CMI anno 5 n.8 monografia

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ENGAGEMENT: la sfida del cliente sempre connesso


CMI CUSTOMER MANAGEMENT INSIGHTS Anno 5 - N. 8 - Ottobre 2016 Numero unico Direttore responsabile: Letizia Olivari letizia.olivari@cmimagazine.it Hanno collaborato: Mariella Borghi, Mauro De Caro, Gabriel Frasconi, Rossella Macinante, Giancarlo Spina Impaginazione e grafica: Matteo Olivari grafica@matteoolivari.it Sito web: Luca Tripeni Zanforlin luca@lippocastano.it Abbonamenti on line: www.cmimagazine.it/abbonamenti Informazioni commerciali: tel. +39 3477370379 commerciale@cmimagazine.it CMI Customer Management Insights è una testata specializzata realizzata da L’Ippocastano Srl P. Iva 03328430966 via Valparaiso, 8 - 20144 Milano


Engagement: la sfida del cliente sempre connesso Connected Customer, la svolta delle relazioni aziendali di Rossella Macinante, NetConsulting Cube

Una survey svolta da NetConsulting cube ci aiuta a gettare uno sguardo in profondità nelle strategie e tecnologie messe finora in campo dalle aziende per intercettare, coinvolgere e fidelizzare i nuovi Connected Customer, ma anche nei loro progetti per il futuro del Customer Engagement.

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Naturalmente intelligente: l’AI cambia il Customer Engagement di Mariella Borghi, CELI

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Come i Millennials stanno cambiando il volto del Customer Engagement di Mauro De Caro, Interactive Intelligence

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Come interagire con i clienti sui social media di Gabriel Frasconi, Zendesk

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Fidelizzazione, ripensare il premio per aumentare l’engagement di Fabio Regazzoni, Ecrm Italia

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2016, l’anno dei chatbot: ecco come utilizzarli in modo davvero intelligente per migliorare il Customer Engagement e offrire ai clienti un supporto efficace, caratterizzato da velocità, qualità e innovazione, e capace di migliorare le strategie di Customer Experience Omnichannel.

I Millennials sono la nuova generazione da conoscere: il loro mondo, le loro modalità di interazione e acquisto preferite dovranno diventare quelli delle aziende. Largo allora alle tecnologie digitali, ai social, alle live chat, per una Customer Experience a prova di nativi digitali.

Dodici buoni consigli per imparare a gestire le relazioni e il supporto ai clienti attraverso i social media, una modalità sempre più diffusa ma che ancora presenta ampi margini di miglioramento e zone d’ombra da conoscere per non cadere nei suoi potenziali tranelli.

Rilanciare l’engagement dei programmi di loyalty è possibile, tenendo conto delle caratteristiche e delle esigenze dei nuovi interlocutori aziendali, i consumatori digitali, e puntando su attrattività e modernità.

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Connected Customer, la svolta delle relazioni aziendali Una survey svolta da NetConsulting cube ci aiuta a gettare uno sguardo in profondità nelle strategie e tecnologie messe finora in campo dalle aziende per intercettare, coinvolgere e fidelizzare i nuovi Connected Customer, ma anche nei loro progetti per il futuro del Customer Engagement. ROSSELLA MACINANTE

Practice Leader Netconsulting Cube macinante@netconsultingcube.com Le nuove tecnologie digitali hanno trasformato le nostre abitudini e continueranno inesorabilmente a farlo. La crescita degli utenti internet continua anno dopo anno, e ha raggiunto il 74% della popolazione; circa il 65% degli italiani possiede uno smartphone e quasi tutti utilizzano WhatsApp. La diffusione dei social media e della messaggistica ha cambiato il nostro modo di comunicare, mettendo in crisi gli operatori telefonici e il mercato degli SMS a livello globale; è cambiato anche il nostro modo di fare acquisti: ormai ci sono 18,8 milioni di online shopper, per un mercato complessivo di quasi 21 miliardi di euro, con il mobile in crescita esponenziale (Fig. 1). Ovviamente i nuovi paradigmi digitali stanno modificando anche il modo di operare delle aziende, abilitando la nascita di nuovi business che hanno nelle tecnologie digitali il loro principale fattore abilitante. Un esempio è dato dai servizi di car sharing come Enjoy e Car2go, oppure Spotify nel mondo musicale, fino alle più recenti Uber e Airbnb, capaci con le loro applicazioni di sottrarre in pochissimo tempo quote di mercato a business tradizionali come quelli dei taxi e degli hotel. La trasformazione digitale diventerà un fattore critico di successo per le organizzazioni di qualsiasi dimensione e

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settore, impattando sia sulla fase di ricerca e sviluppo e di ideazione di nuovi prodotti sia sulla nascita di nuove filiere ed ecosistemi dell’innovazione. Nel giro di pochissimi anni abbiamo assistito alla nascita di aziende che in un breve lasso di tempo hanno lanciato servizi digitali in grado di cambiare gli equilibri di mercato (Fig. 2).

Connected Customer, il vero driver della digitalizzazione All’interno di questo scenario di disruption digitale, le aziende hanno modificato le loro priorità e puntano sempre di più sul digitale per abilitare strategie competitive e conseguire maggiore efficienza attraverso l’automazione dei processi, per obiettivi di maggiore efficacia attraverso Big Data Analytics e Machine Learning, che supportano appunto la conoscenza e la profilazione dei clienti, integrando le tecnologie digitali nei prodotti e nei servizi o utilizzandole per l’innovazione dei canali distributivi. Ma le tecnologie, in realtà, rappresentano solo un fattore abilitante il cambiamento delle strategie aziendali e del modo di comunicare con il nuovo Connected Customer: quest’ultimo è di fatto il vero driver nel processo di digitalizzazione, e pone nuove sfide alle aziende in termini di Customer Engagement. Si tratta di un cliente sempre più connesso, sempre più social, sempre più digital, sempre più multichannel, ormai quotidianamente al centro di una Digital Experience che influenza le sue aspettative. I brand devono cercare un’interazione immediata e personalizzata con il cliente/prospect, devono stabilire un contatto diretto e coinvolgente, ed è fondamentale iden-

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Figura 1

tificare le corrette strategie di engagement: gli Engaged Customers, infatti, generano solitamente più profitto e redditività, sono soddisfatti e conseguentemente più fedeli.

A fare la differenza è oggi la disponibilità di nuove tecnologie e la possibilità di trarne vantaggio in singole iniziative di marketing e, soprattutto, nella loro integrazione e orchestrazione. Per indagare questa complessità NetConsulting cube ha svolto una survey che ha coinvolto circa 70 manager nelle aree Marketing e Vendite di diverse aziende italiane (vedi figura a pag. 7) . Abbiamo innanzitutto chiesto alle aziende intervistate quale fosse la principale priorità Marketing per il 20162017. Le risposte evidenziano come la Customer Experience sui canali diventi la principale priorità per il Marketing nel 2017, essendo stata citata come tale dal 60% degli intervistati, superando la priorità del 2016 che era legata soprattutto all’utilizzo più efficace dei canali digitali a supporto delle attività di Marketing (Fig. 3).

duando KPI efficaci e a sfruttare sempre più i Big Data da canali online e offline per fare analisi di tipo predittivo sul comportamento dei consumatori. Infine, un tema importante per i retailer ma anche per il settore Finance è il ridisegno del Customer Journey in una logica omnichannel. Ma quali sono i canali e le piattaforme su cui puntano le aziende nella strategia di Customer Engagement? (Fig. 4). Oggi la strategia sui diversi canali mostra differenti livelli di maturità a seconda del settore di appartenenza dell’azienda e del canale su cui è sviluppata. In generale, i due canali su cui si riscontra un maggior livello di maturità più o meno in tutti i settori sono il sito web e l’e-mail. Il settore TLC/Media, ovviamente, è quello più maturo su tutti i canali, in particolare sui social media, su cui è stato tra i primi, insieme alle compagnie di assicurazione, a lanciare iniziative di Social Customer Care. In generale, il canale preferito dalle aziende per supportare le attività di Customer Engagement, dopo il web, è sicuramente il mobile, sia per la forte tendenza del cliente a utilizzare le app mobile sia per la facilità di geolocalizzare e di conseguenza attuare campagne di contextual marketing. Portale e-commerce e negozio fisico sono ancora molto bassi in termini maturità.

Un altro obiettivo che risponde alla priorità, indicata dai CIO, di migliorare la conoscenza dei clienti, e che abilita la Customer Experience, è l’integrazione tra i dati presenti nel CRM aziendale e quelli raccolti dai canali digitali. Nel 2017 inoltre, molto più che nel 2016, si punterà a realizzare campagne marketing sempre più contestuali e personalizzate, a misurare i ritorni delle iniziative indivi-

Al di là del livello di maturità della strategia di Customer Engagement, è da evidenziare come oltre il 90% delle aziende dichiari di non riuscire ancora ad attivare delle iniziative sufficientemente personalizzate e one-to-one con i clienti. Da questo punto di vista, infatti, le tecnologie abilitanti come i Big Data Analytics e, ancor di più, il Machine Learning sono ancora a

Tecnologie per l’engagement: lo stato dell’arte nelle aziende italiane

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uno stadio iniziale di introduzione nelle aziende. Nel 2017 il Marketing delle aziende continuerà a puntare in particolare sul canale web e sui social media. Il mobile sarà oggetto di investimenti da parte di banche, TLC/Media e Servizi, mentre la GDO/Retail investirà nello sviluppo di iniziative sempre più personalizzate di e-commerce. Solo il 22% delle aziende dichiara di avere già avviato attività di Marketing contestuale/real time – in genere si tratta di aziende dei settori GDO/Retail e Servizi. La maggior parte del campione prevede di avviarle nel 2017, in particolare le aziende del settore TLC/Media. Chi non prevede di avviare tali attività sono principalmente le aziende dei settori Industria e Assicurazioni. In particolare, si tratta di attività dirette alla personalizzazione di campagne web/ mobile advertising o dello stesso sito (Fig. 5). Ancora molto usato l’e-mail Marketing, soprattutto in modo dinamico in funzione del comportamento dell’utente sui canali digitali. L’invio di contenuti e offerte personalizzate, infine, vede una prevalenza dell’uso dei social media rispetto al mobile. Osservando l’atteggiamento delle aziende nei confronti delle attività di Customer Analytics, ci si accorge che, ad oggi, solo una quota limitata del campione raccoglie in modo continuativo i dati dai canali digitali e li utilizza per realizzare analisi utili alla pianificazione Marketing/Vendite. I dati raccolti sono prevalentemente quelli di navigazione sul sito web dell’azienda e i KPI delle pagine social, raccolta spesso demandata ad agenzie digital esterne, mentre sono ancora poche le aziende che raccolgono e analizzano dati provenienti dall’utilizzo di mobile app o dal sito di e-commerce, sia in termini di dati d’acquisto che di interazione. Quasi nessuno sfrutta ancora la geolocalizzazione real time del consumatore o i dati provenienti da terze parti. Coerentemente con la tipologia di dati raccolti, le tecnologie su cui stanno investendo le aziende sono essenzialmente le piattaforme di Web Analytics, seguite dai tool di Social Media Analytics e di listening e monitoring delle conversazioni sui social (Fig. 6). È ancora scarsa la propensione all’utilizzo di tool di Predictive Analytics, ma sono proprio questi a rappresentare l’approccio più avanzato e proattivo, in grado di indirizzare al meglio le strategie marketing e commerciali. In realtà sono ancora poche – appena un’azienda su tre – le aziende, appartenenti principalmente al settore TLC/ Media, in grado di misurare i vantaggi conseguiti, generalmente attraverso survey. I benefici più evidenti sono soprattutto di tipo qualitativo, e sono legati alla Customer Satisfaction e al miglioramento di brand reputation e Customer Experience. La metà delle aziende intervistate, inoltre, segnala tra i

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benefici l’aumento dei lead generati e della loyalty, mentre sono ancora bassi, ma in crescita, i risultati in termini di cross selling (Fig. 7).

Criticità, competenze, organizzazione La principale criticità riscontrata dalle aziende nell’implementare attività di Customer Engagement risiede proprio nella difficoltà di misurare il ritorno di tali iniziative, in parte dovuta alla mancanza di skill all’interno dell’azienda e alla difficoltà di individuare il tool tecnologico più adeguato a supportarne lo sviluppo (Fig. 8). L’ownership dei progetti di Customer Engagement nelle aziende è in capo principalmente al Direttore Marketing o, laddove presente, al Digital Marketing Manager. Il responsabile CRM è stato indicato principalmente da aziende del settore TLC/Media e Banche, mentre il responsabile Vendite da aziende del settore Industria e Servizi. L’IT viene coinvolto solo marginalmente, a testimonianza del fatto che in molte aziende è ancora forte la presenza di silos organizzativi e manca un coinvolgimento di tutte le aree nella digital strategy aziendale. Le imprese devono acquisire o rafforzare principalmente le capacità di gestione di campagne omnichannel, le capacità analitiche di Data Science e di utilizzo dei tool di Analytics, le skill di Social Media Management (Fig. 9). Tra i principali partner che supportano le aziende nelle attività di Customer Engagement, un ruolo ancora fondamentale è giocato dalle agenzie di comunicazione e dalle società di consulenza, seguite da digital agency e, in misura inferiore, da vendor ICT tradizionali e start up (queste ultime indicate solo da un’assicurazione e due aziende di servizi). La maggior parte delle aziende nel 2016 ha destinato meno del 10% del budget di Marketing complessivo al digitale. I settori che hanno destinato un budget superiore sono quelli di Servizi e Assicurazioni, che stanno evidentemente affrontando più di altri il tema della trasformazione digitale in tutte le aree (Fig. 10). Il budget di Marketing destinato al digitale continuerà ad aumentare anche nel 2017: oltre il 50% del campione afferma infatti che aumenterà il budget in Marketing digitale, e il 31% parla di un aumento superiore al 5% – questo è vero soprattutto per le aziende che già oggi destinano quote più elevate del proprio spending al digitale.

Conclusioni Il nuovo Connected Customer è più consapevole ed esigente, e sta costringendo le aziende a spostare il loro focus dal prodotto alla Customer Experience. Le priorità del Marketing diventano quindi il miglioramento della strategia CX sui canali digitali e la creazione di esperienze sempre più personalizzate.

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Ad oggi, però, le strategie di Customer Engagement delle aziende non riescono ancora ad avere un livello di personalizzazione elevato, sempre più indispensabile per avere una maggiore efficacia. Nel 2017 si punterà sui canali digitali, soprattutto web, social media e mobile, e la maggior parte delle aziende prevede di avviare iniziative di Marketing contestuale/ real-time. Ma è fuor di dubbio che il principale fattore abilitante sarà l’implementazione in modo strutturato di attività di Customer Analytics, oggi troppo spesso realizzate in maniera discontinua o nulla. Fondamentale sarà il ruolo delle tecnologie a supporto, in particolare piattaforme di Social Media e Mobile Analytics (Fig. 11). Le aziende evidenziano delle difficoltà nel misurare i ritorni delle attività implementate e faticano ancora nel reperire le skill necessarie all’interno dell’azienda stessa (in particolare di Data Analytics, Social Media Management e social CRM) e i tool tecnologici più efficaci a supporto delle attività di Customer Engagement.

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NetConsulting cube è la holding operativa costituita a seguito dell’unione tra NetConsulting e SIRMI, realtà storiche nel settore delle analisi di mercato e della consulenza ICT. NetConsulting cube offre servizi di consulenza e di Market Intelligence sia ai clienti che ai vendor che operano nel mercato della Digital Technology; supporta i processi decisionali indirizzando le decisioni strategiche, i processi organizzativi, i modelli di go-to-market, le operazioni di fusione e acquisizione, i processi di innovazione di prodotti e servizi e le strategie di posizionamento nel mercato.

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Naturalmente intelligente: l’AI cambia il Customer Engagement 2016, l’anno dei chatbot: ecco come utilizzarli in modo davvero intelligente per migliorare il Customer Engagement e offrire ai clienti un supporto efficace, caratterizzato da velocità, qualità e innovazione, e capace di migliorare le strategie di Customer Experience Omnichannel.

MARIELLA BORGHI

Customer Experience Strategist, CELI borghi@celi.it Il Customer Engagement potrebbe non avere più la stessa faccia: è arrivata davvero l’era dei chatbot basati sull’intelligenza artificiale? Se il 2013 è rimasto nella storia come l’anno del selfie, certamente il 2016 avrà buone probabilità di essere ricordato come quello dei chatbot. Microsoft, Google, Amazon e Facebook stanno investendo in intelligenza artificiale e interfacce conversazionali, delineando uno scenario nel quale le chat app diventeranno il prossimo strumento di marketing one-to-one. Nella galassia della Customer Experience le interazioni uomo-uomo stanno davvero per essere soppiantate da un engagement uomo-chatbot?

L’evoluzione dell’intelligenza artificiale: da Kitt ad Alexa Chi è cresciuto negli anni Ottanta non può non ricordare Supercar e la mitica macchina Kitt. Parlare con la propria auto o con un computer in linguaggio naturale era quello che fantascienza e televisione portavano quotidianamente nelle nostre case. L’avvento di Siri ci ha dato un primo assaggio di una presunta intelligenza artificiale, anche se ne conosciamo tutti i limiti: Siri conosce solo ciò che Apple le ha insegnato e

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poco di quello che potrebbe imparare da noi. Poi è arrivata Microsoft con Cortana, sebbene l’azienda di Redmond sia stata molto meno aggressiva nel farla interagire con altri prodotti, incluse le sue app (come Skype). Infine è giunta Amazon con Alexa, che sembra essere entrata così profondamente nella vita degli americani da non poterne più fare a meno. Per chi ancora non la conoscesse, Alexa è il servizio voce che alimenta lo smart speaker ECHO e fornisce funzionalità, o abilità, che consentono ai clienti di interagire con i dispositivi in ​​modo più intuitivo, usando la voce e quindi il linguaggio naturale. Alexa può essere impiegata in diverse attività della vita quotidiana, e ha la capacità di riprodurre musica, rispondere a domande di carattere generale, impostare una sveglia o il timer, ecc. Inoltre, Alexa è sempre più intelligente: più utenti la utilizzano, più si adatta al modo di parlare, al vocabolario e alle preferenze personali.

Si tratta davvero di intelligenza artificiale? Microsoft sta lavorando per consentire ad ogni azienda di interloquire con un dialogo Cortana-like con qualunque cliente. Un buon esempio è l’impiego di un chatbot per gestire le ordinazioni della grande catena statunitense Domino Pizza, che riconosce i dettagli di una conversazione (quante pizze ordinare, di che tipo e dove devono essere spedite). Permangono i dubbi sul fatto che questo chatbot sia davvero intelligente: ogni tentativo di interazione non strettamente transazionale viene rimbalzato. Un esempio nostrano di chatbot che gestisce il Customer

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Engagement è quello recentemente lanciato da Mirafiori Outlet di FCA. Non è propriamente un chatbot intelligente, non possedendo funzionalità di Natural Language Understanding; si tratta più che altro di un menù guidato: una buona soluzione per interazioni semplici, a patto di indirizzare correttamente l’utente. Ça va sans dire: non tutti i chatbot sono uguali. Gli esempi precedenti ci dimostrano come questo termine sia diventato un po’ un ombrello sotto il quale far ricadere strumenti diversi. Include infatti sia basiche e poco interattive FAQ sia più intelligenti agenti virtuali che comprendono il linguaggio naturale, mantenendo coerenza e funzionalità su un ampio numero di utenti.

Come gestire il Customer Engagement con i chatbot I sistemi più semplici, come per esempio i chatbot che si occupano di alerting o search, richiedono in genere una capacità conversazionale limitata; al contrario, i bot per il supporto all’utente, i concierge virtuali e i sistemi di booking, si trovano a gestire interazioni anche molto lunghe e articolate. In questi ultimi casi, interfaccia conversazionale e intelligenza artificiale devono essere così accurate da capire l’intent dell’utente e rispondere di conseguenza, simulando di fatto delle vere conversazioni. I sistemi più semplici non sono certo progettati per aiutare le organizzazioni a raggiungere concreti obiettivi di business, perché mancano elementi come la connessione al Customer Journey, a un determinato sistema di Knowledge Management o, come già ribadito in precedenza, la comprensione del linguaggio naturale. Se non possono farlo, come possono allora comprendere le intenzioni dei clienti? Customizzare chatbot generici per adattarli agli obiettivi di business sarà quello su cui molte aziende falliranno. Organizzazioni con elevati volumi di interazioni e processi complessi richiedono la progettazione di chatbot decisamente molto sofisticati. Affinché un chatbot sia così accurato da gestire interazioni in linguaggio umano anche molto complicate, è necessario conoscere alcuni aspetti: • il mondo di riferimento ‑ il processo e le sue declinazioni; • il linguaggio umano ‑ oltre a conoscere i fenomeni linguistici, è necessario comprendere i significati che questi veicolano; • il cliente ‑ quindi potersi connettere ai sistemi di backoffice in modo da disporre di tutte le informazioni utili a soddisfare la richiesta; • il contesto di applicazione. Il tutto al fine di comprendere l’intent dell’utente in modo semplice e propositivo, grazie all’interfaccia che gli esseri umani conoscono meglio: la loro stessa lingua. Quindi i chatbot servono davvero a gestire il Customer

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Engagement? Secondo l’infografica di MyClever lab assolutamente sì: • il 46% dei consumatori nel Regno Unito è frustrato perché i siti web non forniscono dettagli di base come indirizzi e orari di apertura; • il 40% degli intervistati ha lamentato l’impossibilità di ottenere risposte immediate a domande semplici; • un altro 33% ha citato “strutture di contatto che non rispondono” come la ragione principale della loro frustrazione. Considerato il ritmo e la facilità con cui le transazioni accadono nel mondo online, è normale che i clienti si aspettino di ricevere tutte le informazioni con un clic, oltre a una navigazione senza soluzione di continuità, e reclami/ richieste risolti velocemente massimizzando Customer e User Experience. L’ambito in cui i chatbot giocano un ruolo decisivo è indubbiamente quello in cui il servizio deve essere fornito senza soluzione di continuità, veloce, di alta qualità e con un’elevata componente innovativa. Quali sono quindi i vantaggi di questo nuovo strumento? • In primo luogo, i chatbot aiuteranno a sbarazzarsi delle comuni e noiose strategie di Customer Engagement. Al loro posto, si dispone di una piattaforma dinamica che si concentra principalmente sulla costruzione di conversazioni, sul capire le richieste dei clienti e i loro problemi, fornendo soluzioni altamente rilevanti, contestuali e in real time. • I chatbot sono un plus di grande valore per la strategia di Customer Experience Omnichannel. Tutti i dati dei clienti si raccolgono tramite un chatbot che può essere integrato in un sistema di Customer Experience Management, aiutando il top management nella creazione di strategie sempre più customer-centric. • La maggior parte dei clienti dispone di un programma di messaggistica e i chatbot saranno probabilmente ben accolti. Bisogna fare solo attenzione al target e ai segmenti di clientela: Telegram per i giovani, WeChat per il mondo asiatico e Facebook Messenger per gli altri, senza dimenticare che, ad ora, l’app di messaggistica più diffusa, WhatsApp, non li supporta. Ricordiamo sempre che un cliente non vuole impegnarsi con un chatbot semplicemente per il gusto di utilizzare l’ultima tecnologia disponibile; quello che davvero vogliono i clienti è una tecnologia che funzioni. Le aziende che eviteranno false partenze e realizzeranno bot capaci di coinvolgere i clienti nel modo giusto, con immediatezza e nel corretto contesto, acquisiranno un vantaggio competitivo notevole. Se ben progettati, i chatbot possono certamente diventare un duraturo pilastro nella strategia di Customer Engagement della propria organizzazione.

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Come i Millennials stanno cambiando il volto del Customer Engagement I Millennials sono la nuova generazione da conoscere: il loro mondo, le loro modalità di interazione e acquisto preferite dovranno diventare quelli delle aziende. Largo allora alle tecnologie digitali, ai social, alle live chat, per una Customer Experience a prova di nativi digitali. MAURO DE CARO

Territory Manager Italia, Interactive Intelligence mauro.decaro@inin.com I Millennials, ossia i giovani nati tra gli anni ’80 e il 2000, rappresentano la generazione che più sta influenzando tutti gli aspetti del commercio e, di conseguenza, il modo in cui le aziende devono agire sul mercato. Questi nativi digitali sono cresciuti in un mondo connesso: basti pensare che i più giovani di questa generazione erano bambini quando Facebook è approdato nelle nostre vite, e anche i più anziani difficilmente ricordano un mondo senza telefoni cellulari e internet. I Millennials, essendo cresciuti con la tecnologia, sono perfettamente a loro agio con l’interazione online e sono in grado di gestire molteplici connessioni. La condivisione e l’interattività del mondo in cui vivono fanno sì che questi giovani adulti abbiano ampiamente dimostrato di preferire la comunicazione basata su testo, arricchendo e integrando i canali tradizionali, così da poter essere multitasking, in maniera discreta. Solo per fare un esempio, più della metà di loro guarda la televisione mentre naviga in Internet (66% secondo Nielsen). Per questa generazione la tecnologia è come l’aria che si respira e, di anno in anno, nuove ondate di Millennials entrano nel mondo del lavoro, portando la loro esperienza iperconnessa. Le aspettative che questi giovani hanno nel modo in cui acquistano prodotti e accedono ai servizi sono completamente nuove. Nel momento in cui un Millennial si trova davanti a un problema, la sua prima scelta sarà quella di

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consultare tutte le informazioni e i contenuti disponibili online. Internet, nell’odierno panorama digitale, offre una serie di dati, musica, mappe, video, tutorial, notizie e immagini che vengono creati, sono accessibili e condivisi attraverso tutti i dispositivi: smartphone, smartwatch, tablet e computer. All’origine di questa iperattività online c’è per l’appunto la larga disponibilità di connessione, che porta i Millennials a valorizzare massimamente il presente, l’adesso. I prodotti non devono essere solamente innovativi e di qualità, ma essere fruibili quanto prima. Di conseguenza, quando hanno bisogno di aiuto per l’acquisto di un prodotto oppure la risoluzione di un problema non è a portata di mano, quello che i Millennials si aspettano da un Customer Service è una risposta immediata, preferibilmente attraverso i canali social o le live chat. Navigare tra i menù IVR durante una telefonata, attendere la risposta di un’email o, peggio ancora, in coda a uno sportello sono le ultime opzioni da tenere in considerazione per un Millennial. Queste soluzioni vengono considerate old school e decisamente troppo lente. Inoltre, anche i loro comportamenti nell’utilizzo dei canali tradizionali sono diversi. Se, per esempio, decidono di utilizzare il canale voce, “la classica telefonata al Customer Service”, si aspettano di essere stati già profilati e di parlare immediatamente con qualcuno che possa risolvere il problema on the fly.

Customer Experience a misura di Millennials Gli obiettivi di molte organizzazioni non sono più in linea con i bisogni del cliente moderno. Attendere ore per ricevere una risposta sui social network o addirittura giorni per una risposta a un’e-mail non è accettabile, e hanno ragione a pensarlo.

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L’obiettivo delle aziende dovrebbe essere quindi quello di creare un’ottima Customer Experience. Un cliente entusiasta promuoverà l’azienda con amici e parenti, e lascerà feedback positivi su forum e social. Al contrario, un cliente che ha avuto una pessima esperienza non esiterà a rendere noto il suo disappunto. Per ottenere buoni risultati, però, bisogna chiedersi: cosa significa per i Millennials vivere una buona Customer Experience? Prima di tutto deve evolversi al digitale. L’utilizzo esclusivo dei canali tradizionali lascia all’azienda una base clienti che invecchia, escludendo tutti i Millennials − che da soli rappresentano quasi un quarto degli utenti. Inoltre deve essere un’esperienza semplice. Un Millennial può trovare la risposta alla propria richiesta su video di YouTube o in qualche forum. È quindi fondamentale che l’accesso al contatto sia semplice e proattivo: i Millennials saranno contenti di evitare di dover fare salti mortali da soli per risolvere il problema. Per ottenere questo risultato è indispensabile rafforzare i team in prima linea, rendendoli in grado di prendere decisioni in maniera più rapida possibile. Un’altra qualità di fondamentale importanza è la velocità. Questo è forse il fattore di valutazione maggiormente tenuto in considerazione dai Millennials. Il mondo in cui vivono è caratterizzato da un ritmo frenetico e ossessionato dalla gratificazione immediata. Essere in grado di chattare in tempo reale è una delle attrattive principali di un Customer Service digitale, per questo dovete assicurarvi che il vostro Contact Center abbia le risorse adeguate. Avere team le cui abilità eccedano quelle richieste è essenziale, ed è sempre meglio offrire orari di apertura più lunghi, a seconda del settore in cui si opera. Non dimenticate poi di comunicare chiaramente gli orari di presenza del supporto online e di monitorarne l’utilizzo. Non è da sottovalutare inoltre il fatto che, se un Millennial decide di prendersi del tempo e accedere al supporto tramite un’interazione telefonica o faccia a faccia, dovete fare in modo che ne valga la pena. L’agente deve sapere più di ciò che il cliente può trovare online da solo, dal momento che arriva a questa interazione potenzialmente perché ha già cercato ed esaurito le informazioni disponibili. Se il vostro team di Contact Center è male informato, impreparato, non aggiornato o inaccurato riguardo alle informazioni che fornisce l’interazione, porterà più svantaggi che benefici.

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Va da sé che una visione omnicanale delle interazioni precedenti, tramite chat, tweet, chiamate ed e-mail del cliente deve essere tutta in un unico luogo, disponibile e visibile all’agente. Questo fa parte di un’esperienza interconnessa in cui, per esempio, il Contact Center deve essere in grado di fornire ulteriori link nella conversazione digitale, che portino a pagine di supporto più dettagliate o a video tutorial a cui il cliente può accedere a suo piacimento e che può conservare per esigenze future. Come aziende, costruire questo genere di librerie rende tutti vincitori: migliora la strategia self-service, la conoscenza interna di base e piace ai Millennials. Un’altra caratteristica fondamentale per fornire una Customer Experience a misura di Millennials è il tipo di comunicazione, che deve essere amichevole e rilassante. I tempi della scrittura soffocante, eccessivamente formale, sono relegati ai documenti legali e alle lentissime e-mail. La generazione dei Millennials comunica con le emoji come seconda lingua, desidera interazioni umane, spiritose e concrete. Questi giovani adulti non si fanno impressionare da interazioni formali e complicate, ma anzi tendono ad allontanarsi da esse. Danno molto più valore a un approccio personalizzato, amichevole e rilassato. Questa è una cosa da tenere in considerazione nelle linee guida aziendali, per poter istruire gli agenti a comunicare nel modo giusto, senza eccedere ed essere poco professionali o inappropriati. Infine, è fondamentale ricordare che i Millennials sono cresciuti in un mondo di libertà e varietà. Se provate a forzarli nel vostro processo di Customer Journey, potrebbero ribellarsi e decidere di lasciarvi.

Conclusioni Le aziende hanno bisogno di ascoltare questa generazione e modellare la Customer Experience attorno a quello che vogliono e si aspettano i clienti, non in base a quello che l’azienda trova più semplice o economico offrire. Dare ai consumatori una scelta e voce nell’esperienza è vitale per creare un sostenuto engagement. Bisogna ricordare, tuttavia, che non sarà sempre la domanda a guidare. Nessuno ha richiesto l’invenzione dello smartphone: è stato offerto sul mercato prima che le persone sapessero di volerlo. Qualsiasi contatto con il cliente rappresenta un’opportunità per migliorare, coltivare, rinnovare e rafforzare la relazione: per questo bisogna comprenderli e soddisfarne le aspettative.

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Come interagire con i clienti sui social media Dodici buoni consigli per imparare a gestire le relazioni e il supporto ai clienti attraverso i social media, una modalità sempre più diffusa ma che ancora presenta ampi margini di miglioramento e zone d’ombra da conoscere per non cadere nei suoi potenziali tranelli. GABRIEL FRASCONI

Central and Southern Europe Director, Zendesk gfrasconi@zendesk.com I social media possono essere, e di solito sono, il luogo dove vanno i clienti frustrati quando vogliono sfogarsi pubblicamente. Di conseguenza, assistere i clienti su Twitter e Facebook richiede una speciale combinazione di qualità da parte del venditore: bisogna essere attenti e disponibili ma anche prudenti, perché l’interazione con il cliente è pubblica. Elenchiamo alcune buone pratiche per l’interazione con i clienti sui social media: 1. rispondi rapidamente – i canali dei social media spesso vengono utilizzati quando non si è riusciti a ottenere aiuto attraverso altri canali, quindi con un elevato livello di emotività, e una risposta veloce è importante. Cerca di rispondere entro un’ora 1; 2. rispondi al messaggio nella stessa modalità in cui ti è stato mandato – se il tweet del cliente o il post su Facebook è pubblico, rispondi pubblicamente. Se ti mandano un messaggio diretto, rispondi con un messaggio diretto; 3. sii consapevole di quello che dici – questo è un forum pubblico, quindi fai attenzione a non condividere informazioni che dovrebbero restare private, e sii particolarmente conscio di dover mantenere un tono amichevole e di empatia. Molte aziende definiscono linee guida per i social media che dovresti consultare, se disponibili; 4. parla restando in sintonia con il marchio aziendale –

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poiché le interazioni sono pubbliche, è importante rispondere con parole capaci di riflettere la personalità e l’immagine dell’azienda. Tu rappresenti il marchio e risolvi problemi 2; usa le immagini – una foto vale più di mille parole: le immagini di schermate, gif animate, video e link verso articoli della knowledge base e altri elementi grafici possono essere quanto mai utili. Accertati solo di non inserire (o confondere) le informazioni che riguardano il cliente; dai risposte concise – sui social media è importante essere concisi, in particolare su Twitter con il suo limite di 140 caratteri. È inoltre opportuno usare scorciatoie per i link agli URL quando si devono segnalare ai clienti articoli o altre informazioni; è bene suddividere i tweet – può essere utile suddividere le informazioni in più tweet, ma non più di due o tre: superata questa soglia è meglio passare a un ticket. Se dividi una risposta lunga, specifica la numerazione – “(1/3)”, “(2/3)”, ecc. – in modo che il cliente sappia quando hai finito; qualora necessario, vai offline o utilizza una messaggistica diretta – per problemi tecnici o sensibili, può essere necessario spostare la conversazione su un canale più convenzionale (e privato), come la posta elettronica. Puoi anche provare a chiedere al cliente di inviarti un messaggio su Twitter; tieni informato il cliente – se è necessario spostare la conversazione in un ticket, fai in modo che il cliente sappia il perché. Questo è utile non solo al cliente, ma anche a coloro che più tardi possono cercare le paro

A tal proposito si legga l’articolo di Chelsea Larsson “Let’s get real: the not so secret relationship of brands and customers online”, https:// relate.zendesk.com. 2

Si veda l’articolo di Pamela Vaughan “72% of People Who Complain on Twitter Expect a Response Within an Hour”, http://blog.hubspot.com. 1

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PIANO EDITORIALE 2016 GENNAIO/FEBBRAIO Speciale pdf on line

Customer Experience e Internet of Things le chiave nei tweet, o che stanno seguendo la conversazione in tempo reale; 10. evita di rispondere ai clienti quando… – a volte la migliore risposta è nessuna risposta. La provocazione, per esempio, va ignorata: non rispondere a tranelli o a evidenti tentativi di trascinarti in un inutile alterco pubblico. Nessuno ci guadagna da questo tipo di interazioni; 11. invia tweet “love” al tuo Team Marketing – molti tweet possono essere gestiti meglio da altri nella tua azienda: per esempio, potresti semplicemente assegnare un tweet riguardante il marketing (complimenti, ecc.) al tuo Team Marketing, qualora volesse replicare con un tweet e raggiungere il cliente; 12. crea una documentazione o un apposito team per la gestione dei social media – non a tutti riesce facile gestire l’assistenza dei clienti sui social media, perciò tanti servizi assistenza creano piccoli team specificamente addetti ai social media, ma in grado di usare anche gli altri canali di supporto al cliente. Un’altra opzione per eliminare un po’ di tensione e di congetture dall’assistenza ai clienti mediante social media è quella di preparare risposte standard a tweet comuni che si ricevono, e fornirle come documentazione o formazione.

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LOYALTY & REWARDING

Fidelizzazione, ripensare il premio per aumentare l’engagement Rilanciare l’engagement dei programmi di loyalty è possibile, tenendo conto delle caratteristiche e delle esigenze dei nuovi interlocutori aziendali, i consumatori digitali, e puntando su attrattività e modernità. FABIO REGAZZONI

Founder & CEO, ECRM Italia

Nonostante gli sforzi di vendor e retailer, molte ricerche di mercato evidenziano una forte insoddisfazione da parte dei consumatori nei confronti dei programmi di loyalty implementati fino ad ora. Le indagini quantitative e l’analisi del sentiment sui social network rilevano un tasso di pareri negativi che talvolta arriva a sfiorare il 90%. Le ragioni principali di questa disaffezione nei confronti dei programmi sono sostanzialmente tre: • la scarsa attrattività dei premi ‑ non ade­renza agli interessi del consumatore, ricom­pensa con regole troppo rigide o mancante di servizi cross-canale; • l’insufficiente esperienza multicanale ‑ mancanza di adeguati meccanismi di redemption del premio, scarsa usabilità degli strumenti web e mobile per inadeguatezza dei software, dati non aggiornati, errori tecni­ci causa di perdita di punti fedeltà e di ritardi nell’accredito dei benefici; • i problemi con il Customer Service ‑ lunghe attese, esperienze spiacevoli con gli addetti, mancanza di informazioni da parte del perso­nale dei Call Center sui servizi erogati online. Lo scenario non è incoraggiante, ma invita a un’attenta analisi sullo stato dell’arte della loyalty e a riflettere su alcune azioni che possono aiutare a correggere il tiro e riportare i programmi di fidelizzazione sui binari di profit-

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tabilità ed efficacia, rinsaldando e migliorando il rapporto con il consumatore.

Il consumatore digitale Una delle prime evidenze riguarda la domanda crescente di esperienze e servizi multicanale, un’esigenza che nasce dall’affermazione di un nuovo tipo di consumatore: il consumatore digitale. Dal report Nielsen Winning Perspectives, pubblicato a febbraio 2016, emerge un ritratto interessante dell’esperienza d’acquisto dei consumatori, che si sta evolvendo rapidamente verso l’omnicanalità. Si tratta di una sinergia in forte crescita tra canali online e offline, che vede il consumatore interagire con i brand sia attraverso la realtà tangibile dei negozi sia attraverso la realtà virtuale del mondo digitale. Da un’altra recente ricerca condotta da Target Research, promossa da ECRM Group e condotta su un panel di iscritti a programmi fedeltà in Italia, UK, Francia, Germania e Svizzera, arriva la conferma dei tratti distintivi del consumatore digitale proprio in relazione alla loyalty. In particolare, nel mercato italiano, tra i consumatori digitali iscritti ai programmi loyalty ci sono più giovani rispetto al totale del campione analizzato (54% vs. 40%); inoltre, tali individui sono maggiormente istruiti rispetto alla media e ancor di più rispetto ai non digitali: il 48% (37% + 11%) possiede infatti un titolo di studio pari o superiore alla laurea. Relativamente alla professione, tra i consumatori digitali prevalgono gli impiegati con un’alta propensione alla spesa. Di conseguenza, il consumatore non digitale ha un livello

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di istruzione più basso (solo il 30% ha un titolo di studio pari o superiore alla laurea) e un’età anagrafica più alta (29% la percentuale di older adults), con una bassa propensione alla spesa. La ricerca di Target Research commissionata da ECRM Group si concentra in particolar modo sull’aspetto premiale, perché i premi rivestono un ruolo importantissimo nella retention e determinano, nella maggior parte dei casi, il successo di un programma loyalty.

Premi: passato e presente Per capire lo stato dell’arte dell’esperienza premiale dei consumatori, è stato loro chiesto di dettagliare l’esperienza passata. Per quanto riguarda l’Italia, nel segmento dei supermercati, i consumatori hanno scelto fino ad oggi in prevalenza premi fisici e sconti (75%), seguiti da gift card (27%) e, in misura decisamente minore, premi esperienziali (11%). Gli iscritti ai programmi fedeltà delle compagnie petrolifere, invece, hanno scelto con maggior frequenza lo sconto (64%), seguito da premi fisici (55%) e gift card (16%). Si conferma, anche in questo settore, la piccola percentuale di coloro che hanno scelto un premio esperienziale. Nel settore creditizio e finanziario, invece, la scelta si distribuisce in maniera meno netta: restano tra i favoriti i premi fisici (44%) e gli sconti (42%), mentre seguono con percentuali più alte, rispetto agli altri settori, le gift card (29%) e il premio esperienziale (22%). La scelta dei consumatori sembra influenzata in maniera importante dalle proposte delle aziende, anche perché in prevalenza i cataloghi loyalty sono impostati in modo piuttosto tradizionalista e tendono a privilegiare i buoni sconto validi per acquisti successivi o premi fisici. Per quanto riguarda gli aspetti legati al mondo digitale e multicanale, sono le aziende stesse a confermare una crescita di questo tipo di proposte relativamente al catalogo premi, in particolare nei settori dell’industria e dei servizi. Il retail, invece, è il settore maggiormente legato agli elementi fisici del programma fedeltà (Osservatorio Fedeltà, 2015).

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Anche nel caso dell’erogazione dei buoni sconto e dei coupon, il retail tende a privilegiare il canale fisico, mentre industria e servizi sono i settori maggiormente orientati all’utilizzo del digitale. In uno scenario così delineato è doveroso chiedersi cosa vogliono davvero i consumatori, influenzati dall’offerta del mercato ma trainati da nuove tendenze digitali.

PREMI PREFERITI IN ITALIA

SCONTO

43% PREMIO FISICO

33% GIFT CARD

20% PREMIO ESPERENZIALE

4%

Fonte: Target Research, Consumer’perception of digital rewards in loyalty programs, 2016

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LOYALTY & REWARDING

I CLUSTER

CL USTER 1 Social & Digital

Tre cluster di consumatori Valore del premio, velocità di ricezione, importanza del brand, innovazione, condivisione, e digitalizzazione sono i driver identificati per i tre cluster che emergono dalla ricerca. Il primo cluster è composto dai Social&Digital, ossia coloro che danno grande importanza alla condivisione social e alla digitalizzazione del premio. Questo cluster, composto per il 43% da young adults, con alta propensione alla spesa e aderente prevalentemente ai programmmi loyalty del Petrol e delle Carte di Credito/Banche pesa, sul totale campione, per il 49%. I Social&Digital sono coloro che in passato hanno scelto con maggior frequenza le gift card e che comprano frequentemente online. Il secondo cluster è composto dai Fashion&Tech, ossia da quei consumatori attenti al brand e all’innovazione premiale più che agli elementi digitali del premio. Composto in prevalenza da middle aged adults, chi appartiene a questo cluster aderisce con maggior frequenza ai programmi fedeltà di supermercati e catene di elettronica, e in passato ha scelto in prevalenza premi fisici. La rilevanza di questo cluster sul totale è del 45%. Del terzo cluster fanno parte invece i Pragmatic, che valutano come importanti attributi quali il valore percepito e la rapidità di consegna. Composto per il 40% da older adults con bassa propensione alla spesa, è il cluster che in passato dichiara di aver scelto prevalentemente sconti e premi fisici.

Conclusioni Storicamente, il consumatore ha preferito il premio fisico alle gift card. Le evidenze dicono però che la soddisfazione del consumatore stesso per questo tipo di iniziative va calando nel tempo, mentre emerge la nuova figura del consumatore digitale, più attento ad altri tipi di rewarding rispetto al vecchio cliente, più colto e più alto spendente. Attento alle novità, influenzato dai nuovi strumenti digitali, questa tipologia di utente va stimolato e ingaggiato con proposte che ne incontrino i gusti, partendo anche dal premio. Le aziende sono in grado di influenzare le scelte dei clienti anche attraverso i cataloghi e le iniziative di rewarding: scegliere un assortimento premiale in linea con le esigenze dei consumatori oppure privilegiare la logica del minor costo può influenzare in maniera significativa il risultato di un programma loyalty e i comportamenti degli aderenti,

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Condivisione + Digitalizzazione premio Valore percepito + Rapidità consegna 43% Young Adults 44% Alta propensione alla spesa Alta frequenza shopping online ++ Petrol & Carte di credito LP ++ Premi passati: Gift Cards e Premi esperenziali

C L U S T E R 2 F a s h i o n & Te c h Brand + Innovazione Condivisione 42% Middle-aged Adults 37% Alta propensione alla spesa Media frequenza shopping online + Supermercati & Elettronica di consumo LP + Premi passati: Premi fisici

C L U S T E R 3 P ra g m a t i c Valore percepito + Rapidità consegna Digitalizzazione + Brand + Innovazione 40% Older Adults 27% Alta propensione alla spesa Bassa frequenza shopping online + Librerie LP -- Carte di credito LP + Premi passati: Sconto e Premi fisici

Fonte: Target Research, Consumer’perception of digital rewards in loyalty programs, 2016

sia in termini di retention sia di acquisition. Per intercettare le esigenze e le preferenze del nuovo consumatore digitale e per rilanciare l’effetto dei premi sui programmi di loyalty ‑ e quindi, in ultima analisi, sul business ‑, è necessario progettare e realizzare sistemi premianti basati su gift card digitali, che riassumono in sé le caratteristiche di attrattività (gift) e modernità (digital) che il nuovo profilo di consumatore richiede. L’impatto di questo tipo di scelta sulla redditività del programma loyalty sarà sicuramente positivo, perché in grado di ingaggiare in maniera efficace anche il cliente digitale, che abbiamo visto essere il target con più alta propensione alla spesa, quindi meno incline al nomadismo generato da offerte e promozioni, e meno sensibile alla leva del prezzo.

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