Life&People Magazine - Summer 2017

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LIFE & PEOPLE INTERNATIONAL EDITING: QUATTROESSE DIRETTORE RESPONSABILE direttore@lifeandpeople.it DIRETTORE COMMERCIALE E MARKETING: STEFANO MARANGONI commerciale@lifeandpeople.it info@lifeandpeople.it 348 8552098 CREATIVE DIRECTOR Simone Bellardinelli GRAPHIC DESIGNER: EMANUELE FEDELI grafica@lifeandpeople.it REDAZIONE MILANO: VIA ENNIO 6/A MILANO MI PRINTING: GRAFICHE MDM FORLI www.grafichemdm.it FACEBOOK: LIFEANDPEOPLE

registrazione Tribunale Pesaro 08/2012 Del 27.09.2012

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UNA FAMIGLIA CHIAMATA COCOON

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Photo: Giacomo Mario Perotti

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Sven Väth non è solo un grande dj. È, prima di tutto, il carisma fatto persona. Ma è un carisma speciale, molto. Un carisma sorridente, calmo, tranquillo, consapevole. Un carisma fatto di grande rispetto verso le persone – prima di tutto verso chi viene a ballare la sua musica, come potrete leggere qui – e verso il lavoro di squadra. Una squadra chiamata Cocoon. Una squadra che in questa estate 2017 torna a Riccione, per lasciare ancora una volta delle tracce indelebili nelle nostre emozioni, ogni volta in un modo diverso. Quest’anno Cocoon muove alla conquista di Riccione, con una spettacolare residenza alla Villa Delle Rose ogni mercoledì: ovviamente, l’ospite d’onore alla serata d’apertura sei stato tu. Hai sentito, in qualche modo, il peso della responsabilità? Più in generale, quanto è importante la serata d’apertura nell’ottica di “settare l’atmosfera” per un appuntamento lungo una stagione intera? Per certi versi è vero, quando ho l’onore di aprire un appuntamento specifico facendo l’ospite della prima serata sento un po’ di responsabilità in più, ma ciò che conta maggiormente per me è il gioco di squadra, è il mettermi al servizio degli altri. Io voglio suonare e far conoscere nel mondo la musica che amo e che rappresenta al pieno lo spirito Cocoon, questo è il punto. Non è una questione personale. E comunque, accidenti che serata è stata quella alla Villa delle Rose! Fantastica. Ho postato un commento ben specifico sui miei social: era la prima volta che ci suonavo, e la Villa delle Rose mi ha ricordato gli anni pionieristici ad Ibiza quando i club erano tutti open air, l’atmosfera alle prima luci del mattino era fantastica… Insomma, un posto fantastico. Sono felicissimo che potremo come Cocoon tenere lì una residenza in questa stagione estiva!

“Era la prima volta che ci suonavo, la Villa delle Rose mi ha ricordato gli anni pionieristici ad Ibiza quando i club erano tutti open air”

Parlando di Riccione e della Riviera Romagnola, ovviamente si tratta di posti cruciali nella storia della club culture europea, dai tempi pionieristici della Baia negli anni ’70 e ’80 via via fino ad arrivare ai giorni nostri. Che esperienze hai avuto, da queste parti? Ti ricordi la prima volta che hai suonato qui e com’è stata la serata? Di sicuro è un posto fondamentale, assolutamente. Tutti i club che ci sono, tutta la gente che d’estate converge sulla Riviera… È uno snodo fondamentale per il clubbing internazionale! Onestamente, ora non mi ricordo più qual è stata la mia primissima data da quelle parti. Ma come di sicuro saprete, Riccione è sempre stato un posto importante per me e Cocoon, negli anni abbiamo anche avuto parecchie residenze significative, tutte con ottimi ricordi, quindi siamo ancora più motivati quest’anno nel voler lasciare un bel ricordo a chi vorrà venirci a trovare. Devo dire che sono rimasto molto felice per il grande successi di MiF – Music Inside Festival anche quest’anno. Credo sia un segnale molto importante per tutta l’area. Beh, al MiF hai fatto un set assolutamente fantastico, ispiratissimo e molto potente al tempo stesso. Quanto è difficile trovare sempre l’ispirazione, se non addirittura proprio la motivazione? Ti è mai capitato prima di salire su un palco – anche durante un set – di pensare “Nah, oggi non me la sento, non ne ho troppa voglia, mi manca l’ispirazione”? Prima di tutto grazie per i complimenti! Comunque sì, in effetti mi meraviglio anche io ogni tanto di come continui ad avere questa passione bruciante, senza flessioni. Perché è così: adoro suonare, ancora adesso, dopo tutti questi anni spesi in giro. Il punto è che se qualcuno mi chiama a mettere i dischi e mi mette nelle giuste condizioni per farlo, l’emozione che vivo nello stare a contatto col pubblico, nel

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“respirare” il loro entusiasmo, è qualcosa di pazzesco. È la cosa che conta di più. Non potrò mai averne abbastanza. Non sei solo uno dei dj più grandi di tutti i tempi: sei sempre stato anche molto bravo a scovare nuovi talenti, a lanciarli sul mercato prima di altri. Chi secondo te sarà la grande sorpresa, la stella emergente di questa stagione? Non credo ci sarà un artista specifico. Certo, ce ne sono alcuni che stiamo seguendo con grande attenzione e che secondo noi hanno un grande potenziale – e cerchiamo di offrirgli più opportunità possibile, perché crediamo tantissimo nel loro talento (e questa è una cosa che mi riempie sempre di gioia, il poter essere d’aiuto). Però ecco, non vorrei fare per forza un nome dicendoti “Ecco, lui sarà la star del futuro”. Fammi però spendere due parole per il nostro Ilario Alicante, lui rappresenta in qualche modo la nuova generazione di artisti Cocoon e, per quel che vedo, non sbaglia mai un set, ha sempre un mood bellissimo e la gente lo ama! Spesso si dice che Cocoon è molto più una famiglia basata sulla fiducia e sull’amicizia che una mera azienda, e avendo avuto la fortuna di entrarci in contatto non possiamo che confermare che sia così. Ma quanto è difficile mantenere il giusto equilibrio tra professionalità ed amicizia, quando si lavora nel music business ad alti livelli? Ottima domanda questa, e non è facile rispondere in breve. Io sono convinto che se trovi persone che condividono la tua stessa visione, e lo fanno con onestà e con le motivazioni giuste, allora c’è la possibilità di creare un team vincente, un team così coeso da risultare quasi una famiglia. Io sono circondato da un gruppo di persone fantastico: qualcuno c’è fin dal giorno uno, ma ci sono sempre nuovi arrivi, facce nuove, nuove idee ed energie. Il nostro segreto è mettere insieme fiducia reciproca ed amore per la musica. Io voglio suonare in giro, voglio fare ogni cosa per contribuire al successo e alla felicità delle persone attorno a me, e se nel fare tutto questo riusciamo a dare vita ad un senso di “famiglia”, beh, è la cosa migliore che possa immaginare. Qualcosa di veramente prezioso. Qualcosa che non ti fa mai dire “Nah, oggi non me la sento, oggi non ne ho troppa voglia…”. Damir Ivic

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DAFT PUNK 20 ANNI DI HOMEWORK

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Il 20 gennaio del ’97 usciva Homework, il disco d’esordio dei Daft Punk. È stato uno dei momenti più interessanti che la musica pop abbia mai conosciuto: è la dimostrazione che anche l’elettronica può diventare iconica quanto il rock. Come è stato possibile riuscirci con una drum machine, un campionatore e una canzone il cui testo conta solo tre parole? Andiamo con ordine. All’inizio i Daft punk erano in tre: Guy Manuel de Homem Christo, Thomas Bangalter e Laurent Brancowitz – e si chiamavano Darlin in onore di una canzone dei Beach Boys, anche se il loro sound era decisamente più rumoroso. Una recensione dell’inglese Melody Maker li aveva definiti “a daft punky thrash band” e, quando il gruppo si sciolse e Brancowitz andò a suonare in quelli che poi sarebbero stati i Phoenix, HomemChristo e Bangalter decisero di tenersi quel nome. I Daft punk hanno sempre ascoltato musica vecchia: l’hip hop, le chitarre degli anni sessanta e il funk dei settanta. Ai tempi in cui era uscito Homework veniva considerato un disco retro e ai due andavano benissimo così: non hanno mai negato di amare l’house music e non volevano per forza fare musica nostalgica ma era chiaro che i loro riferimenti erano diversi da chi nei ’90 stava vivendo in pieno il mondo del clubbing. Se lo riascoltate oggi capite bene come dietro a quelle canzoni ci fossero due persone che stavano cercando un’identità forte, non importa quale fosse o in che modo l’avrebbero trovata. Homework è un album che mette insieme tanti aspetti ambivalenti: sono canzoni che aspirano al pop

ma hanno struttura e lunghezza di una traccia house, hanno un suono grezzo e decisamente violento (Rollin’ & Scratchin’ e Rock ’n Roll, per dire) ma vogliono anche essere funky e groovy. La cosa più affascinante sta nella sua assoluta semplicità. È un disco letteralmente fatto in cameretta – da qui il titolo – e con pochissimo: c’è una batteria elettronica, un synth, un campionatore e non molto di più. Nonostante la produzione fosse così ridotta all’osso sono riusciti a creare dei singoli che ti tengono incollato alla traccia per sette minuti di seguito (Around The World, definito dalla BBC come “uno dei singoli più orecchiabili del decennio”). I Daft Punk non hanno inventato un genere, ma non si è mai capito che genere facessero. Di solito quando nella musica una cosa è semplice ma al tempo stesso imprendibile – ad esempio, i Beatles – con buona probabilità diventa un successo. Ma per quanto questo particolare mix di fighetteria e rave culture sembrasse costruito a tavolino, non era per niente una furbata pensata solo per guadagnare soldi. Loro ci credevano davvero, quanto meno nel ’97. In fondo erano solo due sfigati che non si trovavano a loro agio nei club o nei party esclusivi e hanno deciso di inventarsi un mondo tutto loro. “Siamo completamente contro ogni tipo di star system” – hanno dichiarato in un’intervista poco prima che uscisse Homework – “È l’opposto di quello che siamo, siamo producer, non performer. Non ci comportiamo da star, se qualcuno ci chiede un autografo, preferiamo prenderci del tempo e parlarci insieme. Non mi sento nemmeno così a

mio agio a farlo, proprio perché non sono una pop star”. Certo, se pensiamo alle piramidi che si sono fatti costruire 10 anni dopo o alle tute da robot costate – pare – 65,000 dollari, arriverete alla conclusione che con il tempo, forse, la cosa gli è sfuggita di mano. Lo stesso Homework ha avuto una promozione di tutto rispetto, il video del primo singolo (Da Funk) è stato girato da Spike Jonze, e l’altro da Michel Gondry(Around The World), ma se lo riascoltate oggi troverete tanti esempi di come l’album non cercasse volutamente il consenso di tutti, anzi. Homework è un disco duro, che alla seconda traccia infila il megafono della polizia che interrompe un rave, giusto per mettere in chiaro subito le cose; presentarsi alle interviste con le maschere da rapinatori ha fatto il resto. Così è iniziata l’epopea Daft Punk. È difficile che un musicista elettronico lasci un segno reale nell’immaginario della gente comune. Il mito è sempre stato di dominio del rock. Un dj può anche fare un mucchio i soldi ma rimarrà sempre e solo una persona dietro una consolle che schiaccia i bottoni, di quelle che a stento le riconosci per strada il giorno dopo quando smaltisci la sbornia; loro ci sono riusciti proprio perché nessuno sapeva chi fossero. Ci sono state altre rivoluzioni simili: i Kraftwerk prima di loro, ad esempio, i Major Lazer una decina d’anni dopo. È bello quando accade: ci fa capire che siamo umani – dopo tutto – anche se ascoltiamo una musica che di umano non ha proprio niente.

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Guy Gerber Saturday June 17 Th


jean Claude Ades Saturday June 24 Th


E VERY SATURDAY NIGHT

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Photo: Federica Pancaldi

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Photo: Paolo Crocenzi

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JAMIROQUAI AUTOMATON

Il cappello con le corna, le scattanti movenze da breaker e l’inconfondibile voce “wonderiana” hanno reso Jay Kay, leader dei Jamiroquai, una delle figure più iconiche e riconoscibili della scena inglese degli ultimi 25 anni, oltre che tra le più amate dai tabloid per le sue bizze, per le sue numerose conquiste femminili e per la sua passione per Ferrari e Lamborghini. All’inizio degli anni Novanta, mentre il grunge dominava la scena rock con gruppi come Nirvana, Soundgarden e Pearl Jam, in Inghilterra scoppiava il boom dell’acid jazz, felice incontro tra il calore del soul, l’energia del funky e il virtuosismo del jazz, in cui i fiati, il basso e la chitarra hanno un ruolo centrale. Una musica coinvolgente, ballabile ed emozionante, in grado di mettere d’accordo almeno due generazioni, soprattutto chi ha amato il funky degli anni Settanta. Una delle maggiori sfide per un artista è quella di evolversi stilisticamente, senza però scontentare troppo i fan della prima ora, catturati da un determinato tipo di sound. Le sonorità di Automaton sono più elettroniche e contemporanee rispetto al funky/disco al quale ci ha abituato negli ultimi anni, ma non è cambiato il feeling e il groove della sua musica, con uno stile electrofunk, debitore dei primi album di Afrika Bambaataa, Kraftwerk e Giorgio Moroder, che guarda decisamente al futuro. Il primo singolo Automaton ha diviso in due i fan: chi ne è rimasto entusiasta, trovandolo che la cura ricostituente di sintetizzatori sia la naturale evoluzione del suo sound e chi si è lamentato per la mancanza di quegli elementi tipici che hanno permesso a Jason Kay e soci di vendere oltre 26 milioni di album: chitarra funky, un basso clamoroso, archi barocchi, cori black, e, soprattutto, tanto groove e “pancia”. In conclusione, Automaton non è una rivoluzione, ma una riuscita evoluzione del caratteristico sound dei Jamiroquai, più evidente in brani come la title track, Superfresh e Shake it on, meno in altri, che però ci hanno stupito favorevolemente per un maggiore sviluppo strumentale, che conferma tutte le qualità della nuova band scelta da Jason Kay.

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ROLLING STONES “BLUE & LONESOME” 11 ANNI DOPO

Rolling Stones, un nuovo disco blues: «Blue & Lonesome» Mick Jagger e soci tornano con un nuovo album dopo 11 anni. Ci sono voluti tre giorni per registrarlo. In modo semi artigianale, senza lifting tecnologico. Guardandosi negli occhi, spingendo sulle chitarre e ricamando con le armoniche a bocca. Come quando erano ragazzini e la storia non poteva sapere che quei cattivi ragazzi sarebbero diventati la più grande rock’n’roll band della storia. Dopo 11 anni, i Rolling Stones tornano con un nuovo disco: uscito il 2 dicembre e si intitola «Blue & Lonesome». Un disco di cover: grezzo, crudo, autentico, dannatamente blues. Avrebbero dovuto (per contratto) scrivere pezzi nuovi: hanno preferito divertirsi con la musica che tornava a fargli fischiare le orecchie Mick Jagger e soci hanno sfidato le cicatrici del tempo spalmando la loro musica lungo 54 anni e 28 dischi. Senza lasciar sbiadire l’etichetta di veterani. Una serie infinita di tournée e di concerti evento. Il penultimo superando l’embargo del rock a Cuba, poi sul palco del Coachella, nel deserto californiano, insieme ai coetanei icone generazionali, Bob Dylan, The Who, Paul McCartney, Rogers Waters e Neil Young il rispetto per la storia lo sentono per ovvi motivi. In un certo senso è anche un omaggio al fondatore della band Brian Jones, che amava ripetere agli amici che loro non erano un inutile gruppetto rock’n’roll: loro facevano blues. Ecco allora il bisogno di ricominciare tutto da capo: «Questo disco è la prova della purezza dell’amore dei ragazzi per la musica, e il blues per loro è l’origine di tutto» ha spiegato il loro produttore americano Don Was. I Rolling Stones non facevano un disco in studio dal 2005, dai tempi di «A Bigger Bang». Ora c’è chi dirà che fare un disco di cover è sinonimo di anemia creativa; chi risponderà che il bisogno di tornare alle origini si poteva materializzare solo suonando (bene) un disco di classici.

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THEGIORNALISTI PROTEGGIAMO QUESTI NOSTRI RAGAZZI

PROTEGGIAMO QUESTI NOSTRI RAGAZZI

TheGiornalisti. è il nome della band di Tommaso Paradiso che si pone di raccontare le storie di tutti i giorni, piene di synth e sentimenti, stati whatsapp e emoticon a forma di alberi. Nati nel 2009 a Roma, pariolini di nascita, i tre ragazzi (Tommaso, Marco e Marco) si autoproducono i primi due album, dall’animo indie, ma con scarso successo di seguito (online) e di audience (ai live). Nonostante tutto, le loro canzoni lasciano il segno, ricordiamo tra tutte: Io Non Esisto, Autostrade Umane e Siamo Tutti Marziani. Poi, il salto nel vuoto, nel 2014, dopo l’incontro col producer Matteo Canataluppi, Tommaso decide che la band deve svoltare. Quindi pop. Fuoricampo è un album che lascia il segno: malinconici ritratti di una vità vissuta con leggerezza, volubilità e un pizzico di angoscia. Arrangiamenti dream pop/retro wave misti al cantato sussurrato/ twee di dalliana memoria compongono la miscela perfetta per un prodotto estremamente pop, tra l’indie e il mainstream, che riesce a coinvolgere una fetta di audience abbastanza eterogena: la classica fanbase e i neofiti della scena indie. I singoli Promiscuità e Fine dell’estate iniziano ad entrare, timidamente, nell’airplay delle maggiori radio italiane. Un primo segno. Due anni più tardi esce Completamente Sold Out, 21 ottobre 2016. In between i TheGiornalisti partecipano al Mi Ami e firmano il loro primo contratto con una major (Carosello). È l’inizio di qualcosa. Un movimento, un nuovo pop e loro sono i capitani della nave. Tratti caratteristici di questa nouvelle vague del pop all’italiana sono: la massiccia presenza di synth, le melodie catchy, i testi malinconici che ben inquadrano le nuove generazioni. I riferimenti sono chiarissimi: il cantautorato pop italiano degli anni ’80: Venditti, Carboni, Dalla e, a tratti Vasco. I loro singolo Completamente fa il giro di radio e tv generaliste, l’hype sale, e il loro mini-tour è soldout. Titolo profetico. Fibra li recluta per la sua hit estiva: Pamplona. Sarà un caso che il rapper di Senigallia, che ha portato la scena rap italiana al grande pubblico abbia scelto il gruppo di Tommaso Paradiso? Io non credo. Tra qualche anno potremmo ricordare questo pezzo come un passaggio di testimone: from hip-hop to indie-pop. Ai posteri l’ardua sentenza, nel frattempo proteggiamo questi nostri ragazzi… Amor Di Borghesia

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DRAKE

STARTED FROM THE BOTTOM NOW WE’RE HERE

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Re indiscusso del BBMA’s 2017 Il primato di Adele risaliva al 2012 con 12 riconoscimenti. Il rapper canadese Drake ha battuto il record di Adele ai Billboard Music Awards 2017, aggiudicandosi 13 premi. Drake si e’ presentato all’appuntamento con 22 nominations ed ha vinto, tra gli altri, il premio per il miglior artista assoluto, per il miglior artista maschile e quello per il migliore di 200 album con “Views”. Presentato sul palcoscenico da Prince Jackson, il maggiore dei due figli di Michael Jackson che portano lo stesso nome, nella categoria del miglior artista Drake ha preceduto colleghi del calibro di Beyonce, Justin Bieber, Rihanna e la stessa Adele.

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Vida Loca è un party esperienziale, una festa collettiva e travolgente, in cui il vero protagonista è il pubblico che partecipa all’evento. Esclusività, energia e divertimento sono certamente le parole chiave più indicate per descriverne l’essenza. Il sound è radiofonico ed internazionale,capace di fondere le migliori “HIT” Hip Hop , reggaeton ed R&B , creando un’onda ritmica travolgente, capace di far scatenare chiunque. Lasciarsi incantare dagli allestimenti, dagli effetti speciali e dalla magia delle performance di ballerini, cantanti e gogo dancer è molto facile. Il tutto, infatti, viene valorizzato da costumi di grande impatto scenico, che rendono il pubblico sempre partecipe. Una formula innovativa, che rompe definitivamente il classico schema palco - console - spettatore. In Villa delle Rose Vida Loca caratterizzerà le domeniche estive dal 2 luglio per tutta l’estate. “ Mami no te lo perdas “

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Photo: Giacomo Mario Perotti

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DJ RALF

QUESTIONE DI RITMI!

Un’esperienza speciale. Fatta di musica, vita e condivisioni. Una nuova avventura. Un’avventura da giocare a modo suo – come sempre. Ci siamo fatti una bella chiacchierata con Ralf, per parlare di Ritmi!, la sua “creatura” che andrà a conquistare il Peter Pan, una delle novità più belle e stimolanti di questa stagione in Riviera. Come sempre, anche solo a scambiare quattro chiacchiere non si nasconde: la passione senza filtri per quello che fa, per la musica, per il clubbing, per la vita traspare in ogni singola sillaba, in ogni concetto. Ralf è davvero un artista speciale, una persona speciale. Partiamo dal nome: “Ritmi!”. Perché? Viviamo in un mondo dove tutto sembra misurabile, tutto viene messo sotto controllo, tutto viene sempre più spinto ad essere freddo, preciso, digitale. Cercando una precisione, una ripetitività, una spersonalizzazione che qua e là falsamente viene spacciata per “ritmo”. Invece, tu puoi costruirti le tue regole, tu puoi crearti le tue matematiche, tu puoi disegnare le tue geometrie: e puoi farlo in un modo personale, trascinante, naturale, perché sentire il ritmo e farsene rapire è una delle attività più naturali del mondo, più “umane”. Contro le progressioni geometriche e digitali così come stanno conquistando il mondo oggi, la salvezza è proprio nei ritmi: loro sono la soluzione, non il problema! La soluzione è il “tuo” ritmo. Qualcosa con un flow. Con una personalità, perché devi avere le idee chiare (…e quindi, ecco il perché del punto esclamativo). Uno “stato dell’animo” scandito ed incessante che vive, si moltiplica, apre nuove possibilità. E i tuoi ritmi possono anche essere imprevedibili, irregolari: e i miei lo sono, credo. Almeno ci provo. Se ci pensi, il format di Bellaciao – parlando di realtà a cui ho voluto dare vita – è qualcosa di molto particolare, molto “irregolare” ed atipico nel panorama del clubbing italiano. Una cosa è sicura… Quale? Per me l’aspetto fondamentale è condividere. La condivisione. Condividere la passione per la musica. Condividere l’idea che il clubbing possa anche essere un insieme di cose, un’esperienza a trecentosessanta gradi dove magari possano entrare anche arte, cibo, un certo tipo di accoglienza, cose così. Io da sempre ho una passione per i progetti speciali, per i format particolari, e non per caso. Per me, già ad inizio carriera, sono stati una

necessità. Io avevo le idee molto chiare, volevo fare le cose a modo mio, volevo potermi permettere di passare nei miei set dai Sigue Sigue Sputnik a Barry White: chi cazzo me lo faceva fare, all’inizio? Nessuno. Mi prendevano per matto. E allora le serate ho iniziato a farmele io, inventandomi dei format particolari. Fosse per me, forse avrei voluto fare solo questo: inventarmi dei format particolari, creare delle serate speciali. Poi chiaro che non è sempre possibile, certe volti devi capire la situazione, è comunque bello andare in giro e suonare nelle serate normali, anche lì le soddisfazioni sono tante, sono grato a tutti quelli che mi chiamano, mi ascoltano, ballano con me. Ma quando riesci a costruire qualcosa di leggermente diverso, qualcosa di “tuo”, lì la soddisfazione è tantissima. Vorrei arrivare sempre più a creare delle vere e proprie “esperienze a trecentosessanta gradi”, dove il ballo è solo una delle componenti – magari quella più coinvolgente ed importante, certo – ma dove l’intenzione sia quella di costruire un’idea, un percorso, creando degli stimoli che coinvolgano anche altre arti, che coinvolgano il buon vivere, il gusto del mangiare e bere bene. Ogni volta che creo una serata speciale, è un passo in più verso questa direzione. Geograficamente, qua il passo lo compi nella Riviera Romagnola. Un posto credo speciale, per te. Assolutamente. La mia carriera ha avuto nella Riviera Romagnola uno snodo fondamentale. Tanto più che è un luogo geografico che è ammantato da sempre da una specie di aura – qualcosa che non sai da dove arriva, ma percepisci che è molto affascinante. Se poi parliamo di clubbing, la Riviera Romagnola – fin dai tempi della Baia degli Angeli, che è stata una cosa pazzesca – è uno dei luoghi con più storia, con più tradizione, c’è un concentrato di personalità e di intelligenze pazzesche nel campo del clubbing, che qui hanno trovato anche il terreno giusto perché la Riviera è da sempre anche un luogo di edonismo, di libertà, pur con una dimensione molto “umana” e famigliare. Io poi tendo sempre a dividere l’Italia tra East Coast e West Coast: se quest’ultima, quella del versante tirrenico, ha avuto come momenti iconici una musica più legata al progressive, anche a un certo tipo di trance, la East Coast è sempre stata legata all’idea di una house “sporca”, autoctona, ed è sicuramente qualcosa a cui mi sento molto vicino. Insomma, mi sento a casa qui, da sempre. Ed è una bellissima sensazione. Damir Ivic

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PALAZZO

PETER

RICCIONE EVENT

Peter Pan e Villa Delle Rose sanno sempre regalare sorprese ed emozioni alla propria clientela, con serate particolari ed eventi sempre più esclusivi ogni fine settimana; per questi ultimi si scelgono location atipiche, che per una sera si trasformano in club che hanno il raro pregio dell’unicità. Basti pensare agli appuntamenti che si sono svolti al Palazzo del Turismo di Riccione il 30 dicembre 2016 e il 30 aprile 2017: in entrambi i casi è più che lecito parlare di Palazzo Peter & VIlla, con tanto di inviti esclusivi cartacei, realizzati come autentiche serigrafie in edizione limitata. A loro modo, autentici pezzi da collezione Atmosfere eleganti, sonorità cool, un redcarpet allestito appositamente, momenti dedicati allo showcooking e bartender sempre pronti a stupire: questi gli ingredienti principali di due appuntamenti

caratterizzati dai brand Peter & Villa, entrambi sinonimo di qualità assoluta. Con la musica, ovviamente, a farla come sempre da padrona: il 30 dicembre con dj Memoryman aka Uovo e Mappa e da Ricky Cardelli, cantante, polistrumentista e dj, il cui repertorio funk è perfetto per le atmosfere di Palazzo Peter; il 30 aprile è toccano invece a Gian Marco Ricci, Brina Knauss e Sylvain Armand fare gli onori di casa sul fronte sonoro. Palazzo Peter & Villa danno appuntamento sin d’ora a domenica 10 settembre, con il nuovo party che celebra il MotoGP di San Marino, in calendario a Misano il giorno stesso. Musica & Motori, un binomio sempre vincente quando si pensa alla Romagna, al Peter Pan e alla Villa delle Rose e ai suoi party che da sempre hanno nel proprio DNA eleganza ed esclusività.

Palazzo dei Congressi - Riccione 30 Dicembre 2016 30 Aprile 2017 64


NEXT DATE DOMENICA 10 SETTEMBRE 2017

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MIF Una line up che parla da sé: una delle più complete e potenti mai assemblate in Italia – alla ricerca solo di veri, riconosciuti e celebrati maestri del dancefloor. Ma anche un evento più sfaccettato, che vive nella cornice di MiR (Music inside Rimini), che respira club culture e cultura elettronica a trecentosessanta gradi, tra incontri, seminari, showcase e workshop. E che viene ospitato in una cornice di raro fascino, negli spazi della Fieri di Rimini, tra arene e padiglioni dalle dimensioni spettacolari, tra giochi di luce ed abbracci architettonici imponenti, dove ad ogni particolare sarà data attenzione vera, attenzione profonda. Un’esperienza intensa, un’esperienza immersiva. Questa è stata la seconda edizione del Mif nella stupenda location della fiera di Rimini...

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Photos: Antonio Corallo - Elephant Studio

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PAUL KALKBRENNER “BACK TO THE FUTURE”

Paul Kalkbrenner sta portando back to the future in tour, per mostrare la sua storia personale con la techno attraverso una serie di spettacoli unici. Kalkbrenner ha rivelato ciò che spera di trasmettere con il concetto di tour: “Ho intenzione di ricreare i party ai quali non ho mai potuto partecipare. I miei fan sperimenteranno uno spettacolo dal vivo più intimo ed esclusivo.” L’anno scorso Kalkbrenner ha presentato il suo back to the future mixtape dove ha messo insieme una vasta collezione di oltre 60 tracce che rappresentano l’ascesa storica della techno di Berlino tra gli anni 1987 e 1993. Il tour parte da quel sound per creare un esperienza nuova di show!

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Foto: Alessandro Giovanelli


FIERA DI RIMINI

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Marco Borroni è nato a Rimini nel 1972. Giovanissimo, ha intrapreso nel ‘95 la carriera amministrativa e ha ricoperto le cariche di assessore al turismo, assessore alle attività economiche e assessore al bilancio e finanze del Comune di Bellaria - Igea Marina, guidando tra l’altro, nel ‘98, una delle prime operazioni finanziarie in campo nazionale per l’emissione di Boc. Borroni esercita la libera professione come consulente legale aziendale. Dal 2004 è consigliere d’amministrazione di Rimini Fiera SpA; è inoltre presidente di Prime Servizi, società del Gruppo Rimini Fiera. Salve Marco, com’e iniziato il suo percorso lavorativo nella fiera di Rimini, ci ripercorra un po’ la storia di questo gruppo di lavoro (Italian Exhibition Group) com’e nato e quali sono gli obbiettivi futuri? Ho iniziato in Fiera Rimini nel 2004 come Consigliere d’amministrazione all’interno del CDA, occupandomi di marketing territoriale e lanciando le prime edizioni di Riminiwellness nel 2006 ed organizzando sportance dal 2008. Oggi come division group brand manager sono responsabile della divisione sport ed intrattenimento che comprende anche Music Inside Rimini con MIF, e altri eventi sportivi come le Final 8 di serie A di Basket e la Ginnastica in festa, tutti eventi che ho organizzato e creato in questi anni. IEG oggi è la seconda Fiera italiana per fatturato, la prima per manifestazioni organizzate direttamente. Nasce dalla integrazione fra la Fiera di Rimini e Fiera di Vicenza per sviluppare i propri prodotti sia a livello italiano che internazionale e con l’obiettivo a breve, della quotazione in borsa Ci parli delle relazioni tra la fiera ed il territorio di Rimini, questa organizzazione è senza dubbio un enorme risorsa per il turismo in quanto in grado di portare afflussi anche fuori stagione, ma le attivita ed il territorio hanno riconosciuto questo valore aggiunto ? Sicuramente, oggi il sistema Fiera e Congressi porta sul territorio circa 2.500.000 di presenze annue con evidenti benefici a tutto il sistema economico delle attività che hanno a che fare con il turismo e commercio, ha contribuito a riqualificare molti hotel che si sono attrezzati per aperture annuali e per servizi più qualificati.

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BURNING MAN Un esperimento per giungere alla realizzazione di una comunità urbana temporanea, dove anarchia e rigide regole convivono. Ma che cosa è il Burning Man? Si tratta di un festival della durata di otto giorni, che si tiene a conclusione del Labor Day, la festa dei lavoratori americana. L’evento viene descritto dagli organizzatori come “esperimento in comunità, radicale espressione di sé e radicale fiducia in sé”. L’obiettivo primario del Burning Man è dunque quello di giungere alla creazione di una comunità urbana temporanea. Il nome deriva dal rituale che si tiene durante l’ultima sera dell’evento che consiste nell’incendiare un’enorme scultura di legno dalla forma umana. Durante gli otto giorni di manifestazione si tengono tantissimi eventi, ma nessun concerto con grandi nomi. Non c’è un palco principale, non ci sono esibizioni pubblicizzate. Ognuno dei partecipanti è libero di organizzare esibizioni, mostre d’arte, performance, workshop e giochi per poi eventualmente segnalarli all’organizzazione del festival, che pubblica sul sito gli eventi già registrati prima dell’inizio del festival. Non pensate che durante tutta la manifestazione viga l’anarchia più totale, tantissime sono infatti le regole da rispettare per poter prendere parte all’evento. Non ci si può, ad esempio, accampare dove si vuole, ma occorre rispettare una griglia preimpostata. Le regole fondamentali sono comunque tre: 1) All’interno di Black Rock City non si può né vendere né comprare niente 2) L’organizzazione fa due sole eccezioni per il ghiaccio, di cui c’è gran consumo, e per il caffè 3) Il baratto e il dono sono le uniche forme ammesse di passaggio di proprietà dei beni, cibo compreso In pratica è obbligatorio portarsi tutto quello di cui si può avere bisogno in una settimana di campeggio nel deserto. Chi scopre di non avere qualcosa di fondamentale, o finisce l’acqua o il cibo, può chiederlo ai vicini, sperando nella loro generosità, o barattare qualcosa che ha in più con quello di cui ha bisogno….

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COACHELLA La Bibbia dei festival! Due weekend di primavera nelle colline californiane, guest più sul palco che giù dal palco: mito e leggende in 10 cose da sapere. Il calendario dei fedelissimi non lascia dubbi: weekend del 2017 già impegnati, quelli del 14 al 16 aprile e del 21 al 23 aprile arriva il Coachella 2017 Che cos’è Coachella Festival? Breve guida in 10 cose da sapere sul festival dei festival. 1. All’inizio fu un flop. Nel 1999 non si erano presentati in molti agli Empire Polo Fields di Indio, profonda California baciata dal sole primaverile. Siamo nella Coachella Valley, che fino agli anni Cinquanta era un palmeto coltivato. Così nel 2000 l’edizione salta e riprende nel 2001. Il resto è storia del pop. 2. Portafortuna: dicono che il Coachella porti fortuna o meglio tenti di portarla. Ecco perché tradizione vuole che per ogni band si riunisca qualcuno nel 2003 gli Stooges, nel 2007 i Rage Against the Machine. 3. Astronauti. La mascotte gigante che capeggia tra le palme e la ruota panoramica è stata costruita da Tyler Hanson dei Poetic Kinetics ed è davvero enorme: 36 piedi di altezza. Se ne sta tranquillo durante i giorno mentre durante i live

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notturni vola sopra il pubblico e sullo schermo rifletti i live sul palco. 4. Kate Moss- Rihanna. Se Glastonbury equivale - nello stile - a Kate Moss in galoche, il Coachella è decisamente più americano: e svela i look di Rihanna poco discinta e molto street, mentre la sua dolce rivale Katy Perry ne approfitta sempre per tingersi i capelli di improbabili nuance. 5. Le app usate al Coachella. Enorme, dispersivo, caldo: praticamente il trittico per descrivere qualunque festival. Ecco perché la app Find my Friends application (su Apple Store) è una geolocalizzaizone ad hoc nella valley. Se siete ben disposti con Waze (che indica gli intoppi per arrivarci) oppure siete già fan della app ufficiale del Coachella che sciorina programmi e mappe, non può mancarvi SiriusXM streaming dei live per non perdere un solo momento di coachella-zione. 6. Cosa si beve. Visto che siamo in una valle californiana, culla degli acini d’America, ecco che si beve vino nei jar (i barattoli di marmellata convertiti a bicchieri) dell’etichetta Cupcake Vineyards. Ma tra gli sponsor non mancano anche opzioni più “da”festival come birra gelata (Heineken) e nei backstage o vip pass Absolut vodka.

7. Cosa si mangia. Altro che hamburger - anche se non mancano - il topic qui è il Pink’s Hot Dog che è nato negli anni Settanta a Los Angeles e che fonti come il Guardian danno ancora come attrazione principale del festival. Attenzione: abbonda la salsa chili. Per i più salutisti la soluzione è anche molto fresca: la fetta di anguria, vero accessorio del festival. 8. Dove si dorme. Undici location diverse per (quasi) altrettanti modi di vivere il festival: si va dal classico camping fino all’Emerald Desert Resort (non potete sbagliarvi a trovarlo perché è sulla Frank Sinatra Road....). Passando al paradiso dei camperisti (l’Hippy Traveler) al place to be, il Joushua Tree National Park. 9. Il programma. La line-up al centro e sotto semprea stessa, magica, visuale che racconta il tramonto sulla Coachella Valley, vera quintessenza del festival fatta di palme e montagne desertiche alle spalle. 10. California on the road. Una delle difficoltà maggiori del Coachella è trovare il biglietto -per almeno un weekend - e trovare parcheggio - per almeno un weekend. Se non dovesse riuscirvi nessuna delle due fatevi un viaggio rapido e con accessori ad hoc.


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TOMORROWLAND

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Tutto pronto per la tredicesima edizione di Tomorrowland. Vediamo tutte le novità. Doppio weekend: 21-22-23 / 28-29-30 luglio 2017. Il tema sarà ‘Amicorum Spectaculum’. Prima volta per i brand spagnoli Elrow e Ants che avranno un proprio stage in entrambi i weekend. I primi di venerdì, i secondi la domenica. Spinnin’ Records avrà il suo palco. Lee Burridge porterà in Belgio lo spirito del Burning Man con il concept

“All Day I Dream”. Richie Hawtin presenterà il PLAYDifferently stage. Claptone presenterà The Masquerade stage. Netsky avrà il suo palco così come la label canadese Monstercat (quelli di Jauz, Marshmello, Slushii, San Holo etc etc). Dopo anni di assenza torneranno quelli di I Love Techno e Trance Energy. Armin van Buuren avrà anche un suo stage A State Of Trance. Martin Garrix avrà anche un suo stage: lo STMPD

RCRDS stage. Così come: Afrojack, Axwell, Mark Knight, Lost Frequencies, Oliver Heldens, Sebastian Ingrosso e Robin Schulz. Eric Prydz presenta Pryda: presente! Maceo Plex porterà il Mosaic concept. Confermatissimi: Adam Beyer e lo stage Drumcode, Jamie Jones con Paradise e Solomun con Diynamic, Steve Aoki con Dim Mak, Dave Clarke, Laidback Luke con Super You & Me, Barong Family by Yellow Claw.

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Skin Saturday August 5Th Saturday August 19 Th


Bob Sinclar MONDAY August 14 Th


Viale Bovio - Cattolica 0541 953606 - info@futurottica.it



MARCELO BURLON BURLON MARCELO BACK IN RICCIONE! Marcelo, dopo quasi un anno finalmente di nuovo a Riccione e finalmente alla Villa! Raccontaci di come si sta sviluppando il tuo percorso da dj, quali sono le situazioni in cui preferisci esibirti e di come ti sei trovato nei gigs passati al Peter Pan.. Sono felicissimo di tornare a Riccione, adoro il Peter Pan e mi ci sono trovato benissimo. Sono cresciuto qui ed ogni volta che torno ritrovo molti amici che frequentavo negli anni 90. Mi piace suonare alle feste con tanta gente, è una questione di energia, di viaggio. In primavera mi sono preso una pausa per partecipare a Pechino Express che andrà in onda a settembre su Rai2. Dopo questa esperienza molto forte sono entusiasta di tornare a suonare, ho molte date in calendario per l’estate. Ora parliamo di moda e di County, il brand è in continua ascesa, sempre piu forte in tutto il mondo, qual è la formula vincente che ha permesso tutto questo in cosi breve tempo? Parlaci della tua filosofia di lavoro e del tuo ruolo di art director nell’azienda County ha appena compiuto 5 anni e non mi sembra vero, quando le cose crescono, si evolvono e i progetti s’ingrandiscono, quasi non ti rendi conto del tempo che passa. Non credo ci sia da cercare una formula, ho seguito l’istinto, ho tenuto famiglia e amici vicino e tutto ha avuto un flusso naturale. I social hanno aiutato un po’, alla fine County è nata e cresciuta su internet. Io e il brand siamo una cosa sola. Ultimamente vediamo sempre più brand collaborare insieme unendo loghi, stili e prodotti, cosa ne pensi delle collabo nel mondo della moda... Le collaborazioni sono state la base del mio business. Fare collaborazioni è fare branding, è posizionare un marchio su un livello diverso. Molte di queste sono limited edition che rendono i marchi partecipanti un po’ più speciali. Ultima domanda, cosa c’e nel futuro di Marcelo Burlon? Abbiamo intuito un po’ dai tuoi profili social che stai lavorando a qualcosa per la Patagonia, puoi svelarci qualcosa in piu ? Sto costruendo la mia casa, che è quasi pronta, e conto di trasferirmici presto. Quindi nel futuro mi vedo in sella a un cavallo, con il sole in fronte e una canna in mano.

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Marcelo Burlon Saturday July 8Th 88


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SILVAIN ARMAND MEMBER OF THE FAMILY “Venivo a Riccione quando ero un ragazzino per comprare i vinili e vedere i grandi dj esibirsi qua. Ora per me suonare in questi club è un sogno che si avvera, mi sento sempre più parte della famiglia Peter Pan e Villa delle Rose”


WHO MAKES NOISE AT MAPPA

CIUFFO & FRANKIE P

DOUBLE DEEJAY

TANJA MONIES

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VILLA DE LLE ROSE

?

MASSIMINO LIPPOLI

BRINA KNAUSS

THOR

DINNER DJ

MAURIZIO MONTI

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IBIZA - RICCIONE

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Mauro Ferrucci


Tommy Vee




JACOPO TONELLI HOUSE OF AMEN

Jacopo Tonelli, Presidente di JATO Group, l’azienda di cui sua madre Giorgia Rapezzi è Presidente Onorario e direttore creativo della sezione ricami, anima del best shop internazionale L’Inde Le Palais di Bologna che ha festeggiato 15 anni di successi e di sfide. Jacopo raccontaci la storia di JATO e di come si riesce a creare un gruppo così forte che partendo da Bologna fa il giro del mondo... Prima di aprire Jato facevo il DJ, tutto è iniziato per un’intuizione di mia madre Giorgia. Essere cresciuto in una famiglia dove si parlava e si respirava principalmente moda ha sicuramente influito. Il modo in cui dal ricamo siamo arrivati a costruire un gruppo riconosciuto per creatività, competenze e organizzazione credo sia frutto di grande dedizione per il lavoro e soprattutto grande passione per il fashion e per la creatività, che hanno sempre avuto un posto d’onore all’interno di tutte le nostre attività. Jato dal 1991 ha iniziato la sua ascesa con un dipendente e oggi siamo quasi 400 fra Italia e resto del mondo. L’Inde Le Palais ha da poco festeggiato i 15 anni, con un party esclusivo in uno dei palazzi piu belli di Bologna, raccontaci come nasce questo incredibile concept store, e quali sono i progetti futuri... L’inde Le Palais nasce come esigenza di mostrare al pubblico quello che Jato ha sempre fatto dietro le quinte. Il DNA dello store è legato quindi alla ricerca, alla creatività e indissolubilmente al sogno che la moda può trasmettere. Come racconto sempre L’inde Le Palais è il palazzo di un maharaja, opulento e decadente, all’interno del quale troviamo cose meravigliose raccolte, negli anni, in giro per il mondo. Oltre alla moda sappiamo bene che la musica ed il mondo del club sono altre tue forti passioni, e noi abbiamo avuto il piacere di ospitarti come dj in diverse occasioni, come i vari party organizzati da Maurizio Monti e l’evento al Pitti di quest’anno, raccontaci come ti sei avvicinato al mondo del deejaying .... Negli anni 80 quello del DJ è stato il mio primo lavoro, la musica è sempre stata una grande passione anche se la rapida crescita di Jato non mi ha più consentito di dedicarvi tutto il tempo che avrei voluto. Lo scopo di musica e moda è principalmente lo stesso: rendere felici le persone, facendo in modo che il tuo prodotto sia riconoscibile, che abbia un’identità forte, credibile e possibilmente senza troppi compromessi. Moda e musica sono da sempre in sinergia, basti pensare a quante celebrities del mondo della musica vestiamo con il nostro brand AMEN. I miei set sono infatti come le collezioni di AMEN, eclettici e creativi, massimalisti e minimalisti al tempo stesso. Mi piace mixare musica minimal e afro con i groove ’70 più ricercati. Fondamentale per me è trasmettere gioia e vedere le mani al cielo. Oggi facciamo tutti parte di piccole “tribù” e siamo in qualche modo legati al mondo della moda e della musica, nel nostro caso House of Amen. Il nostro compito è importante per trasmettere alle rispettive tribù messaggi non solo commerciali ma anche educativi e di cultura, perché moda e musica sono prima di tutto cultura. La mia filosofia è “Investire in creatività senza confini”.

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About House of Amen Moda, lifestyle e musica sempre più uniti, si fondono dando luce ad “House of Amen”: sottoetichetta del gruppo di abbigliamento italiano AMEN, che ha deciso di comunicare la propria identità attraverso lo straordinario mondo della notte e alla subcultura clubbing. Sound track e canzoni che ispirano un progetto di lifestyle e di moda emozionale: produzioni musicali, dj set, eventi e sopratutto una serie capsule collections realizzate in collaborazione con nomi illustri del mondo della musica e dei club. AMEN, brand lanciato nel 2003, và oltre il concetto di collezione ed è contemporaneo e d’avanguardia allo stesso tempo. Nato dalla volontà dell’imprenditore Jacopo Tonelli, di sostenere

un approccio moderno al lusso, con un grande know how sul decoro: ogni modello infatti è una creazione special, ideata per essere senza tempo ed in cui ciascun pezzo è concepito come un gioiello prezioso. Un mix unico di creatività e artigianalità, mescolata ad essenzialità e innovazione si attingono sia alla cultura occidentale che orientale. About AMEN Amen nasce infatti nella “Factory Jato”, storica azienda bolognese specializzata nel tessile e nei decori per l’alta moda e il prêt-à-porter, fondata nel 1991 a Bologna, che produce ricami prestigiosi per i marchi più importanti del made in Italy. Qui si mescolano e crescono le idee e l’entusiasmo di un gruppo di giovani designers provenienti dalle

migliori scuole di tutto il mondo, fondendosi con la cultura creativa e l’expertise sartoriale e artigianale di Jato Group. Il nome AMEN infatti ha un significato universale: “così sia e così sarà”. Eccentrica e sofisticata la donna AMEN non ha dubbi: è moderna, contemporanea e si distingue per forza e determinazione. Fin dall’inizio il brand AMEN si è contraddistinto per una clientela raffinata che vuole seguire le tendenze, ma capace di interpretare con sicurezza e originalità il proprio stile. Molto amato e indossato da celebrities, come Angelina Jolie, Jennifer Lopez, Shakira, Selena Gomez, Beyoncé, per citarne solo alcune. www.amenstyle.com

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GOSHA CHI?

TUTTO QUELLO CHE DOVETE SAPERE SU GOSHA RUBCHINSKIY #1 Background e primi passi nella moda. All’età di quindici anni, Gosha Rubchinskiy aveva già deciso che nella vita voleva lavorare nella moda e apparire sulle pagine di qualche rivista figa. Così, dopo il college, dove ha studiato anche hair styling, make-up e styling, si trasferisce a Mosca per inserirsi nell’ambiente della moda della capitale. Dopo cinque anni, nel 2008, fonda il suo brand, principalmente di t-shirt e felpe con stampe, e nel 2009 presenta la sua prima collezione “Evil Empire”, ispirata ai suoi amici skaters. #2 Non solo moda. Gosha Rubchinskiy non è solo uno stilista, ma un artista poliedrico. I suoi interessi, infatti, spaziano dalla fotografia al video making, e le sue collezioni fanno spesso riferimento a movimenti culturali e artisti. Ne sono un esempio le citazioni all’artista Aleksandr Rodchenko e la capsule collection espirata a Timur Novikov. #3 Collaborazioni. Gosha Rubchinskiy ha collaborato con due big brand dello streetwear come Vans e Reebok, con i quali ha realizzato delle collezioni di sneaker. Inoltre, lo stilista è apparso come modello durante la sfilata di Vetements, con il quale condivide anche la stylist Lotta Volkova. #4 Il rapporto con Comme des Garçons. Non tutti sanno che Comme des Garçons cura ogni aspetto del marchio Gosha Rubchinskiy, inclusi produzione, marketing, distribuzione e vendite. La collaborazione tra CdG e Gosha Rubchinskiy è nata quando Anna Dyulgerova, precedente Fashion Editor di Vogue Russia, ha presentato lo stilista a Adrian Joffe, presidente di Comme des Garçons e mastermind dietro Dover Street Market, nonché marito di Rei Kawakubo, che si trovava a Mosca. Joffe rimase colpito dallo stilista al punto che gli propose subito una collezione per DSM. Il resto è storia: Joffe ha poi registrato il marchio Gosha Rubchinskiy, che ha fatto il suo debutto durante la Paris Fashion Week per la stagione SS15. Curiosità: durante l’ultima sfilata di Rubchinskiy, Rei Kawakubo era presente nel front row. Episodio eccezionale, visto che la stilista sembra allergica ai giornalisti e agli eventi social. Lo stilista Gosha Rubchinskiy guarda al passato per dare al futuro una nuova prospettiva, che rappresenta attraverso i volti dei giovani modelli della sua tribù. INRUSSIA è il documentario che racconta le vite, gli amori, le speranze e i sogni dei ragazzi che hanno attraversato la Russia per Gosha. Gosha rubchinskiy sfila con adidas per la stagione autunno/ inverno 17. Tutto il mondo aveva gli occhi puntati su Kaliningrado mentre lo stilista presentava una collezione ispirata al mondo del calcio. Dopo aver rivisitato degli iconici brand di sportswear a Firenze la scorsa stagione -- dove ha dato vita a look iconici collaborando con Kappa, Fila e Sergio Tacchini -- in occasione dell’autunno/inverno 17 Gosha Rubchinskiy ha scelto di reinterpretare un brand che è particolarmente caro al popolo russo: Adidas. Lasciandosi ispirare dai prossimi campionati mondiali di calcio che si terranno in Russia, appunto, lo stilista ha deciso di far ruotare la propria collezione attorno questo sport tanto amato, realizzando delle uniformi calcistiche a simboleggiare unità, forza e lavoro di squadra -tutto scritto in cirillico, ovviamente. Questa magnifica collaborazione continuerà per tre stagioni, fino all’inizio dei Mondiali l’estate prossima.

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PITTI FIRENZE VILLA & PETER SUPE(R) PARTY È ormai un grande classico, il party che il Peter Pan Club di Riccione e la Villa delle Rose di Misano Adriatico organizzano durante Pitti Uomo, una delle più importanti se non la più importante piattaforma internazionale per le collezioni di abbigliamento e accessori uomo e per il lancio dei nuovi progetti sulla moda, svoltasi alla Fortezza da Basso di Firenze da martedì 10 a venerdì 13 gennaio. Una rassegna di questo livello – capace di radunare ben 24.300 compratori in rappresentanza di oltre 100 paesi – non può non avere un appendice serale e notturna con una serie di eventi, cocktail, feste collaterali, non facenti parte del programma ufficiale ma comunque connessi alla mole di persone e personaggi presenti in quei giorni nel capoluogo toscano. Il Super(R) Party di Peter e Villa è andato in scena giovedì 12 gennaio al cineteatro Odeon: un vero e proprio cinema, in pieno centro cittadino, adattato a location per eventi mantenendo quasi intatta la sua struttura, in particolare la galleria, dove sono ancora presenti le poltrone e in parte i palchi. La platea è stata invece trasformata in un club vero e proprio, con il privè ed i tavoli riservati nella parte centrale, consolle e palco dominanti e bar sugli altri tre lati del perimetro. Finger food, champagne, cocktail e distillati di pregio hanno caratterizzato la serata, così come le grafiche proiettate e l’animazione contribuivano a creare la giusta atmosfera. Alla musica hanno pensato La Pina from Radio Deejay, Emiliano Pepe, Mauro Ferrucci, Brina Knauss, Mappa, Alisa Ueno, Antonello Coghe, Jacopo Tonelli (dj), Maurizio Monti e Tanja Monjes (voci). Autentico ospite speciale della serata Supe Design, brand nato a Tokio nel 2012, i cui modelli di zaino sono caratterizzati da una super cerniera: ecco spiegato il concetto di Supe(R) Party di giovedì 12 a Firenze.

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COTRIL DREAM

Alla base dello straordinario successo di Cotril ci sono È il mondo delle ambasciatrici e testimonial Cotril (in molti fattori, ma soprattutto una filosofia unica, che mette al primis Belen Rodriguez), il mondo che vede l’azienda centro di tutto le donne e la voglia di ascoltarle, consigliarle, protagonista di red carpet e camerini sempre più importanti valorizzarle ed esaudire ogni loro (dalla Milano Fashion Week al Festival di desiderio. Insomma: renderle parte È italiana, totalmente Sanremo, fino alla Mostra del Cinema di di un sogno. Grazie alla ricercatezza Venezia). Questa legittimazione da parte e qualità dei suoi prodotti, Cotril è indipendente e, negli del mondo della moda, del cinema e dello diventata intatti, in breve tempo, uno ultimi anni, è l’azienda spettacolo ha permesso all’azienda di dei marchi più amati e utilizzati nei diventare sempre più forte: l’esperienza camerini delle star, nei backstage dei che sta facendo maturata sui set e sulle passerelle è il set cinematografici e nelle passerelle letteralmente sognare Dna che viene consegnato da Cotril della moda. Questo legame a doppio sia ai clienti parrucchieri, che hanno la filo al mondo del fashion e dello gli hairstylist garanzia di utilizzare gli stessi prodotti spettacolo viene subito intercettato impiegati dagli hairstylist più autorevoli, dagli haistylist più esigenti che, grazie a Cotril, si sentono sia alla cliente finale, che si vede trattata con gli stessi immediatamente parte di un mondo affascinante e pieno prodotti che vengono utilizzati per le star. di glamour fatto di Shooting esclusivi, di Show grandiosi e di Collezioni internazionali.


VICTORIA’S SECRET Quanti voi uomini amate trovare la vostra donna in intimo seducente? E quante voi donne amate sentirvi seducenti? È quello che pensò Roy Raymond quando si recò in un grande magazzino per acquistare biancheria intima per la moglie, ma si trovò di fronte a scaffali di mutandoni e camicie da notte di nylon. Fu esattamente questo che lo spinse a studiare il mercato di lingerie per otto anni per poi fondare nel 1977 Victoria’s Secret. VICTORIA’S SECRET un nome, una garanzia. Quest’oggi sono ormai più di 1000 i negozi Victoria sparsi nelle grandi metropoli del mondo. Questo brand non offre solo un’ampia scelta di lingerie sexy ma anche linee di make up e fragranze irresistibili. Ma diciamolo, Victoria’s Secret non è solo un marchio di lingerie femminile... Naomi Campbell, Heidi Klum, Tyra Banks e Claudia Schiffer e le più attuali Alessandra Ambrosio, Adriana Lima, Candice Swanepoel, Elsa Hosk, Stella Maxwell, Sara Sampaio, Kendall Jenner, Josephine Skriver... Eccole le cosiddette “Victoria’s Angels”, se si pensa a Victoria’s Secret non si può fare a meno di pensare a loro. Ogni anno dal 1995 le modelle sfilano accompagnate dalla musica di importanti artisti dando vita agli show più cool del panorama internazionale. La pazzia. La magia. Il glamour. Tutto si riduce al giorno dello spettacolo. Lo spettacolo promuove i propri prodotti ad un pubblico di alto profilo ed attira centinaia di celebrità. È stato esattamente l’anno precedente, 2016, la volta di Lady Gaga, Bruno Mars e The Weekend che nel Gran Palais di Parigi hanno accompagnato le cinquantadue super modelle che hanno aperto le loro ali ed incantato il pubblico. La new entry dell’ anno è stata la ventenne Bella Hadid, it girl del momento e sorella di Gigi Hadid, anch’essa modella di Victoria’s Secret. Gigi e Bella diventano nel 2016 la prima coppia di sorelle a sfilare insieme. Bella eletta modella dell’anno, è super richiesta sulle passerelle di molti stilisti, è stata scelta come nuovo volto della linea Beauty di Dior ed è protagonista delle campagne pubblicitarie delle maggiori case di moda. Incredibile? Forse non troppo, proviene pur sempre da una famiglia di modelle... Come si suol dire, buon sangue non mente! Anche lo scorso anno si è parlato del bra super prezioso da 3 milioni di dollari e l’Angelo prescelto ad indossarlo da Victoria’s Secret è stato Jasmine Tookes. Ogni anno viene presentato il costoso ed unico reggiseno della linea “Fantasy Bra”, composto da diamanti, smeraldi e rubini. Il Fantasy Bra, dopo essere stato indossato alla sfilata viene messo all’asta; se non venduto, dopo un anno, viene ridato al designer che ne recupera le pietre. Questo è quello di cui abbiamo potuto godere lo scorso anno, chissà cosa ci riserverà il “Victoria’s Secret Fashion Show 2017”, quali angeli saranno pronti a spiccare il volo!?

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FASHION WEEK 4 SETTIMANE DELLA MODA NEL MONDO Dove si tengono le sfilate più lussuose? E quelle più alternative? La settimana della moda di New York ha aperto il periodo di sfilate in cui gli stilisti propongono le collezioni donna per la prossima stagione autunno/inverno, quella del 20162017: dall’11 febbraio al 9 marzo si succederanno a New York, Londra, e Milano, per chiudere con Parigi. Le collezioni vengono presentate con così largo anticipo per dare il tempo ai responsabili dei negozi e delle grandi catene di scegliere cosa comprare, e alle aziende di produrre i capi in base alle richieste. Questo sistema ultimamente è entrato in crisi, soprattutto a causa di internet e i social network che mostrano i nuovi capi in tempo reale, rendendoli subito desiderabili. Alcune aziende come Burberry, Tom Ford e Vetements – la linea di Demna Gvasalia che è anche direttore creativo di Balenciaga – hanno deciso che dal prossimo settembre faranno sfilare le collezioni autunnali in autunno e le metteranno subito in vendita. Le settimane della moda di New York, Londra, Milano e Parigi – soprannominate anche “capitali della moda” – sono considerate le più importanti al mondo perché vi sfilano le case di moda più grandi e prestigiose, e anche perché nel tempo sono diventate quelle più seguite dai compratori e dai giornalisti più influenti. Molto dipende dall’essere città in cui l’industria e il mercato della moda sono molto sviluppati. Ognuna ha però delle caratteristiche distinte che la differenziano dall’altra. New York La New York Fashion Week si tiene quest’anno dall’11 al 18 febbraio ed è la più antica di tutte. Venne organizzata per la prima volta nel 1943 dalla giornalista Eleanor Lambert in risposta all’interesse esclusivo della stampa per l’alta moda francese. Non tutti i giornalisti potevano infatti andare a Parigi, così Lambert organizzò una “Settimana della stampa” a New York per presentare i lavori degli stilisti americani, fino a quel momento ignorati. Negli anni Ottanta e Novanta le sfilate si tenevano sotto a tendoni allestiti a Bryant Park, ora sono organizzate in svariati luoghi della città. Fino a qualche anno fa era interamente sponsorizzata da Mercedes-Benz, e si chiamava per questo Mercedes-Benz New York Fashion Week. A New York sfilano soprattutto stilisti statunitensi o naturalizzati americani. Tra i marchi storici ci sono Ralph Lauren, Tommy Hilfiger, Oscar De La Renta, Carolina Herrera, DKNY, e tra i più recenti Michael Kors, Vivienne Tam e Vera Wang. Tra tutte le settimane della moda, quella di New York è definita dallo stile streetwear, ispirato ai vestiti indossati dai più giovani in strada e nella vita di ogni giorno. I marchi più importanti che se ne occupano sono Alexander Wang, Jeremy Scott (direttore creativo di Moschino), J. Crew, Derek Lam, Hood by Air e dall’anno scorso c’è anche la linea di Adidas disegnata da Kanye West. Secondo il New York Times i nomi nuovi da tenere d’occhio sono il collettivo Vaquera, lo stilista Eric Schlösberg, LRS Studio del messicano Raul Solis, Hardeman di Sophie Hardeman e lo stilista ucraino Anton Belinskiy. Londra La London Fashion Week si tiene quest’anno dal 19 al 23 febbraio ed è organizzata dal British Fashion Council, l’ente che si occupa della moda britannica. È una delle settimane della moda più recenti: è nata nel 1984 ma in poco tempo è diventata un centro importante, soprattutto per gli stilisti emergenti e la cosiddetta moda alternativa. Inizialmente le sfilate erano organizzate sotto un tendone nel cortile della Somerset House, ora si tengono in diverse zone della città. È stata una delle prime a trasmettere le sfilate online, una possibilità che dal 2010 viene offerta a tutti gli stilisti che vi partecipano. La moda che si vede a Londra è soprattutto quella classica “british”, associata a Burberry, Daks, Mulberry, Pringle of Scotland e Paul Smith, e quella dallo stile anticonformista

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degli ultimi vent’anni, come Vivienne Westwood (che con la seconda linea Red Label sfila anche a Milano), Gareth Pugh, conosciuto per il suo stile dark e Alexander McQueen, noto per gli abiti dal gusto gotico e ricercato. Il marchio di McQueen, guidato ora da Sarah Burton, sfila a Londra quest’anno per la prima volta (prima lo faceva a Parigi). Ci sono anche stilisti nuovi ma già molto seguiti dalla stampa, come J. W. Anderson, Anya Hindmarch, la greca Mary Katrnazou che fa abiti dalle stampe astratte e molto colorate, Barbara Casasola, Peter Pilotto e Christopher Kane. A Londra sfilano tantissimi nomi nuovi soprattutto perché ci sono molte scuole di moda: la più prestigiosa, la Central Saint Martins, organizza durante la London Fashion Week una sfilata con i lavori dei suoi studenti. Milano Milano Moda Donna, organizzata dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, è in programma quest’anno dal 24 al 29 febbraio. Le sfilate in Italia sono nate con Giovanni Battista Giorgini, che nel 1952 a Firenze iniziò a mostrare le collezioni degli stilisti di alta moda. Negli anni Settanta la moda si spostò a Milano, dove nacquero le sfilate di prêt à porter tenute inizialmente alla Fiera di Milano: c’erano Walter Albini, Krizia e Missoni. Poi arrivarono anche Giorgio Armani, Versace, Gianfranco Ferré e negli anni Novanta Dolce & Gabbana. Sono tutti marchi storici milanesi, a cui si aggiungono aziende che hanno ancora sede a Firenze come Gucci, Emilio Pucci, Roberto Cavalli ed Ermanno Scervino. La moda italiana è sempre stata famosa per il Made in Italy, le aziende manifatturiere che producono abbigliamento e accessori in modo ancora artigianale. Negli ultimi anni gli addetti ai lavori hanno criticato la mancanza di innovazione all’interno di Milano Moda Donna, ma la nomina nel 2015 di Carlo Capasa come nuovo presidente della Camera della Moda sta cambiando qualcosa, e la stampa ha visto qualche segno di ripresa nell’ultima settimana della moda. A Milano ultimamente sfilano anche molti stilisti internazionali e asiatici. Tra i giovani più interessanti ci sono Marco De Vincenzo, Arthur Arbesser, Lucio Vanotti, Au Jour Le Jour e Piccione.Piccione. Parigi Mode a Paris è la settimana della moda francese, organizzata dalla Fédération Française de la Couture du Prêt-à-Porter des Couturiers et des Créateurs de Mode. È quella che dura più a lungo e quest’anno si tiene dal primo al 9 marzo. La moda a Parigi è nata con l’haute couture a fine Novecento: i più famosi stilisti francesi hanno iniziato a occuparsi di prêt à porter soltanto all’inizio degli anni Settanta, mentre negli Stati Uniti era già affermato da un po’ di anni. La moda francese ha le maison più storiche, tutt’ora un punto di riferimento importante, guidate da stilisti contemporanei: Chanel, Dior, Louis Vuitton, Hermés, Balmain, Givenchy, Lanvin. Parigi è considerata la più lussuosa delle fashion week ed è anche la più internazionale: dagli anni Ottanta ci sfilano anche molti stilisti giapponesi, Kenzo, Comme des Garçons, Yohji Yamamoto, e belgi come Maison Margiela, Dries van Noten e Ann Demeuleemester. Nella capitale francese presentano le loro collezioni anche alcuni italani, come Valentino, Giambattista Valli e Miu Miu, la seconda linea di Miuccia Prada. Quest’anno Mode a Paris è particolarmente attesa soprattutto per il debutto di Demna Gvasalia alla direzione artistica di Balenciaga, e perché Dior e Lanvin sfileranno per la prima volta senza dei direttori creativi famosi dopo le dimissioni, rispettivamente, di Raf Simons e Alber Elbaz.

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CARLO PIGNATELLI

L’HAUTE COUTURE 2018 DEGLI ABITI DA SPOSA

Elaborati ricami e piume di tulle e pavone per lei, nuances metalliche e rosso per lui. Le nuove collezioni si fanno interpreti di eventi mondani e ricorrenze d’altri tempi, quando la Cerimonia diventa sinonimo di momenti unici e indimenticabili e in ogni occasione dell’anno il vero rito sociale sta nell’eleganza del “bel vestire”. Così la mente dello stilista torinese si ispira per la nuova collezione a nozze celebri celebrate da Ascot a Wimbledon con il fascino delle regate sul Tamigi che fa rivivere appuntamenti irrinunciabili per dame e gentleman. Dell’hunting al riding, dal tennis al tè delle cinque, sino alla soirée a teatro, agli appuntamenti irrinunciabili non mancano decorazioni e silhouette di abiti da sogno. Lo sposo è un vero lord, dall’aria elegante e distinta tipica del gentiluomo inglese a cui non mancano medaglie sul petto e fascia di seta, mentre la sposa nel segno della leggerezza e del rigore mantiene forme essenziali ma esaltate da dettagli ricercati d’Atelier: strascichi importanti, minuziosi decori, ricami da parata, piume di tulle e di pavone;

lavorazioni couture che si sposano con rigore sartoriale all’insegna del by hand. I tessuti maschili si contraddistinguono per le loro fibre preziose in seta e lana, in raso, twill e jacquard: uno su tutti attraverso dettagli di scorsi e paesaggi denomina il nuovo “Smoking Torino” esclusiva della collezione. Tulle per le donne in ogni declinazione: lavorato a velo nasconde intrecci di pietre preziose in un effetto translucido, facendo percepire il ricamo della gonna in un vedo e non vedo elegante e allo stesso tempo sofisticato.Organze lavorate finemente, jacquard, satin mano daino, georgette intrecciate a gessature lurex. Lavorazioni certosine sartoriali rendono ogni abito un opera d’arte, a garanzia dell’originalità di ogni pezzo che rendono unici dame e signori che li indossano. Le nuances maschili si declinano in pastelli polvere ed acquamarina, alternati ai metallici platino ed oro rosè, rosso “fox hunting” blu ink. Impeccabili black and white per la sera. Collezioni esclusivamente made in Italy, caratterizzate dalla sartoriale lavorazione handmade della maison.

Enrico Sanchi

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MALVESTIO, boutique uomo e donna a Santarcangelo di Romagna, parlaci un po’ di com’è nata questa proposta... Siamo nati 10 anni fa, inizialmente come monomarca di Jey Cole Man, poi man mano abbiamo integrato la scelta con capi di altre aziende per dare una proposta più completa. Successivamente siamo cresciuti con l’attività sartoriale, di camicie e abiti su misura e 6 anni fa abbiamo acquisito una nostra identità, che è appunto quella di Malvestio. È un nome originale, un po’ atipico... ci incuriosisce... Il nome è nato come gioco scherzoso, concezione un po’ irriverente, è una contrapposizione al prodotto che trattiamo. Abbiamo notato che avete anche un sito internet, ci puoi confermare? Sì esattamente, abbiamo incominciato quest’anno con un E-COMMERCE. È un sito dove poter scoprire le nuove collezioni ed essere aggiornati su le ultime novità e promozioni. insieme ad Instagram (malvestio_ boutique) e Facebook è un nuovo modo per poter sempre essere in contatto con il cliente. Serve per dare più visibilità al negozio, tanto ormai abbiamo tutti un telefono in mano, no? Il nostro punto di forza non è l’attività online, ma è il servizio al cliente, offriamo proposte sartoriali su misura, siamo vicini alle esigenze di un pubblico attento alla qualità, al gusto e alle ultime tendenze della moda. Utilizziamo il web per prodotti più commerciali, iconici ad esempio le Sneakers o bracciali in argento, ma il grosso del lavoro viene fatto in negozio con la

sartorialità, giacche, abiti, camicerie. Abbiamo oltre 35 referenze di aziende da quella più commerciale a quella un pochino più artigianale come Doucal’s per le calzature, Luigi Bianchi Mantova per la confezione di abiti ed anche aziende più di tendenza come Paolo Pecora. Abiti da Cerimonia? Si ci occupiamo a 360° di quello che riguarda la cerimonia in tutti i suoi aspetti. Abbiamo una vasta scelta di abiti e completi sempre aggiornati da poter “cucire” addosso e personalizzare alla nostra clientela, trattiamo una cerimoia aggiornata e contemporanea con una proposta fresca, di gusto e mai banale. Crisi.. La Crisi c’è stata tra il 2007 e il 2008, c’è stato un bel cambiamento. Oggi viviamo in un periodo dove bisogna costantemente adeguarsi ed aggiornarsi per poter guardare avanti con il proprio buisness. Grazie a tutti questi servizi immaginiamo che avrete dei clienti storici... Si sulla sartoria sicuramente, camicerie e abiti... dal professionista di 60 anni al ragazzo di 20 che vuole un prodotto più particolare. Quindi per concludere... Se dovessi descrivere il negozio in tre aggettivi, cosa diresti? Bè... Direi contenitore di idee aggiornate, contemporanee, a tutto tondo.



ANDREA MARCACCINI Andrea raccontaci della tua esperienza all’isola, gli aspetti positivi e negativa di questa tua avventura, che anche se purtroppo è stata breve hai vissuto in maniera molto intensa.. L’isola è stata durissima, i primi due giorni li ricorderò sempre come i più duri della mia vita ! È incredibile come da un giorno all’altro ti trovi senza niente ed ogni minima cosa te la devi sudare o rinunciarci…L’isola è una prova mentale incredibile più che fisica, ma è una lezione stupenda che ti mette alla prova e ti insegna soprattutto quanto sia importante tutto quello che abbiamo ogni giorno… È sicuramente un esperienza che consiglio e che rifarei… soprattutto perché ho dovuto abbandonare troppo presto… me l’hanno tolta dalle mani avrei voluto continuare per mettermi alla prova ancora di più! Ora che questa esperienza è finita quali sono i tuoi progetti su cosa stai lavorando ? Uscito dall’isola ho iniziato subito a concentrarmi sempre di più sul lavoro. Sto dedicando moltissimo tempo al mio brand per crescere ed andare avanti…Ora sto preparando il Pitti e la Fashion week a Milano dove organizzerò un grande party il 19 giugno, sarà un evento bomba con grandi guest… Oltre a questo sto portando avanti il mio store a San Marino, un concept che amo molto perché unisce arte moda ed arredamento e sto progettando anche di aprirne un altro a Milano prossimamente.

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ART BASEL ART & MUSIC IN MIAMI A Miami, Art Basel ha partecipato e spinto la rinascita culturale di una città che mentre costruiva grattacieli in puro stile Miami Vice si è trasformata da buen retiro a metropoli internazionale: con la sua Skyline che si tinge di rosso al tramonto ed lunghi ponti che connettono le isole. L’arte, contemporanea ma sopratutto latino americana, è arrivata con le fondazioni e collezioni private delle grandi famiglie Sud-Americane – Ella Cisneros (Cisneros Fontanals Art Foundation) o pionieri come Don e Mera Rubell (La Rubell Family Collection) amici di un intera generazione di artisti da Keith Haring in poi, quando ne acquistavano le opere in tempi non sospetti che quest’anno presentano High Anxiety: New Acquisition una collettiva di 36 artisti che riflettono sull’instabilità della nostra epoca – un crossover culturale, riflesso dalle opere esposte al Convention Center. Gallerie che arrivano in fiera da tutto il mondo, quest’anno più di duecento per quattromila artisti rappresentati: dai colori di un Jhon Armedler che si estende su una parete a perdita d’occhio (Galleria Massimo de Carlo), nel puro stile scenografico dell’artista dove le proporzioni si fondono nello spazio per creare la forma finale dell’opera, per poi soffermarsi sulle Mimesi di Giulio Paolini (Barbare Mathes Gallery), passando attraverso Maze of Quotes il progetto speciale di Toilet Paper in collaborazione con Seletti e Gufram per la Fondazione Beyeler. Lo spazio delle visioni allucinate di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferraro dove entrare e ritrovare tutto ciò che abbiamo perduto: un orgia di consumismo mentale contro il minimalismo. Suddivisa in settori che coprano tutto lo scibile dell’arte contemporanea mondiale: dalle gallerie istituzionali di Galleries, passando per Nova e Position e Kabinett per presentazioni monografiche e curate di nuovi progetti e giovani artisti fino a Survey per gli storici, film, editions e pubblic, la fiera racconta quella pluralità di linguaggi ben espressa nelle bandiere senza nazione dell’opera plastica di Mircea Cantor (Magazzino Arte Moderna) e dagli orsi polari piumati di Paola Pivi (Galerie Perrotin) che colorati specularmente e con le loro peculiari individualità, si avvicinano quasi a stringersi le mani. Il classico colour overload della settimana dell’arte a South Beach quando agli abbronzati californiani che corrono sulla spiaggia, si affianca il poliedrico pubblico dell’arte contemporanea sempre più spinto a mischiare arte, moda e musica in progetti come quello Alex Katz, l’ultimo di una lunga serie di artisti a firmare one-off capsule collettions per la moda, dove H&M ha presentato la collezione ispirata alle iconiche figure colorate dell’artista sulle canzoni di Nelly Furtado; parole e immagini e note che si perdono nelle notti calde di South Beach.

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THE ABRAMOVIC METHOD

Occhi bendati, urla monotone, corpi nudi che si aggirano nei boschi più desolati, alla ricerca di quell’equilibrio psicofisico da cui il quotidiano troppo spesso allontana. Questo – e molto altro – è il metodo di Marina Abramovic, l’irriverente artista serba ormai pietra miliare della storia della performance. E queste sono anche le tecniche rigeneranti a cui si è sottoposta per tre giorni Lady Gaga, scintillante ed eclettica diva del pop contemporaneo. La prestazione è divenuta subito un video che ha fatto il giro del mondo, incuriosendo e suscitando qualche perplessità sia tra i fan che nel mondo dell’arte contemporanea, nonostante la collaborazione tra le due fosse già ben nota da tempo, esplicitata da performance di beneficenza e mastodontici reading di otto ore filate. È noto che la Abramovic prediliga esibizioni di lunga durata – oltre che disturbanti – come ha dimostrato per tre mesi al MoMa nel 2010 con il progetto The artist is present. Si chiamano “long duration works”, ovvero prestazioni che superano le sei ore e che oggi sono al centro del vero scopo della clip con Lady Gaga, ovvero la promozione di una monumentale raccolta fondi che si chiuderà il 25 agosto e si sviluppa sul sito di crowdfunding Kickstarter, in favore del Marina Abramovic Institute a Hudson, New York. Un luogo dove performer e pubblico possano interagire, in cui organizzare eventi, workshop e, all’occorrenza, insegnare ai visitatori l’Abramovic Method, preparandoli alle performance di lungo corso. Una collaborazione che, nonostante abbia seminato qualche perplessità, si sta rivelando un’ottima occasione per pubblicizzare entrambe le artiste: se la Abramovic, infatti, attende fondi per la sua impresa culturale, la Gaga è in prossima uscita con il suo ultimo disco, Artpop. Un lavoro il cui titolo, probabilmente, riassume a tutto tondo la contaminazione tra due mondi – show business e arte – che si amalgamano sempre più in discutibili, quanto interessanti, ibridi creativi.

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MAURIZIO CATTELAN SALUTI DA RIMINI

«L’arte mi stava soffocando. Non riuscivo più a dormire di notte. Stavo facendo la mostra della mia carriera al Guggenheim di New York ma non volevo più saperne. Nel momento in cui ho detto basta, questa è l’ultima mostra che faccio, finalmente ho cominciato a divertirmi. Lo stesso senso di liberazione provato quando da giovane mollai il lavoro da infermiere all’ospedale. Cinque anni fa Maurizio Cattelan, l’artista italiano più quotato nel mondo, annunciò che sarebbe andato in pensione, e così ha fatto. Da allora si è dedicato a tempo pieno alla rivista di immagini fondata assieme al fotografo Pierpaolo Ferrari, «Toiletpaper», «In questi anni ho riversato le mie energie su “Toiletpaper” che da giornale di carta ha trasferito le idee sugli oggetti di arredo realizzati in collaborazione con Seletti. E abbiamo intenzione di espanderci ancora. Vogliamo vedere quante vite può avere un’immagine», racconta Cattelan. Ricordiamo l’incredibile lavoro del

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2015 Saluti da Rimini... Questo progetto pubblico è stato un’occasione straordinaria per guardare a tutta la complessità della città attraverso lo sguardo pungente di Toiletpaper di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari. Toiletpaper ha saputo proiettare le icone di Rimini in un immaginario di contrasti e cortocircuiti: con la loro visionarietà Cattelan e Ferrari hanno fornito alla città di Rimini un nuovo punto di vista sulla realtà”. Rimini è infatti la citta dove immaginari diversi e opposti si sovrappongono: la cittá dei Bagni, quella dei mosaici del decumano, di Paola e Francesca e quella raccontata da Pier Vittorio Tondelli, la Rimini futurista e quella che è avanguardia delle tendenze italiane, dell’austerity e della club culture. Una cittá propulsiva in grado di mostrarsi preparata ai cambiamenti e nello stesso tempo fissarsi in modo simbolico in ogni sua versione. Catturata magistralmente dagli scatti saturi e sintetici del duo Cattelan-Ferrari che regalano allo sguardo


quella provocazione che è giá parte del tessuto cittadino. Le immagini, dislocate su billboard nei luoghi dell’identitá urbana, creano una narrazione che é insieme un ibrido tra arte contemporanea e pubblicitá, realizzando ancora una volta uno zeitgeist sul city branding e il valore dell’arte per la comunicazione pubblica. «L’esperimento di “Toiletpaper” è servito a ricaricarmi. È come quando un paziente va in analisi e un giorno decide che non ha più bisogno dell’analista. Guardando tutti insieme i miei lavori esposti al Guggenheim è stato come vedere la totalità delle mie sindromi e ho capito che non dovevo più dimostrare nulla a nessuno. A quel punto ero a un bivio: avrei potuto fare la scelta francescana e liberarmi di tutto. So che potrei, vivo con pochissimi oggetti, ma forse la mia non era una chiamata spirituale». Non è la boutade di un artista le cui opere battono all’asta milioni di dollari. Cattelan fa una vita che lui stesso definisce «noiosa». Le

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sue case sono vuote. A Milano ci sono solo due sedie. A New York una, più un divano «di cortesia» per non far sedere gli ospiti sul pavimento. Legge moltissimo, sempre in inglese, ma regala tutti i libri («La mia casa coincide con lo studio. È la mia caverna»). Tutti i giorni va a nuotare nelle piscine pubbliche, a Milano alla Cozzi, che considera bellissima («La piscina è una forma di meditazione»); non possiede un’auto e in tutte le città si muove in bicicletta, ma la sua bici è un modello semplicemente comodo e ne tollera

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il furto come una forma di bikesharing. Considera un lusso comprare un paio di pantaloni senza chiederne il prezzo. «Le cose che mi fanno felice sono quelle che tutti abbiamo a disposizione. L’altra notte, per esempio, stavo tornando a casa in bici sotto la pioggia. Era bello, la città era deserta, mi sentivo felice e così ho allungato la strada e sono passato a godermi il Duomo».


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Benvenuti al Relais San Giovanni, una parentesi di puro relax a soli 2 km dal mare della riviera romagnola! Il Relais nasce dal rispettoso recupero di una casa padronale di fine ottocento diventata oggi un bellissimo hotel 4 stelle dal sapore intimo ed accogliente, arredato con gusto e dotato di tutti i moderni requisiti tecnologici.

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Photos: Federica Pancaldi

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Vi presentiamo “The fabulous ‘90’s”. La festa che rivive e celebra i migliori anni della disco Italiana e della Riviera. Gli anni Novanta... Anni di trasgressione, di rottura, di stravaganza, di allestimenti estremi e... la diversità come unica regola. La prima edizione del 2013 fù quasi sperimentale,con

una grande e inaspettata risposta del pubblico, oggi arriviamo alla quinta edizione in un contesto dove le voglie e le mode degli anni ‘90 dilagano ovunque. Il merito di questo evento, concepito dal Peter e da Lucas Carrieri, è dalla musica, rigorosamente anni ‘90, con suoi grandi Dj

Produced by: Lucas Carrieri Maurizio Monti Miller

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Un luogo che di giorno non esiste. Un rifugio per erranti anime che fameliche si muovono nella notte dissolvendosi alle prime luci dell’alba. Un decadente castello di ideali che sorge per proteggere chi è speciale. Dove non esistono generi ma esistono solo eccezioni. Ricordate solo che al mattino tutto svanisce e sarete di nuovo soli.

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THROWING

SPEAK EASY BAR VILLA DELLE ROSE

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Throwhing è un bar lounge della Villa delle Rose, ispirato alle atmosfere degli speakeasy Americani nati negli anni 20, durante il periodo del proibizionismo. La vera anima del locale è l’arte della miscelazione ed i prodotti di massima qualità. Grazie al nostro barman nel throwing si possono gustare cocktail di tradizione americana e non solo. Oltre ad una prestigiosa selezione di prodotti premium, ogni cocktail acquista un sapore unico ed originale grazie al mix con ingredienti di qualità selezionati, come le spezie e salse, per esempio, per creare nuovi sapori ed esperienze sensoriali. Che siede sul banco del throwing sarà incuriosito dall’atmosfera e dai dettagli, sarete sorpresi dalla preparazione originale del cocktail e conquistati dal suo gusto unico.

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Infoline: 340 6227453


VILLA RESTAURANT

Un insieme di emozioni e servizi... situato nella terrazza del club, una location molto intima con lumi di candela e luci soffuse.. Un ambiente glamour e chic ideale per accendere il pre serata della Villa della Rose, accompagnato dalla musica dei nostri dj. Il ristorante della Villa offre un servizio di ristorazione alla carta, dove i clienti possono scegliere qualsiasi tipo piatto, dal pescato del giorno alle migliori qualità di carni, piatti della tradizione, vegetariani, vegani ed anche per celiaci. La zona ristorante si estende anche nella sala principale. I piatti sono curati dal nostro

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chef Stefano Gnoli ed il suo staff, persona molto meticolosa nella scelta delle materie prime, la cottura light e la presentazione dei suoi piatti, semplicemente genuini, buoni e belli da vedere. In tavola ad accompagnare la cucina dello chef c’è un ottima cantina che vanta i migliori vini d’Italia dal nord al sud ed una selezione di birre e champagne. Professionisti ormai da anni, i ragazzi in sala curano e coccolano tutti i nostri clienti con allegria e semplicità per mantenere sempre un’atmosfera..cool


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RICCIONE Italy

Il Samsara Beach di Riccione nasce con un obiettivo preciso: creare un nuovo punto di riferimento per tutti i Beach Lovers della Costiera Romagnola, che non si accontentano della solita giornata al mare ma cercano più emozioni e più divertimento. L’idea nasce dai fondatori del marchio Samsara, gli imprenditori David Cicchella e Rocco Greco, dopo i successi ottenuti con il Samsara Beach di Gallipoli - la

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spiaggia più famosa d’Italia - e con il Samsara Deluxe a Budva in Montenegro. Il terzo socio è Sergio Pioggia, imprenditore e già proprietario de La Fattoria del Mare di Riccione. L’idea è di riproporre il loro format vincente in una zona che da sempre rappresenta il simbolo della movida giovanile in Italia: l’Emilia Romagna. La ricetta è quella di sempre: dare vita a una spiaggia che è molto di più una spiaggia. Un luogo in grado

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di offrire ai suoi clienti ogni comfort durante la giornata e di accompagnarli all’ora del tramonto con un beach party inimitabile, con ospiti d’eccellenza e un’animazione degna dei migliori locali notturni. In più, propone un esclusivo ristorante panoramico che resterà aperto anche di notte. Il Samsara Beach vuole far accadere di giorno ciò che fino ad oggi accadeva solo di

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notte. Trasformerà ogni giornata in spiaggia in un evento indimenticabile e proporrà i suoi beach party non solo durante la stagione estiva, ma per tutto l’anno. Tutto questo contando sulle prestigiose partnership con i migliori locali della nightlife: il Peter Pan, la Villa delle Rose di Riccione e il Jaguar di Firenze. Per stare insieme di giorno e di notte.

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www.birraviola.it




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Dabadà nasce come party emozionale in grado di far rivivere tutte le sonorità dance degli anni 2000 e non solo….Un vero è proprio tuffo nel passato con uno sguardo ben rivolto al futuro,infatti la vera forza di Dabadà è riuscire a unire due generazioni che saltano e ballano sul ritmo di una musica trasversale che non conosce il tempo che passa! La dance vanta nel panorama italiano tantissimi artisti dj e producer di livello nazionale e internazionale dai quali Dabadà trova ispirazione e sonorità per i propri party.

RESIDENT GUEST DJ

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ESISTONO ANCORA GLI HIPPIE?

Gli anni Sessanta sono ormai lontani, eppure gli ideali di pace, amore e rifiuto della violenza hanno influenzato profondamente le società occidentali. Ancora oggi ci sono sono luoghi dove la cultura hippie non è solo un ricordo: ecco quali sono

affascina non solo per i suoi musei che custodiscono gelosamente le opere di Van Gogh e Rembrand t ma per l’atmosfera di libertà che vi si respira. E per approfittare appieno di questo particolare senso di libertà non c’è niente di meglio che noleggiare delle biciclette e girare per le piste ciclabili che sono il modo ideale, oltre che economico, per visitare questa intidemnticabile città.

Quanta nostalgia per gli anni Sessanta! Woodstock, la musica rock, la pace, la libertà, il rifiuto della violenza, l’anarchia. Quando il movimento hippie invase il mondo, il viaggio era sinonimo di libertà e non si sceglieva una destinazione ma solo una grande direzione: l’orizzonte. Si divorava la letteratura beat e la vita si svolgeva rigorosamente “on the road”. Gli hippies erano parte di un movimento culturale che scuoteva la società. Capelli lunghi e barbe incolte, e un grande desiderio di vita, di pace e di amore. Ora i tempi sono cambiati però lo spirito dell’avventura del viaggio minimalista è rimasto. Ecco una lista di mete che fanno rivivere quegli anni tumultuosi e affascinanti che hanno segnato un’epoca.

El Bolson (Argentina) Al confine tra il Cile e l’Argentina, al nord della Patagonia e a un centinaio di chilometri da Bariloche, si trova El Bolson, un pueblito dove la concentrazione hippy è ancora alta. Non è un caso se la municipalità si è dichiarata ecologica e declunearizzata, due aspetti che fanno di questa località una piccola perla per i nostalgici dei figli dei fiori. Chi ama la natura o chi vuole ripiombare e ritrovare quel tipico piacere della semplicità troverà nei mercatini artigianali di El Bolson un luogo dall’atmosfera unica.

Valle della Luna (Sardegna) Un’incantevole luogo dalla natura rude e primordiale: è la Valle della Luna, in Sardegna. Il paesaggio straordinario fatto di massi giganteschi levigati dall’azione dei venti, la tipica macchia mediterranea con i suoi profumi intensi conferiscono a questo luogo un fascino molto particolare. La peculiarità del posto ha sempre affascinato la comunità hippy internazionale che lo ha scelto per numerosi raduni e incontri, probabilmente affascinata da questo mix di natura selvaggia e purezza austera del paesaggio. Ibiza (Isole Baleari), Spagna Ibiza non può mancare in una lista di mete hippy. Nonostante l’importante successo turistico di questa isola delle Baleari abbia contaminato il rustico minimalismo di un tempo – non dimentichiamoco che questa è la meta di 4 milioni di turisti all’anno – Ibiza rappresenta ancora un posto affascinante per i patiti del sacco a pelo. La sua splendida natura, la bellezza del suo mare e le mille possibilità per divertimento, non ultimi i rave, ne fanno una meta che più hippy non si può. Amsterdam Ogni anno milioni di visitatori si recano ad Amsterdan. Se la “Venezia del Nord ” come viene chiamata la città olandese è un punto nevralgico nel turismo europeo, un motivo ci sarà. I suoi magnifici canali, i suoi quartieri a luci rosse, i suoi coffe shop, la sua tolleranza leggendaria rendono Amsterdam una meta indimenticabile. Patria e custode dell’arte Amsterdam

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Nimbin (Australia) Nel Nuovo Galles del Sud, in Asutralia, sorge una cittadina, Nimbin. La località sarebbe rimasta nell’ombra se non fosse stata scelta dall’Associazione degli studenti universitari come luogo in cui tenere l’Aquarius Festival. Da quel momento il destino di Nombi mutò e da cittadina sonnacchiosa dedita alla produzione di formaggio si trasformò in un luogo di incontro. La fiamma hippy vi è ancora viva anche se la fama non ha attirato solo esponenti della controcultura ma anche curiosi e speculatori. Altra peculiarità di questa località australiana a 800 chilometri da Sidney è la tolleranza delle autorità locali nei confronti di una delle grandi icone della cultura hippy: la cannabis. Goa (India) Era la meta preferita degli hippies della prima ora. E come non capirli, il paesaggio delle sue spiagge bianche è incantevole e i giovani si sono lasciati sedurre da questo luogo isolato, dalla sua natura tropicale e dalla forte atmosfera piena di spiritualità. Poco a poco Goa si è trasformata con in una meta del turismo di massa a basso costo. Fortunatamente le spiagge di Anjuna e Vagator non hanno perso niente del loro fascino. Kathmandu (Nepal) E’ la meta prediletta di ogni hippy che si rispetti. Migliaia di hippies provenienti da tutto il mondo sono sempre rimasti stregati da questa città, dopo aver viaggiato in mezzo a mille difficoltà. Eccola dunque apparire come la terra promessa. Certo, molte cose sono cambiate dagli anni ’60 ma ancora oggi Freak Street risveglia in ognuno di noi il ricordo di un’epoca. E poi come rimanere insensibili alla bellezze dell’Himalaya.


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IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI GAY NELLA SAN FRANCISCO ANNI ‘70

Il fotografo Hal Fischer ha pubblicato la ristampa della sua guida all’abbigliamento cult della San Francisco anni ’70. Sei attivo o passivo? Nel 1970 a San Francisco non vi sareste nemmeno posti questa domanda, perché la risposta era già sotto ai vostri occhi, sotto forma di bandana rossa che sporge dalla tasca posteriore dei pantaloni. L’Hanky Code (ovvero il codice della bandana) è stato inventato dalla comunità gay di San Francisco prima che l’AIDS dilagasse. Ci racconta di questo periodo d’oro il fotografo Hal Fischer nel suo libro Gay Semiotics, pubblicato originariamente nel

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1977 e ristampato nuovamente . Il libro è una guida cult che documenta i codici gay dell’epoca, esplorati attraverso fotografie di uomini nudi, oggetti sadomaso e istruzioni per farsi di popper. “L’intera serie e i miei lavori di quel periodo parlavano di me, dell’ambiente in cui mi trovavo in quel momento e della comunità a cui appartenevo,” spiega Fischer. Fotografato, scritto ed esposto nel corso di alcuni mesi, Gay Semiotics ritrae quella che Fischer chiama, “l’ambiguità, il modo per riuscire a codificare le cose, comunicare e non essere fraintesi.”


Fischer si è trasferito a San Francisco nel 1975 per frequentare un master in fotografia, ed è stato qui che ha scoperto questa fiorente scena artistica. Quello che è iniziato come un progetto che ambiva a documentare la comunità gay del luogo si è trasformato in un’opera d’arte e in un libro (la prima edizione conta 5,000 copie vendute). Un successo che gli ha permesso di ricevere donazioni da parte del National Endowment for the Arts e di realizzare molteplici mostre internazionali. Le fotografie di Fischer sono accompagnate da una spiegazione scritta. Un’immagine di un “tizio sulla quarantina con uno stile street” è analizzato elemento dopo elemento: “sciarpa di seta”, “canottiera senza maniche” e “pantaloni grigi di flanella”. Gay Semiotics decodifica il linguaggio visivo della comunità gay di Castro e trova le sue origini nell’antichità classica, nel film del 1953 Il

Selvaggio, che vede come protagonista Marlon Brando, e in Foglie d’Erba di Walt Whitman. “Il look gay ha adottato alcuni tratti mascolini distintivi, come le camicie di flanella e i jeans,” dice Fischer. “Se avessi indossato questi capi fuori da tale contesto, ad esempio a Billings, nel Montana, probabilmente la gente non avrebbe considerato gay questo abbigliamento. Tutti questi elementi sono stati presi dalla cultura di massa.” Gay Semiotics, nonostante tutto, rimane una lettura scorrevole, che rende il gergo accademico facile da digerire. Un’immagine pubblicata su due pagine, ad esempio, ritrae un modello con addosso un intero corredo sadomaso e la descrizione riporta: “Il petto nero e villoso dell’aggressore è fondamentale per ottenere un look da dominatore.” Il tono varia nel corso di tutto il libro, con Fischer che ad un certo punto si interroga su una questione fondamentale:

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“Come fai a prendere qualcosa di così complesso, mostrarlo alla gente e spiegare di cosa si tratta con un tono non troppo didattico, in modo da permettere alla gente di affrontare questo mondo con un approccio positivo?” Secondo Fischer, la ristampa di Gay Semiotics esce proprio al momento giusto. “Parlando con i giovani ho capito che c’era molto interesse verso questo argomento e credo sia un bene parlare di quest’epoca. All’interno della comunità gay c’è molta nostalgia per gli anni che hanno preceduto l’epidemia di AIDS.” Ma non sono solo i giovani gli unici ad interessarsi a questo tema: “Nel mondo dell’arte si sta assistendo alla riscoperta degli anni ‘70,” ci dice Fischer. Gay Semiotics sembra quasi un cimelio di un’epoca felice, un momento di quiete prima della tempesta. Noah Michelson, editor di Gay Voices di Huffington Post,

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afferma, “non ero grande abbastanza per riuscire a leggere la prima edizione di Gay Semiotics, e forse sto un po’ romanzando ma per me c’è qualcosa di incredibilmente soddisfacente nell’avere un codice segreto che conosci solo tu e gli altri membri della società segreta di cui fai parte.” Il libro fa luce su una cultura gay in evoluzione, in cui i codici della strada sono stati tramutati in app come Grindr e Scruff. “Riesco a riconoscere altri gay come me e posso chiedere ciò che voglio nella camera da letto (o in cucina, o nei sedili posteriori di un Uber...) senza fare affidamento su un codice Hanky,” dice Michelson, “ma riconosco che lo spirito di squadra sta scomparendo, e forse la ristampa di Gay Semiotics è il modo perfetto per ricordarcene e iniziare a riflettere su ciò che abbiamo perso.” Fischer vede il libro sia come uno


spaccato della sua comunità, sia come un testo che rende immortale un linguaggio andato perso - un vocabolario caduto in disuso, un codice nato per necessità. “Ritornando a quel tempo, negli anni ‘70, in base alle circostanze e al luogo in cui ci si trovava, incontrare un ragazzo etero avrebbe potuto essere una cosa negativa,” spiega Fischer. “Il codice era un linguaggio davvero utile.” Il “look gay” ormai si è perso nella cultura di massa. “La gente che vedi per strada non sa nemmeno che l’origine di molti capi che indossano risiede nella cultura gay,” dice Fischer. Gay Semiotics oggi servirà probabilmente solo a qualche stylist o sarà abbandonato su uno scaffale di qualche biblioteca. O forse Gay Semiotics ha semplicemente bisogno di essere conosciuto da più persone per venire apprezzato, proprio come gli stili che presenta. Se

così non accade, probabilmente intere generazioni non sapranno mai che i loro jeans abbottonati alla perfezione sono dannatamente gay. E, cosa più importante, come sarà ricordata una generazione così vivace di cui avremmo potuto perdere ogni traccia? Nonostante la diffusione dello street style, il linguaggio gay viene ancora parlato a Castro? “Ora è completamente sparito. Non si capisce più chi è gay e chi no,” ribadisce Fischer. “Tutto ciò che è stato documentato nel libro è accaduto prima dell’avvento delle foto scattate con facilità dai nostri cellulari, condivise con il mondo in mezzo secondo. Non si tratta solo di una sottocultura nata in maniera differente, ma di un modo completamente diverso di comunicare. Ora le cose sono totalmente diverse.” Testo Veronica Maldonado

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Giulia Bologna


Giulia Bologna nasce a Rimini nel 1991. Figlia d’arte, si avvicina al mondo del tatuaggio proprio grazie a suo padre Alessandro Bologna, affermato stilista nel mondo delle calzature femminili.Lavora per sei anni in uno studio professionista a Rimini, dove affina la sua tecnica ed il suo stile, dedicandosi soprattutto all’ornamentale/ geometrico/dotwork, tanto da decidere di aprire il suo studio INKdustria Tattoo a Riccione, assieme alla sorella Giorgia nel 2016. Dopo pochi mesi forma la sua attuale crew, composta da : Davide Scipione (specializzato nel realismo black and grey e nel lettering) Jessica Astio (blackworker grafica) e Stefano Cortini in arte Kromback (illustratore grafico) riuscendo quindi ad abbracciare diversi generi di tatuaggio. Ad oggi il suo studio punta ad eseguire lavori innovativi, fondendo le idee dei suoi artisti assieme alle richieste dei clienti, garantendo unicità, originalità e professionalità. Questa estate si terrà a Riccione l’International Tattoo Show, una Convention di tatuaggi dove saranno presenti 200 migliori tatuatori provenienti da tutto il mondo, e Giulia è stata scelta tra questi.

Davide Scipione

Stefano Cortini

Viale Castrocaro, 11 - Riccione

Jessica “Astio” Astolfi


BE FIT 3..2..1.. hai detto estate?!? E come ogni anno arriva l’appuntamento allo specchio con la prova costume! Preciso e puntuale come un orologio svizzero, giugno è il mese della prova del 9, dove anche il più disinteressato, guardandosi in costume trova qualche piccolo difetto estetico da sistemare! Perché è vero che l’estetica non è fondamentale, però un bel fisico non guasta. Ci siamo appena lasciati alle spalle il periodo più fitness dell anno con la straordinaria Rimini Wellness in cui tutti ci sentiamo pronti a tutto, a muoverci, a sudare e faticare divertendoci. Tra macchinari innovativi, corsi spartani, corpo libero, allenamenti in acqua e a secco con gli attrezzi più inusuali che si possano utilizzare, in estate la parola d’ordine è muoversi!!! Perché fit è anche moda, e meno male!!! In Italia abbiamo tutto ciò che serve per essere in forma al 100%, da qualche anno abbiamo anche superato lo scoglio allenamento, che fino a qualche tempo fa era visto o come sport tecnico o come surplus in palestra frequentato solo per puro svago e narcisismo. Con la figura del Personal trainer, molto in voga oggi, si è capito che allenarsi non è solo performance tecnica bensì anche benessere, estetica, riabilitazione, socializzare, e soprattutto stare bene a 360’ con il corpo e la mente. Dai vip alla casalinga, oggi tutti potrebbero allenarsi con un Personal trainer e al di là delle mode e tendenze, la professionalità del trainer è direttamente rivolta al raggiungimento dei risultati. Che sia prova costume o semplicemente mettersi in moto... muovetevi!!! L’estate è il trampolino di lancio per mettersi in forma! Be fit

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IPPODROMO DI CESENA SPETTACOLO PURO

Pensi all’ippodromo e associ all’immagine che ti viene in mente il mondo del film cult “Febbre da cavallo”; Gigi Proietti, Enrico Montesano, “Er Pomata” e i tanti altri personaggi pittoreschi che per anni hanno caratterizzato il mondo dell’ippica. A Cesena ci si dimentica tutto questo, perché l’ippodromo fin dalla sua fondazione, nel lontano 1922, ha voluto presentarsi sotto un’altra forma. Nell’edificarlo 95 anni fa infatti, il pool di notabili cesenati “soci fondatori” ha voluto da subito caratterizzarlo come il teatro riservato allo sport che in Romagna era una vera e propria ragione di vita, un palcoscenico dove far esibire i campioni più famosi che all’epoca si potevano ammirare solo qui, sulle sponde del Savio. Passano gli anni, ma quando il tuo DNA è quello non si può trasformare. Ed anche oggi l’ippodromo di Cesena si presenta come il luogo ideale per trascorrere una serata di grande fascino, coinvolgente e appassionante, grazie ai tanti servizi rivolti al pubblico, tutti rinnovati di recente. Vetrina estiva del trotto italiano, l’Ippodromo di Cesena è parte del network HippoGroup, il sistema di ippodromi di cui fanno parte anche Bologna – Arcoveggio e il prestigioso impianto di Roma Capannelle la cui bellissima tribuna liberty ha ospitato in passato come oggi, i nomi più altisonanti dell’aristocrazia e del jet-set internazionale. Agli ippodromi, negli anni, si sono affiancate le Gaming Hall di Cesena, Bologna, Modena e Firenze. A Cesena è possibile trascorrere una serata comodamente seduti ad uno dei tavoli del Ristorante Trio; posizionato sul traguardo, la sua collocazione permette di vivere a pieno l’emozione delle corse. Apparecchiatura curata, servizio impeccabile e TV collocate in ogni singolo tavolo, sono servizi particolarmente apprezzati dai tanti ospiti che ogni anno lo frequentano. L’offerta di ristorazione all’ippodromo è ampia e chi preferisce soluzioni più intime e familiari, si orienta verso il ristorante “Le Scuderie”, caratterizzato da un particolare arredamento provenzale-chic e dall’accoglienza calorosa di Mino e Antonella, oppure trova una piacevole area relax en plien-air sotto la pinetina del chiringuito Poggianiña Garden. Un’attività ricca di eventi quella della stagione dell’ippodromo, che inizia il 30 giugno e finisce il 9 settembre con apertura settimanale martedì, venerdì e sabato, le notturne di trotto presentano grandi, irrinunciabili appuntamenti di ottimo livello tecnico. Sabato 8 luglio l’attenzione è tutta incentrata sul Gran Premio Riccardo Grassi, una serata che vedrà il coinvolgimento di alcune tra le più note aziende del territorio grazie all’abbinamento con il Consorzio Romagna Iniziative. Sabato 5 agosto sarà la volta di una corsa must per i migliori cavalli di 4 anni, il Gran Premio Città di Cesena – Trofeo Algida. Trascorso Ferragosto l’ippodromo si prepara a mettere “in scena” due appuntamenti TOP: martedì 22 agosto, la Finalissima del torneo per driver “Superfrustino Sisal Matchpoint” e sabato 9 settembre la corsa più spettacolare della stagione, il Campionato Europeo. Quest’ultima competizione è inserita tra le prestigiose Masters Series dell’Union Européenne du Trot 2017, caratterizzata dalla formula unica “vincere due prove su tre”. Negli anni, la serata dell’Europeo si è trasformata in un evento “glamour” che ha conquistato un pubblico sempre più ampio. Appassionati di ippica, ma anche personaggi del mondo della spettacolo, hanno fatto passerella sul red carpet della cena d’onore, presenziando alla premiazione di questa corsa unica nel panorama mondiale. L’anima della serata, che mixa fashion e pop, con lo spettacolo di fuochi d’artificio unico in tutta la Romagna, è la degna conclusione di una stagione ricca e affascinante. “La corsa abbinata a “Villa delle Rose” in programma sabato 19 agosto, si inserisce nel pieno della stagione ippica di Cesena, la data infatti precede solo di qualche giorno la finalissima dell’evento Top Superfrustino Sisal Matchpoint, ed avrà come filo conduttore il solido legame che Cesena mantiene da anni con Città di Castello, la bella cittadina umbra che ospiterà l’importante Mostra del Nazionale del Cavallo. Un “gemellaggio” che riscuote storicamente un ottimo apprezzamento sia a livello istituzionale che da parte del pubblico.”

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SESSO PERCHÉ MEGLIO DOPO I 30 Hai superato la boa dei trent’anni: il lavoro diventa routine, hai l’affitto e le bollette da pagare, i tuoi amici mettono su famiglia... e il sesso non è mai stato migliore di così. A vent’anni la maggior parte dei ragazzi si preoccupano di farne il più possibile, ma sono pieni di dubbi e insicurezze. A trenta hai maturato sufficiente saggezza per lavorare di più sulla qualità che sulla quantità, e ciò che prima rappresentava un ostacolo o un fraintendimento viene meno perché sai come affrontarlo. Ecco dieci semplici motivi per cui il sesso, come il vino, col passare del tempo diventa migliore. E a differenza della moderazione che si deve mantenere con l’alcol, di sesso puoi farne quanto ne vuoi. 1 - Sai già quallo che ti piace fare E soprattutto quello che non ti piace fare. L’esperienza ha dispensato i suoi insegnamenti. 2 - Hai maggiore confidenza col tuo corpo 3 - Il comfort non è più un lusso 4 - Sei meno spaventato di parlarne apertamente con il tuo partner Aspettare per mesi che la tua fiamma capisca da sola che i morsi sul collo non ti mandano in estasi? Non è proprio il caso: basta dirlo. 5 - Sai che il tuo aspetto non determina il piacere che puoi provare 6 - Sai creare l’atmosfera anche senza completini sexy Addio insicurezze adolescenziali. Lanciare in aria i propri vestiti e mostrarsi come Madre Natura ci ha fatti non è mai stato così facile. Aspettare di avere casa libera, lottare con la leva del cambio, guidare chilometri per andare in camporella, tutte esperienze di cui non si sente la mancanza. Chiudi gli occhi e lasciati possedere dalla passione. Se lui ti trova bella, e viceversa, non ha senso lasciarsi inibire da quelle smagliature o quel poco di cellulite. La giusta luce, la giusta malizia negli occhi, magari un disco di sottofondo: la passione è fatta di essenzialità. 7 - Sai goderti meglio i preliminari Quella parte del rapporto che molti maschi da ragazzi vorrebbero saltare come la coda alle poste. 8 - Sai che non c’è bisogno di fare tante acrobazie 9 - Smetti di confrontare la tua vita sessuale con quella degli altri 10 - Sai che il sesso non deve sempre essere preso sul serio Non sei Rocco Siffredi o Lisa Ann: nella realtà poche cose semplici fatte benesono molto meglio delle improbabili mosse da stuntman che vedi nei video hard. O con quella che gli altri dicono di avere. Un po’ come quando al liceo pensavi che tutti facessero tantissimo sesso: mentivano.

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LO YOGA? MEGLIO DI UN ANTIDEPRESSIVO Una ricerca della Boston University sostiene che due pratiche settimanali aiutino chi soffre di depressione e migliorino il disagio almeno del 50% Lo yoga? Meglio di un antidepressivo. Se gli yogi di tutto il mondo sostengono che la pratica dello yoga comporti vantaggi fisici e mentali un recente studio della Boston University ha dato risultati molto più incoraggianti che confermano ricerche precedenti con conclusioni simili. Prendendo lezioni di yoga due volte a settimana, infatti, la pratica orientale contribuisce ad alleviare la depressione e i dolori dell’anima. In che modo? Grazie alla combinazione delle asana e della respirazione profonda. Lo studio americano. Lo studio, pubblicato nel Journal of Alternative and Complementary Medicine e riportato dal Time ha preso in esame un campione di 30 persone di età compresa tra i 18 ei 64 afflitto da depressione clinica. La metà dei partecipanti ha preso 90 minuti di lezioni di Iyengar yoga tre volte a settimana o, in alternativa, seguito quattro sessioni di 30 minuti in casa ogni settimana. La restante parte del campione ha preso due lezioni di gruppo (o seguito tre sessioni casalinghe) sempre con cadenza settimanale. Alla base delle lezioni di yoga Iyengar ci sono delle posture molto precise e una respirazione controllata. Nelle lezioni sono soprattutto fondamentali i 20 minuti di respiro lento e dolce e delle espirazioni e inspirazioni di cinque secondi. Il test dopo l’allenamento fisico. Cosa è successo dopo questo intenso allenamento? Dopo circa tre mesi, la maggior parte delle persone di entrambi i gruppi hanno risposto ad un questionario per calcolare il loro livello di depressione. Per tutti c’è stata una diminuzione del disagio di almeno il 50%. Di più. Tutti quelli che hanno fatto tre lezioni ogni settimana hanno registrato un punteggio di depressione inferiore rispetto a quelli che si erano limitati a due pratiche settimanali. L’autore dello studio, il dottor Chris Streeter, professore associato di psichiatria e neurologia presso la Boston University School of Medicine, afferma che la pratica ha effetti collaterali molto inferiori a quelli dei potenziali farmaci che alterano l’umore.

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Drive Eat è un servizio che offre diverse tipologie di cucina, ed ognuna differente dall’altra, dalla colazione con brioche e caffè Pascucci, dal Sushi alla pizza, dalla pasta alla piadina romagnola, dagli hamburger al kebab. Esattamente, quand’è nato il primo Drive Eat? Nel 2013 è iniziata quest’avventura e dal 2016 da un unico Food Court siamo arrivati a 3, dopo San Giovanni in Marignano abbiamo aperto a Maggio a Rimini nel centro commerciale le Befane ed a Novembre ad Imola nel centro commerciale Leonardo. Alle Befane abbiamo aperto una temakeria, quindi prevalentemente sushi. Ad Imola, oltre al sushi abbiamo introdotto anche una frutteria con estratti di frutta e verdura. Una domanda spontanea, come mai siete così interessati ad aprire all’interno di centri commerciali? I centri commerciali sono luoghi frequentati da tantissima gente e crediamo che in futuro ce ne saranno sempre di più, ma c’è qualcosa che manca all’interno... una cucina di qualità. Lavorando all’interno dei centri commerciali, non abbiamo abbassato la qualità ma l’abbiamo portata con noi. Molta gente ricerca la qualità anche in questi ambienti e la preferisce ai fast food. Avete progetti di apertura di nuovi Drive Eat? Si, nell’arco del 2017/2018 ci saranno altre due aperture, a Bologna e molto probabilmente a Parma, sempre con una nostra gestione diretta in quanto è ancora presto parlare di franchising, quel che possiamo limitarci a fare è cercare dei

partner. Parliamo comunque sempre di centri commerciali o zone commerciali di intenso passaggio come possono essere ad esempio i caselli autostradali. Come siete organizzati all’interno dei centri commerciali? Non abbiamo servizio a tavola, non abbiamo camerieri, ci concentriamo al massimo sulla cucina. Qual è il concetto di questo servizio? Quel che vogliamo fare è differenziarci da tutti gli altri. Noi non utilizziamo la formula “all you can eat” che ormai è nell’orecchio di tutti, ma abbiamo “la cena con lo chef”. Grazie a questo servizio il cliente ha uno chef a disposizione che cucinerà davanti ai suoi occhi e gli offrirà diversi assaggi fino a quando lui stesso non sarà sazio. Tutto ciò avviene su prenotazione a gruppi di 4, il lunedi a San Giovanni in Marignano e Imola ed il giovedì a Rimini. Ovviamente il centro commerciale è un ambiente più invernale, adesso che l’estate è alle porte avete qualche idea di come diffondere questa vostra formula? Si, in estate ci concentriamo principalmente su location in occasioni di aperitivi. Pesentiamo qualche piccolo assaggio, solo qualcosa di quello che poi ritrovi nel menù completo nei centri commerciali. Abbiamo già una collaborazione con la Villa da diversi anni, facciamo aperitivi al “La Lampara” di Cattolica, ci saranno novità anche per quanto riguarda Rimini per aperitivi e prime serate, tutto questo per pubblicizzare il nostro prodotto anche nel periodo estivo.

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MENS SANA IN CORPORE SANO

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Dopo anni di lavoro come dietista, mi sono resa conto che il problema della malnutrizione e dell’eccesso di peso non si risolvevano solo con consigli mirati. Sempre più spesso gli incontri di controllo del peso diventavano momenti di ascolto dei problemi che le persone stavano affrontando, le loro ansie e preoccupazioni, proprio quelle situazioni che poi li portavano a percepire quella che spesso viene detta la “ Fame Nervosa”. Il desiderio di poter aiutare ognuno a raggiungere l’obiettivo desiderato in modo più efficace, mi fece riscoprire il mio antico desiderio di intraprendere gli studi di Psicologia e così eccomi iscritta all’università di Padova. Mi sono laureata in Psicologia Clinica discutendo la tesi sperimentale “Tratti temperamentali nella compliance al trattamento dietetico”. Dottoressa ci parli del rapporto tra dieta e psicologia, “mens sana in corpore sano”, mi verrebbe da dire, ci spieghi come si inizia una cura di questo tipo e quali sono i metodi che utilizza per aiutare i suoi pazienti Certo “mens sana in corpore sano “ ma se ci riferiamo alla nostra parte emotiva ed affettiva potremmo invertire e dire “ corpore sano in mens sana”. Spesso il cibo viene utilizzato non solo come nutrimento ma anche come compensazione emotiva grazie al piacere che deriva dalla sua assunzione e la gratificazione orale, nonché l’aspetto conviviale. Molte persone che vivono periodi di difficoltà emotiva, con frustrazione, senso di ansia, nervosismo, ricorrono al cibo come ad una soluzione per stare meglio, un po’ come ad una medicina per contrastare un mal di testa. La realtà è che tale “medicina” non è per niente utile, senza considerare gli effetti collaterali (aumento di peso, alterazioni metaboliche, ecc.) e le reazioni emotive come il senso di colpa, autosvalutazione e perdita di fiducia ed efficacia. Tutto questo ovviamente riporta alla frustrazione e il circolo vizioso riparte. Bisogna aiutare le persone a capire che non e’ la mancanza di

volontà, ma l’incapacità, in certi momenti, di trovare la maniera più adatta per affrontare gli stati d’animo e trovare sollievo. Io non uso protocolli di intervento o tappe prestabilite, perché parto dal fatto che ogni persona è unica nei suoi bisogni, problematiche nonché risorse. Solo partendo da un attento ascolto empatico si possono creare i presupposti per gettare le basi per un giusto e adeguato intervento psico-nutrizionale. Qualche consiglio ai nostri lettori, per mantenere la forma nel periodo estivo. E soprattutto qualche consiglio a chi lavora nel mondo dell’intrattenimento notturno e si trova quindi a dover far i conti con orari invertiti e pasti irregolari... Viviamo in città turistiche, ogni giorno ci sono eventi, e la possibilità di uscire e sentirci in vacanza come i turisti. Questo porta spesso un aumento di peso durante l’estate. Il consiglio è quello di limitare, innanzi tutto, le bibite e le bevande alcoliche. Con il caldo bisogna bere, soprattutto acqua ! Continuare a mangiare in modo corretto, e vario, non saltare i pasti, mangiare molta verdura ma non esagerare con la frutta! Per quanto riguarda le difficoltà di chi lavora nell’intrattenimento notturno, posso dire che se il cambio degli orari è stabile, l’organismo si adatta velocemente, purchè vengano rispettate le ore del sonno e la regolarità dei pasti (anche se in orari non tipici). Facciamo un esempio : a chi lavora dalle 22 alle 5 del mattino, consiglierei di fare colazione prima di andare a dormire, poi quando ci si alza, sarebbe buona norma pranzare ( molti saltano il pasto),magari alle 14 . Cena verso le 21. Durante la notte (quindi il lavoro) spuntini di frutta, se possibile. www.dietistapsicologaguerra.it Facebook: Manuela Guerra dietista e psicoterapeuta.

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LANZAROTE L’ISOLA DEL FUOCO Difficile restare indifferenti a Lanzarote. La sua è una bellezza ruvida, che solletica la pelle e scuote i sensi con paesaggi aspri che scivolano dolcemente in arenili da sogno. La più orientale delle isole Canarie, lambita dall’Atlantico e accarezzata dai venti alisei, ha conosciuto la potenza devastante della natura, capace di sconvolgere e rimodellare i paesaggi. Isola vulcanica per eccellenza, il suo territorio è dominato dalle Montagne di Fuoco, vulcani ora dormienti la cui ultima attività risale al 1730. Fu in occasione di quest’ultima eruzione, durata ben sei anni, che si formano i terreni neri e rossi caratteristici dell’isola, aridi e lunari ma sorprendentemente affascinanti. Sebbene i vulcani siano attualmente in uno stato di quiescenza, l’attività vulcanica nel Timanfaya continua, e costituisce, assieme alle meravigliose spiagge, una delle attrazioni turistiche principali. Nell’omonimo Parco Naturale, dichiarato Riserva della Biosfera per l’unicità ambientale che custodisce, è possibile percorrere la “Ruta de los Volcanes” (un percorso guidato attraverso le colate laviche), e assistere alle anomalie geotermiche di questo luogo. Pareti di rocce calde, paglia che si incendia al contatto con gli strati più profondi del terreno e geyser di vapore, procurati da una residua camera magmatica, sono tra gli eventi più singolari. Le opere d’arte forgiate dalla lava si espandono oltre i confini del

parco e raggiungono il mare. Quando il magma incontrò le fredde acque dell’oceano si solidificò in roccia, dando vita ad insenature, gallerie e archi che nei secoli furono scolpiti dall’erosione del mare. Oggi questo incredibile spettacolo naturale, noto come Los Hervideros, è una delle meraviglie di Lanzarote. A poca distanza un’altra sorpresa attende i visitatori. Il Charco Verde (noto anche come Chardo de los clocos) è una laguna all’interno di un cratere vulcanico aperto verso il mare, in prossimità del paese costiero di El Golfo. L’insolita colorazione verde delle acque è dovuta a infiltrazioni di zolfo e alla presenza di un particolare tipo di alga. In un paesaggio talmente bello da sembrare irreale si riassumono tutti i colori di Lanzarote: il nero della lava, il rosso della terra, il blu del mare. Questa abbondanza cromatica si riflette anche nelle tante spiagge. Di fine sabbia dorata, bianca, di ciottoli neri e rossi, ampi arenili, piccole baie nascoste fino a splendide piscine naturali. Da sud a nord, non c’è che l’imbarazzo della scelta con più di 40 spiagge. Mentre la costa ovest, sferzata dai venti, è la mecca dei surfisti, quella orientale è il paradiso dei bagnanti, che possono scegliere tra spiagge solitarie e arenili dotati di tutti i comfort. Di spiaggia in spiaggia si raggiunge il nord dell’isola, seconda area vulcanica. Qui si trova la grotta “Cuevas de Los Verdes”, nel cuore del Parco Naturale di Malpais

de la Corona. La galleria, risultato dell’attività eruttiva del vulcano omonimo risalente a circa 5000 anni fa, è lunga più di sei chilometri e arriva fino al mare. Dello stesso tunnel fa parte il “Jameos del Agua”, una frattura della galleria dove si trova un lago sotterraneo, habitat di una rara specie di granchi ciechi di colore bianco. Oltre che per l’interesse naturalistico, il luogo è anche un centro artistico e culturale, secondo la volontà di Cesar Manrique, l’artista locale le cui opere esprimono tutto l’amore per la sua terra. Le sue realizzazioni, sparse per tutta l’isola, sono un omaggio alla ricchezza dei paesaggi di Lanzarote e al contempo testimoniano una continua ricerca di armonia tra arte e natura. Il punto più alto, sia geograficamente che idealmente, della bellezza di Lanzarote si raggiunge salendo al Mirador del Rio. Dal belvedere, anch’esso parte dell’opera di Manrique, a quota 476 metri, si gode di una splendida vista sull’isola della Graciosa, con la sue lunghe e deserte spiagge dorate, e sul paesaggio vulcanico che si estende alle spalle del Mirador. Luogo di un fascino singolare, sferzato dai venti che qui soffiano implacabili, è l’emblema di Lanzarote. Misteriosa, plasmata dagli elementi, perennemente in bilico tra l’anima selvaggia del suo entroterra e la dolcezza dei suoi arenili dalle acque turchesi. Un’isola da amare.

Silvia Romio

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MISS STELLA DEL MARE A BORDO DELLA MSC CROCIERE

Talento, fascino, bellezza, eleganza e charme saranno premiati il prossimo ottobre grazie al concorso “Miss Stella del Mare”. Giunto alla sua quinta edizione, si svolgerà a bordo della nave MSC Preziosa, del gruppo MSC Crociere. Questa particolare competizione sportiva nasce nel 2013 grazie al patron Filippo Russo, che ha voluto creare una manifestazione che celebrasse non solo la bellezza ma che rappresentasse per tante giovani ragazze un percorso formativo nel mondo dello spettacolo. Grazie all’esclusiva “Accademia del Mare” tutte le concorrenti che accedono alla finale vengono affiancate da tutor e personaggi del mondo della televisione, del cinema e dello spettacolo che le accompagnano nel loro percorso formativo fino alla finale dell’ambita gara. Le ragazze avranno modo di poter mettersi in gioco grazie a lezioni di portamento, corsi di dizione, canto, recitazione e ballo. Una settimana di formazione davvero intensa con lezioni di professionisti dello spettacolo nazionali ed internazionali. Per questa edizione 2017 le candidate avranno anche la possibilità di conoscere quali sono i corretti criteri di una giusta alimentazione al fine di mantenere nel tempo la propria salute ed il proprio benessere. Le partecipanti della gara verranno affiancate dalla nota nutrizionista, biologa molecolare e “diet coach” Maria Cassano. A testimoniare l’integrazione di bellezza, salute e benessere ci sarà anche la modella “curvy” Elisa

D’Ospina, perché l’armonia di una donna irresistibile passa anche attraverso la cura di se stessa nel rispetto della propria unicità. Per esaltare i movimenti, che arricchiscono la femminilità di ogni giovane concorrente, saranno previste delle lezioni di ballo “latino-americano” con i grandi professionisti reduci dal successo del programma di RaiUno “Ballando con le Stelle”: Samuel Peron e Samanta Togni. Gli insegnati regaleranno al grande pubblico, durante la finale del concorso che si terrà dal 18 al 23 ottobre a bordo della MSC Preziosa, una travolgente esibizione. Le lezioni di portamento saranno curate dalla nota modella Katarina Ragnanova e le coreografie della sfilata da Giancarlo Gencarelli. Le ragazze, oltre a frequentare” l’Accademia del Mare”, durante le serate della finale si cimenteranno nelle varie prove di talento fino all’arrivo della serata conclusiva, dove nel magnifico teatro di una delle fantastiche navi della MSC Crociere, si eleggerà la nuova “MISS Stella del Mare 2017”. Questa grande kermesse ha anche un’importante finalità sociale: grazie infatti alla realizzazione di uno shooting fotografico, che darà vita al calendario 2018, sarà rappresentato il dramma della violenza contro le donne. La bellezza è un diritto, la femminilità una conquista e nessuno può e deve usurparla: questo è il grande urlo che le giovani concorrenti vogliono lanciare per sensibilizzare tutte le donne a lottare contro ogni forma di violenza.

Elena Parmegiani

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ONEFINESTAY:

L’OSPITALITÀ DI LUSSO Un nuovo modello di ospitalità su misura che si basa su un innovativo modo di concepire il soggiorno, offrendo ai proprietari di residenze private di lusso la possibilità di affittare le proprie eleganti dimore quando si trovano lontano da esse per viaggi di lavoro o piacere. Si avrà così l’immenso piacere di godersi la destinazione da un punto di vista del tutto privilegiato: da un parco nel centro cittadino a una terrazza con vista mozzafiato sulla città di Milano. Tutto questo da oltre sette anni è possibile grazie a Onefinestay, società di ospitalità con sede a Londra, portale specializzato nell’affitto di incantevoli case di pregio che permette a chi viaggia di dormire in case-boutique dagli standard dell’hotelerie di lusso che coccola i propri ospiti con le dovute attenzioni. Abitazioni private di altissimo pregio con la comodità dei servizi dell’hotel per rilassarsi e concedersi la vacanza negli ampi spazi di una casa. A Milano questa estate sono state selezionate in occasione della Giornata Internazionale dello Yoga cinque oasi dove dedicarsi a se stessi anche nel caotico e frenetico tran tran cittadino. “Viaggiare è un piacere, ma a volte partire per viaggi di lavoro e vacanze può essere molto stressante per gruppi e uomini di affari” spiega Meredith Bell, Head Communication Onefinestay. Partire per un viaggio intercontinentale con bimbi al seguito o spostarsi in una nuova destinazione per motivi di lavoro comportano stress e tensione, perciò a volte la cosa migliore da fare è fermarsi un attimo, prendere respiro specialmente a Milano, metropoli frenetica, luogo dove business, eventi e ricorrenze si susseguono a ritmi altissimi. Ecco allora che si trovano spazi perfetti dove concedersi una pausa e rilassarsi con l’antica disciplina dello Yoga srotolando il tappettino per abbandonarsi a benessere e serenità. Parco Sempione da sempre polmone verde della città incastonato tra Arco della Pace e Castello Sforzesco è luogo ideale per rigenerare mente e corpo con ampie zone verdi, sentieri, laghetti, è sicuramente posto migliore dove praticare il “Saluto al Sole” e terminare la sessione di Yoga con un pin nic a piedi scalzi sull’erba. Altro parco e luogo perfetto per chi desidera praticare sport e riconnettersi tra una pausa e l’altra dalle attività sportive; l’Idroscalo di Milano, dove si possono praticare più di venti sport e spaziare dalla canoa al canottaggio fino al running e pattinaggio. Come si suol dire “mens sana in corpore sano” un detto che potrà facilmente confermare chi pratica sport. Spostandoci, a due passi da parco Sempione in via Privata Grassi troviamo un magnifico appartamento dal design elegante ed eclettico, adatto per chi è alla ricerca di pensieri positivi che stimolino creatività, in questo magnifico alloggio allettante sarà praticare yoga. Altra oasi di benessere privata in Via Giuseppe Revere, dove potremo trovare vasca idromassaggio, bagno turco, e, dopo una seduta di yoga la favolosa terrazza invita a gustare in assoluta tranquillità una tisana depurativa. Per gli yoga addicted la cura del proprio corpo è a 360 gradi, ecco allora che si può trovare una meravigliosa dimora in via Altaguardia dove in mezzo un terrazzo decisamente chic e spazioso si possono radunare amici e dopo aver rilassato corpo e mente si potrà degustare un aperitivo celebrando così in pieno stile cittadino. E’ così che nella tradizione della sharing economy in questo modo i proprietari delle residenze possono mettere a reddito il proprio appartamento anche per brevi periodi, infatti il portafolio di case è in continua crescita con residenze non solo disponibili a Milano ma in tutto il mondo da Londra a Parigi, New York, Los Angeles, San Francisco, Roma e Miami. Enrico Sanchi

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BAIA DEGLI ANGELI Non appena il primo raggio di sole colpisce la spiaggia della BAIA DEGLI ANGELI, la luce ne esalta il bianco ed il tortora degli arredi. All’ occhio dei visitatori è chiara immediatamente la filosofia dei grandi spazi e tranquillità voluta da Giovanni e Paolo Ticchi, Gestori ed ideatori di una delle più belle ed organizzate spiagge di Misano adriatico, i due fratelli vengono da una generazionale esperienza imprenditoriale nel mondo della accoglienza turistica e della ristorazione. Prima della BAIA DEGLI ANGELI hanno gestito con la famiglia per anni la storico GREEN BAR di viale Ceccarini a Riccione, fondendo il loro dna a quello del pubblico della notte e della movida. La miscela che sono riusciti a creare per la loro attuale proposta è quindi quella più al passo coi tempi che accontenta sia le famiglie che i giovani più attivi e alla ricerca di novità. Ogni anno la spiaggia viene rinnovata all’ insegna della massima comodità. Ombrelloni in stile “suite full optional”, dotate di frigo bar, maxilettoni matrimoniali e brandine a una piazza e mezzo sono il fiore all’occhiello della BAIA

DEGLI ANGELI e della sua atmosfera da total comfort e attività rilassanti. La conformazione della costa, dotata di barriere frangiflutti che la delimitano in piccole cale, crea baie con all’ interno mare calmo. Da qui la scelta del nome dell’attività. Il fondale è sabbioso e allontanandosi dal bagniasciuga degrada lentamente rendendo la spiaggia un posto sicuro per ogni tipologia di pubblico. Una particolare attenzione all’accoglienza è testimoniata dal quasi monumentale banco per gli arrivi, che Giovanni ha voluto ingegnosamente rivolgere di fronte al pubblico in entrata per sottolineare ancora di più l’entusiasmo e la cortesia del suo personale. Palestra a cielo aperto, spazio fitness, ristorante e l’inaugurazione del nuovo chiosco adibito ad american bar per aperitivi, fanno di questa struttura un vero paradiso di relax o per l‘incontro: la scelta adatta a qualsiasi ora della giornata purché compresa tra le otto e trenta del mattino e le venti della sera orari di apertura dello stabilimento.

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VERDEMENTA - Lungomare Alighieri 9, Senigallia (AN) Riviera Adriatica , Spiaggia di Velluto Info e prenotazioni: Phone 335 6662249





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