Riciclaggi Globali

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inchiesta

riciclaggi

globali Sono passati dieci anni dalla prima inchiesta per “traffico organizzato di rifiuti”. L’ecomafia intanto ha cambiato pelle. E forse è diventata ancora più difficile da combattere di Antonio Pergolizzi

FOTO: © gettyimages

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La nuova ecologia / febbraio 2012

l 13 febbraio del 2002, alle prime luci dell’alba, i carabinieri del Comando tutela ambiente bussano alla porta di una nota società di Trevi, in provincia di Perugia, specializzata nello smaltimento di rifiuti. Arrestano il proprietario, mettono sotto indagine 90 persone e 19 aziende. E ancora: sequestrano quattro stabilimenti, sei imprese agricole in Umbria, Toscana, Lazio e Puglia, più due autoarticolati. È l’operazione Greenland, terra verde, dove il verde sta per il veleno trafficato. Come ricordano i protagonisti di quell’indagine, da quel giorno la lotta ai trafficanti di rifiuti non sarebbe stata più la stessa.


ora colpiamoli nel patrimonio Il procuratore Ceglie: «Intercettazioni per noi indispensabili»

«G

razie all’introduzione del delitto di traffico organizzato di rifiuti è stato possibile confermare le più funeste previsioni: buona parte degli scarti industriali più pericolosi prodotti in Italia prendevano le vie illegali». Non c’è dubbio, quindi, ad ascoltare il procuratore Donato Ceglie, per anni in prima fila contro le ecomafie in Campania, che l’introduzione dell’art. 260 nel codice penale sia stato un successo: fino a oggi più di mille persone sono finite in carcere, molte di più denunciate, centinaia le aziende coinvolte.

Ottantamila tir

«Fu proprio grazie all’ex articolo 53 bis, oltre che alla possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche, se siamo riusciti tempestivamente ad arrestare un imponente traffico di rifiuti da Nord a Sud che aveva scelto l’Umbria come territorio di passaggio e centro operativo» ricorda Manuela Comodi, della procura di Spoleto, il magistrato che ruppe il ghiaccio e mise per prima in pratica la legge. «Senza quella norma avremmo avuto le mani legate. Scoprimmo, infatti, un’organizzazione criminale composta da soggetti dallo scarso spessore criminale, capaci comunque di mettere in piedi un business di tutto rispetto». L’operazione Greenland rappresentò,

85

procure al lavoro (29 del Nord, 26 del Centro, 30 del Sud)

190

inchieste sul traffico illecito di rifiuti

664

aziende coinvolte

1.185 ordinanze di custodia cautelare

3.348 persone denunciate fonte: Rapporto Ecomafia 2011 di

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BLITZ in cifre

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Per la prima volta è stata applicata, infatti, quella norma che raffigura e punisce il “traffico organizzato di rifiuti”, l’ex art. 53 bis del decreto Ronchi (attuale art. 260 Dlgs 152/06), approvato quasi un anno prima, il 23 marzo 2001. Un caposaldo nella lotta all’ecomafia di cui ricorre il decennale (vedi il box a pag. 33), che vogliamo ripercorrere per capire come si è trasformato da allora questo fenomeno.

Cosa è cambiato con l’introduzione di quello che ancora oggi costituisce l’unico delitto ambientale? Prima del 2002 guardavamo impotenti l’aggressione dell’ecomafia ai nostri territori. Se coglievamo un soggetto in flagranza di reato gli potevamo comminare al massimo una semplice contravvenzione. Per questo insistevamo con il dire che senza misure cautelari in carcere, e alle intercettazioni telefoniche, non avremmo mai colpito seriamente i criminali. È stato solo dopo l’introduzione del delitto di Passare le indagini traffico organizzato di rifiuti alla Direzione che è stato possibile svelare antimafia è utile. l’intero mondo dei traffici illeciti Ma occorre coordinare di veleni, confermando le più l’azione investigativa funeste previsioni: buona parte fra le procure degli scarti industriali prodotti in Italia prendevano le vie illegali, soprattutto verso Sud. Adesso le rotte sono globalizzate e seguono gli stessi flussi internazionali dei prodotti alimentari, e non solo, contraffatti e adulterati. Nel 2010 la competenza per le indagini su questo delitto è passata alle Direzioni distrettuali antimafia. Le sembra una decisione utile? Se da una parte la qualità delle indagini diventa maggiormente incisiva, dall’altra c’è il rischio che si perda un patrimonio di conoscenze in capo alle singole procure. Anche se la Direzione nazionale antimafia sta lavorando per assicurare un’adeguata cooperazione investigativa fra le procure, e i risultati non mancheranno ad arrivare. C’è da dire che il passaggio di consegne, consentendo di potersi avvalere delle testimonianze dei collaboratori di giustizia, rischia di appiattire le indagini su questi ultimi: va sottolineato, infatti, che le più importanti inchieste sono state fatte muovendosi sul campo, pedinando e intercettando i responsabili, mettendoli dinanzi al fatto compiuto. Come si può migliorare l’apparato repressivo contro i trafficanti di veleni? Sicuramente agendo sugli aspetti patrimoniali, colpendo allo stesso tempo le società e i loro capitali. Bisognerebbe applicare maggiormente la legge 231/2001 sulla responsabilità civile delle persone giuridiche, ancora oggi, di fatto, scarsamente utilizzata. Solo mettendo le mani nei forzieri si scoraggiano le holding criminali. (An. Per.)

Legambiente

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l’ATLANTE DEI TRAFFICI Le materie da riciclo spesso tornano in Europa come prodotti finiti GOMMA E PNEUMATICI 100%

Materiali esportati illegalmente

CARTA 77%, PLASTICA 13%, METALLI 10%

(in tonnellate)

VETRO 37%, METALLI 32%, CARTA 31%,

Carta 55% 4.110,35 t Plastica 9% 638 Metalli 10% 753,030

Principali paesi di destinazione HONG KONG 2% VIETNAM 2% MALESIA 4%

Vetro 4% 318,78

ALTRI 10%

INDIA 10% COREA DEL SUD 12%

CINA 60%

Gomma e pneumatici 22% 1.630

TOTALE 7.450,16

GOMMA E PNEUMATICI 100%

Costi di smaltimento per 15 tonnellate di rifiuti pericolosi

LEGALMENTE 60 mila euro ILLEGALMENTE 6 mila euro

fonte: elaborazione su dati dell’Agenzia delle Dogane

insomma, il battesimo per l’unico delitto in campo ambientale previsto dal codice penale: una norma che punisce i trafficanti con la reclusione fino a sei anni (otto se si tratta di rifiuti radioattivi), allungando significativamente i termini di prescrizione e consentendo di ricorrere alle rogatorie internazionali nonché di utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali. È l’unica eccezione, va detto, in una legislazione ancora oggi capace soltanto di comminare contravvenzioni ai responsabili dei crimini ambientali. Ma nonostante questo, dopo l’entrata in vigore della legge, i risultati non si sono fatti attendere. Basti dire che, secondo il rapporto Ecomafia 2011 di Legambiente, in 12 inchieste relative all’art. 260 (sul totale di 30 nel 2010) sono state seque32

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Manuela Comodi è il magistrato della procura di Spoleto che mise per prima in pratica la legge sul traffico organizzato di rifiuti

strate quasi 2 milioni di tonnellate di rifiuti: come una colonna di 82.181 tir in fila indiana, che da Reggio Calabria arriverebbe a Milano, 1.117 chilometri: la “strada dell’ecomafia”. In più a suggellare la pericolosità dei traffici, anche a causa della frequente presenza delle mafie, dal 2010 la competenza è passata dalle procure ordinarie alle Direzioni distrettuali antimafia.

Nuovi flussi

Ma com’è cambiata nel frattempo l’ecomafia, almeno per quanto riguarda il traffico illecito di rifiuti? «Ci sono dei flussi di traffico documentato specialmente per quanto riguarda alcune tipologie di rifiuti, come i rottami di autoveicoli o gli scarti di lavorazione in plastica variamente contaminati che han-

no un canale preferenziale verso la Cina – spiega il colonnello Carlo Bellotti, comandante del gruppo per la tutela dell’ambiente dei Carabinieri di Roma – Ma al di là di queste dinamiche con l’estero, non sempre semplici da seguire sotto il profilo giudiziario, sono anche altre le differenze con il passato». Adesso per esempio i rifiuti non viaggiano più soltanto lungo la direttrice Nord-Sud, ma seguono le rotte più diverse fra le regioni (praticamente tutte, esclusa la Valle d’Aosta), non solo verso quelle storicamente controllate dalla criminalità organizzata. «Inoltre non si smaltisce più nei campi, costringendo magari i proprietari ad accogliere i rifiuti tossici. Si utilizzano codici identificativi falsi, i cosiddetti giro-bolla, per conferire in discarica materiali che dovreb-


bero seguire tutt’altro destino». L’identikit del trafficante, invece, è rimasto quello di sempre: imprenditore, spesso – ma non sempre – mafioso, comunque capace di tessere reti criminali con professionisti, burocrati, funzionari, politici. Utili a incamerare un bottino che nel 2006 – e solo a livello nazionale – è stato di almeno 8 miliardi di euro.

Rotte dell’est

Le indagini più recenti hanno confermato il profilo globale dei trafficanti, legati ad aziende e società di ben 22 paesi: 10 europei, 5 asiatici, 7 africani. Se la prima inchiesta si sviluppò in Umbria, le ultime due, vale a dire Golden plastic e Partenope, nel dicembre 2011, riguardano proprio traffici internazionali di scarti plastici, ferro e vecchi copertoni che dall’Italia erano diretti in Cina. Rotte illegali scoperte da doganieri e forze di polizia nel tentativo di arginare la continua emorragia di scarti verso l’estero: vere e proprie materie prime sottratte alle aziende italiane del riciclo, con enormi danni economici, oltre che ambientali. «Il mercato nero internazionale dei rifiuti sta mandando sul lastrico interi comparti economici attivi nel riciclo, anche il nostro che si occupa di materiali plastici – spiega Claudia Salvestrini, direttore del consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene, il Polieco – I trafficanti sono capaci di rastrellare enormi quantità di materiali, provenienti anche dalla raccolta differenziata, e di affidarli alle mafie transnazionali, lasciando di fatto le nostre aziende con i magazzini vuoti». Insomma, l’Italia sempre più Eldorado degli ecomafiosi, per citare il nome di una famosa indagine della procura di Milano del 2003? Non proprio. I primi dieci anni d’applicazione dell’art. 260 dimostrano che si può incappare nelle maglie della legge e pagarne dazio. Almeno in questo caso. n

In principio fu greenland Dal 2002 a oggi sono state 190 le indagini sul traffico di rifiuti. Ecco le più importanti

T

re anni di pedinamenti e intercettazioni telefoniche. Poi il blitz nelle aziende. L’operazione Greenland, dieci anni fa, rappresenta una pietra miliare nella lotta alle ecomafie. A condurla fu l’allora comandante dei Carabinieri, Antonio Menga, che portò alla luce un’organizzazione ramificata fra Trevi, Casone di Foligno, Bastardo di Giano dell’Umbria e Cannaiola. La soazzatura tossica proveniva dal Centro e Nord Italia ed era smistata illecitamente in Toscana, Lazio, Marche, Lombardia, Veneto, Campania e Puglia. Come? Attraverso un escamotage che avrebbe fatto scuola: la falsificazione della carta

di identità dei rifiuti (vale a dire i codici Cer) in maniera da trasformare – solo sulla carta – un rifiuto pericoloso in qualcosa di sicuramente meno oneroso per lo smaltimento. I fanghi tossici, ad esempio, venivano fatti passare come fertilizzante agricolo. «In questa maniera – hanno spiegato gli inquirenti – notevoli quantità di rifiuti contenenti metalli pesanti sono stati immessi nei più svariati flussi illeciti per farne perdere le tracce, oppure sono stati riversati su terreni destinati alla coltivazione compromettendo corsi d’acqua di rilevante importanza storico-paesaggistica». Emerse come i trafficanti facessero leva anche sulle difficoltà economi-

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che di alcuni imprenditori, che in cambio di denaro accettavano di smaltire i veleni sui propri terreni. I giudici rinviarono a giudizio 52 persone fra produttori, intermediari, analisti, trasportatori, titolari di impianti di stoccaggio e smaltimento. L’ordinanza venne rigettata dal Gip, vista anche l’originalità della materia, ma poi fu accolta dal giudice del riesame. Legambiente si costituì parte civile, insieme al Comune di Trevi, alla Provincia di Perugia e alla Regione Umbria: «Fu davvero emozionante, seppure molto complicato, portare le ragioni dell’ambiente all’interno del processo – ricorda Vanessa Pallucchi, all’epoca presidente di Legambiente Umbria – Per la prima volta un’associazione si costituiva parte civile contro i trafficanti di veleni: un fatto di enorme valore simbolico, oltre che giuridico». Quattro anni dopo arrivano le condanne per 13 degli imputati, con una sfilza di capi di imputazione e la confisca di tutte le aree sequestrate. Condanne confermate in appello nel 2010, in attesa che si pronunci anche la Cassazione. Nonostante oggi si agiti, per alcuni reati, lo spettro della prescrizione.

(An. Per)

il libro “Toxic Italy” Antonio Pergolizzi Castelvecchi, Roma, 14 euro. La gestione illegale dei rifiuti è parte dello sviluppo economico del nostro paese. Chi sono i mercanti di veleni? È solo la malavita a contaminare l’Italia?

Murgia violata

Bari 23 aprile 2002 Arresti 6, denunce 22, aziende coinvolte 6 Regioni: Umbria, Lombardia, Veneto, Marche, Campania, Toscana, Lazio e Puglia. Inquirenti: Procura di Bari, Comando provinciale Noe di Bari. n Rifiuti speciali abbandonati su terreni agricoli destinati alla coltivazione di vari prodotti alimentari e all’alimentazione animale, e su aree sottoposte a vincolo idrogeologico.

n L’attività illegale consisteva in operazioni di intermediazione, trasporto, sversamento e stoccaggio di enormi quantità di rifiuti provenienti da società di smaltimento del Centro e Nord Italia. Queste simulavano la separazione tra fase secca e umida presso impianti in diverse parti d’Italia, ma li sversavano in cave e terreni controllati dagli indagati. Da novembre 2002 a maggio 2003 sono state movimentate 40.000 tonnellate di rifiuti con un giro d’affari di 3.300.000 euro, e l’evasione dell’ecotassa per 500.000 euro.

Banda Bassotti

Madre Terra

Milano 19 novembre 2002 Arresti 10, aziende 5 Regioni: Lombardia. Inquirenti: Procura di Milano, Noe di Milano, Cfs di Brescia e Arpa di Garbagnate Milanese (Mi). n Sequestrate 2.000 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi derivanti dalla metallurgia termica dell’alluminio, venivano occultati nei cantieri di opere pubbliche: quello del depuratore di Nosedo, alla periferia di Milano, e altri a Bellusco (Milano), Cardano al Campo (Varese) e Buccinasco (Milano).

Re Mida

Napoli 24 novembre 2003 Arresti 22, denunce 75, aziende 20 Regioni: Campania, Lombardia, Veneto e Toscana. Inquirenti: Procura di Napoli, Noe di Caserta.

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Caserta, 4 novembre 2005 Arresti 8, aziende 1 Regioni: Campania. Inquirenti: Procura di Santa Maria Capua Vetere, Noe di Caserta. n L’organizzazione smaltiva rifiuti industriali pericolosi limitatandosi a farli seccare per poi sbarazzarsene spargendoli nelle campagne, o regalandoli agli agricoltori come concime.

Madre Terra 2

S.Maria Capua Vetere, 8 maggio 2006 Arresti 5, denunce 12, aziende 1 Regioni: Campania. Inquirenti: Procura di Santa Maria Capua Vetere, Noe di Napoli e di Caserta. n L’organizzazione avrebbe sversato senza trattamento nelle campagne casertane 38.000 tonnellate di rifiuti pericolosi per un giro d’affari di 3 milioni di euro.


Grande Muraglia I e II

Gioia Tauro 11 luglio 2006 Denunce 32 Regioni: Calabria, Puglia, Campania, Lombardia, Lazio. paesi stranieri: Cina, India, Russia, Liberia e Nigeria. Inquirenti: Procura di Palmi, Noe di Reggio Calabria, Ufficio dogane del porto di Gioia Tauro. n L’operazione, durante la quale sono stati sequestrati 135 container contenenti 740 tonnellate di rifiuti in plastica, 1.570 di metalli, 150 di contatori elettrici, 700 di carta e 10 di auto e pneumatici, ha scoperto un traffico verso Cina, India, Russia e Nord Africa. Ad aprile 2008 l’operazione “Grande Muraglia II” blocca un traffico verso Cina e Hong Kong.

Veleno

Bari, 25 settembre 2007 Arresti 11 Regioni: Puglia. Inquirenti: Procura di Bari, Dda di Bari, Noe di Bari e Digos di Foggia. n Tra i reati contestati al clan Gaeta operante nel foggiano il traffico di rifiuti, tossici e non, e lo smaltimento illecito in Puglia di rifiuti provenienti da altre regioni. Per un volume complessivo di 100.000 tonnellate, e con guadagni di 5 milioni di euro.

Carte False

Caserta, 14 luglio 2008 Arresti 3, denunce 24, aziende 1 Regioni: Campania. Inquirenti: Procura di Santa Maria Capua Vetere, Noe di Avellino, Caserta e Salerno. n L’indagine ha evidenziato come grazie alla compiacenza di incaricati dei laboratori di analisi le aziende potevano smaltire ingenti quantitativi di fanghi provenienti dagli impianti di depurazione della Campania.

Star Wars

Desio, Seregno, Briosco, 18 settembre 2008 Arresti 20, denunce 20 Regioni Lombardia. Inquirenti: Procura di Monza, Polizia provinciale.

n L’organizzazione acquistava o prendeva in affitto terreni in alcuni comuni del milanese per trasformarli in discariche illegali di rifiuti, anche pericolosi. Sequestrati circa 65.000 mq di terreni in cui sono stati interrati circa 178.000 metri cubi di rifiuti.

Golden Rubbish

Grosseto, 9 febbraio 2010. Arresti 17, denunce 61, aziende 3. Regioni: Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Campania, Lazio, Abruzzo e Sardegna. Inquirenti: Procura di Grosseto. n Rifiuti della bonifica del sito di Bagnoli avevano come destinazione la Toscana. L’organizzazione era imperniata su una società di intermediazione maremmana, che avvalendosi di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, siti di ripristino ambientale e discariche, regolava e gestiva i flussi dei rifiuti (un milione di tonnellate) ai quali attribuiva codici non corretti, così da poter essere dirottati in siti di destinazione finale compiacenti in Toscana, Trentino ed Emilia Romagna.

Fiori d’acciaio

Brescia, 30 novembre 2011 Arresti 10, aziende 4 Regioni: Lombardia. Inquirenti: Procura di Brescia, Dda e carabinieri di Brescia. n Sequestrati la cava di Cappella Cantone (Cremona), destinata a una discarica di amianto, un impianto per il trattamento di rifiuti a Calcinate (Bergamo) e due cantieri della Brebemi a Cassano d’Adda (Milano) e Fara Olivana con Sola (Bergamo).

rifiuti spa a convegno ✱

Com’è cambiata l’ecomafia dall’operazione Greenland a oggi? Se ne discute durante “Rifiuti Spa” che Legambiente organizza il 13 febbraio a Roma (ore 9.30, Senato della Repubblica, Palazzo Bologna, via di Santa Chiara 4). All’evento partecipano i primi inquirenti che hanno applicato l’articolo 260 Dlgs 152/06: Roberto Pennisi della Direzione distrettuale antimafia, il presidente della commissione d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti Gaetano Pecorella, il vicepresidente della commissione antimafia Fabio Granata e il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Confermare la presenza entro le ore 17 dell’11. Per gli uomini obbligo di giacca e cravatta.

i onal@legambiente.it

Le 190 inchieste hanno interessato tutte le regioni tranne la Valle d’Aosta

Per gli inquirenti in questi siti venivano smaltiti rifiuti speciali. Colpito da custodia cautelare in carcere Franco Nicoli Cristiani, vicepresidente del Consiglio della Regione Lombardia, con lui imprenditori e funzionari pubblici.

Golden plastic

Taranto, 7 dicembre 2011 Arresti 54, aziende 21 Regioni: Puglia, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana. paesi stranieri: Cina. Inquirenti: Procura di Lecce, Procura di Taranto, Dda di Lecce, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza. n Oltre 2 milioni e 600.000 kg di rifiuti speciali erano pronti in 114 container per esser spediti nel Sud est asiatico. Il tutto avveniva mediante la predisposizione di falsa documentazione commerciale. I rifiuti speciali non erano stati oggetto di alcun trattamento preliminare e sarebbero stati utilizzati come materia prima per produrre giocattoli, articoli casalinghi, biberon e prodotti sanitari destinati alla commercializzazione sul territorio nazionale ed europeo. (a cura di Francesco Loiacono e Antonio Pergolizzi)

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inchiesta riciclaggi globali

milleproroghe al sistri Il decreto di gennaio ha posticipato per l’ennesima volta l’avvio del sistema di tracciabilità. Ora si parte il 30 giugno di Francesco Loiacono

è

un destino segnato da proroghe, inchieste e critiche, quello del Sistri: il sistema di tracciabilità elettronica dei rifiuti voluto da Pecoraro Scanio quando era al vertice del ministero dell’Ambiente e presentato con orgoglio dal suo successore, Stefania Prestigiacomo, poco meno di un anno fa, quando si pensava di farlo partire a giugno 2011. Il Sistri, grazie al monitoraggio satellitare dei camion che trasportano i rifiuti, dovrà mandare in pensione i vecchi moduli cartacei Mud, ma l’obiettivo più ambizioso è quello di sconfiggere le ecomafie. Dalla sala operativa del Sistri, nella sede della Selex (azienda del gruppo Finmeccanica finita sotto la lente della magistratura proprio per l’affidamento del progetto), i carabinieri del Noe dovranno tenere sotto controllo gli oltre 85mila camion che trasportano quotidianamente rifiuti su e giù per la Penisola. Senza contare che la famosa “black box”, nella quale il trasportatore deve inserire una chiavetta usb con i dati del carico, è installata nel vano guida dei camion. I malintenzionati potrebbero perciò sostituire il rimorchio durante il viaggio senza che la scatola nera registri alcun cambiamento. A gennaio la partenza del Sistri ha subito l’ennesimo slittamento: il decreto milleproroghe ha spostato dal 2 aprile al 30 giugno la data

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d’avvio. Le ditte che dovranno utilizzare il sistema di tracciabilità hanno altri due mesi, quindi, per imparare come si utilizza correttamente il sistema. Ma nel frattempo i costi del sistema, più volte prorogato, cominciano a diventare pesanti. La Nuova Ecologia ha eseguito un test presso la Società recupero imballaggi (Sri) di Gricignano d’Aversa (Ce). La prova ha evidenziato una certa macchinosità delle operazioni, che sarà forse superata durante le prossime settimane, ma soprattutto problemi dovuti a recenti cambiamenti nelle procedure dei quali gli operatori, nonostante abbiano dedicato risorse e tempo alla formazione, non erano ancora a conoscenza. Insomma, le aziende durante gli ultimi due anni hanno impiegato nel passaggio al nuovo sistema risorse umane ed economiche: ogni black box, ad esempio, è collegata tramite schede sim al sistema Gprs e questo significa che da oltre un anno sono attivi contratti telefonici a spese delle aziende senza che il sistema sia ancora in funzione. «Capiamo questi disagi finché un sistema è in evoluzione – commenta il responsabile amministrativo della Sri Francesco Pascale, che ci ha accompagnato durante il test – purché si giunga presto a una concretezza delle procedure e alla certezza che il Sistri parta». Ma nonostante i soldi spesi questa certezza ancora non c’è. n

“La Nuova Ecologia” ha testato lo scorso 10 gennaio il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (il video con la prova integrale è online su http://tiny.cc/n8ksy). La prova è avvenuta simulando il trasporto di un sacco di materiali plastici dalla Sri (il produttore) alla ditta di riciclo Erreplast (il destinatario). Come trasportatore è stata utilizzata l’azienda Td srl. Le tre imprese fanno parte di uno stesso gruppo aziendale a Gricignano d’Aversa (Ce). Ecco com’è andata...

n Il sacco di rifiuti in plastica, all’incirca 10 Kg, viene prelevato presso la società produttrice. Nell’immagine Francesco Pascale, responsabile amministrativo della Sri, che ci ha assistito durante la prova.

n Il produttore crea una scheda movimento sulla quale vengono indicati il trasportatore e il destinatario. La scheda viene trasmessa al sistema Sistri via internet con l’ausilio di un token (penna usb) ma l’email di conferma non arriva.


L’ecomafia del terzo millennio di Enrico Fontana*

il libro

n Il viaggio può cominciare solo dopo che la chiavetta usb è stata inserita nella black box del mezzo collegata alla sala operativa gestita dai carabinieri del Noe. Il passaggio è avvenuto correttamente, l’autista può partire.

n Il trasportatore consegna la chiavetta usb alla ditta di destinazione. A questo punto l’operatore dovrebbe trasmettere alla banca dati le informazioni sull’avvenuto trasporto. Il sistema però non consente di chiudere la pratica.

n A questo punto abbiamo chiamato il call center: «Abbiamo cambiato le procedure». Eppure i dipendenti delle ditte hanno già partecipato a diverse ore di formazione. Il giorno dopo dal Sistri è giunta comunicazione che si stanno di nuovo rivedendo le procedure.

“Dark Economy” Antonio Cianciullo ed Enrico Fontana, Einaudi, Torino, 18 euro. Dalle terre di Gomorra alle contrade del Guandong. Il traffico illegale di rifiuti fattura miliardi e collega clan. Un viaggio fra imprese disinvolte, politici collusi e apparati statali deviati.

Da scarti di cui liberarsi in fretta e al minor costo possibile a materiali riciclabili. Il paradigma del ciclo virtuoso dei rifiuti è diventato anche la parola d’ordine dell’ecomafia nel terzo millennio. Archiviata quasi del tutto la stagione “primitiva” delle megadiscariche abusive, a servizio del sistema industriale, oggi i trafficanti di rifiuti puntano sulla filiera del recupero. Ovviamente fraudolento. Le scorie di fonderia, che finivano in qualche cava o in mare, vengono spacciate come materiali per sottofondi stradali. I teli Archiviata di plastica delle serre, la stagione delle invece di essere bruciati megadiscariche, in qualche rogo notturno i trafficanti puntano sono impacchettati e sulla filiera del spediti in Cina. Stessa riciclo. Ovviamente sorte per gli pneumatici, fraudolento che una volta finivano in campagna. O per i fanghi di depurazione, che negli ultimi anni, senza alcun trattamento, inondano come “fertilizzanti” i terreni agricoli. Da fenomeno localizzato, la gestione illegale dei rifiuti si è trasformata in emergenza globale in cui le mafie, a cominciare da quelle nostrane, giocano un ruolo rilevante ma non esclusivo. Uno dei meriti attribuibili all’introduzione del delitto di organizzazione di traffico illecito è proprio quello di aver certificato l’esistenza di vere e proprie organizzazioni criminali costituite da colletti bianchi e imprenditori senza scrupoli. Con un notevole bagaglio tecnico e un sofisticato sistema di relazioni, nel mondo imprenditoriale e politico. Che si sono rivelati particolarmente utili quando, costretti a “inabissarsi” dopo anni di sostanziale impunità, ecomafiosi ed ecocriminali hanno dovuto affinare le tecniche di smaltimento per sfuggire alle indagini. Se questo è lo scenario, certo non confortante, un’efficace azione di prevenzione e contrasto di queste attività criminali può svilupparsi soltanto a tre condizioni: a) una vera e propria rivoluzione ecologica nel modo di produrre e consumare le merci, che garantisca riduzione dei rifiuti, riuso e riciclo; b) il contrasto su scala globale dei traffici illeciti, estendendo a tutti i paesi dell’Ue il delitto in vigore da dieci anni in Italia; c) l’inasprimento delle sanzioni contro chi inquina e saccheggia i beni comuni (acqua, aria e suolo), con l’introduzione dei delitti ambientali nel Codice penale. È una richiesta che Legambiente fa, invano, dal 1994. C’è da sperare che il 2012 sia l’anno buono. * responsabile Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente

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