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Management ANNO 5 - NUMERO 2
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CUSTOMER SERVICE e CUSTOMER CENTRICITY
CMI CUSTOMER MANAGEMENT INSIGHTS Anno 5 - N. 2 - Marzo 2016 Numero unico Direttore responsabile: Letizia Olivari letizia.olivari@cmimagazine.it Hanno collaborato: Paola Arrigoni, Mariella Borghi, Giuseppe Coletti, Barbara Cominelli, Rhona Lombardo, Paolo Turriziani, Rachele Zinzocchi Impaginazione e grafica: Matteo Olivari grafica@matteoolivari.it Sito web: Luca Tripeni Zanforlin luca@lippocastano.it Abbonamenti on line: www.cmimagazine.it/abbonamenti Informazioni commerciali: tel. +39 3477370379 commerciale@cmimagazine.it CMI Customer Management Insights è una testata specializzata realizzata da L’Ippocastano Srl P. Iva 03328430966 via Valparaiso, 8 - 20144 Milano
Customer Service e Customer Centricity Il cliente al centro è una rivoluzione di Letizia Olivari, CMI Customer Management Insights
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Voice of Customer: come orientare il cambiamento di Mariella Borghi
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Customer Experience da sogno, via bot e Telegram di Rachele Zinzocchi
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Essere customer centric vuol dire abbracciare una visione che trasforma radicalmente l’organizzazione aziendale. Assumere il punto di vista del cliente dalla progettazione dei prodotti fino all’organizzazione dell’assistenza vuol dire avviare una collaborazione tra i settori aziendali verso un unico scopo: la customer experience eccellente.
La voce del cliente può aiutare le aziende nel viaggio per raggiungere una migliore Customer Experience attraverso il passaggio da una logica inside-out a una visione outside-in. Attenzione però a non trasformarla in un canto di sirena, cercando in essa indicazioni sul futuro del business, che l’impresa dovrebbe sempre e comunque individuare da sé.
La relazione con il cliente è in piena e costante trasformazione, all’insegna di un rapporto sempre più personale e personalizzato, che valorizza la centralità delle persone. Telegram e i suoi bot sono un caso esemplare dell’importanza che le app hanno acquisito in tale ambito, e delle nuove opzioni disponibili per la Customer Experience e l’Employee Engagement.
Customer Care e Instant Messaging, opportunità o minaccia? di Giuseppe Coletti, MSC Crociere
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Fattori di successo nella CX: il ruolo del customer care di Paola Arrigoni, ricercatrice
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Nuovi mercati e digitalizzazione di Barbara Cominelli, Vodafone
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Oltre i silos, in nome del cliente di Redazione
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La “porta d’ingresso” a una relazione di valore di Rhona Lombardo, Fabio Perini SpA
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Servizi automatici al telefono e Customer Experience di Paolo Turriziani, Interactive Media
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I canali di messaggistica istantanea come Whatsapp e Telegram offrono la possibilità di una comunicazione asincrona veloce, immediata e accessibile. Un vero paradiso per il cliente. Ma per le aziende? Quali aspetti vanno valutati per evitare che l’opportunità si trasformi in minaccia?
La seconda edizione dell’OsservatorioCX ha focalizzato l’attenzione della Cx Community sugli aspetti e sui fattori che determinano il successo o l’insuccesso della Customer Experience e del Customer Journey. Dall’indagine emergono i settori capaci di offrire la migliore esperienza per il cliente e i canali preferenziali di contatto.
Una riflessione sulla Digital Revolution, sui cambiamenti che ha introdotto nel mercato e su quelli che le aziende dovranno realizzare in futuro: i modelli di business, i prodotti e i servizi dovranno essere ripensati per valorizzare la Customer Centricity e le potenzialità del digitale e dell’Internet of Things.
Attraverso la direzione Customer Experience di Sky Italia, la centralità del cliente sta permeando gradualmente tutti i processi aziendali.
Anche nelle relazioni BtoB il customer service è un elemento chiave per creare esperienze di qualità. Il caso della Fabio Perini, attiva nella vendita di macchinari industriali per il settore del Tissue.
Il canale vocale è un metodo ancora vivo e ben presente nell’interazione tra una persona e un’organizzazione. Il dialogo persona-computer, immaginato e rappresentato da tanti libri e film di fantascienza, sta diventando una realtà sempre più vicina alla nostra esperienza quotidiana. Quali interazioni con sistemi conversazionali di un Servizio Clienti?
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Il cliente al centro è una rivoluzione Essere customer centric vuol dire abbracciare una visione che trasforma radicalmente l’organizzazione aziendale. Assumere il punto di vista del cliente dalla progettazione dei prodotti fino all’organizzazione dell’assistenza vuol dire avviare una collaborazione tra i settori aziendali verso un unico scopo: la customer experience eccellente. LETIZIA OLIVARI
letizia.olivari@cmimagazine.it
Mettere il cliente al centro è ben più di una generica predisposizione ad ascoltare il cliente, a fornirgli il migliore prodotto e ad assisterlo in ogni esigenza. Se si resta a questo stadio, offrire una customer experience adeguata alle aspettative create dal brand l’attenzione sarà focalizzata soprattutto sul servizio al cliente. Diventare customer centric è qualcosa di radicalmente più profondo che coinvolge tutta l’organizzazione aziendale nella revisione di tutti i processi. Tutto va guardato con l’occhio del cliente, mettendosi nei suoi panni. Mettere al centro il cliente non è uno slogan ma un approccio di business che ha come obiettivo il vantaggio competivo che deriva dall’esperienza positiva dei clienti. Tutte le decisioni delle aziende customer centric hanno come fulcro i clienti. Ogni pensiero, azione e processo inizia con il cliente e non con le necessità del singolo settore aziendale. I clienti diventano sempre più evoluti, vanno sempre più spesso oltre le apparenze. Ci sono un’infinità di servizi che nella sostanza sono uguali, con poche differenze tra i diversi fornitori, pensate alla luce, il gas, il telefono. L’elemento differenziante può essere solo la customer experience e questa si genera non certo, o per lo meno non solo, con l’immagine, l’orgoglio di essere cliente di uno
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specifico brand, e neppure con la creazione di contenuti. Certo ci vuole anche tutto questo, ma un cliente resta fedele all’azienda che ha saputo rendere ogni processo fluido e trasparente, leggibile anche dai non addetti, che ha saputo facilitare il contatto, che è proattiva in ogni situazione. Pensate all’esempio semplice della fatturazione di questi servizi. Essere Customer Centric vuol dire non fermarsi agli aspetti formali e alla correttezza contabile, vuol dire lavorare in sinergia tra diversi settori aziendali per rendere la fattura uno strumento di facile e diretta comprensione da parte del cliente, anche quando le varie voci che la compongono sono di difficile lettura. Ma anche nei prodotti possiamo fare esempi. Non è più sufficiente proporre buoni prodotti e neppure creare un design accattivante, lanciare campagne di promozione emozionanti. Oggi il cliente prima di acquistare cerca informazioni sul sito dell’azienda e le vuole trovare in modo facile e veloce, senza doversi perdere nei meandri delle pagine web. Vuole poter far confronti, vuole essere sicuro che se qualora ne avesse bisogno la rete di assistenza sia capillare e facile da contattare. Diventare una società customer centric non è facile. Non si tratta solo di cambiare la cultura aziendale, si tratta di trasformare l’intera azienda.
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Conoscere i clienti Essere proattivi Essere coerenti
Tre passi per la trasformazione Diventare customer centric richiede una conoscenza approfondita dei clienti, la capacità di affrontare le esigenze dei clienti in modo proattivo e la capacità di supportare i clienti in ogni fase. Conoscere i clienti In primo luogo, è necessario sapere tutto sui vostri clienti e della loro esperienza con il vostro prodotto. Questa conoscenza permette di orientare lo sviluppo di prodotti realmente allineati alle reali esigenze dei clienti e di fornire valore. L’idea di cliente che avete in azienda corrisponde alla realtà? È il cliente che si dove adeguare alle necessità dell’azienda o accade il contrario. Occorre una visione completa dei clienti, modalità di acquisto e di utilizzo, segnalazioni al customer service, preferenze espresse nelle conversazioni circa il prodotto. Tutto può aiutare a colmare il divario tra l’azienda e i clienti. Tutta l’azienda deve avere questa conoscenza del cliente, non ci si può limitare ad alcuni settori, come il marketing ad esempio. Essere proattivi Non è più il tempo di aspettare le reazioni dei clienti, oggi è essenziale risolvere i problemi dei clienti prima che si presentino. Un collegamento diretto con i clienti può aiutare anche a individuare i potenziali problemi prima che gli stessi clienti li incontrino. Essere coerenti Non ultimo l’attenzione al cliente si deve dimostrare in ogni momento, con la costruzione di una relazione forte,
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coerente e non invasiva. Sviluppare una strategia olistica che si concentra sulla creazione di un rapporto continuo permette di ridurre i costi di acquisizione ed è dimostrato che aumentare del 2% la fedeltà dei clienti ha lo stesso effetto sui bilanci di una riduzione dei costi del 10%.
I benefici Adottare un approccio customer centric diffonde in tutti i processi aziendali benefici duraturi che ripagano degli sforzi compiuti per il cambiamento. Per esempio, ascoltare il cliente permette di ridurre i costi di sviluppo del prodotto e di essere più rapidi nel portare sul mercato nuovi prodotti. L’azienda customer centric diventa più agile e aumenta la fidelizzazione del cliente. Da tutto ciò discende anche una maggiore redditività perché si resta concentrati sul valore da generare per il cliente. Il passaggio da una mentalità prodotto-centrica a una cultura incentrata sul cliente non si fa un giorno con l’altro, è un processo lungo che deve coinvolgere tutta l’azienda e va condiviso anche con i fornitori.
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PROCESSI AZIENDALI
Voice of Customer: come orientare il cambiamento La voce del cliente può aiutare le aziende nel viaggio per raggiungere una migliore Customer Experience attraverso il passaggio da una logica inside-out a una visione outside-in. Attenzione però a non trasformarla in un canto di sirena, cercando in essa indicazioni sul futuro del business, che l’impresa dovrebbe sempre e comunque individuare da sé. MARIELLA BORGHI
Consulente Customer Experience mariella.borghi@gmail.com Per anni ho seguito molteplici progetti nell’ambito del Customer Experience Management (CXM), confrontandomi con realtà variegate. La maggior parte delle aziende che operano sui mercati B2C si trovano nella condizione di dover predisporre programmi di CXM principalmente per mantenere i clienti esistenti e quindi per migliorarne l’esperienza. Un elemento accomuna però molte di queste realtà: la difficoltà nel comprendere le vere implicazioni del fare CXM e dell’ascoltare i propri clienti.
Dare voce ai clienti Le aziende sono naturalmente portate a essere prodottocentriche: sono quindi orientate a una visione inside-out (dall’interno verso l’esterno) e si focalizzano in prevalenza sul buon funzionamento dei processi interni. La dura verità è però un’altra: al cliente dei processi interni importa davvero poco. Immaginate di avere un problema con la vostra connessione a Internet: sareste più pazienti se l’operatore vi spiegasse che un collo di bottiglia nella gestione del vostro problema ne impedisce una pronta risoluzione? Il fatto che un determinato processo sia corretto dal punto di vista dell’organizzazione non significa affatto che il cliente lo percepisca allo stesso modo e soprattutto ne sia soddisfatto. Nel momento in cui il management decide di intraprendere un percorso di miglioramento della Customer Experience, deve avere ben chiaro che le logiche impiegate sino a quel momento sono da rivedere e po6
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tenziare. Abbracciare una logica outside-in (dall’esterno all’interno), dando voce ai clienti, è l’elemento imprescindibile per il successo di un programma di CXM. Tuttavia, non tutte le organizzazioni seguono questa prassi: spesso i questionari di soddisfazione finiscono per essere creati in funzione dei dati che si vogliono raccogliere e non in funzione di quello che il cliente potrebbe dire. Allo stesso modo le analisi successive vengono predisposte non tanto per far emergere la voce del cliente (VOC), ma pensando al report che dovrà essere predisposto per il prossimo meeting con l’amministratore delegato. Si corre quindi il rischio che le domande non aiutino a far emergere la VOC, ma il punto di vista aziendale. Ipotizzate ora di avere sottoscritto un servizio (televisivo, telefonico, connessione a Internet). L’azienda fornitrice vi contatta al momento della sottoscrizione del contratto e, presumibilmente, mai più. Vi scriverà unicamente per mandarvi le fatture e per sollecitarvi in caso di mancato pagamento. Da un punto di vista di processi aziendali tutto sembra perfetto: abbiamo un nuovo cliente, ha firmato il contratto, gli manderemo delle fatture. Piccola nota sarcastica: qualcuno in azienda ha mai letto queste fatture? Risulta a volte complicato destreggiarsi tra le somme, sottrazioni e percentuali contenute in quell’unico pezzo di carta. In ogni caso la vostra fattura è sbagliata, e iniziate una sequela di conversazioni con vari Call Center per cercare di spiegare il vostro punto di vista, che spesso non viene ascoltato o compreso, e alla fine, delusi e depressi, pagate e tacete. Sicuramente, appena si presenterà l’occasione, cercherete di cambiare operatore. La realtà è che molte aziende sono totalmente ignare di come i clienti vivano l’esperienza con il brand. Quali sono le possibili ragioni? Senza dubbio esiste una CMI Customer Management Insights
componente di paura del cambiamento, che la verità espressa dai clienti potrebbe causare. Fare Customer Experience è molto difficile, specie nelle grandi aziende: più grande è l’organizzazione, maggiori sono le stratificazioni e la complessità da governare. Per gestire al meglio la Customer Experience, queste stratificazioni dovrebbero venire rimosse. Può senza dubbio apparire un lavoro enorme, ma senza di esso si rischierà di perdere dei clienti. E senza clienti non si starà sul mercato. Guardate la lista di Fortune 500: quante aziende saranno ancora in giro tra quindici anni? Basti pensare che l’88% delle aziende S&P 500 attive nel 1955 è scomparso entro il 2014. Si prevede inoltre che il 75% di quelle attive oggi verrà rimpiazzato entro il 2027. Serve pertanto una profonda capacità di innovazione per stare al passo con i tempi e con mercati in continua evoluzione. Torniamo alla fattura sbagliata: se qualcuno in azienda avesse pensato di leggerla mettendosi nei panni del cliente? Se avesse provato a capire come viene gestita la chiamata del cliente al Contact Center per una fattura errata? Se invece di attendere la lamentela del cliente si provasse a chiedergli, appena ricevuta la fattura, come è stata la sua esperienza, modificando di conseguenza i processi collegati, qualora scorretti dal suo punto di vista? Gartner sostiene che il 95% delle aziende utilizzano survey di soddisfazione per i propri clienti e ritengono che la prima tra le dieci tecnologie per migliorare la Customer Experience sia la Voice of Customer, e solo in seguito il Business Process Management e i Customer Analytics. La VOC dovrebbe quindi essere all’ordine del giorno per tutte le aziende.
Cos’è la VOC e le differenze col CRM Nella sua forma più semplice il CRM consente di avere una visione univoca delle interazioni e relazioni con i clienti dal punto di vista del business e, quindi, inside-out. Al contrario, le applicazioni di VOC e CXM consentono alle aziende di ricevere una visione outside-in dei propri clienti e del mercato. La tecnologia VOC può essere impiegata per catturare il feedback nei diversi momenti del Customer Journey, da quelli precedenti l’acquisto, alla vendita, alle richieste di supporto, e pertanto lungo tutto il ciclo di vita del cliente. Implementando sistemi di VOC le aziende acquisiscono l’abilità di catturare e analizzare il feedback dei clienti in tempo reale e trasformarlo in Customer Intelligence, tramutando così la voce del cliente in una forza che andrà a guidare le azioni e le decisioni strategiche, a cambiare i processi di business e la cultura aziendale adottata dai dipendenti che sono a diretto contatto con i clienti.
Integrare la VOC nella cultura aziendale I benefici della VOC non dovrebbero essere soltanto di breve respiro: rispondere rapidamente ai clienti, implewww.cmimagazine.it
mentare attività di close the loop sono azioni importanti ma insufficienti per dare impulso a una vera trasformazione in azienda customer-centrica. Come fare allora? I risultati delle analisi derivanti dalla VOC devono essere integrati nelle daily operations dell’azienda. Ciò si ottiene comprendendo appieno sia il punto di vista degli stakeholder interni sia dello staff di front office, integrandolo con la voce del cliente. Deve essere dedicata particolare attenzione a coloro che verranno maggiormente influenzati dal cambiamento. Avere il buy-in dei dipendenti richiede una combinazione di input derivanti dall’applicazione di metodologie di ascolto della Voice of Employee (VOE), workshop di gruppo e incontri one-to-one. Tutto ciò consentirà allo staff di comprendere il bisogno del cambiamento e il ruolo che ciascuno di essi andrà a coprire nella nuova visione customer-centrica. Solo attraverso queste attività di change management si potranno superare le barriere insite nell’implementazione di strategie di Customer Experience di successo.
La VOC potrebbe essere ingannevole? Ci sono diversi esempi di applicazioni di successo della VOC, ma esistono anche aziende che preferiscono non infastidire il cliente con continue survey. Ciò di cui è bene essere consapevoli è che i clienti non ci diranno con chiarezza quali prodotti o servizi implementare in futuro e come. Dubito che qualcuno dieci anni fa avrebbe potuto dire ad Apple di desiderare un device troppo grande per essere un telefono e troppo piccolo per essere un computer. La VOC può pertanto ingannare le organizzazioni se usata per scopi scorretti. Sarà arduo ottenere idee davvero innovative, a meno di non essere particolarmente fortunati. La VOC non dirà esattamente dove il mondo o la tecnologia dovranno davvero andare, perché nessuno là fuori lo sa ancora: toccherà alle aziende innovative indicare la direzione. Non dimentichiamoci quanto disse Steve Jobs a questo proposito: “Le persone non sanno cosa vogliono finché non glielo mostri”. Ed Henry Ford: “Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: cavalli più veloci”. Nonostante ciò la Voice of Customer non può essere ignorata. Resta e rimane uno strumento valido per microdecisioni, importanti da prendere per migliorare il business, la strategia e i risultati economici delle aziende. La visione, la missione e il quadro di insieme macro per il futuro dovrebbero sempre e comunque scaturire da approcci simili a quelli che hanno avuto Jobs e Ford. Un programma di ascolto della voce del cliente ci darà quindi enormi soddisfazioni: ci consentirà di migliorare quello che stiamo facendo oggi, ma allo stesso tempo di tenere gli occhi aperti sulle innovazioni che cambieranno il mondo in futuro. MARZO 2016
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SOCIAL CUSTOMER SERVICE
Customer Experience da sogno, via bot e Telegram La relazione con il cliente è in piena e costante trasformazione, all’insegna di un rapporto sempre più personale e personalizzato, che valorizza la centralità delle persone. Telegram e i suoi bot sono un caso esemplare dell’importanza che le app hanno acquisito in tale ambito, e delle nuove opzioni disponibili per la Customer Experience e l’Employee Engagement. RACHELE ZINZOCCHI
R&D Social Media Manager rachelezinzocchi@yahoo.it
Customer Centricity = Customer Service? Sì. Tanto più, e meglio, se parliamo di Social Customer Service, Social Customer Care, di #SocialCare – per me da anni hashtag riassuntivo di strategia e tattica, fondamento e obiettivi del New Marketing, del New Business Model oggi.
Come sarà il nuovo marketing? “Vuoi vendere? Aiuta”; “Sell? Help!” 1; o ancora, in hashtag, #SellHelp: ecco le parole d’ordine di questo nuovo modo di fare affari, online e non solo. Il ROI sui social media, e nel marketing in generale, è responsabilità, è un fatto di cuore 2. Sta nel quanto e quanto a lungo tu – brand o persona – sei responsabile, quanto metti in gioco il cuore e tutto te stesso per aiutare e soddisfare al meglio le esigenze del tuo cliente-amico. “Sono utile, dunque vendo”. Sono in grado di offrirti – o di consigliarti, di farti consigliare – un prodotto che davvero ti sia utile in quella tua emergenza ora, piccola o grande? Allora mi seguirai, comprerai da me, e farai bene. #SellHelp, #SocialCare: un fare soldi facendo del bene, fare del bene facendo soldi, fare l’utile con l’utilità. Un marketing del volontariato, altruistico-egoistico, egoistico-altruistico. Un Heart Marketing, un marketing del cuore con al centro la Youtility, l’utilità per te alla Jay
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Baer 3, cifra di un marketing “tanto utile che la gente farà la fila alla tua porta” per comprare da te. Di questo nuovo marketing il Social Engagement è un KPI fondamentale. Un social selling ove l’accento è posto non sul selling 4, sul voler vendere a ogni costo, ma sul social, sul fattore chiave delle relazioni sociali: il Social Helping, il Social Engagement. Di questo nuovo marketing, tre sono le keyword essenziali: • Customer Experience – tutt’uno con la Employee Experience, con l’Employee Engagement; • Passaparola - il Wor[l]d Of Mouth Marketing; • Social CRM impeccabile. Aiutare è il nuovo marketing, e conterà più del prezzo. “Customer Service is the new Marketing”, ricorda ancora Baer. Customer Experience, passaparola, assistenza al cliente pre e post vendita sono il nuovo marketing, i fattori che “entro il 2020 diverranno più importanti del prezzo” - se non lo sono già. “Social Engagement may be more important than Marketing” ha dichiarato anche Carlos Dominguez, Presidente e COO di Sprinklr, al MIT Sloan Management Review. “Fammi innamorare, sarò tuo cliente!”5 sembra gridare oggi il consumatore alle aziende. Il nuovo marketing è relazione con la rete. Solo in questo circolo virtuoso il cliente può essere invogliato a divenire nostro cliente o fidelizzato a restar tale, magari migliorando anche il proprio valore economico. “Mi fido, ti compro e ti faccio comprare” 6: a vendere di più è l’azienda responsabile. In un Social Engagement così inteso sta il digital trend del New Marketing 2016: un abbraccio, un ingaggio, quasi un fidanzamento del brand
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coi propri contatti in rete – intesi tutti insieme e uno per uno, nella loro globalità ma anche nella specifica singolarità di ognuno. Da accudire, curare in toto e singolarmente, prendendosene cura così tanto da donar loro una Customer Experience davvero indimenticabile. Social Engagement di successo è dunque Customer Experience memorabile: per tutti e ognuno al contempo. “Experience is the new Brand. Experiences are the new Branding. Future is Experience”, sentenzia oggi Brian Solis, nel suo nuovo X: The Experience when Business meets Design, un libro non solo sulla Customer Experience, ma che è già Customer Experience memorabile. La sfida oggi per i brand sta nel fattore X, quel je ne se quoi che rende un qualcosa tanto speciale, che esplode quando viviamo una great experience con un prodotto o servizio, e la fa restare scolpita nel cuore, nella mente, nello spirito. È la Human-Centered Experience Architecture, la capacità di disegnare un’esperienza centrata sulla persona nel suo vissuto con il brand, che pone al centro il cliente, inteso però come persona, nella sua humanitas – con cuore, intelligenza emotiva e universo emozionale in primis. “Le esperienze oggi sono più importanti dei prodotti” scrive Solis. “Le esperienze sono i prodotti”. Non si tratta più perciò solo di soddisfare le esigenze del cliente, di andargli incontro al centro, ma di anticiparne i movimenti – rendendone così ancor più profonda e consapevole la centralità – creando Proactive Experiences. “If you’re not an experience, you’re not a brand” cinguetta Solis su Twitter. Quel che il cliente compra, che vorrà comprare, non è tanto l’oggetto in sé, ma ciò che vivrà ed esperirà con esso oggi, domani e sempre: emozioni, sensazioni, sentimenti, vita vissuta. Apple, Disney, Google Nest fanno scuola. “La Customer Experience è una priorità per te? Se no, ti costerà caro”. Esperienze memorabili così intese – ricche di valore, che non puoi trattenerti dal condividere e consigliare – sono le nuove forme di marketing. Sono il nuovo marketing come aiuto, come #SocialCare, Customer Service a 360 gradi che non solo pone al centro il cliente-amico, ma si predispone al servizio costante, innovando di linfa ancor più vitale la centralità del cliente stesso. In questo quadro, ogni giorno spuntano fuori nuovi strumenti di aiuto e supporto al cliente per ogni sua necessità, dalle più serie e specifiche alle più leggere e creative. Tool per il cliente, per seguirlo là dove va, corre ogni giorno: per metterlo davvero al centro e garantirgli così una Customer Experience realmente memorabile.
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Il caso Telegram Tra le centinaia di esempi, le app giocano oggi un ruolo fondamentale. Compagne costanti della nostra esperienza online e offline – in un mondo in cui “Mobile is everything” – i casi non si contano. Una però in particolare ci ha colpito, per il suo potenziale di utilità lato Customer Experience ed Employee Engagement: possibile modello di comunicazione utile, che aiuta, col cuore, generando emozioni, anche via bot e chat. Parliamo di Telegram. Nata nel 2013, adorata dai nerd, meno nota ai più – nonostante il raggiungimento dei 100 milioni di utenti attivi al mese e dei 15 miliardi di messaggi al giorno – è una “cloud-based mobile and desktop messaging app with a focus on security and speed”. I suoi vantaggi, in effetti, partono tutti da qui. 1. Gestione dei messaggi. Basato sul cloud con sincronizzazione istantanea, Telegram è utilizzabile contemporaneamente con tutti i dispositivi e consente di condividere un numero illimitato di foto, video e file fino a 1,5 GB. E se non vuoi salvare dati nel tuo dispositivo, puoi tenerli nel cloud. Spazio occupato? Quasi zero. L’azienda può così seguire e inseguire clienti – esterni e interni, customers ed employees – ovunque siano, qualunque device abbiano, con info aggiornate in real-time e ogni tipo di contenuto. È il trionfo della omni-channel Experience, della omniscient Customer Experience. 2. Velocità e sicurezza nelle prestazioni, grazie all’infrastruttura con più data center e alla crittografia. Esempi? • Chat segrete, basate sul client-client, senza passare dal cloud, con autodistruzione di messaggi, foto e video secondo timer preimpostati dai partecipanti; • Self-Destructing Accounts, funzionalità pensata per le grandi compagnie che accumulano dati sui loro utenti e li conservano per un tempo indefinito, che consiste nell’autodistruzione automatica di un account se non si effettua più l’accesso per sei mesi (un anno al massimo). Inutile rimarcare il valore di tanta sicurezza, oggi che la privacy è priorità assoluta di aziende, clienti e dipendenti. 3. Gruppi e supergruppi. Ideali per condividere contenuti con amici o collaboratori in piccoli team, i gruppi contengono sino a 200 membri, 1.000 invece i super-
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gruppi. L’utilità lato #EX-#CX? “Gli utenti business e i piccoli team potrebbero amare i gruppi estesi, le app desktop e la condivisione file”: supportano risposte, menzioni e hashtag, e consentono ricerche via username. Ottimi per combinare SMS ed e-mail, soddisfacendo le esigenze della messaggistica personale e aziendale.
terreno più fertile per crescere e dare i frutti migliori, lato Customer Experience, Employee Engagement, #SocialCare: grazie all’apertura, alla libertà della piattaforma. “Abbiamo un’API per i bot” spiegano, “una piattaforma per sviluppatori che consente di creare strumenti personalizzati”. Pertanto • “There’s a... bot for that!”: esistono bot quasi per tutto, che consentono di - integrarsi con altri servizi per postare commenti da remoto, controllare una Smart Home, inviare notifiche, come GitHub Bot o Image Bot; - creare tool personalizzati per fornire alert, previsioni del tempo, traduzioni, come Poll bot; - costruire giochi single & multi-player: una partita a scacchi? Un quiz? Altro che Candy Crush su FB! Date un’occhiata a Trivia bot. • Libertà di creazione e personalizzazione dei bot e del servizio offerto. Ecco il vero segreto. Chiunque con minime skills può creare bot. E se hai problemi c’è @BotFather per aiutarti a dar vita al tuo bot. Lato aziende, ciò significa che ogni compagnia può creare il servizio migliore, più veloce e sicuro, per garantire la Customer Satisfaction interna ed esterna in ogni esigenza, con la massima customizzazione: un bot che sia tutt’uno col proprio profilo - brandizzato a costo zero - e col profilo di ognuno e di tutti i suoi contatti. Una omni-channel e omniscient Experience che soddisfi tutti e ciascuno al contempo. Qualche esempio di offerte proponibili via bot? FAQ per l’assistenza, la fruizione di prodotti e servizi, ma anche di contenuti utili per i dipendenti, o ancora tool per automatismi nel payment, rinnovi di contratti o gestione utenze, operazioni, preventivi, calcoli, ordini, invio e ricezione certificati.
4. Canali. Con un numero illimitato di membri, diffondono messaggi pubblici a un pubblico ampio. La loro utilità? • Lato Employee Experience, siamo di fronte a una Internal Communication versione moderna, molto più friendly. Gli stessi vantaggi di altre chat di gruppo come WhatsApp, ma senza lo spam del Reply To All; • Lato Customer Experience: - la possibilità per ogni brand di attivare un canale di comunicazione rivolto alla clientela, con informazioni personalizzate per ciascuno in base alle esigenze. Esempi? Newsletter – ma rinnovate e più fresche – promo, iniziative dedicate, Tips&Tricks, How-To, avvisi; - la qualità, il valore unico del network così costituito e raggiunto. Chi ne fa parte l’ha scelto, magari scommettendo per la prima volta su una piattaforma poco nota. Il pubblico deve essere davvero interessato: ecco il vero engagement. Né si è qui soggetti a News Feed che ti oscurano se non paghi. Molto più facile sarà raggiungere la rete di contatti e generare Leads. Con benefici sul ROI, dato anche l’ottimale rapporto qualità/prezzo: il tutto, infatti, è a costo zero. 5. Bot. Ecco la Telegram Bot Revolution. Cosa sono i bot? “Account speciali, per scambio automatico di messaggi”, con cui gli utenti possono interagire inviando messaggi di comando. In verità bot e chatbot non esistono solo qui: questi meccanismi automatizzati, robottini virtuali al servizio della nostra vita online e offline, li troviamo anche nell’Instant Messaging, in quelle app di messaggistica istantanea in grado di dialogare automaticamente col cliente, così bene e velocemente da garantirgli un viaggio col prodotto che vale ben più del prodotto stesso. Un’esperienza che, fatta di sensazioni, emozioni condivise a dispetto degli automatismi, è il prodotto stesso. Questo almeno nella mission, promessa con l’evoluzione dei bot dalla elementare veste transazionale - spesso limitata al search - a quella conversazionale, con bot capaci di far conversazione (quasi) come esseri umani, con cui chattare come fossero persone per eseguire compiti svariati, come quelli commerciali legati al mobile payment, oggi decisivo. Un orizzonte rivoluzionario che in Telegram trova il
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Un sogno via robot: sapranno realizzarlo le aziende, tanto splendido che tutti vorranno comprarlo? La partita è aperta. Si veda l’intervento tenuto da Rachele Zinzocchi all’eMetrics Summit Milan 2015 “Social Media ROI: dall’utile all’utilità” disponibile su www.slideshare.net e l’articolo “Vuoi vendere? Aiuta” pubblicato su Tech Economy. 2 R. Zinzocchi, “Digital Marketing, Sales, Customer Service: come combinarli per il Business”, Tech Economy. 3 Autore, tra gli altri, del libro Youtility: Why Smart Marketing Is about Help Not Hype. 4 Come sostenuto da Hillary Byers Settle nell’articolo “The Key to Social Selling is Social, Not Selling”, pubblicato sul sito www.convinceandconvert.com. 5 R. Zinzocchi, “Fammi innamorare, sarò tuo cliente. Il nuovo Marketing è Relazione con la Rete”, Tech Economy. 6 R. Zinzocchi, “Mi fido, ti compro. E ti faccio comprare: a vendere di più è l’azienda responsabile!”, Tech Economy. 1
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Customer Care e Instant Messaging, opportunità o minaccia? I canali di messaggistica istantanea come Whatsapp e Telegram offrono la possibilità di una comunicazione asincrona veloce, immediata e accessibile. Un vero paradiso per il cliente. Ma per le aziende? Quali aspetti vanno valutati per evitare che l’opportunità si trasformi in minaccia? GIUSEPPE COLETTI
Unified Woldwide Contact Center Quality, Training & Coaching Manager MSC Crociere Mentre una cospicua parte di aziende non ha trovato ancora la quadra per una gestione della comunicazione omnichannel che sia realmente integrata e consistente, ricevo in maniera sempre più insistente sollecitazioni da alcuni settori di valutare se pianificare l’integrazione dei servizi di instant messaging nei canali di contatto. Forse perché impauriti dai potenziali effetti virali dell’apertura ai social network, alcuni pensano che sia più semplice inserire WhatsApp o Telegram come canale di comunicazione aggiuntivo tra i clienti e il customer care. Queste richieste mi inducono a condividere alcune riflessioni che ho maturato analizzando le prime sperimentazioni iniziate nel 2015.
WhatsApp e Telegram Se fino a tre anni fa WhatsApp era quasi una moda giovanile, oggi è uno standard di comunicazione mobile multipiattaforma de facto. Di recente il CEO Jan Koum ha rilasciato i numeri ufficiali: 1 miliardo di utenti che scambiano 42 miliardi di messaggi, 1,6 miliardi di foto e 250 milioni di video al giorno. Numeri che indicano la profonda distanza con il diretto inseguitore Telegram che, nonostante offra migliori capabilities, solo da poco ha raggiunto i 100 milioni di utenti attivi al mese. La notizia che WhatsApp, con la recente abolizione dei 99 cent di $, ha rinunciato ad www.cmimagazine.it
una corposa revenue, stimata in circa 800 milioni di dollari all’anno, lascia pensare che i tempi siano maturi per offrire una soluzione per il business. Ad esempio, attraverso il rilascio di API di interfacciamento con le piattaforme URS e CRM, soluzioni dove l’azienda di Mountain View intravede un’opportunità di incoming molto più interessante dell’obolo chiesto agli utenti non IOS. Alcune compagnie, come dicevamo, hanno già avviato nel 2015 una sperimentazione. La prima è stata KLM, seguita da Transavia e Starwood. In Italia anche Genialloyd ha provato il canale su un set limitato di clienti. Caso singolare quello di Meridiana, che da un lato limita l’accesso al Contact Center attraverso un numero a valore aggiunto 892 e dall’altro apre i canali gratuiti social e WhatsApp. Dalla prospettiva del cliente, WhatsApp sembra il paradiso: zero costi di accesso, zero IVR, attese brevi, una disponibilità degli operatori verificabile in tempo reale e la notifica di lettura messaggi. Un canale asincrono veloce e immediato come una chat, ma accessibile ovunque e in qualsiasi momento, con la possibilità di inviare “al volo” alcune tipologie di allegati (con Telegram si possono inviare qualsiasi tipo di documenti). E se ad un certo punto si è stanchi di scrivere, si può anche telefonare sempre a costo zero (ovvero utilizzando la rete dati).
I benefici e i rischi Le aziende più sensibili alla customer experience non vorrebbero farsi sfuggire questa ghiotta opportunità, pensando ai diversi vantaggi offerti dal mezzo. In primis, a differenza dei social, la conversazione è privata e questo fattore influenza positivamente il tono delle conMARZO 2016
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SOCIAL CUSTOMER SERVICE
versazioni, sia per l’utente che non è portato ad amplificare le richieste perché sa che parla ad un’audience vastissima e che resterà traccia di quanto scritto, sia per l’azienda che non corre il rischio di esporre il marchio alla gogna mediatica in caso di risposte errate. Un altro vantaggio è la comunicazione outbound diretta, al singolo utente o a liste di contatti, con la possibilità di inviare messaggi multimediali o link immediatamente fruibili dai destinatari. Ma allo stesso tempo i seguenti timori stanno frenando gli entusiasmi: • abbassando le barriere di accesso si possano moltiplicare il numero di conversazioni a basso valore, generando nel contempo dei costi altissimi; • gli utenti si aspettano un servizio disponibile 24H; • a differenza della chat, l’availability del servizio non è attivabile/disattivabile; • ci si può perdere in discussioni infinite; • le frasi brevi possono portare a dei malintesi; • al momento è complesso da integrare con CRM e Universal Queue.
Opportunità o minaccia? Analizzando le prime iniziative, considerando che alcune di queste non hanno superato la fase di test, si traggono degli spunti molto interessanti. Innanzitutto si consiglia di limitare il servizio a una fascia di clienti esclusiva. Quasi tutti hanno fornito l’accesso a un set di clienti di uno specifico target (ad esempio frequent flyer o loyalty guest). Il secondo fondamento è quello di consentire l’uso del canale solo a determinati servizi, ad esempio: • conferma prenotazioni o riprotezione del viaggio; • conferma inserimento e consegna degli ordini; • domande circa la disponibilità del servizio o prodotto; • richiesta di opinione dopo l’erogazione di un servizio e/o la ricezione di un prodotto; • attività di customer loyalty con offerte concrete, congratulazioni o sconti immediati. Il terzo e ultimo aspetto è quello di condizionare l’accesso solo durante distinti “moments”. KLM consentiva l’accesso quando il cliente era in viaggio (ad esempio per effettuare una riprotezione del volo cancellato), SPG invece
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limitava l’uso a quando il cliente era in hotel (settare la sveglia, prenotare una cena, richiedere il maggiordomo, un adattatore di corrente o chiedere di rifare la camera, etc.).
Poche e semplici regole Per settare correttamente le aspettative è sufficiente rispettare poche semplici regole: • comunicare in modo chiaro l’uso del numero e le limitazioni circa la disponibilità del servizio (orari e giorni di apertura); • chi sono i destinatari del servizio e quali sono le circostanze in cui il servizio è utilizzabile; • utilizzare lo status del profilo per informare se il servizio è attivo oppure è off-line; • come per le chat impostare delle frasi di apertura, risposte predefinite e frasi di commiato. In conclusione, riflettiamo bene prima di aprire il canale di instant messaging, non facciamo come quelli che hanno prima abilitato e poi da lì a poco disabilitato la chat perché hanno realizzato, forse troppo tardi, che per loro era insostenibile.
CMI Customer Management Insights
OSSERVATORIO CX
Fattori di successo nella CX: il ruolo del customer care La seconda edizione dell’OsservatorioCX ha focalizzato l’attenzione della Cx Community sugli aspetti e sui fattori che determinano il successo o l’insuccesso della Customer Experience e del Customer Journey. Dall’indagine emergono i settori capaci di offrire la migliore esperienza per il cliente e i canali preferenziali di contatto. PAOLA ARRIGONI
ricercatrice CMI Customer Management Insights
La seconda edizione dell’OsservatorioCX realizzata da CMI Customer Management Insights, con la collaborazione di TNS, Italia ha focalizzato l’attenzione della Cx Community sugli aspetti e sui fattori che determinano il successo o l’insuccesso della Customer Experience e del Customer Journey. Scopo della ricerca è infatti quello di valutare le variazioni degli atteggiamenti, confrontare le esperienze e i significati attribuiti alla CX da consumatori e manager in Italia, tentando di fornire alcune indicazioni strategiche per avvicinarsi alla realizzazione del perfetto servizio al cliente. Lo studio è stato impostato, come nella prima edizione del 2014, su due moduli di ricerca, distinti ma complementari, rivolti a popolazione italiana internauta e manager di grandi aziende italiane.
Descrizione dei principali risultati I settori percepiti come più attenti in termini di customer care 1.1 Consumer In questa seconda edizione dell’Osservatorio CX la valutazione dei settori più attenti al Customer Care è stata riservata agli intervistati che hanno dichiarato di aver usufruito di tale servizio nell’ultimo anno. Il ranking che ne è risultato vede ai primi posti nell’eccellenza dell’attenzione www.cmimagazine.it
al cliente (voti da 9 a 10) i marchi di alta gamma e le crociere. A seguire con percentuali simili (tra il 24% e il 20%): le case automobilistiche, i supermercati/Iper, le banche, la vendita di elettrodomestici e le assicurazioni. Fanalini di coda - quasi a pari merito - Telco e Servizi di pubblica utilità (d’ora in poi PU). I dati però vanno visti anche alla luce della quantità di contatti che i diversi settori hanno attivato: se infatti i due settori meglio posizionati - alta gamma e crociera - restano mercati di nicchia e raccolgono una percentuale non elevata di contatti con il customer care, i settori più criticati Telco e Servizi di pubblica utilità, ma anche banche e assicurazioni, sono quelli che contano il maggiore numero di contatti nel corso dell’ultimo anno, rispettivamente il 77% (Telco), il 43% (PU), il 40% (Banche) e il 32% (Assicurazioni).
(Popolazione) User: settori più attenti nel customer care 0/o
voti 9+ 10
Marchi alta gamma/moda, design
Servizi di pubblica utilità (luce, gas, acqua... )
Crociere
Compagnie telefoniche
Case Automobilistiche
Pay-tv/pacchetti prepagati
Supermercati/iper
Assicurazioni Vendita elettronica/ elettrodomestici
Banche
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OSSERVATORIO CX
•
Piuttosto elevata la quota che non riconosce ai diversi settori l'essere particolarmente attenti al cliente...
I.
Marchi alta gamma
Il.
Pay-Tv
Il.
Crociere
III.
Telco
III.
Auto
IV.
Auto
IV.
Supermercati
Call center
Facile da contattare/ raggiungibile (per informazioni, problemi ecc.)
Web
S'impegna a risolvere i problemi velocemente
Web chat
Mi coinvolge come cliente (sito, eventi, sponsorizzazione ...)
App
Semplifica la vita/ mi agevola in caso di imprevisti
Social media
Servizio clienti/ customer care va oltre alle aspettative
Sms
Resta certamente ancora molto da fare come dimostrano le risposte a una successiva domanda sui settori più attenti in relazione ai diversi ambiti della CX: dove non riconosce ad alcun settore la capacità di andare oltre le aspettative quasi la metà dei rispondenti, mentre un terzo dei rispondenti non trova a chi attribuire la capacità di semplificare la vita e un altro terzo non trova un settore capace di coinvolgerlo. I settori che escono meglio dalla valutazione dei singoli aspetti sono le banche, la vendita di elettrodomestici e le Telco, la cui “pervasività” nella vita quotidiana di consumatori, in questo caso, gioca un ruolo a favore: sono le più contattate, le più famigliari e per questo è più facile assegnare a loro delle specifiche caratteristiche, in particolare sono le più facili da contattare, le più problem solving e anche le più coinvolgenti.
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Marchi alta gamma
MMMM Mifi@tM
% nessun settore
Qui abbiamo la prima notizia positiva per chi si occupa di customer care: l’effettiva fruizione di servizi del customer care (user) genera atteggiamenti più positivi verso il Brand. E ciò è particolarmente vero per banche e assicurazioni che registrano un più 10% nella loro quota di giudizi di eccellenza.
I.
Popolazione: preferenze per entrare in contatto con l'Azienda tra un set di modalità - oggi
Staff/ personale gentile e disponibile
Il confronto con l’edizione 2014 si fa interessante: la % di valutazioni positive nel 2015 è più alta per tutti i settori considerati, eccetto Telco la cui valutazione resta simile (perché la base rispondenti coinvolge anche quest’anno quasi l’intera popolazione). Ciò è dovuto principalmente al fatto che questa volta abbiamo intervistato solo chi nell’anno in corso aveva effettivamente contattato i settori presi in esame.
•
Popolazione (user: ha contattato)
Manager
1.2 Manager Il ranking dei settori più attenti tra i manager, eccezion fatta per il primo posto saldamente in mano all’offerta di beni e servizi di alta gamma, differisce abbastanza dalla popolazione. Intanto, i Manager sono – come sempre accade trattandosi di un pubblico di esperti – più critici dei consumatori. Collocano nelle prime posizioni Pay TV/Pacchetti e soprattutto Telco. Ricordiamo che la popolazione non riconosce a questi due settori “l’eccellenza”, ma tuttavia attribuisce capacità nella gestione del cliente rispetto ai singoli parametri (più alti rispetto alla maggioranza dei settori). Più simile invece il posizionamento per Banche e Case automobilistiche. Da notare la grande severità con cui i manager – a differenza della popolazione - giudicano i servizi di pubblica utilità. Ecco in sintesi il confronto internauti – manager per le prime 5 posizioni su 10:
•
Manager
•
Popolazione (user: ha contattato)
I.
Marchi alta gamma
I.
Marchi alta gamma
Il.
Pay-Tv
Il.
Crociere
III.
Telco
III.
Auto
IV.
Auto
IV.
Supermercati
CMI Customer Management Popolazione: preferenze per entrare in contattoInsights con l'Azienda tra un set di modalità - oggi
PIANO EDITORIALE 2016 GENNAIO/FEBBRAIO Speciale pdf on line
Customer Experience e Internet of Things MARZO Monografia
Customer service e Customer Centricity APRILE Speciale pdf on line
Canali di contatto Web e call center sono ancora i canali più utilizzati dalla popolazione (internauta) per contattare le aziende, le utilizzano oggi come canali preferenziali circa 8 su 10 consumatori. Ma importante è anche l’uso sempre più diffuso tra il pubblico delle nuove modalità relazionali, in particolare rispetto allo scorso anno, crescono app e web chat – che integrano più che sostituire i canali più tradizionali. I manager dal canto loro presidiano – anche per il futuro prossimo i settori chiave nel contatto con i clienti ma tendono – comprensibilmente – a dire di volere investire di più rispetto al 2014 nelle app e nelle web- chat. Nota metodologica Fattori di successo nella CX: la seconda wave dell’Osservatorio CX Factory ha avuto l’obiettivo di valutare il ruolo del Customer Care nei diversi settori e le aspettative degli utenti. Si è composto di due moduli di ricerca: - una ricerca quantitativa tramite interviste via web (sistema CAWI) su un campione di 600 individui. Il campione, di tipo casuale stratificato per quote, è rappresentativo della popolazione italiana internauta maggiorenne per genere, età e area geografica di residenza. Il fieldwork è stato effettuato nel periodo 13 - 16 Novembre 2015. Documento informativo completo al sito Il documento informativo completo riguardante il sondaggio è presente sul sito web: http://www.agcom.it/ - una ricerca quali-quantitativa tramite 60 interviste via web (sistema CAWI) rivolte a manager che si occupano di CX di aziende italiane che vendono principalmente al consumatore finale.
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KPI per misurare la soddisfazione del cliente MAGGIO Monografia
CRM: coltivare relazioni di valore GIUGNO Speciale pdf on line
Speech & Text Analytics LUGLIO/AGOSTO Speciale pdf on line
Gestione della conoscenza e servizio ai clienti SETTEMBRE Speciale pdf on line
Sondaggi, indagini, mystery client OTTOBRE Monografia
Customer Engagement NOVEMBRE/DICEMBRE Speciale pdf on line
Workforce Management e Performance management
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CASE HISTORY
Nuovi mercati e digitalizzazione Una riflessione sulla Digital Revolution, sui cambiamenti che ha introdotto nel mercato e su quelli che le aziende dovranno realizzare in futuro: i modelli di business, i prodotti e i servizi dovranno essere ripensati per valorizzare la Customer Centricity e le potenzialità del digitale e dell’Internet of Things. BARBARA COMINELLI
Nel giro di pochissimo tempo siamo passati da un web di desktop, accessibile esclusivamente dai computer, a un web che oggi è con noi in ogni momento e in ogni cosa grazie agli smartphone. Oggi abbiamo anche l’Internet delle cose, quindi non sono più solo i device a essere connessi, ma tutti gli oggetti della nostra vita, i processi, le interazioni, addirittura i segnali che manda il nostro corpo. Noi di Vodafone abbiamo effettivamente assistito sulle nostre reti a una crescita esplosiva: in Italia i dati crescono del 55% all’anno, gli oggetti connessi sulla rete aumentano dell’80% anno su anno e ormai il 70% delle persone ha in mano uno smartphone. Quando pensiamo a uno smartphone, oggi, non dobbiamo più pensare a un telefonino, ma a un super computer: i nostri smartphone infatti hanno la potenza che avevano nel ’69 alla NASA per mandare due astronauti sulla luna, e si appoggiano a reti che hanno fatto il percento. Fare il percento equivale a realizzare un cambiamento analogo alla differenza tra fare una passeggiata in campagna e prendere il Frecciarossa. In aggiunta a tutto questo troviamo anche il fatto che non solo i clienti consumer, ma forse ancor di più i clienti aziendali, le imprese, sono passati ormai sempre più a un modello di consumo basato sull’utilizzo, quindi un modello as-a-service on demand. L’unione di questi due fattori – una domanda esplosiva e un consumatore sempre più orientato all’as-a-service – crea una grandissima opportunità per l’azienda di espandere il proprio modello di business e quindi di crescere grazie al digitale.
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Le opportunità del digitale Noi di Vodafone chiaramente partiamo dalla connettività, dalla rete, perché questo è ciò che sappiamo fare e che continueremo a fare; la nostra rete è un grande punto di forza, ma oggi sempre più sopra di essa costruiamo un’offerta di servizi e soluzioni digitali – per esempio offriamo in cloud alle aziende nostre clienti tutta una serie di soluzioni che vanno dallo smart working allo smart office, alla salesforce automation, fino a soluzioni verticali o più complesse come appunto Internet delle cose, machine-to-machine. In relazione a quest’ultimo ambito Vodafone è molto forte nel settore dell’automotive: qualche anno fa abbiamo comprato Cobra e nel mondo delle connected cars stiamo lavorando tantissimo, ma non solo. Insomma, le applicazioni dell’Internet of Things chiaramente sono svariate; per noi che siamo partiti dalla connettività il digitale è uno strumento che ci permette di presentarci ai nostri clienti come fornitori di soluzioni, facendo crescere appunto i servizi che offriamo. La stessa cosa sta succedendo nel B2C: sempre più Vodafone si propone anche come fornitore di servizi di sicurezza, pagamento, contenuti. La nostra offerta oggi integra già contenuti digitali che noi riusciamo ad appoggiare alla nostra piattaforma proprio perché sono digitali – mi riferisco a Spotify, Sky Online, Mediaset Premium, Infinity, Netflix – e prima dell’estate vogliamo lanciare una nostra piattaforma televisiva che regalerà un’esperienza completamente diversa da quella classica, mettendo il cliente al centro, con un servizio on demand e un continuo di esperienza su tutti i device. Un altro esempio possibile è la sharing economy: Vodafone ha lanciato una Wi-Fi community che permette ai clienti di rete fissa di condividere la propria rete con tutti gli altri clienti Vodafone, entrando quindi a far parte di una comunità.
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In Italia abbiamo così raggiunto un milione di hotspot, mentre nel mondo gli hotspot creati tramite accordi sono 17.5 milioni. Ampliare il proprio modello di business è chiaramente un passo importante su cui bisogna lavorare, ma è un’opportunità tangibile che il digitale dà. La seconda grandissima opportunità legata al digitale è, a mio parere, quella di fare un salto di qualità nella relazione con il cliente, nella Customer Experience. I clienti oggi hanno esperienze liquide, ciò vuol dire che si aspettano la medesima esperienza che hanno avuto con i migliori player digitali da tutti gli altri. Quindi la nostra parola d’ordine è digital first: la strategia omnicanale si basa sul digitale al centro. Per fare un esempio, Vodafone ha con i suoi clienti circa 70 milioni di interazioni al mese su tutti i vari canali; di queste l’80% nel 2015 era già in digitale, e questo passaggio è avvenuto negli ultimi due anni. La nostra app My Vodafone nell’ultimo anno è cresciuta del 250%, e la metà dei nostri clienti la utilizza una volta ogni 4-5 giorni, mentre si reca in negozio circa due volte all’anno. È facile quindi rendersi conto della possibilità di aprire, grazie al digitale, una comunicazione con il cliente, di stabilire una relazione continuativa, sistematica, più intima e personalizzata grazie all’utilizzo di Big Data e Analytics che permettono di ritagliare su misura le offerte e le esperienze che vogliamo riservare al singolo utente.
Le fasi di trasformazione digital Il modello di business, la possibilità di crescere, di arricchire i propri servizi, di migliorare le interazioni con i clienti sono tutti aspetti molto importanti per ogni azienda. Certo, intraprendere questo percorso implica un grande cambiamento, e sono quattro a mio avviso gli aspetti su cui occorre concentrarsi. Il primo è il ripensamento dei modelli di business, anche in ottica as-a-service e fuori dai confini tradizionali, che significa a volte anche imparare a lavorare con un ecosistema di partnership. Vodafone lavora moltissimo con partner come Accenture e Microsoft; nel caso sopracitato di Cobra abbiamo invece deciso di acquisire e internalizzare le competenze. Innanzitutto, quindi, è importante fare attenzione nel ripensare i modelli di business, saper prendere dei rischi, perché a volte uscire con un’offerta
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as-a-service o di sharing vuol dire cannibalizzare l’offerta e i canali esistenti; non è un passo banale, ma è importante farlo. Il secondo aspetto, a mio parere, è imparare a gestire lo tsunami dei Big Data: qui bisogna veramente fare un salto quantico nella conoscenza del cliente per potere appunto personalizzare offerta ed esperienza. Il terzo, di nuovo, la Customer Experience: in un mondo digitale non ci sono soltanto opportunità, ma anche rischi. Ci sono player che non hanno prodotti, non hanno asset, ma fanno business semplicemente connettendo dati di altri – pensiamo a Uber, per fare l’esempio più classico. In un mondo di questo tipo il prodotto rischia a volte di subire un processo di “commodititizazione” ciò significa che il servizio e la Customer Experience diventano sempre più un elemento di differenziazione, e per questo bisogna investirci. L’ultimo aspetto sono le competenze. Vodafone sta lavorando moltissimo sull’agilità e sulle competenze digitali, intese non solo come competenze verticali ma anche orizzontali: noi abbiamo preso 4.500 persone e le stiamo formando proprio sull’approccio digitale, sul fast prototyping, sul development, instillando in tutti una mentalità data driven, insegnando a pensare al design quando si pensa alla Customer Experience. Tutte queste cose non sono comunissime nella cultura delle aziende italiane, per cui a mio parere c’è da fare un grande lavoro sulle competenze: chiaramente investire è un percorso, ma è un percorso che va fatto con una certa velocità e con una certa urgenza, perché nel digitale purtroppo non è sempre il pesce grosso che mangia il pesce piccolo, ma spesso è il pesce veloce che si mangia il pesce lento.
Testo tratto, con il permesso della relatrice, dall’intervento del 17 dicembre 2015
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CASE HISTORY
Oltre i silos, in nome del cliente Attraverso la direzione Customer Experience di Sky Italia, la centralità del cliente sta permeando gradualmente tutti i processi aziendali. REDAZIONE
Customer
Management
SKY ha una particolare attenzione alla Customer Experience e sta promuovendo da diverso tempo la centralità del cliente. In particolare, pur nella complessità dell’organizzazione aziendale, è evidente la stretta collaborazione tra le diverse funzioni necessaria per superare le barriere dei silos aziendali. Ne abbiamo parlato con Susan Wakefield Direttore Customer Experience SKY Italia e Federico Ferlenghi, Direttore Customer Care SKY Italia Per il cliente la Customer Experience dipende spesso dal servizio ricevuto. In Sky come dialogano le due funzioni? “L’’esperienza positiva per i clienti viene creata fin dai primi contatti e per noi è molto importante creare un’esperienza coerente in tutti i momenti della relazione, dall’acquisto alla fruizione del servizio, dall’assistenza in caso in necessità alla fatturazione” spiega Susan Wakefield. “Per dare questa coerenza al cliente, non lavoriamo per silos, cercando di creare un’esperienza coerente attraverso ogni dipartimento dell’azienda”. “Per quanto riguarda il contatto con il cliente abbiamo avviato una rivisitazione degli canali secondo logiche seemsless, per poter garantire un contatto che abbia sempre lo stesso tono della comunicazione e che renda indifferente il canale utilizzato” aggiunge Federico Ferlenghi. “Il Customer Service essendo una finestra aperta sul cliente può essere il ponte con la Customer Experience, che a sua volta può propagare al resto dell’azienda i feed back che provengono dai clienti” Feed back che spesso sono importanti per migliorare il prodotto, in che modo dialogate con il cliente? “In Sky abbiamo attivato tutti i touchpoint inbound e
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outbound, oltre all’IVR, chat ed email, Tra il 2010 e il 2015 abbiamo implementato tutti i canali di selfcare. Abbiamo scelto di non fare assistenza sui social media, di volta in volta gestiamo eventuali segnalazioni che rileviamo con il social listening. In tutto gestiamo circa 40/50 milioni contatti all’anno” sottolinea Ferlenghi. Come siete arrivati a dare questa importanza alla Customer Experience? “In Sky si discuteva da molti anni dell’esperienza del cliente e la scelta di tenere conto della Customer experience è stata formalizzata con la creazione della direzione CX, questo ha determinato anche un cambiamento culturale dell’azienda, tutto ciò che raccogliamo dai touchpoint diventa patrimonio di tutta l’azienda e a seconda delle diverse aree funzionali permette di migliorare il servizio. Per esempio tutto il processo di on-boarding è cambiato proprio sulla base dell’ascolto del cliente. Abbiamo rivisto tutto la formulazione della fattura, creato delle promozioni mirate ai clienti più fedeli o specifiche per gli upgrade. Si è quindi sviluppato un grosso lavoro in azienda di attenzione al cliente e di coerenza in tutti i processi. “E’ aumentata la consapevolezza dell’importanza del feedback del cliente nelle operation e nel marketing” aggiunge Ferlenghi. “Siamo consapevoli che occorre un continuo adattamento tra il miglioramento della Cx e le scelte di business che non sempre vanno nella stessa direzione. L’azienda con la comunicazione crea aspettative nel cliente che vanno poi mantenute in ogni momento, anche quando il cliente chiama perché sta incontrando delle difficoltà. Quindi indubbiamente la consapevolezza diffusa facilita il lavoro ma conciliare i vari interlocutori e anche le varie necessità e aspettative è molto complesso. Da parte nostra lavoriamo molto nell’ottica della comunicazione con il cliente, un bravo operatore fa la differenza con il suo approccio al cliente.
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CASE HISTORY
La “porta d’ingresso” a una relazione di valore Anche nelle relazioni BtoB il customer service è un elemento chiave per creare esperienze di qualità. Il caso della Fabio Perini, attiva nella vendita di macchinari industriali per il settore del Tissue. RHONA LOMBARDO
Customer Service Marketing Manager Fabio Perini S.p.A.
Service, trasformando il tipo di approccio al cliente, oggi protagonista della rete. Innovazione significa quindi non solo progresso tecnologico, ma anche evoluzione nell’interazione con il cliente.
Portale Customer Service Lo scenario macro economico mondiale è chiaro: ci troviamo di fronte a una nuova rivoluzione industriale, la quarta dalla nascita delle prime industrie. Oggi siamo alla soglia di un nuovo cambiamento profondo, caratterizzato da una trasformazione processuale. Industria 4.0 è la quarta rivoluzione industriale, la rivoluzione dell’interconnessione e dei sistemi intelligenti, dove macchine, prodotti e persone sono collegati tra loro. L’internet delle cose e dei servizi trova una nuova dimensione all’interno dell’industria: le macchine e i sistemi si scambiano informazioni, un flusso di comunicazione continuo e in tempo reale, per razionalizzare la produzione, personalizzare i prodotti e migliorare la manutenzione. L’industria diventa quindi più intelligente. Parallelamente all’avvento della nuova rivoluzione, e in un’ottica di crescita globale, il mercato attuale non può esimersi dal concentrare la propria attenzione sulla Customer Experience. Uno studio di Gartner, rivela che la Customer Experience rappresenterà nei prossimi anni il valore aggiunto di ogni azienda. Cambiano le esigenze delle aziende e cambia di conseguenza il modo di lavorare e interagire. Una Customer Experience unica per il business di riferimento diventa quindi la priorità del 2016. Se da un lato il CRM (Customer Relationship Management) è il sistema per eccellenza per creare una relazione con il cliente, raccogliendo informazioni sul cliente stesso e sui suoi acquisti, dall’altro, il CEM (Customer Experience Management) oltrepassa questo concetto, focalizzandosi sulla qualità della relazione. L’obiettivo finale è presto detto: immedesimarsi nel cliente per capirne le aspettative, nei confronti dei prodotti e dei servizi offerti, ma anche in riferimento all’intera esperienza di acquisto. In altre parole, comprendere e ottimizzare l’esperienza del cliente. In uno scenario come questo, la Fabio Perini S.p.A. ha deciso di intraprendere, già dallo scorso anno, un processo di rinnovamento della propria strategia di Customer
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Il Portale è un’evoluzione di un sito internet, rispetto al quale offre anche servizi interattivi e personalizzati. Èl’ambiente dove costruire con il cliente un dialogo costruttivo e di lunga durata: parlare la stessa lingua, semplifica la comunicazione; condividere le stesse informazioni, aiuta a trovare le risposte cercate più velocemente. A quasi un anno dalla sua nascita, possiamo ritenerci molto soddisfatti dei risultati raggiunti. Fin dalla prima presentazione del Portale durante It’s Tissue 2015, molti clienti italiani e stranieri hanno richiesto le credenziali di accesso e stanno già utilizzando i vari servizi offerti. È uno strumento versatile, semplice e di facile utilizzo, accessibile 24 ore al giorno e in ogni parte del mondo. La profilazione degli utenti, generalmente ritenuta essere la chiave di successo di una strategia di email marketing, ha assunto anche nel Portale un ruolo fondamentale. Grazie a questa caratteristica l’amministratore del portale, lato cliente, ha la possibilità di definire in piena autonomia il livello di informazioni da condividere con ogni utilizzatore, in base al ruolo e alle mansioni in azienda. Una peculiarità del sistema che tutela la privacy del cliente e consente di proteggerne i dati più sensibili. Tra le funzionalità maggiormente apprezzate, a detta dei clienti, merita di essere menzionato in primis il web-shop, grazie al quale è stato possibile velocizzare il processo di acquisto delle parti di ricambio. A seguire, la disponibilità di una piattaforma e-training per la fruizione dei corsi di formazione on-line, la condivisione in rete della base installata dei macchinari e della relativa documentazione, per una ricerca tempestiva delle informazioni e per la visualizzazione della gamma completa dei programmi di miglioramento installabili sulle macchine. Il Portale Customer Service è quindi lo strumento di interazione in grado di semplificare e velocizzare il lavoro di ogni giorno, la “porta d’ingresso” sempre aperta ad una relazione di valore, la condicio sine qua non, senza la quale, il cliente non potrebbe vivere un’esperienza di qualità.
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TECNOLOGIE
Servizi automatici al telefono e Customer Experience Il canale vocale è un metodo ancora vivo e ben presente nell’interazione tra una persona e un’organizzazione. Il dialogo persona-computer, immaginato e rappresentato da tanti libri e film di fantascienza, sta diventando una realtà sempre più vicina alla nostra esperienza quotidiana. Quali interazioni con sistemi conversazionali di un Servizio Clienti? PAOLO TURRIZIANI
Customer Service Automation Advisor
Comunicare usando la voce, anche con i moderni strumenti come smartphone e tablet, è il modo più immediato e naturale per esprimersi e farsi comprendere dall’interlocutore. Quando l’espressione verbale viene compresa, allora avviene la comunicazione. A questo proposito, visto che la comunicazione è un fatto bidirezionale, va sottolineato che non è solo il sistema a dover comprendere la persona, ma è vero anche il viceversa; perché la persona capisca quello che il sistema dice, i messaggi devono essere costruiti con attenzione e in congiunzione al contesto. I prompt di un agente virtuale al telefono non sono dei formati, sono frasi che vanno impostate con l’esperienza del linguista, dell’esperto di dialogo sociale; sono specifiche realizzative, non requisiti (per dirla con una terminologia del mondo IT). Oltre a essere molto naturale, il parlare permette di comunicare a mani libere e questo, in un contesto di mobilità nel quale sempre di più le persone si trovano, è un fattore importante. La tecnologia oggi mette a disposizione numerosi modi per instaurare un dialogo tra una persona e un’organizzazione; limitandoci allo scenario del Customer Care, i diversi canali disponibili (web, social media), per quanto in grado di sostenere l’interattività, non sostituiscono completamente il canale vocale, che meglio di altri interpreta il bisogno di immediatezza e reattività che una persona cerca nel contatto con un’azienda. Di norma il processo di contatto, forse sempre più spesso, 20
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parte dal canale web (sito, ricerca, social) e solo successivamente arriva al canale telefonico del Contact Center, magari perché l’interazione self-service non è stata esaustiva. Di fronte al tema dell’ottimizzazione dei costi di gestione del contatto, le aziende hanno inizialmente usato l’automazione e il self-service nel tentativo di contenere i costi del servizio; successivamente, visto il progredire degli strumenti di contatto (smartphone, tablet) e la disponibilità di reti sempre più veloci, sono stati i clienti a richiedere sistemi self-service più completi, in grado non solo di rispondere alla soluzione di un’esigenza, ma di farlo anche facilmente, presto e bene. In quest’ottica l’introduzione di tecnologie di comprensione del linguaggio nell’automazione di contatti al telefono o su web risponde alle necessità/aspettative della persona su diversi fronti: • facilità di accesso anche a mani libere; • controllo dell’interazione; • espressione dell’esigenza con parole proprie e al proprio ritmo; • raggiungimento rapido del punto di servizio; • possibilità di instaurare un dialogo con un sistema automatico (agente virtuale conversazionale) in modalità simili a quelle che sono consuete tra le persone. Limitandoci ai servizi di automazione al telefono, la migrazione verso un IVR conversazionale dei sistemi di accoglienza e gestione delle chiamate dirette al Contact Center è sostenuta dalla fruibilità delle tecnologie vocali e linguistiche che sono in grado di risolvere diversi difetti dei sistemi IVR tradizionali come: • dover ascoltare tutte le (troppe) opzioni per trovare quella di interesse;
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• il motivo della chiamata non compare nel primo livello del menu; • difficoltà nel trasferire la chiamata all’operatore quando serve; • impostazione più a beneficio dell’azienda che del cliente; • verbosità e lentezza del sistema nel fornire risposte; • uso dei tasti scomodo e poco efficace; • mancato arrivo al punto di servizio desiderato. L’accoglienza delle chiamate in un Contact Center da parte di un sistema IVR tradizionale provoca conseguenze che, a parte una non esaltante Customer Experience, possono implicare nuove chiamate per esprimere lamentele o tentare di arrivare per altra strada all’operatore, l’espressione di pareri negativi sui social, il dare giudizi non positivi nei sondaggi. Questo, in sostanza, porta al fallimento dell’obiettivo di contenere i costi del servizio, fino addirittura ad aumentarli per le chiamate addizionali che vengono fatte. Un IVR conversazionale basato sulla comprensione del linguaggio naturale (Natural Language Understanding – NLU) garantisce una serie di vantaggi, sia per il cliente che per l’azienda: • primo punto di contatto intuitivo – comprende e guida al punto di servizio; • dialogo – interazioni naturali, il cliente parla il suo linguaggio; • personalizzato – identificando il cliente si può fornire, nell’ambito del dialogo, un aiuto puntuale, correlato a precedenti interazioni, anticipando le sue esigenze; • consistenza – NLU permette esperienze confrontabili sui diversi canali condividendo la KB. È intuitivo come l’IVR conversazionale possa risultare gradito all’utente sin dal primo impatto, visto che l’esigenza viene espressa dal cliente che comanda il sistema, anziché esserne asservito come nel caso dell’IVR tradizionale. L’effetto del gradimento di questi sistemi di interazione naturale, sia al telefono che in chat, induce fenomeni nel complesso del sistema Contact Center: • aumenta la corretta indicazione dell’esigenza; • aumenta l’utilizzo del self-service; • diminuiscono le chiamate agli operatori; • accesso più semplice e rapido al punto di servizio; • migliora l’istradamento alle code specialistiche; • diminuisce la durata della sessione interattiva (self+assisted).
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L’IVR conversazionale consente interazioni veloci e articolate come se si stesse parlando con una persona; l’agente virtuale si comporta in modo intelligente e proattivo, determinando un migliore livello di gradimento del servizio.
IVR conversazionale fruibile Abbiamo visto nel paragrafo precedente come un IVR conversazionale sia una scelta qualitativamente buona e consigliabile per migliorare sia la Customer Experience che l’efficienza del servizio di Customer Care. A tale proposito si possono riportare alcuni dati statistici misurati nell’esercizio di sistemi di questo tipo nel corso del 2015. Premesso che i clienti non vengono informati preventivamente delle funzionalità del sistema d’accoglienza e quindi si trovano inaspettatamente di fronte all’interazione con l’agente virtuale, i sondaggi effettuati a valle del servizio sulla facilità e sul gradimento dell’approccio, su una base di 40.000 casi su 4.000.000 di chiamate, hanno prodotto questi risultati: • Nessuna o bassa difficoltà > 85% • Molto o abbastanza soddisfatto > 87% Da un punto di vista operativo e funzionale si riscontrano in media questi risultati su domini applicativi con oltre 100 esigenze diverse: • Chiamate abbandonate < 8% • Chiamate gestite > 92%, di cui: • Chiamate comprese > 91% • Chiamate passate a operatore < 9% Questi risultati scaturiscono da un peculiare approccio alla progettazione e realizzazione del servizio in congiunzione con l’utilizzo di strumenti software specializzati. Con riferimento al contesto di dialogo interattivo al telefono, occorre anche considerare le condizioni al contorno che complicano il compito: • la banda telefonica stretta (8 KHz) induce più errori nel motore di riconoscimento vocale (Automatic Speech Recognition – ASR); • le persone parlano il loro linguaggio e possono usare termini imprecisi o impropri rispetto al gergo aziendale (per esempio, definire prestito la richiesta di un mutuo); • non sempre i dati forniti dal cliente sono corretti nella forma e nella sostanza (si pensi, per esempio, al codice fiscale, ai dati anagrafici, ecc.).
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TECNOLOGIE
Qui entrano in gioco le specificità tecnologiche che complementano i tradizionali strumenti linguistici e semantici. Infatti non basta una piattaforma in grado di assegnare a una frase il corretto significato (motore semantico) ma occorrono moduli specifici per elaborare l’eloquio del cliente; l’approccio tramite metodi di Intelligenza Artificiale permette, per esempio, di indovinare quale termine deve seguire una data parola se il livello di confidenza fornito dall’ASR per quel termine risulta insufficiente. L’utilizzo di diverse tecniche (modelli del linguaggio, grammatiche, deep learning, classificazione probabilistica o con regole o su profilazione) permette di aumentare la capacità di comprensione. Considerato che nell’interazione telefonica il sistema deve essere rapido nel dialogo (non si può lasciare il cliente in attesa di risposta per più di 2-3 secondi), un sistema capace di lavorare bene con tempi di elaborazione brevi è mandatorio. Grazie poi ad appositi moduli specialistici di controllo e verifica dei dati insiti nella piattaforma software, impiegando una knowledge base di dimensioni contenute, diventa possibile sviluppare e mettere in esercizio un buon servizio NLU (per esempio un call steering su 100 esigenze) in tempi dell’ordine di 3-4 mesi.
Natural Language Understanding L’agente virtuale conversazionale è basato sul paradigma “Come posso aiutarla?”, e quindi si presenta con una domanda aperta, lasciando al cliente l’iniziativa nell’interazione (approccio user initiative). Il sistema è in grado di recepire e analizzare un eloquio che esprima una problematica del cliente o una sua esigenza, catturando anche dalla frase altre informazioni (per esempio “Mi serve un prestito di 2.000 euro”) rilevanti per la gestione della richiesta (prestito, 2.000). Qualora necessario, l’agente virtuale può porre al cliente una domanda (system initiative) per fare la cosiddetta disambiguazione, circoscrivere meglio l’esigenza e selezionare quindi il punto di servizio più appropriato (che può essere un’applicazione automatica o una coda operatore). Questo è un punto fondamentale, perché il servizio deve essere capace di operare nell’ambito di una conversazione sia con iniziativa condotta dalla persona che dall’agente virtuale; questa modalità, detta mixed initiative, è tipica, per esempio, del framework MIND di Interactive Media. La flessibilità operativa e funzionale del servizio è una caratteristica determinante per il successo dell’applicazione sia in termini di prestazioni che di gradimento (e quindi utilizzo) da parte dell’utenza. Infatti le persone non parlano tutte nello stesso modo e nel tempo l’approccio al sistema può anche cambiare. Abbiamo verificato nei casi implementati come anche l’uso della tecnologia degli assistenti virtuali sia infatti soggetto alla deriva tecnologica.
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Come illustrato in diversi studi degli anni ’90, esiste il fenomeno dell’appropriazione della tecnologia da parte degli utilizzatori che, progressivamente, scoprono e imparano a sfruttare caratteristiche e potenzialità di una tecnologia, raggiungendo differenti livelli di conoscenza e familiarità. Questo fenomeno è inevitabile e il sistema che usa una data tecnologia deve essere realizzato in modo da tenere conto della deriva tecnologica, altrimenti dovrà essere modificato a valle della sua entrata in esercizio. Per la tecnologia NLU utilizzata dagli assistenti virtuali occorre saper gestire diversi modi: • perplessità, silenzio di fronte al prompt, necessità di ricevere sollecitazioni puntuali; • accettazione, eloquio articolato, quasi un tentativo di spiegarsi il più possibile; • comprensione, utilizzo di termini puntuali, sintesi (avendo afferrato le capacità del sistema). Quando un utente cambia modo di dialogare col passare del tempo e con interazioni ricorrenti, possiamo parlare di deriva tecnologica per l’interazione vocale. Il servizio basato sulla tecnologia di comprensione del linguaggio naturale deve pertanto includere la capacità di dialogare in modo efficace in tutte le modalità sopra citate, perché non è predicibile a priori come si comporteranno gli utenti e perché si vuole che il servizio sia accessibile e utilizzabile da chiunque senza bisogno di istruzioni e conoscenze specifiche. È quindi essenziale che la piattaforma software di sviluppo del servizio NLU sia flessibile, permetta di tenere conto in tempo reale del diverso modo di interloquire, preveda e permetta l’utilizzo di moduli per la gestione di fenomeni come la personalità dell’assistente virtuale, l’identificazione dell’utente, la sicurezza, il fuori contesto, la comprensione della problematica, lo smistamento del contatto e il self-service.
Conclusioni I sistemi di servizio basati su comprensione del linguaggio naturale e assistenti virtuali conversazionali sono oggi possibili perché la tecnologia funziona, sono accettati dagli utenti perché sono utili in quanto facili e veloci, sono una realtà con cui si è diventati familiari grazie alla diffusione su smartphone e PC dell’interazione vocale. Ma il traguardo finale non è ancora raggiunto. Probabilmente molti di noi hanno in mente il dialogo con HAL di 2001: Odissea nello spazio e le avventure di Star Trek. Tecnologia e applicazioni devono ancora crescere per rendere reali quegli scenari. Ma la buona notizia c’è: l’interazione vocale, che è indubbiamente il modo più naturale ed efficace per dialogare con un computer, troverà il suo complemento nell’uso di un dispositivo (vocale) indossato, proprio come immaginato in Star Trek. E questo pare proprio essere alle porte.
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