I Protettori dell'Oracolo -Buio- di Patrisha Mar

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Patrisha Patrisha Mar

I PROTETTORI DELL’ORACOLO ELL ORACOLO Buio

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I Protettori dell’Oracolo dell Oracolo - Buio Autore: Patrisha Patrisha Mar (Patrizia Zinni) Copyright © 2013 Patrizia Zinni Impostazione grafica e progetto di copertina: © 2013 Patrizia Patrizia Zinni Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione dell’opera, anche parziale. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

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A mio marito e a mia figlia grazie per esserci.

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PRIMA PARTE

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CAPITOLO 1

Londra 1856 Con un tonfo sordo la sedia si sbriciolò in tanti piccoli frammenti, schiantandosi contro il muro incrostato di fumo, grasso e di una tinta indefinita che stava perdendo la sua presa. Il giovane voltò il capo a fissare trionfante la distruzione di un pezzo di mobilio e ghignò allegro, tornando a squadrare il suo avversario. «Pessima mira, pessima mira davvero.» «Benjamin Nicholls, ti toglierò dalla faccia quel sorrisetto compiaciuto, ti farò sputare sangue.» Ben fece schioccare la lingua mentre, con fare sicuro e arrogante, osservava l’omone, dalla corporatura tarchiata, alto quasi un metro e novanta, che si avvicinava minaccioso. Miles, l’oste, guardava la scena divertito, pronto a intervenire con grande calma: che gusto sarebbe stato vedere per una volta Benjamin al tappeto. Con le innumerevoli risse che aveva scatenato nella sua taverna, si meritava una lezione dopotutto e forse John Smith era l’unico che gliela potesse dare. Sciocco lui che continuava a far entrare Nicholls, ma in cuor suo sapeva che non poteva fare altrimenti. Il giovane doveva proprio avere qualche rotella fuori posto, ma era un buon avventore e le sue ragazze facevano a gara per attirare l’attenzione del tipo bruno dall’aria insolente e sprezzante. Di sicuro i suoi affari ne traevano grandi benefici, il suo mobilio un po’ meno. 7


«Vieni qui, tappetto.» «Non direi che sono un tappetto» rispose Nicholls alla provocazione. L’omone cercò di colpirlo al volto, ma Benjamin si abbassò schivandolo e gli si parò alle spalle, battendogli un colpetto vicino al collo. «Sono qui, idiota.» John il guercio, che razza di soprannome, pensò Ben visto che gli occhi dell’uomo se la passavano benissimo, si girò ringhiando. «Tu vuoi morire stanotte.» «Quante storie… sei così noioso.» Continuava a stuzzicarlo imperterrito mentre con le mani gli faceva cenno di avvicinarsi, scricchiolando le dita per prepararsi al più grande incontro della sua vita. Se solo l’altro avesse saputo. John gli si gettò addosso, caricandolo con tutto il peso del proprio corpo. Benjamin non si aspettava un attacco diretto. Errore di valutazione, e si ritrovò ad atterrare con l’energumeno sopra, su un tavolino troppo fragile per poter reggere il peso di entrambi. «Togliti di dosso.» Lo spinse via con tutta la sua forza e non era poca, ammise sorpreso il suo antagonista, mentre Ben si liberava dalla sua salda presa. Nicholls si rialzò e si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore. I suoi capelli mossi, dal tono corvino, erano scomposti sul viso e gli regalavano un aspetto selvaggio e quasi folle. La cicatrice sul labbro destro, retaggio di una guerra antica, conferiva all’espressione dei suoi tratti un’aria crudele. Aveva solo vent’anni, ma sembrava averne almeno dieci in più. Sul suo volto erano dipinte le esperienze di una vita sofferta, costantemente in pericolo. Vi era dipinta la consapevolezza. «Allora, guercio, ti sei già stufato? Continuo a ripeterti che sono qui.» Sembrava che il ragazzo volesse farsi pestare a sangue, almeno Miles ne era convinto. Si avvicinò ai clienti, che in 8


circolo si erano messi a incorniciare i due improvvisati sfidanti, e occupò un posticino, in attesa. Benjamin appariva ai suoi occhi anziani e stanchi un irrequieto, uno spavaldo, un pazzo. Il povero Samuel Nicholls, il padre di Ben, nonché vecchio amico di Miles, avrebbe scosso la testa corrucciato nel vedere come il figlio sfidasse la morte con così poca attenzione per la propria salute. Ma Samuel se n’era andato per sempre un paio di anni prima e non avrebbe potuto più correggere gli errori del figlio. Chissà cosa ne sarebbe stato di lui. Prima o poi avrebbero trovato il suo corpo gonfio e imputridito nelle acque del Tamigi. Riposa in pace… «Bastardo, vieni qui e ti farò passare la voglia di giocare con la mia donna.» Smith sbraitò parole senza controllo. I suoi occhi porcini cercarono il volto della prorompente rossa dal generoso decolleté e dall’aria svogliata, che si passava un dito sulle labbra, per renderle ancora più carnose e provocanti. «Quante storie per un bacetto, se avessi saputo che era tua proprietà… l’avrei baciata due volte.» Benjamin rise entusiasta, scartando John che, furente, lo aveva caricato ancora. L’uomo rovinò a terra da solo questa volta e Ben non esitò a saltargli sulla schiena bloccandolo. «Uh, ma guarda chi abbiamo qui.» John scalciava cercando di liberarsi dal peso, ma non ci riusciva. Che accidenti aveva quel ragazzo il cui fisico tonico, ma non certo possente, gli impediva qualsiasi movimento? Il labbro di Ben si arricciò facendo diventare la cicatrice ancora più evidente. Uno sfregio che di sicuro non lo deturpava, ma che lo rendeva agli occhi delle donne, affascinante e dall’aspetto vissuto. «Ti arrendi?» «Non vedo il tuo sangue ancora da nessuna parte, Nicholls.» «Non ti stai impegnando abbastanza, forse…» lo rimbeccò dandogli degli scappellotti sulla testa. 9


L’urlo selvaggio di John per un istante lo colse di sorpresa e la situazione si rovesciò. Senza sapere come, Ben era a terra e l’omone lo stava pestando a sangue. Il liquido dal sapore ferroso cominciò a scivolargli in gola. Lo stomaco si contrasse disgustato. Serrò la mandibola e senza indugiare oltre sollevò il ginocchio e con violenza colpì le parti basse di John che, rantolando, cadde di nuovo a terra cercando di proteggersi. Con il dorso della manica Benjamin si strofinò la bocca per asciugarsi il sangue e si sollevò in tutto il suo metro e settantotto, fissando il tizio dall’alto in basso, assestandogli un paio di calci senza alcuna remora. «Sei patetico.» Lo prese per la collottola e lo sollevò senza esitazione né il minimo sforzo. Gli occhi sbarrati dallo stupore di John risposero alla muta domanda. «Direi che per oggi siamo a posto, sì.» Lo lasciò cadere come un sacco di patate mentre Miles si avvicinava. «E io direi che per stasera puoi andare, metterò sul tuo conto il costo delle riparazioni.» Benjamin sorrise passandosi di nuovo la mano tra i capelli, un gesto che lo caratterizzava come il sorriso diabolico e attraente. «Vedi di non esagerare. Non avevo rotto il tavolo l’altra volta. La tua è roba vecchia.» «Ci sei tu per comprarla nuova.» Ben fece una smorfia infastidita, ma non aggiunse altro, per rispetto verso l’oste. Si spazzolò i pantaloni come se potesse togliersi di dosso la polvere e il sangue che li avevano macchiati. Passò oltre a John, che si era alzato da terra barcollando, e si fermò davanti alla rossa. «Quando vuoi un vero uomo, vienimi a cercare.» Le lanciò un bacio al volo e senza osservare nessun altro uscì all’aria aperta, sollevando il capo verso il cielo privo di stelle. 10


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