Monografia n. 5 2015

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Management ANNO 4 - NUMERO 5

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CONTACT CENTER A CUSTOMER ENGAGEMENT CENTER DA


CMI CUSTOMER MANAGEMENT INSIGHTS Anno 4 - N. 5 - Novembre 2015 Numero unico Direttore responsabile: Letizia Olivari letizia.olivari@cmimagazine.it Hanno collaborato: Andrej Carli, Grazia Galotti, Chiara Munzi, Olivier Nguyen Van Tan, Rachele Zinzocchi Impaginazione e grafica: Matteo Olivari grafica@matteoolivari.it Sito web: Luca Tripeni Zanforlin luca@lippocastano.it Abbonamenti on line: www.cmimagazine.it/abbonamenti Informazioni commerciali: tel. +39 3477370379 commerciale@cmimagazine.it CMI Customer Management Insights è una testata specializzata realizzata da L’Ippocastano Srl P. Iva 03328430966 via Valparaiso, 8 - 20144 Milano


Da Contact Center a Customer Engagement Center Sempre, ovunque e personalizzato: il Customer Service eccellente di Olivier Nguyen Van Tan, Salesforce

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Funzionalità proattive e Web Collaboration: i nuovi must dell’era omnicanale di Andrej Carli, Bizmatica

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Contact Center in Outsourcing: quale presente e quale futuro?

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Quale è stata e quale sarà l’evoluzione del Customer Service in un’economia fortemente competitiva, sempre più digitale e mobile? L’indagine “2015 State of Service” di Salesforce prova a rispondere a queste domande, evidenziando gli aspetti problematici ma anche i fattori di crescita.

L’evoluzione e la moltiplicazione dei canali e dei momenti di contatto tra aziende e clienti hanno determinato la riscoperta dell’importanza di una corretta gestione della Customer Experience e dell’attuazione di una strategia omnicanale dinamica e coerente. onStage Proactive Engagement di Bizmatica è in grado di soddisfare le moderne esigenze aziendali di comunicazione e gestione proattiva delle relazioni con il cliente.

Il settore dei Contact Center in Outsourcing, a oltre vent’anni dalla nascita, vive una stagione complessa ma di grandi potenzialità. Questioni regolatorie da risolvere, nuovi servizi da offrire e nuovi mercati.

Non dimentichiamo il Call Center di Rachele Zinzocchi, 3 Italia

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Performance Management: dal KPI globale alla performance individuale di Grazia Galotti, Omega3c

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La produttività passa anche per la soddisfazione del personale di Chiara Munzi

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PayPal: un modello innovativo di Servizio ai Clienti di Letizia Olivari

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In un mondo sempre più digital, il Call Center dimostra di essere un vero e proprio evergreen a cui i clienti non sanno rinunciare, e che le aziende non devono quindi trascurare o sottovalutare: è importante gestire in modo equilibrato tutti i canali dell’Assistenza Clienti, trovando il giusto mezzo tra innovazione e tradizione, reale e virtuale.

Una soluzione per il monitoraggio e la gestione delle performance e dei processi nei Contact Center basata su un approccio d’indagine multidisciplinare, capace di garantire una visione olistica dell’intera attività e di aiutare le aziende a individuare le migliori strategie di innovazione e ottimizzazione.

Come si lavorerà in futuro? Il segreto per aumentare la produttività individuale e aziendale sta nella valorizzazione delle persone e del loro lavoro: un diverso e innovativo management delle Risorse Umane, come dimostra un sempre maggior numero di società, può fare davvero la differenza in termini di crescita del fatturato e di benessere del personale.

Utilizzando il modello della piramide rovesciata, PayPal e Transcom promuovono l’empowerment degli operatori che gestiscono in prima persona il servizio offerto. Al cuore di tutto si trova una sincera passione per i Clienti.


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Sempre, ovunque e personalizzato:

il Customer Service eccellente

Quale è stata e quale sarà l’evoluzione del Customer Service in un’economia fortemente competitiva, sempre più digitale e mobile? L’indagine “2015 State of Service” di Salesforce prova a rispondere a queste domande, evidenziando gli aspetti problematici ma anche i fattori di crescita. OLIVIER NGUYEN VAN TAN

Head of Marketing, Southern EMEA, Salesforce I clienti oggi si aspettano dei servizi su misura, quando, come e dove vogliono loro: in che modo questa aspettativa cambierà il mondo del Customer Service, e più in generale la Customer Experience? Quali sono le nuove tecnologie e i trend che stanno emergendo per incontrare questa richiesta? Cerchiamo di dare risposta a questi quesiti considerando gli elementi essenziali del cambiamento in atto.

Servizi personalizzati e omnicanalità L’omnicanalità (e non multicanalità) è sempre più importante per la gestione dei clienti, che oggi richiedono servizi di assistenza in modalità personalizzata, attraverso vari dispositivi e vari canali. I migliori team di Customer Service sanno che devono riuscire a personalizzare al massimo l’approccio con il cliente, interagendo tramite i canali e i device scelti da quest’ultimo. Più di 1/3 dei Servizi Clienti di successo si è già attrezzato per supportare gli utenti anche tramite applicazioni mobile, con una previsione di crescita del 67% nei prossimi due anni (*). Inoltre in una recente survey tra professionisti del Customer Service si è rilevato che l’uso di tecnologie

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di monitoraggio dei social network e di Social Caring raddoppierà nei prossimi 12-18 mesi (*). Sempre nella stessa survey, gli esperti del settore indicano una decrescita del 9% delle telefonate inbound e un aumento del 20% delle interazioni digitali nei prossimi 12-18 mesi. Le tecnologie oggi presenti permettono di inserire facilmente nelle app mobile gli strumenti di caring - dalla knowledge alla chat, dalle community alla video chat. In questo modo si può fornire un servizio personalizzato per rispondere al cliente quando e dove gli serve. Inoltre è possibile effettuare costantemente il monitoraggio dei maggiori social network per intercettare - e, se è il caso, intervenire per gestire - la richiesta dell’utente.

L’importanza di una Great Agent Experience Per avere una Great Customer Experience è fondamentale avere una Great Agent Experience. Dare agli agenti i corretti strumenti per gestire l’interazione con i clienti non solo migliora l’effettiva gestione dei servizi, ma li aiuta anche a sentirsi in grado di soddisfare le aspettative del cliente; questo genera un aumento della soddisfazione lavorativa e un miglioramento delle loro performance. Considerando gli agenti top performer, il 65% di questi dichiara di avere strumenti che gli forniscono tutte le informazioni necessarie per soddisfare le richieste dei clienti (*). Fornendo agli agenti del Customer Service un accesso semplice alle informazioni di cui hanno bisogno, molte aziende hanno definito un nuovo livello di Agent Experience che si riflette direttamente in una più efficiente ge-

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stione dell’interazione con i clienti.

Il supporto proattivo I servizi di supporto proattivo sono già una realtà: il 55% dei team di successo dicono di saper prevedere le problematiche nell’80% dei casi. Esistono tecnologie intelligenti che sono in grado di interpretare i segnali provenienti da dispositivi connessi e attivarsi per un supporto proattivo. Inoltre le tecnologie di routing (per la voce, ma anche per tutti i canali digitali) e il Knowledge Management sono in grado di assegnare la richiesta all’agente più indicato, che disporrà dell’informazione corretta per risolverla. Un approccio proattivo, insieme a strumenti che permettono agli agenti di avere tutte le informazioni che servono, permette un Servizio Clienti più efficiente e personalizzato.

Gestione del self-care e Knowledge Collaboration L’evoluzione dei portali di self-service e le community online sono oramai un punto di riferimento per chi cerca delle risposte. Tutti noi abbiamo uno smartphone nelle nostre tasche e lo usiamo costantemente per cercare informazioni e soluzioni. Nell’era degli onnipresenti search engines è molto facile che i vostri Clienti, se non trovano una risposta sul portale aziendale, cerchino l’informazione su un qualunque motore di ricerca. Questo da una parte farà perdere all’azienda il contatto con il cliente e dall’altra, se il cliente non dovesse trovare risposta, potrebbe generare una chiamata al Servizio Clienti. Controllare e gestire l’interazione degli utenti già dalla fase di self-care nei portali dedicati permetterebbe di gestire sia un eventuale call avoidance sia un eventuale processo di escalation per specifici clienti. Anche all’interno dello stesso Customer Service è fondamentale la richiesta di velocità ed efficienza. Questo fa sì che l’utilizzo di strumenti di Knowledge e Knowledge Collaboration interna stia aumentando: le previsioni dicono che tali strumenti aumenteranno ulteriormente dell’89% e del 115% nei prossimi 12-18 mesi rispettivamente (*). Se consideriamo i clienti più giovani, il 34% della millennial generation (i nati tra il 1980 e il 2000) preferirebbe andare dal dentista piuttosto che chiamare un Servizio Clienti al telefono, e il 39% cerca la soluzione sul portale dell’azienda (FAQ, Search, ecc.) prima di considerare altre modalità (**).

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Alcuni dati sul Customer Service Nella nostra ultima survey “2015 State of Service” abbiamo chiesto a più di 1.900 professionisti del Customer Service di identificare priorità e problematiche che devono affrontare, e parametri di valutazione di un CS. Le 3 top priorities del Customer Service derivano dalla necessità di fornire un servizio veloce anytime, anyplace, e sono: • fornire un servizio always-on (54%); • fornire un servizio personalizzato (53%); • fornire un servizio più veloce (50%). Per quanto riguarda le problematiche che deve affrontare un Customer Service, viene posta l’attenzione sulla richiesta dei clienti di avere sempre più risposte semplici e immediate. Questo è dovuto anche all’abitudine dei clienti di utilizzare le tecnologie in loro possesso, grazie alle quali possono trovare informazioni su diversi canali. I problemi che i clienti lamentano maggiormente sono: • dover rispiegare più di una volta le difficoltà incontrate nella fruizione di un servizio (51%); • una risoluzione complessa e non agevole del problema (46%); • non riuscire a trovare le informazioni da soli (40%). Per quanto riguarda le metriche di valutazione del Customer Service, efficienza - ovvero ridurre i costi e migliorare la qualità - è la parola chiave. Questi i tre parametri più importanti votati: • AHT - Average Handle Time (47%); • numero di casi gestiti (38%); • CSAT - Customer Satisfaction Score (32%).

Conclusioni Omnicanalità, efficienza degli agenti di Customer Service, strumenti di analisi e di Knowledge Management/ Collaboration a supporto degli operatori, mobile Customer Service e portali di self-care: questi sono gli elementi guida per trasformare un Contact Center in un Customer Engagement Center. Ricordiamoci inoltre la necessità che l’ingaggio con il cliente possa essere fatto lungo tutto il Customer Journey, dalla prima visita al sito o al negozio, alla vendita, al supporto post-vendita, alla gestione dei reclami, alla retention. (*) https://www.salesforce.com/form/conf/2015-state-of-service.jsp (**) http://www.desk.com/blog/crossing-the-generationaldivide-providing-customer-service-for-todays-consumersinfographic/

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CUSTOMER ENGAGEMENT

Funzionalità proattive e Web Collaboration: i nuovi must dell’era omnicanale L’evoluzione e la moltiplicazione dei canali e dei momenti di contatto tra aziende e clienti hanno determinato la riscoperta dell’importanza di una corretta gestione della Customer Experience e dell’attuazione di una strategia omnicanale dinamica e coerente. onStage Proactive Engagement di Bizmatica è in grado di soddisfare le moderne esigenze aziendali di comunicazione e gestione proattiva delle relazioni con il cliente. ANDREJ CARLI

Executive Division Manager, Bizmatica Econocom andrej.carli@bizmatica.com Contattare i propri clienti per proporre prodotti e servizi in modo personalizzato è ormai da tempo parte integrante di molte strategie di vendita. Ciò che invece continua a evolversi nel tempo sono i canali utilizzati dal cliente per relazionarsi con l’azienda; si moltiplicano quindi i momenti di contatto che possono essere sfruttati anche come opportunità di fidelizzazione. Per questo motivo molte aziende e imprese, già da diverso tempo, hanno riscoperto il valore di una corretta gestione della Customer Experience (CX), ponendola al centro delle loro strategie di marketing e come guida del loro processo di trasformazione digitale. Non esistono più canali prioritari per l’una o l’altra fase del processo di prevendita, acquisto e supporto, ma esiste una strategia omnicanale che consente ai clienti di approcciarsi all’azienda sempre in modo dinamico e coerente, attraverso i diversi punti di contatto digitale e le diverse fasi del processo. Nonostante questa consapevolezza, molte aziende non hanno ancora adottato delle strategie “moderne” per prendere contatto con i loro clienti nel miglior momento e nel miglior modo possibile.

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La causa di questo ritardo è spesso da attribuirsi a una indecisione sulla corretta strategia e sul corretto approccio da utilizzare piuttosto che alla mancanza di strumenti tecnologici adeguati.

Garantire un’ottimale Customer Experience per aumentare la fidelizzazione Il concetto che sta alla base della riscoperta dell’importanza estrema della Customer Experience è molto semplice: i clienti felici sono clienti fedeli, e i clienti fedeli sono i clienti più propensi a spendere i loro soldi con le aziende che li assistono efficacemente. Ma non solo: i clienti soddisfatti sono i clienti che possono innescare, attraverso i canali social, un processo molto positivo per l’azienda o il brand, sino a diventare dei veri e propri brand advocate. Secondo una ricerca Forrester, già nel 2013 il 71% dei clienti riteneva un fattore prioritario la valorizzazione del tempo da parte di un’azienda che si occupa (pre-occupa) di loro. Le aziende, tuttavia, non solo devono organizzarsi per raggiungere questo obiettivo, ma soprattutto devono mantenere inalterato nel tempo questo livello di servizio offerto. Devono quindi definire una vera e propria strategia (roadmap) di sviluppo dell’esperienza digitale dei loro clienti – e quindi un budget a sostegno delle varie iniziative – che coinvolga in modo coerente tutti i dipartimenti aziendali, basandosi su:

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• valorizzazione delle capacità e delle idee dei propri clienti; • identificazione dei maggiori “mal di pancia” identificati dai clienti; • misurazione dei miglioramenti a seguito dell’implementazione di nuovi strumenti/canali di contatto; • implementazione di nuove funzionalità di CRM a sostegno delle nuove strategie.

Il sito web come strumento di ingaggio proattivo Fra i canali di interazione con i clienti finali, chat e cobrowse stanno registrando un’adozione sempre più ampia, guidata da una scelta “generazionale”, dalla crescita esplosiva del web come canale privilegiato per la vendita e per il supporto e anche da un forte ROI, basato su elevata Customer Satisfaction e Conversion Rate. Sempre secondo Forrester, il 33% dei clienti è più propenso a terminare l’acquisto on-line se può contare su un supporto diretto e immediato, così come accadrebbe all’interno di un negozio reale, mentre il 55% è meno propenso all’abbandono del carrello se gli viene garantita la possibilità di ricevere una risposta in real time. Il continuo incremento e rafforzamento delle capacità digitali degli utenti consente inoltre di ampliare la base sulla quale poter implementare con efficacia soluzioni di proactive engagement, soluzioni che possono e devono basarsi su alcune strategie fondamentali. La prima è quella di non limitare gli strumenti a disposizione del cliente solo alla chat: anche banner promozionali, alert, web callback immediate o schedulate nel tempo possono essere assolutamente efficaci senza la necessità di coinvolgimento di un operator, se utilizzati in determinati contesti. Il secondo aspetto è infatti la necessità di monitorare il comportamento del cliente in tempo reale per poter proporre il giusto messaggio nel momento più opportuno. Guidate da regole di business e/o dalla conoscenza del cliente - quali attività sta svolgendo, su quali pagine sta navigando, a quale profilo di clientela appartiene, da quanto tempo persiste sulla pagina o sul sito web, qual è il valore del suo carrello della spesa, quanti operatori di Contact Center sono disponibili e quali skill hanno - le soluzioni di proactive engagement consentono una connessione diretta e immediata fra il visitatore del sito web e un eventuale agente del Call Center, nel rispetto dei desideri e delle preferenze espresse dal cliente.

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CX: non solo un’esperienza gradevole per il cliente Se possiamo affermare con certezza che il motivo principale per l’adozione di approcci proattivi è legato all’incremento delle revenues e all’aumento del tasso di conversione, tuttavia non dobbiamo dimenticare che un’altra importante componente benefica dell’adozione di queste tecnologie è costituita dalla diminuzione dei costi di gestione della relazione coi clienti. Le nuove tecnologie tendono a ottimizzare l’utilizzo di personale (FTE) nei Call Center, in quanto l’interazione col cliente avviene solo se necessaria ed esclusivamente nel momento più appropriato; l’agente o la coda più efficace sono di volta in volta selezionati dal sistema, in modo da ridurre sensibilmente anche parametri quali Average Handling Time (AHT) e, viceversa, aumentare First Call Resolution (FCR). Se poi all’approccio proactive viene associata anche una knowledge base aziendale a sostegno dell’interazione con i clienti, quest’ultima può portare a un utilizzo più efficace e razionale della workforce in ambito Call Center, annullando o riducendo il gap fra agenti esperti e nuovi agenti, o fra agenti con differenti skill-set, al fine di ottimizzare il loro lavoro.

L’interazione proattiva con i propri clienti oSPE (onStage Proactive Engagement) è un prodotto sviluppato da Bizmatica che nasce con l’intento di estendere le funzionalità di Web Customer Service al Call Center attraverso nuove feature proattive e di Web Collaboration. Questo prodotto è in grado di monitorare le sessioni di navigazione su un sito web, il comportamento dei navigatori sulle pagine del sito, lo stato di disponibilità o meno delle risorse del Call Center, e quindi di eseguire azioni proattive dipendenti da regole predefinite e di iniziare, per esempio, una sessione collaborativa di chat o di cobrowsing, oppure un messaggio o alert pop-up, sia in ambito caring che sales. Questo prodotto - in unione alla piattaforma CTI di Interactive Intelligence, di cui Bizmatica è partner da oltre 10 anni - fornisce tutti i componenti per soddisfare il bisogno delle aziende in termini di comunicazione e proactive engagement.

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SCENARIO DI MERCATO

Contact Center in Outsourcing: quale presente e quale futuro? Il settore dei Contact Center in Outsourcing, a oltre vent’anni dalla nascita, vive una stagione complessa ma di grandi potenzialità. Questioni regolatorie da risolvere, nuovi servizi da offrire e nuovi mercati.

REDAZIONE

Customer Elaborazione dati Assocontact Management

In Italia, il settore dei Contact Center in outsourcing si è sviluppato rapidamente, favorendo la nascita di nuove e dinamiche realtà che hanno contribuito alla crescita occupazionale proprio tra le fasce di popolazione che presentano i più elevati tassi di disoccupazione (Sud, giovani, donne). Gli addetti sono quasi 80.000 e danno un significativo contributo al Prodotto Interno Lordo, con un Fatturato aggregato di settore di circa 1,3 miliardi di euro per le attività telefoniche di customer care e televendita, ma di complessivi circa 2 miliardi di euro se includiamo le attività collaterali (backoffice, recupero crediti, ricerche di mercato, internazionale). Tra le attività svolte dai Contact Center, l’inbound si conferma come più vivace rispetto all’outbound; il fatturato del primo nel 2014, infatti, secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi Assocontact si è attestato attorno al 73.8% del mercato totale, contro il 26.2% dell’outbound. I dati raccolti forniscono anche informazioni relative alle dimensioni e all’organizzazione interna delle aziende di Contact Center in Italia: l’85.8% di esse struttura la propria offerta avvalendosi di meno di 200 classi di operatori; per quanto riguarda la presenza di aziende outsourcing sul territorio nazionale, tra il 2007 e il 2013 si è registrata un’inversione di tendenza: se prima le percentuali più alte si registravano al Nord (50%), ora la loro presenza si concentra soprattutto al Sud e nelle isole (49%), con il Centro pressoché stabile intorno al 13-14%. Come risulta dai dati elaborati da Assocontact, il fatturato

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delle prime quattro imprese fornitrici di servizi di Contact Center è pari al 40.1% del fatturato totale registrato nel 2013. Un ulteriore aspetto preso in considerazione dall’indagine è il numero di risorse umane che in Italia trova impiego nel settore dei Contact Center: nel 2013 più della metà delle aziende prese in esame registrava una percentuale di dipendenti assunti superiore al 50%. Nel 2014 è stata calcolata una variazione del numero di operatori telefonici attivi in Italia caratterizzata in generale da aumenti contenuti, pur con cambiamenti significativi in positivo e in negativo per alcune delle aziende oggetto d’analisi. Per quanto riguarda i settori di appartenenza delle aziende per le quali le società di Contact Center erogano i propri servizi, tra il 2011 e il 2013 si è registrata una diversa ripartizione del fatturato: è diminuito il peso di Telecomunicazioni e Media e Industria, a favore di un aumento delle attività nei settori Utilities e Finanza e Assicurazioni. Oggi, dopo anni di costante crescita guidata prevalentemente dal settore delle Telco, stiamo entrando in una seconda fase, caratterizzata dalla trasformazione della domanda verso nuovi settori emergenti e con grandi accelerazioni determinate dall’innovazione. Innovazione che per il nostro settore non è solo tecnologica, ma è anche innovazione di processo ed organizzativa. In parallelo stiamo assistendo ad una decelerazione determinata da tematiche più strutturali del mercato Italia che richiedono grande attenzione. Secondo Assocontact i trend attuali sono: • uno spostamento di volumi da voice a non voice in seguito alla progressiva introduzione delle nuove tecnologie digitali e multicanali;

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• una inarrestabile caduta dei volumi Telco, anche in seguito agli incrementi di produttività introdotti con il nostro contributo; • una crescita della più competitiva offerta estera (delocalizzazione) a fronte di una riduzione della domanda interna espressa dai Telco; • una crescita della domanda proveniente dai nuovi settori bancario, assicurativo, e- commerce, internet, logistica, media, pubblica amministrazione, trasporti, turismo, utility (acqua, luce, gas), che però non è stata ancora in grado di compensare gli squilibri sulla domanda interna; • una forte tensione sui prezzi indotta da tutta la committenza con frequenti e talvolta traumatici cambi commessa; • una impossibilità di comprimere ulteriormente i costi nazionali unitari per addetto e con dinamiche di costo del lavoro crescenti, che rendono la delocalizzazione una scelta ormai quasi obbligata; • un sistema di incentivi di Stato che amplifica il fenomeno del dumping in modo artificiale e temporaneo, ma senza creare incrementi occupazionali netti; • diffuse situazioni di overcapacity aziendali, soprattutto tra i medio-grandi player che non riescono ad utilizzare le proprie economie di scala, più che annullate dal sistema perverso degli incentivi di Stato; • interventi di salvataggio occupazionale che in molti casi hanno l’effetto di creare ulteriore dumping sul mercato ed un effetto domino di ulteriori crisi aziendali, in seguito a concessioni straordinarie permesse sia dai sindacati che dalle unità di crisi dei Ministeri coinvolti (MISE e Welfare).

Le diverse anime del settore All’interno del settore esistono diverse realtà (piccole, medie e grandi) che gestiscono servizi di “customer in-

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teraction in outsourcing” e che sempre più saranno misurate sul “Customer Experience Enhancement”, ovvero il miglioramento dei processi di gestione dei clienti finalizzato a creare esperienze positive nei consumatori attraverso una molteplicità di canali e di contatti: specialisti del Customer Care, del Teleselling, del Recupero Crediti, delle Ricerche di Mercato. Tutte queste specializzazioni, che oggi hanno come comun denominatore l’utilizzo del telefono per gestire clienti, devono essere unitariamente rappresentate, tenendo conto della loro tipicità e con la lungimiranza di trovare le necessarie sinergie e convergenze.

Cinque macro obiettivi strategici Gli obiettivi strategici delineati con la nuova presidenza sono: Sviluppo, Occupazione, Competitività, Innovazione, Qualità (SOCI-Q) 1. Sviluppo I Contact Center in Outsourcing devono crescere, svilupparsi e fare profitto. Serve un piano industriale. Bisogna creare le premesse per uno sviluppo sostenibile delle imprese, non solo nel breve, ma soprattutto nel lungo termine. Serve un intervento sul costo del lavoro che tenga conto dell’Europa e della competitività necessaria, senza strumentalizzazioni di parte. Bisogna saper cogliere tutte le opportunità dei mercati globali e dell’innovazione per ridurre il divario di produttività e competitività con l’Europa. Occorre più flessibilità in entrata e in uscita, ma anche più flessibilità nella gestione operativa quotidiana. Le imprese devono saper cogliere le opportunità dei nuovi settori in via di sviluppo e di quelle aziende che riconoscono sempre di più la specializzazione dell’outsourcer per migliorare la Customer Experience, non solo price-based.

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SCENARIO DI MERCATO

Le telecomunicazioni hanno dato un grande contributo allo sviluppo, ma ora non sono più il settore primario di riferimento. Ci sono nuovi settori che stanno esprimendo domanda di servizi tradizionali e nuovi. Lo sviluppo va sostenuto con misure adeguate; non bastano gli incentivi alle startup, servono incentivi alla trasformazione delle imprese esistenti, serve più sostegno alle imprese per mantenere la buona occupazione e migliorare la qualità dei servizi. Bisogna facilitare l’accesso al credito per sostenere la crescita delle imprese. 2. Occupazione Occorre continuare in un percorso di crescita del settore che dia stabilità e certezze non solo alle imprese, ma anche ai nostri addetti. Il settore è, e deve continuare ad essere, la risposta concreta ai problemi della disoccupazione del Paese, ed in particolare a quella giovanile. Ormai i Contact Center sono un’industria e devono essere riconosciuti come tale. La dimensione è significativa, ma il divario con l’Europa è ancora enorme e fortemente penalizzante. Quanto di buono già fatto dal governo è purtroppo ancora insufficiente per poter garantire occupazione stabile e poter attrarre investimenti esteri in Italia. Va favorita una riconversione delle risorse in base ai nuovi trend, facilitando le riconversioni cross industry, aumentando le competenze delle risorse impiegate nei contact center, favorendo lo sviluppo di nuove professionalità. La problematica occupazionale più complessa da affrontare resta quella del cambio commesse (o fine appalto), che dovrà essere affrontata nel rispetto dei princìpi della libera concorrenza, con grande senso di responsabilità insieme ai committenti, ma con l’obiettivo di non spostare sempre sulla spesa pubblica (ammortizzatori sociali) le inefficienze di una filiera che non riesce ad autoregolamentarsi. 3. Competitività La chiedono i committenti e la chiede il Paese, ma la chiedono anche le imprese del settore. Ma la competitività deve essere sana, con regole certe e uguali per tutti su base nazionale e non territoriali ad personam.

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Sì alla libera concorrenza, ma nell’ambito di standard europei e non continuamente sovvenzionata da aiuti di Stato (o sindacali). No agli incentivi che alterano il mercato creando dumping, con negativi effetti domino (dis)occupazionali. No agli interventi in emergenza per spegnere gli incendi; unione delle forze per prevenire nuovi incendi, con interventi imprenditoriali, politici e sindacali efficaci. Sì all’aumento della produttività di sistema, ma senza esasperare la produttività individuale. Sì agli efficientamenti di processo. Sì alla capacità di competere sulla Customer Experience. La competitività si deve giocare sulla capacità di fare impresa (pianificare, organizzare, gestire, motivare, controllare) e non solo sul prezzo più basso. Non dobbiamo tentare di frenare la globalizzazione, ma cogliere invece le opportunità di internazionalizzazione. Defiscalizzare (più credito di imposta) invece di sovvenzionare (meno decontribuzioni). Collaborare con tutte le authority per favorire una sana competizione. 4. Innovazione La crescita del settore non può prescindere dall’innovazione, in particolare dalla multicanalità e dalla integrazione dei “servizi voce” con i “servizi non voce”. I contact center sono in pole position per contribuire a ridurre il divario con l’Europa sull’innovazione. Per vincere la gara della digitalizzazione le imprese devono investire di più in ricerca e sviluppo. Vanno esplorati e anticipati i nuovi trend dell’Internet of things. Le trasformazioni settoriali verso la digitalizzazione costituiscono una grande opportunità se anticipate, ma una enorme minaccia per chi non saprà stare al passo con i tempi e non effettuerà gli investimenti necessari. Vanno integrate le nuove modalità di interazione social sfruttando le moderne tecnologie (digital interaction). La grande sfida sarà nella capacità di integrare i processi tradizionali degli addetti al telefono con quelli di nuovi servizi Technology based e viceversa. Dove non esiste la forza finanziaria di investire, vanno favorite nuove aggregazioni di imprese a rete; nuove forme di collaborazione per fare impresa in modo innovativo.

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5. Qualità L’immagine del settore deve essere cambiata. E talvolta non solo l’immagine. Serve più qualità. La qualità la chiedono i consumatori, gli utenti, i clienti finali ed i cittadini. E la chiedono prima ancora dei committenti. La qualità deve diventare la parola con cui identificare questa industria. I contact center in outsourcing devono essere riconosciuti come i migliori specialisti quando si gestiscono le interazioni con i consumatori, utenti, clienti finali o cittadini. La qualità si basa sulle persone, sui processi, sulla tecnologia, sulla capacità di creare esperienze positive a ogni contatto gestito (Customer Experience). La qualità non si ottiene dalla ripetitività di transazioni standard facilmente delocalizzabili. La qualità si costruisce sulla capacità di

fare impresa e sulla professionalità del personale. La qualità deve essere sostenibile e sostenuta dai committenti. I committenti la devono chiedere e la devono conseguentemente apprezzare; e lo devono fare in base a ciò che chiedono i loro clienti, trovando le giuste priorità rispetto agli obiettivi individuali assegnati ai loro uffici acquisti. Per promuovere in senso positivo l’immagine del settore, occorrono maggiori investimenti in formazione delle risorse e promozione del loro sviluppo personale e professionale. Vanno anche divulgati processi e metodologie per il controllo della qualità, anche individuali, superando progressivamente le resistenze e i timori di chi ha fino ad oggi frenato il controllo e la continua ricerca della qualità.

Assocontact, Associazione nazionale dei Contact Center in Outsourcing aderente a Confindustria Digitale, ha affidato a Franco Fradiani, General Manager di Assist Spa, esperto di processi e tecnologie per lo sviluppo del Customer Relationship Management, la responsabilità del suo Ufficio Studi, con l’obiettivo di costruire un “position paper” in grado di fornire alle aziende associate ed ai committenti le indicazioni specifiche sui diversi standard di qualità e le relative fasce di prezzo “consigliato” da offrire alla committenza pubblica e privata. Le linee guida per determinare il prezzo più adeguato a ogni tipo di servizio offerto dalle imprese si basano sul calcolo di fattori come la complessità, la componente tecnologica e organizzativa, la formazione necessaria e ogni altra voce di costo. A novembre è stato pubblicato sul sito dell’Associazione un documento con le indicazioni per la definizione del prezzo di riferimento per un servizio di Contact Center Inbound di Qualità.

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CALL CENTER

Non dimentichiamo il Call Center In un mondo sempre più digital, il Call Center dimostra di essere un vero e proprio evergreen a cui i clienti non sanno rinunciare, e che le aziende non devono quindi trascurare o sottovalutare: è importante gestire in modo equilibrato tutti i canali dell’Assistenza Clienti, trovando il giusto mezzo tra innovazione e tradizione, reale e virtuale. RACHELE ZINZOCCHI

Web Communication & Social Media Manager presso 3 Italia.

«Saturi di digitale dopo gli eccessi». «Fallimento di un modello di business». Ecco solo alcuni dei titoli scelti dalle firme di punta delle principali testate – qui, rispettivamente, Beppe Severgnini per il Corriere della Sera e Claudio Giua per L’Huffington Post – a commento di quella che è, in effetti, una scelta storica: l’addio di Andrew Sullivan al suo celebre blog, The Dish. Proprio lui che rappresenta «l’archetipo del blogger», tra i primi giornalisti dei mainstream tradizionali ad abbracciare i new media.

Che succede? Qualcosa si è spezzato nel digital? «Sono saturo di vita digitale, voglio tornare al mondo reale» ha affermato Sullivan. Le cause, nello specifico, sembrano più personali – stanchezza e motivi di salute – che dettate da prese di posizione teoriche. La decisione, però, fa riflettere: «Sono un essere umano prima che uno scrittore e un blogger» ha spiegato. «Voglio tornare a leg-

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gere. Lentamente, con cura. Assorbire un libro difficile e ritirarmi nei miei pensieri per un po’». «Fallimento di un modello di business», come per Giua? In tal caso ciò non varrebbe certo solo per The Dish – che in breve ha messo insieme 30 mila sottoscrittori paganti, pubblicità, sponsorizzazioni – ma per molte delle creature del mondo online, e per l’idea stessa di web e social come possibile, probabile exit strategy. Ma è giusto affermare che «per capire cos’è accaduto davvero bisogna “follow the money”»? Non si tratta piuttosto dell’espressione di un disagio più spirituale ma altrettanto significativo? Il segnale che si è quasi giunti al punto di non ritorno, che iniziamo a essere un po’ stanchi del continuo bombardamento sotto cui ogni giorno scegliamo di vivere – tra notifiche, alerts, drin di WhatsApp, tweet e DM, Replies & Retweets, Reshare & PlusOne, commenti e risposte, continui fruscii di e-mail in arrivo – e che ci viene da dire #MaAncheNo? «La decisione di Andrew Sullivan» scrive Severgnini «non è che uno dei tanti segnali del desiderio collettivo di ritorno alla realtà più concreta». Non «pentitismo digitale», ma «la reazione a un eccesso. Internet può sedurre: come ogni rivoluzione, come un’ideologia». E, come tutte le ideologie, può valere una cosa e il suo opposto: bulimia dell’online prima, apo-

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stasia verso lo stesso e predicazione dell’offline dopo. Internet «non può diventare l’unico luogo e l’unico modo» spiega ancora Severgnini. «Chi twitta da mattina a sera commette un errore speculare di chi rifiuta, schifato, i social. [...] Chi passa la vita su Facebook, si illude che gli “amici” siano amici e riempie la pagina di piedi, smorfie, cagnolini e parenti è insopportabile quanto il luddista deciso a rovinare una cena con le sue geremiadi contro la modernità».

Digitale e reale interconnessi Quando, nel mio piccolissimo, sbarcai in rete diversi anni fa, mi venne spontaneo esprimere il senso dell’esserci online con un motto, #SocialErgoSum – “O sei social o non sei” –, il cui corollario, però, prevedeva rigorosamente il successivo ritorno all’offline, in un circolo virtuoso dove digital e real non sono che i due step, essenzialmente interconnessi, dello stesso infinito percorso dell’esperienza individuale. Stagnare da una sola parte non ha senso: è proprio nella cosiddetta vita reale che si deve tornare, una volta arricchiti dall’esperienza digital; e a quest’ultima costantemente occorre riabbeverarsi, col patrimonio di conoscenze e interrogativi raccolto nella quotidianità offline della propria esistenza. Da anni insomma diciamo: “Guai a stare sempre su Facebook, guai a pensare che tutto si possa fare, apprendere e risolvere dal lato web e social”, soprattutto se solo un attimo prima si pensava che “tutta questa roba” fosse semplicemente una perdita di tempo. Un genio come Sullivan, ovviamente, lo sa bene. Per questo – o anche per questo – sceglie la redenzione della disintossicazione: un po’ di buon digital detox, di social media sabbatical, espressioni che sempre più frequenti ricorrono nei post dei blogger-guru americani. Andiamo al bar, incontriamo gli amici faccia a faccia non solo per dire loro: “Ci sentiamo dopo su WhatsApp!”.

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E i Brand, che pur sappiamo quanto – specie in Italia – siano indietro sulla questione, non pensino in ogni caso che tutto si risolva a colpi di post e tweet: #LoStaiFacendoMale verrebbe altrimenti voglia di dire loro, perché web, social network e social media non sono questo. E perché in tal modo, nel lungo periodo, non risolverebbero un bel niente, tantomeno nel business. Così, tra le innumerevoli riflessioni che una scelta del genere apre, un piccolo takeaway alle aziende possiamo già darlo, anche sul piano del sempre più usato (e appunto talora abusato, dunque mal usato) Social Care. Attenzione: è vero che il cliente vi insegue online e pretende di essere inseguito, imponendo un modello di multicanalità che è ormai omnicanalità; non pensate però che questo possa annullare l’esigenza di un contatto diretto, di una tradizionalissima, vecchissima, onerosa per tutti ma sempre richiesta chiacchierata con l’operatore.

Il call center è vivo Il Call Center: sì, quello classico, quello dei film, quello che proprio in questo periodo tanto soffre per la situazione di crisi del Paese. Ebbene sì: è vivo e lotta con noi. La voce rassicura, la sento comunque viva, so che – in una conversazione – se chiedo mi si risponde subito. Si azzera il pur brevissimo spazio dell’attesa della risposta via mail. Se ho un problema vero e non capisco come uscirne, “dieci tweet per me posson bastare”, ma anche no. Talvolta no. E a quel punto, o in generale, ecco che serve l’operatore. Senza contare gli innumerevoli clienti che, in ogni caso, non si sentono ancora a proprio agio nei social e preferiscono la chiamata o l’informazione de visu. S’investa dunque al massimo in web e social; lasciamo qualcosa però – anzi, più di qualcosa! – all’Assistenza Clienti tradizionale. Non dimentichiamo i Call Center. Vintage, forse, per alcuni: ma la tradizione, si sa, è sempre di moda.

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RISORSE UMANE

Performance Management: dal KPI globale alla performance individuale Una soluzione per il monitoraggio e la gestione delle performance e dei processi nei Contact Center basata su un approccio d’indagine multidisciplinare, capace di garantire una visione olistica dell’intera attività e di aiutare le aziende a individuare le migliori strategie di innovazione e ottimizzazione. GRAZIA GALOTTI

grazia.galotti@omega3c.com

Tutti coloro che gestiscono un Contact Center conoscono l’importanza dell’individuazione, misurazione e monitoraggio degli indicatori di performance: questi, infatti, rappresentano un supporto ai processi decisionali di immediato, breve e medio periodo. È altrettanto evidente che ottimizzare sia diventato un mantra per tutte le aziende, ed è ormai ampiamente assodato che la vera sfida per ciascuna di esse sia quella di coniugare performance eccellenti con una riduzione dei costi sempre più spinta, salvaguardando - se non addirittura accrescendo - la soddisfazione dei clienti.

Gestione delle performance: lo scenario attuale In risposta a questa esigenza, l’avvento di soluzioni tecnologiche innovative sta permettendo alle aziende di riprogettare completamente il Contact Center, come dimostrato dal loro crescente interesse in ambiti quali Performance Management & Business Intelligence, piattaforme omnichannel, Workforce Optimization, Quality Assessment, Speech Analytics e Digital Self Caring. Tuttavia dotarsi di tecnologia all’avanguardia resta una condizione necessa14

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ria ma di per sé non sufficiente per vincere questa sfida. L’attuale scenario di gestione delle performance è reso complesso da un’enorme mole di informazioni che necessitano, per essere interpretate, di un rilevante numero di indicatori. La definizione dell’insieme di indicatori di performance, in grado di rappresentare la mappa di una realtà operativa in veloce cambiamento, richiede un approccio analitico multidisciplinare basato sia sulla continua raccolta, trasformazione e interpretazione delle informazioni provenienti da tutti gli attori in gioco (l’organizzazione, il committente, il cliente finale) sia su meccanismi di taratura in grado di rendere questa mappa sempre più attendibile, per esempio attraverso la modifica dei processi e dei comportamenti lavorativi che li sottendono. Del resto la tentazione di semplificare, a fronte del dispendio di tempo necessario per valutare l’interconnessione tra i diversi indicatori, ha fatto sì che tali misurazioni si limitassero sovente agli indicatori essenziali, con grave danno sulla possibilità di sfruttare concretamente tutte le informazioni che misurazioni più diffuse e profonde possono restituire. Portiamo a titolo di esempio la gestione di un classico indicatore di Contact Center: il Service Level. Concepito per valutare se stiamo servendo velocemente i nostri clienti, rischia di diventare un boomerang e causare una cattiva gestione se non correlato ad altri indicatori, innescando una reazione a catena che potrebbe impattare negativamente sulla capacità di rispondere alla richiesta CMI Customer Management Insights


del cliente, di farlo al primo tentativo, in un tempo accettabile, a scapito del suo livello di soddisfazione e così via. In sostanza, se raggiungere il target del Service Level porta a esiti quali la riduzione del tempo di conversazione o una produttività troppo elevata da parte degli agenti, si rischia di non offrire al cliente quel servizio di eccellenza in grado di fare del Contact Center un differenziatore competitivo. Risulta dunque acclarato che i manager hanno sempre più bisogno di strumenti che permettano loro di acquisire una visione olistica delle Operations e di tutti gli indicatori di performance, di ricevere un concreto supporto operativo e di accedere a informazioni utili per elaborare piani d’azione mirati e operare un corretto bilanciamento tra costi e qualità.

Il Performance Management di Omega3C Com’è possibile dunque governare questa complessità all’interno dell’organizzazione? Come poter individuare velocemente le cause che influenzano le performance, i processi operativi coinvolti e le azioni da mettere in campo per ottenere il miglioramento desiderato? E infine, com’è possibile produrre un sistema di feedback che sia funzionale alla taratura dell’intero sistema di gestione delle performance, affinché rimanga il più possibile aderente alla mutevole realtà operativa che si sta misurando? In questo articolo illustrerò i principi guida della metodologia di Omega3C applicata alla sua soluzione di Performance Management 3C-X, sviluppata proprio per rispondere a questi interrogativi attraverso indicatori di performance globali, ossia generali, per il Contact Center, con un sistema di analisi studiato per arrivare fino al massimo dettaglio, rappresentato dal livello agente.

3C-X raccoglie, struttura e collega tutti gli indicatori e le metriche di servizio, e trasforma i dati in informazioni utili per identificare le azioni più efficaci da intraprendere.

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Questa soluzione genera e calcola appropriati indici di sintesi a livello globale, che consentono una comprensione profonda dello stato di salute delle Operations. Tali indici sono indipendenti dal numero, dalla tipologia e dal target delle metriche che sono monitorate sui diversi servizi, permettendo un confronto tra le performance non solo all’interno di un Contact Center ma anche tra diverse sedi di una stessa organizzazione, tra più fornitori e così via. 3C-X è stata disegnata sulle esigenze operative dei manager che, attraverso un’approfondita analisi dei reali driver di inefficacia e inefficienza, possono ridurre i costi e migliorare il servizio in modo rapido e accurato; infatti non solo agevola la profonda comprensione delle prestazioni del Contact Center, ma permette anche di individuare i potenziali effetti causati da un evento su indicatori di performance e viceversa, al fine sia di individuare i cambiamenti utili a mitigare tali effetti sia di porre in essere azioni da implementare nel breve e nel medio periodo. Per questi motivi 3C-X può essere considerato a tutti gli effetti un vero centro di comando operativo, pensato per rispondere alle diverse esigenze dei ruoli all’interno di un’organizzazione e che, in sintesi, consente di: • avere il pieno controllo delle performance, inclusi i livelli di efficienza e di efficacia, di tutta l’organizzazione, grazie a specifici indicatori di sintesi e alle correlazioni tra indicatori di performance e best practice operative dell’industria del Contact Center; • avere visibilità diretta su tutti gli indicatori, con un processo di navigazione secondo logiche di drill-down dal livello di aggregazione più elevato fino al livello agente; • individuare i processi sui quali intervenire, al fine di migliorare le performance negative anche in termini di inefficienza e inefficacia; • definire automaticamente le azioni necessarie a mitigare i problemi di performance e gli impatti sui processi nel breve periodo; • identificare i processi sui quali intervenire nel medio e lungo periodo, al fine sia di migliorare l’operatività sia di ottimizzare il sistema; • simulare scenari di gestione degli indicatori di performance, stimandone i valori giornalieri al fine di chiudere il periodo di osservazione in target; • analizzare l’affidabilità dei target e tararli in un’ottica sempre sfidante per ottenere le ottimizzazioni desiderate senza impattare sui risultati operativi. NOVEMBRE 2015

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RISORSE UMANE

Coinvolgere le persone per migliorare i processi Affinché un sistema di gestione delle performance sia tarato sulla realtà operativa che misura, diventa necessario per tutte le persone del Contact Center acquisire una comprensione profonda del proprio modus operandi, ossia dei processi operativi e di come questi vengono intesi, applicati e possibilmente migliorati. Un Contact Center di nuova generazione è di fatto un’organizzazione in grado di coinvolgere profondamente le persone nella gestione dei processi, rendendole artefici consapevoli del miglioramento delle performance aziendali attraverso l’accresciuta capacità di operare un continuo bilanciamento tra costi e qualità. L’analisi delle dinamiche lavorative e relazionali che sono essenziali all’esecuzione di un processo lavorativo rappresenta dunque un passaggio fondamentale per comprendere quali sono i fattori di rischio nella gestione dell’operatività di un Contact Center. Ottenere

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performance eccellenti significa anche e soprattutto promuovere un ambiente di apprendimento nel quale ogni persona possa trasformare i propri comportamenti al fine di gestire i processi efficacemente e produrre il loro miglioramento in maniera continuativa: se ciò non accade vengono a mancare i presupposti perché un’organizzazione aziendale sia in grado di intercettare e trasformare in valore il cambiamento in atto. L’approccio multidisciplinare proposto da Omega3C si arricchisce di uno standard proprietario, cablato all’interno della soluzione 3C-X, mutuato dalle principali best practice dell’industria di Contact Center, nato allo scopo di comprendere a fondo dinamiche aziendali funzionali e disfunzionali su tre aree di osservazione e valutazione: i Processi, le Persone, le Performance. In sintesi, l’area Processi ha come obiettivo la valutazione dell’insieme delle attività lavorative e dei processi chiave alla base del modus operandi di tutti i dipartimenti dell’azienda - non solo dunque della parte Operations - che deve essere documentabile, replicabile, diffuso e in controllo. La valutazione dell’area Persone permette di acquisire una maggiore comprensione relativa alla gestione delle persone, dei committenti e dei clienti in termini di modalità di comunicazione, di trasferimento di conoscenze e competenze, di clima facilitante e di miglioramento del livello di soddisfazione dei clienti, sia interni che esterni all’organizzazione. Infine l’area Performance permette di valutare la capacità del Contact Center di sviluppare un sistema di misurazione,

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verifica e analisi finalizzato alla riduzione degli sprechi, all’abbattimento dei costi di esercizio e al miglioramento delle performance. La metodologia Omega3C propone al mercato un modello di delivery evoluto per Contact Center di nuova generazione, orientato al raggiungimento della più alta Value Proposition nella gestione operativa e al consolidamento dei seguenti fondamentali obiettivi: • comprendere a fondo le dinamiche che condizionano le performance; • migliorare i processi per incrementare i livelli di servizio ed eliminare le cause di inefficienza; • identificare e applicare le buone e le migliori pratiche per sviluppare un ambiente lavorativo orientato all’eccellenza; • identificare le dinamiche relazionali e comportamentali di maggiore influenza nelle aree Processi, Persone e Performance, per incrementare la soddisfazione di tutti i clienti; • stabilire se e quali relazioni esistono tra i risultati dell’analisi dei dati storici e i gap di processo, per adottare la migliore strategia di miglioramento continuo; • modificare i processi perché siano rappresentativi della realtà operativa in atto.

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Conclusioni Per concludere segnaliamo l’importanza della correlazione tra i diversi indicatori di performance, siano essi globali o individuali; creare un indicatore di performance e relativo target presuppone una profonda conoscenza dell’intero processo di interazione con i clienti e una precisa definizione di ciò che si vuole effettivamente misurare e monitorare. La delicatezza del tema consiste quindi nella possibilità di cablare non solo indicatori quantitativi, ma anche indicatori qualitativi a supporto. Il Contact Center dunque, attraverso l’approccio di indagine multidisciplinare descritto, viene guidato alla scoperta delle principali cause responsabili di ridondanze lavorative, sprechi, costi aggiuntivi, mancato raggiungimento dei target operativi - nonché di insoddisfazione del cliente, sia interno che esterno - e quindi all’attuazione delle corrette soluzioni per risolvere le problematiche presenti e mitigare i temuti potenziali rischi futuri legati alla perdita di efficienza e di efficacia nella gestione dei servizi.

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La produttività passa anche per la soddisfazione del personale Come si lavorerà in futuro? Il segreto per aumentare la produttività individuale e aziendale sta nella valorizzazione delle persone e del loro lavoro: un diverso e innovativo management delle Risorse Umane, come dimostra un sempre maggior numero di società, può fare davvero la differenza in termini di crescita del fatturato e di benessere del personale. CHIARA MUNZI

c.munzi@libero.it

Una frase di Dostoevskij riassume il concetto della soddisfazione del lavoro: “Se vuoi trasformare un uomo in una nullità, non devi fare altro che ritenere inutile il suo lavoro”. Il legame tra produttività e soddisfazione nel lavoro è un tema sul quale si discute da diverso tempo: sociologi, psicologi e manager si sono confrontati e tuttora si confrontano sul tema. Il problema è che forse, nonostante si conosca l’incidenza reciproca, poche sono ad oggi le aziende capaci di “accendere” questo legame; e se dei timidi tentativi da qualche parte cercano di essere implementati, nel giro di qualche mese vengono spenti e svaniscono.

Le persone: una risorsa da valorizzare Partiamo da un concetto molto importante, anche questo molto noto: l’azienda non è altro che un organismo vivente, come un essere umano, perché fondamentalmente è composto proprio da questo. Come sappiamo, qualsiasi essere vivente non vive solo grazie al cibo e all’alimentazione, ma a questi si aggiungono sogni, progetti e sentimenti. Un uomo vive ed è felice quando riesce a raggiungere un equilibrio tra tutti gli elementi che abbiamo 18

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elencato, aggiungendo magari anche quelli che forse ci siamo dimenticati di menzionare. Un’azienda non è da meno, anzi. Non vive solo dei propri dati economici, e non può pensare di ridurre il suo compito alla mera erogazione di uno stipendio stabilito per legge secondo un contratto collettivo: deve fare molto di più, soprattutto per garantire la sua sopravvivenza. Tantissimi sono gli esempi che ci circondano e da cui dovremmo prendere spunto; citiamo qui una ricerca condotta in prima persona da Borja Vilaseca - insegnante, scrittore e coach - che racconta come una società di consulenza, investendo nello sviluppo emotivo del proprio personale, in pochi anni sia riuscita a centuplicare il proprio fatturato1. Quello che ho riportato è solo un esempio di un gruppo di individui che, come tanti, credono nella risorsa-persona e non nel costo-persona.

Come promuovere il cambiamento Ma come è possibile cambiare la mentalità dominante, e soprattutto perché ancora in molti (nonostante i numerosi studi e ricerche) non credono ai vantaggi che derivano da tale rinnovamento? I punti fondamentali a mio parere sono due: • cambiare la mentalità del management che lavora in prima linea con le risorse ‒ il cambiamento non è mai facile per nessuno, neanche per persone di grande esperienza; • molto spesso oggi cambiare approccio nei confronti delle persone significa riuscire a gestire in modo diverso il controllo su di loro e la propria capacità di delega. CMI Customer Management Insights


Nella mia esperienza lavorativa, sempre in aziende italiane, ho constatato come per il management il controllo sulle risorse sia un tema fondamentale. Verificare il lavoro, averle vicine, poter fissare una riunione in qualsiasi momento, posticipare l’orario di uscita rassicura. Il lavoro a distanza, al contrario, crea disagio. Troppi responsabili associano la presenza al lavoro con una maggiore produttività: questa è la norma per la maggior parte delle aziende. Ma può essere veramente così? È ancora possibile pensare che un maggior numero di ore lavorative comporta una maggiore produttività? O forse dovremmo iniziare a pensare il contrario? In un mondo in cui anche negli open space si lavora da soli, la presenza in ufficio è ancora un elemento che incrementa la produttività? Sono purtroppo ancora molto poche le aziende che decidono di concedere al lavoratore (ovviamente parliamo di una certa categoria di lavoratori) la possibilità di organizzare il proprio tempo di lavoro anche da casa. Le tecnologie supporterebbero oggi tanto il lavoratore quanto l’azienda, che beneficerebbero entrambi di questa novità. È del 28 settembre l’articolo “American Express: rivoluzione negli uffici, pc a casa e niente scrivanie. Il mondo lavorerà così”, pubblicato su la Repubblica, che descrive il caso di American Express e il suo nuovo modo di far lavorare i dipendenti. Si tratta di una nuova modalità lavorativa, quella del futuro: oltre 300 persone non hanno più la necessità di stare alla propria scrivania in ufficio, ma possono bere il caffè in pausa pranzo a casa, apportando così uno sgravio di costi per la propria sede, che ha ridotto il numero delle postazioni del 30% proprio grazie a questa nuova organizzazione. L’obiettivo è quello di monitorare come e se la produttività dei dipendenti aumenta grazie a questa innovazione; il punto fondamentale è che non c’è equazione tra tempo di presenza in ufficio e produttività, tutt’altro. Il progetto avviato è ovviamente sperimentale e certamente da monitorare e seguire. Come riportato all’interno dell’articolo, fondamentale è stato il lavoro preliminare per mappare i ruoli, le attività e valutare tutti gli impatti che questo nuovo approccio al lavoro poteva comportare in termini di benefici aziendali e per i dipendenti ‒ che poi sono strettamente correlati2. Il caso che ho presentato è quello forse più recente e rilevante, anche per l’importanza dell’azienda coinvolta, ma ce ne sono anche altri certamente noti a tutti. Google, caso emblematico, è un’azienda il cui obiettivo è trovare il mix perfetto tra vita lavorativa e vita privata: lavorare fuori dall’ufficio, organizzare il proprio tempo, le proprie ferie e la maternità è perfettamente normale. www.cmimagazine.it

La strategia di base è quella di promuovere l’affiatamento dei team di lavoro, il coinvolgimento dei dipendenti nei progetti aziendali, nelle assunzioni e nelle strategie. D’altra parte, se una famiglia funziona è proprio perché si basa su questi principi.

Conclusioni Arriviamo al punto fondamentale: grazie a questi vantaggi quanto calerà il tasso di assenteismo, quanto aumenterà la produttività individuale e complessiva? Il problema reale è che forse non ci sono ancora aziende, e quindi manager, pronte a fare questo salto: si tratta infatti di una scommessa, bisogna sforzarsi di uscire dai propri schemi mentali e dalla propria zona di comfort, mettendo in discussione quello che finora è stato fatto. Potrebbe forse cambiare qualcosa nel momento in cui incentivi e agevolazioni verranno stanziati anche per chi implementa innovazioni di questo tipo, e non solo per comprare un nuovo macchinario o fare un nuovo investimento fisico. Forse saranno le prossime generazioni ‒ che stanno crescendo con una mentalità diversa, che sono native digitali, che hanno relazioni con persone conosciute in rete ‒ a cambiare l’approccio al management; ma per ora non mi aspetto delle grandi novità in Italia sul tema. Eppure, nei giorni in cui a Parigi si discute delle sorti del nostro pianeta e dei cambiamenti climatici, anche il lavoro da casa potrebbe essere considerato come un piccolo aiuto per migliorare la salute della Terra, dei dipendenti e delle aziende.

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Lo studio che abbiamo riportato è riassunto all’interno di B. Vilaseca, Il Piccolo Principe si mette la cravatta, Vallardi, 2011. Nel 2007 l’autore realizzò un reportage su una società di consulenza che nell’arco di cinque anni aveva centuplicato il proprio fatturato. Le sorti dell’impresa erano radicalmente cambiate grazie all’iniziativa di un giovane direttore delle Risorse Umane: promuovendo lo sviluppo personale e l’intelligenza emotiva dei dipendenti era riuscito a migliorarne l’efficienza e la produttività. Il Piccolo Principe si mette la cravatta è il racconto di questo miracolo economico realmente accaduto.

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Proprio dalla fase di progettazione, una delle più difficili, parte il cambiamento.

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CASE STUDY

PayPal: un modello innovativo di Servizio ai Clienti Utilizzando il modello della piramide rovesciata, PayPal e Transcom promuovono l’empowerment degli operatori che gestiscono in prima persona il servizio offerto. Al cuore di tutto si trova una sincera passione per i Clienti. LETIZIA OLIVARI

letizia.olivari@cmimagazine.it

Iniziata nel 2008 a Tunisi per gestire il Servizio Clienti del mercato francese e italiano, la partnership tra PayPal e Transcom non sembra essere destinata a indebolirsi con il passare degli anni, anzi. Nel 2010 il servizio è stato esteso alla sede di Lecce per rispondere alla crescita dei volumi italiani. Dal 2014 PayPal ha affidato alla sede tunisina di Transcom anche la gestione degli utenti di ben 32 Paesi delle aree Middle East, Nord Africa e Africa Sub Sahariana, garantendo un’assistenza in quattro lingue (arabo, francese, italiano e inglese). Inoltre PayPal ha da poco siglato un nuovo contratto di tre anni, eleggendo Transcom partner unico per l’Italia. Per conoscere più da vicino la società americana leader nell’e-commerce e nell’on-line payment, abbiamo rivolto qualche domanda ad Angelo Meregalli, General Manager di PayPal Italia. Quali sono i motivi che vi hanno spinto a scegliere Transcom come partner unico per l’Italia? In tutti questi anni, dalla fondazione nel 1998 ad oggi, la nostra società ha conosciuto una crescita costante e straordinaria: attualmente registriamo più di 152 milioni di account attivi in tutto il mondo e processiamo circa 9.3 milioni di transazioni ogni giorno, in 203 Paesi e in 100 differenti valute. Transcom si è dimostrata capace di supportare la nostra rapida crescita, coniugando in modo eccellente la flessibilità e l’apertura a soluzioni sempre nuove con la garanzia di un Customer Service di qualità, 20

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raggiungendo nel 2014 l’importante risultato di 66% di NPS (score calcolato in base alle valutazioni positive del servizio da parte dei clienti) nel mercato italiano, che è risultato essere il migliore in assoluto a livello globale tra tutti i nostri utenti. Su quale modello si fonda la gestione del Servizio Clienti? Alla base di questa importante partnership si trova un modello innovativo di gestione del Servizio Clienti – la cosiddetta piramide rovesciata – promosso da PayPal e interpretato da Transcom con successo e passione. Questo modello promuove azioni di empowerment aziendale, e punta a delegare in modo significativo la responsabilità della soddisfazione degli utenti alla front-line – cioè a coloro che si relazionano quotidianamente con i consumatori. Al Middle Management, invece, viene assegnato un nuovo ruolo di supporto – in aggiunta a quello di monitoraggio – per facilitare la risoluzione dei problemi dei clienti e aiutare la front-line a fornire il miglior servizio di assistenza possibile. Nell’evoluzione più recente del modello i Team Leader svolgono un vero e proprio ruolo di coach per assistere nel modo più efficace gli agenti in linea. Quali sono gli aspetti caratteristici di questo nuovo approccio? A questa domanda si potrebbe rispondere molto semplicemente dicendo che il cuore di tutte le nostre attività è una sincera e profonda passione per il cliente. Per entrare più nel dettaglio, si possono indicare otto punti chiave che strutturano questo modello di gestione: • essere il cliente finale, testando il servizio in prima persona al fine di poter creare esperienze gradite agli utenti finali;

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Angelo Meregalli General Manager di PayPal Italia. • affermare il concetto di teammate, affinché ciascuno degli attori coinvolti possa essere e sentirsi parte di una grande squadra con un unico obiettivo, quello di assicurare al cliente un’esperienza eccellente; • promuovere l’empowerment, essere agili per trovare soluzioni sempre nuove, anche tramite l’ausilio di figure di supporto; • garantire la presenza di risorse con esperienza sia di Cliente finale sia di teammate (Product Specialist, Team Leader, Business Manager); • offrire il supporto di figure fortemente professionalizzate in termini di coaching e feedback giving (Team Leader); • creare un dipartimento di formazione composto da figure come Trainer e Analisti (Process e Quality) con il coordinamento di un Training and Quality Manager, per fornire un ulteriore sostegno al Team; • individuare nella figura professionale del Business Manager che sta a diretto contatto con l’intera struttura operativa un punto di riferimento importante, per potenziare e cogliere le opportunità di People Engagement e Customer Relation – il BM e il TQM erogano sessioni di Coach the Coach; • promuovere uno scambio continuo con approccio winwin tra PayPal e Transcom su più livelli, per assicurare un miglioramento continuo dei servizi offerti. In che modo Transcom interpreta e realizza il modello PayPal? Transcom riserva grande attenzione alle attività di comunicazione interna di taglio motivazionale-formativo con finalità di orientamento verso l’obiettivo comune – ovvero la piena soddisfazione del Cliente – e di massima comprensione del servizio offerto. Gli agenti Transcom basano la relazione con il Cliente finale sull’interpretazione dell’Universal Call Flow, che comprende quattro fasi: • welcome: accogliere il Cliente con un sorriso, identificandolo e validandolo sui sistemi interni a garanzia della sua sicurezza; • discover: scoprire la motivazione della chiamata, agganciandola ai sistemi tecnici tramite una sessione di domande aperte e chiuse; • deliver: trovare la soluzione e/o fornire al Cliente le infor-

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mazioni necessarie per la risoluzione della sua richiesta; • done: portare il Cliente con il sorriso alla chiusura della chiamata. Su questa base si innestano i behaviours, che portano valore aggiunto grazie alla capacità di “mettersi nei panni del Cliente”, anticipando i suoi bisogni e supportandolo fino alla risoluzione della richiesta; gli Shared Behaviours di PayPal, che costituiscono le linee guida per Transcom nella gestione del contatto con l’utente, sono: - comportarsi in maniera professionale; - mostrare un sincero interesse; - assumersi la responsabilità; - sfruttare le competenze per gestire le richieste; - ascoltare con attenzione; - comunicare in modo chiaro. Restando in ambito di innovazioni, Transcom ha realizzato per voi un portale di Knowledge Management: qual è la sua funzione? Si tratta di un tool basato su Joomla, suggerito e realizzato da Transcom per il mercato italiano di PayPal al fine di migliorare la condivisione dei processi, delle procedure e delle best practice. Questo portale è oggi adottato da tutto il nostro parco fornitori e ovviamente dalle strutture in-house, e contribuisce ormai da anni a fornire una migliore esperienza ai clienti a livello globale. Tra le sue varie funzioni troviamo quella che consente di visualizzare in tempi rapidi – a 2 o 3 giorni dalla data del contatto – i risultati dei sondaggi di gradimento compilati dai Clienti finali tramite il canale e-mail. I Key Performance Indicators che vengono utilizzati per misurare l’esperienza del Cliente PayPal sono: • NPS (Net Promoter Score), che indica quanto un Cliente acquisito consiglierebbe PayPal a parenti e amici; • ASAT (Agent Satisfaction), che registra il livello di soddisfazione per l’operato dell’agente; • RR (Resolve Rate), che esprime la capacità di risoluzione della problematica/richiesta. Altro KPI importante è l’AHT (Average Handling Time), che registra il tempo medio di gestione del contatto da parte dell’agente e determina la quantità di contatti gestiti dal singolo teammate.

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PIANO EDITORIALE 2016 Nel corso del 2016 torna l’edizione mensile di CMI Magazine in abbonamento e disponibile in PDF nell’area riservata del sito www.cmimagazine.it. In ogni numero del PDF on line le notizie più rilevanti, le informazioni su prodotti e soluzioni e uno speciale che approfondisce un tema specifico della relazione con il cliente. La formula prevede una panoramica del dibattito e delle soluzioni a disposizione, seguita dal punto di vista delle aziende sollecitato da domande della redazione. Verranno inoltre realizzati tre numeri monografici, in formato cartaceo, spediti in abbonamento postale. Ogni monografia conterrà la presentazione di dati di ricerca relativi all’argomento, articolo di scenario strategico, articoli di approfondimento su un particolare aspetto del tema, case history italiane e internazionali.

GENNAIO/FEBBRAIO

Customer Experience e Internet of Things

Speciale PDF On line

MARZO

Customer service e Customer Centricity

Monografia

APRILE

KPI per misurare la soddisfazione del cliente

Speciale PDF On line

MAGGIO

CRM: coltivare relazioni di valore

Monografia

GIUGNO

Speech & Text Analytics

Speciale PDF On line

LUGLIO/AGOSTO

Gestione della conoscenza e Speciale servizio ai clienti PDF On line

SETTEMBRE

Sondaggi, indagini, mystery client

Speciale PDF On line

OTTOBRE

Customer Engagement

Monografia

NOVEMBRE/DICEMBRE

Workforce Management e Performance management

Speciale PDF On line

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