Nulla parola

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Nulla Parola di Loredana Semantica

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10 anni di scrittura

30 poesie

la necessità d’essere nella parola

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Indice

Racimolo parole

pag.

7

Delle stelle poi

8

Depoetica

9

Per tre volte

10

Mantra

11

Alla croce del poeta

12

L’amo questo amore

13

Grigia sono e satura di polvere

15

Mi prende a volte

16

Accade di reggere la croce

17

Striscia

18

Vanesia

19

Tauromach-io

20

A proposito di poesia

21

A volte il senso del cammino

22

Ma davvero dobbiamo sottoporci

24

Ogni parola è testimone

25

Tutte le parole

26

Un vago ronzare

27

Il sonno della lingua

28

35. Dei doni

29

Una parola sola

30

Bombardamenti

31

Accade che sia turbine

32

La cosa che scrive

34

Non leggete la poesia

35

Isolamuta

36

Incantesimo

37

Alla fine si tace

38

Camminamenti

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Racimolo parole Racimolo parole nel crivello quelle belle le accendo e loro tutte vanitose in bella mostra col petto tronfio in fuori fiori sono preziosi di sintagmi fiammiferi infuocati nella notte. Le altre timide ordinarie le spalle circonflesse le ordino sul foglio in fila indiana soldatini di piombo macchinine le muovo come una legione che avanza compatta verso l’orlo.

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Delle stelle poi Delle stelle poi importa forse qualcosa loro stanno lĂ brillanti e severe contornate di gelo enormemente distanti dall'umanitĂ nella notte del cielo. E dei fiori che spargono profumi importa forse qualcosa dei loro petali fragili e pistilli e colori magnifici della carnositĂ sensuale d'ogni foglia d'oro del loro orgoglio consapevole d'essere tra i viventi le creature piĂš belle della terra. E degli uomini dei loro corpi tutti peli e muscoli di questo sangue orrido che sparge il rosso delle armi che colpiscono mentre scorrono parole infinite inutili pesanti fitte come frecce come una coltre che copre e mai abbastanza importa forse qualcosa di tutto questo al fiume alla montagna alle spighe che si piegano al vento della sera alla notte che viene agli avidi re della finanza.

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Depoetica Non posso altra musica che di parole sole chiedo scusa pertanto alle allodole ai violini ai pianoforti alle chitarre a tutto l'armamentario dei concerti ai giovani sugli spalti al pentagramma chiedo scusa per la bocca di piccolezza povera per le labbra per le corde vocali limitate per gli occhi che leggono ininterrotti per la scrittura inutile e incessante rinnegata anche nel nome dalle folle

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Per tre volte Per tre volte ha dentro la radice o la parola morte il mantra estivo che sorge dalla bocca al ghibli impietoso che soffia caldo asciutto il sole fa violenza coi suoi raggi sulle cose esposte della terra quelle vive stimano i margini di sopravvivenza le carcasse invece senza esalare si fanno cosa secca. C’è un’aria intorno ch’ è deserto vivo come il respiro caldo del tuo corpo la pelle abbacinata al morso dei raggi riarso il bianco dentro gli occhi appena poche ore è la risposta oltre non c’è speranza la natura è torrida di sete torna il refrain del principio un fuoco senza pena purifica e uccide

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Mantra Ripeti come un mantra l'ultima parola tienila stretta baciala soffia dentro la sua pancia riempila di doni colma in bene e gonfia le sue vene poi lasciala fuggire esalando in un sospiro non quiete vento pelle non luce pianto passio ma l'oltre indicibile corpo esposto stupore in fine arreso d'eterno divenire.

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Alla croce del poeta Liberami dai legami da ogni corda tesa sulle membra dalle insofferenti costrizioni sciogli corpetti e giarrettiere gancetti bottoni e reggiseni scaccia oppressioni e fabbisogni slacciami le braccia le occhiaie i reni ed i polmoni frantuma l’io roccioso fracassalo di botte riducilo in frantumi lasciali cadere nella notte dispersi al punto che non possano tra loro quasi riconoscersi. Sbriciola l’io maledetto la sua vana pretesa il senso suo di angoscia l’inerzia pervicace delle scope i panni i baci e anche gli stracci lava i piatti affrancami dai lacci della pena satura l’insufficienza di ogni gesto rivolgi il niente in pieno il vuoto in colmo saziami di sete inesauribile consumami a parole inchiodami alla croce del poeta distruggi a sciabolate le sinapsi.

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L’amo questo amore L’amo questo amore d’amore grande grande e segreto agli occhi del mondo come un tesoro dato e nascosto come un amante geloso come una perla un diamante una rosa così la parola alta ed alata purissima e viva gola profonda canto scan dito concerto per bocca ed orecchio occhio interiore supremo volo frammento d’io tuono che assorda le nubi frizzo di spuma marina piaga che s’apre che cola di sangue squarciando i polmoni il torace canale che spurga liquore spada e pugnale pistola che spara nero fucile freccia diretta al centro perfetto del cuore alto che piomba basso che sale vento che uccide unguento freschissimo sulla ferita cuneo che incide e dirompe 13


lacrima interna che piove dolcezza che sfiora le guance intrattenimento infinito.

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Grigia sono e satura di polvere Grigia sono e satura di polvere inutile che lo sguardo fugga altrove inutile che io legga o veda nuove cose nulla passa oltre le nausea nulla che sparigli questa nebbia la diradi la disperda. Sull’altare-rogo resiste la parola apre e chiude questa bocca che sfarfalla come un pesce quando estratto con l’amo dalle acque nell’aria si contorce senza per questo convertire gli elementi o distrarre l’amo dal suo corpo piuttosto alimentando la tinozza tra le squame conficcando più a fondo il grande caos.

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Mi prende a volte Mi prende a volte una tristezza vaga la direi piccola se non fosse diramata per cose che accadono lontane forse a me prossime persino qui a lato cose che per dirle non bastano parole e quelle usate poche non bene articolate sono insufficienti e misere profondamente inadeguate ch’è grande e indicibile quanto fa male il male quando il sudore si fa sangue dove lo sporco è sporco non quello buono del lavoro sporco che non dĂ pane ma scempio e dolore di cose accadono senza controllo o rimedio perdono o ristoro.

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Accade di reggere la croce Accade di reggere la croce come ventotto cardini la porta di varcare la soglia fino al bosco dove cresce la parola ed ogni varietà di fiori erbe alberi cespugli il legno inchiodato sulla spalla a sgravare parti prematuri come una pena che la sostieni e soffri se l'abbandoni pure. Accade che sia merda rifiuto scarto spazzatura che sia un assurdo e una vergogna che taluno legga ascolti pensi che a qualcuno possa mai appena un poco interessare quella cosa penosa ridicola noiosa summa d'inutilità fatta parola di uno scritto in versi. Accade che si scriva ed è un errore che si abbia almeno un etto di pudore per riscatto del cedimento di nascondere al mondo l'apparato digerente ventisette metri d'interiora e il corpo circostante dell'autore fonte reo con fessa di tanto orrore.

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Striscia Investimi di te di questo tuo fervore eccelso che scava in piena terra getti ribollenti di rivolta donami le frecce di salvezza l’arco dalle punte avvelenate versa nel mio sangue la fame dei diritti sacrosanti ed urla a questo mondo la pena dello scempio lancinante. I corpi dei bambini uccisi inanimati come bambole di carne le ferite sulla pelle di velluto i capelli d’angeli arruffati e gli occhi aperti laghi fissi sul costato. Dammi nella bocca sante le parole che siano fermento di catarsi germoglio in migliaia per le strade innalzino al vertice l’aurora fa che per cento corra e cento ancora il bene e la palma della pace.

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Vanesia Se dovessi dire questo nuovo male userei parole strane dimenticanza pazza falsa occasione sacrificio esasperato che non paga senso di colpa inutile e tardivo che tagliente si converte in pura fame. Direi che la scena è sempre piena di icone agghindate per la mostra palcoscenico vestito per la festa vanità che d’eco orgoglio è conclamata. Amor proprio che s’involve in gradiente nel meschino vuoto osceno abisso nero metamorfosi puttana cupo rivolo sfacelo

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Tauromach-io Non farfalla o falena o usignolo non immensa balena vibrante o ape ronzante o zanzara non cavallo sfrenato al galoppo o cane o gabbiano o leone non gazzella né lupo non orso o serpente né mosca io sono non verme davvero lo giuro. Invero principalmente non sono ma per essere almeno qualcosa infinitesima cosa rivolta una voce io sono dell’eco a rimbalzo inutile rocca d’eccelso a picco di schianto nel lago. Un mare echeggiante di labbra nei suoni gli spruzzi a schizzare parole a frotte affollate sugli occhi sulle palpebre chiuse le ali gli uccelli impazziti la notte.

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A proposito di poesia A proposito di poesia vi prego non intasate di parole gli occhi stanchi fino alla gola ai polmoni alla bocca di roba gonfia noiosissima e morta soffio soffiato al sifone che si versa nel lavandino rotto dove il rubinetto risciacqua impietoso il risucchio dello scarico vuoto disgorgo sonoro un modo altro di approdare alla grandiositĂ del mare.

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A volte il senso del cammino A volte il senso del cammino la sera l’aria limpida il lavoro appena svolto la fatica anche la rabbia i sorrisi l’incontro col tuo essere enorme i figli ogni parola detta la pioggia che piove da tre giorni i progetti la promessa di schiarita i discorsi inutili la gente la luce gialla dei lampioni l’ansia mai vinta di una vita. Tutto prende un verso terso di destino di potenza latente anche nel passo esitante nel corpo che barcolla appena nell’essere qui adesso ed anche nell’essere nulla al tempo stesso. Un nulla incerto indefinito che svanisce si dissolve non esiste dolcemente senza freddo ansito o tremore senza il trauma del passaggio ma solo consapevolezza d’essere aria acqua assenza una cosa senza corpo atomo disperso trasparenza 22


che ritorna a far parte dell’universo

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Ma davvero dobbiamo sottoporci Ma davvero dobbiamo sottoporci a questo a questa infinita pena dell’esporci un buco cavo nicchia sarebbe un felice luogo da cui osservare il mondo un bozzolo covato nel tepore antro dai mille occhi tana che accoglie il corpo luogo da cui lanciare come stelle filanti le parole.

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Ogni parola è testimone Ogni parola è testimone dell’impossibilità di scardinare il mondo come una porta che crolla divelte le molli cerniere così sarebbe l’impalcatura calcinacci e scroscio di muratura.

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Tutte le parole Tutte le parole sono estranee lontane sbagliate tutte inverosimilmente sfruttate non una fresca vera non una appena un poco viva.

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Un vago ronzare Un vago ronzare di parole insulse continuamente satura l’aria metto alle orecchie conchiglie ascolto solo il rumore del mare.

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Il sonno della lingua Non c'è una parola che tenga nemmeno una sebbene poche tutte si fiondano dove la bocca morde nere vane sporche vuote crollano dal foglio verso il basso scivolando nel sonno della lingua.

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35. Dei doni Mi chiedo cosa darti se non parole vuote ne ho contate trentacinque davanti tutte in fila come fiori offerti come fiammiferi accesi devoti d'ammirazione e complimenti potrei non so quanti a iosa infiniti innumerevoli che dalla bocca uscendo siano lusinga d'ego e mi chiedo se il secchio riempia il mare d’acqua o il cucchiaio la sabbia del deserto versando grani d’oro all’infinito nel bisogno senza fondo di una vita.

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Una parola sola Batte come un tamburo di ribellione tutte le sillabe del suono e s'incendia e s'inarca e le strappa le mani che l'insozzano nel fango che si dica ai quattro angoli del mondo come un'eco di veritĂ che gli uomini uomini possono dirsi solo quando le danno valore oltre il denaro che ammorba l'umanitĂ sopra mille e altre mille parole onore sempre alla dignitĂ .

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Bombardamenti Bombardamenti tra meningi atomi che scoppiano nel vuoto come satelliti o pianeti minuscoli pulviscoli dispersi che flusso diventano ad un tratto rapido pungente e improvviso penetrante a bucare il labirinto perforando il timpano e l’udito stupefatto algido nascente alto purissimo ed esatto come se mai in precedenza fosse mai stato detto cosÏ meravigliosamente nuovo da qualunque bocca emesso in quel preciso modo e tutto mio diventa unico e perfetto esposto espresso pronunziato immenso possente oracolare plasma supino tra le mani pasta vivissima per modellare forma per bocca secondante armata disarmata abbandonata dolce freddissima gelata piuma sofficissima di neve barocca disadorna barricata marmo venato di divino gancio di ferro ad uncinare di lunghissimi arpioni tutti i rami ruggine gridando alle radici tenerissima cosa sussurrando al nucleo mondo di ogni male. 31


Accade che sia turbine Accade che sia turbine mai detto di parole impasto di pasta maneggiato per fame ingoiato in un boccone sillabe sfreccianti a segmenti scorte di fretta sopra il foglio con la coda rapida dell’occhio frastagliate di zig zag sull’orlo sminuzzate a tocchetti come tozzi di pane sbriciolate molliche beccate dai colombi a metà ingurgitate imperfette scombinate mai viste dissepolte innate. Accade che rinascano di getto per pressione in schizzo verticale dall’acqua ristagnante esplose nuove brillanti sfolgoranti variopinte ricomposte lucide danzanti leccate pulite libere ribelli monde ed immonde risciacquate. Accade che siano bocca cerchi volanti di vocali canti cantanti consonanti gerundi di suoni e participi e tutti in gamma a milioni i predicati che si facciano fragole di bosco 32


indugino sul bianco delle labbra tutte bianche di latte e belle belle le parole belle e belle anche le altre quelle a forcipe estratte in sopra soglia partorendo l’esilio della lingua ultimo eterno.

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La cosa che scrive La cosa che scrive è più forte di luce si scrosta dai muri fremendo rinviene alle dita raccoglie di lingua la bocca rastrella parole si stacca di vermi si spreme sul foglio lo sporca di segni lo bagna di parto si spacca il nocciolo silenzio che insozza le pietre la bava d’argento è lumaca resiste rimonta rigetta s’incolla potente al cervello la cosa che scrive è di gabbia placenta che al seme s’aggrappa estremo congiunto alla vita curvato gemmando di fine.

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Non leggete la poesia Non leggete la poesia che una volta sola chÊ la prima alta s’accende vergine parola la seconda appena la vedete già si spegne e di luce resta uccisa immota ed impotente.

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Isolamuta Io non ci sono e se anche mi vedete qui le mani alla tastiera sono altrove nel buio dell’assenza nel limbo dove eterno dorme il giorno mai arrivato. Io non sono essenza né presenza non sono mai stata non esisto adesso e neanche prima (c’ero ) un dito mi trapassa il vento mi attraversa di trasparenza uccisa che mi avvelena il fiato eterno nulla che sconvolge il vuoto boccheggiante da milioni di orifizi distanza accecante di parole. Non sono invero neanche quelle sulla carta o supporto digitale nella stanza sospese o nell’aria circostante se non nell’intenzione al dire come polvere nella polvere del niente a milioni negli anni anche a venire a frotte a chili a profusione estrema ad enne volte ancora ed altre mille lardo che cola luce e negazione.

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Incantesimo Quando è davanti il bianco bianco dev’essere l’intero quanto senza nero di scritta o segni o colori ché l’occhio dannato vi anneghi d’ ingorghi e angoscia muta. Vanità sia nel tronco mozzato precipizio a raccolta del nulla il respiro vi spazi perduto paralisi che in voce si forma sul dorso flesso si (s)pieghi d’impeto che gonfio s’alzi immenso di lievito assiso vento nel vertice alto altissimo trono del mondo. E la punta che riga lo strazi e il tasto che batte lo sporchi di sangue di sabbia di chiodo di calce di brina di fango di polline pelle sudore briciole zucchero sporche parole.

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Alla fine di tace Alla fine si tace quando ciò che si dice non suscita interesse quasi si mormorasse o si parlasse di solito per prevalere ma scrivere è una cosa aliena va oltre la parola resta la traccia senza la presenza anzi maggiormente lavora la parola quando lo scrittore è assente come un fenomeno carsico un serpente che striscia lentamente.

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Camminamenti Le parole camminano sapete sono come erranti bestie gobbe di cammello sulla sabbia basti dalla soma alta sono gambe in moto roteante a seguire traccia il fiuto che le guida la forma che le impasta venti treni da trasporto bastimenti carichi di nomi e voli magnifici d'aerei per quelle belle circonfuse di luce cristallina lente ma profonde che hanno mete nell'azzurro strepitosamente alte.

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Siracusa 2 marzo 2013

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