Customer
Cu
Management ANNO 4 - NUMERO 3
SOCIAL
CUSTOMER CARE ALL’INTERNO
Un canale di assistenza come tutti gli altri?
Ma
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CMI CUSTOMER MANAGEMENT INSIGHTS Anno 4 - N. 3 - Maggio/Giugno 2015 Numero unico Direttore responsabile: Letizia Olivari letizia.olivari@cmimagazine.it Hanno collaborato: Andrej Carli, Giovanni Corbetta, Vincenzo Cosenza, Marco Cossu, Roberto Grossi, Rachele Zinzocchi Impaginazione e grafica: Matteo Olivari grafica@matteoolivari.it Sito web: Luca Tripeni Zanforlin luca@lippocastano.it Abbonamenti on line: www.cmimagazine.it/abbonamenti Informazioni commerciali: tel. +39 3477370379 commerciale@cmimagazine.it CMI Customer Management Insights è una testata specializzata realizzata da L’Ippocastano Sas di L. Olivari & C. P. Iva 03328430966 via Valparaiso, 8 - 20144 Milano
Social Customer Care Social Customer Care: un canale di assistenza come tutti gli altri? di Roberto Grossi
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Le tre C del Social Care e del Community Management di Rachele Zinzocchi, 3 Italia
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Lo stato del Social Caring in Italia di Vincenzo Cosenza, Blogmeter
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Community Azienda-Clienti: l’importanza di essere social di Giovanni Corbetta, Idea Technologies
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Dal Social Media Customer Care alla multicanalità di Andrej Carli, Bizmatica
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L’Assistenza al Cliente nell’era digitale di Marco Cossu, Wind
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I social media si apprestano a diventare il punto focale del Servizio Clienti: occorre quindi concentrarsi sulle loro caratteristiche, sul nuovo paradigma di comunicazione introdotto e sui cambiamenti che è necessario apportare alla struttura e ai processi aziendali per arrivare a costruire un Social Customer Care efficace, in linea con le esigenze di velocità, immediatezza e real-time che caratterizzano gli utenti a cui è rivolto. Comunicare, coinvolgere e curare: questa è la formula per il successo delle aziende nella gestione del rapporto con il network di clienti, nonché la via virtuosa e costruttiva per opporsi e rispondere a tutti i piccoli e grandi momenti di crisi che l’odierna società genera con sempre maggiore frequenza. L’obiettivo è la creazione di un Social Care che sia davvero in grado di instaurare con i clienti una relazione profonda, lungimirante e di successo. Il rapporto stilato da Blogmeter offre uno spaccato del grado di sviluppo e maturità del Social Caring nelle aziende italiane: poche risultano essere capaci di gestire al meglio la comunicazione con i propri clienti sui social network. Si prospetta dunque la necessità di un progresso in tale ambito, che non può andare disgiunto da una più generale evoluzione delle stesse realtà aziendali e delle tecnologie che le supportano.
Dalla piazza reale a quella virtuale, l’obiettivo per chi offre beni e servizi è sempre il medesimo: vendere di più e per più tempo. Il segreto del successo sta nella fidelizzazione, e per ottenere tale risultato le aziende possono ora investire sul Social CRM, garantendo così un’interazione con i Clienti che lascia a questi ultimi il giusto spazio, riconosce loro la dovuta importanza e li fa sentire parte integrante della realtà aziendale. La progressiva affermazione dei social media come nuovo canale di comunicazione con il Cliente rende più urgente la necessità per le aziende di presentarsi come un tutto coerente e unitario, superando la frammentazione in silos che ancora caratterizza la loro organizzazione. Bizmatica e Interactive Intelligence offrono delle soluzioni di Contact Center integrate che possono garantire un notevole vantaggio competitivo in tale processo di rinnovamento. Wind ha risposto con prontezza ai grandi cambiamenti introdotti dalla comunicazione digitale e dalla virtualizzazione delle relazioni. La sfida è quella di creare un Digital Customer Management in grado di appagare le esigenze dei moderni tecno-utenti, sfruttando le opportunità evolutive offerte dalle nuove tecnologie per potenziare i tradizionali valori del Customer Management, da sempre orientato verso la massima soddisfazione del cliente.
Curatore della monografia è Roberto Grossi, titolare di Social Media Easy, una social media agency di Roma specializzata nella formazione e consulenza in ambito Social Media Marketing, e nello sviluppo di siti web e applicazioni per smartphone. Dopo un’esperienza di oltre 25 anni nei settori Marketing e Vendite di importanti aziende nazionali e internazionali, dal 2009 collabora come freelance con enti e imprese, suggerendo soluzioni e idee innovative finalizzate all’utilizzo efficace del Marketing Digitale. È presente in modo attivo e qualificato sui principali social network, partecipa come speaker a seminari ed eventi di settore e gestisce alcuni blog tematici e una community online.
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Social Customer Care: un canale di assistenza come tutti gli altri? I social media si apprestano a diventare il punto focale del Servizio Clienti: occorre quindi concentrarsi sulle loro caratteristiche, sul nuovo paradigma di comunicazione introdotto e sui cambiamenti che è necessario apportare alla struttura e ai processi aziendali per arrivare a costruire un Social Customer Care efficace, in linea con le esigenze di velocità, immediatezza e real-time che caratterizzano gli utenti a cui è rivolto. ROBERTO GROSSI
roberto.grossi@socialmediaeasy.it
Qualsiasi sia il settore in cui operiamo, dobbiamo riconoscere che negli ultimi anni la nostra clientela è molto cambiata: meglio informata, meno fedele, più attenta a identificare soluzioni e a scegliere i propri interlocutori di riferimento. In un contesto che ha visto affermarsi i social network come nuovo paradigma di comunicazione, le aziende non possono più permettersi di etichettare i social media come un fenomeno transitorio o di nicchia. Le previsioni sui margini di crescita dei vari canali digitali sono tra le più disparate, ma gli esperti sembrano concordare sul fatto che i social media sono destinati a mantenere nel tempo un ruolo fondamentale per il Customer Service. Da qui la nascita di nuovi termini come Customer Service 2.0, Social Customer Care, Social Caring, che – al di là dell’enfasi talvolta eccessiva data a tutto ciò che contiene la parola “social” o il termine “2.0” – non sono altro che nomi diversi per rappresentare una estensione del sistema di Customer Care basata sull’ascolto e il monitoraggio dei social media. Prendiamo ora in esame alcuni degli aspetti maggiormente rilevanti del Social Customer Care, alcuni dei quali vengono successivamente approfonditi in questa monografia.
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Il consumatore 2.0 è più consapevole ed esigente Social media, Mobile, servizi di instant messaging: il digitale nel suo complesso ha trasformato in breve tempo il consumatore da fruitore passivo ad attore autorevole e in grado di influenzare le decisioni di acquisto. Secondo un’indagine IPSOS di fine 2014, il 12% dei consumatori online italiani fa regolarmente shopping da tablet e smartphone, e il 47% usa i social media per seguire un marchio o scoprirne uno nuovo. In presenza di un consumatore iperconnesso, che interagisce quotidianamente con Internet attraverso una pluralità di dispositivi, non è più sufficiente per le aziende avere un numero verde, un contatto e-mail e un elenco di FAQ per gli operatori del Servizio Clienti. Il cliente di oggi vuole dialogare e comunicare direttamente con l’azienda, e pretende che tale interazione avvenga attraverso gli strumenti con i quali ha imparato a familiarizzare: blog, forum e social media. In particolare, la crescita dell’utilizzo di smartphone ha reso molto più semplice e comodo per un cliente contattare il servizio di assistenza di un Brand attraverso la pagina Facebook o il profilo Twitter, anziché chiamare un numero verde. Una conferma in tal senso emerge dai risultati delle numerose ricerche e statistiche condotte negli ultimi anni: • l’83% dei consumatori italiani usa i canali web aziendali per avere informazioni su prodotti e offerte, il 77,8% per
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fare acquisti online, il 62% per chiedere assistenza (sondaggio I-Com, marzo 2015); • oltre l’88% dei consumatori è influenzato dalle opinioni pubblicate online da altri consumatori (Reevoo Survey, 2012); • oltre due terzi dei consumatori delusi dal servizio ricevuto online abbandonano il sito web o visitano quello di un concorrente (IBM Digital Customer Experience Report, 2014); • 7 persone su 10 raccomandano ad altri un’azienda se soddisfatti del servizio di Assistenza Clienti sui social. Questa percentuale scende al 19% in caso di assenza di risposta (NM Incite Social Care Survey, 2012); • il 33% degli utenti preferisce i social media al telefono come principale strumento per contattare un’azienda (Nielsen, 2012); • in Italia 1 internauta su 4 usa Facebook o Twitter per segnalare problemi relativi a prodotti/servizi (sondaggio I-Com, marzo 2015); • a febbraio 2015 sono stati in media 17.6 milioni gli utenti giornalieri online da dispositivi mobili, superando così il numero dei navigatori (12.9 milioni) da PC (Audiweb). Merita un particolare approfondimento il Social Media Customer Service Report, un’indagine condotta in Gran Bretagna dalle società Sitel e TNS intervistando oltre 1.000 consumatori nella fascia di età 16-64 anni. Secondo questa survey, i social media stanno radicalmente cambiando il mondo del Customer Service e la spinta principale al cambiamento deriva dalla generazione dei nativi digitali. Per risolvere un problema con un prodotto/servizio oltre la metà dei consumatori (69%) decide come prima cosa di andare online o parlarne sui social network (Fig.1). Questo numero supera i tre quarti (80%) nella fascia di età 16-24 anni. (Fig. 1) In altre parole, se il consumatore tradizionale preferisce risolvere un problema attraverso canali standard quali Call Center o e-mail, il connected consumer pensa e si comporta in maniera differente. Il nuovo tipo di consumatore, iperconnesso e always on, esprime infatti la sua insoddisfazione sui canali social e successivamente utilizza la sua rete online di contatti o di risorse per cercare le informazioni per la soluzione del suo problema.
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Fig. 1: Le azioni del consumatore per risolvere un problema
Si tratta quindi di un consumatore più informato e più esigente del consumatore tradizionale, che ha maturato la consapevolezza di avere molte più possibilità di essere ascoltato condividendo la sua esperienza su un social network piuttosto che interagendo con un singolo operatore di Call Center. Mantenere alto il livello di soddisfazione e di fidelizzazione al Brand diventa quindi un compito ancora più impegnativo per le aziende. «Il livello di insoddisfazione derivante da una mancata gestione di un problema attraverso i social network, può portare il churn rate dei clienti a incrementarsi sino al 15%» avverte Carol Rozwell, Vicepresidente della società di consulenza Gartner. Emblematico in tal senso il danno reputazionale subito da United Airlines per il video “United Breaks Guitar” pubblicato dal musicista canadese Dave Carroll, a seguito del danno recato alla sua chitarra durante la procedura di scarico dei bagagli. Dopo 8 mesi di infruttuosi tentativi di ottenere un rimborso di 1.200$ dalla compagnia aerea, il cantautore ha composto una canzone per descrivere in maniera ironica e divertente la sua sfortunata esperienza, ottenendo 150 milioni di visualizzazioni su YouTube. La mancata gestione di questa crisi online è arrivata a causare un calo dell’azione United Airlines del 10%, per un valore complessivo di circa 180 milioni di dollari!
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Anche la rapidità nel risolvere un problema diventa un elemento di differenziazione in uno scenario sempre più competitivo. L’indagine di Sitel e TNS evidenzia infatti come le fasce di età 16-24 e 25-34 anni vedano la velocità di risposta su Twitter tra le aree di miglioramento del Servizio Clienti (Fig. 2). Il fattore velocità sui social media viene enfatizzato ancora maggiormente in un’indagine condotta da Lithium Technologies: il 53% degli intervistati si aspetta di ricevere una risposta a una generica domanda su Twitter entro un’ora (Fig. 3). Questa percentuale sale al 72% nel caso si tratti di una lamentela o di un problema. Non a caso KLM, una delle aziende più evolute in tema di Social Caring, pubblica e aggiorna real-time sul profilo Twitter il tempo di risposta atteso del proprio Customer Service (Fig. 4). I vantaggi del Social Customer Care per l’azienda sono numerosi: riduce il tempo di evasione delle richieste di assistenza, razionalizza il carico di richieste sui Call Center e altri canali tradizionali, arricchisce la base dati dei clienti e soprattutto consente di comprendere in anticipo quelle che sono le necessità e le opinioni della clientela. Come rileviamo dai dati mostrati in precedenza, il Social Customer Care non è un canale da sperimentare con una ristretta cerchia di utenti evoluti, ma è una funzionalità che gli stessi clienti chiedono alle aziende. Tuttavia è un canale che richiede una particolare attenzione e una efficace integrazione all’interno della struttura e dei processi di un’organizzazione. Se da un lato il settore Marketing & Comunicazione ha molte delle skill richieste per interagire e monitorare i canali social, dall’altro è il Contact Center ad avere accesso alla tecnologia e al database dei clienti.
In assenza di un approccio integrato si corre il rischio di aggiungere un altro silos al processo di comunicazione con i clienti, senza offrire un adeguato ritorno in termini di benefici. Come è ben noto a chi opera nel Customer Service tradizionale, una strategia di servizio cross-channel è ben diversa da una multicanale. Mentre la prima è basata sull’esperienza del cliente, a cui non è richiesto di dover spiegare il suo problema a ognuno degli interlocutori con cui entra in contatto, la seconda è una semplice moltiplicazione dei canali di interazione con il Customer Service. I risultati di una recente indagine della società di consulenza Aberdeen Group evidenziano che oggi le aziende di successo sono quelle in grado di differenziarsi adottando specifici programmi di Customer Engagement e servizi di assistenza cross-channel (omni-channel nella terminologia adottata da Aberdeen Group). Emerge pertanto che: • il miglioramento della Customer Experience ha preso il posto dell’incremento della produttività quale obiettivo principale dei responsabili del Customer Care; • le aziende best-in-class sono quelle che adottano in maniera ottimale la strategia cross-channel, ottenendo performance migliori delle loro concorrenti in tutti i principali KPI (Fig. 5); • le aziende leader best-in-class possono ottenere un miglioramento dell’80% della Customer Retention. Ricordiamo poi che l’Assistenza Clienti nel mondo social non si esaurisce con la singola esplicita richiesta: anche in assenza di una comunicazione o interazione con il Customer Service, in Rete si possono in ogni momento manifestare e diffondere giudizi e commenti sul Brand o prodotto. È quindi importante che l’ascolto e il monitoraggio delle conversazioni in Rete (Social Listening) entri a far parte di una strategia di Social Customer Care. Beneficio significativo dell’avere una strategia integrata di
Fig. 2: Aree di miglioramento per il Customer Service
Fig. 3: Tempi di risposta attesi per il Customer Service su Twitter (Fonte: indagine Lithium Technologies, 2013)
Non è un canale come tutti gli altri
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Fig. 4: KLM aggiorna in tempo reale su Twitter il tempo di risposta atteso per il Customer Service
Social Media Marketing e Customer Care è la possibilità di interagire in maniera proattiva con i propri clienti, con evidenti vantaggi sia in termini di gestione efficace dei servizi di assistenza che di supporto alle attività di comunicazione e promozione dell’azienda. Ottimi esempi di come un attento ascolto della Rete, se interpretato nella giusta maniera, possa diventare un momento di costruttivo Customer Engagement sono quelli di Domino’s Pizza o di Trony, alle prese con clienti in cerca di aiuto o in vena di confidenze su Twitter (Fig. 6). Un altro fattore da prendere in considerazione nell’esaminare le aree di intervento del Social Customer Care è l’impulso che i social network hanno dato alla crescita delle community online. L’evoluzione della tecnologia e della società porta oggi le persone a formare delle comunità – o delle vere e proprie tribù digitali, nell’accezione introdotta da Seth Godin nel suo libro Tribes – che si aggregano spontaneamente attorno a idee, valori, prodotti e marchi comuni capaci di suscitare emozioni e creare legami. Seguire, ascoltare o sviluppare una online community può quindi essere per le aziende un passo fondamentale anche per le attività di Customer Care. Una comunità di supporto peer-to-peer è in molti casi la
Fig. 5: Key Performance Indicators per tipologia di Contact Center (monocanale, multicanale, cross-channel)
maniera migliore per ottenere delle economie di scala nel Social Caring. Qualche numero a conferma di questa tesi: • in media il 40% dei clienti trova la soluzione di problemi attraverso una comunità online (Michael Moz-Gartner, 2012); • dopo la creazione di una community online, Citrix ha ottenuto una riduzione del 15% nel traffico di accesso al proprio sito di supporto. Questo numero si è poi stabilizzato sul 30%; • Sony risolve l’85% dei problemi tecnici con il supporto peer-to-peer online, che impiega solo 12 moderatori per oltre un milione di consumatori in tutta Europa; • il tempo medio di risposta alle richieste di aiuto nella community di giffgaff (MVNO di proprietà del gruppo Telefonica) è di tre minuti e il suo servizio di Customer Service, secondo i dati di Telefonica, costa quattro volte meno di uno basato su un modello tradizionale di Contact Center. Ovviamente una community online non è in grado di svilupparsi ed espandersi in maniera completamente autonoma: è grazie a una specifica strategia di Community Management che la stessa può efficacemente rafforzarsi o aggregarsi attorno a un Brand.
Fig. 6: Il Social Caring come strumento di Customer Engagement
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INTRODUZIONE
Trovate un approfondimento del tema nell’articolo di questa monografia, “Le 3 C del Social Care e del Community Management”, di Rachele Zinzocchi.
Le aziende sono pronte per il Social Customer Service? Se guardiamo al mercato italiano, accanto a rari casi di grandi aziende e di early adopters troviamo pochi esempi di aziende in cui il Customer Service sia stato, sino ad oggi, settore prioritario nell’adozione delle opportunità offerte dai Social Media. Secondo uno studio condotto nel 2014 da Blogmeter, che ha messo sotto osservazione circa 3.500 pagine Facebook e oltre 1.600 profili Twitter di aziende che offrono servizi di Social Customer Care, il livello di interazione con i clienti attraverso i canali social è ancora abbastanza limitato: il numero di quelle che hanno risposto a un post su Facebook è solo del 50% e, se si restringe il campo di osservazione a un numero di 100 post pubblicati in bacheca, i rispondenti sono stati pari all’1,6% delle pagine considerate. Ulteriori informazioni su questo studio sono contenute nell’articolo “Lo stato del Social Caring in Italia”, di Vincenzo Cosenza, presente nella monografia. Emerge inoltre un ritardo nel soddisfare appieno le aspettative dei consumatori riguardo al Social Customer Service, che sembra essere un trend globale. Secondo un
rapporto pubblicato nel primo trimestre 2015 da Socialbakers, società indipendente che fornisce statistiche sull’utilizzo di Facebook, Twitter e altri social media, le aziende impiegano sino a 9 ore – più di un giorno lavorativo – per rispondere a una segnalazione via social di un problema. Analoga conferma viene dall’indagine “Getting Closer to the Customer”, realizzata dall’Intelligence Unit dell’Economist e commissionata da Genesys (Fig. 7). Solo il 42% degli intervistati, circa 800 senior manager appartenenti a 70 diversi Paesi, risulta utilizzare infatti i Contact Center per comunicare con i clienti, mentre è ancora più basso (6%) il numero di manager che considera il Customer Service tra gli ambiti di applicazione dei Social Media. Una delle possibili spiegazioni di questo risultato può risiedere nella difficoltà di identificare in azienda la responsabilità della relazione con il cliente: oltre la metà dei dirigenti (58%), infatti, considera il CEO responsabile della strategia da attuare sui nuovi canali di comunicazione con i clienti. Tuttavia, oltre due terzi degli intervistati (38%) si trova in disaccordo con questa tesi e indica come responsabile di tale compito la Direzione Marketing. Un ulteriore freno al completo utilizzo del Social Customer Care è spesso dovuto alla paura di un social media fail. È purtroppo ancora molto diffuso tra le imprese italiane il convincimento che crisi reputazionali possano essere evitate semplicemente rimanendo fuori dal mondo dei social network, atteggiamento che – a nostro parere – rappresenta il modo meno efficace di prevenire una crisi. Che ci piaccia o no, i clienti hanno il megafono e condividono i loro giudizi sui social network, indipendentemente dalla nostra presenza su questi nuovi media.
Uno scenario in evoluzione
Fig. 7: Canali utilizzati dalle aziende per entrare in contatto con i clienti (indagine The Economist)
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Ritorniamo sul fattore velocità per il servizio di Social Customer Care. Immediatezza e real-time sono il cavallo di battaglia delle app di Instant Messaging, una tipologia di comunicazione che vede ogni mese una crescita esponenziale nei numeri di utilizzo. Osserviamo come alcune delle caratteristiche di queste piattaforme siano particolarmente adatte al Social Caring: • messaggi di tipo push; • comunicazioni one-to-one per lo scambio di informazioni di tipo privato e confidenziale, che per loro natura sarebbero inappropriate sui social network (per es. indi-
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rizzo e-mail, numero di cellulare, ecc.); • possibilità di creare profili aziendali ufficiali (Line, WeChat). Che non si tratti solo di una possibilità teorica lo dimostra il fatto che alcune organizzazioni stanno già valutando l’utilizzo di queste piattaforme per migliorare i servizi di Customer Care. Tra i pionieri in questo ambito ritroviamo KLM, che gestisce su WeChat 1.000 richieste a settimana e che, a partire dallo scorso marzo, ha avviato un ulteriore progetto pilota di Customer Care basato su WhatsApp. Anche nel nostro Paese qualcosa si muove: dallo scorso marzo Brescia Mobilità ha affiancato i profili aziendali Facebook e Twitter con una presenza sui canali Instagram e WhatsApp. Così, inviando un messaggio tramite WhatsApp al numero di cellulare di Brescia Mobilità, è possibile richiedere informazioni su linee, orari, percorsi, porre domande o segnalare questioni relative al trasporto pubblico locale, ricevendo risposta in tempo reale. Altrettanto innovativo è il progetto pilota di Genialloyd, che ha offerto a un campione di 1.000 clienti la possibilità di utilizzare il nuovo servizio clienti via WhatsApp: durante questa fase i clienti pilota potranno comunicare le loro esigenze tramite il servizio di messaggistica, e potranno inviare eventuali documenti semplicemente scattando una foto con il cellulare. Solo i reclami formali continueranno a essere inviati via e-mail, fax o lettera.
Conclusioni Gli argomenti che abbiamo passato in rassegna delineano un quadro in rapida evoluzione per il Customer Service: i social media, da semplice estensione del Servizio Clienti, sono destinati a diventarne il punto focale e, in virtù dell’impatto sulla web reputation, a rappresentare un forte elemento di caratterizzazione del Brand aziendale. Siamo quindi in presenza di un trend che mal si concilia con approcci conservativi e limitati a timide sperimentazioni esplorative. L’analisi delle possibili strategie da adottare meriterebbe uno specifico approfondimento; ci limitiamo in questo articolo a indicare alcune delle attività che, a nostro avviso, rappresentano i fattori critici di successo: • unificare le attività di Customer Service. L’armonizzazione delle procedure e dei gruppi di lavoro aziendali ope-
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ranti sui social media è un elemento imprescindibile per massimizzare l’efficacia di un Social Customer Service e per la sua evoluzione verso una piattaforma integrata di Customer Engagement; • adottare un framework di riferimento per la gestione delle interazioni sui social media. Avere delle linee guida assicura che le modalità di gestione delle richieste trovino delle risposte coerenti, anche in presenza di canali diversi (Contact Center, e-mail, social media) di interazione con i clienti; • ascoltare e partecipare alle conversazioni in Rete. Il monitoraggio delle conversazioni, oltre a fornire delle utili indicazioni per misurare la percezione del Brand e dei concorrenti, è uno strumento fondamentale per comprendere le esigenze dei clienti, individuare gli influencers e sedare eventuali crisi; • incoraggiare il lato personale delle interazioni con i clienti. I clienti da sempre preferiscono interagire con delle persone di cui conoscono il nome e il volto, specie quando devono fare un reclamo, piuttosto che scambiare messaggi impersonali con un operatore caratterizzato da un avatar e da un identificativo numerico. Sotto questo aspetto le aziende dovrebbero fare tesoro dell’esperienza fatta da alcuni social network: uno dei principali fattori di successo di Facebook è stato quello di incentivare la creazione di profili personali con foto e nomi reali, privilegiando una identità digitale a scapito di quella virtuale (per es. Second Life). Il percorso per costruire il Social Customer Service dovrà quindi seguire un approccio olistico e abbracciare l’azienda nella sua interezza, senza essere appannaggio di un’unica funzione aziendale, sia essa il Servizio Clienti o la Direzione Marketing, con l’obiettivo di trasformarsi da centro di costo in centro di profitto. Ancora una volta KLM ritorna quale esempio di azienda best-in-class: la compagnia aerea olandese oggi fattura oltre 25 milioni di dollari con 150 operatori (ca. $170.000 a testa) che si occupano del cliente a 360 gradi, dalla gestione dei reclami alla prenotazione dei voli. «Il canale Social sta diventando per noi sempre di più un centro di profitto. La nostra priorità è il servizio, seguito dalla gestione del Brand e della reputazione, ma altrettanto importante è diventata la fase di vendita.» Gert-Wim ter Haar, KLM Social Media Manager
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STRATEGIA
Le tre C del Social Care e del Community Management Comunicare, coinvolgere e curare: questa è la formula per il successo delle aziende nella gestione del rapporto con il network di clienti, nonché la via virtuosa e costruttiva per opporsi e rispondere a tutti i piccoli e grandi momenti di crisi che l’odierna società genera con sempre maggiore frequenza. L’obiettivo è la creazione di un Social Care che sia davvero in grado di instaurare con i clienti una relazione profonda, lungimirante e di successo. RACHELE ZINZOCCHI
rachelezinzocchi@yahoo.it
delle gambe del tavolo ove si apparecchia e si sviluppa il nostro essere sociale – nello specifico il nostro Social Media Marketing –, il nostro modo di essere sui social media e di gestire una community social.
Un Community Management di successo Social Care: ne abbiamo parlato tanto ormai, ma siamo certi di aver capito cos’è? Anche il mondo non fa che parlarne. A differenza di qualche tempo fa, e nonostante alcune classifiche e ricerche che sembrerebbero continuare ad attestare il contrario, ormai i Brand hanno capito il meccanismo: a prescindere dal se e come lo realizzino - quel che poi fa la differenza -, a tante e tante aziende è ormai chiaro che oggi non puoi non essere social, non puoi non fare Social Care. Ma, appunto, l’hanno davvero capito? E come? Sappiamo quanto complesso sia il tema. Il fatto è che ciò che noi chiamiamo Social Care è ben lungi dal ridursi a semplice Customer Care online. Il Social Care è anche Assistenza Clienti via social, ma non si limita a questo. È un atteggiamento dello spirito, una forma mentis di approccio al network e alla propria community, un habitus mentale che si concretizza in atteggiamenti materiali, nel modo di relazionarsi in generale all’utente. Dunque anche al cliente effettivo o potenziale: un’interpretazione precisa del Social Customer Relationship Manager. Il Social Care inteso in quest’ottica di ampio respiro è una
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Comunico, coinvolgo, curo: queste le tre C del Social Media Managing – come ho avuto modo di illustrare a SMX Milan 2014, nella sessione dedicata al Managing della propria Social Community –, di cui parte essenziale è proprio, a mio avviso, il Social Care, un Real Time Social Caring che si prende costantemente cura della community con “amore”, dedizione, devozione, spirito di condivisione e servizio. Ma che, proprio per questo, sa anche mettere dei paletti quando servono, sa delimitare gli spazi per non sprecare preziose energie e investirle al meglio nella gestione di urgenze ed emergenze divenute tali – quelle sì – non solo sul piano web & social, ma per l’intera struttura sociale del Paese. Il nostro relazionarci al network, al cliente reale o potenziale, è sempre ispirato dalla volontà di trasmettere un messaggio, la propria voce, l’identità del proprio Brand, cercando di creare engagement con la community, facendo sì che questa si faccia portatrice dei nostri valori, della nostra mission – come noi dei suoi. Non possiamo cioè prescindere dal prenderci cura del network, che non ci ascolterà se prima non gli risolviamo, per esempio, quel
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problema in bolletta rimasto insoluto da tempo. Solo così raggiungeremo i nostri obiettivi di business, perché solo così potremo acquistare – o riacquistare – trasparenza, affidabilità agli occhi dell’utente, dunque instaurare un rapporto di amicizia con lui. Solo un Brand amico del cliente, capace di comunicare, coinvolgere e curare, potrà vendere. Come realizzare tutto questo? Da un lato, con un Content Marketing adeguato e coerente, basato su una strategia editoriale di comunicazione e coinvolgimento all’insegna della condivisione, della Youtility – secondo la definizione di Jay Baer – di utilità per te, dunque servizio. Un approccio comunicativo improntato alla 80/20 rule, alla regola dell’80/20 – secondo una personale reinterpretazione della ben nota regola di Pareto – che cerca di dare una risposta all’annosa domanda: “E adesso? Con questa community che cosa ci faccio?”. Per un 40% lascia che si diverta. Largo all’entertainment, al gioco: quiz, test, indovinelli, sondaggi. E guai a chi lo ritiene una cosa stupida: ricordiamo che proprio i bambini, nella fase non a caso definita di ricreazione, giocano, si divertono, scherzano insieme. E nessuno si sogna di chiamarli sciocchi. Purché, naturalmente, il divertimento sia sensato e intelligente. Per un altro 40% aiutala e informala: come accade con i noti post di How-to e i tutorial, che hanno tanto successo proprio perché, in quanto vere istruzioni e informazioni di servizio, insegnano qualcosa di nuovo e sono concretamente utili, nell’immediato, a
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chi legge. Anche la notizia può essere un’informazione di servizio, contestualmente informale, e tornare utile alla community qualora contenga indicazioni importanti per il raggiungimento di un obiettivo. Senza contare che la news come tale è in ogni caso utile in quanto interessante: diffonde conoscenze prima ignote che, se coerenti con gli interessi della community, danno ai propri contatti un grande valore aggiunto – è il Newsjacking, la notizia come nuova leva del Marketing. E per il residuo 20%? Parla di te! Ci mancherebbe che tu non possa farlo: se davvero sei amico del cliente, come ogni amico puoi e devi parlare di te. Ma senza eccedere, senza annoiare e infastidire, occupando il 20% del tempo a disposizione. In quello, però, spazio alla Self-Promotion, a quella che viene definita comunicazione d’offerta, alla Brand Communication.
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STRATEGIA
Verso un nuovo Social Care Tutto questo però – questa gamba del tavolo che declina il comunicare, coinvolgere e curare, analizzata qui solo in piccola parte – nulla sarebbe senza quella che già sopra chiamavamo l’altra gamba: il Social Care. Di quest’ultimo lungamente si è parlato, ma ora lo consideriamo in una prospettiva nuova e più globale: non come semplice appendice, parte aggiuntiva della propria strategia di gestione di Social Media e Community, ma come elemento costituente, come parte integrante del suo DNA. E proprio per tale nuova visione del Social Care giova riepilogarne i tratti, indicando tre fattori essenziali che al meglio ne esprimono natura e obiettivi proprio in quanto “amore”, dedizione, devozione e spirito di servizio. Quali, dunque, le tre keyword? • Social Education: necessaria e non più rinviabile per la costituzione di una nuova educazione civica digitale. Una educazione nei social ai social, alla propria community – internamente al Brand e esternamente verso i propri contatti –, nell’ottica di un piano che non può non riguardare tutta la nostra società, anche a livello politico ed economico; • #DFTT, “Don’t feed the troll”: come conseguenza di questi reali e importanti obiettivi, “non ti curar dei disturbatori online, ma guarda e passa”, investendo energie su chi ha davvero bisogno di aiuto. E pensando ai violenti online, a chi diffonde flame col puro scopo della rissa, dell’offesa gratuita, per un solo ma essenziale motivo: dire a voce alta… • #StopWebViolence: basta alla violenza online, che ci mette pochissimo a diventare anche offline. Un grido composto ma irremovibile, capace di trasformarsi in azioni decise e definitive per contrastare il fenomeno sul piano giuridico, sociale e politico. Una montagna da scalare, e siamo solo all’inizio. Ma ognuno di noi deve fare la sua parte, anche quando semplicemente accede al proprio profilo Facebook, condividendo amore, conoscenza, aiuto. E denunciando quando serve: online e, magari, anche offline.
La conquista della resilienza Riepilogando: comunico, coinvolgo, curo. Queste le tre C del Community Management, l’essenza di ogni gestione delle Social Community, il segreto di ogni
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Social Media Marketing di successo, che porta al business, a vendere. E così a superare la crisi. Comunicare, coinvolgere, curare – in particolare il nostro #SocialCare che ne costituisce parte integrante – sono anche driver di quella che oggi sentiamo sempre più spesso definire resilienza.
Che cosa significa essere resilienti? Sopravvivere alla crisi e continuare a vivere: questa è la mission di tutti noi oggi, quello che cerchiamo ogni giorno di fare per arrivare a fine giornata vincenti, quello che le aziende tentano di realizzare quotidianamente per superare la crisi e vincere la sfida di un mondo in perenne cambiamento. Questo è appunto ciò che si definisce resilienza. In latino il verbo resilio (“rimbalzare”), iterativo di salio, indica anche la capacità di risalire sulla barca capovolta dalle onde del mare. Resilienza, come sopravvivenza oltre la crisi, è dunque l’abilità di resistere, adattarsi e risollevarsi dagli choc esterni. Vale per gli individui come per le aziende. Come si legge in Resilience – il volume di Guia Beatrice Pirotti e Markus Venzin pubblicato da Egea, che raccoglie i risultati di una ricerca triennale sul tema condotta da un team di studio di SDA Bocconi – in psicologia “resilienza” è “la capacità di affrontare in maniera positiva gli eventi traumatici”, di ricostruirsi, “riorganizzare positivamente la propria vita se messi di fronte alle difficoltà”. Persone resilienti sono “coloro che, immerse in circostanze avverse, riescono nonostante tutto a venirne fuori”. Resisto dunque sono, come titola il libro di Pietro Trabucchi uscito nel 2007. Skill essenziale oggi, dove i problemi
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Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti. Winston Churchill
non paiono destinati a esaurirsi tanto presto, in una sorta di “fine pena mai”; dove giova esortare a «non aspettare la fine della crisi: non ci sarà» e dunque conviene chiedersi – e investire su – come resistere a essa. Dove «il futuro», come ricorda Dominic Barton di McKinsey, è ormai «per tutti un’era di permanente volatilità» divenuta la nuova normalità, ove “il rischio di eventi inaspettati non si verifica una volta sola o poche volte, ma in modo costante e senza poterne prevedere la fine”. Già lo sapeva Nietzsche, parlando per esempio di quelle persone che se non vengono uccise diventano più forti. Solo loro possono sperare di avere la meglio su tutte le loro crisi, personali e professionali. E quello che vale per gli individui vale anche nelle e per le aziende. «Il livello di resilienza di una persona determina chi avrà successo e chi no» sentenzia Dean Becker, presidente e CEO di Adaptiv Learning Systems. “Questo è vero per sconfiggere un cancro, alle Olimpiadi, ma è soprattutto vero nelle sale riunioni di un’azienda”. Così i Brand devono fare come il nitinol, una lega di nichel e titanio, che ricorda la sua forma originale e, anche se deformato, può ritornarvi dopo essere stato riscaldato. Le aziende devono imparare a saper prosperare nonostante gli eventi catastrofici. Un sopravvivere oltre la crisi inteso come acquisizione di vita nuova, di un atteggiamento nuovo verso la vita, cui si rinasce più forti e maturi. Oggi più che mai, in questa situazione di volatilità permanente intesa come nuova normalità, le aziende devono lavorare sull’assunzione e sull’apprendimento di questa capacità. Si tratta cioè di investire in resilienza, non dopo che il tronco si è abbattuto ma prima, prevenendo lo choc – o almeno imparando dal passato e impegnandosi per arginare e superare le successive difficoltà, senza piegarsi a esse, bensì ammortizzandole. Si tratta di tornare a una sana e prudente gestione manageriale, con nuove metriche e nuove misure di performance – come l’indicatore VOLARE messo a punto dai ricercatori di SDA Bocconi – con focus sui risultati economico-finanziari di lungo termine; un management che non pensi solo a moltiplicare le entrate oggi, ma che sappia “rinunciare a una parte di profitti, se questo significa maggiore stabilità”. Nella via per divenire resilienti, per imparare a mantenere l’equilibrio nonostante gli attacchi delle forze esterne – chiave del successo e del raggiungimento degli obiettivi di business al giorno d’oggi – sta dunque anche una pro-
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spettiva di lungo termine che va oltre se stessi e il proprio mandato, che guarda non al futuro immediato ma all’identità del Brand. Perciò in primis – ricorda la ricerca – occorre autenticità, trasparenza, un’immagine affidabile che conquisti la fiducia dei clienti acquisiti e potenziali. Per questo è essenziale un altissimo livello di Customer Centricity, di «dedizione sincera alla cura dei clienti, ai loro bisogni», tenendosi pronti a «sacrificare obiettivi di profittabilità a breve pur di legare i clienti al sistema per il lungo periodo». Per questo il #SocialCare è parte del DNA della resilienza stessa. Il Social Care nel suo senso più autentico è – come dicevamo all’inizio – driver della resilienza. La svolta nel superamento della crisi sta in un curare che è assistenza e dono di sé all’altro, mentre si comunica e si coinvolge la community; in un comunicare e coinvolgere che non dimenticano mai la propria rete di contatti e se ne prendono cura costantemente, predisponendosi all’ascolto e al dialogo ogni volta che si aprono alla trasmissione del proprio messaggio.
Conclusioni Comunico, coinvolgo e curo: le tre C del Social Media Marketing portano al successo – al business, a vendere, a superare la crisi – in quanto resilienti, parte integrante del processo di resilienza, della capacità di sopravvivere alla crisi. Un’azienda resiliente non può prescindere dal porre il proprio network al centro dei processi di comunicazione, coinvolgimento e cura. Fare Social Care nel suo senso più autentico significa essere – e in ogni caso aiuta a diventare – resilienti, contribuendo a illuminare la via d’uscita, la strada del successo. Ricordando sempre, con Winston Churchill, che “il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti”.
Rachele Zinzocchi Web Communication & Social Media Manager, 3 Italia. Oltre dieci anni di esperienza professionale in comunicazione come giornalista, relationship manager, conference manager e R&D social media manager. MAGGIO/GIUGNO 2015
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RICERCA
Lo stato del Social Caring in Italia Il rapporto stilato da Blogmeter offre uno spaccato del grado di sviluppo e maturità del Social Caring nelle aziende italiane: poche risultano essere capaci di gestire al meglio la comunicazione con i propri clienti sui social network. Si prospetta dunque la necessità di un progresso in tale ambito, che non può andare disgiunto da una più generale evoluzione delle stesse realtà aziendali e delle tecnologie che le supportano.
VINCENZO COSENZA
vincenzo.cosenza@blogmeter.it
Durante la Social Media Week dello scorso anno è stato presentato il nuovo rapporto di Blogmeter sul Social Caring in Italia, utile per capire quante e quali aziende hanno deciso di relazionarsi con i clienti anche negli ambienti sociali della rete. Grazie al tool Social Analytics sono state messe sotto osservazione 3.436 pagine Facebook e 1.673 profili Twitter, redatti in italiano, di varie aziende e Brand. In otto mesi, da gennaio ad agosto 2014, quelle che hanno risposto su Facebook ad almeno un post sono state solo il 50%, mentre su Twitter a rispondere è stato il 64%. Limitando l’analisi a un campione di 100 post lasciati in bacheca ogni mese si scopre che i rispondenti sono stati solo 55, ossia l’1,6% delle pagine aziendali considerate. Su Twitter le imprese che hanno risposto ad almeno 100 tweet in un mese sono state appena 32, ossia l’1,9%. Per entrambe le piattaforme si registra una variazione percentuale negativa rispetto alla rilevazione dell’anno precedente – segno che, pur ampliando il numero di aziende osservate, non aumenta proporzionalmente il numero di quelle che si preoccupano di rispondere. Per valutare meglio il comportamento di queste società sono stati considerati tre parametri: il response time, il response rate, i post addressed. 14
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Le più veloci a rispondere pubblicamente su Facebook sono risultate essere PosteMobile (in media 9 minuti per una risposta) e Wind (11 minuti). Su Twitter spiccano l’azienda romana dei trasporti InfoAtac (8 minuti) e di nuovo Wind (11 minuti). Se invece si prendono in esame i tassi di risposta sul totale dei post lasciati in bacheca dagli utenti, si scopre che le migliori aziende rispondono a oltre il 94% delle sollecitazioni, con 3 Assistenza Clienti e Superflash che arrivano al 99%. Su Twitter i tassi di risposta sono molto più bassi, perché non tutte le menzioni necessitano di una risposta, sopratCMI Customer Management Insights
tutto quando l’account è utilizzato anche per fini commerciali. Qui la classifica è quasi monopolizzata dagli operatori di TIM e Telecom Italia, che rispondono a oltre il 70% delle menzioni. Infine, l’analisi del numero di risposte date fa emergere quali sono le aziende impegnate a gestire i volumi maggiori di richieste. Su Facebook al primo posto svetta TIM, che in otto mesi ha gestito 18.419 domande originate dagli utenti, seguita da Wind con 16.459 richieste. Su Twitter invece primeggia Tiscali Help Desk, che ha risposto a ben 20.713 tweet. Sicuramente il tema del Social Caring non può essere improvvisato, richiede un ripensamento dei processi aziendali e una piattaforma tecnologica che consenta di renderli più efficaci ed efficienti.
La ricerca integrale sullo stato del Social Caring in Italia, insieme al white paper Customer Care R-Evolution di Social Bullguard, è disponibile al seguente link: http://www.blogmeter.it/download-white-paper/ Vincenzo Cosenza Social Media Strategist, Blogmeter www.cmimagazine.it
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SOCIAL CRM
Community Azienda-Clienti: l’importanza di essere social Dalla piazza reale a quella virtuale, l’obiettivo per chi offre beni e servizi è sempre il medesimo: vendere di più e per più tempo. Il segreto del successo sta nella fidelizzazione, e per ottenere tale risultato le aziende possono ora investire sul Social CRM, garantendo così un’interazione con i Clienti che lascia a questi ultimi il giusto spazio, riconosce loro la dovuta importanza e li fa sentire parte integrante della realtà aziendale. GIOVANNI CORBETTA
Idea Technologies giovanni.corbetta@ideatechnologies.com Quando mi è stato chiesto di scrivere qualche breve spunto di riflessione sul mondo del Social CRM mi sono domandato se effettivamente potesse essere una cosa utile e saggia. Utile perché l’acronimo CRM in questi ultimi anni ha letteralmente abusato della nostra pazienza di consumatori di beni e servizi. Saggia perché non vorrei passare per il solito saputello che dice “Lo so io come deve essere un social CRM” atteggiamento, questo, ormai molto diffuso e sempre più invasivo, la cui utilità per il business d’impresa resta discutibile.
Ascoltare il cliente Partiamo da una constatazione: l’acronimo CRM è oggi in molti casi utilizzato in modo improprio e puramente pleonastico, spesso solo per riempirsi la bocca e senza dare valore al suo reale contenuto. Oggi profilare il Cliente nei propri sistemi significa sempre più interagire con lui, creando spazi di ascolto dedicati dove può condividere i suoi contenuti informativi e di conoscenza – anche se riuscire a stabilire che cosa sia davvero utile alla comunità resta un compito assai arduo, sul quale non ho intenzione di soffermarmi ora. Sono convinto che non esista attualmente un prodotto software che rispecchi completamente i canoni del perfetto social CRM, sempre che di canoni funzionali si possa parlare.
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Esiste invece una filosofia d’approccio comportamentale che l’azienda può seguire e attuare nei confronti del mercato, una filosofia che rispecchia e rispetta in misura più o meno considerevole l’esigenza di raccogliere quello che il Cliente dice con metodi e sistemi che sfruttano i contenitori social (mi riferisco sia agli “applausi” sia ai “dolori di pancia”). Indispensabile è fare chiarezza sul significato del vendere grazie al CRM, e del trasformare una vendita in un sistema di relazioni che continui nel tempo, invogliando il Cliente finale a fidarsi del venditore per un lungo periodo, in modo da assicurare il business per l’azienda e il benessere per il consumatore.
Creare la relazione L’obiettivo è quello di potenziare il proprio CRM ampliando funzioni e comportamenti secondo una logica di social software. I social li conosciamo tutti, non voglio quindi fare un elenco di cose che già sapete e conoscete (o forse no?) sul loro funzionamento e utilizzo. Ma sempre più spesso essere in un social significa creare una relazione, e questo conta sempre di più nella vendita e nei processi di Customer Service. I Clienti vogliono essere considerati nel rapporto singolo: non si accontentano più di essere semplicemente parte del mercato, bensì desiderano essere identificati con il proprio viso, la propria immagine e in certi casi addirittura con la propria voce. I Clienti di oggi vogliono essere assolutamente riconoscibili ed essere considerati parte dell’azienda. Le prime ad accorgersi di questo aspetto sociologico del mondo social sono state le aziende del Food, che di fatto hanno creato delle comunità virtuali dove le
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persone – i Clienti effettivi o potenziali – possono incontrarsi, parlare, farsi ingaggiare dall’azienda stessa, essere coinvolte il più possibile e quindi sentirsi “più vive”. Forse vi suonano familiari frasi come: “Sai, mi hanno contattato dall’azienda xxx perché ho scritto un bel post su un loro prodotto e vogliono sapere come cucino la loro pasta”. Oppure: “Sai, ho scritto sulla pagina di FB dell’azienda xxx che la loro pasta non mi è piaciuta e che non corrisponde alla pubblicità”. In pratica, garantire al Cliente uno spazio in cui “fare gli applausi” o “comunicare i mal di pancia”porta alla sua fidelizzazione e lo ingloba nella realtà aziendale, quasi facesse parte del processo produttivo. Questo modo di mettere in risalto e valorizzare il consumatore/Cliente non fa altro che creare e aumentare con effetto domino il potenziale di vendita, determinando nel lungo periodo un aumento delle vendite. L’utilizzo dei social ha di fatto permesso di riconoscere pubblicamente ai singoli e alle loro esigenze lo status di entità speciali, irriducibili le une alle altre; le persone non vogliono più essere racchiuse in insiemi, ma a volte ne sfruttano le potenzialità per meglio comunicare le proprie esigenze e i propri bisogni, e per ottenere così un certo benessere. Per le aziende di oggi tutto questo è una reale opportunità per ascoltare e vendere al meglio ciò che è utile e desiderato dal Cliente, appagando al massimo il suo desiderio di piccola felicità quotidiana.
Confrontarsi e migliorare In tutto questo, però, c’è anche un aspetto innovativo che le aziende non avevano previsto di incontrare. Sempre di più questi spazi diventano anche aree di confronto etico, dove sia l’azienda che il Cliente assumono il ruolo di guardiani della verità deposta nei social. La verifica del dato che si ottiene dal social diventa un elemento obbligatorio; non è più come una volta, quando ci si basava unicamente sulla conoscenza ricevuta in modo passivo e riservato (attraverso le lettere di reclamo, per esempio). Prima di scrivere in pubblico l’informazione utilizzata per il profilo del mio Social CRM, la devo valutare, filtrare e controllare. Gli attori interessati hanno sempre più voglia di comportarsi eticamente a beneficio della reale verità, e questo significa che anche per l’utente finale non basta più semplicemente l’apparire: anche il dire diventa fondamentale, soprattutto – e questo è importante – il dire qualcosa di utile alla comunità riguardo a un determinato prodotto. In pratica, il consumatore/Cliente con il social sta crescendo, si sta evolvendo. Mi piace pensare che ci sia una parte di questo mondo che sfrutta le potenzialità di tali strumenti di comunicazione per far sapere chiaramente all’azienda cosa non va o cosa invece funziona bene.
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Abbiamo ancora tanta strada da fare, ma sono convinto che cultura, formazione e strumenti adeguati potranno influire positivamente su questo tipo di evoluzione del business d’impresa. Non nego che il proliferare nel mondo social di “super esperti” di Social Marketing, CRM Marketing Specialist possa creare un po’ di sbandamento nell’azienda. Oggi basta essere giovani, usare i social e di fatto si diventa facilmente degli esperti di Social Marketing. Questo di sicuro genera un problema circa la qualità delle figure che devono operare in questo mercato; ma sono certo che anche in questo caso sarà il mercato a fare pulizia, eliminando di fatto ciò che è solo opportunismo di business becero e vecchio stile.
Pronti a gestire la nuova relazione? Le aziende hanno un’occasione: ascoltare e recepire le informazioni che arrivano dal mondo social per migliorare i loro prodotti e focalizzare la loro offerta; oppure possono continuare ciecamente a imporre il proprio prodotto senza tenere conto di quello che il Cliente vuole far sapere, secondo la logica “Te lo dico io come deve essere il prodotto di cui hai bisogno”. È iniziata l’era in cui i Clienti possono dire e comunicare all’azienda quali prodotti desiderano e vogliono (come suggerito, per esempio, da una famosa pubblicità che in questi giorni è presente sui media). Per il prossimo futuro diventa quindi fondamentale porre una domanda a tutti voi: le vostre persone, nella vostra realtà aziendale, sono pronte a gestire un rapporto così aperto, così “pericolosamente” provocatorio nei confronti del mercato? Attenzione: avere una strategia social diventa un fattore importante, ma anche avere una formazione adeguata e professionale per l’uso etico del social diventa fondamentale per creare un’immagine che porti relazione in tale ambiente. L’obiettivo principale è sempre quello: vendere di più e per più tempo, creare fidelizzazione. Vi ricordate quei furgoncini di una volta, pieni di verdura e prodotti vari, che passavano per le strade in modo regolare a vendere i loro prodotti? Be’ io me li ricordo, e mi ricordo anche che la relazione che si innescava tra il venditore e il consumatore (la casalinga) era fortissima e creava un legame anche sociale capace di assicurare un business continuativo a chi lo proponeva. Certo, a quel tempo la GDO non esisteva o era fortemente limitata; oggi quel tipo di relazione si è spostato nel mondo social, e utilizzare una metodologia d’approccio Social CRM significa creare una relazione diretta per ingaggiare il Cliente finale. Vorrei concludere queste mie considerazioni con una preghiera. Non liquidate tutto con il tipico commento “Ma noi siamo diversi”: non lo sopporto, è inutile, non fa relazione e non è affatto social.
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TECNOLOGIA
Dal Social Media Customer Care alla multicanalità La progressiva affermazione dei social media come nuovo canale di comunicazione con il Cliente rende più urgente la necessità per le aziende di presentarsi come un tutto coerente e unitario, superando la frammentazione in silos che ancora caratterizza la loro organizzazione. ANDREJ CARLI
andrej.carli@bizmatica.com
I social media, in particolare Twitter e Facebook, sono ormai diventati per i clienti i nuovi “luoghi” dove lamentarsi, ricercare informazioni, ottenere feedback dalle aziende o - ancora meglio - dagli altri utenti. Soprattutto se consideriamo la diffusione ormai consolidata di device mobili che consentono di accedere alla rete da ogni luogo e in qualsiasi momento: si parla di circa il 22% del tempo di una persona speso quotidianamente sui social network. Non è quindi più possibile per le aziende ignorare i social media come eventuali canali di comunicazione con i clienti. Un’azienda che intende crescere e progredire ha infatti necessità di bilanciare la qualità dei prodotti con i servizi correlati, offrendo una Customer Experience completa in grado di favorire l’acquisizione e la fidelizzazione del cliente su tutti i canali. La realtà è che le aziende sono ancora lontane dalla possibilità di offrire un’esperienza di acquisto sostenibile e in linea con le aspettative (sempre più numerose e complesse) del cliente. Molto spesso, infatti, le aziende sono ancora organizzate secondo una logica di silos in cui il Marketing, il servizio postvendita e altre aree sono slegati; motivo per cui il cliente pensa di parlare con aziende diverse, quando invece si aspetterebbe un servizio coerente che non subisce variazioni a seconda dei canali di contatto utilizzati.
Marketing o Customer Care? È chiaro che in questo contesto il Call Center gioca ancora un ruolo determinante, dovendo necessariamente essere il punto di aggregazione delle richieste dei clienti e
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dei processi aziendali. Nel particolare caso dei social media, tuttavia, emerge la necessità di avere una regia comune tra il Marketing, che necessariamente utilizza il canale social per promuovere il Brand, e il Customer Care, che deve governare e gestire – in tempi relativamente brevi e ristretti – i dibattiti che si originano. Le ragioni per un coinvolgimento maggiore del dipartimento Marketing nella gestione di questo particolare canale sono molteplici. In particolare: • la portata dell’impatto che possono avere i social media sulla reputazione aziendale: un solo messaggio sbagliato può, a causa del passaparola, diffondersi con una velocità non controllabile e soprattutto non modificabile; • i caratteri distintivi della comunicazione sui social media, che prevedono un rapporto uno a molti – a differenza di chat ed e-mail, che implicano un rapporto uno a uno tra cliente e azienda; • le competenze comunicative del dipartimento Marketing rispetto ad altri dipartimenti, che gli permettono di veicolare le informazioni nel modo più opportuno; • le caratteristiche delle conversazioni social, che spesso riguardano aspetti di Marketing o promozionali (sconti, richiesta informazioni, ecc.) e non aspetti legati al Customer Service. L’utilizzo dei social media come strumento per la richiesta di supporto da parte dei clienti è, seppur notevolmente in crescita, ancora piuttosto limitato. Tuttavia, man mano che il numero di conversazioni crescerà e che maggiore
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sarà l’utilizzo di sistemi di automazione per la gestione di questo canale, il Contact Center si troverà sempre più coinvolto, e quindi le aziende si troveranno ad affrontare problemi di integrazione.
I social media: un canale tra i canali Il Contact Center multicanale deve quindi adeguare i propri livelli e le metriche a esso collegate, tenendo in considerazione le tempistiche e le aspettative dei clienti sui vari canali. Per quanto riguarda il canale social è inoltre impensabile, sia per questioni di costi sia per questioni organizzative, la completa gestione di tutte le conversazioni degli utenti. Si ritiene infatti che solo il 10-15% delle conversazioni presenti sui social sia realmente da gestire. Per questo esistono dei sistemi che consentono di monitorare e filtrare le situazioni più critiche o più diffuse, in modo che abbiano priorità sulle altre. Utili in questi casi possono essere i sistemi evoluti di sentiment analysis, che possono allertare in real-time l’operatore sullo stato d’animo del cliente, rendendolo così in grado di fornire - magari utilizzando anche altri canali - il giusto livello di servizio. Un altro aspetto fondamentale nella gestione dei social media è la trasparenza. I social media forniscono alle aziende la possibilità di presentarsi al mondo come un’entità composta da persone vere, che quindi possono sbagliare. I clienti vedono sempre con positività le aziende che si assumono le loro responsabilità e che sono disponibili al confronto, condividendo le proprie conoscenze e competenze. Questi aspetti, quindi, aiutano a rafforzare il rapporto di fiducia con il cliente. Per questo la condivisione della conoscenza tramite soluzioni di Knowledge Management dovrebbe essere considerata una strategia vincente da integrare nel progetto, per poter garantire univocità e coerenza delle risposte/conversazioni rispetto ai valori aziendali. Come raggiungere questo obiettivo? Essenzialmente grazie a due aspetti tecnologici: una completa integrazione della tecnologia all’interno di tutta l’azienda e un sistema di workflow evoluto.
La scelta tecnologica Scegliere una soluzione unificata sta diventando un imperativo per garantire all’azienda un vantaggio competitivo. Ad oggi le soluzioni possono essere quelle di dotarsi di tecnologie best-of-breed per i propri ambiti applicativi, oppure di soluzioni nativamente integrate in grado di fornire un unico punto di amministrazione, controllo e reporting. Quest’ultimo tipo di tecnologie ha preso il sopravvento negli ultimi anni soprattutto nel mondo VOIP, fornendo soluzioni on-premises o in cloud. La scelta di soluzioni on-premises e/o cloud (SaaS & CaaS) – o di una combinazione delle due – non può prescindere
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dalla valutazione circa la volontà dell’azienda di assicurare una governance tecnica e applicativa sul prodotto piuttosto che di demandarla a un provider esterno, fermi restando i requisiti di sicurezza. Come illustra la figura, un’azienda non è obbligata a limitare la scelta a un unico modello, ma può eventualmente affidarsi a un modello ibrido per spostare in-house le proprie infrastrutture di informazione e di comunicazione, o ridimensionare le proprie capacità on-premises optando per un modello hosted in grado di rispondere alle esigenze di un mercato che cambia e all’evoluzione delle strategie di business. Una soluzione integrata indirizza tutti i contatti - siano essi generati da chiamate, richieste di Callback, e-mail, chat, SMS, ma anche da social media o mobile - secondo processi appropriati a interlocutori interni, garantendo un servizio eccellente e uniforme. Inoltre mette a disposizione script flessibili e un’integrazione con il mondo web e mobile, senza tralasciare gli aspetti legati alla qualità grazie all’ascolto delle chiamate, a questionari post-contatto, al monitoraggio dei canali social, ecc.
Conclusioni Le aziende hanno quindi un’enorme opportunità di fronte a loro: offrire un Customer Service vincente e capitalizzare la fidelizzazione dei clienti, differenziandosi dai propri competitor. È grazie a questi sistemi, infatti, che il cliente potrà apprezzare la differenza tra l’essere trattato come uno dei tanti e il ricevere un’attenzione personalizzata. Non resta quindi che scegliere il giusto partner e la giusta tecnologia per definire gli obiettivi e metterli in pratica. Bizmatica e Interactive Intelligence offrono da oltre 15 anni questo tipo di soluzioni ai propri clienti, garantendo soluzioni di Contact Center integrate, scalabili e facilmente fruibili da parte degli utilizzatori. La logica all in one – ovvero la gestione integrata delle interazioni e un unico punto di controllo e di governance – permette un’esecuzione e deploy rapido uniti ad affidabilità, flessibilità e facilità d’uso.
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L’Assistenza al Cliente nell’era digitale Wind ha risposto con prontezza ai grandi cambiamenti introdotti dalla comunicazione digitale e dalla virtualizzazione delle relazioni. La sfida è quella di creare un Digital Customer Management in grado di appagare le esigenze dei moderni tecno-utenti, sfruttando le opportunità evolutive offerte dalle nuove tecnologie per potenziare i tradizionali valori del Customer Management, da sempre orientato verso la massima soddisfazione del cliente. MARCO COSSU
Responsabile Digital Customer Management Wind
La metamorfosi delle comunicazioni Le nuove modalità di comunicazione, rese possibili attraverso l’uso di Internet (e-mail, sms, chat, instant messaging, ecc.), e i nuovi contenitori di aggregazione multimediale, rappresentati dai social network, hanno fortemente influenzato le abitudini di interazione delle nuove generazioni e non solo (anche gli over 50 sono assidui utilizzatori di questi canali), facendole migrare gradualmente dai canali tradizionali (voce o cartacei) a quelli digitali. A tal proposito sono molteplici gli studi di settore che, analizzando questa metamorfosi, parlano ormai di una vera e propria trasformazione antropologica del modo di comunicare. Se da un lato le profonde trasformazioni delle interazioni umane aprono innumerevoli tavoli di riflessione socioetico-filosofica, dall’altro non si può che constatare come, nella realtà quotidiana, i nuovi tecno-utenti dialoghino e condividano continuamente le loro esperienze tramite i canali digitali. Giocano e comunicano tramite i propri account sui social network, partecipano a forum dedicati, chattano e scambiano materiali multimediali. Inoltre, la contestuale e rapida diffusione di supporti alla digitalizzazione delle comunicazioni ha agevolato la trasformazione, abituando sempre più il cliente a una realtà relazionale
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di tipo digitale e multimediale, e generando pertanto aspettative di virtualizzazione del contatto in tutti i contesti di interazione, compresa l’Assistenza Clienti di aziende come Wind.
La nuova sfida per le aziende: superare l’esistente Le aziende si sono trovate a dover riflettere velocemente sui cambiamenti in atto, in modo da poter identificare le necessarie azioni di adeguamento tecnico-organizzativo che, in questi casi, richiedono profonde trasformazioni rispetto alle configurazioni preesistenti. Wind, che da sempre ha come principale obiettivo la soddisfazione dei clienti, ha avviato già da diversi anni la trasformazione interna necessaria a soddisfare al meglio le loro aspettative, attraverso nuovi modelli organizzativi volti a ottimizzare l’esperienza digitale. A tal fine sono stati realizzati progetti dedicati al miglioramento e all’evoluzione dei canali digitali preesistenti (IVR, siti web e portali sms) e allo sviluppo di quelli nuovi (app MyWind, mobile site, social); in particolare, la scelta di essere presenti sui canali social (Facebook e Twitter) testimonia, di fatto, la volontà di essere sempre più vicini alle esigenze di comunicazione del cliente. Inoltre, Wind aprirà una nuova community per dare modo ai clienti di confrontarsi direttamente su tematiche relative ai servizi Wind Infostrada, condividendo esperienze e suggerimenti reciproci senza mediazioni. Ma qual è il ruolo del Customer Management nel nuovo scenario di comunicazione digitale, dove il cliente è co-
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stantemente attivo in prima persona o comunque è spettatore interessato? Per provare a dare una risposta è necessario riflettere sui seguenti punti: • gli utenti sperimentano costantemente piattaforme di instant messaging e social network dove tutto e tutti sono always on e le code/tempi di attesa sono praticamente inesistenti; • le nuove generazioni digitali, con i relativi comportamenti e abitudini di interazione, rappresentano una percentuale significativa della Customer Base attuale e, soprattutto, dei clienti da esaudire nei prossimi anni; • per uso privato e/o professionale, anche i clienti non nativi digitali utilizzano assiduamente il web, sia da casa che in mobilità; • tutti i clienti che approcciano i canali digitali si aspettano di poter esprimere le proprie esigenze in modo semplice (linguaggio naturale) e nella massima libertà, senza vincoli o percorsi prestabiliti. Infine, va tenuto presente che i canali digitali a disposizione del cliente, per la loro semplicità e immediatezza di utilizzo, possono potenzialmente generare un volume di contatti decisamente superiore a quello dell’assisten-
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za tradizionale. In un contesto gestionale dove le aziende si confrontano giornalmente con le esigenze di controllo dei costi, diventa evidente la necessità di potenziare velocemente l’assistenza ai clienti con valide soluzioni di Self Care.
Alleati Tecnologici La manutenzione e il consolidamento dei canali web, app e sms, i social network e le community continueranno a rappresentare un percorso obbligato per rimanere al passo con i tempi e poter offrire ai clienti un bouquet di servizi variegato e tecnologicamente avanzato. Il settore dell’Information Technology, attento a cogliere le opportunità di mercato, ha intrapreso da tempo i percorsi di ricerca e sviluppo necessari a supportare al meglio i nuovi scenari, proponendo piattaforme innovative in grado di esaudire al meglio le aspettative dei clienti e, contestualmente, aiutare le aziende nella massimizzazione del loro business. In particolare, concetti evolutivi della rete quali l’Internet of Things hanno determinato una drastica accelerazione del raffinamento e consolidamento delle tecnologie utili a ricondurre informazioni destrutturate a dati strutturati, intelligibili e analizzabili dalle aziende (web semantico). Di
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questo hanno beneficiato immediatamente tutte le soluzioni di interpretazione del linguaggio naturale, sia scritto sia parlato, che hanno raggiunto elevati standard di qualità e affidabilità. Ciò che possiamo senz’altro affermare è che ormai è divenuta realtà tangibile la possibilità di offrire al cliente finale modelli di risposta automatica in grado di esaudire in modalità Self Care una parte importante delle richieste provenienti dai canali digitali. Inoltre, l’adozione di questi motori, in sinergia con tecnologie abilitanti come lo Speech Recognition e il Text to Speech, consente di interagire sia con contatti di tipo testuale sia con quelli di tipo vocale, favorendo in questo modo lo sviluppo di veri e propri Virtual Agent utili a coadiuvare i Customer Management tradizionali nella gestione dei grandi volumi di contatti provenienti dai touch point digitali.
L’avvento del Digital Customer Management Negli ultimi tre anni Wind ha lavorato assiduamente all’ottimizzazione dei canali di contatto digitali, in modo da poter essere sempre più vicina alle esigenze della clientela. Il sito web istituzionale e la relativa Area Clienti, la app MyWind, la gestione delle pagine social aziendali, il portale SMS 4155 e le ultime evoluzioni dell’IVR rappresentano soluzioni molto apprezzate dai clienti, che ne riconoscono la validità in tutte le rilevazioni di Customer Satisfaction. I risultati, in termini di performance, non si sono fatti attendere e i volumi delle interazioni digitali con risposta automatica hanno superato di gran lunga quelle in cui è necessario l’intervento di un consulente umano. I clienti che non trovano interessante un canale di interazione automatica se ne disaffezionano velocemente – vanificando di fatto gli investimenti dell’azienda –, pertanto i risultati di Customer Satisfaction e i volumi di utilizzo del Self Care confermano che la strada intrapresa è sostanzialmente corretta: la relazione con il cliente diventa sempre più automatica, e la sua esperienza sempre più digitale. Alla luce di quanto sopra, nonostante le performance complessive dei canali digitali fossero già in linea con le aspettative, Wind ha deciso di non trascurare le opportunità evolutive suggerite dalle nuove tecnologie e ha scelto, nell’ultimo anno, di affiancare i canali digitali esistenti con un nuovo strumento di colloquio digitale, MyWind Help. MyWind Help è il Virtual Agent di Wind che, interpretando le richieste del cliente in linguaggio naturale, fornisce automaticamente le risposte ai suoi quesiti o lo accompagna, se necessario, nella navigazione del sito per raggiungere l’informazione desiderata più facilmente e nel minor tempo possibile. Le prossime evoluzioni di MyWind Help, già in corso di sperimentazione, consentiranno di esten-
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derne l’utilizzo anche in mobilità, integrandolo nei canali esistenti, di fornire al cliente un’assistenza personalizzata in grado di analizzare automaticamente lo stato tecnicoamministrativo delle sue linee e, nel caso in cui siano presenti situazioni anomale, di proporre i relativi percorsi risolutivi o trasferire, se necessario, la richiesta all’operatore umano tramite chat. Ma, come anticipato prima, la tecnologia in questi scenari è solo una delle componenti utili a contribuire al successo finale delle soluzioni implementate. Per il raggiungimento degli auspicati obiettivi di qualità ed efficacia dell’Assistenza Digitale è stato “istituzionalizzato”, all’interno del Customer Management, il Digital Customer Management: una nuova struttura organizzativa dove vengono sperimentate, implementate e proposte al cliente soluzioni di assistenza basate sulle tecnologie più avanzate, e dove vengono costruite le nuove skill professionali necessarie a supportare le attività. La manutenzione del motore di riconoscimento linguistico, il raffinamento del dominio di conoscenza e le tassonomie necessarie a identificare la risposta più adeguata per il cliente sono infatti curate quotidianamente da un gruppo dedicato di persone che garantisce la corretta governance di MyWind Help, dal punto di vista delle performance e della qualità delle risposte. Questi primi anni di attività, che rappresentano solo l’inizio del percorso evolutivo dell’Assistenza Digitale, ci consentono comunque di trarre alcune conclusioni sull’esperienza fatta, con particolare rifermento ai seguenti due aspetti: • il Digital Customer Management non rappresenta un elemento a sé stante nell’assistenza al cliente ma, viceversa, è parte integrante di un moderno Customer Management grazie al quale il cliente può sperimentare la stessa qualità ed efficienza della risposta, indipendentemente dal canale di contatto scelto; • per quanto possano essere sofisticate le piattaforme tecnologiche a supporto, l’essere umano rimane un valore assoluto nella buona riuscita dei progetti di Assistenza Digitale. La tecnologia da sola, senza la guida costante e competente di persone con approfondita dimestichezza del dominio di conoscenza dell’azienda e dei relativi processi di gestione, non è in grado di apportare nessun beneficio, né al cliente finale né all’azienda stessa. Possiamo quindi concludere dicendo che gli elementi fondamentali di un Customer Management moderno, anche con soluzioni tecnologiche innovative, rimangono sostanzialmente quelli di sempre: lavoro costante, competente e appassionato di persone che hanno l’obiettivo finale di massimizzare la soddisfazione dei clienti.
CMI Customer Management Insights
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