Brescia zine #5

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Associazione Palcogiovani Presenta :

Da 13 anni Palcogiovani combatte responsabilmente per realizzare spazi d’espressione per i giovani. Non bisogna speculare ma investire sul futuro e quindi sulla creatività dei giovani. Abbiamo individuato un luogo che è diventato un sogno e ci stiamo provando. Ogni cd rappresenta un mattone per costruirla: la Cascina Palcogiovani uno spazio per la promozione e valorizzazione dei giovani Info line : Associazione Palcogiovani, via Trento 56 Brescia Tel. e Fax 030.3701370 e-mail : info@palcogiovani.net

n°5

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In questo numero 6

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Pubblicazione edita da : Brescia 1911 Curva Nord Fanzine n째 5 Brescia Gennaio 2004

Tipografia Intese Grafiche Fotografie Bresciafoto.it BRESCIA 1911 CURVA NORD (R)

Il tifoso non serve pi첫 al pallone

UNA DOMENICA TIPO ALLO STADIO IN CURVA 18 NORD, IO E LA MIA FAMIGLIA

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RISPETTO RISPETTO!

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Intervista a Gianni De Biasi

Responsabile Diego Piccinelli Impaginazione Grafica Fissa

La Storia del Brescia Calcio

PORTA

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Una Curva Uno Striscione

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Angiolino Tomasi CUORE ESTREMO

BS 2003 REG. C 000051 CCIAA DI BRESCIA C.F. 98110810177

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“Il calcio, tutta la sua struttura, è fallito! Ora ci sarà lo scontro e va governato da chi ha le carte in regola!”

No! Al calcio moderno!!! By Brescia 1911

Antonio Matarrese, tratto da televideo Rai del 23/12/2003

Brescia - Campobasso1988-89 (Festa promozione ) 4

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Ancona - Brescia 1988-89 info@brescia1911curvanord.net

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La Storia del Brescia Calcio La nascita del calcio a Brescia risale al 1905: il luogo è Campo Fiera e il merito va a 5 ragazzi inglesi che, impiegati provvisoriamente presso lo Stabilimento Tempini, passavano il tempo libero praticando questo sport ancora sconosciuto, suscitando la curiosità dei bresciani. Prima di tornare in Inghilterra, questi stessi ragazzi 6

inglesi, regalarono il pallone ad un gruppo di giovani bresciani, affidando loro il compito di proseguire la pratica di quel nuovo sport. Da qui partono quasi cento anni di storia in cui, da allora fino ad oggi, la squadra di calcio di Brescia è stata (in Italia e all’estero) uno dei simboli della città, dell’orgoglio dei propri cittadini e della brescianità in generale. Nel 1907 nasce la prima società calcistica bresciana: la “Forti e www.brescia1911curvanord.net

Liberi” impegnata nel campionato lombardo di terza categoria; sono tempi in cui sono ben radicati valori quali l’amore e l’orgoglio per la propria terra, in cui la squadra non è altro che il mezzo per portare onore e gloria al luogo in cui si è nati, in cui si vive. Come non menzionare la bruciante umiliazione (10 a 0!!) nella prima trasferta a Bergamo contro l’allora “Ginnastica e Scherma Bergamasca” e la comprensibile rabbia dei tifosi bresciani che per poco non lapidarono i giocatori al loro ritorno!? Nel frattempo la passione dilaga, il lodevole intento di proiettare Brescia nel gotha del mondo sportivo (con conseguente beneficio per tutta la comunità) info@brescia1911curvanord.net

accomuna i dirigenti, i giocatori (che si autofinanziano per sopperire alle spese del sodalizio! Altri tempi!) e i tifosi tutti. Si arriva così alla creazione, nel 1910, della società calcistica “Vittoria” che, per capacità tecniche e organizzative, riveste il prestigioso ruolo di r a p p r e s e n t a r e degnamente il nome di Brescia nelle competizioni nazionali. Si dice che proprio rifacendosi a questo nome, VITTORIA appunto, nel 1927 comparirà, sulla maglia blu-royal del Brescia, una vistosa V bianca destinata a diventare il simbolo della squadra e a cui proprio recentemente è stata ridata la giusta importanza; mentre 7


secondo un’altra corrente di pensiero la V deriverebbe dalla società di ginnastica Virtus, che all’epoca gestiva il campo in cui giocava il Brescia. Tuttavia i bresciani sentono la necessità di creare un sodalizio che raccolga il fior fiore del calcio locale e porti il nome della città; nasce in Piazza d’Armi, nell’estate del 1911, il Brescia Football Club: Brescia e i bresciani hanno la loro squadra. Da questo momento segue una rapida ascesa nell’élite del calcio nazionale, tra epiche vittorie e brucianti sconfitte, con una tifoseria sempre più attenta e numerosa, fino all’approdo (è il 1923) al campionato di serie A, grazie al vittorioso spareggio con la 8

Sestrese. Sono i primi anni di un’emozionante cavalcata tra alti e bassi, tra retrocessioni, promozioni e salvezze risicate; la casa del Brescia è cambiata quattro volte: dapprima il campo recintato di via Milano, poi quello di via Cesare Lombroso, quindi lo Stadium di viale Piave, infine (speriamo) l’attuale Rigamonti. Ci piace ricordare la stagione 1925-26, conclusa all’ottavo posto in serie A, con una formazione composta da tutti bresciani, motivo di grande orgoglio ancora oggi per quei pochi che lo possono raccontare: Trivellini, Bozzoni, Tommasini, Pisolini, Frisoni I, Frisoni II, Belardi, Bonari, Giuliani, Rocchi, Rizzi, questi i www.brescia1911curvanord.net

nomi di quei bresciani purosangue. Altrettanto piacevole è il ricordo della lunga e trionfale (in termini di accoglienza) tournée negli Stati Uniti, con i giocatori orgogliosi di esportare fuori dai confini italici il buon nome della Leonessa d’Italia. In questo secolo di storia sportiva sono cambiati i tempi, i protagonisti nel terreno di gioco, gli avversari; il collante che ha attraversato intatto info@brescia1911curvanord.net

molteplici generazioni è formato dai colori BIANCO e BLU, dalla V sulla Maglia (simbolo della voglia di primeggiare di Brescia) e dai propri tifosi, sempre presenti, sempre calorosi, sempre orgogliosi, sempre innamorati della propria squadra… ancora oggi consci dell’importanza di onorare le proprie origini.

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Il tifoso non serve più al pallone Di Lanfranco Caminiti tratto da “Il Messaggero” Ecco, finalmente è accaduto. La guerra tra tifoserie, lo scontro con le forze dell’ordine ha conquistato il posto cui ambisce da sempre: il campo di “gioco”. Dai margini dello sguardo, dalla periferia dell’interesse, dagli spalti, da dietro le protezioni in acciaio e plexiglass, dalle stazioni di servizio saccheggiate di corsa, dagli autobus incolonnati e marcati stretti, dalle piazzole antistanti lo stadio, dalla coda della notizia sportiva, l’ultrà è finalmente al centro, il rettangolo verde della sfida. Il giovane con il passamontagna che, dopo aver 10

inseguito e menato carabinieri e poliziotti, si rivolge verso le scalinate battendo le mani, incitando una ola, un accrescere dell’entusiasmo, uno sventolar di bandiere e striscioni è il “nuovo gladiatore”: sta al posto proprio, il centro del campo, nuovo “colosseo” domenicale. Se potesse, forse solleverebbe per i capelli la testa del suo “nemico” e chiederebbe al pubblico cosa farne, mozzarla o risparmiarla. Se potesse. E gli risponderebbero: sbirri bastardi. Come si scrive sui muri, sui volantini, sui siti internet delle tifoserie. Pollice verso. Ciro, marittimo di 21 anni, di Casavatore, Napoli, è il nuovo Masaniello, il nuovo sanfedista di piazza del Mercato, il nuovo “nemico pubblico numero uno”. Ciro, marittimo, Casavatore, 21

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anni. Già. Il resto - il calcio - non conta più niente, è altrove. Già, ma che è calcio, questo? D’altronde, chi sono ormai gli unici, i veri “portatori” della squadra, dell’appartenenza, della passione cieca e militante? I calciatori sono dei mercenari, giocano in una squadra verso cui non hanno affetti, se ne vanno quando l’offerta è migliore; i presidenti comprano squadre come catene di supermercati, vendono, spostano, il business è tutto; gli staff tecnici, manager e sportivi, vanno dove è più conveniente; i procuratori gestiscono tutto in un vortice di cifre e di potere pazzesco: ma che è calcio, questo? Chi rimane legato per sempre ai “colori”? Loro, gli Ultras, combattenti d’un mondo che non c’è più, combattenti d’un mondo che vuole resistere,

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giapponesi di un imperatore che ha già firmato l’armistizio, finalmente unici depositari della bandiera, della Maglia: il resto conta meno di niente. Come operai di una fabbrica metalmeccanica che ha già dislocato la produzione o ha deciso che conviene di più diventare una finanziaria, e occupano gli stabilimenti e si incatenano alle presse, e fanno manifestazioni e a botte con la polizia, si sdraiano sui binari: a volte, ci scappa il morto, di qua o di là. Poveri morti, per nulla. Ora, sono al centro del campo, il posto che gli spetta, che gli compete. Che si sono guadagnato. Quanto più diventa “per bene” il mondo del tifo, negli studi televisivi, dove si fanno le battutine e i giochini, si è tutti, in fondo, compagnoni, ci sono le veline e tutto si stempera, tanto più 11


diventa “per male”, “delinguente” il mondo degli Ultras. Agli uni, ai per bene, il mondo virtuale, fatto di telecamere a strafottere, moviole, sciocche ripetizioni delle partite e delle azioni di gioco (ma che è calcio, questo?), agli altri, il sangue e il sudore che è proprio dello sport. Non c’è il pallone? E chi se ne frega? Rimane il sangue e il sudore. La distanza siderale tra il calcio - l’organizzazione del gioco del calcio - e la passione sportiva s’è ormai consumata tutta. Non nello stadio di Avellino-Napoli, ma già prima: l’inferocirsi dei comportamenti Ultras è solo la manifestazione più evidente di questa distanza. Tanto più perché espressa in nome di una passione ormai “antica”, superata, il rapporto “carnale” tra squadra e tifoso. Questo rapporto carnale s’è ormai consumato tutto in nome della virtualità, del gioco televisivo, delle chiacchiere, del satellite, degli spot pubblicitari, dello schermo: lo stadio è solo una necessità. Il tifoso è un residuo meglio starebbe a casa, in una poltroncina - e non una necessità. E’ evidente, per il tifoso, la percezione di questo passaggio: la sua è una tragica e disperata battaglia. Proprio nel senso d’una battaglia. Già persa, già giocata 12

senza che neppure potesse fare alcunché. Non si adegua, non può adeguarsi a non contare nulla: si è sempre illuso, è stato illuso, nel mondo “antico” che la sua passione contasse, quando si andava fuori per pareggiare, se andava bene, e si giocava in casa per vincere, sospinti dall’amore dei tifosi, dagli incitamenti, dalle urla, dalla “pressione” su arbitri e avversari. Oggi, se vuoi andare avanti devi giocare ovunque allo stesso modo, i 2 sulla schedina aumentano, non solo in Champions league, ma pure tra le partite di C2: il fattore-campo era forse una realtà, adesso è solo un ricordo. Le squadre diventeranno delle “All Stars”, come le merengue del Real Madrid: fanno tic-toc-tic-toc, fanno il torello, fanno melina, fanno belle azioni, triangolazioni da manuale, i fondamentali come negli allenamenti, non mettono mai la gamba, sembrano i “globetrotters” del basket di tanti anni fa, i migliori giocatori del mondo che facevano quel che volevano con la palla: poi, bastava una squadretta a fargli il culo, mettendoci sangue e sudore. La gente forse si diverte: quelli per bene, sì, e sono la maggioranza, la stragrande maggioranza, sono come quelli che stanno davanti la televisione, e poi, infatti, che ci vai

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a fare allo stadio, che si vede pure male? Forse l’ideale è dotare ogni poltroncina allo stadio di una televisione, come si fa nelle trasmissioni. Ma il calcio è questo ormai, televisione, tic-toc-tic-toc: dovranno trovare sempre più tempi morti per gli spot come per il football americano, si potrebbe fare per ogni squadra un tempo in difesa e un tempo in attacco e poi chiamare il time-out come per la pallavolo - e anche per la ricostruzione in 3D in tempo quasi reale, oppure in carne e ossa in tempo quasi-reale. Ma che è calcio, questo? Il calcio è l’unico “luogo” rimasto dove si accendono ancora le passioni civili, dove si è faziosi di padre in figlio, dove si disprezza l’avversario a prescindere, dove qualsiasi cosa faccia o dica il “nemico” è contro

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di te, un complotto planetario di cui si è vittime innocenti, dove ci sono i “padroni”, dove i “comunisti ancora mangiano i bambini” e i “democristi vincono perché ci sono i preti e le monache”, dove ci sono ancora le “sezioni”, che attraversa classi, età, generi, composizione sociale, paesini e metropoli. Il calcio è perennemente fermo al clima civile del 1948, e i giornali sembrano fermi al 1948 e i loro titoloni pure. Tutta fuffa, tutto vuoto spinto, tutto “ideologia”. E ci si meraviglia che intervenga il governo? Lo scollamento, la distanza, il fossato tra paese reale e paese virtuale qui è forte, come altrove. L’irruzione dei corpi reali, dell’”inveramento” dell’ideologia in scontri e battaglie da parte dei tifosi è una scocciatura, una deformazione, un fastidio: che si 13


tolgano di mezzo, via i “delinguenti”, ma che, non hanno capito che la “democrazia” è un’altra cosa, che è finita la “guerra civile” e questa è solo ammoina? Sta succedendo al mondo del pallone italiano, europeo, quello che è successo al baseball americano con l’irruzione massiccia della televisione tanti e tanti anni fa: quello d’oggi è un “altro” gioco. E il rimpianto per “quel” baseball diventa il rimpianto per un’America che non c’è più, per un mondo che non c’è più, foto bianco e nero, the hall of fame, campioni e divine - volete mettere Marilyn con una velina? Tutto passa, certo. Ma il rimpianto rimane, il lutto rimane: c’è chi lo elabora in libri, in film, in pensieri. Anche belli, anche profondi. E c’è chi mena le mani. Chiudere gli stadi? E magari alcuni trasformarli in fortezze dove infilare extracomunitari e immigrati, indesiderabili, e massacrarli, come accadde a Bari? E a che servirebbe? Come se gli Ultras non macinassero giorno per giorno modi e mezzi per scontrarsi con i loro nemici, a prescindere dalla partita, per vendicarsi di qualcosa che nessuno ricorda più come è cominciata, ma che importa, è proprio così che va. Come se già

adesso la maggior parte degli incidenti non accadessero già “fuori”, spesso lontano, spesso in luoghi che nulla c’entrano. Invece che luoghi deputati avremmo una guerra diffusa: è già accaduto, si moltiplicherà. Forse servirebbe davvero a quelli che il calcio lo comandano, lo organizzano, lo gestiscono. E’ questo che in fondo è terribile: che il terremoto provocato dagli Ultras servirà proprio a quelli che loro odiano di più, a quelli che il calcio se lo sono comprato e l’hanno fato diventare un’altra cosa. A quelli che fanno le schedine con tredici partite virtuali su quattordici. Gli stadi si trasformeranno in luoghi del merchandising, bar, vendite di magliette e gadget, spettacolini, ragazzette carine con contratti atipici di lavoro, poveracci travestiti da mascotte per sbarcare il lunario, schermi a riproporre questa o quella partita per l’ennesima volta, piccole disneyland del calcio, dove finalmente portare i bambini tranquilli, come a casa. Vuoti, tutti uguali. Tutto asettico. Tic-toc-tictoc. Il calcio deve diventare ordinato, come tutto deve avere un “nuovo ordine”. Che tristezza. Ma che è calcio, questo? Roma, 25 settembre 2003

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30 Novembre 2003 Brescia - Udinese 16

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UNA DOMENICA TIPO ALLO STADIO IN CURVA NORD, IO E LA MIA FAMIGLIA

La domenica inizia ancora la mattina presto, quando si decide con mia moglie e le mie due figlie, una di 14 anni e l’altra di 12, che il pranzo sarà sostituito da una ricca colazione, in modo di poter partire in tempo per raggiungere lo stadio Rigamonti verso le 13.30 ed assaporare così il clima pre-partita. Arrivati a destinazione osservo i ragazzi della Curva e l’adrenalina comincia a salire. Tramite il volantino che distribuiscono vengo a conoscenza dei fatti accaduti durante la 18

settimana, poi cerco di sapere in anteprima quale sarà la coreografia proposta: so che come sempre sarà bellissima e a tema!!! Mi avvicino al banco che espone gadget, magliette, cappellini ecc.: mia figlia ha sempre qualcosa da prendere… come se fosse la prima volta!! Mi prendo un caffè al bar interno, pur sapendo, con tutto il rispetto, che fa schifo… ma lo bevo e non ci faccio caso. Raggiungo il mio posto, inizia la partita e mi lascio trascinare dai cori dei tifosi della Curva e canto per tutta la gara, per sostenere la squadra. Sono trascorsi 90 minuti, il Brescia ha vinto, pareggiato o perso… per me è sempre una grande emozione! Faccio ritorno ad Iseo, il mio paese, fiero di aver dato insieme alla mia famiglia un piccolo contributo alla www.brescia1911curvanord.net

squadra e di aver onorato i colori del Brescia. Una lunga ed intensa giornata biancoblù che pare non avere mai fine. Forza ragazzi, Alberto

Non ci volevo andare allo stadio: leggevo i giornali, ascoltavo i notiziari in radio o in TV ed ero in qualche modo condizionata dalle informazioni che dipingevano l’ambiente come estremamente pericoloso ed i tifosi, gli Ultras in particolar modo, come un’ accozzaglia di teppisti sempre pronti a fare danno. Poi ho conosciuto qualche ragazzo della Curva Nord del Brescia, ho cominciato a capire quali sono le regole che determinano info@brescia1911curvanord.net

la loro Mentalità, decisamente in contrasto con quanto affermato dai media. Mi sono ritrovata allo stadio, in Curva Nord, con la felicità di mio marito, che non doveva più vivere la partita in “solitudine” in tribuna, ma poteva contare sulla mia vicinanza e su quella delle nostre due figlie. SOLITUDINE… si fa per dire… quando ti ritrovi in Curva è impossibile sentirsi soli, è il gruppo più numeroso ed organizzato che io abbia mai incontrato in società: ciao, ciao, ciao, ciao, molti mi conoscono e mi salutano con affetto. E pensare che le “masse” mi hanno sempre spaventata: difficili da gestire, irrazionali nel comportamento generale; ma non è così per quanto riguarda i tifosi della Curva. Io non so esattamente di chi o che cosa sia il merito, ma 19


vedo ogni volta migliaia di tifosi vivere le proprie emozioni fino in fondo, pur mantenendo quella razionalità che suscita, in chi li osserva, ammirazione e rispetto. Un uomo senza emozioni non assapora la vita: gioia, dolore, rabbia, noia, ecc. ecc., nel corso di una partita ognuno sperimenta una serie di stati d’animo che lo fanno sentire vivo. Coreografie meravigliose, cori interminabili, messaggi ben precisi a chi spesso non vuol capire. Questa è la Curva e molto di più… Bravi ragazzi! Quello che state facendo non è solo sostenere una squadra, e qualcuno credo lo abbia recepito. Grazie, Franca

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La mia partita dura tutta la settimana: ogni mattina sul pullman che mi porta a scuola c’è sempre qualcuno che pensa a svegliarmi completamente con qualche coro da Ultras, poi al Liceo tra sciarpe, giubbotti e magliette biancoblù mi sembra di essere allo stadio. Il momento clou resta comunque quello vissuto in Curva Nord: tra cori e coreografie il tempo passa davvero molto in fretta. A volte io e la mia famiglia ci ritroviamo con altri tifosi in pizzeria… qualcuno è senza voce perché canta ininterrottamente per incitare la squadra, anche quando perde. Questo penso sia straordinario, perché i veri amici si vedono nel momento del bisogno e la squadra sa di poter sempre contare sui

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ragazzi della Curva. VOGLIAMO VINCERE, LA CURVA NORD VUOLE VINCERE!! La Curva Nord vince sempre!!! Ciao, Barbara (14 anni)

Ne ho parecchie di magliette biancoblù ed il mio diario è pieno di adesivi del Brescia, ma non sono mai abbastanza e poi c’è sempre qualcosa di nuovo, come faccio a resistere? Fortuna che mio padre mi capisce e allora è facile tornare a casa ogni volta con un gadget diverso. Mi sento tranquilla e sicura ad andare allo stadio e mi arrabbio molto quando a scuola qualche professore dice che i tifosi sono

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violenti. Ho avuto una discussione con una prof. al riguardo, ma alla fine lei ha capito come stanno le cose. Che belle le coreografie che propongono ogni volta, le mie preferite sono quelle con i fumogeni colorati o con le stelline scintillanti, ma non dimentico le scarpate: io le vedo dal lato destro della Curva, verso la tribuna, ed è uno spettacolo meraviglioso. NON MOLLATE MAI! Carola. (12 anni)

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RISPETTO PORTA RISPETTO! By Sergio 16.11.03, ore 15: in tutti gli stadi italiani si viene invitati ad osservare un minuto di silenzio per i caduti di Nassiriya. In molte Curve si commemorano le vittime, in altre si fischia, nella stragrande maggioranza dei casi si osserva il minuto di silenzio. Per rispetto. Rispetto per i morti, rispetto per il dolore dei familiari. Così, molti, moltissimi Ultras hanno dimostrato ancora una volta di conoscere il vero significato di questa parola. Commozione? Forse non molta. Io non l’ho percepita. “Che scandalo… che schifo… che vergogna!” sentenzierebbero i vari “buonisti” e “benpensanti” che

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spopolano nei vari salotti televisivi. E non solo! “Che si facciano un esame di coscienza” concluderebbero, ricordandoci quanto sono buoni, bravi ed eroici tutti questi ragazzi che indossano la divisa, rischiando la vita tutti i giorni per la nostra incolumità. Vero: noi forse dovremmo farci un esame di coscienza… a Nassiriya è stata colpita un’istituzione che, al pari della polizia, opera essenzialmente per la nostra sicurezza (intesa come cittadini ovviamente) e perciò andrebbe rispettata; sono d’accordissimo, ma mi sembra alquanto riduttivo archiviare la questione con frasi di questo tipo. Significa non affrontare il problema: molti giovani non vedono le forze dell’ordine come dei garanti della sicurezza ma, al contrario, come un pericolo costante. Ma perché questo? Forse le Curve sono frequentate interamente da criminali che vivono www.brescia1911curvanord.net

all’ombra della legalità? Non penso proprio, anzi! La Curva, che ormai ricopre un ruolo aggregativo importantissimo, credo che più di qualsiasi altro ambiente offra uno spaccato della realtà giovanile dei nostri giorni, che non è costituita di soli delinquenti. E allora perché questa poca partecipazione al lutto nazionale? Forse l’esame di coscienza non dovrebbe limitarsi solo alle Curve, forse anche i vertici delle forze dell’ordine avrebbero di che riflettere su quanto sta accadendo. Negli stadi le divise blu mostrano da sempre il lato peggiore di sé, utilizzando la loro divisa e la loro “autorità” (molto probabilmente “strumenti” anch’essi di un chiaro ed evidente progetto di repressione nei nostri confronti) per creare, paradossalmente, tensioni ed abbandonarsi a vere e proprie manifestazioni di becera inciviltà ed info@brescia1911curvanord.net

infamità, azioni che dovrebbero prevenire. Non è la divisa in quanto tale che suscita qualsivoglia sentimento, ma sono coloro che la indossano, che con i loro atteggiamenti indirizzano questi sentimenti in senso positivo o negativo. E allora come si può pretendere che tutti quei giovani (e non solo), vittime o comunque spettatori loro malgrado di tale codarderia, abbiano maggiore considerazione e rispetto della divisa? Sono questi “tutori del dis-ordine” per primi a mancare di rispetto verso la divisa che indossano e soprattutto verso chi è morto per essa, comportandosi da vigliacchi e sopravvenendo a certi valori e principi che credo siano alla base della loro professione. Si facciano loro un esame di coscienza, il resto verrà di conseguenza. 23


Intervista a Gianni De Biasi (09/11/2003 Brescia - Bologna) tratta dalla trasmissione televisiva “12° in campo” Domanda. Molti gruppi Ultras d’Italia, e nello specifico i ragazzi della Curva Nord di Brescia, stanno protestando energicamente contro il calcio moderno. Lei cosa ne pensa? Risposta. Io sono dalla vostra parte, perché sono convinto che il calcio sia partecipazione popolare, con la gente che possa gioire sul campo. Non condivido certamente che ci si sdrai per terra di fronte al potere televisivo. Questo mi da veramente fastidio, perché ogni spettacolo deve essere vissuto dal vivo. E direi che le Curve danno sicuramente un tocco di colore e 24

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un sapore diverso al calcio. Posso immaginare le partite a porte chiuse o con pochissima gente: sarebbero certamente partite di altro livello. D. Gli Ultras ritengono che le paytv siano le principali responsabili della decadenza del calcio. Lei è d’accordo? R. Più che altro, sono quelle che hanno fatto lievitare decisamente i prezzi, anche perché hanno contribuito a dare delle sostanziose risorse alle società che non hanno invece saputo investire in maniera oculata, cercando di fare un lavoro programmatico che potesse valorizzare il settore giovanile e molti giovani che potevano ambire alla prima squadra. D. Com’è cambiato il calcio oggi, rispetto a quando lei era giocatore? R. C’è un po’ meno di attaccamento alla Maglia. Io mi 25


ricordo, tanto per fare un esempio personale, i 5 anni vissuti qui con un attaccamento decisamente diverso, rifiutando di andare alla Lazio per rimanere a Brescia. Però è cambiata la società, sono cambiati i ragazzi; quindi certi valori che avevamo (parlo di quelli della mia età e io oggi sto andando verso i 50 anni) erano legati al lavoro, al sacrificio, alla voglia di arrivare a tutti i costi. Oggi si fa più fatica a fare fatica. D. Perché oggi i giocatori non hanno più quell’attaccamento che avevano i giocatori di una volta alla Maglia? R. Ce ne sono ancora che hanno questo attaccamento. Abbiamo anche un esempio qui a Brescia, un giocatore che è sempre rimasto qui: Antonio Filippini. Direi che questo è sinonimo di attaccamento. Ce ne sono altri che hanno fatto 26

scelte diverse e hanno voluto rimanere comunque qui a Brescia. E’ chiaro che dipende della sensibilità e della natura umana di ognuno di noi. Ognuno di noi è diverso dall’altro: c’è chi è più sensibile a certi argomenti e chi ad altri. D. Però, insomma, di bandiere ne sono rimaste poche. R. Si, bandiere ne sono rimaste poche, però quelle che ci sono conserviamole, che è sicuramente importante, perché sono quei vessilli che possiamo ancora sbandierare per poco. D. Negli ultimi anni nel calcio si sono visti molti casi di doping: cosa sta succedendo? R. Per quanto riguarda l’aspetto del doping, direi che sono convinto che nel calcio non ci siano molti di questi casi. Ultimamente abbiamo www.brescia1911curvanord.net

avuto questa sostanza, il nandrolone, che probabilmente viene assunto inconsapevolmente da quei ragazzi che sono stati beccati, non certo per migliorare le loro prestazioni. Io sono convinto che in qualche integratore non sia dichiarato il componente vero. Spesso e volentieri si fa uso di prodotti che arrivano magari dall’estero e questi possono nascondere delle insidie. E’ già capitato e quindi noi dobbiamo stare attenti e andare con i piedi di piombo. D. Nonostante gli ultimo risultati non certo esaltanti, i tifosi bresciani sostengono sempre la squadra con cori incessanti: li sente? R. Li sento sì, non si può non sentirli. Il problema è che io sono abbastanza rammaricato. Sono sincero: mi piacerebbe poter produrre un prodotto info@brescia1911curvanord.net

completamente diverso e dare maggiori soddisfazioni, però questo è un momento così. Chiaramente abbiamo bisogno ancora di credito da parte vostra. Cercate di starci vicini, perché abbiamo bisogno veramente di essere supportati in questo momento. Poi magari, più avanti, riusciremo a ricambiare in modo più cospicuo questo vostro affetto smisurato. D. Come vede il futuro? R. Il futuro? Io sono ottimista. Vedo un futuro sicuramente di difficoltà e di fatica; però io mi auguro, e sono convinto, che possiamo raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi e che ci sarà una salvezza, possibilmente senza soffrire tanto. Vi ringrazio e… forza ragazzi, dateci una mano.

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Atalanta - Brescia 1999/2000 28

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Sotto la CURVA NORD!!!

CUORE ESTREMO ONLUS è una società fondata e voluta da Angiolino Tomasi per promuovere con lo sport la raccolata di adesioni e fondi a favore dei bambini più bisognosi. Lo sport estremo rappresenta per Angiolino la possibilità di poter sensibilizzare l’opinione delle persone sull’importanza di dare un’opportunità a chi si trova solo fin dall’inizio.

Angiolino affronterà i ghiacci dell’Alaska dedicando l’impresa ai bambini di Brescia ed ai bambini del Burkina Faso in Africa. L’obbiettivo è di raccogliere 1000 biciclette entro l’estate e di portare un sorriso a tutti quei bambini che ne hanno bisogno anche solo per andare a scuola.

CUORE ESTREMO ONLUS Via Marziale Ducos 9 25100 Brescia Tel. 030.302260 - Mobile +393480805793 info@angiolinotomasi.it - www.cuore-estremo.it 30

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