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ITW Flavio Pintarelli

interview Flavio Pintarelli

Non so quante volte in Italia si sia scritto di skate al di fuori delle riviste di settore, il libro di Flavio Pintarelli lo ha fatto, e lo ha fatto anche molto bene. Ma facciamo un passo indietro. Tempo fa mi arriva una mail in cui mi si chiede disponibilità per un’intervista. Rispondo che non ci sono problemi, e dopo un paio di giorni sono su Skype con Flavio a parlare di come ho cominciato a fare video e foto di skate. Passa il tempo, il libro vede la luce, e lo ricevo a casa. La lettura è ottima e interessante, e dentro ci sono un sacco di interviste a personaggi della scena che ho il piacere di poter chiamare amici. Leggetevi quello che dice Flavio sul suo progetto in questa chiaccherata che abbiamo avuto, e poi andate subito a cercare Stupidi Giocattoli di Legno in libreria

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Ciao Flavio, partiamo subito con una domandona: perché scrivere un libro che parla di skateboard?

Beh la risposta è molto semplice, sono uno skater, amo lo skate e volevo contribuire a questa cultura usando uno strumento, le parole, con cui ho una certa dimestichezza. Scrivere di skateboard era qualcosa che volevo fare da molto tempo e alla fine ne ho avuto l’occasione.

Come ti sei avvicinato allo skate? E alla scrittura?

La prima volta che ho messo i piedi su una tavola è stato nel 1999. Avevo conosciuto da poco alcuni ragazzi che skateavano e ho provato subito un fascino irresistibile per la tavola a rotelle e tutto quello che girava intorno a essa. Per cui per mesi li ho stressati per farmi prestare la tavola ogni singolo secondo che loro non la usavano. Facevo proprio l’avvoltoio allo skatepark, guardandoli e aspettando che si stancassero o prendessero una botta forte di quelle che ti dici “meglio se mi fermo due minuti” così potevo farmi “prestare” (sarebbe meglio dire rubare) la tavola. I primi ollie li ho fatti così. Poi qualche mese dopo ho comprato la prima tavola. Mentre con la scrittura si può dire che abbia cominciato all’università, tra tesi, tesine ed esercitazioni varie. In realtà ho sempre avuto il fascino della scrittura, fin da piccolo, quando andavo alle elementari mi divertivo a scrivere dei romanzi (parolona) fantasy con la Lettera 32 (una macchina da scrivere, per i più giovani) di mio nonno. Poi, visto che scrivere per studio mi piaceva, ho cominciato a scrivere in rete aprendo un blog come fanno in tanti. Ho scritto, scritto, scritto e scritto ancora e piano piano ho costruito una piccola rete di lettori e avuto le prime opportunità e contatti. Nel frattempo la scrittura è diventata anche parte del mio lavoro, perché lavorando in un’agenzia di comunicazione faccio anche il copywriter.

Quali tematiche hai affrontato nel tuo libro?

Il libro nasce rimuginando una frase di Max Calviati, con cui giravo quando vivevo a Napoli. Max una sera, parlando di skate mi disse “penso che gli skater vedano le cose in modo diverso da tutti, perché bastano quei pochi centimetri di tavola sotto i piedi a cambiare tutto”. Questa frase, potentissima e vera, mi è rimasta in testa per anni e così ho cominciato a lavorare sul rapporto tra lo skate e la città, che è uno dei temi del libro, forse il più importante o quello che fa da filo conduttore a tutto il ragionamento. Parlando di questo non si poteva che parlare anche del corpo e del rapporto tra questo e lo skate, che è fondamentale. Chiunque va in skate sa che la tavola è molto più di un semplice oggetto, è quasi una protesi, una parte di noi, quella con cui abitiamo lo spazio che ci circonda e definiamo quella percezione diversa delle cose di cui parlava Max. Poi, a cascata, mi sono occupato anche di altri aspetti come l’importanza della moda, della fotografia, della musica nello skateboarding. E l’ho fatto intervistando diversi skater che negli anni hanno fatto cose diverse per la cultura dello skate: i giornalisti, i fotografi, i progettisti di strutture o i professori universitari.

Il titolo riprende il nome di uno storico video della New Deal del 90, sei particolarmente legato a quel video o a quel periodo?

Eh si, hai sgamato la citazione da Useless Woodden Toys! Diciamo che non sono particolarmente legato a quel periodo ma quello era un titolo spettacolare e l’ho usato perché ha una forza tutta sua, particolare e mi sembrava perfetto.

Sempre parlando di video, nel tuo libro si parla spesso di Thrashin’, il film degli anni ’80, tu che ricordi ne hai?

Diciamo che Trashin’ l’ho visto abbastanza tardi per ragioni anagrafiche (sono classe ’83) e come film di skate sono più legato a California Skate, anche se California Skate è molto molto molto più brutto di Trashin’. Trashin’ è il Karate Kid dello skate! Se vai oltre i classici stilemi da film sportivo degli anni ’80 e i look assurdi è un bel ritratto della vita da skater perché c’è dentro tutto: le amicizie, il business, i contest, l’amore, le rivalità e soprattutto dello skateboarding di ottimo livello.

Chi hai contattato per primi tra gli intervistati? E’ stato complicato ottenere le varie interviste?

Il primo che ho sentito è stato Luca Basilico che per quelli della mia generazione è stato una specie di fratello maggiore. Siccome lo avevo conosciuto una decina di anni fa ho provato subito con lui. Ottenere le interviste è stato nel 99% dei casi semplicissimo perché le persone hanno dimostrato subito un grandissimo interesse nei confronti del progetto e si sono raccontate volentieri. Solo coi fotografi ho avuto difficoltà, prima di contattarti ho avuto ben due pacchi clamorosi, tipo che si fissava l’appuntamento su Skype, non si presentavano e poi svanivano nel nulla.

Il libro è arricchito dalle foto della Chef Family, con Renè Olivo in copertina, da cosa è stata dettata questa scelta?

Da una questione di contatti. L’editore voleva arricchire il libro con delle foto com’è giusto fare quando si parla di un’attività dinamica come lo skate e mi chiese se conoscevo qualcuno che avrebbe potuto donarle. Siccome il budget purtroppo era zero e non conoscevo molti fotografi nella scena skate mi vergognavo un po’ a chiedere dal nulla a qualcuno di regalarmi delle foto. Fare foto è un lavoro, come scrivere, e non è mai bello quando qualcuno ti chiede il tuo lavoro gratis. Però conoscevo un fotografo, Andrea Pozzato, che è stato uno skater e con cui avevo partecipato a un progetto web per un periodo abbastanza lungo. Andrea è un fotografo di strada eccellente, ha un senso dell’inquadratura ottimo e sa essere invisibile quando gira per strada. Per cui gli ho proposto di venire con me a Milano per scattare il servizio per il libro e ha accettato. La scelta di Milano è stata semplice, era la grande città più vicina a casa, con diversi street spot da fotografare per dare varietà al servizio. A quel punto ho contattato ancora Luca (Basilico) che mi ha messo a sua volta in contatto con DGD e René. Ci siamo accordati e abbiamo passato un sabato insieme alla Family tra MC e Gratosoglio a scattare. Da quella giornata sono nate le foto che illustrano il libro, a cui si aggiungono quelle che mi ha regalato Chef Family.

Quanto tempo ha impiegato a scriverlo?

Tra la fase di progettazione e studio, la stesura e la revisione sono passati circa 18 mesi

E’ stato difficile trovare un editore interessato al progetto?

In realtà no, è stato l’editore a venire da me. Nel Dicembre del 2012, Andrea Scartabelli, l’editor di Agenzia X, mi ha contattato per collaborare con loro dicendomi di pensare a un libro. Io conoscevo già il loro catalogo e sapevo che gli avrei proposto un libro sullo skate, però ho fatto il vago dicendo che ci avrei pensato. Qualche tempo dopo ho fatto la mia proposta e loro sono stati entusiasti, perché era da tempo che cercavano qualcuno che facesse un libro sullo skate. Così siamo partiti. Oltretutto Agenzia X è davvero l’editore ideale per un libro del genere, non solo per ragioni di catalogo, ma anche per il coraggio che hanno nel proporre titoli che difficilmente troverebbero collocazione nel panorama editoriale italiano ma che comunque hanno un valore altissimo.

Questa è la tua prima esperienza letteraria così lunga o hai scritto altri libri? Se ne hai scritti di cosa trattano?

Si Stupidi Giocattoli di Legno è stata la mia prima prova sulla lunga distanza. In realtà prima avevo fatto un ebook ma era molto più breve, s’intitola Su Facebook ed è uscito con :duepunti edizioni di Palermo. È un saggio sul social network più famoso al mondo, sul modo in cui dà forma alle nostre esperienze.

Skatei ancora?

Si, anche se molto meno e molto peggio di un tempo. Però se posso ho ancora piacere di passare del tempo sulla tavola, anche se purtroppo quest’estate sono rimasto fermo per via di un fastidio al ginocchio. Dato che qui a Bolzano ci hanno fatto il park nuovo sto provando a imparare a skateare le curve.

Ok è tutto, se vuoi fare qualche saluto e ringraziamento questo è il momento giusto!

Ringrazio ancora tutti ad Agenzia X per avermi dato la possibilità di scrivere questo libro e tutte le persone che ne hanno incrociato a vario titolo le traiettorie. E poi ringrazio voi per l’intervista.

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