Filosofia in azienda

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LA FILOSOFIA IN AZIENDA Barbara Bertagni e Fernando Salvetti

Vivere le organizzazioni richiede condivisione di mete e valori, confronto tra culture e strategie d’azione, riflessione sul proprio ruolo e la propria identità professionale. Il counselling filosofico è una delle metodologie più efficaci per far emergere ed esplorare gli assunti taciti personali che condizionano profondamente la vita delle organizzazioni, aprendo uno spazio di confronto e di interrogazione su quelle che sono le trame costitutive dei comportamenti individuali e delle prassi organizzative. La filosofia non è una materia da insegnare né una disciplina tra le altre, ma piuttosto un approccio alla vita e alle situazioni, un livello “meta” da percorrere per guardare al quotidiano con nuove categorie. Filosofare è porsi nello spazio della domanda, esplorare, ascoltare e ascoltarsi. Fare filosofia significa interrogarsi, rimettere in questione le risposte troppo note, provare a guardare da una diversa prospettiva a ciò che si fa, a ciò che si è e a ciò che si dice. Le domande filosofiche consentono di esplorare gli assunti taciti che orientano le nostre azioni, aprendo spazi di riflessione e di messa in discussione. Il counselling filosofico, le riflessioni sull’epistemologia e la teoria della conoscenza, l’antropologia culturale e organizzativa, i dialoghi sull’etica e la deontologia professionale, le sessioni di filosofia pratica nelle aziende e nelle organizzazioni lavorative sono una delle linee d’azione più efficaci per contribuire alle strategie soft di sviluppo organizzativo, per esplorare nuovi modi di fare, produrre e progettare. Le aziende scelgono di fare filosofia per dare una prospettiva alle cose e cercare di capire quello che sta accadendo al loro interno e nel contesto esterno, oppure per condividere nuove strategie di pensiero e di azione, piuttosto che per ridefinire la propria identità in momenti di forte cambiamento o per intervenire sul benessere organizzativo. Per alcune organizzazioni, la filosofia è un intervento occasionale, per altre un appuntamento ricorrente, in ogni caso è sempre un modo per investire sul potenziale umano e fare knowledge management.

UN CASO DI COUNSELLING FILOSOFICO Per ragioni di riservatezza, data la delicatezza della problematica affrontata in questo caso, daremo alla società cliente il nome di fantasia “Zeta”. La Zeta è una multinazionale, una realtà molto dinamica e in forte crescita. La grande espansione degli ultimi anni e l’apertura di nuovi stabilimenti nei paesi del Sud Est Asiatico e dell’Europa dell’Est ha, però, generato una serie problemi a livello delle microculture locali e picchi di tensione a livello interno, oltre che una certa eco nell’opinione pubblica. Un’analisi di clima condotta alla fine del 2002 ha evidenziato una situazione di malessere molto diffusa tra il management per la difficoltà di accettare le accuse rivolte all’azienda dalla stampa locale e ha spostato l’attenzione degli amministratori sulle problematiche di responsabilità sociale dell’impresa.


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Dal 2003 nasce, dunque, l’interesse per un lavoro sui valori-guida allora solo parzialmente codificati in una carta aziendale e vissuti come contraddittori rispetto a molti degli esiti dei processi produttivi primari a livello personale e sociale. In particolare, molte persone all’interno dell’azienda vivevano con parecchio disagio le problematiche sociali generate in alcuni contesti locali dove l’azienda era presente con i suoi stabilimenti. Nel marzo del 2003 veniamo contattati come Centro Studi Logos con l’obiettivo di attuare un intervento per migliorare il clima interno all’organizzazione e favorire il confronto sui valori-guida aziendali. Abbiamo proposto un intervento di counselling filosofico focalizzato a: - far emergere e dare spazio di espressione al malessere; fornire chiavi interpretative per comprendere i sistemi locali di pensiero: ricostruendo da un lato i sistemi locali di credenze, di pensiero e di valori caratterizzanti i microcontesti sociali in cui l’azienda opera, dall’altro lato indagando e facendo emergere gli assi portanti, sotto il profilo valoriale, della vision dell’azienda; creare luoghi di mediazione culturale tra i valori dominanti dell’azienda e i valori culturali di riferimento locali. Il gruppo dei manager si è incontrato per tre giornate di confronto in un hotel con annessa Spa in Svizzera, nelle montagne dell’Engadina, e successivamente, a distanza di un mese, per altre due giornate in un agriturismo nella campagna marchigiana, sulle colline che circondano Urbino. Due location di grande suggestione in due contesti che favoriscono un buon contatto con la natura con sistemazioni molto accoglienti e confortevoli. Due full immersion condotte secondo la metodologia del counselling filosofico, ricercando insieme le strategie di pensiero per scandagliare gli assi portanti del problema preso in esame. In specifico, i gruppi della Zeta avevano come finalità quella di intrecciare due piani di riflessione: da un lato il livello di sopravvivenza esterna dell’azienda declinato in missione, strategia, obiettivi, mezzi, processi; dall’altro il livello degli assunti di base più profondi: la relazione dell’organizzazione con il suo ambiente, la natura delle relazioni umane, la responsabilità e l’omogeneità culturale contrapposta alla diversità. Affrontare il problema in termini filosofici significa presidiare il confronto su focus cruciali quali il tema del potere e della sottomissione, del global e del local, dell’utilitarismo e dell’altruismo. La riflessione prende avvio da una affermazione particolarmente significativa fatta da uno dei partecipanti, quale “Chi appartiene ad una cultura superiore ha il dovere morale di aiutare chi appartiene ad una cultura più arretrata!”. Da qui prende avvio la riflessione, non per confrontarsi sulle proprie conoscenze teoriche, né per riuscire in qualche modo ad avere ragione sull’interlocutore, ma per esplorare il senso delle parole contenute nella domanda: “Esistono davvero culture superiori?”, “Che cos’è la morale? C’è una sola morale o ci sono tante morali?”, “Che cosa ci porta a riconoscerci all’interno di una cultura superiore?”. La domanda non viene proposta dal filosofo, ma dai partecipanti. Il filosofo facilita il dialogo, sposta di livello la conversazione, suggerisce strategie per esplorare i problemi, mai risposte per risolverli.


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