Cultura sportiva - Conoscenza del corpo - Sport Preview

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Sezione 1 » Il corpo umano, macchina del movimento

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Capitolo 2

Le componenti passive dell’apparato locomotore

La componente passiva dell’apparato locomotore che mantiene l’equilibrio e assicura il movimento è costituita dalla combinazione dell’apparato scheletrico e articolare, supportati da fasci di tessuto connettivale, chiamati legamenti: le parti rigide di queste strutture (ossa) sono collegate dalle articolazioni che permettono il movimento ma non lo provocano; questo è possibile solo grazie alla trazione che i muscoli contraendosi esercitano sui tendini, opportunamente inseriti sulle parti rigide del sistema. Da un punto di vista meccanico le ossa possono essere paragonate alle leve e le articolazioni a giunti meccanici, su cui il motore, rappresentato dai muscoli, esercita la propria azione (vedi paragrafo 4.6). Ossa e articolazioni, se attivate, si avvicinano e si allontanano dando forma a ogni atto motorio.

2.1

apparato scheletrico è formato dall’unione di tessuti diversi che, sviluppandosi, danno forma a strutture particolari chiamate ossa. Esse nel loro insieme formano lo scheletro, l’impalcatura del corpo umano. Lo scheletro non solo assicura il sostegno e osso corto (vertebra) osso lungo (femore) definisce la forma del corpo, ma protegge anche gli organi interni e le parti molli e, insieme a muscoli e articolazioni, rende possibile il movimento. Le ossa hanno nomi e forme differenti, legate alla funzione che devono svolgere. Dal punto di viosso piatto (scapola) sta della forma distinguiamo le ossa in lunghe, corte e piatte. diafisi

epifisi

L’

L’apparato scheletrico

Le ossa lunghe agiscono come leve per alzare e abbassare gli arti e si sviluppano generalmente nel senso della lunghezza. Sono tali il femore, la tibia, l’ulna, il radio. Il corpo centrale delle ossa lunghe si chiama diafisi; le due porzioni periferiche epifisi. Nei bambini e nei ragazzi tra la

epifisi

Ossa lunghe, corte e piatte

Le tre forme delle ossa.


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zona mediana e le zone periferiche esiste una zona di transizione costituita dalla cartilagine di coniugazione, o metafisi. Queste cartilagini rappresentano la zona di accrescimento in lunghezza delle ossa, che avviene attraverso la loro graduale ossificazione. Una volta completata l’ossificazione della metafisi, lo sviluppo della statura dell’individuo si arresta. Al centro di un osso lungo si trova la cavità midollare che contiene midollo osseo e vasi sanguigni. Le ossa corte, come le vertebre, le ossa del piede (tarso), le ossa della mano (carpo), fungono da «ponte» e si sviluppano quasi in ugual misura in lunghezza e in larghezza. Le ossa piatte, la cui peculiarità è quella di avere uno spessore minimo e una superficie particolarmente estesa (scapola, ossa del cranio), svolgono una funzione protettiva. Vediamo ora com’è fatto un osso.

La struttura delle ossa Le ossa sono formate da tessuti connettivali di tipo osseo e cartilagineo.

➜ Il tessuto osseo Il tessuto osseo è costituito da una sostanza organica fondamentale, l’osseina, e da sali minerali, soprattutto fosfato di calcio e carbonato di calcio. A questi ultimi l’osso deve la sua particolare consistenza e la capacità di resistere alle forze di trazione e pressione; all’osseina deve la sua elasticità e flessibilità. Il tessuto osseo è particolarmente leggero; infatti lo scheletro costituisce soltanto il 18% circa del peso dell’uomo. Nelle ossa dell’adulto la sostanza fondamentale (sostanza extracellulare prodotta dalle cellule ossee) è organizzata in lamelle disposte in maniera concentrica attorno a piccolissimi canali (canali di Havers) attraversati da vasi sanguigni e fibre nervose. In piccole nicchie immerse nella sostanza fondamentale si trovano le cellule ossee, gli osteociti: queste cellule sono dotate di sottili prolungamenti che le mettono in comunicazione tra loro e con i canali in cui scorre il sangue, da cui traggono le sostanze per nutrirsi. epifisi vena arteria fibra A seconda di come sono disposte le lamelle della sonervosa stanza fondamentale distinguiamo due tipi di tesvaso suto osseo: sanguigno • il tessuto compatto, in cui le lamelle sono strettamente addossate le une alle altre; si trova generalcanale di Havers mente nella diafisi delle ossa lunghe; canale • il tessuto spugnoso, in cui le lamelle si intersecamidollare no lasciando fra loro ampie lacune (da qui il caosteocita arteria ratteristico aspetto «a spugna») che contengono il vena midollo osseo; questo tipo di tessuto si trova nelle tessuto epifisi e nelle ossa corte. sostanza canale spugnoso fondamentale fra le cellule Il tessuto osseo è rivestito esternamente da una membrana di tessuto connettivo detta periostio, che vaso sanguigno protegge l’osso e contribuisce alla sua nutrizione. Nel periostio vi sono gli osteoblasti, cellule molto tessuto compatto importanti perché hanno la capacità di fabbricare fibra nuovo tessuto osseo che va a sostituire quello deperiostio nervosa molito da altre cellule dette osteoclasti, situate vicino al canale midollare: è il cosiddetto fenomeno del  Le componenti di un osso.  Ingrandimento di una porzione di tessuto compatto. «rimaneggiamento osseo». Fino ai 20 anni di età


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Crescita e sviluppo delle ossa

la produzione di tessuto osseo da parte degli osteoblasti permette l’accrescimento dello scheletro. Tra i 20 e i 40 anni il meccanismo della produzione e quello della distruzione ad opera degli osteoclasti sono in equilibrio. Dopo i 40 anni prevale la demolizione e dunque le ossa si indeboliscono e diventano fragili ().

➜ La cartilagine La cartilagine è formata da un tessuto connettivo piú elastico e flessibile di quello osseo. Oltre a costituire lo scheletro del feto (poi sostituito da tessuto osseo) e quello del naso e dell’orecchio nell’adulto, la cartilagine ricopre le estremità delle ossa in corrispondenza di molte articolazioni: la sua superficie liscia protegge le ossa che vengono a contatto fra loro, evitando lo sfregamento e permettendo ai capi articolari di scorrere l’uno sull’altro. Il tessuto cartilagineo non è vascolarizzato; si nutre attraverso il tessuto osseo che ricopre, accrescendosi e rigenerandosi continuamente.

➜ Il midollo osseo Il midollo osseo è una sostanza molle che si trova all’interno delle cavità ossee. Vi sono due tipi di midollo: • il midollo giallo, costituito essenzialmente di grasso e di tessuto connettivo, nel quale si trovano vasi sanguigni, nervi e cellule midollari; • il midollo rosso, che contiene piú cellule midollari di quello giallo, le quali hanno il compito di formare nuove cellule del sangue (globuli rossi e globuli bianchi).

Com’è fatto lo scheletro Il numero di ossa presenti nello scheletro di un individuo adulto varia da persona a persona. Tuttavia in media vi sono circa 200 ossa, connesse da articolazioni e legamenti, con forme e dimensioni differenti. Esteriormente le ossa presentano delle irregolarità (appendici, incisure, tubercoli, depressioni) su cui si inseriscono muscoli e tendini. Se osserviamo lo scheletro possiamo distinguere una parte detta assiale, formata dalle ossa centrali del cranio, dalla gabbia toracica e dalla colonna vertebrale. Lateralmente e simmetricamente a questa struttura sono disposte le ossa degli arti superiori e inferiori che terminano con le complesse strutture scheletriche delle mani e dei piedi: queste ossa formano, insieme a scapole, clavicole e pelvi, lo scheletro appendicolare.

SUDDIVISIONE DELLO SCHELETRO Parti dello scheletro

Ossa che lo compongono

Funzioni

Scheletro assiale

Formato dalle ossa della testa, dalle ossa della colonna vertebrale e dalle ossa della gabbia toracica.

Sostegno e protezione degli organi interni.

Scheletro appendicolare

Formato dalle ossa dei due arti superiori (mano compresa) e da quelle degli arti inferiori e dei cinti o cingoli (bacino, scapola e clavicola).

Sostegno e movimento.

Scheletro assiale

Scheletro appendicolare

Arti

Cartilagini

Nella copertina del manuale è possibile visualizzare tutte le principali ossa dello scheletro e conoscerne la nomenclatura.


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testa

cranio, 8 ossa faccia, 14 ossa

regione ioidea

osso ioide, 1 osso

tronco bacino o pelvi arti

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➜ Ossa della testa

L’impianto osseo della testa, fra i piú complessi del corpo umano, si compone di due gruppi di ossa: le colonna vertebrale, 33-34 ossa ossa del cranio e le ossa della faccia. gabbia toracica, 25 ossa Il cranio è costituito da 8 ossa: il frontale, l’etmoide, lo sfenoide, l’occipitale, i due parietali, i due tem6 ossa porali. Le ossa sono unite fra loro da dentellature arti superiori o toracici, 60 ossa che si incastrano saldandosi in un’unica e compatarti inferiori o pelvici, 60 ossa ta struttura che forma una sorta di scatola: la scatola cranica. Nel neonato, i margini fra le varie ossa del cranio, dette suture, sono di membrana fibrosa e prendono il nome di fontanelle; al termine del primo anno di vita sono del tutto ossificate. La scatola cranica contiene e protegge l’encefalo. Posteriormente, alla base del cranio, è presente un foro (orifizio) attraverso il quale passa il midollo spinale. sfenoide

frontale

temporale

frontale

parietale

temporale

parietale

nasale lacrimale zigomatico mascellare

occipitale

etmoide

Ossa della testa, di lato e di fronte.

mandibolare

La faccia è formata da 14 ossa: la mandibola, il vomere, le due palatine, le due nasali, le due zigomatiche, le due lacrimali, le due mascellari, le due turbinate o conche inferiori. In esse alloggiano gli organi della vista, dell’udito e dell’olfatto.

frontale etmoide nasali sfenoide

lacrimali

zigomatico mascellare superiore

Ossa del cranio (suture) e ossa della faccia, viste di lato e separatamente.

mandibola


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➜ Ossa del tronco La struttura ossea del tronco è formata frontalmente dalla gabbia toracica, costituita da 12 paia di coste che si saldano allo sterno mediante prolungamenti cartilaginei e si dividono (dall’alto verso il basso) in stercervicale 7 nali (7), asternali (3) e fluttuanti (2). La gabbia toracica forma un ampio spazio dove alloggiano il cuore, i toracica polmoni e l’esofago; nella parte dorsale essa si artico(dorsale) 12 la con le vertebre toraciche della colonna vertebrale, il cui compito è quello di sostenere il tronco e di proteggere il midollo spinale racchiuso nel canale vertebrale da eventuali traumi. La colonna vertebrale (o rachide) è la struttura porlombare 5 tante del corpo umano. Sul rachide grava tutto il peso del busto, del capo e degli arti superiori. Esso tuttavia sacrale 5 non ha solo una funzione statica e di sostegno, ma coccigea 4-5 ha anche una funzione dinamica, resa possibile dalla sua particolare struttura. Le sezioni in cui si La colonna vertebrale è composta da 33-34 vertebre, ossa corte sovrapposte in senso suddivide la colonna verticale. In base alla regione che occupano e alla funzione che svolgono, le vertevertebrale e il numero bre si distinguono in: di vertebre da cui è • vertebre cervicali (7): hanno il compito di sostenere il capo permettendogli di composta ciascuna muoversi su tutti i piani dello spazio; sezione. • vertebre dorsali (12): sostengono la gabbia toracica consentendo al busto di ruotare lateralmente e di flettersi in avanti e indietro e di ruotare; • vertebre lombari (5): permettono al busto di ruotare e flettersi in avanti e indietro e sostengono la maggior parte del peso del corpo; • vertebre sacrali (5, fuse tra loro); • vertebre coccigee (4 o 5): assieme alle sacrali hanno il compito di trasmettere il peso del corpo e del bacino alle gambe. corpo vertebrale

foro vertebrale

Struttura di una vertebra tipo.

apofisi trasversa

In ciascuna vertebra distinguiamo il corpo, che si articola con le vertebre superiore e inferiore, e l’arco posteriore, a forma di ferro di cavallo, che si attacca all’estremità del corpo delimitando uno arco spazio (foro vertebrale). L’arco posteriore presenta dei prolungaposteriore menti, le apofisi, che servono per l’inserzione dei muscoli e per collegare le vertebre fra loro. I fori vertebrali, in seguito alla sovrapposizione delle vertebre una sull’altra, formano il canale vertebrale all’interno del quale scorre il midollo spinale. La colonna vertebrale nel suo insieme, vista di fronte, ha una forapofisi ma rettilinea; osservata di lato presenta curvature in cui a tratti spinosa mobili (cervicali e lombari) si alternano tratti semirigidi o rigidi (dorsali, sacrali e coccigee). Nei due tratti cervicale e lombare la concavità della curvatura è rivolta all’indietro, mentre nei due a livello dorsale e sacrale è rivolta in avanti. Perché le curve del rachide sono importanti? Perché permettono una migliore e piú efficace distribuzione dei carichi, vale a dire di tutte le sollecitazioni rappresentate dal peso del corpo, sia nella statica stazione eretta sia, soprattutto, durante il movimento. Le curve assorbono e distribuiscono questi carichi, che altrimenti andrebbero direttamente a gravare sul bacino e sulle vertebre lombari, con il rischio di causare seri danni. Questa capacità di sostegno e distribuzione del peso è assicurata da speciali dischi elastici e ammortizzanti che separano le vertebre: i dischi intervertebrali. I dischi, situati tra i corpi delle vertebre, sono costituiti da un nucleo polposo, una sorta di cu-


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vertebre cervicali

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scino di forma sferica al cui interno si trova una sostanza gelatinosa, circondato da un anello di tessuto fibroso. La loro azione combinata consente di sopportare le pressioni trasmesse dalle vertebre. L’elasticità e la conseguente riduzione dello spessore dei dischi permettono inoltre il movimento della colonna.

lordosi cervicale

cifosi dorsale

vertebre dorsali

nucleo polposo anello fibroso

vertebre lombari

Struttura del disco intervertebrale

lordosi lombare

vertebre sacrali

cifosi sacrale

vertebre coccigee

 A

Colonna vertebrale vista di lato e suddivisione delle vertebre secondo la regione che occupano.

 Lo spessore del disco in condizioni di riposo.  Come si modifica il disco quando è sottoposto a pressione (oltre alla

 B

 C

compressione del disco è evidenziato lo stress sulle faccette articolari).

 Il beneficio provocato dagli esercizi di decompressione, cioè

dall’allontanamento dei corpi vertebrali e delle faccette articolari.

➜ Ossa del bacino quinta vertebra lombare ileo

sacro coccige pube sinfisi pubica ischio

Struttura generale del bacino.

Il bacino è formato da tre ossa speculari saldate fra loro (anca) con un tipo di articolazione immobile: • ileo, con la cavità per l’articolazione col femore; • ischio; • pube. Attraverso il bacino il peso del corpo viene scaricato sugli arti inferiori; esso ha anche il compito di contenere e proteggere gli organi dell’addome. L’anca destra e l’anca sinistra si articolano posteriormente con l’osso sacro e anteriormente con la sinfisi pubica (articolazione semimobile) fra le due ossa pubiche.


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➜ Ossa degli arti superiori L’arto superiore è formato da tre parti ben distinte: • il braccio, costituito da un unico osso, l’omero; • l’avambraccio, formato dal radio e dall’ulna; • la mano, costituita da 27 piccole ossa divise in carpo, metacarpo e dita. Tutto l’arto superiore, attraverso l’omero, è connesso al tronco per mezzo di due ossa: la scapola, posta dorsalmente, e la clavicola, posta anteriormente alla gabbia toracica.

➜ Ossa degli arti inferiori Gli arti inferiori, attraverso il femore, si uniscono al tronco con le due ossa iliache. L’arto inferiore è formato da tre parti: • la coscia, che comprende il femore e la rotula; • la gamba, che comprende la tibia e il perone; • il piede, costituito dall’unione di 26 piccole ossa divise in tarso, metatarso e dita.

la parola al medico sportivo Gli effetti del movimento sull’apparato scheletrico

L’

apparato scheletrico presenta nel periodo giovanile una caratteristica di grande importanza, la plasticità. Infatti, piú l’individuo è giovane, piú facilmente le ossa si modellano in conseguenza degli stimoli ricevuti. Ciò è possibile perché il processo di ossificazione non è terminato e l’accrescimento è ancora in corso. Il movimento, se ben eseguito, può indurre le sollecitazioni necessarie a guidare l’accrescimento. Il movimento però può essere anche pericoloso; infatti tale malleabilità dello scheletro rende possibile il crearsi di deformazioni, che una volta acquisite sono permanenti. Questi danni si verificano soltanto se si esagera con gli esercizi di forza (pesi, sovraccarichi ecc.). Le ossa infatti seguono la legge generale dei tessuti, secondo la quale nei tessuti eccitazioni deboli danno origine all’attività vitale, eccitazioni medie la stimolano, quelle forti la danneggiano, quelle violente la arrestano. L’esercizio fisico in primo luogo stimola la crescita delle ossa in lunghezza e in larghezza: le pressioni esercitate dal peso e dalla trazione delle masse muscolari favoriscono la moltiplicazione delle cellule ossee. La pratica motoria, poi, attiva e migliora la circolazione sanguigna nella membrana che avvolge le ossa (periostio): ciò permette una migliore nutrizione del tessuto osseo, che può diventare piú forte e resistente. Se si confrontano le ossa di una persona abituata all’attività fisica con quelle di una persona sedentaria, si osserverà che le prime presentano una superficie ricca di creste e curvature molto marcate e che, se sollecitate, si dimostreranno assai resistenti; nel secondo caso invece la superficie sarà liscia e nell’insieme le ossa risulteranno molto piú fragili e quindi maggiormente soggette a fratture. Svolgere attività fisica durante l’adolescenza permette in definitiva di accrescere in modo significativo la densità ossea e di prevenire in questo modo le fratture e le malattie degenerative che colpiscono le ossa in età avanzata, come l’osteoporosi. Le ossa infatti possono perdere sali minerali, soprattutto calcio, diventando fragili.


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2.2

L’

Paramorfismi e dismorfismi: alterazioni dello scheletro

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32-35

età evolutiva è caratterizzata da un continuo sviluppo corporeo, sia dal punto di vista osseo e della mobilità articolare, sia relativamente all’ampliarsi dei tendini e dei muscoli. L’accrescimento di queste parti costringe il corpo ad assumere posizioni nuove talvolta scorrette per ricercare nuovi equilibri, che possono alla lunga tradursi in atteggiamenti sbagliati dello scheletro. Si parla in questi casi di paramorfismi, indicando con questa parola tutto ciò che, pur determinando un’alterazione della forma corporea (per esempio, il margine delle scapole in evidenza), è correggibile. Si parla invece di dismorfismi quando le alterazioni dello scheletro si sono ormai cronicizzate e non possono essere modificate con la cinesiterapia. I paramorfismi, soprattutto nel periodo dell’età evolutiva, sono per lo piú poco visibili e non provocano dolore; per questo riescono a mascherarsi facilmente. Qualora vi sia una predisposizione latente, l’età scolare è il momento in cui essi si manifestano. Tra queste alterazioni fisiche, si trasformano in dismorfismi soprattutto quelle che interessano la funzione statica della colonna vertebrale. È dunque importante che l’insegnante riesca a rilevarne la presenza fin dai primi anni di scuola e che si intervenga al piú presto con la ginnastica correttiva, costante e continua, finché il soggetto è in grado di assumere la posizione corretta e di mantenerla. I paramorfismi piú facilmente riscontrabili possono riguardare:

• il dorso; • gli arti inferiori.

I paramorfismi del dorso si dividono in:

• simmetrici (cifosi, scapole alate, dorso piatto, dorso curvo, lordosi), che agiscono

sul piano sagittale;

• asimmetrici (scoliosi, scapole e spalle asimmetriche), che agiscono sul piano

frontale.

Ci sono poi i paramorfismi degli arti inferiori, quali il varismo e il valgismo del ginocchio e del piede e le forme miste. Tra gli atteggiamenti non corretti vi sono anche quelli che il corpo tende ad assumere in situazione di deambulazione errata, ma che facilmente l’individuo riesce a modificare con la volontà.

La dinamica della colonna vertebrale Per meglio capire come si instaurano questi atteggiamenti viziati, che per lo piú si traducono in posture errate della schiena, è opportuno aggiungere qualche nozione sulla dinamica della colonna vertebrale. Come abbiamo visto, la colonna vertebrale presenta sul piano sagittale quattro curve fisiologiche, di cui due a concavità posteriore o lordosi, nel tratto cervicale e lombare, e due a concavità anteriore o cifosi, nel tratto dorsale e sacrale. Le curve fisiologiche hanno grande importanza perché scaricano i colpi e i contraccolpi che altrimenti si ripercuoterebbero sul cervello qualora le articolazioni delle vertebre e dei dischi non attenuassero, frazionandone l’effetto, gli agenti d’urto. Esse svolgono inoltre l’azione di incrementare la resistenza della colonna vertebrale. Alcune semplici regole possono aiutare a prevenire l’insorgere di comportamenti viziati:


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• camminare con busto e capo eretti, appoggiare correttamente i piedi e badare che

le braccia oscillino normalmente lungo il busto;

• evitare di portare eccessivi pesi nello zaino; • trasportare i pesi alternando l’uso delle braccia; • sedere correttamente nel banco di scuola (a questo proposito, studi recenti hanno

stabilito che l’altezza del banco scolastico dovrebbe essere rapportata all’età e alla statura dello studente, onde evitare pericolosi atteggiamenti viziati, secondo la seguente formula: lunghezza della gamba + 19% della statura); • soprattutto per gli studenti che occupano i banchi laterali, cambiare ogni settimana il posto con il compagno seduto all’estremità opposta dell’aula; • praticare attività fisica; • dormire su un materasso duro utilizzando un cuscino basso. Tratteremo ora i paramorfismi che piú frequentemente compaiono nell’età scolare.

Il portamento rilassato Il portamento rilassato (o abito astenico) è dovuto all’incapacità del corpo di opporsi alla forza di gravità, la quale ne altera la forma. Il soggetto si presenta con il capo inclinato in avanti, addome prominente, spalle cadenti, piedi piatti ecc. In seguito si instaurano atteggiamenti scoliotici. L’abito astenico è reputato la causa principale di vari paramorfismi. Si pensa sia dovuto a un poco sviluppato tono della muscolatura, lassità dei legamenti e da componenti di origine psicologica. Esso si evidenzia in modo particolare nel periodo della crescita ed è legato anche a fattori come il clima, l’alimentazione, l’ambientamento, l’esercizio fisico. Il portamento rilassato in genere si risolve spontaneamente dopo la crisi puberale, ma i vari atteggiamenti (dorso curvo, scapole alate ecc.) possono divenire anche permanenti: ciò in funzione delle deformazioni piú o meno gravi che ha subito l’organismo.

Ipercifosi e iperlordosi Portamento rilassato.

Sono curve eccessive della colonna vertebrale sul piano sagittale. L’atteggiamento delle ipercifosi si trasforma in dorso curvo se non si agisce nella fase di accrescimento (8-12 anni), e si evidenzia quando la curva fisiologica dorsale della cifosi è piú appariscente del normale. Nelle ipercifosi le vertebre nel tempo assumono modificazioni strutturali, sviluppandosi in modo poco omogeneo a causa della pressione sui corpi vertebrali che prendono un caratteristico aspetto a cuneo. Determinano problemi alla respirazione per una scarsa capacità e una diminuita elasticità della gabbia ipercifosi toracica. Nelle iperlordosi si ha un’accentuata rotazione del bacino in avanti con evidente curvatura del rachide a livello delle vertebre lombari, una insufiperlordosi ficiente tonificazione dei muscoli addominali e glutei prominenti. Le ipercifosi e le iperlordosi richiedono un buon trattamento della postura e del movimento per rafforzare i muscoli indeboliti e distendere quelli piú contratti. Da ricordare che un’ottimale tonificazione della cintura lombare e addominale costituisce la base di una corretta posizione.

Scapole alate Si hanno nel caso in cui i margini vertebrali delle scapole risultino particolarmente sporgenti sul dorso. Questo è dovuto allo slittamento in avanti, sulla gabbia toraci-


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ca, dei margini vertebrali e del loro angolo inferiore. L’origine di questo atteggiamento è dovuto essenzialmente a un marcato sviluppo dei muscoli pettorali a scapito di quelli dorsali, che provoca un aumento della distanza fra le scapole. La posizione delle spalle risulta eccessivamente avanzata. Le scapole alate generalmente si evidenziano nell’età puberale per debolezza dei muscoli fissatori delle scapole (come il trapezio, il romboide, il gran dentato) e tendono a scomparire col tempo. Spesso però si trovano associate ad altri paramorfismi come il dorso curvo, il portamento rilassato e l’atteggiamento scoliotico.

Piede piatto Normalmente il piede poggia su tre arcate: la mediale, la laterale e l’anteriore. Se schiacciate da un elevato peso corporeo o se i legamenti sono rilassati, queste arcate possono appiattirsi e generare il piede piatto (o piattismo). Il piattismo è determinato dall’appiattimento della volta plantare, normalmente fermata dalla forma e dal reciproco incastro delle ossa del piede, dai legamenti e dai muscoli sottoposti al sistema nervoso. Il piede piatto è presente fin dalla nascita, ma è altrettanto normale che si sviluppi in modo spontaneo e che giunga ad essere un piede normale intorno ai 7/10 anni, con la maturazione ossea. Se il piede piatto persiste nell’adolescente o nel giovane adulto non deve procurare eccessivi allarmismi: spesso il piede piatto si presenta da fermo ma diventa normale durante la fase di deambulazione e di corsa, grazie all’intervento dei potenti tendini che lo controllano recuperando le normali curvature. Se invece il piattismo persiste, per ottenere una correzione definitiva, si interviene chirurgicamente inserendo una vite che impedisce la rotazione della caviglia oltre il limite fisiologico. Oltre ad essere un’alterazione anatomica su base familiare, può essere influenzata negativamente da: • patologie a carico del ginocchio; • eccessivo peso corporeo; • camminare a piedi scalzi su pavimenti lisci come quelli di casa, che non forniscono informazioni stimolanti come quelli irregolari tipo la sabbia, l’erba, i sassi ecc. Infatti, il piede non svolge solo un’azione meccanica, ma, ogni volta che poggia sul terreno, diventa organo di senso, elaborando e trasmettendo le varie informazioni per una ottimale funzionalità del passo.

Arco di un piede normale.

Impronta di un piede normale in posizione di riposo.

Arco di un piede piatto.

Impronta di un piede piatto in posizione di riposo.

Ginocchio valgo e ginocchio varo Si parla di ginocchio valgo quando le ginocchia si toccano fra loro, mentre le caviglie rimangono distanti alcuni centimetri l’una dall’altra, cosicché le gambe formano la caratteristica X. Questo disturbo può comparire sia nell’infanzia sia nell’adolescenza, ed è dovuto a un evidente rilassamento dei legamenti dell’articolazione del ginocchio. Solo se si interviene in questo periodo si possono otte-


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femore perone tibia

malleolo

Valgismo fisiologico.

Valgismo eccessivo.

Varismo.

nere discreti risultati. Oltre agli esercizi specifici di ginnastica correttiva, vengono consigliati plantari. Si parla di ginocchio varo quando i piedi si toccano ma le ginocchia restano separate. Sono le cosiddette gambe a parentesi o a cavallerizzo. Questa situazione è molto comune nei giovani maschi e nelle persone anziane. È assai frequente anche nei calciatori, che comunque possono continuare a giocare in quanto non risentono sul momento di particolari disturbi. È bene ricorrere all’uso di plantari e di tutori, e seguire l’evoluzione del disturbo effettuando regolari controlli clinici e radiografici. Nei casi piú gravi è previsto l’intervento chirurgico onde evitare problemi invalidanti anche solo per salire e scendere le scale.

Scoliosi e atteggiamenti scoliotici La colonna vertebrale vista frontalmente deve apparire assolutamente in linea. Quando questa presenta una o piú incurvature laterali ormai fissate (andamento a C e a S), verso sinistra o destra, prende il nome di scoliosi. Talvolta si evidenzia nell’infanzia, o piú frequentemente dopo i 10 anni di età, nell’adolescenza, e progredisce fino alla fine dell’accrescimento (18-20 anni) e con piú frequenza nelle femmine. Sovente si trova in forma leggera e senza sintomi; se trattata in tempo, guarisce completamente permettendo un normale stile di vita. Le cause si presume (perché non del tutto conosciute) siano originate da vizi di posizione, causati da atteggiamenti compensativi (ad esempio la differente lunghezza degli arti inferiori), da malformazioni congenite (presenti già dalla nascita), da malattie delle ossa, delle articolazioni o muscolari. Con l’accentuarsi della curvatura si possono presentare affaticamento della schiena, quando si è costretti per lungo tempo alla posizione eretta o seduta, e mal di schiena. Tra i fattori di rischio ricordiamo gli aspetti ormonali (la scoliosi è piú facilmente riscontrabile nelle adolescenti che hanno avuto un repentino e precoce sviluppo puberale). Se le scoliosi sono raddrizzabili con una postura corretta e una ginnastica appropriata e non comportano rotazioni vertebrali, siamo in presenza di semplici atteggiamenti scoliotici; quando compare la rotazione vertebrale siamo di fronte a vere e proprie scoliosi, che si evidenziano soprattutto, per un occhio allenato, con marcata asimmetria delle spalle, delle scapole, delle anche. In presenza di scoliosi, i corpi delle vertebre sono sottoposti a un processo di torsione che coinvolge le coste, cosí che nella flessione del busto in avanti si noterà una gibbosità dalla parte della convessità della curva. Le scoliosi che superano un certo grado sono curabili solo con l’uso di corgibbo setti (bustini) ortopedici o, nel scoliosi peggiore dei casi, con interventi chirurgici.


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2.3

Il mal di schiena

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36-37

I

l mal di schiena è un disturbo molto frequente che, sia pure in misura diversa, colpisce circa l’80% della popolazione adulta: sedentari, lavoratori, giovani, anziani, spesso anche sportivi. Per questo è importante conoscerne le cause e sapere come si può prevenire. I motivi che possono scatenare il mal di schiena sono i seguenti. • Gli errori di postura a carico della colonna vertebrale, ossia gli atteggiamenti sbagliati che assumiamo tutti i giorni e che pongono la colonna in «stato di sofferenza» (per esempio quando siamo seduti al tavolo in maniera scorretta o «sprofondati» nella poltrona). • Lo stress, che provoca un’esagerata tensione muscolare e può portare ad assumere posture rigide a vari livelli del corpo. • I movimenti effettuati in modo scorretto: quando, per esempio, dobbiamo raccogliere un oggetto caduto a terra l’azione che istintivamente siamo portati a compiere è quella di flettere il busto in avanti tenendo gli arti inferiori rigidi; anche quando dobbiamo sollevare un peso facciamo pressoché lo stesso movimento, cosí pure quando ci laviamo il viso al lavandino. Senza accorgercene graviamo la schiena di carichi elevati. Per eseguire il movimento correttamente bisogna invece abituarsi a piegare le gambe mantenendo la schiena il piú possibile verticale. • Una mediocre tonicità della parete addominale, dei muscoli lombari e del dorso: praticare poca o nessuna attività fisica porta ad un inevitabile indebolimento del tono muscolare. Una buona tonicità dei muscoli addominali consente di scaricare il 40% delle pressioni, che altrimenti andrebbero tutte a gravare sui dischi vertebrali del tratto lombare. • L’eccessivo peso corporeo, al quale spesso si associano atteggiamenti di postura errati.

2.4

L’

L’apparato articolare

apparato articolare è formato dall’unione di tessuti diversi (cartilagineo, connettivale, fibroso) che costituiscono particolari strutture: le articolazioni, formazioni anatomiche localizzate nei punti in cui due o piú segmenti ossei vengono in contatto tra loro per un tratto della loro superficie. Queste «cerniere» di collegamento delle ossa permettono tutti i movimenti del corpo umano. Le articolazioni si differenziano in base al modo in cui il contatto ha luogo e alla forma e all’aspetto particolare delle parti interessate.


Sezione 1 » Il corpo umano, macchina del movimento

28

Le articolazioni

articolazione fissa

articolazione semimobile

I tre diversi tipi di articolazione.

femore legamenti crociati menisco laterale legamento collaterale

Le articolazioni sono formazioni anatomiche localizzate nei punti in cui le parti ossee si avvicinano e hanno il compito di collegare le ossa fra loro e di permettere (in genere) il movimento. Si distinguono in fisse, semimobili, mobili. Le articolazioni fisse uniscono, senza possibilità di movimento, due o piú ossa vicine, saldandole articolazione mediante un solido tessuto connettivo. Sono fismobile se le articolazioni che uniscono le ossa del cranio (suture) e le ossa del bacino. Le articolazioni semimobili uniscono due o piú ossa tramite un tessuto cartilagineo elastico e permettono movimenti limitati. Sono semimobili le articolazioni che uniscono le coste allo sterno (esse rendono possibili piccoli spostamenti verso l’alto e verso il basso durante l’atto respiratorio). Le articolazioni mobili sono quelle piú comuni. Consentono ampi movimenti, come quelli tra scapola e omero (scapolo-omerale) e femore e bacino (coxo-femorale). L’area di contatto fra le due ossa è strutturata in modo tale che alla parte concava di una corrisponde la parte convessa dell’altra. condilo femore del femore Le ossa unite da questo tipo di articolazione nei punti terminali (capi articolari) (tondeggiante) sono rivestite da uno strato di tessuto cartilagineo, liscio, elastico, che permette lo legamenti scorrimento senza attriti fra lecrociati superfici di contatto. Le cartilagini articolari sono meniscoa medialeil loro volta rivestite da una sottile membrana, che durante il movimento produce menisco piatto liquido sinoviale: esso ha il compito laterale di lubrificare l’articolazione e viene poi riassortibiale bito a riposo. Questa membrana forma il rivestimento interno della capsula fibrosa legamento che avvolge l’articolazione e serve a stabilire una piú solida unione fra le due ossa, collaterale legamento consentendone entro certi limiti il movimento. collaterale Spesso la capsula è rinforzataperone da legamenti che, inserendosi sulle superfici ossee tibia

condilo del femore (tondeggiante) menisco mediale piatto tibiale legamento collaterale tibia

perone

Articolazione del ginocchio vista in sezione frontale e laterale.

rotula femore cartilagine articolare tendine rotuleo menisco cartilagine articolare cresta tibiale legamento collaterale

rotula femore cartilagine articolare tendine rotuleo menisco cartilagine

perone tibia


Capitolo 2 » Le componenti passive dell’apparato locomotore

29

contigue in corrispondenza dell’articolazione, hanno lo scopo di mantenere salda l’articolazione e permettere una corretta posizione durante il movimento. In genere i legamenti sono esterni, ma possono essere anche interni, come nel ginocchio. Al rinforzo esterno dell’articolazione spesso concorrono anche i tendini, parti terminali dei muscoli che si inseriscono sulle ossa articolate. Quando i capi articolari hanno forme molto disomogenee, e non combaciano perfettamente, sono presenti piccoli dischi di tessuto cartilagineo che si interpongono come cuscinetti: si tratta dei menischi articolari, che hanno lo scopo di facilitare la funzione articolare. I menischi piú conosciuti sono quelli del ginocchio, fra femore e tibia, che sono due per arto.

➜ Classificazione delle articolazioni mobili Le articolazioni mobili possono essere classificate in cinque gruppi, secondo la diversa possibilità di movimento che permettono e la configurazione dei capi articolari: • a sfera (1); formate da una superficie emisferica che si inserisce in una cavità, permettono movimenti in tutte le direzioni: flessione, estensione, adduzione, abduzione e rotazione; esempi tipici sono l’articolazione dell’anca (coxofemorale) e quella della spalla (scapolo-omerale); • a condilo (2); costituite da due superfici curve, una concava e l’altra convessa ma piatta, permettono movimenti di flessione ed estensione; un esempio è l’articolazione del polso, che permette l’adduzione, l’abduzione e la flesso-estensione della mano; • a cilindro (3); sono quelle dove la superficie di un cilindro scorre su una superficie lievemente cava; ne è un esempio l’articolazione del gomito (radio-ulnare); questo tipo permette solo movimenti di rotazione sull’asse longitudinale; • a troclea (4); sono caratterizzate dalla presenza di un capo articolare a forma di rocchetto che s’inserisce su una cavità della stessa forma; i movimenti che esse permettono sono quelli di flesso-estensione; un esempio sono le articolazioni omero-ulnare nel gomito e quelle delle falangi delle dita; • a sella (5); sono formate da due superfici curve a forma di sella perpendicolari fra loro: ne è un esempio l’articolazione nella mano fra il trapezio e il primo metacarpo del pollice; questo tipo permette movimenti di flessione, estensione, adduzione e abduzione. Le diverse articolazioni mobili.

1 a sfera

2 a condilo

3 a cilindro

anca

4 a troclea

omero carpo

metacarpo del pollice

ulna radio

trapezio

radio femore

5 a sella

ulna


Sezione 1 » Il corpo umano, macchina del movimento

30

➜ Le articolazioni mobili e i movimenti Fra i movimenti possibili delle articolazioni si distinguono: • movimenti di flessione 1, quando due ossa si avvicinano (per esempio l’avambraccio sul braccio), e di estensione 2, quando si allontanano; • movimenti di adduzione 3 e abduzione 4, quando gli arti si avvicinano (adduzione) o si allontanano (abduzione) dalla linea mediana del corpo (per esempio, il sollevamento laterale o anteriore dell’arto superiore); • movimenti di rotazione 5, compiuti da segmenti ossei intorno al proprio asse (movimento della spalla) e distinti in movimenti di rotazione interna (intrarotazione) ed esterna (extrarotazione);

145°

movimento di flessione

30°

posizione di partenza

 movimento

di estensione

adduzione posteriore

adduzione anteriore

180°

145°

30°

120° 60°

a

b

 a: posizione di partenza

movimento di flessione

c

d

b, c, d: movimento di abduzione

30°

 rotazione interna rotazione esterna del cingolo del cingolo scapolo-omerale scapolo-omerale

movimento di estensione

rotazione interna

60°

posizione neutra

rotazione esterna

movimento di adduzione


30°

60°

Capitolo 2 » Le componenti passive dell’apparato locomotore

rotazione interna

31

• movimenti di inclinazione, rotazione esterna posizione neutra

compiuti dal busto, dal tronco e dal capo per passare dal proprio assetto verticale a quello orizzontale; • movimenti di circonduzione 6, che si verificano quando un arto compie un movimento di ampia escursione passando per punti opposti nello spazio.

A B

C

movimento di circonduzione

movimento di circonduzione

la parola al medico sportivo Gli effetti del movimento sulle articolazioni

L’

attività fisica è fondamentale per il rendimento ottimale delle articolazioni. Infatti l’articolazione se non viene esercitata perde gran parte della sua motilità e va incontro a malattie come l’artrosi. In particolare l’esercizio fisico stimola la secrezione del liquido sinoviale che lubrifica costantemente le giunture articolari, rendendo flessibile e resistente la membrana fibrosa che riveste il manicotto articolare; permette ai legamenti di mantenere la massima efficienza, salvaguardando l’articolazione da traumi come distorsioni, lussazioni e rottura dei menischi. L’apparato articolare può conservare un ottimo grado di mobilità se sollecitato con esercizi mirati, soprattutto con lo stretching.


32

Per conoscersi e mettersi alla prova Le componenti passive dell’apparato locomotore

L’apparato scheletrico in sintesi L’apparato scheletrico svolge funzioni di: • protezione dei piú importanti organi interni; • sostegno (dare stabilità agli organi, posizionare il corpo nello spazio); • movimento, mediante i muscoli inseriti sulle ossa. È formato dalle ossa, che funzionano come leve su cui i muscoli possono esercitare la loro trazione, e dalle articolazioni. La colonna vertebrale è la struttura portante del corpo umano del quale costituisce l’asse longitudinale. Svolge funzioni di sostegno e di protezione per il midollo spinale. Consiste in 33 vertebre unite tra loro: 7 cervicali – 12 toraciche – 5 lombari – 5 sacrali – 4 coccigee.

conoscere per stare bene I paramorfismi: conoscerli e prevenirli Dopo aver brevemente ricapitolato in tabella quali sono i piú comuni paramorfismi e quali conseguenze comportano, proponiamo una serie di esercizi da eseguire per correggere quelli che si presentano con maggiore frequenza.

I piú comuni paramorfismi Paramorfismi sul piano frontale (visibili sul soggetto posto di fronte rispetto all’esaminatore, con busto flesso in avanti)

• Scoliosi deviazione in senso laterale e rotatorio della colonna.

Paramorfismi sul piano sagittale (visibili sul soggetto posto di fianco rispetto all’esaminatore)

• Lordosi aumento della curva lombare fisiologica della colonna.

• Cifosi aumento della curvatura dorsale fisiologica della colonna.

• Dorso piatto diminuzione delle curve lordotica e cifotica fisiologiche.

• Scapole alate eccessiva sporgenza del margine vertebrale delle scapole.

• Ginocchio valgo deviazione verso

l’esterno dell’asse verticale della gamba. • Ginocchio varo deviazione verso l’interno dell’asse verticale della gamba.

• Piede piatto appiattimento dell’arco plantare del piede.

• Ginocchio ricurvato iperestensione del ginocchio oltre i 180°.


Per conoscersi e mettersi alla prova

Esercizi correttivi per i paramorfismi Per la scoliosi

Esercizi di tonificazione.

NO

NO

Esercizi da evitare assolutamente se si soffre di scoliosi.

NO

NO

NO NO NO NO NO

Esercizi di mobilizzazione.

Per le scapole alate

Per il piede piatto

33


34

Per conoscersi e mettersi alla prova

Per il ginocchio valgo

TEST

Verifica se rischi di avere qualche paramorfismo

Sottoponiti adesso alle prove che ti proponiamo per verificare l’eventuale presenza di paramorfismi: ricorda, però, che i dati di queste prove sono solo indicativi e che per una valutazione seria e approfondita occorre effettuare controlli presso specialisti o strutture adeguate.

Prove per accertare la presenza di paramorfismi Paramorfismo

Esercizio

Cifosi

Prova Riesci a eseguire l’esercizio senza inarcare il rachide, chinare il capo, flettere le braccia?

Risultato Se sí: tutto OK Se no: effettuare un controllo medico

 Sí  No

Dalla posizione di seduto con gambe incrociate, con appoggio alla parete di nuca, spalle e bacino, sollevare le braccia in alto. Lordosi

Riesci a eseguire l’esercizio senza arcuare la colonna vertebrale nel tratto lombare? Dalla posizione di decubito supino (ventre in alto) con gambe piegate, verifica se la tua schiena aderisce completamente al suolo.

 Sí  No

Se sí: tutto OK Se no: effettuare un controllo medico


Per conoscersi e mettersi alla prova

Atteggiamento scoliotico 1

1

2 3

Se sí: effettuare un controllo medico Se no: tutto OK

Rilevi eventuali dislivelli fra spalle (1) e anche (3) e il triangolo determinato dal margine interno del braccio destro e dall’angolo formato dal busto e dalla vita è diverso da quello sinistro (2)?

3

Di fronte allo specchio, in posizione in piedi con braccia lungo i fianchi, leggermente aperte.

 Sí  No

Alterazioni arti inferiori

Se sí: effettuare un controllo medico Se no: tutto OK

Le tue ginocchia si toccano (valgismo) o divergono eccessivamente (varismo)?  Sí  No NORMALI

VARISMO

VALGISMO

Dalla posizione in piedi, gambe unite. Alterazioni arco plantare

Le impronte che hai lasciato, a quale figura assomigliano maggiormente? A

A

B

A

B

C

Cospargi le tue piante dei piedi con del borotalco e appoggiale su una superficie scura.

B  Figura A  Figura B  Figura C

C

Se hai risposto Figura A: tutto OK Se hai risposto Figura B o C: effettuare un controlloC medico

35


36

Per conoscersi e mettersi alla prova

conoscere per stare bene Mal di schiena? No, grazie! Il mal di schiena è una condizione fastidiosa che riguarda quattro persone su cinque nel corso della vita. Le cause sono diverse e molteplici: si può trattare di un semplice fastidio che riguarda la muscolatura che circonda la colonna vertebrale, provocato da una posizione o da un movimento scorretti, o da un colpo NO d’aria, oppure può essere il sintomo di un problema piú serio, come un’ernia del disco. Il mal di schiena della prima tipologia è un disturbo molto diffuso, anche fra i giovani. Le cause principali sono: stress, tensioni psicologiche, stare seduti troppo a lungo e muscolatura del tronco indebolita. Anche carichi di lavoro eccessivi o sbagliati su singoli comparti vertebrali o infortuni possono causare dolori muscolari e articolari. Posizione al cinema Nel corso della giornata molti atteggiamenti e movimenti possono causare alterazioni alla colonna vertebrale che degenerano in fastidiosi dolori, soprattutto se mantenuti per lungo tempo o eseguiti ripetutamente in maniera scorretta.

Pos NO

Posizione seduta corretta e proporzione tavolo-sedia posizioni viziate

Cosa fare e cosa non fare

Ecco una serie di indicazioni utili per evitare il mal di schiena che nasce da o da movimenti eseguiti in maniera scorretta.  Quando dobbiamo raccogliere un oggetto caduto a terra o sollevaNO re un peso, l’azione piú istintiva è quella di flettere il busto in avanti, tenendo gli arti inferiori rigidi. In questo modo graviamo la schiena di carichi e pressioni elevati. Per eseguire il movimento correttamente bisogna invece abituarsi a piegare le gambe. NO  La posizione seduta, se errata, ha effetti negativi non solo sulla colonna vertebrale ma anche sull’apparato circolatorio, su quello redi un peso Sollevamento di un peso spiratorio e sugli organi interni. Stando sedutiTrasporto il carico che grava sulla colonna vertebrale (vertebre cervicali e lombari in particolare) NO è notevolmente maggiore che stando in piedi. Stare a lungo seduti, magari sempre nella stessa posizione, NO NOè importante cambiare continuamente posizione NO NO sulla sefa male all’apparato locomotore umano. Perciò, dia. Ogni tanto è opportuno allungarsi e muoversi un po’. A scuola o sul posto di lavoro non si deve trascorrere seduti i momenti di pausa. Di tanto in tanto bisogna alleviare il carico sulla schiena piegando lateralmente il tronco o allungandosi. Posizione in automobile

Posizione Posizionealalcinema cinema

NO

Posizione Posizionedidiriposo riposo

Posiz

Po

Salire e

NO

NO NO Posizione Posizione seduta sedutacorretta corretta e eproporzione proporzione tavolo-sedia tavolo-sedia

NO NO

NO NO

Alcune attività domestiche NO NO

Posizioni Posizionisedute seduteerrate errate

NO NO

45-70 cm

Come stare seduti 1. Sedersi in posizione eretta: tenere testa e collo dritti e raddrizzare la schiena in una postura eretta. NO lasciar cadere le spalle in posizione rilassata 2. Rilassare le NO spalle: e portarle Altre attività domestiche leggermente all’indietro. 3. Angolo delle ginocchia: le ginocchia dovrebbero formare un angolo di 90°-100°, pertanto occorre adattare l’altezza della sedia di conseguenza. Trasporto Trasportodidiununpeso peso Sollevamento Sollevamentodidiununpeso peso 4. Piedi a terra: l’intera pianta deve poggiare al suolo. 5. Sfruttare lo schienale: anche la parte lombare deve poggiare sullo schienale. NO NO

NO

NO NO

38-42 cm

Posizione Posizioneininmoto moto 60-70 cm

40-50 cm

NO NO Posizione corretta al computer

Posizione Posizioneininautomobile. automobile.

Salire Saliree escendere scenderedall’automobile. dall’automobile.


Per conoscersi e mettersi alla prova

37

Esercizi antalgici per il mal di schiena Questi esercizi antalgici, per essere utili al mal di schiena, devono essere eseguiti con regolarità, ripetendoli anche se non se ne sente il «bisogno». Sono da evitare nei periodi di riacutizzazione del dolore; in ogni caso è bene sottolineare che la ginnastica antalgica non può sostituire la terapia medica.  Piante dei piedi a terra, gambe piegate, busto eretto, braccia in alto, mani in presa a una sbarra posta a un’altezza idonea per poter effettuare una completa distensione delle braccia e della schiena, mantenere la posizione per 30”. In caso di una forzata ed eccessiva estensione a livello delle vertebre lombari è conveniente svolgere esercizi e posture di compenso in flessione.

 Dalla posizione di partenza distesi a terra ventre in alto (decubito supino), le braccia lungo i fianchi, gambe piegate leggermente divaricate, flettere le gambe al petto e afferrare le ginocchia. Tenere la posizione per 30”. Ritornare alla posizione di partenza. In caso di eccessiva flessione della spina dorsale è opportuno compiere esercizi e posture che reintegrino la C curvatura della lordosi nel tratto lombare.

C

C sedersi sui talloni mentre ilEcapo tocca il terreno. Tenere la  Posizione «a quattro zampe», con le ginocchia aperte. Espirando posizione per 5” e ritornare alla posizione di partenza. Eseguire con movimento blando. E

C

 Sdraiati sul dorso, gambe piegate a

90° con i piedi appoggiati alla parete. Espirando, spingere i piedi contro il muro appiattendo la colonna contro il pavimento, senza sollevare il sedere. Mantenere la posizione per 5” e rilassare. Ripetere 5 volte.

 Assumere la posizione di rilassamento e F per qualche minuto: il capo è mantenerla appoggiato sul pavimento, le ginocchia un po’ aperte, il sedere a contatto dei talloni.

F

 Sdraiati sul dorso piegare le ginocchia verso destra e girare il viso nella direzione

opposta. Il braccio sinistro si apre in fuori all’altezza delle spalle per bilanciare la torsione.

G

G

 Posizione del gatto che fa la gobba: H espirando, fare forza con le mani a terra e spingere le spalle in alto facendo la gobba. Abbassare il piú possibile la testa e chiudere il mento contro lo sterno allungando la schiena e la parte posteriore del collo.

H

 Piegare lentamente il busto in avanti fino a toccare con la fronte il pavimento, oppure appoggiare la fronte sulle mani, senza sollevare il bacino da terra. Se non si arriva con la testa a terra, appoggiare la fronte su un cuscino, perché è importante abbandonare il peso in avanti per allungare la schiena.


38

Per conoscersi e mettersi alla prova

ALTERAZIONI E TRAUMI DELL’APPARATO SCHELETRICO Frattura Si verifica nel momento in cui l’elasticità e la resistenza dell’osso cedono a causa dell’azione di una forza diretta o indiretta con una rottura in uno o piú punti. Periostite È l’infiammazione o la lacerazione della membrana di rivestimento delle ossa (periostio). I muscoli a causa di sollecitazioni eccessive possono parzialmente disinserirsi dalla loro inserzione. Pubalgia È l’infiammazione o degenerazione a carico della sinfisi pubica, tipica dei calciatori. Provoca dolore nella regione pubica, alla radice della coscia, durante e dopo lo sforzo.

Talalgia La talalgia provoca dolore alla parte inferiore del calcagno, dolore che si acuisce una volta sospesa l’attività sportiva. Si riscontra di frequente nei giovani calciatori e deriva da microtraumi del tessuto osseo in crescita.

conoscere per stare bene L’osteoporosi È una malattia che riduce la massa ossea; provoca quindi fragilità delle ossa, che tendono a rompersi con facilità. La menopausa (cioè la scomparsa definitiva delle mestruazioni) incide in maniera determinante sulla riduzione della massa ossea ed è per questo che l’osteoporosi colpisce le donne piú degli uomini. Il fenomeno è connesso a una diminuzione degli estrogeni che, dopo la menopausa, rende piú veloce la perdita di calcio nell’organismo. La manifestazione piú evidente dell’osteoporosi è legata alla curvatura della schiena, per l’indebolimento del rachide e il cedimento delle singole vertebre. Per prevenire o limitare i danni dell’osteoporosi grande importanza ha il calcio, che è il minerale presente in maggior quantità nel corpo umano: fra le sue numerose e importanti funzioni (come regolare l’azione cardiaca, trasmettere impulsi al cervello, cooperare alla contrazione dei muscoli) vi è anche quella di far parte della composizione delle ossa alle quali conferisce maggiore robustezza. Se il calcio nel sangue non è sufficiente per assolvere tutti i suoi compiti, l’organismo lo reperisce nelle ossa, che quindi si indeboliscono.

Cosa fare e cosa non fare Il modo piú efficace per prevenire l’osteoporosi femminile consiste nel rinforzare la massa ossea prima della menopausa. Può essere utile seguire anche alcuni accorgimenti:  aggiungere all’alimentazione giornaliera una certa quantità di calcio (perché il nostro corpo non lo produce);  non fumare (o ridurre la quantità di sigarette);  limitare il consumo di alcolici,  non seguire diete troppo drastiche;  svolgere un’adeguata attività fisica.

salute e solidarietà

La donazione di midollo osseo Il midollo osseo è il tessuto contenuto nella cavità delle ossa (da non confondere col midollo spinale, che è parte del sistema nervoso), deputato alla produzione degli elementi cellulari del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine). Le cellule del midollo osseo hanno la capacità di replicarsi; il loro numero resta dunque invariato per tutta la vita, anche nel caso che vengano prelevate per una donazione. Vi sono delle malattie che rendono il midollo incapace di produrre le cellule del sangue, per esempio la leucemia, ed è proprio per curare queste malattie, un tempo inguaribili, che si ricorre al trapianto di midollo.


Per conoscersi e mettersi alla prova

39

Il midollo osseo può essere trapiantato solo se vi sia compatibilità fra donatore e ricevente. Diversamente, il sistema immunitario (che difende l’organismo non solo da batteri o agenti infettivi ma anche da tessuti e/o organi estranei) del ricevente attacca e distrugge le cellule estranee del midollo trapiantato. Per determinare la compatibilità si eseguono piú prelievi di sangue che servono a identificare la tipologia del midollo da trapiantare. Date le moltissime possibilità di combinazioni antigeniche (di anticorpi) esistenti, fra due soggetti estranei vi è una possibilità di compatibilità su 400.000; i fratelli, che hanno patrimonio genetico simile, hanno una possibilità su 4 di essere compatibili; i genitori rispetto ai figli, invece, una su 200.000. Il prelievo del midollo (sangue midollare) viene effettuato mediante ripetute punture nelle creste iliache (ossa del bacino). Poiché si tratta di punture ossee, il prelievo viene eseguito in anestesia totale; dura, di norma, meno di un’ora. Dopo il prelievo, il donatore rimane in ospedale due giorni. Il rischio dell’anestesia è estremamente basso; il dolore locale è modesto (bastano semplici antidolorifici per sedarlo) e la ripresa della normale attività avviene dopo pochi giorni. Il midollo prelevato è in quantità limitata rispetto al fabbisogno dell’organismo, e si riforma in pochi giorni. Le cellule midollari prelevate dal donatore vengono somministrate al ricevente per via endovenosa, in maniera simile ad una normale trasfusione di sangue. Può donare il midollo chiunque abbia un’età compresa fra i 18 e i 35 anni, sia sano, non abbia sofferto di malattie tumorali, non sia affetto o portatore sano di malattie infettive o contagiose (epatite, AIDS), non appartenga a gruppi a rischio per queste malattie.

L’apparato articolare in sintesi Le articolazioni sono formazioni anatomiche localizzate nei punti in cui le parti ossee si avvicinano, e hanno il compito di collegare le singole ossa per consentire i movimenti delle varie parti del corpo. Ogni articolazione è avvolta da una capsula molto resistente, nel cui spessore si osservano dei fasci di tessuto fibroso, chiamati legamenti articolari che quindi uniscono due ossa vicine e fungono da controllori del movimento. Le articolazioni si dividono in: • fisse; • semimobili; • mobili.

conoscere per stare bene Artrosi: muoversi per mantenere le articolazioni flessibili! L’artrosi è una malattia degenerativa delle articolazioni. Essa provoca il progressivo deterioramento delle cartilagini articolari e la conseguente formazione di osteofiti (escrescenze ossee) lungo i margini dell’articolazione che tendono a irritare i tessuti circostanti e i nervi. L’artrosi può dipendere da diverse cause: fra queste l’età (in genere si manifesta intorno ai 40-50 anni), i fattori ereditari, l’eccesso di peso che determina un sovraccarico per l’articolazione, il clima. L’artrosi, che colpisce soprattutto le articolazioni di anca, ginocchio, colonna vertebrale, si manifesta con dolore, che si attenua con il riposo.

Cosa fare e cosa non fare In passato, si riteneva che la cura migliore in caso di artrosi fosse il riposo, cosí da evitare ulteriori degenerazioni; studi recenti hanno invece dimostrato il contrario: è muovendosi che si mantengono flessibili e lubrifi-


40

Per conoscersi e mettersi alla prova

cate le articolazioni, rinforzando contemporaneamente i legamenti e i muscoli adibiti a sostenere le strutture articolari. Inoltre, studi condotti su atleti che praticano il podismo hanno dimostrato che, nei podisti, l’artrite progredisce nello stesso modo che nelle persone sedentarie, quindi il correre non ha particolare incidenza sull’incremento della malattia.

ALTERAZIONI E TRAUMI DELL’APPARATO ARTICOLARE Artrite È una malattia infettivo-infiammatoria che colpisce le articolazioni e si manifesta con dolore,

gonfiore, arrossamento dell’articolazione interessata. Gli agenti infiammatori possono penetrare nel corpo attraverso una ferita oppure possono raggiungere l’articolazione da un altro punto di infezione attraverso il circolo sanguigno o linfatico.

Distorsione Lesione dei legamenti o delle capsule che circondano l’articolazione. Allontanamento

momentaneo dei capi articolari con stiramento dei legamenti. Aumento della tumefazione e del dolore con limitazione del movimento. Ci può essere versamento di liquido nella capsula.

Lussazione Perdita di contatto fra le superfici ossee dell’articolazione con spostamento permanente dei due capi articolari. Molto dolorosa, l’articolazione risulta deformata e gonfia, determina impossibilità di movimento. Lesione meniscale del ginocchio Una delle parti piú soggette a traumi, specie in sport rapidi come

il calcio o di carico articolare come lo sci, sono i menischi. Se sollecitate in modo inopportuno o eccessivo, in particolare con movimenti veloci di estensione o con rotazioni esagerate dovute a improvviso blocco del piede, tali delicate strutture possono disinserirsi oppure rompersi bloccando l’articolazione.

Lesioni ai dischi intervertebrali Quando si sottopone la colonna vertebrale a carichi di lavoro eccessivi

ci possiamo procurare dolori alla schiena o alterazioni alle articolazioni e, nei casi piú gravi, la rottura dell’anello fibroso che separa le vertebre con la fuoriuscita del nucleo polposo (ernia del disco). La parte gelatinosa del nucleo si espande nell’anello fibroso, per passare nella sua parte posteriore andando a comprimere i legamenti longitudinali. Ciò provoca lombalgie o esercita pressione sui nervi che fuoriescono dal canale vertebrale, come accade al nervo sciatico con sintomatologie molto dolorose quali le sciatalgie.

Epicondilite Detta anche «gomito del tennista» per la frequenza con cui si manifesta in chi pratica il tennis, l’epicondilite è comune anche nei giocatori di baseball, golf ecc. È un’infiammazione dell’articolazione del gomito dovuta a carico eccessivo o movimenti errati.


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