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L’architettura delle preziose cicatrici

Prefazione

Cherubino

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Gambardella

The architecture of precious scars

Foreword

Alla scorsa edizione della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, nel 2021 al Padiglione Italia, mi trovai in gioco con due progetti.

Il primo, costruito a Caserta, trasformava nel Rettorato dell’Università Degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” un vecchio capannone abbandonato che era servito come garage della sede centrale delle Poste e che mi permise di dimostrare come si potesse fare architettura contemporanea economizzando sul trasporto a rifiuto e sulle demolizioni a partire da una operazione che rigenerava una rovina senza la patente archeologica, neanche quella estetizzante dell’archeologia industriale, in uno spazio civico e contemporaneo sulla conoscenza.

Il secondo progetto era diretto da me e aveva come obiettivo la riqualificazione e la trasformazione in un corpo urbano plastico e pulsante a partire da un chilometro di costa tirrenica tra Roma e Napoli colmo di ruderi di costruzioni abusive da sempre in quel punto, da sempre abbandonate e pronte a dispiegare una notevole carica iconica.

Provai a guidare con attenzione e tenacia un gruppo di docenti dell’Università dove allora dirigevo il corso di laurea in architettura magistrale e il risultato fu potentissimo come il collage che illustra questa prefazione può raccontare.

Tra i giovani professori che contribuirono a tenere in piedi l’iniziativa c’era l’autrice di questo interessantissimo volume su come agire al

I was involved in two projects at the Italian Pavilion during the last edition of the International Architecture Exhibition of the Venice Biennale in 2021.

The first, built in Caserta, transformed an old, abandoned depot that had been used as a garage for the headquarters of the Post Office into the Rectorate of the University of Campania “Luigi Vanvitelli”. It allowed me to demonstrate how contemporary architecture could be made by economising on waste transport and demolition, starting from an operation that regenerated a ruin without an archaeological licence, not even the aestheticizing one of industrial archaeology, into a civic and contemporary space on knowledge.

The second project was directed by me and had as its objective the redevelopment and transformation into a plastic and pulsating urban body starting from a kilometre of the Tyrrhenian coast between Rome and Naples filled with the ruins of unauthorised buildings that had always been there, always abandoned and ready to deploy a remarkable iconic charge.

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