strettamente legata alla riscoperta e valorizzazione, anche turistica, del territorio, al recupero dei borghi antichi, ma anche all'innovazione. Il bergamotto ha un nemico nei mutamenti climatici, di cui si può considerare termometro. Da qui le preoccupazioni per una centrale a carbone, quella di Saline Joniche, che una società multinazionale vorrebbe costruire proprio nell'area più direttamente interessata alla coltura. Intanto l’Unione Europea ha riconosciuto l’essenza di bergamotto come prodotto DOP.

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il bio piace Mantenere in un territorio le sue attività produttive significa, specialmente nelle aree di collina e di montagna, salvaguardare le comunità locali dallo spopolamento. Nel progetto di economia locale, il Consorzio BioPiace ha coinvolto sia le amministrazioni pubbliche sia il consumatore privato, chiedendo di riorientare i consumi nella direzione della salvaguardia dell’ambiente, del territorio, del paesaggio e delle comunità locali. È così che oggi i prodotti bio sono utilizzati nelle mense scolastiche del Comune di Piacenza e di 30 altri comuni della provincia, nelle strutture ospedaliere provinciali, senza dimenticare il consumatore privato dei GAS. La distribuzione delle merci è svolta soprattutto in ambito locale e i prodotti non percorrono più di 30Km con grande vantaggio per l’ambiente, la freschezza e la qualità.

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I circa 50 soci del Consorzio operano prevalentemente in collina e montagna, coltivano i terreni o allevano gli animali utilizzando il metodo biologico, garantendo al consumatore produzioni di grande qualità e senza alcun residuo chimico; senza il Consorzio la maggior parte di queste aziende agricole sarebbe stata chiusa e i terreni abbandonati. Ma il vantaggio economico è notevole per tutto il territorio: dalle aziende agricole agli artigiani che trasformano i prodotti, a tutto l’indotto legato a queste attività, senza dimenticare il turismo enogastronomico e il paesaggio mantenuto da una attività agricola sostenibile.


I tesorI del parco Oltre 100 attività di artigianato artistico con 240 addetti e 9.000 aziende agricole censite, 20 prodotti agroalimentari tipici del territorio, dai formaggi al vino e all’olio, dai liquori alla carne, per un fatturato annuo di circa 13 milioni di euro. E ancora: un’offerta di turismo naturalistico ampia e diversificata supportata da una rete di 160 ristoranti e trattorie, 100 alberghi con una ricettività di 6.400 posti letto ai quali si aggiungono ulteriori 2.800 posti letto in 83 strutture extra alberghiere (B&B, ostelli, pensioni). Sono soltanto alcuni dei numeri che raccontano il successo del Parco della Majella, un territorio divenuto patrimonio mondiale dei Parchi nazionali nel 1995. L’area protetta si estende per 74.095 ettari ed interessa 39 comuni delle province di Pescara, L’Aquila e Chieti, con oltre 50 mila residenti entro i suoi confini e con la presenza di specie floristiche e faunistiche di estremo interesse fra cui spiccano l’orso bruno marsicano, il lupo e il camoscio appenninico. Molti i progetti e le iniziative di conservazione della natura senza mai perdere di vista la crescita sostenibile dell’economia locale e del suo territorio: grazie al Parco sono nate 7 nuove imprese che impiegano 40 giovani, distribuite in maniera omogenea in tutto il

territorio, che gestiscono servizi turistici, attività educative e strutture del parco. Ma una delle risorse di questo territorio è la ricchezza d’acqua, la cui purezza ha favorito la nascita di importanti pastifici di livello internazionale come quelli di Fara San Martino. Un esempio di come l’ambiente naturale sia stato la linfa vitale dell’imprenditoria locale. Anche i servizi ecosistemici rappresentano un valore aggiunto di questa esperienza: i 30 mila ettari di pascoli possono sostentare 30 mila bovini/equini e 120 mila ovini; la CO2 abbattuta annualmente dalle foreste è pari a 298.500 tonnellate e quella stoccata nei boschi e nei prati pascoli è pari a oltre 6.600.000 tonnellate. In più il Parco garantisce la stabilità idrogeologica di tutto il suo territorio e la fruizione dello stesso per il turismo e la ricreazione, con oltre 6 milioni di presenze/anno. E il saldo economico è positivo: per preservare questi beni lo Stato impegna fondi per circa 2.200.000 euro/anno, circa 30 euro/ettaro protetto, mentre il valore dei prodotti e dei servizi dell’ecosistema Parco ammonta a 15.343 euro per ha/anno.

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la bici del trentino

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Il Trentino-Alto Adige punta da più di vent’anni sul cicloturismo, tanto da sviluppare un terziario da 85 milioni di euro l’anno. Il progetto è stato avviato nel 1988, quando alle nuove forme di turismo slow pensavano in pochi, attraverso la realizzazione da parte della Provincia di Trento di una grande pista ciclopedonale che oggi si snoda per oltre 410 chilometri dal Garda alle Dolomiti, che attraversa siti di grande valenza ambientale e che interessa 90 comuni. La pista solo lo scorso anno è stata fruita da più di 2 milioni di cicloturisti. Qui il turista incontra una serie di servizi che vanno dalle aree di sosta e servizi igienici ai cosiddetti Bicigrill, delle moderne stazioni di posta in cui rinfrescarsi, pianificare le tappe successive e, soprattutto, curare la manutenzione della bicicletta. Anche le strutture ricettive offrono servizi specifici per i biker attraverso BikeHotels, vale a dire degli alberghi che si sono messi in rete, attrezzati per custodire i mezzi, offrire riparazioni meccaniche, noleggiare mountain bike e Gps con itinerari impostati. Anche per quanto riguarda i trasporti pubblici l’accoglienza non manca perché spesso bus e treni assicurano il trasporto delle biciclette.

Ad esempio, la Dolomiti Express (tratta Trento-Malé-Marilleva) la scorsa estate ha visto il passaggio di 10.478 bici. E in Alto Adige, acquistando una Bici Card, il ciclista ha la possibilità di risparmiare sul costo del biglietto e accedere a una serie di servizi aggiuntivi. L’infrastruttura occupa, senza considerare l’indotto complessivo, circa un centinaio di persone fra progettisti e manutentori. Grazie al coinvolgimento dell’Agenzia del Lavoro, tutte le opere di contorno sono realizzate da cooperative che impiegano lavoratori allontanati dal ciclo produttivo. 􀀞􀀓


Riso low caRbon Le monocolture intensive hanno spesso ricadute pesanti sull’habitat che le ospita, il suolo s’impoverisce e la biodiversità si riduce. Nel caso del riso poi, le secche artificiali sono fatali per la fauna acquatica, in più il ricorso a pesticidi e concimi chimici completa l’opera. Eppure un’alternativa sostenibile per coltivare questo prezioso cereale esiste e ad individuarla è stato proprio un italiano: Mario Valsesia, ideatore della tecnica Riso secondo natura, che pratica nell’azienda agricola Molinia a Brusnengo, vicino a Biella. Il suo metodo si basa sul principio della non-azione: la natura la sa più lunga dell’uomo, lasciamola lavorare. E infatti Mario si affida solo a tre macchine: un rotolama per preparare il terreno, che interra le erbe invece di eliminarle chimicamente; una piccola mietitrice, modificata per la raccolta a strappo (in questo modo le paglie restano sul campo, arricchendolo di sostanze nutritive); un essicatoio solare, che combina pannelli solari e fotovolatici.

Il risultato è che quantitativamente la produzione è la stessa rispetto alla risicoltura tradizionale ma tempi, costi, consumi e inquinamento sono notevolmente ridotti. All’inizio nessuno credeva che potesse farcela, i risultati però alla fine gli hanno dato ragione. Riso secondo natura produce infatti un terzo della CO2, utilizza appena un sesto del combustibile per preparare il terreno (10 litri di gasolio per ettaro contro 60) e per l’essicazione basta il sole, zero consumi e zero emissioni. Tanto che la sua tecnica ha vinto il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente di Legambiente, è stata studiata e promossa dall’Università di Milano e oggi si applica in diverse aziende anche fuori dall’Italia. La certificazione più importante però arriva dalla natura: gli uccelli, invece di andarsene, hanno scelto le risaie di Molinia come casa. Cicogne nere, tarabusi e anche gru, arrivate dal Nord.

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Una scUola capace dI fUtUro

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La scuola di Favignana, alle Egadi, fino a qualche anno fa rimaneva spesso chiusa per assenza di personale e i professori cambiavano in continuazione a causa delle difficoltà logistiche. Il percorso didattico risultava piuttosto problematico, tanto che le famiglie con figli valutavano di trasferirsi altrove, con gravi ripercussioni sull’intera comunità: senza la sua scuola l’isola avrebbe perso l’unico centro di formazione impegnato, oltre che nel compito educativo, nella tutela dell’identità locale. L’Istituto Antonino Rallo di Favignana, Levanzo e Marettimo ùha deciso di superare questa situazione e nel 2006 ha lanciato CL@SSI 2.0, sperimentando attraverso le nuove tecnologie una formula di formazione a distanza con le scuole al di là del mare. Molte famiglie abbandonano le isole minori alla ricerca di situazioni scolastiche che offrano maggiori garanzie di continuità e qualità; uno spopolamento che determina un complessivo impoverimento del tessuto sociale, perché a rimanere sono i più anziani, i meno scolarizzati, quindi la parte meno dinamica. A Favignana è nata una proposta innovativa e di qualità, che ha convinto i genitori per il suo alto

valore educativo, rivolta a tutto il territorio. La scuola, infatti, ha avviato una serie di corsi di formazione presso le famiglie, coinvolgendo anche la comunità adulta in un progetto educativo capace di offrire riqualificazione e professionalizzazione. Si è così arrestato il trend verso l’abbandono invernale e si sono verificati casi di ritorno, con un duplice scopo: consentire la partecipazione dei propri figli a un percorso didattico percepito come più qualificante rispetto all’offerta delle scuole d’oltremare ed evitare lo smembramento del nucleo familiare tra genitore rimasto sull’isola per lavoro e il resto della famiglia, costretto a seguire i figli studenti. Una scuola immateriale, insomma, ma dai risultati molto concreti.


terra lIBerI tUttI Realizzare delle produzioni di alta qualità nel settore agrobiologico; coinvolgere associazioni, cooperative, agenzie di lavoro e agenzie per lo sviluppo, mettendo al primo posto l'inclusione sociale; è questa, in estrema sintesi, la mission del progetto Libera Terra. Libera Terra Mediterraneo è la società consortile che dal 2008 raccoglie le cooperative sociali con l'obiettivo di valorizzare territori difficili, partendo dal recupero sociale e produttivo dei beni confiscati alla criminalità organizzata per ottenere prodotti di alta qualità attraverso metodi rispettosi dell'ambiente e della dignità della persona, della natura, del produttore e del consumatore. La storia del progetto è iniziata grazie alla Prefettura di Palermo, al Consorzio di Comuni Sviluppo e Legalità e all’associazione Libera, che è riuscita a ottenere nel 1996 l’approvazione di una legge di iniziativa popolare sull’utilizzo sociale dei beni sequestrati alle mafie: terreni, colture arboree, impianti produttivi, immobili. È del 2001 la costituzione della prima impresa, la Cooperativa Placido Rizzotto. Oggi sono più di 1.000 gli ettari convertiti alla coltivazione biologica, tra quelli gestiti direttamente e quelli coltivati da altri agricoltori limitrofi; tutte le cooperative offrono opportunità di reinserimento lavorativo a soggetti

svantaggiati, che rappresentano almeno il 30% dei soci. Partendo dai beni confiscati alle mafie, lo scopo di Libera Terra è dare dignità ai territori caratterizzati da una forte presenza mafiosa, attraverso la creazione di aziende autonome, autosufficienti, durature, in grado di dare lavoro, creare indotto positivo e proporre un sistema economico virtuoso, basato sulla legalità, sulla giustizia sociale e sul mercato, che tenga vivo nella memoria il ricordo di tutte le vittime di mafia. Si chiama Coltivare Valori Percorsi di legalità sulle terre liberate dalle mafie un progetto lungo due anni, cofinanziato dalla Fondazione con il Sud per valorizzare i beni confiscati e promuoverne l'autosostenibilità, attraverso il lavoro delle cooperative e delle associazioni impegnate nella cura dei patrimoni sottratti alle mafie. Vede coinvolte oltre alle cooperative siciliane di Libera Terra, il Consorzio di Comuni Sviluppo e Legalità, l’associazione Libera, il Centro Internazionale delle Culture Ubuntu e l'Associazione Onlus Bayty Baytik. Negli ultimi tre anni sono stati investiti più di 5 milioni di euro nelle 4 principali regioni del sud (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia), generando occupazione stabile per più di 100 persone.

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note dI sostenIBIlItà Tre giorni di grande musica, tanto ricchi di proposte da coinvolgere ogni anno un’intera città, con artisti di fama internazionale e decine di migliaia di visitatori. Tutto per di più all’insegna della sostenibilità. Succede a Macerata dove dal 1989 si svolge Musicultura, festival della canzone popolare e d’autore, uno dei più importanti concorsi dedicati alle nuove tendenze i cui primi firmatari furono a suo tempo Fabrizio De André e Giorgio Caproni. Per gli organizzatori la sfida ambientale oggi riguarda anche, o forse soprattutto, quanti interpretano il proprio tempo attraverso la cultura. Le scelte sostenibili di Musicultura d’altro canto si riconoscono a partire dal cuore degli eventi, l’arena Sferisterio, dove il consumo d’energia per ogni concerto sarà misurato e reso visibile in tempo reale.

Le scenografie sono realizzate in materiali riciclabili, come gli arredi urbani e quelli dei molti spazi interni, inclusi i camerini degli artisti e gli uffici dello staff. Macerata diventa per tre giorni la capitale della mobilità a impatto zero, con l’utilizzo di auto e scooter elettrici, alimentati da colonnine installate per l’occasione. Fa parte del progetto anche un sistema di bike sharing con tanto di biciclette a pedalata assistita, più adatte al territorio collinare della città. L’uso delle due ruote è gratuito per lo staff, per gli artisti e per chi ha acquistato il biglietto d’ingresso; nei punti di ristoro solo alimenti bio in stoviglie di Mater-bi e un programma capillare di raccolta differenziata.

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zone attIve


zone attive Graphic design Studio Kromosoma Illustrazioni scuola di Favignana Doriano Strologo Partner tecnico Kubedesign, pioniere nel mondo dell’arredo in cartone, è oggi una realtà affermata che progetta e realizza allestimenti e arredi in tutto il mondo. Cultura d’impresa e cultura di progetto si incontrano per sperimentare le nuove frontiere del cartone: impieghi sia tradizionali che innovativi per un modus vivendi sostenibile, armonico ed esteticamente piacevole. www.kube-design.it

In collaborazione con

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Con la partecipazione di


Pensare globalmente e agire localmente; coniugare interessi locali, movimenti di opinione, sensibilità territoriali, vertenze ambientali con l’interesse generale, con un pensiero globale che guarda al territorio come fulcro centrale, ma che vuole salvare il pianeta, interpretare gli interessi generali, realizzare esperienze di cambiamento. È così che ci battiamo per i beni comuni: acqua, aria, suolo, energia sono una risorsa collettiva, patrimonio unico e insostituibile che la comunità deve gestire secondo criteri di solidarietà e di accessibilità per tutti, tenendo conto anche delle generazioni future. È così che abbiamo dato vita al volontariato ambientale, alla lotta contro le ecomafie, ai gruppi di protezione civile. Con oltre 30 anni di storia, 115.000 tra soci e sostenitori, 1.000 gruppi locali, 30.000 classi che partecipano a programmi di educazione ambientale, con le campagne di monitoraggio scientifico e informazione, abbiamo raccolto migliaia di dati sull’inquinamento del mare, delle città, delle acque, del sistema alpino e del patrimonio artistico, sviluppando un’idea innovativa delle aree protette, sostenendo le energie rinnovabili e un’agricoltura libera da ogm e di qualità. Su questa strada dobbiamo proseguire, per essere protagonisti del cambiamento. C’è bisogno di noi, oggi più che mai, per far crescere il nostro Paese, accogliendo le sfide del futuro. Per aderire visita il sito www.legambiente.it, chiamaci al numero 06.86268316, scrivi a soci@legambiente.it, o contatta il circolo Legambiente più vicino. Legambiente Onlus Via Salaria 403, 00199 Roma - tel 06.862681 fax 06.86218474 legambiente@legambiente.it Scegli di sostenere Legambiente anche con il 5X1000! Nella dichiarazione dei redditi firma nello spazio riservato alle Onlus (in alto a sinistra) e inserisci il codice 80458470582.

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Capire il futuro per cambiare il presente

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