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identitaria dell’infermiere?
Come ha influito la pandemia sull’immagine identitaria dell’infermiere?
Alla luce della pandemia, il D.M. 14/09/1994 n.739, che definisce il profilo professionale dell’infermiere e il suo campo di attività e responsabilità – è forse un po’ datato. Aggiornare gli aspetti formativi, il percorso universitario e le specialistiche è fondamentale per continuare a qualificarci come infermieri. Se l’obiettivo finale è comune a tutti, ed è la salute dei pazienti e della collettività, è importante riuscire a mantenere e coltivare la consapevolezza delle proprie funzioni per se stessi e per il pubblico. Come OPI di Ferrara abbiamo intervistato gli infermieri a luglio 2020, dopo la prima fase della pandemia. Abbiamo interpellato proprio gli infermieri che più direttamente erano stati coinvolti nell’emergenza – da quelli che prestavano servizio al pronto soccorso, a quelli impiegati nel reparto Covid – e ciò che era emerso era la grande collaborazione professionale tra medici e infermieri. Non esiste letteratura rispetto a questo tipo di emergenza, quindi giorno per giorno l’équipe ha dovuto fare fronte comune, testare e mettere in campo quelle che più tardi sono diventate, a livello mondiale, le linee guida per affrontare la pandemia. La capacità di collaborazione anche e soprattutto in questo frangente, si è dimostrata un tratto distintivo da coltivare e valorizzare.
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La forza di andare avanti e la capacità di reggere il peso anche solo delle lunghe procedure di vestizione e svestizione; la cura, la fatica fisica di spostare un paziente per pronarlo, ma anche la paura del contagio per se stessi o di diventare veicolo di contagio per i propri familiari – tutto ciò lo si è potuto affrontare anche perché c’era un grande senso di coesione. Altro aspetto davvero importante emerso con il Covid 19 è la capacità e l’importanza dell’apprendimento costante in corso d’opera, giorno per giorno, attraverso il confronto con gli altri professionisti con i quali si lavorava gomito a gomito.
In quest’ultima fase forse c’è una grande fatica fisica e psicologica per il protrarsi dello sforzo e il persistere dell’emergenza. Ma lo vedremo meglio tra qualche mese, quando potremo raccogliere le impressioni dei professionisti coinvolti in quest’ultima fase di pandemia. Durante l’emergenza, sono emersi tantissimi episodi di generosità, come quando sono state reclutati volontari, attraverso bandi appositi per operatori – medici e infermieri – che si sono recati nelle zone più colpite dall’emergenza. In cambio, c’è stata anche molta gratitudine della popolazione nei confronti di chi ha prestato servizio nei reparti Covid – infermieri che per lunghi periodi sono rimasti lontano da casa per evitare di infettare la famiglia, o hanno contribuito in tutti i modi possibili per permettere alle persone isolate in terapia intensiva di mantenere i contatti. Tanto stress e tanta fatica anche, per le tantissime chiamate in codice rosso, emergenze accumulate e situazioni limite. Questa situazione, al di là della fatica fisica, è andata molto spesso oltre le possibilità di resistenza di molti infermieri. Senza contare i “contraccolpi” alla dedizione degli infermieri: episodi di violenza verbale, insulti e intolleranza.