Storia della Filanda di Pusiano

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Politecnico di Milano

Scuola di Ingegneria Edile-Architettura Corso di Storia dell’Architettura 2 Proff. O. Selvafolta, M. A. Breda, B. Galli, A. Merlotti

Allievi Borlenghi Luca Negri Elisa Redelberger Michele Tucci Alessandro

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Indice Nota metodologica.......................................................................6

Capitolo I - Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi...9 Contesto Paesistico....................................................................10 Contesto Socio-Economico.......................................................19 Approfondimento: la seta in Lombardia..................................25

Capitolo II - Filanda e Palazzo: l’origine nobile..32 La Filanda e il Palazzo..............................................................40 Approfondimento: il Palazzo....................................................46 Approfondimento: la famiglia Conti.......................................51

Capitolo III - La filanda e le filande.....................55 Evoluzione del “tipo” filanda....................................................56 Localizzazione del polo produttivo..........................................58 Planimetria e gestione dell’impianto........................................63 Approfondimento: la produzione della seta............................74

Capitolo IV - Il declino nell’anonimato...............81 Bibliografia.................................................................................88

Appendici Schede Fotografiche..................................................................93 Schede Cartografiche..............................................................137 Schede Bibliografiche..............................................................163 Regesto dei documenti............................................................187


Nota metodologica

Nota metodologica Lo studio ha come oggetto la filanda di Pusiano, un edificio obbligato a relazionarsi da quasi duecento anni con la nobile presenza del palazzo quattro-cinquecentesco. Purtroppo ci siamo dovuti scontrare, fin da subito, con l’atipicità della struttura oggetto di esame e si è dovuto procedere alla ricerca attraverso la verifica di fonti dirette, ma soprattutto indirette, questo a causa della scarsa documentazione archivistica e bibliografica esistente. Siamo stati costretti a un approccio di analisi basato sull’osservazione diretta dell’oggetto, sullo studio del contesto ambientale, storico ed economico nel quale il fabbricato si inserisce, e l’analisi del tipo costruttivo cui l’edificio appartiene; attraverso questo siamo potuti giungere alla formulazione di ipotesi e considerazioni circa gli aspetti architettonici e funzionali dell’oggetto. Pertanto, nel voler riportare all’interno di questo testo il percorso da noi affrontato, abbiamo ritenuto necessario inserire tutte le conoscenze basilari che ci hanno permesso di giungere alla formulazione delle ipotesi. Per questo il primo capitolo vuole informare sulla localizzazione dell’oggetto: partendo da una descrizione della regione briantea, si giunge a

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una trattazione più specifica dell’abitato di Pusiano e del lotto della filanda per poi fare una ricostruzione storico-architettonica dello sviluppo e dell’evoluzione del paese e del lotto. Il secondo capitolo è invece interamente dedicato alla storia della filanda e al rapporto di questa con la preesistenza del palazzo. Lo studio procede quindi con l’analisi dell’architettura e della gestione degli spazi dell’edificio dal punto di vista produttivo e funzionale. Si conclude quindi con la ripresa delle vicende più recenti relative alla vita dell’edificio e con una descrizione critica dello stato attuale.

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Capitolo Primo Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi


Capitolo primo

Contesto Paesistico La Brianza è una vasta area della Lombardia che si estende dalle zone immediatamente a nord di Monza fino alle Prealpi lombarde nelle provincie di Lecco e Como. Questo territorio è caratterizzato da una grande varietà di paesaggi: le montagne che la racchiudono a Nord, le ampie aree collinari che si estendono ai piedi di queste (Alta Brianza) e le vaste zone pianeggianti che costituiscono la terminazione settentrionale della Pianura Padana (Bassa Brianza). Quest’ampia area di circa 880 chilometri quadrati è collocata nel centro della Regione dei Laghi italiana; numerosi specchi d’acqua lacustre caratterizzano, infatti, il suo territorio e contribuiscono a mitigarne il clima. A riguardare più da vicino la nostra trattazione è la zona dei cosiddetti laghi minori, incastonati tra le colline moreniche racchiuse tra i due rami del grande Lago di Como: il lago di Annone-Oggiono, il lago di Alserio, il lago di Pusiano e il lago di Montorfano. La ricchezza di acque non è offerta solo dai bacini lacustri, ma anche dalla presenza di numerosi corsi fluviali di varia portata, che scorrendo tra questi colli hanno per molto tempo

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Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

fornito risorse indispensabili allo sviluppo economico della regione stessa. Tra questi, particolare rilevanza hanno il fiume Adda e il Lambro: il primo nasce sui monti dell’Alta Valtellina e percorre la valle prima di gettarsi nel Lario, per poi uscirne in territorio lecchese, di cui attraversa diversi comuni; il secondo nasce sui monti del Triangolo Lariano e scorrendo da nord a sud attraversa il Lago di Pusiano prima di giungere alle le città di Monza e Milano. I due fiumi sopra citati segnano anche, in modo naturale, i confini della Brianza, rispettivamente a Est e a Ovest. Nonostante si tratti di un’area di dimensioni non particolarmente elevate, essa è, a livello geopolitico, frazionata in un vastissimo numero di comuni, raccolti sotto quattro provincie: Como, Lecco, Monza Brianza e Milano. Conseguenza diretta dell’elevato numero è la ridotta dimensione del territorio dei comuni, i quali hanno un’estensione media inferiore a quella degli altri comuni italiani: 6,2 chilometri quadrati contro i 37,19 della media nazionale. Tra questi piccoli centri vi è quello di Pusiano, uno dei sette paesi rivieraschi del lago omonimo, nell’Alta Brianza, il cui abitato si estende per circa tre chilometri in una stretta fascia

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Capitolo primo

di terra racchiusa tra le pendici del monte Cornizzolo e la riva settentrionale del bacino lacustre. A pochi metri dal lago sorge il nucleo storico del paese formato perlopiù da edifici abitativi, spesso con schema a corte, di modeste dimensioni, concentrati attorno a poche strette vie storiche; una notevole eccezione è costituita dalla presenza dell’antico “Palazzo Carpani-Beauharnais”, un edificio di matrice quattro-cinquecentesca dotato di un ampio giardino all’italiana e alcuni corpi di fabbrica di pertinenza, tra i quali la Filanda oggetto dello studio. Il piccolo centro storico è completamente racchiuso tra le due principali vie che attraversano Pusiano da est a ovest: la strada provinciale 42 a Nord e la strada statale 639 frapposta tra l’abitato e il lago verso sud. Importante asse viario che collega le due città capoluogo della provincia di Como e di Lecco. A Nord della strada provinciale 42, e verso i confini est e ovest del paese si trova la più recente espansione del nucleo residenziale cittadino, la cui edificazione lungo le pendici del monte avvenne nell’arco della seconda metà del secolo XX. Questa caratteristica appare immediatamente evidente anche

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Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

solo osservando sommariamente una planimetria del paese, in quanto si nota il diradarsi progressivo del tessuto urbano (oltre alla tendenza prettamente moderna a evitare la costruzione fronte strada). Quasi a ridosso di questa linea immaginaria, che separa la parte moderna, da quella storica del paese, si trova anche la costruzione della filanda, che, nello specifico appartiene al nucleo storico del paese, essendo una pertinenza di Palazzo Carpani Beauharnais. Palazzo e Filanda si trovano infatti all’interno dello stesso isolato, situato immediatamente a ovest del nucleo abitativo storico, e come questo è racchiuso a nord e a sud dalle due principali vie del paese. A ovest a far da confine alla proprietà è invece un piccolo corso d’acqua a carattere torrentizio, che discende dal monte Cornizzolo per sfociare nel lago. L’isolato è caratterizzato da una area maggiormente edificata nella parte Sud-Ovest, in cui si trova il fabbricato del palazzo, costruito secondo lo schema a U intorno a un cortile di rappresentanza, alcune pertinenze a nord e il corpo della filanda, con sviluppo parallelo alla riva del lago. La restante parte è meno costruita e presenta un ampio prato nella parte

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Catasto Teresiano - 1721

Catasto Lombardo-Veneto - 1857


Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

nord, campi sportivi nella parte centrale e i giardini all’italiana del palazzo, oggi parco pubblico, verso il lago a sud. Il lotto di interesse, così come l’intero abitato di Pusiano, non sono sempre stati come oggi, ma hanno subito ovviamente importanti cambiamenti nel corso del tempo. Quelli più utili a questa ricerca, sono gli sviluppi degli ultimi tre secoli, perché temporalmente vicini alla “vita” della filanda, influenzati dalla presenza della stessa, e sono stati estratti per la maggior parte, dall’analisi della documentazione storica, mappe e registri catastali, dal settecentesco Catasto Teresiano, alle carte attuali. Il Catasto Teresiano del 1721, nei fogli dedicati alla “Squadra de’ Mauri” 1, riporta la mappa del comune di Pusiano, la quale testimonia l’esistenza di un centro abitativo storico racchiuso perlopiù tra due piccoli corsi d’acqua che attraversano il territorio comunale prima di gettarsi nel lago. A est del centro abitato è già presente il palazzo che si presenta con alcune parti mancanti rispetto al complesso attuale. Nel lotto a questo riferito non esistono nessuna delle pertinenze attuali, dunque neppure il corpo della filanda (che verrà edificata solo un secolo più tardi); al loro posto solo ampie distese di terreni da coltivo, elemento che predomina nel territorio della Pusiano

1. La Squadra dei Mauri (squadra maurorum) era una speciale pieve amministrativa del Ducato di Milano costituitasi negli inizi del Quattrocento con capoluogo Bosisio secessionando dalla Pieve di Incino. La sua particolarità deriva dal fatto di non essersi evoluta come un calco di strutture religiose, ma di essere un puro risultato di dinamiche feudali. 15


Capitolo primo

settecentesca e che va gradualmente trasformandosi in territorio montuoso man mano che si procede verso Nord. A distanza di più di un secolo dalla redazione del Catasto Teresiano, il catasto Lombardo-Veneto (1857) mette in luce alcune differenze sostanziali nella struttura urbana del paese. E’ riportato un corso d’acqua (non presente nelle carte precedenti), che cinge a Est il lotto di Palazzo Carpani-Beauharnais. Si notano, inoltre, una maggior frammentazione in lotti, un addensamento del nucleo abitativo e una modifica della strada Lecco-Como che risulta allargata e segue ora un asse pressoché rettilineo: è plausibile che i traffici o i flussi di merci e persone in quest’area, nel corso di un secolo, fossero divenuti più consistenti. L’analisi della mappa mette in luce anche una differente suddivisione della proprietà all’interno dell’isolato della villa: i segni grafici indicano i terreni più prossimi come pertinenza della costruzione principale; il palazzo, a sua volta, presenta un cambiamento nella planimetria: c’è un espansione dell’ala Ovest verso il lago, laddove prima si trovava una piccola piazza. L’elemento di maggior interesse che trova testimonianza

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Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

nella mappa è la rappresentazione del fabbricato della filanda, a Nord-Est del palazzo (mappale 100), la cui costruzione, come si vedrà in seguito, può essere fatta risalire ai primissimi anni trenta dell’Ottocento, per volontà della famiglia Conti, industriali tessili della zona, che la possiedono per quasi un secolo. Il corpo si presenta di forma rettangolare, parallelo alla riva del lago e dotato di un appendice sul lato settentrionale. Insieme a questo fabbricato, si nota la presenza di altri corpi minori, di pertinenza del palazzo: una costruzione allungata a nord della villa e una al centro del giardino con funzione di ghiacciaia. Mezzo secolo più tardi il tessuto urbano diviene ancora più fitto, come riscontrabile nelle carte del Cessato Catasto (1898), le abitazioni aumentano insieme alla popolazione che nell’ultimo decennio dell’Ottocento consisteva in circa 700 abitanti, aumentata di 100 unità rispetto al 1871 e quasi raddoppiata rispetto alla fine del secolo precedente. All’interno dell’isolato del palazzo non si osservano sostanziali cambiamenti dei corpi di fabbrica, ma solo una suddivisione diversa dei lotti, probabilmente dovuta a passaggi di proprietà per successione interni alla famiglia di proprietari:

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Vedute di Pusiano dai monti


Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

in particolare la parte settentrionale del terreno viene divisa in due lotti, mentre la parte meridionale contenente i giardini risulta unificata, rispetto al catasto precedente. Durante il XX secolo, in particolar modo durante la seconda metà, il centro abitato, per la prima volta si espande oltre i “confini” che prima lo cingevano: nuove abitazioni vengono costruite a Nord della strada provinciale 42 e verso i limiti occidentali e orientali del paese, laddove precedentemente si avevano solo campi e terreni. L’abitato appare ora più “rarefatto”, di conseguenza aumenta anche l’impianto viario.

Contesto Socio-Economico Fin dal XVIII secolo, Pusiano e gli altri paesi rivieraschi, furono, grazie alla presenza del lago, metà di villeggiatura per molte famiglie aristocratiche o di facoltosi industriali. La salubrità dell’aria (già esaltata dal Parini nelle sue Odi) e l’amenità dei luoghi attiravano soprattutto famiglie provenienti dall’area milanese, che vivevano in città e trascorrevano alcune settimane estive in questi luoghi. Tuttavia, non è certamente quest’immagine a descrivere la situazione socio economica le-

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gata al periodo di costruzione della filanda. La realtà che caratterizzava in quel periodo i paesi sopracitati e, più in generale, tutta la regione briantea, era ancora una realtà prettamente rurale. La società era composta prevalentemente da contadini, i quali vivevano dei prodotti dell’agricoltura locale. La maggior parte dei terreni agricoli appartenevano a proprietari facoltosi (spesso gli stessi che possedevano le case di villeggiatura), le quali li affittavano alle famiglie di braccianti attraverso un complesso sistema di contratti, tra i quali spiccavano quello a mezzadria e quello a denaro. Il contratto a mezzadria prevedeva che il colono, in cambio della concessione di coltivare l’appezzamento di terra, versasse metà del raccolto al proprietario e che i due soggetti dividessero il pagamento delle tasse; spesse volte, questo tipo di rapporto andava incontro a distorsioni a favore del concedente e il mezzadro si trovava a versare una quota maggiore del raccolto o del denaro ricavato dalla vendita dello stesso, o ancora a pagare le intere tasse sul terreno. Il contratto a denaro, molto più oneroso per i contadini, prevedeva un affitto pagato in denaro o attraverso una quota prefissata di grano e altri prodotti agricoli, nonché il paga-

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Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

mento delle spese per la coltivazione e le tasse. Era abbastanza comune che i proprietari terrieri residenti in città e che utilizzavano i loro possedimenti solo come luogo di villeggiatura preferissero questo tipo di contratto, gravando maggiormente sulla situazione economica dei lavoratori, per i quali la preoccupazione quotidiana era semplicemente una: “mangiare e vivere e far vivere in maniera più dignitosa possibile la propria famiglia” 2 . “Le terre della Brianza in generale sono fertilissime, ove eccettui i pochi terreni isteriliti dallo straboccamento dei fiumi” scriveva il Cantù nel 1837, e tale fertilità dovuta anche alla forte presenza di acque favoriva la produzione “d’ogni specie di grano, toltone il riso, canape, legumi, vini, […] ogni guisa di fiori, né vi mancano ulivi ed agrumi. Il mais, alimento molto energetico, costituiva la principale componente della dieta delle classi meno abbienti, li quali si garantivano delle ulteriori entrate economiche con la frutticoltura, i cui prodotti erano meno spesso soggetti ai vincoli contrattuali sopracitati. 3 Nella zona un ruolo sempre più importante era rivestito dalla gelsobachicoltura grazie alla quale le filande locali pote-

2. Cfr. G- MOLTENI, Il giardino della “Santa Parola” - I segreti di Angela e Teresa Isacchi, p. 27 3. Cfr. G. CAPROTTI, L’agricoltura in Brianza: storia e opportunità 21


Capitolo primo

vano produrre la seta con cui rifornivano tutta l’Europa. L’edificazione della filanda Conti iniziata, come già affermato, intorno al 1830, si inserisce in un contesto produttivo caratterizzato dalla presenza, su tutto il territorio brianzolo, di una vera e propria rete di altre filande, opifici e filatoi, che costituivano un importante nucleo industriale per la regione. 4 Il passaggio dal lavoro domestico a quello industriale nell’area lecchese era avvenuto con una certa precocità rispetto al resto della regione lombarda. Agli inizi del 1800 il numero delle filande nel distretto di Lecco era salito a centoventiquattro […]; nel 1808 nel dipartimento del Lario si contavano più di trecento filande e centoventi fabbriche per la torcitura dove complessivamente erano occupate ventimila persone, la maggior parte delle quali proprio nel Lecchese; nella zona di Erba, nello stesso periodo, gli occupati direttamente nella torcitura erano millesettecentosettantadue. 5 La fase della trattura 6, che, per buona parte dell’Ottocento continuò ad essere un’attività svolta a domicilio dalle famiglie, impoverite dai contratti agrari sopra descritti, era per queste una fonte di guadagno spesso irrinunciabile per poter integrare l’esiguo reddito proveniente dal lavoro agricolo.

4. Nell’arco dei secoli che vanno dal XXVIII al XX la produzione della seta divenne progressivamente sempre più importante e di qualità, tanto da rendere l’Italia famosa in tutto il mondo per la qualità dei suoi tessuti pregiati (vedi approfondimento relativo al paragrafo 1.6). 5. Cfr. B. CATTANEO, Archeologia industriale nel lecchese. Le filande, p. 15

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Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

Ad occuparsene erano, nella maggioranza dei casi, donne e minori, ai quali era demandata anche l’attività di alimentazione dei bachi 7 attraverso il rifornimento continuo delle foglie di gelso: in questo modo non si stravolgeva completamente l’organizzazione della famiglia contadina, i cui uomini potevano rimanere impiegati nei campi. Questi tratti delineavano una struttura economica che, riprendendo Cafagna in “Protoindustria o transazione in bilico? A proposito della prima onda dell’industrializzazione italiana”, si potrebbe definire proto-industriale: un sistema di coesistenza della famiglia contadina e della fabbrica senza che si verificassero processi di totale inurbamento dei contadini o, al contrario, di de-industrializzazione. Tra gli edifici industriali che si potevano trovare nella Brianza ottocentesca, oltre gli opifici serici, c’erano fornaci per la produzione di mattoni e stabilimenti per la lavorazione del ferro, specialmente nell’area lecchese. Sul bacino del lago di Pusiano erano praticate altre due importanti attività: la pesca e l’estrazione della torba. La prima era un’importante risorsa per molti abitanti della zona, ma anche per i mercati del milanese che erano riforniti dal pescato di questo lago. L’estrazio-

6. La trattura è una fase della filiera produttiva della seta nella quale i bozzoli, ammorbiditi in una bacinella d’acqua, vengono scopinati per trovare il capofilo, il quale tramite un aspo viene tirato ed avvolto per creare la matassa (vedi approfondimento relativo alla produzione della seta). 7. Il baco da seta è la larva di una falena con la cui bava si produce il prezioso tessuto (vedi approfondimento relativo al paragrafo 3.2). 23


Capitolo primo

ne della torba, invece, era praticata nelle aree paludose sulla riva orientale fin da inizio secolo, “quando alcuni proprietari cominciarono l’estrazione della torba, presente nel sottosuolo, in strati in più o meno rilevante spessore, per utilizzarla come combustibile negli stabilimenti serici locali”. 8 I luoghi di produzione, come quelli di residenza, dunque le “fabbriche” e le case dei contadini, versavano allora in condizioni igienico-sanitarie non ideali. La maggior parte delle case dei lavoratori erano ancora malsane, troppo piccole, poco areate, mal difese dalle intemperie. I pavimenti del piano terra erano in terra battuta e la mancanza di appositi granai costringeva le famiglie a conservare i prodotti dei campi e soprattutto il granoturco nelle camere da letto. La durata della vita era molto bassa e altissima la mortalità infantile, le madri infatti erano costrette a tornare al lavoro subito dopo il parto facendo mancare ai figli anche le cure necessarie. 9 Questa situazione contribuì anche alla diffusione di epidemie, quali quelle di colera, che a più ondate giunsero in Europa e si diffusero su tutto il territorio italiano durante il XIX secolo. Il numero di vittime era sicuramente più elevato nei centri urbani di maggiori dimensioni rispetto a quelli che si

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potevano contare nelle campagne, ciononostante il colera del 1855 e infine quello del 1867, fecero circa 10.000 morti in provincia di Como. (Molteni, op. cit.) Conseguenze non meno tragiche per l’economia e le famiglie del luogo si ebbero a seguito della distruzione di parte dei raccolti, dovuta ad attacchi di malattie delle piante, come quella del 1856, i cui devastanti effetti sull’economia di una società ancora sostanzialmente contadina si possono solo immaginare: in seguito a questo evento, infatti, molte persone furono costrette ad abbandonare il territorio, alla ricerca di condizioni di vita e di lavoro migliori.

Approfondimento: la seta in Lombardia La gelsobachicoltura, ovvero l’allevamento del baco da seta per la produzione del pregiato tessuto, è una tradizione che appartiene alla storia dell’umanità da diversi millenni; ebbe inizio in Cina, anche se non si è certi di quale fu l’imperatore che per primo la introdusse. I ritrovamenti archeologici confermano, tuttavia, la presenza di questa attività già sotto la dinastia Shang, vissuta fra il XIII e il XII secolo prima di Cristo.

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Capitolo primo

Furono gli antichi Romani ad importare i primi tessuti nel nostro mondo occidentale; i patrizi apprezzavano le preziose stoffe per le caratteristiche materiche ed estetiche, oltre che per il fascino esotico e misterioso che possedevano. Non è una novità che la seta abbia un costo mediamente elevato, anche al giorno d’oggi. Anticamente, la ragione di ciò erano le peripezie che gli importatori dovevano affrontare nel lungo viaggio che dall’oriente portava all’occidente, lungo la cosiddetta via della seta 1. Secondo la tradizione, due monaci brasiliani, intorno al 552 d. C., parlarono dei bachi da seta e delle loro potenzialità all’imperatore Giustiniano, il quale ordinò loro di trafugarne alcuni e portarli a Bisanzio. La prima regione ad allevare i bachi da seta fu poi la Sici2 lia : furono introdotti, nel XII secolo, da re Ruggero, il quale li scoprì in Grecia; la produzione fu protetta dal monopolio di Stato fino dal 1231 fino ai tempi di Federico II di Svevia, quando cominciò a diffondersi anche nel resto della penisola. Presto si cominciò a produrre la seta anche in Calabria, Toscana, Veneto e Lombardia, dove fu introdotta da Filippo Maria Visconti; egli promesse a degli artigiani toscani dei privilegi a patto che avviassero la produzione serica nel Ducato. Fin dal1. Dal tedesco Seidenstraße, termine introdotto dal geografo Ferdinand von Richthofen nei suoi Tagebücher aus China (Diari dalla Cina) del 1877; la via della seta era il reticolo, che si sviluppava per circa 8.000 km, costituito da itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali nell’antichità si erano snodati i commerci tra l’impero cinese e quello romano. 2. Risale al 1036 la più antica attestazione dell’impiego delle foglie di gelso per l’allevamento del baco da seta. 26


Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

la comparsa dei bachi da seta nella nostra penisola, i regnanti capirono l’importanza e, soprattutto, il valore del tessuto e, nel corso del tempo, avviarono molte iniziative volte ad incentivarne la produzione; nel 1421 Galeazzi Maria Sforza ordinò che si piantasse una pianta di gelso ogni dieci pertiche di terreno; Ludovico Sforza estese la gelsicoltura all’intera area del Ducato di Milano, guadagnandosi per questo l’appellativo Il Moro 3. Con il passare del tempo la qualità della seta italiana aumentò sempre di più, generando un’elevata domanda dai mercati esteri; la qualità dei tessuti raggiunse un livello tale che, al momento della vendita, il mercante 4 doveva esibire un certificato di autenticità, come oggi si fa per ogni prodotto made in Italy di un certo livello. Come già accennato, la produzione non era un’esclusiva lombarda, tuttavia essa fu uno dei settori economici di maggior successo nella regione, tanto da caratterizzare l’identità e la storia economica di una zona come la Brianza; solo nella zona del lecchese e della Valassina, verso la metà del XVIII erano stati censiti 248 filatoi, prevalentemente concentrati nelle zone di Parè, Valmadrera, Galbiate, Caslino d’Erba e Canzo. Agli inizi dell’800 Melchiorre Gioia annota3. La pianta di gelso è anche chiamata moro poiché il suo frutto è una varietà di mora dall’aspetto del tutto assimilabile a quella di rovo, ma dal gusto leggermente più delicato. 4. Prima dell’avvento delle fabbriche, la filiera produttiva era diffusa sul territorio, gestita dalla figura chiave del mercante, il quale trattava con allevatori, artigiani e maestri; questi operavano indipendentemente gli uni dagli altri e la produzione era prettamente domestica. 27


Capitolo primo

va la presenza nel dipartimento del Lario di “più di trecento filande e centoventi fabbriche per la torcitura dove complessivamente erano occupate ventimila persone, la maggior parte delle quali proprio nel lecchese”. La produzione serica della zona lombarda non fu sempre florida, soprattutto sotto il dominio spagnolo del XVII secolo; in tale periodo, molti tessitori emigrarono in Francia, attirati dai privilegi loro concessi. Superata la crisi, nel XVIII secolo la produzione tornò ad essere florida; ogni centro produttivo era specializzato nella produzione di un particolare tessuto, anche se la principale materia esportata dal nostro Paese erano i tessuti lisci, per non doversi confrontare con l’agguerrita concorrenza francese, la cui principale esportazione erano i tessuti operati, in particolare i drappi prodotti a Lione con costi e tempi ridotti utilizzando il telaio à la grande tire. Quando si passò alla dominazione austriaca, la casa reale prese molte iniziative per rilanciare la produzione serica nella zona lombarda, fra le quali si annoverano sgravi fiscali per i bachicoltori e lo sviluppo dell’uso della seta a corte e fra i ceti più alti della società 5. Nella fattispecie, le agevolazioni fiscali prevedevano l’annullamento dei dazi, operazione che diede un forte impulso per il commercio della seta grezza e ritorta

5. Sebbene al giorno d’oggi potrebbe sembrare un’operazione banale e inefficace, in verità, a livello economico, si tratta del modo più semplice e veloce per creare un mercato, poiché si immette una domanda esogena costante in una regione caratterizzata da forti economie di agglomerazione. 28


Pusiano e Brianza: dall’800 ad oggi

fra la Lombardia e la Germania; l’obiettivo ultimo dei regnanti era quello di azzerare l’importazione di seta da altri Paesi, quali, ad esempio, Inghilterra, Francia e Paesi Bassi, incentivando la produzione degli stessi tessuti in zone interne all’Impero. Con l’avvento della fabbrica, si ebbe un radicale cambiamento nella tecnica produttiva, coadiuvata da rudimentali macchine il cui scopo era sostanzialmente assolvere alla funzione di filatoio semi-automatico. Nel periodo di transizione dalla produzione domestica alla produzione industriale, sempre sotto il dominio austriaco, si trasferirono in Lombardia anche diversi industriali elvetici, attirati dalle agevolazioni fiscali concesse dall’impero 6. Nel giro di alcune decine di anni, nacquero, in tutta la Brianza, le molteplici filande già citate; mediamente una filanda possedeva fra le 15 e le 25 bacinelle: si trattava, perciò, di impianti produttivi relativamente piccoli, ma molto diffusi in tutto il territorio. Si parla, per questo, di una via della seta briantea, che era costituita dalle strade di collegamento fra Como e Lecco. L’industria serica divenne talmente importante che furono molte le associazioni e i gruppi che cercarono di diffondere costantemente l’innovazione nei metodi di allevamento dei bozzoli e di produzione del tessuto: ad esempio, la Società Patriottica, tramite opuscoli, cercò

6. Una su tutte, la famiglia Abegg impiantò diversi setifici in tutto il territorio della brianza lecchese. 29


Capitolo primo

di diffondere metodi razionali ed innovativi per il corretto allevamento, quali, ad esempio, l’utilizzo del calore artificiale e del termometro. La produzione serica si arrestò nuovamente con la dominazione napoleonica 7, ma con il successivo ritorno degli austriaci la situazione migliorò fin quando, verso la prima metà del Novecento, le conoscenze tecniche e scientifiche ebbero uno sviluppo tale da portare alla nascita di tecniche innovative per l’allevamento dei bachi e portarono a delle ulteriori iniziative volte ad incentivare l’industria serica; una di queste, promossa dalla Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri di Milano, prevedeva l’organizzazione di corsi di formazione per operai serici. La decadenza dell’industria serica si avviò già nel periodo successivo alla primo conflitto mondiale, con la crescente concorrenza dei tessuti di origine vegetale, i quali a livello estetico erano in grado di competere con la seta, ma avevano un costo di produzione molto più basso. Il colpo di grazia alla produzione serica venne dato dal radicale mutamento socio-economico avvenuto nel secondo dopoguerra, quando il costo della manodopera divenne così alto da non rendere più possibile la concorrenza con gli economici tessuti provenienti dall’Asia.

7. Anche perché Napoleone stesso aveva interesse a mettere in difficoltà la produzione italiana, in modo da far guadagnare alla Francia un vantaggio sui mercati europei. 30


Pusiano in un dipinto del 1823 Si nota la mancanza dell’ala Ovest del palazzo e della filanda.



Capitolo Secondo La filanda e il palazzo: l’origine nobile


Capitolo secondo

Come già accennato, la Filanda fa parte del complesso di Palazzo Carpani-Beauharnais, la cui costruzione fu iniziata alla fine del Quattrocento dalla famiglia Carpani e conclusa definitivamente solo nel Novecento. 1 Durante i suoi quasi cinque secoli di storia ha ospitato tra le sue mura alcuni membri di importanti case regnanti a livello europeo: il Vicerè Ranieri Giuseppe d’Asburgo (1783-1853), per esempio, e il Viceré del Regno d’Italia Eugenio Beauharnais, figlioccio di Napoleone Bonaparte (1781-1824). 2 Tra i proprietari meno noti, si trova una famiglia di imprenditori tessili locali, i Conti, che acquistarono l’intero complesso di Palazzo Beauharnais nel 1831. I signori Conti sono gli ultimi ad introdurre importanti modifiche a livello planimetrico alle proprietà di Pusiano: nei primissimi anni trenta dell’Ottocento, completano definitivamente l’impianto a “U” del palazzo, facendo edificare la parte terminale dell’ala ovest verso il lago. Questa parte di fabbricato viene eretta in realtà sul suolo di una piccola piazza pubblica, e ciò porta alla nascita di una controversia tra il comune di Pusiano e i signori Conti, risolta con il pagamento di una somma di 300 Lire da parte di questi ultimi.

1. L’impianto planimetrico verrà completato nel XIX secolo; durante il XX secolo invece si apporteranno modifiche solo agli ambienti interni. 2. Rif. Approfondimento: Il palazzo 34


La filanda e il palazzo: l’origine nobile

Nello stesso periodo la famiglia Conti avvia, all’interno dello stesso lotto del palazzo, un altro cantiere che porterà alla costruzione della filanda, commissionata a un architetto di cui non si conosce l’identità. È possibile attestare tra il 1831 e il 1833 il completamento dell’edificazione del corpo di fabbrica. Negli “Annali Universali di agricoltura, industria ed arti economiche” del 1833,3 infatti, l’autore, parlando di una partita di bozzoli scrive: “detratti li doppi, se ne spedirono il 9 Settembre alla nuova Filanda del particolare mio amico signor Luigi Conti in Pusiano diretta dalla sig. figlia madamigella Marietta, per la trattura della seta on. 21 rappresentate da N. 434”. Da questa informazione si può dedurre che la filanda nel 1833 era, non solo completata, ma già attiva nella produzione. L’industria della famiglia Conti, che mantenne la sua funzione produttiva per diversi decenni, doveva essere un centrodi una certa importanza, per numero di macchinari e quindi di dipendenti (come si vedrà in seguito) nonostante ciò, oggi risulta molto difficile reperire delle informazioni al riguardo. Quello che si evince, dalla ristretta documentazione esistente, circa il personale della filanda è che negli anni ’40 o ’50

3. Cfr. L. BOSSI, Annali universali di Agricoltura, Industria ed Arti Economiche, Vol. XVII, p. 257 35


Capitolo secondo

dell’Ottocento, tra le lavoratrici vi era Angela Isacchi, 4 nota nelle cronache locali ed ecclesiastiche per le sue visioni mistiche, e che nel 1857, nel ruolo di direttore della filanda si trovava Francesco Ratti, nativo del vicino comune di Rogeno e padre di Ambrogio Damiano Achille Ratti, che diverrà Papa col nome di Pio XI. 5 Il signor Luigi Conti, che nel 1831 aveva acquistato il complesso del palazzo di Pusiano e dato avvio al periodo produttivo della filanda, muore quindici anni dopo, nel 1846, all’età di settantatré anni. Il palazzo e i relativi beni vengono ereditati dai suoi quattro figli e dalle sei figlie compresa l’attività6. Di questi, Giuseppe morirà nel 1864, mentre Fermo Conti e le sei sorelle rinunceranno a parte della loro quota di proprietà, a beneficio dei fratelli Ferdinando e Pietro Conti. Secondo quanto riportato in “Non solo Seta. Storia della famiglia Gavazzi”, di Gerolamo Gavazzi, discendente di un’altra importante famiglia di industriali tessili della zona, gli interi possedimenti del Palazzo e le relative pertinenze rimangono di proprietà dei discendenti della famiglia Conti fino al 1920. Nella documentazione reperita non vi è l’atto di compravendita tra i Conti e i successivi proprietari, che possa

4. Cfr. FRA GIUSEPPE MAGLIOZZI, Sulle tracce di Fra’ Orsenigo 5. Cfr. Bibliografia dei Papi. Sito della Santa Sede. 6. Rif. Approfondimento: La famiglia Conti 36


La filanda e il palazzo: l’origine nobile

confermare il 1920 come ultimo anno di proprietà dei Conti stessi; tuttavia, risale al giugno di quell’anno la denuncia di costituzione di una società avente per oggetto “l’esercizio di una filanda da seta, […] con sede in Pusiano” da parte dei fratelli Castagna Giovanni e Carlo7, indicati all’interno di altre fonti quali seguenti possessori del Palazzo. Appare chiaro, quindi, che sia proprio il 1920 a segnare il primo vero passaggio di proprietà della fabbrica, che, tuttavia, continua a mantenere la sua funzione produttiva. La permanenza dei fratelli Castagna all’interno del palazzo e della loro attività nel corpo della filanda, ha durata relativamente breve, solo sei anni, passati i quali fabbrica, villa e relativi beni vengono rivenduti a due imprenditori stranieri originari di Adrianopoli (attuale città di Edirne, in Turchia): i fratelli Bensussan Nissim e Jaco. Poco si conosce di questi due personaggi, che nei documenti vengono indicati alcune volte come industriali, altre volte come semplici commercianti; la sola notizia certa è che dai fratelli Castagna non acquistano solo gli immobili dell’intera proprietà, ma anche i macchinari e gli impianti industriali presenti all’interno della filanda. 8

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Capitolo secondo

Questa informazione permette di supporre che nell’edificio sia continuata l’attività tessile anche durante i cinque anni di proprietà dei fratelli turchi; anzi, è possibile affermare che il quinquennio 1926-1931 sia l’ultimo in cui si sarebbero potute vedere fasi di produzione della seta all’interno della filanda pusianese. Nel 1931, infatti, un nuovo passaggio di proprietà segna la storia dell’edificio: i fratelli Bensussan vendono “tutta la loro proprietà immobiliare situata in comune di Pusiano (Provincia di Como) già adibita a filanda con case civili, terreni e diritti d’acqua e cioè tutti gli immobili, esclusi i macchinari e gli impianti industriali” 9 ai rappresentanti della “Provincia Italiana di San Maurizio dell’Istituto della Carità” dell’ordine religioso dei Rosminiani. Come sopra affermato, con l’arrivo dei Rosminiani all’interno delle mura del palazzo, si conclude temporaneamente il periodo in cui il corpo della filanda mantiene un ruolo produttivo 10; per tale motivo si è scelto di interrompere a questo momento la narrazione della storia dell’edificio, e trattare, in questo capitolo e nel successivo, altre questioni e aspetti riferiti maggiormente a questa “prima fase di vita” del fabbricato.

7-8-9. Vedi documento numero 4 nel regesto 10. Sotto la proprietà dei Rosminiani, la Filanda verrà affittata a una ditta locale che si occupava di tintoria e stampa a quadro 38


Ricostruzione tridimensionale del complesso


Capitolo secondo

La “seconda fase di vita” verrà ripresa, invece nel quarto capitolo del testo.

La Filanda e il Palazzo Un tratto che rende particolare il manufatto architettonico della filanda Conti è certamente il rapporto con palazzo Carpani-Beauharnais: un edificio industriale costretto a confrontarsi con la monumentalità della nobile villa. Non è un fatto insolito, nella Brianza ottocentesca trovare ville padronali vicino a filande o filatoi: sono noti i casi dei Gavazzi a Valmadrera e degli Abegg a Garlate che possedevano una villa d’abitazione accanto al proprio stabilimento. La particolarità della filanda Conti risiede nel fatto che il palazzo non fu fatto edificare, come avvenne per i casi accennati, dopo l’avvio dell’attività produttiva, ma è lo stabilimento che viene affiancato alla villa già esistente. Osservando una planimetria del lotto o trovandosi direttamente all’interno dei giardini del palazzo, si comprende come la morfologia del terreno e soprattutto il tessuto architettonico preesistente abbiano dettato le regole per l’edificazione dei

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Planimetria


Capitolo secondo

fabbricati successivi, dalla scelta del posizionamento fino alla composizione della facciata. L’intero lotto su cui è costruito il complesso è suddiviso su tre livelli: il livello inferiore, si trova circa 1,8 m più in basso rispetto al piano terra del palazzo ed è occupato da parte dei giardini; il livello intermedio si trova esattamente alla quota del pian terreno della villa e comprende la parte di giardino antistante il prospetto Sud della filanda; il terzo livello si trova a una quota di circa 2 m superiore rispetto al precedente. Il palazzo, posizionato nella parte sud-occidentale del lotto, ha le ali est e ovest poste ortogonalmente alla riva del lago e si affaccia con il grande prospetto dell’ala Est sul giardino nobile, voluto a inizio secolo da Eugenio Beauharnais. Il corpo di fabbrica della filanda, con la sua forma allungata, è disposto ortogonalmente alle due ali del palazzo, sul limite Nord dei grandi giardini all’italiana a ridosso del terzo dislivello. È possibile che i giardini fossero già in precedenza delimitati da un muro di contenimento del dislivello presente tra la parte settentrionale e quella meridionale del lotto ma sembra che con l’edificazione della filanda lungo questa linea si volesse rafforzare la cesura tra la porzione di terreno occupata dai giardini, più disegnata e regolare, e quella superiore, decisamente più naturale. Sembra anche che questo po-

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Prospetto Sud

Prospetto Est

Prospetto Nord

Prospetto Ovest


Capitolo secondo

sizionamento del corpo di fabbrica tendesse a racchiudere il giardino rendendolo più privato e meno aperto verso la parte settentrionale del paese . Inoltre, l’ubicazione della filanda al di sopra del dislivello consente di ottenere un duplice risultato: permette all’edificio di non “scomparire” nel confronto con la mole del palazzo, e rende il fabbricato più facilmente visibile dalla strada e dal lago. Osservando il volume della filanda si percepiscono molti dei tratti tipici della tipologia edilizia cui appartiene, ma al tempo stesso si nota come i committenti abbiano desiderato dotarla di una certa dignità stilistica: proprio perchè condizionati dal tessuto architettonico preesistente e forse anche dal tono culturale, essi non potevano accontentarsi dei principi di economia e funzionalismo adottati nelle altre filande della zona. Tra gli elementi caratterizzanti la tipologia si individuano la pianta rettangolare, la copertura a capanna, e la scansione dei prospetti con serie verticali di finestre. Questi tratti comuni vengono integrati, per esempio, da una sorta di fascia marcapiano e un cornicione in pietra che delimitano rispettiva-

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La filanda e il palazzo: l’origine nobile

mente in basso e in alto la fascia delle aperture; inoltre ogni apertura è racchiusa a sua volta da una cornice dello stesso materiale della fascia marcapiano. È interessante osservare come alcuni di questi “tratti nobilitanti” siano accentuati o semplicemente presenti solo sui prospetti che hanno un rapporto visivo diretto con quelli del palazzo: le cornici delle finestre compaiono solo sui prospetti Sud e Ovest, così come la fascia marcapiano. Il cornicione, invece, era l’unico di questi elementi presente su tutti e quattro i prospetti, in particolare sui lati corti dell’edificio tendeva a formare, insieme con il profilo a capanna della copertura, una sorta di timpano. Il prospetto meridionale e quello orientale presentano anche un basamento in pietra a vista, utile a colmare il dislivello a ridosso del quale è costruita la filanda e a rendere più alta e ricca la facciata. Osservando palazzo e filanda dal giardino si percepisce una totale armonia e integrazione tra i due edifici, quasi non si evince la diversa rilevanza storica e culturale esistente tra gli stessi: ciò è dovuto all’utilizzo, sul prospetto della filanda, del medesimo modulo delle aperture utilizzato nel prospetto

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Capitolo secondo

Est del palazzo, e all’uso della medesima finitura, oltre ai tratti nobilitanti precedentemente descritti. Un ultimo carattere degno di nota è la ripresa di alcuni elementi architettonici caratteristici dei prospetti dell’ala ovest del palazzo sulle facciate della filanda: tra questi, per esempio, l’abbinamento di una finestra rettangolare e un’apertura lunettata soprastante la prima, e l’utilizzo della stessa geometria e del medesimo materiale per la realizzazione delle cornici delle aperture, e del cornicione lapideo posto appena al di sotto della linea di gronda. La ripresa di questi caratteri architettonici e la contemporaneità dell’edificazione dei corpi dell’ala ovest del Palazzo e della filanda, permettono di ipotizzare che siano stati realizzati dal medesimo architetto.

Approfondimento: il Palazzo Palazzo Carpani Beauharnais spicca tra le tante ville costruite intorno ai laghi della Brianza per la sua mole e per la sua personale storia, che si apre circa mezzo millennio fa, quando la famiglia Carpani dà avvio all’edificazione dell’anti-

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La filanda e il palazzo: l’origine nobile

ca Casa Carpani, nucleo storico dell’attuale palazzo. Attualmente l’edificio presenta una caratteristica forma a U rovesciata terminata a Sud da un muraglione, e completata a Nord da un cortile di servizio attorno al quale si ergono alcuni ambienti dello stabile; intorno all’edificio, come si è già avuto modo di dire, si trovano: i giardini all’italiana a Est, il corpo della filanda e Nord Est, le vecchie stalle a Nord, una via storica dell’abitato a Ovest e la strada Como Lecco a Sud, che divide la costruzione dai giardinetti sulla riva del lago. ***** L’intero complesso risulta costituito da varie porzioni di fabbricato, che presentano caratteristiche diverse a seconda del periodo di edificazione; pertanto la descrizione delle diverse parti offre l’occasione di narrare al contempo la storia dell’imponente villa. La costruzione originaria dei Carpani corrispondeva alla parte di edificio che oggi si trova nell’angolo Nordoccidentale del cortile d’onore. I Carpani, erano una famiglia di antico lignaggio, originaria della zona di Erba – Villincino, proprietari, tra il XV e il XVIII secolo, di diversi terreni del territorio di Pusiano, nonché dell’intero lago e dell’isoletta in esso contenuta. L’a-

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Capitolo secondo

bitazione da essi costruita si sviluppava per una parte su tre piani fuori terra, e su due piani per la restante parte. Ad essa si accedeva da un piccolo portico con due arcate, che sfoggiava uno pregiato soffitto ligneo a cassettoni. Un soffitto simile, ma totalmente decorato, si trovava in una sala al piano primo dell’abitazione. Una formella, ancora oggi visibile, riporta la data “Luglio 1521”, che potrebbe riferirsi alla costruzione dell’edificio oppure alla posa del soffitto. Nei due secoli successivi, la residenza dei Carpani venne estesa dai discendenti della famiglia, con la costruzione dell’imponente ala Est. Con questo corpo, la dimora da semplice casa di abitazione cominciò ad assumere le proporzioni di un palazzo, con un impianto planimetrico a L. Questo corpo sei-settecentesco, oggi sede dell’istituto comprensivo A.Rosmini di Pusiano, si compone di un piano seminterrato e due piani fuori terra, più un sottotetto. Il piano terra, rialzato rispetto al livello della corte, presenta sulla stessa un portico composto da tre fornici con archi a tutto sesto che scaricano su colonne binate in ordine tuscanico di notevoli dimensioni. A questo portico si accede attraverso un’ampia scalinata posta esattamente di fronte all’ingresso del cortile, ricavato nel muro

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Pianta piano terra

1500 ca.

1600-1750 ca.

1830-1850 ca.


Capitolo secondo

cieco e antiestetico del prospetto Sud. Un altro grande e rappresentativo scalone di due rampe, in pietra lavorata, conduce dai portici agli ambienti dei piani superiori. Il prospetto che affaccia ad est è sobrio ma elegante, presenta un triplice ordine di finestre (quelle del secondo piano di dimensioni minori) che si estendono orizzontalmente per tutti i cinquantuno metri della facciata, interrotte solo da un piccolo balcone in posizione centrale. L’intero palazzo rimase in possesso della famiglia Carpani fino alla fine del XVIII secolo, quando fu acquistato dalla casa reale d’Austria e utilizzato come residenza secondaria dal vicerè Ranieri Giuseppe d’Asburgo. Nel 1812, in piena epoca napoleonica, la Cassa d’Ammortizzazione del Regno d’Italia pose il palazzo nelle proprietà dell’Appannaggio del Vicerè Eugenio Napoleone Beauharnais, che volle aggiungere alla proprietà i grandi giardini all’italiana. Dopo la Restaurazione del 1815 il palazzo vide la sua seconda parentesi austriaca, fino a quando, nel 1831, venne acquistato dai Conti, famiglia di industriali tessili originaria di Cesana Brianza, che come si è già avuto modo di scoprire, estesero il complesso del palazzo, completando l’ala Ovest e edificando la filanda.

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La filanda e il palazzo: l’origine nobile

Con l’arrivo della famiglia Conti si conclude il periodo “nobile” del complesso di Palazzo Beauharnais, che, da questo momento in poi non sarà più solo una residenza nobiliare, ma nel corso dei due secoli successivi ospiterà un’attività industriale, sarà sede di un seminario dell’ordine religioso dei Rosminiani, e verrà infine diviso tra le scuole comunali e gli uffici del comune.

Approfondimento: la famiglia Conti Si conosce poco riguardo la famiglia Conti, committente della filanda di Pusiano; tutto ciò che si è scoperto è stato desunto principalmente dalla documentazione riguardante la proprietà del palazzo e della filanda. I Conti erano sicuramente una facoltosa famiglia di industriali tessili, probabilmente originari del comune di Cesana Brianza, con possedimenti sparsi su un’area piuttosto vasta della Lombardia: si ha notizia, infatti, dell’acquisto di residenze e altre proprietà nel milanese da parte di Luigi Conti nei primi anni dell’Ottocento. È proprio Luigi Conti, insieme al fratello Fermo, a dare avvio all’attività della filanda nel territo-

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Capitolo secondo

rio di Pusiano attraverso la “Ditta Commerciale Luigi Conti”. Alla morte di Luigi Conti, avvenuta nel 1846, all’età di settantatré anni, sono i figli a ereditare le proprietà e l’attività. In documenti risalenti agli anni ’50 e ’60 dell’Ottocento essi compaiono come proprietari, non solo del palazzo e della filanda pusianese, ma anche di numerose altre filande e residenze in diversi comuni delle attuali provincie di Como, Lecco e Varese, tra le quali: la filanda di Molina a Rongio (Mandello del Lario), la filanda di Tradate e la filanda di Desio, che verrà venduta nel 1850 ai Gavazzi, altra importante famiglia del panorama tessile lombardo. Il nome di Giuseppe Conti, figlio di Luigi, compare inoltre come sindaco del Comune di Pusiano per alcuni anni, verso la metà dell’Ottocento. I Conti rimangono proprietari del complesso del palazzo e della filanda di Pusiano fino al 1920, quando, come si è già avuto modo di dire, questi vengono acquistati dalla famiglia Castagna. Si può ipotizzare che a contribuire alla chiusura dell’attività nel comune di Pusiano sia stata la profonda crisi che colpì l’intero settore serico lombardo negli anni del primo conflitto mondiale (1914-1918) e in quelli immediatamente successivi.

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Capitolo Terzo La filanda e le filande


Capitolo terzo

Se finora ci siamo occupati della filanda in quanto architettura storica, approfondiamo in questo capitolo il suo essere un edificio industriale. Descriveremo la sua architettura in relazione alla funzionalità, proponendo un’analisi dell’evoluzione storica del tipo filanda, avanzeremo delle ipotesi circa la gestione degli spazi interni e circostanti la costruzione, nonché sulle possibili tecnologie utilizzate nel periodo produttivo.

Evoluzione del “tipo” filanda Si è già accennato a come, in epoca pre-industriale, la produzione della seta e in particolare le sue prime fasi, gelsobachicoltura e trattura, fossero svolte dalle famiglie contadine all’interno delle stanze della casa o, in altri casi, nelle corti sotto porticati o tettoie. In questi spazi, dove venivano tenute una o due “postazioni di lavoro” composte ciascuna da un fornello, una bacinella e un aspo1, si alternavano quasi tutti i membri della famiglia, in particolar modo donne e bambini. Si trattava di una produzione stagionale limitata al periodo primaverile ed estivo che garantiva alla famiglia un’indispensabile fonte di guadagno.

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La filanda e le filande

Negli ultimi anni del ‘700 alcuni piccoli “imprenditori” avviarono un primo processo di industrializzazione, concentrando più macchine tradizionali in un unico luogo, in genere riadattando spazi precedentemente adibiti ad altro uso oppure continuando a sfruttare l’antica struttura della tettoia, eventualmente ampliandola per ospitare una quantità maggiore di bacinelle. Ciò fu possibile fintanto che il numero delle “macchine” rimase relativamente contenuto e si mantennero i tradizionali fornelli alimentati a legna. La nascita della tipologia architettonica della filanda è, dunque, strettamente connessa con la necessità di avere un grande ambiente ove concentrare numerose macchine per la trattura della seta e ampi spazi ausiliari dove conservare una quantità di bozzoli sufficiente a far funzionare in modo produttivo e redditizio il complesso, non solo per una stagione, bensì per tutto l’anno. Un ulteriore incentivo a concentrare la produzione in un unico luogo venne dato dall’introduzione di macchinari, per la lavorazione della seta, alimentati con l’energia del vapore, fin dai primi anni del XIX secolo. L’utilizzo di queste macchine risultava conveniente solo in presenza di un numero piuttosto

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Capitolo terzo

consistente di bacinelle che venissero alimentate da un’unica caldaia. Come conseguenza di queste necessità cominciano ad essere edificati dei spazi appositi per la produzione e parallelamente a ciò avvenne la pubblicazione di numerosi testi tecnici e manuali che fornirono suggerimenti utili per l’edificazione di tali strutture: descrizioni delle localizzazioni più favorevoli, disposizione e gestione degli ambienti interni e delle varie funzioni che fanno parte del processo produttivo della seta.

Localizzazione del polo produttivo Tra i manuali analizzati vi è quello di Gasparo Antonio Turbini, che nel 1778 scrive: “La situazione più appropriata per collocarvi la Filanda, sarebbe quella di una spaziosa Pianura alquanto elevata; o quella di un gran Prato attorniato d’alberi, e circondato d’acque correnti: oppure quella di una Spiaggia d’alcun Lago, o lungo le Ripe di qualche Fiume”. I luoghi elencati si rivelano ottimali per l’insediamento di una filanda in quanto caratterizzati da una certa ariosità naturale favorevole ad alcune fasi della lavorazione della seta e

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La filanda e le filande

dell’allevamento e conservazione dei bachi. Possono, inoltre, garantire la continua presenza di acqua, sfruttata per muovere le ruote idrauliche oppure pompata per alimentare le caldaie che generavano la forza motrice delle macchine e fornivano calore per riscaldare l’acqua delle bacinelle che altrimenti sarebbero state alimentate dal tradizionale fornello a legna. Il Manuale del filandiere suggeriva di disporre sempre accanto alla filanda una vasca o un serbatoio di acqua, dotato di un filtro, per poter utilizzare l’acqua piovana qualora si sporcasse quella dei fiumi vicini: la vasca doveva “essere di solide materie e ben cementata […], esposta ai raggi del sole cosicché l’acqua si scaldasse anticipatamente procurando risparmio di combustibile”. La scelta del sito e dell’orientamento erano fondamentali anche per un altro motivo, ossia la quantità di luce naturale che riusciva a servire l’edificio. Suggeriva il Turbini: “Trattandosi d’elevare dai fondamenti la fabbrica di una nuova Filanda ragguardevole, e quand’anche fosse necessario di farla capace di cento e più Fornelli, io sempre amerei di distenderla tutta in una medesima linea retta continuata dall’Oriente all’Occidente”. In questo modo, disponendo i lati lunghi in direzione

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Capitolo terzo

Est-Ovest, l’ambiente poteva essere sufficientemente illuminato in modo naturale per tutto l’arco della giornata. La presenza di luce naturale era fondamentale durante alcune fasi della lavorazione, in particolare, una grande quantità di luce era necessaria durante la fase della trattura, in modo da permettere alle operaie di poter lavorare agiatamente con i sottilissimi fili provenienti dai bachi. Osservando il caso della filanda di Pusiano si può notare che solo alcuni dei precetti fin qui elencati trovano un riscontro. Il fabbricato si trova, infatti, a pochi metri dalla riva del lago, il quale costituiva un’importante risorsa per l’approvvigionamento di acqua, utile al funzionamento dell’impianto. È anche possibile immaginare che in casi particolari, come quelli precedentemente descritti di acque sporche, in assenza di una vasca di raccolta, si potesse attingere dal pozzo, che in genere le residenze facoltose come palazzo Beauharnais possedevano. La collocazione dell’edificio nella stretta striscia di terra racchiusa tra il monte Cornizzolo a Nord e la riva del lago a Sud, otteneva, inoltre, un duplice risultato positivo: garantiva

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La filanda e le filande

protezione dai venti freddi provenienti da Nord, e permetteva di sfruttare la tipica ariosità dell’ambiente lacustre. In contrasto con quanto suggerito dal Turbini è invece l’orientamento del corpo di fabbrica, che nello specifico è disposto in direzione Nord-Sud. Come già affermato precedentemente, è possibile che questa scelta fosse stata dettata da ragioni di carattere compositivo, legate all’importante preesistenza del palazzo e dei giardini. Un criterio di fondamentale importanza per la scelta della localizzazione di un nuovo polo produttivo era la disponibilità di materie prime e risorse umane ed energetiche. Innanzitutto una filanda veniva collocata dove vi era grande disponibilità di bozzoli di buona qualità, per avere i quali era necessaria una certa salubrità dell’ambiente: la campagna pusianese, disseminata di gelsi e lontana da importanti centri cittadini era l’ideale. Altro fattore discriminante per la scelta localizzativa era la disponibilità di manodopera. Il manuale2 suggerisce di evitare centri cittadini troppo grandi, poiché al filandiere costerebbe di più mantenere in città i suoi lavoratori, dove gli alloggi avevano prezzi superiori. In egual modo bisognava evitare centri

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Capitolo terzo

troppo piccoli, dove non vi era manodopera locale sufficiente e quindi dove le maestranze erano costrette ad arrivare da lontano, penalizzando l’imprenditore con costi di trasporto eccessivi. Ancora una volta l’abitato di Pusiano rispondeva positivamente a queste esigenze: si trattava infatti, di un piccolo centro, che, assieme ai paesini limitrofi costituiva un bacino di manodopera sufficientemente ampio. La filanda doveva sorgere in un luogo in cui non vi era un’alta concentrazione di strutture produttive simili, e dove le maestranze erano scarsamente specializzate, in modo tale che si sarebbero accontentate di una retribuzione più moderata. Per far sì che i costi di trasporto, e di conseguenza quelli di produzione, rimanessero contenuti le filande erano costruite nelle vicinanze di importanti vie di trasporto. Si privilegiavano le zone raggiunte dalla rete ferroviaria, o in mancanza di queste si andava a collocare l’edificio sulle strade che collegavano i vicini centri cittadini, i quali rappresentavano i maggiori mercati. Nel caso di Pusiano le ferrovie erano assenti all’epoca di costruzione dell’edificio (lo scalo più prossimo sarebbe giunto

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La filanda e le filande

solo mezzo secolo dopo la costruzione della filanda Conti, nel vicino centro di Erba), la principale via di comunicazione era dunque la strada statale che collegava i capoluoghi delle provincie di Como e Lecco, la quale attraversava Pusiano, passando esattamente tra la filanda e la riva del lago.

Planimetria e gestione dell’impianto Nel testo del Turbini vengono suggerite alcune forme costruttive tipiche per la filanda, che permettono una buona distribuzione delle macchine al loro interno: “In molte forme si possono costruire le Filande; ma le figure meglio corrispondenti sarebbero: quella di un Portico solo continuato sempre in linea retta: oppure l’altra di un Portico inscritto in un quadrato a guisa di Chiostro. L’estensione della lunghezza de’ Portici dovrà farsi maggiore, o minore, secondo il numero de’ Fornelli, che vi si debbano collocare. I Portici nell’una, e nell’altra figura siano alti, e spaziosi. Si osservi di situare i Fornelli ad sufficiente distanza tra di loro, perchè vi rimanga il comodo per la conveniente distribuzione de’ Telaj; e stia anche in libertà il passaggio della Filatrici”.

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Capitolo terzo

Era consuetudine nella prima metà del XIX secolo erigere filande a pianta rettangolare con una struttura produttiva disposta su tre livelli. La manualistica dava informazioni circa l’utilizzo e la gestione dei vari livelli: il piano terreno avrebbe dovuto ospitare i locali per l’acquisto dei bozzoli, il forno per la loro essicazione, il motore della filanda (in genere una caldaia che produceva vapore) e le trasmissioni che generavano il movimento dei macchinari; al primo piano si sarebbe dovuto trovare il nucleo vero e proprio ossia il grande stanzone dove erano disposte le bacinelle e al secondo piano si sarebbe dovuta allestire la “gallettera”, lo spazio preposto alla conservazione dei bozzoli essiccati. La configurazione alternativa, che prevedeva lo sviluppo su un solo livello, fu molto diffusa in tutto l’arco del Settecento, abbandonata nei primi decenni dell’Ottocento, per essere successivamente ripresa, perché, come si vedrà, poteva risultare più efficiente. A tal proposito, in assenza di elementi che facciano pensare che la filanda di Pusiano avesse più di un livello all’epoca della costruzione, negli anni trenta dell’Ottocento, è interessante notare che essa avrebbe rappresentato un caso insolito

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La filanda e le filande

nel panorama industriale locale, in contrasto con la consuetudine costruttiva. La scelta costruttiva adottata dalla famiglia Conti era sicuramente una scelta consapevole, derivante dall’esperienza che questi avevano nel proprio settore. La costruzione su un solo piano consentiva, per esempio, uno sviluppo orizzontale delle trasmissioni che collegavano il motore alle macchine, certamente più efficiente rispetto alla distribuzione verticale, e una maggiore facilità negli spostamenti delle materie prime e dei prodotti. Qualsiasi fosse la configurazione adottata, il locale delle bacinelle necessitava di grandi aperture vetrate che avevano la duplice funzione di illuminare e ventilare l’ambiente. Non era raro trovare nelle facciate di questi locali due ordini di finestre, uno inferiore e uno superiore, caso descritto dal Turbini, “Nel muro di schiena della Filanda si faranno due finestre per ciaschedun Fornello: la prima verrà situata poco al di sopra del pavimento: l’altra a piombo di questa immediatamente sotto ai grondali del Tetto, o Copertume. La più bassa dovrà munirsi di Ferrata, e de’ suoi serramenti di legno interni; e quella in alto farà bene che abbia una Ribalta amovibile di legno esterna d’al-

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Capitolo terzo

zare, e ribassare col beneficio di una corda secondo i bisogni. Il primo ordine di finestre servirà ad illuminare gli Aspi, ed a lasciar libero il corso all’aria: e l’ordine delle finestre alte gioverà infinitamente per dar adito alle leggieri, ed umide esalazioni dell’acqua delle Caldaje, ed al fumo, che venisse cagionato, e tramandato per sinistro accidente dai fuochi de’ Fornelli”. Le aperture erano fondamentali anche per la conservazione dei bozzoli essiccati, i quali venivano generalmente disposti su castelli di graticci nella parte alta dell’edificio, dove doveva esserci una grande circolazione d’aria, poco sole, poca umidità, oltre che la possibilità di accedere per rivoltarli ed evitare che ammuffissero; l’aria che filtrava tra le tegole contribuiva a sua volta alla buona stagionatura dei bozzoli. La filanda Conti risponde perfettamente alle esigenze di ventilazione e illuminazione sopra descritte: presenta complessivamente ventidue serie di finestre su due ordini distribuite sui due lati lunghi e su uno di quelli corti. Nei manuali si sottolineava inoltre come attuare altre strategie costruttive per mantenere una buona condizione di pulizia dell’aria interna. Tale accortezza era necessaria poiché la seta è un materiale particolarmente delicato, la cui qualità è fa-

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La filanda e le filande

cilmente alterata da condizioni ambientali non ottimali, quali la presenza di umidità eccessiva, fumi, batteri. La ventilazione e la pulizia degli ambienti erano necessarie per evitare il diffondersi di malattie dei bachi e batteri che potessero intaccare sia i bozzoli sia il filato stesso. Dalle analisi compiute sui manuali emerge chiaramente che due sono i vincoli preposti alla progettazione prima e alla costruzione poi: la ventilazione e l’utilizzo di materiali “sani” ossia superfici facilmente lavabili e difficilmente intaccabili da muffe e batteri. In particolare, il soffitto dello stanzone dove si trovavano le bacinelle doveva essere di legno perché l’umidità e la “fumana” che si alzava dai fornelli avrebbe corroso la calce che sarebbe ricaduta nelle bacinelle stesse, qualora fosse stato fatto in muratura. Nello specifico la filanda di Pusiano presenta, oggi come allora, una copertura a capriate lignee con strato di tenuta esterno in coppi. Osservando una sezione orizzontale dell’edificio, si nota la presenza di tre vani nel corpo principale e un corpo secondario che si innesta sul lato nord. È certo che tale configurazione fosse stata adottata già dalla famiglia Conti, in quanto nei registri del Catasto Lombardo-Veneto (riportato in appendice,

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Pianta odierna

Ricostruzione della pianta ottocentesca


La filanda e le filande

regesto dei documenti), in una revisione generale datata 1890, al mappale 100 di Pusiano, era riportata una “filanda da seta di piani 1 e vani 3”. Si ipotizza che i due locali adiacenti il vano principale fossero adibiti alle fasi preliminari della trattura, ovvero l’essiccazione, la pulizia e la cernita dei bozzoli, e a deposito dei prodotti lavorati. Entrambi questi locali, raggiungibili dalla sala più grande attraverso un corridoio aperto nella parete Occidentale del vano, sono coperti da un solaio in muratura al di sopra del quale si trova un sottotetto nel quale è ipotizzabile che si trovasse la “gallettera”, l’ambiente destinato alla conservazione dei bozzoli. A tale ambiente si poteva accedere, con l’ausilio di una scala a pioli, solo attraverso un apertura nella parete, posta in quota sopra il varco che univa il corridoio e lo stanzone delle bacinelle. L’ipotesi fatta circa la funzione di questo ambiente potrebbe essere confutata proprio dalla struttura del solaio. Era, infatti, consuetudine che i solai delle “gallettere” fossero in realtà dei semplici impalcati di legno, sufficienti per reggere l’esiguo peso dei bozzoli posti a essiccare. L’appendice posta a Nord del vano principale, probabil-

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Capitolo terzo

mente, era la sede del motore della filanda e della caldaia. A questo punto, è necessario dire che la filanda di Pusiano era per certo alimentata attraverso l’energia del vapore. In una relazione dell’Ing. Luigi Bossi commissionata da Ferdinando e Pietro Conti nel 1868 si afferma espressamente che la filanda di Pusiano, come altre possedute dalla famiglia, non avesse un “meccanismo animato da acqua”. Anche in mancanza di questa fonte, sarebbe stato impensabile ipotizzare che la filanda potesse essere alimentata con energia idraulica: infatti nei territori circostanti, non vi sono torrenti con una portata d’acqua costante e sufficiente a muovere delle ruote idrauliche. L’ipotesi della presenza di una caldaia all’interno dell’appendice Nord trova conferma nelle foto storiche dell’abitato di Pusiano di inizio Novecento, nelle quali si nota chiaramente l’esistenza di un’alta ciminiera a ridosso di questo corpo. Era consuetudine, per questo genere di edifici, che il locale caldaie fosse leggermente staccato dagli ambienti principali, per via del forte rischio di esplosioni dei rudimentali macchinari. All’interno della documentazione reperita si nomina spesso la filanda Conti come “filanda da seta con 80 bacinelle”,

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Planimetria


Capitolo terzo

dato che dimostra l’importanza di questo centro produttivo: era infatti raro che le filande del lecchese arrivassero ad avere un numero di bacinelle così elevato. Dopo aver raccolto informazioni circa i macchinari più diffusi nelle filande da seta dell’epoca, si è potuto ipotizzare che le macchine utilizzate nella filanda pusianese dovessero essere simili a quella riportata in fotografia, ed esposta al “Museo della seta” di Garlate. Si tratta di una bacinella doppia a dieci capi, cioè in grado di lavorare dieci fili contemporaneamente; si componeva di due parti, un bancone lungo circa due metri e largo ottanta centimetri che ospitava le bacinelle e le scopine3 e un aspo a motore, di lunghezza pari a quella della macchina, sul quale si avvolgeva la matassa e posto a circa sessanta centimetri di distanza dal bancone delle bacinelle. Attorno a una macchina simile si concentrava, di norma, il lavoro di due operaie e due bambine. Lo schema tipico adottato nelle filande prevedeva che le bacinelle fossero disposte lungo due file parallele ai lati lunghi dell’edificio, separate da un ampio corridoio che rendesse agevole il passaggio delle operaie, dei controllori e delle merci.

72


La filanda e le filande

Se nella filanda Conti fosse stata seguita la disposizione tradizionale non sarebbe stato possibile inserire le 80 bacinelle , indicate nei documenti storici, all’interno dello stanzone lungo solo 22 metri. Questo consente di giungere a due ipotesi differenti, circa la gestione degli spazi interni: la prima è che fosse utilizzata una disposizione differente da quella canonica, organizzata su quattro file parallele ai lati lunghi dell’edificio, intervallate da corridoi più stretti; la seconda è che nel periodo di attività la filanda possedesse un unico grande stanzone, capace di contenere tutti i macchinari e che quindi, i tre vani indicati nei registri catastali non fossero i tre indicati in precedenza, ma comprendessero, oltre al vano unico, il locale caldaia e la tettoia sita a nord di quest’ultimo. Infine, è necessario evidenziare l’impossibilità, in entrambe queste configurazioni, di organizzare all’interno del corpo della filanda le altre attività necessarie al funzionamento di un’attività produttiva di questo tipo, tra cui gli uffici per la direzione e l’archivio dei libri dei registri, che probabilmente erano localizzati all’interno del vicino palazzo, residenza dei proprietari.

73


Capitolo terzo

Approfondimento: la produzione della seta La seta è un tessuto prodotto con la bava secreta dal baco da seta 1, la larva di una falena, un insetto a metamorfosi completa che si nutre delle foglie dell’albero di gelso. Il processo produttivo prevede l’allevamento fino al raggiungimento della cosiddetta quinta età 2, momento nel quale l’insetto produce il bozzolo trasformandosi in crisalide; questa viene uccisa attraverso il calore e dal suo bozzolo si ricava il filo, da cui si ottiene la matassa. Data la delicatezza del baco e della sua salute, l’allevamento è la fase più critica del processo produttivo. Le uova dell’insetto (dette semebachi) venivano conservate per tutto l’autunno, per poi essere messe in incubazione in primavera. Il passaggio fra questi due stati avveniva attraverso un aumento della temperatura, mantenuta fra i 12 e i 15 °C durante la conservazione ed aumentata ad almeno 18 °C durante l’incubazione, attraverso il posizionamento dei semebachi in sacchetti di lana che venivano portati dalle donne li portavano in seno per dieci-quindici giorni, oppure li posizionavano sotto le coperte 3. Alla nascita del baco (lungo appena tre millimetri), esso veniva posizionato su dei graticci, sui quali si appoggia1. La principale specie, allevata fino agli inizi del ‘900, è il Bombyx Mori. Molte altre specie, tuttavia, sono serigene (ossia secernono la bava da cui si ricava il filamento). 2. Si tratta, infatti, di un insetto a metamorfosi completa; attraversa gli stadi di uovo, larva, crisalide e farfalla. Le varie età del baco corrispondono alle mute che esso subisce nel corso del tempo; la quarta e ultima lo avvia alla quinta età. 74


La filanda e le filande

vano delle foglie di gelso ben asciutte; l’assenza di umidità e la disinfezione dei locali destinati all’allevamento costituivano fattori importanti per il mantenimento della precaria salute degli insetti 4. Crescendo, i bachi aumentano di dimensione ed acquisiscono sempre più appetito 5, esigendo cure e nutrimento 6 assidui, fino a che, raggiunta la quinta età, cominciano a secernere il filo e, dopo essersi arrampicati su di un ramo, costruiscono il bozzolo. Gli allevatori predisponevano dei rami sugli stessi graticci dove gli insetti venivano allevati e, una volta che i bozzoli erano stati prodotti, venivano raccolti e venduti, solitamente in giugno. Naturalmente, una parte di bozzoli veniva conservata; si attendevano la nascita delle farfalle, l’accoppiamento e la deposizione di uova, le quali si conservavano per l’anno successivo. All’interno del bozzolo si trova la crisalide, che, perché si possa filare la seta, deve essere uccisa; questa prima fase veniva chiamata stufatura 7. Seguiva poi la fase della cernita, nella quale si selezionavano i bozzoli con lo scopo di ottenere fili dello stesso diametro, quelli imperfetti venivano utilizzati per la produzione di una seta di scarto, di qualità molto modesta. 3. Per chi poteva permetterselo, esistevano anche delle specie di macchine incubatrici riscaldate tramite un lume. Un’ulteriore possibilità per effettuare la fase di incubazione consisteva nell’utilizzo di un apposito locale riscaldato. 4. Diverse sono le malattie che possono colpire il baco; fra quelle principali si annoverano l’atrofia parassitaria (causata da un parassita e trasmessa ereditariamente), la flaccidezza (determinata da un habitat sfavorevole), il giallume (che causa un ingiallimento della pelle del baco, la quale poi si stacca) e il calcino (che causa la 75


Capitolo terzo

Successivamente, i bozzoli venivano immersi in bacinelle di acqua calda 8 e scopinati allo scopo di pulirli e cercare il capofilo, il quale veniva legato all’aspo che, ruotando, creava la matassa: nel complesso, questa fase era denominata trattura. Seguiva, quindi, lo stracannaggio: dalla matassa il filo veniva trasferito ad un rocchetto mediante l’incannatoio. Immediatamente dopo il filo veniva raccolto su di un altro rocchetto mediante la stribbla: attraverso il passaggio per questa piccola fessura, si puliva il filo ulteriormente e se ne scioglievano i nodi. I rocchetti venivano quindi inseriti nel binatoio, una macchina che aveva lo scopo di unire i fili a due a due in modo da ottenere un filato più resistente. Infine, si effettuava la torcitura mediante un passaggio dal rocchetto all’aspo; per fare questo in modo più efficiente, si utilizzava un torcitoio, ossia una macchina, più o meno grande, che si sviluppava prevalentemente in altezza e che permetteva di torcere decine di rocchetti di filato contemporaneamente; in base al senso e alla quantità di torsioni per centimetro date al filo, è possibile ottenere diversi tipi di filato che si distinguono in base all’uso che ne viene fatto. Fondamentale per l’intera filiera produttiva è il ruolo calcificazione degli organi interni del baco, determinandone la morte). 5. Un baco può arrivare a mangiare una quantità di foglie triturate pari addirittura a venti volte il proprio peso. 6. Il baco si nutre esclusivamente di foglie di gelso; nelle prime età, le foglie venivano triturate con un apposito strumento. 7. Nel corso del Settecento e dell’Ottocento, il metodo più diffuso per stufare i 76


La filanda e le filande

dell’acqua, utilizzata direttamente per generare la forza motrice delle macchine o trasformata in vapore dalla caldaia: non è un caso che i trattatisti dell’epoca 9 suggerissero di ubicare la filanda in prossimità di fiumi e torrenti, dai quali l’acqua veniva prelevata direttamente. Nel corso della storia le macchine ed i metodi produttivi si sono evoluti puntando all’efficienza e all’aumento generale della qualità della produzione; per esempio, il riscaldamento delle bacinelle, usate nella fase della trattura, in un primo tempo, veniva effettuato tramite fornelli in muratura che dovevano essere controllati da un operaio (il fuochino); successivamente, con l’introduzione della caldaia a vapore, fu possibile controllare la temperatura di più bacinelle contemporaneamente. Un’altra evoluzione importante per l’efficienza della produzione fu il progressivo passaggio da macchine per la trattura completamente manuali a macchine semi-automatiche e, infine, automatiche; ad ogni evoluzione corrisponde anche un aumento del numero di aspi per ogni macchina. Con l’aumento dell’importanza dell’industria serica e la conseguente diffusione delle filande sul territorio, diversi sono i trattatisti che formalizzano norme e consigli sulla gelsobachi-

bozzoli era quello di infilarli nel forno dopo la cottura del pane. La morte della crisalide deve avvenire ad una temperatura non superiore agli 80 °C, onde evitare, allo sfarfallamento, la foratura del bozzolo e la conseguente rottura del filo. 8. Questa operazione aveva la funzione di ammorbidire il bozzolo scindendo per idrolisi la molecola della sericina, proteina responsabile della resistenza e dell’elasticità strutturale del bozzolo stesso. 77


Capitolo terzo

coltura, che nel corso del tempo hanno costruito il know-how degli imprenditori e degli artigiani tessili e che si possono sintetizzare come segue: i locali per l’allevamento devono essere ben areati e disinfettati; bisogna lasciare ad ogni baco lo spazio necessario per crescere spazio, in quanto più sono radi maggiore è la loro possibilità di aumentare le proprie dimensioni; durante le varie fasi dell’allevamento è bene mantenere la stessa temperatura ambientale; bisogna evitare di esporre i semebachi ed i bachi stessi all’umidità; non bisogna dimenticarsi di “cambiargli il letto” quando si ingrossano; le foglie somministrate al raggiungimento della quinta età devono essere intere; infine, è meglio cercare di creare un bosco di rami per far sì che l’insetto sia più a proprio agio nel momento in cui deve costruire il bozzolo.

9. Cfr. G. A. TURBINI, Economia per la filatura delle sete e descrizione di tutte le Fabbriche ad essa appartenenti per fino all’uscita delle stoffe lavorate, il quale sosteneva che “[...] la situazione più appropriata per collocarvi la Filanda, sarebbe quella di una spaziosa Pianura alquanto elevata; o quella di un gran Prato attorniato d’alberi, e circondato d’acque correnti: oppure quella di una Spiaggia d’alcun Lago, o lungo le Ripe di qualche Fiume.” (p. 20) 78




Capitolo Quarto Il declino nell’anonimato


Capitolo quarto

Quando, nel 1920, i signori Conti vendono la proprietà di Pusiano e cessano l’attività serica, probabilmente in seguito alla generale crisi del settore generata dallo scoppio della prima guerra mondiale, inizia per la filanda l’ultimo decennio della sua fase produttiva più importante. Nel 1931, infatti, entrano nel palazzo i religiosi rosminiani della “Provincia Italiana di San Maurizio dell’Istituto della Carità” che acquistano i beni dai fratelli Bensussan Nissim e Jaco per la somma di 200.000 Lire. All’interno del palazzo viene instaurato un seminario frequentato da ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia, mentre i locali della filanda vengono inizialmente ritenuti inutilizzabili ai fini dell’attività seminariale1. È possibile ipotizzare che proprio in questo periodo, durante la proprietà dei Rosminiani, sia avvenuto l’abbattimento della grande ciminiera posta nel piccolo cortile a nord della filanda. Non utilizzando il corpo della filanda, i padri della Provincia Italiana di San Maurizio, pensano di trarne un profitto affittandolo ai Colombo, famiglia di piccoli imprenditori, operante nel campo della tintoria e della stampa a quadro. I

1. Vedi documento numero 5 nel regesto. 2. Fonte orale, intervista a Pietro Rossini, abitante di Pusiano che aveva lavorato presso il seminario dei padri Rosminiani a partire dagli anni ’40 del Novecento. 82


Il declino nell’anonimato

locali della filanda si rivelarono certamente adatti all’attività svolta che necessitava di ampi spazi e di macchinari di grandi dimensioni. Si potrebbe indicare questo periodo, in cui la filanda diviene sede della stamperia dei Colombo, come il “secondo periodo produttivo” nella storia dell’edificio 2. Si tratta, tuttavia, di un tempo relativamente breve; a cavallo degli anni ’50 e ’60 del Novecento, infatti, la destinazione d’uso dell’edificio, per opera dello stesso Aspirantato Rosminiano, cambia nuovamente, e in un certo senso in maniera definitiva: quello che un tempo era il grande stanzone delle bacinelle diviene ora una palestra ad uso degli studenti del seminario. L’anno 1985 vede l’ultimo importante passaggio di proprietà, dei beni appartenenti al complesso di Palazzo Beauharnais. I religiosi rosminiani vendono l’intero edificio del palazzo con le relative pertinenze all’amministrazione del comune di Pusiano, per la complessiva somma di 840.000.000 di Lire. I locali del palazzo continuano in un certo senso ad essere dedicati all’attività didattica, quantomeno gli ambienti dell’ala Est e del corpo centrale, che vengono trasformati in aule per

83


Capitolo quarto

l’Istituto comprensivo A. Rosmini. L’ala Ovest rimarrà temporaneamente abbandonata, mentre il corpo della filanda continuerà ad essere una palestra ad uso delle attività didattiche della scuola comunale, nonché delle società sportive presenti nel paese. Durante tutti gli anni di proprietà del comune di Pusiano, le principali destinazioni d’uso dei locali rimarranno sostanzialmente le stesse, eccezion fatta per l’ala Ovest del palazzo che vedrà l’inserimento di una foresteria e di un centro studi in un primo momento, e degli uffici comunali in epoca più recente. Dal momento in cui il complesso del palazzo viene acquistato da parte del comune di Pusiano, il passato della filanda viene completamente dimenticato, tanto che oggi gli abitanti del paese e dei dintorni la conoscono solo come palestra comunale, ignari dell’antica importanza di questo centro produttivo della Brianza. In questo periodo lo stato di conservazione del corpo della ex-filanda è mediocre e va degradando fino all’ultimo decennio del Novecento, quando il comune avvia un progetto di restauro della copertura della palestra nel 1998. Altri interventi

84


Il declino nell’anonimato

di restauro e rifacimento sono stati fatti nel corso degli ultimi anni, in particolar modo si ricorda la realizzazione del corpo degli spogliatoi sul lato Nord, con progetto del 2003. Ad oggi non vi sono stati ulteriori interventi di recupero, ad ogni modo quelli realizzati in passato risultano essere molto discutibili. Questo si evince facilmente osservando alcune foto prima e dopo l’intervento del 1998: i pluviali sono stati inseriti in facciata rispettandone la scansione, ciò nonostante si tratta di un intervento invasivo che è andato a intaccare, rompendola, la continuità della fascia marcapiano. Osservando inoltre la facciata è evidente che molte parti di essa, quali le cornici, la fascia marcapiano e la finitura esterna al di sotto della stessa, necessitano di un intervento di restauro che consenta loro di svolgere appieno la funzione decorativa per cui erano state realizzate. Una situazione simile è riscontrabile anche all’interno, dove è evidente la mancanza di manutenzione: l’assenza di parti di intonaco, gli angoli rovinati e, per concludere, alcune bocchette degli impianti a vista. Dalle foto si può notare come una di queste bocchette sia stata posta sulla facciata principale, dove risultano mancanti

85


Capitolo quarto

anche i vetri di alcune finestre. L’ente pubblico responsabile di mancati interventi di manutenzione sul complesso si è reso nel tempo promotore di interventi edilizi in contrasto con i caratteri storici della filanda e del vicino palazzo. E’ importante a tal riguardo parlare della realizzazione di alcune appendici incoerenti tra cui in particolare l’antica tettoia che compare nei catasti storici e che è stata sostituita con una nuova costruzione, che ne conserva la pianta ma che, a differenza della precedente presenta una copertura curva, assolutamente incoerente con il resto del complesso. La Filanda Conti nata a fianco di un palazzo di notevole importanza è oggi dimenticata, non viene elencata negli edifici industriali storici lecchesi o comaschi, gli stessi esperti del settore non ne conoscono l’esistenza, e nemmeno nelle visite guidate al palazzo viene citata nonostante sia a pochi passi da quest’ultimo. Resta una sensazione, che oltre a essere stata ignorata, addirittura, magari per comodità, la sua esistenza sia stata seppellita dall’ente pubblico, per evidenti mancanze nella conservazione e discutibili interventi, al limite, forse, delle procedure legali.

86



Bibliografia Bianchi, L. Ferrario, R. Ferreri, M. Muolo, “Palazzo Beauharnais a Pusiano, Ipotesi di riqualificazione e riuso”, Volume I, Tesi di Laurea, Politecnico di Milano, relatori: Prof. F. Tartaglia, Prof. P. A. Rossi; A.A. 92/93 Bianchi, L. Ferrario, R. Ferreri, M. Muolo, “Palazzo Beauharnais a Pusiano, Ipotesi di riqualificazione e riuso”, Volume III, Tesi di Laurea, Politecnico di Milano, relatori: Prof. F. Tartaglia, Prof. P. A. Rossi; A.A. 92/93 Bianchi, L. Ferrario, R. Ferreri, M. Muolo, “Palazzo Beauharnais a Pusiano, Ipotesi di riqualificazione e riuso”, Volume IV, Tesi di Laurea, Politecnico di Milano, relatori: Prof. F. Tartaglia, Prof. P. A. Rossi; A.A. 92/93 P. A. Curti, “Il lago di Como e il pian d’Erba”, Gaetano Brigola Editore-Libraio (o Alessandro Dominioni editore), 1872 Cantù, “Guida pei monti della Brianza e per le terre circonvicine”, Santo Bravetta, 1837 B Cattaneo, “Archeologia industriale nel lecchese. Le filande”, Associazione Bovara - Lecco, 1982 G. A. Turbini, “Economia per la filatura delle sete e descrizione di tutte le Fabbriche ad essa appartenenti per fino all’uscita delle 88


Bibliografia

stoffe lavorate”, Brescia 1778 L. Bossi, I. Lomeni, A. Bellani, Prof. Malacarne, Prof. Majocchi, A. Bassi, F.lli Manetti, “Annali universali di Agricoltura, Industria ed Arti Economiche”, Società degli Annali Universali delle Scienze e dell’Industria, Milano 1833 G. Molteni, “Il giardino della «Santa Parola» - I segreti di Angela e Teresa Isacchi”, Como 2009 G. Gavazzi, “Isola dei cipressi e lago di Pusiano”, Caproncino 2014 A. Marieni, “Magia della seta in Brianza”, PAM 2001 G. Gavazzi, “Non solo seta. Storia della Famiglia Gavazzi”, Caproncino 2003

89



Appendici

A: Schede fotografiche

B: Schede cartografiche

C: Schede bibliografiche

D: Regesto dei documenti



Schede Fotografiche


02

Mappa dei punti di presa

11

03

01


20

18

17 08 09

19

07

13 14 16

06

15

12

05

04

10


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

01

Autore

Alessandro Tucci

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Centro di Pusiano con Palazzo Beauharnais e Filanda

Titolo

Vista generale del contesto

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/05/2014 - 16:46

Tecnica

Ripresa dall’alto (a volo d’uccello)

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 14 mm - f/4.6 - 1/526 sec - ISO 80

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

02

Autore

//

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Centro di Pusiano

Titolo

Vista dalla montagna del lago di Pusiano

Formato

Cartolina - 13 x 10 cm

Data/ora

//

Tecnica

Ripresa dall’alto

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi

Note

Non sono disponibili dati tecnici di scatto. La foto è stata digitalizzata dal formato cartaceo. In ogni caso è ragionevole pensare ad uno scatto con focale fra i 20 e i 35 mm e un diaframma molto chiuso.


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

03

Autore

//

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Vista dalla montagna del lago di Pusiano

Formato

Cartolina - 13 x 10 cm

Data/ora

//

Tecnica

Ripresa dall’alto

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi

Note

Non sono disponibili dati tecnici di scatto. La foto è stata digitalizzata dal formato cartaceo. In ogni caso è ragionevole pensare ad uno scatto con focale fra i 20 e i 35 mm e un diaframma molto chiuso.


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

04

Autore

//

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Vista dal lago di Pusiano

Formato

Cartolina 13 x 10 cm

Data/ora

//

Tecnica

Ripresa frontale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi

Note

Non sono disponibili dati tecnici di scatto. La foto è stata digitalizzata dal formato cartaceo. In ogni caso è ragionevole pensare ad uno scatto con focale fra i 20 e i 35 mm e un diaframma molto chiuso.


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

05

Autore

Alessandro Tucci

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetto sud con parte del Palazzo

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/05/2014 - 17:34

Tecnica

Ripresa di scorcio

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 6 mm - f/2.8 - 1/362 sec - ISO 80

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

06

Autore

Alessandro Tucci

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetto sud con vista del cancello e del Palazzo

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/05/2014 - 17:47

Tecnica

Ripresa frontale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 9 mm - f/3.6 - 1/212 sec - ISO 80

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

07

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetto sud con vista sul giardino

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 09:41

Tecnica

Ripresa prospettica centrale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/10 - 1/100 sec - ISO 100

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

08

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetto sud con vista sul giardino

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/14 - 10:16

Tecnica

Ripresa di scorcio dall’alto

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/11 - 1/125 sec - ISO 100

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

09

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Vista del giardino

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 10:16

Tecnica

Ripresa di scorcio dall’alto

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/10 - 1/100 sec - ISO 100

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

10

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Vista dell’ingresso sul fronte strada dal giardino

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 10:34

Tecnica

Ripresa frontale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/9 - 1/80 sec - ISO 100

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

11

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetti est e nord

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 09:53

Tecnica

Ripresa di scorcio

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/13 - 1/125 sec - ISO 100

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

12

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetto est con vista del lago

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 09:54

Tecnica

Ripresa di scorcio

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 32 mm - f/13 - 1/125 sec - ISO 100

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

13

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Vista interna della palestra

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 10:00

Tecnica

Ripresa prospettica centrale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/4.5 - 1/50 sec - ISO 100

Note

Sulla destra si trova il corpo di fabbrica a nord (che contiene gli spogliatoi della palestra), sulla sinistra le finestre del prospetto sud.


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

14

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Vista interna della palestra

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 10:03

Tecnica

Ripresa prospettica centrale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/5.6 - 1/80 sec - ISO 100

Note

Le finestre che si notano sulla destra sono quelle del prospetto sud, mentre quelle a sinistra sono quelle del prospetto est.


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

15

Autore

Alessandro Tucci

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Cancello di separazione fra il giardino e gli spazi sportivi

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

28/03/2012 - 18:22

Tecnica

Ripresa frontale di dettaglio

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 7 mm - f/3.2 - 1/49 sec - ISO 160

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

16

Autore

Alessandro Tucci

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetto sud: soletta del piano terra e piano interrato

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/05/2014 - 17:39

Tecnica

Ripresa frontale di dettaglio

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 6 mm - f/2.8 - 1/112 sec - ISO 80

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

17

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Prospetto ovest

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 10:13

Tecnica

Ripresa frontale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/8 - 1/60 sec - ISO 100

Note


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

18

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Ex Filanda Conti

Titolo

Parte di prospetto nord

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 10:18

Tecnica

Ripresa frontale

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/10 - 1/100 sec - ISO 100

Note

Vista da tettoia di recente edificazione.


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

19

Autore

Luca Borlenghi

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Scuola elementare

Titolo

//

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

17/04/2014 - 10:12

Tecnica

Ripresa di scorcio

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 18 mm - f/11 - 1/125 sec - ISO 100

Note

Si tratta del locale dove un tempo erano ubicate le stalle del Palazzo.


Appendice A


Schede fotografiche

Scheda n.

20

Autore

Alessandro Tucci

Luogo

Pusiano (CO)

Soggetto

Palazzo Carpani-Beauharnais

Titolo

Ala ovest, fronte strada

Formato

2:3 - 26 x 39 cm

Data/ora

23/03/2012 - 17:33

Tecnica

Ripresa di scorcio

Dati Tecnici

JPEG - 480 dpi - 6 mm - f/2.8 - 1/278 sec - ISO 80

Note



Schede Cartografiche


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

01

Titolo

Estratto dal catasto teresiano

Soggetto

Squadra de’ Mauri - Pusiano

Scala

//

Anno

1721

Fonte

Archivio di Stato di Como

Collocazione Originale in cartella n. 213 Microfilm in Cedar sezione cartografica n. E0220 Tecnica

Disegno a mano

Note

Non risulta alcuna indicazione della scala del disegno; tuttavia, si può ipotizzare che sia 1:2000 date le proporzioni simili alle mappe catastali seguenti.


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

02

Titolo

Estratto dal catasto teresiano

Soggetto

Squadra de’ Mauri - Pusiano

Scala

//

Anno

1721

Fonte

Archivio di Stato di Como

Collocazione Originale in cartella n. 213 Microfilm in Cedar sezione cartografica n. E0220 Tecnica

Disegno a mano

Note

Non risulta alcuna indicazione della scala del disegno; tuttavia, si può ipotizzare che sia 1:1000 date le proporzioni simili alle mappe catastali seguenti.


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

03

Titolo

Catasto lombardo-veneto

Soggetto

Pusiano

Scala

1:2000

Anno

1857

Fonte

Archivio di Stato di Como

Collocazione Originale in cartella n. 302 Microfilm in Cedar sezione cartografica n. E0620 Tecnica

Note

Disegno a china


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

04

Titolo

Catasto lombardo-veneto

Soggetto

Pusiano

Scala

1:1000

Anno

1857

Fonte

Archivio di Stato di Como

Collocazione Originale in cartella n. 302 Microfilm in Cedar sezione cartografica n. E0620 Tecnica

Note

Disegno a china


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

05

Titolo

Cessato catasto

Soggetto

Pusiano

Scala

1:2000

Anno

1898

Fonte

Archivio di Stato di Como

Collocazione Originale in cartella n. 302 Microfilm in Cedar sezione cartografica n. E0993 Tecnica

Note

Disegno a china


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

06

Titolo

Cessato catasto

Soggetto

Pusiano

Scala

1:2000

Anno

1898

Fonte

Archivio di Stato di Como

Collocazione Originale in cartella n. 302 Microfilm in Cedar sezione cartografica n. E0993 Tecnica

Note

Disegno a china


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

07

Titolo

Carta d’Italia : F. 32 2. N. O. : Erba : levata nel 1888

Soggetto

Erba e dintorni

Scala

1:25000

Anno

1888

Fonte

Tedoc

Collocazione C100.040 Tecnica

Disegno a china

Note

Fotocopia della carta originale prodotta dall’Istituto Geografico Militare.


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

08

Titolo

Estratto da mappe catastali

Soggetto

Pusiano

Scala

1:1000

Anno

1962

Fonte

Ufficio Tecnico Erariale

Collocazione Polo Catastale di Como Tecnica

Note

Disegno a china


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

09

Titolo

Estratto da mappa comunale

Soggetto

Pusiano

Scala

1:2000

Anno

1992

Fonte

Archivio Comunale di Pusiano

Collocazione Ufficio Tecnico Tecnica

Note

Disegno a china


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

10

Titolo

Carta Tecnica Regionale

Soggetto

Pusiano e dintorni

Scala

1:10000

Anno

2006-2012

Fonte

Infrastruttura per l’Informazione Territoriale della regione Lombardia

Collocazione Geoportale online Tecnica

Disegno a china e assistito dall’elaboratore

Note

La carta presenta una sovrapposizione di tecniche differenti poiché l’aggiornamento avviene su base comunale. Se si osserva la carta, si nota una linea grigia in basso sulla sinistra; tale linea separa le parti più recenti della carta dal resto.


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

11

Titolo

Catasto moderno

Soggetto

Pusiano

Scala

1:2000

Anno

2014

Fonte

Agenzia delle Entrate

Collocazione Ufficio provinciale di Como Tecnica

Note

Disegno assistito dall’elaboratore


Appendice B


Schede cartografiche

Scheda n.

12

Titolo

Catasto moderno

Soggetto

Pusiano

Scala

1:1000

Anno

2014

Fonte

Agenzia delle Entrate

Collocazione Ufficio provinciale di Como Tecnica

Note

Disegno assistito dall’elaboratore



Schede Bibliografiche


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

01

Autore

Adriana Bianchi, Laura Ferrario, Rosario Ferreri, Maurizio Muolo

Titolo

Palazzo Beauharnais a Pusiano, Ipotesi di riqualificazione e riuso

N. volumi

4

N. Pagine

1680

Ateneo

Politecnico di Milano

A. A.

1992-1993

C. d. L.

Architettura

Tipo Fonte

Secondaria - Tesi di Laurea

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

02

Autore

Pier Ambrogio Curti

Titolo

Il Lago Di Como E Il Pian D’erba

Editore

Gaetano Brigola Editore-Libraio

Luogo

Milano

Anno

1872

Tipo Fonte

Primaria

Riassunto

L’opera è una minuziosa ricostruzione, attraverso varie escursioni, dei luoghi, dei costumi e dei racconti dei paesi sul lago di Como e della Pian d’Erba, illustrati da 19 bellissime incisioni che illustrano alcuni celebri scorci di questo importante luogo turistico.

Citazioni

“ [Palazzo Beauharnais] da ultimo venne in mano delli signori Conti che vi aprirono una capace filanda ”

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

03

Autore

Ignazio Cant첫

Titolo

Guida pei monti della Brianza e per le terre circonvicine

Editore

Santo Bravetta

Luogo

Milano

Anno

1837

Tipo Fonte

Primaria

Riassunto

//

Citazioni

//

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

04

Autore

Barbara Cattaneo

Titolo

Archeologia industriale nel lecchese. Le filande

Editore

Associazione Bovara

Luogo

Lecco

Anno

1982

Tipo Fonte

Secondaria

Riassunto

//

Citazioni

//

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

05

Autore

Gasparo Antonio Turbini

Titolo

Economia per la filatura delle sete e descrizione di tutte le Fabbriche ad essa appartenenti per fino all’uscita delle stoffe lavorate

Editore

//

Luogo

Brescia

Anno

1778

Tipo Fonte

Primaria

Riassunto

//

Citazioni

//

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

06

Autore

L. Bossi, I. Lomeni, A. Bellani, Prof. Malacarne, Prof. Majocchi, A. Bassi, F.lli Manetti

Titolo

Annali universali di Agricoltura, Industria ed Arti Economiche

Editore

Società degli Annali Universali delle Scienze e dell’Industria

Luogo

Milano

Anno

1833

Tipo Fonte

Secondaria

Riassunto

Annali che raccolgono informazioni sulle attivitĂ economiche locali. Volume dedicato alla provincia di Como.

Citazioni

//

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

07

Autore

Giancarlo Molteni

Titolo

Il giardino della “Santa Parola” - I segreti di Angela e Teresa Isacchi

Editore

//

Luogo

Como

Anno

2009

Tipo Fonte

Secondaria

Riassunto

È la storia di due povere donne (Angela e Teresa Isacchi) dotate solo di esperienza di profonda miseria, che per anni “predicarono” in chiesa predicendo tra l’altro enormi sconvolgimenti storici, come il declino dell’impero Austro-Ungarico e la fine del potere temporale della Chiesa. Elle sostenevano di avere un contatto diretto e preferenziale con il Divino che esprimevano attraverso “parlate”, raccolte e trascritte dai loro devoti come “Santa Parola”.

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

08

Autore

Gerolamo Gavazzi

Titolo

Isola dei cipressi e lago di Pusiano

Editore

Caproncino

Luogo

Erba (CO)

Anno

2014

Tipo Fonte

Secondaria

Riassunto

//

Citazioni

//

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

09

Autore

Antonello Marieni

Titolo

Magia della seta in Brianza

Editore

PAM

Luogo

Erba (CO)

Anno

2001

Tipo Fonte

Secondaria

Riassunto

//

Citazioni

//

Note


Appendice C


Schede bibliografiche

Scheda n.

10

Autore

Gerolamo Gavazzi

Titolo

Non solo seta. Storia della Famiglia Gavazzi

Editore

Caproncino

Luogo

Erba (CO)

Anno

2003

Tipo Fonte

Primaria

Riassunto

Gavazzi: un nome e un destino, una famiglia che, dal XVI secolo, seguendo il prezioso filo della seta, cavalca cinquecento anni di storia economica brianzola e lombarda.

Note


A RC H E O LO G I A INDUSTRIALE

nel territorio lecchese... e oltre

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

nel territorio lecchese... e oltre

Appendice C

i segni del lavoro


Schede bibliografiche

Scheda n.

11

Autore

Auser Lecco

Titolo

Archeologia industriale nel territorio Lecchese...e oltre

Editore

//

Luogo

Lecco

Anno

2008

Tipo Fonte

Secondaria

Note



Regesto dei documenti



Documento n. 01

Data

21/10/1831

Archivio

Archivio di Stato di Milano

Fondo

Fondo notarile, Caimi, cartella 49957

Segnatura

//

Contenuto

Trasferimento della proprietà ai fratelli Conti Fermo e Luigi e a Sormani Francesco. La ditta Marietti dichiara infatti di aver agito nel nome e per conto dei Sigg. Sormani, Conti Fermo e Luigi, quest’ultimo subentrato ai Sigg. Muzzi e Nava. Viene dunque formalizzato l’accordo tra le ditte con trasferimento dell~intera partita, a mezzo scrittura privata del 15/04/1830 nella quale acquistavano in società anche Muzzi Antonio e Nava Giovanni e successiva cessione di quota di Nava e Muzzi a favore di Conti Luigi in data 19/07/1830. Al punto 7 si legge che la ditta Marietti Pietro e fratelli si riserva l’uso della ghiacciaia situata nel giardino del Palazzo.



Documento n. 02

Data

18/12/1868

Archivio

Archivio notarile di Milano

Fondo

Notaio G.Sormani rep. 2064/1787

Segnatura

//

Contenuto

I fratelli Ferdinando e Pietro pervengono ora alla divisione dei beni e incaricano l’ing. Bossi Luigi di redarre una stima delle loro sostanze. Le sostanze di loro proprietà vengono suddivise in lotti ed a Ferdinando, abitante in Pusiano, viene assegnato il lotto II comprendente proprio i beni di Pusiano.

Note



Documento n. 03

Data

1890

Archivio

Archivio di Stato di Como

Fondo

Polo catastale di Erba

Segnatura

//

Contenuto

Voltura catastale in cui si aggiorna la rendita del lotto numero 7 nel comune di Pusiano, nel quale compare anche una “filanda da seta�.

Note



Documento n. 04

Data

08/05/1931

Archivio

Archivio notarile di Milano

Fondo

Notaio Colleoni-Desio rep. 4908/6252

Segnatura

//

Contenuto

Con questo atto entrano nel palazzo i religiosi Rosminiani. In societĂ con Bardelli Don Giuseppe, religioso rosminiano, acquistano anche Gaddo Don Giovanni e Pusnieri Don Giovanni. Una clausola del contratto di compravendita prevede che gli acquirenti adempiano a tutte le disposizioni di legge affinchĂŠ i fabbricati distinti ai mappali 7 sub.l e 94 ottengano il regolare riconoscimento di Monumento Nazionale.

Note



Documento n. 05

Data

05/10/1959

Archivio

Archivio di Stato di Milano

Fondo

Notaio Ortini rep. 21874/2157

Segnatura

//

Contenuto

Viene effettuata una relazione di stima dei beni appartenenti ai padri rosminiani, fra i quali figura la filanda, come si evince dal seguente estratto: “il mappale n. 100 catasto urbano è un fabbricato ad uso industriale, ex filanda, con annessi locali minori. Il salone della filanda copre circa 400 metri quadrati; i locali minori circa 200mq. Muratura in pietrame, pavimenti in gettata di calcestruzzo grezzo, tetti con strutture in legno, soffitto del salone in arelle, finiture rustiche. Attualmente inutilizzato”. Nel documento si parla anche di una Pusiano rustica, abitata da un centinaio di anime e deficitaria di “esercizi pubblici, rivendite, artigianato”, cioè di tutti gli elementi necessari alla vita di qualsiasi nucleo residenziale.



Documento n. 06

Data

09/12/1985

Archivio

Archivio comunale di Pusiano

Fondo

Ufficio tecnico

Segnatura

//

Contenuto

Contratto di compravendita tra l’Amminstrazione Comunale di Pusiano ed i rappresentanti della “Provincia Italiana di S.Maurizio dell’Istituto della Carità - Rosminiani” con sede a Torino.

Note



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