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EVOLUZIONE E ANALISI DELLA TAVOLA DA NEVE


Autore: Lorenzo Scalzitti Relatore: Michele Cafarelli

Politecnico di Torino Dipartimento di Architettura e Design Corso di Laurea in Design e Comunicazione Visiva A.A. 2013/2014


drop in with the snowboard

EVOLUZIONE E ANALISI DELLA TAVOLA DA NEVE


INDICE


1 introduzione introduzione 2 evoluzione evoluzione 6

Neve e uomo

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Ispirazioni / I boardsports

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Protosno

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Anni ‘60 / Surf sulla neve

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Anni ‘70 / Prodotto tavola

26

Anni ‘80 / Competere diffondere innovare

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TOPIC / Mervin Manufacturing

37

TOPIC / Ricordando Tom Sims

Tempi moderni

45 check-up sistema tavola 46 anatomia

54 fisica

58 famiglie sistema tavola 61 Alpino

65 FREERIDE

72 CATALOGAZIONE ATTREZZI

67 FREESTYLE


76 COSTRUZIONE PRODOTTO TAVOLA 78

Panoramica componenti

84

Assemblaggio

87

Processo produttivo

98 shape TAVOLA PRODOTTO 101 Profilo

114 orientamento

117 sciancratura

102 Camber

118 Linea

104 Rocker

122 Asimmetrica

106 Flat

125 Dentellata

110 Ibridi

128 punte

135 altri concept


140 componenti PRODOTTO TAVOLA 142 anima

146 Legno Laminato

160 Laminati

161 Fibre 165 TOPIC / Pregpeg

152 Schiume 154 Honeycomb 157 TOPIC / Koroyd

166 Posa

172 soletta

173 Materiale 176 TOPIC / Sciolina 178 Processo

169 Trame

158 Misti

181 LaminE

187 INserti

198 GRAFICHE

190 TOPIC / Channel

191 altri componenti 192 Top

199 Metodi

194 Fianchetti

202 Artwork

196 Antivibranti 197 Resina

206 ANALISI MERCATO ANALISI MERCATO 213

TOPIC / Funky Snowboards



INTRODUZIONE «You know, I wouldn’t even call snowboarding a sport, you know for me it’s just a way of life» − Travis Rice Questa è la passione che lo snowboard infonde in chi lo pratica, che spinge il rider a vivere ogni giorno “in posizione trasversale” e a voler conoscere sempre di più il mondo che sta dietro quel legno che tiene pazientemente in camera, guardando le montagne dalla finestra in attesa della mattina in cui le vedrà ricoperte di bianco. L’obiettivo della mia tesi non è quello di raccontare questo meraviglioso sport (non sarei in grado di farlo nel modo giusto e non è la sede migliore). Mi propongo, invece, di racchiudere in poche pagine gli aspetti riguardanti le idee e i progetti che regolano l’esistenza di ogni attrezzo, aspetti che, legati alla propria esperienza di neve, possono tornare utili allo snowboarder per comprendere appieno la propria tavola. Il design di un prodotto ad alte prestazioni come è la tavola da neve è legato ad una moltitudine di fattori, a partire dalla scelta dei materiali, per arrivare alle forme del disegno totale e all’abilità di chi lo realizza. Sarebbe presuntuoso pensare che questa tesi possa essere una guida completa al “prodotto tavola”, lo scopo di questo volume è invece quello di rendere, come possibile, l’idea che sta alla base di tale enorme varietà di combinazioni: fare in modo che il rider possa trovare all’interno del panorama della produzione in serie una compagna perfetta per i propri gusti di riding senza necessariamente dover ricorrere alla produzione artigianale “su misura”.

1


«Ogni variazione, per piccola che sia e da qualsiasi cagione provenga,

purché sia in qualche parte vantaggiosa all'individuo di una specie, contribuirà nelle sue relazioni infinitamente complesse cogli altri esseri organizzati e colle fisiche condizioni della vita alla conservazione di quest'individuo, e in generale si trasmetterà alla sua discendenza. »1 1 Charles Darwin, L’origine della Specie - Trad. L. Fratini, Ed Bollati Boringhieri, 1967


1

EVOLUZIONE


time−track

ponte negativo [Sims] sciancratura profonda [Gnu] ponte positivo [Gnu] lamine [Sims – Burton] sciancratura asimmetrica [Hooger Booger]

1985

tavola wide [K2]

1986 1993

lamine dentellate [LibTech/Gnu]

1987 tavola twin-tip [Barfoot]

1996

laminati Pregpeg [Palmer]

1997 2004

1998

2006 ponte ibrido [LibTech/Gnu]

core alveolari [Sims - Palmer] laminati in carbonio [Sims]


legno di Lillehammer notizie del Surf Sno-Surf by V. Wicklund Winterstick by D. Milovitch strap per i piedi [Burton] top protettivo [Avalanche]

1982

1800 ca. 1939 1963

1970

1979

1700 ca.

Lazboard

Skiboard by T. Sims

1926 1950 ca.

1965

Skeeboggan by H. J. Ferris Skateboard

Snurfer by S. Poppen

1978

Burton Factory e Londonderry

1980 1981

1983

Xx MILL. a.C.

Sims Snowboards e Flying Yellow Banana

soletta in P-Tex [Burton – Winterstick]

Delbert Pumpernickle No Guarantee by M. Olson

1984 attacco con highback by J. Grell Gnu Snowboards e primi modelli

laminati in fibra di vetro [Barfoot] Funky Snowboards e primi modelli


nEVE E UOMO Lo snowboard è un attrezzo studiato per muoversi in modo divertente e con facilità su pendii innevati, ma come è nata l’idea di una singola tavola da neve? Da cosa è stato ispirato un progetto tanto semplice quanto geniale? Le popolazioni di montagna e quelle stanziate a latitudini estreme hanno sempre sentito la necessità di spostarsi sulla neve, e di trasportare carichi con la minor fatica possibile, sfruttando nel modo più adeguato questo tipo di terreno. I metodi per spostarsi sul bianco morbido manto erano già numerosi prima del progetto della tavola trasversale. Pensando al freddo, l’analogia più immediata è certamente quella con gli sci, i quali hanno però una storia ben più lunga di quella della sorella monocomponente, almeno

1.1

parlando di testimonianze certificate. Le prime prove certe dell’esistenza di attrezzi simili agli sci, usati come mezzi di locomozione, si devono a ritrovamenti fossili risalenti a prima dell’anno 2500 a.C. in Siberia, Scandinavia e Lapponia; sebbene oggetti paragonabili agli odierni sci, parlando di tecniche di utilizzo e applicazioni sportive, cominciano a far parlare di se solo intorno al XVII secolo. Un mezzo di locomozione a scivolamento ancora più antico è la slitta con pattini di legno [1.2]; invenzione addirittura antecedente quella della ruota, nacque come mezzo per trasportare grossi carichi su prati e velocemente adottata da contadini e cacciatori delle regioni fredde che realizzavano in tempi antichissimi slitte non troppo dissimili a quelle che si utilizzano oggi. Ma la tavola da neve non è una slitta, e nemmeno degli sci; come mai un attrezzo che sembra il più rudimentale dei mezzi di scivolamento arriva solo ultimo tra i suoi colleghi? Beh non è detto…


1 - EVO/ LUZIONE

1.2

Siamo a Lillehammer, in Norvegia, sede dei giochi olimpici invernali del ‘94, una cittadina talmente legata alla neve che il suo stemma ufficiale rappresenta un soldato che si muove su un paio di sci da fondo. Entriamo nel locale museo dello sci; qui, ben esposto con tanto di epigrafe descrittiva in inglese e in norvegese, un pezzo di legno fossilizzato lungo 45 pollici (poco più di 110 cm) e largo non più di 8” (circa 20 cm) con più di 10mila anni, reclama la paternità del titolo di reperto più vecchio del museo.

L’asse in questione viene catalogato come il più datato di una serie di reperti “archeologici” inerenti la pratica dello sci, al tempo semplicemente considerato dai cacciatori nordici come il mezzo più veloce di locomozione sulla neve. Facile pensare che questo pezzo di legno, leggermente incurvato su un’estremità, con un lato levigato dall’usura e l’altro intarsiato dal tempo, fosse usato come attrezzo per scivolare sui pendii innevati, ma risulta più difficile stabilire in che modo venisse usato. La completa mancanza di

attacchi sull’asse ricurvo, oppure di ancestrali surrogati di questi, alimenta il dubbio sulla reale posizione di assetto dello strumento; sebbene, ipotizzando che ci fossero, in quel periodo storico non sarebbero stati realizzati in altro modo che sotto forma di trecce di origine vegetale, quindi si sarebbero credibilmente degradate nel tempo e non sarebbero certamente giunti all’occhio di noi riders del XXI secolo. Con il senno di poi, maturato con la nascita delle prime tavole da neve, tuttavia, i dubbi sul fatto che questa tavola 7


fosse un lontano antenato dello snowboard si assottigliano; rimane, infatti, logico pensare che su una superficie di questa larghezza i piedi potessero essere sistemati trasversalmente a favore di un maggior equilibrio, e anche la lunghezza del conteso assomiglia decisamente più a quella di uno Snurfer (vedi pg. 15) piuttosto che ai primi sci che, data la loro larghezza logicamente molto inferiore, erano tutti notevolmente più lunghi per creare una superficie sufficiente. Qualcuno avanzò l’ipotesi che si trattasse di una racchetta da neve ma questa teoria fu subito scartata per il peso eccessivo e per la non compatibilità con le già esistenti racchette utilizzate dalle popolazioni Lapponi, Inuit ed Eschimesi. Così, senza prove concrete, il reperto in questione continua la sua storica esistenza con l’etichetta originale che lo identifica come il capostipite della famiglia dello snowboard, che risulterebbe in questo modo addirittura più antico degli sci, ma dubbi di sana e ragionevole controversia persistono tuttora e ne alimentano la disputa nei salotti competenti.

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1.3

ispirazioni / i boardsports Non siamo sicuri che lo scivolamento di un’unica tavola su cui rimanere in equilibrio in posizione trasversale fosse un concetto conosciuto a chi pensasse di spostarsi sulla neve in tempi antichi; per ricavare una sicura fonte d’ispirazione per i primi snowboarder, dobbiamo importare l’idea da ambienti distanti dalle regioni alpine e nordiche e da epoche un po’ meno distanti da noi. Tralasciando il valore (poiché non verificato totalmente) dell’antichissimo reperto del museo norvegese, possiamo certamente ricondurre la

concezione di movimento trasversale a quella famiglia di sport conosciuta come boardsports, di cui fa parte lo snowboard. Tra questi, di particolare interesse storico, essendo il più accreditato padre della famiglia, è il surf da onda, La famiglia dei boardsports (letteralmente sport di tavola) è dominata da skateboard, surf, windsurf e snowboard ma ad oggi si è diffusa molto dando vita a sport meno seguiti come kitesurf, wakeboard, sandboard, mountainboard, casterboard e altri ancora.

originario di luoghi che ancora oggi sono tra le più sognate mete dai surfisti di tutto il mondo: la Polinesia, l’Oceania e le Isole Hawaii. Sono giunti fino a noi, grazie alla forte tradizione orale delle popolazioni del Pacifico, alcuni canti Hawaiani risalenti al quindicesimo secolo che non solo fanno riferimento alla pratica del surf da onda, che quindi risulterebbe avere più di cinquecento anni di vita, ma narrano addirittura di competizioni, durante le quali si sfidavano Re e capi di alto rango sociale per dimostrare la propria supremazia. 9

1.4


1.5

Le prime notizie scritte riguardo questo sport vengono, però, dal pugno del grande navigatore ed esploratore James Cook che, alla fine del '700, in uno dei suoi viaggi si trovò ad osservare gli indigeni polinesiani mentre si facevano trasportare dalle onde su canoe e lunghe tavole di legno (i primi surf “moderni” avevano forme probabilmente simili). Basandoci sui disegni realizzati dai marinai dell’equipaggio di Cook [1.5], pare che la pratica fosse diffusa principalmente fra le donne del luogo. Fu grazie a queste esplorazioni che il surf poté farsi conoscere in tutto il mondo e cominciare ad essere apprezzato anche dal mondo “civile” come pratica sportiva. Dal 1800 agli anni ’30 del XX secolo il surf da onda si diffuse in tutto il mondo tra crisi e riprese e, nei favolosi anni ’50 esplose e continuò per vent’anni a fiorire a un ritmo incredibile, grazie a sportivi indimenticabili come l’hawaiano Duke Kahanamoku [1.6], e con lui molti altri, fino a diventare oggi una tra le pratiche sportive più amate nel mondo.

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Ebbene, ancora una volta con la conoscenza di chi sa cosa succederà dopo (vedi pg. 15), è indiscusso che i surf da onda siano stati la principale fonte d’ispirazione per i costruttori delle prime tavole da neve vere e proprie, attrezzi progettati effettivamente per surfare, ma in montagna, galleggiando sulla neve fresca, importando dai cugini tropicali molti principi movimento. A vederli, i primi snowboarder, necessariamente freeriders (vedi pg. 64), usavano, e lo fanno tuttora, una tecnica molto simile a quella usata nel surf.

1.6


Il boom della diffusione del surf si tradusse in un fenomeno culturale imponente, e diede vita a quella che oggi chiamiamo Surf-Generation. Surfare negli anni ‘50 non era più soltanto uno sport, era uno stile di vita: vivere all’aria aperta, a contatto con le onde, spostarsi in giro per gli U.S.A. alla ricerca degli spot migliori. Questo fenomeno ebbe un fortissimo impatto sociale sui ragazzi americani, anche quelli che non praticavano il surf, trascinati da una moda che coinvolgeva la musica, il cinema, l’abbigliamento, il gergo, il modo di divertirsi e perfino di spostarsi. Fu proprio questo substrato, la cosiddetta Surf-Culture che lasciò spazio, nelle giovani menti dei surfers, all’ideazione di concept come lo snowboard e, prima di questo, lo skateboard. A cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 fu infatti praticamente scontato il riflettersi del surf dalle spiaggie alle strade. I ragazzi non potevano aspettare la giornata con le onde migliori per praticare il loro passatempo preferito.

1.7

Fu così che si diffuse, con impatto enorme, il Sidewalk Surfing, cioé surfare il marciapiedi su tavole di legno, perlopiù autocostruite, montate su carrelli in grado di orientarsi per curvare grazie allo spostamento del peso. Lo skateboard era dunque un mezzo che permetteva ai giovani surfisti di allenarsi continuamente, anche quando il mare era piatto, e di spostarsi portandosi dietro il proprio stile, ma non solo.

Le possibilità di movimento di questi piccoli surf su carrelli aprirono le porte ad una disciplina che si sviluppò moltissimo ed in maniera autonoma facendo nascere la branca del freestyle, da cui lo snowboard prese ampiamente spunto. Semplificando, infatti, i primi snowboard sfruttavano una superficie ampia per galleggiare, come i surf, poco più tardi si cercò di renderli più maneggevoli per trickeggiare, come con gli skate. 11


1.8

PROTOSNO Abbandonando acqua e asfalto, e tornando a cercare impronte nella neve, ci imbattiamo in una scoperta fatta solo in tempi recentissimi da Federico Bellini, un fotografo italiano che, recatosi in Turchia per un reportage, scopre che, da circa 200 anni, dunque all’incirca dal 1800, nel piccolo paesino montano di Petran, gli abitanti usavano delle tavole di legno, standovi in piedi in posizione trasversale, per poter scendere a valle quando le strade erano innevate. Questi attrezzi [1.8], chiamati Lazboard dal nome della popolazione nomade 12

che fondò la comunità di quelle zone, appunto i Laz, erano delle assi di legno leggermente curvati alla quale era fissata una corda. I Lazboard non prevedevano nessun sistema di attacchi ma la surfata era agevolata dall’utilizzo di un bastone tenuto con la mano posteriore per migliorare l’equilibrio.

Nel 1917, qualcosa che potrebbe essere considerato un nonno della tavola da neve comparve negli Stati Uniti. Uno sveglio ragazzino di tredici anni di nome Vern Wicklund modificò una slitta realizzando una tavola che, a vedersi, aveva ben poco a che fare con un moderno snowboard, ma sfruttava

1.9


1 - EVO/ LUZIONE bene i principi che ne stanno alla base. Il Bunker [1.10], così Wicklund e i suoi amici lo avevano chiamato, era una tavola di legno squadrata e piuttosto massiccia su cui si stava in piedi in posizione trasversale con un piede sulla coda e l’altro più o meno al centro, con dei piccoli pattini metallici avvitati sotto la base nella parte posteriore per fare presa sulla neve dura. Sotto entrambi i piedi erano posti dei pad gommosi per aumentare l’attrito e, sul posteriore, era agganciato un pezzo di una cintura, con tanto di fibbia, come fosse un rudimentale attacco. Sulla tavola, erano avvitati dei listelli che fungevano da battuta per i piedi e come strutture di aggancio per la fibbia e per un cordino fissato all’estremità anteriore; quest’ultimo serviva sia per tirare l’attrezzo su per la salita, sia per poterlo controllare in discesa evitando di piantare la punta nella neve. Infine, scendendo dalla collina, questi “riders di Neanderthal” tenevano con la mano posteriore un bastone per aiutarsi a sporgersi

1.10

all’indietro mantenendo l’equilibrio. Solo ventidue anni più tardi, nel 1939, insieme a due suoi parenti, Harvey e Gunnar Burgeson, Wicklund brevettò la sua invenzione con il nome di Sno-Surf, che, grazie alla fondazione della The Bunker Company, divenne a tutti gli effetti il primo tentativo ufficiale di diffusione della tavola da neve. A dire la verità questa tavola era piuttosto simile al già citato Lazboard, sebbene quello non prevedesse nessun attacco; in ogni caso non è facile, sebbene nemmeno impossibile, pensare che Grazie alle rudimentali riprese delle prime discese con lo Sno-Surf, che vedevano protagonisti gli stessi costruttori della tavola, la Bunker Company diventò anche l’azienda che produsse il primo video di snowboard della storia.

13 1.11


il Lazboard dei minatori turchi, fosse arrivato oltreoceano. Un altro attrezzo che solitamente è inserito tra gli antenati dello snowboard è lo Skeeboggan [1.12], creato dall’americano Howard J. Ferris nella sua officina nei primi anni ’20 e brevettato nel 1926. Quest’oggetto, tuttavia, piuttosto che il parente di uno snowboard sembra più una slitta su cui si può scivolare in posizione eretta, un incrocio tra un monopattino e uno slittino. Lo Skeeboggan consisteva, infatti, in un corpo unico in metallo curvato verso l’alto in punta, con due “costole” laterali che facevano, pressappoco, il lavoro delle odierne lamine. Su tutta la superficie centrale era incollato un pad gommoso per dare grip ai piedi che si disponevano uniti in direzione longitudinale (si stava semplicemente in piedi) facendo mancare quella che è la prima prerogativa dello snowboarding: la posizione trasversale. Infine, agganciata tramite una cerniera alla punta metallica, c’era una barra a T che fungeva da manubrio 14

1.12

permettendo di controllare la direzione. Il secondo esempio documentato, dopo lo Sno-Surf, che riguarda l’utilizzo di un attrezzo effettivamente simile a un rudimentale snowboard risale al 1929, quando M. Jack Burchett, un costruttore di slitte, tagliò un pezzo di compensato piatto fissandovi sopra dei lacci realizzati con filo da stendere e crine di cavallo per legare i piedi. Questo progetto, tuttavia, non fu pensato per raggiungere il mercato, rimase semplicemente un divertimento per il suo creatore e non lasciò molte tracce nella storia.


1.13

Anni ‘60 surf sulla neve

La storia della tavola da neve come la conosciamo noi, o quasi, comincia negli anni ‘60 e non si fermerà più, incorporando concept rivoluzionari e tecnologie innovative ad un ritmo frenetico. Non si sa con certezza quale fu l’invenzione che sancì la nascita dello snowboard moderno, ma secondo la versione ufficialmente più accreditata, semplicemente in base ai numeri, il primo mattone fu posato nel 1965, nel Michigan (Stati Uniti), da un ingegnere chimico di nome Sherman Poppen, che, dopo aver visto le sue figlie Wendy e Laurie divertirsi giocando a scivolare con entrambi i piedi su un solo sci sulla discesa

dietro casa, legò insieme due sci con l'idea di riprodurre un attrezzo simile al monoscì, che all'epoca stava diffondendosi tra gli sciatori più spericolati. Poppen vide che le sue ragazze si disponevano istintivamente di traverso sulla tavola, proprio come i surfisti da onda e gli skaters, e non nella posizione solita dello sci e del monosci; questo fatto gli fece venire in mente la stretta analogia tra le onde dell’oceano e gli slopes di neve fresca facendo scattare in lui la voglia d’innovazione. Dopo aver sperimentato la funzionalità dello strumento “splittato”, iniziò a lavorare sull’evoluzione del suo concept portato ad un unico asse in legno ricurvo su cui scivolare a valle tenendosi 15


ad una cordicella legata sulla punta dell’attrezzo per facilitarne l'utilizzo trasversale e per aiutarsi, usando la forza delle braccia, a non piantare il nose della tavola nella neve durante la discesa. Poppen, che in quel periodo lavorava per la Brunswick, famoso marchio di piste da bowling, approfittò dei macchinari e dei vari legni che aveva a disposizione in ditta e intraprese la commercializzazione dei primi pezzi battezzati Snurfer componendo il nome con i termini “snow” (neve) e “surfer” (surfista). Infatti, come lo stesso inventore scrive nella descrizione del progetto originale, per realizzare lo Snurfer si era ispirato al principio di utilizzo del surf da onda, dello skateboard e del cosiddetto slalom-ski acquatico, precisando la profonda differenza posturale rispetto alla pratica del monosci, 16

allora considerato l’attrezzo più simile a questa nuova invenzione. La tavola [1.14], il cui progetto fu depositato nel 1966 e brevettato nell’aprile del 1968, fu prodotta da Poppen dapprima come libero professionista e poi venduta, ad un prezzo compreso tra i dieci e i trenta dollari, tramite la stessa

Brunskwick alla quale cedette i diritti quasi subito. Ebbe un successo enorme, tra il ’66 e il ’76 ne furono venduti quasi un milione di esemplari. Lo Snurfer era una tavola lunga circa 120 cm con un profilo allungato dai bordi paralleli, la punta rastremata e delle scanalature, o coste, realizzate longitudinalmente sulla faccia a contatto con la neve allo scopo di stabilizzare la discesa; il nose accennava a quello che le fabbriche oggi definiscono scoop, cioè la tavola, vista di taglio, risultava piatta ma tendeva ad alzarsi verso l’alto in punta per facilitare il galleggiamento sulla neve fresca. Questi caratteri rimasero pressoché gli stessi durante tutta la produzione, seppure nei dettagli, sia estetici sia funzionali, lo Snurfer veniva perfezionato anno dopo anno. Furono poi realizzate solo un paio 1.14 di grafiche differen-


1 - EVO/ LUZIONE ti, tra cui la più rappresentativa era quella con una colorazione gialla della tavola con strisce nere longitudinali; il grip della suola degli scarponi veniva garantito inizialmente solo da chiodini a forma di “U” rovesciata, ma col tempo il sistema si orientò verso tasselli gommati e nel tempo fecero la loro comparsa anche i primi pads e blocca piedi ad uncino.

1.16

1.15

Visto il successo commerciale dello Snurfer, altri intrepidi costruttori del settore ligneo si cimentarono in prodotti simili dai nomi più fantasiosi, tipo Skifer (marchio derivante dalla composizione di ski e surfer), White Bear, Raviera, Ski Bombe,… e qualcuno tentò anche la strada dell’attrezzo in plastica, come il Cleco Skiboard, lo Snow Thrasher o il Black Snow. Molti giovani rimasero talmente colpiti dal fenomeno che a loro volta iniziarono a sperimentare nuovi shape e nuove varianti autocostruendosi il proprio attrezzo.


Anni ‘70 PRODOTTO TAVOLA Sull’onda del progetto di Poppen, e parallelamente ad esso, cominciò la diffusione del surf da neve e il perfezionamento dei concept che lo riguardavano. Nel 1970 uno studente in ingegneria di New York appassionato di surf, Dimitrije Milovitch, scoprì grazie ad una rivista che Wayne Stoken, un surfista del New Jersey, stava lavorando alla realizzazione di tavole snow surf, e andò a conoscerlo per saperne di più. L'incontro fu un successo, Dimitrije tornò a casa con una tavola da provare e, nel giro di poco tempo, Wayne insegnò a costruire tavole da surf fra e i nuovissimi snowsurf. È interessante pensare che entrambi protagonisti di questa storia provenissero dal

1.17

mondo del surf e nessuno dei due aveva mai visto o provato uno Snurfer. I due ragazzi brevettarono i loro progetti nel 1974 e li perfezionarono grazie al permesso che avevano ottenuto di provare i loro attrezzi sulle piste delle stazioni sciistiche di Snowbird e Alta. Rimasero insieme un paio d'anni, poi, nel 1976, sull'onda del successo delle prime vendite, Dimitrije fondò la Winterstick insieme alla graphic designer Renee Sessions e il designer industriale Don Moss; il marchio in poco tempo diventò uno status symbol e tutti i rider degli anni ’70 e ’80 lo conoscevano. La Winterstick, infatti, godette da subito di una notevole risonanza mediatica grazie ad articoli pubblicati su periodici molto in voga tra cui Newsweek, Playboy e Powder (magazine di sci); il successo mediatico dell’azienda le permise di decollare e di rimanere tra le leader del mercato per anni.


1 - EVO/ LUZIONE La sua prima tavola (Winterstick Swallowtail [1.18-dx]) aveva un’innovativa quanto originale (all’epoca) sagoma simile a un pesce, con quella che oggi chiameremmo coda di rondine (vedi pg. 131) e che rappresentò una rivoluzione per la funzionalità in neve fresca. L’attrezzo di Milovich, realizzato anche nella versione con coda tonda (Winterstick Roundtail [1.18-sx]), fece anche altri balzi tecnologici: La tavola era costituita da un’anima in legno rivestita da uno strato di resina che serviva da isolante per l’umidità e protezione dall’usura; grazie alla possibilità di prove in pista, era stato possibile sperimentare delle rudimentali lamine d'acciaio, che furono in seguito abbandonate; il concept pensato da Milovich e Stoveken, a differenza dello Snurfer, non aveva mai previsto l'utilizzo di alcuna corda; il Winterstick, infatti, comprendeva due strap in nylon per i piedi. Questa tavola rappresentava dunque un nuovo modo di scivolare sulla neve, distante anni luce dal monosci e dallo Snurfer, e che, con il senno di poi, oggi definiremmo certamente più avanzato. 1.18

Nonostante il mercato delle tavole fosse ancora da aprire e il progetto fosse estremamente interessante (alcune tavole da freeride di oggi riprendono quasi esattamente il progetto Winterstick), dei primi durante gli anni ’80, per contrastare la crescente concorrenza, Milovich andò incontro a enormi spese di produzione che minarono il proseguimento del suo progetto: le tavole risultarono troppo costose per invogliare le masse, ancora impreparate,

1.19 19


ad affrontare l 'a v v e n t u r a in ambito snowboard con le sue tavole. Malgrado gli sforzi del team, nel 1982 Dimitrije fu costretto a chiudere l'azienda e uscì dal mondo dello snowboard per dedicarsi al windsurf, lavorando con un team al record mondiale di velocità. Parecchi anni più tardi, nel 1994, il marchio fu resuscitato da uno shop nello Utah e continua ancora oggi a vendere le proprie tavole che, però, non hanno più nulla a che fare con Milovich Per tutti gli anni ’70, lo snowboard, o snow-surf com’era chiamato in quegli anni, rimase racchiuso in un ambito piuttosto ristretto. Nessun impianto sciistico permetteva l’ingresso ai riders, e anche Snowbird e Alta, dopo i primi incidenti ritirarono i propri accordi con la Winterstick. Vista la situazione, al fine di accrescere il successo dello Snurfer, Poppen (e poi la Brunswick) cominciò a 20

organizzare delle competizioni di discesa con surf da neve. Anche questa fu un’idea vincente e vide partecipare moltissimi giovani; tra loro, fa il suo ingresso sulla scena una personalità conosciuta a tutti gli snowboarder di ieri, di oggi e, probabilmente, di domani: Jake Burton 1.20 Carpenter. [1.21] Burton proveniva dalla East Coast e dalla tradizione dello sci e, come spesso è accaduto in circostanze del genere, si appassionò subito a questa nuovo modo di correre sulla neve. Cominciò la sua carriera di costruttore, che lo porterà a diventare il proprietario del più diffuso brand di snowboard in tutto il mondo, a soli quattordici anni, nel 1968, quando si presentò ai campionati annuali di Snurfer, in Michigan, con un prototipo realizzato in casa, molto simile alla tavola di Poppen ma con qualche piccola modifica personale. La sua intraprendenza lo spinse a perfezionare la sua tavola anno dopo anno portandolo nel ‘75 a realizzare, ancora artigianalmente, il suo primo prototipo resinato (già sperimentato da Milovich), e poi, nel Gennaio 1978, a fondare a Londonderry, una cittadina del Vermont, la sua fabbrica di tavole da neve [1.24] che aprì la produzione con un modello artigianale chiamato appunto Londonderry [1.22], prodotta in tre modelli, e di cui furono venduti in tutto 1.21 soltanto trecento esemplari.


1 - EVO/ LUZIONE 1.22

Questo pezzo, da molti considerato il Santo Graal del collezionismo di settore, è un legno alto 110 cm, costituito da un laminato a sei strati d’acero piegato a vapore; si differenziava in modo abbastanza evidente dagli Snurfer per il profilo, più ampio verso il nose per aumentare la superficie di galleggiamento, e per la presenza di una pinnetta metallica che aiutava nei cambi di direzione (espediente probabilmente ispirato alle pinne timonanti del surf da onda). Nel ’79 la produzione fu resa più efficiente e iniziò la produzione in serie; alcuni esemplari di questa linea furono prodotti sperimentando uno strap gommoso [1.32] , stile kitesurf, per mantenere il piede anteriore agganciato alla tavola. Riuscito, dopo studi, tentativi e fallimenti, a produrre il suo primo modello seriale, Jake si trovò a non sapere come e dove vendere le sue tavole. Finì dunque a girare per tutti i resort sciistici del New England per vendere personalmente i suoi attrezzi dal bagagliaio della sua auto per 88$ l’uno; non fu quello che si può definire un successo, ma oggi il discorso è diverso: un prototipo della Londonderry originale, antecedente la prima linea prodotta in serie, e dunque realizzata artigianalmente da

Jake Burton, è stato venduto il 1 Luglio 2014 per ben 31.313,13$. Dopo il primo brutto colpo, Jake tornò alla sua fabbrica deciso a produrre un modello più vendibile e, poco più tardi, si ripropose sul mercato con un secondo modello chiamato Backyard [1.23] (che significa “cortile di casa”), una tavola non troppo differente dalla precedente ma più economica; fu venduta a 45$ in molti esemplari, perlopiù a teenagers curiosi. La Backyard aveva il nose ancora più ampio rispetto all’attrezzo prece-

Quando la neonata azienda di Burton decise di utilizzare per le proprie tavole il termine snurfboard, Poppen scrisse a Burton una lettera non troppo amichevole, in cui gli ricordava che il prefisso “snurf” faceva parte di un marchio registrato e che non poteva utilizzarlo per la sua produzione; fu così che, grazie agli organizzatori di una gara di Snurfer che si svolse un paio d’anni più tardi (vedi pg. 26) nacque il termine snowboard! 21


dente e sperimentava il concept della coda tonda; come la sorella maggiore, infine, aveva una corda con impugnatura legata alla punta, un grosso pad zigrinato in gomma su tutta la superficie posteriore, e uno strap gommoso per il piede anteriore. L’anno successivo Jake iniziò la produzione della Backhill, un modello quasi identico alla Backyard con stile leggermente rivisitato, che ebbe un notevole successo commerciale. Il punto di forza di Burton, che ha fatto in modo che la sua azienda rimanesse leader di settore per più di quaranta anni fino ad oggi, nonostante le difficoltà economiche dei primissimi tempi, fu la sua convinzione che lo snowboarding sarebbe presto esploso diventando un fenomeno di massa. Negli anni a venire, infatti, fu uno dei maggiori fautori della diffusione della pratica dello snowboard: creò eventi, 22

1.24 organizzò i primi camp con insegnanti e, ovviamente, finanziò la ricerca per lo sviluppo dell’attrezzatura da snowboard. Ma la figura forse più emblematica per quanto riguarda la nascita della tavola da neve, nonché, uno dei nodi cruciali per la diffusione dello snowboard negli Stati Uniti d’America fu Thomas Sims ( 1 9 5 0 - 2 01 2 ) , un geniale e spericolato ragazzo [1.25] californiano di nascita e cresciuto nel New Jersey, oggi r i c o n o s c i u to come una delle più significative icone del

mondo dello snowboard. Surfer, skateboarder e snowboarder, ricordato per il livello del suo riding e per le sue intuizioni e innovazioni, è considerato da molti il vero creatore dello snowboard sebbene, come abbiamo già detto, la paternità ufficiale non è mai stata attribuita a nessuno. Nella seconda metà degli anni ‘70 Sims cominciò a produrre artigianalmente e vendere quelli che lui Skiboards, chiamava evolvendo un progetto che, così si dice, nacque già nel 1963, quando aveva soltanto tredici anni, dalla sua mente di giovanissimo surfer e skateboarder con la voglia di

1.25


praticare i suoi sport preferiti anche in inverno, quando le strade ghiacciate e l’oceano del New Jersey non lo permettevano. Il primo Skiboard [1.26] fu realizzato da Tom come compito del corso di falegnameria: l'insegnante lo assegnò chiedendo agli alunni di realizzare qualsiasi cosa con il legno, Tom decise

1.26

di svolgerlo combinando in un unico progetto due delle cose che amava di più, la neve e lo skateboard. Il giovane skater costruì dunque una tavola completamente in legno con delle scanalature nella parte posteriore della base, la punta arrotondata, la coda piatta e i bordi rialzati. Inoltre perfezionò l'attrezzo munendolo di due corde dove poter infilare i piedi, anticipando di parecchi anni la visione di Wayne Stoveken e Dimitrije Milovich riguardo quel mondo di surfare la neve senza doversi aiutare con le mani.

Trasferitosi nel 1971 nei pressi di Santa Barbara (di nuovo nella sua California), Tom continuò a praticare, sperimentare e innovare il mondo del surf, dello skateboard, e del suo Skiboard. In quegli anni arrivarono molti successi sportivi fino a quando, nel 1975, Tom si aggiudicò il titolo di World Skateboarding Champion, e nel 1976 apparve insieme a Stacy Peralta nel film cult Freewheelin’. Sull'onda dell'entusiasmo fondò la Sims Skateboards, azienda che produsse i primi skateboards-longboard della storia, e che diventò presto il marchio leader del mercato con un pro-riders team di cui faceva parte un giovanissimo Tony Hawk.

1.27 23


storia della Sims Snowboards, invece, nasce nel 1978, quando il mondo dello skateboard incontra una figura che, già nei primi anni ’70, dello snowboard sembrava aver capito molto: ecco che spunta la figura di Robert C. Weber, ideatore statunitense di uno snowboard tanto geniale quanto sfortunato. Il suo progetto, brevettato come Mono-Ski nel giugno del 1973 e descritto nei minimi particolari con dovizia di schizzi e disegni, precorre il progetto di uno snowboard di ottimo livello degli anni novanta poiché vi é indovinata la distribuzione delle masse, la sciancratura, la posizione dei piedi e l'angolazione di questi rispetto all'asse della tavola, la cui asimmetricità ricorda molto quella delle odierne tavole da competizione, sebbene l’attacco del piede prevedesse il montaggio di attacchi, e dunque l’utilizzo di scarponi, simili a quelli da sci, espediente che svela comunque una profonda comprensione dell’importanza della stabilità del piede per una stabile La

24

conduzione dello strumento. Il progetto di Weber [1.28] era perciò quello di un ottimo snowboard che anticipava la generazione tecnologica sviluppatasi seriamente solo alla fine del XX secolo; purtroppo però non ebbe successo perché l'ideatore non trovò nessuno che finanziasse il suo progetto aiutandolo a metterlo in produzione. Proprio nel ’78 Weber ebbe la sua possibilità, quando riuscì a convincere Sims a collaborare

1.28

per produrre tavole da neve. I due, insieme a Chuck Barfoot che lavorava alla Sims Skateboards, aprirono la produzione della divisione invernale Sims con un Flying attrezzo chiamato Yellow Banana Skiboard [1.29], un guscio prestampato di plastica gialla sagomato per galleggiare al meglio sulla neve su cui era montata una tavola da skateboard disegnata da Lonnie Toft, skater e deckdesigner di fama mondiale. Sebbene non prevedesse dei veri e propri attacchi, la Flying Yellow Banana era provvista di uncini o lacci sulla tavola per agganciare gli scarponi. Da qui in avanti la Sims Snowboards, sarà una delle realtà più avanguardistiche ed innovative del settore negli anni a seguire e rappresenterà un punto di riferimento per moltissimi dei primi proriders. Le prime creature nate dalle produzioni successive alla Flying Yellow Banana, trattandosi ovviamente di tavole da neve fresca, prendevano spunto dalle tavole da surf: molte avevano infatti una piccola pinna


1 - EVO/ LUZIONE

1.29 centrale in alluminio e sciancratura inversa (vedi pg 120). Jake Burton e Tom Sims sono riconosciuti come le due figure che maggiormente hanno influenzato la storia dello snowboard dalla sua nascita fino ad oggi, il primo, poiché veniva dalla tradizione dello sci della East Coast, approfondendo maggiormente l’aspetto legato alla pista e alla velocità, il secondo, essendo uno skater della costa occidentale, entrò maggiormente nel vivo di quello che da lì a qualche anno diventerà il mondo dello snowboard freestyle.

Parallelamente alla nascita della Burton Factory, e della Sims Snowboards altri giovani pionieri mettono in cantiere le proprie idee e i più strampalati progetti. Tra questi troviamo Mike Olson, un ragazzo originario del freddo stato di Washington che, come pochissimi altri abitanti di quelle zone, non si curava delle acque gelide del Pacifico nord-occidentale e surfava con passione; una dedizione tale da portarlo a imparare come costruirsi da solo le tavole da surf poiché nello stato non esistevano shop in grado di procurargliene nemmeno una. La sua autoproduzione si ampliò in poco tempo agli skateboard e, nel 1977, cominciò a produrre artigianalmente tavole da neve per se e i suoi amici ma con in testa il progetto della produzione industriale, sogno che comincerà a prendere forma quattro anni più tardi, nel 1981, con una piccola produzione di snowboard con cinque pinne marchiate

Delbert Pumpernickle Guarantee [1.30].

No

1.30 25


Anni ‘80 competere diffondere innovare Per tutti gli anni ’70 le gare di Snurfer furono un importante tassello nella storia della tavola da neve, in quanto rappresentarono un focolaio di idee innovative che portarono sviluppo nel design di questi attrezzi. Le tavole utilizzate fino alla fine del decennio funzionavano in maniera molto simile allo skateboard e al surf, cioè i piedi non erano attaccati alla tavola, ma si cercava di migliorare il grip con pads, chiodini, uncini e superfici ruvide. Questo approccio, come abbiamo anticipato, cambiò ai campionati di Snurfer del 1979 a Pando Park, in Michigan,

1.31

quando il giovane Jake Burton si presentò con una tavola che montava un primitivo sistema di attacchi basati su una fascia (simili a quelli degli odierni kitesurf e windsurf) [1.32]. Molti partecipanti al torneo protestarono perché la tavola di Jake non era sufficientemente simile allo Snurfer originale ma gli organizzatori, grazie all’insistenza di Paul Graves, il miglior snurfer dell’epoca, lo lasciarono ugualmente gareggiare inserendolo in una divisione “open” per tutte le tavole che variavano significativamente dal brevetto della Brunswick, ed essendo l’unico iscritto in tale categoria, vinse.

Alla stessa competizione, Paul Graves eseguì con il suo Snurfer le primissime manovre freestyle: si esibì in un 360° slide appoggiando un ginocchio sulla tavola e un frontflip togliendosi l’attrezzo da sotto i piedi a fine discesa; oggi sarebbe considerato quasi un timido ma all’epoca gli spettatori furono lasciati letteralmente a bocca aperta.


1 - EVO/ LUZIONE

1.32 Grazie alla visibilità che quell’incidente diplomatico gli aveva portato, di li a pochissimo Burton mise in produzione quella tavola all’interno della linea Londonderry (vedi pg. 20); a questo punto Sims e gli altri produttori dovettero necessariamente modificare la produzione delle proprie tavole munendole di simili strap per rimanere al passo col progresso tecnologico, iniziando così l’era delle tavole con gli attacchi, sebbene già anticipata da Milovich. Lo stesso anno Allen Arnbrister, Terry Kidwell e Bob Klein, tre giovani skaters della West Coast, spesero molte ore del proprio tempo libero da scuola a costruire un halfpipe di neve vicino alla discarica

di Tahoe City, California, ispirandosi a quello su cui giravano in skate d’estate. Molto presto altri riders, tra cui non poteva mancare Tom Sims, accorsero alla struttura per provare i primi trick aerei della storia dello snowboard. Un altro passo verso il moderno design delle tavole da neve fu compiuto nel 1980, quando Burton e Winterstick cominciarono entrambi a proporre linee di snowboard con la soletta in P-Tex, importando l’idea dalle tecniche di costruzione degli sci da discesa. Per il momento la sperimentazione rimase applicata solo ad alcuni prototipi ma poco più tardi diventerà uno standard, ad oggi non ancora abbandonato. Nel 1981 un altro evento segnò un punto cardinale per l’evoluzione del design delle tavole da neve: Ri-

1.33

chard Christiansen, proprietario di un surf-shop in Colorado, decise che voleva organizzare una grossa manifestazione di snowboard in cui tutti i riders potessero incontrarsi per una giornata di snowboard, birra e compagnia, insomma una specie di raduno come quelli per gli skaters che si tenevano spesso in California già da tempo.


Non fu affatto facile, ma alla fine trovò un piccolo resort chiamato Ski Cooper, nella cittadina di Leadville, Colorado, che gli permise di sfruttare i propri impianti per mettere in atto il suo progetto; la manifestazione, battezzata King of the Mountain fu un gran successo e passò alla storia come il primo vero contest di snowboard e vi parteciparono praticamente tutti i riders del tempo, Paul Graves, Jake Burton e Tom Sims compresi. Quella fu la

primissima volta che degli snowboarder americani avevano la possibilità di accedere a delle piste battute (almeno legalmente), il carving, tecnica fondamentale per poter surfare sul duro, non era ancora nemmeno concepito e le tavole non erano ancora adatte alla presa di spigolo; se si guardano dei video della competizione ci si accorge, infatti, di quanto la surfata in pista risultasse innaturale a tutti i riders. L’influenza del surf sulle tavole da neve era ancora molto forte.

1.34

28


1 - EVO/ LUZIONE

Chuck B a r fo o t , infatti, fondò quell’anno la sua

Barfoot

Snowboards

lasciando il lavoro alla Sims. Le sue tavole prendevano moltissima ispirazione dal surf da onda e dai principi di galleggiamento: Barfoot fu il primo ad utilizzare la fibra di vetro unita ad un’anima in schiuma, shape a coda di rondine e lunghezze maggiori. Nel frattempo lo snowboard cominciava a farsi conoscere anche in Europa ed in Italia. Nell’81, infatti, dopo un paio d’anni di divertimento con una Backhill importata tramite un suo amico, il torinese

Bob Sorgente pensò che non voleva lasciare tutto il mercato agli americani, così si presentò al MIAS (Mercato Italiano Articolo Sportivo) di Milano con una tavola prodotta da lui praticamente identica alla sua Burton con il nome di Snowsurf. Lo stesso anno si fece avanti un’altra personalità importantissima per la storia dello snowboard in Italia e non solo: Lucio Longoni. Longoni al tempo produceva windsurf e, sentendo parlare di questa nuova tavola da usare sulla neve, cominciò a produrre una prima serie di prototipi da powder in laminato con tre pinnette. L’anno successivo, nel 1982, nacque la Funky Snowboards (vedi pg. 213).

È interessante notare che intorno alla metà degli anni ’80, nonostante lo snowboard fosse un’invenzione americana, il 90 percento delle tavole da neve prodotte venisse esportato in Europa. Questa contraddizione era, probabilmente, figlia del fatto che in Europa i resort non pensarono mai di proibire l’accesso agli snowboarder, in quanto gli sciatori loro clienti erano già abituati da tempo a convivere con amatori e corridori che usavano il monosci e stava cominciando a diffondersi lo scellerato Swingbo, una specie di tavola da skate attaccata ad un paio di minisci… decisamente più criminale dello snowboard!

29


Sempre nell’82, gettando lo sguardo nuovamente oltreoceano, ci imbattiamo in un altro evento cruciale: nel resort di Suicide Six Ski Area a Woodstock, Vermont, il rider Paul Graves organizza una competizione che prese il nome di National

Snowsurfing

Championship

alla quale parteciparono 125 riders di tutte le nazionalità e con attrezzi molto diversi, dallo Snurfer al Winterstick. Il campionato comprendeva una gara di discesa libera ed una di slalom. La discesa libera fu vinta da Sims che, però, si fratturò un pollice schiantandosi contro le protezioni di fieno posizionate all’arrivo, e fu costretto a terminare lì la sua gara. La competizione nel complesso fu vinta da un ragazzo di nome Dog Bouton, uno dei primi rider del team Burton che segnò anche un record: superò la “folle” velocità di 90 Km/h (i riders di oggi superano facilmente i 120).

30

Grazie al successo di questa manifestazione, Suicide Six fu il primo resort americano ad aprire agli snowboarders ed era questione di pochi anni prima che moltissime altre località si adattassero per continuare ad attirare giovani sulle piste.

Non fu una convivenza felice, specialmente nei primi anni, quella tra sciatori e snowboarders sulle piste. Negli Stati Uniti, per tutti gli anni ’70 e buona parte degli ’80 chi voleva scendere una collina innevata in posizione trasversale poteva soltanto raccogliere le energie e salire a piedi o corrompere un addetto agli impianti di risalita con una banconota da 10$ ma doveva comunque stare attento a non farsi vedere sulle piste dagli addetti alla sicurezza perché rischiava sanzioni e addirittura la prigione. Insomma i primi riders americani furono visti per molto tempo come dei criminali, dei pazzi che rischiavano di rompere le gambe agli sciatori sfrecciando come missili. Questa situazione faceva sentire gli snowboarders dell’epoca dei ribelli e, consciamente o no, influenzò la loro immagine facendola collimare con una forte tendenza culturale dell’epoca: lo spirito punk. Occhiali da sole, fasce e creste stravaganti, pantaloni colorati e sprezzante modo di fare; questo era lo snowboarder, e l’industria della neve, sebbene certi pregiudizi siano ormai spariti, ancora oggi produce abbigliamento tecnico e attrezzatura sotto l’influenza di quelle primissime considerazioni.


1 - EVO/ LUZIONE L’accesso alla neve battuta gettò le basi per lo sviluppo dello snowboard verso quella branca che oggi chiameremmo snowboard alpino (vedi pg 61). Nel 1982, infatti, ci fu la prima innovazione progettuale in questo senso: Chris e Bev Sanders fondarono la Avalanche Snowboards e cominciarono la produzione con tre modelli: la Huey, la Dewey, e la Louie. Queste prime Avalanche erano provviste di soletta e top protettivo in formica e core in mogano. La disputa tra i due più importanti marchi cresce. Nel 1983 Jake Burton finanziò la National Snowboarding Champinship a Snow Valley, Vermont; qui si tennero gare di discesa libera e slalom. Nello stesso anno Tom Sims rispose organizzando la World Snowboarding Championship a Soda Springs, Tahoe; in aggiunta alle gare di discesa e slalom, Sims, rapito dall’iniziativa di Kidwell e compagni di pochi anni prima, inserì un contest in halfpipe, diventando la prima persona al mondo ad ospitare una competizione freestyle. Burton e il suo team minacciano di boicottare l’evento ritenendo l’halfpipe una disciplina che nulla aveva a che fare con lo snowboarding… una delle poche pessime intuizioni di Jake! Lo stesso anno Jeff Grell realizza il primo spoiler posteriore per attacchi da snowboard, aprendo una nuova discussione che dura ancora oggi con Louis Fornier, che rivendica la paternità di questa innovazione. Lo spoiler, o meglio highback, permise di migliorare notevolmente la surfata su neve battuta introducendo la possibilità della conduzione sullo spigolo backside; inizialmente questi nuovi attacchi furono usati sulle tavole Flite Snowboard, ma poi cominciarono a venire prodotti per gli attrezzi Sims. Ancora nell’83 la diffusione dello snowboard in Europa comincia a dare i primi frutti: in Francia,

1.36 a Les Arcs, Alain Gaimard, marketing manager della stazione sciistica, dopo aver importato alcuni Winterstick e averli fatti provare ai suoi maestri di sci, tra cui il grande Regis Rolland, decide Apocalypse di produrre Snow, un cortometraggio che si colloca in centro tra una pellicola sportiva e un film d’azione che oggi è considerato un vero e proprio cult, di cui fu protagonista lo stesso Rolland, e che continuò con addirittura due sequel. 31

1.35


Nell’europa dell’83, più precisamente in Svizzera, sull’onda dell’esplosione del nuovo sport, nasce anche Hooger Booger, azienda fondata dai due neo-riders José Fernandès e Antoine Massy. Nel 1984, Mike Olson e l’amico Pete Saari aprirono un altro capitolo di storia fondando la Gnu Snowboards a Burien, Washington. Le tavole che proposero con questo marchio avevano una linea guida comune: abbandonare le pinne timonanti che fino ad allora avevano utilizzato sulle loro tavole autoprodotte ed enfatizzare l’effetto della curva su neve battuta; a questo scopo i prototipi Gnu che dal 1985 andarono alla conquista del mercato furono i primi attrezzi ad avere sciancrature molto profonde che permettevano di curvare in modo aggressivo su fondi duri (vedi pg. 52). Fu un’innovazione talmente rivoluzionaria che pochi anni più tardi venne adottata anche nel mondo dello sci. Su alcune di queste tavole fu anche sperimentato per la prima volta il camber (vedi 32

pg. 102), importato dagli sci, posizionandolo al di sotto del piede posteriore, testandolo, Mike e Pete ebbero la sensazione di poter davvero surfare sulla neve battuta. È proprio grazie a queste sue creature che Olson e Saari sono spesso accreditati come le prime persone ad aver immaginato il principio della carvata sulla neve, rendendoli due dei padri del moderno snowboarding. Capiremo più avanti, infatti, come la sciancratura sia il principio base per poter condurre curve più o meno strette su fondi duri (vedi pg. 117).

1.37


MERVIN MANUFACTURING Nell’estate del 1983, Mike Olson venne contattato da Mervin Winston Lessley III, un collega surfer che si era rivolto a lui per una tavola nuova avendo sentito della sua passione; i due divennero subito amici. Fu proprio Mervin che, l’estate successiva fece incontrare per la prima volta Mike e Pete Saari che, accomunato a loro dall’amore per il surf e per la neve, si aggregò entusiasta al gruppo, appoggiando Mike nel suo sogno della produzione industriale e offrendogli la società.

1.38 Così nacque Gnu Snowboards nel 1984 (vedi pg 32), un marchio che in pochi anni acquistò una grande credibilità, recensito da tutti i magazines di settore compreso Transwolrd Snowboarding, grazie al design innovativo (sciancrature profonde) e al marketing minimale ma d’effetto portato avanti insieme ad un team di atleti notevoli. Nel 1988, tuttavia, Gnu fallì poichè il distributore del marchio non pagò loro le tavole. Mike e Pete non si diedero per vinti e,

lo stesso anno, fondarono un’altra azienda usando il nome dell’amico comune. Nacque dunque la Mervin Manufacturing all’interno della quale venne lanciato il marchio Lib Technologies. Nel 1991 riacquisirono poi i diritti sul marchio Gnu e lo inserirono nella Mervin come linea ad alte performance. La Mervin M. è l’azienda che, nel mondo delle tavole da neve, maggiormente ha puntato sullo spirito innovativo del proprio staff, spirito che si è conservato anche con l’acquisizione da parte della multinazionale sportiva Quicksilver nel 1996, che ha rilasciato l’azenda nel 2013. Portando molte innovazioni interessanti sul mercato come il Magnetracition, la prima sciancratura dentellata (vedi pg. 126), e il primo ponte ibrido (vedi Rocker/camber pg. 110). Oltre ad essere un’azienda moderna dal punto di vista dei progetti, Mike e Pete portano avanti la Mervin M. sforzandosi di avere il minor impatto ambientale possibile usando solo legno proveniente da foreste controllate, bioplastiche per top, solette e fianchetti, metodi di stampa con inchiostri a base d’acqua, etc. 1.39


Contemporaneamente allo sviluppo del concetto di carvata introdotto da Gnu, arrivarono anche gli spigoli metallici, altro concept decisamente rivoluzionario per i riders che per primi esploravano le piste battute. Le lamine di ferro fecero la loro comparsa sul mercato simultaneamente su due modelli alimentando la competizione tra East e West Coast: la mitica Burton Performer e la Sims 1500 FE, entrambe dell’85. Prima di questi due modelli il grip di spigolo veniva affidato, nel migliore dei casi, a due piccole pinnette metalliche che mordevano la neve dura sporgendo dai bordi dell’attrezzo all’incirca a livello del piede posteriore, talvolta queste pinnette erano tre (una centrale), molto spesso non c’erano affatto.

1.40 Nella stessa stagione Sims lancia anche la prima tavola promodel della storia che portava il nome del suo amico Terry Kidwell. La Freestyle Kidwell portò due novità importanti: fu la prima tavola da freestyle ad avere la coda arrotondata e non piatta o a coda di rondine, inoltre era la prima a presentare un ponte negativo su tutto l’attrezzo sebbene, osservandola, è evidente che c’era ancora della strada da fare prima di arrivare al moderno concetto di rocker shape (vedi pg. 104), che arriverà soltanto nel 2005 grazie all’ennesima intuizione di Mike Olson e Pete Saari. Tutte le tavole realizzate fino a quel momento avevano un profilo che possiamo chiamare “oldschool”: la tavola era piatta dalla coda fino a poco prima del nose che si alzava in un piccolo scoop (vedi pg. 53). Le innovazioni tecniche e l’evoluzione dello sport favorisce la diffusione di 13

1.41

massa, tanto che nel mese di Marzo dell’85 nasce Absolutely Radical, la prima vera rivista specializzata dedicata allo snowboarding che dopo la prima uscita cambierà nome in International Snowboarding Magazine. “La rivista aveva il pregio di proporre ai lettori i primi test materiali, report dei contest e articoli corredati da spettacolari fotografie del fotografo Bud Fawcett e contribuì fortemente a legittimare lo sport nei confronti dell’ opinione pubblica.”2

1.42

Giordan A. & Felderer R., Snowboarding - Slopestyle, halfpipe, jibbing, freeride: storia e segreti del surf da neve, Milano, Hoepli, 2013


1 - EVO/ LUZIONE Gli eventi sportivi continuano a fiorire, nel 1986 nasce la prima competizione di snowboard europea, la Swiss Championship, organizzata a St.Moritz e vinta da José Fernandes. Josè non si limitò all’evento europeo e volle partecipare alla World Snowboarding Championship spostata quello stesso anno a Breckenridge, Colorado; vinse anche quella tra lo stupore degli altri atleti, tutti americani. Le sua vittorie diedero visibilità all’innovativo attrezzo con cui aveva gareggiato in entrambe le competizioni:la prima Freestyle HB della sua Hooger Booger [1.43], la tavola che per prima introdusse una sciancratura asimmetrica, (vedi pg. 122) caratteristica che in poco tempo diventerà molto di moda e lo resterà per tutti gli anni ’90.

Insieme ad una rivoluzione editoriale ne ne arriva una nel design: Chuck Barfoot introduce quella che sarà una delle idee più innovative e fondamentali per la nascita dello snowboarding come lo intendiamo oggi, la prima tavola con punta e coda identiche (vedi pg. 115), la Barfoot Twin-Tip, disegnata dal canadese Neil Daffern.

Nello stesso periodo, Jake Burton apre la sua filiale europea a Innsbruck e inizia a commericializzare il primo scarpone moderno con allacciatura esterna e liner (scarpetta) interno inportando il concpt dall’attrezzatura da sci. La popolarità dello sport continua a crescere e nel 1987 arriva il primo numero di Transworld Snowboarding, figlio del già rinomato Transworld Skateboarding, ancora oggi il più autorevole punto di riferimento nell’editoria specializzata internazionale. 1.44 1.43


Questa tavola rappresenta un punto di svolta nella storia dello snowboard, per la prima volta si aveva la possibilità di surfare sia in forward che in fakie. Il freestyle moderno comincia a prendere forma! La forma delle punte non era ancora molto simile a quelle delle odierne tavole da park, erano invece molto allungate, come le moderne tavole da powder, il che evidenzia, nuovamente, che non era ancora tanto facile per i designers allontanarsi dal fantasma dei genitori dello snowboard: i surf da onda. Nonostante ciò questo attrezzo, che diede il nome a tutta una specie di tavole, quelle che ancora oggi chiamiamo appunto twintip, aprì un’immensa area di nuovi trick possibili sfruttando i principi portanti dell’attuale freestyle: la bidirezionalità e la risposta elastica, grazie allo shape innovativo e all’inserimento di laminati in kevlar (vedi pg. 164).

36

1.45


RICORDANDO TOM SIMS (1952-2012) «Pioniere, inventore, innovatore, artista. Idolizzato da alcuni, criticato da altri. Una leggenda.»3 Il 12 settembre 2012 Tom Sims muore a Santa Barbara, nella sua California, in seguito ad un arresto cardiaco. Uno dei padri fondatori dello snowboarding è sparito quel giorno, ma lo spirito folle e grezzo, la creatività che ha portato tanto nel design delle tavole quanto nel modo di carvare una discesa rimane tessuto nelle maglie di quello che lo snowboard è oggi. Moltissimi sono i contributi che Tom ha portato al mondo dell’inverno in posizione trasversale, a partire

1.46 dalla spinta che ha dato con il primo pro-model di Kidwell, con la prima commisione per un halfpipe o il primo modello femminile, per arrivare al

modo in cui ha contribuito alla definizione e alla diffusione della cultura dello snowboard arrivando ad impersonare come stunt-man James Bond in un’improbabile versione invernale. «Tom e il suo team hanno aperto le porte ad un nuovo tipo di riding in cui tutto era possibile ed hanno dato vita agli ideali dello snowboarding: espressione di se stessi, ribellione, divertimento e libertà ad ogni costo. Il suo spirito, che non ha mai smesso di spingere la creatività, vive.»4

1.49

1.47

1.48

“Tom invented the snowboarder.” - Brad Steward 3-4 Gehrard Gross, Remembering Tom Sims, Transworl Snowboarding, 12 Sept 2013


TEMPI MODERNI Lo snowboard si diffonde a macchia d’olio, sembra un mondo completamente diverso da quello degli anni ’70 quando, nel 1990, il resort di Vail apre il primo snowpark della storia, subito imitato da moltissimi comprensori, sull’onda della crescente passione per lo snowboard freestyle. Dove c’è successo ci sono soldi e , come sempre, dove ci sono soldi ci sono dispute; continua infatti quella tra Sims e Burton che finiscono in tribunale per i diritti come sponsor sul prosnowboarder Craig Kelly. Lo stesso anno nasce anche la ISF (international Snowboard Federation), una federazione che si propone di rappresentare un punto di riferimento unificato per tutti i riders del mondo grazie ad un calendario di competizioni unico che permettesse agli

1.50

atleti di gareggiare tutti insieme arrivando a racchiudere nel proprio calendario eventi importantissimi come gli US Open, la Snowboard World Championship. Ma ancora una volta gli interessi generano tensioni, la Federation Ski International, anche conosciuta come FIS, sfruttando la sua enorme influenza sul mondo agonistico degli sport invernali, si arroga il diritto di organizzare numerose importanti competizioni in ambito internazionale arrivando, nel 1995, ad escludere la SFI dal giro delle competizioni mondiali e a farlo fallire definitivamente nel 2002. Sarebbero moltissimi altri gli episodi degni di nota per spiegare il progresso che questo stupendo sport ha subito senza tregua fino ad oggi, partendo dalla prima vittoria in pipe della leggenda Terje Haakonsen agli U.S. Open del ’92 e la prima competizione di freeride nello stesso anno, la World Extreme

Snowboarding Championship


1 - EVO/ LUZIONE in Alaska, per arrivare ai primi Winter X-Games nel ’97 e la prima discesa in snowboard dal tetto del mondo affrontata da Marco Siffredi; tuttavia non è questa la sede ideale per parlarne. Ma per quanto riguarda il “prodotto tavola”, ricapitolando, all’inizio dell’ultimo decennio del secolo scorso l’evoluzione dei progetti delle tavole da neve ha già quasi totalmente delineato quello che sarà il design dello snowboard contemporaneo. Le tavole di quegli anni presentano quasi tutte solette in materiali porosi e a basso coefficiente d’attrito, lamine in acciaio o in acciaio inox, rinforzi in kevlar o fibra di vetro, top protettivi e anime in legni flessibili. Anche lo shape non ha subito enormi variazioni da allora: esistevano già il twin-tip, diversi tipi di sciarcrature, il profilo camber e quello rocker, le punte arrotondate, allungate, le code tronche e le code di rondine. Dai primi anni ’90 ad oggi, in un processo che non accenna ad arrestarsi, il design del surf invernale è ed è stato alla costante ricerca di piccoli perfezionamenti pensati per cercare di stare dietro all’inarrestabile progresso dello sport e per far spiccare le singole produzioni su un 1.51 mercato che coinvolge un sempre crescente numero di appassionati. Le variazioni progettuali che lo snowboard ha subito negli ultimi vent’anni, checché ne dicano i produttori, non hanno affatto stravolto il modo di andare in snowboard, e moltissime delle tecnologie che vediamo oggi sulle nostre tavole sono state, o sono ancora, oggetto di battaglie legali per la paternità del progetto.

Poche sono le tecnologie moderne significative che è possibile collocare con precisione nella storia del design dello snowboard: 1993: Prima tavola wide (vedi pg. 52) realizzata da K2 per riders con i piedi grandi: la Fat Bob; 1996:

Palmer Snowboards, fondata nel ’95 dal pro-rider Shaun Palmer, apre una filiale in Austria proponendo il processo a basso impatto ambientale di produzione dei laminati Pregpeg (vedi pg. 165); 1997:

Palmer

propone il primo snowboard con core interamente in alveolare d’alluminio (vedi pg. 154) parallelamente a Sims che ne lancia uno con solo punta e coda in honeycomb. I progetti erano a loro volta derivati da un prototipo di sci del 1991 con core alveolare;

39

1.52


1998: Sims produce la prima tavola con rinforzi tip-to-tail in fibra di carbonio (vedi pg. 167); 2004:

Mervin Manufacturing propone il brevetto del Magne-Traction, lamine dentellate per una maggior presa di spigolo (vedi pg. 126); 2006: Primo camber ibrido: il Banana Rocker sulla Lib Tech Banana Hammock (vedi pg. 110).

1.53 40

In tutti i casi, i moltissimi brevetti che hanno portato innovazione nel progetto delle tavole da neve, alcuni in misura più importante, altri meno, sono il risultato dell’enorme diffusione che lo snowboarding ha avuto grazie a nomi indimenticabili come Craig Kelly, Shaun “Napalm” Palmer, Terje Haakonsen, Max Perotti, Jamie Linn, Peter Line e poi più tardi Jeremi Jones, Romain De Marchi, Travis Rice, Nicolas Muller, JP Walker, Shaun White, Danny Kass, Giacomo Kratter e tanti altri, riders diventati leggenda e che hanno ispirato, e continuano a farlo, milioni di aspiranti sportivi e li hanno portati a entrare nel surf shop più vicino a casa e buttarsi sul primo slope. Non a caso, infatti, da più di vent’anni le strategie di marketing delle aziende si concentrano sulla formazione dei team di atleti, la produzione dei relativi promodels e sulla promozione di eventi, video e riviste costruendo la reputazione del proprio marchio sullo stile e i successi dei riders che sponsorizzano.


1 - EVO/ LUZIONE

41


«Le nostre vite sono diventate digitali, i nostri amici ora sono virtuali, e qualsiasi cosa potresti mai volere è solo a un passo da qui. Sperimentare il mondo attraverso infinite informazioni di seconda mano non è abbastanza; se vogliamo autenticità dobbiamo intraprenderla. Non conosceremo mai il nostro pieno potenziale finché non ci spingeremo a cercarlo.»5 Questo è il rapporto che lega lo snowboarder allo sport, e ciò che gli permette di viverlo è proprio la sua tavola; con lei il rider condivide emozioni che da solo non avrebbe mai potuto provare, trionfi e delusioni; la maltratta ma allo stesso tempo deve curarla al meglio. Comprendere appieno il carattere di uno snowboard non è puro feticismo tecnico, è semplicemente fare conoscenza... 5 The art of flight, USA-Austria, 2011


2

sistema tavola RIDER

NEVE

TAVOLA


F β° α°

G

L E

R


check up Quando arriveremo al fondo di questo libro saremo maggiormente in grado di comprendere se uno snowboard che abbiamo visto in una vetrina e che ci ha fatto decidere di entrare nel negozio, sia adatto a noi e al nostro stile di riding. Ma, citando il padre del “superuomo”: «il volo non si impara in volo»6, perciò, in questo capitolo, cominceremo ad osservare come è fatta e come funziona una tavola da neve attraverso un primo sguardo alle parti e alle grandezze che la compongono, oltre che alle forze a cui essa è soggetta durante l’utilizzo.

6 Nietzche F., Così parlò Zarathustra, Adelphi, 1993


ANATOMIA «la Scienza che studia la conformazione e la struttura degli esseri viventi.» UNA TAVOLA ha un cuore, uno scheletro, un carattere... (Treccani)

La tavola da neve non è un semplice asse di legno su cui scivolare in posizione trasversale, ma il risultato di progetti elaborati attentamente, testati e perfezionati tramite errori, intuizioni e nuove scoperte. Per poter analizzare questi progetti dobbiamo saper ”leggere” uno snowboard. Impariamo a farlo prendendo come esempio una tavola twin-tip, cioè simmetrica rispetto all’asse trasversale (vedi pg. 114).

2.1


2 - check up/ anatomia lunghezza

larghezza min

larghezza max

lamina effettiva

raggio di sciancratura

scoop

profondità sciancratura

lunghezza di scorrimento

profondità ponte

raggio di centina

punti di contatto

2.2a

ZONE DI APPLICAZIONE PONTE PUNTA

ZONE DI TRANSIZIONE

CODA

2.2b 47


Le parti di uno snowboard (2.2 )

2.3

B

ponte positivo

PONTE/CENTINA È l’incurvatura centrale che la tavola presenta rispetto a una superficie piana, quando si trova appoggiata su di essa a riposo, cioè senza subire la pressione esercitata dal peso del rider. Solitamente, in tutto il mondo, il ponte è identificato col nome di camber, il suo nome inglese che letteralmente significa “curvatura”. Tale termine è spesso utilizzato per definire la tipologia di centina più classica, quella grazie a cui è nato il concetto stesso di ponte; questa è ancora oggi molto diffusa ed è costituita da un “ponte positivo”, che cioè presenta una zona centrale sollevata rispetto alle punte appoggiate a un ideale piano di terra creando un arco orientato verso l’alto. Il ponte può anche essere “piatto”, quindi adiacente al piano di terra, oppure “negativo”, cioè con le punte rialzate rispetto alla zona 48

Ponte PIATTO

PONTE NEGATIVO centrale grazie ad un raggio di curvatura in direzione opposta rispetto a quello tradizionale. Tutti i tipi di ponte possono essere utilizzati singolarmente come forma dominante del profilo della tavola oppure affiancati a formare dei profili ibridi (vedi pag 110).

Zone di applicazione Sono le porzioni di superficie della tavola che vengono in contatto con gli attacchi e

nelle quali trovano dunque alloggiamento gli inserti cui l’attacco si fisserà; queste sono le zone che subiscono una pressione diretta durante l’utilizzo e la trasmettono alle altre parti dello strumento.

Zone di transizione Sono le aree definite dalla differenza tra lamina effettiva e lunghezza di scorrimento; la loro estensione, rapportata a queste due grandezze che


2 - check up/ anatomia definiremo tra poco, determina stabilità e maneggevolezza. Una lamina effettiva più lunga permette maggior stabilità ad alta velocità. Mantenendo invariata tale grandezza, nel caso in cui la lunghezza di scorrimento sia equivalente ad essa, e avremmo perciò una zona di transizione nulla, noteremo che la tavola entrerà in conduzione in maniera molto repentina dando maggior precisione ma, probabilmente, scaraventerà a terra il rider principiante. Se invece carviamo con una tavola con una zona di transizione ampia, dunque con una lunghezza di scorrimento inferiore alla lamina effettiva, l’attrezzo ci permette di inserire la curva in maniera più docile e graduale a discapito però della precisione di curva che si perderà in una lieve derapata. Risulta evidente che uno snowboarder alle prime armi dovrà preferire una tavola con zone di transizione maggiori per passare a una più precisa quando non rischierà più di piantare ad ogni cambio lamina.

Punta e coda Solitamente identificate con il loro nome inglese, rispettivamente nose e tail. Sono le estremità della tavola, nella maggior parte dei casi non sono identiche per simmetria e matericità ma presentano entrambe -sempre il nose e spesso il tailun rialzamento dal terreno detto scoop (dall’inglese “to scoop up” = sollevare) o rocker; questo dislivello aiuta lo scivolamento impedendo alla tavola di infossarsi frontalmente nella neve. Il termine rocker viene anche utilizzato per identificare il profilo di una tavola con ponte negativo dominante. A seconda della specialità cui sarà destinato l’attrezzo, le punte sono sagomate in

modo differente l’una rispetto all’altra (vedi pg. 58 e 128).

Punti di contatto Sono i punti in cui la tavola appoggia su una superficie piana quando in posizione di riposo; sono facilmente individuabili sulla propria tavola appoggiandola su un piano e facendovi scorrere un foglio di carta sotto il ponte verso una delle estremità finché non si blocca. Chiaramente riusciamo a individuare punti di contatto di una tavola con ponte positivo, se ne avessimo una con ponte piatto o negativo, avremmo una superficie di contatto continua al centro o per l’intera lunghezza.

ponte positivo Ponte PIATTO PONTE NEGATIVO

2.4 49


Le grandezze che definiscono una tavola

(2.1A)

rapporto peso/altezza

rachitico

-4cm

preferenze di riding

freestyle

Vediamo, adesso, tutte le grandezze che caratterizzano uno snowboard .

Lunghezza La lunghezza totale dell’attrezzo; sebbene questa non sia una misura che definisce con esattezza una caratteristica prestazionale, essa è la prima misura da cui si parte per la scelta della

LEGGERO

giusto

un po’ pesante

un macigno

-2cm

±ocm

+2cm

+4cm

all-mountain

freeride

powder

±0cm

+2cm

+8cm

-6cm

Livello di abilità

PRINCIPIANTE

-4cm

tavola in quanto, relazionata all’altezza e al peso del rider, ne determina la maneggevolezza e la stabilità. Per scegliere una tavola adatta, il rider deve orientarsi su una lunghezza che equivalga alla distanza tra il pavimento e la sua bocca; da questa misura ci si discosta in base a gusti ed esigenze seguendo, grossomodo, le linee guida che vedete in tabella.

MEZZA PIPPA

GUARDABILE

BRAVO

PRO

-2cm

±0cm

+2cm

+4cm

Tab 2.1 50


2 - check up/ anatomia

Lamina effettiva È la porzione di lamina compresa tra i due punti di massima larghezza, dunque si escludono il nose e il tail. Questa misura corrisponde alla massima parte di lamina che sarà impegnata effettivamente durante una curva in pista, quando il rider spinge al massimo sullo spigolo. Una maggiore lunghezza della lamina effettiva, rapportata al peso del rider, garantisce un miglior grip su neve battuta alle alte velocità.

Lunghezza di scorrimento È la lunghezza della lamina compresa tra i punti di contatto della punta e quelli della coda; questi sono i punti che per primi entreranno in contatto con la neve battuta quando il rider comincia a spingere sugli spigoli in ingresso di curva, rispettivamente in forward e in fakie. Tale misura non corrisponde alla lamina effettiva poiché dipendente dal profilo del ponte; ad esempio, se guardiamo una tavola con ponte negativo, avremo una

lamina che morde dapprima con una porzione centrale limitata, per poi sfruttare la lamina effettiva solo quando molto caricata in conduzione (vedi d. 2.4).

Profondità di centina È la distanza tra il piano di appoggio della tavola e il punto più alto del ponte. Questa grandezza è ovviamente legata al raggio di centina (maggior profondità = minor raggio).Può variare da 0 a ±30 mm.

Raggio di centina Come abbiamo visto, il ponte, e di conseguenza il raggio, può essere positivo, piatto (raggio infinito) o negativo. Questa grandezza influisce su due cose: -risposta elastica; più il ponte sarà accentuato (raggio minore), più esplosivo sarà il ritorno in posizione naturale; al contrario, con un raggio maggiore la tavola sarà meno nervosa. -Manovrabilità: un ponte positivo molto accentuato facilita l’entrata in curva su

neve battuta ma è più difficile da controllare in atterraggio, al contrario un ponte piatto, o ancor di più uno negativo, perdona maggiormente gli errori del freestyler ma è meno precisi in pista.

Larghezza massima È la distanza tra la lamina backside e quella frontside in corrispondenza delle estremità della lamina effettiva; andando dal centro della tavola verso il suo esterno, rappresenta la linea da cui cominciano punta e coda.

Larghezza minima È la distanza tra le lamine misurata sulla sezione centrale dell’attrezzo; è considerata nella scelta della tavola poiché deve tenere in considerazione la grandezza dei piedi del rider. In linea teorica lo scarpone dovrebbe sporgere al massimo di 1 cm e mezzo su ogni lato oltre le lamine per garantire una giusta pressione sullo spigolo evitando che il tallone o la punta dello scarpone tocchino la neve in curva. 51


Questo significa che rider con piedi più grandi hanno bisogno di tavole più larghe; per questo i produttori realizzano alcuni loro attrezzi in diverse versioni in base al rapporto tra larghezza massima e minima che determina la profondità di sciancratura. In ordine dalla più sciancrata alla più “cicciona”, le tavole possono essere: narrow, regular, semiwide, wide (denominazione inglese di uso comune).

Profondità di sciancratura La sciancratura è la curvatura laterale che rende la forma dello snowboard simile a quella di un’arachide; la sua profondità è individuabile appoggiando uno spigolo della tavola perpendicolarmente al piano rettificato; essa corrisponde alla distanza tra questo e il punto centrale dell’arco. Attualmente le tavole prodotte hanno una profondità di sciancratura massima di 26 mm.

52

Raggio di sciancratura Guardando la tavola dall’alto, possiamo dunque osservare che le lamine laterali descrivono un arco; il raggio della circonferenza di cui questo fa parte è il raggio di sciancratura. Esso determina la capacità dello strumento di condurre le curve: una tavola con raggio di sciancratura inferiore a un’altra, permette, a parità d’inclinazione della tavola, la conduzione di curve più strette. Questo ci riporta alle tavole wide, necessarie ai rider con piedi grandi ; esse hanno solitamente un raggio di sciancratura molto ampio, collegata a una scarsa profondità Per limitare lo svantaggio di della stessa, dunque uno snowboarder con i piedi svantaggiano l’atleta grandi, vengono prodotte nelle carvate. delle piastre da inserire sotto Per poter capire gli attacchi che rialzano il visivamente questa piede rispetto alla tavola, in tipologia di tavole questo modo si posticipa osserviamo il disegno il momento in lo scarpone d2.5 in cui R=raggio toccherà la neve durante una della sciancratura, curva, permettendo al rider mentre 156 e 159 di orientarsi, per esempio, su corrispondono alla una semiwide. lunghezza della tavola in centimetri. 2.5


2 - check up/ anatomia

Scoop/rocker

R+n

R

156 regular

Ăˆ il mezzo ponte inverso che rialza le punte dalla neve aumentando la galleggiabilitĂ della tavola impedendole di infossarsi frontalmente; ne esistono di diverse forme e altezze in base alle differenti tipologie di punte usate sulla tavola.

159 wide

2.6 53


fisica 2.7

La tavola da neve è un attrezzo che riceve una gran quantità di sollecitazioni; in base alla disciplina per cui la si usa, ne subisce maggiori di un tipo e minori di un altro. Per questo motivo, ogni attrezzo è progettato con caratteristiche meccaniche e materiche studiate affinché risponda nel modo migliore alle forze cui è soggetto durante l’utilizzo. Per comprendere le forze che giocano

sulla deformazione di uno snowboard, identifichiamolo all’interno di un sistema di assi: longitudinale (Y), trasversale (X) e verticale (Z). Su questa base osserviamo i due principali tipi di deformazione che la nostra tavola subisce

sulla neve, cioè flessione e torsione.

z x

2.8 SNOWBOARD A RIPOSO IN UN SISTEMA DI ASSI X, Y, Z. 54

y


2 - check up/ fisica

flessione Parliamo di flessione di uno snowboard quando osserviamo una deformazione dell’asse longitudinale Y provocata da una forza F, o una somma di forze, che agiscono in direzione grossomodo parallela all’asse Z. Chiaramente, a seconda dell’utilizzo, la deformazione può avvenire verso +Z o -Z. Dipendentemente dai materiali di costruzione (principalmente quelli dell’anima) e dagli spessori della sezione longitudinale, la tavola opporrà una resistenza alla deformazione minore o maggiore. La disponibilità a questo tipo di deformazione è espressa sulle tavole da un valore, chiamato flex longitudinale o semplicemente flex, più questo è alto, più la tavola apparirà morbida a uno sforzo di flessione dell’asse Y. Tale valore corrisponde solitamente a un numero o ad un livello posto all’interno di

F

y una scala che varia a seconda del produttore che la propone, alcuni identificano addirittura un flex alto con un valore basso e viceversa. Se prendiamo due tavole con flex differente, a parità di forza applicata, quella con flex minore, perciò più dura, subirà una deformazione minore rispetto all’altra.

z x

2.9 flessione dell’asse longitudinale Y sotto l’effetto di una forza f.

Un valore di flex più alto conferirà alla tavola una maggior capacità di incurvarsi sotto la pressione che esercita il rider in conduzione, e permetterà perciò curve strette con un angolo di ”piega” minore rispetto a uno snowboard più duro, il quale però trasmetterà meno vibrazioni fornendo maggiore stabilità in 2.10 velocità. Inoltre un flex maggiore facilita notevolmente alcune manovre freestyle come i due press e alcuni grab e dissipa, in parte, gli urti in jibbing e durante gli atterraggi, sebbene, come abbiamo detto, 55


renda la tavola poco stabile sfavorendo il controllo in atterraggio da salti molto grossi. La reazione di una tavola a questa deformazione è una risposta elastica R che agisce sull’intera superficie in maniera distribuita e tende a far tornare l’attrezzo alla sua posizione di riposo, cioè quella in cui la si osserva senza il peso del rider. Questa caratteristica dipende principalmente dal rapporto trazione/compressione delle

56

F

2.11 risposta elastica della tavola (viola) ad una forza F applicata (ARANCIO) fibre che circondano l’anima della tavola e, ovviamente, dalla sua durezza. Una tavola molto morbida sarà meno reattiva di una con un basso

valore di flex. La risposta elastica offre al rider il cosiddetto pop, cioè una spinta di ritorno che


2 - check up/ fisica fornisce slancio per lo stacco e aiuta a chiudere flat-trick su base ollie e nollie e ad uscire saltando da box e rail. Oltre che al tipo di utilizzo, la scelta del flex adatto va fatta anche in base alla corporatura del rider; un atleta pesante ha bisogno di un attrezzo più reattivo rispetto a un’altro più leggero.

Torsione La flessibilità torsionale è la capacità della tavola di subire deformazioni dell'asse trasversale X quando subisce l'azione di un momento torcente M parallelo al piano XZ; anche questa caratteristica è identificata col nome di flex ma

2.10 2.12

specificando sempre che si parla di flex torsionale, quando leggiamo solo flex, ci stiamo riferendo a quello longitudinale. Un buon flex torsionale facilita l'inserimento della tavola in curva; perché? Immaginiamo di surfare in pista su uno snowboard completamente rigido; per eseguire un cambio lamina dovremo sbilanciare tutto il corpo ruotando il baricentro intorno all'asse longitudinale in modo da spostare l'intera pressione da uno spigolo all'altro. Se invece abbiamo un attrezzo che possiamo torcere facilmente, ci basterà spingere col piede anteriore sul tallone o sulle punte sfruttando l’articolazione della caviglia; in questo modo la lamina comincerà a mordere da subito all’altezza del piede, in back se spingo sul tallone e in front se lo faccio M

sulla punta. In un secondo tempo, una volta che il resto del peso si sarà spostato dallo stesso lato, controlleremo nuovamente la conduzione della curva con l'intera lamina. In pratica un flex torsionale alto agevola cambi di direzione veloci, oltre che permettere correzioni di errori di equilibrio; per contro, una tavola morbida sull’asse trasversale offre minor stabilità in velocità obbligando il rider a controllare la tenuta della lamina con uno sforzo delle caviglie. Si capisce, dunque, che un attrezzo che ha un alto grado di questo tipo di flex sarà più adatto a un freestyler che ad uno snowboarder al quale piace scendere «sottile come uno sci e veloce come un proiettile».7

M

z

x 2

2

y

7 Gilchirst Andrew, "Italian Dolomites ski and snowboard safari", The Guardian, 192, Oct 2013

2.13 torsione dell’asse longitudinale y causata da un momento m 57


la montagna

la velocitĂ


famiglie «Non tutti i riders gravitano intorno a linee non ancora tracciate. Persino nel più pazzo dei giorni di powder, molti atleti perdono la testa per i rails, i wall-rides e per la kickerline più grossa.»8

IL GIOCO

8 Rome Hardgoods 12/13, catalogo prodotti, USA, 2012


Uno sport, tante discipline Prima di inoltrarci nell’analisi delle tecnologie e dei metodi di costruzione delle tavole da neve è utile identificare delle tipologie di tavole, legate ognuna a una disciplina sportiva differente, che sono andate definendosi nel corso dell’evoluzione di questo sport; possiamo definire tre macro gruppi, sebbene il perfezionamento delle tecniche abbia portato, oggi, a un mercato molto più frammentato. Se è vero che in origine lo snowboard era solo una tavola per scivolare, è altrettanto vero che la rapidissima espansione della pratica di questo sport ha incoraggiato un’incessante sperimentazione, artigianale in un primo momento e seguita a ruota dal mercato industriale. Questo fenomeno ha spinto i costruttori a partorire progetti che approfondiscono aspetti diversi del riding, alcuni innovativi, altri destinati a fermarsi allo step del Questa “selezione artificiale” primo prototipo. operata sugli snowboard del In questa sede ci limiteremo secolo scorso, ha illuminato, ad osservare la natura e alcuni agli occhi dello sportivo, la caratteri generali dei rami dello sno’ possibilità di scegliere il proprio che questi attrezzi rappresentano; stile di riding preferito, gettando gli accorgimenti progettuali e le fondamenta per la definizione tecnologici ad essi legati saranno di un’ampia gamma di discipline esaminati singolarmente nei accomunate da un meraviglioso capitoli successivi. concept: surfare la neve.

60


ALPINO 2.14

la pratica

BOARDERCROSS Tra le specialità che rientrano nello snowboard alpino, è interessante il boardercross, una vera e propria gara di cross sulla neve, con una forte propensione ai salti; si pratica fianco a fianco con gli atleti avversari su una pista fatta di lunghi kicker e curvoni parabolici. Tra l’altro il SBX, altro nome dello stesso sport, è l’unica specialità dello snowboard alpino in cui gli atleti utilizzano tavole soft (vedi pg. 72).

Quelle che rientrano nello snowboard alpino sono le discipline dello snowboard per chi ama la velocità e le traiettorie precise. È una maniera di interpretare la discesa che si avvicina molto a quella di chi pratica sci alpino, tant’è vero che hanno lo stesso nome così come alcune delle loro specialità: slalom gigante, slalom parallelo, SuperG, … Praticare lo snowboard in questo modo significa essere precisi, surfare veloce, carvare “sdraiati per terra”.

2.15 61


Il terreno Parliamo di conduzione precisa, quindi è ovvio pensare che questa disciplina si pratichi esclusivamente sulle nevi battute sulle quali le lamine possono fare il loro lavoro tagliando la neve dura senza che la tavola affondi, permettendo al rider di correre sugli spigoli come se fossero sui binari. Se però l’ultima nevicata risale a un mese fa, o se è primavera, è possibile che le piste su cui ci troviamo a scendere abbiano il fondo ghiacciato o molle. È chiaro che né l’una né l’altra sono condizioni ideali se si è alla ricerca della presa perfetta alla massima velocità; nel primo caso, infatti, il ghiaccio rende difficoltosa la presa della lamina, anche se è ben affilata, nel secondo, invece, la tavola affonderà un po’ e sarà molto rallentata dalla consistenza “granitosa” della neve.

L’attrezzo

2.17 62

Le tavole alpine sono progettate con l’obiettivo di fornire la massima capacità di condurre curve lungo linee precise sulle nevi battute delle piste; per questo motivo sono più lunghe delle altre e con zone di transizione molto ridotte , attenzioni che hanno lo scopo di massimizzare la lunghezza della lamina effettiva. Questi caratteri rendono


2 - famiglie/ alpino

la tavola da alpino carattere

Progresso

2.13 2.16

Massima presa di lamina

Direzionalità e massima lamina effettiva

Discesa in fakie

Stabilità in velocità su pista

Modesta flessibilità

Maneggevolezza

Maneggevolezza Velocità

Buona leggerezza

Precisione e rapidità dei cambi in conduzione

Massimo precarico sulle lamine

Grip su neve battuta

Massima scorrevolezza soletta

Velocità

la tavola più precisa ma non molto facile da gestire; questo è il motivo per cui difficilmente vedremo ai piedi di un principiante. Vediamo le altre caratteristiche tipiche di questi strumenti. principiante.

sacrificio

Costi materiali

Maneggevolezza Permissività errori in pista

Costi soletta

Pop

Flex

min max

min max

Conduzione

Velocità min max

min max

Maneggevolezza

Permissività

min max

min max

63


2.18

FREERIDE la pratica Quello per cui lo snowboard è nato: la discesa su terreni naturali. Il freerider ama fare uscite in backcountry, con pochi amici, lontano dalla folla dei resort, vivendo appieno il contatto con la montagna. La maggior parte degli snowboarder che si lanciano in questa disciplina, scala e surfa i pendii nevosi armati solo della propria attrezzatura, tanta passione e resistenza fisica; questo è quello che si intende per puro backcountry. I freerider più organizzati, invece, a volte preferiscono fare su e giù con il piccolo aiuto delle motoslitte in modo da potersi divertire surfando più a lungo con fatica notevolmente minore. Infine ci sono i rider “alieni”, quelli che si fanno scaricare su una vetta dagli elicotteri; dico alieni perché solitamente sono persone che hanno possibilità fuori dalla portata della maggior

64

parte dei comuni terrestri: alcuni possono farlo perché ne hanno semplicemente la capacità economica, altri sono rider così “di un altro pianeta” che riescono a trovare dei supersponsor che si accollano tutta la spesa per mandarli in giro per il mondo a girare videopart di discese spettacolari sui pendii più suggestivi della Terra.

2.19


Il terreno Come dice il termine stesso, il freeride possiamo praticarlo ovunque. S’intende freeride anche girare sulle piste battute dei resort o nei fuoripista adiacenti, anche se, di solito i terreni prediletti dei veri freerider sono ampi pendii coperti di neve invernale, quindi abbondante e farinosa, che regalano al rider una divertentissima sensazione di vero galleggiamento. Il “surfare-liberi”, comunque, è anche la discesa nei boschi e su creste, dunque su terreni molto variabili sia rispetto al manto nevoso sia agli ostacoli che possiamo jibbare. È surfare su nevi primaverili, più pesanti e faticose ma comunque divertenti, su nevi crostose per l’azione del vento e del freddo; è, infine, il riding a bordo pista, un terreno spesso imprevedibile, che mischia la fresca di passaggi ancora intonsi con le gobbe quasi battute delle linee su cui sono già passati in tanti.

L’attrezzo Vista la varietà di condizioni in cui un freerider può trovarsi, esistono molti tipi di tavole per il freeride, che si differenziano anche parecchio tra di loro, in base ad accorgimenti progettuali, materiali etc. Ad esempio, possiamo comprare una tavola perfetta per la fresca ma difficile da portare appena ci troviamo su un terreno un

2.20

po’ più compatto. Possiamo risalire, però, a delle linee guida, comuni a tutti questi attrezzi, che ci consentono di racchiudere molti modelli all’interno di questa famiglia, sebbene alcuni di essi tendano a sviluppare maggiormente alcuni aspetti che hanno priorità secondaria su altri modelli. Nell’attrezzatura da freeride tutte le attenzioni sono volte a massimizzare la capacitò di galleggiamento; tutti gli altri aspetti prestazionali della tavola, sebbene molto importanti per la scelta dell’attrezzo, sono secondari, poiché qualsiasi tipo di manovra in neve fresca risulta impossibile se non ci si muove adeguatamente sulla superficie.

2.21


la tavola da freeride Progresso

carattere

sacrificio

Massimo galleggiamento

Direzionalità

Riding in fakie

Reattività su tutti i terreni

Elevato pop

/

Maggior maneggevolezza Minor sprofondamento

Elevata leggerezza

Flex min max

Pop min max

Costi materiali

Velocità

Facilità di trasporto in salita

min max

Gestibilità su terreni difficili

Modesta flessibilità

Maneggevolezza nei trick

Massimo galleggiamento

Peso rider arretrato

Riding in fakie

Conduzione min

Minor sprofondamento

Pesi attrezzo distribuiti

Riding in fakie

Elevata resistenza a impatti

Elevata durezza

Peso

Maneggevolezza min

Massimo galleggiamento

Profilo “flottante”

Permissività errori in pista

max

max

Precisione e rapidità dei cambi in conduzione

Permissività Resistenza su tutti i terreni naturali

66

Massima durezza soletta

Costi soletta

min

max


freestyle 2.22

la pratica

Il terreno

Il freestyle è la disciplina che consiste in un utilizzo spettacolare dello snowboard, che prevede qualsiasi tipo di acrobazia: air-trick e flat-trick in pista, salti dai kicker, jibbing su box, rail e su qualsiasi altro tipo di struttura non innevata. Tra gli utilizzi freestyle troviamo infine la disciplina regina, la gara che sognano la maggior parte dei freestyler dal giorno in cui affrontano il primo mini-kicker blu, stiamo parlando, ovviamente, dell’halfpipe.

I terreni su cui si pratica il freestyle sono molteplici; il più classico è indubbiamente

lo snowpark, in pratica il parco giochi dello snowboarder. Il park è uno spazio, spesso inserito in un resort di piste, 2.23

67


dedicato esclusivamente al freestyle; qui il rider può cimentarsi in qualsiasi tipo di trick, avvalendosi della comodità di un’area con neve battuta. In queste aree troviamo solitamente salti classici con dente, flat e landing fresati dai macchinari e strutture per il jibbing in plastica, metallo, legno, etc. come box e rail di ogni genere; in park ben gestiti possiamo vedere anche funbox, wall-ride, scale,

rampe, casette, e tutto quello che la mente di un rider può concepire . Accanto ad alcuni snowpark c’è poi un cartello tentatore, quello che ci indica che possiamo avventurarci sul pipe, dunque parliamo di un terreno particolare, una grossa struttura a forma di mezzo tubo caratterizzato da neve molto dura fresata con gatti con lame speciali dedicate. Comunque nulla ci vieta, buon senso permettendo, di

2.24

2.25

68


2.26

trickeggiare su qualsiasi cosa troviamo lungo le piste e in freeride: panchine, tronchi, muretti, gatti delle nevi, sciatori caduti, ... Spesso succede che dei freerider con animo da grilli decidano di armarsi di pale e partire alla ricerca di un pendio adatto a realizzare dei kicker fai-da-te che li sparino su un morbido landing di neve farinosa; in questo caso, quindi, si avrà una situazione con manto variabile poiché avremo un kicker ovviamente di neve compattata, anche se artigianalmente, in un contesto di fresca, preferibilmente invernale (polverosa) perché è meno faticosa da gestire nei cambi di suolo e negli atterraggi oltre che, ovviamente, fornire un piacevole cuscino in caso di errore. Come abbiamo capito, il freestyle è fantasia e un pizzico di pazzia, basta un po’ di neve e il park ce lo possiamo inventare; per questo motivo è ormai diffusissima la pratica dello street-snowboarding, cioè l’esecuzione di acrobazie freestyle in città,

sfruttando tutto quello che abbiamo intorno: scale, muri, mancorrenti, ringhiere, tettoie, guardrail, e chi più ne ha più ne metta.

L’attrezzo È logico, e corretto, pensare ancora una volta che per ogni sottocategoria del freestyle esistano delle tavole dedicate, adatte più a un certo tipo di utilizzo che a un altro. Fatta questa premessa, possiamo individuare, in base alle caratteristiche degli attrezzi, una famiglia di tavole adatte agli utilizzi freestyle, che si è evoluta per rispondere alle esigenze dettate dalla pratica di queste discipline.

Per esempio esistono tavole pensate per il jibbing e per i rail che, tra le altre cose, hanno un elevatissimo grado di flex longitudinale, dunque non hanno un pop propriamente “esplosivo”, e una shapeatura super permissiva che non aiuta la presa di spigolo rendendo facili le scivolate. Al contrario, le tavole da pipe devono essere super reattive, quindi sono un po’ meno flessibili delle precedenti, e devono tenere in piedi il rider durante gli atterraggi non proprio centrali, perciò sono studiate per fornire una buona presa di spigolo.


la tavola da freestyle Progresso

carattere

Riding in forward e fakie indifferente

Bidirezionalità

Reattività sui kicker e in jibbing

Elevato pop

Facilità di esecuzione dei trick

Massima leggerezza

sacrificio

Flex min

max

Galleggiamento

Pop min

Flessibilità o costi anima

max

Costi materiali

Velocità min

Rischio di caduta inferiore a parità di “pulizia” del trick

Buona permissività

Adattabilità a rider di medio livello

max

Precisione e rapidità dei cambi in conduzione

Conduzione min

Assorbimento impatti Spazio alla fantasia motoria

Elevata flessibilità

max

Costi materiali

Facilità di jibbing

Buona resistenza a impatti

Possibilità di jibbing improvvisato

Buona durezza

Ottima scorrevolezza e durezza soletta

Peso

Maneggevolezza min max

Costi soletta

Permissività Facilità di esecuzione dei trick

70

Massima maneggevolezza

Stabilità in velocità su pista Galleggiamento

min

max


2 - famiglie/ freeride Sono considerati attrezzi freestyle anche le cosiddette tavole All-mountain; come ci suggerisce il nome stesso, sono snowboard che permettono di fare un po’ di tutto, dalla discesa in pista alle session in park, alle surfate in fresca. Proponendo un utilizzo ibrido, la tavola All-mountain nasce sulla base di uno snowboard freestyle che ruba alcune delle caratteristiche degli attrezzi alpini e da freeride, mitigando così il proprio carattere giocherellone; sarà quindi flessibile ma non troppo, non bidirezionale ma quasi, maneggevole e permissiva ma senza esagerare. Questi caratteri di polivalenza hanno fatto si che questo tipo di tavole divenisse, ad oggi, il più diffuso tra i rider che non sentono la necessità di specializzarsi in una disciplina sacrificando gli altri divertimenti possibili.

71


catalogazione attrezzi 2.27

Tutte le tavole da neve rientrano in una delle tre famiglie appena citate, eppure, oltre che in base alla disciplina per cui sono progettate, esse sono comunemente identificate anche in base ad alcuni aspetti riguardanti il loro disegno complessivo e la tipologia di attrezzatura secondaria che completa il setup.

soft La maggior parte delle tavole attualmente in produzione appartiene a questo segmento di mercato. Nonostante il nome con cui queste tavole vengono identificate, non è detto che siano attrezzi estremamente flessibili; sebbene il termine soft derivi dal fatto che le prime tavole progettate in questo modo furono studiate per l’utilizzo freestyle ed erano, perciò attrezzi piuttosto flessibili, fanno parte di questa famiglia tavole progettate per il freestyle, ma anche per 72

il freeride e perfino per il boardercross, che, essendo una specialità alpina, prevede l’utilizzo di attrezzi tutt’altro che morbidi. Allora cos’è una soft? In realtà con questo terAd esempio, per una tamine si identifica vola da park avremo atsemplicemente trezzi perfettamente simuno snowboard metrici, con punta e coda con punta e coda costruiti con gli stessi identiche o simimateriali, per il freeride li quando visto invece, le tavole vengodall’alto; mentre no prodotte con il nose nel profilo, così più alto rispetto al tail e, come nella scelspesso, più flessibile poita dei materiali, ché subisce maggiori solla somiglianza lecitazioni e deve potersi tra le due estreflettere, al contrario della mità dipende dal coda che deve mantenetarget sportivo. re la surfata stabile.


2 - famiglie/ cat. attrezzi Su queste tavole si montano sempre, almeno quando si punta ad ottenere delle buone prestazioni, i classici attacchi da snowboard con spoiler e archetto posteriori, pad elastomerico antiscivolo e cinghie a cricchetto, chiamati anch’essi soft per associazione di compatibilità e

realizzato in molteplici varianti a seconda che ci si orienti a un utilizzo più freestyle o più freeride. Chiaramente gli scarponi da accoppiarvi sono le tradizionali calzature tecniche che vengono “legate” all’interno dell’attacco stringendo sui cricchetti.

2.28

Hard Tutte le tavole di questo tipo sono costruite per le discipline alpine, dunque, come abbiamo detto, sono progettate con un occhio di riguardo alla conduzione. Per questo motivo le hard sono molto strette e lunghe, presentano una punta poco allungata e non molto rialzata da terra, e una coda piatta e tronca che permette di “stirare” la lamina effettiva allungandola fino alla coda; questi accorgimenti permettono di massimizzare il contatto della lamina con la neve aumentando la presa di spigolo ma scarificano molto la maneggevolezza e la permissività dell’attrezzo. Inoltre, su questi snowboard si devono montare attacchi e scarponi dedicati molto rigidi; questo tipo di attrezzatura secondaria risulta, per forma, materiali e meccanismi, parecchio differente da quella che si usa sulle soft mentre non è per nulla dissimile dai set che si usano sugli sci da discesa. Questa è una concezione progettuale della tavola da neve strettamente connesso all’utilizzo

73


2.29 in pista; le hard, infatti, sono nate quando i resort sciistici hanno aperto i battenti agli snowboarder, prima che si sviluppasse la tendenza del freestyle che avrebbe portato con sé l’innovazione della tavola soft. Queste tavole

74

hanno riscosso, ai tempi, moltissimo successo perché permettevano, in pista, un tipo di discesa basato sulle carvate, cosa che le tavole da fresca (le uniche che esistevano a quei tempi) non erano nemmeno lontanamente in grado di fare. Dopo la nascita delle soft orientate al freeride e il loro perfezionamento tecnico come All-mountain, le tavole hard cominciarono a raccogliere sempre meno pubblico, che invece si avvicinava allo sport attraverso attrezzi più versatili; comunque, sebbene dalla loro nascita le tavole soft abbiano fulmineamente conquistato una grossissima fetta del mercato dello snowboard, ancora nella metà degli anni novanta la percentuale di rider su hard e su soft non si allontanava molto dal 50/50.


2 - famiglie/ cat. attrezzi

Splitboard Come dice lo stesso nome sono tavole “splittate”, cioè composte da due pezzi affiancabili longitudinalmente; quelle prodotte industrialmente hanno lamine sia all’esterno sia all’interno ma essendo unicamente usate in neve fresca, qualche appassionato decide di lanciarsi nel fai-da-te semplicemente sezionando in due parti un qualsiasi snowboard (da freeride) e rinforzate con resina epossidica sui bordi scoperti dal taglio. Dunque la destinazione di questi attrezzi è esclusivamente l’utilizzo in backcountry legato alla pratica dello snowboard alpinismo; il rider che ama questo tipo di uscite e possiede una split avrà il notevole vantaggio di poter affrontare le risalite quasi come se avesse ai piedi due sci, il che significa una distribuzione del proprio peso sulla neve decisamente maggiore rispetto all’alpinismo con le racchette, nonché una comodità di spostamento migliore se paragonata al trasporto della tavola a spalle fino in cima e successiva discesa con le racchette nello 2.24 zaino.

Le split sono dunque attrezzi estremamente adatti all’utilizzo in neve fresca, specialmente con un manto molto farinoso, per contro, però, non hanno un buon comportamento su terreni più duri, carattere dovuto proprio alla loro natura di oggetto modulare, che incide in modo penalizzante su aspetti di stabilità e di omogeneità della risposta elastica e del flex. Gli scarponi utilizzabili con queste tavole sono quelli classici da soft, mentre per gli attacchi se ne sono sviluppate diverse versioni, dedicate o adattabili ai soft, con lo scopo di averne 2 tipi in uno: per la salita due attacchi paralleli liberi posteriormente che permettano di trascinare “gli sci” alzando il tallone come con gli sci da alpinismo, per la discesa dei tradizionali attacchi con spoiler e cricchetti.

2.30 75


Il design di uno snowboard, così come quello di qualsiasi altra cosa naturale o artificiale, è soggetto a leggi fisiche e su queste si basa per progettare modifiche che regolano le prestazioni che un atleta sarà in grado di compiere quando girerà sull’attrezzo in questione. Ebbene, la fisica ci dice che né l’uomo né il legno sono in grado di volare... eppure i pro-riders ci hanno dimostrato che uno snowboarder con la sua compagna cricchettata ai piedi può farlo! Quello che andremo ad analizzare nei prossimi capitoli sono i progetti, i brevetti, le tecnologie, i materiali che danno vita alle nostre tavole da neve; ma se è vero che nelle prossime pagine troverete descrizioni rigorose di tecnologie che sembrano spiegarsi in modo oggettivo sulla base di dati tecnici, è altrettanto vero che la sensazione che un attrezzo dà sotto i piedi dipende da chi ci sta surfando sopra. Perciò, metaforicamente, mi permetto di dire che in questo sport quello che leggiamo sui cataloghi è una “fisica relativa”. Lo sno’ non è solo una tavola ma è la sintonia tra lei e il rider.


3

prodotto tavola



costruzione Ad oggi sono state inventate una miriade di tecniche, scoperti decine di materiali innovativi, provate un’infinità di combinazioni per realizzare tavole da neve; tantissime aziende hanno aperto i battenti, molte hanno chiuso o sono state assorbite, ma chi ci lavorava o ci lavora non smette mai di cercare altri modi per portare le proprie idee su una tavola. Tutto questo è possibile solo grazie alla passione di tutti i riders. «Da noi tutti, grazie di fare snowboard!»9

9 Nitro Hardgoods 14/15, catalogo prodotti, ITA, 2014


panoramica componenti 2.31

Ormai lo sappiamo, lo snowboard non è solo un pezzo di legno. E allora cos’è? Se ne sezionassimo uno scopriremmo che le tavole da neve sono realizzate in strati di materiali differenti. Uno di questi costituisce la struttura portante, altri servono per rinforzare il sistema, altri ancora per dargli più risposta elastica; ci sono gli strati che fungono da protezione e quelli che servono per scivolare nel modo corretto sulla neve.

Per comprendere davvero a fondo il comportamento di uno snowboard durante l’utilizzo dobbiamo entrare all’interno del suo processo produttivo e imparare a conoscerne la struttura. In questa sede ci limiteremo a identificarli visivamente, l’analisi approfondita di ognuna di queste parti sarà analizzata nella sezione Componenti che troveremo fra qualche pagina.

Abbiamo bisogno di dare un nome agli strati che compongono le tavole da neve

80


3 - COSTRUZIONE/ panoramica

INSERTI TOP

LAMINATI

FIANCHETTI

ANIMA

PUNTALE

ANTIVIBRANTI

SOLETTA LAMINE RESINA

3.1

81


Permettono il fissaggio degli attacchi per gli scarponi; la loro quantità e disposizione è determinata dalla disciplina a cui la tavola è destinata.

inserti

Strato superiore; costituisce una protezione da usura e dai raggi UV per le parti strutturali della tavola e ospita le grafiche che caratterizzano il modello.

top

Strati di rinforzo; incrementano le caratteristiche di reattività elastica e rigidità della tavola ponendo un fine-corsa alla deformazione dell’anima evitando crepe e rotture.

LAMINATI

Cuore strutturale della tavola; dalle sue caratteristiche materiche dipendono la maggior parte dei comportamenti riguardo maneggevolezza, reattività, assorbimento degli urti.

ANIMA

Ritaglio polimerico posto sulla punta del core; serve come protezione agli urti e per impedire che l'acqua penetri all'interno e venga assorbita dal legno dell'anima.

PUNTALE 82


3 - COSTRUZIONE/ panoramica

Bordatura dei livelli interni; rappresentano una protezione perimetrica degli strati strutturali della tavola compattandoli, inoltre trasmettono le pressioni del rider alle lamine.

fianchetti

Ritagli elastomerici posizionati in punti strategici; dissipano parte delle vibrazioni subite dalle lamine evitando che si propaghino fino ai piedi del rider.

ANTIVIBRANTI

Bordi perimetrali della soletta; determinano la capacità di conduzione dell’attrezzo su ghiaccio e neve compatta.

lamine

Strato a contatto con la neve; a seconda del materiale e della lavorazione da cui la si ottiene si determinano durabilità e velocità di scivolamento della tavola.

SOLETTA

Legante; viene stesa in forma liquida tra uno strato e l’altro e fatta solidificare sotto la pressa in modo che mantenga unite le componenti con la formatura desiderata.

resina 83


ASSEMBLAGGIO

Sebbene gli elementi che compongono le tavole siano pressochĂŠ sempre gli stessi e il procedimento di produzione si svolga sempre con i medesimi passaggi (che analizzeremo fra poco), non tutti gli snowboard sono costruiti con la stessa tecnica di assemblaggio degli strati..

Sono tre i metodi di assemblaggio che fino ad oggi hanno avuto un riscontro concreto sul mercato. Sandwich Ogni strato dello snowboard viene incollato orizzontalmente in maniera perfettamente piatta sul precedente mentre un fianchetto in materiale polimerico o elastomerico 3.3 è disposto sul perimetro sotto i due strati superiori (top e laminato), appoggiandolo inferiormente alla lamina o all’antivibrante su di essa, in questo modo avvolge interamente l’anima fungendone da protezione. Questo tipo di costruzione, oltre che rappresentare una protezione, presenta una importante caratteristica, quella di riuscire a trasmettere alle lamine, tramite un elemento intermedio, le pressioni che il rider esercita sul top in maniera molto precisa e bilanciata.

3.2


3 - COSTRUZIONE/ assemblaggio Inoltre, essendo la tecnologia fino ad oggi maggiormente utilizzata per la costruzione degli snowboard, ha raggiunto ormai un altissimo livello di

perfezionamento per quanto riguarda i macchinari utilizzati ed il metodo di realizzazione; perciò, quando compreremo una tavola sandwich, non dovremo avere nessun timore di veder scollarsi delle parti dello snowboard dopo una giornata di maltrattamenti in street.

Cap Questo metodo di costruzione non prevede l’utilizzo di alcun fianchetto poiché sfrutta una diversa formatura del foglio polimerico superiore per fungere da protezione. In pratica gli strati che vengono incollati non sono tutti piatti, infatti il top viene stampato con bordature che vanno a contenere gli altri strati e appoggiano sulle lamine, mentre lo strato superiore di fibra viene fatto aderire a questo internamente formando un “cappuccio” di due strati. Questa tecnica ha principalmente due vantaggi: rende la tavola un pochino più leggera liberandosi del peso del fianchetto e fornisce un minimo miglioramento del pop della tavola. Vediamo, invece, quali svantaggi comporta e come. Sezionando una tavola assemblata con il metodo cap notiamo che il top ha la forma di una trave a C, il che significa che si contrappone maggiormente ad una deformazione dell’asse longitudinale. Questo non influisce quasi per niente sul comportamento torsionale della tavola ma porta ad un aumento della risposta elastica longitudinale, con conseguente diminuzione del flex sullo stesso asse; il problema è che, essendo il top realizzato con un materiale “morto”, il flex e il pop saranno un pò meno “dinamici” rispetto a quelli forniti da un’anima in legno con fianchetto (magari anche questo in legno), perdendo qualcosina in vivacità.

3.4

Infine, alcune ricerche di marketing hanno rilevato che una tavola cap viene percepita dagli acquirenti, alla vista, come qualitativamente inferiore rispetto ad una con i fianchetti. Per tali motivi questo sistema di costruzione è stato quasi abbandonato da quasi tutti i produttori.

85


Mezzo-Cap Un metodo ibrido che miscela le due precedenti tecniche; qui la fibra avvolge il core fino alla lamina, e il top accenna la parte superiore del cap per poi unirsi a un fianchetto piÚ basso rispetto a quello del sandwich. Questo progetto risulta fornire una discreta trasmissione della pressione alle lamine ed appare una via di mezzo tra sandwich e cap per quanto riguarda flex e leggerezza. Non è un metodo molto diffuso, principalmente per via dei maggiori costi relazionati al non essenziale miglioramento che fornisce, motivo per cui si trova soltanto su tavole top di gamma. Un altro ibrido che ha pressochÊ gli stessi vantaggi, è un metodo in cui una costruzione sandwich sui lati si converte gradualmente in un cap a partire dal centro verso le punte.

86

3.5


PROCESSO PRODUTTIVO 3.6

Più avanti vedremo come, a seconda dei volume di vendita e delle strategie di marketig dell’azienda, la produzione sia affidata oppure no, e in modo più o meno significativo, agli automatismi del progresso tecnologico. Ma, sia che le tavole vengano prodotte al ritmo di cinquecento pezzi al giorno in uno stabilimento cinese con centinaia di dipendenti specializzati, sia che le realizzi un artigiano nel

proprio laboratorio spendendoci ore e fatica, il procedimento per passare dai semilavorati all’attrezzo finito è pressoché sempre lo stesso e si articola nelle fasi di progettazione e realizzazione delle singole componenti e delle grafiche, nell’assemblaggio in pressa e, infine, nella finitura dell’attrezzo in modo da renderlo pronto .per essere testato su uno slope.

Scelta materiali Realizzazione strati da semilavorati Design shape singole componenti

Prepazione artwork

Assemblaggio e pressatura

Finitura

Applicazione grafiche su top e soletta 87


La prima fase di produzione degli snowboard consiste, come per tutti i prodotti funzionali, in una fase di progettazione che si svolge seduti dietro ad una scrivania in uno studio. In questa fase vengono definite innanzitutto quelle che dovranno essere le linee complessive dell’attrezzo. A seconda dello shape che si vuole dare alla tavola finita verrano realizzati differenti stampi e controstampi (vedi pg.92), una coppia per ogni misura di ogni modello. Oggetto di importanti attenzioni è anche lo shape dell’anima della tavola: sulla base delle esigenze di prestazione che si richiedono all’attrezzo in questione, il core sarà realizzato con linee differenti. Molto spesso, trattandosi di un lavoro di estrema precisione, si prepara anche un modello matematico del core che servirà in fase di produzione per la realizzazione con fresatrici a controllo numerico (ovviamente escluse le produzioni puramente artigianali).

Allo stesso tempo, un illustratore prepara gli schizzi per le grafiche che dovranno comparire sopra e sotto la tavola. In fase di produzione queste verrano poi applicate alle superfici in vista della tavola attraverso diversi metodi possibili (vedi pg 199). Trattandosi di un lavoro prevalentemente creativo, sia per l’ideazione delle grafiche, sia per l’elaborazione di nuovi concept per gli shape, i progettisti di solito preferiscono lavorare prima su schizzi manuali per poi portare tutto su pc in un secondo momento. Infine, fa parte del lavoro di progettazione anche la scelta dei materiali e dei semilavorati da utilizzare per la realizzazione delle singole componenti. Vedremo, infatti, più avanti, come ogni strato dello snowboard possa fornire caratteristiche meccaniche differenti a seconda della materia prima di cui è costituito e del metodo con cui è realizzato.

PRIMA DI ANDARE IN FABBRICA: CARTA, PENNA E DIGITALE

88

3.7


3 - COSTRUZIONE/ processo La fase di preparazione dei materiali si articola in diverse operazioni, alcune automatizzate, altre manuali, che hanno lo scopo di preparare singolarmente ogni componente all’assemblaggio finale. Le lavorazioni dei diversi strati possono essere fatte in contemporanea da più operai.

preparazione a controllo numerico La componente che certamente richiede una preparazione più attenta è il core. Prendiamo in analisi un core in legno, il tipo più largamente diffuso (vedi pg 145). La maggior parte delle tavole woodcore sono costituite da più tipi di legno, si parte dunque dal sagomare, a partire da diversi tronchi, dei lunghi listelli sottili che vengono poi affiancati ed incollati a formare un sottile semilavorato piano fatto di più tipi di legno [3.8] e [3.9]. A dire la verità non sono moltissime le aziende di snowboard che per realizzare le anime si prendono la briga di tagliare personalmente il legno partendo da un tronco di pioppo con tutta la corteccia, nella maggioranza dei casi in fabbrica arrivano semilavorati già pronti in attesa di essere sagomati come da progetto.

3.8

«È come un panino prima prepari tutti gli ingredienti e dopo li metti insieme» (Isacco - Funky S.)

3.9 89


L’anima viene poi posizionata sotto una fresatrice a controllo numerico che asporta del materiale [3.10] e [3.11] definendo il suo profilo, lo spessore, eventuali scavi di alleggerimento

3.10

e/o di incremento del flex. DopodichĂŠ, sotto la stessa macchina ma con una fresa differente, vengono praticati i fori in cui verranno posizionate le boccole per gli attacchi [3.12].

3.11

3.12

3.13 Infine, vengono incastonate le boccole nei fori appena fatti in modo da avere uno strato completo pronto per la posa. Talvola le boccole vengono battute all’interno dei fori insieme ad un sottile foglio di fibra di vetro, questo garantirà maggior tenuta elastica della struttura quando si andranno a stringere le viti degli attacchi. 90

3.14


3 - COSTRUZIONE/ processo Anche la soletta è sagomata con l’ausilio di una fresatrice automatica. la sua forma sarà infatti fondamentale a definire lo shape della tavola poichè intorno ad essa saranno avvolte le lamine all’interno dello stampo che serviranno da guida per la finitura di tutte le altre parti [3.15]. Vedremo più avanti che le solette possono essere di diverso tipo (vedi pg 172), tuttavia la loro realizzazione a partire da polveri polimeriche è affidata ad una differente filiera produttiva che fornisce alla fabbrica di tavole il

semilavorato polimerico sotto forma di rotolo che viene troncato in segmenti della lunghezza necessaria. Anche la realizzazione delle grafiche può avvenire con metodi differenti (vedi pg 199) ed è un’operazione che deve essere effettuata prima della fase di assemblaggio: nel caso di grafiche sublimate la soletta viene posta, ancor prima della sagomatura, sotto una serie di macchine che vi imprimono i vari pigmenti tramite trasferimento [3.180]; se si tratta di grafiche in fustelle, vedremo prima la sagomatura di ogni elemento del “puzzle” a partire da rotoli di plastiche di diverso colore, che poi saranno assemblati ad incastro [3.179]; infine, se le grafiche sono incapsulate si procederà ad una semplice stampa su carta per poi inviare alla sagomatura una soletta trasparente.

3.15 I fianchetti ed il puntale, infine, sono le uniche altre componenti che vengono preparate a controllo numerico a partire da estrusi polimerici . I fianchetti vengono rifilati in modo da adattarsi allo spessore del core andando a stringersi dal centro verso le punte, il puntale, ricavato da un rotolo di spessore pari alla parte finale del core, è sagomato in modo da poter essere affiancato ad esso formare una protezione di un centimetro circa sulle punte.

Dopo la sagomatura di precisione la soletta è posta nello stampo in attesa delle lamine che la avvolgeranno.

3.16

3.17 91


preparazione manuale La preparazione degli altri strati non richiede la stessa dovizia di particolari ed attenzione tecnica, viene infatti utilizzato del materiale in eccesso che sarà poi asportato in fase di finitura. I rinforzi in fogli di fibra di vetro, il top ed eventuali grafiche su carta sono tutti tagliati in fogli rettangolari con misure abbondanti sia in lunghezza che in larghezza rispetto all’ingombro reale della tavola in modo da essere certi che durante l’applicazione ogni strato sia in grado di coprire al 100% la superficie di quello sottostante. Più o meno la stessa cosa accade per i rinforzi in nastri e gli antivibranti elastomerici; questi vengono tagliati in strisce o sagomati facendo sempre attenzione ad abbondare il materiale oltre il perimetro dell’anima. Grazie a tale metodo di preparazione, l’attrezzo uscirà dalla pressa con molto materiale in eccesso ma, quando questo sarà asportato, ogni strato combacierà perfettamente con quelli sottostanti.

3.20 92

3.18

3.19 Prima di procedere alle fasi di assemblaggio è necessario disporre di due elementi fondamentali per la corretta shapeatura del prodotto finito: uno stampo e un controstampo. Lo stampo [3.20] è un sottile contenitore in alluminio con un bassofondo che ha l’esatto contorno della tavola stessa; serve per poter incollare gli strati facendoli combaciare nella giusta posizione evitando che si spostino durante la pressatura.


3 - COSTRUZIONE/ processo Il controstampo, invece, costituisce un negativo per il profilo della tavola. È solitamente in legno e rappresenta la superficie inferiore della pressa in cui verranno schiacciati gli elementi che andranno a costituire la tavola. Questi sono perciò deformati durante la pressatura aderendo alla superficie del controstampo e, una volta asciugata la resina, rimarranno definitivamente immobilizzati in tale posizione.

quando si hanno tutti i materiali pronti si passa all'assemblaggio

Le lamine arrivano in fabbrica già pronte per essere montate o, al massimo, sotto forma di rotolo in attesa di taglio a misura.

3.21

SOVRAPPOSIZIONE Come abbiamo avuto modo di capire, la fase di preparazione dei materiali non ha un ordine ben preciso, l'importante è che tutte le componenti siano pronte prima di passare alla fase di incollaggio. Una volta che si dipone di tutto il necessario, si può dunque procedere con la sovrapposizione. Per prima cosa si posiziona la soletta all'interno dello stampo dedicato al modello che stiamo realizzando [3.15] e vi si avvolgono le lamine in modo che aderiscano perfettamente ai bordi interni dello stampo [3.23 così da uniformare tutta la linea di tavole prodotte allo shape progettato.

3.23 93

3.22


A questo punto, tenendo il tutto fermo utilizzando dei morsetti a molla, viene steso un primo strato di resina (il collante utilizzato per tutti gli strati) facendo bene attenzione a distenderla nella giusta quantità ed in maniera uniforme senza creare bolle d'aria che creerebbero discontinuità e punti deboli nella tavola finita.

Nella maggior parte dei casi questa operazione è svolta da un operaio che stende il prodotto a mano servendosi di una spatola, tuttavia nelle grosse fabbriche ci si serve di appositi macchinari settati per disporla in maniera perfettamente omogenea mentre un addetto controlla semplicemente il risultato.

3.24 Dopodiché viene posizionato lo strato successivo, che solitmente è un laminato intero di fibra di vetro biassiale o triassiale (vedi pg 170). Questo viene posizionato in modo che i suoi bordi fuoriescano dalla sagoma dello stampo, sia per lunghezza che per larghezza, e disteso in modo che aderisca nella maniera migliore possibile alla soletta cosparsa di resina. Di nuovo si versa la resina collante e si sparge omogeneamente. In queste fasi di stesa del collante sui laminati si fa sentire la differenza tra 94

il processo fatto manualmente da un operaio ed uno automatizzato, con vantaggi e svantaggi da entrambe le parti. Nel primo caso l'addetto che sparge la resina ha la possibilità di controllare passo passo l'assorbimento della resina da parte del tessuto e, nel caso trovi dei punti di minore assorbimento duvuti a imperfezioni del laminato, fare una seconda passata; per contro il processo automatizzato, oltre a ridurre i tempi di lavorazione, non è soggetto ad errori e sparge la resina in modo perfettamente uniforme.


3 - COSTRUZIONE/ processo A questo punto viene posizionata l'anima con gli iserti già incastonati nei fori e vi si affiancano i puntali polimerici facendoli aderire perfettamente alle punte del core con un pò di resina [3.173]. Di nuovo si blocca il tutto con i morsetti e vi si sparge un altro strato di resina [3.25]. Poi si prendono le strisce di gomma preparate, che fungeranno da antivibranti, si cospargono di resina e si posizionano lungo i bordi del core [3.26] e in altri punti della tavola come da progetto (solitamente se ne inserisce un ritaglio sulla punta per contrastare le vibrazioni dovute all'utilizzo in freeride), in questo modo le vibrazioni che giungono al top, e quindi alle gambe del rider, saranno smorzate. Talvolta queste strisce di assorbimento vengono posizionate tra l'anima e le lamine; un'alternativa piÚ o meno equivalente a quella descritta, a discrezione nel produttore. Al di sopra del core possono essere inseriti dei ritagli di laminati in carbonio o in altro materiale [3.19] che conferiscono migliore resistenza in punti strategici a seconda dell'utilizzo che si pensa di fare dell'attrezzo in questione (vedi pg.166).

3.25

3.26

3.27

Carbonio oppure no, sul core si posiziona sempre un secondo strato completo di fibra di vetro e, ancora una volta si cosparge di resina. Infine si completa la tavola facendo aderire agli strati giĂ cosparsi di resina i fianchetti e il top che vanno a chiudere il tutto lasciando il posto alla fase di pressatura che compatterĂ tutti gli strati per renderli un corpo unico.

3.28

95


PRESSATURA Una volta sistemati tutti gli strati cosparsi di resina all'interno dello stampo, si può passare alla fase "fissativa": legare definitivamente le componenti le une alle altre all'interno di una pressa meccanica/pneumatica [3.29]. Abbiamo già visto il controstampo, la parte inferiore della pressa che definisce il profilo dell'attrezzo finito, la parte superiore della pressa è, invece, costituita da: una struttura rigida semovente sull'asse verticale con un profilo che si avvicina il più possibile ad una via di mezzo tra tutti i controstampi utilizzati; una parte deformabile, solitamente costituita da manichette di gomma rinforzate in tela gonfiate ad aria compressa, che spinge lo stampo verso il basso adattandosi, ed adattando lo stampo, alla forma del controstampo sottostante.

Si procede innanzitutto chiudendo lo stampo con il proprio coperchio, cioè semplicemente un sottile foglio di lamiera che funge da protezione per gli strati e per la pressa stessa evitando che la resina in eccesso, che traborderà dai lati durante l'operazione, le incolli. Il coperchio, inoltre, serve a garantire una pressatura uniforme. Chiuso lo stampo lo si inserisce tra le due parti della pressa appoggiandolo sul controstampo. La pressa viene dunque avviata e la tavola viene deformata fino ad acquisire lo shape progettato. La pressione di 3 Bar e una temperatura intorno ai 90°C, applicate per circa 70 minuti, compattano gli strati e asciugano la resina. Quando la pressa viene aperta, estraendo lo stampo ed aprendolo, ci si trova davanti l'attrezzo incollato con eccedenza di materiali e di resina seccata in attesa di finitura.

pressione e calore fissano gli strati definitivamente

STRUTTURA RIGIDA CUSCINO D'ARIA

controstampo

STAMPO

3.29 96


3 - COSTRUZIONE/ processo

FINITURA Come abbiamo detto, la tavola appena uscita dalla pressa presenta dei materiali in avanzo che devono essere asportati per poi passare al condizionamento per l'utilizzo vero e proprio. Questa fase inizia con la rifilatura di tutti i materiali sulla base dello shape definito dalle lamine che vengono usate come guide [3.30].

3.30

A questo punto la tavola ha finalmente l'aspetto di uno snowboard, ma bisogna renderla in grado di portarci giù dalle montagne. Si procede quindi alla levigazione delle lamine su delle mole [3.31] che le rendono affilate al punto giusto definendone l'angolo d'incidenza e l'angolo d'inclinazione (vedi pg 183). Dopodiché si rifinisce la soletta, anche questa viene levigata in modo da eliminare qualsiasi imperfezione dalla superficie e renderla completamente liscia così che scivoli al meglio sulla neve [3.32]. Dopo la levigatura la soletta viene sciolinata con appositi macchinari che spargono la cera in modo uniforme e nella quantità necessaria. Infine si eliminano tutte le piccole eccedenze di materiale, le cosiddette "bavette", dai bordi dei fianchetti e dalle punte in modo da renderla più presentabile [3.33]. Tutte le operazioni di finitura possono essere eseguite, ancora una volta, da un operaio specializzato con l'ausilio di macchinari, o dagli automatismi di un processo industriale avanzato.

3.31

3.32

3.33 97



SHAPE Lo shape, letteralmente forma; questo concetto si riferisce appunto al disegno della tavola da neve nella sua interezza, prendendo in considerazione le linee del profilo, delle sciancrature e delle punte. Abbiamo già accennato al fatto che le prestazioni di una tavola derivano dalle proprietà di flex e di pop definite dai materiali e dalle forme di anima e dei livelli di fibra e approfondiremo l’argomento nel prossimo capitolo, ma ancora prima dobbiamo considerare la forma dell’attrezzo, che è l’aspetto che maggiormente influenza un rider nella scelta del proprio attrezzo perché è quello che definisce in maniera macroscopica la disciplina a cui ogni snowboard si presta maggiormente. «è vero, dai ad un pro-rider una mensola con degli attacchi e lui ci jibberà ugualmente, ma quanti di noi hanno la gamba necessaria a rendere superflua la tecnologia?»10

10 www.snowgang.it


Per definire lo shape di una tavola dobbiamo analizzare profilo, orientamento, sciancratura e punte. 100


PROFILO Il profilo, cioè la linea che disegna la tavola quando la guardiamo lateralmente a filo del piano di terra, è, insieme allo shape (vedi sezione successiva), uno dei primi aspetti che un rider considera quando va alla ricerca della propria compagna per l’inverno. Nella maggior parte dei casi, la forma dell’intero profilo corrisponde a quella del ponte (vedi sez. Anatomia) , anche se talvolta, come vedremo, un profilo può essere composto da più ponti differenti affiancati; per questo motivo, proprio come accade per il ponte, il profilo viene identificato come camber, termine ormai legato indissolubilmente ad un tipo di profilo noto a tutti i rider, che vedremo fra poco. Il profilo è importante perché è strettamente collegato alla pressione che il rider esercita sulla tavola durante l’utilizzo: maggiore sarà l’altezza dell’arco, maggiore sarà il precarico con cui l’attrezzo spinge i punti di contatto verso la neve; viceversa quando l’arco è rivolto verso il basso (ponte negativo) il precarico sarà rivolto ad allontanare la lamina dalla pista.


CAMBER PROFILO

3.34 3.35

Nomi commerciali: CAMBER [Tutti i produttori con eventuali prefissi a seconda della profondità o del tipo di utilizzo: MICRO−, MINI−, PIPE−, HARD−, etc]

Il camber tradizionale, o semplicemente camber, rappresenta la prima tecnologia di formatura del profilo studiata per condurre l’attrezzo sulla neve battuta; tutt’oggi è un profilo molto diffuso perché molti rider, solitamente di livello avanzato, lo considerano ancora il miglior compromesso per surfare la montagna in tutte le condizioni e con qualsiasi stile. Questo profilo caratterizza la tavola attraverso un ponte positivo che rialza il centro della tavola spingendo sui punti di contatto adiacenti al piano di terra, che si trovano più o meno in corrispondenza degli estremi della lamina effettiva.

Conduzione e permissività Un materiale elastico, una volta deformato, imprimerà una forza opposta a quella di deformazione per ritornare alla posizione di riposo. Ciò significa che, quando il rider è sulla tavola, la pressione che il suo peso esercita spinge il ponte nella neve e forza ancora maggiormente i punti di contatto verso il basso; questo comporta la massima presa di lamina permettendo carvate precise e decise con cambi lamina repentini. L’altra faccia della stessa medaglia è una minor 102

permissività rispetto agli errori del rider. Immaginiamo, per esempio, di eseguire un salto con una rotazione ma girandolo un pochino lento; in fase di atterraggio ci troveremo ad appoggiare la tavola sulla neve quando questa ancora non è parallela alla direzione in cui stiamo andando. Ebbene, in questo caso la tendenza del camber di “buttar giù” la lamina ci darà poche possibilità di rimediare all’errore terminando la rotazione scivolando sulla soletta e, probabilmente ci catapulterà bruscamente a terra.


3 - shape/ profilo

Elasticità Abbiamo visto che un profilo di questo tipo comporta, sul piano, un precarico della zona centrale verso l’alto rispetto alle estremità del ponte, ma cosa significa questo in termini di risposta elastica? Se appoggiamo una tavola camber a riposo su un piano e vi applichiamo una pressione nel centro, si deformerà diventando adiacente al terreno; nel momento in cui rilasciamo la pressione, l’attrezzo subirà un “effetto molla” che, spingendo sui punti di contatto, porterà verso l’alto la zona centrale riportandolo alla posizione di riposo. Questa forza rappresenta parte del pop che la tavola fornisce in risposta alla deformazione provocata dal rider durante la preparazione di

3.36

un salto o durante un press. In poche parole, a parità di materiali, il camber ci fa ollare più alto perché, se abbiamo abbastanza gamba per sfruttare questa elasticità, il precarico della tavola, mista al giusto movimento ci fornirà una spinta maggiore a quella di una tavola con profilo diverso.

Se paragoniamo quantitativamente la forza di precarico di un camber alla risposta elastica che provoca un buono slancio per un ollie su una qualsiasi tavola, essa appare piuttosto contenuta. Perciò, ragionando per percentuali, questo comportamento risulta essere d’aiuto solo come bonus, anche perché, se non si ha gamba, la spinta delle punte verso il basso renderà solo più difficile trovare la coordinazione per lo stacco.

103


ROCKER PROFILO

3.37 3.38

Nomi commerciali: ROCKER [Quasi tutti i produttori con eventuali prefissi a seconda della profondità o del tipo di utilizzo: CONTINUUM−, DEEP−, POWDER−, etc.]

Il camber inverso (in quanto opposto a quello tradizionale) è chiamato comunemente “rocker” poiché riprende su tutta la tavola la curvatura verso l’alto tipica delle punte (vedi pg. 53), o anche “banana” per via della sua forma ad arco unico. In pratica, se guardiamo la tavola di profilo, notiamo che è costituita da un ponte negativo continuo che va dalla punta alla coda. Questo è un progetto più giovane del camber tradizionale, ma ha velocemente preso piede tra gli snowboarder che amano il jibbing su ogni terreno e la surfata in fresca, ed è oggi, grazie alla sua facilità di utilizzo, il tipo di profilo più diffuso tra gli amatori.

Conduzione e permissività Avendo questo tipo di profilo “sbananato” in posizione di riposo, una tavola rocker sotto sforzo tende a spingere verso l’alto le punte dell’attrezzo e , di conseguenza i punti di ingresso della lamina effettiva; questo comporta, rispetto al camber tradizionale, una minor capacità di conduzione precisa e un inserimento in curva meno deciso sulle nevi compatte e ghiacciate. Se è vero che rappresenta uno svantaggio 104

in pista e sul ghiaccio, la spinta delle punte verso l’alto costituisce un aiuto per il rider che si lancia in backcountry, poiché favorisce il galleggiamento sulla neve morbida o farinosa. Per lo stesso motivo, una tavola sbananata sarà parecchio più permissiva di una camber; la naturale tendenza a portar su le punte facilita l’inizio di una rotazione in stacco e ci permette di chiudere in slide le rotazioni scarse, nonché di cimentarci in jibbing fantasiosi senza prendere brutti controlamina.


3 - shape/ profilo Bisogna fare attenzione, tuttavia, a non interpretare questa permissività come una caratteristica propria di un attrezzo adatto ai principianti, anzi, molti maestri, e riders in generale, concordano che imparare con una banana sia controproducente perché non consente al principiante di imparare la giusta tecnica e la corretta postura, facendogli portare dietro degli errori che poi saranno difficili da correggere se deciderà di passare ad una camber, facendogoli prendere parecchie botte.

Elasticità Essendo l’esatto opposto del camber tradizionale, una tavola rocker presenta, come abbiamo detto, un precarico delle punte verso l’alto. Tradotto in termini di pop, questo significa una piccola penalizzazione nella potenza di stacco durante l’esecuzione di trick come ollie e nollie rispetto ad una camber; d’altro canto, avremo maggiore risposta elastica in uscita da un rail agganciato in boardslide o in lipslide.

3.39 105


FLAT PROFILO

3.40 3.41

Nomi commerciali: FLAT o ZERO [Quasi tutti i produttori con eventuali prefissi per caratterizzazione: SUPER−, TOTAL−, etc.]

Una tavola flat è uno snowboard piatto in cui i punti di contatto non sono effettivamente punti ma un’area che si estende all’intera superficie della soletta compresa tra le lamine effettive (circa); ciò significa che, se osserviamo la tavola di profilo su un piano rettificato, essa sarà perfettamente adiacente al piano per tutta la superficie compresa tra gli scoop delle punte. Il flat, chiamato spesso anche “zero camber”per ovvie ragioni, è un profilo che rappresenta un compromesso tra le caratteristiche del camber e quelle del rocker, infatti, questo tipo di profilo è nato per l’utilizzo freestyle polivalente; le flat vengono molto utilizzate dai freestyler che vogliono una tavola che li porti in street, in park e in pipe, con sacrifici prestazionali accettabili per ogni disciplina.

Conduzione e permissività Le zero camber sono tavole che molti riders apprezzano per la loro versatilità. Permettono una buona conduzione sulle nevi battute del park e della pista poiché, sebbene non spingano autonomamente le lamine sul ghiaccio, forniscono una buona capacità di inserimento in curva quando sono spinte dal rider. Inoltre, nonostante non spingano verso l’alto la punta in powder come fanno le sbananate, 106

garantiscono, a parità di superficie, un galleggiamento in fresca migliore delle camber, in quanto non tendono a puntarsi; le tavole flat orientate all’utilizzo in freeride vengono realizzate con una curvatura del rocker delle punte più accentuato e/o più allungato verso il centro dell’attrezzo, proprio per migliorare la tendenza al galleggiamento. Un attrezzo con profilo flat, sebbene fornisca un discreto ingresso di lamina e di conseguenza


3 - shape/ profilo una buona fluidità di movimento in conduzione, si rivela ottimo anche per il jibbing e per i salti dato che, se il peso del rider è bilanciato in modo corretto, la tavola scivola in slide con un effetto saponetta simile a quello delle rocker, perdonandoci una rotazione chiusa male e permettendoci di jibbare come ci pare su qualsiasi terreno.

Elasticità Come abbiamo avuto modo di capire, il flat è una via di mezzo tra il camber tradizionale e quello inverso; risulta quindi evidente che questi attrezzi non possiedono nessun

precarico elastico intrinseco in quanto gli strati vengono incollati in una pressa che deforma soltanto le punte senza pretensionare le fibre al centro della tavola. La loro reattività è dunque definita esclusivamente dalle proprietà dei materiali che compongono gli strati e dipende al 100% dalle capacità delle gambe del rider. Con una zero saremo in grado di ollare alto sforzandoci solo un po’ di più che se avessimo una camber e, allo stesso modo, saremo potenti sganciando un rail in boardslide centrale, quasi come se avessimo una rocker.

3.42 107


camber vs

rocker vs

flat

108

Compariamo (indicativamente) le precarico che generano tre tavole osservandole a riposo, in utilizzo cioè quando il rider surfa scorrendo soletta, e in carving.

forze di differenti di piatto, sull’intera


3 - shape/ profilo

camber

a riposo P/2

P/2 F

N/2

F/2

F/2

utilizzo di piatto

N/2

(P+c)/2

(P+c)/2 2F (N+C)/2

F

F

UTILIZZO IN CARVING

(N+C)/2

In cui: F

Coefficiente di precarico dovuto al tipo di profilo; è una delle componenti della risposta elastica dell’attrezzo.

p

Forza peso esercitata dal rider

n

Reazione generata dalla neve in risposta al peso (uguale e contraria); forza distribuita uniformemente sull’intera lamina effettiva, qui rappresentata dalle due risultanti agli estremi.

c

Forza centripeta

c

Forza centrifuga

a riposo

flat

P/2

P/2 F=0

N/2

N/2

utilizzo di piatto (P+c)/2

(P+c)/2 F (N+C)/2

F/2

F/2

UTILIZZO IN CARVING

(N+C)/2

rocker

a riposo P/2

P/2 F/2

F/2 F

N/2

N/2

utilizzo di piatto (P+c)/2

(P+c)/2 F=0

(N+C)/2

UTILIZZO IN CARVING

(N+C)/2

3.43

109


ibridi PROFILO

Negli ultimi anni, oltre a questi tre profili più comuni che abbiamo analizzato nelle pagine precedenti. sono state sperimentate diverse varianti con ponte multiplo con lo scopo di trovare setup sempre più adatti ad ogni tipo di riding. Ognuna delle seguenti tecnologie è stata introdotta sul mercato e, molto spesso, brevettata da questa o quella azienda produttrice ma, come spesso accade in un mercato con molta concorrenza, le altre case hanno volta per volta aggirato le proprietà intellettuali attraverso piccole modifiche sui

Rocker + camber

progetti e introdotto sul mercato attrezzi shapeati in modo quasi identico, cambiando semplicemente il nome del brevetto. Per questo motivo la maggioranza dei profili che andremo ad analizzare di seguito non saranno indicati con i nomi che sentiremmo nei surf-shop ma avranno, in questa sede, denominazione riferita alle tre tecnologie principali che abbiamo visto nei paragrafi precedenti e corrisponderanno, ognuno, a più brevetti con principio di funzionamento simile, adottati con diverse denominazioni da diversi produttori.

3.44 Nomi commerciali: GULLWING [Nitro], FLYING-V [Burton], MTN-POP [Rome] ,EZ-ROCK, I-ROCK [Flow], RC [Neversummer], TRIPLE ROCKER [Drake], #9-COMBO-HYBRID [Technine], LOWRIZE [Ride], etc.

Il primo ibrido a fare la sua comparsa sul mercato e ad oggi uno dei più diffusi, è stato introdotto da Libtech nel 2005 con l’uscita della linea TRS. Oggi è proposto con piccole modifiche da molte aziende, anche in diverse varianti (LibTech e Gnu stesse ne producono diverse versioni simili: EC2, C2, XC2, C3, !BTX!). Spesso è chiamato profilo ad “ali di gabbiano”, definizione scelta anche da Nitro per il suo marchio. 110


3 - shape/ profilo È costituito da un profilo a ponte inverso dominante con due piccoli camber tradizionali sotto i piedi. In alcune interessanti varianti il rocker centrale ha un raggio molto piccolo e, per questo, accenna una forma a V nel centro. Questo tipo di profilo consente di beneficiare della permissività e degli altri vantaggi del rocker, tra cui un flex molto giocoso e una ottima attitudine al galleggiamento in fresca. Inoltre, rispetto alle sbananate, questo profilo guadagna in reattività sugli ollie (anche se è un feeling un po’ diverso da quello del pop di una camber) e in stabilità, infatti, se il peso del rider è ben centrato sull’attrezzo, i due piccoli camber sotto gli attacchi permettono un’ottima conduzione anche alle alte velocità.

Camber + rocker

3.45 Nomi commerciali: CAMROCK [Nidecker-Slash + Technine + Amplid], POSITIVE [Endeavor], AMPTEK [Rossignol] ,CROSS PROFILE [Salomon], PEACE-POP [Stepchild], LOCK AND LOAD [DC], etc.

Questo profilo si distingue per la presenza di un ponte positivo più corto del normale, che termina sotto i piedi, al di là dei quali comincia una zona rockerata in modo pià o meno accentuato che termina nelle punte alzandole maggiormente dalla neve rispetto alle camber tradizionali. È detto, talvolta, profilo “a baffo” per evidenti ragioni. Una conformazione del genere permette di conservare un ottimo pop tipico delle camber ed allo stesso tempo una buona stabilità; allo stesso tempo, la conformazione del profilo all’esterno degli attacchi conferisce maggior permissività tramite una riduzione del precarico in corrispondenza dei punti di aggancio delle lamine. Lo scoop accentuato permette un buon galleggiamento in neve fresca.

rocker + flat

3.46 Nomi commerciali: BTX [Libtech-Gnu]

Concept apparentemente molto simile al rocker+camber, la tavola presenta un rocker centrale e una zona flat a partire dall’interno degli attacchi fino agli scoop delle punte. Questo profilo è studiato per incrementare leggermente la presa di lamina delle tavole sbananate mantenendo pressoché la stessa facilità di utilizzo; a detta di molti riders che l’hanno provato, il feeling è praticamente lo stesso che offre una qualsiasi rocker. 111


doppio rocker / rocker parabolico

3.47 Nomi commerciali: PARABOLIC [Arbor], V-ROCKER [Burton].

È un tipo di profilo in cui il ponte è totalmente negativo ma non omogeneo; nel centro della tavola risulta più accentuato della solita banana per poi tendere ad addolcirsi maggiore verso le punte. Alcune varianti di questa tecnologia utilizzano un raggio di centina doppio o multiplo, minore al centro e maggiore dopo gli attacchi, altre aziende utilizzano un profilo parabolico che va, analogamente ma in maniera omogenea, ad aprirsi verso l’esterno. Qui lo scopo è quello di portare al massimo la permissività dell’attrezzo senza peggiorare ulteriormente la stabilità rispetto ad un normale rocker.

profilo da POWDER

3.48 Nomi commerciali: S-ROCKER [Burton], C1-BTX [Libtech-Gnu], FLOATING-ROCKER [Elan] , DIRECTIONAL-ROCKER [Nidecker-Jones], POWDER-S [Rome], POWDER-ROCKER [Volkl], etc.

È l’unica tipologia di camber evidentemente direzionale in qualsiasi variante venga proposta; il concept nasce con l’intento di realizzare una tavola con le migliori caratteristiche possibili per il freeride. Questo ibrido prevede un profilo diviso in due parti, un ponte positivo (o più raramente piatto) posteriore ed uno negativo anteriore con uno scoop molto accentuato. Il camber si sviluppa sotto e dietro i piedi dello snowboarder, con un estremo in corrispondenza del tail e l’altro sotto gli inserti per l’attacco anteriore che, trattandosi di tavole da neve fresca, sono molto arretrati verso la coda (Vedi pg. 116). Questo profilo asimmetrico rispetto all’asse longitudinale permette al rider di poter contare su una piena potenza di pop surfando in forward e , allo stesso tempo, permette di mantenere un buon controllo su nevi ventate o dure sebbene l’ingresso in curva non sia molto deciso a causa del rocker anteriore. Tra il piede anteriore e l’estremo del nose, dunque, il profilo è costituito da un rocker molto accentuato, spesso parabolico, che fornisce al meglio il galleggiamento necessario per il backcountry invernale.

112


3 - shape/ profilo

flat + rocker

3.49 Nomi commerciali: ANTICAMBER [DC], FREESTYLE-ROCKER [Volkl], #9-ROCKS-REVERSE [Technine] , FREEPOP, NOHANG-UPS [Rome], JIB-ROCKER [Elan], FLAT-OUT [Nitro], BC-BASELINE [K2], etc.

Un ibrido semplice che punta a migliorare la stabilità della tecnologia rocker espandendo la zona di contatto centrale fino all’altezza degli attacchi. Ne risulta una tavola flat con scoop molto lunghi verso le punte; questo accorgimento punta a realizzare una tavola con il feeling di una zero camber con la permissività tipica di una sbananata.

flat + CAMBER

3.50 Nomi commerciali: TT [Libtech-Gnu], MICROCAMBER [DC], SKATECAMBER [Drake], ROOFCHOP [Nitro], PRECISION-BASELINE [K2], etc.

Il progetto alla base di questo tipo di camber è un disegno in cui, a riposo, si nota un ponte piatto dominante che scende verso le punte con due mezzi camber per poi riprendere la curvatura verso l’alto dello scoop esterno. Questo è un profilo interessante perché fornisce un precarico dei punti di contatto verso la neve ma , quando si surfa centrali sulla soletta, da il feeling permissivo di una flat. In pratica fornisce al rider una buona presa di lamina, quasi come quella che ci si aspetta da un ponte tradizionale, nonché un ottima spinta in pop ma permette di avvertire meno il rischio di contro lamina, poiché in slide tende ad alzare molto le punte come una rocker.

113


orientamento L’orientamento, quindi la definizione di “un avanti e un indietro”, è solitamente chiamato shape, letteralmente forma; sebbene sia solo uno dei parametri che definiscono la forma complessiva della tavola, è di uso comune identificare con questo nome tale aspetto, che risulta dominante ad una prima analisi dello snowboard. Se è infatti vero che, in base ai nostri gusti di riding, dobbiamo analizzare il profilo della tavola per scegliere quella più adatta, è altrettanto vero che, ancor prima di avventurarci nel dubbio di quale camber scegliere, dobbiamo escludere una serie di tavole in base al loro shape, cioè la combinazione tra le forme di punta e coda, e la disposizione degli inserti per gli attacchi che determina il passo (stance) del rider. Questo aspetto palesa, già ad una prima occhiata, l’utilizzo per cui l’attrezzo è stato progettato e, talvolta, rende molto scomodo l’utilizzo in contesti estranei al proprio.


3 - shape/ profilo

twintip

W

H

PUNTA

CODA

H

W

Chiamate anche true-twin o real twin, Nomi commerciali: TWIN-TIP o TRUE-TWIN o REAL TWIN [Tutti i produttori]. sono tavole totalmente simmetriche 3.51 D D su tutti e tre gli assi passanti per il centro. Ciò significa che punta e coda sono identiche sia in larghezza, che in lunghezza, che in altezza e che gli inserti, e di conseguenza il passo, sono perfettamente centrati sulla lunghezza L L dello snowboard. Questo shape è dichiaratamente una conformazione per attrezzi da freestyle, in quanto rende del tutto indifferente l’utilizzo in forward e in switch; d’altro canto è uno shape piuttosto diffuso anche tra alcuni freeriders, solitamente esperti, che sacrificano un po’ della comodità nel galleggiamento di una direzionale in cambio di un po’ di giocosità che permette di trickeggiare giù dalla montagna. Solitamente le twin-tip da freeride hanno le punte visibilmente allungate, per evitare il più possibile lo sprofondamento in fresca.

Twin-direzionali

PUNTA

CODA

W

H

H

W

Pensate per un utilizzo polivalente, Nomi commerciali: DIRECTIONAL-TWIN [Tutti i produttori]. sono tavole in cui gli inserti sono 3.52 D+ Dleggermente arretrati verso la coda ma, nella maggior parte dei casi, punta e coda risultano geometricamente identiche; in alcuni modelli il nose è lievemente più lungo o ha scoop un po’ maggiore della coda ma la larghezza L L rimane la stessa. La loro versatilità è data dalla possibilità di montare gli attacchi in svariate posizioni: da una abbastanza arretrata con passo breve, sfruttabile in conduzione su neve battuta o per galleggiare in fresca, ad una centrata con passo lungo per cimentarsi in qualche trick. 115


direzionali

3.54 116

FISH SHAPE Tra le tavole direzionali ne troviamo alcune con vocazione decisamente freeride, come, tra le altre, le creazioni dell’artigiano Taro Tamai. Le tavole dette “Fish-shape” sono quelle che presentano una notevole differenza di ampiezza tra il nose ed il tail. L’importante differenza di superficie, ovviamente maggiore in punta e minore sulla coda, permette al rider di essere facilitato nel galleggiamento in neve fresca. Questo carattere, tuttavia le rende poco performanti su nevi battute o dure. Spesso le Fish presentano code di rondine o di pesce (vedi pg. 131 e 133) più o meno profonde, allo scopo di accentuare ancora la capacità di galleggiamento nella powder invernale.

H+

W+

PUNTA

CODA

H-

W-

In questo caso la punta dello snoboard Nomi commerciali: DIRECTIONAL [Tutti i produttori]. è diversa dalla sua coda. Il nose di una 3.53 D++ D-direzionale è di solito più largo e più lungo rispetto alla coda della tavola, ed ha quasi sempre scoop maggiore. Il passo del rider è spostato verso la coda grazie al posizionamento arretrato degli inserti; in questo modo il peso LL+ dell’atleta si scarica per la maggior parte sulla superficie posteriore dell’attrezzo. Le direzionali sono quindi, evidentemente, progettate per surfare con i piedi orientati sempre verso la stessa direzione, per questo sono quasi sempre realizzate con strati che definiscono flex differente in punta rispetto alla coda.

3.55


sciancratura Abbiamo già visto nella sezione relativa all’anatomia della tavola, che i profili laterali della tavola non sono rettilinei e paralleli tra loro, ma presentano una curvatura detta sciancratura, e che questo è uno dei parametri fondamentali dello shape della tavola poiché ne influenza fortemente il comportamento in curva in base al suo raggio che varia normalmente tra i 7 e i 10 metri; minore è il raggio della sciancratura, maggiore sarà la sua profondità e la capacità della tavola di condurre. La variazione dei raggi di curva effettuata sarà in genere determinata, oltre che dalla misura di fabbrica propria del raggio della sciancratura, dal flex della tavola, dal posizionamento degli attacchi, e soprattutto dalla pressione esercitata dal rider e dalla sua sensibilità; questo perché, in relazione alla diversa inclinazione e flessione della tavola in curva, il rider di fatto accorcerà il raggio di sciancratura, stringendo la curva.


LINEA SCIANCRATURa 3.56 Molto spesso, tavole della stessa lunghezza hanno fianchi “scavati” in modo differente: come abbiamo anticipato qualche capitolo più indietro, quelle con la zona centrale più larga sono identificate come tavole wide (largo); poi, stringendosi, si arriva alle più strette, chiamate narrow (stretto), passando, in ordine di raggio

decrescente, per semiwide e regular. Oltre a questa macro-distinzione dovuta alla profondità di sciancratura, è importante sapere che, a seconda delle prestazioni che vengono richieste ad un attrezzo, esistono diverse tipologie di disegno per la definizione della sciancratura.

Radiale

R

Nomi commerciali: RADIAL [Tutti i produttori]. È una sciancratura costituita da una linea continua ricavata da un singolo arco di circonferenza. È il tipo di sciancratura più classico, consente 3.57 un controllo dell’attrezzo molto preciso e prevedibile. A seconda dell’ampiezza del raggio di sciancratura, la capacità di conduzione può variare: nel caso in cui l’arco abbia un raggio relativamente piccolo, l’attrezzo si rivelerà molto brillante, permettendo cambi di lamina veloci e carvate strette, mentre con un raggio maggiore il comportamento sarà invece più docile; in entrambi i casi la tavola avrà un comportamento costante in entrata, mantenimento ed uscita di curva. PUNTA

CODA

118


3 - shape/ sciancratura

Progressiva Nomi commerciali: PROGRESSIVE [Quasi tutti i produttori], PDT R+

R

R-

[Flow], etc.

3.58 PUNTA

CODA

Nasce da un disegno ricavato, invece che da un cerchio, da due o più porzioni di circonferenza di dimensioni diverse oppure da una parabola, in cui il raggio è maggiore verso la punta e minore verso la coda. Queste linee determinano un'entrata in curva docile, una buona conduzione e una chiusura repentina che velocizza i cambi lamina.

Degressiva È ricavata anch'essa da una parabola o da raggi multipli, tuttavia, esattamente al contrario della sciancratura progressiva, qui l’ampiezza dei 3.59 raggi tende a rimpicciolirsi dal tail verso il nose. Il comportamento in curva è, ovviamente, opposto a quello delle tavole con sidecut progressivo; dunque avremo un ingresso in curva deciso, buona conduzione e uscita più morbida.

Nomi commerciali: PROGRESSIVE [Quasi tutti i produttori], PDT

R-

R

R+

[Flow], etc.

PUNTA

CODA

Tripla/multipla

R-

R

R-

Nomi commerciali: TRIPLE, DUAL-PROGRESSIVE [Drake], VARIO [Neversummer], OMEGA [Elan], EQUALIZER [Salomon], QUICKRIP [Rome], KLOTHOID [Palmer], MC-BEZIER-SPLINE [Amplid], etc.

3.60 PUNTA

R+

R

R+

CODA

PUNTA

CODA

Di scianrature triple e multiple ne esistono diverse versioni proposte dalle aziende, ognuna con nome differente ma riconducibili sempre a poche varianti. La più utilizzata prevede un raggio centrale ampio e due raggi esterni più profondi uguali tra loro; altre versioni invece, al posto di presentare tre raggi, ne propongono cinque o sette, ma sempre con il medesimo principio, ovvero raggi profondi verso le punte che tendono ad appiattirsi verso il centro dell’attrezzo.

119


Questo tipo di sciancratura permette entrate veloci in curva, larga tenuta in percorrenza e uscite fulminee. È ottima, abbinata ad un camber tradizionale, nel caso in cui la si usi per il carving stretto in pista o per le transizioni in pipe, sebbene, spesso, questo disegno venga applicato a tavole con camber negativo o piatto per compensare il loro minor grip rispetto alle camber e realizzare un attrezzo polivalente. Al contrario, alcune varianti prevedono un raggio interno minore e due raggi in punta e coda uguali tra loro, ma più larghi del centrale; in alcuni casi la parte esterna della sciancratura diventa addirittura piatta. Ciò contribuisce ad un comportamento più fluido della tavola, la quale tende ad una condotta docile in ingresso e uscita di curva, mentre stringe in percorrenza. Questo carattere è indicato in freeride perché rende più facili da gestire i terreni a manto variabile ed aumenta la superficie di galleggiamento; inoltre è un piccolo aiuto in stacco e in atterraggio dai jump, quando una sciancratura con estremi più larghi ci può aiutare ad evitare i controlamina.

Doppia parabola

Nomi commerciali: QUADRATIC [Salomon], etc..

3.61

R+ > R > R+

PUNTA

CODA R- > R > R-

PUNTA

CODA

È un tipo di sciancratura che ha lo stesso obiettivo della tripla: fornire un grip variabile nelle diverse fasi della carvata in maniera simmetrica, in forward e in fakie. Il disegno è una evoluzione della sciancratura speculare multipla, nel senso che, aumentando all’infinito il numero di archi affiancati con raggio crescente o decrescente dal centro verso l’esterno, si arriva ad ottenere una doppia parabola che svolge pressoché lo stesso lavoro.

Inversa 3.62 -R PUNTA

120

Nomi commerciali: EUPHORIA SIDECUT [Venture], etc..

CODA

Rarissimo disegno della sciancratura, applicato solo a tavole orientate esclusivamente all’utilizzo in neve fresca e del tutto inutilizzabili sulla neve battuta delle piste. Il raggio di sciancratura è orientato verso l’esterno dello snowboard, dunque assolutamente inadatto alla conduzione di spigolo; proprio per questo


3 - shape/ sciancratura motivo, solitamente le lamine non vengono montate su queste tavole. Questo tipo di disegno aumenta in maniera davvero notevole la superficie totale di galleggiamento della tavola rendendola molto simile ad un surf da onda, sia esteticamente che come principio di utilizzo. La sciancratura inversa è, chiaramente, sempre accoppiata a punte allungate e/o code di rondine più o meno profonde, dato che lo scopo di attrezzi che hanno questo carattere è quello di sollevare sulla powder più profonda i riders che vogliono divertirsi dove c’è tanta, ma veramente tanta neve.

3.63


asimmetrica SCIANCRATURa 3.64 Quasi tutte le tavole in produzione hanno un nose e un tail definiti in produzione, in base ai quali il rider sceglie, a seconda del proprio stance, quale sarà la lamina front e quella back. Alcuni snowboard con orientamento twin, invece, hanno una sciancratura asimmetrica rispetto all’asse longitudinale; su queste tavole sono proprio le lamine a comandare, la definizione di spigolo back e front è di fabbrica: deve essere la stessa sia per chi segue la tradizione del sinistro avanti che per i controcorrente. Gli attacchi saranno perciò montati sempre con il medesimo orientamento, seppur con angolo libero; di conseguenza, quella che per i regular è la punta della tavola, diventerà la coda per i goofy e viceversa.

A cosa serve una tavola non speculare?

Questo progetto insolito, come abbiamo visto nei capitoli dedicati all’evoluzione storica della tavola da neve (vedi pg. 35) nasce negli anni ‘80, con la Hooger Booger Freestyle HB [1.43], e ha continuato ad evolversi sebbene oggi sia criticato da molti snowboarders che lo trovano un concetto di riding superato. 122

3.65


3 - shape/ sciancratura

Principio Avrete sicuramente notato che, in genere, è più complicato curvare stretto sulla neve battuta spingendo sui talloni rispetto a farlo sulle punte. Beh , il motivo di tutto questo è riconducibile semplicemente all’anatomia umana. Se visti frontalmente, gli esseri umani sono più o meno speculari su un asse che passa centralmente per l’altezza. Questo carattere del nostro corpo è noto come “simmetria bilaterale” . Se poi osserviamo la stessa questione di profilo, allora è un altro paio di maniche. Molte delle nostre articolazioni flettono in una sola direzione e i nostri organi sensoriali si sono evoluti in base a un modo prevalentemente unidirezionale di interpretare le azioni della vita... sono cose che succedono quando non si hanno gli occhi dietro la testa!

quello delle punte. Dal momento che i talloni sono allineati direttamente con le gambe, e quindi con il resto del nostro corpo , quello che si ottiene spingendo sulla lamina back è una maggior trasmissione della potenza e una miglior stabilità nel mantenere l'angolo durante la curva. Al contrario, la conduzione di una curva sulla lamina front è più efficiente, in quanto si riesce a raggiungere lo stesso 3.66 angolo di piega in modo più rapido e preciso grazie alla flessione combinata delle articolazioni di caviglie, ginocchia e anche; tuttavia, questo va a discapito della forza e della stabilità della spinta perché, come si può immaginare, l’equilibrio sulle punte è una posizione molto meno solida rispetto all’appoggio sui talloni.

Ebbene, surfando su uno snowboard, questa asimmetria ha implicazioni significative sui meccanismi che regolano il mantenimento dell’equilibrio e i movimenti rispetto al lato verso cui il nostro corpo si sporge. A causa del tipo di rotazione che le nostre ginocchia sono in grado di compiere, è più difficile inclinare molto snowboard sul lato dei talloni che su

Che effetto ha questo sulla nostra surfata? Nella maggior parte dei casi significa che, quando useremo una tavola con sciancrature simmetriche, potremo agilmente condurre carvate strette spingendo sulle punte, mentre dovremo impegnarci maggiormente sul back per riuscirci senza inserire le curve “in derapata”.

123


Concept

R

Nomi commerciali: ASYM-TWIN [Nidecker-Yes], PICKLE [Gnu], Diverse aziende hanno cercato di bilanciare ASYMMETRIC-TWIN [Roxy], etc. l'asimmetria dei nostri corpi introducendo, rispetto all’asse longitudinale, una asimmetria 3.67 delle sciancrature che contrasti questa LAMINA FRONTSIDE tendenza. Questo significa la realzzazione di tavole LAMINA BACKSIDE necessariamente twin-tip, poiché bisogna permettere l’utilizzo in entrambe le direzioni di stance senza ribaltare gli attacchi, e l’utilizzo di un raggio di sciancratura inferiore sul bordo posteriore (quello dei talloni); in questo modo, a parità di angolo di piega, si condurranno curve più strette in backside che non in frontside, accorgimento che permette di controbilanciare la naturale maggior lentezza nel passaggio dalla lamina frontale a quella posteriore. -

R

In alcuni casi le tavole con sciancrature asimmetriche presentano anche un core disomogeneo, realizzato con legni più morbidi dalla parte della lamina posteriore (vedi pg. 151) per permettere all’attrezzo di flettersi in archi stretti con pressioni contenute; altre volte la forma asimmetrica è richiamata anche da una puramente estetica asimmetria delle punte.

124


DENTATa SCIANCRATURa 3.68 Alcuni marchi producono attrezzi le cui sciancrature, pur rispettando la curva dominante rientrante in una delle tipologie che abbiamo appena visto, presentano una linea particolare che ricorda una forma ondeggiata, talvolta quasi seghettata. Tale shaping consente di creare dei punti di ingresso della lamina aggiuntivi in posizioni intermedie; questo tipo di intervento rappresenta un’azione di rimedio alla scarsa presa di lamina di alcune tavole orientate maggiormente al freestyle, specialmente delle sbananate, o comunque è pensato per venire incontro alle esigenze di alcuni riders che vogliono maggior grip in pista senza stravolgere il flex dell’attrezzo.

Quanti “denti” può avere la tavola?

3.69 125


DenTELLATURA Nomi commerciali: MAGNETRACTION [Libtech / Gnu / Roxy + La capostipite tra queste tecnologie, introdotta Rossignol], ULTIMATE-TRACTION [Nidecker / Slash], OVERBITE sul mercato dalla Mervin Manufacturing, [Burton], etc. 3.70 proprietaria dei marchi LibTech, Gnu e Roxy, con il nome di Magnetraction. Questa tecnologia compare per la prima volta nel su tutta la linea LibTech e fu accolta con scetticismo ma raccolse in fretta moltissimi consensi così, l’anno successivo, venne adottata anche sugli attrezzi marchiati Gnu. Da allora, le tavole con questa tecnologia sono state vincitrici di molteplici premi GoodWood; negli anni a venire è stata utilizzata da molti produttori come base progettuale per sviluppare concept simili.

Il progetto in questione si compone di una serie di bombature (chiamate anche denti), sette per il Magnetraction, che deformano leggermente la curva della sciancratura, la quale rimane evidente ma visibilmente segmentata. Questa conformazione fa in modo che su tutta la lunghezza della lamina effettiva ci siano dei punti di maggior pressione che favoriscono la tenuta di spigolo in ingresso, in percorrenza e in uscita di curva. La Mervin Manufacturing nacque nel 1988, nel ‘96 fu acquistata dalla Quicksilver, una multinazionale sportiva che possiede un altro marchio di snowboard: Rossignol. La tecnologia Magnetraction ha dunque visto, in questi anni, un’evoluzione basata su molte tavole dei quattro marchi di Mervin e Quicksilver (Libtech, Gnu, Roxy, Rossignol) a cui è stata applicata. Nel novembre 2013, tuttavia, l’azienda è stata rilevata da una società di investimento americana (Altamont Capital) portandola via dalla Quicksilver. Subito dopo, la Mervin ha brevettato una nuova versione del Magnetraction; ad oggi esistono dunque due tecnologie con lo stesso nome, quella ancora in evoluzione di Libtech, Gnu e Roxy, e quella “più vecchia” rimasta a Rossignol come pegno della passata coesistenza in Quicksilver. 126

3.71


3 - shape/ sciancratura

Uno/due denti Concept simile al precedente in termini di linee guida ma che sfocia in un disegno alleggerito poiché sostituisce le molteplici piccole gobbe addizionali con l’inserimento di uno o due punti di contatto aggiuntivi su ogni lato. Nel primo caso avremo un solo “dente” al centro di ogni lamina; nel secondo ne vengono aggiunti due su ogni lato, in corrispondenza degli attacchi, dunque dove il peso del rider spinge la tavola nella neve. Questi disegni, in pratica, suddividono le sciancrature in due o più archi che si susseguono lungo il raggio principale aumentando il grip in conduzione sulla neve dura o battuta.

Nomi commerciali: DEATHGRIP [Capita], FROSTBITE [Burton], GRIPTECH [Arbor], OVERBITE, UNDERBITE [Nidecker/Yes], POWERPODS [Nitro], etc.

3.72

3.73

Burton ha sviluppato da qualche anno una interessante variante di questo progetto con due/quattro punti di contatto aggiunti accoppiandolo alla sciancratura asimmetrica, brevettando la tecnologia col nome di “Frostbite”. In sostanza le lamine di queste tavole presentano due gobbe su ogni lamina sotto gli attacchi; questi denti, tuttavia, sono più vicini tra loro sulla lamina back che su quella front, accorgimento che, affiancato alla non specularità dei raggi, rende realmente simmetrica la spinta sullo spigolo adattandosi al duck-stance, posizione adottata ormai da moltissimi riders. Nella stagione 13/14 Burton ha aggiunto ai suoi brevetti “Overbite”, un sistema molto simile al Magne-traction con l’aggiunta della non simmetricità. Un progetto molto vicino alla sciancratura dentata è stato portato avanti da Nidecker intervenendo, però, non sullo shape complessivo, bensì sulle lamine.

3.74

Il produttore svizzero propone una tecnologia, brevettata come Ultimate Grip che prevede il montaggio di lamine il cui spigolo (vedi pg. 183) risulta seghettato per tutta la lunghezza della lamina effettiva. Il principio di funzionamento è lo stesso delle sciancrature dentate e con esse condivide anche lo scopo finale: poter carvare senza paura su nevi ghiacciate e supercompatte. 127


punta e coda Un altro carattere distintivo di una tavola da neve è la forma di punta e coda, nonchĂŠ il loro scoop da terra. Da questi dipendono in maniera significativa la maneggevolezza, il galleggiamento in neve fresca e, indirettamente, la presa di lamina. Perciò, ancora una volta, notiamo che vengono prodotte diverse varianti a seconda del terreno a cui la tavola è destinata ed alle preferenze di riding dell’atleta.


3 - shape/ punta e coda

Punte arrotondate rockerate

nose

3.75

R

Quasi tutte le tavole soft, infatti, escono dalla fabbrica con questo tipo di punte, che saranno più o meno lunghe a seconda della disciplina verso cui gli attrezzi sono maggiormente orientati. Ad esempio, le tavole votate al freeride hanno punta e coda molto allungate (di solito più il nose e meno il tail) per aumentare il galleggiamento, pur permettendo la surfata in fakie, e una buona maneggevolezza. Stesso ragionamento, ma in direzione opposta, per tavole orientate alla velocità in pista, come quelle da SBX, che hanno punte più schiacciate

La variante più diffusa. La maggior parte degli snowboard vengono prodotti con punte arrotondate e rialzate dal terreno tramite un profilo ad arco di circonferenza. Questa forma determina una serie di possibilità di design che rappresentano il miglior compromesso tra lunghezza della lamina effettiva, galleggiamento e maneggevolezza. Esistono moltissimi diesgni differenti per punta e coda che possono considerarsi arrotondate: perfettamente circolari, ellittiche, poligonali, multiradiali, smussate, etc. La maggior parte di queste sono semplici varianti estetiche basate su poche tipologie funzionali. Le poche modifiche di forma che hanno una funzione utile riguardano esclusivamente l’ampiezza della superficie. allo scopo di aumentare la lunghezza della lamina effettiva. Le all-mountain, infine, rappresentano una via di mezzo poiché hanno punte circolari, o quasi, il che permette di avere una tavola abbastanza corta per poter trickeggiare, con una lamina effettiva di dimensioni adeguate a buone velocità in pista, e con una superficie di galleggiamento efficace.

3.76


Punte arrotondate piatte Nomi commerciali: TWEEKEND [K2], FLAT-KICK-SCOPP [Amplid], LOW-PROFILE-TIPS [Neversummer], BUTTEROUT-TRANSITION-ZONES [Rome], RADIUS-2-FLAT [DC], etc. nose

3.77

-

R

Alcuni marchi propongono nose e tail arrotondati che visti dall’alto possono sembrare della tipologia che abbiamo visto poco fa, ma di profilo sono sollevati in maniera dfferente: se le precedenti estremità presentavano un rocker, più o meno accentuato, radiale o parabolico, il disegno in questione prevede che le punte abbiano uno scoop dritto, o quasi. Questo permette al rider di sfruttare una superficie di contatto più ampia per surfare in press e per preparare ollies e nollies più potenti.

Punte asimmetriche

nose

3.78

È una variante delle punte arrotondate che ha scopo puramente estetico, è sovente utilizzata per fare eco ad una sciancratura asimmetrica. Non avendo carattere funzionale non esistono brevetti riguardanti le linee delle punte asimmetriche. Si tratta di un disegno delle punte non speculare rispetto all’asse longitudinale ma speculare su quello trasversale; è come se la tavola fosse riflessa sull’asse X che passa per il centro dell’attrezzo ma non sull’asse Y. Le tavole con shape asimmetrico, infatti, sono sempre twin-tip (vedi pg. 115 e 122).

nose appuntito

nose

3.79

130

Le prime tavole erano prodotte sempre con questo disegno, questo deriva proprio dall’utilizzo che si faceva dei primi surf da neve, che erano usati, appunto, esclusivamente per la surfata in fresca. Il nose appuntito è una punta molto allungata, acuminata e, quasi sempre, più larga del tail, che ricorda


3 - shape/ punta e coda effettivamente la forma del surf da onda; i primi disegni sono infatti caratterizzati dall’estremo acuminato della tavola, oggi la maggior parte degli shape del genere sono leggermente arrotondati, principalmente per ragioni estetiche. Questo profilo della punta si rivela ottimo per la discesa su nevi molto morbide o farinose poiché, proprio come sull’acqua, aumenta la superficie di galleggiamento rispetto alle punte tonde, e allo stesso tempo funge da scafo, in quanto un nose allungato fende la neve come una lama impedendo l’infossamento a causa di accumuli improvvisi. Parliamo di uno studio realizzato per il freeride; proprio per questo motivo, tale progetto viene molto spesso associato ad una “coda di rondine”, la scelta migliore per surfare leggeri, sebbene non di rado un freerider richiede una maneggevolezza maggiore e, di conseguenza, opta per attrezzi con tail arrotondati o piatti.

Punta da alpine 3.80

nose

L’habitat di una tavola hard è la pista battuta; abbiamo già visto che, per avere una maggiore stabilità alle alte velocità e la massima presa di spigolo in conduzione di cuva, la tavola deve avere la maggior lamina effettiva possibile, per questo, una tavola hard adatta ad un certo rider sarà sicuramente più lunga della sua soft da freestyle. Per la stessa ragione, la punta di una tavola da snowboard alpino presenta una punta poco arrotondata e molto schiacciata, in modo da portare il più avanti possibile, rispetto alla lunghezza totale dell’attrezzo, i punti di contatto e i punti di ingresso della lamina effettiva; a questo tipo di nose si accoppia sempre una coda tronca, che analizzeremo tra poche righe.

Coda di rondine 3.81

tail

È una caratteristica che, definisce, un’intera branca del mercato degli snowboard da freeride aperta dal leggendario Winterstick. La coda delle swallow-tail ha una forma che ricorda per l’appunto la coda timonante di una rondine, dunque, si restringe rispetto al nose ed è costituita da due parti allungate separate da un taglio

131

3.82


3.83

a forma di V rovesciata; inoltre, di profilo, è aderente o poco sollevata dal piano di terra; su alcuni modelli questo concetto è stato approfondito e ne sono state proposte delle varianti che presentano, invece di un’unica profonda insenatura centrale, due o più incavi più piccoli affiancati. Questo espediente, accoppiato ad uno shape complessivo “fish” (vedi pg 116) fa in modo che la parte posteriore della tavola, su cui si scarica la maggior parte del peso del rider in fresca, risulti avere una superficie minore di quella del nose e tenda quindi ad infossarsi nella neve, con conseguente emersione della punta.

Questo tipo di tail è quasi sempre accoppiato ad una punta larga e appuntita. La tavola che ne risulta è lo strumento ideale per surfare sulla powder galleggiando con il minimo sforzo fisico.

La coda di rondine è una caratteristica così peculiare che, da sola, definisce un’intera branca di mercato che ospita attrezzi, chiamati appunto “swallow-tail” studiati appositamente per quella powder invernale in cui le lamine diventano solamente peso aggiuntivo. I primi innovativi disegni di questo tipo di tavola sono stati proposti alla Winterstick da Dimitrije Milovitch più di quarant’anni fa (vedi pg 18) e l’azienda le produce da allora senza grosse variazioni nella linea. La caratteristica dominante di questi snowboard è la sagoma, simile al profilo di un pesce, (da qui il termine fish-shape che abbiamo già incontrato) che è stata studiata basandosi esclusivamente sulle leggi fisiche che regolano il galleggiamento di un corpo in movimento su un fluido. Le swallow-tail, oltre ovviamente alla coda omonima, presentano un nose molto ampio e un profilo quasi sempre “da powder” (vedi pg 112). Questi accorgimenti aumentano la superficie di galleggiamento della parte anteriore della tavola e impediscono che si infossi di punta nella neve favorendo l’accelerazione. Per queste tavole l’attrezzatura secondaria è variabile ma non dedicata; a seconda del modello, infatti possiamo montare attacchi, soft, hard o split.

132

3.84


3 - shape/ punta e coda

Coda di pesce Nomi commerciali: FISH TAIL [Quasi tutti i produttori] , POWDER-CHANNEL [Volkl], HOVER-3D-TAIL [Nidecker/Jones], etc.

3.85

tail

Le tavole a coda di rondine sono molto rare da vedere ai piedi di un rider che surfa in pista, questo perché la doppia coda molto allungata è poco maneggevole sulla neve dura o battuta e soprattutto, essendo vuota nel mezzo, risulta piuttosto fragile. Per questo motivo alcuni produttori progettano tavole da freeride con una coda piena che accenna in modo poco profondo lo scavo verso l’interno tipico della coda di rondine, realizzando una linea che viene solitamente chiamata “fish-tail”, allo scopo di migliorare le prestazioni in powder rispetto ad una classica soft, mantenendo allo stesso tempo buona resistenza e manovrabilità sulla neve battuta delle piste.

Tra queste tecnologie, interessante è il progetto di Volkl, brevettato come “Powder Channel” e applicato ad alcune delle loro tavole freeride top di gamma. La coda di questi attrezzi è tridimensionale: come per le altre tecnologie della stessa famiglia, la coda di rondine è solo accennata per poter surfare sul duro senza spezzare la tavola; tuttavia, presenta un breve canale orientato verso l’alto che «modifica la direzione del flusso

di neve che scorre sotto la tavola, aggiungendo stabilità come la pinna di un surf da onda» 11. 3.86

Le tavole costruite con questa tecnologia sono dunque capaci di galleggiare quasi come le code di rondine senza sacrificare la robustezza per fare freeride sul ghiaccio.

coda tronca

11 Volkl Hardgoods 13/14, catalogo prodotti, USA, 2013

3.87

tail

Una tavola che termina posteriormente in lunghezza in corrispondenza dei suoi punti di massima larghezza, quasi come se la parte finale dell’attrezzo fosse stata tagliata. Molti dei primi surf da neve presentavano una coda assimilabile a questa tipologia (anche se non avevano le lamine) poiché permetteva di posizionare i piedi in maniera totalmente arretrata rispetto alla lunghezza della tavola, in questo modo il rider riusciva

133


a sfruttare meglio l’attrezzo per galleggiare in neve fresca. Oggi questo sistema, è stato surclassato nel backcountry dalla coda di rondine o, quando l’atleta vuole maggior maneggevolezza e stabilità anche su nevi ventate o più dure, da una coda arrotondata. La coda tronca è invece ancora utilizzata su tutte le

134

tavole hard perché, tramite questo espediente, si può minimizzare il rapporto tra la lunghezza totale e quella della lamina effettiva; in questo caso sarebbe più appropriato chiamarla coda appiattita poiché non è la coda della tavola che viene tagliata,bensì, sono i punti di uscita della lamina che vengono spostati

indietro fino all’estremo della lunghezza dell’attrezzo. Con questo tipo di tail la lamina riesce a mordere quasi per la sua intera lunghezza, migliorando notevolmente la capacità di conduzione dell’attrezzo su nevi dure e battute.


altri concept I quattro aspetti formali che abbiamo appena analizzato, combinati in molteplici modi differenti, comprendono in toto le possibilità di shape della gran maggioranza degli snowboard oggi prodotti. Ci sono, però, progetti innovativi che non rientrano propriamente in nessuno degli aspetti precedenti poiché approfondiscono una o più caratteristiche prestazionali sviluppando modifiche tridimensionali sulla base di disegni di attrezzi già potenzialmente completi; molto spesso queste tecnologie, specialmente se sono molto riconoscibili, quindi difficilmente imitabili legalmente, sono proprietà esclusiva del solo produttore che le ha sviluppate o ne ha comprato i diritti dal designer che le ha ideate.

Snowboard realizzato con stampa 3D SLS [by Signal]


Spigolo smussato Questa tecnologia è figlia di una pratica diffusa da molto tempo sia nella messa a punto degli snowboard che in quella degli sci: A A’ parliamo del “de-tuning” delle lamine, cioè un ritocco del proprio attrezzo, di solito richiesto da atleti che vogliono migliorarsi nel freestyle, che allontana leggermente l’esterno delle lamine dalla neve quando l’attrezzo è appoggiato di piatto sulla soletta (vedi pg. 172). Il progetto in questione, ispirandosi al de-tuning, interviene sull’intera linea di sezione frontale della soletta, trasformandola A : A’ da una retta ad una linea spezzata, o una curva continua, con gli estremi orientati verso l’alto, in modo da renderla leggermente basculante sull’asse longitudinale; le lamine ai bordi della soletta 3.88 risultano quindi rialzate rispetto al centro della soletta. Questo permette alla tavola di scivolare di piatto in maniera più libera diminuendo il rischio di controlamina, quando però il rider spinge su una lamina sbilanciando il suo peso, la lamina torna a mordere sfruttando appieno tutte le sue caratteristiche di forma e di materiale. Si può perciò ottenere, ad esempio, un attrezzo molto permissivo, ottimo per imparare a jibbare, ma che rivela un’ottima conduzione in pista se il rider è in grado di enfatizzare leggermente i cambi lamina. A : A’

A

136

Spigolo accentuato

A’

3.89

È semplicemente l’opposto del progetto precedente. La messa a punto che l’ha ispirato è, infatti, il “tuning” delle lamine, cioè un intervento che di solito viene eseguito su tavole hard o comunque su attrezzi a cui gli atleti richiedono maggior precisione di conduzione (vedi pg. 61). Il tuning consiste nell’inasprire lo spigolo della lamina in modo che possieda una maggior tendenza a mordere sulla neve compatta; allo stesso modo questo concept deforma lo shape dell’attrezzo in direzione opposta a quella che abbiamo visto poco fa, con lo scopo di ottenere un lieve ponte trasversale. Un attrezzo realizzato con questa tecnologia fornirà al rider la possibilità di rapidissimi cambi lamina, ma perdonerà pochissimo i suoi errori piantandosi alla minima incertezza della caviglia.


3 - shape/ altri concept

Swiss Core

in carving

Una tecnologia brevettata da Nidecker ed utilizzata sulle loro tavole marchiate Nidecker e Slash by Gigi, il progetto della casa svizzera in cui collabora il pro-rider Gigi Rüf. Si tratta di una particolare tecnica di fabbricazione dell’anima e di assemblaggio degli strati che inserisce un pretensionamento grazie al quale la tavola è in grado di inarcarsi frontalmente in entrambe le direzioni; cioé, quando la tavola è flessa con le punte verso il basso, come ad esempio su un rail, la matrice forza le lamine a salire rispetto all’asse longitudinale dell’attrezzo, come le tavole con spigolo smussato, mentre, se la tavola è piegata verso l’alto, come quando si conduce una curva, essa tende a abbassare le lamine rispetto alla soletta, come per lo spigolo accentuato. Grazie a questo progetto viene migliorato il carattere polivalente dell’attrezzo, in quanto tira fuori uno spirito freestyle quando serve ma conduce in maniera ottimale come una tavola da freeride.

in jibbing

3.90

Combo Platter Ancora un brevetto di Nidecker, è un disegno tridimensionale che si propone di sfruttare completamente le capacità di pop di uno snowboard con camber tradizionale e di rendere il riding un pò più giocoso senza perdere precisione in conduzione. Una tavola prodotta con tecnologia combo platter ha un ponte tradizionale ma presenta quattro zone larghe circa 25cm, due in corrispondenza di ogni attacco, che allontanano progressivamente dal centro verso l’esterno le lamine dalla neve sollevandole di 2 mm lasciando che la parte centrale della soletta segua il profilo del ponte. Questo disegno fornisce tutta la risposta elastica di una camber e anche un quasi equivalente grip di lamina, inserendo un pò di quell’effetto “saponetta” sotto i piedi, tipico delle rocker, che evita qualche caduta girando di piatto. 137

3.91


Triple Base Tecnology

A : A’

Il TBT è un brevetto di Bataleon, azienda che ha fatto di questa particolare shapeatura il suo carattere distintivo, puntando sulla versatilità delle tavole realizzate con questa tecnologia. Osserviamo i suoi caratteri rispetto ai piani di sezione. Se realizzassimo sezioni della tavola parallele al piano XZ, spostandoci progressivamente dal centro verso l’esterno, noteremmo che uno snowboard con TBT è piatto tra gli attacchi mentre, man mano che ci avviciniamo alle punte presenta lati inclinati rispetto al piano di terra, con angolo gradualmente crescente. In sostanza la punta e la coda di queste tavole è divisa in tre zone: una parte centrale piatta (rispetto a XZ), per rispettare il camber a tavola piatta; due zone laterali che, dagli inserti verso i punti di massima larghezza di nose e tail, sollevano progressivamente dalla neve i punti di contatto della lamina, per incrementare in maniera notevole la permissività in buttering dell’attrezzo posticipando la presa di lamina in relazione all’angolo di inclinazione del rider sull’asse longitudinale. Questo è uno shape realizzato tramite speciali presse dedicate, definisce in maniera tridimensionale le caratteristiche prestazionali dell’attrezzo che si legano a quelle proprie dei materiali e del camber. Il concept mira a realizzare una tavola super-permissiva quando si surfa di piatto sulla soletta ma molto reattiva e con una ottima conduzione quando viene spinta sulla lamina, in quanto usa come base di partenza un profilo a camber tradizionale; altre aziende hanno realizzato shapes tridimensionali partendo dalle stesse linee guida progettuali, come ad esempio il Nohang-UPS camber di Rome che, però, utilizza come base un profilo ibrido flat+rocker.

138

B : B’

C : C’

C

C’

B

B’

A

A’

3.92


Punte concave Shaping che non si differenzia molto dal TBT se non per il fatto che le sezioni frontali curve si riscontrano su una zona molto meno estesa. Questa tecnologia, a differenza di quella di Bataleon, viene applicata su tavole con vari tipi di profili, anzi, meno sovente alle camber, in quanto il suo scopo è quello di sollevare le lamine soltanto sulle punte e non in corrispondenza delle lamine effettive, questo migliora notevolmente la maneggiabilità in buttering e aiuta un pò a surfare in neve fresca, ma non incide su altri comportamenti della tavola; dunque perfeziona il carattere di attrezzi che, per necessità di utilizzo, solitamente vengono prodotti con ponte piatto o inverso.

Snake Transition Profilo brevettato con questo nome e prodotto attualmente in esclusiva da Contract Snowboards. Come si evince dal nome, una tavola prodotta con questa tecnologia ha, tra gli attacchi, un profilo “a serpente” ottenuto con un controstampo “ondeggiato”. Il risultato è che tra gli attacchi si notano tanti piccoli ponti positivi e negativi affiancati alternatamente; sebbene sia una modifica dimensionalmente relativa alla centina, tecnicamente non possiamo indicarlo come una variante di profilo perché è applicabile tanto al camber quanto al rocker o qualsiasi altro tipo di ponte.

A

A’

A : A’

3.93

su camber

su rocker 3.94 Questo progetto è stato studiato allo scopo di rompere il legame inverso tra il flex e la reattività dell’attrezzo inserendo, grazie alla speciale tecnica di pressatura, un forte pretensionamento sia verso l’alto che verso il basso, indipendentemente dall’arco dominante della centina. Tale risultato permette, a parità di durabilità dell’attrezzo, di realizzare tavole più sottili e leggere, e rende la scelta del camber meno vincolante a livello di pop. L’ondeggiatura aumenta, ovviamente, la superficie tra i piedi del rider e, di conseguenza, la lunghezza della lamina effettiva; questo consente di realizzare tavole più corte senza penalizzare la stabilità e aumenta la tenuta in conduzione permettendo un re-design delle sciancrature degli attrezzi che possono essere allargate senza peggiorare il comportamento in curva. 139



COMPONENTI Ormai lo abbiamo detto e ridetto, e lo ripetiamo ancora una volta: una tavola da neve ha un carattere, così come ce l’ha il rider che la porta sotto gli scarponi. Nei capitoli precedenti abbiamo visto come la forma complessiva dell’attrezzo sia legata al suo comportamento sulla neve; ma un essere non è fatto di sole linee, per capire cosa è in grado di fare un corpo non ci basta sapere che dentro ci sono ossa, muscoli e sangue, dobbiamo analizzare la loro natura. Apriamo dunque uno snowboard e vediamo cosa ci hanno messo i costruttori e perché.


anima È sicuramente la componente più importante nella definizione delle caratteristiche della tavola da neve; non per niente è identificata con un nome esplicativo, seppur metaforico, della sua funzione centrale, appunto anima, oppure core, il suo nome inglese che significa letteralmente nucleo. Si tratta dello strato che costituisce la struttura portante, nonché la base caratteriale dell’attrezzo; dal materiale in cui l’anima è realizzata si può sapere già molto delle caratteristiche di una tavola. Gli strati che vengono applicati intorno ad esso e i metodi di costruzione e pressatura rappresentano una sorta di alterazione atta al perfezionamento in vista di un particolare tipo di utilizzo.


3 - componenti/ anima

Shaping complessivo Abbiamo già visto nei capitoli precedenti che una gran parte dei comportamenti relativi a flessibilità (flex) e risposta elastica (pop) dello snowboard dipendono dallo strato che costituisce la “spina dorsale” dell’attrezzo, per l’appunto l’anima. È immediato pensare che le caratteristiche del core dipendano dal materiale con cui questa è realizzata, ma è davvero così? Certo che si! Tuttavia la componente materica non è l’unica variabile

che definisce flex e pop dell’anima di uno snowboard, perciò, prima di addentrarci in quell’analisi, osserveremo un altro aspetto importante: lo shaping del core. Come si può facilmente immaginare, non tutte le zone della tavola ricevono lo stesso tipo di sollecitazioni e ogni zona restituisce prestazioni differenti a seconda del suo spessore; per questa ragione la solita tendenza al perfezionamento del prodotto ha portato oggi alla

produzione di core differenti non soltanto per materiale, ma anche per profilo, dunque possiamo parlare, come abbiamo fatto per l’attrezzo nel suo complesso, di shape dell’anima. Molti marchi propongono varianti registrate con i nomi più disparati, e ognuna, ovviamente, sostiene il proprio brevetto come inimitabile e innovativo. In realtà quasi tutte le tecniche di sagomatura dei core sono riconducibili a poche forme principali.

La più comune shapeatura è certamente quella che vede un semplice assottigliamento del profilo verso le punte [3.95]. Questo tipo di accorgimento permette di risparmiare qualcosa sul peso mantenendo le caratteristiche di resistenza nella zona centrale sia internamente che esternamente agli attacchi, permettendo dunque ottima conduzione, jibbing potente e atterraggi duri sacrificando un po’ la potenza del pop della tavola.

3.95 Diffusa è anche la variante in cui le zone a spessore minorato sono le punte e l’area centrale tra gli attacchi [3.96]; quasi sempre questo profilo è associato a tavole da freestyle bidirezionali un po’ più “giocherellone”delle altre. Qui lo scopo, oltre ad una ulteriore riduzione del peso, è quello di avere maggior flex longitudinale in modo da potersi divertire in modo meno faticoso con press e jibbing vario, conservando buona conduzione in velocità e resistenza all’impatto sugli atterraggi ma, anche in questo caso, smorzando un po’ lo slancio per ollare.

3.96 143


Un’altra possibilità di shaping interessante, sebbene sia apparentemente simile alla precedente, è un profilo assottigliato nel centro, tra gli attacchi, e maggiormente spesso al loro esterno fino ai punti di contatto [3.97]; in questo modo la tavola viene alleggerita e si aumenta il flex centrale senza penalizzare eccessivamente la potenza degli ollies.

3.97 Esiste poi un particolare tipo di sagomatura, brevettata da Burton col nome di Squeezebox, che si propone di rimediare al rapporto inversamente proporzionale tra flex e pop, un po’ come abbiamo visto con lo Snake Transition (Vedi pg. 139). Come in quel caso la tavola viene suddivisa in diverse sezioni, ma in questa tecnologia quello che varia è il loro spessore: sotto gli attacchi e al centro della tavola il core è più sottile del solito, mentre internamente ed esternamente agli inserti lo spessore è maggiorato [3.98]. Questa tecnica di shaping permette di avere un feeling morbido mantenendo una buona reattività dell’attrezzo in tutte le situazioni.

3.98 Infine vediamo un’altra interessante proprietà intellettuale legata ad un progetto che non è considerabile propriamente un tipo di sagomatura dell’anima in quanto si tratta dell’inserimento di elementi lignei aggiuntivi tra il core e lo strato superiore. Parliamo della tecnologia brevettata da Sims come E-Board Tecnology. È un progetto che prevede l’inserimento, in corrispondenza degli inserti per gli attacchi, di due cunei inclinati a 2,5 gradi e resi flessibili da una serie di scanalature di alleggerimento [3.99]. Tale tecnica permette un allineamento più naturale di anche, ginocchia e caviglie del rider, specialmente in duck-stance, al fine di ridurre stanchezza e limitare il pericolo di lesioni delle articolazioni. A livello di prestazioni, invece, riduce il flex torsionale, permettendo una conduzione più precisa e con meno vibrazioni, ma non sacrifica quasi per nulla quello longitudinale, trattandosi appunto di inserti che occupano una ridotta superficie sotto gli attacchi. 144

3.99


3 - componenti/ anima

Shaping punta e coda Da un po’ di anni, praticamente tutte le tavole in produzione hanno un’anima realizzata interamente in un solo materiale, o con elementi affiancati in modo omogeneo, con l'aggiunta di un puntale protettivo (vedi pg. 195); sono le cosiddette anime tip-to.tail. Per molti anni, però, è stato assolutamente normale che la punta e la coda fossero costituite, anche nelle tavole top di gamma, da delle spatole di plastica; questo, ovviamente, solo per le tavole soft, in quanto nelle hard la coda è tronca e viene rinforzata da una semplice placca in acciaio, mentre la punta è spesso poco pronunciata. La cosa veniva giustificata con argomenti connessi allo smorzamento delle vibrazioni e alla maggior resistenza agli impatti del materiale plastico; in realtà questa scelta era spesso connessa alla mancanza delle adeguate tecniche costruttive o, in ogni caso, ad esigenze di risparmio.

3.100

Va detto che può essere vero che una lamina di plastica unica può incorrere in minori rischi di frantumazione rispetto al legno, è altrettanto vero, però, che delle forti flessioni che interessassero anche la giunzione fra la punta e l'anima di legno troverebbero proprio in quel punto una disomogeneità di flessione che risulterebbe un punto critico; insomma la tavola rischierebbe di spaccarsi proprio lì. Oggi, come abbiamo anticipato poco fa, le tavole presentano quasi sempre un’anima omogenea, con pregi e difetti inversi rispetto alla precedente soluzione. Se si avrà infatti uniformità di flessione della tavola, si riscontrerà anche maggior fragilità nei riguardi di impatti "frontali" di una certa entità (parlando di anima in legno) che dovrà essere compensata da un'adeguata protezione della parte terminale della stessa, che sia parte della lamina o placche in acciaio o in composito.

145


Leggerezza min

LEGNO LAMINATO ANIMA

Flex max

min

Pop

max

Assorbimento shock min

max

min

Durabilità min

max

Economicità min

max

«Un trono non è che un pezzo di legno rivestito di velluto»

12

La maggior parte delle tavole oggi in produzione possiede un’anima costituita da listelli in legno massello, quasi sempre ricavati da due o più varietà differenti di materiale, con l’obiettivo di combinare in maniera soddisfacente le caratteristiche dei diversi legni.

max

Si tratta di dover trovare un compromesso tra flex e pop (vedi pg. 54), poiché viaggiano sempre in modo inversamente proporzionale. Tendenzialmente, un legno molto flessibile sarà più leggero di uno duro ma anche più fragile, al contrario, un legno reattivo avrà alta resistenza ma risulterà più pesante. Proviamo a farci un idea di quanto detto comparando, in modo rappresentativo, quattro dei tipi di legno più utilizzati grazie alle loro differenti caratteristiche.

12 Massime e pensieri di Napoleone, Honoré de Balzac, C. Carlino Ed. 2006

3.101


3 - componenti/ anima

reattività resistenza

flessibilità leggerezza BETULLA

FAGGIO

BAMBOO

PIOPPO

Una recente tendenza ha visto un notevole numero di case produttrici cominciare a realizzare anime in legno alleggerite grazie a lievi scanalature longitudinali. Il tutto è studiato al fine di ottenere, ovviamente, tavole più leggere, facendo però attenzione a non sfociare in perdite consistenti in termini di robustezza.

3.102

147


Sono molte le varietà di legno attualmente utilizzate nella produzione delle tavole da neve, scelte in base alle decisioni di marketing ed alle preferenze del produttore.

D [KG/M3]

r [n/mm2]

PIOPPO

500

7800

55

ACERO

550

14000

67

FRASSINO

600

12500

100

BETULLA

640

13000

120

FAGGIO

700

14500

115

BAMBÙ

700

16000

60

D Densità

“Si dice densità (o massa specifica) d'un corpo il rapporto tra la sua massa espressa in Kg e il suo volume espresso in m3” (treccani)

A volume costante, maggiore è questo valore, più pesante è la tavola.

148

E [N/MM2]

E Modulo

di longitudinale

elasticità

“esprime il rapporto tra deformazione e tensione” (treccani) A parità di condizioni di carico, maggiore sarà questo valore, maggiore sarà la risposta elastica della tavola e minore sarà la deformazione.

R Resistenza a flessione

longitudinale

“la tensione unitaria, originata dalle sollecitazioni esterne, che provoca il cedimento di un dato materiale” (treccani)

Corrisponde allo sforzo necessario a spezzare l’anima. Più è alto questo valore, più forza è necessaria per provocare la rottura delle fibre.


3 - componenti/ anima Ovviamente i costi di produzione dei listelli variano in basi a diversi fattori, come la quantità di foreste esistenti del tipo di legno necessario, la distanza di queste dallo stabilimento nelle vicinanze, e la loro sfruttabilità secondo i regolamenti ambientali (molti produttori fanno certificare le

proprie anime con il marchio ambientale FSC). Ad esempio esiste una varietà di pioppo chiamata “pioppo tremulo” che risulta estremamente leggera e flessibile ed allo stesso tempo molto resistente; essendo però un legno piuttosto costoso, si trova soltanto in alcune

tavole top di gamma, mentre per la grande produzione ci si rivolge a materiali comunque ottimi ma meno rari, come il pioppo tradizionale, il faggio e il bambù, che offrono interessanti possibilità di realizzazione con costi più contenuti.

Realizzazione Generalmente i listelli, dello spessore massimo di circa 1cm, vengono affiancati su un solo livello orizzontale [3.103-sx] ed incollati tra loro con svariati metodi di disposizione (vedi pg. 150-151); talvolta, però, fanno il loro ingresso sul mercato tavole con core laminato verticalmente incollando lamelle sottili su più strati ortogonali sovrapposti, esattamente come si fa per gli skateboards [3.103-dx].

DIREZIONE FIBRE

3.103

A seconda dell’utilizzo principale a cui la tavola è destinata, il core viene realizzato seguendo differenti principi costruttivi cercando di sfruttare al meglio le proprietà dei diversi legni. Vediamone alcuni tra i più diffusi. 149


OMOGENEO Realizzato con listelli uno stesso tipo di legno dalle proprietà intermedie (ad esempio il frassino) o addirittura con una lamella singola. Il materiale viene scelto cercando il miglior compromesso tra flessibilità, resistenza e reattività, in modo da rendere la tavola il più versatile possibile per tutti i livelli di riding nelle diverse discipline.

equilibrato Listelli di legno molto flessibile si alternano con quelli di fibre più brillanti per ottenere tavole equilibrate, molto resistenti e reattive ma capaci di piegarsi, letteralmente, al volere di un rider che ha la gamba necessaria.

piÙ reattivo Core realizzato con listelli di legno molto resistente anche se meno leggero di altri; garantisce una conduzione estremamente stabile, pop potente se si è capaci di sfruttarlo e ottima resistenza agli urti. Spesso rappresenta il tipo di anima delle tavole da boardercross e per le discipline da tavola hard.

LEGGERO E STABILE Core realizzato principalmente da legno leggero ma rinforzato lungo le lamine, dove una tavola all-mountain riceve maggiori sollecitazioni, per fornire migliore stabilità limitando le vibrazioni ad alte velocità e migliorare il pop.

150


3 - componenti/ anima

leggero da park Legno leggero in tutta la tavola rinforzato da listelli di materiale più resistente e reattivo tra gli attacchi; gli attrezzi che ne risultano sono in grado di sopportare grosse botte sui rails e atterraggi duri se non si butta tutto il peso sulle punte; ideale per l’utilizzo in park e in street.

leggero e reattivo Anima leggera con elasticità e resistenza longitudinali maggiorate grazie a listelli più reattivi lungo l’asse principale; ottimo per divertirsi in freeride e per avere una spinta potente sui kicker e in jibbing

piÙ leggero Anima fatta per surfare “senza peso”. Listelli realizzati con uno o più tipi di legno spesso molto costosi perché estremamente flessibili e leggeri ma comunque molto resistenti, come ad esempio il pioppo tremulo. È un core fatto per il rider che cerca una tavola estremamente maneggevole, divertente e versatile. Si può trovare anche in versioni un po’ più economiche con legni buoni ma meno “perfetti”, come il pioppo nostrano e l’acero.

ASIMMETRICO Anima applicata esclusivamente ad alcune tavole con sciancratura asimmetrica. È realizzata con listelli di legno più morbido verso la lamina back per permetterle di flettersi in archi più stretti con minore angolo di piega. Questa tecnologia amplifica l’effetto della sciancratura asimmetrica (vedi pg. 122) lavorando su un principio differente.

151


schiuma anima polimerica 3.104

Leggerezza

Flex

Pop

Assorbimento shock

Durabilità

Economicità

Un secondo tipo piuttosto comune di anima è quello costituito da schiuma polimerica (solitamente si tratta di resina di poliuretano). La schiuma si ottiene iniettando la schiuma ad alta densità all’interno di uno stampo nel quale vengono precedentemente disposti gli altri strati della tavola a formare una sorta di “guscio” 152

contenitivo sigillato. Questo tipo di procedimento consente una drastica riduzione dei tempi di produzione del core; inoltre la materia prima è più leggera e notevolmente più economica del legno.

3.105


3 - componenti/ anima In buona sostanza, le tavole ottenute con tale processo sono decisamente economiche, paragonate a tutte le altre, ma hanno caratteristiche dinamiche molto inferiori. Il fatto stesso che il materiale sia costituito da celle d'aria, come si può vedere in 3.104, e non da fibre, determina un pessimo comportamento elastico rispetto ad ogni asse. Inoltre la schiuma polimerica

3.106 risulta essere un materiale piuttosto fragile, fatto che può ridurre notevolmente la vita di un attrezzo che subisce molte sollecitazioni, come in effetti

succede allo snowboard. Un core di questo tipo, infatti, rischia, a seguito di un impatto o con l’utilizzo prolungato, di subire l’apertura di microfratture che si amplieranno in modo progressivo compromettendo in maniera irreparabile le prestazioni della tavola. Per questi motivi oggi vengono realizzate così soltanto alcune tavole da bambino a basso costo.

3.107

In schiuma polimerica sono realizzate molte tavole da wakeboard, che hanno, come quasi unica prerogativa, la necessità di essere le più leggere possibile. Infatti tutti i movimenti in questo sport sono resi possibili esclusivamente dalla velocità e dalla capacità di restare a galla.

153


HONEYCOMB ANIMA 3.108

Leggerezza

Flex

Pop

Assorbimento shock

Durabilità

Economicità

?

Oltre ai laminati lignei, conosciamo un’altra tecnica per la produzione di un’anima di alta qualità, quest’ultima è piuttosto

3.109

?

?

?

?

recente, anche se il tempo è un concetto molto relativo se pensiamo a quanto sia breve la storia dello snowboard. Stiamo parlando della realizzazione di core costituiti da una struttura alveolare. Questa strada è stata battuta con più convinzione da Burton e Palmer,

le quali, nell’ultimo decennio, hanno investito parte delle proprie forze nella ricerca di un anima superleggera che restituisse al rider un buon feeling sulla neve. La stupefacente leggerezza di questi attrezzi deriva dalla comprensione dei principi secondo cui una struttura a nido d’ape sia in grado di generare un grande volume strutturale, con delle buone caratteristiche


3 - componenti/ anima termini di spinta generata, specialmente se parliamo di un honeycomb in fibra. E allora come mai non tutti i rider sono amanti di questa tecnologia? Se proviamo a visualizzare graficamente la risposta elastica tipica di una tavola con anima alveolare e la compariamo con quella di altre in legno, ci accorgiamo di come le fibre naturali abbiano un comportamento

RISPOSTA ELASTICA

meccaniche, utilizzando pochissimo materiale e avendo, di conseguenza, una massa estremamente ridotta. Il volume di un’anima alveolare, solitamente realizzata in alluminio o in fibra di carbonio, può essere composta per il 90% di aria. La caratteristica principale delle tavole costruite con questa tecnica è dunque la leggerezza, ma come si comportano ai piedi del rider? Tra chi ha provato questi snowboard ci sono pareri molto discordanti; certo è che chiunque abbia girato su una Vapor, una T6 o una Honeycomb dirà che il feeling dato dal rapporto peso-reattività è di un altro pianeta, eppure, così come ci sono riders che le adorano, c’è chi proprio non riesce ad apprezzarle. Il nido d’ape è infatti una struttura che rende la tavola estremamente leggera, nonché molto stabile e reattiva ma, rispetto alle colleghe woodcore, ha un minor rapporto flex/pop. Rapportandola al peso, la risposta elastica di queste tavole sembra ottimale in

totalmente modulato allo sforzo subito, a differenza dell’honeycomb che ha un comportamento molto meno “vivo” sebbene non se la cavi male in termini di forza sprigionata. Detto dal rider: “Il legno è giocherellone, ravviva i l’alluminio li movimenti, instupidisce un po’...”.

HONEYCOMB LEGNO FLESSIBILE LEGNO REATTIVO

SFORZO SUBITO 155


Il secondo punto debole dell’honeycomb è che quando subisce un carico che supera un certo limite, che è quasi sempre molto inferiore al carico di rottura di un’anima in legno, si deforma in modo irreversibile perdendo totalmente le sue caratteristiche diventando utile solo come mensola. Un aspetto che molti apprezzano è, invece, la fantastica capacità di queste anime di assorbire le vibrazioni, un carattere che migliora notevolmente l’utilizzo in freeride, unitamente alla miglioria che la leggerezza porta galleggiando in powder. Ad ogni modo, tutti questi pareri si incontrano su un punto che non può essere opinabile: le honeycomb sono molto care.

3.110


KOROYD Un’interessante sperimentazione riguardo le anime alveolari è stata portata avanti recentemente da Nitro, Head e Salomon, che, per la realizzazione di anime alveolari ultraleggere (Nitro per gli snowboard, Head e Salomon per gli sci), hanno collaborato con Koroyd, un’azienda monegasca che produce un semilavorato alveolare copolimerico, che si chiama appunto Koroyd. Questo materiale è costituito da piccoli tubi estrusi e termosaldati, fatti di una speciale miscela plastica con sorprendenti capacità strutturali e di assorbimento degli urti; è stato infatti sviluppato per utilizzo in ambito aerospaziale e viene oggi applicato a protezioni per lo sport come caschi e paraschiena.

Storicamente, come abbiamo visto, il principale difetto che i rider hanno trovato nelle anime alveolari ultraleggere è l’incapacità di offrire una reattività e una qualità di riding adatta a tutti gli stili. Il Koroyd, al contrario, risponde in maniera precisa e prevedibile, in maniera decisamente più vivace del tradizionale alveolare d’alluminio e risulta, inoltre, addirittura più leggero. Infine la natura polimerica e non metallica del semilavorato permette un elevato grado di flex allontanando notevolmente il rischio di provocare una deformazione plastica (dunque irreversibile) dell’attrezzo. Chiaramente, come per le altre honeycomb, anche le tavole costruite con questa tecnologia sono decisamente costose; uno dei motivi per cui ancora faticano a trovare mercato.

3.111

3.112


MISTI anima 3.113

Leggerezza min

Flex

Assorbimento shock min max

Vi è poi una recente tendenza, piuttosto rara a dire la verità, ad unire il legno con listelli di materiale sintetico inerte, in anime che

158

Pop min

max

Durabilità

max

Economicità

min max

possiamo chiamare “miste”. Si tratta di anime con una struttura principale lignea che occupa strategicamente le porzioni di superficie della tavola che subiscono maggiormente la flessione e quelle che

3.114

min max

forniscono il pop per saltare; parliamo quindi delle zone vicino alle lamine effettive e intorno agli attacchi. Nel centro e sulle punte, invece, non essendoci la necessità di grande flessibilità e risposta elastica, l’anima viene realizzata con un secondo materiale solitamente più leggero, o in grado di assorbire meglio urti


e vibrazioni, oppure entrambe queste caratteristiche. Solitamente questo secondo materiale è una schiuma poliuretanica, il che, se seguiamo quanto detto prima, potrebbe farci pensare ad un espediente per risparmiare sui costi di produzione. In realtà le anime miste si trovano in tavole di media e alta gamma; la disposizione strategica delle parti, infatti, fa in modo che, nei punti giusti, gli svantaggi portati dalla schiuma polimerica risultino essere quasi trascurabili mentre le sue proprietà di leggerezza e assorbimento

delle vibrazioni si rivelino utili. Molto raramente, le zone “secondarie” delle anime sono realizzate in honeycomb d’alluminio o composito, mentre, sin dalla prima produzione di anime integrali in alveolare Koroyd, Nitro produce una serie di tavole con anima mista legnoKoroyd. I puristi del woodcore lamentano una perdita di omogeneità del flex e una minore durabilità data dai “punti deboli” di giunzioni e bordi sottili della struttura principale. 3.115

159


LAMINATI Storicamente secondi in ordine di importanza sono gli strati di rinforzo, realizzati in tessuti di fibre tecnologiche ad alte prestazioni. La ricerca e il perfezionamento dei materiali non ha mai smesso di rendere questi livelli sempre più importanti nella definizione delle prestazioni delle tavole da neve. Oggi sono molti quelli che considerano le loro proprietà addirittura primarie rispetto al carattere del core stesso. Si è passati da un semplice strato in fibra di vetro biassiale per il rinforzo della struttura (un po’ come per gli scafi delle barche per intenderci) all’inserimento di strisce di laminati altamente tecnologici in punti strategici che riescono a modulare in maniera precisa e prevedibile un particolare carattere dell’attrezzo.


FIBRE LAMINATI 3.116

Sono diversi i materiali utilizzati nella realizzazione degli strati di rinforzo. Abbiamo detto che questi elementi sono inseriti per aumentare la resistenza dell’attrezzo ad un certo tipo di sforzo piuttosto che ad un altro; è dunque molto frequente trovare, intorno all’anima, più elementi di rinforzo realizzati in laminati diversi, in modo da poter sfruttare le proprietà di fibre differenti dove queste portano un vantaggio.

Vetro È il laminato più diffuso, viene prodotto in un ampia varietà di grammature (da 25 a 1200 g/m2). La quasi totalità delle tavole da neve contiene almeno due strati completi di fibra di vetro: uno sopra e uno sotto l’anima; a questi vanno poi ad aggiungersi gli altri rinforzi posizionati strategicamente. Il vetro, filato con diametri di ordine inferiore al decimo di millimetro, perde la fragilità caratteristica del materiale stesso quando si trova in blocchi, e diventa un materiale ad elevata resistenza meccanica e resilienza. Ciò significa che un filo di vetro filato ha, rapportato alle sue dimensioni, un’ottima resistenza agli sforzi (flessione, torsione e soprattutto trazione) e una notevole capacità di dissipare l’energia subita in deformazione elastica. Tutto questo è possibile dal momento che, con la laminazione,

3.117 161


vengono eliminati un gran numero di difetti nella struttura cristallina, tipici del vetro comune, impedendo loro di agire come microfratture e zone di concentrazione degli sforzi.

Basalto

3.118

Una fibra naturale proveniente da minerali di origine vulcanica composti prevalentemente da allumino-silicati, ossido di titanio e ossido di calcio. La sua composizione può variare a seconda del sito di estrazione ma, in qualsiasi caso, risulta un materiale con caratteristiche estremamente interessanti. Le proprietà meccaniche delle fibre di basalto, sebbene non molto distanti, sono migliori di quelle dei laminati in vetro; inoltre hanno un peso specifico inferiore. Dal momento che possono essere utilizzate in sostituzione al vetro per realizzare gli strati di rinforzo principali, permettono di ottenere tavole più performanti risparmiando in maniera significativa sul peso. Ovviamente è un materiale decisamente più costoso del vetro, in quanto è di più rara estrazione e difficile lavorazione; per questo motivo è piuttosto raro da trovare in una tavola e, sicuramente, inserito solo nelle top di gamma.

Carbonio Le fibre di carbonio sono filamenti di materiale composto al 100% da atomi di carbonio disposti in piani ordinati. Queste fibre sono ottenute mediante pirolisi di altri tessuti contenenti carbonio, come ad esempio il rayon, una fibra derivante dalla cellulosa. I laminati in carbonio sono molto rigidi (quasi il doppio rispetto al vetro) ma non si comportano molto bene in termini di resilienza rivelandosi piuttosto fragili; inoltre, a causa del complicato processo di lavorazione, produrli costa dieci volte di più della fibra di vetro. 3.119 162


Per queste sue caratteristiche la fibra di carbonio raramente è utilizzata per realizzare interi strati di rinforzo, perché influisce in maniera un pò troppo invasiva la deformazione della tavola e, in alcune situazioni rischia di creparsi. Viene invece spesso utilizzata in nastri orientati in modo strategico per aumentare il pop in una direzione definita permettendo una regolazione più fine del flex rispetto ai diversi assi. Questo materiale, tuttavia, ha lo svantaggio di tendere ad entrare facilmente in risonanza, specialmente su nevi dure irregolari, facendo aumentare l’entità di vibrazioni che il rider percepisce; per questa ragione i rinforzi in carbonio sono spesso accompagnati da strisce antivibranti in gomma (vedi pg. 196)

CANAPA Il processo per produrre la fibra di carbonio utilizza moltissima energia e produce CO2 e altri inquinanti per un peso pari alla metà di quello del manufatto realizzato. Per questo motivo alcuni produttori, come Niche Snowboards, utilizzano tessuti in fibra di canapa che rivelano proprietà sorprendentemente simili al carbonio (infatti sono utilizzate, in sostituzione del carbonio, anche in alcune parti di automobili di lusso da BMW e Mercedes). La canapa ha un processo di realizzazione delle fibre molto più semplice, economico ed efficiente rispetto a quello del carbonio. Inoltre, la produzione della materia prima è il risultato di una delle colture più veloci che esistano e non richiede l’utilizzo di pesticidi ed erbicidi tossici. Infine, trattandosi di un materiale vegetale, la crescita delle colture compensa l’emissione di CO2 in fase di lavorazione (grazie alla fotosintesi).

3.120

163


Kevlar È una fibra sintetica aramidica; è più flessibile del carbonio ma meno del vetro, è più leggero ed ha prestazioni meccaniche superiori ad entrambi. Il Kevlar è difficilissimo da tagliare e praticamente impossibile da spezzare. Anche in questo caso gli utilizzi all’interno di uno snowboard sono limitati a nastrature orientate, poiché, nonostante il kevlar abbia una resistenza a trazione fino a 8 volte superiore a quella dell’acciaio e un peso specifico di circa un sesto, ha allo stesso tempo un elevato modulo elastico (che significa scarsa deformabilità reversibile) ed è un materiale estremamente difficile da lavorare, dunque molto caro.

3.121

Titanal È l’unico tipo di rinforzo che viene inserito non in tessuti di fibre ma in lastre, in quanto si tratta di una particolare lega metallica molto duttile e leggera. Ovviamente, per quanto possa essere leggero, non è pensabile che un materiale in lastra occupi interamente una strato della tavola; anche in questo caso, dunque, parliamo di rinforzi disposti in strisce. Nonostante il nome commerciale, il Titanal non ha nulla a che fare con il titanio, se non per il fatto che le loro caratteristiche meccaniche sono piuttosto simili. È una lega d’alluminio (brevettata con questo nome da una società austriaca negli anni ’80) che contiene zinco, magnesio, rame e zirconio. Essendo composto principalmente da alluminio, il Titanal è, come dicevamo, una lega molto leggera, inoltre è molto flessibile e ha una elevata resistenza a torsione; queste caratteristiche hanno fatto si che fosse molto apprezzato come strato di rinforzo all’interno di sci da discesa di alta gamma, mentre nello snowboard l’utilizzo è più ridotto e limitato principalmente alle tavole hard. 3.122

164


PREGPEG Tutti i tessuti ad alte prestazioni, come è noto, vengono sempre associati ad un secondo componente, insieme al quale costituirà un materiale disomogeneo: parliamo di una resina che funge da collante e struttura rigida (una volta asciutta), questa diventa dunque la matrice del materiale che viene così identificato come composito. Le tecniche di stratificazione tradizionali hanno, tuttavia, un limite fissato dai tempi di catalizzazione delle resine: esse sono infatti composte da due componenti distinte che, una volta venute a contatto, iniziano a catalizzare, passando dallo stato liquido a quello solido. Il processo di catalizzazione è relativamente rapido, perciò, l’operaio che dispone uno sull’altro gli strati della tavola non può permettersi

troppe indecisioni per poter inserire in tempo utile tutti gli strati nella pressa. Per raggiungere questo scopo vengono utilizzate grandi quantità di resina distribuite il più velocemente possibile tra gli strati; in questo modo si rischia di ottenere una distribuzione non uniforme del collante e, comunque, un eccesso dello stesso che si tramuta in peso superfluo a processo ultimato. Il pregpeg è semplicemente un materiale composito preimpregnato (qualsiasi tessuto può essere un pregpeg) che si propone di elimi-

3.123

nare questi problemi. Per la realizzazione di un preimpregnato il tessuto viene fatto scorrere all’interno di una resina termo catalizzante, leggermente differente da quella tradizionale, e poi pulito di quella in eccesso; in questo modo la matrice è distribuita in maniera perfettamente uniforme e nella quantità necessaria e non di più. A questo punto, per rallentare quasi a zero la catalizzazione, le bobine di tessuto vengono abbattute in celle frigorifere con temperature intorno ai -20°C. Durante l’applicazione, infine, le tavole sono pressate ad alte temperature in modo da risvegliare il processo e ultimare la catalizzazione. Le tavole ottenute con questo metodo sono perfettamente uniformi e alleggerite del peso della resina in eccesso.


Vista la varietà di materiali utilizzabili nella realizzazione dei rinforzi, è immediato pensare che i laminati possano essere inseriti strategicamente nell’attrezzo, al fine di modularne le proprietà con precisione decidendo in anticipo a quali forze esso dovrà porre maggior resistenza e rispetto a quali assi si rivelerà più flessibile. Quando immaginiamo di esplodere i componenti di

POSA LAMINATI

una tavola, dobbiamo perciò pensare che il laminato non è semplicemente uno strato situato “al di sotto di questo e al di sopra di quello” (non sempre, perlomeno). All’interno di un attrezzo possiamo infatti trovare rinforzi inseriti solo nella punta, in strisce trasversali, con materiali differenti nelle diverse zone o con spessori maggiori in un punto e minori in un altro, etc.

Full

3.125 Un foglio di laminato che riempie interamente uno strato dell’attrezzo (full=completo); nella maggior parte delle tavole da neve se ne ha uno sopra e uno sotto il core con lo scopo di aumentarne le caratteristiche di resistenza a flessione e torsione su tutti gli assi (con qualche accorgimento rispetto alla trama (vedi pag. 169). I tessuti disposti in questo modo sono quasi sempre in fibre di vetro e, in rari casi, in fibre di basalto. Gli altri materiali non vengono utilizzati poiché renderebbero la tavola inutilizzabile: la fibra di vetro e di basalto, infatti, è in grado

3.124


3 - componenti/ LAMINATI di migliorare notevolmente la resistenza alla rottura senza incidere in maniera troppo invasiva sul flex determinato dall’anima e sul peso dell’intero attrezzo. Uno strato full in carbonio invece, renderebbe la tavola estremamente fragile sebbene sarebbe leggerissima e super reattiva; uno in titanal aumenterebbe rigidezza e risonanza delle vibrazioni e aumenterebbe il peso in maniera eccessiva; uno in kevlar, infine, risulterebbe troppo costoso e adatto solamente ad attrezzi non molto flessibili (sebbene alcune sperimentazioni sono state fatte).

Tip-to-tail I rinforzi tip-to-tail (letteralmente da punta a coda), sono nastri disposti in direzione longitudinale sopra il core, per tutta la lunghezza della tavola o 3.126 quasi. Solitamente si inseriscono per aumentare in maniera sensibile la rigidezza longitudinale al fine di avere una tavola con maggior pop; a questo scopo, il materiale più comunemente utilizzato è la fibra di carbonio che, grazie al suo elevato modulo elastico, fornisce un concreto supporto strutturale con il minimo aumento di peso. Talvolta questi rinforzi possono essere in kevlar che, sebbene non comparabile al carbonio in rigidezza, conferisce maggior reattività di quanto possa fare la fibra di vetro e di basalto, seppure anch’essi utilizzati tip-to-tail quando si richiede una modulazione economica e non troppo invasiva dal punto di vista prestazionale. Infine, esclusivamente nelle tavole hard, possiamo trovare rinforzi longitudinali in titanal, utilizzati in questo campo principalmente grazie 3.127 alla sua notevole capacità di incrementare la resistenza a torsione dell’attrezzo senza appesantirlo eccessivamente. Riepilogando, le nastrature tip-to-tail permettono di realizzare anime morbide e leggere, capaci di grandi torsioni, ma estremamente reattive sull’asse principale.

167


Incroci Se i rinforzi tip-to-tail modulano il flex longitudinale conferendo maggior pop all’attrezzo, allo stesso modo si può aumentare la rigidezza 3.128 torsionale disponendo fasce di laminati in maniera incrociata tra una lamina e l’altra. Questo tipo di rinforzo permette di realizzare attrezzi più reattivi sui cambi di lamina e capaci di assorbire maggiormente le vibrazioni durante la carvata. Solitamente, proprio perché agiscono sulla conduzione, le nastrature incrociate vengono disposte più o meno in corrispondenza degli attacchi e davanti ad esse, in quanto queste sono le zone che, insieme alle punte, ricevono la maggior parte delle sollecitazioni quando si surfa in pista e in freeride. Anche in questo caso il materiale che domina il mercato è la fibra di carbonio, sebbene, come per i rinforzi longitudinali, trovano spazio anche il vetro e, in minor 3.129 misura, basalto e kevlar.

Localizzate Quando, infine, si prevede un utilizzo specifico dell’attrezzo che implichi forti tensioni in precise zone della tavola, è probabile che il produttore decida di inserire delle strisce di rinforzo in carbonio localizzate solo dove necessario. Ad esempio, in alcune tavole da freeride è abbastanza frequente l’inserimento di rinforzi sulle punte e/o esternamente agli inserti per gli attacchi, zone che, nel fuoripista, sono maggiormente maltrattate. Per lo stesso principio, possiamo trovare in alcune tavole orientate al jibbing, rinforzi nella zona centrale che permettono di agganciare i rail in boardslide cattivi senza paura.

168

3.130


TRAME FIBRE 3.131

I laminati, come abbiamo avuto modo di vedere, sono strati costituiti da tessuti di fibre ad alte prestazioni. Proprio come tutti gli altri

tessuti, i laminati di rinforzo possono presentare trame differenti; la scelta di queste per la realizzazione di strati di rinforzo in una tavola da neve

dipende dal tipo di sforzi che le tavole devono sopportare e dal peso che il produttore è disposto ad aggiungere all’attrezzo che venderà.

Unidirezionali I rinforzi disposti in nastri (tip-to-tail, ecc.) sono generalmente composti da tessuti di questo tipo; più raramente vengono utilizzati tessuti unidirezionali anche per strati full e localizzati. Un tessuto unidirezionale, come dice il termine stesso, presenta fibre orientate tutte in un unico verso, tenute insieme da un filo in diverso materiale, solitamente in materiale polimerico 3.132 (poliestere) o in fibra di vetro di media qualità. Una trama unidirezionale presenta, dunque, la superficie costituita interamente da fibre che si oppongono insieme agli sforzi subiti in un’unica direzione. Questo fa in modo che un tessuto unidirezionale in grado di resistere ad una forza che 3.133 agisce in tale direzione, avrà una superficie inferiore ad un 169


tessuto costituito anche da fibre orientate diversamente e che, in tale occasione, non agiranno; di conseguenza avremo meno materiale, dunque meno peso. Allo stesso tempo, tuttavia, si rivela praticamente inutile nel resistere a sollecitazioni che non si dispongono lungo le sue fibre.

Biassiali Un tipo di tessuto molto comune per la realizzazione di strati di rinforzo full in fibra di vetro su tavole di gamma medio-bassa, in quanto è facilmente reperibile e, per questo, relativamente economico. Lo stesso tipo di tessuto si trova molto spesso in ritagli per rinforzi localizzati in un’area circoscritta della tavola e, talvolta, per nastrature, utilizzando principalmente fibre di carbonio. Il biassiale è una trama in cui le fibre vengono intrecciate in due direzioni differenti. Sono due le trame biassiali più comunemente utilizzate per i laminati negli snowboard.

3.134

• 0/90: le fibre a 0°, disposte in modo longitudinale, parallelamente all’asse Y dell’attrezzo, incrementano il pop longitudinale della tavola; quelle a 90°, perpendicolari alle precedenti, diminuiscono il flex trasversale ma non influiscono quasi per nulla su quello torsionale.

3.135

• +45/-45: fibre perpendicolari tra loro e ruotate di 45° rispetto all’asse longitudinale (sia da un verso che dall’altro) incrementano la resistenza a torsione; fibre in vetro con questa trama sono spesso utilizzate per realizzare rinforzi localizzati sotto gli attacchi [3.130-sx].

Triassiali È un altro tipo di trama facilmente reperibile come strato completo in uno snowboard, specialmente in tavole di gamma medio-alta, mentre non è utilizzata per realizzare nastrature, e quasi mai per rinforzi localizzati. È un tessuto, ideato per incrementare le prestazioni di un bidirezionale, in cui le fibre (quasi sempre di vetro) vengono intrecciate in tre direzioni: 0°/+45°/-45°. 170

3.136


3 - componenti/ LAMINATI Le fibre disposte in modo longitudinale rispetto alla tavola (quelle a 0°) rinforzano il flex longitudinale della tavola, mentre quelle incrociate a ±45° riducono, prevedibilmente, la flessibilità torsionale dell’attrezzo. Gli strati full in fibra di vetro triassiale sono dunque ottimali per la realizzazione di tavole di buon livello (specialmente per le All-mountain) in quanto forniscono sia un incremento del pop, migliorando la responsività della tavola, sia una riduzione della torsione, aiutando il rider a tenere saldamente le lamine in conduzione di curva sulle nevi più dure. Nell’utilizzo delle fibre triassiali, la soluzione più largamente adottata da tutti i costruttori di tavole è uno strato di fibra di vetro da 660 grammi fra la soletta e l'anima ed uno uguale fra 3.137 l'anima e il top.

Quadriassiali Ancora un’evoluzione del tessuto ortogonale, utilizzato, come il triassiale, quasi esclusivamente per la realizzazione di strati di rinforzo completi in fibra di vetro o basalto. Una trama quadri assiale è costituita da filamenti intrecciati addirittura in quattro direzioni diverse: 0°/90°/+45°/-45°. Tale intreccio permette di rinforzare l’attrezzo in tutte le direzioni incrementando la resistenza alla torsione, alla flessione longitudinale e a quella trasversale.

3.138

Ovviamente ognuna delle diverse trame e disposizioni di rinforzi possono trovarsi in una tavola a prescindere dalla presenza o meno di nastrature o strati posati in altro modo e/o con trame differenti. Ad esempio, i produttori che utilizzano rinforzi biassiali full in vetro inseriscono quasi sempre anche nastrature unidirezionali tip-to-tail in carbonio o vetro. Talvolta vengono persino introdotte sul mercato tavole con doppi strati completi: uno unidirezionale a 0° in fibra elastica (es. vetro) per modulare il pop longitudinale, e uno bidirezionale 45°/-45° più rigido (es. carbonio) per rafforzare l’attrezzo in torsione; così facendo si ottiene un laminato triassiale che, sebbene un po’ più pesante e costoso, permette di regolare più finemente il flex della tavola 171


SOLETTA Visibile, al di sotto di tutti gli altri livelli, c’è uno strato plastico con proprietà di bassissimo coefficiente d’attrito e alta resistenza ad abrasione.Parliamo della superficie che permette allo snowboard di scivolare sulla neve: la soletta. La capacità di questa base di scorrere velocemente sui manti bianchi è data, oltre che dalla frizione che genera il materiale stesso, anche da una speciale cera di cui vengono ricoperte: la sciolina. Tutte le solette, dunque, devono mirare ad una buona capacità di assorbire e trattenere la sciolina accoppiata alla massima resistenza possibile.


materiale soletta 3.139

La quasi totalità delle solette degli snowboard, come quelle degli sci, sono prodotte utilizzando polietilene ad alta densità molecolare, comunemente conosciuto come P-Tex, nome commerciale lanciato dalla Inter Montana Sport, produttrice svizzera di sci che per prima utilizzò il materiale. Il P-Tex è, tra quelli conosciuti, il polimero termoplastico con la miglior resistenza ad abrasione e il minor coefficiente di attrito radente, inoltre è idrorepellente e sufficientemente malleabile da risultare infine relativamente semplice da

lavorare. Sembra dunque perfetto allo scopo di creare una superficie che permetta alla tavola di scivolare; ma non basta. Allo scopo di perfezionare le prestazioni di questo polietilene super-performante sono state tentate molte strade, tanto che ad oggi esistono molteplici varietà di P-Tex che si differenziano sulla base della loro densità, degli additivi che vengono aggiunti prima della realizzazione del semilavorato, e del tipo di lavorazione da cui si ottiene il prodotto.

Burton ha introdotto sul mercato un paio di anni fa una soletta realizzata in Teflon (politetrafluoroetilene) per alcune delle tavole top di gamma. Questa novità viene pubblicizzata come un espediente per rendere la tavola ancora più scorrevole in quanto il Teflon è l’unica superficie sulla quale i gechi non sono in grado di attaccarsi… Ma visto che le piste non sono fatte di gechi, e che il P-Tex ha una decisamente migliore resistenza ad abrasione rispetto al Teflon e un coefficiente d’attrito quasi identico, sebbene maggiore, probabilmente si tratta soltanto di una trovata commerciale con ben pochi vantaggi reali.

3.140 173


Densità Il polietilene è un polimero termoplastico composto da catene ramificate di etilene. Variando le condizioni della polimerizzazione (pressione, temperatura, catalizzatore) si ottengono prodotti di densità, struttura e proprietà differenti. Le diverse proprietà di un polietilene a bassa densità rispetto ad uno ad alta densità dipendono dall’assetto delle sue molecole: se le catene di etilene si dispongono in maniera disordinata (amorfa), creano delle ramificazioni che impediscono alle altre catene 3.141 di molecole di “incastrarsi” e creare dei legami, ottenendo così un materiale con ampi spazi vuoti e, perciò, poco denso. Al contrario, un polietilene ad alta densità avrà ramificazioni più ordinate e sarà caratterizzato da un maggior numero di legami tra le molecole. Il P-Tex, essendo polietilene ad altissima densità, ha una struttura talmente ordinata da poter essere definita quasi una “struttura cristallina”, il che gli conferisce migliori caratteristiche meccaniche. 3.142 La struttura delle catene del polimero influisce anche sulla capacità del materiale di assorbire e rilasciare la sciolina: un polietilene con struttura ramificata (bassa densità) presenta un basso numero di micropori piuttosto grandi, con il risultato che la sciolina applicata verrebbe assorbita in modo disomogeneo e rilasciata 174

troppo in fretta; la struttura cristallina (P-Tex), invece, rende il materiale capace di assorbire più uniformemente la sciolina e di rilasciarla più lentamente durando per più uscite sulla neve. Per identificare il grado di densità del materiale delle solette, sui cataloghi troviamo un numero che segue la sigla P-Tex: P-Tex 1000, P-Tex 4000,

etc.; questo numero è il peso molecolare del materiale, che, comprensibilmente, cresce all’aumentare della densità. Un numero più alto identificherà quindi una soletta migliore.


3 - componenti/ SOLETTA

Additivi Per migliorare ulteriormente le caratteristiche delle solette, i produttori sperimentano continuamente nuovi composti, aggiungendo al P-Tex basse percentuali dei più svariati materiali: da parti di scioline a polveri metalliche. Ad esempio da qualche anno è stato scoperto un particolare materiale, chiamato indio, che sembra avere proprietà auto refrigeranti, reagisce, cioè, al riscaldamento provocato dallo sfregamento, cambiando il proprio stato ed abbassando nuovamente la propria temperatura permettendo alla soletta di rilasciare più lentamente la sciolina dai micropori. Un’altra additivazione molto interessante, piuttosto diffusa, è

l’arricchimento del P-Tex con delle molecole di un materiale conduttivo come il carbonio (solette Electra®) e la grafite. Le solette prodotte in questo modo, hanno la capacità di scaricare a terra le cariche elettrostatiche generate dallo sfregamento della tavola sulla neve riducendo l’attrito, appunto, elettrostatico.

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SCIOLINA Indipendentemente dal materiale e dal processo di lavorazione, che vedremo fra poco, una grossa differenza nel mantenere veloce e in buone condizioni la soletta, è il mantenerla sempre ben sciolinata. Esistono molti tipi di sciolina che è possibile utilizzare; in genere si distinguono per essere adatte a diverse temperature della neve, talvolta possono differenziarsi grazie agli additivi che contengono. Come abbiamo accennato, la sciolina è una speciale cera che viene periodicamente applicata sulla soletta di uno snowboard in modo da creare meno attrito con la neve e scorrere più velocemente. Le caratteristiche più importanti di una cera sono dunque: la capacità di respingere l’acqua, di abbassare il coefficiente di attrito tra la soletta e la neve per quanto possibile, ed essere abbastanza dura affinché i cristalli di neve non penetrino lo strato di cera creando attrito direttamente con la base.

Tipi di scioline

3.143

Ci sono due tipi di scioline: di idrocarburi e di fluorocarbonio. Quelle di idrocarburi sono a base di paraffina e sono il tipo più comune di cera utilizzata. Penetrano più profondamente delle altre nelle solette in P-Tex e durano a lungo se applicate con un ferro caldo. Le scioline di fluorocarbonio differiscono dalle precedenti poiché sono fatte di molecole di carbonio con atomi di fluoro caricati negativamente, che hanno la stessa funzione degli atomi d’idrogeno neutri delle scioline di idrocarburi, ma la svolgono in modo più efficiente: respingono l'acqua e lo sporco, riducendo l'attrito e rendendo queste scioline più veloci rispetto alle concorrenti. Le scioline di fluorocarbonio sono generalmente


utilizzate solo dai riders che gareggiano perché sono più costose e richiedono maggiore attenzione per l’applicazione. Normalmente uno snowboard è sciolinato con sciolina idrocarburica prima, e poi, se si utilizza una cera di fluorocarbonio, questa viene applicata come strato aggiuntivo.

Proprietà antistatiche Quando una tavola scorre sulla neve, si creano cariche elettrostatiche che aumentano l'attrito. Avere un additivo conduttivo (come carbonio e grafite) nella soletta aiuta a guadagnare un po’ più di velocità; allo stesso scopo, anche le scioline possono essere additivate con gli stessi elementi producendo migliori prestazioni antistatiche.

tavia la sciolina deve essere più dura della neve allo scopo di diminuire il grip della soletta e, dunque, anche l’attrito col suolo. Le nevi fredde (-25°C / -10°C) sono dure (ghiacciate) e richiedono, perciò, una sciolina dura; al contrario le nevi primaverili (+1°C / +10°C) sono più morbide e sciolte, nonché più lente per natura, e richiedono scioline morbide con più additivi idrofobi per respingere meglio l'acqua. Per lo snowboarder medio una sciolina di idrocarburi “per tutte le temperature” funziona perfettamente, e gli da la possibilità di girare ragionevolmente veloce in tutte le condizioni di temperatura.

Temperatura delle scioline Le scioline sono progettate per l'utilizzo su nevi di diverse temperature. Ci sono molte scioline “per tutte le temperature” vendute come adatte a tutte le stagioni, in realtà sono perfette per temperature medie (-9°C / 0°C) e risultano perciò abbastanza versatili da Dicembre a Marzo. La differenza principale tra le scioline per le diverse temperature è quanto queste siano dure.Una sciolina dura crea più attrito di una morbida; verrebbe perciò da pensare che le migliori siano più morbide, tut-

3.144


PROCESSO SOLETTA 3.145

Importantissimo per definire le qualità di una soletta è il metodo di realizzazione delle bobine di semilavorato. A seconda del processo con cui una soletta viene prodotta, le sue caratteristiche meccaniche e di assorbimento della sciolina possono variare notevolmente.

Estruse Le solette estruse sono ricavate da lastre polimeriche ottenute portando il P-Tex ad una temperatura di circa 180° in modo da farne una pasta estremamente malleabile che viene poi costretta a passare attraverso una fessura. Il 3.146 semilavorato viene infine tagliato con la forma definitiva. Per l’estrusione non si possono, però, utilizzare varietà di P-Tex estremamente densi; per questo motivo le solette estruse presentano caratteristiche meccaniche non eccellenti e non sono velocissime rispetto alle altre. Nonostante ciò il processo di estrusione è ancora molto utilizzato poiché è abbastanza economico 178


e vi si ottengono prodotti user-friendly: le solette estruse sono infatti le più facili da riparare in maniera artigianale sebbene siano anche le meno resistenti a solchi e graffi. Inoltre le solette estruse presentano il vantaggio di non far calare eccessivamente le loro prestazioni se vengono lasciate senza adeguata sciolinatura. 3.147

Sinterizzate Il processo di sinterizzazione si svolge in più fasi: il P-Tex viene dapprima polverizzato, poi disteso nella forma desiderata e sottoposto ad alte pressioni [3.148-sx]; tale compressione fa aderire fortemente i granuli conferendo al pezzo una notevole consistenza. Nella successiva fase di agglomerazione, il pezzo viene riscaldato a temperature inferiori ma prossime a quelle di fusione: in questo modo si ottiene la saldatura dei granuli tra loro [3.148-dx]. Il pezzo finale sarà un manufatto poroso costituito da un materiale con forti tensioni interne, che significa un incremento delle proprietà meccaniche.

3.148 I prodotti di questo tipo possono inoltre essere realizzati con varietà di P-Tex ad elevatissima densità detti UHMW (ultra high molecular weight), dunque con il massimo numero di micropori; questo, insieme alla sinterizzazione stessa, favorisce una capacità di assorbimento/rilascio della sciolina notevolmente migliore (fino a tre volte tanto) rispetto alle estruse. Le solette sinterizzate sono dunque più veloci delle estruse, nonché più durevoli e resistenti a graffi e solchi dovuti all’utilizzo, sono quindi utilizzate su tavole di media e alta gamma. Per contro sono più costose da produrre e più difficili da riparare. 179


Grafite Le solette “in grafite” sono piuttosto diffuse e conosciute, tanto da venire ormai considerate come una terza famiglia a sé; in realtà sono solamente solette sinterizzate in P-Tex UHMW additivato con grafite polverizzata.

3.149

La grafite è un materiale in grado di aumentare la capacità di assorbimento della sciolina essendo particolarmente poroso; inoltre, avendo una struttura molecolare estremamente ordinata, è molto conduttivo, dunque aiuta a dissipare la carica elettrostatica che si crea con lo sfregamento della tavola sulla neve riducendo l’attrito che la soletta subisce in movimento. Le solette sinterizzate con grafite sono le più veloci presenti sul mercato ma sono prodotte quasi esclusivamente per le tavole hard. Questo è dovuto, oltre all’elevato costo di produzione, anche al fatto che esse presentano necessariamente un colore molto scuro, impedendo l’inserimento di grafiche attrattive sotto la tavola, aspetto sempre più importante nel campo della grande rivendita di tavole da neve.

SHAPING Oltre al tipo di processo utilizzato per la produzione delle solette, incide sulla loro capacità di scivolare anche l’aspetto della superficie che verrà a contatto con la neve. La maggioranza delle tavole presentano una soletta completamente liscia, alcune, tuttavia, vengono rifinite in modo che la superficie di contatto diventi irregolare creando delle piccole “depressioni”; in questo modo, durante la discesa, la soletta riesce a rompere in maniera più efficiente la tensione del sottilissimo strato di cristalli di neve sciolti che si forma sotto la tavola. Tali irregolarità possono essere realizzate attraverso una sabbiatura a macchina che lascia la soletta piena di piccoli solchi longitudinali i quali, a seconda della profondità e della distanza tra loro, determinano migliore scivolamento su diversi tipi di neve; generalmente più profondi e distanti sono i solchi, minor attrito si ha sulla neve bagnata. 3.150 180


LAMINE Osservando la nostra tavola, notiamo attorno alla soletta, a filo con essa, delle strisce metalliche che disegnano il perimetro inferiore o i bordi esterni dell’attrezzo. Queste strisce sono le lamine, elementi estremamente importanti per la definizione delle performance della tavola sulle nevi dure. La funzione delle lamine è quello di garantire la tenuta di spigolo, ed è proprio grazie a loro che il rider può permettersi carvate su fondi ghiacciati e nevi supercompatte senza scivolare verso l’infinito.


Osservando una tavola assemblata, le lamine possono sembrare semplicemente dei “fili” a sezione rettangolare incollati intorno alla soletta; in realtà la lamina è costituita da due parti: lo spigolo e la rosetta. Il primo è la parte visibile, quella che viene a contatto con la neve e che è direttamente coinvolta nella funzione di “mordere” il terreno. La seconda (o meglio, le …) è una parte di lamina più sottile, che non si vede poiché è incastrata dietro la soletta, e che ha la funzione di scaricare le tensioni subite dalla lamina sul resto della tavola; a questo scopo si realizzano, nel corpo unico della lamina, delle rientranze a forma di T che aumentano la superficie di lavoro e che mantengono le lamine attaccate al resto della tavola.

3.151

dimensioni Sebbene tutte le lamine presentino spigolo e rosette, non tutte hanno le stesse quote. Nella maggioranza dei casi le lamine hanno lo spigolo largo 1,5/2 mm e rosette con una superficie di circa 3/4 mm2 ciascuna. Su alcune tavole, tuttavia, troviamo delle lamine più sottili: le cosiddette lamine “da gara”; queste hanno lo spigolo con larghezza ridotta 3.152 (fino a 1mm). Queste lamine “minorate” vengono giustificate facendo leva sul minor attrito che opporrebbero alla discesa lasciando più spazio al p-tex della soletta; il fondamento di verità esiste, ma bisogna considerare che parliamo di influenze minime, e molti riders e costruttori concordano che questo minimo vantaggio non valga la perdita di resistenza agli urti che questa variante comporta, salvo che per alcune tavole hard da utilizzare a cannone esclusivamente nelle competizioni. Analogamente, ma con concept inverso, alcuni produttori vendono tavole con lamine maggiorate che hanno lo spigolo largo circa 3mm e rosette di superficie di 5/6 mm2 ciascuna ma con forma 182


3 - componenti/ LAMINE allungata in modo da poterne inserire un numero maggiore sull’intera lunghezza della lamina. Queste lamine nascono, chiaramente, con l’intento di essere una variante più resistente agli urti (fino

al 200% rispetto alle lamine tradizionali) per gli utilizzi in cui la tavola viene maggiormente maltrattata; le troviamo, infatti, principalmente sulle tavole “da rail”. Il concept prevede uno spigolo con sezione tale da essere in grado di sopportare impatti violenti senza creparsi, e delle rosette con superficie abbastanza grande da scaricare queste sollecitazioni senza rischiare la rottura. 3.153

SOLETTA

INCIDENZA

LAMINA

INCLINAZIONE

Spigolo Stabilità e manovrabilità della tavola è in gran parte legata all’angolazione delle due facce della lamina che costituiscono lo spigolo che “taglia” la neve; distinguiamo due grandezze: l’angolo d’incidenza e l’angolo d’inclinazione. L’angolo di incidenza corrisponde al grado di inclinazione verso l’alto della faccia inferiore della lamina rispetto alla soletta. Maggiore sarà questo angolo, minore sarà il rischio di contro lamina scivolando a tavola piatta ma, allo stesso tempo, si ritarderà l’entrata in conduzione con una tendenza a derapare più a lungo; la maggior parte delle tavole ha un angolo d’incidenza di fabbrica di 0°, sebbene, da qualche anno, sta crescendo la tendenza, sulle soft, di portare l’angolo a 1° o 2°. L’angolo d’inclinazione definisce di quanto è inclinata la faccia verticale della lamina rispetto a quella inferiore. La variazione di questa grandezza definisce il grado di affilatura della lamina e, di conseguenza, la capacità dell’attrezzo di condurre in maniera più o meno precisa; minore è l’angolo di inclinazione, maggiore sarà l’affilatura, quindi la precisione dell’attrezzo. L’inclinazione varia (in produzione) dai 90° della maggioranza degli snowboard agli 86° di alcune hard da gara. 183


tuning + detuning Come sappiamo ogni rider ha il suo stile e le sue preferenze; ebbene le lamine possono “piegarsi” al volere dello snowboarder. È, infatti, piuttosto frequente che uno snowboarder porti il proprio attrezzo dallo “skiman” per una modifica artigianale alle lamine. Una delle modifiche che si può fare sulle lamine è il cosiddetto “tuning”, cioè un incremento dell’affilatura dello spigolo. In pratica lo spigolo viene molato sulla faccia perpendicolare alla soletta per tutta la lunghezza della lamina effettiva in modo da rimpicciolire l’angolo di inclinazione; in questo modo la lamina risulterà semplicemente più “appuntita” e renderà la tavola più stabile in conduzione. Solitamente il tuning è preso in considerazione da riders che amano scendere a grandi velocità o su fondi ghiacciati e che sentono di non avere abbastanza grip quando vanno “a cannone” o quando girano in pipe.

L’intervento più frequente, tuttavia, è il cosiddetto “de-tuning”, che, come fa intuire il nome, è l’esatto opposto del tuning, cioè rende lo spigolo meno affilato. In sostanza la lamina viene consumata in modo da aumentare l’angolo di incidenza (fino a 3°) e/o quello d’inclinazione. Ma perché un rider dovrebbe voler peggiorare la presa di spigolo del proprio attrezzo? Dipende, come sempre, dal tipo di utilizzo; una lamina meno affilata e rialzata rispetto alla neve rende la tavola molto maneggevole e fa in modo che non si pianti in contro spigolo appena viene messa di piatto. Il de-tuning è quindi una lavorazione utile per chi fa freestyle e può rinunciare a un po’ di conduzione in cambio di maggior permissività.

SOLETTA

LAMINA MOLATURA 3.155 DE-TUNING

SOLETTA 3.154

LAMINA MOLATURA TUNING


3 - componenti/ LAMINE

Materiale Le lamine sono prodotte in leghe d’acciaio e acciaio inossidabile, in quanto sono gli unici materiali (relativamente economici) ad avere caratteristiche di durezza e flessibilità all’interno di un gap adatto agli utilizzi delle tavole da neve. Le diverse varianti materiche si differenziano principalmente per il loro grado di durezza, che viene identificato con un valore detto Rockwell, ottenuto sottoponendo il materiale ad una prova di durezza con penetratore

conico in diamante, appunto la prova di Rockwell. Gli acciai utilizzati per le lamine sono leghe temprate in bagno d’olio, con durezza compresa tra i 48 e i 50 Rockwell. Questo gap è una specifica richiesta a tutti i produttori poiché si tratta dei valori minimi per ottenere prodotti di qualità ma, superando i 50 si rende difficoltosa la manutenzione; acciai più duri, infatti, renderebbero difficile la vita degli skiman (che affilano le lamine artigianalmente utilizzando

lima a fresa, lima mezzo dolce e lima diamantata) e comporterebbero problemi anche sulle rettifiche da laboratorio. Per quanto riguarda l’utilizzo, possiamo riassumere l’influenza del tipo di materiale in questo modo: acciai più duri “tengono il filo più a lungo” (cioè si consumano meno e devono essere affilate meno frequentemente), ma leghe più morbide risultano più elastiche e quindi meno fragili, abbassando il rischio di rottura dovuta ad impatti.

Avvolgimento La disposizione delle lamine lungo i bordi della tavola non è sempre uguale; ci sono, infatti, due tipi di avvolgimento delle lamine: totale e parziale. Le lamine che avvolgono totalmente la soletta dello snowboard sono, in realtà costituite da un unico corpo curvato su se stesso con lunghezza quasi perfettamente identica al perimetro dell’attrezzo; in questo modo si ottiene una tavola che presenta lamina anche sulle punte con un solo punto discontinuità (dove si incontrano i due estremi della lamina). Questo è il tipo di disposizione più resistente, che si incontra sulla maggior parte delle tavole, l’unico suo punto debole è che la sostituzione, in caso di danni irreparabili, è decisamente più difficile e costosa.

3.156

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Le lamine avvolte in modo parziale, invece, sono effettivamente due pezzi separati posizionati sui bordi delle lamine effettive (solo dove servono sul serio). L’utilizzo di meno materiale permette di risparmiare sul peso, sebbene in maniera molto marginale, ma, a causa della forma non continua, rende la lamina stessa meno resistente; inoltre lascia le punte maggiormente inclini a danneggiarsi se non vengono rinforzate con altri elementi (vedi pg. 145).


inserti Per poter surfare con i piedi ben saldi sulla tavola abbiamo bisogno che gli attacchi per gli scarponi siano agganciati alla tavola nella posizione che preferiamo. Guardando una tavola da neve è evidente che la boccolatura, ovvero il sistema di inserti filettati, è lÏ proprio a questo scopo.


Gli inserti sono delle semplici boccole filettate in acciaio inossidabile con passo M6, che attraversano gli strati superiori della tavola (dal core in su); hanno il fondo allargato per creare una superficie, a contatto con la faccia inferiore dell’anima che si contrappone alla forza esercitata dalla

3.158

vite che “tira” per bloccarvi l’attacco. Permangono talvolta leggere differenze di profondità delle boccole stesse, per cui, in relazione anche ai diversi spessori degli attacchi, bisogna prestare attenzione alla lunghezza delle viti da utilizzare.

Gli inserti possono essere disposti in diverse configurazioni, a discrezione del produttore, sulla base di quello che crede sarà il target del modello in questione, se riders amanti del freestyle, del freeride, se attenti al peso dell’attrezzo o prediligono la versatilità, etc.

BOCCOLATURA 4 x 4

4cm

La disposizione più diffusa, prevede l’utilizzo di 8 inserti (per ogni attacco) distanziati tra loro 4 cm sull’asse X e 4 cm sull’asse Y, dunque rappresentano gli angoli di 3 quadrati consecutivi. Questo tipo di assetto è particolarmente apprezzato 4cm per le tavole All-mountain 3.159 poiché, accoppiato al gap di posizioni permesse dai dischi degli attacchi, determina una regolazione abbastanza precisa su un’apprezzabile lunghezza, il che consente di modificare notevolmente la posizione degli attacchi per poter utilizzare il proprio attrezzo in situazioni diverse.

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3 - componenti/ INSERTI

BOCCOLATURA 4 x 2 In questo sistema gli inserti vengono distanziati 4 cm 3.160 sull’asse trasversale e solamente 2 cm su quello longitudinale. Tale disposizione è utilizzata maggiormente su tavole preorientate ad una particolare disciplina per aver maggiore precisione di posizionamento; solitamente la troviamo in snowboard da park e street. Grazie alla minor distanza dei fori, interamente coperta dalla lunghezza delle asole dei dischi degli attacchi, il 4x2 permette un numero infinito di possibili regolazioni ma in un gap totale inferiore rispetto al 4x4 (a parità di inserti). Talvolta, su tavole All-mountain, vengono utilizzati sistemi 4x2 a 10, 12, 14 o 16 elementi; questo permette di raggiungere spostamenti pari al 4x4 ma aumenta “notevolmente” il peso, senza contare che ogni foro e ogni inserto influiscono anche sul comportamento elastico della tavola.

4cm

2cm

3D SYSTEM

4cm

Brevetto utilizzato da Burton 3.161 per molti anni, oggi quasi 4c m totalmente sostituito dal nuovo sistema di aggancio senza inserti (vedi pg. 190), e utilizzato solamente più sulle loro tavole da bambino e di bassa gamma. Il 3D consiste nel disporre 8 inserti come vertici di 4 triangoli equilateri compenetranti da accoppiare ad un particolare tipo di dischetto di attacco prodotto sempre da Burton. Questo metodo di disposizione è praticamente equivalente al 4x4 ma velocizza le operazioni di montaggio/smontaggio poiché utilizza 3 viti per ogni attacco invece che 4. 189


channel L’unico sistema sensibilmente diverso dagli altri per quanto riguarda l’aggancio degli attacchi è il Channel, un brevetto messo sul mercato da Burton nella linea del marchio Forum (di proprietà Burton dal 2004), successivamente inserito nella linea principale, e oggi, in seguito alla chiusura di Forum, sistema standard ed esclusivo del marchio Burton. Il concept si basa sulla presenza di due lunghe asole (una per ogni piede) che corrono parallele alle lamine. Questi canali sostituiscono i fori per le boccole tradizionali, a loro volta sostituite da inserti a T che possono scorrere liberamente e che si fissano per attrito verso l’alto quando si stringono le viti dell’attacco. Il brevetto presenta diversi punti di forza rispetto ai sistemi più diffusi: i soli due inserti mobili in ogni canale determinano un sensibile risparmio di peso e un flex dell’attrezzo più naturale perché meno discontinuo; il bloccaggio per attrito consente di regolare la posizione dell’attacco senza doverlo togliere ma

semplicemente allentando le viti con un notevole risparmio di tempo. Infine la natura continua del sistema basato su un’asola permette infinite possibilità di regolazione per tutta la lunghezza dei canali, arricchite sull’altro asse, dall’accoppiamento con le asole perpendicolari dei dischi degli attacchi.

3.162

3.163


Altri componenti Oltre agli strati principali che abbiamo appena analizzato, in una tavola troviamo anche elementi che condizionano meno il rider nella scelta della tavola per l’inverno. Questo perchÊ tali componenti, per loro natura, non comportano variazioni molto percepibili delle modalità di utilizzo, sebbene siano comunque importanti, se non fondamentali, per la completezza strutturale dell’attrezzo.


La superficie superiore della nostra tavola; il top (o topsheet) è l’elemento a vista che funge da protezione per le parti interne dello snowboard e che ospita le grafiche. Il top di uno snowboard è uno strato protettivo, quasi sempre plastico, che tutela l’anima e le altre parti interne dai danni dovuti all’usura e all’esposizione ai raggi ultravioletti.

TOP ALTRI

Solitamente i top sono di due tipi: opachi e lucidi. La differenza più nota tra questi due tipi di protezione è il metodo di stampaggio delle grafiche e l’effetto visivo/tattile ottenuto (vedi pg. 198), ma la scelta dello strato superiore andrebbe fatta secondo alcuni criteri funzionali oggi non molto considerati, a vantaggio dell’appeal visivo 3.165 degli attrezzi. Trattandosi semplicemente di una protezione, infatti, il top non porta molto valore aggiunto alle prestazioni della tavola, anzi, potrebbe influire negativamente sul flex e sul peso dell’attrezzo. Le uniche caratteristiche del top che hanno un riscontro funzionale sulla tavola sono le qualità della sua superficie. L’aspetto a cui bisognerebbe prestare maggiore attenzione è la capacità del top di trattenere o far scivolare la neve che vi si accumula sopra durante l’utilizzo in

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freeride. Non è la stessa cosa, infatti, trovarsi in fresca con una tavola libera e leggera, rispetto a doversi spostare su un attrezzo con chili di incrostazioni ghiacciate e neve davanti ai piedi; per questo motivo molti freerider ricorrono all’applicazione sul top di uno strato di cera idrorepellente simile a quella per le carrozzerie delle auto.


3 - componenti/ ALTRI L’ altro aspetto che può essere tenuto in considerazione dal rider quando osserva la soletta della tavola che sta per comprare, è il grip che la superficie può garantire a contatto con il boot, per capire quanto il top gli faciliterà

l’esecuzione di incredibili trick one-foot. Solitamente questi effetti “gripposi” sono ottenuti con l’applicazione di speciali lacche a fine processo, che rendono la superficie più ruvida.

3.166

Materiali Poiché la funzione del top non richiede elevate prestazioni, si tende ad utilizzare un materiale economico, robusto e, possibilmente, con basso coefficiente d’attrito. I materiali più diffusi sono sintetici: ABS, polietilene ad alta densità, nylon, poliuretano. Un top sintetico pesa mediamente 300/400g ed ha una deformabilità tale da influire in maniera non troppo invasiva sul flex della tavola. È possibile, comunque, che il produttore decida di utilizzare materiali un po’ più costosi ma anche più leggeri e che hanno una miglior risposta elastica; i materiali utilizzabili che hanno queste caratteristiche sono di natura organica: legno, bamboo, fibre di canapa e lino. Questi tipi di top, oltre che essere più performanti, hanno un processo di realizzazione più sostenibile in quanto

richiedono un inferiore utilizzo di energia e, quasi sempre, non prevedono l’applicazione di lacche nocive.

Alcuni produttori, come Volkl, hanno sperimentato topsheet sintetici supersottili, in modo da migliorare leggerezza e flessibilità. Queste tecnologie, tuttavia, non sono molto diffuse in quanto richiedono uno speciale stampaggio molto costoso.

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FIANCHETTI ALTRI 3.168

Sono le bordature laterali che proteggono gli strati interni della tavola. La loro reale funzione è principalmente quella di tutelare l’anima e gli strati di laminati dall’usura e dall’azione di freddo e umidità.

Inoltre, essendo posizionati tra le lamine e il top, si trovano anche a dover trasmettere parte delle vibrazioni che la tavola subisce durante l’utilizzo su terreni duri. Come abbiamo visto nel paragrafo dedicato ai metodi

di assemblaggio (vedi pg. 84), i fianchetti non sono sempre presenti: talvolta le loro funzioni vengono espletate dall’incurvatura dello strato di laminato superiore e del top (assemblaggio cap [3.4])

Forma Nella costruzione Sandwich [3.3] i fianchetti utilizzati hanno solitamente sezione trapezoidale o quadrata. Il bordo inferiore del fianchetto, ovviamente, deve essere a filo dello spigolo della lamina e non intralciare le operazioni di manutenzione e tuning; per questo motivo, se non hanno sezione a trapezio, accade spesso che lo skiman li smussi al momento di dover effettuare una manutenzione per riuscire a lavorare in modo ottimale sulle lamine. 3.169 194


3 - componenti/ ALTRI

Materiali La stragrande maggioranza dei fianchetti è realizzata in ABS, un materiale che ha convinto quasi tutti i produttori per la combinazione delle sue caratteristiche di economicità, leggerezza, elasticità, lavorabilità. Ci sono, tuttavia, delle alternative portate avanti con convinzione da alcuni costruttori. 3.170

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Al fine di aumentare l’assorbimento degli impatti, vengono prodotti da alcune case, come Ride/K2, dei fianchetti in uretano. Questo materiale, sebbene più pesante, è molto più elastico dell’ABS, dunque contrappone minor resistenza alla deformazione della tavola (utile per il jibbing) e dissipa maggiormente le vibrazioni da impatto al suo interno. Ovviamente c’è chi apprezza queste caratteristiche e chi le critica, sottolineando il fatto che, non trasmettendo le vibrazioni dalla lamina al top ma dissipandole in piccole deformazioni, aumentano il rischio di crepare le lamine. Una seconda alternativa all’ABS sono i materiali organici come il bamboo e altri tipi di legno. I fianchetti in materiale organico portano diversi vantaggi: hanno un processo di produzione sostenibile, restituiscono un flex armonico decisamente migliore della plastica e, infine, danno alla tavola un aspetto più piacevole. Per contro devono essere trattati per essere resi impermeabili altrimenti si rischia di far penetrare l'acqua negli strati interni provocando indebolimento delle parti e della resina.

PUNTALE Sulle punte l'azione strutturale dei fianchetti non è necessaria, tuttavia se si lasciasse l'anima allo scoperto si rischierebbero infiltrazioni d'acqua. Per questo viene inserito il puntale, un prolungamento degli estremi dell'anima in ABS o P-Tex che impermeabilizza anche le punte. Solitamente è lungo 1cm o poco più se si vuole sfruttarlo anche come leggera protezione agli urti frontali.

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ANTIVIBRANTI aLTRI 3.174

In molte tavole vengono aggiunti dei “fazzoletti”, quasi sempre in materiale elastomerico, tra uno strato e l’altro per assorbire vibrazioni in punti strategici, evitandone la trasmissione alle gambe del rider e, soprattutto, rendendo più difficile la creazione di crepe e rotture.

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3.175 Ad esempio in molte tavole da freeride viene inserito un ritaglio elastomerico a forma di mezzaluna sul nose, tra il core e gli strati di fibra; in questo modo vengono assorbite parte delle vibrazioni che la tavola subisce sulla punta durante l’utilizzo in backcountry aprendo la strada nella neve più o meno come fa un surf da onda. Un’altro esempio classico è l’inserimento di antivibranti in strisce gommose che corrono lungo le lamine tra queste e lo

strato superiore di fibra, e che assorbono urti e vibrazioni subiti dalle lamine alle alte velocità in pista o in jibbing. In alcuni casi è possibile che, invece della gomma, vengano usati altri materiali: ad esempio esistono delle tavole che contengono dei particolari inserti in bamboo e altri legni nella zona degli attacchi che assorbono gli impatti provocati dagli atterraggi duri aumentando notevolmente la resistenza della tavola


RESINA ALTRI 3.177

Ognuna delle parti di uno snowboard è attaccato agli altri grazie ad una resina collante. Oltre a tenere insieme i vari componenti, la resina funge da riempimento delle piccole intercapedini che si formano tra gli strati (anche con pressature industriali). La composizione di questi collanti è variabile ed è discrezione del produttore. La maggior parte dei costruttori utilizzano resine a matrice epossidica la quale viene miscelata ad un indurente, poi spalmata su tutte le parti interne della tavola che vengono inserite nella pressa; qui temperature elevate (intorno ai 90°C) e forti pressioni (circa 6bar/ Le resine tradizionali sono estremamente tossiche per cm2) permettono alla resina di le persone e per l’ambiente, per questo motivo Niche penetrare completamente tra Snowboards le ha sostituite con una speciale bio-resina le parti. chiamata Snappy Sap. Al contrario dei collanti epossidici, Infine, il prodotto viene fatto realizzate a partire dal petrolio, questo tipo di resina è raffreddare affinché la resina composta da materiali riciclabili provenienti dagli scarti possa solidificare e saldare di lavorazione delle industrie di riciclaggio della carta e il tutto; questa operazione di quelle che producono bio-carburanti. Oltre all’evidente deve avvenire gradualmente vantaggio ambientale, la bio-resina ha dato prova di poiché un raffreddamento essere ottima anche dal punto di vista prestazionale, con troppo veloce potrebbe far un’ottima capacità di adesione e una migliore elasticità cristallizzare la resina che rispetto alle sintetiche, migliorando il rapporto con il flex. risulterebbe troppo fragile per l’utilizzo in una tavola da neve. 197


GRAFICHE L’aspetto del top e della soletta, i due strati a vista di ogni attrezzo, non ha, ovviamente, alcuna reale influenza sulle performance della tavola. Eppure ne ha moltissima sul successo del modello; sono numerosi, infatti, i riders che si lasciano affascinare da una tavola esteticamente accattivante e mettono in secondo piano altri aspetti molto piÚ importanti per un oggetto funzionale come lo snowboard. Dunque la produzione deve considerare la realizzazione delle grafiche come uno dei componenti fondamentali del lavoro.


METODO GRAFICHE 3.178

A seconda del tipo di materiale a cui bisogna applicare le grafiche, della funzione della superficie che dovrà ospitarle e del tipo di effetto che si desidera ottenere, esistono differenti tecniche di impressione di foto e disegni.

INCAPSULAZIONE La tecnica più rapida, più economica e più diffusa (specialmente per la soletta). Cosiste semplicemente nello stampaggio dei disegni in alta risoluzione su un supporto di carta [3.178]. In fase di assemblaggio, il foglio viene inserito dietro lo strato esterno dello snowboard che sarà realizzato in materiale trasparente in modo da lasciar comparire le grafiche guardandovi attraverso. Il top può essere perfettamente trasparente e lasciar vedere la stampa con i suoi colori originali, tuttavia il P-Tex della soletta presenta sempre almeno un minimo grado di opacità; il risultato visivo, in quest’ultimo caso, ha un effetto leggermente “sbiadito”. Oltre alla velocità di produzione, le grafiche incapsulate hanno il vantaggio di non essere soggette ai graffi dovuti all’usura poiché sono protette, quindi quei fastidiosi sciatori che ci passano sulla tavola in coda alla seggiovia non possono rovinarci lo stile.

topsheet

si

soletta estrusa

si

soletta sinterizzata

si

199


SERIGRAFIA La stampa serigrafica è una diffusa tecnica di stampa di tipo permeografico che utilizza come matrice un tessuto di poliestere teso su una cornice definita come quadro serigrafico o telaio serigrafico. Il sistema si basa su un processo di impermeabilizzazione di ben delimitate aree del tessuto di stampa in modo da consentire ad uno speciale inchiostro posto sopra tale tessuto di permeare attraverso il tessuto lasciato libero a seguito di una pressione, e passare sulla superficie posta sotto il quadro serigrafico. Successivamente, viene steso uno strato di emulsione fotoindurente in base acquosa che, sempre attraverso maschere, viene esposto a luce ultravioletta nelle aree desiderate che si solidificano;. Il resto del materiale è asportato con un semplice risciacquo. La stampa che ne risulta ha un’ ottima definizione ma è meno resistente all’usura rispetto

topsheet

si

soletta estrusa

no

soletta sinterizzata

no

ai metodi visti in precedenza; inoltre lo spessore delle aree stampate crea discontinuità nella superficie; per questo motivo tale metodo non è usato per le solette.

taglio in fustelle È un metodo di realizzazione delle grafiche delle solette che consiste semplicemente nell’affiancare pezzi di P-Tex di colore differente, sagomati appositamente da macchine fustellatrici per poter essere assemblati come un puzzle per formare un disegno. Questa tecnica presenta punti deboli tutt’altro che trascurabili. Il più grave è la possibilità che dell’acqua penetri nelle fessure tra un pezzo e l’altro causando un ammorbidimento delle sostanze leganti, che può portare addirittura al distacco di una parte di soletta.

200

3.179

topsheet

no

soletta estrusa

si

soletta sinterizzata

si

Nonostante questo evidente tallone d’Achille, il metodo del taglio in fustelle è ancora utilizzato da alcune aziende perché si riescono ad ottenere colorazioni molto cariche e nero reale (fashion over function).


3 - componenti/ GRAFICHE

sublimazione La sublimazione è il passaggio di un materiale dallo stato solido direttamente a quello gassoso senza passare da quello liquido. La stampa per sublimazione termica o trasferimento termico è una tecnologia usata da alcune stampanti che sfrutta questo finomeno come processo per il trasferimento di speciali tipi di inchiostro, su carta o pellicola di plastica. Si basa, perciò, sull’impiego del calore: in queste stampanti il colore, contenuto all’ interno delle cartucce sotto forma di polimero, allo stato solido è scaldato ad alte temperature. A questo punto avviene appunto la sublimazione dell'inchiostro che si diffonde verso il supporto o la superficie messa a contatto e quindi si fissa grazie alle alte temperature e all'alta pressione generate dalla pressa a vuoto d'aria.

3.180

topsheet

si

soletta estrusa

NO

soletta sinterizzata

si

Nella stampa a colori, i diversi pigmenti vengono posti uno alla volta. Il modello di colore usato è il CMYO (cyan, magenta, yellow, overcoating), che differisce dalla quadricromia (CMYK) per la sostituzione del nero con uno strato protettivo. Questa sottile lamina protegge la stampa dallo scolorimento dovuto all’esposizione alla luce che potrebbe causare nuova sublimazione [3.180]. Questo processo permette di realizzare grafiche con colori vividi, senza l’aggiunta di altro materiale all’interno dello snowboard. È molto resistente all’usura ma può essere rovinata da graffi profondi e, con il tempo, tende a sbiadirsi, specialmente sulla soletta.

201


ARTWORK GRAFICHE 3.181

L’aspetto più importante di una grafica su un prodotto inserito in un mercato così concorrenziale è, certamente, l’attrattività. Le molte aziende produttrici di tavole da neve hanno lavorato su questo punto con approcci piuttosto differenti. Alcuni brand di snowboard, specialmente i più grandi, hanno una divisione interna che si occupa di realizzare le grafiche che, sulla base delle mode del periodo, possano semplicemente attirare il maggior numero possibile di clienti senza dare una evidente continuità all’immagine del marchio o del modello.

BURTON CUSTOM 2000

BURTON CUSTOM 2006

BURTON CUSTOM 2009

BURTON CUSTOM 2014

3.182 202


3 - componenti/ GRAFICHE Altri produttori, spesso più piccoli dei precedenti, hanno deciso di seguire la strada dell’identità grafica come punto di riferimento: tavole con artwork che hanno sempre le stesse linee guida, indipendentemente dal tipo di attrezzo e attraverso le collezioni successive, fanno in modo che lo snowboarder che entra in uno shop possa immediatamente riconoscere il marchio già ad una prima occhiata al top della tavola.

ARTEC CHIPHER 2011

ARTEC HYPERFUZZ 2012

ARTEC POPROCKER 2013

3.184

BURTON LOVE 2014

BURTON LOVE 2011

Lo stesso obiettivo, talvolta, è ricercato non per identificare l’intero marchio ma un modello in particolare, che mantiene una caratteristica grafica durante gli anni pur rinnovandosi, oppure l’intera collezione di quell’anno in modo che ogni tavola richiami la sorella della stessa stagione ma non quelle precedenti e successive.

NITRO PANTERA 2013

NITRO PANTERA 2007

3.183

3.185 203


NITRO TEAM ESTEVAN ORIOL 2015

NITRO TEAM ESTEVAN ORIOL 2014

3.186

204

In altri casi l’azienda decide di legarsi ad un illustratore, un fotografo o uno studio grafico sfruttando i suoi lavori e la sua firma per reclamizzare i propri attrezzi. La maggior parte di questi casi vede l’associazione dell’artista ad uno specifico modello della collezione del produttore, più raramente succede che l’intero lavoro grafico della produzione di una azienda è affidato agli stessi disegnatori.

Un esempio attuale di collaborazione è quella tra Nitro e il fotografo di urban-life Estevan Oriol. Dalla stagione 13/14 l’azienda americana utilizza montaggi di alcune fotografie dell’artista come artwork per le sue tavole della serie Team, uno dei modelli più venduti che da due anni viene prodotto sia con profilo camber con grafiche Nitro, sia con profilo ibrido nelle versioni E.Oriol con ritratti urbani, auto e modelle interpretati in diversi artwork, uno per ogni misura di tavola.


3 - componenti/ GRAFICHE

custom-made collezione 2014

3.187

Un caso differente, e piuttosto singolare a dir la verità, è invece quello di Custom Made, produttore italiano che, già da qualche anno, produce la sua intera gamma di attrezzi puntando sui lavori di Truly Design, uno studio grafico torinese orientato alla street-art e diventato famoso per la realizzazione delle copertine degli album del gruppo pop/ indie-rock Subsonica. In questo caso è evidente un’identità grafica delle tavole che però, essendo opera di un gruppo di artisti indipendenti, non è esclusiva degli attrezzi ma rimanda ad altre realizzazioni di Truly come graffiti, tele, flyers, etc.,

205


Come abbiamo visto in precedenza, lo snowboarding ha subito un’evoluzione esponenziale dalla sua nascita ad oggi. Nel giro di circa sessant’anni si è passati dal passatempo occasionale di una manciata di ragazzini ad una disciplina olimpica ramificata che coinvolge, dal livello più amatoriale all’atleta professionista, milioni di riders di tutte le età in tutto il mondo.

«[...] lo snoboarding ha rivoluzionato l’approccio alle montagne e alla neve di molti appassionati.»13 Questa evoluzione è stata accompagnata, ovviamente, da una altrettanto rapida crescita del mercato e del numero dei produttori, passando dai cinque/sei pionieri che negli anni ‘70 costruivano tavole nelle loro piccole officine vicino casa, alle centinaia di produttori che oggi si dividono, con approcci anche molto differenti, le numerose fette del mercato dello snowboard.

13 Giordan A. & Felderer R., Snowboarding - Slopestyle, half pipe, jibbing, freeride: storia e segreti del surf da

neve, Milano, Hoepli, 2013


4

Mercato


Il mercato delle tavole da neve è ormai quasi saturo, alcuni marchi possono contare sul nome che sono riusciti a costruirsi negli anni, quando la voglia di snowboard era appena scoppiata e l’industria non aveva ancora risposto al meglio; ma le aziende che vi si inseriscono oggi, e da qualche anno, devono sapere su cosa puntare se vogliono sopravvivere. Per questo, ad oggi possiamo notare una produzione basata su approcci molto differenti che mirano a diversi target con tempi e costi molto variabili.

PESCI GROSSI Quando andiamo in un surfshop possiamo essere sicuri al novanta per cento che ci troveremo alcuni marchi. Molti di questi diffusissimi attrezzi vengono dalla mani di quei produttori che, grazie al periodo favorevole in cui hanno iniziato a vendere tavole e/o ai giusti investimenti, mirano a massimizzare le vendite coprendo la più ampia gamma possibile di attrezzi per diversi utilizzi radicando sempre più a fondo il legame del loro marchio con questo sport. È il caso di Burton, Gnu/LibTech, Nitro, Capita, Ride, NeverSummer e altri ancora, aziende che fanno dell’enorme volume di vendita dei propri snowboards il principale obiettivo commerciale portando avanti linee di snowboard per uomini, per donne, per bambini e per tutti

208

4.1


4 - MERCATO/ ANALISI gli utilizzi (o meglio, quasi tutti: è interessante notare che sono pochi i produttori di snowboard soft, anche tra quelli molto grandi, che hanno hard in catalogo). La comunicazione di questi marchi, ormai conosciutissimi è talmente legata allo snowboard che non ha più bisogno di ribadirlo; oggi infatti, più che pubblicizzare il prodotto, il marketing di questi brand mira a mantere acceso nei clienti l’eco del proprio nome e del proprio carattere attraverso slogan ricorrenti e uno stile originale. Parliamo di aziende che non sempre hanno lo stesso metodo produttivo: ad esempio Burton abbatte al massimo i costi di produzione realizzando gli attrezzi in una fabbrica altamente automatizzatea di sua proprietà, Nitro, Ride e Capita, iniseme a molti altri, si affidano alla competenza di una grossa fabbrica che produce per conto terzi, Mervin Manufacturing, infine, cerca di ricavare il proprio utile con una produzione meno “robotizzata” riducendo le 4.2 spese di trasporto dei materiali utilizzando risorse locali. Queste aziende, via via crescendo, hanno potuto investire in produzioni 4.3 secondarie; quasi sempre le loro scelte sono cadute su prodotti che sarebbero riusciti a mantenere il marchio legato al mondo della tavola e della neve.

Alcuni, infatti hanno aperto linee di produzione di attacchi, scarponi, protezioni, abbigliamento e accessori da neve rimanendo fedeli all’inverno, cercando di ampliarsi mettendo la propria firma su tutto quello di cui un rider ha bisogno quando pratica lo snowboard. Altri marchi hanno invece approfondito il discorso dell’attrezzo principale ma sempre mantenendo “pulito” il proprio nome affiancandolo a sport fratelli realizzando surf da onda, skateboards etc.

209


4.4

piranha nel mare Diverso è il percorso che ha portato alla grande diffusione delle tavole di marchi come Salomon, DC, Quicksilver, K2, Palmer, etc. Anche queste sono aziende che si contendono una grossa fetta del mercato con quelle di cui abbiamo parlato prima. La loro affermazione nel mondo dello snowboard, però, non è dovuta ad un’evoluzione parallela sport/business, ma alla grande quantità di fondi ed energie che hanno potuto 210

permettersi di spendere avendo già le spalle larghe. Stiamo parlando, infatti, di multinazionali che realizzano utili stratosferici coprendo moltissime branche di mercati anche non molto vicini tra loro. Le più, tra queste aziende, si sono lanciate nell’avventura dello snowboard trasportando l’esperienza da già avviate produzioni di sci, altre hanno semplicemente notato che, a volte, due mercati possono avere lo stesso target e hanno

cercato di sfondare sfruttando la propria fama tra probabili riders che già compravano le loro scarpe, attrezzature da trekking, abbigliamento tecnico, etc. Anche in questi casi la gamma di tavole punta coprire le esigenze della più ampia fascia di snowboarder possibile.


4 - MERCATO/ ANALISI

AMPIA GAMMA - NUMERI MODESTI La maggioranza dei brand di tavole da neve, tuttavia, non vende con numeri a cinque/sei cifre. Sono molte le aziende, come ad esempio Arbor, Venture, Lobster, Niche, Contract, Funky e chi più ne ha più ne metta, che vengono gestite con passione, se pur sfruttando tutti i vantaggi di metodi industriali e tecniche avanzate, da un organico di poche persone, e che si spartiscono senza ingordigia la torta che non riescono a mangiare i più grossi. Alcuni di questi produttori realizzano direttamente le proprie tavole in laboratori attrezzati, altri si affidano alle grosse produzioni conto terzi.

4.5

Le linee di prodotto di queste piccole e medie imprese tendono, ancora una volta, ad accontentare i gusti di rider diversi, ma la diffusione è spesso gestita autonomamente dall’azienda o da pochi distributori Per questo motivo la vendita è sovente più localizzata intorno all’area di produzione o comunque spalmata sul globo in maniera molto meno omogenea di quello che riescono a fare i giganti grazie ai loro fittisimi canali di distribuzione, ai costi di produzione più favorevoli e alla maggiore disponibilità finanziaria che permette loro di investire in team in cui figurano i pro-riders più famosi del mondo e campagne di marketing di grande impatto.

Contrariamente a quanto si possa pensare osservando la grande quantità di brand che propongono tavole da neve, le fabbriche di snowboards che hanno una produzione automatizzata con numeri davvero importanti e che realizzano le tavole per conto di quasi tutti i maggiori marchi e per molti dei meno conosciuti sono solo quattro: la fabbrica Burton in Cina che produce, ovviamente, solo tavole Burton, la Capita Manufacturing (ex Elan) in Austria, che mette sotto le proprie presse attrezzi per moltissimi marchi, tra cui alcuni molto apprezzati, Nidecker in Turchia ed un impianto piuttosto recente a Dubai.

211


industria di settore Alcuni imprenditori, a differenza di tutto quello che abbiamo visto finora, portano avanti il proprio business puntando all’eccellenza nella produzione di attrezzi dedicati ad una sola disciplina, o quasi. Ci troviamo davanti, ad esempio, a marchi come Jones e Winterstick che producono soltanto tavole da powder e freeride o come F2 e Plasma che sfornano solamente tavole hard da slalom e da carving. Anche per queste aziende la produzione sfrutta tutte le tecnologie che l’industria mette a disposizione ma concentrano le vendite su un target più ristretto puntando al co-dominio di pochi su un mercato più piccolo nel quale non devono competere con colossi industriali.

4.6

PRODUZIONE ARTIGIANALE Infine, come per tutti i prodotti, specialmente quelli tecnicamente avanzati, esiste un mercato artigianale. Non sono pochi, infatti, i riders che, cercando la qualità di un attrezzo fatto su misura per le proprie esigenze si affidano ad un costruttore che progetta le tavole nel suo piccolo laboratorio sotto casa con un unica pressa che smaltisce tutto il lavoro da anni senza venire troppo stressata. In questi casi, ovviamente, i tempi ed i costi di produzione sono maggiori rispetto alle produzioni industriali, ma lo snowboarder che sceglie una 212

tavola artigianale è disposto a passare sopra queste piccole pecche in vista di affrontare l’inverno con una compagna che gli calza a pennello realizzata con estrema cura e materiali di prima scelta (o almeno così dovrebbe essere).

4.7


FUNKY SNOWBOARDS Non possiamo non concludere il nostro viaggio attraverso la tavola da neve senza un occhio di riguardo al nostro paese, perciò, tra le centinaia di produttori presenti sul mercato ne approfondiamo uno, un marchio storico per lo snowboard Italiano e internazionale, nonché l’unica azienda di snowboard (senza considerare i piccoli artigiani) che propone un prodotto interamente realizzato in Italia, progettata e realizzata nei dintorni di Como: Funky Snowboards. A mettere in luce questa realtà ci dà una mano Isacco Mantegazza, nipote del fondatore storico del marchio, Lucio Longoni (vedi pg 29) e uno degli attuali proprietari dell’azienda. Funky, come altre aziende del settore, nasce all’inizio degli anni ’80 come marchio di tavole da surf.

4.8

4.9

In quegli anni, come abbiamo già visto, lo snowboard era ancora in fase embrionale e cominciava a diffondersi in America grazie a tavole che erano delle semplici assi di legno sagomate senza lamine etc. Lucio Longoni, affascinato dall’idea del surf da neve, nel 1982 cominciò la sperimentazione italiana parallelamente a quella negli USA.



Quelli erano gli anni in cui i produttori testavano nuovi concept e si copiavano a vicenda, Funky era dunque parte dell’ingranaggio globale che ha portato, nel giro di quindici/vent’anni, allo snowboard moderno. L’azienda di Como aveva perciò la potenzialità per essere un brand ai vertici del mercato globale con Sims e Burton; purtroppo quando si è in ballo sul serio, gli errori pesano di più: dopo più di quindici anni di attività, Funky Snowboards fu costretta a chiudere i battenti a causa di qualche problema di gestione a livello commerciale e, soprattutto, per colpa di una sfortuna in fabbrica che bloccò e distrusse parte della produzione con la conseguente mancata consegna ai distributori internazionali che provocò l’applicazione di penali così pesanti da portare Funky al fallimento commerciale da un anno all’altro. L’azienda è poi rimasta aperta ancora un paio d’anni seguendo solo più il reparto atletico producendo tavole per gare, poi chiuse definitivamente fino a quando, nel 2012, Isacco, nato e cresciuto sulle tavole dello zio, ha deciso, insieme a Stefano Bergamaschi, Luca Cozzi e Mitch Dalle, di ridar vita al marchio proponendo collezioni rinnovate con nuove strategie di marketing che, grazie anche al supporto di riders come i fratelli Kratter e i fratelli Bergamaschi, hanno permesso al brand di farsi sentire di nuovo a voce alta.

4.10

4.11


Oggi Funky è composta da sette persone, due che gestiscono la produzione vera e propria in fabbrica, e cinque che si occupano dello studio degli shape e delle grafiche, della sperimentazione di nuove tecnologie, della gestione del team, della comunicazione e delle strategie di marketing. Questo stesso numero ci può dare un’idea del tipo di produzione di cui stiamo parlando: Funky è un’azienda che ha deciso di investire nel vero “made in Italy”, puntando alla realizzazione di un prodotto con standard qualitativi elevati avvalendosi delle migliori tecnologie in circolazione e della massima cura dei dettagli in un processo seguito manualmente dall’inizio alla fine da persone competenti discostandola da quasi tutte le altre piccole realtà industriali

4.12

che si affidano ai grossi produttori per arrivare ai numeri sperati con un guadagno decente. La missione di Funky è, quindi, tutt’altro che semplice, le loro tavole si scontrano subito con il mercato italiano, un mercato che fa molti numeri ma, almeno per la metà, fatto di riders che comprano il proprio snowboard non sulla base dei migliori materiali e della qualità della lavorazione ma cercando l’abbinamento con giacca e pantaloni; tra i loro clienti ci sono perciò molti maestri e riders di alto livello, atleti che vanno alla ricerca dell’attrezzo con le performance migliori e per i quali le grafiche sono solo una bella cornice. Questa è la situazione in un paese in cui lo snowboarding vero, inteso come disciplina sportiva e non

4.13



come passatempo per il weekend, ha le ali tarpate da investimenti pressoché inesistenti. Ma non è nemmeno così facile per un brand appena nato, anche se per la seconda volta, invadere subito un mercato globale così ampiamente dominato. Per potersi reinserire sulla scena internazionale, Funky propone, dunque, un prodotto che si elevi per qualità al di sopra dei brand che non hanno più bisogno di presentazioni, puntando da subito ad un target di alto livello, ma con la speranza che anche l’utente medio si senta stuzzicato dal profumo del legno buono. La linea Funky di nove tavole

(quattro da freestyle, tre da freeride, una all-mountain e una splitboard) acquistabili esclusivamente dal loro sito web e in pochi shop eletti in giro per l’Italia, rappresenta, per il momento, una produzione di nicchia e, sebbene il brand sia in fase di crescita e la strada sia ancora da definire fino in fondo, i ragazzi non hanno alcuna intenzione di adeguarsi ai più bassi standard della concorrenza per poter essere maggiormente competitivi, quindi tocca agli snowboarder aprire un po’ gli occhi e sostenere i buoni progetti, specialmente se sono il frutto di idee nate e cresciute nello stivale.

4.14




GLOSSARIO A

B

big-air

effettuare flat-tricks. Ha

air-trick

back

INGL. Grande aria Salto

la forma di una lunga

abbr. backside

molto ampio effettuato da

scatola; ha, dunque,

INGL. Giochetto aereo.

sezione rettangolare. È

Qualsiasi acrobazia effet-

un kicker grosso o da un

backountry

cliff; di solito sono consi-

realizzato, solitamente,

INGL. Zona isolata. “Surfa-

derati - i salti sopra i 15 m.

con la superficie superiore

re in neve fresca rag-

boardercross

tuata con la tavola sollevata da terra. Leggi anche big-air

giungendo la cima della

all-mountain

montagna con le proprie

INGL. Tutta-montagna.

forze, ciaspole(racchette

Termine che si riferisce

da neve), scietti, tavola

alla pratica dello snowbo-

split ecc (senza dimen-

ard in modo polivalente e

ticare gli strumenti di

non specializzato. Utilizza-

autosoccorso)”

to anche come aggettivo

backside (lamina)

per gli attrezzi |Ho com-

INGL.cross di bordo. Specialità dello snowboard alpino che si pratica con tavole soft. Può essere chiamato anche Snowboard cross o SBX. Vedi

stiche o metalliche; può essere costruito in diversi materiali (es.legno).

C camber

> Alpino (pg 61).

INGL. Curvatura. Indica il

boot

Sistema tavola > Famiglie

INGL. stivale. Lo scarpone

> Freestyle (pg 67).

dedicato allo snowboarding.

box

Strato centrale della tavola

metallico e pareti pla-

Sistema tavola > Famiglie

prato una tavola-|. Vedi

anima

in plexiglass, scheletro

ponte oppure abbr. camber tradizionale

camber inverso Tipo di profilo della tavola da neve caratterizzato da un ponte negativo unico.

da neve. Occupando, gran

INGL. Dietro-lato. Si

Vedi Prodotto tavola >

parte della sezione, ne co-

riferisce alla lamina su

Forma > Profilo > Rocker

stituisce la struttura por-

cui il rider spinge con i

(pg. 104)

tante e conferisce all’at-

talloni sbilanciando il peso

trezzo buona parte delle

all’indietro.

camber tradizionale

sue caratteristiche mecca-

backside (trick)

di profilo della tavola da

INGL. Dietro-lato. Relati-

neve caratterizzato da un

vo ad una acrobazia che

ponte positivo unico. Vedi

niche. Vedi Prod. Tavola > Componenti>Anima (pag. 142)

viene eseguita inserendo prima la lamina backside.

INGL. Curvatura trad. Tipo

INGL. scatola. Struttura dello snowpark su cui

Prodotto tavola > Forma > Profilo > Camber (pg. 102)


D

flat (profilo)

in discesa pronunciata (è

dente

delle tavole. (vedi pg. 85)

Sin. kicker

filo della tavola da neve

meglio)”.

carvare

controlamina

duck-stance

piatto continuo. Vedi Flat

verbo coniato sul termine

Prendere un - significa

INGL. passo di papera. Si-

(pg. 106)

carving, nome della tecni-

che una delle due lamine

stemazione degli attacchi

ca cui si riferisce.

si infossa in modo repen-

in modo che le punte dei

flat (struttura)

tino nella neve a causa,

piedi risultino divergenti.

quasi sempre, del peso

L’angolo di fissaggio tipico

maldistribuito del rider

del - è +15°/ -15°.

cap

rigorosamente fuori pista

INGL. Cappello. Uno dei

e in pow e con atterraggio

metodi di assemblaggio

carving INGL. Taglio, incisione. Tecnica di discesa che consiste nello sfruttare la curva descritta dalla sciancratura degli attrezzi come una rotaia per condurre curve precise senza perdere molta velocità. Il raggio della

movimento e del pendio che si sta percorrendo. Un - porta, nella maggior parte dei casi, ad una caduta brusca in stile “catapulta”.

core

tipo di tavola (grado di

INGL.nucleo. Nome ingle-

sciancratura, flessibilità e

se dell’anima, usato anche

lunghezza) e alla pressio-

in Italia.

ne esercitata dal rider.” Il

cork

80 ed è poi stato adottato anche nello sci quando la sciancratura venne importata anche nelle quattro lamine (Vedi pg 32). Sin.

F

INGL. Piatto. Parte cen-

fakie

trale di una struttura per

INGL. Falsato. Termine

salti; è una zona piana, si-

importato dallo skatebo-

tuata subito oltre il kicker,

ard. Surfare con il proprio

che bisogna oltrepassare

passo debole (destro

in aria per raggiungere il

avanti se regular, sinistro

landing.

avanti se goofy).

flat-trick

fianchetto

INGL. Giochetto piatto.

elemento protettivo

Qualsiasi acrobazia non

degli strati della tavo-

aerea che, dunque, si

la utile a trasmettere

effettua con la tavola a

le forze tra top e lami-

contatto con il suolo o

ne. Vedi Prod. Tavola >

con qualsiasi supporto.

Componenti>Fianchetto

Leggi anche jibbing.

(pag. 194)

flex

INGL. Sughero. Tipo di

fibra

acrobazia aerea in cui il

situati sopra e sotto l’ani-

cliff

rider effettua una rotazio-

ma come rinforzo. Vedi

INGL. Rupe, scarpata.

ne fuori asse. Può essere

Laminati (pag. 160)

“È una bella roccia dalla

backside o frontside ed

quale il rider salta giù,

essere multiplo.

Freecarve

caratterizzato da un ponte

rispetto alla direzione di

curva varia a seconda del

termine è nato negli anni

INGL. Piatto. Tipo di pro-

Strati della tavola

INGL. Flettere. Capacità di un attrezzo a incurvarsi quando sottoposto ad un carico. Vedi Fisica pg 55.


forward

frontside (lamina)

ed economici. La foresta

discreta forza, allenamen-

di origine è stata control-

to e tecnica, per poter

proprio passo dominante

lata e valutata in maniera

praticare la disciplina ad

(sinistro avanti se regular,

indipendente in confor-

un buon livello qualitati-

destro avanti se goofy).

mità a questi standard

vo. L’espressione, deriva,

freecarve

(principi e criteri di buona

evidentemente, dalla ne-

Sin. Carving

gestione forestale), stabiliti

cissità di potenza negli arti

ed approvati dal Forest

inferiori per surfare ad alti

INGL. davanti-lato. Si

Stewardship Council a.c.

livelli. La stessa termino-

riferisce alla lamina su cui

tramite la partecipazione

logia si nota in altri conte-

il rider spinge con le

e il consenso delle parti

sti sportivi, con riferimenti

punte sbilanciando il peso

interessate.

differenti relazionati allo

in avanti.

funbox

sport in questione (es.

64.

frontside (trick)

INGL. Scatola del diver-

freerider

relativo ad una acroba-

timento. Una struttura in

zia che viene eseguita

neve fresata simile alla

inserendo prima la lamina

scatola di un panetto-

frontside.

ne, è saltabile da tutte le

INGL. Avanti. Surfare con il

freeride INGL. cavalcata libera. Termine che si riferisce alla pratica dello snowboard su qualsiasi tipo di pendio. Vedi Freeride pg

INGL. Cavalcatore libero. Rider che pratica il freeride

freestyle

FSC

®

nel motociclismo = avere manico).

goodwood

direzioni poiché, concettualmente, è l’unione di

INGL. stile libero. Termine

infiniti kicker concentrici.

che si riferisce alla pratica

Vi si effettuano air-trick

delle discipline acrobati-

con parabole molto ac-

che dello snowboard (e

centuate, usando come

degli sport in generale).

dente un qualsiasi lato del

INGL buon legno. È

Vedi Freestyle pg 67.

-, e come landing un altro

un premio istituito da

freestyler

lato della stessa struttura.

“Transworld Snowboar-

INGL. Praticante di stile

Il marchio FSC® identifi-

libero. Rider che pratica il

ca i prodotti contenenti

freestyle

legno proveniente da

gamba

front

foreste gestite in maniera

Colloq. Aver -, in un

abbr. frontside

corretta e responsabile

contesto sportivo come

secondo rigorosi stan-

quello dello snowboard,

dard ambientali, sociali

significa possedere una

G

ding”, una delle più autorevoli riviste internazionali di snowboard. Ogni anno il magazine testa moltissime tavole, assegnando a quelle che si distinguono sulla base delle caratte-


ristiche più interessanti, il premio della propria categoria di utilizzo. Ogni

H

J

L

halfpipe

jibbing

landing

anno circa una trentina

Disciplina che rientra nel

di tavole vincono questo

freestyle; consiste nel sur-

titolo.

fare eseguendo flat-tricks sulla neve e su qualsiasi

goofy

tipo di terreno e struttura.

INGL. Bizzarro. Identifica la surfata con il piede destro davanti al sinistro rispetto alla direzione di discesa. Leggi anche stance.

grab

INGL. Mezzo tubo.” Struttura fatta a mezzo tubo lunga circa 120 metri e

per salti; è un pendio che serve per dissipare l’energia cinetica del salto

nel quale sono possibili

trasformandola in spinta

evoluzioni di ogni tipo”.

per la discesa. Se un rider

Spesso è abbreviato sem-

salta e atterra sul flat o,

Un pipe più grande (con dimensioni definite) è chiamato superpipe

freestyle che consiste

kicker

finale di una struttura

con i muri alti da 3 a 6 mt,

plicemente come pipe.

INGL. Afferrare. Manovra

K

INGL. Atterraggio. Parte

INGL. Calciatore. Rampa che viene percorsa per effettuare un salto che fornisce lo stacco per l’a-

hard (attrezzo)

crobazia aerea. Sin. dente.

INGL. Duro. Tavola per

kicker line

discipline alpine. Vedi Catalogazione attrezzi pg 73.

INGL. Linea di calciatori. Serie di salti di difficoltà

comunque, al di fuori del - riceve un contraccolpo verso l’alto che può fare molto male.

N Nollare Verbo coniato sul termine nollie.

appunto nell’afferrare, con

highback

simile. Possiamo trovare

una o entrambe le mani,

INGL alto dietro. Parte po-

linee di difficoltà molto

Nollie

un punto della tavola du-

steriore di un attacco soft

diverse dalle blu con sal-

L’inverso dell’ollie. Si ese-

rante un salto o una car-

che sostiene la caviglia e il

tini da 1 m alle nere con

gue allo stesso modo ma

vata. Ogni grab, a seconda

polpaccio aiutando il rider

big-air da 30 m e più.

spingendo verso il nose

del punto della tavola che

nella conduzione dell'at-

e utilizzando la gamba

si afferra e della mano con

trezzo. Sin spoiler.

anteriore per saltare.

cui lo si esegue, prende

nose

un nome proprio.

INGL. Naso. La punta della tavola. Vedi pg. 49


O Ollare Verbo coniato sul termine ollie.

Ollie

saltare con entrambe le

press

ginocchia piegate.

rail

one-foot INGL. un piede. Surfare o trickeggiare con un solo piede chiuso nell'attacco.

“Manovra fondamentale

Il buon senso che quasi

che permette di saltare

tutti hanno dice che quel-

sfruttando l’elasticità sia

lo libero è il posteriore.

INGL. Spingere. Flat-trick

P

appoggiando solo la coda

della tavola che della muscolatura, se ben eseguito consente di avere il pieno controllo e bilanciamento

R

park

che consiste nel surfare o la punta della tavola.

INGL. Rotaia. Struttura dello snowpark su cui eseguire flat-tricks. È una

abbr. Snowpark

pro

salto, dal kicker al landing.

passo

abbr. Pro-rider. Di uso co-

cilindrica e metallica; può

Viene eseguito sfruttando

mune per descrivere uno

vedi stance.

avere diverse dimensio-

snowboarder molto bravo

ni, forme, e materiali di

pipe

| Se chiudi un duble-cork

norma più il cilindro è pic-

abbr. Halfpipe o Superpipe

sei un -!|

colo, e meno è dritto, più

dallo skateboard e prende

pop

pro-model

è difficile eseguire i trick

il nome dallo skater che

INGL. Scoppio. Risposta

modello di tavola a cui

mantenendo l’equilibrio.

lo ha eseguito la prima

elastica della tavola ad un

viene dato il nome di

carico. Vedi Fisica pg. 56

un pro-rider e che viene

regular (larghezza)

volta nel 1976: Alan “Ollie”

durante la parabola del

il flex della tavola”. Come molti trick possibili in snowboard, deriva

Gelfand. Si svolge in 3 fasi: 1- sbilanciamento repentino del peso verso il tail alzando il nose; 2- spinta della gamba posteriore sfruttando la risposta elastica della tavola; 3- stacco del tail da terra tirando verso l’alto il piede posteriore in modo da

pow abbr. Powder

powder INGL. polvere, talco, etc. Neve fresca con consistenza farinosa. È quella invernale, quando le temperature sono abbastanza basse da non "ammollare" il fondo nemmeno di giorno.

struttura quasi sempre

INGL. Normale. Tavola

pubblicizzata per essere

con sciancratura di pro-

quella che usa lui/lei.

fondità nella media.

pro-rider

regular (passo)

neologismo di derivazio-

INGL. Normale. Identifi-

ne inglese che identifica

ca la surfata con il piede

un atleta professionista

sinistro davanti al destro

(professional rider).

rispetto alla direzione di discesa. Leggi anche stance.


rider

scoop

slide

discesa (regular o goofy)

INGL. Cavaliere. L’atleta

NGL. to - = sollevare.

INGL. Scivolare. Sin. Flat-

e la loro distanza. Si può

che pratica lo snowboard

Rialzamento delle punte

trick. Usato anche come

modificare scegliendo

(è usato anche in altri

dal piano di terra. Vedi

attributo di un trick per

quali boccole utilizzare

contesti > - = motocicli-

Anatomia pg. 53

specificarne il carattere di

per agganciarsi e con le

sta). Vedi riding.

session

flat-trick. | Fare un 360 - |

regolazioni degli attacchi.

riding

INGL. Sessione. Serie di

snowpark

street

INGL. cavalcare, muoversi

acrobazie effettuate in

INGL. Parco di neve. Zona

INGL. Strada. Abbr. Street-

su qcs. In questo contesto,

serie.

di un comprensorio adi-

snowboarding

l’atto di andare in snow-

shape

bita al freestyle. Vi si può

street-snowboarding

board.

INGL. Forma. Le linee del-

trovare uno o più halfpipe, salti, rail, box e altre strut-

INGL. Snowboardare in

rocker (profilo)

la tavola nella sua interez-

sin. Camber inverso

za, influenza notevolmen-

(profilo)

te la facilità di utilizzo per

soft (attrezzo)

sfruttando tutto quello

rocker (punte)

le diverse discipline. Vedi

INGL. Morbido. Vedi Cata-

che abbiamo intorno:

Shape pg 96

logazione attrezzi pg 72.

scale, muri, mancorrenti,

arcuata verso l’alto tipica

shapeare

split

delle punte della tavola

verbo coniato sul termine

Abbr. splitboard.

da neve. Ha la funzione di

shape. Si può riferire si alla

non impedire il galleggia-

tavola che alle strutture di

mento. Sin. scoop

neve del park.

INGL. Dondolo. Forma

S

ture per il jibbing.

splitboard INGL. Tavola divisa. Snow-

acrobazie freestyle in città,

ringhiere, tettoie, guardrail, e chi più ne ha più ne metta. Vedi pg 68.

superpipe

board che può essere

shapeatura

scomposto in due “sci” per

tutti gli accorgimenti lega-

la salita in backcountry.

sandwich

ti allo shaping.

Vedi pg. 75

metodo di assemblaggio

sidecut

spoiler

INGL. Taglio lateralie. Sin.

della tavola. Vedi pg 84

strada. Esecuzione di

vedi highback

“un halfpipe di neve

sbananata

Sciancratura

sin. con Camber inverso

stance

battuta con muri laterali

slidare

INGL. Posizione, atteg-

verbo coniato sul termine

giamento. In italiano è

slide.

chiamato passo. Identifica

(profilo)

sciancratura Vedi Sciancratura pg 117

l’orientamento dei piedi rispetto alla direzione di

da entrambi i lati alti 6,7 m (22 ft) dalla parte centrale piatta detta flat. Altra caratteristica di un superpipe è la larghezza; è più largo che alto con i suoi 20 m


(64 ft) di larghezza. Queste

piccoli che variano tra il

switch

INGL. Giochetto. Qualsiasi

misure sono quelle con-

3,7 m (12 ft) e i 5,5 m (18

INGL. Scambio, variazione.

evoluzione, che sia aerea

sigliate per la costruzione

ft), che è la misura più dif-

Utilizzato come sinonimo

o in jibbing.

del superpipe nella Coppa

fusa per la costruzione. [...]

di fakie quando ci si riferi-

del Mondo di snowboard

Il termine “superpipe” si è

sce a manovre aeree.

trickeggiare

della FIS. La lunghezza di

evoluto negli anni mentre

un superpipe varia da 120

le dimensioni degli halfpi-

m (400 ft) a 180 m (600

pes crescevano di compe-

ft), dipendentemente dal

tizione in competizione.

terreno disponibile e dai

Inizialmente gli halfpipes

fondi per la costruzione.

altri 5,5 m (18 ft) erano

tutti gli halfpipe con neve

considerati superpipes,

riportata richiedono una

ma durante i primi anni

top

fresatura particolare effet-

2000 gli organizzatori del-

INGL. Sopra. Abbr. Top-

V

tuata da macchinari spe-

le più grandi competizioni

sheet.

cializzati. Per contro, un

videopart

cominciarono ad ascol-

INGL. Parte di video.

halfpipe di neve naturale

tare i feedback dei rider e

topsheet

cominciarono a costruire

INGL. Foglio sopra. strato

Sequenza di riprese,

può essere fresato da un

inserite all’interno di un

qualsiasi gatto delle nevi.

pipes da 22’ per le loro

protettivo superiore della

gare. Queste strutture

tavola. Vedi pg 94

documentario sportivo,

A causa degli alti costi di costruzione e manuten-

furono quindi accoppia-

zione non ci sono così

te al termine superpipe,

tanti halfpipes nel mondo,

mentre quelli da 18’ che

e molti pochi superpipes.

andarono a sostituire sa-

Durante la stagione inver-

nare riconosciuti come la

nale 2013/2014, in tutto

misura standard. Sebbene

“curvatura di ingresso del

l’emisfero settentrionale

intimidisca, il muro da 22’

kicker o del pipe[…] dalla

sono stati costruiti soltan-

ha dato prova di essere

quale dipende la parabola

to 14 superpipes. Mentre

molto apprezzato ed è

che effettueremo in aria,

le strutture da 22’ stanno

diventato subito molto

più la transizione sarà

diventando lo standard

popolare tra gli atleti, ed

accentuata e più la nostra

per le maggiori competi-

è probabile che diventerà

parabola risulterà arcuata,

zioni, ad oggi la maggior

lo standard per tutte le

determina la nostra spinta

parte dei comprensori

competizioni future.”

verso l’alto.”

sciistici hanno pipes più

T tail

Verbo coniato sul termine trick.

twin-tip INGL. punte gemelle.

INGL. Coda. La coda della

Tipo di costruzione di una

tavola. Vedi Anatomia pg.

tavola con orientamento

49

bidirezionale . Vedi pg. 114

transizione

dedicate ad un rider in cui appare prevalentemente lui/lei come soggetto.

W

trick

wall-ride

INGL. Cavalca muro. “Struttura da park con una


transizione di neve che termina su un ostacolo simile ad un muro. Qualsiasi manovra in cui un rider cercare di slidare un muro o un ostacolo perpendicolare al terreno.� I tricks che si eseguono su una di queste strutture (o su un vero muro e simili) prendono lo stesso nome.

woodcore INGL. Anima-legno. Anima di una tavola realizzata interamente in listelli di legno. Vedi anima pg 145


DIDASCALIE IMMAGINI evoluzione 1.1 Tenda indiana sotto

1.8 Discesa con il Lazboard in tempi moderni.

1.17 Particolare di un prototipo

1.25 Tom Sims negli anni ‘70.

realizzato a mano da Jake

1.26

la neve tra le Rocky-

1.9

Burton.

Il primo Skiboard realizza-

Mountains.

Discesa con il Lazboard .

1.18

to da Tom Sims nel 1963.

1.2

1.10

Le prime versioni di

1.27

Antica slitta a due pattini

Foto recente del Bunker/

Winterstick Roundtail e

Tom Sims costruisce uno

Swallowtail.

dei suoi primi skateboard

1.19

da vendere.

in legno.

Sno-Surf di Wicklund.

1.3

1.11

Air-trick in windsurf.

Fotogrammi dal video

Vendita diretta delle tavole

1.4

amatoriale realizzato da

Winterstick negli anni ‘70.

Wicklund e amici alle

1.20

Tavole da surf.

1.5

prese con lo Sno-Surf.

Winterstick Roundtail.

Disegno realizzato da un

1.12

membro dell’equipaggio

Uno Skeeboggan.

di una delle spedizioni in

1.13

1977.

Polinesia di James Cook. Il

Particolare di un mani-

disegno ritrae donne nude

festo promozionale della

1.22

che surfano le onde del

Brunswick per lo Snurfer.

Pacifico.

1.6

1.21 Jake Burton Carpenter nel

Prototipo realizzato a mano da Burton negli

1.14

anni ’70per il modello

1.28 Schizzi dal brevetto del monosci di Weber.

1.29 La Flying Yellow Banana.

1.30 Mike Olson e le prime Delbert Pumpernickle No Guarantee nel suo garage.

1.31 Terry Kidwell.

Manifesto promozionale

Backhill.

1.32

Il surfista hawaiano Duke

della Brunswick per lo Snurfer.

1.23

Uno dei primi attacchi a

Kahanamoku.

1.7

1.15

ton Backyard.

1.33

Stampa degli anni ‘50 che

Snurfer nella colorazione di maggior successo

1.24

Terry Kidwell e Chris Karol

rappresenta gli stereotipi che stavano intorno ai surfer.

1.16 Varie versioni di Snurfer e concorrenti degli anni ‘60.

Prima versione della Bur-

La prima sede della Burton Snowboards.

strap gommoso.

costruiscono un rudimentale Halfpipe alla discarica di Tahoe City.


1.34

1.43

1.52

2.7

Una delle prime tavole

Hooger Booger Freestyle

La leggenda Terjie Ha-

Flessione di una tavola su

Barfoot con strisce elasti-

HB del 1986 con sciancra-

koonsen in uno scatto

un rail durante un front-

che per i piedi.

tura asimmetrica.

recente.

boardslide.

1.35

1.44

1.53

2.8

Impianti di risalita.

Cover del primo numero

Incredibile spettacolare

Snowboard a riposo in un

1.36

di Transworld Snowboar-

scatto in park

sistema di assi X, Y, Z.

Il primo attacco con hi-

ding.

ghback by Jeff Grell.

1.45

SISTEMA TAVOLA

1.37

Pagina di un magazine

2.1

Una tavola della prima collezione ufficiale Gnu

specialistico che parla della prima Barfoot TwinTip.

Scatto pubblicitario per

Jessica Janson alle Olim-

Tom Sims.

LibTech del ‘90 (piccola).

1.47

board.

1.38

Tom Sims si diverte con

La prima collezione Gnu.

una delle sue tavole verso

2.2b

1.39

fine anni ‘80.

Manifesto pubblicitario

1.48

della Mervin Manufactu-

Scatto pubblicitario per

ring relativo ai loro pro-

Sims Snowboard.

cessi industriali sostenibili.

1.49 cui Tom Sims fece da

1.41

controfigura sulla neve di

Pinnette metalliche su

James Bond.

una tavola Sims dei primi

1.50

anni ‘80.

Chicken Salad Grab.

1.42

1.51

La coda arrotondata della

Marchio dei Winter X-

Sims Freestyle Kidwell.

Games.

una forza F.

2.2a

della prima collezione

Fotogramma dal film in

tudinale Y sotto l’effetto di

2.10

1.46

Sims 1500 FE del 1985.

Flessione dell’asse longi-

Rossignol Snowboards-

dell’86 (grande) e una

1.40

2.9

Grandezze di uno snow-

Parti di uno snowboard.

2.3 Schema esplicativo dei tipi di ponte classici.

2.4 Schema dei punti di contatto nei tre principali tipi di ponte.

2.5 Piastra rialza-attacchi per rider con piedi grandi.

2.6 Schema esplicativo di tavole regular e wide (Drake DF2 13/14).

piadi Invernali di Sochi 2014.

2.11 Risposta elastica di una tavola ad una forza F applicata.

2.12 Multiscatto di un Ollie ben eseguito.

2.13 Torsione dell’asse longitudinale Y causata da un momento M.

2.14 Atleta in carving durante una gara di slalom alle Olimpiadi di Sochi 2014.


2.15

2.24

3.2

3.11

Scatto di una gara di boar-

Air to front 50-50 su uno

Panino al contrario.

Alleggerimento punte con

dercross.

street-rail.

3.3

fresa a controllo numerico

2.16

2.25

Sezione di una tavola con

Pista appena battuta nel

Johnnie Paxson in super-

assemblaggio sandwich.

3.12

comprensorio del Bec-de-

pipe alla Burton High Five del 2013.

3.4

Foratura per boccole con

Mezdì (Dolomiti).

2.17

2.26

assemblaggio cap.

Justin Reiter con una delle

Eero Ettala in uno scatto

sue tavole hard.

per il catalogo Nitro 13/14.

3.5

2.18

2.27

assemblaggio half-cap.

Fotogramma da “The art

Salita con splitboard e

of Flight” con Travis Rice

racchette.

3.6

in freeride.

2.28

Mervin Manufacturing

2.19

Setup snowboard soft

Jamie Anderson in free-

3.7

2.29

Luca Cozzi disegna l'art-

Setup snowboard hard

work per la Funky Spray

2.30

2014.

Splitboard con attacchi

3.8

prima della discesa.

Il semilavorato da cui si ri-

2.31

caverà l'anima della tavola.

Mattoncini giocattolo.

3.9

ride.

2.20 Paesaggio invernale con powder perfetta.

2.21 Due tavole da powder con sciancratura inversa.

2.22 Spettacolare backflip -nosegrab-to-fakie.

2.23 Fantasioso box in un park neo-zelandese.

Sezione di una tavola con

Sezione di una tavola con

Interno della fabbrica

Pila di semilavorati per

PRODOTTO TAVOLA 3.1 Esploso dimostrativo delle componenti costituenti la quasi totalità delle tavole da neve.

anima con listelli visibili.

3.10 Profilatura anima con fresa a controllo numerico in fabbrica Funky.

in fabbrica Funky.

fresa a controllo numerico in fabbrica Funky.

3.13 Anima di una tavola Funky completata.

3.14 Inserimento boccole nell'anima.

3.15 Soletta sagomata a macchina posizionata nello stampo

3.16 Fianchetti da sagomare su una pila di anime alleggerite in fabbrica Funky.

3.17 Puntale posizionato in punta al core per una Funky Spray 2014.

3.18 Un foglio di fibra di vetro tagliato a misura per l'assemblaggio.


3.19

3.29

3.40

3.49

Posizionamento di strisce

Dettaglio di una pressa

Scatto artistico: ballerina

Schema di tavola con

di fibra di carbonio taglia-

con definizione delle parti

fa una spaccata frontale.

profilo ibrido.

te come da progetto.

3.30

3.41

3.50

3.20

Rifilatura del materiale in

Schema di tavola con

Schema di tavola con

Stampo.

eccesso

profilo flat.

profilo ibrido.

3.21

3.31

3.42

3.51

Controstampo.

Affilatura lamine.

Backside 50-50 su un

Schema di tavola twin-tip.

3.22

3.32

double-kink rail in street.

3.52

Lamine tagliate.

Levigatura soletta

3.43

Schema di tavola twin-

3.23

3.33

Schemi dimostrativi dei

direzionale.

Inserimento lamine nello

Finitura dei bordi.

diversi tipi di precarico

3.53

stampo.

3.34

3.24

Paesaggio innevato con

Stesura primo strato di

ponte (Giappone).

resina silla soletta.

3.35

3.25

Schema di tavola con pro-

Resina versata sull'anima

filo camber tradizionale.

in legno.

3.36

3.26

Indy air in pipe.

profilo ibrido.

Posizionamento strisce

3.37

3.46

antivibranti.

in situazioni tipiche in relazione al tipo di profilo dell’attrezzo.

3.44 Schema di tavola con profilo ibrido.

3.45 Schema di tavola con

Schema di tavola direzionale.

3.54 Una delle tavole realizzate dall’arigiano Taro Tamai.

3.55 Burton Fish 2008.

3.56 Rotaie nella neve.

Scatto artistico: uomo con

Schema di tavola con

3.57

3.27

banana sugli occhi.

profilo ibrido.

Schema sciancratura

Stesura resina sullo strato

3.38

3.47

Schema di tavola con

Schema di tavola con

3.58

profilo rocker.

profilo ibrido.

Schema sciancratura pro-

3.39

3.48

Hard tailpress.

Schema di tavola con

3.59

profilo ibrido.

Schema sciancratura

superiore di laminato in fibra di vetro.

3.28 Applicazione topsheet (Funky Spray 2014).

radiale.

gressiva.

degressiva.


3.60

3.69

3.78

3.89

Schema sciancrature

LibTech Skate Banana

Schema punta asimme-

Schema tavola con spigoli

multiple.

2010 (foto prospettica in

trica.

accentuati.

3.61

cui si riconosce il profilo

3.79

3.90

Schema punta appuntita.

Schema sistema Nidecker

3.80

Swiss Core.

Schema punta appiattita

3.91

da hard.

Schema sistema Niedcker

3.81

Combo Platter.

Schema coda di rondine.

3.92

3.82

Schema sistema Bataleon

Schema sciancrature

MagneTraction).

paraboliche.

3.70

3.62

Schema sciancratura

Schema sciancratura

dentellata.

inversa.

3.71

3.63

Uno dei marchi pubblici-

Venture Euphoria 2014.

3.64 Scatto artistico: asimmetria serio/pagliaccio.

3.65 Yes The Greats 2014 (soletta intera, top a comparsa).

3.66 Schema della simmetria frontale e asimmetria laterale dell’uomo.

3.67 Schema sciancratura asimmetrica.

3.68 BMW S1000-RR con ruote chiodate su un lago ghiacciato.

tari di Mervin Manufacturing.

3.72

Montaggio di tavole con

TBT.

nose appuntito.

3.93

uno e due punti di contat-

3.83

Schema tavola con punte

to aggiunti.

Montaggio di tavole con

Schema sciancrature ad

3.73 Marchio Burton Frostbite.

3.74 Dettaglio della lamina

coda di rondine.

3.94

3.84

Schema tavole con profili

Winterstick Swallowtail 2009.

Ultimate Grip brevettata

3.85

da Nidecker.

Schema Fish tail.

3.75

3.86

Schema punta arrotonda-

Dettaglio coda tavola

ta con scoop radiale..

Volkl con sistema Powder

3.76

Channel.

Montaggio di tavole con

3.87

punte arrotondate.

Schema coda tronca da

3.77

concave.

hard.

Schema punta arrotonda-

3.88

ta con scoop piatto.

Schema tavola con spigoli smussati.

differenti e sistema Snake Transition.

3.95 Schema shaping anima con spessore variabile.

3.96 Schema shaping anima con spessore variabile.

3.97 Schema shaping anima con spessore variabile.

3.98 Schema shaping anima con spessore variabile.


3.99

3.108

3.118

3.129

Schema Sims E-Board

Scatto in negativo di una

Fibre di basalto.

Schema laminati incro-

Technology.

piuma.

3.119

ciati.

3.100

3.109

Tessuto in fibra di carbo-

3.130

Schema tavola con punte

Struttura in honeycomb

nio.

Schemalaminati localiz-

separate dal core.

d’alluminio.

3.120

zati.

3.101

3.110

Fusto sfilacciato in c di

3.131

Woodcore in realizzazione

Burton Vapor 2009.

una pianta di canapa in

Scatto artistico: incrocio

3.102

3.111

cui si notano le fibre.

di cavi.

Woddcore alleggeirto

Render che mostra la

3.121

3.132

(Burton Superlight core).

struttura dei tubicini del

Matassa di fibre aramidi-

Schema direzione fibre in

3.103

Koroyd.

che.

un laminato unidirezio-

Schema woodcore

3.112

3.122

nale.

laminati verticalmente.e

Render di un core in-

Sottili lamine in Titanal.

3.133

orizzontalmente.

teramente realizzato in

3.123

Rotolo di laminato in fibra

3.104

Koroyd..

Scatto macroscopico di

3.113

suto di fibra di vetro.

3.134

una schiuma polimerica.

Scatto artistico: shottini

3.124

Schema direzione fibre in

3.105

colorati.

Tavola con core in schiu-

3.114

ma di poliuretano sezio-

Schema multisezione di

nata.

una tavola con core misto.

3.106

3.115

Baby snowboarder di 18

Render core misto.

mesi di vita con tavola

3.116

Burton con core in schiuma polimerica.

Scatto macroscopico di un tessuto in fibra metal-

3.107

lica.

Scatto di un trick in wake-

3.117

board.

Fascio di fibre di vetro.

Resina versata su un tes-

Tetris.

3.125 Schema laminato full.

3.126 Schema laminati tip-totail.

3.127 Schema laminati tip-totail.

3.128 Schema laminati incrociati.

di carbonio unidirezionale.

un laminato biassiale

3.135 Tessuto in fibra di vetro biassiale.

3.136 Schema direzione fibre in un laminato triassiale

3.137 Tessuto in fibra di vetro triassiale.

3.138 Schema direzione fibre in un laminato quadriassiale.


3.139

3.148

3.157

3.167

Semilavorati in lastre sdi

Schemi e scatti al mi-

Deattaglio di due tavole

Rotolo di ABS supersottile

P-Tex UHMW.

croscopio elettronico

con lamine parziali.

per la realizzazione di top.

3.140

di polvere di polietilene

3.158

3.168

Inserti e boccole per

Scatto di una Nitro T1

snowboards di vario tipo.

2014 con fianchetto in

3.159

avidenza.

Schema sistema boccola-

3.169

tura 4x4

Schema di fianchetti a

3.160

sezione trapezioidale e

Rappresentazione di una singola porzione della

prima e dolo il processo di sinterizzazione.

catena del polietilene.

3.149

3.141

Schema struttura moleco-

Schema di una catena po-

lare della grafite.

limerica a bassa densità.

3.150

3.142

Dettaglio di una soletta

Schema di una catena polimerica ad alta densità.

3.143 Pezzo di sciolina che viene sciolto sulla tavola su

con depressioni per diminuire l’attrito.

3.151 Schema di una lamina classica sezionata.

un ferro apposito.

3.152

3.144

Differenza tra una lamina

Pezzi di scioline per temperature differenti.

3.145 cera polimerica modellabile estrusa in un giocat-

standard ed una maggiorata.

3.153 Schema angolo d’incisione e d’inclinazione.

tolo.

3.154

3.146

Schema tuning lamine.

Schema processo di

3.155

estrusione.

Schema de-tuning lamine.

3.147

3.156

Candeletta di P-Tex

Dettaglio di una lamina

estruso.

disposta lungo l’intero perimetro della tavola.

Schema sistema boccola-

quadrata

tura 4x2.

3.170

3.161

Fianchetto in ABS.

Schema sistema boccola-

3.171

tura 3D.

Fianchetto in uretano.

3.162

3.172

Scatto pubblicitario per

Tavola Volkl con fianchet-

Burton Channel.

to in legno.

3.163

3.173

Attacco agganciato al

Puntale.

sistema Channel.

3.174

3.164

Dettaglio di un Ducati

Tavola con top color le-

Monster 821 con mo-

gno con neve incrostata.

noammortizzatore in

3.165

evidenza.

Posa di un top sulla tavola

3.175

in realizzazione.

CustomMade Mig20 con

3.166

top in parte trasparente

Top con superficie rugosa

e antivibranti visibili sulla punta


3.176

3.185

4.7

Rotolo di materiale elasto-

Due modelli di diversa

L'artigiano Taro Tamai con

merico.

stagione di Burton Love.

una delle sue creazioni.

3.177

3.186

4.8

Stesura di uno strato di

Due modelli di diversa

La crew Funky negli anni

resina epossidica su un

stagione di Nitro Team

'80 con due dei loro surf

core.

Estevan Oriol.

da onda.

3.178 Plotter stampa su carta.

3.187

4.9

Collezione Custom Made

Manifesto pubblicitario

2014 con grafiche Truly

Funky Snowboards dei

3.179

Design.

primi anni '80.

Assemblaggio parti di una

4.10

soletta in fustelle.

MERCATO

3.180

4.1

Soletta in P-Tex non anco-

Manifesto pubblicitario

ra rifilata dopo la sublima-

LibTech.

4.11

4.2

Giacomo Kratter, Mitch

zione del primo colore.

3.181

Manifesto pubblicitario

Screenshot di un lavoro

Capita.

grafico su Illustrator.

4.3

3.182

PubblicitĂ per magazine di

Evoluzione negli anni

scarponi Ride.

degli artwork applicati alla Burton Custom.

3.183 Alcune tavole Artec recenti.

3.184 Due modelli di diversa stagione di Nitro Pantera.

4.4 Dettaglio di copertina catalogo Rossignol 2014.

4.5 Showroom Arbor.

4.6 Alcune tavole hard.

Manifesto pubblicitario Funky Snowboards del 2013.

Dalle, Isacco Mantegazza e Stefano Bergamaschi nell'officina Funky SNowboards.

4.12 La crew Funky Snowboards a lavoro in ufficio.

4.13 Officina Funky Snowboards.

4.14 Isacco mantegazza controlla manualmente una Funky Spray 2014.




bibliografia e sitografia VOLUMI ANTOLOGICI Rebagliati Ross, Off the chain: an insider history of snowboarding, Vancouver/Toronto/Berkeley, Greystone Books, 2009 Giordan A. & Felderer R., Snowboarding - Slopestyle, half pipe, jibbing, freeride: storia e segreti del surf da neve, Milano, Hoepli, 2013 Thorpe Holly, Snowboarding: The Ultimate Guide, s.l., ABC-Clio/Greenwood Press, 2012 Thorpe Holly, Snowboarding Bodies in Theory and Practice, Hampshire, Palgrave Macmillan, 2011 Booth D. & Thorpe H., Berkshire Encyclopedia of Extreme Sports. Berkshire, Great Barrington, 2007 Voda David, How to Snowboard: How to Buy a Snowboard, s.l., eVoda, s.d. Lenz Frederick, Lo zen e l'arte dello snowboard, s.l., Sperling & Kupfer editori, 1996 Quilty Michael, Choosing the Right Snowboarding Gear (Snowboarding for Beginners), s.l., Jump the Q Inc., 2013 Skort Dane, The Phat Book of Snowboarding, s.l., Jester Publishing, 2011

ARTICOLI DA PERIODICI Fast Annie, "Binding Timeline", Transworld Snowboarding, 21, Aug 2008 Crane Lee, "A Complete History of the Snowboard Halfpipe", Transworld Snowboarding, 9, Dec 1996 Gross Gerhard, "Remembering Tom Sims", Transworld Snowboarding, 26, Sept 2013 Gross Gerhard, "Tom Sims memorial paddle out and letter from Kevin Kinnear", Transworld Snowboarding, 26, Sept 2013 Gross Gerhard, "Tom Sims memorial paddle out and letter from Kevin Kinnear", Transworld


Snowboarding, 26, Sept 2013 Veilhellman Annette, "Gone Bananas", Transworld Snowboarding, 21, Oct 2008 Saari Pete, "The way I see it", SnowboardMag 17, Oct 2014 Zanni Cristiano, "Di Kratter in Kratter", 4Snowboard, 8, Lug 2014 Crane Lee, " Pulp Factions: The SoCal Snowboard Magazine Crews", Transworld Snowboarding, 9, Dec 1996 Gavelda Ben, "Snowboard Camber Explained", Transworld Snowboarding, 22, Oct 2009 Newman Jason, "Top 10 Board Graphics of 2013", Transworld Snowboarding, 26, Dec 2013

cataloghi commerciali Academy Snowboard Co. 2014/2015, USA, 2014 Amplid - The Official Dealerbook 2014/2015, Germania, 2014 Artec! 2013, USA, 2012 Bastard DealerZine Fall Winter 2013-2014, Italia, 2013 Burton Hardgoods 13/14, USA, 2013 DC Winter 2013/2014 Snow Collection, USA, 2013 Elan Snowboards Twenty15 Collection, Slovenia, 2014 Endeavor Pure&Simple Snowboards 15, Canada, 2014 Funky catalogo 2014/2015, Italia, 2014 Gnu 2014/2015 USA, 2014 Head Snowboards Season Fourteen/Fifteen, Austria, 2014 Jones Season 2014/15, Svizzera, 2014 K2 Snowboarding - Here..., USA, 2014


LibTech 14/15 - Bitchin' boardbuilders, USA, 2014 Monument Snowboards - MNMNT 14/15, USA 2014 NeverSummer Industries 2014/2015 Snow/Skate Dealer Catalog, USA, 2014 Niche Snowboards Two Thousand Fourteen/Fifteen, USA, 2014 Nidecker Season 2014/15, Svizzera, 2014 Nitro Hardgoods 13/14, USA, 2013 Nitro Dealer Manual 14/15, USA, 2014 Northwave/Drake Snowboarding 14/15, Italia, 2014 Palmer Snow Catalog 2012/13, USA, 2012 Ride Snowboards Hardgoods 2014/2015, USA, 2014 Rome Snowboards - We Believe, USA, 2013 Rossignol SNBD 14.15, Francia, 2014 Rough Distribution 2013/2014 Catalogw, Italia, 2013 Roxy 2014/15, USA, 2014 Salomon Snowboards Fall/Winter 2014, Francia, 2013 Sims 2013/2014 Stylebook, USA, 2013 Slash by Gigi 2014/2015, Svizzera, 2014 Smokin. Snowboards - Winter 2015, USA, 2014 Stepchild - Stoopchild 2015, USA, 2014 Venture Snowboards 2014/2015, USA, 2014 Volkl Snowboards 14/15, Germany, 2014 Yes. On Life 14/15, Svizzera, 2014


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