Customer
Management ANNO 6 - MAGGIO 2017
CRM Trends 2017
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CMI CUSTOMER MANAGEMENT INSIGHTS Anno 6 - Maggio 2017 Numero unico Direttore responsabile: Letizia Olivari letizia.olivari@cmimagazine.it Redazione: Emma Pisati redazione@cmimagazine.it Hanno collaborato: Francesco Bellini, Davide Bonamini, Renato Buontempo, Armando De Lucia, Elena Fontana, Stefano Poggi, Massimo Salvazzi, Gianfranco Vallana, Impaginazione e grafica: Matteo Olivari grafica@matteoolivari.it Sito web: L’Ippocastano art@lippocastano.it Abbonamenti on line: www.cmimagazine.it/abbonamenti Informazioni commerciali: tel. +39 0292852135 commerciale@cmimagazine.it CMI Customer Management Insights è una testata specializzata realizzata da L’Ippocastano Srl P. Iva 03328430966 via Valparaiso, 8 - 20144 Milano
CRM Trends 2017 Osservatorio CRM & Social CRM 2017 di Elena Fontana
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Il CRM nell’era dell’Industry 4.0 di Gianfranco Vallana, Satisfactory
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Diffusione, aree critiche e di miglioramento, opportunità: la terza edizione dell’Osservatorio CRM evidenzia la necessità di un cambiamento della cultura aziendale.
Addio al false engagement con il CRM 4.0: il futuro delle relazioni con il cliente nel segno di personalizzazione e valore aggiunto.
Processi per la Customer Centricity di Stefano Poggi, Dynamics People
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Process Driven CRM: il CRM alla portata di tutti di Davide Bonamini, VTECRM
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L’evoluzione olistica e intelligente della Customer Experience di Massimo Salvazzi, Oracle Italia
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Social CRM: Customers have (social) power di Armando De Lucia, CRMpartners
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Ripensare le relazioni con i clienti nell’era del mobile only di Renato Buontempo, Ecrm
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Approccio “Agile” per soluzioni incrementali di Francesco Bellini, Injenia
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La Digital Transformation sta portando la gestione dei processi oltre la semplice integrazione di ERP e CRM, per una flessibilità e adattabilità sempre maggiori.
La gestione per processi e l’integrazione tra le funzioni del CRM e quelle di un software BPM possono aiutare le aziende ad aumentare la soddisfazione e la fidelizzazione dei clienti, permettendo di configurare processi di business su misura e automatizzarne l’esecuzione.
Dalla gestione delle relazioni alla gestione dell’esperienza: l’obiettivo è una Customer Experience “No Channel”.
Per essere Customer oriented oggi le aziende non possono ignorare i canali social e il potere che questi hanno conferito ai clienti: gestire le relazioni al meglio, in questo caso, fa davvero la differenza.
Oltre il mobile first, verso il mobile only: i device mobili stanno diventando il canale d’elezione per le interazioni aziende-clienti.
Solo con una strategia chiara è possibile scegliere gli strumenti più idonei per raggiungere gli obiettivi aziendali.
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CRM trend in Italia: i dati dell’Osservatorio 2017 Diffusione, aree critiche e di miglioramento, opportunità: la terza edizione dell’Osservatorio CRM evidenzia la necessità di un cambiamento della cultura aziendale. ELISA FONTANA
Amministratore Delegato, C-Direct Consulting elisa.fontana@cdirectconsulting.it
La ricerca C-Direct Consulting, società di consulenza e formazione focalizzata sullo sviluppo del CRM strategico, operativo e analitico, ha realizzato – per il terzo anno consecutivo – un Osservatorio per analizzare i principali trends del CRM tra le aziende italiane. La ricerca di quest’anno ha affrontato anche il tema del Social CRM. La ricerca è stata realizzata con l’obiettivo di rispondere ad alcune delle domande che si pongono molte imprese che stanno implementando o che già hanno implementato il CRM: quali sono i migliori software? Quali processi aziendali coinvolgere? Chi è responsabile e dove posizionarlo in azienda? Quali risultati si ottengono?
ri, il forte interesse delle imprese i cui clienti sono aziende e l’assoluta preponderanza del Nord Italia rispetto alle altre regioni in termini di diffusione del CRM. Anche la trasversalità del CRM è riconfermata sia in termini di distribuzione dei settori merceologici interessati che di ruoli dei rispondenti. Prevalgono il settore ICT e Telecomunicazioni, seguito da Servizi e Industria. Hanno risposto in prevalenza Responsabili Marketing (28%), Responsabili Commerciali (20%), Direttori Generali (13%), Responsabili CRM (13%).
Tecnologia e organizzazione: due velocità molto diverse La diffusione del CRM come tecnologia continua a crescere: il 52% delle aziende dichiara di avere un sistema CRM e di utilizzarlo, il 25% lo sta implementando (+8% rispetto al 2016), il 20% non ha un CRM (-7% rispetto al 2016) ma il 14% sta considerando la possibilità di dotarsene. In 2 anni, le aziende che utilizzano una piattaforma
Il Panel La ricerca è stata condotta con metodologia CAWI. Quasi 200 aziende hanno partecipato all’Osservatorio, che rimarrà attivo anche nei prossimi mesi1. Il panel di rispondenti all’Osservatorio 2017 è coerente con i precedenti Osservatori condotti nel 2015 e 2016. Il 61% dei rispondenti opera in un mercato B2B, il 32% nel B2B2C, il 26% nel B2C. L’87% ha la sede principale nel Nord Italia; il 28% ha un fatturato superiore a 200 milioni di euro, il 18% compreso tra 25 e 200 milioni, il 54% inferiore a 25 milioni. Si riconferma quindi, rispetto ai precedenti Osservato Per rispondere alle domande dell’Osservatorio: https://it.surveymonkey.com/r/osservatorio-crm-2017 1
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CRM sono aumentate del 20%: nel 2015 erano il 60%, nel 2016 il 73%, nel 2017 addirittura l’80% (fig.1). Tuttavia il posizionamento dell’area CRM da un punto di vista organizzativo è ancora debole (fig.2): le aziende che la considerano un’area aziendale consolidata e operativa sono solo il 38%, in diminuzione del 6% rispetto al 2016. Per il 23% dei rispondenti è invece un’area aziendale esistente ma non ancora consolidata e ben definita, per il 17% è un progetto.
Conoscenza condivisa o patrimonio del singolo?
I software Tra i principali software vendor si registra una crescita importante di Microsoft Dynamics, che risulta essere il software CRM più diffuso, superando anche i due leader degli anni precedenti, Sugar e Salesforce. Un dato molto significativo è però rappresentato da un trend in aumento di aziende che decidono di sviluppare internamente la propria soluzione: sono il 22% dei rispondenti, +4% rispetto al 2016 (fig. 3). Le ragioni sono forse da ricercare sia nel contenimento dei costi esterni – sicuramente un obiettivo che le aziende che sviluppano in-house la propria tecnologia intendono perseguire – sia nella maggiore possibilità di costruire una soluzione altamente personalizzata per i propri bisogni e processi.
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È stato chiesto ai partecipanti all’Osservatorio se ritengono di avere una visione univoca dei dati della loro Customer Base. Il 63% ritiene di avere ancora una conoscenza parziale e incompleta dei propri clienti, ma è aumentata la percentuale di aziende che dichiara di averne un buon livello di conoscenza: il 38%, +6% rispetto al 2016. Tuttavia è diminuita anche quest’anno la percentuale di aziende che analizzano regolarmente i dati che archiviano: sono il 47% (erano il 56% nel 2015 e il 49% nel 2016). La maggior parte analizza i propri dati saltuariamente, o per alcune iniziative, il 3% mai (fig. 4). La vera sfida del CRM è quindi il cambiamento culturale che deve accompagnare le aziende: da conoscenza come patrimonio del singolo a conoscenza come patrimonio dell’azienda. Ma non basta: il CRM consente di archiviare i dati in modo strutturato, ma è necessario condividerli e interpretarli per prendere decisioni basate su informazioni analitiche e non su sensazioni.
Organizzazione e processi Chi è responsabile del CRM? È una delle domande più critiche a cui rispondere. Spesso non è definita una chiara
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Figura 4
responsabilità del CRM da un punto di vista organizzativo. Il trend più diffuso è di collocarlo all’interno della Direzione Marketing (57%), ma anche la Direzione IT risulta essere maggiormente coinvolta rispetto al 2016 – ne ha infatti la responsabilità nel 26% dei casi. Diminuisce invece la percentuale di aziende che affidano il CRM all’area Commerciale e al Customer Service (fig. 5). Per quanto riguarda i processi, l’utilizzo del CRM è del tutto consolidato per i processi Commerciali (80%) e Marketing (68%), ma è significativa la forte attenzione nei confronti di un CRM a supporto dei canali social ed e-commerce: il 32% sta implementando il CRM per gestire i social, il 41% ha intenzione di implementarlo, il 38% vuole il CRM per gestire meglio l’e-commerce.
Il Social CRM L’Osservatorio ha cercato di fare chiarezza sulla definizione di Social CRM, un termine che da anni è interpretato in molti modi diversi e spesso confusi. È emerso che per il 74% dei rispondenti il Social CRM è una strategia per generare con i social network contatti e opportunità per il Marketing e per le vendite. Tuttavia il 73% delle aziende non utilizza ancora i canali social in ottica CRM per profilare e generare lead, per gestire richieste di Customer Care, per integrare il CRM con informazioni social.
Figura 5
il cliente, prima di temi di grande attualità quali la Digital Transformation, i Big Data e la Marketing Automation.
I risultati Condivisione delle informazioni, migliore qualità dei dati e maggiore conoscenza della propria Customer Base sono i principali benefici che le aziende con un CRM ottengono. Sono aumentate le aziende che misurano i risultati delle iniziative e dei processi CRM e che sono in grado di monitorarne l’impatto sulle vendite: il 31%, +4% rispetto al 2016 (Fig.6). Solo il 50% dei responsabili, però, condivide regolarmente tali risultati. Sono trend ancora troppo deboli per promuovere un cambiamento culturale: il valore del CRM è infatti riconosciuto quando la diffusione interna dei principali KPI dei processi CRM diventa un elemento che impatta sulle decisioni aziendali, altrimenti continuerà ad essere percepito come un mero centro di costo.
Le opportunità Le opportunità verso le quali le aziende si stanno orientando per gestire più efficacemente il cliente ed essere più competitive sul mercato non sono cambiate rispetto allo scorso anno. Si riconferma un approccio concreto delle aziende rispondenti nell’identificazione delle proprie priorità: CRM e Customer Experience sono le prime opportunità da cogliere e da affrontare per gestire bene
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Figura 6
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Il CRM nell’era dell’Industry 4.0 Addio al false engagement con il CRM 4.0: il futuro delle relazioni con il cliente nel segno di personalizzazione e valore aggiunto. GIANFRANCO VALLANA
Responsabile Strategie di Comunicazione e Marketing, Satisfactory gianfranco.vallana@satisfactory.pro Senza dubbio la tecnologia è diventata il principale motore del business. Siamo passati da anni in cui la tecnologia veniva utilizzata per rendere più efficienti processi di business consolidati a un’epoca in cui essa cambia radicalmente i processi e crea nuovi Business Model. Se valutiamo le migliori esperienze di Industry 4.01, i territori dove si sono prodotti i principali cambiamenti emergono con chiarezza: • creazione di nuovi Business Model (Airbnb e Uber, per citarne due che connettono in modo nuovo attività preesistenti con il digitale); • radicale cambiamento del prodotto stesso o della sua delivery (i libri nell’era del Kindle); • offerta di differenti Value Proposition (come è avvenuto già da tempo nel mondo del trasporto aereo); • innovazioni nelle Operations (processi di produzione e controllo, gestione e condivisione delle informazioni con le risorse interne ed esterne, Performance Management); • cambiamenti radicali nella qualità della Customer Experience. Vorrei esplorare proprio quest’ultimo territorio, per valutare se nella pratica il CRM stia seguendo questo modello evolutivo o piuttosto continui a essere ancorato a modelli inadeguati.
Quanto è cambiato il CRM negli ultimi anni? È ormai difficile incontrare un’azienda che non affermi di avere sistemi e tecnologie interamente dedicati al CRM. La domanda chiave allora diventa: quanto queste tecnologie rispondono ai criteri Industry 4.0? Rappresentano una leva di innovazione o, al contrario, un ostacolo al cambia Capgemini 2016
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mento? La Digital Transformation e la tecnologia su cui si basa hanno dimostrato di poter cambiare tutto: come produciamo, come compriamo, come comunichiamo e come interagiamo con gli altri. Ma soprattutto possono cambiare il modo in cui un marchio diventa più rilevante per il cliente, anche se sarebbe meglio partire dal presupposto che il cliente ha cambiato il modo di vivere le sue esperienze con i brand, e ha capito che può pretendere esperienze sempre più rilevanti e personalizzate. Eppure una sintesi delle definizioni di CRM che ho trovato su siti web che propongono applicazioni di questo tipo suona così: “il CRM si serve della tecnologia per ottimizzare i processi commerciali, al fine di aumentare le vendite, fidelizzare i clienti e conquistarne di nuovi. Con il CRM il mercato viene monitorato giorno per giorno, e lo staff di vendita e contatto fruisce di informazioni in tempo reale”. Per il senso comune, dunque, la tecnologia CRM permette di inviare promozioni e messaggi one-to-one per ottimizzare i processi di vendita (che sia la prima vendita o una fidelizzazione, la sostanza non cambia). Viene in genere magnificata la capacità delle moderne piattaforme CRM di utilizzare la moltitudine di canali offerti oggi per raccogliere dati e dialogare one-to-one, ma soprattutto la possibilità di aumentare a basso costo la copertura del target e la frequenza di contatto. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: siamo passati da un’era di comunicazione di massa invasiva (un messaggio, molti utenti) a un’era di comunicazione individuale altrettanto invasiva (un utente, molti messaggi). Il dubbio diventa forte: se è vero che abbiamo una tecnologia CRM perfettamente coerente, in termini di prestazioni tecnologiche, con il modello Industry 4.0, abbiamo di conseguenza cambiato i processi di Customer Engagement? Se abbiamo una tecnologia che ci consente di conoscere il cliente e ci dà una crescente capacità di dialogo personale, abbiamo cambiato i contenuti e i processi con cui comunichiamo? In Satisfactory abbiamo la fortuna di avere un punto di osservazione che copre più di venticinque anni di applicazioni CRM, e abbiamo predisposto un audit delle piattaforme e dei pro-
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cessi CRM che spesso utilizziamo nelle nostre valutazioni. Quello che emerge è che le piattaforme CRM in molti casi si stanno effettivamente evolvendo verso la copertura di tutti i canali di comunicazione e dei punti di contatto, mobile compreso. I dati delle interazioni multicanale tra brand e clienti vengono raccolti, registrati e utilizzati, anche se ancora con molti problemi operativi. Anche il mondo social è entrato, almeno concettualmente, a far parte del mondo delle relazioni monitorate e gestite nei sistemi CRM.
In che modo il CRM può rinnovare la CX? Venticinque anni fa l’innovazione del CRM stava nella possibilità di segmentare il target con modalità nuove e inviare messaggi personalizzati: un grande vantaggio competitivo rispetto alla comunicazione di massa allora imperante. A poco a poco, i brand più evoluti hanno cominciato a parlare di engagement, Relationship Marketing e Loyalty Marketing. Il CRM è rimasto l’enabler tecnologico, lo scopo dei programmi di Customer Relationship si è allargato, ma il modello comunicativo non è cambiato: un modello “manipolativo”, in cui l’obiettivo è quello di spingere più velocemente il cliente verso l’acquisto. Che si tratti di fornire alla forza vendita dati più corretti per tentare una vendita (B2B), un incentivo per andare subito in negozio (B2C) o un regalo per favorire il riacquisto (Loyalty), la sostanza comunicativa non si è evoluta, e i sistemi CRM sono rimasti tutti concentrati nello spingere proattivamente il cliente a prendere più velocemente una decisione di acquisto – nei casi più evoluti indorando la pillola con un po’ di calore, simpatia e qualche guizzo di personalizzazione. Se ci chiediamo quanto il CRM sia cambiato da allora, dall’esito dei nostri audit ci accorgiamo troppo spesso che il paradigma comunicativo del CRM è rimasto uguale. Certamente le aziende sono diventate più brave nel creare esperienze di acquisto interessanti e coinvolgenti, servizi pre e post vendita che facilitano i rapporti, e hanno imparato a dialogare con i singoli clienti senza ostacoli e costi eccessivi. Ma il modello di base è rimasto: si cerca di raggiungere più gente possibile (high reach), coinvolgendola nell’esperienza più vantaggiosa in termini di vendita. Siamo ancora, secondo il noto ciclo di Gartner, in una fase in cui predomina il false engagement.
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Le piattaforme CRM sono quindi rimaste al servizio di un processo molto tradizionale, nonostante siano in grado di lavorare con moltissimi canali, pronte a gestire grandi masse di dati, capaci di superare (qualche volta) i silos tra processi di Lead Generation, vendita e post vendita, e di gestire tool digitali ampliati e potenti. Ma per evolvere non possiamo limitarci a gestire meglio i tool disponibili: per adeguarsi al cambio di paradigma, il CRM deve essere parte integrante della strategia di Digital Transformation e diventare un processo di business che incide sul comportamento dei clienti, controllando e personalizzando la loro esperienza con la marca.
Come cambiare dalla base: il Customer Journey outside-in La prima esigenza nella definizione di un processo di CRM innovativo è descrivere e misurare il Customer Journey: senza una visione completa del Customer Journey, anche la migliore piattaforma CRM esistente non farà altro che gestire, forse meglio di prima, una serie di singole iniziative, perdendo di vista il cambiamento di bisogni e comportamento che il cliente pretende di sperimentare durante il suo viaggio. Bisogna tener presente che il Customer Journey è diverso per ognuno dei clienti, e non è definito a priori, perché il cliente che si imbarca in un viaggio scopre lungo la strada che cosa gli conviene fare: c’è chi co-
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nosce già bene la marca, chi ne ha già avuto esperienza, chi si forma un’idea partendo da zero, chi entra con le idee chiare e chi se le vuole chiarire. Ma il compito principale del CRM rimane quello di dare forma al viaggio del cliente, e soprattutto garantire a ogni tappa uno specifico valore aggiunto. Proviamo quindi a ridefinire il CRM 4.0: una piattaforma di ascolto, conoscenza e gestione della Customer Relationship che favorisca la delivery di valore aggiunto rilevante e personalizzato in tutte le tappe del Customer Journey. Questa definizione esprime un obiettivo semplice quanto rivoluzionario nella pratica aziendale: usare i dati per dare un valore aggiunto specifico e unico a ogni interazione, e non per manipolare la relazione con il cliente a nostro favore. Anche se ogni journey è unico e personale, compito iniziale del CRM è analizzare i flussi generali del comportamento: quanti iniziano il viaggio senza conoscerci, dove entrano in contatto la prima volta, quanti proseguono il viaggio, dove lo abbandonano più spesso, etc. Il Customer Journey ha il potere di trasformare il comportamento dei clienti in base alle esperienze che vivono, sia in senso positivo che in senso negativo. Un buon CRM ha la capacità di analizzare tutto il percorso e di fornire informazioni sul valore aggiunto che il cliente si aspetta e che effettivamente riceve, e ci deve segnalare gli episodi che che hanno il maggior potere trasformativo del comportamento, nel bene e nel male (cioè trattengono il cliente nel viaggio o lo allontanano)2.
Otto step verso un CRM 4.0 1. Analizzare il Customer Journey e costruire un modello quali-quantitativo per descriverlo. 2. Stabilire KPI che ci aiutino a capire il comportamento globale del cliente, non solo le performance dei canali. 3. Misurare l’efficacia delle singole conversion, ma tenere sempre sotto controllo i flussi generali del Marketing Funnel. 4. Identificare il valore aggiunto che il cliente si aspetta dai punti di contatto, e valutare sia i fattori di successo che i gap da colmare. 5. Rendere coerenti i valori aggiunti distribuiti dal Custo http://www.bain.com/publications/articles/mastering-theepisodes-that-count-with-customers.aspx
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mer Journey con i valori aggiunti distintivi del brand, perché alla fine l’esperienza risulti unica e coerente con la marca. 6. Creare contenuti e modalità di interazione che utilizzino i dati raccolti per dare un valore aggiunto al nostro cliente in termini di convenience personale, rilevanza, real time. 7. Ricordarsi che le interazioni nel Customer Journey sono senza soluzione di continuità, digitali e reali, senza limiti di canale, e soprattutto in mobilità. 8. Usare i dati per progettare e valutare tutto il processo: i dati aiutano a ottimizzare le opzioni di targeting, le attività di Lead Generation, ma soprattutto a capire se il cliente è riuscito a completare il task desiderato, non quello che l’azienda gli vuole imporre. Con un CRM costruito con questi obiettivi in mente, potremmo davvero arrivare alla “condizione 4.0”: revamping Customer Experience, cambiandone radicalmente anche la tipologia (come hanno fatto, per esempio, le compagnie low cost, cambiando tutto, dal modo di prenotare e comprare il biglietto a quello di viaggiare in aereo). Pur con questa impostazione, tuttavia, il CRM potrebbe rimanere sottoposto a dei vincoli che impediscono una vera trasformazione. Per esempio, nel mercato automotive il CRM si deve confrontare con la realtà dei dealer, che in questa industry nessuno potrebbe oggi smantellare senza conseguenze; quindi nel Customer Journey di un cliente automotive non si può prescindere dal passaggio fisico presso il dealer. Ma questo non impedisce di farci delle domande per aiutare il nostro cliente a completare il suo journey senza troppi intoppi: per esempio, invece di forzare la visita al dealer “comprando” l’interesse del cliente con piccoli incentivi, possiamo analizzare e capire quando il cliente vuole andare dal dealer, cosa si aspetta, e anticipare il valore aggiunto necessario a trasformare questa esperienza da poco entusiasmante a ricca di contenuti personali e ingaggianti. Può sembrare tutto più complicato, e lo è. Ma se credete che l’Industry 4.0 sia un’opportunità, e che per sopravvivere dovrete adottare anche voi il cambiamento, cominciate almeno a porvi una domanda quando costruirete la prossima attività frutto del vostro CRM: “Ma il mio cliente che valore aggiunto ci vedrà?”.
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INTEGRAZIONE TRA ERP E CRM
Processi per la Customer Centricity La Digital Transformation sta portando la gestione dei processi oltre la semplice integrazione di ERP e CRM, per una flessibilità e adattabilità sempre maggiori. STEFANO POGGI
Dynamics People stefanop@dynamics-people.com L’ERP (Enterprise Resource Planning) è nato negli anni ’8090 come sistema altamente integrato di funzioni di back office, a partire dalla gestione delle Risorse Umane, e di applicazioni per l’area di Amministrazione, Finanza e Controllo che sono strettamente integrate (“un dato entra una e una sola volta”) e collegate a tutti i processi aziendali, con un grande valore di omogeneizzazione: un database aziendale comune e condiviso, che risolve tanti problemi di informazioni disallineate e non in quadratura. Come ci ricorda Greenberg (il celebre autore di CRM at the speed of light), poco prima dell’anno 2000 si sono però manifestati i primi problemi degli ERP: lunghi tempi di implementazione, ritorno sugli investimenti non evidente, “rigidità” delle applicazioni. A questo poi si è aggiunto il rapido sviluppo di internet, che ha cambiato il rapporto tra clienti e fornitori: i sistemi ERP, pensati per omogeneizzare i processi interni, non erano adatti alla velocità e alla flessibilità richieste per operare nel nuovo mercato che si stava aprendo. Durante questa crisi è nata e cresciuta la Siebel, che per prima ha offerto con il suo CRM le applicazioni necessarie alle aziende per soddisfare in tempo reale e in modo personalizzato le domande dei clienti. Nell’ecosistema aziendale si riconoscono due catene distinte: la catena dell’offerta – o Supply Chain – che include il back office, fornitori e distributori esterni, e quella della domanda – la Revenue Chain – che estende il front office ai clienti e al canale. Le differenze tra back office e front office non sono poche, soprattutto in termini di velocità, anche se le operazioni fatte in front office vengono registrate in back office. La base dell’ERP è costituita da funzioni sostanzialmente stabili e dal controllo di processi prevedibili; il concetto di partenza è stato l’integrazione di tutte le funzioni di back office, in modo
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da far diminuire le strozzature responsabili delle interruzioni e dei blocchi nei processi e da eliminare o ridurre le incompatibilità tra le varie applicazioni. La focalizzazione importante del “nuovo” CRM, invece, è quella di essere un sistema orientato all’esterno: è la risposta reale alla domanda in costante movimento, che non è minimamente controllata all’interno. Le aziende di ERP hanno reagito con acquisizioni o accordi per fornire anche una piattaforma CRM, che hanno iniziato a integrare; ma ERP e CRM di fatto si sono allineati tra di loro, avendo delle banche dati separate (a cominciare dal cliente). Nel frattempo sono nati dei pure player, come Salesforce, che forniscono gli strumenti per allineare e scambiare i dati tra il loro CRM (in cloud o SaaS) e gli ERP aziendali.
I benefici dell’integrazione Secondo una ricerca di Aberdeen Group, le aziende che hanno integrato CRM ed ERP per realizzare un ERP Customer centric hanno ottenuto: • tassi di fidelizzazione dei clienti più alti del 15%; • crescita superiore di fatturato anno su anno (28%); • profitto più elevato anno su anno (28%); • miglioramento del 3% su completezza delle consegne e rispetto dei tempi previsti; • +6% nella Customer Satisfaction (dal 77% all’83%); • minor tempo di risposta alle richieste dei clienti (22% in meno); • costi di assistenza ai clienti ridotti (12% di risparmio anno su anno); • cicli di vendita più corti (mediamente 6 giorni in meno).
Customer Engagement dai silos ai processi Il problema dell’integrazione nasce – oltreché per motivi storici (sistemi nati separatamente) – anche per la modularizzazione dei sistemi per area di competenza (tipicamente per direzione aziendale): i moduli costituiscono di fatto dei silos separati che possono comunicare tra loro, ma che tipicamente replicano le informazioni e hanno spesso banche dati separate. L’evoluzione di internet e dei so-
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cial ha sviluppato ulteriormente il concetto di centricity del cliente verso il Customer Engagement e la Customer Advocacy: non potendo controllare tutta la comunicazione relativa all’azienda, che spesso si distribuisce molto velocemente in forma scritta (blog, Twitter, Facebook), è importante monitorarla per potere intervenire e, soprattutto, per avere dei clienti felici come migliori promotori indipendenti (gli advocate, appunto). Lead-to-Cash-to-Lead – il nuovo paradigma è basato sull’informatizzazione e digitalizzazione di processi flessibili di governo di tutti i punti di contatto e del Customer Journey, a partire dalla prima individuazione (lead) fino all’incasso (cash), per poi costruire la fidelizzazione e la sponsorizzazione da parte dei clienti con il supporto e il servizio, grazie ai Contact Center, ai manutentori o emissari sul campo, alla forza vendita, in modo che per ogni cliente si possano ulteriormente generare delle esperienze positive che portino opportunità e nuovi lead.
Per il supporto completo al processo – è bene ricordare – non ci sono soli i sistemi CRM o ERP, ma si devono considerare tutte le tecnologie che raccolgono i feedback dai social, quelle che effettuano la segmentazione dinamica per individuare i clienti potenzialmente interessati, che fanno maturare le opportunità, e tutti quegli strumenti che completano la scrivania di un team o di un operatore aziendale. Il nuovo paradigma non pensa quindi a integrare dei silos facendoli comunicare: la vera trasformazione digitale – che ad oggi è un obiettivo a tendere che nessuno ha ancora completamente realizzato – supporta processi flessibili e adattabili, combinando tutti gli strumenti tecnologici disponibili.
La sfida di Microsoft al mercato Recentemente Microsoft – con l’offerta cloud Dynamics 365 – ha messo le basi per rilanciare il nuovo paradigma e ridisegnare un nuovo terreno, rompendo la barriera tra Office 365, CRM, ERP e altre tecnologie (sistemi esperti, Business Intelligence, interazione intelligente, etc.).
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In clima di trasformazione digitale, Microsoft ha interrotto e abbattuto completamente la logica di suite a silos, dando vita a un’unica piattaforma di applicazioni in cloud che risponde in modo personalizzato a diverse necessità di processo per diversi ruoli e funzioni. Non va dimenticato che lo strumento di Business Intelligence e di reporting più utilizzato nel mondo aziendale è Excel, ovvero una parte di Office, e che la nuova piattaforma Power BI è di fatto un’estensione proprio di Office. La suite nel suo complesso fornisce, per esempio: • la possibilità di personalizzare i servizi per allinearli alle esigenze dei clienti; • la capacità di integrazione tra funzionalità diverse e con altri elementi dell’offerta; • la valorizzazione dell’ingaggio dei clienti (relazione personalizzata, multicanale e consistente) e delle risorse interne che, messe in condizione di lavorare meglio, possono contribuire a innovare i servizi, uscendo dalle logiche di mera gestione del cliente e dedicandosi al miglioramento del suo journey. La sfida verso gli altri competitor è evidente, perché questi – al contrario di Microsoft – non sono in grado di fornire una postazione di lavoro dotata di tutti questi tool, con un solo prezzo e contratto e senza costi di integrazione. Analoga sfida Microsoft la sta lanciando ai produttori di ERP, che comunque non offrono un’alternativa a Office 365. Per chi non volesse diventare un cliente “solo Microsoft”, Dynamics offre comunque un service bus che consente l’integrazione con componenti e soluzioni esterne in modalità controllata e moderna. Microsoft per ora è al primo passo. Il Common Data Model su cui possono essere generate applicazioni utente e workflow su un unico modello di dati è nato da poco e ci sono ancora banche dati duplicate; ma con i prossimi rilasci l’integrazione sarà, secondo noi, crescente e soprattutto trasparente per gli utenti. Già oggi, però, questa offerta cancella il tema dell’integrazione per chi ha adottato da una parte Office, dall’altra i moduli dell’ex Dynamics CRM e dall’altra ancora l’ex Dynamics Navision oppure Ax. Il tutto appare già come una sola piattaforma con un solo database.
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Process Driven CRM: il CRM alla portata di tutti La gestione per processi e l’integrazione tra le funzioni del CRM e quelle di un software BPM possono aiutare le aziende ad aumentare la soddisfazione e la fidelizzazione dei clienti, permettendo di configurare processi di business su misura e automatizzarne l’esecuzione. DAVIDE BONAMINI
Ceo VTECRM davide.bonamini@vtecrm.com L’idea di sviluppare un motore BPM all’interno di un CRM è nata dalla richiesta di clienti di medio-grandi dimensioni con organizzazioni aziendali complesse e dallo studio delle esigenze del mercato attuale, dinamico e molto competitivo, in cui le aziende per emergere devono sempre più diminuire i costi e fornire prodotti o servizi in linea con le esigenze della clientela, aumentandone la soddisfazione e il grado di fedeltà. Le aziende, quindi, devono sempre più strutturarsi in modo da incrementare la soddisfazione del cliente, perseguire l’innovazione, razionalizzare risorse e tempi di esecuzione ed essere molto flessibili.
Gestione digitalizzata per processi Secondo molti esperti di economia e organizzazione aziendale, le imprese, per operare con successo nello scenario attuale e raggiungere i suddetti obiettivi, devono introdurre al loro interno una gestione per processi. La gestione per processi è infatti determinante per far sì che le varie aree aziendali lavorino in modo coordinato nell’esecuzione dei compiti e per il raggiungimento degli obiettivi. Un CRM organizzato per processi permette una profonda cooperazione tra i vari settori dell’organizzazione. I progetti CRM talvolta non portano ai risultati attesi, e le potenzialità dei software CRM non vengono sfruttate appieno all’interno delle imprese, in quanto le procedure sono sovente poco organizzate e controllate, necessitano di lunghi tempi di apprendimento che scoraggiano lo staff e, infine, le diverse aree aziendali non lavorano in modo coordinato alla loro esecuzione. La gestione digitalizzata dei processi con VTE NEXT risolve queste problema-
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tiche poiché trasforma le logiche classiche del CRM in un modello dinamico di tipo process driven che semplifica l’esecuzione di procedure complesse, trasformandole in semplici task e assicurandone l’esecuzione. VTE NEXT integra infatti all’interno del CRM le funzionalità tipiche di un software BPM, consentendo di mappare e disegnare i processi aziendali, e permettendo la loro gestione attraverso un sistema di task e compiti destinati a utenti abilitati. Grazie a tali funzionalità vengono semplificati e automatizzati i processi e le operazioni relative alla gestione della clientela, in modo particolare per le aziende complesse, che necessitano di automatizzare e controllare tali procedure. L’obiettivo principale è quello di mettere a disposizione una soluzione avanzata attraverso cui coordinare le operazioni di Marketing, Sales e post Sales in modo digitalizzato e fluido, in un ambiente unico, dove le normali funzioni del CRM sono orchestrate tramite il motore BPM nativo. Oltre alla possibilità di configurare i processi di business e automatizzarne l’esecuzione tramite una semplice interfaccia grafica, l’applicativo è dotato di una potente Process interfaccia grafica per disegnare ogni tipo di processo, anche il più complicato. (Figura 1) La funzionalità BPM di VTE permette nello specifico di disegnare i processi aziendali e gestirli in modo facile ed efficace, con i seguenti benefici per l’intera organizzazione: • riduzione sostanziale di eventuali errori umani nell’esecuzione delle procedure; • maggiore velocità di esecuzione dei compiti e quindi rapidità di servizio al cliente; • esecuzione di procedure aziendali semplici o complesse in modo certo e standardizzato; • possibilità di verificare facilmente eventuali colli di bottiglia nell’organizzazione;
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implementazione della strategia CRM all’interno dell’organizzazione, a parer nostro indispensabili per il successo del progetto. VTE NEXT è inoltre flessibile e facilmente integrabile con altri sistemi informativi aziendali. Diverse società stanno utilizzando VTE NEXT con soddisfazione, registrando un miglioramento della qualità del servizio al cliente e delle performance aziendali. Tali risultati sono per noi fonte di soddisfazione e orgoglio, e ci spingono a lavorare costantemente alla ricerca di nuove funzionalità per arricchire VTE NEXT e sviluppare funzionalità innovative. (Figura 2)
Figura 1
• riduzione dei tempi di apprendimento di nuove procedure, e quindi maggior dinamicità e flessibilità.
Ridisegnare l’organizzazione aziendale Per strutturare un’azienda per processi in modo efficace, consigliamo in primo luogo di effettuare un’analisi e una progettazione dell’organizzazione aziendale concentrandosi su attività omogenee dal punto di vista del risultato e tra loro correlate. Una volta individuate le procedure aziendali ottimali, queste vanno mappate all’interno dell’organizzazione ed eseguite. Una volta studiate le strategie e mappati i processi, il nostro CRM+BPM permette di rendere reali le strategie e le procedure identificate. Lo strumento consente infatti di disegnare i processi aziendali che impattano sul cliente e assicurarne l’esecuzione grazie all’automatizzazione. Infine, la natura open source assicura costi di sottoscrizione contenuti e quindi maggior possibilità per le aziende di investire in formazione e
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Figura 2
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CUSTOMER EXPERIENCE
L’evoluzione olistica e intelligente della Customer Experience Dalla gestione delle relazioni alla gestione dell’esperienza: l’obiettivo è una Customer Experience “No Channel”. MASSIMO SAVAZZI
CX Sales Development Manager, Oracle Italia massimo.savazzi@oracle.com Il mondo del CRM è in un momento di grande transizione, sottoposto a diverse forze che ne stanno ridefinendo la fisionomia e cambiando il volto. Per poter comprendere la natura di questo cambiamento è utile partire dall’analisi delle principali forze in atto, per verificare quali impatti si sono già manifestati e quali si stanno presentando all’orizzonte. La prima di queste forze è la sempre maggiore focalizzazione sulla Customer Experience che si pone come l’evoluzione, se non il superamento, del tradizionale Customer Relationship Management; infatti non è più necessario gestire solo la relazione col cliente, ma la sua esperienza. Può sembrare scontato, ma già impostando il problema nei termini si intuisce la profonda differenza tra le due: l’esperienza, infatti, è la somma di tutte le relazioni così come la loro correlazione, ed è un processo evolutivo, che cambia nel tempo. La seconda forza è di natura sociologica, e ha a che fare con l’avvento dei Millennials nella fascia degli alto-spendenti o dei decisori; l’impatto è rilevante, perché questa generazione ha una relazione con i canali digitali e fisici molto diversa da quella delle generazioni precedenti, e anche perché chi appartiene alle generazioni precedenti sperimenta una difficoltà “ontologica” nel comprendere il modo in cui i Millennials si relazionano con i diversi canali. Per i Millennials, definizioni quali multichannel e omnichannel sono obsolete: per loro si deve coniare una nuova espressione – una Customer Experience “No Channel”. La terza forza rilevante è di natura tecnologica e, nonostante non si sia ancora espressa totalmente, è legata all’avvento dell’IoT, sia nelle
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sue declinazioni business che consumer; con tecnologie che possono fornire una enorme mole di dati, sia puntuali sia di contesto, si apre la sfida di riuscire a estrarre informazioni a valore reale da questi dati. In aggiunta a queste forze già presenti e attive, è da considerare come ultimo fattore l’accelerazione che negli ultimi sei mesi hanno avuto le soluzioni legate alle Intelligenze Artificiali; anche al netto dell’hype, forse eccessivo rispetto all’applicabilità o alla maturità delle soluzioni, è indubbiamente un trend di cui tenere conto.
Una CX “Intelligent & No Channel” Per comprendere cosa sia una Experience “No Channel” dobbiamo immaginare un’esperienza caratterizzata da un unicum sensoriale, che si evolve nel tempo. Pensiamo all’esperienza di gustare un vino d’annata: dal profumo quando si stappa la bottiglia all’ammirarne il colore nel bicchiere, fino all’assaggio, con tutte le sue sensazioni e ciò che esso lascia una volta brindato. Godere di un vino di alta qualità è un’esperienza armonica, articolata, le cui parti sono indivisibili, e si porta dietro tutta la storia di quel vino, della terra da cui proviene, in modo unico. Lo stesso dovrebbe essere una Customer Experience “No Channel”: armonica, articolata, indivisibile. Una Customer Experience che va costruita immaginandola, immedesimandosi in essa e poi declinandola sui diversi canali, punti di contatto, momenti temporali, con un processo opposto rispetto all’avere una serie di relazioni separate con il cliente, vissute sui diversi canali, e tentare di costruire a monte un’esperienza che le racchiuda. Multichannel e omnichannel, per quanto ben fatti, sono comunque aggregazioni di oggetti separati: con il “No Channel”, invece, i canali sono semplicemente il declinarsi di un’unica esperienza secondo la natura dello strumento che il cliente, e non l’azienda, decide di usare in un dato momento
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del tempo. L’impatto di questo nuovo approccio è profondo per le aziende. Il più rilevante risvolto è la necessità di creare una vista unica e univoca sul cliente, superando le dinamiche di possesso o titolarità del dato in logiche di contribuzione; serve uno sforzo per abbattere le barriere tra processi e funzioni in favore della creazione di flussi operativi che coinvolgano diversi ruoli aziendali.
La frontiera dell’Intelligenza Artificiale Oggi, quando si parla di Intelligenza Artificiale, si parla di molte cose diverse: l’utilizzo di sistemi di comprensione del linguaggio naturale, l’introduzione pervasiva di assistenti virtuali, le nuove frontiere delle applicazioni autonome. Sul mercato vi sono molte soluzioni, che con un approccio tradizionale richiedono la disponibilità di competenze molto elevate e specifiche, e un lungo lasso di tempo per produrre risultati utili. In realtà, l’Intelligent Customer Experience non nasce solo dall’utilizzo di Intelligenze Artificiali: essa nasce anche dalla capacità di adottarle e introdurle nella realtà in modo intelligente e innovativo, così che possano produrre risultati utili nel quotidiano, immediatamente. In questo senso, Oracle ha deciso di invertire il processo di introduzione dell’Intelligenza Artificiale nell’ambito del business. Invece di partire dalla proposta di una Intelligenza Artificiale generica, che è poi necessario educare e adattare ai diversi processi di business, Oracle propone un approccio che sviluppa intelligenze specifiche su specifici punti dell’esperienza, per ottenere i miglioramenti che servono in tempi rapidi, con un’applicazione ad hoc delle possibilità di queste tecnologie. Ciò si concretizza nell’offerta di app che introducono l’AI in pochi giorni, attualmente su casi d’uso quali Offer (come Product Recommendation per l’e-commerce e Personalization per il Marketing) e Actions (come Next Best Action su Sales & Service). È possibile così, per esempio, coordinare tutto quanto necessario per produrre un’azione di Product Recommendation in ambito ecommerce efficace, utilizzando un’Intelligenza Artificiale creata ad hoc per costruire una raccomandazione completamente personalizzata, capace di tenere conto di tutti
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i fattori e del contesto, capace di essere anche empatica e di toccare corde emozionali nell’esperienza del cliente a partire dalla sua storia, dai suoi interessi, e di individuare, attraverso il confronto tra gli utenti, pattern di gruppo rilevanti. Una AI dedicata è in grado di analizzare questi dati per offrire una risposta operativa, e anche in questo abbiamo optato per un approccio unico che prevede di non scegliere a priori un algoritmo, ma di averne diversi che competono e concorrono all’individuazione della soluzione ottimale.
Il fattore abilitante è il cloud Per gestire con successo un’evoluzione dell’Experience così profonda, lo stesso tipo di cambiamento – con il superamento delle barriere, delle rigidità, della giustapposizione di strati diversi aggiunti per rispondere ogni volta a una nuova esigenza – è necessario anche a livello di sistemi informativi. In questo senso ancora una volta il cloud – il principale fattore abilitante che oggi permette di realizzare la Digital Transformation, tanto indispensabile quanto necessaria per poter reggere l’impatto delle sfide nel contesto attuale e trasformarle in reali opportunità – è centrale anche nell’ambito della Customer Experience. Sia che si scelga a livello complessivo un approccio diretto e nativo al cloud, sia che si scelga un percorso evolutivo che parte da scenari ibridi per andare verso il cloud, è nel quadro dell’offerta Oracle Cloud Applications che si realizza la flessibilità necessaria per introdurre opportunità innovative come quelle legate all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella costruzione della Customer Experience, con la possibilità di adottare un approccio che semplifichi l’abbattimento delle barriere tra processi e sistemi per realizzare esperienze onnicomprensive, “No Channel”. Le architetture e i servizi digitali sono strumenti a supporto per rispondere alla sfida che il mercato pone con le sue opportunità adesso, non domani. È necessario avere l’agilità aziendale, sia organizzativa che di processi e infrastrutture, non solo per rispondere oggi alle richieste dei clienti, ma per essere in grado di proseguire e migliorare il dialogo anche domani.
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SOCIAL CRM
Customers have (social) power Per essere customer oriented oggi le aziende non possono ignorare i canali social e il potere che questi hanno conferito ai clienti: gestire le relazioni al meglio, in questo caso, fa davvero la differenza.
ARMANDO DE LUCIA
Ceo & Founder, CRMpartners armando.delucia@crmpartners.it
L’introduzione dell’acronimo CRM – Customer Relationship Management – nel mondo del business si deve storicamente a una delle Software House pioniere nel campo dei sistemi informativi per il Marketing: Siebel, che nell’ultima decade fu fagocitata da Oracle. Nell’era dell’affermazione dei social network, la parola #CRM ha trovato una nuova giovinezza a partire dal 2009, con l’aggiunta del termine #Social. Molti autori, stranieri come nostrani, che si sono affacciati a questa disciplina tardivamente, forse perdendo di vista le vere radici della strategia Customer centric, hanno costruito fiumi di parole (e di articoli) decantando le virtù del social CRM sulle ceneri di un CRM tradizionalmente inteso, che raramente ho visto applicato con senso in azienda.
Il tecnocentrismo è old style L’approccio CRM della decade scorsa è stato quasi sempre tecnocentrico, e non di rado questo errore si ripete anche oggi, lasciando la leadership dell’implementazione di questi progetti alla funzione IT, che a mio avviso va necessariamente coinvolta per l’appunto nella valutazione tecnica della soluzione, mentre sulla parte processi gli owner dovrebbero essere i vari dipartimenti coinvolti. I rischi ci sono, a partire dalle valutazioni stratosferiche che le puntoCOM 2.0 stanno avendo sui mercati finanziari, fino all’immissione sul mercato di soluzioni definite di #socialCRM, che in realtà a malapena riescono ad abbracciare meno della metà delle esigenze/funzioni/comportamenti social degli utenti e, per rispecchiamento, delle aziende che li servono.
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Le radici del CRM (e quindi anche del social CRM) risiedono negli studi di Marketing relazionale di scuola nordeuropea e nordamericana, che si focalizzarono sulle condotte tra aziende. Volendo andare più lontano, non possiamo dimenticare i vari modelli qualità imperniati sulla gestione della Customer Satisfaction, forse i primi a introdurre una visione sistemica dell’azienda Customer oriented – peccato poi che nella pratica il sistema qualità sia diventato nella stragrande maggioranza dei casi un bollino blu privo di ricadute sui processi e sui sistemi organizzativi delle aziende. E poi tutto il corpus di conoscenza prodotto dagli esperti di Loyalty Management. Ecco, direi che ho sintetizzato nei due periodi precedenti le radici del CRM. È un vero peccato leggere che “il CRM tradizionale è in fondo poco più di una lista di contatti connessa ad un sofisticato sistema di gestione delle mail adatto a sparare fuori messaggi”1: è una visione miope, forse legata ai mil1
E. Quintarelli, “L’Era del Social CRM”, The Social Enterprise www.socialenterprise.it
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le errori di implementazione promossi da fornitori e partner tecnologici old style nostrani ed esteri.
Nuovo potere ai clienti con i social media Amazon ha sempre fatto dell’ottimo CRM, ha nei suoi geni una visione Customer centric ed è sul mercato da tempi in cui il termine social non era così di moda. L’era social, avviatasi nel 2003 con la nascita dei vari MySpace, Facebook e Second Life, ha progressivamente portato un trasferimento di potere e competenze al pubblico, agli utenti, ai clienti: se i 15 minuti di fama ieri passavano necessariamente sul media televisivo, oggi passano su internet. I social media sono al tempo stesso teatro, laboratorio, scuola, palcoscenico di relazioni, conversazioni, interazioni e transazioni: un territorio naturale per i nativi digitali, che nell’arco di qualche anno rappresenteranno le fette di mercato appetibili per le aziende. La cronaca recente conferma quanto appena detto: Zara è stata di recente costretta a ritirare dai suoi punti vendita fisici e online una minigonna su cui era stato stampato il simbolo della rana Pepe, fatto proprio negli ultimi anni da organizzazioni di dubbia fama come il Ku Klux Klan e bannato quindi come simbolo che inneggia all’odio dalla Anti-Defamation League. Il tutto in seguito a un tweet notturno partito dall’account della freelance di Chicago Megan Fredette. Due giorni e il prodotto è sparito dalla distribuzione, con tanto di scuse da parte del produttore (incorso in incidenti analoghi anche nel 2014). Anche le compagnie aeree finiscono spesso nell’occhio del ciclone: una tra tutte è la United Airlines. Il caso recente che ha trovato copertura sui media di tutto il mondo è uno spiacevole overbooking di cui è stato vittima un medico di origine asiatica, trascinato via con la forza dall’aeromobile: il video girato dagli altri passeggeri è rimbalzato veloce dai social network ai media tradizionali. Ma sulla capacità di United di incappare nei “clienti giusti” si possono citare moltissimi episodi, a partire dal libro United Breaks Guitars, séguito del video postato su YouTube che oggi conta 17 milioni di visualizzazioni.
Correva l’anno 2009, lo stesso in cui un ingegnere Zoho decideva di rientrare in India dopo un’esperienza di lavoro negli States, e postava sul forum Return 2 India il caso del televisore spedito attraverso un vettore navale e arrivato rotto a destinazione.
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Solo dopo il post sul forum il vettore si era preso la briga di rispondere e risolvere il problema di Girish Mathrubootham, ed ecco l’uovo di Colombo: sul mercato mancava un software di Customer Care che integrasse i canali social tra i canali di contatto. Nel giro di qualche mese è nata Freshdesk, la prima soluzione in cloud a integrare nativamente Facebook e Twitter tra i canali di relazione, oggi usata da aziende come COOP, Honda, 3M e Bridgestone per gestire un servizio al cliente superlativo.
I benefici del Social Customer Care
Come rispondere alla sfida delle relazioni social Questo spostamento nei giochi di forza rappresenta una sfida che non tutte le aziende sono pronte a raccogliere: molte lo ignorano, altre lo studiano, poche lo sperimentano. Chi si è tuffato nel Mar Social sa che non basta delegare la presenza sui social a un Community Manager interno o, nel peggiore e più frequente dei casi, a un’agenzia digital esterna che poco sa dei processi e della logica di funzionamento interno dell’azienda committente. Meglio sarebbe portare tutta l’azienda in rete: se ne parlava anche nel CRM tradizionale, ed è un imperativo nel social CRM. Dalla funzione HR al Marketing, alle Vendite, al Customer Service – solo per citarne alcune –, tutte e tutti possono trarre beneficio dal rapportarsi al proprio pubblico sui nuovi canali di comunicazione dei nativi digitali. Ecco come nella suite Zoho è possibile ritrovare tutto questo: Zoho Recruit permette di postare, tra gli altri canali, anche su LinkedIn le ricerche di lavoro; Zoho Social unifica le funzioni di analisi, listening e interazione dei canali Facebook, Twitter e LinkedIn; Zoho CRM permette di avere una visione unica del cliente indipendentemente dal canale di relazione (offline, online e social) preferito. Credo sia chiaro cosa intendo per social: è il contesto/ ambiente nel quale si sviluppano oggi le relazioni. Oggi è una parte del tutto, domani sarà il quasi tutto. Allora che cos’è il social CRM? Era ed è una strategia di business attraverso la quale le vecchie aziende rinnovano il proprio corredo genetico, che posiziona il cliente al centro del business (o il cittadino, se si tratta di Pubblica Amministrazione) ascoltandolo, apprendendo e co-evolvendo, trattando gli utenti in modo differenziato, a prescindere dal fatto che questo differenziato dipenda dal loro valore economico (CLV) o da parametri di natura qualitativa. E le nuove aziende? Be’, speriamo che non nascano già vecchie in partenza... “People have the power”, cantava Patti Smith nel 1988; Customers have social power, quanto mai vero oggi.
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MOBILE EXPERIENCE
Ripensare le relazioni con i clienti nell’era del mobile only Oltre il mobile first, verso il mobile only: i device mobili stanno diventando il canale d’elezione per le interazioni aziende-clienti. RENATO BUONTEMPO
Partner e CIO, Ecrm Italia renato.buontempo@ecrmitalia.com L’Italia è un Paese proverbialmente meno “alfabetizzato” nell’uso degli strumenti digitali, ma è anche la terra degli smartphone. Da diversi anni, ormai, l’attenzione delle aziende è focalizzata su questi touch point digitali, ed è in atto una continua evoluzione dell’esposizione dei servizi al consumatore. Ma quanto è importante continuare a investire nel canale mobile? E, soprattutto, è chiaro per le aziende, soprattutto Retail, qual è la direzione in cui concentrare questi investimenti?
Italiani sempre più online e mobile Nonostante la differenza con i Paesi più “digitali”, in Italia c’è fortunatamente un trend importante di crescita della popolazione online. Sebbene il numero complessivo delle SIM non sia sensibilmente variato – il mercato, del resto, è abbastanza saturo –, nell’ultimo anno il numero di quelle con accesso a Internet è cresciuto del 5,7%, arrivando a superare 53 milioni di unità, mentre i consumi medi (1,76 giga/mese) hanno registrato una crescita del 32,6%. A fine 2016 il traffico dati complessivo è risultato in aumento di circa il 46% rispetto ai corrispondenti volumi osservati per il 2015, e da dicembre 2012 le SIM che hanno effettuato traffico dati sono passate dal 30,8% al 54,1% di quelle complessive1. Quindi non solo aumentano gli italiani che navigano online da smartphone o tablet, ma soprattutto risultano in aumento quelli che possono essere definiti mobile only, ossia che si connettono alla rete quasi esclusivamente dai loro dispositivi mobili. Un’indagine condotta da comScore2 evidenzia come AGCOM, Osservatorio sulle comunicazioni 1/2017. 2 comScore, Internet in Italia – I Trend del 2017. 1
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il traffico mobile sia caratterizzato dall’essere effettuato principalmente da popolazione giovane, ma comunque più o meno equamente distribuita nelle fasce di età fino ai 44 anni. Se, come rileva comScore, due minuti su tre online sono trascorsi su dispositivi mobile, la stragrande maggioranza di questi (89%) si spende mediante le app. C’è inoltre una concentrazione su determinati contenuti, principalmente messaggistica e social network: 6 minuti su 10 vengono spesi su WhatsApp e Facebook. Questo ci differenzia notevolmente dai Paesi anglosassoni (USA e UK), digitalmente più avanzati, per i quali il traffico è concentrato nell’intrattenimento.
Mobile Experience, come rispondono le aziende Questo scenario rappresenta una grande opportunità per le aziende, che hanno la possibilità di adeguare le proprie modalità di erogazione di contenuti e servizi ai consumatori, per garantire loro una fruizione sempre ottimale e un’interazione completa su ciascun device. Le aziende devono però rivoluzionare il loro approccio, puntando a fornire su smartphone e tablet un’esperienza ormai mobile only. Questo non riguarda solo la presentazione dei contenuti, ma anche la User Experience nella fruizione degli stessi. È ormai prioritario che l’esperienza di navigazione dell’utente sia coerente con il device utilizzato, e che soprattutto non lo costringa a una fruizione non omogenea o lo forzi all’uso di diversi strumenti. È fondamentale annullare sia il channel-hopping – l’utilizzo appunto di canali diversi, quali app mobile, sito mobile o sito web durante un’unica interazione – sia il multi-screening, ossia la necessità di cambiare schermo per concludere la propria esperienza. Piuttosto che reinventare la Mobile Experience, molte aziende spesso realizzano processi con serie ingenuità, per esempio:
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• realizzano campagne di comunicazione o landing page con elementi interamente mobile first, ma poi fanno ricadere l’utente, dopo il primo ingaggio, in un contesto datato o non adeguato al device; • rilasciano applicazioni e-commerce o motori transazionali che non sono interamente mobile o basati su un’interazione gestuale; • realizzano app che non soddisfano completamente i bisogni o le necessità dei consumatori mobile; • perdono l’opportunità di integrare il mondo mobile con l’esperienza reale, per esempio in-shop e per la gestione dei programmi loyalty. Succede inoltre che differenti funzioni o gruppi aziendali gestiscano diversi touch point, ciascuno con i propri processi, risorse e metriche. Il risultato è una scarsa integrazione e continuità nel Customer Journey, che costringe il cliente a fare channel-hopping o multi-screening. E quando per il cliente questo non è possibile, si introduce un grosso ostacolo alla sua interazione con l’azienda, ostacolo che potrebbe portarlo anche a rinunciare al contatto.
Architetture mobile Le aziende dovrebbero quindi focalizzarsi sul progettare architetture ed esperienze interamente mobile che siano self-contained e complementari al resto del Customer Journey. La soluzione è decisamente a portata di mano, e la tecnologia è ben matura e disponibile; è però essenziale che ci sia una volontà precisa di procedere in tal senso. Il concetto di mobile only deve spingere a considerare la necessità di realizzare applicazioni che siano interamente progettate per essere fruite solo ed esclusivamente dai device mobili. Il design web responsive, anche se mobile first, non è più sufficiente a coprire adeguatamente questi bisogni. Si deve, appunto, andare oltre il mobile first, che sicuramente ha traghettato tantissime applicazioni web verso i device portatili, ma è anche responsabile di alcuni “incidenti” nella progettazione delle interfacce. Questi hanno reso da un lato non ottimale la fruibilità su mobile e dall’altro hanno portato alla realizzazione di interfacce desktop con elementi non coerenti con le dimensioni dello schermo (per esempio hamburger menu per la navigazione o search-box ridotti alla sola icona). È importante concentrare le energie e gli investimenti per realizzare una UX disegnata per l’interazione gestuale, e funzionalità disponibili che rispecchino le modalità di fruizione dei contenu-
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ti su mobile, con poche informazioni chiare, ben visibili e adatte all’interazione. Per esempio, quanti ragionano anche sull’opportunità di allocare le attività principali nell’area accessibile dal pollice (la cosiddetta thumb zone)? La responsabilità passa quindi alle app mobile, che devono essere in grado di superare, grazie alla loro fruibilità e utilità, la “barriera all’ingresso”: come rileva comScore, solo il 32% dei possessori di smartphone scarica una nuova app al mese.
CRM e applicazioni mobile Nel CRM l’interazione con il cliente deve tenere in considerazione questi aspetti durante tutto il Customer Journey. Non solo l’esperienza di acquisto online deve essere mobile only, ma anche tutto il percorso di interazione con il cliente. La fruizione di contenuti informativi, la comunicazione – sia promozionale che relazionale –, le attività di loyalty – quali l’accesso al proprio status o la redenzione di reward – o anche l’interazione con il Customer Care devono essere tutte UX rese interamente e comodamente possibili con smartphone o tablet. Inoltre, una coerente interazione con le attività in-store e l’integrazione con sistemi di pagamento digitale, quali anche le gift card, rende l’esperienza del consumatore più completa. In quest’ottica, per esempio, l’opportunità di trovare sul proprio dispositivo mobile le proprie gift card, con piattaforme premiali per clienti finali o di incentive per dipendenti e forza vendita, unita alla possibilità di fruirne seamless in-store all’interno della UX mobile only, rappresenta un’esperienza assolutamente gratificante per il consumatore. Le app mobile sono probabilmente il contenitore più adatto per tutte queste funzionalità, anche per la migliore interazione con l’hardware del device rispetto alle web app, ma è evidente che, per superare la ritrosia dei consumatori alla loro installazione, l’interazione con questi ultimi deve essere continua e risultare per loro interessante e utile. Solo così gli utenti finali saranno incentivati a mantenere l’app sul loro device il più a lungo possibile. Le aziende, i brand che rendono possibile questo, acquisiscono sicuramente un ulteriore vantaggio competitivo in un mercato, quello Retail, in cui è necessario adottare velocemente nuovi processi e tecnologie per l’interazione diretta con il consumatore, per mantenere quella relazione che si è sempre rivelata vincente.
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STRATEGIA
Approccio “Agile” per soluzioni incrementali Solo con una strategia chiara è possibile scegliere gli strumenti più idonei per raggiungere gli obiettivi aziendali. FRANCESCO BELLINI
Sales & Business Development Manager Injenia francesco.bellini@injenia.it Per chi come me ha sulle spalle qualche anno di esperienza, ha ben noti concetti come gli “Extended ERP” (XRP) o gli Extended CRM (XRM): degli ipotetici super software che sulla carta dovevano essere in grado di gestire qualsiasi tipo di processo e azione fosse necessaria ad un’azienda o, perlomeno, di tenere traccia in autonomia di tutto quello che avveniva da e verso un cliente/contatto. Questi concetti, nati alla fine del XX° secolo, sono definitivamente crollati con l’avvento e la rapida diffusione di Internet e della comunicazione digitale. La rivoluzione digitale ci ha portato a vivere un’epoca in cui: • il potere di scelta, confronto e analisi dei clienti si è decuplicato; • mediamente una persona utilizza cinque touchpoint diversi prima di effettuare un acquisto; • ogni “generazione” preferisce strumenti diversi; • recenti ricerche dicono che prima di procedere ad un nuovo acquisto un consumatore si informa durante micro momenti, temporalmente separati fra loro. In questo contesto, è utopico pensare che un unico strumento possa governare, monitorare e indirizzare tutti i processi, così come ritengo una mera scusa non affrontare l’innovazione e il cambiamento, solo per il fatto che l’utente deve poter lavorare sulla stessa identica interfaccia per qualsiasi attività. Questo non ha senso per due semplici ragioni. Innanzitutto, nella vita di tutti i giorni ciò non avviene, perché l’utente medio utilizza Gmail per controllare la posta, accede a due home banking (spesso molto diversi fra loro), guarda il meteo su un’applicazione del cellulare, tagga foto su Facebook ecc., quindi perché è al lavoro dovrebbe aver la pretesa di fare tutto in un unico posto? 20
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Ma a parte questo, l’errore di fondo è pensare che tutti al lavoro debbano occuparsi di tutto, soprattutto in un mondo dove le funzioni e le professionalità si differenziano sempre di più è la competenza che porta ai risultati migliori. Per questo motivo è meglio avere applicazioni differenziate che svolgono bene la specifica funzione per cui sono state pensate e far sì che le persone utilizzino solo quelle che competono la loro specializzazione, che le sappiano usare bene e in maniera approfondita, invece di voler “mettere le mani” su qualsiasi cosa, con il rischio di provocare danni ovunque.
Strumenti specifi Nell’ambito della gestione dei clienti e dei contatti, di cui mi occupo da anni, tutto questo non significa certo trovare la soluzione ai propri problemi ed esigenze all’interno di un software che magicamente fa tutto e, possibilmente, in automatico. Che si parli di “Customer Centricity” o di “Customer Experience” è, innanzitutto, una questione di strategia aziendale, e la soluzione non si può ridurre né a livello tattico, né tantomeno a livello tecnologico. Una volta definito quale approccio vuole avere un’impresa nei confronti dei propri clienti e del mercato, si dovrà pensare alle azioni necessarie e trovare gli strumenti più idonei per raggiungere gli obiettivi stabiliti o la nuova “direzione” verso cui ci si vuole muovere. Premesso ciò, per scendere ancora più a livello pratico, con la consapevolezza di cosa offre il mercato dal punto di vista tecnologico, posso affermare che non esiste un CRM che sia in grado di gestire in maniera indipendente e autonoma tutti i touchpoint esistenti oggi, ma è necessario utilizzare più piattaforme, ognuna specializzata in un ambito, o comunque in pochi. È a questo punto che “torna di moda” il tanto vecchio e temuto (soprattutto dagli informatici con esperienze non felici alle spalle) tema delle integrazioni. Questo argomento è sempre stato presente nei progetti software di ogni ordine e grado. Per qualche anno (mi riferisco appunto agli XRP e XRM) qualcuno ha cercato CMI Customer Management Insights
di far passare che il concetto fosse ormai superato, ma la contemporaneità ha dimostrato, invece, che l’integrazione acquisisce sempre più forza e importanza. Chi ha avuto la pazienza di arrivare fino a qui, si sarà ormai stancato di leggere teorie più o meno dimostrabili e sentenze a scatola chiusa. Credo, quindi, sia utile parlare di un caso concreto, raccontando l’esperienza vissuta insieme a un cliente.
Integrazione delle informazioni nella Customer Experience
Il caso Dorelan Vi parlerò brevemente del caso di B&T - Dorelan, azienda leader in Italia per il “benessere del sonno” che lavora sia in ambito B2C (tramite Rivenditori e i Franchisees Dorelanbed), sia B2B (nel settore hospitality & travel). Nel giro di pochi anni, l’azienda è passata dal gestire pochi touchpoint, prevalentemente al telefono e con incontri di persona, al ritrovarsi sommersi da molteplici canali di comuni-
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cazione, dovendo contemporaneamente allargare il bacino di persone coinvolte nei processi di relazione con il cliente. È necessario premettere anche che ogni canale veniva gestito in maniera indipendente e con strumenti generalisti (es: Excel), come credo facciano ancora molte aziende nate nel secolo scorso, che si sono trovate ad affrontare la rivoluzione digitale. In seguito alla forte crescita aziendale, che ha portato al moltiplicarsi degli interlocutori interni ed esterni e alla precisa volontà di voler ottimizzare la Customer Experience, Dorelan ha deciso di organizzare e amministrare centralmente tutti i punti di contatto con i clienti, dal numero verde ai negozi, dai siti web agli agenti. Avendo chiara la strategia e partendo da una situazione tecnologica di base, Dorelan si è trovata a dover scegliere quali strumenti fossero utili al raggiungimento dei propri obiettivi. Dopo una valutazione delle principali soluzioni di mercato, operata in maniera congiunta dalla Direzione Marketing e IT, la scelta è stata quella di orientarsi su soluzioni leader nelle rispettive specializzazioni, con la precisa richiesta/verifica che fossero integrabili fra loro. Nello specifico parliamo di: • SuiteCRM, CRM Open Source di classe Enterprise • Hootsuite, Social Media Management Tool • MailUp, Email marketing software Ogni strumento è stato selezionato in base alla precisa corrispondenza delle esigenze da soddisfare nel singolo ambito di applicazione, con la verifica che potesse essere adattato al modello di business aziendale e dei canali di contatto che Dorelan già utilizzava e che aveva deciso di adottare da lì a breve. Tutto questo con un approccio AGILE e incrementale, che desse la possibilità di aggiungere funzionalità, utenti e touchpoint in maniera graduale e modulare. Così facendo, in poco più di sei mesi, l’azienda è riuscita ad armonizzare e organizzare la gestione di tutti i touchpoint utilizzati e farne confluire le relative informazioni in un unico “contenitore”; di fatto riuscendo a ricostruire la “Customer Journey” di ogni singolo cliente/contatto, indipendente-
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STRATEGIA
mente dalla qualità e quantità dei canali utilizzati. Per scendere nel concreto, Dorelan ha a disposizione tutti i seguenti punti di contatto: • Sito istituzionale • Blog • Sito dedicato ai negozi Dorelanbed • Sito dedicato all’hospitality • Siti partner • Negozi Dorelanbed • Canali di Social Network: pagine Facebook dedicate, Twitter, Linkedin, Instagram • Numero verde Customer Care • Fiere ed eventi • Agenti B2B Dorelan Hotel
Siti Partner Dorelanbed
Web Blog Dorelan
Dorelan OBIETTIVI: Unico repository contatti B2C (fiere, web, ...) Unico repository contatti B2C (web, social , eventi, ...)
Visita punto vendita
CRM
Social Media
Gestione CRM Integrata
Fiera Evento
Touchpoint nella gestione dei lead nel caso Dorelan
Oggi, attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interni interessati nei contatti e un attento uso degli strumenti utilizzati, Dorelan ha ottenuto un triplice vantaggio: riu-
scire a gestire l’esperienza di relazione con il cliente in maniera uniforme, controllata e armonica, qualunque sia il mezzo che l’utente abbia deciso di usare; avere una fotografia più chiara e allo stesso tempo più targettizzabile della propria customer base; sapere quali campagne marketing e di comunicazione performano di più e su quale touchpoint portano più contatti. Nei prossimi mesi, con il completamento del progetto, che prevede l’integrazione dell’e-commerce, dell’ERP aziendale e del gestionale dei punti vendita, verrà completata la scheda cliente con tutte le informazioni utili ad una gestione a 360° dello stesso. Il caso B&T Dorelan, anche se qui descritto in maniera sintetica, può essere considerato un valido esempio per chiunque voglia rendere operativi progetti che ambiscono alla Customer Centricity. Questa esperienza ha confermato che una strategia aziendale chiara e ben definita unita a best practice, come l’approccio AGILE e la scelta di strumenti diversi, ma specializzati per ogni singola esigenza e opportunamente integrati fra loro, sono garanzia di successo di progetti di CRM o CXM. Pertanto, consigliamo, a chiunque abbia in programma piani simili, di valutare bene tutti gli aspetti precedentemente descritti e di avvalersi di esperti che conoscano bene queste tematiche; così da raggiungere più facilmente e al meglio i propri obiettivi, senza aver la pretesa di trovare un’unica soluzione tecnologica che “out of the box” segua perfettamente il proprio modello di business e, da sola, possa risolvere i problemi.
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