Sana alimentazione e corretto stile di vita 2
Il cibo sia la tua medicina Ippocrate
PIETTA, Piergiorgio PIETTA, Annamaria Benessere non solo dalla tavola 384 p.; 24 cm; ill. cart. ISBN: 978-88-8486-302-7
Billy, assistente silenzioso
Fotografie Archivio La Compagnia della Stampa Archivio Lorella Simonini Coordinamento editoriale Nicoletta Rodella
Copyright Š marzo 2008 La Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori Viale Industria, 19, 25030 Roccafranca (Brescia) tel. 030 7090600 fax 030 7090660 e-mail: info@lacompagniamassetti.it www.lacompagniamassetti.it
P I E R G I O R G I O P I E T TA A N N A M A R I A P I E T TA
BENESSERE o l o s n no la TAVOLA dal
Prefazione dell’editore
n’alimentazione corretta ha un ruolo fondamentale nel mantenere uno stato di benessere: infatti, i nutrienti ed altri composti presenti in cibi e bevande aiutano a prevenire o alleviare disturbi vari e questo vale per tutte le età. Inoltre abitudini alimentari corrette, insieme ad una regolare e moderata attività fisica, sono importanti per tenere sotto controllo il peso corporeo, con il risultato di ridurre il rischio di complicazioni derivanti da soprappeso o, peggio, obesità. Molte persone sono consapevoli dell’importanza del “mangiare sano”, ma non sempre hanno presenti le linee basilari di un’alimentazione varia ed equilibrata né sanno come queste vadano applicate. Il libro aiuta a colmare questo possibile vuoto. Infatti, dopo un breve riepilogo riguardante le caratteristiche di una dieta salutare, descrive i componenti di tale dieta, includendo, accanto alle proteine, grassi, zuccheri, vitamine, minerali e fibra, anche i fitocomposti, che sono oggetto di crescente attenzione da parte della comunità scientifica. Segue una rassegna dei cibi e delle bevande più comuni: di ognuno viene presentato il profilo nutrizionale ed il potenziale protettivo ad esso riconosciuto. Innovativa è la parte del libro costituita da una selezione di servizi svolti per TG2 Salute. Allergie/intolleranze alimentari, cellulite, diabete, disturbi digestivi, problemi femminili, invecchiamento, ipertensione, sovrappeso, sport, stress ossidativo ed altre condizioni specifiche vengono prese in considerazione e sono suggeriti comportamenti alimentari (e stili di vita) adeguati e supportati dai più recenti dati scientifici. Il libro, ricco di immagini e corredato da un indice analitico molto dettagliato, è di facile ed accattivante lettura. Tuttavia, la semplicità della presentazione non va a scapito del rigore scientifico; anzi, un’ampia bibliografia consente di soddisfare anche eventuali esigenze di approfondimento.
U
Eugenio Massetti
Presentazione
“Mangia bene, vivi meglio e più a lungo” olti consumatori, pur essendo consapevoli dell’importanza del “mangiare sano”, hanno un’idea vaga e confusa di come dovrebbe essere una dieta salutare. Non c’è da meravigliarsi, perché i messaggi della comunicazione sono spesso poco scientifici e contradditori. Il libro “Benessere non solo dalla tavola” si propone di illustrare le caratteristiche di una alimentazione sana e si inserisce nel quadro delle iniziative promosse dall’Assessorato all’Agricoltura ed Alimentazione della Provincia di Brescia nell’ambito del Progetto Interattivo dedicato all’Educazione Alimentare. Infatti tale Progetto, che si è avviato con una serie di 20 incontri svolti in quattro Centri rappresentativi della nostra Provincia, ai quali hanno partecipato docenti di diverse Scuole, ha la finalità di sensibilizzare i consumatori (dai più giovani fino alla terza e quarta età) sull’importanza di corretti comportamenti alimentari e stile di vita. Il libro descrive, dopo una breve introduzione riguardante le linee guida di un’alimentazione varia ed equilibrata, le caratteristiche nutrizionali e salutistiche dei principali cibi della nostra tavola; suggerisce indicazioni (basate su evidenze scientifiche) utili in presenza di disturbi vari. Di particolare interesse sono i riferimenti ad alcuni prodotti che la Provincia di Brescia offre, grazie alla sua variegata articolazione dai monti, ai laghi e alla fertile pianura. Tutto ciò nella convinzione che “mangiare Bresciano, è mangiare Sano”.
M
Gian Franco Tomasoni Assessore Provinciale all’Agricoltura ed Alimentazione della Provincia di Brescia
Benessere non solo dalla tavola Una guida per le persone attente a un’alimentazione e a uno stile di vita corretti egli ultimi anni è andata crescendo la consapevolezza che l’alimentazione ha un ruolo fondamentale nel mantenimento del benessere e della salute. Termini come “grassi saturi”, “colesterolo cattivo”, “antiossidanti”, “probiotici”, una volta riservati agli addetti ai lavori, sono oggetto di conversazioni quotidiane. E i mass media sono spesso protagonisti di informazioni nutrizionali. Purtroppo, i messaggi sono a volte contraddittori, non fondati su evidenze scientifiche e questo può determinare il rischio di proporre modelli alimentari inadeguati con effetti negativi per la salute. Ne risulta che, nonostante l’accresciuto interesse, per molte persone non è ancora chiaro quale siano le linee guida di una sana alimentazione e come in pratica applicarle. Il libro si propone nei primi capitoli di dare queste risposte, richiamando i concetti basilari di biochimica nutrizionale con particolare enfasi per le relazioni tra nutrienti e prevenzione delle malattie. Nello specifico, sono descritti gli alimenti più comuni di origine vegetale (frutta, verdura e cereali) ed animale (carni, pesce, latte e prodotti caseari, uova) con riferimenti al modo di conservazione e preparazione culinaria ed anche ad eventuali rischi di contaminazione ed intossicazione. Il capitolo V è dedicato ad una rassegna degli alimenti che più frequentemente sono sulla nostra tavola; di ognuno è tracciato un sintetico profilo nutrizionale, cioè l’apporto energetico (calorie fornite), il contenuto in macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi), in vitamine e minerali principali, in fibra, fitocomposti e colesterolo. Non solo: vengono indicati anche specifici effetti salutari e preventivi riportati nella letteratura scientifica. Il capitolo VI raccoglie una selezione di interventi a programmi televisivi nazionali, in particolare a TG 2 Salute e Medicina 33.Le schede (dall’acidosi al diabete, all’ipertensione, ai problemi femminili, al sovrappeso, al vino rosso ecc.) sono mirate a suggerire comportamenti validati da recenti studi. Il capitolo VII vi illustra come alcune erbe (piante officinali) possono contribuire a prevenire e/o mitigare lievi disturbi del vivere quotidiano. Il libro termina con un capitolo dedicato a gruppi specifici di popolazione, cioè bambini/adolescenti, donne in attesa, sportivi amatoriali e anziani, di cui vengono considerate le esigenze nutrizionali particolari. L’indice analitico è particolarmente dettagliato per una più facile consultazione.
N
Piergiorgio Pietta Professore Universitario-Dirigente di Ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche
Annamaria Pietta Farmacista - Esperta di Fitoterapia
Indice generale
Capitolo uno Caratteristiche di una corretta alimentazione
pag.
23
Dieta varia
pag.
23
Consumo limitato di grassi e riduzione del colesterolo da alimenti
pag.
26
Consumo moderato di proteine
pag.
26
Consumo moderato di dolci
pag.
27
Consumo generoso di frutta e verdura
pag.
27
Consumo ridotto di sale
pag.
27
Consumo adeguato di calcio
pag.
28
Consumo moderato di alcol
pag.
28
Assunzione abbondante di liquidi
pag.
28
Regolare esercizio fisico
pag.
29
pag.
31
Cibo ed energia
pag.
31
Carboidrati
pag.
33
Proteine
pag.
35
Grassi
pag.
36
Acidi grassi saturi
pag.
36
Acidi grassi insaturi
pag.
37
Colesterolo
pag.
39
Distribuzione calorica di carboidrati, proteine e grassi
pag.
42
Vitamine
pag.
44
Capitolo due Componenti della dieta
Fabbisogni giornalieri
pag.
48
Minerali
pag.
50
Fitocomposti
pag.
51
pag.
52
pag.
57
pag.
63
pag.
64
Tipologia e nutrienti
pag.
64
Freschi, surgelati e in scatola
pag.
67
pag.
67
Tipologia e nutrienti
pag.
67
Maturazione
pag.
68
In scatola o surgelata
pag.
68
Frutta essiccata
pag.
69
Succhi di frutta
pag.
70
Cereali e derivati
pag.
70
pag.
73
Carni
pag.
73
Pesce
pag.
78
Latte e prodotti caseari
pag.
81
Uova
pag.
83
Intossicazioni alimentari
pag.
84
Persone maggiormente a rischio
pag.
86
Colori del benessere? Integratori
Capitolo tre Alimenti di origine vegetale Verdura
Frutta
Capitolo quattro Alimenti di origine animale
Capitolo cinque Alimenti e bevande più comuni: profili nutrizionali
pag.
89
Acqua
pag.
89
Agrumi: non solo vitamina C!
pag.
91
Albicocche
pag.
94
Ananas
pag.
95
Banane
pag.
96
Broccoli/Cavolfiori/Cavoli
pag.
97
Caffè
pag.
99
Carciofo
pag.
102
Carote
pag.
104
Ciliegie
pag.
105
Cioccolato
pag.
106
Cipolle
pag.
108
Erbe aromatiche
pag.
110
Fagioli
pag.
113
Formaggi
pag.
116
Frutti di bosco
pag.
120
Funghi
pag.
122
Insalate verdi
pag.
123
Kaki
pag.
126
Kiwi
pag.
128
Mele
pag.
129
Melagrana
pag.
130
Melanzana
pag.
135
Melone/Anguria
pag.
136
Noci… e altra frutta secca
pag.
138
Olio extra vergine d’oliva
pag.
140
Pane/Pasta
pag.
144
Patata
pag.
147
Patata americana o patata dolce
pag.
149
Peperoncino rosso/Peperoni
pag.
150
Pesce d’acqua dolce
pag.
153
Pesche/Pere
pag.
156
Polenta
pag.
157
Pomodoro
pag.
158
Prugne: non solo aroma e fibra
pag.
160
Soia: il fagiolo amico del cuore
pag.
162
Spinaci
pag.
164
Tacchino
pag.
165
Tè
pag.
166
Uva
pag.
169
Yogurt
pag.
170
Zucca
pag.
172
Capitolo sei Consigli nutrizionali specifici
pag.
175
A proposito dell’alcol? “Se sì”, con moderazione
pag.
175
Acidosi
pag.
177
Allergie/Intolleranze alimentari
pag.
179
Allergie stagionali
pag.
182
Asparagi, carote, sedano e prezzemolo
pag.
184
Birra
pag.
186
Bollicine “Franciacorta”
pag.
188
Calcio: minerale trascurato
pag.
190
Carotenoidi per la vista
pag.
192
Celiachia
pag.
194
Cellulite
pag.
198
Come bandire i gas intestinali
pag.
201
Crucifere e prevenzione di alcune forme tumorali
pag.
203
Diabete
pag.
205
Dieta Mediterranea
pag.
211
Diete: quello che bisogna sapere
pag.
214
Dispepsia
pag.
217
Dolcificanti artificiali
pag.
221
Donna in età fertile
pag.
222
Esercizio fisico e antiossidanti
pag.
224
Fibre alimentari
pag.
226
Fitosteroli: un aiuto per mantenere sotto controllo il colesterolo
pag.
230
Formaggi: combinazioni alimentari per diminuirne possibili inconvenienti
pag.
231
Gastrite
pag.
232
Indice glicemico
pag.
235
Invecchiamento e magnesio
pag.
237
Ipertensione
pag.
239
Ipertrofia prostatica benigna
pag.
242
Malattie cardiovascolari e cereali integrali
pag.
243
Malattie cardiovascolari e legumi
pag.
245
Mal di testa
pag.
247
Melatonina
pag.
249
Osteoporosi
pag.
251
Panettone, pandoro, torrone, bussolà ed altri dolci di Natale
pag.
252
Pelle e sole
pag.
257
Peso corporeo e salute
pag.
259
Porzioni di frutta e verdura al giorno
pag.
264
pag.
265
Pregi del latte di capra
pag.
267
Prima colazione
pag.
268
Probiotici
pag.
270
Problemi femminili
pag.
272
Quando la mamma fuma anche figli e papà mangiano male!
pag.
274
Resveratrolo: non solo effetti cardioprotettivi…
pag.
276
Sindrome metabolica: mangiamo più frutta, verdura e cereali integrali
pag.
278
Una mela al giorno…
Sindrome del colon irritabile
pag.
280
Sovrappeso/Obesità
pag.
281
Stress ossidativo
pag.
283
Tesori dell’alveare: non solo miele!
pag.
287
Vino rosso
pag.
290
Vitamina C e Ferro: un duo sinergico!
pag.
293
Vitamina D: la vitamina del sole
pag.
295
Zenzero e curcuma: spezie con marce in più
pag.
298
pag.
303
Aloe
pag.
303
Calendula
pag.
305
Camomilla
pag.
306
Cosmetici naturali
pag.
307
Herpes labiale
pag.
308
Liquirizia: pro e contro
pag.
309
Mali della stagione fredda
pag.
311
Rosa Mosqueta
pag.
313
Stress
pag.
315
Tè rosso
pag.
316
Vacanze: benessere con l’aiuto delle erbe
pag.
317
pag.
321
Bambini e adolescenti
pag.
321
Donne in attesa
pag.
328
Sportivi amatoriali
pag.
338
Terza età: esigenze nutrizionali specifiche
pag.
344
Capitolo sette Benessere anche dalle erbe (piante officinali)
Capitolo otto Indicazioni particolari per gruppi speciali
Appendice I Alimenti funzionali
pag.
352
Consumo di acidi grassi omega-3 e omega-6
pag.
354
Indice analitico
pag.
365
Appendice II
capitolo uno
Caratteristiche di una corretta alimentazione
M
olti consumatori hanno un’idea vaga e confusa su come dovrebbe essere una dieta salutare. Non c’è da meravigliarsi, perché i messaggi della comunicazione sono spesso contraddittori, poco scientifici ed a volte ingannevoli. Ogni settimana i mass media si prodigano nel suggerire cibi particolarmente “buoni”, sconsigliarne altri “cattivi” ed anche proporre nuove diete “miracolose”. Tutto ciò può determinare il rischio di seguire modelli alimentari inadeguati con effetti negativi sulla salute. Questo capitolo si propone di illustrare quali caratteristiche dovrebbe avere una alimentazione sana.
DIETA VARIA La dieta varia è la base di una alimentazione sana, e per buone ragioni. Infatti, solo una dieta varia può garantire l’insieme di effetti benefici, che singoli componenti possono non avere. Ad esempio, la dieta Mediterranea (vedi scheda relativa) è associata ad una significativa riduzione di malattia
23
(soprattutto, disturbi cronici tipici dell’età matura) e di mortalità totale. Tuttavia, questi effetti benefici non sono attribuiti ad un particolare cibo/bevanda della dieta Mediterranea, ma all’insieme della dieta stessa. Una dieta varia comprende sei gruppi di alimenti che, nell’insieme, garantiscono un apporto equilibrato di tutti i nutrienti di cui l’organismo ha bisogno. Tali gruppi e relativi nutrienti1 sono:
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I. Frutta e vegetali - Vitamina C - Carotenoidi - Folati - Fibra - Magnesio, potassio - Carboidrati - Fitocomposti (polifenoli, fitosteroli, glucosinolati, terpeni…) II. Legumi - Proteine vegetali - Isoflavoni - Fibra - Zinco III. Cereali, pasta, pane - Carboidrati complessi - Vitamine del gruppo B - Fibre (se non raffinati) - Calcio, ferro, oligoelementi (se non raffinati)
1. Caratteristiche e ruoli dei singoli nutrienti sono brevemente descritti nel Capitolo 2.
IV. Carni, pesce - Proteine animali - Vitamine del gruppo B, tra cui la B12 - Ferro, zinco V. Latte e derivati - Calcio - Proteine animali - Vitamine A, D VI. Oli vegetali, semi oleaginosi, noci, mandorle, arachidi, nocciole, pistacchi... - Acidi grassi essenziali - Vitamina E - Polifenoli (olio di oliva) - Oligoelementi (semi oleaginosi e frutta secca)
Ma perché bisogna far ricorso a questi sei gruppi di alimenti? Un particolare cibo o gruppo di cibi non è in grado di fornire tutti i nutrienti di cui la persona ha bisogno per mantenersi in salute. Un esempio per tutti: carne e pesce non apportano né fibra né vitamina C. Tuttavia, se si consuma pesce o carne (preferibilmente, bianca) insieme a vegetali, si aggiungono fibra e vitamina C ai nutrienti portati da pesce o carne. E ciò è importante, perché la vitamina C facilita l’assorbimento del ferro presente in carne e pesce, mentre la fibra limita l’assorbimento di colesterolo ed acidi grassi saturi presenti nelle carni. Va anche sottolineato che l’eliminazione di un gruppo di alimenti dalla dieta comporta conseguenze sulla salute sia nel breve che nel lungo termine. Ad esempio, le diete a basso (o peggio, a zero) apporto di carboidrati, per la restrizione o la proibizione di consumare frutta, vegetali (patate) e alimenti del gruppo dei cereali, sono destinate a risolversi in carenze di vitamine e minerali, in problemi intestinali (per la mancanza di fibre) e in un aumentato rischio di disturbi cardiovascolari, malattie renali, osteoporosi ed alcune forme di cancro. Altrettanto importante è ricordare che la predilezione di un cibo o di un gruppo di cibi va compiuta solo nell’ambito del consumo di tutti i sei gruppi; solo così viene garantito l’apporto di tutti i nutrienti necessari.
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CONSUMO LIMITATO DI GRASSI E RIDUZIONE DEL COLESTEROLO DA ALIMENTI
26
L’apporto calorico dato dai grassi deve essere eguale o inferiore al 30% delle calorie giornaliere totali2. Questo si può fare scegliendo le carni più magre, scartando il grasso visibile da carni e insaccati, la pelle dai petti di pollo, orientandosi su latte e latticini a basso contenuto di grassi e mangiando pesce. Burro e margarine, come i cibi preparati con questi, devono essere tagliati al pari di maionese, patatine, cibi fritti, hamburgers (i cosiddetti fast foods). Biscotti, merendine, crackers, stuzzichini sono spesso fonti di grassi nascosti e di calorie in eccesso. In questo modo, non solo si tagliano i grassi totali, ma soprattutto si limitano quelli saturi ed il colesterolo. Al contrario, va privilegiato il consumo di pesce e di olio extra vergine di oliva (entrambi ricchi di grassi insaturi benefici).
CONSUMO MODERATO DI PROTEINE L’apporto calorico dato dalle proteine deve essere del 1012% delle calorie giornaliere totali. Vanno scelte fonti proteiche povere di grassi totali, ed in particolare di grassi saturi e colesterolo. Quindi sì al pesce, moderazione per carni magre, latte e formaggi magri. I legumi sono un’eccellente fonte di proteine senza essere accompagnati da grassi saturi e colesterolo. 2. Per un esame più completo degli apporti calorici consigliati di grassi, carboidrati e proteine, si rimanda al Capitolo 2.
CONSUMO MODERATO DI DOLCI I dolci vengono giudicati male perché contribuiscono alla carie. Ma questo non è l’unico inconveniente. I dolci sono spesso fonte di calorie e nient’altro: sono ricchi di zuccheri come di grassi, così da divenire vere e proprie bombe caloriche! Gli zuccheri promuovono un innalzamento rapido dei livelli di glucosio nel sangue, che è particolarmente negativo per persone a rischio di diabete o con diabete. I grassi saturi (burro, grassi idrogenati…) fanno la loro parte nell’elevare il colesterolo. Il forte apporto calorico apre la strada al sovrappeso. Vanno quindi consumati occasionalmente e con moderazione .
CONSUMO GENEROSO DI FRUTTA E VERDURA La frutta e la verdura va consumata nella misura di 6-7 porzioni al giorno, iniziando a colazione con una spremuta o un frutto, spezzando la mattinata ed il pomeriggio con un frutto fresco o frutta secca/disidratata, consumando ai due pasti principali primi piatti e contorni di verdure e, per dessert, macedonie di frutta fresca. È importante inserire in queste porzioni giornaliere frutti e verdure di colore verde, arancio, rosso e giallo, scelti sempre tra i prodotti stagionali. In questo modo ci si garantisce l’apporto di una serie di antiossidanti: vitamine C, E, carotenoidi, flavonoidi…
CONSUMO RIDOTTO DI SALE Il consumo di sodio giornaliero non dovrebbe essere superiore a 2,4 grammi; questo corrisponde ad un cucchiaino da tè di sale. Il sale va limitato, perché contribuisce (in soggetti sensibili) ad elevare la pressione sanguigna e, comunque, promuove la ritenzione di liquidi. Il sale della dieta non è solo quello che si usa nella preparazione casalinga dei cibi; molti alimenti in commercio (pane, formaggi, insaccati, alimenti in scatola, anche dolci…) lo contengono ed è molto facile consumarne troppo. Quindi, è opportuno ridurre al massimo quello “casalingo”, facendo ricorso ad erbe aromatiche e spezie per insaporire.
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CONSUMO ADEGUATO DI CALCIO Un consumo adeguato di calcio è importante soprattutto per le donne, la cui densità ossea tende a calare drammaticamente con la menopausa. L’abitudine di consumare cibi e bevande ricchi di calcio va presa da piccoli, quando il patrimonio osseo è in formazione. Più tessuto osseo viene formato in giovane età, meglio si contrasta la perdita ossea in età avanzata.
CONSUMO MODERATO DI ALCOL
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Se si consumano bevande alcoliche, queste vanno assunte con moderazione e, comunque, solo se si è in buone condizioni di salute. La bevanda alcolica più indicata è sicuramente il vino rosso, seguito da vino bianco e birra. I superalcolici vanno scartati. Il vino va consumato nella misura di un bicchiere al pasto per l’uomo e la metà per la donna. Per la birra le indicazioni sono di una lattina da 33 cl a pasto per l’uomo e la metà per la donna. Il consumo di queste quantità ha effetti benefici. Oltre tali quantità, gli effetti negativi superano quelli positivi. Basti ricordare che l’alcol in eccesso fa aumentare i trigliceridi nel sangue e promuove aumento di peso corporeo.
ASSUNZIONE ABBONDANTE DI LIQUIDI L’organismo, in condizioni normali, perde da 2 a 3 litri al giorno di liquidi, che vanno rimpiazzati. Dovremmo quindi assumere al minimo 8 bicchieri di acqua al giorno, tenendo conto che parte dell’acqua deriva da frutta, verdura (costituite per l’8090% da acqua) e da altri liquidi, come latte, minestre, succhi ed altre bevande.
REGOLARE ESERCIZIO FISICO L’equilibrio tra calorie introdotte e quelle consumate è importante per mantenere un corretto peso corporeo, condizione questa necessaria per uno stato di benessere. Purtroppo, tale equilibrio è spesso alterato, perché si assumono molte calorie più del necessario e se ne “bruciano” poche. L’esercizio fisico regolare e moderato (30 minuti al giorno di camminata a passo svelto, fare le scale anziché prendere l’ascensore, scendere ad un fermata prima della destinazione, usare la vettura solo in caso di reale necessità…) aiuta a smaltire calorie. Non solo: fa bene alla circolazione e all’apparato osteo-articolare.
29
capitolo due
Componenti della dieta
M
olte sono le persone convinte che cambiamenti della dieta hanno effetti salutari, ma spesso hanno conoscenze limitate sulle caratteristiche di una corretta nutrizione. Ad esempio, ritengono che il colesterolo sia presente nei vegetali (falso!) oppure che i cibi dichiarati “privi di colesterolo” lo siano anche di grassi saturi (ancora falso!), i quali comunque fanno alzare i livelli del colesterolo nel sangue. Questo capitolo si propone di colmare le lacune più comuni, e, a tal fine, vengono brevemente descritti i componenti della dieta ed il loro rispettivo ruolo.
CIBO ED ENERGIA I nutrienti presenti in alimenti e bevande vengono distinti in due gruppi: - macronutrienti, come i carboidrati, i grassi e le proteine, presenti nel cibo e consumati in quantità di grammi; - micronutrienti, come le vitamine ed i minerali, contenuti nel cibo e richiesti dall’organismo in quantità molto più piccole (milligrammi ed anche meno). Ciascun nutriente ha specifiche funzioni, che svolge in collaborazione con altri. I macronutrienti forniscono l’energia necessaria per mantenere la temperatura
31
32
corporea e garantire i processi metabolici dell’organismo. Il potenziale energetico dei macronutrienti viene misurato in calorie3. I grassi sono i più ricchi di energia (9 calorie/grammo), mentre carboidrati e proteine lo sono di meno (4 calorie/grammo). I carboidrati, i grassi e le proteine hanno un altro ruolo importante: concorrono nel formare e/o riparare le strutture dell’organismo. Entrambe le funzioni, l’energetica e la strutturale, richiedono l’intervento dei micronutrienti, cioè le vitamine e i minerali. Questi ultimi di per sé non hanno contenuto calorico, ma sono indispensabili per liberare l’energia racchiusa in carboidrati, grassi e proteine e, quindi, hanno una funzione energetica “indiretta”. Inoltre, prendono parte alla formazione di nuovi tessuti, come sangue, ossa, denti e sono essenziali per le difese organiche. A riposo o a bassi livelli di attività, i carboidrati rappresentano la fonte principale (circa il 50%) di energia richiesta dall’organismo. I carboidrati sono anche il “combustibile” più efficiente, perché vengono “bruciati” molto velocemente. Al contrario, i grassi (dalla dieta o dai tessuti adiposi) bruciano più lentamente e il loro utilizzo energetico inizia solo dopo 20-30 minuti di attività. Più l’attività e/ l’assenza di cibo sono lunghe, più alto è il consumo di grassi. Importante da ricordare: i grassi non bruciati (come i carboidrati e le proteine non utilizzate) vengono trasformati in tessuto adiposo.
3. Si usa questo termine, perché il contenuto energetico di un cibo viene determinato misurando la quantità di calore prodotta quando viene bruciato in un apparecchio di laboratorio, detto calorimetro. Il calore generato in queste condizioni è analogo all’energia prodotta nel corpo.
CARBOIDRATI I carboidrati comprendono zuccheri, amidi e fibre. Sono distribuiti in diversi alimenti, soprattutto di origine vegetale, come frutta, verdura, legumi e cereali. Tra gli alimenti di origine animale, solo il latte e derivati contengono zuccheri (lattosio). A seconda della complessità della struttura, i carboidrati vengono distinti in semplici e complessi. I carboidrati semplici, detti anche zuccheri, sono costituiti da poche unità molecolari: una per i monosaccaridi come il glucosio ed il fruttosio della frutta, del miele e di alcuni vegetali, due per i disaccaridi come il saccarosio (il comune zucchero da cucina da canna o barbabietola da zucchero), lattosio (zucchero del latte), maltosio e così via… La loro caratteristica è di essere assorbiti rapidamente dall’organismo. La frutta va scelta come fonte ideale di zuccheri semplici piuttosto che dolci e bibite dolcificate. La frutta, insieme agli zuccheri, fornisce vitamine, minerali, fibra, ed altri composti benefici (vedi fitocomposti), che concorrono nel mantenere uno stato di benessere. Al contrario, dolci e bibite dolcificate (se consumati in eccesso) danno una grande quantità di calorie “vuote”, cioè prive degli importanti nutrienti sopra citati. Questo a scapito di cibi con un più elevato valore nutrizionale, aumentando così il rischio di malattie cronico-degenerative.
4. L’amido è la sostanza di riserva nelle piante; il suo corrispondente nell’uomo è il glicogeno, che rappresenta la forma di deposito del glucosio a livello epatico. Al bisogno, il glucosio viene smobilitato dal fegato divenendo disponibile per i fabbisogni energetici e/o metabolici. Attenzione! Quando il deposito di glicogeno è “pieno”, il glucosio in eccesso si trasforma in grasso. I processi di deposito e smobilizzo sono regolati da due ormoni: l’insulina ed il glucagone. L’insulina promuove la sintesi e il deposito di glicogeno nel fegato, utilizzando il glucosio in eccesso; al contrario, il glucagone interviene per rialzare, quando necessita, i livelli di glucosio nel sangue, facendolo rilasciare dal glicogeno.
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I carboidrati complessi sono formati da catene di molte unità di zuccheri semplici. Un tipico carboidrato complesso è l’amido, che è una lunga sequenza di unità di glucosio legate tra di loro4. La fonte principale di amido è rappresentata dai cereali, in prima linea dal frumento (pane, pasta…) e riso. Vegetali ricchi di amido sono le patate, i fagioli… A proposito dei cereali, va ricordato che, insieme all’amido, possono fornire importanti nutrienti, a condizione che siano consumati in forma non raffinata. Infatti, pane, pasta, riso ed altri cereali non raffinati conservano buona parte del loro patrimonio di vitamine, minerali e fibra. Non è il caso di pane bianco, pasta, riso bianco; questi sono prodotti raffinati e sono fonte quasi esclusiva di amido. Un altro pregio dei prodotti non raffinati consiste nel fatto che vengono digeriti più lentamente e, grazie alle fibre, comportano un minore assorbimento di glucosio e di colesterolo. Da qui il consiglio di consumare almeno tre porzioni al giorno di cereali non raffinati: a colazione con fiocchi integrali, nei primi piatti con pasta o riso parzialmente raffinati e preferendo il pane o altri prodotti da forno integrali. I carboidrati dovrebbero coprire dal 50 al 60% dell’apporto calorico giornaliero, con una netta prevalenza dei carboidrati complessi (pane, pasta, riso, cereali, verdure…)5.
5. L’esclusione dei carboidrati dalla dieta per più di un giorno comporta: - utilizzo dei grassi come fonte alternativa, il che si traduce in un aumento dei corpi chetonici (derivanti dai grassi), cioè acidosi, - degradazione delle proteine, perdita di acqua e sali. La quota minima giornaliera di carboidrati è di 400 kcal, cioè 100 g.
È molto importante che la maggior parte dei carboidrati sia di tipo complesso. Disattendere questa indicazione può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, soprattutto nelle persone soprappeso/obese e resistenti all’insulina (pre-diabetici e diabetici). E questo perché un eccesso di zuccheri semplici e cibi ad alto indice glicemico promuovono una modifica negativa del quadro lipidico (più trigliceridi e più LDL dense di colesterolo e di piccole dimensioni, cioè capaci di pemetrare facilmente nella parete dei vasi alterandola (fattori entrambi aterosclerotici). J Mann et al., Dietary carbohydrate: relationship to cardiovascular disease and disorders of carbohydrate metabolism, Eur J Clin Nutr 2007; 61:S100.
PROTEINE I muscoli, gli organi, alcuni ormoni, gli anticorpi, tutti gli enzimi (cioè, i composti che regolano il decorso delle reazioni chimiche nell’organismo) sono in gran parte fatti da proteine. Queste sono formate da unità semplici, gli amminoacidi, che in numero di ventidue possono combinarsi tra di loro in vari modi a dare origine a migliaia di differenti proteine. L’organismo è capace di fabbricare solo tredici dei ventidue amminoacidi; i rimanenti nove devono essere assunti con la dieta, e per questo vengono chiamati “essenziali”. Non tutti i cibi sono in grado di fornire questi amminoacidi. I prodotti animali – carni, pollame, pesce, latte e derivati, uova – li forniscono e vengono considerati fonti di proteine complete. Al contrario, i vegetali (cereali e derivati, legumi...) sono fonti di proteine incomplete, perché mancano di alcuni amminoacidi essenziali. Questo non è un problema; anzi, sottolinea l’importanza di una dieta varia che comprenda alimenti sia di origine animale che vegetale come requisito base per il mantenimento della salute. Le proteine dovrebbero coprire dal 10 al 12% dell’apporto calorico giornaliero, ed il rapporto tra proteine animali e vegetali dovrebbe essere di 1 a 1. Questo obiettivo è facilmente raggiungibile; il rischio è di esagerare. Al riguardo, va ricordato che l’eccesso di proteine viene scisso nell’organismo e, in quanto non utilizzato a fini energetici o strutturali, si trasforma in grasso.6 6. Gli integratori di proteine non aiutano a far crescere la massa muscolare. Solo l’esercizio e l’allenamento, che ovviamente si accompagnano ad un maggiore consumo di cibo che garantisce quantità extra di proteine, stimolano la crescita muscolare.
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GRASSI
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I grassi (più correttamente, detti lipidi) vengono generalmente considerati “la pecora nera” della dieta. Ad essi sono associati diversi disturbi per non parlare di sovrappeso ed obesità. Tuttavia, non bisogna esagerare. Infatti, i grassi sono indispensabili per numerose funzioni dell’organismo ed un loro consumo selettivo (non tutti i grassi sono uguali!) e moderato è fondamentale per restare in buona salute7. La maggior parte dei lipidi che consumiamo con i cibi sono sotto forma di trigliceridi, così detti perché la glicerina porta legati tre unità di particolari acidi, che, per la caratteristica di dare origine ai grassi, vengono chiamati acidi grassi. Altri lipidi sono il colesterolo, i glicolipidi (combinazione di carboidrati e lipidi, come le ceramidi presenti nel latte) ed i fosfolipidi (lecitina). Gli acidi grassi differiscono tra di loro per la lunghezza della catena carboniosa (da 4 a 22 atomi di carbonio) e per il grado di insaturazione, cioè per la presenza di uno o più doppi legami nella catena stessa.
Acidi grassi saturi Sono costituiti da catene di atomi di carbonio uniti tra di loro da un legame semplice. I grassi da loro derivati sono usualmente solidi a temperatura ambiente (ad es., il burro) e sono prevalentemente di origine animale: carni, insaccati, formaggi. L’acido palmitico (16:0, ad indicare che è una catena di 16 carboni senza doppi legami) è l’acido grasso saturo più abbondante nella dieta. Rende conto di circa il 25% degli acidi grassi presenti nelle carni e nel burro. Questo acido grasso fa aumentare i livelli di colesterolo cattivo (LDL-colesterolo). Non sembra essere il caso di un suo analogo, l’acido stearico (18:0), che, pur essendo contenuto nei grassi animali in quantità di poco inferiori a quelle del palmitico, viene rapidamente trasformato nel corrispondente acido oleico (18:1, acido monoinsaturo).
7. I grassi sono importanti per l’assorbimento delle vitamine liposolubili A,D,E, K e dei carotenoidi nonché per la sintesi di sostanze (prostaglandine, trombossani, leucotrieni…) che regolano i processi infiammatori, la vasodilatazione, l’aggregazione piastrinica, la funzionalità renale… Ai grassi si deve anche la palatabilità della dieta e la sensazione di sazietà conseguente al rallentato svuotamento dello stomaco.
Ciò spiega il mancato aumento di colesterolo cattivo da parte dell’acido stearico. Da notare che i grassi saturi sono associati ad un maggiore rischio di perdita di tessuto osseo. RL Corwin et al., Dietary saturated fat intake is inversely associated with bone density in humans, J Nutr 2006;136:159.
Acidi grassi insaturi Sono formati da catene carboniose, in cui alcuni atomi sono uniti da un doppio legame. I grassi che li contengono sono liquidi a temperatura ambiente (oli vegetali). A seconda del numero di doppi legami, sono distinti in acidi grassi monoinsaturi (un solo doppio legame), come nel caso dell’olio di oliva e poli-insaturi (due o più doppi legami), come negli oli di mais, soia, girasole e nel pesce. L’acido monoinsaturo più comune è l’oleico (18:1), presente per circa il 70% nell’olio extra vergine di oliva (vedi scheda “olio di oliva”) e in misura inferiore (10-20%) in altri oli vegetali. Anche i grassi animali apportano acido oleico: il grasso di petto di pollo ne contiene circa il 46%! Un poco più la carne di maiale. Tra gli acidi poli-insaturi, due meritano una particolare attenzione: l’acido linoleico (18:2,) e l’acido alfa-linolenico (18:3). Sono entrambi costituiti da 18 atomi di carbonio ed hanno rispettivamente due e tre doppi legami. L’organismo non li sa produrre (solo le piante hanno il “macchinario” biochimico per la loro sintesi); quindi, devono essere assunti con la dieta. In altre parole, sono acidi grassi essenziali. (vedi Appendice II) L’acido linoleico è contenuto negli oli di mais, soia, arachidi, cartamo (dal 50 al 70%). L’alfa-linolenico è meno comune: l’olio di soia ne contiene circa il 7%; più alti sono i livelli nell’olio di rosa mosqueta (36%) e nell’olio di semi di lino (60%). Ma, perché sono così importanti?
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Lo sono, in quanto entrambi sono precursori di acidi a più lunga catena e con più doppi legami (i cosiddetti acidi poli-insaturi a lunga catena o PUFA), che, a loro volta, vengono trasformati in prodotti ad attività ormono-simile con effetti regolatori su diverse funzioni dell’organismo (cardio-vascolare, renale, digestiva, immunitaria...). L’acido linoleico è il precursore della famiglia omega-6, che comprende alcuni derivati a più alto numero di carboni e con più doppi legami, precisamente l’acido gamma-linolenico, più noto come GLA (18:3) e l’acido arachidonico (20:4). L’acido alfa-linolenico (ALA) è il precursore della famiglia omega-3, che comprende gli acidi EPA (20:5) e DHA (22:6) del pesce (cui è riconosciuta la capacità di abbassare i livelli di trigliceridi nel sangue). Gli acidi grassi insaturi (oleico, alfa-linolenico, EPA e DHA) fanno diminuire i livelli plasmatici di una particolare sottoclasse di lipoproteine (quelle contenenti le apoproteine B e C) che sono considerate le più aterogeniche (danneggiano l’endotelio dei vasi). L’acido arachidonico (PUFA omega-6) dà origine, in seguito a reazioni di ossidazione e ciclizzazione, a prodotti con proprietà infiammatorie ed aggreganti; al contrario, l’EPA (PUFA omega-3) genera prodotti con effetti opposti. È quindi importante bilanciare l’apporto dietetico dei due acidi precursori, cioè il linoleico e l’alfa-linolenico. In pratica, va limitato il consumo di acido linoleico attraverso una riduzione dell’uso degli oli vegetali (escluso l’olio extra vergine di oliva) e del suo omologo superiore, l’acido arachidonico (presente nei grassi animali), mentre va aumentato il consumo di alfa-linolenico, inserendo nella dieta alimenti che ne sono ricchi, come le noci, e mangiando pesce due volte la settimana.
Il contributo energetico dei grassi dovrebbe coprire il 25-30% delle calorie giornaliere, di cui non più del 10% costituito da grassi di origine animale (saturi) ed il resto da oli vegetali (innanzitutto, l’olio extra vergine di oliva!), pesce, frutta secca ed alcuni vegetali. In particolare, i PUFA vanno assunti in modo da coprire dal 5 al 10% dell’apporto calorico totale. (vedi Appendice II) KF Hilpert et al., Postprandial effect of n-3 polyunsaturated fatty acids on apolipoprotein-B containing lipoproteins and vascular reactivity in type 2 diabetes, Am J Clin Nutr 2007; 85:369.
Colesterolo Il colesterolo è una sostanza simile ai grassi ed è presente solo negli alimenti di origine animale; nei vegetali non vi è colesterolo, ma vi sono i corrispondenti fitosteroli. Il colesterolo non è un nutriente “essenziale”, perché l’organismo è capace di sintetizzare tutto il colesterolo di cui necessita. Il colesterolo circola nel sangue trasportato da particolari strutture; le principali sono le lipoproteine a bassa densità (LDL), che veicolano circa 2/3 del colesterolo totale verso i tessuti, dove viene utilizzato per la costruzione delle membrane cellulari. Il colesterolo LDL viene anche detto “colesterolo cattivo”! le lipoproteine ad alta densità (HDL, così dette perché la loro componente proteica è maggiore di quella presente nelle LDL). La funzione delle HDL è di rimuovere il colesterolo dal circolo sanguigno e portarlo al fegato, dove viene trasformato in componenti utili, come gli acidi biliari (importanti per la digestione dei grassi) e gli ormoni steroidei, inclusi quelli sessuali. Per questo, il colesterolo HDL viene anche detto “colesterolo buono”. Del colesterolo si misurano i livelli plasmatici totali (colesterolo totale), quello legato alle LDL ed alle HDL. Elevati livelli di colesterolo totale (sopra i 200 mg/100 ml) e di colesterolo cattivo o LDL (sopra i 180 mg/100 ml) come pure bassi livelli di colesterolo buono o HDL (meno di 40 mg/100 ml) sono indicativi di un maggiore rischio di malattie cardiovascolari. Elevati livelli di colesterolo sono in parte dovuti ad una alimentazione sbilanciata, cioè ricca di grassi saturi (carni, burro, margarine, latticini, insaccati, fritti, cibi elaborati da fast foods…). Va tuttavia tenuto presente che una buona parte (75%) del colesterolo circolante è di origine interna, cioè viene prodotto dall’organismo e non tutte le persone hanno la stessa efficienza produttiva. Questo spiega le notevoli variazioni interindividuali (dovute a predisposizione familiare) nei livelli di colesterolo anche con regimi alimentari simili. Inoltre, fumo, sovrappeso/obesità, mancanza di esercizio fisico sono altri fattori di rischio ipercolesterolemico (iper significa “aumento”, mentre ipo significa “diminuzione”).
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La trasformazione del colesterolo* in acidi biliari da parte del fegato è un importante fattore di regolazione del colesterolo nell’organismo. È stato dimostrato che la produzione di acidi biliari è massima tra le ore 13 e le 21, cioè in seguito ai pasti. Al contrario, la sintesi endogena (sempre a livello epatico) del colesterolo raggiunge il massimo nelle ore della tarda notte (dalla mezzanotte alle 4).
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* Il colesterolo che circola nel sangue ha una triplice origine: a- dagli alimenti di origine animale; b- dalla quota che passa dai tessuti al sangue veicolato dalle lipoproteine HDL per raggiungere il fegato (colesterolo-HDL o buono); c- dalla quota di colesterolo endogeno, cioè prodotto dal fegato a partire dagli intermedi metabolici dei macronutrienti, veicolato in circolo dalle lipoproteine LDL (colesterolo-LDL o cattivo). Nei soggetti in equilibrio metabolico, l’assunzione di colesterolo dagli alimenti induce una minore produzione di colesterolo endogeno e viceversa. Purtroppo, tale equilibrio è spesso alterato per cause genetiche e/o per squilibri alimentari. Questi ultimi sono abbastanza diffusi, come indica il dato che il consumo medio di colesterolo si attesta su circa 400 mg/giorno contro i 300 mg/giorno massimi accettabili.
Le persone sane e con livelli corretti di colesterolo dovrebbero limitare il colesterolo da dieta a meno di 300 mg/giorno8. I conti sono presto fatti: un uovo ne fornisce circa 200 mg; un etto di formaggio ne può contenere da 30 a 150 mg; un etto di carne bovina o suina circa 110 mg; il burro circa 280 mg/etto, il lardo e il prosciutto circa 100 mg/etto, interiora e cervella sono fuor ogni misura con 4001800 mg/etto. Tutti gli alimenti di origine vegetale ne sono privi! Le persone con problemi di colesterolo alto, dovrebbero ridurre l’apporto esterno (da alimenti) a meno di 200 mg/giorno. Diversi sono i cibi che tengono sotto controllo il colesterolo9: frutta, verdura, legumi, frutta secca, avena/orzo, soia, olio extra vergine di oliva.
8. Per questo, le uova vanno limitate a 2-3 la settimana. 9. Va comunque sottolineato che nessuno dei cibi presi in esame rappresenta la “bacchetta magica” per risolvere i problemi legati ad elevati livelli di colesterolo ed, in generale, agli effetti avversi di una alimentazione sbagliata. Perché siano efficaci, questi cibi vanno consumati nell’ambito di una dieta povera di grassi, in particolare quelli saturi.
Frutta, verdura e legumi Mele, agrumi, frutti di bosco, albicocche, prugne, carote, carciofi, cavoli di tipo diverso, fagioli, fagiolini, lenticchie, ceci sono tra le migliori fonti di fibre che abbassano il colesterolo. Consumati regolarmente e con generosità (4-5 porzioni al giorno) determinano una diminuzione del colesterolo. Frutta secca Le noci, per il loro contenuto in acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e poli-insaturi (acido alfa-linolenico), se consumate in sostituzione di grassi saturi, aiutano ad abbassare il colesterolo. L’abitudine di aggiungere gherigli di noce alle macedonie di frutta (non zuccherate, basta lo zucchero della frutta!) oppure alle insalate verdi condite con olio extra vergine di oliva è buona cosa. Lo è meno quella di mangiare formaggi grassi con le noci! Comunque, attenzione. Le noci sono molto caloriche; 4-5 al giorno sono più che sufficienti. Avena ed orzo Questi due cereali forniscono una particolare fibra, il beta glucano, che si è dimostrata capace di abbassare il colesterolo totale e quello cattivo. L’inserimento nella dieta di loro preparati è raccomandabile, anche se le quantità efficaci sono piuttosto alte: 2-3 tazze di fiocchi al giorno. Soia Da questo legume si ottengono latte, tofu, isolati proteici, che abbassano il colesterolo, se vengono consumati in alternativa a prodotti di origine animale (quindi, nell’ambito di una dieta povera di grassi saturi e relativo colesterolo). Le quantità giornaliere indicate sono di due tazze al giorno di latte di soia o circa 100 grammi di tofu (formaggio di soia) o altri preparati . Olio extra vergine di oliva Un suo consumo regolare e sostitutivo di grassi saturi limita il rischio di malattie coronaro-cardiache, in quanto abbassa i trigliceridi, il colesterolo cattivo ed innalza quello buono. Inoltre, per la resistenza dell’acido oleico all’ossidazione e la presenza di vitamina E e polifenoli antiossidanti, l’olio extra vergine di oliva contrasta l’ossidazione delle LDL, evento ritenuto una delle cause di insorgenza di aterosclerosi (indurimento e restringimento delle arterie).
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DISTRIBUZIONE CALORICA DI CARBOIDRATI, PROTEINE E GRASSI
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Dieta ipotetica di 2000 kcal10 I carboidrati dovrebbero coprire il 50-60% delle calorie totali. Nel caso in esame, le calorie da carboidrati assommano a 1000-1200 kcal. Tenuto conto che ogni grammo di carboidrati fornisce 4 kcal, giornalmente vanno assunti 250-300 grammi di carboidrati, con preferenza per quelli complessi (pane, pasta, riso, cereali preferibilmente non raffinati). Si tenga presente11 che: 50 grammi di pane forniscono circa 140 kcal; una porzione di pasta o riso cotti (escluso il condimento) ne forniscono circa 220; 100 grammi di patate al forno con buccia ne forniscono circa 130; una bustina di zucchero ne fornisce circa 20, un bicchiere di vino o una lattina di birra ne forniscono circa 100. Le proteine dovrebbero coprire il 10-12% delle calorie totali, corrispondenti a 200-240 kcal. Poiché anche le proteine forniscono 4 kcal/grammo, le quantità sono 50-60 grammi da consumare giornalmente ed egualmente ripartite in proteine di origine animale e vegetale. Si tenga presente che: 100 grammi di carni magre forniscono circa 110 kcal; 100 grammi di pesce non grasso (merluzzo, palombo…) ne forniscono circa 90, mentre la stessa quantità di pesci grassi (trota, sogliola, tinca…) ne forniscono fino a 170; un uovo ne fornisce circa 80; una tazza di latte parzialmente scremato ne fornisce circa 100; mezzo etto di grana o un etto di mozzarella o ricotta circa 190; mezza tazza di fagiolini freschi cotti circa 44, la stessa quantità di fagioli, lenticchie, piselli secchi circa 120. È evidente che il contenuto calorico dei cibi citati non è dovuto solo alla componente proteica, ma anche ai grassi e carboidrati presenti nei cibi stessi; inoltre, non si è tenuto conto dei condimenti aggiunti! I grassi dovrebbero coprire il 25-30% delle calorie totali, cioè 500-600 kcal, il che significa circa 55-66 grammi/giorno di grassi totali (si ricorda che ogni grammo di grasso fornisce 9 kcal). Prendendo come valore medio 60 grammi/giorno, va precisato che la ripartizione consigliata è: 10 grammi di acido linoleico, 2 grammi di acido alfa-linolenico, 1 grammo circa di EPA+DHA, 30 grammi da acido oleico ed il resto da acidi grassi saturi. 10. Il fabbisogno calorico dipende da diversi fattori (sesso, età, struttura corporea, attività lavorativa, esercizio fisico...) ed una sua valutazione precisa è compito del medico e del nutrizionista. La dieta a 2000 kcal, sopra indicata, serve esclusivamente come esempio di calcolo. 11. Per una più precisa analisi dei contenuti si rimanda alle schede dei singoli alimenti/bevande ed alle relative tabelle nutrizionali (Cap.5).
Ma, a parte questi numeri che possono non interessare al lettore, per garantirsi una buona distribuzione di carboidrati, proteine e grassi, si dispone di un modo semplice e confortato dalla ricerca scientifica: la dieta mediterranea. Tale dieta mediterranea (vedi scheda relativa) si basa su un largo uso di cereali e loro prodotti, di frutta e verdura stagionali; l’olio extra vergine di oliva è l’unico grasso usato, il pesce viene consumato regolarmente (due volte la settimana), il consumo di carni e di formaggi è moderato. Inoltre, la dieta mediterranea apporta tutta una serie di altri nutrienti, come vitamine, minerali, fitocomposti e fibra, essenziali per vivere piÚ a lungo e meglio.
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VITAMINE
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Le vitamine sono micronutrienti, cioè nutrienti necessari in piccole quantità, che vanno assunti con la dieta, perché in generale l’organismo non è in grado di sintetizzarle, fatta eccezione per alcune. Le vitamine sono composti organici e, a differenza dei minerali, possono essere facilmente distrutte. Le vitamine sono prive di valore energetico, cioè non apportano calorie, anche se alcune partecipano attivamente alla trasformazione di carboidrati, proteine e grassi in energia. Svolgono un ruolo essenziale in numerosi processi vitali: visione, crescita cellulare, formazione dei globuli rossi, delle ossa, dei denti, funzionalità cardiaca, nervosa, immunitaria… Da qui il nome di vitamine, cioè ammine della vita! Generalmente, esse lavorano singolarmente in specifici processi metabolici; tuttavia, alcune vitamine agiscono in collaborazione, essendo impegnate in diversi stadi di uno stesso processo, e la carenza di una pregiudica il lavoro di altre. Tredici sono le vitamine di cui l’uomo necessita: A, C, D, E, K e otto vitamine del gruppo B, cioè la B1(tiamina), la B2 (riboflavina), la B3 (niacina), la B5 (acido pantotenico), la B6 (piridossina), la B8 (biotina), la B9 (acido folico) e la B12 (cianocobalamina). Fegato, latte, uova sono buone fonti di vitamina A, mentre la vitamina D è presente nei pesci grassi. Per quanto riguarda la vitamina A, va detto che alcuni carotenoidi, diffusi in frutta e verdura colorata, sono precursori della vitamina A, nel senso che nell’organismo vengono trasformati in essa. Da parte sua, la vitamina D (come colecalciferolo o vitamina D3) viene sintetizzata dall’organismo a livello della pelle partendo dal colesterolo sotto l’azione dei raggi solari. La vitamina E è presente negli oli vegetali, nei cereali integrali (germe di grano), nel-
la frutta secca, in alcuni vegetali a foglia verde. La vitamina K è in buona parte prodotta dalla flora intestinale; vegetali a foglia verde (cavoli, crauti, spinaci...) ne sono buone fonti. Le vitamine del gruppo B sono distribuite variamente in alimenti di origine animale e vegetale, con l’eccezione della B12 che è assente nei vegetali. La vitamina C è abbondante in molti tipi di frutta e verdura. A seconda che siano solubili in acqua oppure no, le vitamine sono distinte in idrosolubili e liposolubili. Tutte le vitamine del gruppo B e la vitamina C sono idrosolubili, mentre le altre si sciolgono solo nei grassi. Questa distinzione non è di poco conto. Significa che le vitamine idrosolubili sono presenti nei comparti acquosi dell’organismo (sangue, liquidi intra- ed extracellulari), vi rimangono per breve tempo (ad eccezione della B12) in quanto sono eliminate rapidamente attraverso le urine e, pertanto, devono essere giornalmente rimpiazzate. Al contrario, le vitamine liposolubili si depositano nei compartimenti “grassi”, come le membrane cellulari, i tessuti adiposi, il fegato, dove stazionano per tempi lunghi. Nel caso delle vitamine idrosolubili non vi è rischio di accumulo, mentre tale evento può verificarsi con le vitamine liposolubili e ciò può avere effetti negativi (soprattutto per le vitamine A e D). Quasi tutte le vitamine, in varia misura, sono sensibili alla luce e al calore e vi è sempre una loro perdita nel corso della conservazione, preparazione e cottura dei cibi. Le vitamine più “delicate” sono quelle idrosolubili, in particolare la C e la B1. Le vitamine liposolubili sono più stabili alla cottura di quelle idrosolubili, le quali vengono dilavate via dall’acqua calda o bollente. Tempi di cottura brevi e ridotte quantità di acqua limitano le perdite.
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vitamine dalla A alla K Vitamine
Fonti alimentari (principali)
A (retinolo): importante per la visione (specialmente notturna), per il sistema immunitario e la crescita cellulare. Quantità eccessive da integratori possono causare tossicità epatica, problemi alla vista e aumentare il rischio di fratture dell’anca.
Fegato, pesce, uova e latte. Diversi carotenoidi (vedi sotto) vengono trasformati nell’organismo in vitamina A. Se si consumano quantità adeguate di frutta e verdura, non si è a rischio di vitamina A.
Carotenoidi: agiscono da antiossidanti (limitano Carote, zucca, patate dolci, pesche, albicocche i danni cellulari) e possono prevenire alcune e molti altri frutti e verdure. malattie cronico-degenerative. Folato (acido folico o vitamina B9): vitamina del Verdure a foglia larga verde, cereali integrali, fagruppo B necessaria per lo sviluppo di nuove gioli, avocado, banana, arancia, asparagi, piselli cellule. Previene i difetti neurali (spina bifida) al e fagioli secchi, lievito di birra. nascituro; limita il rischio di alcune forme tumorali e di malattie cardiovascolari. B1 (tiamina): necessaria per il metabolismo ener- Maiale, fiocchi di cereali, prosciutto, legumi secchi, farina integrale, riso integrale, lievito di getico cellulare e la funzione nervosa. birra.
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B2 (riboflavina): necessaria per il metabolismo Pollame, pesce, uova, latte e derivati, cereali integrali, spinaci, broccoli, asparagi, lievito di birra. energetico cellulare. B3 (niacina): necessaria per il metabolismo ener- Carni, pesce, pollame, fiocchi di cereali, arachidi. getico cellulare. B6 (piridossina): necessaria per il metabolismo Pollame, pesce, fegato di maiale, patate, cavoli, banana. energetico cellulare. B12 (cianocobalamina): necessaria per la forma- Pesce, pollame, carni, uova, latte e prodotti zione dei globuli rossi e la funzione nervosa. caseari. C (acido ascorbico): agisce da antiossidante; Diversi vegetali (pomodori, peperoni, broccoli, promuove l’assorbimento del ferro, mantiene cavoli, spinaci, prezzemolo, patate novelle) e l’integrità del tessuto connettivo, stimola il si- frutti vari (agrumi, fragole, kiwi…). stema immunitario. Quantità eccessive da integratori la trasformano in pro-ossidante! D (calciferolo): concorre a mantenere la mineralizzazione ossea ed assiste il sistema immunitario. Quantità eccessive da integratori causano alti livelli di calcio.
Presente (in piccole quantità) solo in alcuni cibi di origine animale (pesci grassi, fegato, uova e latte). Viene sintetizzata a livello della pelle in seguito all’esposizione alla luce solare.
E (alfa-tocoferolo): antiossidante liposolubile Oli vegetali, germe di grano, cereali integrali e che forma coppia con la vitamina C (antiossi- derivati, frutta secca oleaginosa. dante idrosolubile). Quantità eccessive da integratori causano fatica, nausea, diarrea e mal di testa. K (fillo e menachinone): promuove la coagu- Vegetali a foglia verde scura (spinaci, cavoli, lazione del sangue e la formazione delle ossa. verza, broccoli).
Come risulta dalla tabella, il complesso B è di importanza centrale per il metabolismo cellulare. In particolare, le vitamine B1, B2, B3, B6 e l’acido pantotenico sono essenziali per trasformare i macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) in energia indispensabile per le funzioni vitali. Le vitamine B9 e B12 hanno invece un ruolo importante per la formazione di nuove cellule, in particolare quelle del sangue; la B9 previene malformazioni del sistema nervoso e, insieme alla B6 e B12, le malattie cardiovascolari. Le vitamine B6, B9 e B12 costituiscono una terna “amica del cuore” perché tengono sotto controllo i livelli plasmatici di omocisteina, intermedio del metabolismo della metionina (aminoacido essenziale presente nelle proteine alimentari). La vitamina C, quale antiossidante idrosolubile, opera negli ambienti acquosi (liquido intracellulare, plasma...), protegge dall’attacco dei radicali liberi e rigenera la vitamina E (sua controparte antiossidante negli ambienti lipofili, come le membrane cellulari e le lipoproteine circolanti). Inoltre, è richiesta per la formazione del tessuto connettivo (pelle, vasi, ossa...) e per l’assorbimento del ferro. MP Iqbal et al., Role of vitamins B6, B9, B12 on hyperhomocysteinemia, Nutr Metab Cardiovasc Dis 2005; 15:100. KJ Chen et al., Association of B vitamins status and homocysteine levels, Asia Pac J Clin Nutr 2005; 14:250. TJ Green et al., Lowering homocysteine with B vitamins, Am J Clin Nutr 2007; 85:460.
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Fabbisogni giornalieri Per le vitamine, come per i minerali, si possono considerare: un fabbisogno minimo che, sulla base delle attuali conoscenze, viene ritenuto adeguato per evitare la comparsa di disturbi da carenza in persone sane (RDA, recommended daily allowance o fabbisogno raccomandato giornaliero); un fabbisogno ottimale, che consente all’organismo di funzionare al meglio delle sue capacità, e quindi contribuisce a prevenire le malattie e rallentare i processi degenerativi associati all’età avanzata (ROI, recommended optimal intake o apporto ottimale raccomandato).
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Più precisamente, i valori di RDA rappresentano i livelli ritenuti adeguati per evitare deficienze “classiche” nella maggioranza della popolazione sana: ad esempio, nel caso della vitamina C, il fabbisogno richiesto per non incorrere nello scorbuto è di 60 mg/giorno (un’arancia). I valori di ROI rappresentano invece gli apporti giornalieri considerati necessari perché le vitamine possano svolgere funzioni addizionali a quella di prevenire le “classiche” manifestazioni da carenza. Tra queste funzioni addizionali, basti citare la capacità antiossidante delle vitamine C ed E, il ruolo dell’acido folico nel prevenire difetti neurologici nel neonato, il ruolo delle vitamine B6, B12 ed acido folico nel prevenire l’aterosclerosi. Queste funzioni si esplicano solo a livelli circa tre volte quelli minimi raccomandati; sono quindi sicuri e garantiscono all’organismo protezione contro il rischio di malattie cronico-degenerative. A questo punto viene spontanea la domanda: la dieta varia è in grado di fornire i fabbisogni minimi giornalieri di tutte le vitamine ed i minerali? Sicuramente, la dieta varia soddisfa i fabbisogni della gran parte delle vitamine e dei minerali. Tuttavia, le vitamine D, E, B9 e B12 come il calcio, il ferro, lo zinco e il selenio non sempre sono coperti al 100% dei fabbisogni giornalieri raccomandati, e questo vale soprattutto in alcune fasce di popolazione (adolescenti, anziani, vegetariani…). Se non sono soddisfatti i fabbisogni minimi, a
maggior ragione, non sono coperte le quantità giornaliere ottimali. E questo può verificarsi anche per altre vitamine e minerali oltre a quelli predetti ed in fasce di popolazione più ampie. Bisogna anche ricordare che, purtroppo, l’alimentazione è spesso tutt’altro che varia e che il contenuto di vitamine e minerali negli alimenti è spesso compromesso da una serie di fattori relativi alla filiera alimentare, tra cui: metodi di produzione (pratiche agricole) magazzinaggio e conferimento processi di trattamento e conservazione (anche domestica) modi di preparazione degli alimenti finiti Altre possibili cause di carenze marginali sono rappresentate da particolari situazioni fisiologiche (fasi di crescita, gravidanza/allattamento, terza età, attività fisica…) o para-fisiologiche (fumo, alcol…) per non parlare di alcune malattie (disturbi gastro-intestinali, epatici, diabete…) o di terapie che interferiscono con l’assorbimento di vitamine e minerali. Inoltre, vi sono alcune fasi della vita (gravidanza, allattamento, crescita, menopausa, terza età…) oppure abitudini/situazioni (fumo, sport, stress…) che si accompagnano ad accresciute esigenze vitaminiche12. Di conseguenza può instaurarsi uno stato di “quasi-carenza”, le cui manifestazioni sub-cliniche sono diverse: fatica, irritabilità, insonnia, disturbi dell’umore, minore resistenza alle infezioni, dolori muscolari, disturbi della pelle e delle mucose.
12. Diverse situazioni fisiologiche comportano aumento dell’anabolismo, come gravidanza, allattamento, infanzia e adolescenza, attività fisica. Numerose situazioni patologiche (febbre, traumi, infezioni, interventi chirurgici…) determinano invece un accresciuto catabolismo. In generale, un aumento dell’anabolismo e del catabolismo si accompagna ad una maggiore richiesta di energia: vitamine e minerali sono attori significativi di questi processi.
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MINERALI
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L’organismo non può funzionare senza l’apporto giornaliero di alcuni sali minerali, che devono essere regolarmente introdotti con la dieta. A seconda delle quantità richieste, i minerali sono distinti in macroelementi (il cui apporto giornaliero è nell’ordine di centinaia di mg), come il calcio, il magnesio, il potassio ed altri, e in microelementi o oligoelementi (necessari in quantità molto più basse, cioè nell’ordine di pochi mg e persino microgrammi), come ferro, zinco, cromo, rame, selenio ed altri. I minerali sono presenti nella maggior parte degli alimenti e bevande, particolarmente in frutta e verdura, acqua e latte. Come le vitamine non sono calorici, cioè non forniscono energia. Svolgono invece specifici ruoli d’importanza fondamentale per l’organismo.
Principali minerali e loro ruolo Calcio
formazione delle ossa, contrazione muscolare e trasmissione degli impulsi nervosi
Ferro
formazione dell’emoglobina (sangue), della mioglobina (muscoli), resistenza allo stress, difese immunitarie, anemia, sviluppo cognitivo
Magnesio
produzione d’energia, formazione delle ossa, funzione cardiaca, anti-stress
Potassio
contrazione muscolare e impulsi nervosi, funzione cardiaca
Selenio
protezione contro i radicali liberi, difese immunitarie
Zinco
difese immunitarie, guarigione delle ferite
FITOCOMPOSTI Tutti gli alimenti e le bevande di origine vegetale contengono, in tipo e quantità diverse, particolari composti, che vengono chiamati fitocomposti (fito, perché presenti solo nelle piante). Questi composti fanno grandi favori alle piante: le proteggono dalla radiazione solare, respingono i predatori e non solo (si pensi alle cipolle: quando vengono tagliate, cioè per loro offese, liberano composti solforati pungenti!), formano strade colorate per guidare gli impollinatori ed altro ancora. Ma i fitocomposti sono importanti anche per l’uomo, e non solo per il colore, il gusto e la fragranza che conferiscono ai vegetali che li contengono. Aiutano a mantenere uno stato di benessere. Fanno parte di questo gruppo: gli acidi ellagici dei frutti di bosco, uva, noci, melograno…, le antocianine, che danno colore ad arance rosse, uva nera, ciliegie, mirtilli, melograni, cavoli rossi…, i carotenoidi, anch’essi pigmenti di carote, pomodori, peperoni, pompelmi rosa, angurie, meloni ed altri vegetali, le catechine presenti in mele, uva, cioccolato, vino rosso, tè, melograno…, i composti solforati dell’aglio, cipolla, porri, cavolo, verza, broccolo, rucola, crescione…, i fitosteroli o steroli delle piante contenuti nei fagioli, nelle noci e semi oleaginosi, i flavonoli ed analoghi distribuiti in molti frutti e verdure, gli isoflavoni della soia ed altri legumi…, i lignani dei fagioli, dei frutti di bosco…, il limonene degli agrumi, l’oleuropeina e l’idrossitirosolo dell’olio extra vergine di oliva, il resveratrolo di arachidi, uva rossa, vino rosso…, le saponine dei legumi, noci, cereali integrali…, i tannini presenti in frutti di bosco, succo d’uva e vino rosso, tè.
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Molti fitocomposti hanno un’attività antiossidante: catturano i radicali liberi che si formano come sottoprodotti dell’ossigeno nell’organismo, proteggendolo dai danni che queste specie chimiche molto aggressive potrebbero fare. Alcuni fitocomposti aiutano a prevenire il rischio di cancro attraverso meccanismi diversi, uno dei quali si basa sul potere antiossidante. Ma possono anche prevenire la formazione di sostanze cancerogene, bloccarne l’azione sui tessuti bersaglio e sopprimere lo sviluppo di cellule cancerose. Altri fitocomposti limitano il rischio di malattie circolatorie: riducono i livelli di colesterolo, agiscono favorevolmente sulla pressione e coagulazione del sangue e proteggono i vasi sanguigni. Altri ancora proteggono l’occhio prevenendo la degenerazione maculare o concorrono nel conservare il tessuto osseo. Quasi certamente gli effetti benefici dei fitocomposti sono dovuti più che ad un singolo gruppo all’insieme dei gruppi; questi operano in sinergia tra di loro e con vitamine, minerali e fibra presenti nei vegetali. Conclusione? Vale sempre più la raccomandazione di fondare la dieta su alimenti e bevande di origine vegetale. Consumando, ogni giorno, 5-6 porzioni di frutta e verdura di stagione ed altrettante di cereali preferibilmente non raffinati, si può essere certi di procurarsi tutti i fitocomposti di cui si ha bisogno (oltre a vitamine, minerali e fibra).
Colori del benessere? È possibile suggerire una relazione tra colore dei fitocomposti ed effetti benefici? Pare di sì, come sotto indicato. COLORE ROSSO Anguria, arancia rossa, pomodoro, ravanello, ciliegia, fragola, barbabietola rossa, mirtillo rosso… Licopene ed antociani: antiossidanti, ridotto rischio di patologie cardio-vascolari e protezione dei vasi sanguigni. COLORE GIALLO Albicocca, carota, kaki, melone, nespola, nettarine, pepero-ne, pesca, zucca, limone, pompelmo. Carotenoidi vari: proteggono la vista; prevengono l’invecchiamento cellulare; assistono la funzione immunitaria.
COLORE VERDE Asparagi, broccoli/cavoli, cetriolo, cicorie/indivie/lattughe, prezzemolo, rucola, kiwi, spinaci, zucchine. Clorofilla, magnesio, carotenoidi, glucosinolati: minor rischio di tumori e di malattie vascolari, migliore funzionalità del sistema nervoso. COLORE BLU/VIOLA Fichi, frutti di bosco, melanzane, prugne, radicchio, uva nera. Antociani: minore fragilità capillare, prevenzione dell’aterosclerosi, antiossidanti. COLORE BIANCO Aglio, cavolfiore, cipolla, finocchio, funghi, mela, pera, porri, sedano… Composti solforati, flavonoidi vari, potassio, selenio: antiossidanti, mantenimento del tessuto osseo e della fluidità del sangue.
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Carenze di vitamine e minerali Oggi le carenze vitaminico-minerali non sono così rare, ed i motivi sono diversi. Il contenuto vitaminico degli alimenti è spesso troppo basso. Ciò è dovuto a fattori diversi (metodi di produzione, processi di trattamento e conservazione, modi di preparazione degli alimenti finiti), i quali comportano una diminuzione del contenuto vitaminico. Basti pensare alla “verdura e frutta fresche”, che arrivano nei punti vendita in parte private del contenuto originale di vitamine, a causa dei tempi di trasporto e di magazzinaggio. Tale contenuto diminuisce ulteriormente in seguito alla conservazione domestica e alla successiva preparazione del cibo da portare in tavola.
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Un’altra possibile causa di carenza è dovuta al fatto che il nostro organismo ha un aumentato fabbisogno di vitamine in particolari situazioni, come nelle fasi di crescita, durante la gravidanza/allattamento, in caso di attività fisica, stress, aumentato impegno. In tali situazioni, se l’apporto vitaminico non è adeguato, si può determinare carenza con relative complicazioni. Con l’avanzare degli anni, le vitamine diventano ancora più importanti. Le persone anziane possono andare incontro a carenze vitaminiche, senza rendersene conto. Infatti, la dieta degli anziani è spesso monotona (non varia ed equilibrata); in generale, gli anziani hanno meno appetito, mangiano meno, introducendo così meno vitamine. Queste sono assorbite in misura inferiore ed utilizzate con minore efficienza per diverse cause dovute al naturale processo d’invecchiamento, che spesso si accompagna a malattie croniche. La carenza di vitamine si può manifestare in corso o in seguito ad alcune malattie. Ad esempio, i sofferenti di disturbi gastro-intestinali, epatici, metabolici (diabete) sono soggetti a rischio. Anche i pazienti in trattamento con antibiotici e chemioterapici possono sviluppare carenze vitaminiche. Non va inoltre dimenticato che il consumo cronico di quantità non fisiologiche (più di 30 g al giorno) di alcol comporta carenze vitaminiche. Analoghe considerazioni valgono per alcuni macro- o micro-elementi (ferro, calcio, magnesio, selenio e zinco), che possono essere carenti in particolari gruppi di persone e in determinate situazioni.
Come comportarsi in caso di carenze? Chi avverte alcuni segni indicativi di carenza dei nutrienti predetti, come senso di stanchezza, scarsa vitalità, diminuita capacità di concentrazione ed impegno…, per prima cosa deve rivolgersi al medico. Solo il medico è in grado di stabilire se l’insieme di malesseri è dovuto a carenza di vitamine o minerali oppure a qualche altra causa, che richiede un trattamento diverso. Quando i malesseri sono dovuti a carenza vitaminica o di minerali, il ricorso ad integratori è giustificato. Tuttavia, attenzione! Gli integratori non sostituiscono una dieta varia ed equilibrata né possono compensare comportamenti alimentari sbagliati e scorretto stile di vita (sedentarietà, fumo, alcol…).
In altre parole, l’approccio da seguire è di: procurarsi più micronutrienti possibili tramite una dieta adeguata (la mediterranea) e, solo in questo ambito, ricorrere ad una integrazione bilanciata e mirata a fornire le vitamine e i minerali necessari in specifiche situazioni fisiologiche, che sono diverse a seconda del sesso, età, fasi della vita, attività e comportamenti.
Integrazione dalla A alla Z o integrazione mirata e bilanciata? L’integrazione deve mirare a coprire specifiche carenze di determinati nutrienti (vitamine e minerali) in relazione a particolari situazioni fisiologiche, che sono diverse a seconda del sesso, dell’età e delle abitudini di vita. Un’integrazione di tutti i micronutrienti non ha significato. Infatti, è generica e non tende a colmare carenze di specifici nutrienti necessari al fine di ripristinarne uno stato nutrizionale adeguato. Fornisce tutto con il rischio di diminuire la biodisponibilità dei nutrienti realmente richiesti in quella particolare situazione. È noto, infatti, che i processi di assorbimento di diversi nutrienti sono simili e, per di più, saturabili.
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no alle megadosi! Le megadosi di vitamine non sono giustificate (ad eccezione di situazioni cliniche, che solo il medico deve valutare). A livello nutrizionale e ai fini di uno stato di salute ottimale, l’apporto integrativo di vitamine e minerali deve essere contenuto nei limiti previsti dalla normativa. Questi limiti sono diversi a seconda del nutriente, del sesso, dell’età, dello stato fisiologico e solo per alcune vitamine si arriva a valori pari a tre volte le RDA. Da ricordare, a titolo esemplificativo, che megadosi di vitamina C non vengono assorbite (il livello di saturazione è di circa 250 mg) e, pertanto, non vi è giustificazione farmacocinetica del loro uso.
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Inoltre, megadosi di vitamina C 1. sono immunosoppressive; 2. aumentano il rischio di stress ossidativo (maggiore incidenza di malattie degenerative); 3. riducono lo stato nutrizionale della vitamina E. Analogamente, megadosi di vitamina E (d-alfa-tocoferolo) 1. riducono l’assorbimento di altre vitamine liposolubili, in particolare della vitamina K (importante per la coagulazione e la densità ossea); 2. competono, inibendolo, con l’assorbimento di altri importanti tocoferoli (gamma e delta-tocoferoli, importanti per la riduzione del rischio di malattie croniche). 3. determinano effetti pro-ossidanti, cioè opposti a quelli che producono a dosi normali (tre volte le RDA, cioè 45 mg/giorno). Considerazioni analoghe valgono per i singoli carotenoidi e le vitamine del gruppo B. La conclusione è che l’assunzione di quantità di vitamine, che superano quelle ammesse negli integratori notificati, non è raccomandabile. È giustificata solo in situazioni cliniche sotto la supervisione diretta del medico.
INTEGRATORI Si stima che circa la metà del rischio di contrarre malattie cronico-degenerative dipenda da fattori genetici e quindi sfugga al controllo individuale. Invece, possono essere controllati fattori ambientali (l’alimentazione e lo stile di vita) altrettanto determinanti ai fini di uno stato di benessere. In altre parole, se una persona evita comportamenti nocivi (fumo, consumo smoderato di alcol, esposizione ad inquinanti…) e adotta abitudini salutari (alimentazione varia e moderata, regolare esercizio fisico…), aumentano le probabilità che la qualità di vita sia buona. In questo ambito di corretti comportamenti alimentari e stile di vita si inserisce il ricorso (sotto supervisione) a integratori mirati a coprire specifiche necessità, che sono diverse a seconda del sesso, età, periodi della vita, attività e comportamenti. Va, infatti, precisato che la dieta varia ed equilibrata (per chi la pratica) soddisfa i fabbisogni giornalieri raccomandati (RDA) della gran parte di vitamine e minerali. Ma è altrettanto vero che le vitamine D, B9, B12, il calcio, il ferro, lo zinco ed il selenio non sempre vengono “coperti” al 100% delle rispettive RDA. Questo vale soprattutto per alcune fasce di popolazione come gli adolescenti, gli anziani, i vegetariani, in alcune fasi della vita (gravidanza/allattamento, menopausa…) e in corso o in seguito ad alcune malattie. È quindi giustificato un utilizzo intelligente di specifici integratori, tenendo presente che diversamente da preparati lassativi, calmanti, analgesici…, gli integratori non producono effetti riscontrabili a breve termine. In altre parole, le persone che assumono integratori possono non avvertire differenze nel breve periodo. Un riscontro analitico della loro assunzione si ha monitorando specifici indicatori (livelli plasmatici di vitamine, minerali, metaboliti di fitocomposti, modifiche del quadro lipidico, valutazione di eventuali danni ossidativi…). I benefici si manifestano nel lungo termine e sono: protezione durante fasi importanti della vita (gravidanza/allattamento, crescita, menopausa, età matura…), mantenimento delle difese immunitarie, minore incidenza e severità di alcuni disturbi cronici (cuore, tessuto osteo-articolare, vista, squilibri metabolici). La presenza della componente erbale negli integratori deriva dalla loro definizione: “prodotti che costituiscono una fonte concentrata di nutrienti o sostanze con effetto fisiologico…” Tale effetto è dovuto alla presenza nella componente erbale di sostanze, che, per la maggior parte, non sono classificabili come “nutrienti”. Alcune di queste pos-
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sono essere considerate “quasi-nutrienti”, nel senso che assistono o sinergizzano con specifici micronutrienti. È il caso, ad esempio, dei polifenoli (largamente distribuiti in erbe diverse), i quali hanno in comune la caratteristica di essere “spazzini” di radicali liberi ed, in quanto tali, si sacrificano risparmiando antiossidanti fisiologici come le vitamine C ed E. La componente erbale degli integratori per tipologia, contenuto di principi caratteristici, modalità di consumo non ha finalità terapeutiche. Questo significa che gli integratori a base erbale sono nettamente distinti dalle fitomedicine, che sono veri e propri farmaci vegetali. Alla componente erbale è invece riconosciuto un ruolo fisiologico, che si esplica attraverso il supporto alle normali funzioni dei diversi apparati. Per esemplificare, le erbe camomilla, menta, anice verde, liquirizia, carciofo… concorrono allo svolgimento dei normali processi digestivi, l’echinacea, la propoli (quest’ultima non è un’erba, ma un prodotto dell’alveare) sostengono le difese organiche a favore, in particolare, delle prime vie respiratorie, il ginkgo biloba, il mirtillo nero assistono la microcircolazione periferica, il mirtillo rosso protegge le vie urinarie, la boswellia concorre a mantenere la funzionalità articolare… Da sottolineare che l’ingrediente erbale utilizzato nella preparazione di integratori viene ottenuto secondo una precisa filiera, che si articola nei seguenti passaggi: selezione delle erbe sulla base di precise caratteristiche botaniche e verifica dell’assenza di adulteranti, e contaminanti vari; esame fitochimico (identità e contenuto dei componenti caratteristici) mediante metodi analitici selettivi, precisi, accurati e sensibili). Questo perché la presenza nella componente erbale di composti diversi in una matrice naturale complessa richiede l’applicazione di metodiche selettive, cioè basate su tecniche cromatografiche in linea
con spettrofotometria UV e/o di massa. Tali metodi permettono di valutare correttamente il contenuto quali-quantitativo dei principi caratteristici, eseguire studi di stabilità e biodisponibilità. standardizzazione: gli estratti da usare per la preparazione degli integratori devono avere un titolo (contenuto di principi caratteristici) costante e riproducibile, cioè devono essere standardizzati. Questo requisito è importante ai fini della efficacia e della sicurezza.
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capitolo tre
Alimenti di origine vegetale
È
già stato sottolineato che il segreto di una buona alimentazione sta nel consumare una varietà di cibi; tra questi, verdura e frutta sono una pietra miliare, perché sono disponibili in numerose varietà e sono ricchi di nutrienti diversi. Infatti, buona parte dei minerali e delle vitamine necessarie all’organismo sono presenti in verdura e frutta. Inoltre, alcuni, come le patate, contengono carboidrati complessi, che forniscono energia; altri, sono ricchi di fibra, altri ancora, come i legumi, contribuiscono al nostro fabbisogno di proteine. Diversamente dagli alimenti di origine animale, verdura e frutta non contengono colesterolo, sono poveri se non privi di grassi, hanno niente o pochissimo sodio (al suo posto hanno potassio) e sono poco calorici13.
13. I vegetali sono considerati alimenti con alta densità nutrizionale, perché il loro apporto di nutrienti è alto in relazione alle calorie fornite.
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VERDURA Tipologia e nutrienti
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a. Vegetali a foglia Comprendono insalate varie, spinaci, verza/cavoli, bietole, rucola… Contengono una grande quantità di acqua e pochi carboidrati (cioè, calorie). La maggior parte è ricca di carotenoidi e vitamina C, e sono anche buone fonti di fibra ed acido folico. Possono fornire quantità variabili di ferro e calcio. b. Fiori, gambi, germogli Sono di tipi diversi dal sedano, al broccolo, cavolfiore, ai carciofi ed asparagi. Sono generalmente ricchi di vitamina C, potassio, calcio e fibra. Broccoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles contengono particolari composti che combattono il cancro (vedi fitocomposti). c. Semi e baccelli Fagioli, fagiolini, piselli sono vegetali molto ricchi di proteine; contengono anche più carboidrati dei vegetali a foglia, fiore e gambo. Altri nutrienti tipici di questi vegetali sono le vitamine del gruppo B e i minerali zinco, potassio, calcio e ferro. d. Radici, bulbi e tuberi Patate, carote, barbabietole, rape, ravanelli, radici amare, patate americane, cipolle, aglio fanno parte di questo gruppo. Sono generalmente ricchi di amido, ma forniscono anche altri nutrienti, tra cui la vitamina C (patate, ravanelli, rape), carotenoidi (carote, patate americane) ed altri fitocomposti (barbabietole, cipolle, aglio).
Crucifere Le crucifere, così dette perché hanno fiori a forma di croce, sono state oggetto di studi recenti che hanno evidenziato effetti protettivi nei confronti di alcuni tumori, in particolare dello stomaco e dell’intestino. Le crucifere comprendono cavoli, broccoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, rucola, ravanelli, rape, crescione... ed hanno la caratteristica di contenere particolari composti (cui si deve anche il carattere pungente ed il tipico odore di cottura) dotati della suddetta attività preventiva (vedi pag. 203). La maggior parte delle crucifere è anche una buona fonte di fibra e di antiossidanti, tra cui la vitamina C e carotenoidi. Alcune crucifere (cavoli, cime di rapa) forniscono calcio, mentre altre (cavolini di Bruxelles) danno ferro.
e. Vegetali a frutto Si tratta di pomodori, melanzane, peperoni, zucche, zucchini, cetrioli… Sono normalmente più calorici dei vegetali a foglia, gambo e fiore. Sono buone fonti di vitamina C, carotenoidi, polifenoli. Una dieta ricca di verdura e frutta (in particolare quella con alto contenuto di beta-carotene, luteina e vitamina C) è associata ad un minore rischio di ipertrofia prostatica benigna. Non vi è invece correlazione con alfa-tocoferolo (vitamina E) e gamma-tocoferolo. In generale, un generoso consumo di frutta e verdura è associato ad una minore mortalità. S Rohrmann et al., Fruit and vegetable consumption, intake of micronutrients and benign prostatic hyperplasia, Am J Clin Nutr 2007; 85:523. A Aguto et al., Fruit and vegetable intakes, dietary antioxidant intake, and total mortality in Spanish adults (EPIC Spain), Am J Clin Nutr 2007; 85:1634.
La disponibilità di verdura e frutta è notevolmente aumentata negli ultimi tempi ed è possibile disporre di una grande varietà nel corso di tutto l’anno. Tuttavia, questa maggiore disponibilità ha un prezzo: le tecniche colturali meccanizzate e le esigenze delle spedizioni a lunghe distanze hanno spinto a privilegiare caratteristiche di resistenza ai trattamenti piuttosto che di sapore e struttura. Verdura e frutta nei supermercati hanno aspetto e consistenza uniforme, ma spesso non hanno la fragranza ed il sapore dei prodotti di stagione coltivati localmente. Questo spiega il ricorso a piccoli coltivatori che riforniscono i mercati locali o l’estendersi dell’acquisto di verdura e frutta direttamente presso i produttori e, per pochi fortunati, la coltivazione in orti privati, così da poter disporre di una varietà di ortaggi e frutti saporiti, colti al giusto grado di maturazione e consumati quasi immediatamente.
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Pesticidi
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I pesticidi sono una classe di composti chimici impiegati per la difesa delle colture da insetti (insetticidi), roditori (rodenticidi), erbacce (erbicidi) e funghi, muffe (fungicidi). I pesticidi sono accettati come una necessità dell’agricoltura moderna per aumentare la produzione ed allungare i tempi di conservazione. Tuttavia, molti (soprattutto se usati impropriamente) sono tossici, ed il rischio che i possibili danni da loro residui in verdura e frutta superino i benefici attesi da questi vegetali. In realtà, vi sono norme che regolamentano tipologia e modalità d’uso dei pesticidi e fissano i limiti consentiti dei loro residui, per cui è da ritenere che i prodotti che arrivano sulla tavola siano sicuri. Altro trattamento a cui sono sottoposti alcuni vegetali è la ceratura. Prima di essere immessi sul mercato, alcuni vengono trattati con cera per mantenere la freschezza, farli apparire lucenti ed impedire la perdita d’acqua. Però, insieme all’acqua il film ceroso trattiene anche eventuali residui. In questi casi, non vi è alternativa alla completa sbucciatura del vegetale: purtroppo, così si perde la parte più ricca di fibra ed alcuni nutrienti. Per limitare gli inconvenienti dovuti all’uso di pesticidi, vi sono alcuni accorgimenti pratici. Acquistare vegetali di stagione, freschi, locali. Vegetali non di stagione, importati, immagazzinati a lungo sono più soggetti a trattamenti con prodotti chimici. Lavare bene, strofinando energicamente, i vegetali per allontanare i residui solubili in acqua. Scartare le foglie esterne e le punte dei vegetali a foglia; lavare anche le foglie interne. Acquistare, se possibile, vegetali da coltivazione biologica, cioè ottenuti senza far uso di fertilizzanti chimici e pesticidi. Attenzione, che i prodotti siano certificati da Enti Autorizzati. www.epa.gov/pesticides A Vicente et al., Pesticides in the diet: adding spice to the puzzle, Gac Sanit 2004; 18:425.
Freschi, surgelati e in scatola È evidente che il massimo valore nutrizionale è offerto da verdura e frutta fresca, cioè raccolta nello stesso giorno in cui viene consumata. Questo non è sempre possibile. È quindi consigliabile fare acquisti frequenti di quantità limitate, che si prevede di consumare a breve. Infatti, diversi vegetali perdono buona parte del loro valore nutrizionale, se conservati troppo a lungo o in modo improprio. Quando non si dispone di vegetali freschi, di stagione e locali, è preferibile ricorrere a prodotti surgelati piuttosto che a quelli in scatola. È vero che un vegetale, appena dopo essere colto, inizia a perdere valore nutrizionale. Tuttavia, se viene surgelato rapidamente subito dopo il raccolto, conserva buona parte dei suoi nutrienti, a parte piccole perdite di vitamina C e di altre vitamine idrosolubili. Ne risente la struttura, nel senso che diviene flaccido, soprattutto se conservato per tempi eccessivi oppure cotto a lungo. I vegetali in scatola non sono il massimo! Subiscono un trattamento termico, che ne degrada il contenuto vitaminico. Anche i minerali, pur non essendo distrutti dal calore, si perdono nel liquido di inscatolamento, che comunemente viene scartato. Non va inoltre dimenticato che i prodotti in scatola sono normalmente arricchiti di sale e, comunque, mancano ancor più di quelli congelati del sapore e della struttura che distinguono i prodotti freschi.
FRUTTA Tipologia e nutrienti Una caratteristica della frutta è di essere poco calorica, nonostante contenga una combinazione di zuccheri semplici, come fruttosio, glucosio e saccarosio (il comune zucchero da cucina). Il fruttosio è il più dolce, ma non sempre il più abbondante, come nel caso di arance e meloni, in cui prevale il saccarosio. Ciò che rende poco calorica la frutta è la grande quantità di acqua (85-95%) di cui è composta. Il contributo nutrizionale principale della frutta è dato dalle vitamine, in particolare la vitamina C ed i carotenoidi, alcuni dei quali (beta-carotene) sono precursori della vitamina A. Agrumi, frutti di bosco, meloni, kiwi sono buone fonti di vitamina C. Frutti gialli o arancio, come albicocche, pesche, meloni sono tra le migliori fonti di beta-carotene. Diversi frutti, come mirtillo, arance, uva nera, me-le, prugne… apportano antiossidanti polifenolici. La frutta fornisce anche alcuni minerali, in particolare il potassio (abbondante in arance, banane, pere), il ferro (in diversi frutti di bosco) e, in piccole quantità, il magnesio e il calcio.
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Un’altra componente della frutta è la fibra solubile ed insolubile. Queste ultime contribuiscono a rendere croccanti le mele, granulose le pere, gommosi i datteri e i fichi. Una volta ingerite, aumentano la massa del contenuto intestinale e ne velocizzano il tran-sito. In molti frutti, come le mele e gli agrumi, la fibra è sotto forma di pectina, una fibra solubile che aiuta a tenere sotto controllo i livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue. Ultima cosa, ma non meno importante la frutta è quasi priva di grassi (escluse poche eccezioni, tra cui la più significativa è l’avocado) e non contiene colesterolo.
Maturazione
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Il grado di maturazione è un requisito importante per la frutta. Infatti, nel corso della maturazione avvengono importanti cambiamenti, che aumentano il valore nutrizionale dei frutti e li rendono palatabili. I frutti diventano soffici, il loro colore cambia, il contenuto vitaminico cresce, diminuisce l’acidità e l’amido si trasforma in zuccheri semplici. Questi cambiamenti sono promossi da diversi enzimi, che continuano la loro azione anche dopo che il frutto è stato colto. Se questa azione si protrae a lungo, il frutto si deteriora: la struttura consistente ed il sapore si alterano, la polpa diviene scura, il contenuto vitaminico cala. Per ovviare alle esigenze della distribuzione, tra cui il magazzinaggio e i tempi di trasporto, molti frutti vengono colti prima della maturazione. Alcuni sono lasciati maturare spontaneamente, mentre per altri la maturazione viene accelerata per trattamento con etilene. Questo è un gas che i frutti liberano naturalmente nel corso della maturazione, ed il suo uso per accelerare la maturazione (riduce i tempi alla metà) è sicuro e non altera il contenuto vitaminico. Al contrario, per ritardare la maturazione, si ricorre al freddo e a particolari condizioni di atmosfera controllata, cioè di ridotti livelli di ossigeno. LO Dragstead et al., Biological effects of fruit and vegetables, Proc Nutr Soc 2006; 65:61.
In scatola o surgelata L’inscatolamento è una tecnica abbastanza comune per conservare alcuni frutti, mentre non lo è la surgelazione: tuttavia, mentre i frutti surgelati mantengono buona parte del loro patrimonio nutrizionale (in quanto non subiscono processi di cottura), la frutta in scatola è alquanto impoverita. Va anche tenuto presente che la frutta in scatola è spesso in uno sciroppo denso, che ne fa aumentare in modo considerevole le calorie. A esempio, una pesca media fresca fornisce circa 40 calorie contro le 100 della stessa pesca sciroppata.
Frutta essiccata Un altro modo per conservare la frutta è lasciarla seccare al sole oppure in corrente di aria calda. Viene così eliminata gran parte dell’acqua, che passa da un contenuto iniziale compreso tra l’80 e il 90% ad un valore tra il 20 e il 30%. Come risultato, si ha una concentrazione delle vitamine (da 2 a tre volte)14, dei minerali e della fibra. Vi sono comunque alcuni inconvenienti. Disidratando la frutta, si concentrano anche gli zuccheri, cioè le calorie (da tre a cinque volte). Questo significa che il consumo di frutta essiccata deve essere moderato in soggetti sani ed evitato da diabetici. Inoltre, la frutta essiccata può essere stata trattata con prodotti chimici: è il caso dei solfiti o anidride solforosa per mantenere il colore. Tali prodotti possono determinare reazioni allergiche, soprattutto negli asmatici. Vanno quindi controllate attentamente le etichette per accertarsi che tali prodotti (E220 e correlati) non siano presenti.
Confronto tra le calorie fornite da frutta fresca e frutta essicata (100 grammi) Calorie nella frutta fresca
Calorie nella frutta essiccata
albicocche
47
266
banane
90
273
fichi
74
194
mele
54
282
pere
50
271
prugne
51
112
uva
72
280
14. Con eccezione della vitamina C che viene quasi totalmente ossidata nel corso della essiccazione; al contrario, i carotenoidi pro-vitaminici A si conservano bene, specialmente nelle albicocche essiccate, che con i loro 4,7 mg/etto rappresentano una delle migliori fonti di pro-vitamina A.
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Succhi di frutta
70
Succhi e spremute conservano buona parte dei nutrienti del frutto, ad eccezione della fibra. Ma, anche in questo caso, a condizione che succhi o spremute siano prontamente consumate. La vitamina C si altera all’aria ed il suo contenuto cala rapidamente. Ricordarsi poi che i succhi commerciali spesso non sono costituiti da solo succo, ma da quantità più o meno limitate di questo, da molta acqua e zucchero. Quindi, se proprio non si intende preparasi da sé spremute o succhi, è opportuno scegliere i prodotti etichettati “100% succo” e non miscele o drinks. Altrettanto importante è garantirsi che i prodotti siano pastorizzati, per non incorrere in possibili intossicazioni.
Cereali e derivati I cereali sono le specie vegetali della famiglia delle Graminaceae, i cui grani o cariossidi15 vengono impiegati per l’alimentazione. Grano, riso, mais, segale,
15. Le cariossidi sono composte da tre parti: la crusca, l’endosperma ed il germe. Alcune cariossidi, come quelle del riso e dell’avena, sono anche coperte da una sottile veste, la glumella, che viene rimossa mediante sbramatura. La crusca è lo strato esterno della cariosside e contiene circa l’80% della vitamina B3, circa il 40% della vitamina B2, il 66% dei minerali e, praticamente, tutta la fibra. Questa, in alcuni cereali, come frumento e mais, è del tipo insolubile (quella che aiuta a prevenire la stipsi), mentre in altri, come avena ed orzo, è del tipo solubile (quella che rallenta l’assorbimento di colesterolo e glucosio). I cereali integrali conservano la crusca, che viene invece eliminata nelle operazioni di macinazione. La maggior parte dei carboidrati complessi (amido) e delle proteine sono contenute nell’endosperma; fibra, minerali e vitamine B2 e B3 sono presenti solo in piccola quantità. Il germe è la parte più piccola della cariosside; contiene una buona quantità di acidi grassi poli-insaturi (olio di germe di grano, olio di mais, olio di riso) e, di conseguenza, viene rimosso durante la raffinazione per impedire irrancidimento. Il germe è relativamente ricco di vitamina E e di specifici polifenoli antiossidanti (gammaorizanolo del riso). La farina bianca consiste quasi interamente di endosperma macinato; quella integrale ha invece i tre componenti, cioè crusca, endosperma e germe, che vengono ricombinati dopo la macinazione (ad eccezione delle farine ottenute per macinazione a pietra).
71
avena, orzo sono i principali e, nell’insieme, coprono la maggior parte del fabbisogno calorico della popolazione mondiale. I cereali sono un’ottima fonte di carboidrati complessi e di proteine prive di grassi. È vero che le proteine dei cereali sono incomplete, cioè mancano di alcuni amminoacidi essenziali (lisina), di cui l’organismo ha bisogno per costruirsi le sue proteine. Tuttavia, è possibile superare questa carenza consumandoli con altri alimenti che contengono proteine complementari, come i legumi, piccole quantità di carne, uova, latticini… Esempi classici di queste combinazioni sono pasta e fagioli, riso e piselli, latte con fiocchi di cereali… Nel primo caso, i fagioli forniscono la lisina che manca alla pasta, e quest’ultima fornisce la metionina, amminoacido assente nei fagioli. I cereali integrali, cioè privati solo dei tegumenti duri indigeribili, forniscono significative quantità di vitamine B1, B2 e B3, di vitamina E, di ferro, zinco, selenio, magnesio, calcio e di fibra.
capitolo quattro
Alimenti di origine animale
CARNI
I
l consumo di carne fa parte di una dieta varia ed una sua esclusione comporta la perdita di una fonte eccezionalmente ricca di ferro, zinco, vitamine B3, B6 e B1216. Il ferro delle carni è del tipo meglio assorbito dall’organismo; si tratta di “ferro emico”, cioè legato ad una particolare struttura, detta eme. Il ferro dei vegetali è “non emico” e non viene assorbito altrettanto bene. A fronte di un assorbimento di circa il 15% per il ferro emico, solo il 4% di quello non emico è disponibile per l’organismo. La carne fornisce una buona parte del fabbisogno giornaliero di zinco. La vitamina B12 è fornita esclusivamente da alimenti di origine animale, quindi carne, uova, latticini. Infine, pollame e maiale contengono quantità rilevanti di vitamine B3 e B6. Ma il pregio principale della carne è quello di essere la migliore fonte di proteine sia per quantità che per qualità: le sue proteine sono complete, cioè contengono tutti gli amminoa16. Il ferro è essenziale per la formazione dell’emoglobina (sangue) e per la produzione di energia, ed il suo fabbisogno non sempre è soddisfatto (in particolare nelle donne di età 15-44 anni).
73
cidi di cui l’organismo ha bisogno, cosa che non avviene per legumi e cereali. La carne è quindi importante. Però, attenzione! Niente astinenza, ma moderazione. Infatti, è il consumo eccessivo che mette a rischio la salute, mentre un consumo moderato fornisce importanti quantità di nutrienti, senza aumentare i grassi ed il colesterolo della dieta.
Una porzione cotta Filetto di manzo
Calorie Proteine (g) Carboidrati (g) Grassi totali (g) Saturi (g) Colesterolo (mg) Potassio (mg)
74
Sodio (mg) Vitamina B1 (mg)
Una porzione di 80 grammi apporta più della metà delle proteine richieste giornalmente (l’altra metà va assunta da fonti vegetali, come legumi e cereali). Se la porzione è di carne rossa, la vitamina B12 è assicurata per il 100% del fabbisogno, le vitamine B2, B3, B6 e ferro per oltre il 10% e lo zinco per circa il 50%.
Scaloppina di vitello
183
136
25
24
0
0
8,5
4,0
3,4
1,6
76
88
331
331
55
52
-
-
Vitamina B2(mg)
0,2 (18%RDA)
0,3 (27%RDA)
Vitamina B3 (mg)
3,5 (23%RDA)
8,5 (56%RDA)
Vitamina B6 (mg)
0,4 (28%RDA)
0,3 (21%RDA)
Vitam. B12 (mcg)
2,3 (96%RDA)
1,0 (41%RDA)
Ferro (mg)
2,8 (35%RDA)
0,8 (10%RDA)
Zinco (mg)
5,3 (48%RDA)
2,6 (24%RDA)
Selenio (mcg)
-
-
Carne
di 80 grammi fornisce: Filetto di maiale
Petto di pollo senza pelle
Petto di tacchino senza pelle
140
140
115
24
26
26
0
0
0
4,1
3
0,6
1,4
0,9
0,2
67
72
71
372
218
248
48
63
44
0,8 (66%RDA)
-
-
0,3 (27%RDA)
-
-
4 (26%RDA)
12 (80%RDA)
6,4 (43%RDA)
0,4 (28%RDA)
0,5 (36%RDA)
0,5 (36%RDA)
0,5 (21%RDA)
0,3 (12%RDA)
0,3 (12%RDA)
1,3 (16%RDA) 2,2 (20%RDA) 41 (74%RDA)
0,9 (11%RDA) 23 (42%RDA)
1,3 (16%RDA) 1,5(13%RDA) 26 (47%RDA)
La carne è un muscolo, cioè un insieme di fibre muscolari cilindriche tenute insieme dal tessuto connettivo (collagene più elastina). È il collagene che produce la gelatina quando si lessa la carne. Il colore della carne non dipende dall’emoglobina (pigmento che rende rosso il sangue), ma da un altro pigmento rosso, la mioglobina, cui spetta il compito di immagazzinare l’ossigeno a livello muscolare. Più alto è il contenuto di mioglobina, più il muscolo è scuro. È il caso dei bovini, le cui carni sono più scure di quelle di maiale. Inoltre, i muscoli più sottoposti all’esercizio sono più scuri di altri meno usati. Ad esempio, le cosce del pollame sono più scure del petto o delle ali, perché questi animali stanno eretti o camminano a lungo e a stento volano.
75
Nel caso di carni bianche (una porzione di petto di pollo senza pelle), i fabbisogni di B12 e zinco sono coperti in modo più limitato (circa il 12%). Togliere la pelle è importante: si riducono le calorie della metà ed i grassi del 75%. Allo stesso risultato si arriva scegliendo tagli magri e ben sgrassati di altre carni. In conclusione, la carne entra a buon diritto nella dieta povera, a condizione che si seguano alcuni accorgimenti: consumare piccole porzioni (80 grammi) scelte tra i tagli magri e, comunque, privati di tutto il grasso visibile, alternare carni rosse con pollame (senza pelle), accompagnare la carne con contorni complementari (cereali, verdure, legumi), limitare il consumo di carni grasse ed insaccati a speciali occasioni, scegliere modi di cottura che non richiedono grassi (ai ferri, griglia…). A Chao et al., Meat consumption and risk of colorectal cancer, JAMA 2005; 293:172. JJ Wagenakers et al., Consumption of red or processed meat and risk factors of CHD, Eur J Clin Nutr 2007; Nov 14.
76
Carni del Consorzio AB Carni Le carni sono un alimento prezioso: non possono mancare in una dieta corCONSORZIO ALLEVATORI retta! Il loro consumo deve essere coCARNI BRESCIANE munque intelligente per goderne i benefici, cioè deve essere equilibrato e rispondente ai fabbisogni proteici che variano con età ed attività. Per questo motivo, la scelta deve orientarsi su carni che garantiscono caratteristiche nutrizionali e sensoriali di alta qualità, cioè su carni certificate ed etichettate. È il caso delle carni del Consorzio AB Carni che si distinguono, a parità di contenuto proteico, per una minore presenza di grassi saturi (circa la metà) e colesterolo (circa il 20% in meno). Sono quindi carni ottime, perché le loro proteine “nobili” sono accompagnate da minori quantità di componenti (grassi saturi e colesterolo) non proprio benefici! A questo si aggiungano la limitata perdita alla cottura, la sapidità e tenerezza.
77
PESCE
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Il pesce è una preziosa alternativa alle carni, in quanto ottima fonte di proteine con meno calorie e colesterolo. Un’eccezione è costituita dai gamberetti con i loro 170 mg di colesterolo per porzione di 80 grammi17 contro i circa 50 mg di un’eguale porzione di altro pesce ed i circa 75 mg di una stessa quantità di carne magra. L’aspetto comunque più interessante è che il pesce è povero di grassi saturi (abbondanti in carni e formaggi). Al loro posto, il pesce contiene acidi grassi poli-insaturi omega-3 (EPA e DHA); questi sono distribuiti in tutte le parti del pesce e non solo nella pelle e fegato, che vanno scartati, perché sono le sedi privilegiate di eventuali contaminanti. Diversamente dai grassi saturi (che sono poco benefici), gli omega-3 proteggono il sistema cardio-vascolare, limitando l’aggregazione piastrinica (il sangue rimane più fluido e scorre meglio nei vasi) e diminuendo i livelli di trigliceridi nel sangue. Inoltre, gli omega-3 aiutano a tener sotto controllo le risposte infiammatorie . Il pesce è una buona fonte delle vitamine B1, B5, B6, B12, D e dei minerali iodio, fosforo, ferro emico (cioè, facilmente assorbito), selenio, zinco e calcio. A seconda che sia pescato in fiumi, laghi e torrenti oppure in mare, il pesce vie-
17. Come le carni ed il pollame, il pesce perde parte del suo peso in seguito a cottura. Quindi, 80 grammi di pesce cotto corrispondono a circa 110 grammi di crudo.
ne distinto in pesce d’acqua dolce o salata. Trote, carpe, lucci, coregone, tinche, persico, anguille sono i più comuni pesci d’acqua dolce. Molto più numerosi sono pesci di mare, dal pesce azzurro (acciughe, alici, sgombri, sardine…) al tonno, pesce spada, merluzzo, sogliola, branzino, tonno, salmone ed altri ancora. Un’altra distinzione si basa sul contenuto in grassi: sono classificati “magri” i pesci che contengono meno del 5% di grassi, come trota, merluzzo, sogliola, branzino. Quando più del 5% del loro peso è costituito da grassi, i pesci sono grassi; i più consumati sono il salmone, le acciughe, le aringhe, gli sgombri, le sardine, le carpe, le anguille. Il consumo regolare di pesce (tre volte/settimana) determina una serie di effetti benefici: minore rischio di malattie cardiovascolari, minore incidenza di calo cognitivo negli anziani, minore rischio di dislipidemia, minore resistenza all’insulina e minore rischio di forme depressive. Purtroppo, il pesce può essere contaminato (metilmercurio, bifenili policlorurati…) e questo può generare dubbi sulla salubrità del consumo di pesce. Va tuttavia sottolineato che i benefici superano gli eventuali effetti avversi. Da ricordare che pesce spada, branzino, sgombro sono i più a rischio di contaminazione da mercurio, mentre tonno, salmone, gamberetti lo sono meno.
79 Attenzione alle capsule di olio di pesce. In primo luogo, possono costituire un veicolo concentrato di contaminanti ambientali (PCB; DDT; diossina, metalli pe-
Una porzione (80 grammi) di pesce cotto apporta: calorie
grassi totali
saturi
omega-3
colesterolo
sgombri
223
15
3,6
2,2
64
salmone
175
11
2,1
1,6
54
aringhe
173
9,9
2,2
1,4
66
trote
144
6,1
1,8
0,5
58
pesce spada
132
4,4
1,2
0,2
43
sogliola
100
1,3
0,3
0,2
54
89
0,7
0,1
0,1
47
merluzzo
santi, tra cui il mercurio). Inoltre, se assunto in quantità elevate, l’olio di pesce può fluidificare eccessivamente il sangue, con il rischio di aumentare il rischio di ictus e, in mancanza di un’adeguata quantità di vitamina E antiossidante, induce stress ossidativo (cioè, favorisce una sovrapproduzione di radicali liberi). Ma soprattutto, è poco probabile che assumendo olio di pesce si abbiano gli stessi effetti benefici derivanti dal consumo regolare (2-3 volte la settimana) di pesce. D Mozaffarian et al., Fish intake, contaminants and human health, JAMA 2006; 296:1885. JM Torpy et al., Eating fish: health benefits and risks, JAMA 2006; 296:1926. MA Beyound et al., Plasma n-3 fatty acids: the atherosclerosis risk communities study, Am J Clin Nutr 2007; 85:1103.
80
81
LATTE E PRODOTTI CASEARI Il latte e i vari prodotti caseari sono alimenti importanti, perché forniscono proteine di alta qualità che, nel caso di prodotti magri (latte scremato o parzialmente scremato e formaggi light), non sono impacchettate in grandi quantità di grassi, come avviene per le carni. Alle proteine del latte e derivati va anche riconosciuto il pregio di essere particolarmente ricche di lisina, il che fa di questi alimenti il complemento ideale per cereali, pane, prodotti da forno, che sono privi di questo amminoacido essenziale. Oltre alle proteine, il latte fornisce buone quantità di altri significativi nutrienti: calcio, vitamine A, D, B2 e B12, selenio, e il tutto senza eccedere in calorie, a condizione che sia scre-
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mato o parzialmente scremato. Una tazza (200 ml) di latte parzialmente scremato (1% di grassi) apporta 102 calorie a fronte di 8 grammi di proteine, 4,7 grammi di grassi totali, di cui 2,9 saturi (cioè, non proprio “buoni”), 300 mg di calcio (altamente biodisponibile) pari al 25% del fabbisogno giornaliero, 144 microgrammi di vitamina A (16% del fabbisogno), 0,4 mg di vitamina B2 (31% del fabbisogno), 0,9 microgrammi di vitamina B12 (37% del fabbisogno), 2,4 microgrammi di vitamina D (24% del fabbisogno) e 5,4 microgrammi di selenio (10% del fabbisogno). Il latte non è una fonte di vitamina C! Ne contiene poco più di 1 mg per 100 ml. Può invece essere una fonte di iodio (150 + 70 mcg/litro). Una certa fascia (5-10%) della popolazione ha problemi intestinali, come gonfiore, spasmi, diarrea, in seguito al consumo di latte. Questo non dipende dai grassi, perché il problema esiste anche in caso di consumo di latte scremato. La causa dei disturbi è dovuta alla cosiddetta intolleranza al lattosio o zucchero del latte. Infatti, le persone intolleranti mancano di un enzima intestinale, la lattasi, che scinde il lattosio nei due zuccheri che lo formano, il glucosio ed il galattosio, rendendoli così assorbibili dall’organismo. La lattasi viene prodotta in grande quantità durante l’infanzia, periodo in cui il latte è un alimento base, per poi diminuire con l’età. Yogurt e formaggi stagionati, in genere, sono meno problematici, perché hanno un contenuto minore di lattosio. Sono comunque disponibili diversi tipi di latte privi di lattosio o con un contenuto molto ridotto. Questi alimenti sono ottenuti sottoponendo il latte ad un trattamento preventivo con lattasi, che trasforma il lattosio nei due zuccheri predetti. È altresì disponibile latte arricchito con calcio e vitamina D3 oppure con acidi grassi omega 3, acido oleico e vitamina B9. Il latte con calcio e vitamina D3 rallenta il processo fisiologico di riassorbimento (cioè, perdita) dell’osso, processo che si accentua nelle donne in menopausa e nei maschi anziani. Il latte con omega 3, acido oleico e vitamina B9 riduce diversi fattori di rischio (trigliceridi, colesterolo totale e LDL, apolipoproteina B, omocisteina e glucosio) in soggetti con sindrome metabolica. ME Girelli et al., Milk represents an important source of iodine in schoolchildren in the Veneto region, Italy, J Endocrinol Invest 2004; 27:709. P Benito et al., Effects of milk enriched with omega-3 fatty acids, oleic acid and folic acid in patients with metabolic syndrome, Clin Nutr 2006; 25:581. PJ Huth et al., Major scientific advances with dairy foods in nutrition and health, J Dairy Sci 2006; 89:1207. M Pfeuffer et al., Milk and the metabolic syndrome, Obes Rev 2006; 8:109.
UOVA Le uova sono un’altra fonte (anche poco costosa) di proteine di alta qualità (circa 6 g/uovo) e di vitamine A (11% del fabbisogno giornaliero), B2 (20% del fabbisogno), B12 (21% del fabbisogno), D e selenio (28% del fabbisogno). Queste caratteristiche dovrebbero fare delle uova un alimento ideale, ma non è così: infatti, il tuorlo d’uovo fornisce circa i 2/3 del colesterolo ammesso giornalmente (cioè, 213 mg contro i 300 mg tollerati in persone sane)18. Questo significa che il consumo occasionale di uova (2 o 3 la settimana) non crea problemi in persone sane, a patto che l’introito complessivo giornaliero di colesterolo non superi i 300 mg. In pratica, il giorno in cui si mangia un uovo, bisogna astenersi o quasi da formaggi e carni. Se la persona ha una familiarità di colesterolo alto o è gia iperCalorie 76 colesterolemica, è meglio riProteine (g) 6 nunciare alle uova. O meCarboidrati (g) 1 glio, si può utilizzare il solo Fibra (g) 0 albume o bianco d’uovo, Grassi totali (g) 5 che è fatto di sole proteine. Calorie (47 delle 75 totali di Saturi (g) 1,6 un uovo), grassi e colesteroMonoinsaturi (g) 1,9 lo, come le vitamine ed i caPoli-insaturi (g) 0,7 rotenoidi luteina e zeaxantiColesterolo (mg) 213 na (protettivi dell’occhio) Potassio (mg) 61 sono concentrati nel tuorlo.
Un uovo fornisce:
A Haugh et al., Bovine milk in human nutrition, Lipids in Health and Disease 2007; 6:25.
Sodio (mg)
63
Vitamina A (mcg)
96 (11% RDA)
Vitamina B2 (mg)
0,3 (27% RDA)
Vitamina B12 (mcg)
0,5 (21% RDA)
Selenio (mcg)
15 (27% RDA)
18. Va pure ricordato che più del colesterolo assunto con la dieta, sono i grassi saturi ad elevare i livelli del colesterolo del sangue (si tratta del colesterolo endogeno, che deriva dai grassi saturi). Le uova non sono una fonte importante di grassi saturi. Un uovo contiene circa 5 grammi di grassi totali, di cui solo 1,6 saturi. In confronto, 60 grammi di formaggio (a seconda del tipo) contengono da 5 a 10 grammi di grassi totali, di cui la metà saturi.
83
INTOSSICAZIONI ALIMENTARI Le intossicazioni alimentari sono causate da batteri, virus ed altri microrganismi presenti nell’ambiente. In genere, i batteri sono in grado di moltiplicarsi facilmente e, a tal fine, hanno bisogno di nutrimento e di un ambiente adatto (umido e caldo). Tra gli alimenti, quelli di origine animale, cioè carni, uova, pollame e pesce, sono i più soggetti a contaminazione batterica. Tuttavia, i batteri possono facilmente “passare” al cibo anche da utensili usati in cucina e dalle stesse mani delle persone. I batteri possono trovarsi all’interno del cibo (carne o pesce), sulla sua superficie (uova ed ortaggi) oppure derivare da acqua infetta, da feci animali… I posti privilegiati dai batteri sono spugne, taglieri ed utensili in legno, asciugapiatti, sifoni… I batteri maggiormente coinvolti in intossicazioni alimentari sono:
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Bacillus botulinum, botulino, il quale produce una tossina che si sviluppa nelle vivande preparate e conservate in modo improprio. Verdure, sughi, conserve in scatola o in barattolo di vetro, se sono state preparate senza utilizzare aceto19, non sono state pastorizzate e sono mal conservate, possono sviluppare botulino. Anche i salumi possono essere contaminati. In realtà, i casi di botulismo sono rari, anche se gravi. Clostridium perfringens. Sono batteri che crescono dove c’è poco o niente ossigeno. Vivande in casseruola, stufati, sughi sono i cibi più esposti. Per questo, vanno mantenuti a temperature non inferiori ai 60°C per impedirne la contaminazione. Escherichia coli. È un batterio che vive normalmente nell’intestino umano ed animale. Molti tipi di E. coli sono innocui; tuttavia, un tipo, l’E. coli 0157:H7 può produrre una tossina e causare intossicazione. Le carni, soprattutto quelle crude o poco cotte, il latte e gli ortaggi sono i possibili veicoli. Listeria monocytogenes. Questi batteri si trovano nel latte, formaggi teneri, carni, pollame e verdure. Possono crescere lentamente anche al freddo (cibi conservati troppo a lungo in frigorifero). Salmonella. La famiglia Salmonella comprende circa 2000 tipi di batteri, ma solo dieci sono responsabili di intossicazioni. Possono essere presenti in nu19. L’acidità come il calore (ebollizione) distruggono il botulino.
merose vivande, ma le più interessate sono pollame, carni, uova e latte non pastorizzato. La salmonellosi è la più comune intossicazione alimentare. Staphylococcus. Questi batteri sono veicolati dall’uomo (infezioni della pelle e delle vie respiratorie) e i normali metodi di cottura non ne degradano le tossine. Per questo, è importante l’igiene personale in cucina. Oltre a seguire norme igieniche di base, vi sono alcune indicazioni utili per limitare il rischio di intossicazioni da alimenti. 1. Non mangiare carni, pollame, pesce, uova “crude”. Questi alimenti vanno cotti nella loro interezza (almeno a 75°C) per uccidere eventuali batteri. 2. Cucinare porzioni “misurate” da consumare in una sola volta. Eventuali rimanenze vanno conservate in frigorifero e scaldate a 75° prima del consumo (comunque, entro tempi brevi). Nel dubbio, non rischiare!
85 3. Lavare con acqua saponata calda gli utensili usati per carni e pesce e preferire taglieri non porosi (il legno, anche se bello, non è l’ideale).
PERSONE MAGGIORMENTE A RISCHIO
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Ognuno è soggetto a possibili intossicazioni alimentari; comunque, vi sono alcune fasce di popolazione che, per il loro stato fisiologico o perché malate, sono più vulnerabili oppure più danneggiate. Gli anziani sono una categoria a rischio. Con l’avanzare dell’età, diminuisce la produzione di acido da parte dello stomaco e, così, diminuisce anche la capacità di stroncare eventuali batteri. Anche i reni funzionano meno bene con il risultato di una minore eliminazione di tossine. Le donne in attesa devono essere molto attente, perché un’eventuale intossicazione può provocare danni al nascituro, che non ha ancora un sistema immunitario completamente sviluppato e, quindi, non può combattere in modo efficiente i batteri. Le intossicazioni alimentari possono causare aborto spontaneo e parto prematuro. Negli infanti e nei bambini le intossicazioni alimentari possono causare infezioni del tratto urinario ed insufficienza renale. Le persone con minori difese immunitarie (in conseguenza di malattie degenerative, diabete, chemioterapia...) sono più esposte ad intossicazioni da alimenti, e gli interventi necessari in caso di intossicazione possono interferire con le terapie già in corso. Questo vale anche per i soggetti in cura per disturbi cronici.
capitolo cinque
Alimenti e bevande più comuni: profili nutrizionali ACQUA L’acqua è essenziale per la vita: è impossibile astenersi dal bere acqua per più di due giorni. Al contrario, si può digiunare anche per alcune settimane, a condizione che si beva in abbondanza. L’acqua rappresenta circa l’80% del peso corporeo di un neonato e tende a diminuire con l’età; in un adulto è circa il 65 % e negli anziani tende a diminuire ancora20. L’acqua è un componente base dei liquidi corporei dalla saliva all’urina e dei tessuti: il sangue è costituito per l’83% da acqua, i muscoli lo sono per il 76% e le ossa per il 22%. L’acqua è un costituente essenziale del liquido cerebro-spinale, del liquido oculare e sinoviale e delle secrezioni degli apparati gastro-intestinale e genito-urinario. L’acqua è fondamentale per le reazioni chimiche della digestione (idrolisi) di carboidrati, proteine e grassi. Provvede a mantenere entro valori normali la temperatura corporea; infatti, l’eccesso di calore prodotto dalla combustione degli 20. Negli anziani il sistema di regolazione del bilancio idrico del corpo diviene meno sensibile, per cui spesso non bevono a sufficienza incorrendo in disidratazione.
89
90 Non è vero che l’acqua vada bevuta fuori dai pasti. Un’adeguata quantità (non oltre mezzo litro) è utile per favorire i processi digestivi. L’acqua gassata non fa male, anzi l’anidride carbonica ne migliora la conservabilità. L’acqua non fa ingrassare né provoca ritenzione idrica (è il sale che la provoca!). Il calcio presente nell’acqua viene assorbito bene dal nostro organismo e non favorisce la formazione di calcoli renali, anzi la contrasta. I sali contenuti nell’acqua favoriscono l’eliminazione di quelli contenuti in eccesso nell’organismo.
alimenti viene eliminato mediante un costante meccanismo di evaporazione dell’acqua attraverso la pelle. L’acqua serve a veicolare nutrienti, ormoni, composti attivi a tutte le cellule e ad eliminare le scorie metaboliche attraverso reni, polmoni e pelle. Infine, l’acqua è importante per la lubrificazione delle articolazioni . Il bisogno quotidiano di liquidi in un adulto è stimato in circa 2,5 litri, di cui uno proviene dalle vivande ed il restante litro e mezzo deve essere assunto con bevande. Ovviamente, l’acqua è la bevanda di elezione. Ma quale acqua? Quella in bottiglia o da rubinetto? Molti ritengono che l’acqua in bottiglia sia più sicura e salutare dell’acqua di rubinetto. Sicuramente, vi sono acque minerali che hanno “caratteristiche igieniche particolari e proprietà favorevoli per la salute” per la presenza di particolari sali minerali ed oligoelementi. Ma è anche vero che l’acqua di rubinetto può essere altrettanto sicura e salutare. Infatti, l’acqua di rubinetto proviene da un sistema municipale che ne controlla la qualità e la salubrità, per cui non vi è motivo di trascurarla a favore di acque in bottiglia, che, a pari grado di sicurezza, sono molto più costose. Inoltre, parecchie acque minerali sono carenti di fluoro, minerale importante per i denti e le ossa. Né va dimenticato che tonnellate di plastica vengono prodotte per fare bottiglie per l’acqua, con un impatto negativo sull’ambiente.
AGRUMI: NON SOLO VITAMINA C! Gli agrumi, arance mandarini, mandaranci, pompelmi, limoni, arancio amaro, bergamotto, cedro, lime sono una fonte di nutrienti diversi, come di seguito precisato. Vitamina C Contenuto medio: circa 60 mg/100 g [peso di un’arancia media] = pari alla RDA Le funzioni principali della vitamina C sono: facilita l’assorbimento del ferro, favorisce la formazione del tessuto connettivo, stimola le difese immunitarie, cattura i radicali liberi (forte antiossidante) . Beta-carotene = pro-vitamina A Un’arancia fornisce circa l’8% della RDA di vitamina A, essenziale per la vista, la crescita e divisione cellulare e per le difese immunitarie. Acido folico e vitamina B1 (vitamine del gruppo B) Un frutto fornisce circa il 10% della RDA di queste due vitamine. L’acido folico previene la spina bifida (chiusura parziale del tubo neurale nei neonati) e disturbi aterosclerotici. La vitamina B1 aiuta a trasformare il glucosio in energia ed è importante per la funzione nervosa e cardiaca. Composti polifenolici (circa 100 mg/100 g di frutto), tra cui flavanoni (naringenina e esperitina) e antociani (arance sanguinelle). Sono antiossidanti, vasoprotettivi e mantengono l’equilibrio lipidico. In particolare, diminuiscono (in soggetti iperlipemici) di circa il 20% il colesterolo totale, quello-LDL e i trigliceridi. Calcio Circa 50 mg/100 g di frutto. Buona fonte di calcio. Potassio /Sodio Potassio: circa 200 mg/100 g di frutto Sodio: circa 1 mg/100 g di frutto Ideale per diete iposodiche.
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Pectina Circa 1,7 g/100 g di prodotto La pectina è una fibra solubile, che dà senso di sazietà e rallenta l’assorbimento di zuccheri (glucosio) e lipidi (colesterolo). Sinefrina Circa 2,3 mg/100 g di spremuta (arancia Navel) Aiuta a bruciare i grassi (termogenico). Oli essenziali Presenti nella buccia e nei fiori, hanno proprietà carminative (anti-gonfiore addominale) e aromatiche. Zuccheri Circa 17 g/100 g di prodotto. Proteine Circa 0,9 g/100 g di prodotto. Grassi Praticamente zero. Calorie Poche: circa 50 kcal/100 g di prodotto. Usi ottimali A colazione: spremuta da bere appena preparata per conservare la vitamina C. Come spezza-fame: cercando di non eliminare la parte bianca (fibra) del frutto Prima dei pasti: per stimolare la secrezione dei succhi gastrici (da qui la controindicazione per chi soffre di ulcera gastrica). Infusi della buccia e dei fiori per favorire la digestione (effetti carminativi, cioè anti-gonfiore dovuti agli oli essenziali) e come blandi rilassanti. I mandarini sono altrettanto ricchi di nutrienti e contengono i carotenoidi betacarotene, beta-criptoxantina, luteina e zeaxantina. I pompelmi bianchi, rosa e rossi sono una buona fonte di pectina e vitamina C. Inoltre, i frutti rosa contengono beta-carotene, mentre quelli rossi hanno licopene. Ai pompelmi è attribuita la capacità di ridurre l’assorbimento dei grassi e aver un effetto ipoglicemico. I pompelmi contengono composti che aumentano la biodisponibilità, cioè la quota assorbita dall’organismo dopo assunzione orale, di alcuni farmaci calcio-antagonisti (nifedipina,verapamil) usati per il controllo della pressione arteriosa. Se questi farmaci sono assunti insieme a spremute di pompelmo o pompelmo, le loro concentrazioni plasmatiche aumentano in modo significativo e si possono avere bruschi sbalzi pressori.
Y Nogata et al., Flavonoid composition of fruit tissues of Citrus species, Biosci Biotechnol Biochem 2006; 70:178. S Gattuso et al., Flavonoid glycosides in bergamot juice, J Agric Food Chem 2006; 54:3929. RW Li et al., Citrus polymethoxylated flavones improve lipid and glucose homeostasis and modulate adipocytokines, Life Sci 2006; 79;365. UJ Jung et al., Effects of citrus flavonoids on lipid metabolism and glucose-regulating enzyme mRNA levels in type 2 diabetic mice, Int J Biochem Cell 2006; 38:1134. C Gardana et al., Flavanone plasma pharmacokinetics from blood orange juice in human subjects, Brit J Nutr 2007; 98:165. N Miceli et al., Hypolipidemic effects of citrus bergamia (bergamot), J Agric Food chem 2007; 55:10671. SM Jeon et al., Hypocholesterolemic and antioxidant effects of naringenin and its two metabolites in high-cholesterol fed rats, Trans Res 2007; 149:15. JM Roza et al., Effect of citrus flavonoids and tocotrienols on serum cholesterol levels in hypercholesterolemic subjects, Alternat Ther Health Med 2007; 13:44.
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ALBICOCCHE Frutti originari della Cina, hanno un colore dorato intenso per la presenza di carotenoidi, specialmente beta-carotene, che nell’organismo si trasforma in vitamina A. Sono anche discrete fonti di vitamina C, fibra e potassio. Quando le albicocche vengono seccate, perdono la maggior parte della vitamina C e diventano una fonte concentrata di beta-carotene, fibra, potassio e ferro. Anche il loro apporto calorico aumenta, essendo cresciuto il contenuto di carboidrati. Per preservare il colore arancione, le albicocche essiccate vengono trattate con anidride solforosa (E 220). Questa può causare in soggetti sensibili reazioni allergiche anche gravi. Le albicocche non trattate sono brune e non arancioni.
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D Ruiz et al., Carotenoids from apricot varieties, J Agric Food Chem 2005; 53:6368.
Tre albicocche fresche forniscono: Calorie
50
Proteine (g)
2
Carboidrati (g)
12
Fibra (g)
2,5
Grassi totali (g)
0,4
Saturi (g)
0
Colesterolo (g)
0
Potassio (mg)
311
Sodio (mg)
0
Beta-carotene (mg)
1,6
Vitamina C (mg)
11 (12% RDA)
ANANAS Come il melone, l’ananas non ha riserva d’amido che possa trasformarsi in zuccheri semplici. Infatti, l’amido è presente nel gambo della pianta e, solo poco prima che il frutto maturi, viene convertito in zuccheri, che passano nel frutto. Per questa ragione, l’ananas viene colto solo al momento della quasi completa maturazione per garantirne la dolcezza ed il sapore gradevole. Dopo la raccolta, il frutto non diventa più dolce e, lasciato troppo a sé, si altera. L’ananas è un dessert ideale; è poco calorico, aromatico, rinfrescante ed anche parzialmente digestivo. Quest’ultima proprietà è dovuta alla presenza nell’ananas di bromelina, enzima proteolitico, cioè che scinde le proteine. Questo spiega l’uso dell’ananas fresco (l’ananas in scatola o quello dei succhi pastorizzati non ha più enzima) per intenerire le carni ed il pollame. I nutrienti più significativi dell’ananas sono le vitamine C e B1. La bromelina è costituita da una miscela di enzimi proteolitici con attività antiinfiammatoria, il che può spiegare gli effetti benefici descritti in modelli animali di infiammazione (artrite e malattie infiammatorie intestinali).
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Una tazza di pezzetti d’ananas (100 g) fornisce: Calorie
76
Proteine (g)
1
Carboidrati (g)
19
Fibra (g)
1,9
Grassi totali (g)
0,7
Saturi (g)
0
Colesterolo (g)
0
Potassio (mg)
175
Sodio (mg)
2
Vitamina B1 (mg)
0,14 (12% RDA)
Vitamina C (mg)
24 (27% RDA)
LP Hale et al., Proteolitic activity and immunogenicity of oral bromelain within the gastrointestinal tract, Int Immunopharmacol., 2004; 4:255. LP Hale et al., Oral immunogenicity of the plant proteinase bromelin, Int Immunopharmacol 2006; 6:2038.
BANANE
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Le banane sono uno spuntino ideale per ricaricarsi, perché contengono meno acqua di molti altri frutti ed hanno un buon contenuto in carboidrati. Le banane forniscono quantità sostanziali di potassio, minerale che viene perso in corso di attività fisica ed importante per mantenere l’equilibrio salino del corpo. Il potassio è anche richiesto per la regolazione del battito cardiaco e della pressione sanguigna (nelle persone anziane può aiutare a prevenire il rischio di infarto). Le banane sono un’eccellente fonte di vitamina B6 ed, un po’ meno, di vitamina C. Le banane di colore giallo-arancio contengono piccole quantità di beta carotene, carotenoide precursore della vitamina A. Infine, forniscono pectina, una fibra solubile che dà senso di sazietà e rallenta l’assorbimento di grassi saturi, colesterolo e glucosio. Il sapore e la consistenza delle banane dipendono dal grado di maturazione. Nelle banane verdi (non mature) i carboidrati sono sotto forma di amido, che si trasforma in zuccheri semplici quando i frutti maturano, diventando gialli, dolci, soffici e cremosi. Le banane verdi sono dure, astringenti e di difficile digestione. Un consiglio: le banane verdi non vanno poste in frigorifero; il freddo interrompe il ciclo di maturazione, che non riprende quando le banane sono riportate a temperatura ambiente. BL Blades, Bananas and plantains as a source of provitamin A, Asia Pac J Clin Nutr 2003; 12:S36. L Engelberger et al., Carotenoid content and flesh color of selected banana cultivars, Food Nutr Bull 2006; 27:281.
Una banana media fornisce:
Calorie
110
Proteine (g)
1
Carboidrati (g)
28
Fibra (g)
2,8
Grassi totali (g)
0,6
Saturi (g)
0,2
Colesterolo (g)
0
Potassio (mg)
467
Sodio (mg)
1
Vitamina B6 (mg)
0,7(43% RDA)
Vitamina C (mg)
11 (12% RDA)
BROCCOLI/CAVOLFIORI/CAVOLI Nativi del Mediterraneo, i broccoli sono sicuramente i più ricchi di nutrienti tra i vegetali delle Crucifere, le quali comprendono anche cavolfiori21, cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolini di Bruxelles, crescione. I broccoli apportano vitamina C, diverse vitamine del gruppo B, vitamina K, alcuni carotenoidi (beta carotene e luteina), i minerali potassio, ferro e selenio. Per non parlare della fibra. Nei broccoli sono presenti anche diversi polifenoli (quercetin e kaempferol-derivati) dalle caratteristiche antiossidanti e glucosinolati chemiopreventivi. La cottura convenzionale (ebollizione in acqua in pentola aperta o sotto pressione) dei broccoli comporta una riduzione delle vitamine C e B6, dei minerali,
Una tazza di vegetale cotto fornisce: broccoli
verza
Calorie
44
22
24
29
Proteine (g)
5
1
1
2
Carboidrati (g)
8
5
5
5
Fibra (g)
4,7
2,1
1,8
3,3
Grassi totali (g)
0,6
0,2
0,2
0,6
Saturi
0,1
0
0
0,1
Colesterolo (g)
0
0
0
0
Potassio (mg)
505
219
183
176
Sodio (mg)
42
16
10
19
-
-
Beta-carotene (mg) 1,4 Vitamina C (mg)
-
Vitamina B6 (mg) 0,2 (16% RDA)
-
Ferro (mg)
-
55 (61%RDA)
-
-
0,2 (16% RDA)
94 (24%RDA) 38 (10% RDA) 1,4 (18% RDA)
Cavolfiore
-
123(137% RDA) 29 (32% RDA) 51 mg (57% RDA)
Vitamina B2 (mg) 0,2 (18% RDA)
Folato (mcg)
Cavolo rosso
55 (14%RDA) -
-
21. I cavolfiori differiscono dai broccoli perché formano una testa compatta di gemme fiorali non sviluppate, mentre i broccoli si aprono verso l’esterno con mazzetti di fiori.
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dei polifenoli e dei glucosinolati. Minori perdite si hanno con cottura rapida a vapore (cuocendo separatamente foglie e stelo dalla parte fiorita più tenera)22. Anche verza e cavoli sono buone fonti di vitamine del gruppo B, tra cui l’acido folico o folato, vitamina C, potassio e fibra. G Rouzaud et al., Hydrolysis of glucosinolates to isothiocyanates after ingestion of raw or microwaved cabbage by human volunteers, Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2004; 13:125. DA Moreno et al., Chemical and biological characterisation of nutraceutical compounds of broccoli, J Pharm Biomed Anal 2006; 41:1508. ME Cartea et al., Seasonal variation in glucosinolate content in Brassica crops , Phytochemistry 2007 Sept 21. V Rungapamestry et al., Effect of meal composition and cooking on the fate of sulforaphane following consumption of broccoli by healthy subjects, Brit J Nutr 2007; 97:644.
98
22. Le Crucifere dovrebbero essere consumate nella loro interezza, perché tutta la pianta è ricca di nutrienti e, per quanto è possibile, crude.
Contenuto di caffeina in mg CAFFÈ
Una tazzina di caffè
80
Una tazza di tè
40-60
Il caffè non ha un particolare Un bicchiere di Coca Cola 35-55 valore nutrizionale. La sua faUna tazza di cioccolato 15-30 ma è dovuta alla funzione di tonico nervino. Questo effetto si deve alla caffeina (1, 3, 7-trimetilxantina), sostanza naturale che agisce da blando stimolante. Il contenuto di caffeina in una tazzina o tazza di caffè dipende da diversi fattori, tra cui la varietà di caffè e suo luogo di coltivazione, il tipo di tostatura23, la finezza di macinazione, il modo di preparazione (espresso, con filtro a percolazione)… Una tazzina di espresso contiene circa 80 mg di caffeina; più alto è il contenuto di un caffè lungo o americano, normalmente servito in tazza. Gli effetti della caffeina variano da persona a persona. Il suo consumo giornaliero in persone sane ed adulte non dovrebbe superare i 3-4 mg/kg di peso corporeo; quindi, una persona di 70 kg dovrebbe assumerne 210-280 mg/giorno, tenendo conto che, oltre al tè, anche il cioccolato ed alcune bevande gassate contengono caffeina. In generale, il consumo quotidiano di 2-3 tazzine di caffè non pone problemi in persone sane ed adulte. Se il consumo è superiore, possono iniziare le complicazioni più o meno gravi, che includono nervosismo, insonnia, battito cardiaco irregolare ed accelerato, aumento della secrezione acida nello stomaco, aumento dei livelli plasmatici di omocisteina e di colesterolo (con maggior rischio di aterosclerosi). Il consumo moderato di caffè non ha effetti negativi sulla funzione endoteliale nè induce fattori pro-infiammatori (proteina C-reattiva). Anzi, pare abbia un effetto protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari e del diabete tipo 2.
23. La tostatura del caffè è un procedimento che, se troppo spinto, può portare alla formazione di benzopirene, idrocarburo aromatico cancerogeno.
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Le virtù di due-tre tazzine di caffè al giorno
100
Il caffè è una delle bevande più frequentemente consumate, e la caffeina una delle sostanze più studiate. Ma quale relazione c’è tra consumo di caffè (e più in generale di caffeina, che è presente anche nel tè ed in alcune bevande) e la salute? E questo soprattutto in relazione a specifici problemi,come i disturbi cardio-vascolari, il diabete tipo 2 e il cancro del colon-retto? Numerosi studi confermano che il consumo moderato di caffè, cioè due–tre tazzine al giorno, non ha effetti negativi sulla salute della maggior parte delle persone. In particolare, non vi è impatto negativo sulla pressione sanguigna (se non un temporaneo e piccolo aumento in persone che lo consumano solo occasionalmente). Questo vale per le persone normotese; la cautela è invece d’obbligo in soggetti ipertesi, specialmente se anziani. Il consumo moderato di caffè è associato ad un minor rischio di tumori al colon-retto ed alla vescica, di calcoli biliari, di morbo di Parkinson, di cirrosi e di diabete tipo 2 (non insulino-dipendente). Inoltre, il caffè contribuisce alle difese antiossidanti, cioè collabora a tenere sotto controllo i radicali liberi. Tutto questo vale a condizione che il caffè venga consumato nella misura di 2-3 tazzine al giorno e, sempre, in persone sane. Se si eccede, cominciano i guai. I più accertati riguardano il sistema cardio-vascolare: aumentano i livelli di colesterolo e di omocisteina (entrambi fattori di rischio aterosclerotico). Un dato interessante riguarda la combinazione caffè-fumo. Sigaretta e tazzina di caffè insieme esercitano un effetto di somma negativo sull’aorta (ne riducono l’elasticità). Quale dei due scegliere? Sicuramente beviamo la tazzina, e lasciamo da parte la sigaretta.
Va comunque precisato che, rispetto ad un moderato (fino a tre tazzine /giorno) consumo, l’astinenza da caffè è associata ad un minor rischio ipertensivo. Infine, non pare che il caffè abbia effetti negativi sul tessuto osseo, al contrario del fumo che invece ne provoca la diminuzione. E Lopez-Garcia et al., Coffee consumption and markers of inflammation and endothelial dysfunction in healthy and diabetic women, Am J Clin Nutr 2006; 84:888. D Demirbag et al., Effects of coffee consumption and smoking habit on bone mineral density, Rheumatol Int 2006; 26:530. M Westerterp-Plantega et al., Metabolic effects of spices, teas and caffeine, Physiol Behavior 2006; 89:85. H Iso et al., The relationship between green tea, coffee and risk for type 2 diabetes among Japanese adults, Ann Int Med 2006; 144;554. JA Greenberg et al., Coffeinated beverage intake and the risk pf heart disease mortality in the elderly, Am J Clin Nutr 2007; 85:392. SPM Cuno et al., Coffee intake and incidence of hypertension, Am J Clin Nutr 2007; 85:718.
101
CARCIOFO Virtualmente privi di grassi, i carciofi sono una buona fonte di ferro, potassio, magnesio e, un po’ meno, di vitamina C e folato. Ma, soprattutto, forniscono apprezzabili quantità di fibra. Un carciofo medio ne fornisce ben 6,5 grammi.
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Il carciofo è ben conosciuto come pianta alimentare, mentre lo è meno come pianta medicinale. Del carciofo si usano a scopi medicinali le foglie, che contengono acidi caffeolchinici (tra cui, la cinarina), principi amari (cinaropicrina) e flavonoidi (luteolina). Il carciofo vanta un uso tradizionale come rimedio efficace nel favorire i processi digestivi, con particolare riguardo per la funzione epato-biliare. Tale uso tradizionale ha trovato conferma in diversi studi condotti negli ultimi anni, che permettono di concludere che il carciofo ha proprietà: coleretiche (stimola la produzione della bile, fattore indispensabile per la digestione dei grassi);
Un carciofo medio cotto fornisce: Calorie
60
Proteine (g)
4
Carboidrati (g)
13
Fibra (g)
6,5
Grassi totali (g)
0,2
Saturi (g)
0
Poli-insaturi (g)
0,1
Colesterolo (g)
0
Potassio (mg)
425
Sodio (mg)
114
Magnesio (mg)
72
Ferro (mg)
1,6 (20% RDA)
Vitamina C (mg)
11 (12% RDA)
Folato (mcg)
61 (15% RDA)
ipolipemiche, cioè riduce i livelli di colesterolo (ne impedisce la sintesi endogena) e di trigliceridi; epatoprotettive, dovute in parte al potere antiossidante dei costituenti. Secondo le monografie fitoterapiche ufficiali, il carciofo è soprattutto indicato in caso di dispepsia (digestione difficile), con sintomi di nausea, vomito, costipazione, meteorismo, colon irritabile (studi multicentrici su centinaia di pazienti) e disordini dell’appetito… Data la sua attività coleretica e blandamente diuretica, è anche un valido depurativo. Tale azione è rafforzata dal tarassaco e dalla camomilla (carminativo, cioè anti spasmi intestinali ed anti gonfiore). Il carciofo è utile per prevenire o limitare il rischio aterosclerotico. Diversi studi descrivono una riduzione dei livelli di colesterolo totale e cattivo (LDL-colesterolo) e dei trigliceridi. La riduzione è mediamente nell’ordine del 10% per il colesterolo cattivo (quello buono non viene alterato) e del 5% per i trigliceridi. Come il cardo mariano (erba della stessa famiglia del carciofo, cioè le Asteraceae), il carciofo ha proprietà epatoprotettive, soprattutto nei confronti dei danni ossidativi (radicali liberi) al fegato. R Gebhardt, Inhibition of cholesterol biosynthesis in HepG2 cells by artichoke extracts is reinforced by glucosidase pretreatment, Phytother Res 2002; 16:368. T Saenz-Rodriguez et al., Choleretic activity and biliary elimination of lipids and bile acids by an artichoke leaf extract, Phytomedicine 2002; 9:687. D Zapolska-Downar et al., Protective properties of artichoke against oxidative stress, Life Sci 2002; 71:2897. G Holtmann et al., Efficacy of artichoke leaf extract in the treatment of patients with functional dyspepsia: a six-week placebo-controlled, double-blind, multicentre trial, Aliment Pharmacol Ther 2003; 18:1009. PG Pietta, A Pietta, Fitomedicine dalla A alla Z, GMR Ricchiuto Editore, 2008.
103
CAROTE
104
Poco caloriche e pressoché prive di grassi, le carote forniscono fibra, potassio, ferro, vitamina B6 e quantità eccezionali di beta-carotene. Le carote sono la fonte principale di questo carotenoide, che rappresenta una riserva sicura di vitamina A, in cui viene trasformato al bisogno. Altri carotenoidi presenti nelle carote sono l’alfa-carotene e la luteina. Più è intenso il colore arancione delle carote, più carotenoidi sono presenti. Alla fibra solubile delle carote, il calcio pectato, è riconosciuta la capacità di legare gli acidi biliari, sottraendoli al circolo. Questo determina una conseguente diminuzione di colesterolo, che viene consumato per riformare acidi biliari. Il consumo di quantità eccessive e per diversi giorni di carote può far aumentare il contenuto di pigmenti carotenoidici nella pelle, con il risultato che questa ingiallisce. Questa situazione non è pericolosa e si ritorna alla normalità appena il consumo di carote viene ridotto. Per aumentare la biodisponibilità Calorie 70 dei carotenoidi, le carote (come Proteine (g) 2 altri vegetali ricchi di carotenoiCarboidrati (g) 16 di, ad es. pomodori o peperoni) Fibra (g) 5,2 vanno cucinate o consumate con Grassi totali (g) 0,3 olio extra vergine di oliva. I caroSaturi (g) 0 tenoidi sono solubili nei grassi e, Colesterolo (g) 0 pertanto, l’olio ne facilita l’assorPotassio (mg) 354 bimento da parte dell’organismo.
Una tazza di carote cotte fornisce:
R Garcia-Closas et al., Dietary sources of vitamin C, vitamin E and specific carotenoids in Spain, Brit J Nutr 2004; 91:1005.
Sodio (mg)
104
Beta-carotene (mg)
17
Vitamina B6 (mg)
0,4 (29% RDA)
Ferro (mg)
1 (13% RDA)
CILIEGIE Le ciliegie per il loro basso contenuto calorico e ricchezza in nutrienti e sapore sono un dessert ideale. Il loro colore intenso è dovuto alla presenza delle antocianine24, pigmenti vegetali con grande capacità antiossidante. Altri due antiossidanti presenti (se pur in modeste quantità) nelle ciliegie sono la vitamina C ed il beta-carotene. La fibra in esse contenute è del tipo solubile (pectina), che dà senso di sazietà e questo rende le ciliegie un buon spezzafame. Le ciliegie sono un’ottima fonte di potassio. Le ciliegie acidule (amarene) hanno un minor contenuto di carboidrati (19 grammi/tazza) e quindi sono meno caloriche (78 calorie/tazza). Inoltre, contengono più vitamina C e beta-carotene. (100 g) Il consumo di ciliegie (280 Calorie 104 g/giorno) per circa un mese ha Proteine (g) 2 determinato una riduzione di Carboidrati (g) 24 markers infiammatori, tra cui Fibra (g) 3,3 la proteina C-reattiva e l’ossiGrassi totali (g) 1,4 do di azoto da macrofagi (celSaturi (g) 0,3 lule immunitarie che “mangiano” gli invasori dopo averColesterolo (g) 0 li distrutti) attivati. Tali effetti Potassio (mg) 325 sono interessanti e possono esSodio (mg) 0 sere benefici in condizioni Beta-carotene (mg) 1,1 pre-infiammatorie lievi e negli Vitamina C (mg) 11 mg (12% RDA) anziani. Un’altra attività atIdrossicinnamati (mg) 70 tribuita alle ciliegie è relativa Antocianine (mg) 35 agli effetti neuroprotettivi.
Una tazza senza nocciolo fornisce:
Catechine (mg) 21 D Kim et al., Sweet and sour cherry phenolics and their protective effects on neuronal cells, J Agric Food Chem 2005; 53:9921. DS Kelley et al., Consumption of big sweet cherries lowers circulating concentrations of inflammatory markers in healthy men and women, J Nutr 2006; 136:981.
24. Le antocianine appartengono alla grande famiglia dei flavonoidi e sono pigmenti presenti in molti vegetali, cui conferiscono un intenso colore. Frutti di bosco, uva nera, arance rosse, melanzane, alcune varietà di cipolle… sono alcuni esempi. Le antocianine sono assorbite a livello intestinale, entrano in circolo e svolgono un’azione antiossidante protettiva dei vasi sanguigni.
105
CIOCCOLATO
106
Il cioccolato viene ottenuto dai semi della pianta Teobroma cacao. Il nome di cioccolato è di origine Atzeca e significa “acqua amara”, con riferimento alla bevanda estremamente amara che gli Atzechi preparavano con semi spezzati di cacao e spezie. Il cioccolato è disponibile in diversi tipi: amaro, ottenuto con polvere e burro di cacao senza zucchero aggiunto; nero che differisce dall’amaro perché contiene quantità variabili di zucchero; al latte, contenente latte in polvere ed aromi vari; bianco, privo di polvere di cacao (in realtà, non è più cioccolato!). Il cioccolato è un alimento molto calorico per il suo alto contenuto di carboidrati e grassi. Le proteine sono presenti in piccole quantità, mentre abbastanza importante è la quantità di alcuni minerali, come rame, ferro e zinco. I grassi del cioccolato derivano dal burro di cacao e sono per la metà costituiti da acido oleico (acido grasso monoinsaturo dell’olio di oliva) e per l’altra metà da acido palmitico ed acido stearico (entrambi saturi). Il cioccolato nero ha una discreta quantità di catechine, fitocomCalorie 135 posti antiossidanti presenti anProteine (g) 2 che nel vino rosso e nel tè: 30 Carboidrati (g) 13 grammi di cioccolato nero ne Fibra (g) 0,9 forniscono tanti quanti una Grassi totali (g) 11 mezza tazza di tè25. ContrariaSaturi (g) 6,3 mente a quanto si crede, il Monoinsaturi (g) 4,2 cioccolato ha ridotte quantità Colesterolo (g) 0 di caffeina: 5-10 mg/30 g conPotassio (mg) 174 tro gli 80 mg di una tazzina di Sodio (mg) 1 caffè. Il cioccolato contiene Rame (mg) 0,3 ( 32% RDA) teobromina, un analogo della Ferro (mg) 1,4 (18% RDA) caffeina con minore potenza Zinco (mg) 1,1 mg (10% RDA) biologica.
30 grammi di cioccolato nero forniscono:
25. Alle catechine vengono attribuiti gli effetti moderatamente antiossidanti (riduzione della formazione di LDL-ossidate) ed antiaggreganti del cioccolato. Tuttavia, non bisogna dimenticare che il cioccolato, nonostante queste possibili proprietà positive, ha serie controindicazioni per il suo alto contenuto di grassi saturi e di zucchero. È quindi prudente consumarlo con moderazione. Il cioccolato può indurre emicrania in soggetti predisposti al mal di testa, perché contiene tiramina e feniletilamina.
Per le catechine del cioccolato (nero!) sono stati confermati effetti di miglioramento del quadro lipidico, tra cui la riduzione del colesterolo-LDL (cattivo) e della formazione di LDL-ossidate, e l’aumento del colesterolo-HDL (buono). Il consumo di cioccolato inibisce l’aggregazione piastrinica (mantiene la scorribilità del flusso sanguigno). Un recente studio pubblicato riporta che il consumo di 6,3 grammi/giorno (quindi quantità più che ragionevoli, che non determinano aumenti di peso) di cioccolato nero per 18 settimane concorre a far diminuire la pressione sistolica (massima) e diastolica (minima) [prevalenza di ipertensione diminuita dall’86 al 68%]. Nessun effetto per il cioccolato bianco, che di fatto non contiene cacao, cioè è privo di catechine benefiche! E ancora! Il cioccolato promuove vasodilatazione (via attivazione del sistema NO) e riduce il rischio di disfunzione endoteliale (fattore di rischio aterosclerotico). Quindi, il cioccolato nero può considerarsi un alimento utile a proteggere il sistema cardio-vascolare, a condizione che si rispettino abitudini alimentarie e stili di vita adeguati. Dato curioso: il cioccolato nero limita l’eritema indotto da luce solare nonchè la perdita di acqua trans-epidermica (anti-rughe?). El Ding et al., Chocolate and prevention of cardiovascular disease : a systematic review, Nutr Metab 2006; 3:1. JF Wang-Polagruto et al., Chronic consumption of flavanol-rich cocoa improves endothelial function and decreases vascular cell adhesion molecules in hyperchoesterolemic postmenopausal women, J Cardiovasc Pharmacol 2006; 47:S177. U Heinrich et al., Long-term ingestion of high flavanol cocoa provides photoprotection against UV-induced erythema and improves skin condition in women, J Nutr 2006; 136:1565. S Baba et al., Continous intake of polyphenolic compounds containing cocoa powder reduces LDL oxidative susceptibility and has beneficial effects on plasma HDL-cholesterol in humans, Am J Clin Nutr 2007; 85:709. C Heiss et al., Sustained increase of in flow-mediated dilation after daily intake of high-flavanol cocoa drink over 1 week, J Cardiovasc Pharmacol 2007; 49:74. K Neukam et al., Consumption of flavanol-rich cocoa acutely increases microcirculation in human skin, Eur J Nutr 2007; 46:53. D Taubert et al., Effects of low habitual cocoa intake on blood pressure and bioactive nitric oxide, JAMA 2007; 298:49.
CIPOLLE
108
La cipolla è un condimento e contorno aromatico di moltissimi piatti. Dotata di basso potere calorico (circa 47 kilocalorie/etto), la cipolla è ricca di sostanze con riconosciuti effetti salutari: i flavonoidi e particolari composti dello zolfo [alch(en)ilcisteinilsolfossidi = ACSO]. I flavonoidi sono di due tipi: le antocianine, che conferiscono il colore rosso-porpora ad alcune varietà di cipolla, ed i flavonoli, come la quercetina, presenti nelle varietà gialle e bianche. Antocianine e flavonoli sono forti antiossidanti, cioè catturano i radicali liberi, e quindi concorrono nel difendere l’organismo da questi agenti che sono causa di precoce invecchiamento e malattie croniche correlate. I solfossidi, cioè i diversi composti dello zolfo, sono responsabili del caratteristico odore, sapore ed, alcuni, anche degli effetti lacrimatori della cipolla. La cipolla (Allium cepa) appartiene alla stessa famiglia (Liliaceae) dell’aglio (Allium sativum), e ne condivide (se pur in misura minore) le proprietà antiaggreganti (marcate, soprattutto, nelle varietà più pungenti). Contrariamente all’aglio, la cipolla non ha effetti sul colesterolo e sui trigliceridi. Una caratteristica positiva della cipolla è che, consumata in insalata (cosa improponibile per l’aglio) inibisce la crescita dei batteri responsabili della carie. Calorie 35 La cipolla è una buona fonte di fiProteine (g) 1,3 bre costituite da emicellulosa e celCarboidrati (g) 10 lulosa (tipo insolubile), pectine e Fibra (g) 2,1 inulina (fibra solubile con carattere Grassi totali (g) 0,2 prebiotico, cioè che favorisce la Saturi (g) 0 proliferazione dei microrganismi Colesterolo (g) 0 positivi della flora intestinale a Potassio (mg) 178 danno di quelli negativi). Questo Sodio (mg) 3,2 equilibrio tra fibre insolubili e soluVitamina B6 (mg) 0,14 (10% RDA) bili rende la cipolla cotta blandaVitamina C (mg) 25 (28% RDA) mente lassativa e ben sopportata Selenio (mcg) 38 (60% RDA) dall’intestino.
100 grammi di cipolle gialle forniscono:
Tra i minerali, lo zolfo è il più caratteristico. Può arrivare fino a 50 mg/100 grammi di cipolla e viene considerato il fattore limitante la tollerabilità digestiva della cipolla. La cipolla è una delle migliori fonti vegetali di selenio, minerale che favorisce le difese immunitarie e protegge dai radicali liberi. La cipolla, in particolare quella coltivata in terreni ricchi di selenio, nella misura di 80 grammi/giorno (cioè, pari ad una porzione standard), fornisce più della metà del fabbisogno giornaliero di questo oligoelemento. Altri oligoelementi forniti dalla cipolla sono il manganese, attivatore di numerosi enzimi e regolatore dei neurotrasmettitori cerebrali, il cobalto, cofattore antianemico della vitamina B12 e il fluoro, necessario per denti e ossa. In conclusione, il consumo regolare di cipolle garantisce un buon apporto di sostanze antiossidanti (flavonoidi e selenio), di composti solforati antiaggreganti e di fibra “amica” della flora intestinale. G Griffiths et al., Onions-A global benefit for health, Phytother Res 2002; 16:603. R Slimestad et al., Onions: A source of unique dietary flavonoids, J Agric Food Chem 2007; 55:10067. K Murota et al., Antioxidant capacity of albumin-bound quercetin metabolites after onion consumption in humans, J Med Invesr 2007; 54:370. AE Miller et al., Fruit and vegetable intake and prevalence of adenoma in cancer screening trial, Am J Clin Nutr 2007; 86:1754.
109
ERBE AROMATICHE
110
Le erbe aromatiche, usate originariamente per la conservazione dei cibi, hanno tuttora un largo impiego per dare sapidità ed aroma alle vivande. Non hanno un particolare valore nutrizionale; infatti, le quantità usate per insaporire ed aromatizzare le vivande non sono tali da portare nutrienti in modo significativo. Sono comunque importanti perché, oltre a dare sapore e aroma, possono alleviare alcuni disturbi minori del tratto digerente. L’insieme degli effetti sensoriali e pro-digestivi delle erbe aromatiche sono in gran parte determinati dalla presenza in esse di oli volatili. Questi sono miscele complesse di fitocomposti diversi, che tendono ad evaporare rapidamente in un ambiente caldo o ventilato (per l’appunto, volatili). La classe chimica più largamente rappresentata è quella dei terpeni, sotto forma di idrocarburi, alcoli, chetoni ed ossidi. Altri componenti tipici sono alcuni fenoli, aldeidi ed esteri dell’acido cinnammico. Le erbe più comuni sono di seguito elencate. Anice (Pimpinella anisum, Apiaceae) I frutti, raccolti a maturità in luglio-agosto, contengono un olio volatile (14%), il cui principale componente è l’anetolo (80-90%). L’anice, consumato nelle quantità normalmente usate nei cibi per dare aroma, aiuta a limitare il gonfiore addominale (meteorismo). Basilico (Ocimum basilicum, Labiatae) Erbacea annuale aromatica, di origine asiatica, introdotta in Italia dai Romani ed ora coltivata in tutto il mondo. Come ingrediente aromatizzante di molti piatti italiani (pesto, caprese, salsa di pomodoro…), il basilico apporta vitamine A, C ed antiossidanti polifenolici.
Finocchio (Foeniculum vulgare, Apiaceae) Erbacea diffusa nei paesi mediterranei, i cui frutti contengono un olio volatile (14%) composto per il 50-70% da trans-anetolo. La varietà dulcis (quella che comunemente si consuma) è meno ricca di olio volatile (circa il 2%). Ha proprietà carminative e spasmolitiche, per cui è indicato in caso di meteorismo e digestione difficile. Maggiorana (Origanum majorana L, Labiatae) Origano (Origanum vulgare, Labiatae) Erbaceee di origine asiatica, caratterizzate dalla presenza di olio volatile (1-3%), composto da terpeni vari. Inoltre contengono flavonoidi, acido rosmarinico e labiatico con potere antiossidante. Stimolano la digestione ed hanno proprietà carminative. Menta (Mentha, Labiatae) Esistono 20 specie di menta con numerose varietà. Le più comuni sono: Mentha piperita; Mentha longifolia (mentone); Mentha spicata (menta romana). Le specie differiscono tra loro per la diversa composizione dell’olio volatile (0,12%). Ad es., l’olio di piperita contiene mentolo (29-48%), mentre quello della menta romana è privo di mentolo e contiene il 50-70% di carvone. Le foglie di menta facilitano la digestione e lo svuotamento gastrico; sono anche consigliate in caso d’infiammazione della bocca e di alitosi. Rosmarino (Rosmarinus officinalis, Labiatae) Arbusto sempreverde dei paesi mediterranei, contiene olio volatile (0,5-1,2%)
111
composto da terpeni vari. Il rosmarino è ricco di polifenoli antiossidanti. Il rosmarino ha proprietà antibatteriche e spasmolitiche. Salvia (Salvia officinalis) La salvia ha proprietà carminative, antisettiche (sciacqui in caso di gengiviti, stomatiti). Timo (Thymus vulgaris, Labiatae) Contiene olio volatile (0,8-2,6%), composto da quantità variabili di fenoli (in particolare timolo). Come la maggiorana, il rosmarino e la salvia contiene polifenoli antiossidanti (da cui l’uso per la conservazione delle carni secche e dei grassi). Le proprietà antiossidanti delle erbe aromatiche sono di particolare interesse in quanto possono limitare l’ossidazione del colesterolo-LDL, evento questo associato allo sviluppo aterosclerotico.
112
PG Pietta et al, Vitamine e Fitocomposti per una salute ottimale, 2002-Copyright e distribuzione: PG Pietta-Tel/Fax 030-711986 JW Lampe, Spicing up a vegetarian diet: chemoprentive effects of phytochemicals, Am J Clin Nutr 2003; 78:579S. GE Bergonzelli et al., Essential oils as components of a diet-based approach to management of licobacter infection, Antimicrob Agents Chemother 2003; 47:3240. S Toda, Inhibitory effects of aromatic herbs on lipid peroxidation and protein oxidative modification by copper, Phytother Res 2003; 17:54. LC Tappsel, Health benefits of herbs and spices: the past, the present, the future, Med J Aust 2006; 185:S24.
FAGIOLI Dei vari tipi che mangiamo, solo pochi vengono consumati freschi. Questi vengono colti a maturazione incompleta, quando i semi interni hanno appena iniziato a formarsi: è il caso dei fagiolini mangiatutto, che vengono utilizzati nella loro interezza e di cui le varietà più note sono quelle verdi e gialle. Gli altri tipi sono lasciati maturare a completa formazione del seme e sono i vari fagioli da sgranare, come i borlotti, i cannellini, i fagioli dell’occhio, i bianchi di Spagna, i fagioli di Lima… Insieme a questi vanno considerati altri legumi come piselli, ceci, lenticchie e fave. I legumi secchi sono un’importante fonte di proteine (ne contengono quasi il doppio dei cereali), di carboidrati
Mezza tazza di legumi cotti fornisce: Borlotti secchi
Lenticchie
Piselli
Ceci
Calorie
117
115
116
135
Proteine (g)
7
9
8
7
Carboidrati (g)
22
20
21
23
Fibra (g)
7,4
7,8
8,1
6,2
Grassi totali (g)
0,4
0,4
0,4
2,1
Saturi (g)
0,1
0,1
0,1
0,2
Colesterolo (g)
0
0
0
0
Potassio (mg)
400
365
355
239
Sodio (mg)
2
2
2
6
Folato (mcg)
147 (37% RDA)
179 (45% RDA)
64(16% RDA)
141 (35% RDA)
Ferro (mg)
2,2 (28% RDA)
3,3 (41% RDA)
1,3 (16% RDA)
2,4 (30% RDA)
Vitamina B1 (mg)
0,2 (15 % RDA)
0,2 (15 % RDA)
0,2 (15 % RDA)
-
Vitamina B6 (mg)
-
0,2 (10% RDA)
-
-
Zinco(mg)
-
1,3 (11% RDA)
-
1,3 (11% RDA)
Magnesio (mg)
47 (12% RDA)
-
-
-
Selenio (mcg)
6,1 (11% RDA)
-
-
-
113
complessi, fibra e minerali. Inoltre, forniscono una serie di fitocomposti, tra cui fitoestrogeni, fitosteroli e saponine. I fagiolini mangiatutto sono poveri di calorie ed abbastanza ricchi di importanti nutrienti, tra cui fibra, vitamina C, i carotenoidi beta-carotene, luteina e zeaxantina, il folato (nei fagiolini verdi), ferro e potassio. Più elevato è l’apporto calorico dei fagioli da sgranare; questi forniscono quantità nettamente superiori di proteine e carboidrati, insieme alle vitamine B1 e B6, ferro e magnesio (tutti micronutrienti coinvolti nella produzione di energia a partire da carboidrati e proteine). Un recente studio riporta che il consumo di fagioli secchi (130 grammi/giorno) per 12 settimane ha ridotto di circa il 10% i livelli plasmatici di colesterolo totale. Prendiamo questo dato come un invito a inserire nella dieta abbondanti legumi. E che dire dei ceci? Anch’essi e loro farinate riducono colesterolo totale e cattivo.
114 S Rochfort et al., Phytochemicals for health, the role of pulses, J Agric Food Chem 2007; 55:7981. JW Finley et al., Pinto bean consumption and lipid profile in blood of humans, J Nutr 2007; 137:2391. JK Pittaway et al., Effects of a controlled diet supplemented with chickpeas on serum lipids, J Am Coll Nutr 2007; 26:334.
26. Le proteine della soia sono complete, cioè forniscono tutti gli amminoacidi, di cui l’organismo necessita, perché non è capace di produrseli; pertanto, la soia è equivalente ai prodotti animali per quanto riguarda la qualità delle proteine. 27. La maggior parte dei grassi della soia sono insaturi: dei 5,8 grammi totali, 1,1 sono mono- e 2,7 poli-insaturi.
Mezza tazza di vegetale fresco cotto fornisce: Calorie
Fagiolini verdi
Fagioli di Lima
Fagioli di soia
Piselli freschi
44
105
127
67
26
Proteine (g)
2
6
11
Carboidrati (g)
10
20
10
12,5
Fibra (g)
4
4,5
3,8
4,4
Grassi totali (g)
0,4
0,3
5,827
0,2
Saturi (g)
0,1
0,1
0,7
-
0
0
0
0
Colesterolo (g)
4,5
Potassio (mg)
374
485
0
217
Sodio (mg)
4
15
13
2,5
Vitamina C (mg)
12 (13% RDA)
9 (7% RDA)
12 (13% RDA)
12 (13% RDA)
Folato (mcg)
40 (10% RDA)
-
100 (25% RDA)
50 (13% RDA)
Ferro (mg)
1,6 (20 % RDA)
2,1 (26% RDA)
2,3 (29% RDA)
1,25 (16% RDA)
Vitamina B1 (mg)
-
0,1 (10% RDA)
0,2 (20% RDA)
0,2 (20% RDA)
Vitamina B2 (mg)
-
-
0,1 (11% RDA)
0,1 (11% RDA)
Calcio (mg)
-
-
131 (11% RDA)
-
Magnesio (mg)
-
63 (16% RDA)
54 (14% RDA)
31(8% RDA)
115
FORMAGGI
116
I formaggi sono alimenti importanti perché forniscono proteine di alto valore biologico, cioè con elevato contenuto di amminoacidi essenziali, e sono una eccellente fonte di calcio particolarmente biodisponibile. Inoltre, i formaggi apportano micronutrienti fondamentali come la vitamina A, la riboflavina (vitamina B2), la vitamina B12, la vitamina D e lo zinco. Purtroppo, i formaggi sono anche ricchi di grassi, per la maggior parte saturi, colesterolo e (tranne alcuni) sale. Tuttavia, nonostante questi limiti, non si deve rinunciare ai formaggi, in quanto rappresentano una componente importante della dieta in tutte le fasi della vita. Basta consumarne porzioni moderate privilegiando quelli meno grassi e meno salati. Il formaggio è un cibo che spicca per pienezza di sapore, per cui ne bastano quantità moderate. Il consumo giornaliero di due-tre porzioni di prodotti caseari (latte, yogurt, formaggi) a basso contenuto di grassi garantisce gli apporti di calcio e vitamina D richiesti nell’adolescenza (periodo in cui si forma il patrimonio osseo), in gravidanza e nella terza età. Tale consumo è associato ad un minore rischio di diabete tipo 2 e, ponendo attenzione al contenuto di sale, costituisce una delle indicazioni dietetiche consigliate dall’American Heart Association per prevenire e trattare l’ipertensione. Tra i formaggi, quelli con minore contenuto di grassi (non superiore al 20%) sono la cacioricotta di capra, la ricotta di bufala, pecora, vacca, la mozzarella di bufala, i fiocchi di formaggio magro, il fior di latte. Questi formaggi hanno tuttavia l’inconveniente di essere anche i più poveri di proteine (dall’8 al 18%) e, quindi, il loro valore nutrizionale viene sminuito. Tuttavia, sono disponibili formaggi molli a basso contenuto di grassi (15%) ed alto contenuto di proteine (30%), che pertanto si distinguono dai comuni formaggi molli da tavola (30 % di grassi e 25% di proteine) e si rapportano bene a formaggi stagionati come gruviera, emmenthal, che hanno il difetto di avere un contenuto doppio di grassi.
Un cenno particolare va fatto per i formaggi di alpeggio, quali la Rosa Camuna e il Silter della (Valle Camonica - BS). La Rosa Camuna è un formaggio da tavola unico, dalla caratteristica forma a petalo di rosa. Prodotta con il latte parzialmente scremato. Dopo un mese di stagionatura offre un gusto profumato di essenze montane. Colore: bianco avorio Odore: caratteristico Sapore: acidulo Consistenza: morbida e compatta Crosta: leggerissima tendente a lieve fioritura
Il Silter è un formaggio a pasta cotta prodotto con latte crudo senza aggiunta di conservanti. E’ una preziosa fonte di acido alfa-linolenico, capostipite della famiglia di acidi grassi omega 3 dalle caratteristiche protettive. Colore: giallo paglierino Odore: intenso Sapore: Dolce con tracce di aroma piccante Consistenza: semidura Crosta: gialla dura e liscia
117
E Carnevale et al.,Tabelle di composizione degli alimenti, 2000, INRAN, Roma. JB Ruidavets et al., Independent contribution of dairy products and calcium intake to blood pressare variations at a population level, J Hypertens 2006; 24:671. U Butikofer et al., Occurrence of the angiotensin-converting enzyme inhibiting tripeptides Val-Pro_Pro and Ile-Pro-Pro in different cheese varieties, J Dairy Sci 2008; 91:29.
118
Formaggi grassi 100 grammi
Calorie
Proteine (g)
Grassi totali (g)
Grassi saturi Colesterolo (g) (mg)
Calcio (mg)
Sodio (mg)
Fontina
374
25
30
19
82
870
Gorgonzola
323
22
30
20
68
500
1200
Grana
397
36
28
16
65
1280
755
Mozzarella
266
17
22
13
35
280
61
Pastorella
355
24
29
20
-
Pecorino
372
27
25
18
90
451
Silter Rosa Camuna
-
-
900
1080
Provolone
385
29
29
18
70
680
790
Robiola
310
19
26
18
-
400
500
Stracchino
313
21
26
19
-
567
-
Taleggio
306
21
25
18
-
500
1200
Formaggi magri 100 grammi Formaggio capra 167
9,8
13
-
90
-
-
Ricotta
8
11
7
55
420
-
146
FRUTTI DI BOSCO
120
Fragole, lamponi, mirtilli, more, ribes, sambuco sono frutti, la cui coltivazione si è estesa anche fuori dall’ambiente boschivo. Le loro bacche dolci, succose e compatte sono povere di calorie, ma ricche di vitamina C, fibra solubile, potassio e, per la maggior parte di esse, di composti polifenolici (antocianine, procianidine, acido ellagico, lignani e resveratrolo). Il contenuto in polifenoli totali è di 150-500 mg/etto di frutti; i lignani sono componenti minoritari (1,5-40 mg/kg di frutto secco). Questi composti hanno un elevato potere antiossidante, cioè di cattura dei radicali liberi e svolgono tale attività in sinergia con altri antiossidanti presenti nei vegetali, tra cui le vitamine C, E ed i carotenoidi. Ne risulta un effetto protettivo che riduce lo stress ossidativo e, di conseguenza, il rischio di malattie infiammatorie e degenerative. Come si invecchia, aumentano il rischio di disturbi cognitivi: i frutti di bosco lo attenuano! I mirtilli neri sono i frutti più antiossidanti; infatti, nonostante il basso contenuto in vitamina C, sono molto ricchi di antocianine, che conferiscono loro l’intenso colore violetto. I mirtilli neri hanno azione fleboprotettiva, cioè mantengono il tono venoso, anti-diarroica e anti-infettiva del tratto urinario (quest’ultima è molto più marcata per il mirtillo rosso o americano). Le antocianine sono in grado di favorire la visione notturna e i sintomi clinici di miopia lieve-moderata. Le fragole sono le meno caloriche e, a parità di calorie, forniscono le quantità maggiori di vitamina C e potassio.
J Lee et al., Purified high-dose anthocyanoside oligomer administration improves nocturnal vision and clinical symptoms in myopia subjects, Brit J Nutr 2005; 93:895. S Zafra-Stone et al., Berry anthocyanins as novel antioxidants in human health and disease prevention, Mol Nutr Food Res 2007; 51:675. D Boivin et al., Inhibition of cancer cell proliferation and suppression of TNF-induced activation of NF-kB by edible berry juice, Anticancer Res 2007; 27:937. D Ghosh et al., Anthocyanins and anthocyanin-rich extracts: role in diabetes and eye function, Asia Pac J Clin Nutr 2007; 16:200.
Una tazza di bacche fresche (circa 150 grammi) contiene: Calorie
Fibra (g)
Vitamina C (mg)
Potassio (mg)
Fragole
46
3,5
86
252
Lamponi
60
8,4
31
187
Mirtilli neri
81
3,9
19
129
Mirtilli rossi
47
4,0
13
68
More
75
7,6
30
283
Ribes
63
4,8
46
308
Sambuco
106
10,2
52
406
121
C Neto et al., Cranberry and blueberry: Evidence for the protective effects against cancer and vascular diseases, Mol Nutr Food Res 2007; 51:652. D L McKay et al., Cranberries and cardiovascular disease risk factor, Nutr Rev 2007; 65:490.
FUNGHI
122
I funghi hanno caratteristiche diverse dai vegetali: crescono normalmente al buio e si riproducono rilasciando miliardi di spore nell’ambiente circostante. Le varietà di funghi sono molto numerose; se ne stimano circa 33000, ma solo poche sono commestibili. Alcune sono molto tossiche e, persino, mortali. I funghi commestibili sono poco calorici ed anche il loro patrimonio nutrizionale è abbastanza limitato. Contengono alcune vitamine del gruppo B (B2 e B3), i minerali potassio, ferro, Calorie 18 zinco e selenio ed una fibra solubile 28 Proteine (g) 2 particolare, il beta-glucano. Carboidrati (g) 3 I funghi vengono consumati sopratFibra (g) 0,8 tutto per il loro caratteristico aroma, che è dovuto (in buona parte) all’aciGrassi totali (g) 0,3 do glutammico. Questo amminoaciSaturi (g) 0 do è la versione naturale del sintetico Colesterolo (g) 0 monoglutammato sodico. Tuttavia, Potassio (mg) 259 mentre quest’ultimo contiene sodio, i Sodio (mg) 0 funghi ne sono praticamente privi.
Una tazza di funghi freschi fornisce:
J Rajewska et al., Biologically active compounds of edile mushrooms and their beneficial impact on health, Postepy Hig Med Dosw 2004; 58:352. YT Ko et al., 1,3-beta-glucan quantification and distribution in foods, J Agric Food Chem., 2004; 52:33313.
Vitamina B2(mg)
0,3 (27% RDA)
Vitamina B3(mg)
2,9 (19% RDA)
Ferro (mg)
0,9 (11% RDA)
Zinco (mg)
2,2 (20% RDA)
Selenio (mcg)
8,6 (16% RDA)
28. Il beta-glucano è contenuto in quantità significative anche nell’avena e nell’orzo ed è una fibra con riconosciute proprietà ipolipemiche (abbassa i grassi, colesterolo incluso).
INSALATE VERDI Indivia, cicoria, scarola, radicchio e spinaci sono molto più nutrienti delle insalate verdi del tipo lattuga a foglia larga, come la cappuccio, la romana, la ghiaccio, e, tra quest’ultime, più la foglia è verde, più l’insalata è ricca di nutrienti. Ad esempio, la lattuga romana contiene più beta-carotene, folato, vitamina C e ferro di una lattuga a foglie pallide, come la ghiaccio. Il colore verde intenso è indice di un alto contenuto di carotenoidi (beta-carotene e luteina), con indivia e tarassaco ai primi posti. Tutte le cicorie, tranne quella bianca belga, sono una fonte privilegiata di carotenoidi, vitamine C, B2, B9 (folato) ed E nonché di potassio. Inoltre, le radici contengono inulina, un frutto-oligosaccaride capace di promuovere la crescita selettiva di batteri “amici” presenti nel colon e di favorire l’assorbimento intestinale del calcio. Per quanto riguarda i fitocomposti, sono presenti polifenoli dotati di capacità antiossidante (derivati dell’acido caffeico e due specifici flavonoidi, la luteolina ed il kaempferolo) e particolari composti responsabili del sapore lievemente amaro, i guaianolidi (fino allo 0,5% sul secco). Questi ultimi sono parti-
123
colarmente interessanti, perché oltre ad avere proprietà antibatteriche (ad esempio, nei confronti del B. Subtilis, S aureus e E. coli), tengono sotto controllo i processi infiammatori (aspirina naturale?). Il radicchio, nei suoi diversi tipi (da quello verde pallido a quello rosso-porpora intenso) e l’indivia contengono anche quantità apprezzabili di vitamina E non accompagnata da grassi (evento poco comune, perché solitamente la vitamina E si trova in alimenti ricchi di grassi, come oli vegetali e frutta secca oleaginosa). Q Su et al., Identification and quantitation of major carotenoids in selected components of Mediterranean diet, Eur J Clin Nutr 2002; 56:114. D Heimler et al., Polyphenol content and antioxidant activity in some species of freshly consumed salads, J Agric Food Chem 2007; 55:1724.
124
Due tazze di insalata fresca forniscono: romana tarassaco
indivia
spinaci
radicchio
lattuga
scarola ghiaccio
Calorie
16
50
82
13
18
20
17
13
Proteine (g)
2
-
6
-
-
2
-
-
Carboidr. (g)
3
-
12
-
4
4
-
-
Grassi tot. (g)
0,2
-
1,0
-
0,2
0,3
-
-
Saturi
0
-
0,2
-
0,1
-
-
-
Poli-insaturi
0,1
-
0,4
-
0,1
0,2
-
-
Colesterolo (mg)
0
0
0
0
0
0
0
0
Potassio (mg)
325
-
1450
-
242
296
-
-
Sodio (mg)
9
-
160
-
0
10
-
-
ß-carotene (mg)
1,7
9,2
8,6
2,4
-
1,3
1,2
0,7
Vit.C (mg)
27
39
43
17
-
20
6
4
Vit. E (mg)
-
-
4,1
-
1,8
-
-
-
Folato (mcg)
152
30
198
116
48
56
142
62
Ferro (mg)
1,2
3,4
1,6
1,6
-
1,6
0,8
0,6
Calcio (mg)
40
206
360
59
-
76
52
-
KAKI
126
Il kaki è nativo dell’Asia (Diospyros kaki) e del Nord America (Diospyros virginiana). Le coltivazioni principali sono in Giappone, dove è considerato il frutto nazionale. Il frutto immaturo è astringente, per l’elevato contenuto in tannini, e non si riesce a mangiare. Quando è maturo, i tannini diminuiscono, gli zuccheri aumentano e il frutto assume un gusto misto di albicocca, prugna, zucca e miele. Il sapore dolce è dovuto agli zuccheri semplici (fruttosio, glucosio e saccarosio), presenti per circa il 18% (18 grammi in un frutto da 100 grammi contro i 16 della mela). Grassi e proteine insieme sono meno dell’1%; quindi, il potere calorico dipende quasi esclusivamente dagli zuccheri (circa 75 kcal per 100 grammi contro le 65 della mela). Il colore vivace è dovuto ai carotenoidi (2 mg/etto), tra cui la zeaxantina, importante per la funzione visiva, la beta-criptoxantina e beta-carotene, entrambi precursori della vitamina A. Il kaki con le albicocche ed il melone è uno dei frutti più ricchi di carotenoidi pro-vitaminici A. Il contenuto in vitamina C è piuttosto basso: va da 50 mg a circa 7 mg in un kaki molto maturo. Gli effetti benefici del kaki sono da attribuire alla fibra (3 g/etto contro 1,5/etto della mela con buccia) e alla componente polifenolica. La fibra è costituita per la metà da pectina, che con acqua forma una massa viscosa, la quale rallenta lo svuotamento gastrico (induce senso di sazietà) e, soprattutto, rallenta l’assorbimento intestinale di grassi, colesterolo e glucosio. Il contenuto di fibra nel kaki è più alto
che nella mela, ed in entrambi i frutti è più elevato nella buccia che nella polpa. La stessa cosa vale per i polifenoli (catechine varie, tannini, acidi fenolici), che non solo sono più abbondanti nel kaki (106 mg/etto) che nella mela (70 mg/etto), ma hanno anche un maggiore potere antiossidante (cattura dei radicali liberi). Fibra e polifenoli concorrono nell’influenzare positivamente il metabolismo lipidico: la fibra limitando l’assorbimento dei grassi, i polifenoli riducendo il rischio di ossidazione delle LDL (fattore di rischio aterosclerotico). Tra i minerali, particolarmente alto è il contenuto di potassio (250 mg/100g contro i 115 della mela), minerale importante per la funzione cardiaca. Da sottolineare anche i buoni livelli (107 mcg/etto contro i 18 mcg/etto della mela) di manganese, oligoelemento necessario per la protezione antiossidante enzimatica. Curiosità: le foglie di kaki hanno un alto contenuto di fibra (64 g/etto) e di polifenoli (1,15 g/etto) e, aggiunte (in quantità pari al 5%) ad una dieta ricca di grassi fanno aumentare l’eliminazione fecale di trigliceridi/colesterolo e diminuire l’accumulo di grassi (studio in modelli animali). S Gorenstein et al., Comparative contents of dietary fiber, total phenolics, and minerals in persimmons and apples, J Agric Food Chem 2001; 49:952. SJ Jung et al., Some essential phytochemicals and the antioxidant potential in fresh and dried persimmon, Int J Food Sci Nutr 2005; 56:153. K Matsumoto et al., Young persimmon fruits prevent the rise in plasma lipids in a diet-induced murin obesity model, Biol Pharm Bull 2006; 29:2532. M Takahashi et al., Carotenoids extraction from Japanese persimmon peels, Anal Sci 2006; 22:1441. JS Lee et al., Supplementation of whole persimmon leaf improves lipid profiles and suppress body weight gain in rats fed high-fat diet, Food Chem Toxicol 2006; 44:1875. A Celik et al., Persimmon fruit: some physical, chemical and nutritional properties, Int J Food Sci Nutr 2007; 18:1.
127
KIWI
128
Il kiwi è tra i frutti che fornisce la più larga varietà di nutrienti. In primo luogo, è una fonte eccellente di vitamina C (50% più degli agrumi) e di potassio. L’alto apporto di vitamina C contribuisce a rafforzare le difese antiossidanti, mentre la ricchezza in potassio aiuta a regolare il ritmo cardiaco. Il kiwi contiene anche buone quantità di folato, magnesio, clorofilla e fibra (per la maggior parte insolubile). L’aumentato consumo di fibre con il kiwi aiuta ad alleviare la stipsi. Inoltre, il kiwi contiene vitamina E e rappresenta una fonte poco calorica di questa vitamina, che normalmente è associata a cibi molto energetici, come oli vegetali e frutta secca. Un altro importante nutriente del kiwi è la luteina (0,5 mg/100 g), carotenoide protettivo nei confronti della cataratta e della degenerazione maculare. Il kiwi è fonte di acido linolenico, un acido polinsaturo della famiglia omega 3 dotato di proprietà anti-infiammatorie.
Due kiwi (circa 100 grammi) forniscono:
Calorie
93
Proteine (g)
2
Carboidrati (g)
23
Fibra (g)
5
Grassi totali (g)
0,7
Saturi (g)
0
Poli-insaturi (g)
0,4
Colesterolo (g)
0
Potassio (mg)
505
Sodio (mg)
8
Vitamina C (mg)
85-150
Vitamina E (mg)
1,8 (12% RDA)
Folato (mcg)
58 (15% RDA)
Magnesio (mg)
46 (12% RDA)
Beta carotene(mg)
0,1
Clorofilla (mg)
1,7
BH Collins et al., Kiwifruit protects against oxidative damage in human cells in vitro, Nutr Cancer 2001; 39:148. N Motohashi et al., Cancer prevention and treatment with kiwifruit in Chinese folklore medicine: a study of kiwifruit extracts, J Ethnophar-macol 2002; 81:357. I Nishiyama et al., Genotype differences in chlorophyll, lutein, and beta-carotene contents in the fruits of actinidia species, J Agric Food Chem 2005; 53:6403. A On On Chang et al., Increasing dietary fiber intake in terms of kiwifruit improves constipation in Chinese patients, World J Gastroenterol 2007; 13:4771. JF Johanson, treview of the treatment options for chronic constipation, MedGenMed 2007; 9:25. J Ren et al., Anti-inflammatory effect of alpha-linolenic acid and its mode of action, J Agric Food Chem 2007; 55:5073. A Celik et al., Some physical, pomological and nutritional properties of kiwifruit, Int J Food Sci Nutr 2007; 58:411.
Una mela grossa con buccia (circa 250 grammi)
MELE
fornisce: Calorie
125
Una mela grossa (circa 250 grammi) Proteine (g) meno di 1 fornisce quasi il 30% della fibra che Carboidrati (g) 31 dovremmo assumere giornalmente, Fibra (g) 5,7 e la quasi totalità di questa fibra è Grassi totali (g) 0,7 del tipo solubile (pectina), cioè caSaturi (g) 0 pace di rallentare l’assorbimento di Colesterolo (g) 0 glucosio, grassi saturi, colesterolo Potassio (mg) 243 incluso. Il valore energetico della Sodio (mg) 0 mela (circa 125 calorie per una mela grossa) dipende quasi esclusivaVitamina C (mg) 12 (13% RDA) mente dai carboidrati (fruttosio, gluPolifenoli (mg) 3,4 cosio e saccarosio), essendo proteine e grassi presenti in piccolissime quantità. La composizione vitaminica della mela è ben diversificata: contiene vitamine del gruppo B, vitamina C, carotenoidi pro-vitaminici A e vitamina E, polifenoli (tra cui le procianidine), particolarmente abbondanti nella buccia. MV Eberhardt, Antioxidant activity of fresh apples, Nature 2000; 405:903. H Leontowicz et al., Comparative content of some bioactive compounds in apples, peaches, and pears and their influence on lipid peroxidation, J Nutr Biochem 2002; 13:603. F Chinnici et al., Radical scavenging activities of peels and pulps from cv Golden Delicious apples as related to their phenolic composition, J Agric Food Chem 2004; 52:4684. J Boyer et al., Apple phytochemicals and their health benefits, Nutr J 2004; 3:5.
129
MELAGRANA Ancora prima che venissero descritte le proprietà medicinali, la melagrana è stato oggetto di “credenze sacre”. Nell’antica Grecia il melograno rappresentava il legame coniugale, nella mitologia persiana significava l’invincibilità, nella Bibbia e nelle rappresentazioni medioevali è descritto come segno di fertilità ed abbondanza. Per i Buddismo la melagrana è uno dei tre frutti benedetti (gli altri due sono l’arancia e la pesca) ed è invocato per l’infertilità femminile; lo stesso dicasi per l’Islam. La melagrana è nello stemma di diverse associazioni mediche a significare vitalità, fertilità e rigenerazione. Una melagrana media fornisce circa 105 calorie, dovute per la quasi totalità ai carboidrati. Proteine e grassi sono presenti in quantità limitate. Una melagrana media apCalorie 120 porta circa il 10% del fabbisogno giorProteine (g) 2 naliero raccomandato delle vitamine C e B6. Carboidrati(g) 27 Significativo è il contenuto di potassio. Fibra (g) 0,9 Ma la caratteristica più importante è di esGrassi totali (g) 0,5 sere una fonte concentrata di due classi di Colesterolo (g) 0 polifenoli: le antocianine (come la delfinidPotassio (mg) 399 ina, la cianidina e la pelargonidina), che Sodio (mg) 5 conferiscono il colore rosso al frutto e i tanVitamina C 9 ( 10% RDA) nini idrolizzabili (come la punicalagina, la Vitamina B 0,2 (14% RDA) 6 punicalina) ed esteri dell’acido ellagico con Polifenoli totali (g/litro) 1-2,8 glucosio. Il contenuto di polifenoli totali del succo di melagrana varia da 1 a 2,8 grammi/litro (contro i 2 grammi del vino rosso e 1 grammo del tè . Tannini idrolizzabili e derivati dell’acido ellagico rendono conto del 90% dell’attività antiossidante del succo di melagrana (da uno melograno medio si ottiene circa mezzo bicchiere di succo), che è una bevanda 2-3 volte più antiossidante (cioè, capace di catturare radicali liberi) di una stessa quantità di vino rosso o tè.
Una melagrana media fornisce:
130
Protezione cardio-vascolare Il succo di melagrana ha proprietà anti-aterogeniche dovute alle sue peculiari caratteristiche antiossidanti, che sono in grado di contrastare lo stress ossidativo (situazione di squilibrio tra radicali liberi e difese contro questi) a livello delle LDL (lipoproteine a bassa densità) e dei macrofagi e di inibire un fattore di trascrizione cellulare (l’NF-kB) responsabile dell’avvio di un cascata infiammatoria nell’endotelio vascolare.
132
Studi clinici recenti confermano che il succo di melagrana riduce i fattori di rischio cardiovascolare. In particolare, soggetti diabetici tipo 2 (soggetti particolarmente a rischio cardiovascolare) ed iperlipidemici hanno registrato una diminuzione di colesterolo totale e colesterolo-LDL (colesterolo cattivo) in seguito ad assunzione di 40 grammi di succo per 8 settimane . Sempre in diabetici tipo 2 il succo di melagrana (50 ml per tre mesi) ha ridotto i livelli di perossidi (meno 70%) e di LDL-ossidate (meno 40%), fattori entrambi aterosclerotici. Al contrario, sono aumentati il livelli di glutatione, cioè di un antiossidante fisiologico protettivo Il succo di melagrana esercita effetti coronaroprotettivi attraverso un meccanismo di protezione dell’ossido d’azoto (NO)29 da danni ossidativi. In altre parole, il succo di melagrana impedisce alle LDL-ossidate di distruggere l’ossido d’azoto prodotto nell’endotelio coronarico, consentendo così a questo mediatore di svolgere le sue funzione vasoprotettive. Il consumo di succo di melagrana (50 ml/giorno), diversamente dal succo di uva bianca, non altera la glicemia e la lipidemia nei diabetici. Anzi, riduce la perossidazione delle LDL e accresce l’at-
29. L’ossido di azoto (NO) è un radicale libero prodotto dall’arginina ad opera degli enzimi NOsintasi costitutiva e inducibile. Negli epatociti, nelle cellule epiteliali e nelle cellule di Kupfer (cellule intraepatiche) la NO sintasi costitutiva produce “pulsazioni” di NO per brevi periodi, mentre la NOsintasi inducibile promuove la formazione continua di grandi quantità di NO. La reazione tra NO e ione superossido genera il temibile perossinitrito.
tività antiossidante (aumento del glutatione e dell’attività della paraoxonasi 130). In questo modo, il succo di melagrana contribuisce ad attenuare lo sviluppo di aterosclerosi in questi pazienti a rischio vascolare.
Protezione della cartilagine articolare Il succo di melagrana ha dimostrato di proteggere la cartilagine articolare dall’erosione. Tale effetto è dovuto all’inibizione di mediatori infiammatori (in particolare, la interleuchina 1?) che esaltano la produzione di collagenasi (MMP-1 e MMP-2), cioè di enzimi che degradano il collagene cartilagineo. Viene così preservata l’importante funzione “cuscinetto” della cartilagine a livello osteo-articolare e, quindi, prevenuto o limitato il rischio di osteoartriti.
Salute del cavo orale L’estratto di melagrana, incorporato in gel, impedisce l’adesione di alcuni ceppi batterici (Staphylococcus mutans e Staphylococcus mitis) e della Candida albicans ospiti sgraditi del cavo orale. Questa proprietà fa della melagrana un utile rimedio per il controllo di patogeni responsabili di infezioni orali, come la carie, la paradontosi e la stomatite.
133 Effetti chemiopreventivi Il succo di melagrana (più dei singoli componenti isolati31) ha proprietà antiproliferative ed apoptotiche (induce la morte cellulare) nei confronti di linee cellulari tumorali (cavo orale, colon, prostata, seno). Tali attività si esplicano attraverso la soppressione di segnali cellulari infiammatori.
Sintomi menopausali Il succo di melagrana ha un’attività debolmente estrogenica e potrebbe essere di interesse per il trattamento dei sintomi menopausali.
30. La paraoxonoasi 1 è un enzima che scinde i lipidi ossidati, e pertanto protegge dall’aterosclerosi. 31. Anche il potere antiossidante è maggiore per il succo. Questo porta a concludere che la sinergia tra le due frazioni (zuccherina e polifenolica) e tra ivari polifenoli è un requisito importante ai fini dell’efficacia . EP Lansky, Beware of pomegranate bearing 40% ellagic acid, J Med Food 2006; 9:119-122.
Effetti neuroprotettivi Il succo di melagrana, per la presenza di grandi quantità di polifenoli antiossidanti, può avere effetti neuroprotettivi. Un recente studio, condotto su modelli animali di Alzheimer, riporta una diminuzione dell’accumulo di Abeta 42 e deposito di amiloide nell’ippocampo nonché un miglioramento comportamentale in seguito a assunzione del succo.
134
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MELANZANA La melanzana è un ingrediente caratteristico della cucina Mediterranea. Grazie al sapore marcato ed alla struttura a pasta spugnosa è un alimento ideale per un piatto vegetariano, a condizione che sia colta non troppo matura (ha troppi semi!) ed utilizzata prima possibile. Se conservata a lungo, diventa amara e sgradevole. La melanzana, come la maggior parte delle verdure, è praticamente priva di grassi; quindi ha un basso valore calorico. È molto ricca di fibra. Pertanto, ha caratteristiche importanti ai fini del controllo del peso. Ovviamente, questo vale se la melanzana è preparata in modo adeguato, cioè cotta al vapore, grigliata o al forno e servita con poco olio extra vergine di oliva, limone. Tutt’altra cosa sono la parmigiana o la pasta alla Norma! La buccia della melanzana contiene antocianine (derivati della delfinidina come la nasunina) che danno il caratteristico colore alla bacca. Queste antocianine hanno attività anti-angiogenica, cioè tengono sotto controllo la formazione di nuovi vasi sanguigni. La melanzana contiene inoltre diversi derivati dell’acido cinnamico (acidi caffeoil-chinici) dotati di elevata capacità antiossidante, che hanno dimostrato di inibire l’alfa-glucosidasi (enzima che catalizza la formazione di glucosio). Questa caratteristica combinata con la discreta presenza di fibra ed il basso contenuto di zuccheri semplici spiegano perché la melanzana Calorie 25 sia consigliata in caso di diabete tipo 2.
100 grammi di melanzana apportano:
Proteine (g) K Matsubaba et al., Antiangiogenic activiy of nasunin, an antioxidant anthocyanin, in eggplant peels, J Agric Fodd Chem 2005; 53:6272. DL Luthria et al., Influence of sample preparation on assay of phenolic acids from eggplant, J Agric Food Chem 2006; 54:41. YI Kwon et al., In vitro studies of eggplant phenolics as inhibitors of key enzymes relevant for type 2 diabetes and hypertension, Bioresour Technol 2007 Aug 10.
Carboidrati(g) Fibra (g) Grassi totali (g) Potassio (mg)
1 6 2,4 0,1-0,2 208
Beta-carotene (mcg)
30
Acido folico (mcg)
30
135
MELONE/ANGURIA 136
Il melone, come l’anguria o cocomero, è un cibo perfetto per chi desidera controllare il peso corporeo: poche calorie racchiuse in un frutto pieno di sapore, profumo e con alcuni importanti nutrienti. Del melone si conoscono diverse varietà, che hanno in comune un buon contenuto di vitamine C, B1, B6 e fibra solubile. La varietà cantalupo, dalla polpa color arancio, è quella con maggior contenuto (3,4 mg/150 grammi di frutto) di beta-carotene, carotenoide pro-vitaminico A. Il melone zuccherino a scorza verde, lungo, con polpa bianco-panna o giallo-verde è invece una buona fonte di zeaxantina, carotenoide ritenuto capace di proteggere l’occhio dalla radiazione solare. Il cocomero o anguria (pure appartenente al genere Cucumis) offre una notevole quantità di licopene, carotenoide di colore rosso intenso, presente anche in pomodori e pompelmi rosa. Un etto di anguria fornisce ben 6 mg di questo carotenoide. L’anguria è una fonte naturale di citrullina ed il suo consumo fa aumentare i livelli plasmatici di arginina. Quest’ultima, quale percursore dell’ossido nitrico (NO), esercita effetti benefici sul sistema cardiovascolare ed immunitario; inoltre, riduce la resistenza all’insulina e l’accumulo di grassi. AJ Edwards et al., Consumption of watermelon juice increases plasma concentration of lycopene and beta-carotene in humans, J Nutr 2003; 133:1043. P Lucotti et al., Beneficial effects of a long-term oral arginine treatment added to a hypocaloric diet and exercise training program in obese, insulin-resistant type 2 diabetic patients, Am J Physiol Endocrinol Metab 2006; 291:E906. WS Jobgen et al., Regulatory role for the arginine/nitric oxide pathway in metabolism of energy substrates, J Nutr Biochem 2006; 17:571.
Una porzione da 150 grammi fornisce: Cantalupo
Zuccherino
Anguria
Calorie
62
62
49
Proteine (g)
2
1
1
Carboidrati (g)
15
16
11
Fibra (g)
1,4
1,1
0,8
Grassi totali (g)
0,5
0,2
0,7
Colesterolo (mg)
0
0
0
Potassio (mg)
547
480
176
Sodio (mg)
16
18
8
Vitamina B1 (mg)
-
0,1 (8% RDA)
0,1 (8% RDA)
Vitamina B6 (mg)
0,2 (14% RDA)
-
0,2 (14% RDA)
Vitamina C (mg)
75 (83% RDA)
44 (49% RDA)
15 (17% RDA)
JK Collins et al., Watermelon consumption increases plasma arginine concentrations in adults, Nutrition 2007; 23:261. MJ Martins et al., Watermelon. The value of higher plama arginine concentrations, Nutrition 2007; 23:517. G Wu et al., Pharmacokinetics and safety of arginine supplementation in animals, J Nutr 2007; 137:1673S.
137
NOCI… E ALTRA FRUTTA SECCA
138
Nel passato le noci, come i fichi secchi, erano considerate un alimento “povero”. La ricerca ha dimostrato che non è così. Le noci si distinguono da altra frutta secca (nocciole, mandorle, arachidi…) per l’alto contenuto (circa 11g/30 g) di acido alfa-linolenico, acido grasso essenziale (cioè, che l’organismo non sa sintetizzare) della serie omega-3. Non sono molti gli alimenti che contengono questo acido poli-insaturo: oltre alle noci, gli oli di lino, di rosa mosqueta, di soia ne contengono buone quantità. È vero, le noci sono molto caloriche, ma le loro calorie sono dovute soprattutto ad acidi grassi insaturi (15 grammi su 18 grammi di grassi totali), i quali possono far diminuire i livelli di colesterolo plasmatico, specialmente se nella dieta sostituiscono i grassi saturi delle carni e dei formaggi. Inoltre, l’acido alfa-linolenico aiuta a tenere sotto controllo la pressione arteriosa. Il profilo vitaminico delle noci è dominato dalla vitamina E ed, in misura minore, dalle vitamine del gruppo B (presenti in quantità più alte di quelle di comuni frutti freschi). La vitamina C è praticamente assente come pure i carotenoidi. Tra i minerali emergono il potassio ed il magnesio, entrambi importanti per la funzione car-
diaca. Il calcio e il ferro sono pure ben rappresentati. Gli oligoelementi maggiormente contenuti sono ferro, zinco e selenio (quest’ultimo, specialmente nelle noci del Brasile). La frutta secca contiene anche fitosteroli e squalene, composti che concorrono con la vitamina E e l’acido alfa-linolenico a proteggere il sistema cardiovascolare. DA Hyson et al., Almonds and almond oil have similar effects on plasma lipids and LDL oxidation in helathy men and women, J Nutr 2002; 132:703. R Jiang et al., Nut and peanut butter consumption and risk of type 2 diabetes in women, JAMA 2002; 288:2554. LS Maguire et al., Fatty acid profile, tocopherol, squalene and phytosterol content of walnuts, almonds, penuts, hazelnuts and macadamia, Int J Food Sci Nutr 2004; 55:171. MA Wien et al.,Almonds vs complex carbohydrates in a weight reduction program, Int J Obes Related Metab Disorder 2004; 27:1365. I Megias-Rangil et al., Nutrient content and health effects of nuts, Arch Latinoam Nutr 2004; 54:83 E Ros et al., A walnut diet improves endothelial function in hypercholesterolemic subjects, Circulation 2004; 109:1609. MJ Zibaeenezhad et al., Walnut consumption in hyperlipemic patients, Angioolgy 2005; 56:581. E Ryan et al., Fatty acid profile, tocopherol, squalene and phytosterol content of brazil, pecan, pine, pistachio and nuts, Int J Food Sci Nutr 2006; 57:219. F Marangoni et al., Levels of the n-3 fatty acid eicosapentaenoic acid in addition to those of alpha linolenic acid are significantly raised in blood lipids by the intake of four walnuts a day in humans, Nutr Metab Cardiovasc Dis 2007; 17:457. SM Mercanligil et al., Effects of hazelnut-enriched diet on plasma cholesterol and lipoprotein profiles in hypercholesterolemic adult men, Eur J Clin Nutr 2007; 61:212.
30 grammi di noci, nocciole, mandorle, arachidi sgusciate forniscono: Noci
Nocciole
Calorie
182
179
167
166
Proteine (g)
4
4
6
7
Carboidrati (g)
5
4
6
6
Fibra (g)
1,4
1,7
3,1
2,3
Grassi totali (g)
Mandorle
Arachidi tostate
18
18
15
14
Saturi (g)
1,6
1,3
1,4
2,0
Monoinsaturi (g)
4,0
14
9,6
7
Poli-insaturi (g)
11
1,7
3,1
4,5
Colesterolo (g)
0
0
0
0
Potassio (mg)
142
126
208
187
Sodio (mg)
3
1
3
2
Magnesio (mg)
48
(12% RDA)
81
(20%RDA)
84
Vitamina E (mg)
5,6
(37% RDA)
6,8
(45%RDA)
7
Ferro (mg)
0,9
(11% RDA)
0,9
(11% RDA)
1,0
(21%RDA)
(46%RDA) (13%RDA)
50 2,2 -
(13%RDA) (15%RDA)
139
OLIO EXTRA VERGINE D’OLIVA
140
Diversi studi condotti negli ultimi anni dimostrano che le popolazioni dell’area Mediterranea godono di effetti benefici derivanti, in parte, dalle loro abitudini alimentari. Tali abitudini si configurano nella cosiddetta “dieta Mediterranea”, dieta che privilegia il consumo di: frutta e vegetali freschi: alimenti poco energetici, ma ricchi di importanti micronutrienti (vitamine e minerali) e di fibra; cereali, come pane, pasta…, che forniscono carboidrati complessi (cioè, meno facilmente assimilabili degli zuccheri semplici) ed una buona quantità di proteine vegetali; legumi, come fagioli, ceci, lenticchie…, che completano l’apporto di proteine vegetali, forniscono fibra e minerali; pesce, che fornisce proteine animali ed acidi grassi omega-3; moderate quantità di vino (in particolare, rosso); olio di oliva, come fonte principale di grassi. È accertato che la dieta Mediterranea è associata ad un minore rischio di cardiovascolari, una minore incidenza di tumori, una migliore forma fisica (sovrappeso ed obesità vengono contenuti), una più lunga attesa di vita. In tale quadro di effetti benefici, il consumo di olio extra vergine di oliva rappresenta un contributo importante. L’olio extra vergine di oliva (meglio ancora quello extra vergine DOP, cioè a denominazione di origine protetta) si distingue per la presenza di un insieme di componenti che lo rendono più benefico di altri oli vegetali.
Infatti, questi oli apportano il salutare acido oleico come l’olio extra vergine di oliva, ma sono privi della componente polifenolica. In primo luogo, l’olio extra vergine di oliva fornisce una quantità sostanziale di un acido grasso monoinsaturo, l’acido oleico (un cucchiaio da tavola ne contiene ben 10 grammi su 14 totali). L’acido oleico è molto resistente all’ossidazione, cioè a quel processo che scatena una sequenza di danni alle strutture cellulari. Questa caratteristica distingue l’olio di oliva dagli altri oli vegetali, che per la presenza di acidi poli-insaturi sono più sensibili all’ossidazione, con relative conseguenze. L’acido oleico ha un effetto protettivo vascolare diretto: riduce l’espressione di proteine pro-infiammatorie, come le molecole di adesione vascolare o VCAM, il che si traduce in proprietà antiaterogeniche. Un’altra proprietà significativa dell’olio extra vergine di oliva è legata alla rimarchevole quantità di forti antiossidanti, come la vitamina E (un cucchiaio fornisce circa il 12% della RDA) e polifenoli vari (9-15 mg/cucchiaio), tra cui il tirosolo, l’idrossitirosolo, i secoiridoidi (oleuropeina, acido elenolico…), i lignani. La presenza contestuale dell’acido oleico (resistente all’ossidazione), della vitamina E e dei polifenoli limita la produzione incontrollata di specie reattive dell’ossigeno e di metaboliti pro-infiammatori dell’acido arachidonico, che concorrono nella patogenesi di disturbi cardio-circolatori e di tumori. In particolare, viene contrastata l’ossidazione delle LDL, evento che è ritenuto avere un ruolo significativo nell’aterogenesi: ciò rende conto della minore incidenza di questa patologia in seguito al consumo di olio extra vergine di oliva. Accanto a questi effetti protettivi dovuti alla componente antiossidante, l’olio extra vergine di oliva ha un impatto positivo sul quadro lipidico, nel senso che abbassa i trigliceridi ed il colesterolo cattivo (LDL-colesterolo), mentre aumenta quello buono (HDL-colesterolo). Inoltre, anche la diminuzione della pressione arteriosa riscontrata nella dieta Mediterranea è, in parte, riconducibile al consumo di olio extra vergine di oliva. Per tutti questi effetti, l’olio extra vergine di oliva è in grado di limitare il rischio di malattie coronaro-cardiache. Un altro contributo positivo è dato dalla presenza in olive ed olio di oliva extra vergine di particolari componenti (squalene e terpenoidi), cui è riconosciuta un’attività antitumorale. Al riguardo, vi sono evidenze (anche se preliminari) che l’olio di oliva limita l’incidenza di alcuni tumori (seno, colon-retto, prosta-
141
Un cucchiaio da tavola (14 grammi) di olio extra vergine di oliva fornisce:
142
Calorie
126
Proteine (g)
0
Carboidrati (g)
0
Fibra (g)
0
Grassi totali (g)
14
Saturi (g)
1,8
Monoinsaturi (g)
10
Poli-insaturi (g)
1,1
Colesterolo (mg)
0
Sodio (mg)
0
Vitamina E (mg)
1,8 (12% RDA)
Polifenoli (mg)
9-15
ta), cioè ha un effetto opposto a quello negativo di carni rosse, insaccati e formaggi, alimenti ricchi di acidi grassi saturi. Non meno importante è il ruolo dell’olio extra vergine di oliva nei diabetici: concorre a mantenere un corretto quadro lipidico, fa diminuire la resistenza all’insulina (con risultante migliore utilizzazione del glucosio) e riduce il rischio di disturbi circolatori periferici. All’olio di oliva sono inoltre attribuiti benefici effetti anti-infiammatori, dovuti alla capacità di modulare le funzioni di cellule
immunitarie coinvolte nei processi autoimmuni: il rischio di sviluppare artrite reumatoide in soggetti che consumano regolarmente olio di oliva come grasso base della dieta è di 4 volte inferiore a quello di soggetti che lo consumano meno di sei volte al mese. Questi effetti immunosoppressivi vengono ascritti all’acido oleico ed alcuni componenti minori (polifenoli) capaci di inibire la produzione di mediatori infiammatori (ad es., via inibizione della 5-lipossigenasi). In conclusione, l’olio extra vergine di oliva ha proprietà biochimico-nutrizionali che ne fanno un componente fondamentale della dieta Mediterranea e rappresenta un grasso ideale per la popolazione in generale. Un suo consumo regolare e sostitutivo di grassi saturi, nell’ambito della dieta Mediterranea e di un corretto stile di vita, consente di ridurre l’incidenza di alcune malattie cronico-degenerative (normalmente associate all’avanzare dell’età) e di allungare l’attesa di vita. F Perez-Jimenez et al., The influence of olive oil in human health: not a question of fat alone, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1199. P Perez-Martinez et al., The chronic intake of a Mediterranean diet enriched in virgin oil decreases NF-kB activation in peripheral blood mononuclear cells from healthy men, Atherosclerosis 2007; 194:e141. M Fitò et al., Olive oil and oxidative stress, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1215. A Trichopoulou et al., Olive oil and longevity, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1275. J Lopez-Miranda et al., Olive oil and the hemostatic system, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1249. P Bogani et al., Postprandial anti-inflammatory and antioxidant effects of extra virgin olive oil, Atherosclerosis 2007; 190:181. MI Covas et al., Olive oil and the cardiovascular system, Pharmacol Res 2007; 55:175. M Dell’agli et al., Inhibition of platelet aggregation by olive oil phenols via cAMP-phoshodiesterase, Brit J Nutr 2007; Oct 11. F Escrich et al., Molecular mechanisms on the effect of olive oil and other dietary lipids on cancer, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1279. MA Carluccio et al., Vasculoprotective potential of olive oil components, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1225.
143
PANE/PASTA
144
La preparazione del pane data a tempi preistorici, quando una miscela di semi d’erbe diverse grossolanamente macinata veniva addizionata d’acqua e, dopo fermentazione spontanea, portata a cottura. Da allora, il pane ha rappresentato un alimento di base della dieta e, nonostante la grande varietà di cibi oggi disponibili, continua ad essere una parte importante della dieta. Infatti, il pane fornisce carboidrati (cioè, energia), fibra ed una serie di altri nutrienti, come proteine, vitamine del gruppo B, vitamina E, ferro, magnesio e zinco. Gli ingredienti base del pane sono farina, acqua, lievito e sale. La farina più usata è quella di frumento, che può essere di diversi tipi, a seconda della percentuale di abburattamento (cioè, separazione dell’endosperma amilaceo dalla crusca e dal germe). La farina 00 (50% di abburattamento) è quella più raffinata ed ha il massimo contenuto di amido (72-74%) e non ha praticamente fibra; la farina 0 (72% di abburattamento) ha un contenuto di amido del 65-70% e di fibra di circa lo 0,15%; la farina 1 (80% di abburattamento) ha un contenuto di amido del 64-69% e di fibra di circa lo 0,30%; la farina 2 è quella integrale con un contenuto di amido del 60-65% e di fibra di circa lo 0,5%. Il contenuto in proteine, vitamine e minerali cresce passando dalla farina raffinata (00) a quella integrale. Oltre alla farina di frumento, possono essere usate altre farine (segale, avena, soia…) per cui è possibile disporre di diversi tipi di pane. In termini di macronutrienti, il pane è costituito per circa il 40% da carboidrati e per l’8-9% da proteine; basso è il contenuto di grassi. Le vitamine più abbondanti sono la B1, B3 e B9; i minerali più Pane bianco Pane integrale rappresentati sono ferro Calorie 289 300 e calcio. Proteine (g) 7,8 8,8 I processi di cottura del pane facilitano la digesCarboidrati (g) 60 52 tione dell’amido da Fibra (g) 1,9 5,0 parte dell’amilasi. AnGrassi (g) 1,0 2,0 che la digestione proteMagnesio (mg) 26 186 ica è favorita dalla cotVitamina B1 (mg) 0,18 (15%RDA) 0,26 (22%RDA) tura, perché gli enzimi Vitamina B3 (mg) 3,6 (24%RDA) 6,1 (41%RDA) proteolitici agiscono Vitamina B9 (mcg) 25 (6%RDA) 45 (11%RDA) meglio sulle proteine
100 grammi di pane forniscono:
145
denaturate dalla cottura. Va comunque ricordato che la cottura determina a livello della crosta una perdita marcata di un importante aminoacido, la lisina, che è già abbastanza carente nei cereali. Tale perdita è dovuta al fatto che nel corso della cottura la lisina reagisce con zuccheri semplici (glucosio, maltosio) dando origine a composti dall’odore aromatico caratteristico dei prodotti da forno. Il consumo di pane è diminuito negli ultimi anni, passando da una media giornaliera di circa 300 grammi/persona a meno di 150 grammi. Il pane è quindi un alimento da riabilitare. Contrariamente a quanto si dice, il pane non fa ingrassare, ma è quello che si mette sul pane (burro, altri grassi, confetture varie). Il pane, specialmente quello scuro è un alimento salutare.
146
La pasta viene ottenuta da farina di grano duro (più ricca di proteine) ed acqua e rappresenta un altro alimento tipico della nostra cucina. Il suo profilo nutrizionale si discosta da quello del pane, perché è meno ricca di nutrienti. L’elevato contenuto in amido (intorno al 70%) rende ragione dell’apporto calorico, circa 280 calorie/razione di 80 grammi; le proteine (circa il 12%) forniscono amminoacidi essenziali, tra cui il triptofano e la treonina. L’associazione dei carboidrati forniti dalla pasta con una quota di proteine e grassi del condimento permettono di ottenere un valido “piatto unico”! J Quilez et al., Bakery products enriched with phytosterol esters, alpha-tocopherol and beta-carotene decrease plasma LDLcholesterol and maintain plasma beta-carotene concentrations in normocholesterolemic men and women, J Nutr 2003; 133:3103.
PATATA Le patate sono quasi certamente il vegetale più consumato ed economicamente più importante. Il pregio principale delle patate è di contenere carboidrati complessi (amido), che vengono assorbiti più lentamente dall’organismo. L’amido delle patate è “incapsulato” in granuli così da essere poco accessibile alle amilasi digestive. Tuttavia, in seguito alla cottura, i granuli di amido vengono gelatinizzati e diventano facilmente digeribili. La quantità di amido “resistente” (cioè non facilmente attaccabile dagli enzimi digestivi) dipende sia dal grado di gelatinizzazione che dalla retrogradazione durante il raffreddamento del cibo cotto. Insieme ai carboidrati, le patate apportano proteine, vitamine e minerali, come le vitamine B1, B3, B6, C, potassio, ferro e carotenoidi (luteina) e polifenoli (acidi caffeoilchinici). La buccia delle patate è una ricca fonte di fibra. Le fibre della patata (3 grammi/etto) sono per la maggior parte di tipo viscoso, cioè si sciolgono in acqua formando gel viscosi. Le patate andrebbero consumate con la buccia, che è una ricca fonte di fibra e fitocomposti. Però, attenzione: la buccia non va consumata se ha assunto un colore verdastro. Il colore verde è dovuto alla clorofilla, che di per sé non è tossica. Tuttavia, nelle patate è il segnale di un’alta concentrazione di un alcaloide tossico, la solanina. Le patate contengono normalmente piccole quantità di solanina, Calorie 133 che contribuisce a darne il tipico aroProteine (g) 3 ma. Quando sono esposte alla luce o a Carboidrati (g) 31 temperature elevate, si tingono di verde e sviluppano grandi quantità di solaniFibra (g) 2,9 na. La stessa cosa vale per le patate con Grassi totali (g) 0,1 germogli. Colesterolo (g) 0 In entrambi i casi, le parti verdi e/o Potassio (mg) 510 quelle con germogli vanno abbondanSodio (mg) 10 temente scartate per evitare disturbi, Vitamina B1 (mg) 0,1 (8% RDA) come crampi, diarrea e mal di testa. Vitamina B3 (mg) 2,0 (13% RDA) Le patate hanno un elevato indice Vitamina B6 (mg) 0,4 (29% RDA) glicemico, cioè fanno alzare i livelli di Vitamina C (mg) 16( 18% RDA) glucosio nel sangue come il pane bian-
120 grammi di patate al forno con buccia forniscono:
Ferro (mg)
1,7 (21% RDA)
147
co. Per ridurre gli effetti glicemici basta consumare le patate bollite dopo averle conservate al freddo (si ha retrogradazione dell’amido gel in amido resistente) oppure usando anche aceto per condirle. Rispetto alle patatine fritte, le patate bollite inducono maggiore sazietà. Alcuni erroneamente pensano che le patate ingrassino, il che non è vero. È quel che si mangia con le patate (burro, maionese, salse varie) o come si preparano (fritte!) che fa ingrassare. Meno si aggiunge alla patate, meglio è: poco olio extra vergine d’oliva, erbe aromatiche fresche, succo di limone e niente sale. L Robert et al., Entire potato consumption improves lipid metabolism and antioxidant status, Eur J Nutr 2006; 45:267. M Leeman et al., Vinegar dressing and cold storage lowers postprandial glycemic index and insulinemic responses in healthy subjects, Eur J Clin Nutr 2005; 59:1266. M Leeman et al., Glycemic and satiating properties of potato products, Eur J Clin Nutr 2007 Feb 28.
148
PATATA AMERICANA O PATATA DOLCE La patata dolce (Ipomea batatas) ha una lunga storia di consumo nell’America Centrale e del Sud, da cui il nome di patata americana. È coltivata anche in Italia (Veneto) e viene apprezzata per le sue sapore dolce. Si prepara lessata, al forno oppure come ingrediente di torte. La patata americana è una buona fonte di amido, potassio, vitamina C e fibra. Questi nutrienti (come alcuni polifenoli rappresentati principalmente da acidi caffeoilchinici) sono peraltro presenti anche nella patata bianca (Solanum tuberosum). Ciò che la differenzia da questa è la presenza di beta-carotene e antociani (questi presenti anche nella patata comune però con buccia color porpora), che le conferiscono proprietà antiossidanti. La patata americana è stata oggetto di studio già nel 2004 per le sue proprietà ipoglicemiche ed ipocolesterolemiche. Gli effetti benefici della patata americana (e di un suo estratto noto come Caiapo) nei diabetici sono attribuiti alla capacità di aumentare la sensibilità all’insulina, accrescere i livelli di adiponectina e diminuire quelli di fibrinogeno (fattore aterosclerotico). Una curiosità. La patata americana fermentata con batteri lattici (Lactobacillus plantarum MTCC 1407) fornisce una bevanda probiotica ricca di beta-carotene (pro-vitamina A) e di polifenoli antiossidanti. I Dini et al., New polyphenol derivative in Ipomea batatas tubers and its antioxidant activity, J Agric Food Chem 2006; 54:8733. Y Guan et al., Determination of active ingredients in sweet potato, J Agric Food Chem 2006; 54:24. B Ludvik et al., Improved metabolic control by Ipomea batatas (Caiapo) is associated wih increased adiponectin and decreased fibrinogen levels in type 2 diabetics, Diabetes Obes Metab 2007 July 21. AC Bowell-Benjamin, Sweet potato: a review of its past, present, and future role in human nutrition, Adv Food Nutr Res 2007; 52:1. SH Panda et al., Lactic acid fermentation of beta-carotene rich sweet potato into lacto-juice, Plant Foods Human Nutr 2007; 62:65. KH Han et al., Effects of anthocyanin-rich purple potato on antioxidant status, Brit J Nutr 2007; 98:914.
100 grammi di parte edibile forniscono: Calorie
87
Proteine (g)
1,2
Carboidrati (amido) (g)
24
Zuccheri semplici (g)
1
Fibra (g)
2,4
Grassi totali (g)
0,1-0,2
Potassio (mg)
550
Beta-carotene (mg)
6
Vitamina C (mg)
35
149
PEPERONCINO ROSSO/PEPERONI
150
Il peperoncino rosso viene usato da tempo per esaltare la sapidità di diversi alimenti, ed è un ingrediente di piatti tipici della nostra mensa. Ma, oltre a dare sapore e carattere ai cibi, il peperoncino rosso svolge alcune importanti funzioni benefiche. In particolare, contribuisce a mantenere sotto controllo i lipidi plasmatici (grassi e colesterolo nel sangue). Infatti, il peperoncino rosso stimola la formazione di acidi biliari, percorso principale per eliminare il colesterolo corporeo, ed è in grado di “bruciare” (cioè, favorire l’ossidazione) i grassi circolanti, riducendone così il deposito nei tessuti adiposi. Questo effetto di accresciuto dispendio energetico a carico dei grassi si manifesta se il pasto comprende peperoncino rosso. Inoltre, il principio pungente del peperoncino, la capsaicina32, mantiene più fluido il sangue (è un antiaggregante). L’insieme di questi effetti rende conto delle proprietà anti-aterosclerotiche del peperoncino rosso. Il peperoncino rosso viene anche ritenuto un possibile rimedio per alleviare alcuni sintomi della digestione difficile, come sensazione di gonfiore addominale e nausea. Il peperoncino verde piccante ha caratteristiche simili a quello rosso; rispetto a quest’ultimo contiene meno beta-carotene. Il consumo regolare di peperoncino aumenta la resistenza all’ossidazione delle lipoproteine LDL. Da ricordare che le LDL ossidate sono causa di ateLa capsaicina ha l’inconveniente di causare irrirosclerosi. tazione e pertanto il suo consumo in quantità tali da Controindicazioni: il pelimitare l’accumulo di grasso corporeo può essere peroncino rosso non è inproblematico. Recentemente è stato proposto un dicato agli ipertesi, perestratto di peperoncino rosso “dolce” non punché diminuisce l’effetto gente, il quale contiene capsinoidi, che sono anadei farmaci ipotensivi, loghi della capsaicina privi di effetto pungente. Il cioè che tengono sotto peperoncino rosso “dolce” ha gli stessi effetti fisiocontrollo la pressione. logici di quello piccante, ma si distingue per non influenzare la pressione arteriosa ed il ritmo cardiaco. 32. Il contenuto di capsaicina nei peperoncini varia a seconda delle specie e più alto è il contenuto più è forte (bruciante) il peperoncino. Molto forti sono il peperoncino delle Antille, di Caienna, l’arrabbiato; meno forti sono il peperoncino rosso coltivato nel nostro Meridione e il peperoncino verde. La capsaicina è così “bruciante” che una goccia diluita in 100.000 gocce d’acqua brucia ancora la lingua. Per smorzare il bruciore, si ricorre spontaneamente all’acqua; non va bene. È meglio sorseggiare latte, che assorbe nei suoi grassi la capsaicina e la lega alla caseina, bloccando il bruciore.
Mezzo peperoncino rosso fornisce: Calorie
15
Proteine (g)
1
Carboidrati (g)
4
Fibra (g)
0,6
Grassi totali (g)
0,1
Colesterolo (g)
0
Potassio (mg)
128
Sodio (mg)
3
Vitamina C (mg)
91 (101% RDA)
Beta-carotene (mg)
2,2
Diversamente dal peperoncino rosso, la maggior parte di peperoni normalmente cucinati non contengono la capsaicina, cioè il principio pungente cui sono dovuti gli effetti benefici. Peraltro, sono ottime fonti di vitamina C (fino a 300 mg per etto), vitamina B6 e fibra. Rispetto agli altri peperoni dolci, quelli gialli sono più ricchi di folato e di ferro. Ancora, peperoni gialli e rossi hanno più vitamina C dei verdi. Infine, i peperoni rossi sono un’importante fonte di beta-carotene e criptoxantina e capsantina, mentre quelli arancione lo sono per un altro carotenoide, la zeaxantina, carotenoide importante per la protezione dell’occhio.
152
KG Yeoh et al., Chili protects against aspirin-induced gastroduodenal mucosal injury in humans, Dig Dis Sci 1995; 40:580. M Yoshioka et al., Effects of red pepper added to high-ft and high-carbohydrate meals on energy metabolism and substrate utilization in Japanese women, Brit J Nutr 1998; 80:503 Brit J Nutr 1999; 82:115. M Kwon et al., Red pepper attenuates cholesteryl esters transfer protein activity and atherosclerosis, Clin Chim Acta 2003; 332:37. KD Ahuja et al., Effects of daily ingestion of chilli on serum lipoprotein in adult men and women, Br J Nutr 2006; 96:239. S Hachiya et al., Effects of CH-12 sweet ,a non-pungent cultivar of red pepper, on sympathetic nervous activity, body temperature, heart rate and blood pressure in humans, Biosci Biotechnol Biochem 2007; 71:671. S Hachiya et al., Effects of sweet and hot red pepper on sympathetic nervous activity, body temperature, heart rate, and blood pressure in humans, Biosci Biotechnol Biochem 2007; 71:671. T Sun et al., Antioxidant activities of different colored sweet bell peppers, J Food Sci 2007; 72:S98.
Un peperone grosso fornisce: Calorie
Verde
Rosso
Giallo
44
44
50
2
2
Proteine (g)
2
Carboidrati (g)
11
11
12
Fibra (g)
3,0
3,3
1,7
Grassi totali (g)
0,3
0,3
0,4
Colesterolo (mg)
0
0
0
Potassio (mg)
290
290
394
Sodio (mg)
3
3
4
Vitamina B3 (mg)
-
Vitamina B6 (mg)
0,4 (29% RDA)
0,4 (29% RDA)
-
1,7 (11% RDA) 0,3 (21% RDA)
Vitamina C (mg)
147 (163% RDA)
312 (346% RDA)
342(380% RDA) -
Beta-carotene (mg)
-
5,0
Folato (mcg)
-
-
48 (12% RDA)
Ferro (mg)
-
-
0,9 (11% RDA)
PESCE D’ACQUA DOLCE Il pesce è un’eccellente fonte di proteine dotate di elevato valore biologico (cioè, con composizione in amminoacidi particolarmente idonea a soddisfare le esigenze dell’organismo) e con utilizzazione da parte dell’organismo tra le più alte. Le proteine del pesce hanno buoni livelli di amminoacidi contenenti zolfo, come la cistina e la metionina, che sono costituenti di importanti biomolecole (glutatione, enzimi, fattori di crescita…). Il pesce è anche ricco in fosforo, magnesio, rame, ferro, iodio e vitamine del gruppo B. Limitatamente ai pesci “grassi”, è anche una buona fonte di vitamine A e D. I pesci, in effetti, hanno un modesto contenuto di lipidi. La maggior parte dei pesci ne contiene non più del 4% (questi pesci vengono classificati“magri”, e lo sono molti pesci “pescati”di mare). “Semigrassi” sono i pesci con il 4-10% di lipidi. A questo gruppo appartengono diversi pesci d’acqua dolce, come trote, tinche, luccio… “Grassi” sono i pesci con più del 10% di lipidi; comunque, il più “grasso” dei pesci, l’anguilla (che ha circa il 25% di lipidi), è più magro della carne di maiale. Altri pesci classificati “grassi”, come il salmone, il salmerino, il persico… (o il tonno per il pesce d’acqua salata) lo sono come le carni definite “magre”. Va inoltre precisato che i lipidi presenti nel pesce sono soprattutto insaturi (omega-3 benefici), il che li differenzia dalle carni, che hanno invece acidi grassi prevalentemente saturi, un cui eccesso è tra le cause di cardiovascolari. Per questo, si consiglia di limitare il consumo di carni e consumare pesce almeno 2-3 volte la settimana.
153
154
I pesci d’acqua dolce (lago) più comuni sono citati di seguito. Alborella Piccolo pesce di forma allungata, con squame argentate. Ottimo per i “fritti di lago” e per mettere “in carpione” (il pesce fritto viene lasciato marinare in aceto mescolato a vino bianco, olio, salvia, maggiorana, finocchio e pepe). Cavedano Pesce dalla testa voluminosa (nome dal latino capito, ovvero testa grossa). Polpa piuttosto molle e spinosa. Riservato per zuppe di pesce. Coregone Salmonide, simile alle trote. Vive in profondità, e sale in superficie solo durante gli amori per deporre le uova. Il coregone “lavarello” è comune nei laghi lombardi. Particolarmente apprezzato per la polpa gustosa. Luccio Pesce dal corpo affusolato e marmorizzato (40-70 cm). Polpa bianca e saporita. Pesce persico Pesce di gusto molto delicato, è tra i migliori. Salmerino Affine al salmone, abita i laghi alpini. È uno dei più delicati pesci di lago. Tinca Abita acque tranquille, spesso melmose. Lungo da 15 a 30 cm, ha forma tozza e caratteristici barbigli ai lati della bocca. Pescata in acque limpide, la tinca è un cibo delicato, che ha inoltre il pregio di avere poche spine. Si gusta farcita al forno (Tinca di Clusane-Lago d’Iseo), in padella alla mugnaia o nella zuppa di pesce. Trota Vive nei laghi e fiumi, ed è oggetto di intenso allevamento. La trota di lago può raggiungere la lunghezza di un metro. Con una alimentazione ricca in crostacei, la polpa si colora di rosa (trota salmonata). Ha polpa saporita e si presta per svariate ricette. Ha un contenuto di acidi poliinsaturi omega3 di circa 0,5 g/etto di pesce cotto.
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I pesci d’acqua salata sono molto più numerosi, per cui si rimanda a letture più specifiche per un’adeguata descrizione. Una loro caratteristica è di contenere quantità significative di acidi poli-insaturi omega-333: sgombri, salmone, aringhe ne contengono rispettivamente 2,2 - 1,6 - 1,4 g/etto di pesce cotto; il branzino circa 0,7 g/etto, tonno, sogliola, pescespada e merluzzo 0,1-0,3 g/etto.
P Terry et al., Fatty fish consumption and risk of prostate cancer, The Lancet, 2001; 357:1764 FB HU et al., Fish and omega-3 fatty acid intake and risk of coronary heart disease in women, JAMA 2002; 287:1815. AR Folsom et al., Fish intake, marine omega-3 fatty acids and mortality in a cohort of postmenopausal women, Am J Epidemiol 2004; 160:1005. PG Pietta et al., Sistema immunitario ed Acidi grassi, 2005. KW Wong, Clinical efficacy of omega-3 fatty acid supplementation in patients with asthma, J Am Diet Assoc 2005; 105:98. BM van Gelder et al., Fish consumption and subsequent 5-years cognitive decline in elderly men, Am J Clin Nutr 2007; 85:14. 33. Questi acidi sono importanti per il controllo dei trigliceridi plasmatici e per ridurre il rischio di processi infiammatori (artrite reumatoide), allergici (asma) ed il rischio di cancro alla prostata.
PESCHE/PERE
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Le pesche si collocano tra i frutti meno calorici. Hanno quantità minime di proteine e grassi e solamente un 9% di carboidrati (principalmente saccarosio), cui si deve l’apporto energetico di circa 40 calorie per frutto di medie dimensioni. Il contenuto vitaminico delle pesche è abbastanza limitato: un frutto fornisce circa 2 mg di vitamina B3, 1 mg di vitamina E, 10 mg di vitamina C e 0,5 mg di beta-carotene (pro-vitamina A). Anche il contenuto in minerali è basso: il potassio, come avviene per tutti i vegetali, è il più abbondante (193 mg per frutto). Buono è il contenuto di antiossidanti come le procianidine (da 9 a 70 mg/etto). Le pere hanno livelli simili.
Una pesca di dimensioni medie fornisce: Calorie
42
Proteine (g)
1,0
Carboidrati (g)
11
Fibra (g)
2,0
Grassi totali (g)
0
Colesterolo (mg)
0
Potassio (mg)
193
Sodio (mg)
0
Vitamina C (mg)
10 (11% RDA)
Beta-carotene (mg)
8
Vitamina B3 (mg)
2 (13% RDA)
Vitamina E (mg)
1,0 (7% RDA)
Le pere sono più caloriche delle pesche: un frutto di medie dimensioni apporta circa 100 calorie, dovute quasi totalmente ai carboidrati (24 grammi per frutto, costituiti da fruttosio, sorbitolo e saccarosio). Il profilo vitaminico-minerale è abbastanza simile a quello delle pesche, con eccezione per la fibra, presente nelle pere in quantità doppia (4 grammi per frutto) rispetto alle pesche.
D Ferreira et al., Composition of phenolic compounds in a Portuguese pear and changes after sun-drying, J Agric Food Chem 2002; 50:4537. M Carbonaro et al., Modulation of antioxidant compounds in organic vs conventional fruit (peach, and pear), J Agric Food Chem 2002; 50:5458.
POLENTA La polenta è un cibo preparato con farina di mais ed anche di altri cereali, come il grano saraceno. Consumata in passato come alimento base delle popolazioni po-vere del Nord Italia, è stata causa della pellagra o malattia delle tre D, perché si manifesta con dermatite, diarrea e demenza. Questo era dovuto al fatto che la dieta di queste popolazioni era carente di una importante vitamina, la vitamina B3. Infatti, questa vitamina è abbondante nelle carni e nel pesce, cibi che scarseggiavano su quelle tavole. Al contrario, la polenta ne è priva e, di conseguenza, una alimentazione basata prevalentemente sulla polenta ne determina la carenza e relative conseguenze. Il rischio di pellagra oggi è praticamente nullo, perché la comune dieta comprende alimenti, come carni e pesce che forniscono la vitamina B3. Anche la combinazione con latte (già conosciuta dai valligiani) compensa, in parte, la mancanza di vitamina B3: il latte (come i latticini) contengono proteine ricche di un amminoacido, il triptofano, che nell’organismo si trasforma parzialmente in vitamina B3. Da piatto “povero” la polenta è diventata un piatto persino “troppo ricco”, perché viene consumata con grigliate miste di carne (selvaggina inclusa), brasati, spezzatini, pesce al forno (la tinca di Clusane-Iseo) e formaggi grassi. Queste pietanze sono apprezzate dai buongustai, ma vanno consumate solo occasionalmente e con moderazione. Lo stesso vale per la polenta taragna, che viene preparata con farina di grano saraceno, mantecata con burro e formaggio durante la cottura. Ottimo sapore e gusto, ma bomba calorica, da apprezzare in piccole quantità ed eccezionalmente.
CA Holcomb, J Nutr Elder 2004; 24:1.
157
POMODORO
158
Il pomodoro è un vegetale della famiglia delle Solanaceae, consumato in tutto il mondo non solo come prodotto fresco, ma anche sotto forma di preparati diversi (succo, pasta, purea, salsa, ketchup…). Il pomodoro è composto da circa il 93% di acqua, 0,7-1% di proteine, 0,2-0,3% di grassi e 3,1-3,5% di carboidrati (soprattutto glucosio e fruttosio). Un etto di pomodori fornisce circa 20 mg di vitamina C, cioè 1/3 della dose minima giornaliera raccomandata. Purtroppo, questa vitamina è soggetta a gravi perdite nel corso della preparazione culinaria e della produzione dei vari preparati reperibili in commercio. Altri componenti di rilievo sono i polifenoli (flavonoidi), che condividono con la vitamina C il ruolo antiossidante (cattura di radicali liberi). Ma ciò che distingue il pomodoro dagli altri vegetali è l’alto contenuto di licopene, carotenoide lineare con ben 11 doppi legami coniugati. Diversamente dal beta-carotene, pure presente nel pomodoro, il licopeCalorie 20 ne non è pro-vitaminico A, cioè non Proteine (g) 0,7 viene trasformato nell’organismo in Carboidrati (g) 3,6 vitamina A. Ha invece una forte azioFibra (g) 1 ne antiossidante. Grassi totali (g) 0,3 Il contenuto di licopene, a seconda Colesterolo (mg) 0 delle cultivars, varia da 0,9-9,3 Potassio (mg) 201 mg/100g di bacca. È il licopene che Sodio (mg) 8 conferisce il caratteristico colore rosVitamina E (mg) 0,8 so al pomodoro! Altri vegetali (anguVitamina B9 (mcg) 20 (5% RDA) ria, pompelmo rosa, guava, papaia) lo Vitamina C (mg) 22 (30% RDA) contengono, ma in misura più limitata. Contrariamente alla vitamina C, il Licopene (mg) 0,9-9,3 licopene è abbastanza stabile nelle Altri carotenoidi (mg) 1-5 condizioni di preparazione culinaria o Ferro (mg) 0,4 (5%RDA) industriale, per cui i preparati di poPolifenoli (mg) 4-25 modoro ne contengono discrete quan-
100 grammi di pomodori forniscono:
34
32. I pomodori di intenso colore rosso e lasciati maturare in campo (non in serra) sono i più ricchi di licopene.
tità (la salsa ed il succo 2-3 volte più che nella bacca fresca; la pasta di pomodoro fino a 10 volte di più). Il licopene, come gli altri carotenoidi, è solubile in grassi ed oli; questo significa che il suo assorbimento a livello intestinale è facilitato dalla presenza di questi ingredienti, come avviene nella cucina mediterranea. Una curiosità: la preparazione culinaria favorisce l’assorbimento, perché distrugge la matrice vegetale in cui il licopene è intrappolato. Quali sono le evidenze salutari del pomodoro? È una domanda a cui è difficile dare una risposta univoca. Infatti, mentre si può affermare con certezza che il consumo di frutta/verdura (6-7 porzioni al giorno) riduce il rischio di diverse malattie cronico-degenerative, questo non si può dire per il solo pomodoro. In altri termini, è l’insieme degli alimenti/bevande a base vegetale che fornisce la protezione più che una singola entità. Sicuramente in tale ambito il pomodoro concorre ad accrescere le difese contro l’eccesso di radicali liberi, che è causa non solo di precoce invecchiamento, ma anche di maggiore incidenza di malattie correlate all’invecchiamento. I pomodori ciliegino sono una discreta fonte di vitamina E non accompagnata da grassi. I pomodori seccati al sole sono un’ottima fonte di potassio, ferro e fibra. Infine, i pomodori conservati in scatola senza sale aggiunto conservano buona parte dei loro nutrienti, fatta eccezione per la vitamina C che si dimezza. Una dieta ricca di pomodori (300 g/giorno per un mese) fa crescere del 15% il colesterolo-HDL (buono). PG Pietta, Flavonoids as antioxidants, J Nat Prod 2000; 63:1035. JK Willcox, Tomatoes and cardiovascular health, Crit Rev Food Sci Nutr 2003; 43:1. L Jian et al., Do dietary lycopene and other carotenoid protect against prostate cancer? Int J Cancer 2005; 113:1010. A Blum et al., Effects of tomatoes on the lipid profile, Clin Invest Med 2006;29:298. KD Ahuja et al., Effects of olive oil and tomato lycopene combination on serum lycopene, lipid profile, and lipid oxidation, Nutr 2006; 22:259. KS Bose et al., Effect of lycopene from cooked tomatoes on serum antioxidant enzymes, lipid peroxidation rate and lipid profile in coronary heart disease, Singapore Med J 2007; 48:415. CJ Kavanaugh et al., The U.S. FDA’evidence-based review for qualified health claims: tomatoes, lycopene, and cancer, J Natl Cancer Inst 2007; 99:1074.
159
PRUGNE: NON SOLO AROMA E FIBRA
160
Le prugne sono i frutti del Prunus domestica, originario delle regioni vicine al Mar Caspio, e diffuso in tutto il mondo. Le varietà più apprezzate sono la Regina Claudia, la Burbank, la D’Italia, la D’Agen (queste due ultime particolarmente adatte per essere seccate). Le prugne vengono consumate fresche ed, in buona misura, anche essiccate (dopo la raccolta, le prugne vengono seccate in corrente di aria calda a circa 85°C per 18 ore). Le prugne sono apprezzate per il loro delicato sapore e profumo, e sono note per il loro blando effetto lassativo. Come tutta la frutta, sono molto ricche d’acqua, contengono zuccheri (glucosio, fruttosio, saccarosio e sorbitolo, circa il 20% nelle fresche ed il 70% nelle secche), pochissime proteine (0,8 % nelle fresche – 2,6% nelle secche) e scarsissimi grassi (0,2% nelle fresche – 0,5% nelle secche). Tra gli altri nutrienti (cioè, vitamine e minerali, che sono ubiquitari in frutta e verdura), da segnalare la presenza di vitamine C35 ed E, di potassio (minerale benefico per il sistema cardiovascolare) e di boro (un etto di prugne secche fornisce la quantità giornaliera richiesta di questo oligoelemento, al quale viene attribuito un ruolo nella prevenzione dell’osteoporosi). Le prugne contengono fibre solubili (pectina) ed insolubili (cellulosa ed emicellulose): un etto di prugne fresche fornisce circa 1,7 g di fibra totale; una pari quantità di prugne secche ne fornisce circa 6 grammi. (Il succo di prugne è privo di fibra, perché è stato filtrato prima dell’imbottigliamento!). Questo contenuto di fibre rende conto, insieme all’alto contenuto di sorbitolo (3-5 g per etto nelle fresche e fino a 7 g per etto nelle secche) dell’azione lassativa delle prugne (soprattutto quelle secche). Le prugne sono una ricca fonte di energia, sotto forma di zuccheri semplici, ma non determinano una rapida crescita della glicemia, probabilmente per l’alto con35. Il contenuto in vitamina C delle prugne è abbastanza modesto, come avviene anche per l’uva. Tuttavia, le prugne color viola, come l’uva, contengono antocianine che concorrono ad aumentare l’attività antiossidante e vasoprotettiva della vitamina C.
161
tenuto di fibre (che rallentano l’assorbimento degli zuccheri stessi). Le prugne contengono una grande quantità (110-185 mg/etto) di polifenoli (flavonoidi ed acidi clorogenici), capaci di catturare i radicali liberi e, quindi, inibitori dell’ossidazione delle LDL, con risultanti effetti protettivi del sistema cardio-vascolare. Concorre in questa azione cardioprotettiva il potassio, presente in grandi quantità. Modesti sono i contenuti in carotenoidi (beta-carotene e luteina). M Stacewitz-Sapuntzakis et al.,Chemical composition and potential health effects of prunes: A functional food? Crit Rev Food Sci Nutr 2001; 41:251. BH Arjmandi et al., Dried plumes improve indices of bone formation in postmenopausal women, Womens Health Gend Based Med 2002; 11:61. G Lombardi-Boccia et al., Nutrient and antioxidant molecules in yellow plumes, J Agric Food Chem 2004; 52:90. U Sairanen et al., Yoghurt containing galacto-oligosaccharides, prunes and linseed reduces the severity of mild constipation in the elderly; Eur J Clin Nutr 2007; 61:1423.
SOIA: IL FAGIOLO AMICO DEL CUORE
162
È una leguminosa, originaria della Cina e Giappone, ora coltivata in tutto il mondo. Il frutto è un baccello ricurvo contenente 2-5 semi di colore, forma e dimensioni variabili. (Si coltiva come il fagiolo). I semi hanno un alto valore nutrizionale: contengono proteine (30-40%), grassi (15-20%), carboidrati (10-15%), sali minerali (tra cui, ferro, potassio e magnesio), vitamine del gruppo B ed una particolare classe di fitocomposti, gli isoflavoni. La soia contiene più proteine di altri legumi. Inoltre, le proteine della soia hanno un buon profilo di aminoacidi (specialmente quelli solforati, come metionina e cisteina, che sono generalmente bassi in altri legumi) così da soddisfare i fabbisogni dietetici. Anche i grassi sono presenti in quantità più elevate (rispetto ad altri legumi). Sono di tipo insaturo (cioè, diversi dai grassi di origine animale) e si caratterizzano per un buon rapporto tra acidi omega-6 (acido cis-linoleico) ed acidi omega-3 (acido Calorie 148 linolenico). Il colesterolo è assenProteine (g) 14 te. Il lattosio (zucchero presente Carboidrati (g) 9 nel latte vaccino) è assente. Fibra (g) 5,2 Proprietà della soia Grassi totali (g) 7,7 Proteine di alta qualità Saturi 1,1 Basso contenuto di acidi grassi saturi Monoinsaturi 1,7 Niente colesterolo Poli-insaturi 4,4 Colina (presente nella lecitina Colesterolo (mg) 0 di soia) con azione lipotropa Potassio (mg) 443 Niente lattosio Sodio (mg) 1 Isoflavoni (azione estrogenoVitamina B1 (mg) 0,1 (8% RDA) simile e capacità antiossidanVitamina B2 (mg) 0,3 (27% RDA) te): 60 mg circa sono contenuVitamina B6 (mg) 0,2 (14% RDA) ti in 50 g di farina o proteina Vitamina E (mg) 1,7 (11% RDA) vegetale strutturata, in 250 ml Folato (mcg) 46 (12% RDA) (un quarto di litro) di latte di Ferro (mg) 4,4 (55% RDA) soia e in 100 g di tofu (forMagnesio (mg) 74 (19% RDA) maggio di soia).
Mezza tazza di soia cotta fornisce:
Selenio (mcg)
6 (11% RDA)
I prodotti più noti della soia sono l’olio e la lecitina; altri, meno diffusi, sono il latte, il formaggio e la salsa. Dalla soia sgrassata si ottengono farine e preparati proteici, cioè ricchi di proteine (dal 65% delle farine al 90% degli “isolati proteici). Questi preparati sono alla base di diversi alimenti funzionali, tra cui desserts, yogurt, bevande, granulati, bistecche... (proteina vegetale strutturata ). Accertati sono i benefici a livello cardio-vascolare. Infatti, le proteine di soia, in quantità di circa 25 g/giorno (pari ad una porzione di soia), riducono il colesterolo-LDL (colesterolo cattivo) e i trigliceridi del 6%. Questo effetto è dovuto in parte alla presenza di isoflavoni nelle proteine di soia. il consumo di soia (con apporto di circa 60 mg di isoflavoni/giorno) ha effetti benefici sulla pressione, di cui riduce i livelli. gli isoflavoni di soia contribuiscono ad impedire l’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL), limitando così il rischio aterosclerotico. Gli isoflavoni della soia, per la loro natura di fitoestrogeni36, riducono i disturbi della menopausa (vampate di calore e osteoporosi) e della prostata. M Rivas et al., Soy milk lowers blood pressure in men and women with mild to moderate essential hypertension, J Nutr 2002; 132:1900. KD Setchell et al., Dietary phytoestrogens and their effect on bone: evidence from in vitro and in vivo, human observational, and dietary intervention studies, Am J Clin Nutr 2003; 78:593S. AM Cuevas et al., Isolated soy protein improves endothelial function in postmenopausal hypercholesterolemic women, Eur J Clin Nutr 2003; 57:889. YM Chen et al., Beneficial effects of soy isoflavones on bone mineral content, Menopause 2004; 11:246 TD Lund et al., Androgen receptor expression in rat prostate is down regulated by dietary phytoestrogens, Reprod Biol Endocrinol 2004; 2:5. E Lydeking-Olsen et al., Soymilk or progesterone for prevention of bone loss -a 2 year randomized, placebo- controlled trial, Eur J Clin Nutr 2004; 43:246. A Cassidy et al., Critical review of health effects of soybean phytoestrogens in post-menopausal women, Proc Nutr Soc 2006; 65:76. K Reinolds et al., A meta-analysis of the effect of soy protein supplementation on serum lipids, Am J Cardiol 2006; 98:633. FH Liao et al., Effectiveness of a soy-based compared with a traditional low-calorie diet on weight loss and lipids levels in overweight adults, Nutrition 2007;23:551. 36. Il latte di soia e derivati non devono essere consumati da bambini sotto i tre anni di età.
163
SPINACI Gli spinaci sono una verdura eccezionale: una tazza di spinaci cotti offre un particolare insieme di vitamine e minerali, tra cui emergono le vitamine B2 e B6, il folato, il potassio e il magnesio. Inoltre, gli spinaci sono una fonte eccezionale di beta-carotene (6-9 mg/100 g di fresco) (pro-vitamina A), luteina (8-12 mg/100 g di fresco) e zeaxantina, che vengono mascherati dall’intenso colore verde della clorofilla37. È importante notare che gli spinaci forniscono ferro ed, in misura minore calcio, ma questi minerali non sono ben utilizzabili dall’organismo, perché l’acido ossalico presente negli spinaci ne limita l’assorbimento. Il valore nutrizionale degli spinaci è quindi Calorie 41 fondato su altri nutrienti (fibra inProteine (g) 4 clusa) più che sul ferro! Carboidrati (g) 6
Una tazza di spinaci cotti forniscono:
164
L Lomnitski al., Composition, efficacy, and safety of spinach products, Nutr Cancer 2003; 46:222. P Riso et al., Bioavailability of carotenoids from spinach and tomatoes, Nutr Metab Cardiovasc Dis 2004; 14:150. DA Kapsell et al., Carotenoid-rich spinach influences human serum carotenoid levels and macular pigment optical density following a 12-week dietary intervention, J Agric Food Chem 2006; 54:7998.
Fibra (g)
4,3
Grassi totali (g)
0,5
Saturi
0,1
Poli-insaturi
0,2
Colesterolo (mg)
0
Potassio (mg)
839
Sodio (mg)
126
Beta-carotene (mg)
8,9
Vitamina B1 (mg)
0,2 (17% RDA)
Vitamina B2 (mg)
0,4 (36% RDA)
Vitamina B6 (mg)
0,4 (29% RDA)
Vitamina C (mg)
18 (20%RDA)
Vitamina E (mg)
1,7 (11% RDA)
Folato (mcg)
263 (66% RDA)
Calcio (mg)
245 (20% RDA)
Ferro (mg)
6,4 (80% RDA)
Magnesio (mg)
157 (39% RDA)
Zinco (mg)
1,4 (13% RDA)
37. Per aumentare l’assorbimento di questi importanti carotenoidi liposolubili, cioè che si sciolgono bene nei grassi, è importante consumare gli spinaci con moderate quantità di olio extra vergine di oliva.
TACCHINO Il tacchino, come il pollo, è paragonabile al manzo/vitello per qualità e quantità di proteine. Anche l’apporto di vitamine e minerali è pressoché simile, ad eccezione del ferro e dello zinco che sono più abbondanti nelle carni bovine. Ciò che distingue nettamente tacchino e pollo da carni bovine sono i grassi: 4 g/etto di filetto di vitello, 9 g/etto di filetto di manzo e 0,6 g/etto di petto di tacchino (senza pelle) e 3 g/etto di petto di pollo senza pelle38. Il petto di tacchino è quindi la carne più magra disponibile! Le cosce di tacchino e pollo, sempre private della pelle, sono più ricche di grassi: rispettivamente 4 e 9 g/etto; in compenso, hanno un contenuto di ferro e vitamina B2 più alto di quello del petto. Le cosce di tacchino e pollo forniscono circa il 15% della RDA di vitamina B2.
Una porzione cotta di 80 grammi fornisce: Petto tacchino
Petto pollo
Filetto manzo
Filetto vitello
Calorie
115
140
183
36
Proteine (g)
26
26
25
4
Carboidrati (g)
0
0
0
0
Grassi totali (g)
0,6
3
8,5
4
Grassi saturi (g)
0,2
0,3
3,4
1,4
Colesterolo (mg)
71
72
76
88
Potassio (mg)
248
219
328
331
Sodio (mg)
44
63
55
58
Vitamina B2 (mg)
1,6 (15% RDA)
1,6 (15% RDA)
0,2 (18% RDA)
0,3 (27% RDA)
Vitamina B3 (mg)
6,4 (45% RDA)
12 (80% RDA)
3,5 (23% RDA)
8,5 (56%RDA)
Vitamina B6 (mg)
0,5 (36% RDA)
0,5 (36% RDA)
0,4 (28% RDA)
0,3 (21%RDA)
Vitamina B12 (mcg)
0,3 (12% RDA)
0,3 (12% RDA)
2,3 (96% RDA)
1,0 (41%RDA)
Zinco (mg)
1,5 (13%RDA)
--
5,3 (48%RDA)
0,8 (10%RDA)
Selenio (mcg)
26 (47%RDA)
23 (42%RDA)
--
-
Ferro (mg)
1,3 (16%RDA)
0,9 (11%RDA)
2,8 (35% RDA)
0,8 (10%RDA)
38. Da tener presente che la maggior parte dei grassi è contenuta nella pelle, che va eliminata.
165
TÈ
166
Il tè viene preparato dalle foglie di Camellia sinensis secondo processi che sono diversi, a seconda che si voglia ottenere tè verde o tè nero. Il tè verde si prepara sottoponendo le foglie appena colte ad una corrente di aria molto calda per disattivare i processi di fermentazione (ossidazione catalizzata da polifenolossidasi), e poi facendole seccare. Al contrario, il tè nero viene ottenuto lasciando le foglie fresche in ambiente molto umido a temperatura ambiente (circa 30°C) per diverse ore (10-20 ore), e poi seccando le foglie. In queste condizioni, le foglie fermentano, cioè si hanno reazioni di ossidazione con imbrunimento delle foglie stesse. Il tè oolong è una via di mezzo, perché la fermentazione è di breve durata. Il tè verde contiene le catechine (flavonoidi) originarie, mentre il tè nero contiene soprattutto i prodotti di condensazione delle catechine. Tutti i tipi di tè contengono caffeina. Quest’ultima rappresenta il fattore limitante per il consumo di tè. Infatti, l’apporto giornaliero considerato sicuro (per le persone sane) di caffeina è di circa 3 mg/kg di peso corporeo, il che significa che si possono bere circa sei tazze di tè (contro le 2-3 di caffè). Bere sei tazze di tè apporta circa 600 mg di catechine libere o condensate (a secondo che si beva tè verde o nero). Questa è una quantità molto significativa, anche se va precisato che in Italia è difficile avere un tale consumo di tè. Tuttavia, anche una-due tazze al giorno, bevute regolarmente, sono benefiche. Infatti, il tè ha diverse proprietà positive, vantate da secoli dagli Asiatici ed in parte riconosciute anche dalla ricerca moderna. Il tè è una bevanda antiossidante, cioè con grande capacità di contrastare i radicali liberi, causa di malattie cronico-degenerative. Già dopo il consumo di una tazza di tè, si può riscontrare l’aumento della capacità antiossidante del plasma. Questo effetto positivo si prolunga per circa due ore. Un consumo regolare di tè aumenta la resistenza delle LDL (lipoproteine circolanti nel sangue) nei confronti dell’ossidazione. Ciò è importante, perché le LDL ossidate sono una delle cause dell’aterosclerosi. Questo dato sperimentale è confortato da osservazioni epidemiologiche, secondo le quali il consumo regolare di tè è associato ad un minor rischio di alcune malattie cardiovascolari. Il consumo regolare di tè ha un effetto di risparmio delle vitamine antiossidanti, in particolare della vitamina E, che è il più importante antossidante presente nelle membrane di tutte le cellule. Anche questo concorre a limitare i rischi di malattie cronico-degenerative. Il tè ha proprietà termogeniche, cioè favorisce il dispendio delle calorie introdotte con la dieta attraverso la produzione di calore. In altre parole, le calorie assunte non vengono immagazzinate nell’organismo, ma disperse sotto forma di
167
calore. Questo effetto è dovuto non solo alla caffeina (aumento del cAMP e conseguente attivazione delle catecolammine), ma anche ai flavonoidi (inibitori degli enzimi che degradano le catecolammine). Inoltre, il tè promuove l’ossidazione dei grassi (brucia-grassi), e ne limita l’assorbimento (inibizione delle lipasi intestinali). Per la presenza di teobromina, il tè ha effetti diuretici. I componenti polifenolici del tè contribuiscono a prevenire la proliferazione dei batteri responsabili della carie dentale. Il tè contiene un amminoacido particolare, la teanina, che ha proprietà rilassanti. L’attività chemiopreventiva del tè è documentata da studi su animali e da osservazioni epidemiologiche. Meno definita è la situazione per l’uomo. Non mancano gli studi, ma i risultati non sono univoci. In conclusione, è opportuno precisare che gli effetti cardioprotettivi e quelli
(eventuali) chemiopreventivi del tè sono sicuramente dovuti anche ad altri fattori ambientali. In particolare, si è osservato che chi beve regolarmente tè consuma anche più frutta e vegetali, non fuma o fuma poco e pratica attività fisica. Ciò suggerisce che il consumo di tè si accompagna (di norma) ad uno stile di vita più salutare, cosa questa che sicuramente contribuisce a determinare gli effetti benefici attribuiti al tè.
168
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UVA L’uva è uno dei frutti più ricchi di zuccheri, mediamente da 15 a 18 grammi per etto ed anche più, contro un contenuto in altra frutta fresca che non supera i 12 grammi per etto. I carboidrati dell’uva sono egualmente ripartititi in fruttosio e glucosio. L’uva è quindi un frutto molto calorico, al pari del fico fresco; solo la banana con le sue 90 calorie per etto la supera. Il colore dell’uva è dovuto a pigmenti vari: clorofilla e antocianine, quest’ultime per l’uva nera. Altre sostanze di natura polifenolica39, catechine e loro derivati tannici, conferiscono all’uva una caratteristica astringenza. I semi d’uva sono particolarmente ricchi di catechine condensate (procianidine oligomeriche) dotate di un forte potere antiossidante. La vitamina C è presente in piccole quantità; ciò nonostante, viene utilizzata al meglio dall’organismo per la presenza simultanea nell’uva di antocianine e polifenoli . Tra le vitamine del gruppo B, quelle meglio rappresentate sono le vitamine B1 e B6. Il potassio spicca tra i minerali; il sodio Calorie 72 è praticamente assente, per cui ne risulta un Proteine (g) 0,5 rapporto potassio/sodio elevato, che confeCarboidrati (g) 15-18 risce all’uva proprietà diuretiche. Fibra (g) 0,8
Un etto di uva fornisce:
Grassi totali (g) Saturi (g) Poli-insaturi
0,4 0,1 0,2
Colesterolo (g)
0
Potassio (mg)
250
Sodio (mg)
2
Vitamina B1 (mg)
0,1 (8% RDA)
Vitamina B6 (mg)
0,1 (7% RDA)
Vitamina C (mg)
8 (9 % RDA)
Y Yilmaz et al., Major flavonoids in grape seeds and skins: antioxidant capacity of catechin, epicatechin, and gallic acid, J Agric Food Chem 2004; 52:255. AE Banini et al., Muscadine grape products intake, diet and blood constituents of non-diabetic and type 2 diabetic subjects, Nutrition 2006; 22:1137. A Davalos et al., Red grape juice polyphenols alter cholesterol homeostasis and increase LDL-receptor activity in human cells (hypocholesterolemic effect), J Nutr 2006; 136:1766. P Castilla et al., Concentrated red grape juice exerts antioxidant, hypolipidemic, and anti-inflamatory effects in both hemodialysis patients and healthy subjects, Am J Clin Nutr 2006; 84:252.
39. I polifenoli dell’uva nera (circa 200 mg/etto) hanno un reale interesse nutrizionale, perché potenziano l’azione della vitamina C e proteggono il sistema vascolare, aumentando la resistenza dei piccoli vasi sanguigni.
169
YOGURT
170
Lo yogurt è il prodotto di fermentazione del latte ad opera di batteri, di cui i principali sono il Lactobacillus bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus. Questi batteri utilizzano lo zucchero del latte (il lattosio) per formare acido lattico. Uno yogurt al giorno non vuol dire meno visite dal medico, ma vi sono comunque molte buone ragioni per consumarlo regolarmente ogni giorno. Un vasetto di yogurt fornisce circa 400 mg di calcio, più dei 300 mg forniti da una eguale quantità di latte. Il calcio dello yogurt è inoltre assorbito più facilmente (pH acido dello yogurt). Uno yogurt contiene più proteine di una pari quantità di latte e tali proteine sono in parte già predige-rite, quindi più facilmente disponibili per l’organismo. Lo yogurt contiene più acidi linoleici coniugati (CLA) del latte di partenza; questi acidi hanno proprietà immunostimolanti. Lo yogurt (non pastorizzato) contiene batteri benefici, che tendono a riequilibrare la flora intestinale, con il risultato di regolarizzarne le funzioni. I fermenti usati per preparare lo yogurt trasformano il lattosio (cioè, lo zucchero del latte) in acido lattico; quindi, si sviluppa acidità che favorisce nell’intestino lo sviluppo della flora acidofila, cioè quella che contrasta i fenomeni putrefattivi. Per la minore presenza di lattosio (rispetto al latte), lo yogurt è ben tollerato anche dalle persone intolleranti al lattosio. Da notare che tale intolleranza aumenta con l’avanzare dell’età, cioè proprio quando è più grande il fabbisogno di alimenti, come il latte, che forniscono calcio protettivo del tessuto osseo. Il consumo di yogurt, in sostituzione isocalorica di altri cibi, determina una
significativa riduzione di massa grassa; in particolare, viene ridotta l’obesità addominale. Lo yogurt, consumato regolarmente, tiene sotto controllo i livelli di omocisteina, fattore di rischio aterosclerotico. Lo yogurt migliora l’assorbimento dello zinco (minerale importante per le difese immunitarie) nelle persone con dieta ricca di vegetali. Lo yogurt facilita l’eradicazione dell’Helicobacter pylori (causa dell’ulcera gastrica). Il consumo di yogurt probiotico, cioè addizionato di probiotici come i batteri lattici, accresce i livelli di colesterolo-HDL (buono) e influenza positivamente la microflora intestinale (microbiota) nei soggetti intolleranti al lattosio. Il kefir è un latte fermentato (bevanda) ad opera di batteri lattici, lieviti e batteri acetici intrappolati in una matrice di polisaccaridi e proteine. Al kefir sono riconosciute proprietà immunomodulanti. G Kiessling et al., Long-term consumption of fermented (L. acidophilus and B. Longum) dairy products over 6 months increases HDL-cholesterol, Eur J Clin Nutr 2002; 56:843. D Pantoflickova et al., Favourable effect of regular intake of fermented milk containing Lactobacilus johnsonii on Helicobacter pylori associated gastritis, Aliment Pharmacol Ther 2003; 18:805 O Adolfsson et al., Yogurt and gut function, Am J Clin Nutr 2004; 80:245. CG Vinderola et al., Immunomodulating capacity of kefir, J Dairy Res 2005;72:195. F Lopitz-Otsoa et al., Kefir: a symbiotic yeasts-bacteria community with alleged healthy capabilities, Rev Iberoam Micol 2006; 23:67. T He et al., Effects of yogurt and bifidobacteria supplements on the colonic microbiota in lactoseintolerant subjects, J Appl Microbiol 2007 Oct 10. AL Meyer et al., Probiotic, as well as conventional yogurt, can enhance the production of pro-inflammatory cytokines, J Human Nutr Diet 2007; 20:590. Yogurt Latte
250 grammi di yogurt o di latte intero forniscono: Calorie
182
182
Proteine (g)
9,7
8
Carboidrati (g)
12,1
12,7
Grassi totali (g)
10,2
9,0
5,1
4,9
Colesterolo (mg)
Saturi
32
33
Vitamina B2 (mg)
0,5 (45% RDA)
0,4 (36% RDA)
Vitamina B12 (mg)
1,4 (58% RDA)
1,5 (63% RDA)
Selenio (mcg)
8 (15% RDA)
5,4 (10% RDA)
Zinco (mg)
2,2 (20% RDA)
1,25 (11% RDA)
171
ZUCCA La zucca è una fonte eccezionale di carotenoidi diversi. Alcuni, come l’alfa- ed il beta-carotene sono pro-vitaminici A, nel senso che nell’organismo vengono trasformati in vitamina A, importante per la visione, la formazione delle ossa, la crescita cellulare e le difese immunitarie. Altri, come la luteina, proteggono gli occhi dal rischio di cataratta e degenerazione maculare. Altri nutrienti significativi della zucca sono la fibra, il potassio, il ferro, le vitamine B2, C ed E. Inoltre, la zucca offre non solo una polpa deliziosa per minestroni, paste ripiene (ravioli…), sfornati vari, ma anche semi
172
che contengono preziosi nutrienti: grassi insaturi essenziali, vitamina E, ferro, magnesio, zinco, fitosteroli (vedi scheda Fitosteroli) e squalene. E Gonzalez et al., Carotenoid composition and vitamin A value of an Argentinian squash, Arch Latinoam Nutr 2001; 51:395. Breithaupt et al., Differentiation between lutein esters form marigold fowers and several fruits, J Agric Food Chem 2002; 50:66. E Ryan et al., Phytosterol, squalene, tocopherol content and fatty acids profile of selected seed, grains, and legumes, Plant Foods Calorie Human Nutr 2007;62:85. Proteine (g)
Zucca cotta (100 gr)
Semi sgusciati (30 g)
49
153
2
7
Carboidrati (g)
12
5
Fibra (g)
2,7
1,1
Grassi totali (g)
0,2
13
0,1
2,5
Saturi Monoinsaturi
-
4,0
Poli-insaturi
-
6,0
Colesterolo (mg)
0
Potassio (mg)
0
564
229
Sodio (mg)
0
Vitamina B2 (mg)
0,2
Vitamina C (mg)
12
Vitamina E (mg)
2,7
Beta-carotene (mg)
16
-
Magnesio (mg)
-
152
Ferro (mg)
1,4
Zinco (mg)
-
Beta-sitosterolo (mg) 8,2 Squalene (mg)
3,1
173
5 (18% RDA) (13% RDA) (17% RDA)
(18% RDA)
3,1
(21% RDA)
(38% RDA)
4,3
(54% RDA)
2,1
(19% RDA)
capitolo sei
Consigli nutrizionali specifici
A PROPOSITO DELL’ALCOL? “SE SÌ”, CON MODERAZIONE!
U
n grammo di alcol fornisce ben 7 kcal! Una unità alcolica (UA) corrisponde a 12 grammi di alcol, cioè 84 kcal. Un bicchiere di vino (125 ml) di 12 gradi oppure una birra (330 ml) di 4,5 gradi forniscono una UA. Una UA circa è fornita da 75 ml di vermouth, marsala e da 40 ml di superalcolici. L’organismo non ha una cantina per conservare l’alcol! Un uomo di 70 kg metabolizza 6g/ora di alcol; quindi, per smaltire 1 bicchiere di vino (12 grammi di alcol) occorrono circa 2 ore! I consumi accettabili sono: 2-3 UA/giorno per l’uomo (a pasto) 1-2 UA/giorno per la donna (a pasto) Il consumo durante i pasti riduce l’alcolemia. Le bevande alcoliche possono essere consumate secondo le modalità predette solo da persone in buon stato di salute e comunque vanno evitate nei periodi dell’infanzia e adolescenza (mi-
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nore capacità metabolica e maggiore rischio di abuso) e durante la gravidanza ed allattamento. Gli anziani hanno minore capacità metabolica e devono limitarsi ad 1 UA/giorno.
Alcol e farmaci
176
Molti farmaci vengono metabolizzati a livello epatico per azione degli stessi enzimi che metabolizzano l’alcol. Quindi, vi può essere interferenza con il risultato di alterare l’attività (aumento o diminuzione) del farmaco assunto. Sedativi, ipnotici, antidepressivi, ansiolitici, analgesici, antibiotici,antipiretici, anticoncezionali, ipoglicemizzanti, sulfamidici sono tra i farmaci che interagiscono con l’alcol. È opportuno seguire le indicazioni riportate nel foglietto illustrativo.
Non è vero che l’alcol aiuti la digestione, anzi la rallenta e produce iperacidità gastrica. Non è vero che il vino faccia buon sangue, anzi un suo abuso provoca anemia e fa aumentare i trigliceridi plasmatici. Non è vero che le bevande alcoliche dissetino, anzi disidratano, perché l’alcol aumenta le perdite di acqua con le urine. Non è vero che l’alcol aiuti a riprendersi da uno shock; al contrario, fa diminuire il flusso di sangue al cervello.
Effetti dell’alcol nella prima ora dopo il consumo Quantità (U.A.)
Alcolemia (g/l)
Effetti
1-1,5 (m) 1 (f) 2 (m) 1,2 (f) 2,5 (m) 1,5 (f) 3-5 (m) 2,5-4 (f)
0,2-0,3 0,4
Alterazione senso benessere, riflessi debolmente alterati Alterazione percezione sensi
0,5
Riduzione della visione
0,6-1,0
Ebbrezza, confusione eloquio, alterazione coordinazione motoria
m= maschi
f= femmine
ACIDOSI Alcuni alimenti possono avere effetti acidificanti, cioè causare uno spostamento dei valori di pH del sangue verso l’acidità (acidosi), mentre altri hanno effetti opposti. Carni, pesce, uova, formaggi, cereali appartengono al primo gruppo; il loro effetto acidificante è dovuto alla presenza di proteine ricche di amminoacidi solforati (da cui si forma l’acido solforico) e di fosfati. Legumi (fagioli, piselli, ceci, lenticchie…), patate, frutta secca, ortaggi vari e frutta hanno invece effetti anti-acido. Questo è dovuto alla presenza di proteine con ridotto contenuto di amminoacidi solforati (come avviene per i legumi) oppure alla scarsità di proteine, come nel caso di frutta e ortaggi. In questi ultimi è molto abbondante il potassio, che è sotto forma di sali organici, come il citrato, il quale nell’organismo ha un effetto anti-acido40. Oltre che da alcuni alimenti, l’acidosi è favorita da specifici fattori, come diete ricche di grassi e povere di carboidrati (in questa situazione l’organismo utilizza i grassi come fonte energetica con produzione di corpi chetonici acidi), esercizio fisico intenso (produzione di acido lattico), fumo/alcol e malattie, come il diabete (ricorso ai grassi come fonte energetica a causa della resistenza all’insulina) e l’insufficienza renale (diminuita eliminazione di acidità attraverso le urine). Dall’acidosi, soprattutto quella latente, bisogna difendersi perché a lungo termine può provocare danni, quali perdita di calcio dalla massa ossea (il calcio viene smobilitato dall’osso per neutralizzare l’acidità), minore forza contrattile dei muscoli, incluso quello cardiaco e resistenza all’insulina. Le principali indicazioni per limitare l’acidosi sono: Ridurre il consumo di proteine animali, sostituendole per la metà con proteine vegetali da legumi vari; Ridurre il consumo di grassi (soprattutto animali per avere anche effetti benefici sul sistema cardiovascolare); 40. Da notare che anche frutti apparentemente acidi, come gli agrumi, hanno un effetto anti-acidosi, cosa che non è percepita dal consumatore.
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Ridurre il consumo di sale (che potenzia gli effetti acidificanti); “Sposare “cibi acidificanti con quelli ad effetto contrario, come ad esempio pasta + ceci, carne magra + patate, uova + ortaggi freschi, prosciutto + melone…; Ricorrere, dietro consiglio di esperti, ad integratori di sali organici basici. Il pH dell’urina è un indicatore di un eventuale stato di acidosi e può essere facilmente misurato con apposite striscie.
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L’acidosi non ha niente a che vedere con l’acidità gastrica. Per meglio comprendere, bisogna ricordare che le ghiandole presenti nella mucosa gastrica secernono acido cloridrico che contribuisce alla digestione delle proteine. Quindi è fisiologico il fatto che il succo gastrico sia acido. Tuttavia, in caso di produzione eccessiva di acido cloridrico (ipercloridria o iper-acidità), si ha un aumento anomalo di questo acido nel succo gastrico .Questo causa una serie di distubi come bruciori di stomaco, gastrite, ulcerazioni nella parte terminale dell’esofago e ulcere duodenali. Cibi fortemente speziati, abuso di alcol, pasti iperproteici vanno moderati, perché stimolano la secrezione di acido. Concorrono a determinare iperacidità il fumo e gli stress di qualsiasi tipo. L’ipercloridria non è un disturbo permanente. I fattori che la inducono possono essere eliminati con conseguente normalizzazione del contenuto acido del succo gastrico. Oltre agli accorgimenti alimentari e comportamentali sopraddetti, si puo’ far ricorso a preparati antiacidi per alleviare temporaneamente il disturbo, che comunque non va sottovalutato. Per questo è bene consultare il medico per una diagnosi e cura più appropriate.
ALLERGIE/INTOLLERANZE ALIMENTARI Il cibo può talvolta determinare reazioni avverse, che, secondo stime recenti, interessano il 2-3% delle persone. Tali reazioni sono essenzialmente di due tipi: tossiche, dovute al consumo di cibi avariati, inquinati, avvelenati; tutte le persone ne sono potenzialmente soggette. non tossiche, che si manifestano solo in alcune persone sensibili verso alcuni cibi. Queste ultime possono mettere in gioco il sistema immunitario oppure no. Nel primo caso si tratta di allergie alimentari, mentre le reazioni non mediate dal sistema immunitario sono definite intolleranze alimentari. Le allergie alimentari rappresentano circa il 5% del totale delle reazioni avverse agli alimenti, e quindi sono molto meno frequenti delle intolleranze (95%). Le allergie si hanno in seguito al consumo, anche in piccole quantità, di un cibo che contenga sostanze allergizzanti (allergeni di natura proteica), e si manifestano entro tempi brevi dal consumo del cibo verso cui si è sensibili. I cibi allergenici più comuni sono: il latte vaccino (caseine e lattoglobuline), uova (ovomucoide e ovoalbumina), pesce (parvalbumina), soia (glicinina), arachidi, mele, sedano, crostacei. Anche pomodori e fragole contengono particolari proteine che possono scatenare una reazione allergica. Gli allergeni introdotti con questi cibi inducono la formazione di anticorpi, in particolare di IgE che, attraverso un meccanismo complesso, determinano il rilascio o la produzione di mediatori infiammatori (istamina, serotonina, prostaglandine, leucotrieni, ed altre). Sono questi mediatori i responsabili dei sintomi tipici dell’allergia, cioè prurito, pizzicore con comparsa di vescicole e gonfiore labiale, vomito, diarrea, orticaria, edema e, in alcuni casi gravi, shock anafilattico (grave reazione sistemica). Diversamente dalle allergie, le intolleranze alimentari
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Alimenti implicati in reazioni di intolleranza alimentare (per l’alto contenuto di istamina, tiramina, feniletilamina, glutammato) Fragole (istamina) Cioccolato (tiramina, feniletilamina) Ananas e frutti esotici (istamina) Tonno, Sarde, Aringhe e Sgombri (istamina) Salumi (istamina) Crauti (tiramina, istamina) Birra (tiramina)
Pomodori (istamina) Albume d’uovo (tiramina) Crostacei (istamina) Formaggi stagionati (istamina) Alcuni vini, sia bianchi che rossi (tiramina) Salsa di soia, cibi cinesi (glutammato) Agrumi (octopamina)
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richiedono un tempo più lungo per manifestarsi e sono dose-dipendenti, cioè dipendono dalla quantità e frequenza di consumo. Alcune intolleranze sono dovute a difetti enzimatici, cioè alla mancanza di particolari proteine preposte all’utilizzo di alcuni nutrienti (è il caso della lattasi, enzima che scinde il lattosio o zucchero del latte), altre a malassorbimento (è il caso del glutine del frumento, segale, avena ed orzo e loro derivati per i celiaci), altre ancora si manifestano in seguito all’assunzione di cibi che contengono oppure inducono il rilascio di mediatori infiammatori. In particolare, pomodori e fragole contengono istamina nonché composti in grado di indurre la sua produzione nell’organismo.
Reattività crociate (cross-reazioni) tra allergeni da polline ed allergeni alimentari Betulla Nocciolo Parietaria Graminacee Ambrosia
Mela, pera, pesca, albicocca, prugna, ciliegia, banana, noce, nocciola, sedano, finocchio, carota Mela, pesca, ciliegia, carota, limone Basilico, ciliegia, melone Pomodoro, melone, anguria, arancia, kiwi, frumento Melone, banana
Altre intolleranze sono provocate da additivi diversi41, come alcuni coloranti (tartrazina), alcuni conservanti (solfiti), alcuni dolcificanti sintetici (aspartame, saccarina), il glutammato (dadi, cucina orientale), i nitrati addizionati agli insaccati e carni in scatola, alcuni antiossidanti sintetici e la tiratina, componente naturale di alcuni formaggi, cioccolato, banane… A volte vi è interazione tra gli allergeni alimentari e quelli ambientali, come il polline, con il conseguente aumento delle reazioni avverse. R Hallet et al., Food allergies and sensitivities, Nutr Clin Care 2004; 7:122. JM Spergel et al., Food allergies and additives: triggers in asthma, Immunol Allergy Clin North Am 2005; 25:149. KJ Allen et al., Food allergy in childhood, Med J Aust 2006; 185:394. G Kanny, Food Allergy, Rev Prat 2007; 57:1331. AS Kemp, Egg allergy, Pediatr Allergy Immunol 2007; 18:696. Y Vandenplas et al., Guidelines for the diagnosis and management of cow’s milk protein allergy in infants, Arch Dis Child 2007; 92:902.
41. E102, tartrazina, conferisce colore giallo a bevande, sottaceti, maionese…; E220, anidride solforosa, in marmellate, succhi, frutta essiccata, vini…; E221–E227, solfiti vari, in vari prodotti confezionati; E620–E623, glutammati, in patatine, sughi pronti, funghi secchi, dadi, insaccati, nella cucina cinese.
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ALLERGIE STAGIONALI Il normale compito del sistema immunitario è quello di difendere l’organismo dagli agenti estranei, come batteri e virus. Tuttavia, nel caso delle allergie, il sistema immunitario risponde ad un “falso allarme”, nel senso che considera come offensiva una sostanza che invece non lo è per la maggior parte di noi. Infatti, quando una persona predisposta ad
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allergie viene a contatto per la prima volta con un allergene, cioè con una sostanza che può provocare allergia, il sistema immunitario produce una grande quantità di particolari anticorpi (cioè, proteine di difesa), detti immunoglobuline E (IgE). Ciascuna IgE è specifica per una particolare sostanza allergizzante. Nel caso dei pollini, un tipo di IgE viene prodotta per il polline di pioppo, un’altra per il polline di betulla e così via. Inoltre, una volta prodotte, le IgE si legano saldamente ad alcune cellule immunitarie (mastociti dei tessuti e basofili del sangue), dove rimangono all’erta, cioè pronte ad intervenire in occasione di un nuovo incontro con lo specifico allergene. Infatti, quando la persona allergica viene nuovamente a contatto con l’allergene (ad es., il polline di pioppo), questo si lega alla specifica IgE, come una chiave (allergene) entra nella sua serratura (IgE). A questo punto, si apre il segnale alla cellula di rilasciare e/o produrre potenti sostanze infiammatorie, come l’istamina e molte altre. Queste sostanze sono responsabili dei sintomi tipici dell’allergia, cioè starnuti, occhi, naso, gola che bruciano, occhi che lacrimano, naso che cola, respiro affannoso e (nei casi più gravi) asma. Le persone allergiche spesso sono sensibili nei confronti di più allergeni, di cui i più comuni sono i pollini, le polveri, le muffe, alcuni alimenti, il veleno degli insetti ed alcuni farmaci. Si ritiene che vi sia una predisposizione ereditaria ad essere allergici, cioè ad essere più sensibili nei confronti di uno o più allergeni. Infatti, bambini di genitori (anche uno) allergici sono più soggetti a sviluppare allergie. Inoltre, sembra che l’esposizione ad allergeni in particolari periodi di debilitazione delle difese corporee (stress, infezioni, convalescenza, gravidanza, cambi stagionali…) contribuisca a promuovere allergie. Gli accorgimenti nutrizionali sono di tipo preventivo, cioè mirati a rafforzare le difese dell’organismo, rendendole meno sensibile a sviluppare allergie. Allo scopo sono indicati alimenti ricchi di vitamine C, E, flavonoidi, zinco, acidi grassi poli-insaturi oppure relativi integratori42. G Nagel et al., The influence of dietary intake of fatty acids and antioxidants on hay fever in adults, Allergy 2003; 58:1277. E Shahar et al., Effect of vitamin E supplementation on the regular treatment of seasonal allergic rhinitis, Ann Allergy Asthma Immunol 2004; 92:654.
42. Anti-istaminici, steroidi ad uso topico nasale, decongestionanti delle vie nasali sono gli strumenti per trattare i sintomi della rinite allergica stagionale. L’immunoterapia è in grado di ridurre i sintomi ed anche l’entità della medicazione. In questo caso, ai soggetti allergici si praticano iniezioni sottocutanee di quantità crescenti di allergene o allergeni verso cui sono sensibili. Queste iniezioni fanno diminuire la produzione di IgE e stimolano l’organismo a produrre un altro tipo di immunoglobuline, le IgG che sono protettive.
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ASPARAGI, CAROTE, SEDANO E PREZZEMOLO
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L’asparago (dal greco asparagos che significa germoglio), già conosciuto dagli Egizi e nell’antica Roma, cibo prediletto dei re di Francia, che ne hanno diffuso la coltivazione, continua ad essere apprezzato anche oggi. Appartiene alla famiglia delle Liliaceae, la stessa di aglio, cipolla, porri, e come queste verdure si caratterizza per la presenza di composti dello zolfo (glutatione, captopril, cisteina…). Le varietà più comuni sono la verde (la più saporita), la viola e la bianca. Dell’asparago si consumano i germogli, conosciuti come turioni. Ha un basso contenuto calorico (circa 25 calorie per etto, dovute per più della metà ai carboidrati fruttosio e glucosio) e pochissimi grassi (circa 0,2g/etto). È una buona fonte di fibra, tra cui pectina e mucillagini che conferiscono la consistenza molle caratteristica degli asparagi cotti ed aiutano il transito intestinale, di ferro, vitamina C e vitamine del gruppo B. Tra queste spicca l’acido folico (una porzione di asparagi ne fornisce fino al 70% del fabbisogno giornaliero), importante per le donne in età fertile (prevenzione di danni al nascituro) e per limitare il rischio di malattie cardio-vascolari (riduzione dei livelli plasmatici di omocisteina, fattore aterosclerotico). È abbastanza singolare il fatto che gli asparagi contengano (28nM/g) naturalmente il captopril, che è un ACE-inibitore, cioè un anti-ipertensivo. Ma non è tutto. Gli asparagi, hanno una significativa azione diuretica dovuta in gran parte all’alto contenuto di potassio (270 mg/etto contro 3 mg di sodio). Per questo, si possono considerare il corrispondente naturale di farmaci anti-ipertensivi a base di ACE-inibitori e diuretici. In alcune persone, il consumo di asparagi causa una temporanea eliminazione di urina con odore strano. Niente di pericoloso. Si tratta di un prodotto derivante dal metabolismo dei prodotti dello zolfo presenti negli asparagi. Un’altra importante famiglia di vegetali è quella delle Apiacee, che comprende carote, sedano, prezzemolo, finocchi. Le carote forniscono vitamina B6, potassio ed una grande quantità di fibra e beta-carotene.
Quest’ultimo nell’organismo si trasforma, al bisogno, in vitamina A, importante per la vista, la proliferazione cellulare e le difese immunitarie. Il sedano è il vegetale meno calorico in assoluto; in compenso, apporta fibra, potassio e vitamina C. Inoltre, il sedano è molto ricco di due particolari flavoni, l’apigenina e la luteolina, dotati di proprietà cardioprotettive. Questi due fitocomposti sono altrettanto abbondanti nel prezzemolo, che fornisce anche diversi carotenoidi. Ma ciò che accomuna tutti questi vegetali è la presenza di particolari composti (poliacetileni, di cui il principale è il falcarinolo), che sono le loro difese naturali (hanno una funzione simile a quella del resveratrolo del vino rosso). Per l’uomo sono utili, in quanto anti-infiammatori, antiaggreganti e chemiopreventivi. Sono composti molto labili (il calore li distrugge), per cui gustiamoci carote, sedano, prezzemolo crudi. O Demirkol et al., Biologically important thiols in various vegetables and fruits, J Agric Food Chem 2004; 52:8151. C Zidorn et al., Polyacetylenes from carrot, celery, fennel, parsley, J Agric Food Chem 2005; 53:2518.
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BIRRA
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È ampiamente riconosciuto che il consumo moderato (un bicchiere al pasto) di vino rosso, negli adulti sani, è benefico. Ma anche la birra, se consumata con moderazione (si tenga presente che la quantità massima giornaliera di alcol da bevande deve essere di circa 30 grammi per l’uomo e 20 grammi per la donna) fa parte di una dieta salutare. Dal punto di vista nutrizionale, la birra contiene più proteine e vitamine del gruppo B del vino. In particolare, è molto ricca di vitamina B9 (acido folico), che in associazione con le vitamine B6 e B12, tiene sotto controllo i livelli plasmatici di omocisteina. Di fatto, il consumo moderato di birra determina un aumento delle concentrazioni plasmatiche di acido folico e vitamina B12 ed una diminuzione di quelli dell’omocisteina, limitando in tal modo il rischio di danno vascolare. Il rapporto potassio/ sodio nella birra è di 4 a 1, cioè a netto favore del potassio, e ciò è confacente con una dieta iposodica. Inoltre, tale rapporto spiega l’effetto diuretico della birra. Nella birra sono presenti selenio, oligoelemento importante per le difese organiche, e silicio, minerale importante per la formazione del tessuto osseo, articolazioni, pelle ed annessi cutanei. A secondo del tipo di birra, la quantità di fibra alimentare e la capacità antiossidante possono essere significative. Tra i fitocomposti, cioè i composti di origine vegetale, recentemente hanno suscitato interesse quelli derivanti dal luppolo, e precisamente gli umuloni, gli isoumuloni e i prenilflavonoidi. Umuloni ed isoumuloni sono responsabili del tipico sapore amaro della birra; ad essi è riconosciuta un’attività anti-infiammatoria (inibiscono la ciclo-ossigenasi 2, enzima coinvolto nella sintesi di mediatori infiammatoria). Tra i prenilflavonoidi spicca la 8-prenilnaringenina (8-PN), che è un potente fitoestrogeno, cioè un composto capace di promuovere effetti antiestrogenici (donna in età fertile) oppure estrogenici (donna in menopausa). La concentrazione di questo fitoestrogeno nella birra è bassa e questo ha fatto pensare che non potesse indurre effetti biologici. Tuttavia, un recente studio ha evidenziato che l’8-PN si forma in vivo (ad opera della microflora intestinale) a partire da un particolare isoumulone. Quindi il consumo di birra potrebbe avere effetti fitoestrogenici. Agli isoumuloni è anche attribuita la capacità di ridurre i livelli plasmatici di glucosio e di emoglobina A1C nei diabetici tipo 2; in pratica, pare in grado di ridurre la resistenza all’insulina in questi soggetti. Va tuttavia precisato che questi risultati sono descritti in uno studio condotto su un numero limitato di pazienti, che
hanno assunto un estratto concentrato di isoumuloni (in altre parole, non hanno consumato la birra tal quale). Necessitano studi più approfonditi per giungere ad una conclusione fondata. Fin qui gli aspetti positivi relativi ad un moderato consumo di birra. Però, vi sono anche alcune controindicazioni. La birra contiene ammine biogene, soprattutto tiramina, la quale può determinare rischi ipertensivi in persone che assumono farmaci anti-MAO inibitori (alcuni antidepressivi). La birra determina un aumento dei livelli plasmatici di acido urico, ed è sconsigliata a chi soffre di gotta e calcoli renali. Infine, la birra non va consumata dai celiaci, cioè dalle persone che non devono assumere nessun alimento o bevanda contenente glutine. P Degrace et al., Moderate consumption of beer reduces triglycerides and aortic cholesterol deposit, Atherosclerosis 2006; 189;328. Romeo J et al., Contribution to the intake of macro and micro nutrients exerted by moderate beer consumption, Nutr Hosp 2006; 21:84. R Jugdaohsingh et al., Moderate alcohol consumption (beer) and increased bone mineral:potential ethanol and non-ethanol (silicon) mechanisms, Proc Nutr Soc 2006; 65:291. J Romeo et al., Effects of moderate beer consumption on first-line immunity in healthy adults, J Physiol Biochem 2007; 63:153. H Sakuta et al., Beer ethanol consumption and plasma homocysteine among patients with type 2 diabetes, Diabetes Res Clin Pract 2007; 78:202. J Romeo et al., Effects of moderate beer consumption on blood lipid profile in healthy Spanish adults, Nutr Metab Cardiovasc Dis 2007 Oct30. S Gorinstein et al., Bioactivity of beer and its influence on human metabolism, Int J Food Sci Nutr 2007; 58:94. MJ Gonzalez-Munoz et al., Role of beer as possible protective factor in preventing Alzheimer‘s disease, Food Chem Toxicol 2008; 46:49.
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BOLLICINE “FRANCIACORTA” Le bollicine “Franciacorta”, si distinguono per la presenza di diversi acidi fenolici, come il cumarico, il ferulico ed il vanillico, che sono particolarmente attivi nel contrastare l’ossidazione delle LDL, riducendo in tal modo il rischio aterosclerotico. Nel caso di bollicine rosè sono presenti anche pigmenti antociani e resveratrolo, composti potenzialmente protettivi. Le bollicine “Franciacorta”, come tutti i vini, hanno effetti benefici se gustate da persone sane ed adulte con moderazione, accompagnate dai piatti tipici della cucina italiana, ai quali vanno adeguatamente abbinate. Primo vino italiano, ottenuto con il metodo della lenta rifermentazione in bottiglia, ad aver ottenuto la denominazione di origine controllata e garantita prevede l’impiego di vitigni a bacca bianca Chardonnay e Pinot bianco e a bacca rossa, il Pinot nero. Può essere di tre tipologie: Franciacorta, Franciacorta rosé e Franciacorta satèn.
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Franciacorta Uvaggio: Uve Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero. Caratteristiche: rifermentazione in bottiglia con un minimo di 18 mesi di affinamento sui lieviti; elaborazione e maturazione durano almeno 25 mesi dalla vendemmia. Pressione in bottiglia tra le 5 e le 6 atmosfere. Franciacorta Satèn Questa particolare tipologia di Franciacorta, può essere usata dai soli produttori associati al Consorzio purché si attengano alle rigide norme di produzione. Uvaggio: uve Chardonnay (prevalenti) e/o Pinot bianco (blanc de blanc). Unicità: rispetto agli altri Franciacorta è caratterizzato da una
minore pressione in bottiglia, inferiore a 4,5 atm, che ne determina la peculiare morbidezza gustativa. E’ prodotto solo nella tipologia brut. Franciacorta Rosé Uvaggio: Uve Chardonnay, Pinot bianco, Pinot nero (minimo 15%). Metodo: le uve bianche e rosse sono vinificate separatamente. Il Franciacorta Rosé può essere prodotto esclusivamente con vino base Pinot nero vinificato in rosato oppure nascere dal suo assemblaggio con vini base Chardonnay e/o Pinot bianco. Può essere dosato in tutte le tipologie di gusto. Colorazione: le uve Pinot nero vengono fatte fermentare a contatto con la buccia per il tempo necessario a conferire al vino la tonalità rosata desiderata. Millesimati Ognuna di queste tipologie può essere millesimata. Questo termine implica la presenza in etichetta dell’annata, cioé il millesimo, che il vino in questione sia costituito per almeno l’85% dall’anno di riferimento e che il periodo minimo di affinamento sia di 30 mesi. È possibile trovare tutte queste tipologie di produzione (tranne il Satèn che può essere solo Brut) in differenti tipologie di gusto: Dosaggio zero (zucchero fino a 3 g/l) è il più secco della gamma dei Franciacorta, ideale per gli aperitivi, Extra Brut (zucchero fino a 6 g/l) accompagna splendidamente cibi delicati, Brut (zucLa Franciacorta, territorio di origine morenica vocato alla produzione vitivinicola chero fino a 15g/l) per accompagnare tutdi circa 2.600 ettari vitati, è situata a est to il pasto, Extra Dry (zucchero da 12 a 20 della città di Brescia e a sud del lago di Iseo. g/l), morbido da gustare con formaggi molli o piccanti, Dry (zucchero da 17 e 35 grammi/litro) ottimo con pasticceria secca, Demi Sec (zucchero da 33 a 50 g/l) per dessert e piccola pasticceria. M Vazquez-Agell et al., Inflammatory markers of atherosclerosis are decreased after moderate consumption of cava (sparkling wine) in men with low cardiovascular risk, J Nutr 2007; 137:2279
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CALCIO: MINERALE TRASCURATO
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Il calcio è il minerale più abbondante nel corpo umano: circa il 99% è depositato nelle ossa (e denti) ed il resto è distribuito nei fluidi intra- ed extra-cellulari. Questa quota, pur essendo piccola, ha un ruolo importante perché regola la contrazione neuro-muscolare, l’eccitabilità della cellula, la coagulazione del sangue, l’attività di alcuni enzimi. Il calcio extra-osseo è in equilibrio con il calcio osseo, che rappresenta la quota di riserva, per cui se l’alimentazione non soddisfa le necessità di calcio il deposito osseo viene “consumato” per garantire i livelli fisiologici di calcio extra-osseo. L’equilibrio tra i due pools di calcio è regolato da: assorbimento intestinale, riassorbimento/eliminazione renale, mobilizzazione/deposito nel tessuto osseo. Prendono parte a questo equilibrio la vitamina D3 (stimola l’assorbimento del calcio a livello intestinale) e l’ormone pa-ratiroideo (aumenta la mobilizzazione del calcio dall’osso e ne stimola il riassorbimento renale così da mantenere una concentrazione plasmatica costante, pari a 2,25-2,75mM). Anche gli estrogeni (e gli androgeni) entrano in gioco: il loro calo, in particolare quello degli estrogeni in menopausa, determina perdita di densità ossea. L’organismo umano assorbe solo una parte del calcio assunto con gli alimenti e la percentuale può variare dal 20 al 40%a seconda dell’età, sesso, stato di salute e delle caratteristiche degli alimenti consumati. I prodotti lattiero-caseari (anche quelli meno grassi, che vanno sempre privilegiati!) sono buone fonti di calcio alimentare. L’intestino ne assorbe circa il 40% grazie alla presenza in questi alimenti di particolari composti (caseinofosfopeptidi e lattosio43) ed al rapporto calcio:fosforo pari a circa 1, che ottimizza l’assorbimento intestinale, il riassorbimento renale e la deposizione nel tessuto osseo.
Altre fonti interessanti sono i legumi secchi, alcuni ortaggi44, i pesci piccoli (acciughe), alcune acque, i cibi arricchiti di calcio e gli integratori. Attenzione invece a caffeina, proteine in eccesso e sale: sono componenti della dieta che limitano l’assorbimento o ne provocano l’eliminazione urinaria. Un’adeguata assunzione di calcio è importante in tutto l’arco della vita. In particolare, lo è in età evolutiva e nella prima età adulta, cioè in quei periodi in cui si forma il patrimonio osseo. Nella terza (dai 60-65 ai 75 anni) e nella quarta (dai 76 anni in poi) è importante per contenere la perdita fisiologica di massa ossea. Purtroppo, il calcio è un minerale trascurato nel senso che una parte rilevante della popolazione di ogni fascia di età ha un’assunzione dietetica di calcio inferiore ai livelli raccomandati (RDA o LARN). Il problema si aggrava in caso di gravidanza, allattamento, menopausa (e andropausa), durante il ciclo mestruale (la carenza di calcio accentua il rischio di disturbi dell’umore), e quando si seguono diete sbilanciate che escludono o limitano il consumo di alimenti ricchi di calcio. Il grana Padano è un formaggio con caratteristiche nutrizionali pregiate. Infatti, si distingue per un elevato contenuto di proteine nobili e di calcio biodisponibile e, tra i formaggi a pasta dura, è quello con minori livelli di grassi saturi e colesterolo. Altrettanto peculiari sono le note sensoriali che lo rendono un alimento gradito (in varie modalità di consumo) a tutte le età. ER Bertone-Johnson et al., Calcium and vitamin D intake and risk of incident premenstrual syndrome, Arch Int Med 2005; 165:1246. S Thys-Jacob et al., Cyclical changes in calcium metabolism across the menstrual cycle in women with premenstrual dysphoric disorder, J Clin Endocrinol Metab 2007; 92:2952. R Rizzoli et al, The role of calcium and vitamin D in the management of osteoporosis, Bone 2007 Oct22. K Rafferty et al., Nutrient effects on the calcium economy, J Nutr 2008; 138:166S. AH Lictenstein et al., Modified MYPyramid for older adults, J Nutr 2008; 138:5. 43. Ovviamente latticini privati o poveri di lattosio come latti delattosati e yogurt non hanno eguale effetto benefico. 44. Molti composti presenti negli alimenti di origine vegetale come i fitati (cereali integrali, legumi, frutta secca), gli ossalati (spinaci, soia), i tannini (tè) formano col calcio composti poco assorbibili.
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CAROTENOIDI PER LA VISTA
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La salute dell’occhio dipende da diversi fattori, alcuni dei quali indipendenti dalla nostra volontà (come la predisposizione ereditaria, gli occhi chiari e, tra le malattie, il diabete) ed altri invece legati al nostro stile di vita. L’esposizione sconsiderata al sole, il fumo e l’inquinamento ambientale saturi sono tra i principali fattori negativi. Alla base di questi effetti sfavorevoli sta un elemento comune: i radicali liberi che 1- ossidano le proteine del cristallino (la lente naturale dell’occhio con il compito di focalizzare le immagini) rendendolo opaco e 2- distruggono i carotenoidi fotoprotettivi presenti in abbondanza nel cristallino e nella retina, cioè in quella struttura che registra le immagini e le trasforma in impulsi nervosi. In breve, i radicali liberi (cui l’occhio è particolarmente esposto proprio per la sua funzione di lettura dell’ambiente) accelerano l’invecchiamento dell’occhio! Fortunatamente, l’occhio è dotato di potenti antiossidanti, come la vitamina C ed il glutatione, che neutralizzano una gran parte di radicali liberi. In particolare, il cristallino e la retina hanno una difesa specifica, costituita dai due carotenoidi luteina e zeaxantina. Questi svolgono un’azione duplice: assorbono la pericolosa luce blu (agiscono come occhiali da sole!) e preservano le cellule fotorecettrici (cioè, quelle responsabili della formazione delle immagini) dai radicali liberi. Diversi studi hanno evidenziato che soggetti con basse quantità di questi due carotenoidi hanno una diminuita capacità visiva (visione confu-
sa, immagini sfocate, sbiadite…). Al contrario, l’aumento dei livelli di luteina e zeaxantina ritarda il naturale processo di invecchiamento del cristallino (presbiopia) e, soprattutto, limita il rischio di cataratta (cristallino opacizzato) e di degenerazione della macula, cioè là dove si concentra l’acuità visiva.
Dove si trovano questi due preziosi carotenoidi? Nei vegetali a foglia verde, come spinaci, prezzemolo, broccoli (fino a 10 mg/etto), cicoria, lattuga romana e nei vegetali di colore giallo-arancio, in particolare nel mais (anche quello dolce ) e zucca, un po’ meno in arance, mandarini, pesche e prugne. Da non dimenticare che questi vegetali contengono anche il carotenoide tipico delle carote, cioè il beta-carotene, che nell’organismo si trasforma in vitamina A, la quale ci aiuta a vedere nel buio. Conclusione: per ritardare i processi d’invecchiamento dell’occhio e ridurre il rischio di incorrere nei disturbi correlati (cataratta e degenerazione maculare), è opportuno consumare discrete quantità (non meno di 500 grammi) di verdura e frutta sopra citate. Ma attenzione, il consumo non deve essere occasionale, ma continuo, regolare, perché luteina e zeaxantina (come altri nutrienti presenti nei vegetali) sono destinati a “sacrificarsi” per proteggere l’occhio (e non solo), e vanno pertanto rimpiazzati ogni giorno. JR Evans, Cochrane Database Syst Rev 2006; 2:CD000254. JM Seddon et al., Multivitamin-multimineral supplements and eye disease: age-related macular degeneration and cataract, Am J Clin Nutr 2007; 85:304S. JS Tan et al., Dietary antioxidants and the long-term incidence of age-related macular degeneration, Ophthalmology 2007 July 28. W Wang et al., Effect of dietary lutein and zeaxanthin on plasma carotenoids and their transport in lipoproteins in age-related macular degeneration, Am J Clin Nutr 2007; 85:762. www.macula.org – www.nei.nih.org
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CELIACHIA
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La celiachia è un disordine digestivo infiammatorio causato dal consumo di glutine, una proteina di riserva di alcuni cereali, come grano, orzo e segale (avena in minore quantità). L’ingestione di glutine innesca una risposta immunitaria autodistruttiva nell’intestino tenue di soggetti geneticamente predisposti (circa l’1% della popolazione). Di conseguenza, l’intestino non è più capace di assorbire i nutrienti assunti con il cibo, con il risultato di determinare uno stato di malnutrizione e relative complicanze (anemia, perdita di peso, ritardo nella crescita, osteoporosi…). I nutrienti maggiormente a rischio sono quelli assorbibili nel primo tratto dell’intestino tenue, cioè ferro, calcio e vitamina B9 (folato). Con l’avanzare del danno lungo l’intestino, si ha malassorbimento anche di carboidrati, grassi e vitamine liposolubili (A, D, E, K) . Il rischio di essere celiaci è insito già alla nascita e, talvolta, la malattia si scatena o si manifesta per la prima volta in seguito ad interventi chirurgici, gravidanza, parto, infezioni virali e forti stress emotivi.
Qual è il trattamento? La celiachia non ha (ad oggi) una cura farmacologica, ma può essere bene risolta cambiando la dieta. In altre parole, la terapia è di tipo nutrizionale e consiste nell’eliminare per sempre il glutine. Questo significa che alimenti, bevande e prodotti vari (pane, pasta, crackers, biscotti, torte, brioches, merendine, cereali da colazione…) ottenuti da grano (inclusi farro, kamut e triticale), orzo, segale sono proibiti. L’avena di per sé non è pericolosa per la maggioranza dei celiaci; tuttavia, i prodotti a base di avena potrebbero essere contaminati da grano. È altresì importante accertarsi che il prodotto acquistato abbia l’etichetta “privo di glutine”. Infatti, diversi preparati a base di riso e mais (due cereali innocui) sono sviluppati in fabbriche che producono derivati da grano e potrebbero esserne contaminati. Nonostante queste limitazioni, è disponibile una vasta serie di alimenti-base, che sono privi di glutine. Questi comprendono: Carni fresche, pesce, pollame (non impanati o marinati), uova, prosciutto crudo La maggior parte dei prodotti caseari Verdure
Frutta Riso Mais Patate Farine di riso, mais, patate, soja, tapioca, amaranto, grano saraceno, teff, legumi, castagne… Numerosi prodotti da forno preparati con ingredienti privi di glutine. Erbe aromatiche, spezie, aceto di vino e di mele Caffè, tè, cioccolata (preparata con cacao puro), miele, zucchero, marmellate casalinghe, succhi di frutta, bevande gasate, vino.
Cereali da evitare Grano (Triticum aestivum, Triticum vulgare, Triticum dicoccum, Triticum monococcum), farro (Triticum spelta), kamut (Triticum polinicum); farine correlate, semolino, couscous, seitan, amido di grano. Orzo Segale Triticale (ibrido di grano e segale) Avena (?!)
Alimenti commerciali che possono contenere glutine Brodi/dadi Carni lavorate/insaccati vari (tranne il prosciutto crudo) Ragù/Salse/Sughi/Maionese/Senape Surimi (pesce di imitazione) Alcuni condimenti di composizione indefinita Panna montata Yogurt alla frutta Formaggi spalmabili Formaggi erborinati e a crosta fiorita. Budini, creme Gelati Caramelle, canditi, gelatine, confetti, gomme da masticare Zucchero a velo Cioccolato in tavolette, con ripieno, crema al cioccolato da spalmare Confetture Funghi surgelati
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Piatti pronti a base di verdura surgelata precotta Purè istantaneo Caramello (se ottenuto dal malto d’orzo) Maltodestrina (normalmente si ottiene dal mais, ma si può anche dal grano) Proteine idrolizzate vegetali/proteine ristrutturate vegetali Latticini a basso o nullo contenuto di grassi (i grassi possono esser sostituiti da amidi di provenienza da cereali con glutine). Fritti (l’olio di frittura potrebbe essere stato usato per cucinare cibi impanati o infarinati).
Nutrienti a rischio nei celiaci Adolescenti: ferro e zinco (difese immunitarie), calcio (picco di massa ossea) Donne: acido folico (in età fertile), ferro (in gravidanza) Sportivi: vitamine B1,B2, B3, B6, C, E, ferro e calcio.
In breve I celiaci non tollerano il glutine, una proteina del grano (ed affini, come farro e triticale), orzo e segale. Anche l’avena può in alcuni soggetti dare intolleranza. La celiachia non trattata danneggia l’intestino e impedisce l’assorbimento dei nutrienti. La celiachia, se non trattata, può portare a serie complicazioni, come l’anemia, l’osteoporosi, alcune forme di tumore e disturbi del sistema nervoso. La celiachia può avere o non avere sintomi. La diagnosi si basa su esami del sangue e su una biopsia dell’intestino tenue. La celiachia è ereditaria, per cui i famigliari di un celiaco dovrebbero sottoporsi ad esami diagnostici. La celiachia viene trattata eliminando ogni fonte di glutine dalla dieta. Questo trattamento dura per tutta la vita e va seguito da esperti nutrizionisti/dietisti, che possono dare indicazioni non solo sulla dieta più appropriata, ma anche su eventuali integrazioni di specifici nutrienti a rischio di carenza. PH Green et al., Coeliac disease, Ann Nutr Med 2006; 57:207. N Chand et al., Celiac disease: current concepts in diagnosis and treatment, J Clin Gastroenterol 2006; 40:3. MS Harrison et al., Coeliac disease: more common than you think, Clev Clin J Med 2007; 74:209. F Marmouz, Adult coeliac disease, Allerg Immunol (Paris) 2007; 39:23. SH Barton et al, Nutritional deficiencies in coeliac disease, Gastroenterol Clin North Am 2007; 36:93.
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CELLULITE
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Considerare la cellulite solo un inestetismo è limitativo, perché l’aspetto esteticamente deteriorato della pelle (buccia d’arancia e, nelle fasi più avanzate, presenza di noduli) non è altro che un segno/conseguenza di un disordine metabolico-funzionale del tessuto sottocutaneo. La cellulite affligge molte donne, e questo dipende dalla particolare distribuzione di grasso, muscolo e tessuto connettivo nel tessuto sottocutaneo delle donne. La cellulite ha un carattere, per così dire, ereditario, e può manifestarsi sia in soggetti in sovrappeso che in soggetti normopesi e, addirittura, magri. La cellulite è associata a difetti di microcircolazione: la riduzione della circolazione provoca stasi venosa, con ristagno di liquidi, i capillari indeboliti lasciano fuoriuscire il plasma nello spazio tra gli adipociti, cioè le cellule di grasso e si formano edemi, veri e propri “laghi” intercellulari (fase edematosa = ristagno di liquidi con sensazione di pesantezza e gonfiore alle gambe). L’eccessiva presenza di liquidi esercita pressione sugli adipociti, che vengono allontanati dai capillari con conseguente diminuzione dello scambio di sostanze utili e scorie tra le cellule adipose e il sangue. Come risultato, le cellule di grasso perdono la loro struttura originaria dando origine a “noduli”; i capillari scompaiono e rimangono solo i vasi più grandi tra i noduli di grasso (fase fibrosa, in cui compare la cosiddetta “buccia d’arancia”, cioè la pelle diventa ruvida al tatto e, se pizzicata, compaiono i primi noduli). La terza fase, detta sclerotica, è caratterizzata da un eccessivo deposito di grassi nelle cellule adipose del sottocute. Ne consegue un disordine localizzato del tessuto connettivo sottocutaneo (aumenta il numero e il volume delle cellule di grasso nei tessuti fibrosi, la pelle assume l’aspetto “a materasso”). Quali sono i possibili consigli per la cellulite? Ridurre il consumo di sale (il sale favorisce la ritenzione di liquidi). Accrescere la fibra alimentare (cereali integrali, frutta, verdura,…) per regolarizzare le funzioni intestinali.
Ridurre il consumo di grassi saturi, scegliendo carni e formaggi magri e facendo dell’olio extra vergine di oliva il condimento base per agevolare la funzione circolatoria. Consumare più pesce e privilegiare, tra gli oli vegetali, quelli a maggior contenuto di acidi omega-3 (acido alfa-linolenico) per limitare la produzione di mediatori infiammatori. Evitare il fumo attivo e passivo (che provocano danni alle strutture vascolari). Svolgere regolarmente moderata attività fisica. Aumentare il consumo di flavonoidi capillaroprotettivi da frutti di bosco, uva, agrumi, diverse piante officinali e tè. Dietro consiglio di esperti, integrare l’alimentazione con vitamine, quali: l’acido folico/vitamina B6/vitamina B12, vitamina C e vitamina E per diminuire il rischio di disturbi vascolari periferici.
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COME BANDIRE I GAS INTESTINALI CON LE ERBE CARMINATIVE I gas prodotti (meteorismo) nell’intestino derivano dalla fermentazione delle fibre vegetali (carboidrati complessi) nonché di alcuni carboidrati semplici come il raffinosio e lo stachiosio presenti nei legumi, tra cui in particolare diversi tipi di fagioli. Sia i carboidrati complessi delle fibre che quelli semplici dei legumi non vengono scissi (digeriti) nel primo tratto digerente e giungono inalterati nel colon, dove i batteri della flora intestinale li trasformano, producendo vari composti, tra cui alcuni gassosi45. Vi sono poi comportamenti “a tavola” che favoriscono l’ingestione di aria. Molto comune è infatti l’eccesso di gas in persone, che mangiano velocemente, masticano poco il cibo, oppure sono tutt’altro che rilassate a tavola. Queste abitudini “scorrette” vanno modificate e non solo per evitare gonfiore addominale e flatulenza, ma per digerire meglio (ricordare che la “prima digestione ha luogo nella bocca!”). Poi si può ricorrere a specifiche erbe, precisamente quelle carminative. Con questo termine si indicano le erbe che alleviano il gonfiore (gas nello stomaco e nell’intestino), ma in realtà gli effetti delle erbe carminative sono diversi. A livello dello stomaco, determinano un aumento del tono e della contrazione ritmica, facilitando l’espulsione dell’aria, ed inducono un aumento delle secrezioni con il risultato di migliorare la digestione. A livello della muscolatura liscia intestinale, esercitano un effetto spasmolitico, cioè favoriscono il rilassamento della muscolatura stessa. Ciò comporta un miglioramento del transito intestinale (facilitata eliminazione delle scorie, inclusi i gas). Inoltre, limitano i processi fermentativi a livello del colon. Un’altra azione importante (se pur non direttamente collegata al meteorismo) consiste nel promuovere il flusso della bile, così da agevolare l’assorbimento e la digestione dei grassi. Gli effetti sopra indicati sono attribuiti agli oli essenziali o volatili, cioè a miscele di terpeni vari, dotati di aroma, fragranza e sapore caratteristici. Questi oli sono abbondanti nelle erbe carminative come la menta, la camomilla, il finocchio, l’anice, il cumino, il carvi. Della menta si utilizzano le foglie; della camo-
45. Un’altra causa di formazione di gas è l’intolleranza al lattosio, cioè allo zucchero del latte. Il meccanismo è analogo a quello sopra descritto: il lattosio non è digerito (per mancanza o inefficienza della beta-galattosidasi) e viene fermentato dalla flora del colon. Anche il sorbitolo (edulcorante sintetico, di struttura simile a quella degli zuccheri semplici) può causare la formazione di gas intestinali.
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milla i capolini, mentre per le altre si usano i frutti (impropriamente detti semi). Usate sotto forma di tisane (cioè, infusi per menta e camomilla e decotti per le altre) sono poco efficaci per due motivi: 1. gli oli volatili, responsabili dell’attività carminativa, sono poco solubili in acqua (in altre parole, solo una piccola parte dell’essenza passa in acqua); 2. nel corso della preparazione della tisana (riscaldamento), gli oli volatili si perdono, cioè “volano via”! Sono invece efficaci gli estratti fluidi o le tinture preparate con miscele acquosoalcoliche, in cui, gli oli essenziali si sciolgono bene. In generale, le tinture vanno usate a livelli di circa 10 ml diluiti con acqua e divisi tra i due pasti principali. Gli estratti fluidi, che sono più concentrati, vanno usati a dosi ridotte (circa 2 ml/giorno). Da ultimo, è buona cosa utilizzare erbe, come anice, basilico, maggiorana, origano, rosmarino, finocchio, cumino, nella preparazione di piatti ricchi di legumi e fibra. Si conferisce aroma e sapore, si controlla la formazione di gas.
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CRUCIFERE E PREVENZIONE DI ALCUNE FORME TUMORALI I glucosinolati (GSL) sono composti solforati presenti in importanti vegetali del genere Brassica (Fam. Cruciferae), come i cavoli, cavolini di Bruxelles, broccoli, verza, cime di rapa, rafano, ravanelli, rucola, crescione, senape. La struttura ed il contenuto dei glucosinolati è diverso nelle varie specie vegetali, ed anche all’interno di una stessa specie. Tipologia del terreno e condizioni climatiche influenzano in modo marcato il contenuto. Questo varia da 7 a 150 mg/100 g di vegetale fresco; i cavolini di Bruxelles, i broccoli, i cavoli bianco e rosso sono tra i piÚ ricchi, seguiti da rapanelli, cavolo cuor di bue, cavolo rapa e cavolfiore. I glucosinolati sono composti instabili e danno origine ad una serie di prodotti di degradazione, che fungono da pesticidi naturali, aventi la funzione di difendere i relativi vegetali dagli insulti esterni. Gli effetti chemiopreventivi degli isotio-
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cianati e degli indol-derivati che si formano in seguito all’idrolisi dei glucosinolati dipendono sia dalla capacità individuale di renderli utili (cioè, dal metabolismo e eliminazione) sia dal modo di preparazione culinaria del vegetale in oggetto. La cottura limita gli effetti protettivi perché disattiva l’enzima (mirosinasi) preposto alla trasformazione degli originali glucosinolati nei corrispondenti derivati attivi. I prodotti di degradazione conferiscono al vegetale un caratteristico e marcato sapore più o meno acre e pungente. È il caso del rafano o della senape, il cui forte sapore è dovuto all’allilisotiocianato. L’evidenza epidemiologica indica chiaramente che il consumo di vegetali delle Cruciferae è associato ad un minor rischio di alcune forme tumorali, tra cui quelle del tratto gastro-intestinale, della vescica, del seno e dei polmoni. Ad esempio, il feniletil-isotiocianato inibisce la trasformazione delle nitrosamine in agenti alchilanti responsabili del tumore ai polmoni. Altri prodotti di degradazione dei glucosinolati favoriscono la formazione di metaboliti che vengono escreti facilmente, accelerando così l’eliminazione di eventuali sostanze tossiche. È il caso del sulforafano, isotiocianato presente in grandi quantità nei broccoli. Altre possibili vie di prevenzione sono collegate alla capacità dei glucosinolati e loro prodotti di degradazione di interferire con i processi di sviluppo del cancro, quali la proliferazione cellulare, la differenziazione cellulare e l’apoptosi. In particolare, viene favorita quest’ultima (cioè, viene promossa la morte programmata di cellule danneggiate e/o cancerose). L’azione chemioprotettiva delle Cruciferae si basa anche sul contributo di altri composti in esse contenuti, non ultimi il selenio organico (selenometil-selenocisteina), riconosciuto fattore di prevenzione del tumore del colon e la luteina, carotenoide contenuto, ad esempio, nei broccoli. A Lynn et al., Cruciferous vegetables and colorectal cancer, Proc Nutr Soc 2006; 65 :135. Z Fuller et al., Influence of cabbage processing methods on glucosinolate breakdown in man, Brit J Nutr 2007; 98:364. JV Hidgon et al., Cruciferous vegetables and human cancer risk : epidemiological evidence and mechanistic basis, Pharmacol Res 200/ ;55:24. VA Kirsh et al., Prospective study of fruit and vegetable (cruciferous) intake and risk of prostate cancer, J Natl Cancer Inst 2007; 99:1200. C Gill et al., Watercress supplementation in diet reduces lymphocyte DNA damage and alters blood antioxidant status in healthy adults, Am J Clin Nutr 2007; 85:504.
DIABETE Il diabete è una malattia del metabolismo causata dall’incapacità dell’organismo di utilizzare in modo appropriato il glucosio derivante dalla dieta. Ciò è dovuto alla totale mancanza o alla scarsa efficienza dell’insulina, cioè dell’ormone pancreatico che aiuta il glucosio (lo zucchero semplice derivato dalla digestione dei carboidrati) ad entrare nelle cellule di vari tessuti per essere utilizzato come fonte di energia vitale. In altre parole, l’insulina funziona come una chiave che “apre” la porta delle cellule e consente al glucosio di entrarvi. Se la chiave manca (diabete di tipo 1) o è difettosa (diabete di tipo 2), il glucosio non viene usato come “combustibile”per fornire energia, ma si accumula nel sangue (iperglicemia) e si riversa attraverso i reni nelle urine (glicosuria). Il diabete di tipo 1, che colpisce generalmente i giovani (diabete giovanile), si caratterizza per la completa incapacità del pancreas di produrre insulina, perché le cellule preposte allo scopo (cellule beta) sono andate distrutte. La causa esatta di questa distruzione non è perfettamente conosciuta, anche se si ritiene possa essere una reazione anormale del sistema immunitario contro tali cellule (malattia autoimmune). Il diabete di tipo 2 si sviluppa quando il pancreas produce quantità insufficienti di insulina oppure quando l’insulina, pur essendo prodotta adeguatamente, non riesce a svolgere la sua funzione (resistenza all’insulina). Questo tipo di diabete usualmente si sviluppa in soggetti oltre i 40 anni, predisposti per familiarità e fattori favorenti, come l’obesità.
Quale dieta? La dieta dei diabetici non è sostanzialmente diversa da quella raccomandata alla popolazione in generale, cioè una dieta povera di grassi, carni rosse, insaccati, zuccheri e sale, ricca di frutta e verdura, e con pasti basati su cibi amidacei, come pasta, pane, riso, cereali e legumi. Tuttavia, mentre la popolazione sana è consigliata di seguire tale dieta per mantenere lo stato di salute, i diabetici devono seguirla per tenere sotto controllo la malattia ed evitare serie complicazioni. In particolare, i diabetici devono essere particolarmente attenti ai livelli di glucosio plasmatici e questo richiede un consumo programmato di carboidrati (quali,
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quanti e quando?). Ma non solo i carboidrati meritano attenzione. I diabetici hanno un maggiore rischio di malattie cardio-vascolari e di ictus; quindi, grassi, colesterolo, sale vanno limitati. Inoltre, il controllo delle calorie è fondamentale, in quanto il mantenimento di un corretto peso corporeo (anche attraverso regolare attività fisica) aiuta a gestire meglio il diabete e a ridurre il rischio di altri problemi alla salute.
In pratica, come ci si regola?
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In generale, ad un diabetico adulto si consiglia di distribuire i pasti in tre principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini (metà mattino e metà pomeriggio). I fabbisogni giornalieri sono coperti da: 6 PORZIONI (al minimo) di cibi amidacei, da includere nei singoli pasti o spuntini La porzione corrisponde a: una fetta (50 grammi) di pane, 50 grammi (al crudo) di pasta o riso, una patata medio-piccola, 1/2 di tazza di fiocchi di cereali non zuccherati (30 grammi), 30 grammi di biscotti secchi. 2 PORZIONI di cibi proteici, come carni magre, pesce, uova, legumi ed altre alternative vegetali La porzione corrisponde a: 60 grammi di carni o pesce cucinati, 1/2 tazza di legumi secchi cucinati, un uovo, 1/2 tazza di cereali integrali cucinati 6-8 PORZIONI di frutta e verdura La porzione corrisponde a: una mela, arancia, pera, pesca di dimensione media, 2-3 albicocche/prugne, due mandarini piccoli, 3 datteri, 1/2 banana (110 grammi), 1/2 pompelmo, una coppetta di fragole/macedonia/melone/ananas, 12 ciliegie, 1/2 bicchiere di spremuta di frutta, 1/2 di coppetta di mirtilli, un grappolino d’uva (80 grammi)… un piatto fondo di insalate varie, 1/2 tazza di verdure crude tagliate oppure cucinate, un pomodoro/peperone/carciofo di dimensioni medie, 1/2 bicchiere di succo vegetale…
3 PORZIONI di alimenti caseari (latte magro, yogurt, formaggi magri) La porzione corrisponde a: una tazza di latte scremato o parzialmente scremato, un vasetto di yogurt light, 30 grammi di formaggi magri.
I cibi consigliabili sono i seguenti:
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Colazione Fiocchi di cereali (scelti tra i più ricchi di fibra); latte scremato o p.s.; pane, fette biscottate; biscotti; marmellata (a ridotto contenuto di zucchero); frutta o succo di frutta. Pranzo e cena Pasta, riso, minestrone, insalate, verdure cotte, frutta fresca, carni magre, pesce, latte, formaggi, yogurt (le versioni più magre), uova, legumi. Spuntini Frutta fresca, secca o essiccata, barrette di cereali, crackers, yogurt, biscotti secchi o alla frutta (privi di grassi idrogenati), tavolette di cioccolato.
E poi via libera a… alcune bevande, tra cui acqua, caffè, tè, soft drinks (senza zucchero) e alcuni condimenti, tra cui aglio, pepe, erbe aromatiche, spezie, limone (succo), peperoncino, aceto, senape, brodi vegetali. Caffè Il consumo regolare e moderato di caffè (2-3 tazzine al giorno) è associato, in modo statisticamente significativo, ad una riduzione del rischio di diabete di tipo 2. Tale effetto protettivo è dovuto non solo alla caffeina (contenuta in quantità di circa 80mg/tazzina o 130mg/tazza di caffè lungo americano), ma anche ad altri componenti del caffè, tra cui diversi polifenoli. Ne è una conferma il fatto che anche il caffè decaffeinato ha simili effetti positivi. Calcio e vitamina D Un buon stato nutrizionale del calcio e della vitamina D può avere un ruolo nel limitare il rischio di diabete di tipo 2. Latte e prodotti caseari concorrono nel ottimizzare il metabolismo del glucosio. Infatti, questi alimenti (scelti nelle forme meno grasse) forniscono calcio e vitamina D, la cui carenza può influenzare negativamente la glicemia.
Adolescenti Il diabete di tipo 1 viene indicato con il termine di diabete giovanile, perché colpisce in particolare gli adolescenti. Tuttavia, negli ultimi anni anche il diabete di tipo 2 ha avuto una crescita allarmante negli adolescenti. Ciò è dovuto ad abitudini alimentari e stile di vita sbagliati, che sono i principali responsabili del diffondersi epidemico di soprappeso ed obesità. Il controllo del peso negli adolescenti rappresenta quindi uno strumento fondamentale per prevenire il rischio di diabete di tipo 2. Questo significa che la disponibilità di alimenti “densi di calorie”, ma vuoti di micronutrienti, come fast foods, dolci, snacks, bevande zuccherate, va fortemente limitata. Va invece reimpostata una dieta salutare, cioè basata su un corretto rapporto energetico tra carboidrati, grassi e proteine ed adeguato apporto di fibre, vitamine, minerali. Inoltre, il tempo passato davanti al televisore o ai computer games va ridotto o, meglio, impiegato in attività fisiche varie. Tutto questo comporta cambiamenti che coinvolgono l’intera famiglia e la scuola e qui, forse, iniziano i problemi.
Carni rosse Una dieta ricca di carni rosse e suoi preparati rappresenta un importante ed indipendente fattore di rischio di diabete di tipo 2. Cromo L’integrazione con cromo non ha significato nelle persone sane, mentre migliora la glicemia nei diabetici. Comunque, solo in caso di carenza diagnosticata è raccomandabile ricorrere ad integratori di cromo trivalente (50200 microgrammi/giorno) dietro supervisione medica. Fitocomposti polifenolici Diversi polifenoli da frutti di bosco (fragole, lamponi, mirtilli e ribes) sono capaci di determinare un rallentamento dell’assorbimento del glucosio, limitandone la crescita plasmatica. C’è quindi un motivo in più per consumare questi frutti di bosco: possono aiutare a tenere sotto controllo la glicemia. La patata dolce (Ipomea batatas cv Ayamurasaki), dalla polpa color porpora, ha componenti polifenoliche con effetto ipoglicemico. Magnesio Le diete ricche di magnesio, cioè che comprendono cereali integri o loro derivati, legumi, frutta secca, verdure a foglia verde, sono associate ad un minore rischio di diabete (riduzione della resistenza all’insulina).
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Esercizio fisico L’esercizio fisico è fondamentale: nei diabetici di tipo 2 riduce la resistenza all’insulina, aumenta l’efficienza cardio-vascolare e favorisce la riduzione del peso corporeo. Una curiosità: secondo alcuni studi, l’inserimento di cannella (circa 1g/giorno) nella dieta dei diabetici di tipo 2 riduce i livelli plasmatici di glucosio, trigliceridi, colesterolo totale e cattivo. Questo però non significa che la cannella possa sostituire i trattamenti standard per il diabete tipo 2.
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DIETA MEDITERRANEA È una dieta seguita da numerosi Paesi dell’area Mediterranea, dove, nonostante alcune diversità dovute a ragioni etnico-culturali ed economiche, le pratiche alimentari hanno una base comune. Ortaggi, frutta, pane ed altri cereali, legumi, frutta secca e semi oleaginosi sono gli alimenti principali (400-1000 g/ giorno). Come fonte principale di grassi, si utilizza l’olio d’oliva (fino a 40 g/giorno). Pesce e pollame vengono consumati in quantità limitate (circa 50 g/giorno); le uova da zero a quattro per settimana. Formaggi in quantità basse, carni rosse ancora meno! Infine, vino (soprattutto rosso) in quantità moderate. La dieta mediterranea si caratterizza per la frugalità (esattamente l’opposto delle diete ipercaloriche praticate oggigiorno); la semplicità (ingredienti integrali, cucinati in modo semplice); grande concentrazione di antiossidanti (ortaggi, frutta, olio d’oliva, vino rosso); consumo di grassi limitato e, massimamente, di origine vegetale; apporto proteico equilibrato tra fonti animali e vegetali; la proporzione singolare tra gli alimenti consumati: molti vegetali, pochi prodotti animali!
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Caratteristiche degli alimenti della dieta Mediterranea
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Frutta e vegetali freschi: sono poco energetici, ma ricchi di importanti micronutrienti (vitamine e minerali). In particolare, gli ortaggi freschi sono la base di insalate, minestroni, contorni a pesce e pollame… La frutta di stagione viene consumata non solo dopo i pasti, ma anche a colazione e durante la giornata. Erbe aromatiche e spezie sono largamente impiegati per dare gusto e sapore, senza apportare calorie. Frutta secca e semi oleaginosi: molto energetici, ma ricchi di acidi grassi polinsaturi, minerali e fibra. Cereali (pane, pasta, riso…): forniscono carboidrati complessi (cioè, a più lento assorbimento rispetto al comune zucchero) ed una buona quantità di proteine vegetali. Se non raffinati, apportano minerali e fibra. Legumi (fagioli, fagiolini, lenticchie, ceci, piselli…): completano l’apporto proteico dei cereali. Forniscono minerali e fibra e niente grassi! Olio extra-vergine d’oliva:ricco di acidi grassi monoinsaturi, benefici per il cuore. È interessante per le sue sostanze antiossidanti: polifenoli e vitamina E. Pesce: è la principale fonte di proteine animali nella dieta mediterranea. Inoltre, trattandosi di pesce “grasso” (pesce azzurro), fornisce acidi grassi omega-3. Questi bene si integrano con quelli da olio d’oliva (migliorando, in particolare, la fluidità del sangue). Prodotti caseari: sono soprattutto formaggi di capra e pecora. Il loro consumo è modesto e, comunque, sostitutivo della carne. Vino: se consumato regolarmente e in quantità modeste, è benefico per il suo contenuto in polifenoli antiossidanti.
Quali sono i vantaggi della dieta Mediterranea? Chi mangia mediterraneo, ha un minore rischio di malattie cardiovascolari, una minore incidenza di tumori, diabete ed osteoporosi, una migliore forma fisica (sovrappeso ed obesità vengono evitati) e una più lunga attesa di vita. In particolare, si stima che la dieta Mediterranea, associata a regolare esercizio fisico ed astinenza da fumo, può ridurre i rischi cardiovascolari dell’84%, l’ictus del 70% e il diabete tipo 2 del 90%. CS Mantzoros et al., Adherence to the Mediterranean dietary pattern is positively associated with plasma adiponectin concentration in diabetic women, Am J Clin Nutr 2006; 84:328. R Estrusch et al., Effects of a Mediterranean-style diet on cardiovascular risk factors, Ann Int Med 2006; 145:1.
WC Willet et al., The Mediterranean diet: science and practice, Public Health Nutr 2006; 9:105. D Lairon et al., Intervention studies on Mediterranean diet and cardiovascular risk, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1209. N Tzima et al., Mediterranean diet and insulin sensitivity, lipid profile and blood pressure levels, Lipids Health Dis 2007; 6:22. K Esposito et al., Mediterranean diet and the metabolic syndrome, Mol Nutr Food Res 2007; 51:1268. F Soriguer et al., Obesity and metabolic syndrome in Mediterranean countries; Mol Nutr Food Res 2007; 51:1260. C Puel et al., Mediterranean diet and osteoporosis prevention, Med Sci (Paris) 2007; 23:756. N Scarmeas et al., Mediterranean diet and Alzheimer disease mortality, Neurology 2007; 69:1084. A Trichopoulou et al., Modified Mediterranean diet and survival after myocardial infarction: the EPIC Elderly Study, Eur J Epidemiol 2007; Oct 10. M Fitò et al., Effect of a traditional Mediterranean Diet on lipoprotein oxidation: a randomized controlled trial, Arch Int Med 2007; 167:1195.
al mese
CARNI ROSSE 4 razioni DOLCI 3 razioni
alla settimana
UOVA 3
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PATATE 3 razioni OLIVE, NOCI, FRUTTA SECCA 3-4 razioni CARNI BIANCHE 4 razioni PESCE 5-6 razioni LATTE E DERIVATI 2 razioni
al giorno
OLIO DI OLIVA COME GRASSO PRINCIPALE VINO ROSSO CON MODERAZIONE FRUTTA 3 razioni
VERDURA (compresi vegetali verdi) 6 razioni
CEREALI E LORO PRODOTTI NON RAFFINATI (pane, pasta, riso‌) 8 razioni
Ricordarsi anche di bere molta acqua ed evitare il sale, sostituendolo con erbe aromatiche (origano, basilico, timo, rosmarino, santoreggia) e spezie varie.
DIETE: QUELLO CHE BISOGNA SAPERE
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Sulle diete si è scritto e detto di tutto e si continuerà a farlo. Purtroppo, la confusione è grande e in tale ginepraio spesso vengono proposte diete che promettono dimagrimenti miracolosi e rapidi. In realtà, queste diete sono squilibrate, comportano perdita di liquidi e massa magra (cioè, muscolo) e solo raramente consentono di perdere in modo durevole tessuto adiposo, cioè massa grassa. Come ci si dovrebbe regolare? Per prima cosa, va ribadito che nessuna dieta (anche la più corretta) può da sola produrre una perdita di peso se non è accompagnata da un aumento dell’attività fisica. In altre parole, il controllo del peso corporeo si basa su un binomio inscindibile: dieta equilibrata e attività fisica regolare. Che cosa si intende per dieta equilibrata? Sicuramente è una dieta a ridotto introito calorico e basata su una ripartizione bilanciata dei nutrienti necessari all’organismo. In altre parole, la dieta deve essere sì ipocalorica, ma deve anche garantire l’apporto in proporzioni corrette di macronutrienti (carboidrati, grassi, proteine), il costante rifornimento di micronutrienti (vitamine, minerali, oligoelementi, fitocomposti) nonché di fibra ed acqua; essere tale da massimizzare la perdita di massa grassa e minimizzare quella della massa magra.
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Qui sta il punto! Infatti, quando si prendono in esame le diete più riconosciute alla luce dei requisiti predetti, si nota che tali requisiti sono solo parzialmente soddisfatti, fatta eccezione per la dieta Mediterranea, che rimane la dieta migliore. Questo a condizione che sia praticata correttamente. Infatti, il modello classico della dieta Mediterranea negli ultimi anni è stato stravolto: molte persone che vivono nell’area Mediterranea consumano eccessive quantità di calorie (tutto l’opposto del modello tradizionale) principalmente da grassi saturi e omega-6, con il corrispondente calo dell’acido oleico (monoinsaturo). A ciò si aggiunga la diminuzione di attività fisica regolare e lo stile di vita generale che si è adeguato ai ritmi stressanti dela cosiddetta “società del be-
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nessere”. Non sorprende quindi che soprappeso, obesità e complicanze associate siano in aumento anche nelle aree Mediterranee. Alcune considerazioni sulla sulle diete vegetariane. La più equilibrata è quella latto-ovo vegetariana che esclude il consumo di carni, pollame e pesce, ma ammette il consumo di uova, latte e prodotti caseari. Poi vi è la dieta che ammette solo latte e derivati (niente uova), definita latto-vegetariana. Nel caso della più ristretta (dieta vegan) anche latte, prodotti caseari e uova sono esclusi. In generale, le diete vegetariane forniscono grandi quantità di cereali integrali, legumi secchi, frutta e verdura. In termini di nutrienti, sono ricche di carboidrati, acidi grassi insaturi omega 6, fibra, carotenoidi, acido folico, vitamine C ed E, magnesio; sono abbastanza povere di proteine, grassi saturi, acidi grassi insaturi omega 3, vitamina A, vitamina B12, ferro45, zinco e iodio. I vegani assumono quantità particolarmente basse di calcio e vitamina B12. Quali sono le evidenze relative ai benefici della dieta vegetariana? Non pare che la dieta latto-ovo vegetariana offra particolari vantaggi rispetto ad una dieta omnivora varia ed equilibrata (povera di proteine e grassi animali, come la dieta Mditerranea). La dieta vegan è invece troppo squilibrata. In generale, i vegetariani dovrebbero assicurarsi fonti alternative (attraverso cibi arricchiti) di calcio (per diminuire il rischio di osteoporosi), vitamina B12 e ferro (per contrastare il rischio di anemia) e acidi grassi omega 3 (per controbilanciare gli effetti pro-infiammatori degli omega 6). In generale, i vegetariani hanno un indice di massa corporea, colesterolo e trigliceridi bassi; di contro, hanno livelli di omocisteina più elevati degli omnivori che consumano una dieta corretta, tipo la Mediterranea. A Strohle et al., Vegetarian nutrition: preventive potential and possible risks, Wien Kin Wochenschr 2006; 118:580,728. TJ Key et al., Health effects of vegetarian and vegan diets, Proc Nutr Soc 2006; 65:35. LE Burke et al.,Effects of low-fat lacto-ovo vegetarian diet compared with low-fat omnivorous diet in overweight and obese adults, Am J Clin Nutr 2007; 86:588. S Grigolet et al., Vegetarian diet and cholesterol and triglycerides levels, Arq Bras Cardiol 2007; 88:32. PG Pietta, A Pietta, Perdere peso… naturalmente, La Compagnia della Stampa, 2008.
45. La carenza di ferro è dovuta alla scarsa biodisponibilità del ferro non emico tipico dei vegetali.
DISPEPSIA La dispepsia funzionale (non ulcerosa) o “digestione difficile” è una sindrome caratterizzata da nausea, pressione epigastrica, gonfiore addominale, spasmi e crampi addominali e flatulenza. Questo disturbo affligge molte persone ed è tra quelli di maggiore consultazione medica. Ad oggi, la fisiopatologia della dispepsia non è ancora adeguatamente conosciuta; le cause possibili sono diverse, tra cui: ridotta secrezione di succhi gastrici, produzione insufficiente di bile (acidi biliari) discinesia biliare, dovuta a compromessa funzionalità della cistifellea secrezione insufficiente di enzimi pancreatici. Ciascuna di queste cause ha effetti sui processi digestivi. In particolare, la riduzione della secrezione di succhi gastrici comporta ipocloridria, cui consegue una minore attività proteolitica; la scarsa produzione e disponibilità di acidi biliari46 limita la possibilità di emulsionare i grassi, che di conseguenza non sono facilmente attaccabili dalla lipasi pancreatica; l’insufficiente secrezione di amilasi e proteasi pancreatiche aggrava il quadro digestivo di carboidrati complessi e proteine. In generale, ne risulta una “maldigestione” dei macronutrienti. L’alimentazione scorretta (eccessivo consumo di grassi, di fritture, salumi, carni rosse, formaggi, alcolici e superalcolici), i pasti disordinati, consumati in fretta ed in condizioni stressanti, alcuni farmaci (antiacidi, aspirina e lassativi), l’infezione da Helicobacter pylori concorrono nell’alterare i normali processi fisiologici, provocando un rallentamento della dige-stione con i conseguenti sintomi tipici della dispepsia. È quindi necessario, in prima istanza, adottare una dieta corretta (ad esempio, la mediterranea, che è poco elaborata, basata su cibi semplici, come cereali, legumi, frutta e verdura, pesce, poca carne (e bianca), scarsi formaggi (preferibilmente di pecora e capra), olio extra vergine di oliva come grasso base (niente burro) e moderate quantità di vino rosso (un bicchiere al pasto), mangiare lentamente masticando bene ed in condizioni tranquille ed evitare situazioni stressanti. Nell’ambito predetto di corrette abitudini alimentari e stile di vita, alcuni rimedi erbali sono ingrado di alleviare i sintomi della diges46. Lo scarso afflusso di bile nell’intestino può avvenire per una carente produzione della stessa da parte del fegato, in seguito a malattie epatiche, oppure per una difficoltà della bile stessa a defluire nel duodeno per una serie di cause che vanno dall’ostruzione delle vie biliari a modificazioni nella composizione chimica che, se più densa, passa con difficoltà attraverso le vie biliari.
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tione difficile. Questi rimedi comprendono gli amari (come la genziana), i carminativi (cumino, anice, finocchio, menta), e i colagoghi/coleretici (carciofo, curcuma, tarassaco, boldo) a secondo che la disfunzione interessi lo stomaco, l’intestino o il tratto epato-biliare. Gli amari, conosciuti anche come eupeptici, promuovono la secrezione gastrica e facilitano la digestione. Sono indicati soprattutto in casi di perdita di appetito e disturbi gastrici che comportano un lungo permanere del cibo nello stomaco senza che sia sufficientemente digerito. Le evidenze scientifiche al riguardo sono limitate alla sola genziana. I carminativi prevengono la formazione di gas intestinali oppure ne causano l’espulsione, e sono indicati in casi di flatulenza. Il cumino è considerato l’agente carminativo più efficace; viene usato come olio essenziale a dosi comprese tra 60-150 mg/giorno, in associazione con menta. I colagoghi/coleretici sono i rimedi più efficaci per ridurre la sintomatologia dispeptica. Sono agenti che stimolano la produzione epatica della bile (coleretici) ed il riempimento e lo svuotamento della cistifellea e dei dotti biliari extraepatici (colagoghi). Appartengono a questo gruppo il Cynara scolymus (carciofo, foglie), il Taraxacum officinale (tarassaco, foglie e radice) e la Curcuma longa (curcuma,rizoma). Il carciofo è sicuramente l’erba di elezione. Il tarassaco contiene diversi terpenoidi e principi
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amari (tarassicina e tarassacerina) distribuiti nelle radici, foglie e fiori. Le radici sono ricche di inulina, fibra solubile che rallenta l’assorbimento di glucosio e grassi, e funge da prebiotico a livello del colon. L’estratto di tarassaco accresce il flusso biliare. Questa attività viene attribuita ai principi amari (contenuti soprattutto nelle radici). È ragionevole ritenere che gli stessi principi amari possano anche stimolare la secrezione del succo gastrico, come av-viene nel caso della principale erba con principi amari, la genziana. Il tarassaco svolge azione anti-infiammatoria in caso di pancreatite acuta: questo dato rafforza il ruolo del tarassaco nel limitare gli effetti di una delle possibili cause della dispepsia. Altri rimedi? Squilibri della flora batterica intestinale con aumento dei batteri putrefattivi sono causa di meteorismo. È
220 quindi importante riequilibrare la microflora assumendo probiotici, cioè batteri amici, come i fermenti lattici. JT Coon et al., Systematic Review: herbal medicinal products for non-ulcer dyspepsia, Aliment Pharmacol Ther 2002; 16:1689. G Holtmann et al., Efficacy of artichoke leaf extract in the treatment of patients with functional dispepsia:a six-week placebo-controlled, doublblind, multicentre trial Aliment Pharmacol Ther 2003; 18:1099 R Bundy et al., Artichoke leaf extract reduces symptoms of irritable bowel sindrome and improves quality of life in otherwise healthy volunteers suffering from concomitant dispepsia , J Altern Complement Med 2004; 10:667 SW Seo et al., Taraxacum officinale protects against cholecystokinin-induced acute pancreatitis in rats, World J Gastroenterol 2005; 11:597. PG Pietta, A Pietta, Fitomedicine dalla A alla Z, Ricchiuto Editore, 2008, Verona.
Esempi di tisane Carminativa: Anice-finocchiocumino: 25 grammi di ognuno. Un cucchiaino da tè in una tazza d’acqua calda. Lasciare a sé (coperta) per 10 minuti. Filtrare o decantare. Bere dopo ogni pasto. Carminativa e calmante: Finocchio-anice-menta-melissa: 20 grammi delle prime due; e 30 grammi delle seconde due. Un cucchiaino da tè in una tazza d’acqua calda. Lasciare a sé (coperta) per 10 minuti. Filtrare o decantare. Bere dopo ogni pasto. Se necessario, anche nel pomeriggio.
DOLCIFICANTI ARTIFICIALI Per dolcificare bevande, yogurt, macedonie… e per preparare dolci normalmente si usa il comune zucchero (saccarosio) da canna o da barbabietola. Si stima che il consumo medio di zucchero sia di 50grammi/giorno pari a 200 calorie. Tale quantità di zucchero non causa problemi in persone sane, a patto che sia parte di una dieta adeguata al proprio fabbisogno calorico, associata a regolare attività fisica ed accurata igiene orale (gli zuccheri possono causare carie!). Un’alternativa allo zucchero (per chi non sa rinunciare al sapore dolce) è rappresentata dai dolcificanti artificiali. Questi hanno un potere dolcificante di molto superiore allo zucchero; quindi, si usano in piccole quantità e sono praticamente acalorici. Ciò farebbe pensare che il loro uso (in sostituzione dello zucchero) possa essere utile per controllare il peso corporeo. Non è proprio così. Per rimanere in forma, è necessario controllare l’introito calorico totale e bruciare calorie attraverso regolare attività fisica. I dolcificanti artificiali più diffusi sono: saccarina, ciclamato, aspartame (i primi introdotti e, per questo, definiti “di prima generazione”), acesulfame K, neoesperidina DHC, neotame e sucralosio (introdotti in tempi successivi, detti “di seconda generazione”). I dolcificanti artificiali si caratterizzano per un sapore dolce accompagnato da un retrogusto metallico ed, a volte, amaro; inoltre, non danno la sensazione di pienezza, voluminosità tipica dello zucchero. Ma, soprattutto, possono avere effetti collaterali diversi, tra cui disturbi del comportamento ed emicrania. In particolare, un uso elevato (più di 1,6 grammi/giorno) di saccarina e ciclamato, aumenta il rischio di tumore alla vescica. L’aspartame è più sicuro, anche se le posizioni scientifiche sono differenziate tra chi ne sostiene la sicurezza d’uso e chi la mette in dubbio. Per quanto riguarda i dolcificanti di seconda generazione, la loro approvazione è troppo recente per poter stabilire qualsiasi evidenza di eventuali inconvenienti. Una considerazione a parte meritano gli steviol-glicosidi, dolcificanti naturali ottenuti dalle foglie di un arbusto (Stevia rebaudiana). Questi dolcificanti (250 volte più dello zucchero ed acariogeni) hanno una storia di uso sicuro in diversi paesi. In Europa (e quindi in Italia) non sono ancora ammessi, ma lo potrebbero essere in tempi brevi. Una raccomandazione finale: il ricorso a dolcificanti artificiali va contenuto. Infatti, indipendentemente da eventuali rischi, possono indurre rilascio di insulina, che, in assenza di corrispondenti carboidrati, stimola a consumare più calorie da ogni cibo, incluse le proteine per trasformarle in glucosio. In conclusione, per le persone sane è meglio ricorrere a quantità modeste (non più di 50 grammi/giorno) di zucchero inserite in un adeguato quadro alimentare e attivo stile di vita. PG Pietta et al., Stevia rebaudiana: state of the art, Phytomed 2008. www.eustas.org
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DONNA IN ETÀ FERTILE
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L’acido folico è una vitamina (nota come vitamina B9) presente negli alimenti in forma di poliglutammati, conosciuti come folati. Questa vitamina assicura importanti funzioni, che interessano la formazione dei globuli rossi del sangue, il sistema nervoso (sintesi di neurotrasmettitori) e quello cardio-vascolare (riduzione della omocisteina, un prodotto di degradazione con effetti aterogenici). Per lungo tempo, il segnale rivelatore di carenza di acido folico è stata l’anemia macrocitaria (caratterizzata dalla formazione di pochi globuli rossi di dimensioni abnormi). Tuttavia, questo segnale è solo uno dei possibili, e rappresenta la punta dell’iceberg. Altri importanti effetti negativi della carenza folica sono le malformazioni del tubo neurale e la maggiore incidenza di malattie cardiovascolari. Tutto questo rende l’acido folico una vitamina molto importante per la popolazione in generale, ed, in particolare, per le donne in età fertile. Infatti, una quantità adeguata di acido folico è necessaria per prevenire malformazioni che interessano il sistema nervoso del nascituro, come l’anencefalia, cioè mancanza di encefalo (cervello/cervelletto…) e la spina bifida (cioè, incompleta chiusura della colonna vertebrale dove si trova il midollo spinale). I rischi si presentano già all’inizio della gravidanza, per cui tutte le donne in età fertile dovrebbero garantirsi un apporto giornaliero di 400 microgrammi di acido folico. Questa quantità va aumentata di altri 200 microgrammi nel corso della gravidanza e durante l’allattamento. Insalate, indivie, spinaci (dalle cui foglie è stato isolato, e per questo chiamato acido folico) cavoli ne contengono fino a 200 microgrammi/etto, cioè tanto da soddisfare la metà del fabbisogno giornaliero. Legumi secchi, noci, castagne, mandorle sono altrettanto ricchi. Altre buone fonti di acido folico sono fagiolini, piselli, cereali integrali e, per la frutta, arance, banane, melone e kiwi. Fiocchi di mais e cereali fortificati sono altrettanto validi. I folati sono sensibili al calore; la cottura ne comporta una perdita che può arrivare fino al 50%; pertanto, andrebbero, dove possibile, preferiti i vegetali da consumare crudi (insalate varie, spremute d’arancia, frutta secca…). Tra gli alimenti non di origine vegetale, vanno ricorda-
ti il lievito di birra, le uova ed il fegato. Indicazioni: consumare generose quantità di vegetali a foglia verde, bere spremute d’arancia, gustare qualche noce, far colazione con cereali e fiocchi di mais ogni giorno per garantirsi un buon decorso della gravidanza ed una buona salute delle arterie. Si ricordi che il consumo di ortaggi e frutta ha il vantaggio di coprire non solo i bisogni di acido folico, ma anche di altre vitamine, minerali e fibra senza il rischio di sovraccarico calorico (con eccezione per le noci)! J Buttriss, A review of the MAFF optimal nutrition status research progrmme: folate, iron and copper, Nutrition Bulletin 2004; 29:234. RD Wilson et al., Pre-conceptional vitamin/folic acid supplementation 2007: The use of folic acid in combination with a multivitamin supplement for the prevention of neural tube defects and other congenital anomalies, J Obstet Ginaecol Can 2007; 29:1003.
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ESERCIZIO FISICO E ANTIOSSIDANTI
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Diversi studi hanno evidenziato che il regolare esercizio fisico riduce il rischio di malattie cardiovascolari (aumento del colesterolo HDL, diminuzione della pressione arteriosa, maggiore rifornimento di ossigeno al muscolo cardiaco); rafforza il tessuto connettivo di cartilagini, legamenti, tendini ed ossa; promuove un generale stato di benessere psico-fisico (aumentata autostima per sentirsi in forma, ridotto stress in seguito al rilassamento). La dieta consigliata a chi pratica esercizio fisico è ricca di carboidrati (circa il 60% delle calorie giornaliere), povera in grassi (circa il 25%) e moderata in proteine (circa il 15%). Inoltre, deve garantire un buon apporto di specifici nutrienti, tra cui le vitamine del gruppo B (importanti per il metabolismo a fini energetici di carboidrati, grassi e proteine), i minerali ferro (essenziale per la formazione dell’emoglobina e per la produzione di energia), calcio e magnesio (importanti per il mantenimento del tessuto osseo e per la trasmissione degli impulsi nervosi), e le vitamine antiossidanti. Perché questi ultime sono importanti? L’esercizio fisico comporta un maggiore consumo di ossigeno, che a sua volta si traduce in una maggiore formazione di radicali liberi, le cosiddette specie reattive dell’ossigeno o ROS. Un eccesso di queste specie molto aggressive può determinare danni ad importanti componenti cellulari, ad iniziare dai fosfolipidi di membrana sino al DNA nucleare. Ne
consegue un maggiore rischio di malattie cronico-degenerative. Un organismo sano è ben attrezzato per contrastare tali eventi. In particolare, lo è un organismo allenato, mentre lo è meno quello di un “atleta da week-end” o occasionale. Per aiutare l’organismo, è opportuno che chi pratica attività fisica abbia un adeguato apporto di antiossidanti, cioè di composti capaci di neutralizzare i radicali liberi. Gli antiossidanti di elezione sono: vitamina C (agrumi, frutti di bosco, pomodori, kiwi, peperoni, broccoli…) vitamina E (oli vegetali, germe di grano, frutta secca oleosa, legumi…) carotenoidi (frutta e verdura di colore giallo/arancio, vegetali a foglia larga verde, come spinaci) polifenoli (uva, arance rosse, mirtilli, cipolle, tè, vino rosso, birra non filtrata…) La dieta mediterranea è normalmente in grado di fornire tali antiossidanti; comunque, l’uso di integratori bilanciati, cioè, niente megadosi di singoli antiossidanti, ma un loro moderato mix (perché questi “lavorano di concerto”) e a dosi non superiori a 2-3 volte le RDA, costituisce una “polizza di assicurazione” contro i danni da radicali liberi.
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FIBRE ALIMENTARI
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Le fibre alimentari sono sostanze di origine vegetale variamente distribuite nella verdura, nella frutta, nei cereali e loro derivati, e nelle alghe. Anche diverse piante medicinali ad azione lassativa (psillio) o emolliente (altea, malva) devono la loro azione alla presenza di particolari fibre. La caratteristica comune a tutte le fibre è che, contrariamente alle proteine, grassi e carboidrati (zuccheri), non vengono digerite. In altri termini, passano inalterate attraverso l’intestino tenue e raggiungono intatte il colon, dove la maggior parte di esse viene degradata dalla flora batterica. Questo comportamento è dovuto alla loro particolare struttura. Infatti, ad eccezione della lignina (presente nei semi, e quindi, poco diffusa negli alimenti), le fibre alimentari sono formate da catene più o meno complesse di carboidrati non disponibili, cioè non digeribili. Tra questi, i principali sono: la cellulosa (maggior componente di sostegno delle piante), le emicellulose (pentosani, beta-glucani), le pectine, le gomme e le mucillagini, gli amidi resistenti (diversi dall’amido comune, in quanto non digeribili), gli oligosaccaridi resistenti (come i frutto-oligosaccaridi).
Fibre insolubili (non viscose) La cellulosa ed alcune emicellulose formano il gruppo delle fibre insolubili, così definite perché si disperdono molto poco in acqua. Questo tipo di fibre è prevalente nel frumento, segale e relative crusche, ed in molte verdure. Le fibre insolubili influenzano gli eventi a livello del colon, dove aumentano il volume del contenuto intestinale e la velocità di scorrimento del contenuto stesso. Infatti, le fibre insolubili sono solo parzialmente degradate (cioè, sono solo in parte fermentescibili) dalla microflora (batteri) del colon. Come spugne, si rigonfiano d’acqua con il risultato di produrre una massa voluminosa e soffice, che stimola la motilità del colon stesso e, quindi, procede velocemente. Pertanto, sono utili in casi di rallentato transito intestinale e di stipsi (costipazione). Inoltre, l’aumento della massa riduce la concentrazione di eventuali composti tossici, e la maggiore velocità di svuotamento intestinale aiuta ad eliminare rapidamente i tossici. Tutto questo concorre a far diminuire il rischio di tumori del colon.
Fibre solubili (viscose) Le fibre solubili sono rappresentate da alcune emicellulose (beta-glucani da avena ed orzo, pentosani da cereali), dalle pectine (mele, arance…), dalle gomme (guar, konjac, alcuni legumi), dalle mucillagini (malva, psillio), dagli amidi resistenti (cioè, non digeribili al pari dell’amido comune), dai fruttooligosaccaridi (topinambur, carciofo, cicoria, cipolle, asparagi, soia). Queste si disperdono facilmente in acqua, formando una massa gelatinosa e viscosa. I loro primi effetti si hanno nello stomaco, dove la massa gelatinosa fa rallentare lo svuotamento gastrico. Come risultato si ha un senso di sazietà, che può limitare l’ingestione di cibo (aiuto nelle diete mirate al controllo del peso). Altri effetti si hanno nell’intestino tenue. In particolare, la massa gelatinosa della fibra gonfia d’acqua è in grado di ritardare l’assorbimento del glucosio. Di conseguenza, l’aumento del livello di glucosio nel sangue non è così veloce come nel caso di mancata ingestione di fibre solubili. Le fibre solubili si sono dimostrate efficaci anche nella riduzione del colestero227 lo totale e LDL, con risultanti benefici effetti per il sistema circolatorio ed anche per disturbi della prostata (ipertrofia benigna). In particolare, la fibra di orzo, avena, psillio e guar sono efficaci nel regolare il metabolismo lipidico (riducono colesterolo totale e cattivo) e glicidico (rallentano l’assorbimento intestinale di glucosio). Nel colon le fibre solubili fungono da “cibo” per la microflora con il risultato di promuoverne la crescita. Ne risulta (100 g) un aumento del contenuto inFagioli 11 testinale (dovuto alla massa miCarciofi, piselli, prezzemolo 5 crobica accre-sciuta) che si riCavolini di Bruxelles, fave 5 flette in un più facile svuotaFagiolini, carote, broccoli, cicoria 3 mento. La fermentazione delle Asparagi, porri, radicchio rosso 3 fibre ad opera dei microbiota Castagne, lamponi, mele cotogne 6-8,5 (micro-flora intestinale) produFichi d’india 5 ce anche una modifica positiva della flora stessa. Pere, kaki 2,8 Ad esempio, i frutto-oligosaccaAlbicocche, arance, pesche, mele 1,6-2 ridi favoriscono la crescita dei Mandorle, castagne, arachidi tostate 13-14 Noci, nocciole 6
Contenuto delle fibre negli alimenti
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Bifidobatteri (batteri salutari o probiotici) a svantaggio di batteri putrefattori e tossici. Per questo, i frutto-oligosaccaridi vengono definiti prebiotici. I frutto-oligosaccaridi migliorano l’assorbimento di calcio e magnesio, minerali importanti per il tessuto osseo. Inoltre, alcuni prodotti della fermentazione delle fibre solubili vengono utilizzati dalle cellule del colon come fonte energetica ed altri (come il butirrato) contribuiscono a ridurre il rischio di cancro al colon-retto.
Consumo giornaliero di fibre alimentari L’apporto giornaliero di fibre alimentari dovrebbe essere intorno ai 32 g nei soggetti adulti. Nei bambini la quantità giornaliera è inferiore; viene suggerita una quantità pari all’età + 5. Questi apporti devono essere ottenuti tramite il consumo di cereali, legumi, frutta e verdure. In pratica, si dovrebbero consumare ogni giorno circa 600-800 g di verdure/frutta intere (cioè, non succhi o centrifugati che sono stati privati di fibra) e circa 600 g di cereali e loro derivati (possibilmente poco raffinati). In questo modo si garantisce anche l’assunzione di altri componenti molto importanti per la salute, tra cui le vitamine, i minerali e diversi fitocomposti, come flavonoidi, lignani, fitosteroli, composti solforati, monoterpeni. Colazione del mattino con fiocchi di cereali integrali, pane integrale, frutta intera; pasti: consumare anche paste integrali, minestre con verdure e chicchi di cereali interi, legumi freschi e secchi, insalate miste con germogli di cereali, frutta intera.
Come le spugne, non tutte le fibre assorbono l’acqua nella stessa misura Acqua assorbita (g) da 100 g di vegetale Carote (pari a 3 g di fibra) Mele (pari a 2 g di fibra) Melanzane (pari a 2,6 g di fibra) Arancia (pari a 1,6 g di fibra) Fagioli (pari a 11 g di fibra) Lattuga (pari a 1,5 g di fibra) Patate (pari a 1,6 g di fibra) Crusca (10 g di fibra)
208 177 129 122 100 100 41 50
Le fibre possono dare alcuni effetti indesiderati. È possibile un minore assorbimento di alcuni minerali. Questo è dovuto non tanto alle fibre, quanto alla presenza di acido fitico in alcuni cibi ricchi di fibre, come i chicchi alimentari, i cereali, i legumi. È anche possibile interferenza con l’assorbimento di farmaci. Infine, dosi eccessive possono provocare disturbi intestinali, come produzione di gas e diarrea. PG Pietta et al, Vitamine e Fitocomposti per una salute ottimale, 2002-Copyright e distribuzione: PG Pietta-Tel/Fax 030-711986. JL Slavin et al., Dietary fiber and body weight, Nutrition 2006; 21:241. K Swennen et al., Non-digestible oligosaccharides with prebiotic properties, Crit Rev Food Sci Nutr 2006; 46:459. JM Keenan et al., The effects of concentrated barley beta glucan on blood lipids, Brit J Nutr 2007; 97:1162. KM Quennan et al., Concentrated oat beta glucan lowers serum cholesterol in hypercholesterolemic adults, Nutr J 2007; 6:1. A Khossousi et al., The acute effects of psyllium on postprandial lipaemia and thermogenesis in overweight and obese men, Brit J Nutr 2007 Nov 16. MS Butt et al., Guar gum: a miracle therapy for hypercholesterolemia, hyperglycemia and obesity, Crit Rev Food Sci Nutr 2007; 47:389. AL Garcia et al., Arabinoxylan consumption decreases postprandial serum glucose , serum insulin and plasma total ghrelin in subjects with impaired glucose tolerance, Eur J Clin Nutr 2007; 61:334. L Ellegard et al., Oat bran rapidly increases bile acid excretion and bile acid synthesis, Eur J Clin Nutr 2007; 61:938. N Reyna-Villasmil et al., Oat-derived beta glucan significantly improves HDL-C and diminishes LDL-C in overweight individuals with mild hyperchoesterolemia, Am J Ther 2007; 14:203. AM Nomura et al., Dietary fiber and colorectal cancer: the multiethnic study, Cancer Causes Control 2007; 18:753. L Holloway et al., Effects of oligofructose-enriched inulin on intestinal absorption of calcium and magnesium and bone turnover markers in postmenopausal women, Brit J Nutr 2007; 97:365. Y Granfeldt et al., Muesli with 4 g oat beta-glucans lowers glucose and insulin responses after a bread meal in healthy subjects, Eur J Clin Nutr 2007 Apr4
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FITOSTEROLI: UN AIUTO PER MANTENER SOTTO CONTROLLO IL COLESTEROLO47
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I fitosteroli sono importanti componenti strutturali delle cellule vegetali e si possono considerare il corrispondente vegetale del colesterolo. Le fonti principali di fitosteroli sono gli oli vegetali, in particolare l’olio di mais, girasole, cartamo, seguiti da soia ed oliva. Altre fonti sono la frutta secca, i semi di girasole e zucca, il mais, il pane integrale ed alcuni vegetali, come lattuga, fagioli, banane, pomodori e mele. Il fitosterolo più abbondante nella nostra dieta è il beta-sitosterolo. L’olio di riso e di orzo contengono una frazione insaponificabile, costituita da una miscela di esteri dell’acido ferulico con fitosteroli, conosciuti come orizanoli. I fitosteroli vengono prodotti nelle piante secondo un percorso simile a quello del colesterolo animale, e questo spiega la stretta somiglianza tra fitosteroli e colesterolo. Tuttavia, diversamente dal colesterolo (che può essere di origine endogena, cioè prodotto dall’organismo oppure derivante da alcuni alimenti), i fitosteroli non solo vengono assorbiti molto poco, ma impediscono anche l’assorbimento del colesterolo. Questo effetto di riduzione del colesterolo è stato provato in seguito a consumo regolare di 1 grammo/giorno di fitosteroli. A conferma dell’efficacia dei fitosteroli, il National Cholesterol Educational Program Step 1 degli USA include, tra le raccomandazioni ai soggetti con ipercolesterolemia lieve, anche quella di consumare giornalmente circa 2 grammi di fitosteroli. Questo accorgimento consente di ridurre fino al 15% il colesterolo-LDL (cattivo) senza modificare quello LDL (buono). Questo è possibile solo facendo uso di alimenti arricchiti di fitosteroli, i cosiddetti cibi funzionali, yogurt. Infatti, la dieta comune apporta al massimo mezzo grammo di fitosteroli, e pertanto gli effetti sul colesterolo sono minori. Infine, ad alcuni fitosteroli viene attribuito un ruolo preventivo nei confronti del cancro del colon e la capacità di migliorare alcuni sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna. MM Most et al., Rice bran oil, not fiber, lowers cholesterol in humans, Am J Clin Nutr 2005; 81:64. R Korpela et al., Safety aspects and cholesterol-lowering efficacy of low-fat dairy products containing plant sterol, Eur J Clin Nutr 2006; 60:633. S Devaray et al., The role of dietary supplementation with plant sterols and stanols in the prevention of cardiovascular disease, Nutr Rev 2006; 64:348. LH Hellegard et al., Dietary plant sterols and cholesterol metabolism, Nutr Rev 2007; 65:39.
FORMAGGI: COMBINAZIONI ALIMENTARI PER DIMINUIRNE POSSIBILI INCONVENIENTI Il formaggio è un alimento che fornisce calcio (facilmente assimilabile), vitamina A e vitamine del complesso B. Ha inoltre un elevato contenuto di proteine “nutrizionalmente” complete. Accanto a questi indubbi aspetti positivi, il formaggio ne presenta alcuni “non positivi”, tra cui l’alto valore calorico, il grande contenuto di grassi saturi, di colesterolo e di sodio. Per questo, le persone con scompensi del quadro lipidico, ipertese o, più in generale, in sovrappeso sono consigliate di limitare il consumo di formaggio. Anche le persone senza tali problemi dovrebbero comunque fare un uso corretto di questo ricco alimento. In primo luogo, il formaggio andrebbe considerato come “pasto” e non come integrativo, riempitivo di un pasto (magari abbondante). Tra i formaggi vanno preferiti quelli meno ricchi di grassi (colesterolo incluso) e di sodio. Da notare che l’eccesso di sodio limita l’assorbimento del calcio! Per ridurre gli effetti indesiderati, è bene consumare il formaggio con cibi ricchi di fibre, che limitano l’assorbimento dei grassi e del colesterolo, come pane d’avena, di segale, cereali integrali, pere (il detto “al contadin non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”47 ha anche un riscontro biochimico-nutrizionale), carote, in generale frutta e verdura. Bevande ricche di antiossidanti, come un bicchiere di buon vino rosso o, per gli astemi, spremute (non succhi depauperati!) di agrumi, sono altrettanto utili, perché riducono il rischio di ossidazione (cioè, danno) di proteine sovraccaricate di grassi. Anche l’accoppiamento con erbe aromatiche (rosmarino, timo, santoreggia, maggiorana, origano) e con un buon olio extra vergine di oliva riduce i rischi di ossidazione. Senza dimenticare le spezie, come il peperoncino ed il pepe, che possono aiutare a smaltire l’eccesso calorico. 47. Le pere, oltre alla fibra, hanno un buon contenuto di procianidine, che bene si integrano con i polifenoli del vino rosso o dell’arancia nell’impedire l’ossidazione delle LDL, cioè di quelle strutture ricche di colesterolo, che i formaggi concorrono a formare.
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GASTRITE
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È una malattia infiammatoria causata in parte da stress ed alimentazione scorretta (eccessivo consumo di grassi, in fritture, salumi, carni rosse, alcolici, spezie e caffè), ma anche da fumo e da alcuni farmaci. Una parte importante di responsabilità nello sviluppo di gastrite e ulcere spetta all’infezione da Helicobacter pylori, la cui presenza nello stomaco va eradicata con terapie farmacologiche appropriate (antibiotici e inibitori di secrezione gastrica). I sintomi tipici sono: bruciori di stomaco, gusti acidi in bocca e insufficienza digestiva. Prima regola: adottare una dieta corretta (ad esempio, la mediterranea, che è poco elaborata), mangiare lentamente masticando bene ed in condizioni tranquille. Evitare situazioni stressanti. In questo ambito, i rimedi naturali possono aiutare. Quali sono? Liquirizia Si utilizza un estratto secco titolato in glicirrizina (min. 4%); la posologia giornaliera è da 6 a 8 mg/kg di peso corporeo (cioè, una persona di 70 kg ne assumerà da 420 a 560 mg al giorno) diviso in due somministrazioni, una al mattino al risveglio e l’altra tra le 16 e le 17. La liquirizia ha un’azione antispasmodica ed antinfiammatoria sulla muscolatura liscia dello stomaco. In particolare, la liquirizia previene la degradazione di prostaglandine citoprotettive, cioè che limitano la secrezione gastrica e favoriscono la produzione di muco, mantenedo così l’integrità della mucosa gastrica. La liquirizia provoca ritenzione di sodio con conseguente aumento della pressione arteriosa. Non va quindi usata da soggetti ipertesi. Non va usata da persone di età inferiore ai 12 anni, in gravidanza e nell’allattamento. Può peggiorare il controllo metabolico nei diabetici e va usata con cautela nei nefropatici. Può provocare riduzione della forza muscolare. I contraccettivi orali ne potenziano l’effetto ipertensivizzante. La liquirizia è sicuramente efficace, ma, come visto, ha diverse controindicazioni e non può essere usata da tutti. Si può quindi ricorre alla camomilla e alla melissa. La prima viene impiegata sotto forma di infuso (3 grammi di fiori per tazza tre-quattro volte al giorno), di estratto fluido F.U. (Farmacopea Ufficiale) (0,54 ml al giorno) o di tintura 1:10 (3-10 ml al giorno). Allevia spasmi ed infiam-
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mazioni del tratto gastro-intestinale. La melissa, oltre ad avere una blanda azione di tipo sedativo ed ansiolitico (desiderabile nei soggetti stressati ed ansiosi), ha una valida azione spasmolitica sulla muscolatura liscia del tratto digerente. Tale azione è attribuita all’olio essenziale ed ai flavonoidi (apigenina). Si possono assumere infusi (2-3 grammi di parti aeree in una tazza d’acqua 2-3 volte al giorno oppure, meglio, estratti titolati in acido rosmarinico (min. 2%) nella misura di 5-7 mg/kg di peso corporeo al giorno, suddivisi in due tempi lontano dai pasti. In caso di nausea e/o vomito, molto utile è l’uso di estratto di zenzero (titolato in gingeroli, min. 4%), la cui posologia giornaliera è di 19-12 mg/kg di peso corporeo, in due somministrazioni preferibilmente a stomaco vuoto. Sia la camomilla che la melissa possono provocare (in soggetti sensibili) allergie cutanee. La melissa non va usata da ipotiroidei, in gravidanza e nell’allattamento.
Lo zenzero potenzia l’effetto degli antiggreganti (aspirina) e degli anticoagulanti. Secondo studi recenti, può essere usato anche in gravidanza. Curiosità! Anche il peperoncino rosso, per la presenza di capsaicina (il principio pungente) ha un effetto benefico sulle mucose gastriche. Altre erbe note per l’azione lenitiva sono quelle che contengono mucillagini capaci di formare uno strato protettivo sulla mucosa gastrica. Queste erbe sono l’aloe, l’altea, la malva ed il lichene islandico. KG Yeoh et al., Chili protects against aspirin-induced gastroduodenal mucosal injury in humans, DigDis Sci 1995; 40:580. A Madisch et al., Treatment of functional dispepsiawith a herbal preparation. A double-blind, randomized, placebo-controlled, multicenter trial, Digestion 2004; 69:45. PG Pietta, A Pietta, Fitomedicine dalla A alla Z, GMR Editore, 2008.
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INDICE GLICEMICO Quando assumiamo un alimento ricco di carboidrati, i livelli plasmatici di glucosio (glicemia) aumentano progressivamente man mano che si vanno digerendo ed assimilando gli zuccheri in esso contenuti. La velocità di crescita della glicemia dipende dal tipo di carboidrati presenti nell’alimento, dalla quantità di fibra e dal tipo degli altri alimenti assunti nello stesso pasto. Questo fenomeno si misura per mezzo dell’indice glicemico (IG), grazie al quale è possibile classificare i cibi in base alla loro influenza sulla glicemia. L’IG consente di distinguere i carboidrati rapidamente disponibili da quelli più lentamente assimilabili, e permette di fare una graduatoria degli alimenti in base agli effetti glicemici indotti dal consumo di una loro porzione (100g) rispetto ad un riferimento (50 g di glucosio o di pane bianco).
IG e CG di alcuni alimenti Pane bianco Pane integrale Zucchero Patate al forno Carote Banane Uva Mela Latte intero Latte scremato Yogurt
IG 70 71 65 85 47 52 46 38 27 32 27
CG 35 32 65 21 45 12 8 6 1,3 1,6 5
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Più precisamente, posto a 100 il valore di IG del riferimento, gli alimenti sono classificabili in tre gruppi: basso indice glicemico: < 55 (frutta, legumi, pasta di grano duro, cereali, latte, yogurt) medio indice glicemico compreso tra 55 e 70 (riso, miele, marmellate, gelati, patate novelle) alto indice glicemico: > 70 (patate al forno, purea di patate, pane bianco ed integrale, prodotti da forno, fiocchi di granturco). Gli alimenti con basso IG determinano una crescita lenta della glicemia, il che induce un’altrettanto lenta liberazione di insulina che riesce ad abbassare gradualmente la glicemia. Il cervello rimane, in tal modo, adeguatamente rifornito e non richiede altro cibo. Al contrario, gli alimenti con alto IG determinano un picco glicemico rapido ed elevato, che richiama una massiccia liberazione di insulina, la quale abbassa rapidamente la glicemia. Come risultato, i livelli di glucosio calano ed il cervello va in crisi. Chiede altro cibo; scatta la fame!
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Carico glicemico (CG) La risposta glicemica di un alimento dipende non solo dal tipo di carboidrati (più o meno rapidamente assorbibili) presenti nell’alimento stesso, ma anche dalla quantità contenuta in esso. Per soddisfare questa esigenza è stato introdotto il carico glicemico (CG). Questo si ottiene moltiplicando il contenuto (g) di carboidrati della porzione per l’indice glicemico dell’alimento e dividendo per 100. Una curiosità: gli alimenti ad alto indice glicemico, consumati 4 ore prima di coricarsi, favoriscono un più rapido addormentamento. Si sa che i carboidrati fanno aumentare la concentrazione plasmatica del triptofano, che è il precursore (via serotonina) della melatonina, cioè di un composto che induce il sonno. Questa caratteristica dei carboidrati è più accentuata per quelli prontamente disponibili. A Afaghi et al., High-glycemic index carbohydrate meals shortens sleep onset, Am J Clin Nutr 2007; 85:426.
INVECCHIAMENTO E MAGNESIO L’invecchiamento rappresenta un fattore di rischio di carenza di magnesio. Infatti, le modificazioni fisiologiche che si accompagnano con l’invecchiamento (ad es., minore assorbimento dei nutrienti), i comportamenti alimentari (spesso monotoni ed inadeguati) come alcune terapie indispensabili per tenere sotto controllo i disturbi associati alla terza età (ipertensione, diabete) contribuiscono a disturbare lo stato nutrizionale del magnesio negli anziani. Da non dimenticare che anche l’abuso di alcol48 compromette lo stato nutrizionale del magnesio! Ma perché è così importante il magnesio? Questo minerale, oltre ad essere un costituente del tessuto osseo (dove si trovano circa i 2/3 del magnesio corporeo, mentre il resto è localizzato quasi esclusivamente all’interno delle cellule), prende parte alla maggior parte dei processi metabolici dalla produzione di energia vitale (il magnesio viene considerato il minerale anti-stress!), interviene nella sintesi di importanti componenti delle strutture cellulari (carboidrati, proteine ed acidi nucleici) e nel mantenimento dell’equilibrio ionico delle membrane cellulari. Il magnesio è importante per la funzione neuro-muscolare, nel senso che tiene sotto controllo la trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione muscolare. Pertanto, una sua carenza comporta eccitabilità neuro-muscolare, che si manifesta con un maggior rischio di aritmia cardiaca. Il magnesio è altresì importante per il controllo della pressione sanguigna, grazie alla sua capacità di preservare la funzionalità vascolare. Infine, il magnesio attenua la resistenza all’insulina (vedi diabete).
48. Ricordarsi la regola d’oro: bere un bicchiere di vino rosso al pasto, ammesso che non vi siano controindicazioni mediche che ne vietano il consumo.
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Un’altra conseguenza della carenza di magnesio è la modifica dell’assetto fosfocalcico dell’osso, il che rende più probabile il rischio di osteoporosi (disturbo tipico dell’età avanzata). Da ultimo, ma altrettanto importante, il magnesio in difetto è una delle cause dei disturbi dell’umore, altro evento piuttosto frequente negli anziani. Il magnesio è quindi un nutriente cardine per gli anziani, perché concorre a produrre energia per le funzioni vitali, preserva il tessuto osseo, assiste la funzione cardiaca, e aiuta a mantenere la gioia del vivere. Ottime fonti di magnesio sono le noci, le mandorle, le arachidi, i pistacchi, i semi di girasole, il sesamo. Buone fonti sono i cereali integrali, gli ortaggi verdi (il magnesio è un componente della clorofilla, il pigmento verde delle piante, spinaci in testa).
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IPERTENSIONE L’ipertensione è uno dei più comuni (circa il 37% delle persone oltre i 40 anni ne soffrono) ed importanti fattori di rischio di malattie aterosclerotiche cardiovascolari e di disturbi renali. La strategia attualmente seguita per combattere “l’epidemia” della pressione alta comprende un trattamento farmacologico e “cambiamenti dello stile di vita”. Questi ultimi sono utili sia alle persone ipertese che normotese, e consistono nell’aumentare l’attività fisica, controllare il peso corporeo, evitare il fumo, moderare il consumo di alcol. Per quanto riguarda l’alimentazione, una particolare dieta (DASH, cioè Dietary Approach to Stop Hypertension, cioè approccio dietetico per stoppare l’ipertensione) si è dimostrata molto efficace a livello preventivo e di sostegno in fase di terapia. Tale dieta abbonda di frutta e vegetali; comprende cereali integrali, carni bianche, pesce, noci; consente solo formaggi light (basso contenuto di grassi); è povera di carni rosse e colesterolo, di dolci e bevande zuccherate. Una siffatta dieta è ricca di antiossidanti, fibra, potassio e magnesio. Al contrario, è ridotta in sodio (meno di sei grammi di sale al giorno).
La diminuzione della pressione arteriosa può essere conseguita attraverso la: riduzione del peso corporeo (5-20 mm Hg) dieta DASH (8-14 mm Hg) aumento del consumo di frutta e verdura (2-6 mm Hg) riduzione del sale (2-8 mm Hg) moderazione del consumo di bevande alcoliche (2-4 mm Hg) attività fisica (4-9 mm Hg) Combinando due o più di queste modalità i benefici si sommano. La cessazione del fumo, oltre ad avere effetti salutari generali, concorre a ridurre la pressione arteriosa.
Antiossidanti Gli antiossidanti (vitamine C, E, carotenoidi e polifenoli) impediscono ai radicali liberi di danneggiare le strutture vascolari e preservano la funzionalità renale. Si ha così un minore rischio di resistenza vascolare periferica ed una maggiore eliminazione di sodio con le urine. Tutto ciò si traduce in un abbassamento della pressione.
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Fibra La fibra aiuta a mantenere sotto controllo il peso e limita l’assorbimento di grassi, colesterolo incluso, che vanno ad intasare i vasi sanguigni. Potassio e magnesio Potassio e magnesio, entrambi abbondanti nella frutta, nei vegetali verdi, nei legumi e nei semi oleaginosi (noci, mandorle…), hanno anch’essi effetti ipotensivi: il potassio fa aumentare l’eliminazione di sodio, mentre il magnesio regola la contrattilità vascolare.
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Sodio È stato ampiamente dimostrato che un consumo eccessivo di sodio (circa 9 grammi al giorno di sale, pari a quasi sei volte quello dei nostri antenati) favorisce lo sviluppo di ipertensione49. Non tutti i soggetti rispondono allo stesso modo al sodio; alcuni sono più sensibili, cioè sono più portati a divenire ipertesi (soggetti sodio-sensibili). Ciò dipende da diversi fattori, come razza, età, sovrappeso, funzionalità renale… Tuttavia, nonostante questa variabilità, è riconosciuto che la riduzione del consumo di sodio (3-6 grammi/giorno di sale)50 aiuta a tenere sotto controllo la pressione. Non solo; la limitazione del consumo di sodio ha effetti benefici sull’osso! Infatti, assunzioni elevate di sodio comportano una maggiore escrezione urinaria di calcio con possibili conseguenze negative sul tessuto osseo. Il consumo eccessivo di sale contribuisce inoltre a determinare resistenza all’insulina, evento questo frequente nei soggetti sodio-sensibili. Lo scompenso metabolico risultante è, tra l’altro, causa di aumentata produzione di radicali liberi. Questo non è cosa da poco! Infatti, i radicali liberi in eccesso hanno effetti ipertensivi: causano alterazioni vascolari, degradano un importante vasodilatatore, 49. Potassio e magnesio (abbondanti in frutta e verdura) hanno invece effetti ipotensivi. 50. 6 grammi di sale corrispondono a circa un cucchiaino da tè di sale per giorno. La maggior parte dei cibi confezionati contiene sale. Il pane dà un contributo notevole insieme ad insaccati, formaggi e cibi in salamoia. Verificate sulle etichette il contenuto di sale degli alimenti e scegliete quelli più poveri di sale. Provate a tenere un diario del sale consumato giornalmente per verificare come facilmente si superi la quantità massima consentita, cioè i 6 grammi/giorno. Un accorgimento per limitare il sale consiste nell’insaporire il cibo che si prepara con erbe aromatiche o spezie.
l’ossido d’azoto e compromettono la funzionalità renale (cioè, la capacità di eliminare sodio attraverso l’urina). Altri due accorgimenti importanti sono i seguenti: Un buon stato nutrizionale del calcio nella mamma in attesa riduce l’incidenza di ipertensione arteriosa nei bambini. Yogurt ottenuto con Lactobacillus helveticus riduce la pressione arteriosa in soggetti lievemente ipertesi: il probiotico scinde la caseina in peptidi, alcuni dei quali sono ipotensivi! K Aihara et al., Effect of powdered fermented milk with Lactobacillus helveticus on subjects with high-normal blood pressure or mild hypertension, J Am Coll Nutr 2005; 24:257. LJ Appel et al., Dietary approach to prevent and treat hypertension (DASH diet), Hypertension 2006; 47:296. P Elliott et al., Association between vegetable protein intake and blood presure, Arch Int Med 2006; 166:79. L Djoussè et al., Influence of saturated fat and linolenic acid on the association between intake of dairy products and blood pressure, Hypertension 2006; 48:335. MA Khan et al., The 2006 Canadian Hypertension Education Program Recommendations for the management of hypertension, Can J Cardiol 2006; 22:583. KM O’Shaughness et al., Role of diet in hypertension management, Curr Hypert Rep 2006; 8. D de Luis et al., Dietary salt in the era of antihypertensive drugs, Med Clin (Barc) 2006; 127:673. IB Puddey et al., Alcohol is bad for blood pressure, Clin Exp Pharmacol Physiol 2006; 33:847. NR Cook et al., Long term effect of dietary sodium reduction on cardiovascular disease outcomes: observational follow-up of the trial of hypertension prevention (TOHP), Brit Med J 2007; 334:885. L Dauchet et al., Dietary patterns and blood pressure change over 5-year follow-up in the SU.VI.MAX cohort, Am J Clin Nutr 2007; 85:1650. M Shah et al., Effect of high-carbohydrate or high-cis-monounsatutated fatty acids on blood pressure, Am J Clin Nutr 2007; 85:1251. E Bergel et al., Effect of maternal calcium intake during pregnancy on children blood pressure: A systematic review of the literature, BMC Pediatrics 2007; 7:15. C Carollo et al., Wine, diet and arterial hypertension, Angiology 2007; 58:92.
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IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA
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L’ipertrofia prostatica benigna è un disturbo comune negli uomini anziani, che si caratterizza per sintomi di tipo ostruttivo ed infiammatorio del basso tratto urinario. La nutrizione ha un suo ruolo nel limitare il rischio di incorrere in questo disturbo. In generale, una dieta ipercalorica è associata ad una maggiore incidenza di ipertrofia (persone in soprappeso, con obesità addominale sono quelle più a rischio); questo, perché un maggiore introito calorico stimola l’attività del sistema nervoso simpatico, con l’effetto di indurre una maggiore contrazione del muscolo prostatico (i farmaci alfa1bloccanti comunemente usati per alleviare questi sintomi agiscono proprio rilassando il muscolo prostatico); aumenta le concentrazioni di testosterone (da cui deriva a livello intraprostatico il DHT, diidrotestosterone, responsabile dell’ipertrofia). Non solo la quantità, ma anche la qualità (composizione) della dieta è importante. Diete ricche di amidi e formaggi grassi sono le meno indicate, mentre quelle con abbondanti acidi grassi polinsaturi (da pesce, oli vegetali) sono protettive. Da preferire le proteine di origine vegetale, come quelle dei cereali (possibilmente poco raffinati) e dei legumi. Questi ultimi (piselli, ceci, fagioli vari, fagiolini, lenticchie, soia…) apportano anche fitoestrogeni, cioè sostanze capaci di ridurre il rischio di disturbi della prostata. Sono consigliati alimenti ricchi di vitamina E (vedi vitamine), licopene e selenio. Frutta e verdura vanno consumate generosamente (i vegetariani hanno un minore incidenza di ipertrofia), perché sono poco caloriche, ricche di fibra utile a tenere sotto controllo il colesterolo (= minore possibile formazione di testosterone), di vitamine, minerali e fitocomposti (cioè, composti esclusivi delle piante) protettivi. Una curiosità: il consumo di aglio e cipolla protegge dal rischio di ipertrofia prostatica benigna. F Bravi et al., Macronutrients, fatty acids, cholesterol, and risk of benign prostatic hyperplasia C Galeone et al., Onion and garlic intake and the odds of benign prostatic hyperplasia, Urology 2007; 70:672. Y Feng et al., Effects of phytoestrogens on prostate cancer and of benign prostatic hyperplasia, Zhonghua Nan Ke Xue 2007; 13:457. GL Ambrosini et al., Dietary patterns and surgically treated benign prostatic hyperplasia: a case control study in Western Austria, BJU Int 2007 Dec 5. S Rohrmann et al., Fruit and vegetable consumption, intake of micronutrients, and of benign prostatic hyperplasia, Am J Clin Nutr 2007; 85:523. S Schwarz et al., Lycopene inhibits disease in patients with of benign prostatic hyperplasia, J Nutr 2008; 138:49.
MALATTIE CARDIOVASCOLARI E CEREALI INTEGRALI I cereali hanno costituito la base alimentare di numerose popolazioni: frumento ed orzo nel bacino Mediterraneo e Medio-orientale, segale ed avena nell’Europa settentrionale ed orientale, riso nelle regioni asiatiche a clima monsonico, miglio e sorgo in Africa. Mentre nei Paesi più poveri i cereali continuano ad essere un importante alimento, in quelli industrializzati essi hanno un ruolo più limitato, affiancati come sono da alimenti più elaborati. E questo non è un bene! Infatti, i cereali devono far parte di una dieta bilanciata, perché forniscono significative quantità di diversi nutrienti. Diversi, ma non tutti. È proprio vero, non si vive di solo pane! Infatti, i cereali sono carenti di calcio, vitamina C, vitamina B12 e vitamina A. Nonostante questa limitazione (peraltro compensata da altri alimenti, come frutta/verdura, carni, oli vegetali, pesce, latticini magri, ecc.), i cereali apportano alcuni nutrienti che hanno un riconosciuto potenziale nella riduzione dei fattori di rischio delle cardiovascolari: la fibra, il selenio, il folato ed, in misura minore, l’acido linoleico, la vitamina E ed i lignani. Purtroppo, i processi di raffinazione cui i cereali vengono normalmente sottoposti, riducono la quantità di questi importanti nutrienti. La fibra, il folato e l’acido linoleico vengono ridotti del 50% circa, il selenio e la vitamina E dall’80 al 90%. Analoghe diminuzioni si verificano per le vitamine del gruppo B e per i minerali, zinco, manganese, ferro e magnesio. Per questo, si ricorre alla fortificazione dei cereali per colazione, del pane ed altri prodotti da forno: questo procedimento consiste nell’aggiungere vitamine (gruppo B) e minerali (calcio o ferro) per ripristinarne il contenuto originario. Inoltre, sebbene i cereali all’origine siano poverissimi di sodio (3 mg per etto di farina bianca), gli alimenti a base di cereali (in primis, il pane) ne sono ricchi (oltre 600 mg per etto di pane, cioè oltre 1,5 grammi di sale per etto). E ciò contribuisce a far aumentare la pressione sanguigna. I cereali andrebbero quindi consumati integrali, senza o con poco sale per poterne valorizzare a pieno i benefici. Tra questi, uno particolarmente significativo è attribuito alla fibra, ed, in particolare, a quella di alcuni cereali, come avena ed orzo. Le fibre di questi cereali riducono il colesterolo totale e quello
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LDL (cattivo). Nel caso dell’avena, la riduzione può arrivare fino al 20%, dato questo che ha consentito alla FDA (Food and Drug Administration – USA) di permettere il messaggio promozionale che la fibra e la farina d’avena (come parti di una dieta salutare) possono ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. L’orzo (consumato sotto forma di fiocchi, minestre, fibra…) ha effetti più modesti (circa il 6% di riduzione). Infine, la fibra di frumento (crusca) non ha effetto. Avena ed orzo funzionano perché contengono una particolare fibra solubile, il beta-glucano, che si rigonfia con acqua e produce una massa viscosa. Tale massa limita il riassorbimento degli acidi biliari con il risultato di determinare un bilancio negativo del colesterolo. In altre parole, gli acidi biliari vengono eliminati; per ristabilirne i livelli, viene utilizzato colesterolo, che così diminuisce. Il consumo di cereali integrali (pane ai cereali interi, farina d’avena, fiocchi di cereali vari per colazione, minestre di cereali integrali, pane di segale…) ha un altro effetto salutare. Quando vengono consumati, l’aumento dei livelli di glucosio nel sangue è più basso rispetto a quello che si produce dopo il consumo di quantità eguali di pane, pasta, fiocchi o riso raffinati. AS Truswell, Cereal grains and coronary heart disease, Eur J Clin Nutr 2002; 56:1. K Oh et al., Carbohydrate intake, glycemic index, glycemic load, and dietary fiber in relation to risk of stroke in women, Am J Epidemiol 2004; 161:161. MK Jensen et al., Intake of whole grains, bran, and germ and the risk of coronary heart disease, Am J Clin Nutr 2004; 80:1492. L Djousseè et al., Breakfast cereals and risk of heart failure in the physician’s health study, Arch Int Med 2007; 167:2080. DR Jacobs et al., Whole-grain consumption is associated with a reduced risk of inflammatory diseases, Am J Clin Nutr 2007; 85:1606.
MALATTIE CARDIOVASCOLARI E LEGUMI Le malattie cardiovascolari sono la causa di circa il 40% di mortalità nei paesi Europei. Tali malattie possono essere prevenute adottando corretti comportamenti alimentari, facendo regolarmente moderato esercizio fisico (dieta ed esercizio sono importanti per il controllo del peso!) ed evitando il fumo. In particolare, per quanto riguarda la dieta è più che risaputo che una riduzione di grassi saturi e colesterolo (carni rosse e formaggi) a vantaggio di alimenti che riducono il colesterolo, come i legumi, è importante per prevenire le malattie cardiovascolari. I legumi, cioè fagioli vari, piselli, lenticchie, ceci (ma anche soia ed arachidi) sono buone fonti di proteine vegetali (ne contengono dal 20 al 40% a seconda del legume). Queste proteine sono ricche di diversi amminoacidi essenziali, tra cui la lisina, mentre sono povere di amminoacidi solforati, come la metionina. Da qui la giusta associazione con cereali (come nella pasta e fagioli, nella pasta e ceci, nei risi e bisi…) che sono poveri di lisina e ricchi di metionina: legumi e cereali si compensano51! I legumi forniscono carboidrati sotto forma di amido e di oligosaccaridi della famiglia del raffinosio. Questi ultimi hanno un inconveniente: non sono digeriti nel primo tratto intestinale, ma vengono fermentati dalla flora batterica del colon e, quindi, in alcuni soggetti possono causare flatulenza. Il contenuto in grassi dei legumi è basso (ad eccezione della soia e delle arachidi), e, comunque si tratta di acidi grassi insaturi, cioè “buoni”. I legumi sono ricchi di fibra (presente per circa il 7%) importante per il controllo del colesterolo e di folati (una porzione fornisce la metà della dose giornaliera raccomandata) 51. Le proteine dei legumi hanno un grado di digeribilità, cioè di utilizzazione biologica, di circa il 70%.
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importanti per il controllo dell’omocisteina, fattore di rischio aterosclerotico. Sono fonti discrete di altre vitamine del gruppo B, mentre sono carenti di vitamina C e vitamine liposolubili. Il ferro contenuto nei legumi è poco biodisponibile, mentre lo è abbastanza lo zinco; il calcio è presente in un rapporto sfavorevole rispetto al fosforo, cioè di 1:2 anziché 2:1. Altri componenti ritenuti rilevanti ai fini del controllo lipidico sono gli isoflavoni (concorrono con la parte proteica nel ridurre il colesterolo), le saponine (facilitano il “sequestro” degli acidi biliari da parte delle fibre, con il risultato di abbassare i livelli di colesterolo), i fitosteroli (competono con l’assorbimento e la sintesi del colesterolo). Questi effetti positivi sono confermati in una recente valutazione di 11 diversi studi clinici sugli effetti dei legumi (soia esclusa) sul quadro lipidico. I risultati concordano nell’evidenziare che l’inserimento nella dieta dei legumi riduce il colesterolo totale, il colesterolo-LDL (cattivo), aumenta quello HDL (buono) ed abbassa i trigliceridi. Pertanto, si può concludere che il consumo regolare di legumi può proteggere dal rischio di cardiovascolari. Da ultimo, ma non meno importante i legumi sono alimenti “basificanti”. Non producono acidi fissi (essendo poveri di amminoacidi solforati) e, consumati con la carne o il pesce, ne diminuiscono gli effetti acidogeni (risparmio del tessuto osseo!). JW Anderson et al., Pulses and lipaemia, short- and long-term effect: potential in the prevention of cardiovascular diseases, Brit J Nutr 2002; 88:S263. A Mead et al., Dietetic guidelines on food and nutrition in the secondary preventio of cardiovascular disease, J Human Nutr Diet 2006; 19:401. I Flight et al., Cereal grains and legumes in the prevention of coronary heart disease and stroke: a review of the literature, Eur J Clin Nutr 2006; 60:1145. AH Lichtenstein et al., Diet and lifestyle recommendations Revision 2006, Circulation 2006; 114:82. L Ignarro et al., Nutrition, physical activity, and cardiovascular disease: An update , Cardiovasc Res 2007; 73:326.
MAL DI TESTA Si conoscono numerosi tipi di cefalea o mal di testa, ma le forme più comuni sono: l’emicrania (dolore pulsante in metà del capo con possibile nausea e fono/fotofobia; ne soffrono 7 milioni in Italia); la cefalea di tipo tensivo (dovuta a abitudini posturali scorrette, disfunzioni dentali e mandibolari); la cefalea a grappolo (la più rara, si manifesta con dolore intenso nella zona orbitale e frontale in episodi raggruppati in periodi di tempo limitati, da cui il nome di grappolo). Gli elementi scatenanti sono diversi. Tra questi vanno citati, oltre alla tensione della muscolatura del collo, fattori ormonali (pillola, ciclo mestruale); emotivi (ansia, stress…); ambientali (variazioni meteorologiche, luci intense ed intermittenti, altitudine); disturbi del sonno, soprattutto se associati ad apnea (fattore di rischio, che va rimosso con trattamenti a cura dei Centri del Sonno). Ma anche l’alimentazione può avere un ruolo! Infatti, alcuni composti presenti in alimenti e bevande sono in grado di scatenare questo disturbo in alcuni soggetti. È il caso della tiramina (formaggi fermentati), dell’istamina (alcuni vini, birra), dei glutammati (dadi, sughi pronti, salsa di soia e cucina cinese), dell’aspartame, dei solfiti (in diversi prodotti confezionati) e dei nitrati (negli insaccati e carni in scatola). Il caffè merita una considerazione a parte. Di per sé è in grado di alleviare il mal di testa grazie al suo potere vasocostrittore con effetto lievemente analgesico. Tuttavia, in abituali consumatori di caffè si può determinare una specie di dipendenza, per cui in caso di mancata assunzione possono aversi sintomi di astinenza tra cui anche il mal di testa. Quali sono gli accorgimenti nutrizionali? La prima regola è individuare alimenti e bevande sospette della dieta ed escluderli! Un buon stato nutrizionale di magnesio (da conseguire consumando noci e relativa frutta secca, cereali integrali, vegetali a foglia verde oppure tramite integratori di magnesio) e di vitamina B2 (buone fonti di questa vitamina sono latte e derivati, ovviamente da scegliere tra quelli freschi e meno grassi possibile) limita il rischio di mal di testa.
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Gli acidi grassi omega-3 di origine vegetale (noci, spinaci, legumi, lattughe) o marina (pesce azzurro, salmone…) aiutano a prevenire e limitare l’intensità del mal di testa (grazie ai loro effetti anti-infiammatori). Alcune persone soffrono di mal di testa quando saltano un pasto. Ciò va evitato, perché si va in carenza di glucosio e basse concentrazioni di questo zucchero nel sangue possono essere causa di mal di testa in questi soggetti. Per quanto riguarda le piante medicinali, le erbe più studiate sono: il tanaceto partenio, l’artiglio del diavolo, la boswellia (falso incenso), il farfaraccio, il salice e la menta (o, meglio l’olio essenziale di menta, che si usa solo a livello topico, cioè esterno). Il tanaceto è il più importante; ad esso è riconosciuta la capacità di ridurre il numero e la severità di attacchi di emicrania. Il tanaceto agisce impedendo il rilascio di serotonina da parte delle piastrine e limitando la sintesi di mediatori infiammatori. Tale attività è attribuita ai partenolidi. La sua azione è di tipo essenzialmente preventivo: si consigliano una o due capsule o compresse contenenti 125 mg di estratto secco allo 0,2% di partenolide (dose efficace: 0,25-0,50 mg di partenolide/giorno). Boswellia ed artiglio del diavolo vengono consigliati in caso di cefalea muscolo-tensiva, mentre farfaraccio e salice hanno un’azione di tipo analgesico ed anti-infiammatorio. Va comunque sottolineato che il ricorso a tali rimedi non deve sostituirsi al controllo medico da parte di specialisti che, sulla base dei sintomi, possono indicare il trattamento più adeguato. M Woolhouse, Migraine and tension headache, Aust J Family Phys 2005; 34:647. J Holzhammer et al., Alimentary trigger factors that provoke migraine and tension-type headache, Scmerz 2006; 20:151. PG Pietta, A Pietta, Fitomedicine dalla A alla Z, GMR Editore, 2008.
MELATONINA Quando si fanno viaggi aerei attraversando tre o più fusi orari si può incorrere in uno stato di disorientamento e stanchezza, conosciuto come jet lag (sfasamento da volo). Il nostro orologio biologico, che regola il ciclo giorno-notte, va in tilt e tale situazione può durare per alcuni giorni. In generale, il jet lag è più marcato volando verso Est che verso Ovest; è più facile riadattarsi andando all’indietro (come orario) che in avanti. Per limitare gli inconvenienti del jet lag, vi sono alcuni accorgimenti pratici: Nei tre giorni precedenti il viaggio cercare di alzarsi prima e coricarsi più tardi in caso di volo verso Est (il contrario vale per voli verso Ovest); Prenotare un volo che arrivi a destinazione nella tarda serata. All’arrivo, consumare un piccolo spuntino, evitando alcolici e bevande eccitanti (caffeina). Nei giorni seguenti stare all’aperto (luce solare) il più possibile. Un valido aiuto è offerto dalla melatonina, ormone prodotto nella ghiandola pineale (cervello) a partire dall‘amminoaci-
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do triptofano via serotonina. La sintesi della melatonina è regolata da un ritmo di 24 ore basato sul ciclo naturale giornonotte. Precisamente, la produzione di melatonina è stimolata dal buio (per questo, la melatonina è chiamata anche l’ormone del buio), mentre viene impedita dalla luce (giorno). La melatonina quindi è amica del sonno e, per questo, è efficace nel ridurre gli inconvenienti del jet lag. Più precisamente, la melatonina assunta 2-3 ore prima dell’ora di coricarsi (ore 22-24) nel luogo di destinazione previene e, comunque, limita gli effetti del jet lag. I dosaggi sono di pochi mg (0,5-2), ed i benefici sono tanto più marcati quanto più grande è il numero di fusi orari attraversati. L’assunzione va continuata per alcuni giorni. La melatonina è importante anche per altre proprietà, tra cui quella di ritardare l’invecchiamento cerebrale e tenere sotto controllo i processi infiammatori associati a malattie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson). Una curiosità: la melatonina è naturalmente presente (in piccolissime quantità) nelle noci e nelle ciliegie. La melatonina non è consigliata a bambini, donne in attesa, epilettici e pazienti in terapia anticoagulante. RJ Reiter et al., Melatonin in walnuts, Nutrition 2005; 21:920. V Srinivasan et al., Melatonin in Alzheimer disease and other nueurodegenerative disorders, Behav Brain Funct 2006;2 :15. A Alan et al., Melatonin : therapeutic and clinical utilization, Int J Clin Pract 2007; 61:835. J Waterhouse et al., Jet lag :trends and coping strategies, Lancet 2007; 369 :1117. SC Bondy et al., Melatonin and the aging brain, Neurochem Int 2007; 50:571.
OSTEOPOROSI L’osteoporosi è una malattia cronica causata da diversi fattori che concorrono nel determinare perdita di densità ossea con il conseguente rischio di fratture. Si instaura normalmente nella terza età, dopo la menopausa (in seguito alla perdita di estrogeni) nella donna e una decina di anni dopo nell’uomo (probabilmente per il declino degli androgeni). Le cause scatenanti sono diverse. Tra quelle non dipendenti dall’alimentazione si ricordano il fumo di sigaretta, l’insufficiente attività fisica e l’assunzione di alcuni farmaci. Sicuramente il più determinante di questi fattori avversi è la mancanza di regolare esercizio fisico. Questo comporta perdita di massa magra, cioè di forza e tono muscolare che sono richiesti per preservare le strutture ossee portanti. Ma anche la dieta ha effetti sul tessuto osseo. Infatti, un insufficiente consumo di alimenti che apportino calcio e vitamina D compromette il mantenimento della massa ossea. Il quadro si complica in caso di consumo elevato di fosforo, presente in bevande tipo Cola e alimenti commerciali. Anche il consumo non moderato di proteine animali fa aumentare il rischio di osteoporosi a causa della conseguente acidosi. Questa è dovuta all’accresciuta formazione di acidi solforico e fosforico derivanti dalla degradazione degli amminoacidi con zolfo o fosforo, che sono più abbondanti nelle proteine animali che in quelle vegetali. Come risultato si ha perdita di calcio nelle urine. Il sale è un altro fattore di rischio: diete “salate” comportano eliminazione urinaria di calcio, che viene sottratto all’osso costretto a fungere da “deposito tampone”. Consumi limitati di frutta e di verdura sono altrettanto rischiosi, perché vengono a mancare nutrienti essenziali per la salute dell’osso come le vitamine C e K, il potassio e il magnesio. Infine, attenzione alle diete strettamente vegetariane: sono carenti dei due nutrienti base, calcio e vitamina D. KD Cashman, Diet, nutrition, and bone health, J Nutr 2007; 137:2507S. C Puel et al., Mediterranean Diet and osteoporosis prevention, Med Sci (Paris) 2007; 23:756. Y Manios et al., Changes in biochemical indexes of bone metabolism and bone mineral density after a 12-mo dietary intervention program: the Postmenopausal Health Study, Am J Clin Nitr 2007; 86:781. Baker H, Nutrition in the elderly : nutritional aspects of chronic diseases, Geriatrics 2007; 62:21. SA Lanham-New, The balance of bone health: tipping the scales in favor of potassium-rich, bicarbonate-rich foods, J Nutr 2008; 138:172S. FA Tylavsky et al., The importance of calcium, potassium, and Acid-base homeostasis in bone health and osteoporosis, J Nutr 2008; 138:164S.
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PANETTONE, PANDORO, TORRONE, BUSSOLÀ ED ALTRI DOLCI DI NATALE
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Il panettone è un tradizionale e celebre dolce milanese, il cui nome deriverebbe, secondo la tradizione, dalla contrazione di “pane di Tonio”, modesto panettiere che diede in dote alla figlia corteggiata da un nobile gli ingredienti e la ricetta per preparare un dolce eccelente. Il panettone tradizionale si prepara mescolando due impasti, uno di farina lievitata e l’altro di farina arricchita di burro, tuorlo d’uovo (che conferisce il colore caratteristico), cedro candito, uva passa e zucchero biondo. Dopo lievitazione a temperatura moderata, la pasta viene cotta in stampi cilindrici. Il panettone tradizionale contiene circa il 56% di carboidrati (33 grammi/etto di amido e 23 grammi di zucchero; quest’ultimo è assorbito più prontamente dell’amido), l’11% di grassi (animali) ed il 6,4% di proteine. È dotato quindi di un elevato potere calorico: una fetta di panettone classico (un etto) fornisce ben 334 calorie. Le versioni farcite con crema o cioccolato “regalano” quasi 150 calorie in più per etto! Per la presenza di grassi animali, una fetta da un etto fornisce circa 112 mg di colesterolo. Andrebbe preferito il panettone classico (basso o alto), possibilmente preparato senza usare grassi idrogenati (possibile fonte di acidi grassi modificati indesiderati, gli acidi trans). Il panettone si consuma come dolce natalizio, accompagnato da Demisec Franciacorta, vino liquoroso o spumante. E questo sta bene, anche se, dato il suo alto valore calorico, andrebbe consumato non come fine pasto, ma a colazione o come dessert, magari accompagnato da un buon tè aromatizzato (cannella). Oltre al panettone milanese, si producono come dolci natalizi anche il panettone genovese (basso ed a pasta compatta) ed il panettone romano o pangiallo (si-mile al panforte senese, ma ad impasto me-no consistente; fatto con farina, in origine di granturco, spezie, uva passa e frutta secca).
Il pandoro è una specialità veronese consumata come dolce natalizio. È a base di farina, uova, zucchero, burro e lievito. Di forma alta, a coste rilevate, ricoperto di zucchero vanigliato, ha pasta morbida, soffice, sapore delicato e profumo fragrante. A fronte di queste invitanti caratteristiche sensoriali, ha il difetto di essere ancora più calorico del panettone tradizionale (quasi 400 calorie/etto). Quelli farciti forniscono mediamente 600 calorie /fetta da 100 grammi. Se si considera che le calorie giornaliere dovrebbero essere comprese tra 1500–2500 (a secondo del sesso, età , lavoro…), è presto fatto il calcolo: una sola fetta di pandoro oppure panettone può coprire fino al 26% del bisogno energetico giornaliero. Torrone È una specialità di pasticceria, già descritta dal romano Apicio (il nucatum, da noce, a base appunto di noci, miele ed uova). Si prepara facendo cuocere (130°C) miele e zucchero in quantità eguali. La pasta risultante viene alleggerita con albume d’uovo montato a neve, cotta e, quindi, farcita con quantità variabili di frutta (mandorle, nocciole, pistacchi, pinoli…) ed aromi. Si conoscono diversi tipi di torrone, da quello classico cremonese alle mandorle (croccante ed aromatizzato all’arancia), all’abruzzese (morbido, con nocciole, cioccolato ed aromatizzato alla vaniglia), siciliano (con mandorle, ricoperto di cioccolato fondente o cioccolato bianco ed aromatizzato all’arancia), calabrese (con arance, cedri, mandarini canditi, mescolati a mandorle e ricoperto di cioccolato fondente), di Chieti (a base di fichi secchi, cioccolato, mandorle ed aromi vari, in forma di lungo rotolo confezionato in fogli di stagnola colorati) e di Benevento (con nocciole). Il torrone tradizionale contiene circa il 52% di zuccheri (miele e glucosio, cioè zuccheri semplici, prontamente assorbiti), il 27% di grassi (vegetali, da mandor-
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le) e l’11% di proteine (da albume d’uovo e mandorle). È quindi un alimento ricco di energia. Un etto fornisce ben 479 calorie. Diversamente dal panettone, non contiene colesterolo né acidi grassi saturi. Le mandorle sono una buona fonte di acidi grassi insaturi, cioè “buoni”, di vitamina E e di zinco (entrambi, utili per proteggere dai radicali liberi). Queste positive caratteristiche non devono però indurre ad un consumo eccessivo. Piccole quantità, dell’ordine di 10-30 grammi al giorno, e limitate alle feste natalizie costituiscono un gradevole dessert per soggetti sani e normopesi. Come per tutti i cibi, ed in particolare quelli a base di zuccheri, va curata l’igiene dentale.
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Bussolà ed altri dolci natalizi Il bussolà è un dolce che ha le sue origini ai tempi della Repubblica Veneta e, tuttoggi, viene consumato durante le Festività Natalizie in diverse regioni (Veneto, Lombardia, Emilia…). È l’alternativa bresciana al panettone. Infatti è diverso dal panettone per la sua forma a ciambella (bussolà significherebbe biscia arrotolata), ma soprattutto per gli ingredienti e la tecnica di fermentazione. Farina, uova intere, zucchero, burro, miele, vaniglia, scorza di limone sono gli ingredienti più comuni; le varianti comprendono mandorle, cannella, cacao amaro…). L’impasto è lasciato fermentare ad opera di lievito di birra e lattobacilli diversi, così da conferire una struttura particolarmente soffice e morbida. Come il panettone, è un dolce molto calorico (zuccheri e grassi nell’insieme contribuiscono per circa il 70%): una fetta da un etto fornisce circa 350 calorie. Rispetto al panettone ha un contenuto più basso di colesterolo. Come tutti i dolci, va apprezzato da persone sane con moderazione durante le Festività, accompagnato dal San Martino della Battaglia, vino liquoroso che bene si abbina per le sue fragranze che vanno dal miele misto alla frutta secca. Altro dolce da dessert natalizio è la persicata: si tratta di una gelatina a base di pesche settembrine, preparata in condizioni controllate per preservare l’aroma fruttato. Era il dolce preferito da Gabriele D’Annunzio. Scarsamente calorici e molto sazianti sono i biscotti (bitostati) bresciani, che si gustano come i cantuccini senesi imbevuti in vino liquoroso. Una raccomandazione: i dolci natalizi contribuiscono ad allietare la tavola, ma vanno consumati con moderazione. Persone con problemi vari di salute o in sovrappeso devono essere ancora più cauti.
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PELLE E SOLE La pelle è costantemente esposta, quale barriera più esterna di protezione del corpo, alle offese ambientali. Una di queste è la radiazione solare, che comprende le regioni dell’ultravioletto B (UVB, 290-320 nm) ed ultravioletto A (UVA, 320-400 nm), oltre che del visibile (VIS, 400-700 nm). La luce solare è certamente importante, perché promuove la sintesi della vitamina D (importante per il tessuto osseo). Tuttavia, la radiazione solare rappresenta uno dei più importanti agenti di stress per la pelle. Infatti, la radiazione solare favorisce la formazione di radicali liberi, cioè di specie chimiche molto reattive e dannose per i lipidi, le proteine ed il DNA delle cellule della pelle. In particolare, l’esposizione acuta oppure cronica e a dosi non fisiologiche (cioè, prolungata e nelle ore centrali della giornata) comporta danni di due tipi: acuti, come quelli causati da UVB, che si manifestano con eritema, ustioni, edema, e/o cronici, causati da UVA, che determinano l’invecchiamento della pelle (perdita di tono, elasticità, formazione di rughe e macchie…) e aumentano il rischio di tumori della pelle (melanomi). Quali sono gli accorgimenti per evitare questi danni? In primo luogo, l’esposizione alla luce solare deve essere “fisiologica”, cioè graduale, moderata, evitando le ore centrali, e con protezione da filtri solari adeguati. Questo comportamento limita la distruzione degli antiossidanti naturalmente presenti nell’epidermide, cioè nello strato più esterno direttamente esposto alla luce solare. Più precisamente, vengono risparmiate le vitamine C ed E, i carotenoidi, il glutatione, che catturano i radicali liberi, sacrificandosi al posto dei componenti cellulari della pelle. In secondo luogo, è opportuno aumentare il patrimonio antiossidante nella pelle. Infatti, diversi studi indicano che l’integrazione con carotenoidi, vitamina E e polifenoli protegge la pelle dall’eritema, che è la prima manifestazione di
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danno indotto dalla luce solare ed anche dalla immunosoppressione (cioè, minore capacità di difesa immunitaria) che si accompagna all’esposizione ai raggi UV. L’integrazione va compiuta a partire da un mese prima del periodo di esposizione e va continuata nel corso dello stesso. In alternativa all’integrazione con specifici preparati, che personale esperto può consigliare, si può ricorrere ad una dieta particolarmente ricca di carotenoidi (carote, pomodori, vegetali a foglia verde scura, pesche, albicocche…), vitamina C (agrumi, kiwi, fragole, frutti di bosco, pomodori...), vitamina E (olio di germe di grano, noci, mandorle…). In questo modo, si garantisce non solo l’apporto di vitamine antiossidanti, ma anche quello di altri importanti fitocomposti (flavonoidi, oligoelementi e fibra), utili per il benessere della pelle e, più in generale, dell’organismo.
MF Holick ,Sunlight and vitamin D for bone health and prevention of autoimmune disorders, cancer, and cardiovascular diseases, Am J Clin Nutr 2004; 80:1678S. F McArdle et al.,Effects of oral vitain E and beta-carotene supplementation on UV radiation-induced oxidative stress in human skin, Am J Clin Nutr 2004; 80:1270. W Stahl et al., Carotenoids and flavonoids contribute to nutritional protection against skin damage from sunlight, Mol Biotechnol 2007; 37:26.
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www.epa.gov/sunwise/uvandhealth.html; www.voeding.tno.nl/uv
PESO CORPOREO E SALUTE Il peso corporeo di un uomo adulto è mediamente costituito dall’80-85% di massa magra (liquidi corporei, muscoli, scheletro, visceri…) e dal 15-20% di massa grassa (tessuto adiposo). Nella donna la percentuale di massa grassa sale al 2030%. Il peso corporeo è la risultante del bilancio energetico tra entrate ed uscite caloriche. In termini semplici, l’aumento di peso si verifica quando le calorie consumate (alimenti e bevande) eccedono quelle spese (attraverso il metabolismo basale, l’effetto termogenico del cibo e l’attività quotidiana). Soprappeso e obesità sono purtroppo frequenti , così da presentare un serio problema di salute (si parla di pandemia!). Tutto ciò perché le diete tradizionali, ricche di carboidrati complessi, fibre e micronutrienti sono state sostituite da diete ipercaloriche (per composizione e grandezza delle porzioni) con bassa densità di micronutrienti. In altre parole, mangiamo molte calorie “vuote”. A questo si aggiunga che le persone sono diventate molto meno attive; lavoro e tempo libero sono più sedentari.
L’energia introdotta con gli alimenti viene utilizzata durante il riposo (metabolismo basale) per il funzionamento degli organi, quali cervello, cuore, polmoni…), per mantenere la temperatura corporea e per svolgere le diverse attività quotidiane. Se l’energia introdotta è più alta di quella utilizzata, cioè se il fabbisogno energetico supera il consumo o dispendio energetico, l’eccesso si accumula sotto forma di tessuto adiposo. Va precisato che il fabbisogno energetico dipende da diversi fattori, come sesso, età, attività lavorativa…; la capacità di utilizzare l’energia introdotta (dispendio energetico) varia da persona a persona, per cui a parità di introito calorico e di stile di vita una persona può tendere ad ingrassare più di un’altra.
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Qual è il peso corretto? Una indicazione di peso corporeo corretto si può avere calcolando l’indice di massa corporea: questo parametro si ottiene dividendo il peso corporeo per l’altezza elevata al quadrato. Se tale indice è compreso tra 18 e 24,9 si è nella fascia normopeso; per valori da 25 a 29,9 si è in soprappeso; oltre il 30 si è obesi di classe I (fino a 35), II (da 35 a 40) o III (oltre i 40). In caso di soprappeso, la circonferenza vita (misurata in posizione eretta, senza trattenere il respiro nel punto che corrisponde alla minore circonferenza del tronco) consente di valutare il reale52 rischio di complicanze per la salute. Infatti, si stima che valori pari o superiori a 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini siano fortemente associati ad un aumento di rischio di complicanze per la salute. In particolare, aumenta il rischio di ipertensione; dislipidemia (alti livelli di colesterolo e trigliceridi); cardiopatie; ictus; diabete tipo 2; insufficienza respiratoria (apnee notturne); osteoartriti dovute al sovraccarico (colonna vertebrale, anche, ginocchia…); disturbi alla cistifellea; alcuni tipi di tumore (endometrio, seno, colon…). Per non parlare dell’aspetto estetico! Ma se è vero che il soprappeso (peggio, l’obesità) sono gravi fattori di rischio, è altrettanto vero il contrario. Si stima che perdendo circa il 10% del proprio peso, un soggetto in soprappeso migliora il suo stato di salute (diminuiscono i rischi di complicanze), a patto che la perdita di peso sia mantenuta. Quali sono le indicazioni nutrizionali per riacquistare un peso corretto? L’alimentazione deve essere varia con apporto calorico modicamente limitato rispetto al fabbisogno energetico, in modo da realizzare un bilancio energetico negativo, cioè una situazione in cui le “uscite” prevalgano sulle “entrate”. A titolo esemplificativo, in caso di fabbisogno pari a 2500 calorie/giorno, una riduzione di circa 500 calorie viene ritenuta adeguata. Ma non basta! Le 2000 calorie devono rispondere a precisi comportamenti e scelte alimentari, senza rinunciare al gusto e al piacere del cibo.
52. È possibile che un individuo con un’alta percentuale di massa magra (muscoli) abbia un elevato indice di massa corporea, ma questo non necessariamente significa che sia a rischio di complicanze associate al soprappeso.
L’alimentazione va frazionate nell’arco della giornata (tre pasti principali, cioè colazione, pranzo e cena) e due spuntini (metà mattino e metà pomeriggio). Non saltare mai un pasto. Vanno privilegiati i grassi di origine vegetale (in particolare, olio extra vergine di oliva). Vanno consumate regolarmente quantità idonee di cereali integri, legumi, verdura/frutta (di stagione e di diverso colore). Va consumato pesce (preferibilmente, azzurro, perché il più ricco di acidi grassi omega 3, antinfiammatori e vasoprotettivi) almeno due volte alla settimana. Carni, latte e prodotti caseari vanno scelti tra le versioni più magre (cioè, meno ricche di grassi saturi e colesterolo). Va limitato l’uso del sale (un cucchiaino da tè al giorno, complessivamente). Vanno ridotti gli zuccheri semplici. Consideriamo ora un esempio di possibile composizione dei menù per circa 2000 calorie. Le porzioni di insalata corrispondono a 50 g, mentre quelle degli altri ortaggi sono di 250 g. I formaggi vanno consumati due/tre volte la settimana; le uova due volte la settimana. Le patate (cibo amidaceo e non verdura, la cui porzione è di 200 g a crudo) vanno consumate 2 volte la settimana. Evitare bevande zuccherate. Se in buona salute, è consentito un bicchiere scarso di buon vino (meglio se rosso). Niente dolci. Assicurarsi di assumere nel complesso 2 litri d’acqua da bevande, minestre, frutta/verdura, tisane… (tanta quanta le calorie assunte). Da ultimo, svolgere giornalmente attività fisica.
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Ripartizione della giornata (in porzioni) Colazione Latte p.s. o yogurt p.s. Cereali (pane, fette, biscotti secchi) Frutta (fresca, spremuta)
1 porzione (125 g) 1 porzione (50 g) 1 porzione (150 g)
Spuntino 1 frutto fresco o frutta secca (2-3 noci, fichi..) o yogurt p.s.
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Pranzo Pasta o riso Pane Carne fresca (magra) oppure Carne conservata (salumi) oppure Pesce oppure Legumi oppure formaggio (il meno grasso) oppure Uova Verdura Frutta Condimenti
1 porzione (80 g a crudo) 1 porzione (50 g) 1 porzione (60g a cotto) 1 porzione (50 g) 1 porzione (150 g a crudo) 1 porzione (100 g freschi, 30 g secchi) 1 porzione
(100 g fresco, 50 g stagionato)
1 uovo (50 g a crudo) a volontĂ 1 porzione (150 g) 2 porzioni (20 g)
Spuntino 1 frutto fresco o 2-3 frutta secca (noci, fichi..) con un paio di biscotti secchi Cena Pasta o riso in minestra Pane Carne o pesce o formaggio Verdura Frutta Condimenti
1/2 porzione (40 g) 1 porzione (50 g) 1/2 porzione a volontĂ 1 porzione 1/2 porzione (10 g)
PORZIONI DI FRUTTA E VERDURA (escluse le patate, che sono un cibo amidaceo) AL GIORNO Più di una volta nel testo si è sottolineata la necessità di consumare almeno 6 porzioni al giorno di frutta e verdura per mantenere un buon stato di salute. Di seguito è indicato un possibile percorso per garantirsi il quotidiano rifornimento di vitamine, minerali, fitocomposti e fibra, e con poche calorie! Cos’è una porzione? Alcuni esempi sono: una mela o banana o pera o arancia o altro frutto di simile grandezza 2 prugne o frutti di simile grandezza un pompelmo o avocado una fetta di ananas o melone 4 cucchiai colmi di verdura o legumi (freschi o cotti) un bicchiere (150 ml) di spremuta di frutta una coppetta di macedonia o di uva o di frutti di bosco…
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Nel caso di frutta secca o essiccata la porzione si riduce a tre-quattro noci, fichi secchi… Come si possono consumare 6 porzioni al giorno? Colazione Una manciatina di frutta secca aggiunta ai cereali (muesli) o mangiare una mela o un’arancia. Bere un bicchiere di succo di frutta.
Spuntino intermedio Un frutto a scelta. Pranzo Contorno di verdura fresca o cotta (una di legumi). Macedonia di frutta. Spuntino intermedio Spremuta di frutta o un frutto a scelta (anche frutta secca). Cena Minestrone. Contorno di verdura fresca o cotta (una di legumi). FB Hu et al., Plant-based foods and prevention of cardiovascular disease: an overview, Am J Clin Nutr 2003; 78:S544. J Lako et al., Total antioxidant capacity and selected flavonols and carotenoids of some Australian and Fijian fruits and vegetables, Asia Pac J Clin Nutr 2004; 13:S127. L Dauchet et al., Frequency of fruit and vegetable consumption and coronary heart disease: the PRIME study, Brit J Nutr 2004; 92:963.
“Una mela al giorno toglie il medico di torno”. Non è proprio così! Diversi studi, anche molto recenti, indicano che ciascuna porzione giornaliera di frutta/verdura riduce del 4% il rischio di malattie coronaro-cardiache (fino ad una soglia del 20% contro il 30% delle statine). E più in generale, si è accertato che le persone con più alto consumo regolare di frutta/verdura hanno un rischio ridotto di altre malattie cronico-degenerative. Questi effetti preventivi sono dovuti alla presenza nella frutta/verdura di numerosi fitocomposti, che comprendono polifenoli, carotenoidi, derivati della clorofilla, glucosinolati, fitosteroli, fibre, oltre a vitamina C, tocoferoli e specifici minerali (molto potassio e magnesio e pochissimo sodio). Questi composti sono distribuiti in modo diverso in frutta/verdura: non tutti sono necessariamente presenti, la loro quantità varia come pure è diversa la capacità protettiva (di tipo antiossidante, ipolipemico, antiproliferativo, ecc.). Per questo attribuire ad un solo frutto, nel caso specifico la mela, proprietà preventive di tipo generale è approssimativo! È vero che la mela ha proprietà nutrizionali interessanti: virtualmente non contiene grassi, né colesterolo né sodio; è ricca di pectina, fibra solubile che abbassa il colesterolo e contiene polifenoli antiossidanti. Tuttavia, manca di altri micronutrienti importanti (per citarne alcuni, le vitamine C, E ed A, l’acido folico, i carotenoidi…) che sono invece contenuti in altri frutti/verdure. Questo sta a significare che, più che una mela al giorno, bisogna consumare
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regolarmente un insieme di vegetali, preferibilmente di stagione ed, il più possibile, esenti da trattamenti. Frutto intero o frutto senza buccia? È noto che la buccia dei frutti (mela, pera, pesca…) ha un contenuto più alto di sostanze bioattive (fibre e polifenoli) della polpa, e quindi rappresenta la parte del frutto di maggiore interesse biologico. Tuttavia, la possibile presenza di residui contaminanti scoraggia a consumare il frutto intero, a meno che non si abbia la certezza di avere un frutto sicuro, come quello colto nel proprio giardino (per chi ha la fortuna d’averlo). Comunque, anche sbucciato il frutto ha effetti benefici: l’importante è consumarlo regolarmente. Ma anche questo non basta. Per limitare il rischio di malattie cronico-degenerative è necessario aumentare il consumo di cereali integrali, limitare il consumo di grassi e sostituire il pesce alla carne (anche se la carne non va eliminata, va solo limitata). Questo comportamento alimentare (in sostanza, la dieta mediterranea), unito ad un esercizio fisico moderato e costante, è un’ottima forma di prevenzione. Ovviamente, niente fumo e poco alcol! J Sun et al., Antioxidant and antiproliferative activities of common fruits, J Agric Food Chem 2002; 50:7449. M Leontowicz et al., Apple and pear peel and pulp and their influence on plasma lipids and antioxidant potential, J Agric Food Chem 2003; 51:5780. B Panagiotakos et al., Consumption of fruit and vegetables in relation to the risk of developing acute coronary syndromes: the CARDIO 2000 case-control study, Nutr J 2003; 2:2. KL Tucker, Dietary intake and coronary heart disease: A variety of nutrients and phytochemicals are important, Curr Treat Options Cardiovasc Med 2004; 6:291.
PREGI DEL LATTE DI CAPRA Recenti studi indicano interessanti proprietà nutrizionali del latte di capra, prodotto caseario definito “di nicchia”, quasi esclusivamente gustato come formaggio in Francia sono famosi i “chevrotin”, mentre in Italia, stranamente, i latticini caprini sono preparati con latte vaccino. È bene ricordare che nella preistoria il primo latte munto è stato quello di capra, prima ancora di quello di pecora, e l’arte casearia fu applicata inizialmente al caprino. Il successo e la grande diffusione del latte vaccino sono stati dettati da motivi economici (maggiore facilità di ottenerne grandi quantitativi) e da norme legislative (esclusione delle capre dal pascolo in zone boschive e contenuto in grasso non inferiore al 3,5%, mentre il latte di capra ne contiene mediamente il 3%). Nel latte di capra è molto bassa la percentuale di caseina alfa 1, proteina ad alto potere allergizzante. Il minore contenuto di questa proteina comporta anche la formazione di un coagulo più soffice e più facilmente digeribile. Anche la frazione lipidica (i grassi) è più assimilabile perché è più ricca di acidi grassi a catena corta o media (acido caproico, caprilico, caprico), che permettono un maggiore assorbimento intestinale rispetto al latte vaccino. Inoltre, questi acidi ”semplici” abbassano i livelli di colesterolo e di trigliceridi, svolgendo un ruolo positivo (simile a quello dell’olio di oliva) sul metabolismo dei lipidi. Un’altra caratteristica positiva dei grassi del latte di capra è l’alto contenuto di una particolare classe di acidi grassi, i linoleici coniugati, cui sono riconosciute attività protettive nei confronti di disturbi cardiovascolari e diabete. Per quanto riguarda le vitamine, il latte di capra ha un buon contenuto di vitamine del gruppo B; è comunque meno ricco di vitamina B12 e B9 del latte vaccino. Calcio, magnesio sono presenti in buone quantità, tanto che nei bambini alimentati con latte di capra si è registrata una maggiore compattezza del tessuto osseo. Rispetto al latte vaccino, il latte di capra si distingue per una maggiore bio-disponibilità (utilizzazione da parte dell’organismo) di due importanti minerali, zinco e selenio. P Pellerin, Goat’s milk in nutrition, Ann Pharm Fr 2001; 59:51. F Laura-Villoslada et al., Goat milk is less immunogenic than cow milk , J Pediatr Gastroenterol Nutr 2004; 39:354. C Grant et al., Randomized, double-blind comparison of growth in infants receiving goat milk formula versus cow milk infant formula, J Paediatr Child Health 2005; 41:564.
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PRIMA COLAZIONE La colazione è un pasto importante. Arriva dopo circa 9-10 ore di digiuno ed è necessaria per ricaricare l’organismo. Una buona colazione determina un miglioramento della vitalità durante la giornata, un aumento dell’attenzione e della prestazione lavorativa. Il pasto del risveglio deve fornire circa il 20% delle calorie giornaliere, cioè da 400 a 500 calorie, distribuite per circa il 70% (la maggior parte) in carboidrati e per il restante 30% da proteine e grassi, in parti uguali (15 % di ciascun macronutriente). Per chi ha bevuto a colazione solo caffè o, al massimo, una tazza di caffèlatte (pari a circa 100 calorie) sarà inevitabile avere un calo glicemico in tarda mattinata. Tale calo spingerà a consumare ogni genere di merendine e spuntini (in
Esempi di colazione 268
300 calorie Quantità in grammi Caffè, orzo o tè a piacere Latte parzialmente scremato 200 4 fette biscottate integrali 60 4 cucchiaini di marmellata 20 Una spremuta di arancia 50 350 calorie Quantità in grammi Caffè, orzo o tè a piacere Latte parzialmente scremato 200 2 fette di pane integrale 60 2 cucchiaini di miele 10 una macedonia di frutta fresca 250 380 calorie Caffè, orzo o tè 2 yogurt magri 10 biscotti secchi 2 cucchiaini di miele una banana
Quantità in grammi a piacere 250 60 10 120
genere, botte caloriche di zuccheri semplici e grassi), con la conseguenza negativa di arrivare con poco appetito al pranzo, che invece dovrebbe essere un altro momento importante per scelte nutrizionali equilibrate. Un’adeguata colazione deve essere composta da: Una tazza di latte o yogurt (naturale o alla frutta), meglio se parzialmente scremati, cioè con meno grassi. Il latte e lo yogurt sono una buona scelta, perché apportano calcio e vitamina D (entrambi importanti per il tessuto osseo). Lo yogurt arricchito con fermenti lattici (probiotici) oppure prodotti analoghi contribuiscono a regolarizzare la microflora intestinale e sono indicati in caso di gonfiore intestinale e stipsi. Caffè, orzo, tè – non zuccherati – sono una valida alternativa per chi non tollera o non gradisce il latte. Queste bevande non forniscono calorie (si possono consumare a piacere), ma non forniscono nemmeno nutrienti importanti. Al contrario, spremute di frutta – sempre non zuccherate apportano sì calorie, ma anche importanti vitamine, minerali e fitocomposti protettivi. Pane o fette biscottate con marmellata o miele oppure prodotti a base di cereali, come corn flakes e muesli oppure biscotti (secchi ed integrali più che i frollini troppo grassi). Un frutto di stagione oppure una macedonia di frutta fresca. E il cappuccino con brioche? Vanno bene per chi non ha problemi con la bilancia. Comunque, il cappuccino per alcuni soggetti non è il massimo della digeribilità, mentre le brioche o cornetti sono molto calorici (fino a 430 calorie). E il burro? Da evitare per sedentari e persone in soprappeso. Poco per chi fa vita attiva ed è normopeso.
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PROBIOTICI Microflora intestinale (microbiota)
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Il tratto gastro-intestinale è un habitat naturale di diverse e vaste comunità di microrganismi, ed il colon è la sede privilegiata in quanto ospita più di 500 differenti specie di batteri (microflora). Tale flora è principalmente costituita da batteri anaerobi, cioè capaci di crescere in assenza di ossigeno utilizzando composti organici diversi. Gli anaerobi principali sono: Bacteroides, Bifidobacteria, Eubacteria, Peptococci, Clostridia, Lactobacilli, Escherichia. Gli aerobi sono Enterobacteria, Enterococci, Staphylococci e Saccharomyces (lieviti). I batteri interagiscono continuamente tra di loro e con l’ambiente circostante, cioè con l’epitelio intestinale, il sistema immunitario mucosale, i sistemi endocrino e nervoso. La loro attività metabolica viene considerata tanto importante quanto quella del fegato! La maggior parte della microflora residente è benigna; tuttavia, alcune specie sono potenzialmente nocive. Ad esempio, i lattobacilli ed i bifidobatteri sono positivi, mentre i clostridi sono dannosi. Normalmente, i batteri “buoni amici” prevalgono e l’organismo ne trae effetti salutari. Gli effetti benefici della microflora sono: diretti, in quanto compete con i patogeni invasori nell’occupazione delle nicchie e nell’utilizzazione dei nutrienti; indiretti, perché dialoga con il tessuto linfoide associato all’intestino (GALT) e ne sollecita le risposte difensive contro gli invasori.
Probiotici Con il termine di probiotici si indicano i microrganismi che sono in grado, quando vengono ingeriti in quantità sufficienti, di esercitare funzioni benefiche per l’uomo. I probiotici più comuni sono i batteri lattici (LAB), così chiamati perché sono caratterizzati da un metabolismo fermentativo anaerobico (cioè, in ambiente privo di ossigeno) con produzione finale di alcuni acidi organici, di cui il maggioritario (e sempre presente) è l’acido lattico. Al gruppo dei batteri lattici appartengono i generi Lattobacilli, Bifidobatteri e Streptococchi/Enterococchi. Ogni genere (ad es., Lactobacillus) può comprendere diverse specie (ad es., Lactobacillus acidophilus) e all’interno di ciascuna specie può esservi una varietà di ceppi (ad es., L. acidophilus La-1). Da notare che i batteri lattici delle specie L. delbrueckii ssp bulgaricus e Streptococcus thermophilus, utilizzati per la preparazione dello yogurt, non sono normalmente presenti nell’intestino.
È largamente riconosciuto che l’assunzione di probiotici o di alimenti probiotici (cioè, di alimenti che contengono probiotici in quantità adeguata fino al tempo di scadenza) favorisce una benefica colonizzazione. Al contrario, la terapia antibiotica comporta un deterioramento della flora “amica” con i relativi inconvenienti (diarrea, gonfiore addominale, flatulenza, minori difese immunitarie…). I probiotici operano a diversi livelli come sotto descritto. Modulazione del sistema immunitario attraverso il “colloquio” con il GALT L’assunzione di probiotici determina una diffusa e marcata risposta immunitaria. In particolare, controllano: - la produzione di mediatori con ruolo diverso (cioè, capaci di orientare le risposte verso direzioni anti- o pro-infiammatorie); - la secrezione mucosale di IgA (immunoglobulina protettiva che sequestra l’invasore); - l’attività dei fagociti e delle cellule NK (cellule immunitarie che distruggono l’invasore). Sintesi di agenti antimicrobici Molti probiotici possono produrre una o più sostanze antimicrobiche, tra cui l’acqua ossigenata, acidi organici… Protezione della barriera mucosale I batteri intestinali influenzano la permeabilità della barriera mucosale intestinale. In particolare, i batteri dannosi la aumentano, permettendo così il passaggio attraverso la parete mucosale di batteri vari e di sostanze indigerite della dieta. La funzione “barriera” della mucosa viene invece stabilizzata dalla somministrazione di probiotici. Eclusione competitiva I probiotici inibiscono sia la penetrazione del patogeno (E. coli, Salmonella enterica, rotavirus) attraverso la barriera mucosale che la sua adesione alle cellule epiteliali Soppressione dell’infiammazione intestinale Diverse malattie intestinali, caratterizzate da un alternarsi di momenti di disturbo attivo e latente, sono dovute a stati infiammatori della mucosa. In generale, in presenza di queste malattie (morbo di Crohn, colite ulcerosa, colite spastica), la popolazione batterica anaerobica “amica” è ridotta a vantaggio di quella dannosa. I probiotici contribuiscono a ristabilire un corretto equilibrio. Le principali applicazioni dei probiotici riguardano la diarrea infantile, la diarrea associata ad antibiotici, il colon irritabile, le infezioni genito-urinarie, la dermatite atopica, l’intolleranza al lattosio e la stipsi. PG Pietta, A Pietta, Probiotici nella salute e nella malattia, GMR Editore, 2006.
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PROBLEMI FEMMINILI
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I fitoestrogeni sono composti di origine vegetale, che vengono trasformati nell’organismo in composti simili agli ormoni femminili (estrogeni). Questo permette ai fitoestrogeni di legarsi a particolari strutture (recettori) delle cellule che riconoscono gli estrogeni con il risultato di generare una risposta ormonale (anche se molto meno marcata rispetto a quella degli ormoni femminili) . Più precisamente, l’effetto dei fitoestrogeni può essere duplice. Anti-estrogenico (cioè, di diminuzione dell’attività ormonale), quando i livelli degli ormoni femminili sono alti. È il caso delle donne in età fertile. La diminuzione dell’attività estrogenica è dovuta al fatto che i fitoestrogeni si sostituiscono parzialmente agli ormoni femminili, e, quindi, ne limitano l’azione. Al contrario, quando i livelli di ormoni femminili sono bassi (come avviene con la menopausa), i fitoestrogeni suppliscono alla mancanza di questi, e favoriscono una debole risposta estrogenica (in tale situazione, si ha un effetto estrogenico, anche se blando). Quali alimenti apportano fitoestrogeni? I due gruppi principali di fitoestrogeni sono gli isoflavoni e i lignani. I primi, cioè gli isoflavoni sono contenuti quasi esclusivamente nei legumi (soia, piselli, ceci, fagioli), mentre i lignani sono diffusi in diverse specie (cereali integrali, semi di lino, di sesamo, frutti di bosco, noci, pere, mele, banane, broccoli… Quali sono gli effetti protettivi? Secondo diversi studi, il consumo regolare di questi cibi si accompagna con una minore incidenza di alcuni disturbi della menopausa (vampate di calore, secchezza della pelle…). I fitoestrogeni possono anche aiutare a ridurre la perdita di densità ossea, frequente dopo la menopausa, e causa di osteoporosi. Nelle donne asiatiche (la cui dieta comprende cibi ricchi di isoflavoni) l’incidenza di fratture dovute ad osteoporosi è inferiore a quella delle donne occidentali, nonostante le prime assumano meno calcio (basso consumo di latte e derivati). Ai fitoestrogeni viene anche riconosciuta la capacità di limitare alcuni processi implicati nel possibile sviluppo di forme tumorali ormono-dipendenti, come quelli del seno e della prostata (alti livelli di un particolare isoflavone, la genisteina, nel tessuto prostatico sono associati ad un minore rischio). Tuttavia, al riguardo, sono necessari ulteriori studi di conferma. A Cassidy et al. Phytoestrogens and cardiovascular disease, J Brit Menopause 2006; 12:49. YB Ye et al., Phytoestrogens and bone health, Eur J Clin Nutr 2006; 45:327. G Cheng et al., Isoflavone treatment for acute menopause symptons, Menopause 2007; 14:468. MS Touillaud et al., Dietary lignan intake and postmenopausal breast cancer risk by estrogen and progesterone receptor status, J Natl Cancer Inst 2007; 99:475. JP Yuan et al., Metabolism of dietary soy isoflavones to equol by human intestinal microflora-implications for health, Mol Nutr Food Res 2007; 51:765.
QUANDO LA MAMMA FUMA, ANCHE FIGLI E PAPÀ MANGIANO MALE!
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L’alimentazione dei fumatori non tiene spesso conto delle raccomandazioni nutrizionali che garantiscono benessere. In generale, i fumatori consumano più carni, grassi, uova, insaccati, cibi elaborati, come fritti, bevande alcoliche e meno frutta e verdura dei non fumatori. Di conseguenza, la loro dieta è spesso iper-calorica con rifornimento scarso di nutrienti tipici dei vegetali, come la vitamina C, i carotenoidi, minerali, fibra e fitocomposti protettivi. Questo ridotto apporto viene ulteriormente compromesso dal fumo (sia attivo che passivo), che distrugge buona parte dei composti sopra detti. Ma, cosa accade quando il fumatore è in famiglia, ed, in particolare, è la mamma che fuma? L’alimentazione di figli e marito si adatta a quella della mamma, cioè diventa sbilanciata: molti cibi calorici ad alto contenuto di grassi saturi, colesterolo e sale e piccole quantità di frutta, verdura, cereali (si arriva ad una diminuzione
Il tabacco è, per così dire, un regalo di Cristoforo Colombo. I suoi marinai, sbarcati nell’isola di San Salvador, notarono che gli indigeni fumavano un bastoncello acceso ad un’estremità, fatto con foglie di cohiva, nome locale del tabacco. I semi della pianta Nicotiana tabacum furono portati al rientro e da lì iniziò lo sviluppo di questa “piaga”! Sì, perché proprio di questo si tratta. Infatti, il tabacco rappresenta un fattore accertato di malattie del cavo orale, cardiovascolari e di alcuni tumori. È particolarmente dannoso quando è fumato (sia attivamente che passivamente), perché ai danni inferti dalla nicotina (composto psicoattivo che provoca dipendenza) si sommano quelli di numerosi composti tossici (aromatici condensati, nitrosammine, formaldeide…) che si formano in seguito alla combustione. Il fumo inoltre determina un impoverimento delle difese antiossidanti, e questo spiega perché i fumatori siano più soggetti a malattie cronico-degenera-tive. E non solo, anche la virilità va “in fumo”.
di circa il 50% rispetto a non fumatrici). Anche i famigliari soffrono delle stesse carenze vitaminiche della mamma, ne condividono abitudini alimentari non salutari, e incorrono negli stessi rischi di soprappeso/obesità e di malattie croniche. Ma che dire del papà fumatore? L’impatto sul comportamento alimentare della moglie e dei figli è sicuramente meno marcato; rimangono comunque i danni del fumo passivo sui famigliari. Nelle famiglie di fumatori, i bambini sono i più colpiti. Oltre a mangiar male in un periodo importante della loro crescita ed a far proprie abitudini alimentari scorrette, ne risentono a livello di difese immunitarie (si ammalano più facilmente, e non solo di disturbi respiratori, ma anche digestivi). Inoltre, i bambini esposti al fumo passivo hanno difficoltà a distinguere gli odori (perdita della capacità olfattiva) ed hanno un rischio doppio di carie dentali. Un insieme di buone ragioni perché in famiglia non si fumi, incominciando dalla mamma. WZ Zhang et al., Adverse effect of cigarette smoke on NO bioavailability: role of arginine metabolism and oxidative stress, Hypertension 2006; 48:278. G Block et al., Intraindividual variability of plasma antioxidants, markers of oxidative stress, C-reactive protein, cotinine, and other biomarkers, Epidemiology 2006; 17:404. H Brady et al., Plasma micronutrients are associated with dietary intake and environmental tobacco smoke exposure in a paediatric population, Public HeaLTH Nutr 2007; 10:712. M Imamura et al., Alterations of NOS, arginase, and DDHA protein expression in rabbit cavenous tissue after administration of cigarette smoke extract, Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol 2007; 293:R2081.
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RESVERATROLO: NON SOLO EFFETTI CARDIOPROTETTIVI…
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Il resveratrolo è un fitocomposto che alcune piante producono in risposta ad offese esterne, come radiazioni UV ed attacchi fungini. È presente soprattutto nell’uva, nel vino, in alcuni legumi (soia ed arachidi) ed in piante medicinali, tra cui il Polygonum cuspidatum (bistorta giapponese o tè Itadori). Le uve nere, le arachidi e la soia contengono meno di un milligrammo per etto (cioè, modeste quantità) di resveratrolo. Più alto è il contenuto nei vini, in particolare quelli rossi: si può arrivare in alcuni vini a 2 mg/100 ml (bicchiere scarso). Più limitata (circa 10 volte meno) è la quantità nei vini bianchi. Comunque, se si confronta il contenuto di resveratrolo con quello di altri polifenoli presenti nelle uve e nei vini, si constata che il resveratrolo è decisamente minoritario: circa 50 volte meno abbondante degli altri polifenoli (antocianine, catechine…). Questo non è un limite, perché il resveratrolo ha marcate proprietà salutari. Il resveratrolo, quale antiossidante, è in grado di impedire l’ossidazione delle LDL e, quindi, di limitare il rischio di aterosclerosi. È noto che un consumo moderato e regolare di vino rosso ha effetti cardioprotettivi: ciò è dovuto, in parte, alla diminuita ossidazione delle LDL grazie alla proprietà antiossidanti dei polifenoli del vino rosso. Sicuramente, il resveratrolo concorre in questa azione, tenuto conto della sua maggiore biodisponibilità (cioè, viene assorbito meglio di altri polifenoli presenti nel vino). Al resveratrolo è riconosciuta anche una capacità cardioprotettiva in quanto anticoagulante. Un’altra caratteristica importante del resveratrolo è di inibire eventi cellulari legati alla carcinogenesi. Avendo una struttura simile a quella degli estrogeni (ormoni femminili), ne contrasta l’azione e, come gli isoflavoni della soia, può ridurre il rischio di crescita cellulare incontrollata. È quindi verosimile che anche il resveratrolo concorra nella riduzione di tumori alla prostata riscontrata in soggetti che consumano regolarmente moderate quantità di vino rosso. Un recente studio (Howitz) ha riportato che il resveratrolo ed altri polifenoli allungano la vita di cellule di lievito di birra.
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Questo non induce, comunque, a ritenere che il resveratrolo sia per sĂŠ una fonte di giovinezza anche per lâ&#x20AC;&#x2122;uomo. Piuttosto, va considerato un fitocomposto che concorre con altri componenti di una dieta varia ed equilibrata a mantenere piĂš a lungo uno stato di benessere. GI Soeas et al., A comparison of the anticarcinogenic properties of four red wine polyphenols, Clin Biochem 2006; 39:492. DA Benitez et al., Mechanisms involved in resveratrol-induced apoptosis and cell cycle arrest in prostate cancer-derived cell lines, J Androl 2007; 28:282. U Kaindl et al., The dietary antioxidants resveratrol and quercetin protect cell from exogenous pro-oxidative damage, Food Chem Toxicol 2007 Sept11. Y Chukwumah et al., Changes in the phytochemical composition and profile of raw, boiled, and roasted peanuts, J Agric Food Chem 2007; 55:9266.
SINDROME METABOLICA: MANGIAMO PIÙ FRUTTA, VERDURA E CEREALI INTEGRI La sindrome metabolica si caratterizza per le seguenti anomalie principali: sovrappeso o obesità (soprattutto addominale) iperglicemia a digiuno (più di 110 mg/dl) ipertensione (più di 130/85 mm Hg) bassi livelli di colesterolo-HDL o buono (meno di 40 mg/dl nell’uomo e 50 mg/dl nella donna) ipertrigliceridemia, cioè livelli di trigliceridi nel sangue superiori a 150 mg/dl alti livelli di proteina C-reattiva (cioè, presenza di una condizione proinfiammatoria) alti livelli di fibrinogeno (cioè, presenza di uno stato pro-trombotico).
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Non è necessario che siano presenti tutte le predette anomalie; ne bastano solo tre per definire una situazione di sindrome metabolica. Il fumo attivo e passivo, l’abuso di alcol (in particolare, i superalcolici), la sedentarietà e un’età superiore ai 55 anni complicano ulteriormente il quadro. La sindrome metabolica è un fattore accertato di elevato rischio di cardiovascolari e diabete. In generale, i soggetti con sindrome metabolica hanno uno stato antiossidante compromesso, nel senso che le loro difese contro i radicali liberi sono inadeguate e, pertanto, convivono con uno stato permanente di stress ossidativo. In particolare, i livelli plasmatici di vitamine A, C e carotenoidi sono ridotti fino al 40% rispetto a quelli di persone sane. Questa carenza di antiossidanti gioca sicuramente un ruolo importante nell’accresciuta incidenza di malattie cardiovascolari e diabete nelle persone con sindrome metabolica. Queste persone vanno incoraggiate a riequilibrare il loro stato antiossidante, aumentando il consumo giornaliero di frutta e verdura, inserendo nella dieta anche prodotti della soia che aiutano a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo. Questo servirà sicuramente a correggere le anomalie sopra indicate con beneficio generale per l’organismo. Frutta e verdura apportano fibra che, per la sua capacità di controllare il peso corporeo e il metabolismo lipidico e glicidico, ha un importante ruolo nel ridurre anomalie tipiche della sindrome metabolica. Eguale discorso vale per i cereali integrali. Infatti, il consumo di mezza o una porzione al giorno di cereali integrali (fiocchi, muesli, prodotti da forno, minestre) riduce l’obesità, la resistenza all’insulina e l’infiammazione (meno proteina C-reattiva).
F Leonetti et al., Clinical, physiopathological and dietetic aspects of metabolic syndrome, Dig Liver Dis 2002; 34:S134 ES Ford et al., The metabolic syndrome and antioxidant concentrations, Diabetes 2003; 52 2346 K Esposito et al., Effect of a Mediterranean-style diet on endothelial dysfunction and markers of vascular inflammation in the metbolic syndrome: a randomized trial, JAMA 2004; 292:1440 JC Merritt, Metabolic syndrome: soybean foods and serum lipids, J Natl Med Assoc 2004; 96:1032 AJ Baxter et al., Dietary patterns and metabolic syndrome- a review of epidemiological evidence, Asia Pac J Clin Nutr 2006; 15:134, LK Nies, Complementary and alternative therapies for the management of dyslipidemia, Ann Pharmacother 2006; 40:1984. TA Larkin et al.,Dietary combination of soy with a probiotic or a prebiotic food significantly reduces total anmd LDL-cholesterol in mildly hypercholesterolemic subjects, Eur J Clin Nutr 2007 Oct 17. M Calisteo et al., Effects of dietary fibers on disturbances clustered with metabolic syndrome, J Nutr Biochem 2007 July 2007. PL Lutsey et al., Whole grain intake and its cross-sectional association with obesity, insulin resistance, inflammation, diabetes and sub-clinical CVD: the MESA study, Brit J Nutr 2007; 98:397.
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SINDROME DEL COLON IRRITABILE
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La sindrome del colon irritabile (colite spastica) è un problema intestinale che affligge circa il 15% delle persone. Si tratta di un “disordine” della funzionalità del colon e si distingue dalla colite ulcerosa e dal morbo di Crohn, che sono malattie infiammatorie che coinvolgono rispettivamente la mucosa del colon discendente e l’ileo. I sintomi della sindrome del colon irritabile sono: gonfiore addominale e formazione di gas (soprattutto dopo i pasti); crampi addominali; defecazione irregolare con alternarsi di stitichezza e diarrea; abbondante quantità di muco nelle feci. Quali sono le cause? Lo stress è ritenuto il principale fattore scatenante. Un altro fattore ritenuto responsabile è la disbiosi, cioè l’alterazione dell’equilibrio della microflora intestinale a favore di microbiota “nemici”, cioè capaci di indurre infiammazione mucosale. Gli alimenti di per sé non causano sindrome del colon irritabile. Tuttavia, pasti abbondanti o ricchi di grassi come l’intolleranza verso alcuni cibi (ad esempio, l’intolleranza al lattosio) sono spesso corresponsabili di questo disordine funzionale. Quali i rimedi? In primo luogo, ridurre lo stress. I sintomi possono essere anche alleviati dal consumo regolare di alcuni probiotici (L. rhamnosus, Propionibacterium freudenreichii, BifidobacteriumbB12) che stabilizzano la microflora intestinale. Per quanto riguarda la dieta, è opportuno consumare pasti piccoli con esclusione degli alimenti che hanno dimostrato di essere causa del disturbo. Anche, l’esercizio fisico regolare aiuta. JD Thorpy et al., Irritable bowel syndrome, JAMA 2006; 295:960. K Kajander et al., Clinical trial: multispecies probiotic supplementation alleviates the symptoms of IDB and stabilizes intestinal microflora, Aliment Pharmacol Ther 2008; 27:48.
SOVRAPPESO/OBESITÀ Il sovrappeso e l’obesità hanno raggiunto negli ultimi anni dimensioni quasi “epidemiche” con la conseguenza che è aumentata l’incidenza di una serie di malattie, tra cui quelle cardio-vascolari, il diabete di tipo 2, l’ipertensione, alcuni tipi di tumore ed anche mortalità precoce53. Particolarmente allarmante è la crescita del numero di bambini in sovrappeso o obesi, perché questi sono destinati ad essere tali anche da adulti, con relative conseguenze negative. Il metodo più comune per valutare se si è in sovrappeso o obesi è il calcolo dell’indice di massa corporea (IMC). Questo si ricava dividendo il proprio peso per il quadrato dell’altezza: ad esempio, una persona alta 1,70 m e di peso 61 kg ha un indice di massa corporea pari a 61 kg : (1,70 m)2, cioè 61 kg : 2,89 m2 = 21,1 kg/m2 Questa persona è regolare, perché il suo IMC rientra nella fascia normopeso che va da 18 a 25 kg/m2! Quando l’indice di massa corporea è compreso tra 25 e 29,9 kg/m2, la persona è in sovrappeso; da 30 a 40 la persona è obesa, oltre i 40 è gravemente obesa. Un metodo più semplice consiste nel misurare la circonferenza addominale, che deve essere inferiore a 89 cm nella donna ed a 102 cm nell’uomo. A parte cause specifiche, come predisposizione genetica, alterazioni endocrine, disturbi del comportamento alimentare, si aumenta di peso quando le calorie introdotte con cibi e bevande superano quelle utilizzate; viene così meno l’equilibrio tra entrate e uscite. In altre parole, noi siamo la differenza tra ciò che mangiamo o beviamo e ciò che consumiamo! Per recuperare o mantenere un peso corretto non vi sono scorciatoie; la strada maestra è quella di adottare corretti
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comportamenti alimentari, avendo cura per la composizione della dieta (vedi dieta mediterranea), evitando porzioni abbondanti, limitando il consumo di pasti e bevande fuori casa, rinunciando a snacks, superalcolici ed altre ricche fonti di calorie vuote. Ma non basta! Ă&#x2C6; fondamentale svolgere regolarmente, cioè ogni giorno, moderata attivitĂ fisica. Da ultimo, ma molto importante: evitare il fai da te, i consigli di amici e mass media (che possono essere fourvianti), ma affidarsi alla guida di medici, dietisti e nutrizionisti per il controllo del peso corporeo.
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S Liu et al., Relation between changes in intake of dietary fiber and grain products and changes in weight and development of obesity, Am J Clin Nutr 2003; 78:920. PM Skidmore et al., The obesity epidemic: prospects for intervention, QJM 2004; 97:817QJM 2004; 97:817. K He et al., Changes in intake of fruits and vegetables in relation to risk of obesity and weight gain among middle-aged women, Int J Obes Relat Metabol Disord 2004; 28:1569. BJ Rolls et al., What can intervention studies tell us about the relationship between fruit and vegetable consumption and weight management? Nutr Rev 2004; 62:1. MH Pittler et al., Dietary supplements for body weight reduction: a systematic review, Am J Clin Nutr 2004; 79:529.
STRESS OSSIDATIVO Ossigeno e specie reattive dell’ossigeno L’ossigeno è essenziale per la vita, in quanto è indispensabile per “bruciare” (ossidare ad anidride carbonica ed acqua) i nutrienti che assumiamo con la dieta, e produrre l’energia necessaria per le funzioni vitali. Tuttavia, nel corso di questi processi metabolici, l’ossigeno produce anche radicali liberi, cioè specie chimiche con elettroni (particelle negative presenti nell’atomo) non accoppiati (anche gli elettroni preferiscono stare in coppia!). Questi radicali dell’ossigeno, detti più precisamente “specie reattive dell’ossigeno” o ROS, sono molto aggressivi e tendono a “rubare” ad altre molecole l’elettrone necessario per fare coppia. Questo “furto” in termini chimici viene detto ossidazione, e tutto ciò che impedisce tale furto di elettroni viene definito antiossidante. È bene precisare che le ROS non si formano solo nell’organismo, ma hanno anche un’origine esterna. Le fonti principali di ROS sono il fumo, l’abuso di cibo, di alcol, l’esposizione sconsiderata alla luce solare, lo stress fisico, l’uso di alcuni farmaci. Danni da ROS I guasti causati dalle ROS possono essere molto gravi, in quanto esse reagiscono voracemente con tutte le strutture cellulari, come i fosfolipidi, le proteine, i carboidrati e gli acidi nucleici.
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Per dare un’idea, il DNA (acido nucleico presente nella cellula con la funzione di trasmettere il patrimonio genetico) di ciascuna cellula subisce ogni giorno 10000 insulti ossidativi! La maggior parte di questi danni viene riparata, ma non tutti. I danni rimasti si accumulano negli anni, e si manifestano in vari modi, dalle meno gravi macchie d’età e rughe a disturbi infiammatori, cardio-vascolari (ipertensione, aterosclerosi), neurologici, visivi, metabolici (diabete) ed alcune forme tumorali. Lo stesso invecchiamento (teoria di Harman) è associato in parte ai danni ossidativi delle ROS. Questo significa che l’ossigeno è paradossalmente una potenziale minaccia, anche se non va dimenticato che le ROS non provocano solo danni, in quanto costituiscono una delle armi che il nostro sistema immunitario usa per distruggere gli invasori esterni.
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Difese dalle ROS Com’è possibile limitare tali guasti, prevenire le malattie degenerative? In altri termini, è possibile rallentare l’orologio della vita e mantenere condizioni generali di benessere più a lungo? La risposta è sì! Infatti, ciascun organismo ha sviluppato una serie di difese antiossidanti che combattono continuamente contro le ROS per mantenere un giusto equilibrio. Tali difese endogene sono patrimonio di ognuno di noi, possono essere più o meno valide (sono legate a fattori genetici), diminuiscono con l’età e sono influenzate da fattori ambientali, quali l’alimentazione, lo stile di vita, l’esposizione a ROS di origine esterna. Antiossidanti dalla dieta L’alimentazione ha un ruolo importante, perché rappresenta una valida fonte di antiossidanti. Alcuni di questi sono abbastanza familiari, come le vitamine E, C, i carotenoidi (non solo il beta-carotene, ma anche il licopene, la luteina, la zeaxantina), ed alcuni oligoelementi (selenio, zinco, manganese). Meno familiari sono i polifenoli (presenti in frutta, vegetali, vino rosso, erbe aromatiche, spezie). Le ROS hanno un ruolo importante nel promuovere i processi infiammatori, in quanto attivano fattori di trascrizione nucleare che sono convolti nell’espressione di markers infiammatori. I polifenoli “abbattono” le ROS e quindi concorrono nell’impedire l’infiammazione. Vitamine, oligoelementi e flavonoidi devono essere continuamente rimpiazzati con la dieta.
Altri antiossidanti, come il glutatione, l’acido alfa-lipoico, l’ubichinone sono prodotti anche dall’organismo; tuttavia, i loro livelli possono essere aumentati da una supplementazione esterna. Altre fonti importanti di antiossidanti sono rappresentati da diversi fitocomposti, cioè composti di origine vegetale (Vedi Fitocomposti). Negli ultimi cinque anni sono stati pubblicati più di 10000 studi sul ruolo degli antiossidanti della dieta nella prevenzione delle malattie croniche associate all’invecchiamento. La conclusione che si può trarre da questa grande mole di studi è la seguente: “meno siamo ossidati (arrugginiti) più a lungo e meglio viviamo!” I Rahman et al., Regulation of inflammation and redox signaling by dietary polyphenols, Biochem Pharmacol 2006; 72:1439.
A fronte di queste evidenze scientifiche, quali dovrebbero essere i comportamenti ideali? La prima regola è di privilegiare una dieta ricca di antiossidanti, incentivando il consumo di frutta, verdura, bevande ricche di flavonoidi (moderata quantità di vino rosso, tè). Secondo le autorità sanitarie di numerosi paesi, il consumo di frutta e vegetali non dovrebbe essere inferiore a 6-7 porzioni al giorno. Purtroppo, la dieta non sempre centra questo obiettivo, soprattutto nelle persone anziane. Inoltre, è anche stato dimostrato che alcuni antiossidanti (ad es. la vitamina E) riducono il rischio di malattie cronico-degenerative a livelli più alti di quelli raggiungibili con la dieta. È pertanto comprensibile la raccomandazione di integrare l’apporto di antiossidanti, al fine di aumentare le difese contro le malattie degenerative e rallentare il processo d’invecchiamento. Al riguardo, va sottolineato che è importante consumare moderate quantità di “una miscela” piuttosto che grandi quantità di singoli antiossidanti. Questo perché gli antiossidanti lavorano più efficacemente se combinati, e formano una rete protettiva, in cui si rigenerano a vicenda. Questa rete antiossidante ha un’altra importante caratteristica: i singoli antiossidanti si distinguono per svolgere la loro funzione in particolari siti del corpo e quindi possono proteggere da specifiche malattie (è il caso della vitamina E per i disturbi cardio-vascolari e per il rallentamento della progressione dell’Alzheimer, della luteina e zeaxantina per la degenerazione maculare, del licopene da pomodoro per il tumore della prostata, della vitamina C e dei flavonoidi per la cataratta…).
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Ma quali sono i livelli di assunzione ottimali di questi antiossidanti?
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Innanzitutto, è opportuno sottolineare che i tre principali nutrienti antiossidanti, cioè la vitamina E, la vitamina C e il beta-carotene, sono sicuri anche a livelli più alti di quelli raccomandati per prevenire manifestazioni patologiche da carenza (RDA). Secondo studi recenti e il parere di autorevoli studiosi, i livelli giornalieri di assunzione per avere effetti benefici sono nell’ordine di 200-300 mg per la vitamina C (circa 2-3 volte la RDAI), 30-40 mg di vitamina E (circa 2-3 volte la RDA) e 10 mg di carotenoidi misti. A questi antiossidanti vanno aggiunti i flavonoidi nella misura di 100-150 mg al giorno. Al riguardo, per avere un’idea più precisa, si tenga presente che un bicchiere di vino rosso ne apporta mediamente 60 mg, una tazza di tè verde ne contiene circa 100 mg (molto meno il tè nero) e una spremuta di due arance circa 20 mg. Riassumendo, i radicali liberi o, meglio, le ROS influscono il processo d’invecchiamento; gli antiossidanti non sono in grado di far tornare indietro o fermare l’orologio della vita, ma sono capaci di rallentarlo e farlo funzionare al meglio; l’integrazione bilanciata e moderata (guidata da esperti) di antiossidanti non deve sostituire una dieta corretta (ricca di frutta, vegetali ed anche di particolari fitocomposti); l’assunzione di antiossidanti deve comunque accompagnarsi ad uno stile di vita che limiti al massimo l’esposizione a radicali liberi di origine esterna all’organismo (fumo, abuso di cibo ed alcol, stress fisico, esposizione non fisiologica alle radiazioni solari, inquinamento ambientale...). YZ Fang et al., Free radicals, antioxidants, and nutrition, Nutrition 2002; 18:872. J Miquel, Can antioxidant diet supplementation protect against age-related mitochondrial damage?Ann NY Acad Sci 2002; 959:508. Z Vok et al., Dietary antioxidants and the risk of ischemic stroke, Neurology 2003; 61:1273. L Wu et al., Dietary approach to attenuate oxidative stress, hypertension, and inflammation in the cardiovascular system, PNAS 2004; 101:7094. SA Stanner et al., A review of the epidemiological evidence for the «antioxidant hypothesis», Public Health Nutr 2004; 7:407. H Sies et al., Nutritional, dietary and postprandial oxidative stress, J Nutr 2005; 135:969. T Hirvonen et al., Consumption of antioxidant-rich beverages and risk for breast cancer in French women, Ann Epidemiol 2006; 16:503.
TESORI DELL’ALVEARE: NON SOLO MIELE! Pappa reale Viene prodotta dalle api operaie per nutrire le larve dell’alveare nei primi giorni di vita e l’ape regina per tutta la sua esistenza. La pappa reale contiene proteine (11-31%), con significativa presenza di amminoacidi essenziali, cioè di amminoacidi che l’organismo non è capace di produrre, grassi (4,9-23%) ed, in misura minore, zuccheri (8,5-16%). È una buona fonte di vitamine del gruppo B (0,3%), che sono importanti per la produzione di energia necessaria per le funzioni vitali. Tra i componenti minori (ma comunque significativi ai fini dell’azione di questo complesso prodotto dell’alveare), vi sono un acido particolare, l’acido della pappa reale (HDA, 2-2,5%, dotato di attività antimicrobica), amminoacidi liberi ed oligoelementi. La pappa reale ha attività tonica ed antiastenica, dovuta principalmente alle vitamine del complesso B. Polline È il seme maschile dei fiori; viene raccolto alle api, umidificato con il nettare ed impastato in pallottoline sferiche. Rappresenta la componente proteica principale dell’alimentazione delle api. Infatti, contiene circa il 30% di proteine e il 22% di amminoacidi. È ricco (27%) di zuccheri ed ha una varietà di vitamine e minerali. Per tutto questo è utile per integrare l’alimentazione di bambini, convalescenti e sportivi. Propoli Miscela complessa di sostanze naturali, che le api raccolgono dalle gemme di piante ricche di resine (pioppo, betulla, olmo, ciliegio, larice…). Le resine vengono masticate ed il materiale risultante, parzialmente digerito, viene mescolato a cera ed usato per sigillare le cellette, riparare le fessure dell’alveare, avvolgere ed isolare corpi estranei (insetti…). Le api sfruttano la propoli non solo per le sue proprietà sigillanti, ma anche per quelle antibatteriche ed antifungine. Propoli = pro–polis (a difesa della città, alveare)
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La propoli grezza si presenta come una massa scura, appiccicosa, i cui componenti principali sono cera, sostanze resinose, oli essenziali, polline e polifenoli. Questi ultimi costituiscono la frazione di maggiore interesse, e sono rappresentati da flavonoidi in forma agliconica (flavoni, flavonoli, flavanoni e diidroflavonoli) ed, in misura minore, da acidi fenolici e loro esteri. La propoli non può essere usata tal quale; deve essere purificata da componenti estranei o comunque limitanti la sua attività mediante processi di estrazione che devono preservare la frazione attiva (polifenolica) e ridurre al minimo le componenti inerti (cera, resine, sostanze estranee di varia origine). Qui sta il problema. Infatti, la maggior parte degli estratti oggi disponibili non sono idonei perché la frazione attiva è sovrastata dalla parte inerte ed il suo contenuto non è garantito o, nei migliori dei casi, è variabile. È quindi necessario scegliere estratti purificati (decerati ed idrodispersibili), con contenuto polifenolico garantito, e supportati da rigorosi studi scientifici. Attività riconosciute della propoli: Impedisce la crescita dei principali microrganismi responsabili delle infezioni respiratorie e ne determina anche l’uccisione (quindi, è sia batteriostatica sia battericida). Ha attività antivirale (virus influenzale, herpes simplex) Stimola le difese immunitarie Ha proprietà antinfiammatorie ed antiossidanti Limita lo sviluppo della carie dentale (Streptococcus sobrinus) Accelera la guarigione delle ferite Diminuisce la resistenza all’insulina. C Gardana et al., Analysis of the polyphenolic fraction of propolis from different sources by liquid chromatography-tandem mass spectrometry (EPID*), J Pharm Biomed Anal 2007; 45:390. C Gardana et al., Evaluation of propolis polyphenols (EPID*) absorption in humans by liquid/tandem mass spectrometry, Rapid Commun Mass Spectrom 2007; 21:3849. I Jasprica et al., In vivo study of propolis supplementation effects on antioxidative status and red blood cells, J Ethnopharmacol 2007;110:548.
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VINO ROSSO Bere un bicchiere di vino rosso a ciascun pasto fa diminuire il rischio di cardiovascolari e non solo…
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Nel 1992 Renaud e De Lorgeril hanno coniato il termine di “paradosso francese”per rappresentare una situazione tipica della Francia: l’incidenza di cardiovascolari in Francia risultava più bassa di quella riscontrata in Inghilterra e negli Stati Uniti, ed era confrontabile con quella dei paesi orientali, come il Giappone. Mentre era comprensibile che il rischio di cardiovascolari fosse basso in Giappone, dove il consumo di grassi saturi è limitato e si dà la preferenza a cibi a base di pesce, soia e cereali, riusciva difficile capire come i francesi, noti consumatori di grassi (formaggi, patè di fegato...), pur avendo livelli di colesterolo nel sangue simili a quelli di altre popolazioni occidentali, fossero maggiormente preservati dal rischio di malattie vascolari. Questa situazione aveva appunto del paradossale e, per spiegarla, i due ricercatori hanno suggerito che tale stato di privilegio fosse attribuibile al fatto che i francesi consumavano regolarmente vino rosso. Infatti, il vino contiene diversi componenti ad azione benefica. Uno di questi è l’alcol, che, se assunto in quantità limitate (cioè circa 30 g/giorno per l’uomo e 20 g/giorno per la donna), determina un aumento del colesterolo-HDL (colesterolo buono) a scapito del colesterolo-LDL (colesterolo cattivo). L’alcol limita l’aggregazione delle piastrine, cioè di quei corpuscoli presenti nel sangue con la funzione di formare i coaguli. Inoltre, l’alcol diminuisce la resistenza all’insulina, stimola l’attività antiossidante enzimatica (via paraoxonasi 1) e riduce la perdita di tessuto osseo. Tuttavia, tali funzioni positive di modeste quantità di alcol non bastano a spiegare gli effetti benefici, che si riscontrano per il vino rosso e, solo in misura minore, per altre bevande alcoliche. Altri componenti di questa bevanda devono essere chiamati in causa. In effetti, altri composti minori del vino rosso sono importanti. Si tratta dei composti polifenolici, tra cui alcuni acidi fenolici, le antocianine (responsabili delle varie tonalità di colore del vino), i flavonoli, le catechine, le procianidine, i tannini, il resveratrolo. Il contenuto di questi composti nel vino dipende ovviamente dalla varietà d’uva, dalla posizione e tipo di terreno della vigna e dai processi di vinificazione. Con l’invecchiamento il tipo di composti presenti nel vino rosso cambia, anche se non risultano sostanzialmente diminuiti gli effetti be-
nefici. Bevendo due bicchieri di vino rosso (uno per pasto), si assumono circa 120 mg di composti polifenolici di interesse. La stessa quantità di vino bianco ne apporta invece solo 7-8 mg. Dovrebbe essere quindi chiaro che il vino rosso va privilegiato. Rimane tuttavia da capire perché i composti polifenolici, se assunti regolarmente, sono protettivi. Qui il discorso diventa un po’ complesso. In primo luogo, è necessario ricordare che le LDL (lipoproteine presenti nel sangue, che trasportano la maggior parte del colesterolo ai tessuti) sono molto suscettibili all’attacco da parte dei radicali liberi dell’ossigeno (le cosidette ROS ). Quando questo attacco si compie, le LDL vengono ossidate, e questo evento è una delle cause dei processi di alterazione e restringimento delle arterie (vasi che portano il sangue dal cuore ai vari organi). La modifica ossidativa delle LDL è statisticamente associata ad un maggior rischio di cardiovascolari e va quindi impedita. A questo fine operano alcune vitamine (tra cui, la vitamina E) ed anche i composti polifenolici. In altre pa-role, i polifenoli del vino rosso concorrono a limitare i danni ossidativi, Il consumo moderato di vino rosso fa aumentare l’attività della NO-sintasi endoteliale, cioè viene prodotto più ossido nitrico (NO) con effetti benefici per la funzione vascolare. Il consumo moderato di vino rosso riduce il colesterolo-LDL ed aumenta quello HDL in donne in post-menopausa. Un consumo moderato di vino rosso riduce l’incidenza di demenza senile (in modelli animali). Il vino rosso contiene idrossitirosolo (metabolita della dopamina, cioè di una catecolamina con attività adrenergica), il che suscita l’ipotesi che gli effetti salutari del vino rosso possano dipendere anche da questa presenza. Per gli astemi un possibile sostituto è il succo concentrato di uva nera, il cui consumo giornaliero (100 ml) accresce il potere antiossidante, migliora il profilo lipidico, riduce l’ossidazione delle LDL e la concentrazione plasmatica di markers infiammatori. Quindi, anche il succo concentrato di uva nera (come l’uva nera di stagione) può favorire la salute cardiovascolare.
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perché si sacrificano catturando i radicali liberi che andrebbero altrimenti a colpire la vitamina E e le LDL. Un’altra importante funzione positiva dei composti polifenolici consiste nel limitare la formazione di particolari sostanze (leucotrieni, prostaglandine…), che accompagnano l’aggregazione delle piastrine. Come conseguenza, il rischio di coaguli e di trombi (aggregati solidi formati da vari componenti del sangue) diminuisce. Ancora, i polifenoli favoriscono la dilatazione dei vasi sanguigni (per effetto del rilascio di ossido d’azoto). Tutti questi effetti combinati, cioè la protezione delle LDL, la riduzione delle tendenze trombotiche, la vasodilatazione spiegano perché un consumo regolare e moderato di vino rosso possa essere associato ad un minore rischio di cardiovascolari. Ovviamente, tutto questo vale se vengono mantenuti comportamenti alimentari e stile di vita corretti. Nell’ambito di questa cornice, per le persone sane un bicchiere di vino rosso a ciascuno dei due pasti non solo è un piacere, ma anche un aiuto per la salute.
292 AM Cuevas et al., A high-fat diet induces and red wine counteracts endothelial dysfunction in human volunteeers, Lipids 2000; 35:143. P Simonetti et al., Plasma levels of caffeic acid and antioxidant status after red wine intake, J Agric Food Chem 2001; 49:5964. M Burger et al., Alcohol consumption and its relation to cardiovascular risk factors, Eur J Clin Nutr 2004; 58:605. S Vasdev et al., Beneficial effects of low ethanol intake on the cardiovascular system, Vasc Health Risk Manag 2006; 2:263. R Jugdaohsingh et al., moderate alcohol consumption and increased bone mineral density, Proc Nutr Soc 2006; 65:291. P Castillo et al., Concentrated red grape juice exerts antioxidant, hypolipidemic, and anti-inflammatory effects, Am J Clin Nutr 2006; 84:252. R Marfella et al., Effect of moderate red wine intake on cardiac prognosis after acute myocardial infarction of subjects with type 2 diabetes, Diabet Med 2006; 23:974. M Naissides et al., The effect of chronic consumption of red wine on cardiovascular disease risk factors in postmenopausal women, Atherosclerosis 2006; 185:438. F Leighton et al., A central role of eNOS in the protective effect of wine, Cell Biochem Funct 2006; 24:291. R de La Torre et al., Is dopamine behind the health benefits of red wine ?, Eur J Nutr 2006; 45:307. J Wang et al., Moderate consumption of Cabernet Sauvignon attenuates neuropathology in a mouse model of Alzheimer, FASEB J 2006; 20:2313. KJ Mukumal et al., Alcohol consumption and risk for coronary heart disease in men with healthy lifestyles, Arch Int Med 2006; 166:2145.
VITAMINA C E SINERGICO!
FERRO: UN DUO
La vitamina C (acido L-ascorbico) è un micronutriente essenziale che svolge diverse funzioni importanti. Come antiossidante idrosolubile, concorre con gli antiossidanti liposolubili (vitamina E e carotenoidi) a proteggere dai radicali liberi (ritenuti causa del precoce invecchiamento e delle malattie cronico-degenerative). Mantiene l’integrità del tessuto connettivo (pelle, vasi sanguigni, ossa…). Stimola il sistema immunitario. Interviene nella sintesi di neurotrasmettitori e della carnitina (necessaria quest’ultima per l’utilizzazione dei grassi a fini energetici). Ha effetti anti-istaminici (miglioramento di forme allergiche e dei sintomi del raffreddore). Come molte altre vitamine, l’organismo non sa sintetizzarla, per cui è necessario assumerla attraverso la dieta. La vitamina C ha uno stretto rapporto con il ferro, minerale indispensabile per la formazione dei globuli rossi, della mioglobina (pigmento muscolare che lega reversibilmente l’ossigeno) e per la produzione di energia nei citocromi mitocondriali. La vitamina C aumenta la biodisponibilità del ferro e ciò riguarda sia il ferro emico e non emico. Il ferro emico della carne e del pesce, presente nell’emoglobina (globuli rossi) e nella mioglobina (in una misura del 20-25%) in forma Fe++ è facilmente assorbito. Al contrario, la forma Fe+++ del ferro non-emico, presente nei vegetali, è assorbito in quantità minore (dall’1% al 3%). La vitamina C aumenta l’assorbimento in quanto riduce gli ioni ferrici in ioni ferrosi (Fe+++ –› Fe++) oppure forma un chelato stabile degli ioni ferrici (Fe+++). Questi effetti si compiono soltanto in presenza contemporanea di ferro e vitamina C nell’intestino. Inoltre, la vitamina C aumenta l’incorporazione del ferro nella ferritina (che ne costituisce il deposito intracellulare).
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Altri componenti della dieta che facilitano l’assorbimento del ferro non emico sono gli acidi della frutta come l’acido citrico e gli zuccheri semplici, mentre calcio (cioè, latte e derivati), fibre, fosfati, fitati, ossalati, polifenoli e proteine della soia lo limitano. La vitamina C è fornita principalmente da frutta e verdura; la frutta è la fonte primaria (ne procura quasi l’85% del totale), mentre la verdura solo il 15%. Questo significa che è un grave errore escludere la frutta dalla dieta. La vitamina C è molto fragile e la sua concentrazione negli alimenti varia a seconda della stagione, delle condizioni di trasporto e conservazione e dei modi di preparazione culinaria. Anche i processi tecnologici applicati per la preparazione su larga scala di alimenti e bevande degradano la vitamina C, e vi è anche il rischio che si formino glicotossine, cioè composti derivanti dalla reazione dei prodotti di degradazione della vitamina C con le proteine. Quindi, è preferibile assumere la vitamina da frutta e verdura fresche. Sono disponibili forme stabili di vitamina C (acido L-ascorbico) come l’ascorbil palmitato. Alcune alghe marine (Sargassum sp, Gracilariopsis sp, Ulva sp) hanno un alto contenuto di ferro, vitamina C e basso di fitati (composti che sequestrano il ferro), per cui possono essere fonti alternative di ferro biodisponibile. W Pinggera et al., Treatment of disorders of iron metabolism, MMW Fortschr 2004; 146:37. MC Fidler et al., Effect of ascorbic acid and particle size on iron absorption from ferric pyrophosphate in adult women, Int J Vitam Nutr Res 2004; 74:294. F Pizarro et al., Ascorbyl palmitate enhances iron bioavailability in iron-fortified bread, Am J Clin Nutr 2006; 84:830. M Olivares et al., Iron absorption from wheat flour: effects of lemonade and chamomile infusion, Nutrition 2007; 23:296. MN Garcia-Casal et al., High iron content and bioavailability in humans from four species of marine algae, J Nutr 2007; 137:2691.
VITAMINA D: LA VITAMINA DEL SOLE Questa vitamina è anche detta “la vitamina del sole”, perché è l’unica che, oltre a trovarsi in alcuni alimenti, pochi per la verità (pesci grassi, come il salmone, l’olio di fegato di merluzzo, il rosso d’uovo e il latte) si forma a livello della cute in seguito all’esposizione ai raggi solari53. La vitamina D svolge diversi importanti ruoli che vanno dalla formazione del tessuto osseo alla prevenzione di malattie autoimmuni, disturbi cardiovascolari ed alcuni tumori, tra cui quello del seno, colon retto, ovaio e prostata. Pare anche che la caren-
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53. La vitamina D3, conosciuta anche con il nome “colecalciferolo”, si forma per azione dei raggi UV B a partire dal precursore 7-deidrocolesterolo che si trasforma in pre-vitamina D3. Assorbita dalla pelle, si riversa nel circolo sanguigno e inizia il suo viaggio. In primo luogo raggiunge il fegato dove diventa calcidiolo e poi arriva ai reni dove, a seguito di alcune reazioni chimiche, si trasforma in “calcitriolo”. Questa trasformazione ha luogo anche nel colon, nella prostata, nel seno e nell’ovaio, dove svolge un’azione chemiopreventiva, cioè capace di impedire la proliferazione delle cellule in senso tumorale.
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za di vitamina D possa causare disturbi cognitivi e comportamentali (disfunzione cerebrale?). Come garantirsi quantità adeguate di vitamina D? Una regolare esposizione alla luce del sole, anche in inverno, permette di sintetizzare la quantità di vitamina D di cui abbiamo bisogno. E con la bella stagione le occasioni di ‘fare il pieno’ si moltiplicano, specialmente per coloro che amano il sole, ma non mancano le avvertenze: esponiamoci con moderazione per evitare gli effetti negativi delle radiazioni solari. Sole da prendere sempre nelle prime ore del mattino o in quelle del tardo pomeriggio. Bastano 15-20 minuti al giorno con il 40% della pelle esposta ai fini delle RDA. Mentre per sintetizzarne una quantità maggiore (ROI) servono 40-45 minuti in costume. Bisogna comunque tenere conto del fenotipo: in altre parole, i soggetti di pelle chiara producono maggiore quantità di vitamina D rispetto a persone di carnagione scura ed olivastra, per le quali è necessario aumentare i tempi di esposizione. La vitamina D è particolarmente preziosa per gli anziani. Purtroppo, le persone anziane trascorrono meno tempo all’aria aperta: per loro, così come per le donne in post menopausa sono consigliabili alimenti fortificati come latte e succhi di frutta arricchiti di vitamina D.
La curiosità: Di quanta vitamina D si ha Saremmo portati a pensare che il sole bisogno? I fabbisogni giorpreso sulla spiaggia sia l’ideale per acnalieri, cioè le RDA, per cumulare la vitamina D3. Ciò è vero solo evitare malattie da carenza in parte: in realtà se ci esponiamo al (rachitismo) sono 5 microsole protetti da filtri solari con fattore grammi (200 unità intersuperiore a 8 impediamo la sintesi della nazionali) fino all’età di 50 vitamina. Per questa ragione è necesanni per crescere a 10 microsario stare all’aria aperta nelle prime ore grammi da 51 a 70 anni ed a del mattino o in quelle del tardo 15 microgramma oltre questa pomeriggio, con il 90% del corpo esposetà. Va comunque precisato to e senza protezioni solari. che se si vogliono avere i Se al ritorno dalle vacanze avremo meno benefici addizionali di questa occasioni di stare all’aria aperta, niente vitamina, il fabbisogno ottipaura, la vitamina si deposita nel tessumale (ROI) sale sino a 1000to adiposo. Ma le scorte non sono 1500 UI al giorno, quantità eterne, quindi è necessario trascorrere da non superare in quanto la all’aria aperta un po’ di tempo anche in D tende ad accumularsi nei inverno. tessuti adiposi ed un suo eccesso è nocivo. Non bisogna superare mai il limite di 2000 UI (50 microgrammi). P Lips, Vitamin D physiology, Prog Biophys Mol Biol 2006; 92:4. CF Garland et al., The role of vitamin D in cancer prevention, Am J Public Health 2006; 96:252. BW Hollis et al., Nutritional vitamin D status during pregnancy: reasons for concern, CMAJ 2006; 174:1287. CA Mannion et al., Association of low intake of milk and vitamin D during pregnancy with decrease birth weight, CMAJ 2006; 174:1273. MF Holick et al., High prevalence of vitamin D inadequacy and implications for health, Mayo Clin Proc 2006; 81:353. J Lin et al., Intakes of calcium and vitamin D and breast cancer risk, Arch Int Med 2007; 167:1050. S Christakos et al., Vitamin D: molecular mechanism of action, Ann N Y Acad Sci 2007; 1116:340. JC McCann et al., Is there convincing biological evidence or behavioral evidence linking vitamin D deficiency to brain dysfunction?, FASEB J 2007 Dec 4. JN Hathcock et al., Risk assessment for vitamin D, Am J Clin Nutr 2007; 85:6. R Vieth et al., The urgent need to recommend an intake of vitamin D that is effective, Am J Vlin Nutr 2007; 85:649. J Reichrath et Al., Vitamin D and the skin: an ancient friend, revisited, Exper Dermatol 2007; 16:618. M Cutolo et al., Review: Vitamin D, immunity and lupus, Lupus 2008; 17:6.
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ZENZERO E CURCUMA: SPEZIE CON MARCE IN PIÙ
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Lo zenzero appartiene ad una famiglia tropicale e sub-tropicale –le Zingiberaceae– originaria del Sud Est Adsiatico e introdotta in diverse parti del globo. Lo zenzero ha radici perenni tuberose (rizomi) che vengono raccolte in dicembregennaio, pelate, lavate e poste a seccare al sole. I rizomi possono essere consumati come pasta fresca, polvere seccata, fettine sottili conservate in sciroppo o candite. In India e Cina lo zenzero fresco viene usato per preparare piatti a base di vegetali, carne e come aromatizzante in diverse bevande e alimenti. La percezione sensoriale dello zenzero è dovuta a due distinti gruppi di componenti: l’olio volatile e un insieme di composti pungenti (vanilloidi) non volatili. Lo zenzero trova impiego principalmente per il trattamento di nausea e vomito (da gravidanza /o da interventi chirurgici), per il mal di moto e per disturbi osteoarticolari. Ancora da provare la reale efficacia a livello della dispepsia. L’estratto di zenzero (in particolare il 6shogaolo) si è dimostrato capace di inibire l’elastasi, enzima secreto dai fibroblasti responsabile della perdita di elasticità della pelle in seguito ad esposizione a raggi ultravioletti B (UVB). Può quindi considerarsi un agente anti-rughe. F Borrelli et al., Effectiveness and safety of ginger in the treatment of pregnancy-induced nausea and vomiting, Obstet Gynecol 2005; 105:849-56. CL Shen et al., Comparative effects of ginger root on the production of inflammatory mediators in normal and osteoarthrotic sow chondrocytes, J Med Food 2005; 8:149-53. N Chaiyakunapruk et al., The efficacy of ginger for the prevention of postoperative nausea and vomiting: a meta-analysis, Am J Obstet Gynecol 2006; 194:95-9. H SA Levy et al., 6-Shogaol reduced chronic inflammation response in the knees of rats treated with complete Freund’s adjuvant , BMC Pharmacology 2006; 6:12. A Nostro et al., Effects of combining extracts (from propolis anor Zingiber officinale) with clarithromycin on Helicobacter pylori, Phytother Res 2006; 20:187-90. K Tsukahara et al., Inhibition of ultraviolet B-induced wrinkle formation by an elastase-inhibiting herbal extract, Int J Dermatol 2006; 45:460-8. P Chittumma et al., Comparison of the effectiveness of ginger and vitamin B6 for treatment of nausea and vomiting in early pregnancy: a randomized double-blind controlled trial, J Med Assoc Thai 2007; 90:15-20. A Risazi et al., The effect of volatile oil from ginger rhizomes, its fractions and isolated compounds on the 5HT3 receptor complex and the sertoninergic system of the rat ileum, Planta Med 2007; 73:355-62. RC Lantz et al., The effect of extracts from ginger rhizome on inflammatory mediator production, Phytomedicine 2007; 14:123-8. JF Chrubasik et al., Evidence of the effectiveness of herbal antiinflammatory drugs in the treatment of painful osteoarthritis and chronic back pain, Phytother Res 2007; 21:675-83. Y Shukla et al., Cancer preventive properties of ginger: A brief review, Food Chem Toxicol 2007; 45:683-90. JK Kim et al., 6-Gingerol prevents UVB-induced ROS production and COX-2 expression in vitro and in vivo, Free Rad Res 2007; 41:603-14.
La curcuma è un’erbacea perenne con rizoma e grandi foglie ellittiche, coltivata in India, Pakistan, Cina e Malesia. Ha odore aromatico, sapore tendente all’amarognolo ed un colore dorato. Nelle Indie viene usata da tempo per dare colore e sapore ai cibi e per conservarli, grazie alle sue proprietà antibatteriche ed antiossidanti. Menzionata da Marco Polo (1280), fu introdotta in Europa nel 13° secolo da mercanti Arabi. Durante il periodo Inglese in India la curcuma venne mescolata ad altre spezie e ridenominata “polvere curry”. La curcuma ha una lunga storia di uso nella Medicina Tradizionale Indiana e Cinese, a cui erano già note le proprietà anti-infiammatorie. Infatti, oltre ai disturbi digestivi ed epatici, la curcuma trovava impiego in caso di dolori osteo-articolari e guarigione delle ferite. I rizomi di curcuma contengono il 3-8% di curcuminoidi, di cui il principale è la curcumina (diferuoilmetano) e olio volatile (3-7%) composto principalmente da sesquiterpeni (alfa- e beta-turmerone, alfacurcumene, zingiberene) e da piccole quantità di monoterpeni. L’attività da tempo riconosciuta alla curcuma riguarda la sua capacità di promuovere la formazione di bile e favorirne il deflusso dalla cistifellea. Queste proprietà rendono conto dell’uso della curcuma come aiuto per la digestione. In effetti, l’assunzione di curcuma rizoma polvere (2 grammi/giorno) ha dimostrato di produrre in soggetti dispeptici il miglioramento e/o la risoluzione del disturbo. Tuttavia, il potenziale della curcuma ( o meglio della curcumina) è ben altro, come dimostrato dall’intensa attività di ricerca e sperimentazione in vitro e in modelli animali condotta negli ultimi decenni. Il quadro che risulta suggerisce che la curcumina può considerarsi un principio attivo “pluripotente”, cioè capace di utilizzare percorsi molecolari (e targets) diversi per indurre una serie di effetti farmacologici. È stato confermato che la curcumina possiede principalmente attività anti-infiammatoria/antiossidante, ma anche le attività antiproliferativa, immunomodulante, cardioprotettiva, anti-allergica e antidiabetica si sono rivelate significative. Purtroppo, vi sono due limiti. Il primo è che la sperimentazione clinica nell’uomo è ancora insufficiente per poter trarre indicazioni di rilevanza terapeutica pratica. Il secondo limite è rappresentato dalla bassa biodisponibilità della curcumi-
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na, per cui sono importanti gli studi in corso per preparare analoghi della curcumina più biodisponibili. Quale conclusione? Il ricorso a composti puri come la curcumina ad alte dosi e per scopi terapeutici non è ancora un dato scontato, mentre un consumo alimentare di piccole quantità di curcuma per lunghi periodi determina effetti protettivi sicuri. In particolare, la curcumina per le sue proprietà congiunte antiossidanti ed antiinfiammatorie è in grado di contrastare due fattori importanti di invecchiamento (lo stress ossidativo e l’infiammazione) e ritardare l’insorgenza di una serie di condizioni patologiche (associate al progredire dell’età) che condividono un substrato di tipo misto infiammatorio-ossidativo, come i disturbi cardiovascolari54, l’artrosi, l’artrite, le IBD (malattie infiammatorie intestinali, come la colite), la gastrite, il diabete tipo 2 e complicanze correlate, alcune malattie neurodegenerative, alcuni tumori.
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T Osawa et al., Nephroprotective and epatoprotective effects of curcuminoids, Adv Exp Med 2007; 595:407-23. BB Aggarwal et al., Curcumin: the Indian solid gold, Adv Exp Biol Med 2007; 595:1-71. CV Rao , Regulation of COX and LOX by curcumin, Adv Exp Biol Med 2007; 595:213-16. S Salvioli et al., Curcumin in cell death processes:a challenge for CAM of age-related pathologies, eCAM 2007; 4:181-90. VP Menon et al., Antioxidant and anti-inflammatory properties of curcumin, Adv Exp Biol Med 2007; 595:105-25. CH Hsu et al., Clinical studies with curcumin, Adv Exp Biol Med 2007; 595:471-80. C Park et al., Curcumin induces apoptosis and inhibits prostaglandin E2 production in synovial fibroblasts of patients with reumathoides arthtritis, Int J Mol Med 2007; 20:365-72. S Miriyala et al., Cardioprotective effects of curcumin, Adv Exp Biol Med 2007; 595:359-77. RA Kowluru et al., Effects of curcumin on retinal oxidative stress and inflammation in diabetes, Nutr Metabol 2007; 4:8. G Kuttan et al., Antitumor, anti-invasion, and antimetastatic effects of curcumin, Adv Exp Biol Med 2007; 595:173-8. S Shankar et al., Involvement of Bcl-2 family members , phosphatidylinositol 3’-kinase/AKT and mitochondrial p53 in curcumin-induced apoptosis in prostate cancer, Int J Oncol 2007; 30:905-18. F Di Mario et al., A curcumin-based 1 week triple therapy for eradication of Helicobacter pylori infection: something to learn from failure?, Helicobacter 2007; 12:238-43. GC Jagetia et al., “Spicing up” of the immune system by curcumin, J Clin Immunol 2007; 27:1935.
54. La curcumina sembra proteggere dall’ipertrofia cardiaca. Allora, può essere utile (oltre che gustoso) fare uso di curcuma. Non attribuiamo comunque alla curcuma un potenziale che va validato, ricordando che altri fattori (controllo del peso, del quadro lipidico, della pressione arteriosa, della glicemia, vita attiva…) hanno già ampiamente dimostrato di prevenire le malattie cardiovascolari! HL Li et al., Curcumin prevents and reverts murine cardiac hypertrophy, J Clin Invest 2008;Feb 21.
capitolo sette
Benessere anche dalle erbe (piante officinali)
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ALOE
C
on il nome di Aloe si indicano molte piante originarie dell’Africa e diffuse in India e nelle regioni tropicali e subtropicali dell’America.
Le varietà più comuni sono l’Aloe barbadensis Mill. (o Aloe vera Webb, conosciuta commercialmente con il nome di aloe di Curaçao), l’Aloe ferox Mill. (chiamata anche aloe selvatica), e gli ibridi dell’Aloe ferox con l’Aloe barbadensis e l’Aloe spicata Bak (conosciute tutte come aloe del Capo). Tutte queste specie appartengono alla famiglia delle Liliaceae. La parte utilizzata della pianta sono le foglie, che sono composte da tre distinti strati: uno esterno di tessuto spesso; uno appena sottostante, rugoso e filamentoso; e uno interno (parte principale della foglia), formato da cellule contenenti vacuoli (piccole sacche) ripieni di un gel semi-solido e trasparente.
Dalle foglie si ottengono due preparati diversi per composizione e proprietà: il succo ed il gel. Il succo (lattice amaro) è presente nello strato rugoso, ed ha la funzione di proteggere la pianta dai predatori. Se un animale morde la foglia, il lattice causa irritazione! Il succo viene ottenuto tagliando trasversalmente le foglie vicino alla base e lasciando fuoriuscire liberamente il lattice giallognolo (per circa 6 ore). Il prodotto finale si ottiene per disidratazione mediante riscaldamento, e si presenta come una massa scura rosso-lucente. I costituenti di tale succo sono derivati idrossiantrachinonici (aloine, 18% nell’Aloe ferox e 28% nell’Aloe barbadensis), dotati di forti proprietà lassative stimolanti, il che rende il succo poco indicato in caso di stipsi (tendenza a produrre irritazioni gastro-intestinali).
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Il gel d’aloe viene ottenuto dal tessuto cellulare centrale delle foglie, normalmente quelle inferiori e di almeno 4 anni. Le foglie vengono tagliate alla base e si lascia colare il succo giallo amaro. Quindi, le foglie prive di aloine vengono pressate a freddo per dare un gel mucillaginoso. Questo contiene diversi polisaccaridi attivi, di cui il più importante è l’acemannano. Altri componenti sono l’acido gamma-linoleico (GLA) e la relativa prostaglandina E1 (anti-infiammatoria), glicoproteine (glicoproteina G1, che stimola la guarigione delle ferite), amminoacidi, vitamine, minerali (potassio, calcio, magnesio) e oligoelementi (zinco, manganese, rame..). Il gel di Aloe è da tempo usato per lenire scottature da calore, da esposizione al sole, da radiazioni, e per promuovere la guarigione di ferite. Infatti, il gel di aloe ha proprietà idratanti, anti-infiammatorie e restitutive (ripristino del tessuto connettivo). Inoltre, il gel di aloe ha effetti emollienti sulle membrane che rivestono il tratto digestivo, e, quindi, si presta in caso di bruciori di stomaco ed acidità gastrica (il gel inibisce la secrezione di acido cloridrico!) ed anche irritabilità del colon. Queste caratteristiche rendono il gel di Aloe indicato per: lenire bruciature e scottature solari; favorire la guarigione di lievi ferite; ritardare la formazione di rughe e l’invecchiamento della pelle; attenuare infiammazioni gengivali; alleviare i sintomi di acidità gastrica e bruciori di stomaco.
CALENDULA Nativa dei paesi mediterranei, prende questo nome per la tendenza a fiorire ogni mese (calendario). Non va confusa con il tagete (diffuso nei giardini). Usata storicamente come “zafferano dei poveri”, tutt’oggi in alcuni paesi i suoi petali sono aggiunti alle insalate. Le parti usate sono i fiori, che contengono glicosidi terpenici (calenduloside), flavonoidi, carotenoidi, olio essenziale e polisaccaridi ad azione immunostimolante. La calendula è utile in casi di infiammazione della pelle e delle mucose del cavo orale. In particolare, alla calendula viene riconosciuta la capacità di favorire una più pronta guarigione delle ferite (promuove la cicatrizzazione), incluse lievi ulcerazioni delle gambe. È indicata anche per lievi irritazioni/infiammazioni dell’occhio. L’uso della calendula è prevalentemente esterno; sono indicate allo scopo le creme a base di calendula (circa 5 g di fiori secchi per 100 g di crema base oppure ottenute con estratti titolati di calendula), le infusioni di calendula (2 g in 150 ml di acqua), tinture madri ed estratti fluidi (diluiti con acqua bollita di recente), colliri alla calendula ed infine l’olio di calendula (ottenuto mettendo a macerare i fiori di calendula in olio vegetale).
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CAMOMILLA
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Erbacea annuale, alta fino a 30 cm, con fiori riuniti in capolini gialli terminali. Nativa dell’Europa ed Asia, è largamente coltivata in Germania, Ungheria, Bulgaria, Grecia, Egitto e Argentina. La camomilla prende il nome dal greco, chamos (terreno) e melos (mela), per la sua caratteristica di basso fusto ramificato e per il profumo di mela delle infiorescenze. Le parti usate sono i capolini, che contengono fino al 2% di olio volatile (costituito da terpeni diversi, tra cui l’alfa-bisabololo ed il camazulene) e fino all’8% di flavonoidi (apigenin- e luteolin-derivati). La camomilla ha proprietà antispasmodiche ed anti-infiammatorie del tratto digerente, e pertanto viene consigliata in caso di spasmi ed infiammazioni gastro-intestinali. Alla camomilla viene attribuito (dalla medicina popolare) un effetto calmante, che favorisce il sonno. Tale proprietà non è tuttavia supportata da adeguate evidenze scientifiche e, probabilmente, è un risultato della riduzione di spasmi del tratto digerente. La camomilla è efficace in caso di infiammazione, irritazione della pelle e delle mucose. I componenti flavonici della camomilla sono infatti in grado di penetrare negli strati profondi della pelle, requisito questo indispensabile per l’uso topico come agente anti-infiammatorio. Al riguardo, la camomilla si è dimostrata efficace nel guarire le lesioni dovute a tatuaggio. Infine, la camomilla associata a fibre solubili (pectine di mela, di arance) riduce la durata di episodi diarroici in bambini (da 7 mesi a sei anni d’età).
COSMETICI NATURALI Si considera “naturale” un cosmetico che privilegia gli ingredienti che la natura mette a disposizione. In questo ambito sono diversi i gradi di naturale. Alcuni cosmetici formati esclusivamente da oli vegetali provenienti da coltivazioni certificate biologiche e ottenuti per spremitura a freddo senza far uso di solventi o conservanti sono “naturali” al 100%. Tuttavia, molti cosmetici presentati come naturali contengono anche una base che naturale non è, e questo per esigenze tecnologiche. Va precisato che per l’allestimento di questi cosmetici o si è privilegiata al massimo possibile la componente naturale. Quali sono gli ingredienti naturali più usati? Sono oli ed estratti vegetali. Tra gli oli spiccano i sottoindicati. Olio di germe di grano: nutriente della pelle, dermoprotettivo per la presenza di vitamina E Olio di jojoba: nutriente della pelle, lenitivo Olio di mandorle: elasticizzate, preventivo delle smagliature Olio di rosa mosqueta:miscela bilanciata dei due acidi grassi essenziali linoleico e alfa-linolenico ristrutturante, dermoprotettivo per la presenza di carotenoidi e tocoferoli. Tra gli estratti vegetali alcuni di interesse sono: aloe (idratante, anti-pruriginoso, lenitivo), camomilla (lenitivo), calendula (riepitelizzante, riparativo), centella (ristrutturante, anti-rughe), curcuma (anti-rughe, antiossidante) mirtillo (antiossidante, previene le rughe ed il precoce invecchiamento della pelle). tè (protettivo dalla luce solare, deodorante).
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HERPES LABIALE
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L’herpes labiale è provocato dal virus HSV-1 (Herpes simplex tipo 1), che come altri virus vive a spese dell’ospite, dove rimane in uno stato “dormiente” depositato in un ganglio nervoso. In seguito ad un evento scatenante (forte stress, ciclo mestruale, esposizione sconsiderata alla luce solare, in generale tutto ciò che determina una caduta delle difese immunitarie) il virus migra e va a colpire le cellule bersaglio. La lesione erpetica (insieme di cellule morte) si localizza normalmente vicino alle labbra (da cui il nome labiale), nelle cavità nasali e, talvolta, anche sulle guance. L’evoluzione della lesione erpetica è repentina; inizia con un leggero formicolio in corrispondenza della parte colpita per evolvere in “bollicine” piene di siero ad alto potere virale (è importante in questa fase non rompere tali bollicine per evitare la diffusione della lesione erpetica). Quindi le bollicine si trasformano in croste fino alla guarigione completa della lesione. Un’erba utile in caso di herpes labiale è la Melissa officinalis. Le foglie e le sommità fiorite della melissa contengono, oltre all’olio volatile (cui è riconosciuta un’attività carminativa), una serie di composti polifenolici (tra cui l’acido rosmarinico) dotati di attività antivirale, in particolare contro il virus dell’herpes labiale. Diversi preparati a base di estratto di melissa sono da tempo impiegati per il trattamento sintomatico dell’herpes labiale. In particolare, l’applicazione di creme a base di estratto di melissa, alle prime avvisaglie, riduce i sintomi tipici come prurito, bruciore e la guarigione è più rapida. Altre erbe di interesse sono la liquirizia, la melaleuca e la centella asiatica. L’applicazione topica di creme a base di estratti di liquirizia (componente attivo: acido glicirrinetico) può essere utile per ridurre il tempo di guarigione ed il dolore associato alla lesione erpetica. Dalla melaleuca alternifolia (tea tree) si ricava un olio dotato di proprietà antisettiche ed antipruriginose. Normalmente si usano creme o gel contenenti circa il 5% di questo olio. La centella asiatica promuove la formazione di tessuto connettivo, costituente fondamentale della pelle, pertanto, agevola la ricostruzione dell’epitelio leso.
LIQUIRIZIA: pro e contro La liquirizia, cioè la radice di specie diverse di Glycyrrhiza, veniva usata già nell’antica Cina, Egitto, dai Greci e dai Romani per curare disturbi gastro-intestinali. Tuttora, viene riconosciuta come erba utile nel trattamento di gastriti. L’attività anti-infiammatoria della liquirizia è dovuta soprattutto ad un suo componente, l’acido glicirretico (derivante dalla glicirrizina), ma anche a diversi e singolari flavonoidi. L’acido glicirretico impedisce la degradazione di composti (le prostaglandine PGE2 e PGI2) che la mucosa gastrica produce con il fine di limitare la secrezione di acido, ed aumentare la produzione di muco protettivo e bicarbonato (che tampona l’acidità). Per quanto riguarda i flavonoidi della liquirizia, questi hanno attività anti-Helicobacter pylori , batterio implicato nell’ulcera peptica. Questi sono gli aspetti positivi. Purtroppo, l’altra faccia della medaglia è problematica. Infatti, l’acido glicirretico è anche un potente inibitore di un enzima (11-idrossisteroidedeidrogenasi), che trasforma il cortisolo nell’inattivo cortisone. Di conseguenza, i livelli renali di cortisolo aumentano e ciò comporta ritenzione di sodio (tecnicamente, riassorbimento renale di sodio), eliminazione di potassio, aumento del volume sanguigno. Il tutto si traduce in aumento della pressione (ipertensione) ed edema (gonfiore per ristagno di liquidi). Pertanto, le persone con problemi cardiaci e renali e gli ipertesi devono astenersi dal consumare liquirizia. I soggetti sensibili al sale (cioè, quelli la cui pressione è particolarmente influenzata dal consumo di sale) sono tra i più vulnerabili. Anche le donne in attesa devono controllare il consumo di liquirizia: un consumo settimanale superiore a 5 g di succo di liquirizia è stato associato a parto pre-termine.
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Come si utilizza?
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La radice sminuzzata (un cucchiaino da tè) viene aggiunta ad una tazza di acqua bollente; si lascia a sé per 5-10 minuti, si filtra e si beve dopo i pasti. Non più di due tazze al giorno e non oltre 4-6 settimane. In alternativa, sono disponibili preparati già pronti a base di estratto titolato (cioè, a contenuto noto e riproducibile di acido glicirretico): in tal caso, attenersi alle istruzioni per la posologia. La liquirizia ha anche proprietà dermoprotettive; l’estratto titolato è ingrediente di creme anti-infiammatorie ed antipruriginose (dermatiti, eritema solare, lievi scottature). Estratti di liquirizia vengono anche usati in caso di iperpigmentazione (macchie) della pelle. Infine, e questo è l’uso più comune, dalla radice di liquirizia si ricava il succo, che dopo concentrazione trova impiego in confetteria, pasticceria e liquoristica. Da notare che la glicirrizina è circa 50 volte più dolce dello zucchero.
MALI DELLA STAGIONE FREDDA Raffreddore, tosse, mal di gola, influenza sono i disturbi tipici della stagione fredda. Questi provocano un senso generale di malessere, difficoltà respiratorie, mal di testa, febbre e dolori articolari. Riposo, dieta leggera e ricca di fluidi (possibilmente spremute di agrumi o di frutti ricchi di vitamina C), astensione dal fumo attivo e passivo sono accorgimenti utili per limitare i danni. Ma anche alcune erbe sono importanti; in particolare, lo sono quelle che contengono oli essenziali e mucillagini, cioè i principi naturali idonei a proteggere le prime vie respiratorie. Gli oli essenziali, cioè i componenti volatili di numerose erbe, oltre ad aver un’azione “antibatterica”, hanno (a secondo della loro composizione) due principali effetti: anti-tosse ed espettorante. Anti-tosse: producono una piacevole sensazione gustativa, stimolando così la produzione di saliva, che a sua volta attiva il riflesso di deglutizione. E proprio questo atto di deglutizione che impedisce un attacco di tosse. Le erbe più usate a questo scopo sono: anice/finocchio (anetolo), menta (mentolo), timo (timolo) ed eucalipto (eucaliptolo). Espettorante: gli oli essenziali sono bene assorbiti, e vengono parzialmente escreti via i polmoni. In questa fase di eliminazione, passano nel tratto bronchiale. Qui agiscono sulla mucosa che ricopre i bronchi stimolandone (in quanto irritanti) le ghiandole. È così prodotta una secrezione (muco) che viene espettorata. Le erbe più comuni con queste caratteristiche sono: il pino, il mirto ed il niaouli (eucaliptolo, bornile acetato, alfa- e beta-pinene).
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La grindelia è un’altra erba con azione espettorante. Contiene saponine (glicosidi terpenici), cioè composti che si comportano come detergenti, perché tendono a formare una schiuma stabile quando vengono agitati con acqua. L’effetto espettorante è mediato dalla mucosa gastrica, che stimola di riflesso la mucosa bronchiale a produrre muco, che viene espettorato.
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Le mucillagini sono composti colloidali di natura polisaccaridica. Con acqua producono un gel con azione emolliente. A livello del tratto respiratorio, sono rinfrescanti ed anti-irritanti. Infatti, ricoprono le mucose di un sottile velo protettivo, capace di assorbire gli agenti che irritano. Le mucillagini, in seguito a somministrazione orale, non sono assorbite come macromolecole, e quindi non possono raggiungere la mucosa tracheo-bronchiale. Il loro effetto anti-tosse si limita quindi alla faringe ed alla laringe. Le erbe più comuni ricche di mucillagini sono: l’altea, il marrubio, la cetraria islandica, la malva, la piantaggine. Si preparano infusi da assumere freddi.
ROSA MOSQUETA La Rosa mosqueta (Rosa affinis rubiginosa) è una varietà che cresce solo in Cile, dove si è sviluppata dalla Rosa canina di origine Europea. Dai semi di Rosa mosqueta si estrae un olio che si caratterizza per l’elevato contenuto dei due acidi grassi essenziali linoleico (44%) e alfa-linolenico (36%), il che lo distingue da altri oli che contengono prevalentemente uno dei due acidi. L’olio di Rosa mosqueta ha già un uso consolidato in cosmetica, e da alcuni anni trova applicazione anche come integrato-
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re di acidi grassi essenziali (Omegarosa). I benefici dellâ&#x20AC;&#x2122;integrazione a base di olio di Rosa mosqueta (di coltivazione biologica e ottenuto con procedimenti estrattivi che ne preservano la delicata composizione) sono stati oggetto di studio, e si sostanziano in un aumento di diversi parametri protettivi.
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STRESS Stanchezza mentale e fisica, irritabilità, senso di disagio, difficoltà all’addormentamento sono alcuni sintomi dello stress, una condizione purtroppo frequente con la quale l’organismo segnala uno stato di disadattamento e “chiede” una pausa per ricaricarsi. In genere, lo stress si manifesta in corso o in seguito a compiti troppo impegnativi, defatiganti, non gratificanti, ma può presentarsi anche ai cambi stagionali. Lo stress, anche se moderato, non va sottovalutato perché potrebbe essere l’anticamera di forme patologiche di stanchezza o depressione. Quindi, è bene aiutare l’organismo a riprendersi, rimuovendo (per quanto è possibile) le cause dello stress e adottando comportamenti alimentari (dieta varia ed equilibrata, che assicura l’apporto di nutrienti “anti-stress” come alcune vitamine del gruppo B, la vitamina C, il magnesio, il ferro, lo zinco…) e abitudini non sedentarie. In tale quadro si colloca il ricorso ad alcuni aiuti naturali che si basano su piante definite adattogene, cioè capaci di aiutare l’organismo a riadattarsi, oppure tonico-nervine. Ginseng, eleuterococco, rodiola, schisandra, guaranà sono le più comuni. Di queste vengono usati estratti a contenuto noto e costante (standardizzato) di componenti attivi, ad esempio i ginsenosidi per il ginseng o la caffeina per il guaranà. Attenzione! Sono prodotti di origine naturale, che comunque possono avere controindicazioni. Pertanto, niente fai da te!
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TÈ ROSSO (Rooibos tea)
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L’Asphalatus linearis è un arbusto spontaneo, che cresce sulle montagne Cedarberg vicino a Città del Capo in Sud Africa. Le foglie ed i rametti sottili di Asphalatus linearis vengono usati per preparare il Rooibos tea; a tal scopo, si tagliano in pezzetti lunghi circa 5 mm e si lasciano fermentare secondo un procedimento simile a quello del tè nero o del tè oolong. La pianta Rooibos, da spontanea, si è imposta come coltura produttiva, in quanto in Sud Africa il Rooibos tea viene usato come sostituto del tè nero orientale. È una bevanda unica, con un caratteristico sapore dolce, priva di caffeina e con basso contenuto di tannini. Il Rooibos tea ha acquistato grande popolarità anche in altri Paesi (Giappone, USA, Australia), dove è considerata una bevanda salutare. Secondo studi condotti in Sud Africa e Giappone, il Rooibos tea è di aiuto in casi di tensione nervosa, insonnia, irritabilità ed ipertensione. Per la presenza di componenti anti-spasmodici, può alleviare spasmi intestinali e coliche (soprattutto nei bambini). In Sud Africa il Rooibos tea viene usato per trattare allergie (febbre da fieno, asma), e trova impiego (uso esterno) anche per mitigare manifestazioni irritative della pelle. Per la presenza di diversi antiossidanti, il Rooibos tea è in grado di catturare i radicali liberi e, quindi, contribuisce sia a ridurre il rischio di disturbi da stress ossidativo che a rallentare i processi di invecchiamento. La protezione antiossidante è aumentata dalla presenza nel Rooibos tea di oligoelementi (zinco, rame, manganese) coinvolti nei meccanismi di difesa enzimatica contro i radicali liberi. Infine, non contiene acido ossalico, risultando così una bevanda indicata per persone soggette a calcoli renali. Nel Rooibos tea sono contenuti diversi polifenoli, ai quali sono in buona parte dovute le proprietà salutari della bevanda. Da notare che l’azione anti-radicalica dei polifenoli presenti nel Rooibos tea si esplica in sinergia con la vitamina C, pure abbondante nel Rooibos tea, e ciò rende questa bevanda una fonte naturale di componenti, capaci di aumentare le difese antiossidanti dell’organismo ed accrescere le aspettative di un più duraturo stato di benessere. PG Pietta et al. Quantitative Characterization of polyphenols in Rooibus tea, J Agric Food Chem 2002; 50:5513.
VACANZE: BENESSERE CON L’AIUTO DELLE ERBE Le vacanze possono essere guastate da piccoli disturbi, che rovinano in qualche misura gli attesi e meritati giorni di riposo e svago. Mal d’auto, cattiva digestione, dolori articolari, insonnia sono tra i disturbi più comuni nel periodo delle ferie. Esistono rimedi a base d’erbe che aiutano a risolvere tali problemi. Ciò che è importante è ricorrere a preparati di provata efficacia e sicurezza, e sotto la guida di esperti. Mal d’auto. Per alcune persone raggiungere la destinazione delle vacanze è problematico, perché il viaggio in auto, nave, aereo può causare nausea, vomito, sudorazione fredda, difetti d’equilibrio (cinetosi). L’erba di elezione in questi casi è lo zenzero, spezia nota anche per le sue proprietà favorenti la digestione. Assunto sotto forma di estratto (compresse o capsule) (600 mg) a contenuto noto di gingeroli un’ora prima del viaggio previene i sintomi del mal di moto. I suoi effetti antinausea ed antivomito persistono per circa tre ore, per cui in caso di viaggi di più lunga durata si ricorre ad una seconda somministrazione.
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Digestione difficile Alimentazione eccessiva, cibi pesanti (grassi!), orari sregolati dei pasti, abuso di alcolici e stimolanti (caffè) mettono a dura prova il sistema digerente. Questi sono purtroppo alcuni comportamenti tipici dei vacanzieri. Cosa fare? Per prima cosa, si impone recuperare una dieta leggera per un paio di giorni. Poi, il ricorso ad erbe carminative, come anice, finocchio, melissa, è utile. In forma di tisane oppure di estratti in capsule favoriscono le funzioni digestive per le loro proprietà anti-fermentative ed anti spasmi intestinali. Vengono così ridotti gonfiore addominale, nausea e dolori intestinali.
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Dolori articolari Alcune attività svolte durante le vacanze e sbalzi climatici possono causare piccoli problemi infiammatori alle articolazioni, provocando rigidità, gonfiore e limitazione nei movimenti. La Boswellia (falso incenso) rappresenta un valido aiuto. Dalla resina di questa pianta originaria dell’Oriente si ricava l’estratto secco titolato in acidi boswellici. La Boswellia svolge un’azione anti-infiammatoria e lenisce il dolore. Infatti, riduce la formazione delle sostanze responsabili delle infiammazioni articolari. Normalmente, si assumono 300 mg di estratto titolato al 65% in acidi boswellici divisi in due somministrazioni giornaliere. È utile anche per cefalee muscolo-tensive. Per rendere più veloce la ripresa, sono indicate sono anche creme di Boswellia per uso esterno. Insonnia Ritmi di vita modificati, iperalimentazione, condizioni climatiche (caldo umido), rumori possono influire negativamente sul regolare decorso del sonno. Difficoltà ad addormentarsi e frequenti risvegli notturni sono i segnali evidenti di questo disagio, che lascia intontiti ed assonnati durante il giorno. Per recuperare il sonno naturale, la Natura aiuta a patto che non si abusi con cene pesanti, alcolici, caffè e nel ritmo di vita. Escolzia, valeriana e passiflora sono le erbe cui ricorrere. L’escolzia (papavero giallo o della California) agisce a livelllo del sistema nervos centrale, dove svolge un’azione ipnoinducente (cioè, induce il sonno). Ciò che è interessante, non causa stordimento al risveglio. Si assumono estratti a con-
tenuto noto di principi attivi (circa 300 mg di estratto) 30-45 minuti prima di coricarsi. La valeriana, di cui si utilizza il rizoma, ha un’azione duplice:induce il sonno e calma. È quindi più indicata in disturbi del sonno in soggetti ansiosi.La valeriana ha un’azione simile a quella delle benzodiazepine, senza tuttavia provocare sonnolenza al risveglio. Assunta mezz’ora prima di coricarsi (circa 300 mg di estratto titolato in acidi valerenici) riduce il tempo di addormentamento e migliora la qualità del sonno. Della passiflora (fiore della passione) si utilizzano le parti aeree. Ha un’azione soprattutto calmante; pertanto, è indicata per soggetti ansiosi. Si assumono circa 400 mg di estratto titolato, suddivisi in due tempi, di cui uno in tarda serata. Controindicazioni: non usare in gravidanza, allattamento e nei bambini. Tutte queste piante, diversamente dai farmaci usati per indurre il sonno, hanno un vantaggio: non danno assuefazione. Tisana Valeriana radice (30g), Passiflora parti aeree (30g), melissa foglie (25 g), menta foglie (15g). Un cucchiaino da tè in una tazza d’acqua bollente. Lasciare a sé per 10 minuti. Decantare. Bere due tazze durante il giorno ed una mezz’ora prima di coricarsi. Altri disturbi meno frequenti sono quelli relativi alla circolazione periferica (gambe pesanti, caviglie gonfie, sintomi spesso accompagnati da rossore e prurito) oppure alle vie urinarie (infezioni lievi, ma fastidiose) . Per le gambe pesanti, è utile fare lunghe passeggiate nell’acqua (se si è al mare) per rafforzare il tono venoso, evitare di stare a lungo in posizione eretta, e favorire il ritorno venoso sollevando di tanto in tanto le gambe o dormendo con un cuscino sotto i piedi. Le erbe di aiuto sono l’ippocastano ed il meliloto. Dai semi dell’ippocastano si ottiene l’estratto titolato in escina, che ha un’azione protettiva sui vasi venosi: ne rafforza il tono e diminuisce la permeabilità. Del meliloto si usano le foglie, da cui si ricava l’estratto titolato in cumarine, sostanze che facilitano il drenaggio linfatico. Per questo, il meliloto è più indicato in caso di gonfiore spiccato (a causa di un ristagno di liquidi per il rallentato flusso linfatico).
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capitolo otto
Indicazioni particolari per gruppi speciali
BAMBINI E ADOLESCENTI
S
econdo diversi studi, i bambini e gli adolescenti consumano una dieta meno salutare che nel passato e stanno diventando sempre più sedentari. Infatti, consumano molte calorie “vuote”, cioè cibi e bevande molto calorici, ma poveri di importanti micronutrienti, come vitamine, minerali, fitocomposti e fibra. Si stima che solo un adolescente su dieci consumi regolarmente le 5 porzioni raccomandate di frutta/verdura al giorno. La maggioranza si attesta su 1-2 porzioni; circa il 12% non ne consuma affatto in alcuni giorni. Questo spiega le possibili carenze di vitamina C, carotenodi (precursori di vitamina A), di folati e fibra. Per quanto riguarda l’attività fisica, solo il 50% la pratica regolarmente (circa un’ora al giorno); di contro, la maggioranza trascorre mediamente 4 ore al giorno davanti al televisore. Le conseguenze evidenti di tali comportamenti sono il crescente soprappeso e l’obesità. Di fatto, circa il 25% degli
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adolescenti è soprappeso55 e circa il 9% è obeso (cioè, malato!). Otto bambini in soprappeso su dieci saranno adulti obesi, con elevato rischio di contrarre malattie cronico-degenerative, tra cui disturbi cardio-vascolari e diabete, e minore attesa di vita (da 8 a 13 anni in meno).
Quali alimenti scegliere e in quale quantità? Il bambino e l’adolescente vanno incoraggiati a consumare giornalmente alimenti dai seguenti cinque gruppi. Cereali e tuberi: comprendono pane, pasta, riso, mais, avena, orzo, farro e patate. Sono la fonte principale di amido, carboidrato complesso fornitore di energia.Vanno preferiti i prodotti meno raffinati, perché conservano il loro patrimonio originale di vitamine, minerali e fibra. In questo gruppo vanno scelte 2-4 porzioni al giorno.
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Frutta, ortaggi e legumi freschi: forniscono fibra, vitamine, minerali (in particolare, il potassio), fitocomposti protettivi e sono, in generale, poco calorici. Gli alimenti di questo gruppo, grazie alla loro grande varietà, offrono ampie possibilità di scelta e devono essere abbondantemente presenti sulla tavola, a cominciare dalla prima colazione. Scegliere in questo gruppo non meno di cinque porzioni al giorno.
55. Molti di questi lo erano già da piccoli. Il che suggerisce che gli sforzi per prevenire il soprappeso devono iniziare già nella prima età.
Latte e derivati: latte, yogurt e formaggi forniscono calcio in forma ben assimilabile, proteine di ottima qualità, vitamina A e B2. Nell’ambito di questo gruppo vanno preferiti il latte parzialmente scremato e i formaggi meno grassi, meno salati e non fermentati. Non consumare più di due porzioni giornaliere di questo gruppo. Carne, pesce e uova: forniscono proteine complete, vitamine del complesso B, tra cui la B12 presente esclusivamente nei prodotti di origine animale e minerali, come ferro altamente assimilabile, zinco e rame. Vanno preferite le carni bianche e magre, ed il pesce. In questo gruppo vanno compresi anche i legumi secchi (fagioli, ceci, piselli, lenticchie…) che, oltre a rilevanti quantità di amido, fibra, minerali e specifici fitocomposti, contengono proteine che bene si integrano con quelle di carni, pesce e uova. In questo gruppo vanno scelte 1-2 porzioni al giorno, avendo cura di alternare nella settimana 3-4 porzioni di carne, 2-3 di pesce, 3 di formaggio, 2 di uova, 1-2 di salumi e 1-2 di legumi. Grassi da condimento: questo gruppo comprende i grassi di origine vegetale (olio extra vergine di oliva e vari oli) e quelli di origine animale (burro, panna, lardo, strutto). È importante privilegiare i grassi vegetali e consumare con moderazione quelli animali.
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SUGGERIMENTI UTILI
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Consumare quotidianamente generose quantità di frutta e verdura fresca (di stagione e coltivata all’aperto) e, nel gruppo dei cereali, privilegiare quelli meno raffinati. Moderare il consumo di grassi, preferendo gli alimenti più magri, facendo un uso parsimonioso di oli vegetali (da privilegiare l’olio extra vergine di oliva) e limitando al massimo il consumo di burro, panna e loro prodotti. Salare poco i cibi. Limitare al massimo il consumo di dolci e, tra questi, preferire i prodotti da forno, perché meno ricchi di grassi e più ricchi di carboidrati complessi (molto amido e pochi zuccheri semplici). Bere molta acqua, sia durante i pasti sia fuori pasto. Il mantenimento dell’equilibrio tra le entrate (con bevande e cibi) e le uscite (sudorazione, urina…) è importante per il benessere dell’organismo. Mantenersi nei limiti del peso forma non solo controllando le calorie che si assumono, ma anche praticando regolare attività fisica. Va comunque precisato che anche la magrezza eccessiva danneggia la salute.
Vitamine e minerali a rischio negli adolescenti Vitamina A Solo un terzo degli adolescenti consuma la quantità raccomandata giornaliera di vitamina A. Questa nella dieta è presente, per la maggior parte, sotto forma di carotenoidi (pigmenti che colorano i vegetali), alcuni dei quali (come, il beta-carotene di carote, pomodori, indivie, spinaci, albicocche, melone) sono trasformati nell’intestino in vitamina A. Solo alcuni alimenti di origine animale, come fegato, latte e uova, la forniscono direttamente. La vitamina A mantiene l’integrità della pelle e dei tessuti epiteliali, cioè dei mantelli che ricoprono il tratto respiratorio e gastrointestinale. Questi tessuti sono densi di cellule immunitarie e rappresentano un’importante linea di difesa contro le malattie. Quindi, la vitamina A è cruciale nell’adolescenza per mantenere le difese organiche.
Vitamina E Solo il 60% degli adolescenti maschi consuma la quantità giornaliera raccomandata di vitamina E; nelle femmine (più preoccupate alla linea, e, quindi, minori consumatrici di oli, che sono le fonti primarie di vitamina E) la percentuale scende al 30%. Questa vitamina, oltre che negli oli vegetali, è presente nei semi oleaginosi, nella frutta secca, negli spinaci e nei cavoli. Insieme alla vitamina C forma la coppia antiossidante, di cui si avvale l’organismo per contrastare i danni derivanti da un eccesso di radicali liberi, cioè di quelle specie reattive che si formano nel corso dei normali processi metabolici. Calcio Il fabbisogno giornaliero raccomandato di calcio (1300mg/giorno) è consumato solo dal 35-50% degli adolescenti. Ciò pregiudica la formazione del picco di massa ossea, che avviene, in gran parte, nel corso dell’adolescenza. Il calcio è presente nel latte e derivati, ma anche in cavoli, mandorle, sardine, salmone, alcune acque… Ferro Molti adolescenti hanno riserve basse di ferro, il che determina mancanza di energia, stanchezza, irritabilità sino a sviluppare anemia. Il ferro è presente in forma ben assimilabile (il cosiddetto ferro emico) nelle carni e nel pesce ed in forma poco assorbibile (a meno che non sia associato al consumo di alimenti ricchi di vitamina C, come alcuni frutti e verdure) o ferro non emico nei legumi secchi, frutta essiccata, cereali integrali. Zinco Lo zinco (presente in carni, pesce, legumi, cereali non raffinati) è un altro micronu-
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triente a rischio. Lo zinco è importante per le difese immunitarie, la maturità sessuale (sintesi del testosterone) e per la sintesi del collagene, proteina strutturale, oltre che della pelle e di vasi sanguigni, del tessuto osteo-articolare, che è in fase di crescita durante l’adolescenza.
Alcune semplici regole
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Frutta/ortaggi e bevande non zuccherate: consumo generoso Alimenti di origine animale: consumo moderato Alimenti ricchi di grassi e zuccheri: consumo scarso NO a colazioni scadenti NO a pasti irregolari NO alla Tv durante i pasti NO alla sedentarietà nel tempo libero
DONNE IN ATTESA Il periodo della gravidanza e dell’allattamento sono particolarmente critici dal punto di vista alimentare, in quanto la dieta incide in modo fondamentale sulla salute sia della madre che del nascituro. La gravidanza comporta rapida crescita cellulare e sviluppo di organi del feto ed una adeguata assunzione di nutrienti è essenziale per sostenere questa impetuosa crescita e per garantire adeguate riserve nutrizionali al neonato. Per ottimizzare lo stato di salute di una donna in gravidanza e per ridurre eventuali rischi di malformazioni o malattie al nascituro56, la madre deve preoccuparsi di mantenere uno stato nutrizionale ottimale durante la gestazione, ma anche in corso di allattamento, in cui le richieste nutrizionali sono ancora superiori a quelle della gravidanza, e nella fase di recupero.
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56. La malnutrizione durante la gravidanza può ritardare la crescita intrauterina, che può persistere nei primi due anni di vita e compromettere lo sviluppo cognitivo ed altre importanti funzioni più tardi nella vita.
Una considerazione importante riguarda il fabbisogno energetico, cioè, le calorie giornaliere da introdurre. Durante la gravidanza questo aumenta solo del 15%; quindi, le donne in attesa devono scegliere cibi ricchi di nutrienti e poveri di calorie. In altre parole, i cibi non devono fornire “calorie vuote”, come avviene per cereali e derivati raffinati, fast foods, dolciumi, bevande zuccherate ecc, ma essere densi di preziosi micronutrienti (vitamine, minerali, fitocomposti e fibra), che sono esclusivi di frutta, verdura, legumi, cerali e derivati grezzi, carni e formaggi magri, pesce… Per molte donne tutto ciò comporta alcuni cambiamenti delle loro abitudini alimentari.
Calorie e nutrienti rilevanti Calorie Una donna in attesa ha bisogno di circa 300 calorie al giorno in più di quelle che assumeva prima57 di rimanere incinta per poter sopportare la rapida crescita del feto ed i suoi cambiamenti corporei. Questo aumento calorico (pari a circa due tazze di latte magro, ad un panino con formaggio o prosciutto) può sembrare piccolo; in realtà, è sufficiente per fornire le calorie necessarie per la gravidanza. Alcune mamme in attesa pensano che debbano “mangiare per due”, e sono indotte a raddoppiare le quantità di cibo che normalmente consumano. Questo si traduce in un aumento eccessivo di peso. Proteine Sia la mamma in attesa che il nascituro in sviluppo hanno un bisogno aumentato di proteine. Per questo si raccomanda di consumare circa 10 grammi di proteine in più rispetto a quelle di pre-gravidanza. Carni magre, pollame, pesce sono ottime fonti di proteine e forniscono anche altri nutrienti necessari, come il ferro, vitamine del gruppo B e minerali traccia. Legumi secchi, noci, uova e formaggi sono altre fonti proteiche. Una dieta bilanciata è in grado di garantire l’apporto proteico richiesto, per cui non è necessario ricorrere ad integratori proteici. Le donne che seguono una ben selezionata die57. I fabbisogni pre-gravidanza sono di circa 2200 kcal/giorno per la maggior parte delle donne attive e di circa 1600 kcal per quelle sedentarie.
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ta latto-ovo (latte e derivati e uova come soli alimenti di origine animale) vegetariana riescono a soddisfare il fabbisogno proteico, mentre quelle strettamente vegetariane (vegan, che consumano solo alimenti di origine vegetale) devono farsi consigliare da esperti una dieta che assicuri l’introito adeguato di proteine nonché di vitamine e minerali essenziali (B12 e ferro).
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Calcio Il fabbisogno di calcio durante la gravidanza è eguale a quello prima della gestazione ed è di circa 1000 mg/giorno. Tuttavia, frequentemente non si riesce a soddisfare tali fabbisogni di calcio solo con cibi o bevande (e questo avviene anche in periodi diversi dalla gravidanza). È quindi consigliabile ricorrere ad integratori di calcio, che vengono assorbiti meglio se assunti insieme al cibo. In particolare, alle donne vegan o di età inferiore a 25 anni (in cui il tessuto osseo è ancora in fase di crescita) viene raccomanda una integrazione giornaliera di 600 mg di calcio. Infine anche lo stato nutrizionale della vitamina D58 va accuratamente controllato, perché da questa vitamina dipende l’assorbimento e l’utilizzazione del calcio stesso. Latte, yogurt, latticini sono ricchi di calcio. È bene scegliere quelli più magri (e meno salati), che forniscono le stesse quantità di calcio e meno calorie dei loro corrispettivi ad alto contenuto di grassi. Alcuni vegetali a foglia verde, salmone e sardine in scatola, certe acque minerali sono buone fonti di calcio. Per le donne che non consumano prodotti caseari, sono disponibili cibi fortificati (cioè, addizionati da calcio), come il latte ed il formaggio di soia, succhi di frutta, cereali per colazione. Le donne con intolleranza al lattosio o allergia al latte vaccino e/o di soia dovrebbero affidarsi alla guida di un esperto professionista.
58. La vitamina D è in grande misura sintetizzata dall’organismo a livello della pelle in seguito ad esposizione alla luce solare. Le donne che si coprono molto oppure hanno la pelle molto pigmentata sono a maggior rischio di carenza di vitamina D.
Ferro Il fabbisogno di ferro raddoppia in gravidanza: si passa dai 15 mg/giorno prima della gravidanza a 30 mg/giorno. Questa maggiore richiesta di ferro è dovuta alla crescita del volume di sangue della mamma ed anche alle riserve di ferro che il nascituro va procurandosi. Le donne in attesa devono conoscere quali alimenti forniscono ferro e vanno incoraggiate a consumarli regolarmente. Le carni rosse ne sono particolarmente ricche; comunque, il loro consumo va tenuto sotto controllo per la presenza di grassi saturi e colesterolo (componenti non proprio benefici per il sistema cardio-vascolare). È meglio scegliere carni magre e bianche (pollame, vitello) e pesce, che sono pure buone fonti di ferro. Cereali integrali, frutta essiccata, legumi, vegetali a foglia verde forniscono ferro. Questo non è assorbito così efficientemente come il ferro delle carni e del pesce; per aumentarne l’assorbimento, è necessario consumare questi cibi insieme ad altri ricchi di vitamina C ed acido citrico, come la spremuta d’arancia . Una dieta ben bilanciata fornisce da 12 a 14 mg di ferro al giorno. Per soddisfare il fabbisogno aggiuntivo, i depositi materni di ferro vengono spesso intaccati. E, poiché diverse donne diventano gravide con basse riserve di ferro, vi è il rischio di sviluppare anemia. Pertanto, si raccomanda una integrazione di circa 30mg/giorno di ferro, già a partire dalla prima visita ginecologica. Tali integratori vengono assorbiti meglio se assunti lontano dai pasti, possibilmente con succhi di frutta, e non con altri integratori. Alcuni componenti del caffè, tè e latte possono limitare l’assorbimento del ferro. L’assunzione di integratori di ferro prima di coricarsi può ridurre eventuali problemi di irritazione gastrica. La supplementazione di ferro può ridurre l’assorbimento di zinco e rame, ed il loro stato nutrizionale va controllato.
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Acido folico L’acido folico o folato ha un ruolo fondamentale nello sviluppo cellulare e nella formazione di importanti strutture del nascituro. Quindi, le donne in età fertile devono garantirsi quantità adeguate di acido folico. Recenti ricerche indicano che assumendo acido folico prima e durante la gravidanza si riduce il rischio di spina bifida ed altri difetti del tubo neurale del nascituro. La maggior parte delle donne non consuma quantità adeguate di acido folico nel periodo prima della gravidanza. Questo viene considerato il più critico per eventuali rischi. Da qui la raccomandazione a tutte le donne in età fertile di assumere un integratore che apporti 0,4 mg/giorno59 di acido folico, in aggiunta al consumo di cibi che contengono folato. Tra questi, buone fonti sono i vegetali a foglia verde, i legumi, arance, arachidi, pane e pasta integrali, cereali da colazione fortificati (addizionati di folato). Vitamina B12 L’apporto di questa vitamina è critico nelle donne che seguono una dieta vegetariana che escluda tutti gli alimenti di origine animale (vegan). In questi casi, va consigliato il consumo di alimenti arricchiti o di integratori di questa vitamina.
332 Iodio Una carenza anche modesta di iodio nella donna in attesa può influire negativamente sullo sviluppo mentale del feto. Il ricorso a sale iodato è consigliabile. Zinco Lo zinco (abbondante nelle carni, alcuni pesci, come crostacei, sardine e pesce spada, cereali integrali, noci brasiliane e pecans) è un altro nutriente a rischio per le donne in attesa. Questo minerale è importante per i processi di divisione cellulare (crescita) e per le difese immunitarie. Una sua carenza aumenta il rischio di nati sottopeso.
59. La RDA (quantità giornaliera raccomandata) di acido folico o folati è di 0,4 mg; le donne in attesa ne necessitano di più (0,6-0,8mg/giorno).
Cibi da scegliere I cibi da scegliere in gravidanza non sono molto diversi da quelli di una corretta dieta normale. Solo i fabbisogni sono più alti, ma i criteri di una sana alimentazione, cioè varietà di alimenti, equilibrio tra gli stessi e moderazione, sono gli stessi. Infatti, non esistono singoli cibi “perfetti” che forniscano tutti i nutrienti indispensabili in gravidanza. La donna in attesa va incoraggiata a consumare una dieta composta da cibi e bevande scelte anche tra quelle preferite (ad esclusione di grassi,dolci ed alcolici). Per quanto riguarda l’assunzione di liquidi, si raccomanda un consumo giornaliero da 1,2 a 1,8 litri complessivi di fluidi per far fronte all’aumento del volume ematico. Latte, spremute, acqua ed altre bevande contribuiscono ad aumentarne l’introito.
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Ed ora, alcune risposte a domande frequenti!
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È necessario prendere integratori durante la gravidanza? Sebbene una dieta idonea copra in gran parte i fabbisogni di nutrienti necessari per la gravidanza (e l’allattamento), un’integrazione vitaminica o minerale è raccomandabile. L’integrazione base dovrebbe fornire 30 mg di ferro, 150-250 mg di vitamina C (per favorire l’assorbimento del ferro) e 0,6 mg di folato al giorno. Un integratore più completo, a base di ferro, folato, zinco, rame, vitamina C, vitamina E, vitamina B12, vitamina B6 e beta-carotene (evitare la vitamina A che può essere tossica per il feto60) è consigliabile alle donne che seguono diete vegetariane o diete sbilanciate e restrittive, che fumano e/o consumano bevande alcoliche (pratiche entrambi da evitare nel modo più assoluto durante la gravidanza, perché hanno ripercussioni negative sul nascituro!) ed in caso di gravidanze gemellari. Infine, le donne di età inferiore a 25 anni e le vegetariane strette (cioè, che non consumano latte e derivati) sono consigliate di assumere un integratore di calcio (600 mg/giorno). È sicura la caffeina durante la gravidanza? Un consumo moderato (200 mg/giorno) di caffeina non ha effetti negativi sul decorso della gravidanza. Quindi, se si bevono 2-3 tazzine di caffè nel corso della giornata, non c’è rischio. Al contrario, esagerando si può incorrere in rischi: la caffeina attraversa la placenta e può recare danni al feto. Va anche ricordato che la caffeina (presente oltre che nel caffè, anche nel tè, alcune bevande gassate, il cioccolato nero…) passa nel latte materno e, se assunta in quantità superiori a quelle predette, può rendere il neonato irritabile. È sicuro prendere dolcificanti artificiali durante la gravidanza? In generale, il ricorso a dolcificanti artificiali è motivo di perplessità. Infatti, si fa uso di questi prodotti nella convinzione che siano efficaci nel controllo del pe60. Il beta-carotene (presente in carote, pomodori e diversi frutti/verdure di colore giallo-arancio) nell’organismo viene trasformato in vitamina A e non è teratogeno (danni al feto). L’associazione con zinco ne promuove la trasformazione in vitamina A.
so. Ma, non è così. Infatti, per mantenere un peso corretto oppure riequilibrare in modo duraturo il proprio peso, bisogna cambiare abitudini alimentari (mangiare di meno e consumare di più!) e stile di vita (vita attiva!). I dolcificanti artificiali solo nel caso di alcune bevande analcoliche oppure usati per addolcire caffè e tè fanno risparmiare calorie; negli altri alimenti (caramelle, yogurt, succhi, marmellate, creme...) il risparmio è minimo. Anzi, possono indurre a consumare porzioni più grandi, giustificando il fatto con il ridotto contenuto calorico. Né va sottaciuto che il dibattito sulla sicurezza dei dolcificanti artificiali è tuttora aperto. Inoltre, quando si consumano alimenti/bevande che contengono diversi dolcificanti, si possono sommare eventuali effetti negativi dei singoli e correre il rischio di superare i valori accettabili giornalieri. La gravidanza è un periodo che richiede cautela e protezione sia per la mamma che per il nascituro e l’uso di dolcificanti artificiali non è consigliabile.
Bisogna ridurre il consumo di sodio durante la gravidanza? No, in quanto la gravidanza comporta un’aumentata richiesta di sodio. Tuttavia, non è necessaria nessuna integrazione, in quanto la dieta seguita prima del concepimento è già in grado di provvedere ai fabbisogni di sodio (2,4 grammi/giorno, pari ad un cucchiaino da tè di sale) ed, in molti casi, ne fornisce in eccesso. Le donne che seguivano un regime iposodico prima della gravidanza, devono continuare questa pratica e informare, prima di qualsiasi modifica, il medico curante. È sicuro bere occasionalmente una bevanda alcolica? No. Gli effetti anche di un consumo occasionale di alcol sul bambino in crescita non sono noti; in altre parole, non vi sono certezze in merito alle quantità di alcol che possono essere ritenute sicure e, probabilmente, i livelli di sicurezza variano a secondo degli effetti producibili sul feto. Per questo, vi è consenso nel raccomandare di astenersi dalle bevande alcoliche in questo periodo. Il consumo abituale di alcol, di sicuro, compromette lo sviluppo del nascituro. Le donne che bevono uno o due drink al giorno tendono a dare alla luce nati sottopeso. Altri rischi più gravi di un consumo cronico di alcol in gravidanza possono essere ritardo nella crescita, lievi deficit intellettivi e comportamentali e malformazioni minori. Come si possono attenuare nausea e vomito? Alcune donne in attesa sperimentano nausea e vomito, soprattutto al mattino. In
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questi casi, è bene evitare cibi grassi ed orientarsi su carboidrati (pasta, riso, toast, cereali). Pasti frequenti e piccoli sono meglio tollerati come pure le bevande tra i pasti piuttosto che durante questi. Alimenti fritti e speziati possono causare malessere. Un rimedio naturale efficace e sicuro è lo zenzero.
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E la stipsi? Anche la stipsi può essere un problema, a causa della ridotta motilità intestinale, caratteristica del secondo e terzo trimestre di gravidanza. Tutti gli alimenti ricchi di fibra, come ortaggi e frutta fresca, cereali e pane integrali, generoso consumo di liquidi e regolare attività fisica (moderata) aiutano. Anche i probiotici (fermenti lattici) concorrono a risolvere il problema, perché riequilibrano la flora intestinale. Per quanto riguarda i lassativi, si può ricorrere ai lassativi di massa (psillio), che si rigonfiano molto con acqua e producono una massa voluminosa che facilita il transito intestinale. Altri lassativi accettabili sono quelli a base di lattulosio, manna, prugna, tamarindo. Sconsigliati gli altri, a meno che sia il medico a prescriverli. Il fumo? Questo “vizio” fa sempre e comunque male. A maggior ragione va evitato in gravidanza, perché reca danni al nascituro. Infatti, le gestanti fumatrici sono a rischio di parto prematuro e danno alla luce figli con maggiore propensione al soprappeso ed obesità. Inoltre, generalmente le donne fumatrici non allattano, privando così il neonato di un prezioso ed unico alimento. Conclusione: bando al fumo (attivo e passivo) per la salute di mamma e figlio. Da ultimo, i farmaci! Le donne in attesa o che allattano devono essere caute nell’assumere farmaci e devono attenersi rigidamente alle indicazioni del medico. Infatti, solo poche medicine sono considerate sicure in gravidanza, per cui si ricorre al farmaco solo quando il beneficio per la gestante supera ogni possibile rischio per il nascituro. Questo vale anche per i farmaci vegetali o fitomedicine.
Guida per la scelta degli alimenti da consumare giornalmente Alimenti
Porzioni
Una porzione corrisponde a
Frutta
2-4
Un bicchiere di spremuta, una mela o arancia o pera o frutto di eguale misura.
Ortaggi
3-5
Una tazza di insalata, mezza tazza di altri vegetali cotti.
Pane, pasta, riso, cereali (poco raffinati)
6-8
Un panino, 3-4 crackers, 80 grammi di pasta o riso, una tazza di cereali da colazione.
Carni, pollame, pesce, uova, legumi secchi
3-4
50-80 grammi di carni magre, pollame, pesce, mezza tazza di legumi secchi cotti.
Latte, yogurt, formaggi
3-4
Una tazza di latte p.s., un vasetto di yogurt, 40 grammi di formaggio magro, una tazza di latte di soia fortificato con calcio.
Grassi e dolci
limitare
limitare
Bevande alcoliche
evitare
evitare
(verdure a foglia verde, vegetali di colore gialloarancio, legumi freschi)
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SPORTIVI AMATORIALI Classificazione delle attivitĂ sportive Le attivitĂ sportive si distinguono in prevalentemente anaerobiche (con consumo minimo di ossigeno), aerobiche (con elevato consumo di ossigeno) e anaerobiche/aerobiche alternate.
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Prevalentemente anaerobiche Corsa veloce Salto in lungo/in alto Lancio del disco/peso Prevalentemente aerobiche Corsa di fondo Ciclismo Nuoto Alternate (aerobiche/anaerobiche) Calcio Tennis Pallacanestro/Pallavolo
Le attività di breve durata e molto intense (come i 100 metri) si compiono attraverso l’utilizzo quasi esclusivo di “carburanti veloci” che vengono rapidamente consumati, come l’ATP e la creatina-fosfato. Le altre attività (di lunga durata, come la corsa di fondo, il ciclismo, il calcio, la pallacanestro…) possono solo in parte far affidamento su questi e devono fare ricorso a “carburanti” più duraturi. Tra questi, i principali sono i carboidrati, in particolare quelli complessi, cioè quelli formati da lunghe catene di singoli zuccheri semplici. Questi carboidrati (tipici del pane, pasta, riso, patate…) vengono scissi e assorbiti più lentamente degli zuccheri semplici (glucosio, lo zucchero da cucina, miele) ed il loro prodotto finale è il glicogeno, che viene immagazzinato nei muscoli e nel fegato. Il glicogeno è una importante riserva energetica, che viene consumata dall’attività fisica di durata. Quando questa riserva è esaurita, entrano in gioco i grassi. In altre parole, la fonte energetica passa progressivamente dal glicogeno (cioè, dai carboidrati) ai grassi. Da ultimo, rimangono le proteine; tuttavia, il loro utilizzo a fini energetici è dannoso, perché determina la perdita di proteine muscolari (già stressate dall’attività sportiva).
Qual è la dieta migliore per gli sportivi? Gli sportivi professionisti, dilettanti ed, in generale, le persone che svolgono attività fisica per mantenersi sani e snelli, hanno tutti bisogno degli stessi nutrienti. Il loro fabbisogno calorico, cioè le calorie da assumere giornalmente, dipende dall’età, dal peso corporeo, dal tipo di sport ed allenamento. In pratica, al fabbisogno calorico di base (pari al peso corporeo ideale X 25, cioè una persona di 65 kg ha un fabbisogno calorico di base di 65 X 25 = 1625 calorie) vanno aggiunte la calorie bruciate nel corso dell’ attività. Questo consumo aggiuntivo dipende sia dal tipo di attività che dalla durata della stessa. Per fare un esempio, la persona con peso di 65 kg che pratica nuoto per un’ora al giorno ha un fabbisogno complessivo di 1625 + 659 = 2284 calorie/giorno.
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Come vanno ripartite le calorie giornaliere al fine di ottimizzare le prestazioni sportive? Il 60% delle calorie giornaliere va coperto da carboidrati, presenti in cereali, pane, pasta, riso, prodotti da forno, vegetali; 25-30% da grassi (con preferenza per quelli vegetali) e la parte restante da proteine (carni, pesce, latte e derivati, legumi…). In pratica, la ripartizione giornaliera delle calorie può essere: 20% a colazione (spremuta di agrumi, o frutto di stagione; latte o yogurt o tè; pane tostato con poco miele o marmellata). 25-30% a pranzo (piatto unico a base di pasta o riso con legumi, oppure, una porzione di carne o pesce con pane; piatto di verdura mista; dolce senza crema/panna; acqua. 25-30% a cena (primo a base di pasta o riso asciutti o in brodo di verdure; secondo di carne o pesce oppure formaggio con contorno di verdure, pane; macedonia di frutta o crostata di frutta; acqua). 15-20% Spuntini di metà mattino e metà pomeriggio (frutta di stagione, barrette di cereali integrali, tè con biscotti secchi…
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Il lavoro e l’esercizio fisico si attuano attraverso la contrazione della muscolatura striata, che è dotata di un sistema di fosfati ad alta energia prontamente utilizzabile. L’ATP è la molecola fondamentale di questo meccanismo. La sua disponibilità nel muscolo è molto limitata e, pur essendo rigenerato grazie alla presenza della creatina fosfato, riesce a soddisfare solo attività di breve durata. Per la protrazione dello sforzo fisico, è necessario l’intervento di altre fonti energetiche (in primis, il glucosio e, poi gli acidi grassi). Questi provengono in gran parte dai siti di deposito. Il processo di ossidazione (cioè, di utilizzazione energetica) del glucosio può avvenire in presenza (aerobiosi) o in assenza di ossigeno (anaerobiosi). Nel primo caso, si formano anidride carbonica, acqua ed energia (38 unità di ATP per ciascuna unità di glucosio ossidato). Nel secondo caso, cioè in assenza di ossigeno, l’ossidazione del glucosio si ferma a lattato con formazione di sole 2 unità di ATP/unità di glucosio. In queste condizioni, oltre ad avere una ridotta resa energetica, si ha un altro inconveniente: si forma un composto (lattato), la cui presenza eccessiva interferisce con la contrazione muscolare. Gli acidi grassi (derivanti dai trigliceridi) entrano, al bisogno, nel ciclo di ossidazione e seguono sempre un percorso aerobico. La stessa cosa vale per gli amminoacidi, nel caso indesiderato che l’organismo faccia ricorso a loro, perché le altre fonti energetiche sono esaurite.
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Fluidi e sali L’attività sportiva richiede anche un adeguato apporto di fluidi e di sali. Questo vale in particolare per gli sport di lunga durata e che si svolgono in condizioni ambientali di temperatura elevata. In tali casi, è necessario ricorrere a bevande contenenti sali (sodio e potassio) ed anche piccole quantità di carboidrati. Nutrienti a possibile rischio di carenza Ferro (emoglobina del sangue, mioglobina dei muscoli), calcio (tessuto osseo, contrazione muscolare), vitamine B1, B2, B3, B6 (le vitamine dell’energia) ed antiossidanti possono essere a rischio. Una dieta adeguata ne garantisce gli apporti. Se necessario, si ricorre ad integratori specifici dei nutrienti carenti, sotto la guida di esperti.
Benefici dell’esecizio fisico regolare 342
Perdita di peso-l’aumento della massa muscolare conseguente all’esercizio fisico si accompagna ad un accresciuto dispendio energetico, cioè si bruciano più calorie. Rischio ridotto di diabete, malattie cardio-vascolari e ictus. Rischio ridotto di osteoporosi Migliore trattamento dell’ipertensione, diabete, dolore cronico e disturbi re-spiratori Accresciuto senso di benessere generale. MM Manore, Effects of physical activity on thiamine, riboflavin and vitamin B6 requirements, Am J Clin Nutr 2000 M; 72:598S. M Kovacs et al., Effects of high and low rates of fluid intake on post-exercise rehydratation, Int J Sport Nutr Exerc Metab 2002; 12:14. R Beitz et al., Dietary behaviour of German adults differing in levels of sport activity, Public Health Nutr 2004; 7:45. S Palazzetti et al., Antioxidant supplementation preserves antioxidant response in physical training, Brit J Nutr 2004; 91:91. AS Rousseau et al., Antioxidant vitamin status in high exposure to oxidative stress in competitive athletes, Brit J Nutr 2004; 92:461. TA Watson et al., Oxidative stress and antioxidants in athletes, Int J Sport Nutr Exerc Metab 2005; 15:131. W Asi et al., Exercise and functional foods, Nutr J 2006; 5:15. M Gleeson, Can nutrition limit exercise-induced immunodepression? Nutr Rev 2006; 64:113. www.crnusa.org
TERZA ETÀ: ESIGENZE NUTRIZIONALI SPECIFICHE Vitamina C Gli anziani a parità di introito di vitamina C degli adulti hanno livelli circolanti nel sangue più bassi. Questo dipende da un minor assorbimento intestinale e da una maggiore eliminazione renale. La vitamina C è importante per le difese organiche (antiossidante) e, quindi, gli anziani devono garantirsi un apporto adeguato consumando regolarmente frutta e verdura.
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Vitamina B6 Questa vitamina è importante per l’utilizzo metabolico degli amminoacidi, mattoni costituenti delle proteine. Purtroppo, gli anziani vanno incontro a carenze marginali (cioè, non tali da causare disturbi conclamati, ma comunque sfavorevoli) di questa vitamina. Banane, patate, pollo, tonno ne sono buone fonti.
Vitamina B9 (Folati) Come si invecchia, si è più esposti a malattie cardio-vascolari. Un fattore di rischio accertato è l’omocisteina, prodotto derivante dal metabolismo di un amminoacido (metionina) presente nelle proteine (carni, pesce, formaggi…). Eccessivi livelli plasmatici di omocisteina sono causa di restringimento ed indurimento delle arterie, cioè di complicazioni vascolari. La vitamina B9, insieme alle vitamine B6 e B12, impediscono questo evento. Gli anziani vanno incoraggiati ad aumentare l’apporto di questa terna “amica del cuore”. In particolare, per la vitamina B9, è consigliabile il consumo regolare di vegetali a foglia verde (spinaci, indivia, cicoria), cavoli di tipo diverso ed arance. Vitamina B12 Le persone oltre i 50 anni producono meno acido e pepsina a livello dello stomaco, cosicché meno vitamina B12 viene “estratta” dagli alimenti e, di conseguenza, ne viene anche assorbita meno (rispetto a persone più giovani). Questo non va bene. Infatti, la vitamina B12, oltre ad essere parte della terna amica del cuore, protegge le funzioni cerebrali. Tuorlo d’uovo (attenzione al colesterolo), fegato, carni, pesce, latticini sono buone fonti di vitamina B12. Vitamina D La capacità della cute umana di sintetizzare la vitamina D diminuisce con l’età. Per di più, gli anziani spesso non hanno occasioni ed opportunità per stare al sole, che è un fattore indispensabile per la sintesi della vitamina D. Pertanto, possono incorrere in carenza di questa vitamina con i risultanti effetti negativi sul tessuto osseo: la vitamina D è richiesta per l’assorbimento del calcio, che diventa più poroso e fragile (osteoporosi). Il contenuto in vitamina D degli alimenti è generalmente basso, tranne che per il salmone. Si deve quindi far ricorso ad alimenti fortificati, cioè addizionati di vitamina D (il latte) oppure è necessario promuoverne la sintesi da parte della cute grazie alla luce solare.
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Carotenoidi Due carotenoidi in particolare sono protettivi: la luteina e la zeaxantina. Questi ritardano il naturale processo di invecchiamento del cristallino (presbiopia) e, soprattutto, limitano il rischio di cataratta (cristallino opacizzato) e di degenerazione della macula, eventi questi più probabili nella vecchiaia.
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Dove si trovano questi due preziosi carotenoidi? Nei vegetali a foglia verde, come spinaci, prezzemolo, broccoli (fino a 10 mg/etto), cicoria, lattuga romana e nei vegetali di colore giallo-arancio, in particolare nel mais (anche quello dolce) e zucca, un pò meno in arance, mandarini, pesche e prugne. Da non dimenticare che questi vegetali contengono anche il carotenoide tipico delle carote, cioè il beta-carotene, che nell’organismo si trasforma in vitamina A, la quale aiuta a vedere nel buio. Una parola anche per il licopene, cioè quel carotenoide che rende rossi i pomodori, l’anguria, il pompelmo rosa. Oltre ad essere un forte antiossidante (spazza via i radicali liberi), riduce il rischio di alcune forme tumorali (prostata). Calcio Il calcio è un minerale fondamentale per ossa e denti ed è estremamente importante nella vecchiaia. Infatti, la fisiologica diminuzione di densità ossea (demineralizzazione) viene accelerata da un basso introito di calcio (e vitamina D) con il risultato di aumentare i rischi di fratture e perdita di denti. Inoltre, il calcio va assunto in quantità maggiori di quelle in età adulta, perché il suo assorbimento non è più così efficace. Fonti primarie di calcio sono latte e latticini. Per evitare di assumere troppi grassi saturi, il latte deve essere il più magro possibile (parzialmente scremato o scre-
mato); la stessa cosa vale per i formaggi, che devono essere anche poco salati e, soprattutto, vanno consumati come pasto e non fine pasto. Anche alcune acque minerali sono fonti discrete di calcio. Zinco Lo zinco è un altro minerale particolarmente importante per gli anziani. È un nutriente indispensabile per le funzioni cerebrali, perché regola i processi cognitivi e l’umore. Inoltre, è necessario per l’assorbimento della vitamina B9, per le funzioni della vitamina A (protezione della vista, della pelle) e per la formazione della matrice ossea. Infine, lo zinco ha un ruolo vitale nelle difese immunitarie, che sono fisiologicamente destinate a diminuire con il passare degli anni. Buone fonti di zinco sono il tacchino, il maiale, le sardine, i cereali integri, il germe di grano, i cereali integri e gli anacardi. Acidi grassi omega 3 (vedi Appendice II) Sono gli acidi presenti nel pesce (in particolare, il pesce azzurro), noci ed alcuni oli vegetali. Producono benefici diversi, ad iniziare da quelli sul sistema vascolare, in quanto riducono l’aggregazione piastrinica con risultante effetto antitrombotico e tengono sotto controllo i trigliceridi plasmatici. Sono precursori di mediatori antinfiammatori e contribuiscono a prevenire e/o alleviare alcune malattie croniche infiammatorie (ad esempio, l’artrite). Da ultimo, ma significativo, gli acidi omega 3 mantengono le presta-
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zioni cognitive nella terza età. Per garantire buoni e costanti livelli di questi preziosi acidi grassi nel nostro organismo è necessario consumare 2-3 porzioni settimanali di pesce, la cui tipologia può variare tra le seguenti: sgombri, sardine, acciughe, aringhe, salmone, trota, branzino. Una curiosità: il consumo di quattro noci al giorno, che forniscono circa 1,2 grammi di acido alfa-linolenico (un acido omega 3) induce un aumento dei livelli ematici non solo di questo acido, ma anche di EPA, altro acido omega 3. Questo aumento è paragonabile a quello che si ha dopo somministrazione di formulazioni farmaceutiche di omega 3.
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Batteri lattici Negli anziani è particolarmente importante mantenere una flora intestinale ben bilanciata! Una dieta inadeguata, lo stress, l’uso di antibiotici possono sbilanciare la flora intestinale a favore di batteri patogeni. È quindi importante inserire nella propria dieta un consumo regolare di batteri “amici”, cioè benefici per la salute umana. Tra questi batteri (chiamati probiotici, cioè per la vita), quelli lattici, come i vari lattobacilli e bifidobatteri, sono i più comuni e, già dalla nascita, sono nostri commensali, nel senso che sono presenti nel intestino (colon), dove svolgono importanti e salutari ruoli. In particolare, aumentano la capacità di “barriera” contro patogeni, ne impediscono l’insediamento e la crescita, ripiristinando così adeguati livelli di flora lattica intestinale, e stimolano il sistema immunitario. Quest’ultima proprietà è fondamentale per gli anziani, le cui difese immunitarie non sono più efficienti come da giovani (immunosenescenza)61.
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61. Con il progredire degli anni le difese immunitarie diminuiscono e, certamente, un sistema immunitario indebolito contribuisce a ridurre la resistenza nei confronti delle malattie. In particolare, funziona meno bene l’immunità innata, cioè quel complesso di meccanismi difensivi presenti nell’individuo fin dalla nascita e rappresentato dai fagociti, dalle cellule NK (Natural Killer), da diversi composti immunoregolatori. In breve, anche il sistema immunitario invecchia, e per questo si parla di immunosenescenza.
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Quali sono gli effetti immunostimolanti dei probiotici? Semplificando, fanno aumentare la produzione di anticorpi contro gli invasori esterni (antigeni), potenziano la capacità di cellule immunitarie coinvolte nell’inglobamento e distruzione (fagocitosi) degli invasori e tengono sotto controllo i processi infiammatori e infettivi. I probiotici sono utili per prevenire e trattare (in associazione con eventuali farmaci) alcuni disturbi gastro-intestinali, come diarrea cronica, dolore addominale e meteorismo (gonfiore addominale e flatulenza). Inoltre, i probiotici sono indicati per regolarizzare il transito intestinale, cioè limitano la stipsi, condizione questa che affligge numerose persone anziane. Nei soggetti intolleranti al lattosio (lo zucchero del latte) alleviano i sintomi di questa intolleranza. Come si possono assumere probiotici? Oggi i probiotici possono essere facilmente assunti tal quali (come integratori in forma di tavolette, polveri, capsule…) oppure sotto forma di alimenti probiotici, cioè alimenti (yogurt, bevande a base di latte o frutta…), che contengano particolari fermenti lattici, come il Lactobacillus acidophilus, il Lactobacillus casei, il Bifidobacterium longum62 etc.
62. Si tenga presente che lo yogurt normale viene ottenuto con due ceppi batterici, il Lactobacillus bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus, che hanno caratteristiche probiotiche più limitate.
APPENDICE I ALIMENTI FUNZIONALI
Composti Acidi grassi Monoinsaturi (oleico) Poli-insaturi (ALA)
Vengono definiti funzionali gli alimenti o loro componenti che possono offrire un particolare beneficio salutare oltre a quello nutrizionale. Questi alimenti si caratterizzano per la presenza di particolari composti ai quali sono attribuiti effetti fisiologici benefici. Nella tabella seguente sono riportati alcuni di questi composti, le loro fonti e gli effetti attribuiti.
Poli-insaturi (EPA-DHA) Carotenoidi Beta-carotene Licopene Luteina/zeaxantina Fenoli Acido caffeico, acido ferulico Fibre Beta-glucano Fitoestrogeni
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Isoflavoni M Jenab et al., Plasma and dietary carotenoids, retinol and tocopherol levels and risk of gastric carcinomas in the EPIC, Brit J Nutr 2006; 95:406. PG Pietta et al., Probiotici nella saluye e nella amlattia, GMR Editore, Verona 2006. I Rahman et al., Regulation of inflammation and redox signaling by dietary polyphenols, 2006; 72:1439. JB Huang et al., Dietary carotenoids and risk of breast cancer, Asia Pacif J Clin Nutr 2007;16:437S. M Zhang et al., Intake of specific carotenoids and the risk of epithelial ovarian cancer, Brit J Nutr 2007; 98:187. JC Espin et al., Nutraceuticals: Facts and fiction,Phytochemistry 2007; 68:2986.
Lignani Flavonoidi Antocianine Catechine Flavanoni Proantocianidine Isotiocianati, indoli Sulforafano, Indol-3-carbinolo Prebiotici/Probiotici Inulina, fruttooligosaccaridi Lactobacilli, Bifidobatteri Solfuri/Tioli Diallilsolfuri e analoghi
Fonti principali
Effetti benefici
Olio di oliva, frutta secca
Riducono il rischio di malattie cardiovascolari
Noci, semi di lino, rosa mosqueta Pesce Carote e frutti vari
Neutralizza i radicali liberi; provitamina A
Pomodori, anguria
Antiossidante
Cavoli, spinaci, mais, agrumi
Riducono il rischio di cataratta e degenerazione maculare
Mele, pere, agrumi
Neutralizzano i radicali liberi
Avena, segale, alcuni funghi
Controllano il quadro lipidico e glicemico
Soia, legumi secchi
Riducono i sintomi menopausali e il
353 rischio di osteoporosi Semi di lino, segale, frutti di bosco Frutti di bosco, ciliegie, uva nera, vino rosso
Antiossidanti, vasoprotettivi
Tè, vino rosso, mele, uva nera, cioccolato
Riducono il rischio di malattie cardiovascolari
Agrumi Mirtilli, fragole, cioccolato, mele Cavolfiori, broccoli, verza, rucola, rafano
Riducono il rischio di cancro allo stomaco
crescione Cereali integrali, porri, cipolle,
Favoriscono la funzione gastro-intestinale
carciofi, alcuni frutti Yogurt con fermenti vivi
Favoriscono le funzioni gastro-intestinale e immunitaria
Aglio, cipolle, porri
Proteggono il sistema cardio-vascolare
APPENDICE II CONSUMO DI ACIDI GRASSI OMEGA 3 E OMEGA 6 Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA), cioè i composti con due o più doppi legami, sono distinti in due serie principali in base alle loro caratteristiche chimiche e metaboliche: omega 6 (precursore l’acido linoleico o LA, 18:263 e il corrispondente PUFA a lunga catena acido arachidonico o AA, 20:4), omega 3 (precursore acido alfa-linolenico o ALA, 18:3 e i corrispondenti PUFA a lunga catena acido eicosapentaenoico o EPA, 20:5 e docosaesaenoico o DHA, 22:6).
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Gli acidi grassi della serie omega 6 (cioè, l’acido linoleico presente in quantità variabili in diversi oli vegetali come quelli di arachide, soia, mais…e l’acido arachidonico contenuto in diversi alimenti di origine animale come carni rosse e prodotti caseari) non sono carenti nella dieta odierna. Anzi, ne consumiamo più del necessario . Di fatto l’introito alimentare di LA è pari a più di 12 g/giorno su un totale di circa 100-120 g/giorno di acidi grassi totali ed anche quello di AA è alto. Al contrario, l’apporto complessivo di omega 3 è ridotto, meno di 2g/giorno per gli omega 3 totali e meno di 100-200 mg/giorno di DHA. Questo perché le fonti alimentari di ALA sono limitate, e quelle di EPA e DHA sono ristrette a pesci ed alcune alghe. Tutto ciò è un inconveniente. Infatti, la prevalenza degli omega 6 comporta una loro maggiore incorporazione nelle membrane cellulari, nei fosfolipidi e trigliceridi circolanti. Gli omega 6, essendo prevalenti, “vincono” la competizione con l’acido linolenico e l’acido eicosatetraenoico (anch’esso omega 3) nel fungere da substrati per enzimi metabolici co63. 18:2 sta ad indicare che l’acido è formato da 18 atomi di carbonio ed ha due doppi legami.
muni (delta- 5 e delta-6 desaturasi). Come risultato, viene favorita la produzione di acido arachidonico (AA), che è precursore di mediatori infiammatori, protrombotici ed aggreganti. Da qui la raccomandazione di limitare l’apporto di omega-6 e aumentare quello di omega-3. Simopoulos AP et al., Am J Clin Nutr 1999;70:560S-569S; Kris-Etherton PM et al., Am J Clin Nutr 2000; 71;179S-188S.
Con quali benefici? In particolare, è accertato che: bassi livelli plasmatici di omega 3 sono più predittivi di rischio cardiovascolare della stessa l’ipercolesterolemia; la riduzione dei trigliceridi e l’aumento di lipoproteine meno aterogene dipendono esclusivamente dalle quantità assunte di omega 3; il consumo di PUFA n-3 a lunga catena può abbassare il rischio di morte improvvisa indipendentemente dal consumo di base di PUFA n-6. (questo minore rischio è stato osservato anche con un modesto consumo di PUFA n3 (>250mg/giorno), pari a 1-2 porzioni di pesce grasso/settimana); il DHA, più dell’EPA, normalizza l’attività cardiaca ed ha effetti favorevoli sulle piastrine (antitrombotici) anche a dosi molto ridotte (200-400 mg/giorno) dopo brevi periodi di assunzione (sei settimane); l’ALA (cioè, l’intermedio omega 3 da vegetali) riduce il rischio quando il consumo di pesce grasso è basso (cosa abbastanza frequente), e ciò sempre indipendentemente dal consumo di PUFA n-6. Dato che gli omega-3 sono così importanti, come possiamo procuraceli? È evidente che il consumo frequente e regolare di pesce grasso è il modo migliore per procurarsi omega-3 a lunga catena. Tuttavia, garantirsi un costante apporto del loro precursore, cioè il linolenico, non è meno importante. I motivi sono diversi. In primo luogo, l’acido linolenico64 è di origine vegetale ed ha una struttura chimica (solo due doppi legami) che lo rende molto meno sensibile a processi ossi64. L’acido linolenico (ALA) è il capostipite della famiglia omega-3. È contenuto in grande quantità negli oli di semi di lino e di Perilla frutescens (fino al 60%). L’olio di Rosa mosqueta ne è una buona fonte, in quanto contiene circa il 36% di ALA, insieme al 44% circa di un altro acido grasso essenziale, cioè l’acido cis-linoleico (18:2n-6). Questa caratteristica di contenere più bassi livelli di ALA rispetto agli altri due oli, insieme alla presenza di antiossidanti naturali, come tocoferoli e carotenoidi, rende l’olio di rosa mosqueta più stabile e più indicato per la formulazione di integratori di omega 3.
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356 dativi dei corrispondenti derivati a lunga catena EPA e DHA. Questi sono per lo più di origine animale ed hanno 5 (EPA) o 6 (DHA) doppi legami, che rappresentano il bersaglio ideale dei radicali liberi. Come risultato, si formano potenziali pro-ossidanti, che possono provocare danni o, come minimo, esaurire le riserve di antiossidanti cellulari (come la vitamina E ed il glutatione) con danno per le funzioni cellulari. Infatti, sono disponibili evidenze che il consumo di EPA e DHA non sotto forma di pesce, ma di capsule di olio di pesce induce stress ossidativo, come evidenziato dall’aumento della formazione di un marker tipico della perossidazione lipidica, cioè la malondialdeide, e la diminuzione della vitamina E. Per questi motivi, è preferibile integrare la dieta (fatta salva l’opportunità di consumare pesce 2-3 volte alla settimana) con complementi a base di omega 3 a catena corta, come l’ALA, in quanto meno sensibile all’ossidazione. Nell’organismo l’ALA viene trasformato nell’acido poli-in-
357 saturo a lunga catena (eicosapentadienoico, EPA), che è un precursore delle prostaglandine della serie 3, dei leucotrieni della serie 5 e dei trombossani della serie 3. Tutti questi eicosanoidi hanno proprietà anti-infiammatorie ed anti-aterogene, e competono con la formazione di eicosanoidi (derivanti dall’acido arachidonico) pro-infiammatori, quali la prostaglandina PGE2 ed il leucotriene LTB4. Inoltre, l’ALA ed i suoi metaboliti, una volta incorporati nelle membrane cellulari, ne influenzano le caratteristiche di permeabilità e fluidità. L’ALA ha anche attività anti-aritmica idonea a prevenire arresto cardiaco in pazienti con ischemia cardiaca. Inoltre, si è riscontrato che l’ALA (associato a diete con basso contenuto di grassi totali, tra cui sono privilegiati gli omega 3) è un utile supporto in corso di infiammazioni acute e croniche. Questo effetto è attribuito alla capacità di influenzare la funzione immunitaria (diminuzione della proliferazione linfocitaria e della formazione di citochine pro-infiammatorie da parte dei linfociti e dei macrofagi…).
Processi infiammatori (colite), malattie auto-immuni (artrite reumatoide, lupus), infezioni (da ferite o da piaghe) traggono beneficio dal consumo di acidi omega-3, cioè di ALA. Non va dimenticato che l’ALA, quale precursore dell’EPA e del DHA, è specialmente importante per lo sviluppo del cervello65 e della retina.
Un’obiezione ragionevole nei confronti dell’ALA potrebbe essere che l’EPA ed il DHA sono più protettivi (in particolare, nei confronti delle malattie cardiovascolari). Questo è vero se questi due acidi sono assunti sotto forma di alimenti (cioè, consumando 2-3 porzioni di pesce grasso alla settimana) ed in persone con dieta complessiva attenta, cioè normocalorica, con ripartizione corretta dei macronutrienti, ricca di vegetali e non sono sedentarie.
358 Altro è invece assumere capsule di olio di pesce! Questo, oltre ad avere caratteristiche sensoriali sgradevoli ed essere eventuale fonte di contaminanti (PCB, DDT, diossina), apporta EPA e DHA in forma concentrata, facendo così aumentare il rischio di stress ossidativo dovuto alla formazione di potenziali pro-ossidanti. Altro mito da sfatare è quello relativo alla conversione dell’acido linolenico in EPA e DHA nell’organismo umano. Contrariamente a quanto si riteneva, l’acido linolenico viene trasformato gradualmente nell’organismo in EPA e DHA. Quindi, questi acidi sono comunque resi disponibili anche a partire da una fonte vegetale di acido linolenico.
65. Il cervello è un organo ricco di lipidi (fosfolipidi, sfingolipidi, gangliosidi…), i cui componenti principali sono acidi grassi poli-insaturi a lunga catena (in particolare, il DHA derivante dall’acido alfa-linolenico). È dimostrato che diete carenti di acidi omega 3 portano a disturbi della funzione neurale, con effetti sul comportamento, sull’umore e sulla personalità (impulsività, ostilità…).
Ma l’aspetto più rilevante è un altro. Infatti, l’ALA possiede proprietà salutari proprie, cioè che prescindono dall’essere precursore di EPA e DHA. In particolare ha effetti protettivi che si manifestano più marcatamente proprio nelle persone carenti di EPA e DHA (cioè, gran parte della popolazione, che normalmente consuma poco pesce). Aumento della concentrazione plasmatica di colesterolo-HDL (buono) e dell’attività della LCAT (lecitin-colesterol-acil-transferase, enzima preposto alla rimozione del colesterolo dai tessuti sotto forma di HDL). Questo corrisponde a un minor rischio cardiovascolare. Riduzione della pressione arteriosa. Diminuzione dei markers infiammatori: l’acido linolenico inibisce la produzione delle citochine pro-infiammatorie IL-6, IL-1beta e TNF-alpha e la conseguente espressione delle molecole di adesione cellulare che sono responsabili della disfunzione dell’endotelio vascolare. Diminuzione della proteina C-reattiva (CRP, marker predittivo di infiammazione sistemica, evento associato all’aterosclerosi). Riduzione del rischio che una situazione di sindrome metabolica (cioè, elevati colesterolo totale e colesterolo-LDL, obesità, resistenza all’insulina, ipertensione, stress ossidativo e infiammazione cronica) evolva in diabete tipo 2 conclamato. Riduzione delle lipoproteine contenenti le apolipoproteine B e C (LpB:C) coinvolte nelle malattie vascolari. Protezione del tessuto osseo osseo. PG Pietta et al., Vitamine e fitocomposti per una salute ottimale, CIERRE Edizioni 2002. LS Rallidis et al., Dietary alpha linolenic acid decreases C-reactive protein, serum amyloid A and IL-6 in dyslipidemic patients, Atherosclerosis 2003; 167:237-242. MM Storelli et al., Polychlorinated biphenls, hexachlorobenzene, hexachlorocyclohexane isomers , and pesticides organon chlorine residues in cod liver oil dietary supplements, J Food Prot 2004; 343:83. G Zhao et al., Dietary alpha-linolenic acid reduces inflammatory and lipid cardiovascular risk factors in hypercholesterolemic men and women, J Nutr 2004; 134:2991-2997. PG Pietta, Sistema immunitario & Acidi grassi, La Compagnia della Stampa-Massetti Rodella Editori, 2005. PL Goyens et al., Conversion of alpha-linolenic acid in humans is influenced by the absolute amount of alpha-linolenic and linoleic acid in the diet and not by their ratio, Am J Clin Nutr 2006; 84:44-53. PL Goyens et al., Effects of alpha-linolenic acid versus those of EPA/DHA on cardiovascular risk markers in healthy elderly subjects, Eur J Clin Nutr 2006; 60:978-984. L Djoussé et al., Influence of saturated fat and linolenic acid on the association betwen intake of dairy products and blood pressure, Hypertension 2006; 48:335-341. C Harper et al., Alpha-linolenic acid increases the plasma concentrations of EPA and DHA in humans, J Nutr 2006; 136:83-87. YA Liou et al., Decreasing linoleic acid with constant alpha-linolenic acid increases EPA in plasma phospholipids in healthy men, J Nutr 2007; 137:945-952. S Egert et al., Influence of three monounsaturated fatty acid-rich diets fortified with alpha-linolenic
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CERTIFICAZIONE ISO 9001
Indice analitico
a Acidi biliari 39, 40, 104, 150, 217, 244, 246, 365 Acidi ellagici 51, 365 Acidi grassi 19, 25, 36, 37, 38, 41, 42, 70, 78, 82, 117, 138, 140, 142, 153, 155, 162, 183, 212, 216, 242, 245, 248, 252, 254, 261, 267, 307, 313, 314, 341, 347, 348, 352, 354, 358, 359, 365 Acidi linoleici coniugati 170, 365 Acido alfa-linolenico (ALA) 38, 52, 355, 365 Acido arachidonico 38, 141, 354, 355, 357, 365 Acido ascorbico 46, 365 Acido folico 44, 46, 48, 64, 91, 98, 135, 184, 186, 197, 200, 216, 222, 223, 265, 332, 365 Acido glutammico 122, 365 Acido linoleico 37, 38, 42, 243, 354, 365 Acido oleico 36, 37, 41, 42, 82, 106, 141, 143, 215, 365 Acidosi 11, 16, 34, 177, 178, 251, 365 Acqua 15, 16, 28, 34, 45, 50, 64, 66, 67, 69, 70, 79, 84, 85, 89, 90, 96, 97, 106, 107, 126, 144, 146, 147, 150, 153, 154, 155, 158, 160, 176, 202, 208, 213, 214, 220, 226, 227, 229, 233, 244, 261, 271, 283, 305, 310, 312, 319, 324, 333, 336, 340, 341, 365, 379 Adattogene 315, 365 Adolescenti 11, 19, 48, 57, 197, 209, 321, 322, 324, 325, 365 Aglio 51, 53, 64, 108, 184, 208, 242, 352, 365 Agrumi 15, 41, 46, 51, 67, 68, 91, 128, 177, 180, 200, 225, 231, 258, 311, 340, 352, 365 Albicocche 15, 41, 46, 67, 69, 94, 126, 206, 227, 258, 324, 365 Alcol 13, 16, 28, 49, 54, 55, 57, 175, 176, 177, 178, 186, 239, 266, 278, 283, 286, 290, 335, 365 Alfa-carotene 104, 365 Allergie stagionali 16, 182, 365 Allergie/intolleranze alimentari 9, 16, 179, 365 Aloe 18, 234, 303, 304, 307, 365 Altea 226, 234, 312, 365 Alveare 18, 58, 287, 365 Amari 102, 218, 219, 365 Amido 33, 34, 64, 68, 70, 95, 96, 144, 146, 147, 148, 149, 195, 226, 227, 245, 252, 322, 323, 324, 365 Amminoacidi 35, 71, 73, 114, 116, 146, 153, 177, 245, 246, 251, 287, 304, 341, 344, 365 Ananas 15, 95, 180, 206, 264, 365 Anemia 50, 176, 194, 197, 216, 222, 325, 331, 365 Anguria 15, 52, 136, 137, 158, 181, 346, 352, 365 Anice 58, 110, 201, 202, 218, 220, 311, 318, 365 Anidride solforosa 69, 94, 181, 365 Antiossidanti 11, 17, 27, 41, 46, 52, 53, 58, 64, 67, 70, 91, 97, 100, 105, 106, 108, 109, 110, 112, 120, 128, 130, 134, 141, 149, 156, 166, 181, 192, 211, 212, 224, 225, 231, 239, 257, 258, 265, 274, 276, 278, 284, 285, 286, 288, 293, 299, 300, 316, 342, 352, 355, 356, 365
365
Antocianine 51, 105, 108, 120, 130, 135, 160, 169, 276, 290, 352, 365 Anziani 11, 48, 54, 57, 79, 82, 86, 89, 100, 105, 176, 237, 238, 242, 296, 344, 345, 347, 349, 365 Arachidi 25, 37, 46, 51, 138, 139, 179, 227, 238, 245, 276, 332, 365 Arance 51, 67, 91, 105, 193, 222, 225, 227, 253, 286, 306, 332, 345, 346, 365 Articolazioni 90, 186, 318, 365 Artrite 95, 143, 155, 300, 347, 358, 365 Asma 155, 183, 316, 365 Asparagi 16, 46, 53, 64, 184, 227, 365 Aterosclerosi 41, 48, 53, 99, 133, 166, 276, 284, 359, 366 Attività sportive 338, 366 Avena 40, 41, 70, 71, 122, 144, 180, 194, 195, 197, 227, 231, 243, 244, 322, 352, 366
b 366
Bambini 11, 19, 86, 163, 183, 228, 241, 250, 267, 275, 281, 287, 306, 316, 319, 321, 322, 366 Banane 15, 67, 69, 96, 181, 222, 230, 235, 272, 344, 366 Basilico 110, 181, 202, 213, 366 Batteri lattici 149, 171, 270, 349, 366 Beta-carotene 65, 67, 91, 92, 94, 97, 104, 105, 114, 123, 126, 128, 135, 136, 146, 149, 150, 151, 152, 156, 158, 161, 164, 172, 173, 184, 193, 258, 284, 286, 324, 334, 346, 352, 366 Beta-glucani 226, 227, 366 Beta-sitosterolo 173, 230, 366 Bifidobatteri 228, 270, 349, 352, 366 Biotina 44, 366 Birra 16, 28, 42, 46, 175, 180, 186, 187, 223, 225, 247, 254, 276, 366 Bollicine “Franciacorta” 16, 188, 366 Boro 160, 366 Bossolà 366 Broccoli 15, 46, 53, 64, 97, 98, 193, 203, 204, 225, 227, 272, 346, 352, 366 Bromelina 95, 366
c Caffè 15, 99, 100, 101, 106, 166, 195, 208, 232, 247, 268, 269, 318, 331, 334, 335, 366 Caffeina 99, 100, 106, 166, 167, 191, 208, 249, 315, 316, 334, 366 Calcio 13, 16, 24, 25, 28, 46, 48, 50, 54, 57, 64, 67, 71, 78, 81, 82, 90, 91, 92, 104, 115, 116, 118, 123, 124, 139, 144, 164, 170, 177, 190, 191, 194, 197, 208, 216, 224, 228, 231, 240, 241, 243, 246, 251, 267, 269, 272, 294, 304, 323, 325, 330, 334, 337, 338, 339, 342, 345, 346, 347, 366
Calendula 18, 305, 307, 366 Calorie 11, 26, 27, 29, 32, 33, 38, 42, 44, 63, 64, 68, 69, 74, 76, 78, 79, 81, 82, 83, 92, 94, 95, 96, 97, 102, 104, 105, 106, 108, 113, 114, 115, 118, 120, 121, 122, 124, 128, 129, 130, 135, 136, 137, 138, 139, 142, 144, 146, 147, 149, 151, 152, 156, 158, 162, 163, 164, 165, 166, 169, 171, 173, 184, 206, 209, 212, 215, 221, 224, 252, 253, 254, 259, 260, 261, 264, 268, 269, 281, 282, 321, 324, 329, 330, 335, 339, 340, 342, 366 Camomilla 18, 58, 103, 201, 202, 232, 233, 306, 307, 366 Cannella 210, 252, 254, 366 Capsaicina 150, 152, 234, 366 Captopril 184, 366 Carboidrati 11, 13, 24, 25, 26, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 42, 43, 44, 47, 63, 64, 70, 71, 74, 83, 89, 94, 95, 96, 97, 102, 104, 105, 106, 108, 113, 114, 115, 122, 128, 129, 130, 135, 137, 139, 140, 142, 144, 146, 147, 149, 151, 152, 156, 158, 162, 164, 165, 169, 171, 173, 177, 184, 194, 201, 205, 206, 209, 212, 214, 216, 217, 221, 224, 226, 235, 236, 237, 245, 252, 259, 268, 283, 324, 336, 339, 340, 342, 366 Carciofo 15, 58, 102, 103, 206, 218, 227, 366 Cardo 103, 366 Carenze 25, 49, 54, 55, 275, 321, 344, 366 Carico glicemico 236, 366 Cariosside 70, 366 Carminative 92, 111, 112, 201, 318, 366 Carni 11, 14, 25, 26, 35, 36, 39, 42, 43, 46, 73, 75, 76, 78, 81, 83, 84, 85, 95, 112, 138, 142, 153, 157, 165, 177, 181, 194, 195, 200, 205, 206, 208, 209, 211, 213, 216, 217, 232, 239, 243, 245, 247, 261, 274, 323, 325, 329, 331, 332, 337, 340, 345, 354, 366, 379 Carote 15, 16, 41, 46, 51, 64, 104, 184, 185, 193, 227, 229, 231, 235, 258, 324, 334, 346, 352, 367 Carotenoidi 16, 24, 27, 36, 44, 46, 51, 52, 53, 56, 64, 65, 67, 69, 83, 92, 94, 97, 104, 114, 120, 123, 126, 129, 138, 147, 158, 159, 161, 164, 172, 185, 192, 193, 216, 225, 239, 257, 258, 265, 274, 278, 284, 286, 293, 305, 307, 324, 346, 352, 355, 367 Cataratta 128, 172, 193, 285, 346, 352, 367 Catechine 51, 105, 106, 107, 127, 166, 169, 276, 290, 352, 367 Cavolo 51, 97, 203, 367 Cefalea 247, 248, 367 Celiachia 17, 194, 197, 367 Cellulite 9, 17, 198, 200, 367 Cereali 11, 14, 17, 24, 25, 33, 34, 35, 41, 42, 43, 44, 46, 51, 52, 70, 71, 74, 76, 81, 113, 140, 146, 157, 177, 191, 194, 195, 197, 198, 205, 206, 208, 209, 211, 212, 213, 216, 217, 222, 223, 226, 227, 228, 229, 231, 236, 238, 239, 242, 243, 244, 245, 247, 261, 262, 264, 266, 269, 272, 274, 278, 290, 322, 324, 325, 329, 330, 331, 332, 336, 337, 340, 347, 352, 367 Ciliegie 15, 51, 105, 206, 250, 352, 367 Cioccolato 15, 51, 99, 106, 107, 180, 181, 195, 208, 252, 253, 334, 352, 367 Cipolle 15, 51, 64, 105, 108, 109, 225, 227, 352, 367 Circonferenza addominale 281, 367 Colagoghi 218, 367 Colazione 17, 27, 34, 92, 194, 206, 208, 212, 223, 228, 243, 244, 252, 261, 262, 264, 268, 269, 322, 330, 332, 337, 340, 367, 373 Coleretici 218, 367 Colesterolo 11, 13, 25, 26, 27, 31, 34, 35, 36, 37, 39, 40, 41, 44, 52, 63, 68, 70, 74, 76, 78, 79, 82, 83, 91, 92, 94, 95, 96, 97, 99, 100, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 112, 113, 114, 115, 116, 118, 122, 124, 126, 127, 128, 129, 130, 132, 137, 138, 139, 141, 142, 147, 150,
367
151, 152, 156, 158, 159, 162, 163, 164, 165, 169, 171, 173, 191, 206, 210, 216, 224, 227, 230, 231, 239, 240, 242, 243, 244, 245, 246, 252, 254, 260, 261, 265, 267, 274, 278, 290, 291, 331, 345, 359, 367 Colesterolo-HDL 40, 107, 159, 171, 278, 290, 359, 367 Colesterolo-LDL 40, 107, 112, 132, 163, 230, 246, 290, 291, 359, 367 Colon irritabile 18, 103, 271, 280, 367 Composti solforati 51, 53, 109, 203, 228, 367 Controllo del peso 135, 209, 214, 227, 245, 282, 300, 334, 367 Cosmetici 18, 307, 367 Criptoxantina 92, 126, 152, 367 Cromo 50, 209, 367 CRP 359, 367 Crucifere 17, 64, 97, 98, 203, 367 Crusca 70, 144, 229, 244, 367 Curcuma 18, 218, 298, 299, 300, 307, 367
d 368
DDT 79, 358, 367 Degenerazione maculare 52, 128, 172, 193, 285, 367 Denti 32, 44, 90, 109, 190, 346, 367 Dermatite 157, 271, 367 DHT 242, 367 Diabete 9, 11, 17, 27, 49, 54, 86, 99, 100, 116, 135, 177, 192, 205, 206, 208, 209, 210, 212, 237, 260, 267, 278, 281, 284, 300, 322, 342, 359, 367 Diarrea 46, 82, 147, 157, 179, 229, 271, 280, 350, 367 Dieta mediterranea 17, 23, 24, 43, 140, 141, 143, 211, 212, 215, 225, 266, 282, 367 Dieta varia 13, 23, 24, 35, 48, 55, 57, 73, 277, 315, 367 Diete 17, 23, 25, 91, 177, 191, 209, 211, 214, 215, 216, 227, 242, 251, 259, 334, 357, 358, 367 Digestione 39, 89, 92, 96, 102, 103, 111, 144, 150, 176, 178, 201, 205, 217, 218, 299, 317, 318, 367 Diossino 367 Dispepsia 17, 103, 217, 219, 220, 298, 367 Distribuzione calorica 13, 42, 367 Disturbi digestivi 9, 299, 368 Dolci 13, 17, 27, 33, 46, 96, 120, 152, 209, 213, 221, 239, 252, 254, 261, 324, 333, 337, 368 Dolcificanti artificiali 17, 221, 334, 335, 368 Dolori articolari 311, 317, 318, 368 Donna in etĂ fertile 17, 186, 222, 368
e Emicrania 106, 221, 247, 248, 368 Emoglobina 50, 73, 75, 186, 224, 293, 342, 368 Energia 13, 31, 32, 44, 47, 49, 50, 63, 73, 91, 114, 144, 160, 205, 224, 237, 238, 254, 259, 283, 287, 293, 322, 325, 341, 342, 368 Erbe aromatiche 15, 27, 110, 112, 148, 195, 208, 212, 213, 231, 240, 284, 368 Esercizio fisico 13, 17, 29, 39, 42, 57, 177, 210, 212, 224, 245, 251, 266, 280, 341, 342, 368 Estrogeni 190, 251, 272, 276, 368
f Fagioli 15, 34, 41, 42, 46, 51, 64, 71, 113, 114, 115, 140, 177, 201, 212, 227, 229, 230, 242, 245, 272, 323, 368 Falcarinolo 185, 368 Farmaci 58, 92, 150, 176, 183, 184, 187, 217, 229, 232, 242, 251, 283, 319, 336, 350, 368 Fenoli 110, 112, 352, 368 Fermenti lattici 220, 269, 336, 350, 368 Ferro 18, 24, 25, 46, 47, 48, 50, 54, 57, 64, 67, 71, 73, 74, 78, 91, 94, 97, 102, 104, 106, 113, 114, 115, 122, 123, 124, 139, 144, 147, 152, 153, 158, 159, 162, 164, 165, 172, 173, 184, 194, 197, 216, 224, 243, 246, 293, 294, 315, 323, 325, 329, 330, 331, 334, 342, 368 Fibre 17, 24, 25, 33, 34, 41, 75, 108, 128, 147, 160, 161, 201, 209, 226, 227, 228, 229, 231, 243, 246, 259, 265, 266, 294, 306, 352, 368 Fichi 53, 68, 69, 138, 227, 253, 262, 264, 368 Finocchio 53, 111, 154, 181, 201, 202, 218, 220, 311, 318, 368 Fitocomposti 9, 11, 14, 24, 33, 43, 51, 52, 57, 59, 64, 106, 110, 112, 114, 123, 147, 162, 185, 186, 209, 214, 228, 229, 242, 258, 264, 265, 269, 274, 285, 286, 321, 322, 323, 329, 359, 368 Fitoestrogeni 114, 242, 272, 352, 368 Fitosteroli 17, 24, 39, 51, 114, 139, 173, 228, 230, 246, 265, 368 Flavonoidi 27, 53, 102, 105, 108, 109, 111, 123, 158, 161, 166, 167, 183, 200, 228, 233, 258, 284, 285, 286, 288, 305, 306, 309, 352, 368 Fluoro 90, 109, 368 Folati 24, 222, 245, 321, 332, 345, 365, 368 Formaggi 15, 17, 26, 27, 36, 41, 43, 78, 81, 82, 83, 84, 116, 117, 118, 138, 142, 157, 177, 180, 181, 189, 191, 195, 200, 208, 211, 212, 217, 231, 239, 240, 242, 245, 247, 261, 290, 323, 329, 337, 345, 347, 368 Fosforo 78, 153, 190, 246, 251, 368 Fragole 46, 120, 121, 179, 180, 206, 209, 258, 352, 368 Frutta 11, 13, 14, 17, 18, 24, 25, 27, 28, 33, 38, 40, 41, 43, 44, 45, 46, 50, 52, 54, 63, 65, 66, 67, 68, 69, 124, 128, 138, 139, 140, 159, 160, 168, 169, 177, 181, 191, 193, 195, 198, 205, 206, 208, 209, 211, 212, 213, 216, 217, 222, 223, 225, 226, 228, 230, 231, 236, 239, 240, 242, 243, 247, 251, 252, 253, 254, 261, 262, 264, 265, 268, 269, 274, 278, 284, 285, 286, 294, 296, 321, 322, 324, 325, 326, 329, 330, 331, 336, 337, 340, 344, 350, 352, 368
369
Frutti di bosco 15, 41, 51, 53, 67, 105, 120, 200, 209, 225, 258, 264, 272, 352, 368 Frutto-oligosaccaridi 226, 227, 228, 368 Fumo 39, 49, 55, 57, 100, 101, 177, 178, 192, 200, 212, 232, 239, 245, 251, 266, 274, 275, 278, 283, 286, 311, 336, 368 Funghi 15, 53, 66, 122, 181, 195, 352, 368
g
370
GALT 270, 271, 369 Gas intestinali 17, 201, 218, 369 Gastrite 17, 178, 232, 300, 369 Glicemia 132, 160, 208, 209, 235, 236, 300, 369 Globuli rossi 44, 46, 222, 293, 369 Glucosinolati 24, 53, 97, 98, 203, 204, 265, 369 Glucosio 27, 33, 34, 67, 68, 70, 82, 91, 92, 96, 126, 129, 130, 135, 142, 146, 147, 158, 160, 169, 184, 186, 205, 208, 209, 210, 219, 221, 227, 235, 236, 244, 248, 253, 339, 341, 369 Glutatione 132, 133, 153, 184, 192, 257, 285, 356, 369 Glutine 180, 187, 194, 195, 197, 369 Grassi insaturi 26, 37, 38, 138, 173, 216, 245, 254, 369 Gravidanza 49, 54, 57, 116, 176, 183, 191, 194, 197, 222, 223, 232, 233, 234, 298, 319, 328, 329, 330, 331, 332, 333, 334, 335, 336, 369 Gruppi di alimenti 24, 369
h HDL 39, 40, 107, 141, 159, 171, 224, 229, 246, 278, 290, 291, 359, 367, 369 Helicobacter pylori 171, 217, 232, 298, 300, 309, 369 Herpes labiale 18, 308, 369
i Ictus 80, 206, 212, 260, 342, 369 Idrossitirosolo 51, 141, 291, 369 IgA 271, 369 IL-1 134, 369 IL-6 359, 369 Indice di massa corporea 216, 260, 281, 369
Indice glicemico 17, 35, 147, 235, 236, 369 Indivia 123, 124, 345, 369 Indoli 352, 369 Infarto 96, 369 Insalate verdi 15, 41, 123, 369 Insonnia 49, 99, 316, 317, 318, 369 Insulina 33, 35, 79, 136, 142, 149, 177, 186, 205, 209, 210, 221, 236, 237, 240, 278, 288, 290, 359, 369, 373 Integratori 14, 35, 46, 55, 56, 57, 58, 59, 178, 191, 209, 225, 247, 329, 330, 331, 332, 334, 342, 350, 355, 370 Integrazione 55, 209, 257, 258, 286, 314, 330, 331, 334, 335, 370 Intossicazioni alimentari 15, 84, 86, 370 Invecchiamento 9, 17, 52, 54, 108, 159, 192, 193, 237, 250, 257, 284, 285, 286, 290, 293, 300, 304, 307, 316, 346, 370 Iodio 78, 82, 153, 216, 332, 370 Ipercolesterolemia 230, 355, 370 Ipertensione 9, 11, 17, 107, 116, 237, 239, 241, 260, 278, 281, 284, 309, 316, 342, 359, 370 Ipertrigliceridemia 278, 370 Ipertrofia prostatica benigna 17, 65, 230, 242, 370 Isoflavoni 24, 51, 162, 163, 246, 272, 276, 352, 370 Isotiocianati 203, 352, 370 Istamina 179, 180, 183, 247, 370
371
j Jet lag 249, 250, 370
k Kaki 15, 52, 126, 127, 227, 370 Kiwi 15, 46, 53, 67, 128, 181, 222, 225, 258, 370
l Lamponi 120, 121, 209, 227, 370 Lattasi 82, 180, 370
Latte 11, 14, 17, 25, 26, 28, 33, 35, 36, 41, 42, 44, 46, 50, 71, 81, 82, 84, 85, 106, 116, 117, 150, 157, 162, 163, 170, 171, 179, 180, 201, 208, 213, 216, 235, 236, 247, 261, 262, 267, 268, 269, 272, 294, 295, 296, 323, 324, 325, 329, 330, 331, 333, 334, 337, 340, 345, 346, 350, 370 Latte di capra 17, 267, 370 Lattosio 33, 82, 162, 170, 171, 180, 191, 201, 271, 280, 330, 350, 370 Lattuga 123, 124, 193, 229, 230, 346, 370 LCAT 359, 370 Lecitina 36, 162, 163, 370 Legumi 17, 24, 26, 33, 35, 40, 41, 46, 51, 63, 71, 74, 76, 113, 114, 140, 162, 177, 191, 195, 201, 202, 205, 206, 208, 209, 211, 212, 216, 217, 222, 225, 227, 228, 229, 236, 240, 242, 245, 246, 248, 261, 262, 264, 265, 272, 276, 322, 323, 325, 329, 331, 332, 337, 340, 352, 370 Licopene 52, 92, 136, 158, 159, 242, 284, 285, 346, 352, 370 Lignani 51, 120, 141, 228, 243, 272, 352, 370 Lipidi 36, 92, 133, 150, 153, 257, 267, 358, 371 Liquidi 13, 27, 28, 37, 45, 89, 90, 198, 214, 259, 309, 319, 333, 336, 371 Liquirizia 18, 58, 232, 308, 309, 310, 371 Lisina 71, 81, 146, 245, 371 LPB 359, 370 LTB4 357, 371 Luteina 65, 83, 92, 97, 104, 114, 123, 128, 147, 161, 164, 172, 192, 193, 204, 284, 285, 346, 352, 371
372
m Maggiorana 111, 112, 154, 202, 231, 371 Magnesio 17, 24, 50, 53, 54, 67, 71, 102, 113, 114, 115, 128, 138, 139, 144, 153, 162, 164, 173, 209, 216, 224, 228, 237, 238, 239, 240, 243, 247, 251, 265, 267, 304, 315, 371 Mais 37, 70, 157, 193, 194, 195, 197, 222, 223, 230, 322, 346, 352, 354, 371 Mal di testa 17, 46, 106, 147, 247, 248, 311, 371 Malattie croniche 54, 56, 108, 275, 285, 347, 371 Mali della stagione fredda 18, 311 Malva 226, 227, 234, 312, 371 Mandorle 25, 138, 139, 222, 227, 238, 240, 253, 254, 258, 307, 325, 371 Mediatori infiammatori 133, 143, 179, 180, 200, 248, 355, 371 Megadosi 56, 225, 371 Mela 17, 53, 126, 127, 129, 181, 206, 235, 264, 265, 266, 306, 337, 371 Melagrana 15, 130, 132, 133, 134, 371 Melanzana 15, 135, 371 Melatonina 17, 236, 249, 250, 371 Melissa 220, 232, 233, 308, 318, 319, 371 Melone 15, 52, 95, 126, 136, 178, 181, 206, 222, 264, 324, 371 Menopausa 28, 49, 57, 82, 163, 186, 190, 191, 251, 272, 291, 296, 371 Menta 58, 111, 201, 202, 218, 220, 248, 311, 319, 371
Metabolismo 46, 47, 127, 184, 204, 205, 208, 224, 227, 259, 267, 270, 278, 345, 371 Microbiotica 371 Miele 18, 33, 126, 195, 236, 253, 254, 268, 269, 287, 339, 340, 371 Minerali 9, 11, 14, 25, 31, 32, 33, 34, 43, 44, 48, 49, 50, 52, 54, 55, 56, 57, 63, 64, 67, 69, 70, 78, 90, 97, 106, 109, 114, 122, 127, 138, 140, 144, 147, 156, 160, 162, 164, 165, 169, 209, 212, 214, 223, 224, 228, 229, 242, 243, 264, 265, 267, 269, 274, 287, 304, 321, 322, 323, 324, 329, 330, 347, 371 Mioglobina 50, 75, 293, 342, 371 Mirtillo 52, 58, 67, 120, 307, 371 Mirto 311, 371 More 120, 121, 197, 371 Mucillagini 184, 226, 227, 234, 311, 312, 371 Muscolo 75, 198, 214, 224, 242, 248, 318, 341, 371
n Nausea 46, 103, 150, 217, 233, 247, 298, 317, 318, 335, 371 Nocciole 25, 138, 139, 227, 253, 371 Noci 15, 25, 38, 41, 51, 138, 139, 213, 222, 223, 227, 238, 239, 240, 247, 248, 250, 253, 258, 262, 264, 272, 329, 332, 347, 348, 352, 371
o ObesitĂ 7, 9, 18, 36, 39, 140, 171, 205, 209, 212, 216, 242, 259, 260, 275, 278, 281, 321, 336, 359, 372 Oleuropeina 51, 141, 372 Oli essenziali 92, 201, 202, 288, 311, 372 Oligoelementi 24, 25, 50, 90, 109, 139, 214, 258, 284, 287, 304, 316, 372 Olio di pesce 79, 80, 356, 358, 372 Olio extra vergine di oliva 16, 26, 37, 38, 40, 41, 43, 51, 104, 135, 140, 141, 142, 143, 164, 200, 217, 231, 261, 323, 324, 372 Omocisteina 47, 82, 99, 100, 184, 186, 216, 222, 246, 345, 372 Origano 111, 213, 231, 372 Orizanoli 230, 372 Ossa 32, 44, 46, 47, 50, 89, 90, 109, 172, 190, 224, 293, 346, 372 Ossigeno 52, 68, 75, 84, 141, 224, 270, 283, 284, 291, 293, 338, 341, 372 Osteoporosi 17, 25, 160, 163, 194, 197, 212, 216, 238, 251, 272, 342, 345, 352, 372
373
p
374
Pandoro 17, 252, 253, 372 Pane 16, 24, 27, 34, 42, 81, 140, 144, 146, 147, 194, 205, 206, 208, 211, 212, 213, 228, 230, 231, 235, 236, 240, 243, 244, 252, 262, 268, 269, 322, 332, 336, 337, 339, 340, 372 Panettone 17, 252, 253, 254, 372 Pappa reale 287, 372 Pasta 16, 24, 34, 42, 71, 117, 135, 140, 144, 146, 158, 159, 178, 191, 194, 205, 206, 208, 212, 213, 236, 244, 245, 252, 253, 262, 298, 322, 332, 336, 337, 339, 340, 372 Patata 16, 147, 149, 206, 209, 372 Patata dolce 16, 149, 209, 372 PCB 79, 358, 372 Pectina 68, 92, 96, 105, 126, 129, 160, 184, 265, 372 Pelle 17, 26, 44, 46, 47, 49, 74, 76, 78, 85, 90, 104, 165, 186, 198, 257, 258, 272, 293, 295, 296, 298, 304, 305, 306, 307, 308, 310, 316, 324, 326, 330, 347, 372 Peperoncino 16, 150, 151, 152, 208, 231, 234, 372 Peperoni 16, 46, 51, 65, 104, 150, 152, 225, 372 Pere 16, 67, 68, 69, 156, 227, 231, 272, 352, 372 Pesce 11, 14, 16, 25, 26, 35, 37, 38, 42, 43, 46, 78, 79, 80, 84, 85, 140, 153, 154, 155, 157, 177, 179, 194, 195, 200, 206, 208, 211, 212, 213, 216, 217, 239, 242, 243, 246, 248, 261, 262, 266, 290, 293, 323, 325, 329, 331, 332, 337, 340, 345, 347, 348, 352, 355, 356, 358, 359, 372 Pesche 16, 46, 67, 156, 193, 227, 254, 258, 346, 372 Peso corporeo 9, 17, 28, 29, 89, 99, 136, 166, 206, 210, 214, 221, 232, 233, 239, 259, 260, 278, 282, 339, 372 Pesticidi 66, 203, 372 PGE2 309, 357, 372 Piantaggine 312, 372 Pino 311, 372 Polenta 16, 157, 372 Polline 181, 183, 287, 288, 372 Pollini 183, 372 Pomodoro 16, 52, 110, 158, 159, 181, 206, 285, 372 Porzioni 17, 27, 34, 41, 52, 76, 85, 116, 159, 206, 208, 259, 261, 262, 264, 282, 285, 321, 322, 323, 335, 337, 348, 355, 358, 373 Potassio 24, 50, 53, 63, 64, 67, 74, 83, 91, 94, 95, 96, 97, 98, 102, 104, 105, 106, 108, 113, 114, 115, 120, 121, 122, 123, 124, 127, 128, 129, 130, 135, 137, 138, 139, 147, 149, 151, 152, 156, 158, 159, 160, 161, 162, 164, 165, 169, 172, 173, 177, 184, 185, 186, 239, 240, 251, 265, 304, 309, 322, 342, 373 Prebiotici 228, 352, 373 Pressione arteriosa 92, 138, 141, 150, 224, 232, 239, 241, 300, 359, 373 Prevenzione 11, 17, 53, 160, 184, 203, 204, 266, 285, 295, 373 Prezzemolo 16, 46, 53, 184, 185, 193, 227, 346, 373 Prima colazione 17, 268, 322, 373 Probiotici 11, 17, 171, 220, 228, 269, 270, 271, 280, 336, 349, 350, 352, 373 Problemi femminili 9, 11, 18, 272, 373 Procianidine 120, 129, 156, 169, 231, 290, 373 Propoli 58, 287, 288, 373
Prostata 133, 141, 155, 163, 227, 242, 272, 276, 285, 295, 346, 373 Proteine 9, 11, 13, 24, 25, 26, 31, 32, 34, 35, 42, 43, 44, 47, 63, 64, 70, 71, 73, 74, 76, 78, 81, 82, 83, 89, 92, 94, 95, 96, 97, 102, 104, 105, 106, 108, 113, 114, 115, 116, 118, 122, 124, 126, 128, 129, 130, 135, 137, 139, 140, 141, 142, 144, 146, 147, 149, 151, 152, 153, 156, 157, 158, 160, 162, 163, 164, 165, 169, 170, 171, 173, 177, 178, 179, 180, 183, 186, 191, 192, 197, 209, 212, 214, 216, 217, 221, 224, 226, 231, 237, 242, 245, 251, 252, 254, 257, 268, 283, 287, 294, 323, 329, 330, 339, 340, 344, 345, 373 Prugne 16, 41, 53, 67, 69, 160, 161, 193, 206, 264, 346, 373 Psillio 226, 227, 336, 373 PUFA 38, 354, 355, 373
r Radicali liberi 47, 50, 52, 58, 80, 91, 100, 103, 108, 109, 120, 127, 130, 158, 159, 161, 166, 192, 224, 225, 239, 240, 254, 257, 278, 283, 286, 291, 292, 293, 316, 325, 346, 352, 356, 373 Radicchio 53, 123, 124, 227, 373 Rame 50, 106, 153, 304, 316, 323, 331, 334, 373 RDA 48, 56, 57, 74, 83, 91, 94, 95, 96, 97, 102, 104, 105, 106, 108, 113, 115, 122, 128, 129, 130, 137, 139, 141, 142, 144, 147, 151, 152, 156, 158, 162, 164, 165, 169, 171, 173, 191, 225, 286, 296, 297, 332, 373 Reni 86, 90, 205, 295, 373 Resistenza allâ&#x20AC;&#x2122;insulina 79, 136, 142, 177, 186, 205, 209, 210, 237, 240, 278, 288, 290, 359, 373 Resveratrolo 18, 51, 120, 185, 188, 276, 277, 290, 373 Ribes 120, 121, 209, 373 ROI 48, 296, 297, 373 Rosa mosqueta 18, 37, 138, 307, 313, 314, 352, 355, 373 Rosmarino 111, 112, 202, 213, 231, 373
s Saccarosio 33, 67, 126, 129, 156, 160, 221, 373 Sale 13, 27, 67, 90, 116, 144, 148, 154, 159, 178, 191, 198, 205, 206, 213, 239, 240, 243, 251, 259, 261, 274, 297, 309, 332, 335, 373 Salvia 112, 154, 373 Sambuco 120, 121, 373 Saponine 51, 114, 246, 312, 373 Sedano 16, 53, 64, 179, 181, 184, 185, 373 Selenio 48, 50, 53, 54, 57, 71, 74, 78, 81, 82, 83, 97, 108, 109, 113, 122, 139, 162, 165, 171, 186, 204, 242, 243, 267, 284, 373
375
Sindrome metabolica 18, 82, 278, 359, 373 Sistema immunitario 46, 86, 155, 179, 182, 183, 205, 270, 271, 284, 293, 349, 359, 374 Sistema nervoso 47, 53, 197, 222, 242, 374 Sodio 27, 63, 74, 83, 91, 94, 95, 96, 97, 102, 104, 105, 106, 108, 113, 115, 118, 122, 124, 128, 129, 130, 137, 139, 142, 147, 151, 152, 156, 158, 162, 164, 165, 169, 173, 184, 186, 231, 232, 239, 240, 241, 243, 265, 309, 335, 342, 374 Soia 16, 37, 40, 41, 51, 114, 115, 138, 144, 162, 163, 179, 180, 191, 227, 230, 242, 245, 246, 247, 272, 276, 278, 290, 294, 330, 337, 352, 354, 374 Sorbitolo 156, 160, 201, 374 Sovrappeso 9, 11, 18, 27, 36, 39, 140, 198, 212, 231, 240, 254, 278, 281, 374 Spezie 27, 106, 195, 208, 212, 213, 231, 232, 240, 252, 284, 298, 299, 374 Spinaci 16, 45, 46, 53, 64, 123, 124, 164, 191, 193, 222, 225, 238, 248, 324, 325, 345, 346, 352, 374 Sport 9, 49, 339, 342, 374 Stevia 221, 374 Steviol-glicosidi 221, 374 Stipsi 70, 128, 226, 269, 271, 304, 336, 350, 374 Stress 9, 18, 49, 50, 54, 56, 80, 103, 120, 130, 143, 178, 183, 194, 224, 232, 237, 247, 257, 258, 275, 278, 280, 283, 286, 300, 308, 315, 316, 342, 349, 356, 358, 359, 374 Stress ossidativo 9, 18, 56, 80, 120, 130, 278, 283, 300, 316, 356, 358, 359, 374
376
t Tacchino 16, 74, 165, 347, 374 Tannini 51, 126, 127, 130, 191, 290, 316, 374 Tarassaco 103, 123, 124, 218, 219, 374 Tè 16, 18, 27, 51, 99, 100, 106, 130, 166, 167, 168, 191, 195, 200, 208, 220, 225, 240, 252, 261, 268, 269, 276, 285, 286, 307, 310, 316, 319, 331, 334, 335, 340, 352, 374 Tè rosso 18, 316, 374 Testosterone 242, 326, 374 Timo 112, 213, 231, 311, 374 Tiramina 106, 180, 187, 247, 374 TNF 120, 359, 374 Tocoferoli 56, 265, 307, 355, 374 Tonico-nervine 315, 374 Torrone 17, 252, 253, 374 Transito intestinale 184, 201, 226, 336, 350, 374 Tratto urinario 86, 120, 242, 374 Trigliceridi 28, 35, 36, 38, 41, 78, 82, 91, 103, 108, 127, 141, 155, 163, 176, 210, 246, 260, 267, 278, 341, 347, 354, 355, 374 Tumori 53, 64, 100, 140, 141, 212, 226, 257, 274, 276, 295, 300, 374
u Ulcera 92, 171, 309, 374 UnitĂ alcolica 175, 374 Uova 11, 14, 35, 40, 44, 46, 71, 73, 83, 84, 85, 154, 177, 178, 179, 194, 206, 208, 211, 213, 216, 223, 253, 254, 261, 262, 274, 323, 324, 329, 330, 337, 374 Uva 16, 51, 53, 67, 69, 105, 132, 160, 169, 200, 206, 225, 235, 252, 257, 264, 276, 290, 291, 352, 374
v Vacanze 18, 297, 317, 318, 375 Vegetali 24, 25, 31, 33, 34, 35, 37, 38, 39, 44, 45, 46, 51, 52, 58, 63, 64, 65, 66, 67, 70, 73, 74, 97, 104, 105, 109, 120, 122, 124, 128, 140, 141, 156, 158, 168, 171, 177, 184, 185, 193, 197, 200, 201, 203, 204, 206, 208, 211, 212, 213, 216, 222, 223, 225, 230, 239, 240, 242, 243, 245, 247, 251, 253, 258, 266, 274, 284, 285, 286, 293, 298, 307, 323, 324, 325, 330, 331, 332, 336, 337, 340, 345, 346, 347, 354, 355, 358, 375 Vino 11, 18, 28, 42, 51, 106, 130, 140, 154, 175, 176, 185, 186, 188, 189, 195, 211, 212, 213, 217, 225, 231, 237, 252, 254, 261, 276, 284, 285, 286, 290, 291, 292, 352, 375 Vitamina A 44, 46, 67, 69, 82, 83, 91, 94, 96, 104, 116, 126, 149, 156, 158, 164, 172, 185, 193, 216, 231, 243, 321, 323, 324, 334, 346, 347, 375 Vitamina B1 74, 91, 95, 113, 115, 137, 144, 147, 162, 164, 169, 375 Vitamina B12 73, 74, 82, 83, 109, 116, 165, 171, 186, 200, 216, 243, 267, 332, 334, 345, 375 Vitamina B2 70, 74, 82, 83, 97, 115, 116, 122, 162, 164, 165, 171, 173, 247, 375 Vitamina B3 70, 74, 122, 144, 147, 152, 156, 157, 165, 375 Vitamina B5 375 Vitamina B6 74, 96, 97, 104, 108, 113, 130, 137, 147, 152, 162, 164, 165, 169, 184, 200, 334, 344, 375 Vitamina B9 46, 82, 144, 158, 186, 194, 222, 345, 347, 375 Vitamina C 18, 24, 25, 45, 46, 47, 48, 56, 64, 65, 67, 69, 70, 82, 91, 92, 94, 95, 96, 97, 98, 102, 105, 108, 114, 115, 120, 121, 123, 126, 128, 129, 130, 137, 138, 147, 149, 151, 152, 156, 158, 159, 160, 164, 169, 173, 184, 185, 192, 200, 225, 243, 246, 258, 265, 274, 285, 286, 293, 294, 311, 315, 316, 321, 325, 331, 334, 344, 365, 375 Vitamina D 18, 44, 82, 116, 208, 251, 257, 269, 295, 296, 297, 330, 345, 346, 375 Vitamina E 25, 41, 44, 47, 56, 65, 70, 71, 80, 124, 128, 129, 138, 139, 141, 142, 144, 156, 158, 159, 162, 164, 166, 173, 200, 212, 225, 242, 243, 257, 258, 285, 286, 291, 292, 293, 307, 325, 334, 356, 375 Vitamina K 45, 56, 97, 375 Vitamine 9, 11, 14, 24, 25, 27, 31, 32, 33, 34, 36, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 52, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 63, 64, 67, 69, 70, 71, 73, 74, 78, 81, 83, 91, 95, 97, 98, 110, 112, 114, 120, 122, 123, 129, 130, 136, 138, 140, 144, 147, 153, 160, 162, 164, 165, 166, 169, 172, 183, 184, 186, 194, 197, 200, 209, 212, 214, 216, 223, 224, 228, 229, 231, 239, 242, 243, 246, 251, 257, 258, 264, 265, 267, 269, 278, 284, 287, 291, 293, 304, 315, 321, 322, 323, 324, 329, 330, 342, 345, 359, 375
377
y Yogurt 16, 82, 116, 163, 170, 171, 191, 195, 208, 221, 230, 235, 236, 241, 262, 268, 269, 270, 323, 330, 335, 337, 340, 350, 352, 375
z Zeaxantina 83, 92, 114, 126, 136, 152, 164, 192, 193, 284, 285, 346, 352, 375 Zenzero 18, 233, 234, 298, 317, 336, 375 Zinco 24, 25, 48, 50, 54, 57, 64, 71, 73, 74, 76, 78, 106, 113, 116, 122, 139, 144, 164, 165, 171, 173, 183, 197, 216, 243, 246, 254, 267, 284, 304, 315, 316, 323, 325, 326, 331, 332, 334, 347, 375 Zolfo 108, 109, 153, 184, 251, 375 Zucca 16, 46, 52, 126, 172, 173, 193, 230, 346, 375 Zucchero da cucina 33, 67, 339, 373, 375
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Gli autori ringraziano per il contributo alla pubblicazione:
CONSORZIO ALLEVATORI CARNI BRESCIANE
ACQUA CASTELLO TERME DI VALLIO
Di Piergiorgio Pietta per La Compagnia della Stampa
Salute in tavola per gli anziani 2005 La salute servita a tavola 2005 Sistema immunitario e acidi grassi 2005 Perdere peso …naturalmente 2008
Piergiorgio Pietta, nato e residente a Chiari (Brescia), professore universitario e dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche, autore di numerose pubblicazioni, tra cui volumi dedicati alla nutrizione e alla fitoterapia. Da anni è presente in programmi televisivi nazionali, come Check-up, UnoMattina, TG-2 Salute, Medicina 33.
Annamaria Pietta, nata a Chiari (Brescia), laureata in Farmacia presso l’Università degli Studi di Milano. È coautrice di diverse pubblicazioni e testi riguardanti la fitoterapia e la nutrizione.
Agli effetti della Legge N. 106 del 15 aprile 2004, il libro è stato depositato presso: Biblioteca Nazionale Centrale di Roma Ufficio Deposito Legale - Via Castro Pretorio, 105 - 00185 Roma Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Ufficio Deposito Legale - Piazza Cavalleggeri, 1 - 50122 Firenze Biblioteca Civica Queriniana di Brescia Ufficio Deposito Legale - Via G. Mazzini, 1 - 25121 Brescia
Impaginazione e stampa a cura di “La Compagnia della Stampa” Roccafranca (Brescia) Aprile 2008