Università Iuav di Venezia FACOLTÀ DI DESIGN E ARTI Corso di Laurea Specialistica in
Comunicazioni Visive e Multimediali - clasVEM
Tesi di laurea
sessione invernale a.a. 2008-2009
la mia città un progetto di comunicazione rivolto al mondo dell’infanzia
studente: Luca Boscardin 264917
relatrice: prof.ssa Cornelia Lauf
la mia cittĂ
un progetto di comunicazione rivolto al mondo dell’infanzia
Università Iuav di Venezia FACOLTÀ DI DESIGN E ARTI Corso di Laurea Specialistica in
Comunicazioni Visive e Multimediali - clasVEM
Tesi di laurea
sessione invernale a.a. 2008-2009
la mia città
un progetto di comunicazione rivolto al mondo dell’infanzia
studente: Luca Boscardin 264917
relatrice: prof.ssa Cornelia Lauf
Indice
Introduzione...........................................................................8 Una comunicazione per bambini.........................................10 GIOCATTOLO, EVOLUZIONE E PEDAGOGIA.................13 La moda del gioco...............................................................14 Pedagogia per giocare........................................................16 Costruire la creatività...........................................................20 Giocando si imapara............................................................21 TESTI, COLORI, ILLUSTRAZIONI: LA GRAFICA PER BAMBINI..............................................27 Filastrocche, brevi storie, indovinelli e illustrazioni..............28 Il libro per bambini nell’era informatica................................30 Pagine per creare fantasia..................................................32 Bruno Munari e la legge della creatività..............................35 LA MIA CITTA’, UN PROGETTO DI COMUNICAZIONE RIVOLTO AI BAMBINI........................................................39 Il metodo di ritornare bambino.............................................40 Il giocattolo: un’operazione grafica......................................42 Simboli per comporre una città............................................46 Il grattacielo La caserma dei pompieri L’ospedale La stazione dei treni e la fabbrica La chiesa L’hotel e il complesso residenziale Il progetto grafico.................................................................48 La città in una scatola..........................................................50 Conclusione.........................................................................54 Indice analitico.....................................................................57 Bibliografia...........................................................................62 Sitografia..............................................................................63
“Giocare è una cosa seria” 1. Questa tesi è un progetto di comunicazione rivolto ai bambini. E’ composto di più elementi grafici, che utilizzano il linguaggio usato dai bambini stessi: c’è il packaging caratterizzato da un azzurro semplice e famigliare, un libretto-gioco da sfogliare e inventare continuamente, un manifesto per colorare le pareti ed una serie di carte stampate, che da un lato mostrano i vari pezzi del gioco, dall’altro un tessuto urbano scomposto per costruire e giocare. E poi c’è il gioco: un pezzo d’alluminio trasformato attraverso i colori e qualche semplice soluzione grafica e formale in un giocattolo, e nello specifico in un palazzo, una chiesa, una caserma dei pompieri, ecc. E’ un piccolo mondo, un sistema, racchiuso in una scatola che ha l’obbiettivo di attirare e colpire l’interesse dei più piccoli.
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Munari (1981, p. 9).
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Introduzione Questo progetto si sviluppa attraverso lo studio e l’interazione tra più discipline: la comunicazione visiva, il design e l’architettura. La comunicazione visiva, applicata sia tridimensionalmente, al giocattolo, sia bidimensionalmente, sulla carta, unisce tutte le varie parti del progetto e crea una vera e propria immagine coordinata per bambini. Per fare ciò si avvale dei mezzi e del linguaggio usato dai bambini stessi, attraverso un largo uso di colori e di illustrazioni, ed entrando così nella logica visiva e negli interessi dei più piccoli. Partendo dall’osservazione delle dinamiche percettive e delle rappresentazioni dei bambini, sono nati questi palazzi, caratterizzati tutti da una grande semplicità grafica, ma allo stesso tempo da una chiarezza formale che potremmo definire universale. I bambini infatti, pensano e disegnano gli oggetti attraverso dei modelli mentali, e così nel gioco “La mia città”, i palazzi diventano simboli per forma, ma soprattutto per colore, di una composizione urbana. Nelle illustrazioni i tratti di contorno sono stati semplificati il più possibile ma la forma è stata pensata in modo da rimandare chiaramente l’edificio ad una precisa funzione. Il colore dei palazzi è unitario e di forte impatto visivo, perché non presenta sfumature e accostamenti, e contribuisce a rafforzare la funzione di ogni singolo pezzo.
I disegni, articolati nei vari supporti grafici, diventano il punto di partenza per lo sviluppo di quelle capacità che attraverso studi pedagogici, sono state ritenute fondamentali per l’apprendimento e la crescita del bambino. Il libretto stimola continuamente il bambino all’invenzione e rielaborazione di storie e scenari diversi e le carte vogliono essere lo sfondo componibile di un insieme di unità, inizialmente distinte, ma che vengono poi spinte a dialogare tra loro e con altri elementi di gioco. L’ oggetto-giocattolo, seguendo le stesse linee formali delle illustrazioni, si ricava da tubolari d’alluminio, attraverso un’operazione di design di rielaborazione e riprogettazione grafica di oggetti preesistenti. Questa azione di trasformazione riprende un principio creativo proprio dei bambini, che non considerano gli oggetti solo per quello che sono, ma anche per quello che possono diventare. In questo caso, un cambio di funzione, trasforma l’oggetto in giocattolo. La progettazione e la costruzione del giocattolo si fonda sui principi di modularità: giocando con il modulo scelto, di forma quadrata, dimezzandolo e raddoppiandolo, il pezzo d’alluminio assume sempre formati ed aspetti diversi, per creare così tutta una serie di elementi diversificati. La scelta del materiale, è stata pensata attentamente, sia in relazione alla funzione dell’oggetto, ossia un prodotto per bambini, e riprendendo in questo la generazione pre-plastica, sia nell’intento di creare un prodotto riciclabile al cento per cento. Proprio come una vera architettura, questi palazzi giocattolo durano nel tempo, senza mai rompersi, sfruttando le proprietà dell’alluminio, materiale forte ed adatto ai giochi per bambini. Antoine de Saint-Exupéry 2 descrive noi adulti come persone materialiste, prese da cose pratiche e tangibili, lavoro e razionalità. Racconta come non abbiamo più il tempo per pensare, per guardare le cose da più punti di vista, di come siamo tutti legati al reale e limitati da mille condizionamenti, dimenticato la fantasia ed anche la creatività e, ovviamente, quanto sia bello giocare. Ma soprattutto abbiamo dimenticato una cosa molto importante e cioè che il gioco non è solo divertimento, ma il mezzo che ci fa conoscere il mondo, noi stessi e le nostre capacità. Nel vocabolario 3, sotto la voce giocattolo, troviamo la seguente definizione: balocco, divertimento per bambini. Sicuramente riduttiva come definizione, “balocco”, basta pensare all’enorme quantità e diversità di giochi e giocattoli oggi in produzione, ed anche “divertimento per bambini” non spiega bene il valore che il gioco ha nella vita e nella crescita di un bambino; è un bisogno, una necessità. Come sosteneva Jean Piaget 4, il gioco è lo strumento di crescita per il bambino; attraverso il gioco e la comunicazione visiva, il bimbo conosce se stesso e nutre la sua immaginazione creativa, l’apprendimento, l’esplorazione, ed impara a conoscere il mondo che lo circonda. Il giocattolo e la comunicazione visiva sono per i bambini gli strumenti del progresso, la strada obbligata verso l’evoluzione e la conoscenza del mondo.
2 Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry (1900-1944), scrittore e aviatore francese. Autore de Il piccolo principe, pubblicato la prima volta nel 1943 in America. 3 www.sapere.it, De Agostini Scuola. 4 Jean Piaget (1896-1980) è stato uno
psicologo e pedagogista svizzero. È considerato il fondatore dell’epistemologia genetica, ovvero dello studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo.
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Una comunicazione per bambini
Progettare una comunicazione per bambini è compito difficile e di grande responsabilità. Il designer si trova a confronto con una categoria a cui non appartiene, di cui spesso non comprende le esigenze e la logica. In realtà non è che non ne conosca gli strumenti, ma gli risulta molto più semplice utilizzarli per rivolgersi al mondo degli adulti. Infatti, espedienti grafici legati al mondo dell’infanzia sono largamente usati nella comunicazione pubblicitaria di moltissimi prodotti, ma hanno il solo fine di attirare il cliente adulto attraverso il canale del sorriso. Così le illustrazioni, il colore, e la fantasia del gioco, in questi casi, non sono altro che regole di mercato ed espedienti di vendita. Questo ruolo giocoso dei prodotti, non investe solo il campo della comunicazione visiva, ma ha una forte presenza anche nel mercato del design industriale. Pensiamo, infatti, a tutti quei progetti che sono accomunati dall’utilizzo di logiche insolite rispetto alla produzione comune e l’effetto giocoso è ricavato attraverso l’utilizzo di forme particolari, l’accostamento di colori accesi, la tipologia dei materiali utilizzati, che spesso nascondono un effetto sorpresa. Progetti di design, cha hanno trovato la loro forza nel carattere giocoso della loro forma o della loro funzione, e che hanno dato il via ad una ricerca tipologica e formale fondata sul concetto di ironia. Questa tendenza del design, si è sempre ben affermata sul mercato, tanto da costituire tutt’oggi un sempre vivace campo d’interesse e caratterizzare il lavoro di interi studi.
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Questo ruolo giocoso dei prodotti, non investe solo il campo della comunicazione visiva, ma ha una forte presenza anche nel mercato del design industriale.
Perché ci si occupa così poco, o proprio per niente, della progettazione di giocattoli e materiale per i più piccoli che sia davvero frutto di un’attenta progettazione?
Colpire la mente di un bambino invece è sfida molto più ardua. Qui si deve fare un passo indietro, o meglio in avanti, lasciando da parte il nostro manuale del buon designer grafico, con tutte le belle regole di psicologia visiva riferite al mondo degli adulti, e cercare di entrare negli interessi e nella logica visiva dei bambini, per farsi capire con i mezzi da loro stessi usati. E così le immagini, i colori, le forme, si dovranno avvicinare di più al loro immaginario, così da colpire direttamente la loro fantasia, e dovranno essere divertenti, curiose, ed allo stesso tempo essere anche istruttive. La domanda a questo punto sorge spontanea: perché gli adulti, ma in questo caso i designer, non dedicano più attenzione nei confronti dei bambini? Perché ci si occupa così poco, o proprio per niente, della progettazione di giocattoli e materiale per i più piccoli che sia davvero frutto di un’attenta progettazione? E come si può fare a convertire tutti questi espedienti giocosi, i colori, le forme, i materiali, dalla progettazione destinata agli adulti ai prodotti rivolti ai bambini? La scelta di questo progetto di tesi è dettata dall’importanza e dalla serietà del tema trattato. Si è cercato di studiare a fondo e capire, il lavoro di chi ha sperimentato nuove prospettive in questo campo e ha indirizzato la propria vena progettuale verso il mondo dell’infanzia e dell’educazione al gioco e alla creatività. Seguendo l’insegnamento e la linea creativa di questi designer, è nata l’idea di questo progetto, che non arriverà ad essere la risposta a tutte le domande qui poste, ma ha l’intenzione di inserirsi in quella scia di lavori, che cercano di portare la progettazione per bambini, al giusto livello di importanza.
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GIOCATTOLO, EVOLUZIONE E PEDAGOGIA
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La moda del gioco
Oggi, i nostri mercati, i nostri negozi, i nostri centri commerciali, sono pieni di una miriade di giocattoli, giocattoli stupidi, usa e getta, che seguono le mode. Ci sono macchinine di quel determinato cartone animato, gli eroi dei fumetti più in voga, mostri che continuano a cambiare di mese in mese, e così robot, armi, aerei, maschere, bambole. Tutti giocattoli che fanno la felicità del bambino per poco tempo e poi vengono abbandonati, incapaci di trasmettere emozioni al piccolo. Questi giocattoli odierni, nella stragrande maggioranza dei casi, sono prodotti finiti e monofunzionali, e obbligano il bambino ad usarli in un unico senso. Il giocattolo perde la sua funzione di stimolatore della fantasia, di portatore d’esperienze e conoscenze, spesso isola, e non si plasma a seconda della situazione, ma obbliga un preciso gioco: quello deciso dagli adulti. Quante volte, di fronte ad un gioco super moderno, complesso, dalle mille luci e dai colori sgargianti, troviamo il bambino eccitato che maneggia un rotolo finito di carta igienica, lo fa rotolare, lo usa come cannocchiale, ed il gioco super moderno, che tanto piaceva ai genitori, rimane abbandonato, troppo “finito” per comunicare emozioni al bambino.
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Il gioco tradizionale è monofunzionale, il bambino è obbligato ad usarlo solo in un senso. Una barbie resta una barbie, e così i mostri,.. Spesso il bimbo preferisce a questi, prodotti dell’industria non disegnati da nessuno, che egli può trasformare in qualcos’altro, attribuisce un nuovo significato a questi, giochi o non giochi che siano, e nelle sue mani riescono a diventare strumenti per la simulazione di situazioni fantastiche, oppure imitative della realtà adulta, di cui è spesso fatto il loro gioco.
Mettiamo oggi un bambino su di un cavallo a dondolo. Ci starà tre secondi e poi scenderà. Una volta salirci significava tramutarsi in Napoleone, il gioco permetteva di evadere dalla realtà quotidiana. Adesso, quando un bambino a cinque anni va a lezione di inglese e di judò, che tempo può avere per giocare? Il giocattolo ha perso dunque la sua funzione, non c’è più quel rapporto intenso con il bambino, che preferisce concertare coi genitori il week end in macchina.
Complici di questo effetto sono la plastica prima, e la televisione poi. Il 1959 è una data storica nel mondo del giocattolo: appaiano, infatti, sul mercato le prime materie plastiche. Questo decreta una svolta epocale: da bene di lusso il giocattolo diventa un prodotto di larghissimo consumo, e va a sostituire i vecchi giochi in metallo. La televisione dall’altra parte, passatempo sempre più diffuso tra i giovanissimi, è colpevole di offrire continuamente sterili storie che azzerano la capacità creativa dei bambini, e reclamizza una quantità enorme di giocattoli inutili, personaggi delle serie televisive e dei cartoni animati. Tutti prodotti monofunzionali, improduttivi, usa e getta, che divengono essenziali per il bambino, nel suo confronto con gli altri, ma che non servono a stimolare una vera crescita in lui. Si va così a creare ciò che è chiamano effetto “gregge” 5: la televisione mi mostra quel gioco o il mio compagno ha quel giocattolo e quindi lo voglio anch’io. Enzo Mari sostiene: “il gioco tradizionale è monofunzionale, il bambino è obbligato ad usarlo solo in un senso. Una barbie resta una barbie, e così i mostri,.. Spesso il bimbo preferisce a questi prodotti dell’industria non disegnati da nessuno, che egli può trasformare in qualcos’altro, attribuisce un nuovo significato a questi, giochi o non giochi che siano, e nelle sue mani riescono a diventare strumenti per la simulazione di situazioni fantastiche, oppure imitative della realtà adulta, di cui è spesso fatto il loro gioco” 6. Tutti prodotti che bene rispecchiano la società in cui viviamo, perchè i giocattoli sono fenomeno di costume, sono moda. La società in cui viviamo, è spesso legata solo a dinamiche commerciali e di consumo che derivano sempre di più dal confronto con gli altri e con i media. Le nostre città sono luoghi commerciali, di chi produce, di chi si muove con l’automobile, sono i luoghi del profitto, della settorializzazione degli spazi, di chi mai si ferma. Sono luoghi avversi per i bambini d’oggi, che in questi centri urbani così pianificati e funzionali, stentano a trovare spazi per il gioco, per l’esplorazione, per le avventure. Assistiamo così a generazioni di bambini assorbiti totalmente da queste dinamiche di consumo, che faticano, tante volte, anche a riconoscere un giocattolo come oggetto di svago, perché non sono più capaci di lasciarsi trasportare dalla fantasia creativa. “Mettiamo oggi un bambino su di un cavallo a dondolo. Ci starà tre secondi e poi scenderà. Una volta salirci significava tramutarsi in Napoleone, il gioco permetteva di evadere dalla realtà quotidiana. Adesso, quando un bambino a cinque anni va a lezione di inglese e di judò, che tempo può avere per giocare? Il giocattolo ha perso dunque la sua funzione, non c’è più quel rapporto intenso con il bambino, che preferisce concertare coi genitori il week end in macchina”. 7
5 La frase “comportamento del gregge” ha acquisito una certa popolarità nell’ambito della psicologia popolare, dove l’idea di un istinto del gregge viene offerta come spiegazione di fenomeni come le follie collettive, dove grandi numeri di persone
agiscono allo steso modo nello stesso momento. Tali persone vengono talvolta etichettate con il termine dispregiativo di “pecoroni”. 6 Mari (1999, p. 55). 7 Tibaldeo (2003, p. 147).
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Pedagogia per giocare
Queste critiche ad ogni modo non possono essere estese a tutti i prodotti. Già fra il XIX e il XX secolo, quando le scienze pedagogiche influenzarono il mondo del giocattolo, molti di questi prodotti furono ben studiati e capaci di assolvere il loro compito di educatori. Nel Bauhaus 8, i giocattoli progettati, avevano come prerogativa quella di stimolare l’immaginazione del bambino, di guidarli a fare, a porsi domande, proprio come dovrebbe fare un buon progettista ai nostri giorni: accendere l’entusiasmo, la curiosità e il desiderio di esplorare, anche campi apparentemente non interessanti. Per far ciò, il giocattolo, il più delle volte, non dovrebbe essere completo o finito, ma lasciarsi plasmare dal giocatore, essere capace di cambiare a seconda delle necessità e delle voglie del bambino. Dovrebbe completarsi con la fantasia, ed ogni volta in modo differente. E’ così che un bastone diventa un cavallo, tanto quanto una sedia, o un cavallo a dondolo, in quanto il gioco non sta nell’oggetto, ma nell’azione, nel cavalcare, nel correre. Non esistono giocattoli più o meno interessanti, ma lo diventano in base all’uso che ne viene fatto, e non esistono giocattoli per definizione, ma lo diventano quando soddisfano i bisogni dei bambini. Si è giunti alla conclusione, dopo numerose ricerche, che la stimolazione del bambino avviene facendo pressione su canali precisi. L’accostamento di colori forti, il suono e le diverse sensazioni tattili e materiche, sono alcuni stimoli che colpiscono l’attenzione del bambino, spingendolo alla loro esplorazione e quindi ad acquisirne la conoscenza. E’ questa la strada che hanno seguito gli inventori di giocattoli unici nel loro genere, che seppur prodotti in tempi passati, rivestono tutt’oggi un elemento di confronto e di forte attualità in questo campo di ricerca.
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Non esistono giocattoli più o meno interessanti, ma lo diventano in base all’uso che ne viene fatto, e non esistono giocattoli per definizione, ma lo diventano quando soddisfano i bisogni dei bambini.
Fra i primi giocattoli influenzati dalle scienze pedagogiche troviamo certamente i cubi di Froebel. Friedrich Froebel è stato un pedagogista svizzero vissuto tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800. Sosteneva l’efficacia del gioco come metodo d’apprendimento e di sviluppo per i più piccoli, attraverso una serie di giocattoli preordinati che lui definiva doni (dati al bambino in un ordine ben preciso). Tra questi la palla, il cubo, il cilindro, altri cubi composti di cubetti più piccoli, altri formati da mattoncini, e ancora prismi o figure piane, differenti non solo nelle forme, ma anche nei colori e nei materiali. Tutti questi elementi sono adatti a far conoscere la geometria, i numeri, e si prestano ad un’infinità di giochi e di esercizi di costruzione. E in più, questi giocattoli, sono in grado di dare al bambino l’intuizione degli aspetti quantitativi e qualitativi della realtà che lo circonda. Noto è, infatti, il carattere del giocattolo di essere parodia e miniatura del mondo degli adulti in cui i bambini si preparano ad entrare. Questo aspetto fu preso largamente in considerazione da Frank Hornby 9, quando nel 1901 creò Meccano. Questo giocattolo non era soltanto un divertente e educativo passatempo, ma bensì una riproduzione in piccolo del pensiero costruttivo e progettuale che aveva iniziato a cambiare il volto del mondo stesso. Quindici barrette di metallo forate da assemblare con dadi e bulloni per creare strutture complesse e dinamiche, non più giochi di costruzione affidati alla statica di cubetti di legno per costruire timpani e colonne. In seguito sono stati poi introdotti anche altri componenti, quali cavi, ruote, argani e altri dettagli costruttivi, con un sapiente uso dei colori primari per differenziare maggiormente i vari pezzi.
8 Bauhaus fu una scuola d’arte e architettura tedesca che operò prima a Weimar, tra il 1919 e il 1925, poi a Dessau, dal 1925 al 1932, ed infine a Berlino, dal 1932 al 1933. Erede delle avanguardie anteguerra, fu punto di riferimento per tutto il movimento d’innovazione nel campo del design e dell’architettura, con
insegnanti di primo piano della cultura europea. L’esperienza della scuola influisce tutt’oggi sull’insegnamento artistico e tecnico. 9 Frank Hornby (1863-1936) è stato un inventore, imprenditore e politico britannico. 17
Ma così come Meccano aveva superato i vecchi giochi di costruzione, composti di cubetti in legno, così i nuovi giocattoli Lego riuscirono a superare quell’estetica metallica. Nel 1932, in Danimarca, Ole Kirk Christiansen10 costituì un’officina per la costruzione di giocattoli di legno che battezzò Lego, contrazione delle parole danesi Leg godt, gioca bene. Subito dopo la fine della guerra, l’officina si avvicina alle materie plastiche cambiando definitivamente il destino della piccola azienda. Dopo una prima serie di elementi componibili, gli Automatic Binding Bricks del 1949, Ole, figlio di Christiansen, perfeziona e mette a punto la versione definitiva del nuovo sistema di mattoncini nel 1958. Questo nuovo mattoncino presentava piccole protuberanze cilindriche sulla facciata superiore e incavi circolari su quella inferiore, in modo da permettere un legame solido tra i vari elementi. Così nacque Lego, un giocattolo dalle infinite possibilità. Al linguaggio del Meccano, fatto di visibili connessioni e snodi esibiti, i mattoncini Lego sostituiscono una forma continua, dove a prevalere sono i colori delle lucide superfici. Blu, giallo, rosso, bianco, nero e persino di grigio si colorarono questi mattoncini, ma curioso fu il caso del colore verde. La Lego rifiutò per molto tempo di produrre mattoncini di questo colore, preoccupata del fatto che potessero essere utilizzati per produrre mezzi militari accostando ai Lego l’immagine della guerra. Tendenza che poi fu modificata, anche per l’introduzione di linee di personaggi armati come pirati, cavalieri e indiani e cowboys. Oggi il catalogo Lego propone un’infinità di pezzi e di tipologie, adatte alle diverse età del bambino: i Primo 11, mattoncini con spigoli arrotondati per i più piccoli, i Duplo 12, prodotti per bambini in età prescolare, i Technic 13, con un funzionamento simile al Meccano.
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Tutte queste tipologie rispondono comunque all’esigenza primaria di sviluppo della fantasia nel bambino, di permettergli di elaborare forme, le più svariate, di accostare i colori liberamente, di modificare i prodotti prima finiti, in un continuo processo di evoluzione e stimolazione creativa. Molte sono state anche le riproduzioni, vendute a prezzi inferiori dei Lego, quali i Coko 14, i Tyco Toy 15, i Mega Bloks 16.
10 Ole Kirk Christiansen (1891-1958) fu il 13° figlio di una povera famiglia di agricoltori nell’ovest della Danimarca. 11 Prodotti nel 1995. 12 Prodotti nel 1983. 13 Prodotti nel 1977. 14 Giocattoli di costruzione prodotti dalla compagnia cinese Tianjian COKO Toy Company negli anni novanta.
15 Giocattoli di costruzione prodotti dalla compagnia americana Manta negli anni cinquanta; assorbiti poi da Mattel nel 1997. 16 Giocattoli di costruzione prodotti a partire dal 1985 dalla compagnia canadese Mega Bloks Incorporated, fondata da Victor Bertrand. Dal 2006 la compagnia ha cambiato il nome in Mega Brands Inc.
Costruire la creatività
Sul modello del mattoncino Lego e del Meccano, e sulle forme geometriche, sono stati costruiti, e tuttora si costruiscono, un’infinità di giocattoli che cercano di riprodurre, la sapiente ricerca educativa dei famosi giocattoli danesi. Kapla 17 ne è un primo esempio. Inventate dall’olandese Tom van der Bruggen, Kapla è un insieme di tavolette unimodulari, tutte di dodici centimetri, di legno di pino marittimo, finemente squadrate e ideali per qualsiasi costruzione, senza l’aiuto di alcun fissaggio. Un’altra tipologia di giochi di costruzioni è prodotta dal marchio Clipo 18. Questi pezzi sono interamente coperti da speciali incastri a pettine, e quindi facili da unire anche per i più piccoli, inoltre, grazie alle diverse forme e colori, aiutano la percezione sensoriale e la coordinazione mani-occhi. Prerogative che vengono utilizzate anche dall’azienda Clics 19. Questo marchio produce una serie di elementi, tutti di colori diversi, assemblabili tra loro con un particolare tipo d’incastro, che permette il movimento tra le parti, con il risultato di creare sorprendenti strutture mobili. Ancora differente è Geomag 20, un gioco di costruzioni fatto di piccole stanghette magnetizzate e sfere d’acciaio. Dalla combinazione di questi due elementi nascono costruzioni di ogni tipo, da semplici trottole a complessi modelli architettonici. Il gioco fa scoprire le magie del magnetismo, affascinando adulti e bambini, anche se di certo non è adatto ai più piccoli, per le dimensioni dei pezzi. Infine, l’azienda Teifoc 21, che produce un kit fatto di mattoncini in argilla e cemento vero. Questi mattoncini possono essere utilizzati più volte, perché la costruzione, una volta terminata, è immersa in acqua dove il collante si scioglie permettendo nuove soluzioni. In tutti questi e gli altri giochi di costruzione il bambino mette in pratica quella sua vena creativa e d’invenzione che si ritrova anche nei suoi disegni. Costruisce così forme svariate, prendendo ispirazione da ciò che vede attorno a se, dagli oggetti di vita quotidiana, fino a libere associazioni di colori e forme, che danno vita ad oggetti appartenenti esclusivamente alla sua sfera immaginativa. In queste rielaborazioni grafiche e tridimensionali il bambino utilizza gli strumenti che gli vengono messi davanti per rendere reali le sue fantasie. In questi processi si riconosce la tendenza comune ad utilizzare dei simboli ben definiti per la realizzazione delle proprie creazioni. Ad ogni oggetto o segno della realtà viene associata un’immagine mentale, che diventa universalemte simbolo di quella cosa: una casa verrà sempre disegnata o costruita allo stesso modo, e così un albero, il sole, un prato.
17 Abbreviazione del termine olandese Kabouter Plankjes, piccole assi; prodotte nel 1988. 18 Prodotti dall’azienda Playskool, appartenente alla società statunitense Hasbro.
Prodotti dall’azienda belga Clics Toy. Prodotti dall’azienda Plastwood nel 1988. 21 Prodotti dell’azienda spagnola TERRACUITA TEIFOC S.L., 2005. 19 20
Giocando si impara
A fianco a tutti questi giochi, esistono molti altri giocattoli mirati a sviluppare l’apprendimento, da parte del bambino, volti a stimolare la creatività ed avvicinarli alla realtà del mondo adulto, attraverso principi intellettivi di accostamento e coincidenza. Pensiamo infatti a tutti i giochi in cui il principio è quello dell’incastro di forme semplici o figure conosciute. Questi aiutano il bambino a distinguere e riconoscere i simboli con l’uso di forme comuni, attraverso le quali vedono e imparano il mondo. “Sedici animali” di Enzo Mari 22 e, successivamente “Sedici pesci”, appartengono a questa categoria di giocattoli educativi. Progettati nel 1957 e distribuiti dall’azienda Danese 23, nata nello stesso anno a Milano e promotrice del design italiano, costituiscono dei giocattoli a doppia funzionalità: un oggetto puzzle e assieme un gioco di costruzione. Le priorità di questo progetto erano che gli animali fossero perfettamente riconoscibili tra loro, che stessero in piedi da soli e che il gioco costasse poco. Da qui si determina il lungo lavoro di messa a punto in modo che ogni forma comprenda nel suo negativo un’altra figura, anch’essa riconoscibile. Lo spessore delle forme consente in ultima il loro stabile equilibrio e la libera composizione. In questa stessa categoria, annoveriamo i giochi, dove l’associazione non avviene per incastro, bensì attraverso processi logici e di evoluzione. Sia nelle carte “Più e Meno” di Bruno Munari o in “ABC con Fantasia”, o ancora nel “Gioco del labirinto” 24, che in “Il gioco delle favole” di Mari25, o in altri libri loro, il bambino è stimolato a creare storie e situazioni attraverso l’accostamento e la sovrapposizione di immagini che producono un percorso intellettivo sia fine a se stesso, sia di interazione con altri giochi ed oggetti.
Enzo Mari (Novara, 1932) è un architetto e designer italiano, ed è considerato uno dei maggiori teorici del design italiano e mondiale. 23 Fondata da Bruno Danese e Jaqueline Vodoz, ha sempre contato tra i propri progettisti designers di grande livello come Munari, Mari, Castiglioni, Man22
giarotti. Tutt’oggi Danese affronta le sfide progettuali con innovazione, misurandosi sempre con nuove idee, nuovi materiali e ponendo sempre al centro la relazione tra l’uomo e i suoi modi di vita. Oggi Danese fa parte del gruppo Artemide.
Munari, Più e Meno, prima Danese poi Corraini, 1960; Munari, ABC con Fantasia, prima Danese poi Corraini, 1970; Munari, Gioco didattico Labirinto, Danese, 1973. 25 Mari, Corraini, 1965. 24
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Troviamo alcuni esempi di questo genere di giocattoli, all’interno di marchi ed aziende di distribuzione che credono nell’importanza del gioco e della sua funzione educativa, come La città del sole, Brio, Muji, Chigo 26, ma soprattutto nel lavoro di alcune nuove aziende, che attraverso il lavoro di designer specializzati, danno origine a dei prodotti che stanno cercando di entrare sempre più nella coscienza educativa comune. In particolare, negli ultimi anni, la coscienza comune si è avvicinata sempre più alla produzione di giocattoli intelligenti, e la domanda ha fatto nascere alcune aziende o studi che si dedicano interamente alla progettazione per l’infanzia. Un esempio è l’olandese, Kidsonroof, fondata nel 2005 con la filosofia che i bambini debbano avere il controllo completo del loro mondo fantasioso. Lo sforzo di Kidsonroof è rivolto alla possibilità di lasciare molto spazio ai piccoli per poter esprimere il loro potenziale creativo. L’ ecosostenibilità è inoltre un punto fermo della coppia di designers: i giocattoli in cartone sono infatti prodotti con carta riciclata e biodegradabili. Kidsonroof è stata ottimamente accolta in Olanda ed internazionalmente. Fino ad ora hanno già ottenuto diversi premi e nominations per i loro prodotti. Romy e Ilya hanno la grande ambizione di continuare a disegnare prodotti belli ma basilari per bambini ed adulti.
La città del sole nasce a Milano nel 2004, avviata da Carlo Basso; Brio, azienda svedese dal 1884 fondata da Ivar 26
Bengtsson; Muji e Chigo sono entrambe aziende giapponesi, la prima nata agli inizi degli anni ottanta, la seconda nel 2005
Naef Spiele è un’azienda svizzera che oggi cerca le risposte alle sfide della società moderna, partendo dal presupposto che i metodi tradizionali non bastano più, ma occorre un grado sempre crescente di flessibilità e di creatività. Kurt Naef entra nel mercato della produzione di giocattoli nel 1956 cercando sempre prodotti ingegnosi, collaborazione con altri designers, test di mercato, calcoli precisi, standard qualitativi elevati ed esclusività. Qualcuno può pensare che i giochi Naef siano eccessivamente astratti e solamente adatti a figli di architetti, ma l’esperienza reale prova il contrario. Una serie di giocattoli Naef sono a disposizione per giocare presso lo Swiss Children`s Museum a Baden e si può segretamente osservarne l’effetto. I bambini sono giocosamente sfidati a venire alle prese con questi giocattoli e le varie possibilità che possono scaturirne attraggono le menti dei piccoli mentre le forme ed i colori armoniosi affascinano i loro sensi.
Osservando questi prodotti, si capisce come la strada verso una sensibilizzazione del concetto di gioco, sia via via cambiata e si stia avvicinando a quella coscienza progettuale che in questa tesi si è cercato di raggiungere.
Gg* è un marchio di deliziosi giocattoli in legno creati dalle giovani designer giapponesi Kazuyo Shiomi e Nobuko Shigeoka. Per Kazuyo e Nobuko il giocattolo deve essere un collegamento tra il bambino ed i genitori, un mezzo per dialogare ed aprire le porte verso il mondo. Perché questo nome? La lettera G è l’equivalente della cifra 7 nell’alfabeto ed è l’iniziale di “great, growth, glorious, girl, good, gift, global” tutti concetti cari alla loro filosofia. Tutti i giocattoli sono realizzati con uno spirito ecologico: legno con colori atossici, finiti a cera d’api, contenuti in un sacchetto di canapa, accompagnati da un poemetto e da una cartolina per poter inviare le proprie impressioni.
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Il marchio Plan Toys, prima dell’azienda Brio poi della Marbel Toys, è ora diventato sinonimo di giocattoli di alta qualità. Nasce in Thailandia nel 1981, crea prodotti interamente realizzati in legno e materiali di riutilizzo, colorati in modo naturale, senza presenze di collanti o materiali tossici, ed anche il packaging è studiato per essere riciclato. Adatti ai bambini in età prescolare, promuovono tutti i principi educativi connessi al gioco, tanto da vincere numerosi premi. Osservando questi prodotti, si capisce come la strada verso una sensibilizzazione del concetto di gioco, sia via via cambiata e si stia avvicinando a quella coscienza progettuale che in questa tesi si è cercato di raggiungere.
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TESTI, COLORI, ILLUSTRAZIONI: LA GRAFICA PER BAMBINI
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Filastrocche, brevi storie, indovinelli e illustrazioni La comunicazione visiva per bambini, a differenza di quella per gli adulti che si declina in molteplici forme e sfaccettature, ha trovato forma, per molti anni, principalmente nei libri illustrati. Non esistevano, o se sono esistite si relegano ad un numero esiguo di esempi, artefatti comunicativi, la cui grafica fosse studiata appositamente, rivolta al mondo dell’infanzia. Un eccezione a questa tendenza abbastanza generale, la fecero le confezioni metalliche dell’azienda italiana I.N.G.A.P. 27, la quale pensò a degli involucri per i suoi giocattoli d’alluminio che colpissero direttamente l’attenzione dei bambini. Forse quelle confezioni, guardate oggi, non rispondono di certo ai caratteri grafici che una comunicazione per bambini si crede debba avere, ma almeno in quel caso ci fu uno sforzo e uno studio ben preciso in quella direzione. Gli altri esempi di quella che chiameremo grafica per l’infanzia, sono da ricondurre, come già detto esclusivamente alle produzioni editoriali di libri, fascicoli e giornalini. Il primo libro illustrato nella storia fu l’ Orbis Pictus, un’enciclopedia illustrata per bambini, da Comenius 28 nel 1658 e soltanto un secolo più tardi, nel 1750, a Londra, nasce il primo negozio di editoria per l’infanzia, la bottega di John Newbery che vendeva libretti a basso costo contenenti filastrocche, brevi storie, indovinelli e illustrazioni. In Italia, la nascita della letteratura per l’infanzia, si sviluppa a partire dalla seconda metà dell’ 800, con l’inizio dell’istruzione obbligatoria. In principio però erano tutti libri scolastici “mascherati” ed illustrati per sembrare libri di piacere; le prime vere opere editoriali rivolte al mondo dell’infanzia nacquero più tardi: Pinocchio di Collodi nel 1883 e Gian Burrasca di Vamba 29 nel 1920.
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Sono anni che vivo con le mie favole. Mi è socialmente permesso di giocare. Nessuno pensa che io sia uno scervellato. Mi pagano perfino! Mi sembra che dovrei essere io a pagare per fare la cosa che mi piace di più!
Con la fine della guerra, sempre in Italia, si è avuto un boom nel campo dell’editoria per bambini con il gran successo dei libri di Gianni Rodari 30. Lui stesso scriverà: “Sono anni che vivo con le mie favole. Mi è socialmente permesso di giocare. Nessuno pensa che io sia uno scervellato. Mi pagano perfino! Mi sembra che dovrei essere io a pagare per fare la cosa che mi piace di più! 31” Finalmente si comincia a capire l’importanza dell’editoria per l’infanzia, delle illustrazioni, dei testi di piacere, che riescono, non solo ad emozionare i bambini e attirare anche i più piccoli a prendere in mano un libro, ma anche a sviluppare la capacità d’immaginazione e promuovere la creatività. Cominciano così a sorgere le prime case editrici per bambini come Fabbri Editori nel 1947, Editore Clementoni nel 1963, Emme Edizioni nel 1966. La comunicazione visiva per bambini, è identificata principalmente dall’uso dell’illustrazione. Saranno quegli stessi designer, attivi nella produzione di giocattoli, che introdurranno nella grafica infantile diversi espedienti e forme di comunicazione. Si consideri inoltre che l’illustrazione, da quando si è animata, si è estesa enormemente attraverso gli schermi dei computer e della televisione, attraverso pubblicità, giochi, cartoni animati, serie e programmi televisivi.
Industria Nazionale Giocattoli Automatici Padova, fondata da Tullio Anselmi nel 1919 e attiva sino al 1972. 28 Nome latinizzato di Johan Amos Komensky (1592-1670), fu un teologo e pedagogista ceco. 29 Il primo pubblicato dalla Libreria Editrice Felice Paggi; il secondo pubblicato 27
la prima volta a puntate su Il Giornalino della Domenica. 30 Gianni Rodari (1920-1980) è stato uno scrittore e pedagogista, specializzato in scrittura per ragazzi. I suoi racconti sono tradotti in quasi tutte le lingue del mondo. 31 Rodari (1997, p. 33).
Il libro per bambini nell’era informatica
Il grande avvicinamento dei bambini al mondo mediatico di internet del computer, che si è rafforzato negli ultimi anni, ha accentuato sempre più quel distacco dai libri e dai supporti cartacei, relegandoli a ruoli marginali. Ai bambini di oggi, per viaggiare con la fantasia, non servono più le illustrazioni di qualche libro che evochi loro mondi fantastici e lontani, basta loro accendere la televisione, o l’ultimo videogioco, per fare un viaggio tridimensionale e super realistico molto più coinvolgente. Sempre più spesso, infatti, la televisione o il computer, assumono un ruolo centrale nel tempo libero dei bambini, con lo svantaggio di offrire loro storie, seppur con un livello grafico eccezionale, prefabbricate e sterili che azzerano la loro capacità creativa e fantasiosa. Inoltre queste immagini virtuali, scorrono veloci ed inafferrabili, non come i libri o i giornali che consentono al bambino di fermarsi a riflettere e sognare. “Il bambino, infatti, non sarebbe un consumatore vorace e veloce, ma un consumatore lento, che scopre sempre qualcosa di più e vuole approfondire. Anche il suo sfogliare un libro all’indietro ha un senso: egli torna ad un punto che lo ha colpito, incuriosito, ed è spinto dal bisogno di avere conferma, chiarezza, sicurezza nella sua avventura del leggere” 32. E’ in questa epoca informatica, che il libro, o meglio alcune case editrici, si sono sforzate di ridonare fascino al libro per produrre nuovo interesse anche da parte dei più piccoli. Si è quindi dovuto arricchire di nuovi contenuti, cambiare nei suoi formati, acquisire espedienti grafici diversi e sperimentare a livello sensoriale e nella scelta di materiali insoliti. Tutto questo per sopravvivere, per cercare di contrastare queste grafiche virtuali super elaborate e accattivanti, e farci capire la sua importanza e il suo fascino non perduto. Ecco quindi che alcune case editrici, spingono le loro produzioni verso la sperimentazione di nuove forme di linguaggio cartaceo e non solo, provando ad utilizzare mezzi ed espedienti che mai si sarebbe pensato di associare ai libri. Nel 1977 nasce l’editore La Coccinella, pioniere degli storici libri coi buchi, e nel 1980 Danese pubblica per la prima volta i Prelibri di Munari, una serie di libri per i bambini in età prescolare, oggi editi dalla Corraini.
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Il bambino, non sarebbe un consumatore vorace e veloce, ma un consumatore lento, che scopre sempre qualcosa di più e vuole approfondire. Anche il suo sfogliare un libro all’indietro ha un senso: egli torna ad un punto che lo ha colpito, incuriosito, ed è spinto dal bisogno di avere conferma, chiarezza, sicurezza nella sua avventura del leggere.
Il modello “Coccinella” è stato ripreso da tante altre case editrici tra cui “De Agostini”, “Fabbri Editori”, “Arnoldo Mondatori”, “Mursia”, “Giunti”, “Franco Panini”, “Fatatrac” 33. Tra i prodotti più curiosi troviamo libri col formato degli animali, dei mezzi di trasporto, libri con dentro pagine in parte trasparenti, libri con pagine sagomate, libri con “accompagnamento” sonoro, libri con parti in stoffa. In questa lista possiamo inoltre inserire i prodotti del “Gruppo Edicart”: i libri “profumati” della “Crealibri”, i libri della “Edibimbi” da appendere al frigo con il magnete, i pop-up, i libri che suonano della collana dei “Rumorelli”. La “Dami editore” ha realizzato la fortunata collana “I libri grandi grandi”, libri grandi quanto un bambino di un anno, o prodotti molto particolari come il curioso “Libro cuscino”, o ancora Orecchio Acerbo 34 che usa forme insolite per i suoi formati in base alla storia che vi è contenuta all’interno come per esempio ne “Il libro Sbilenco” 35.
Fochesato (2000, p. 97). Case editrici italiane che si occupano anche di editoria per l’infanzia 34 Orecchio Acerbo è allo stesso tempo uno studio grafico e una casa editrice per 32 33
bambini. Fondati e diretti da Fausta Orecchio e Simone Tonucci nel 2000 a Roma. 35 Peter Newell, Il libro sbilenco, Orecchio Acerbo, Roma, 2007
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Pagine per creare fantasia
“Nei libri c’è il sapere, grazie ai libri l’individuo può aumentare le conoscenze dei fatti e capire molti aspetti di quello che succede, i libri aiutano a vivere meglio. Come si fa a far capire ciò a quella gente che ha deciso di non interessarsi mai più di quegli oggetti che si chiamano libri, solo perché, a scuola, sono stati costretti a leggerne di noiosi e difficili?”36. E’ questa una delle fatidiche domande che si sono poste le case editrici sopra citate, sulla scia di chi ha cercato di trovare una soluzione al problema di aumentare la conoscenza e di formare delle persone con una mentalità più elastica e meno ripetitiva, Bruno Munari. Seguendo gli insegnamenti di Piajet secondo cui l’intelligenza si forma nell’età infantile, Munari concentrò la sua produzione per bambini sul coinvolgimento sensoriale totale e sulla stimolazione di tutti i recettori della percezione. Sono nati così i famosi “Libri illeggibili”, i “Prelibri” 37, un insieme di oggetti che sembrano dei libri, ma che in realtà somigliano più a veicoli differenti gli uni dagli altri per informazione visiva, tattile, sonora, termica. Il bambino deve essere attirato verso questi oggetti e deve capire che al loro interno ci sono curiosità sempre nuove e diverse da scoprire. Un altro problema che Munari si pose come primario, fu quello del superamento degli stereotipi, che sovraccaricano l’individuo in età infantile e che hanno la terribile conseguenza di bloccare la fantasia. La fantasia è fondamentale nei bambini, perché da adulti si trasformerà in creatività e quest’ultima è la sola necessaria per contribuire alla crescita della società. La ricerca e il pensiero di Munari, sono quelli che meglio incarnano i principi dell’attenta progettazione e produzione grafica rivolta ai più piccoli e sono riportati in innumerevoli esempi editoriali. Citiamo qui solo alcuni titoli, della sua vastissima produzione: “ABC con fantasia”, “La favola delle Favole”, “Più e meno”, “Toc Toc”, “Nella nebbia di Milano” 38, e l’elenco potrebbe andare avanti a lungo.
Munari (1981, p. 33). Munari, oggi editi dalla Corraini. 38 Munari, La favola delle favole, Corraini, 1994; Munari, Toc toc, Mondadori, 1945; 36 37
Munari, Nella nebbia di Milano, Emme edizioni, 1968. Oggi editi tutti dalla Corraini.
Progettare libri per bambini è una grande responsabilità, la società del prossimo futuro è composta da adulti che oggi sono bambini, quello che resterà impresso nella loro mente oggi, formerà il loro carattere di domani.
Nei libri c’è il sapere, grazie ai libri l’individuo può aumentare le conoscenze dei fatti e capire molti aspetti di quello che succede, i libri aiutano a vivere meglio. Come si fa a far capire ciò a quella gente che ha deciso di non interessarsi mai più di quegli oggetti che si chiamano libri, solo perché, a scuola, sono stati costretti a leggerne di noiosi e difficili?
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Tra tutte le case editrici che si occupano di libri per l’infanzia, quella che meglio ha raccolto l’appello di Munari e ne ha proseguito l’impresa è la Corraini Editore, una “piccola” casa editrice di Mantova. L’intento dei proprietari, Marzia e Maurizio Corraini è, infatti, quello di acquisire tutti i diritti possibili sui libri di Munari e sui libri di altri designer e artisti a lui affini in questa ricerca, per produrre edizioni che potremmo definire, sulla stregua dei giocattoli, “intelligenti”. Attenti alle problematiche dei bambini e alle produzioni grafico-artistiche dai principi educativi,si definiscono più un laboratorio che una casa editrice. Molti di questi elaborati grafici si caratterizzano con una produzione che esce dagli schemi prefissati dei libri, producendo dei veri e propri oggetti sfogliabili. Pensiamo per esempio al libro di Andrea e Lorenza Branzi “Il libro degli omini”39 che si caratterizza dal gioco compositivo che le pagine spezzate continuamente generano; o alle produzioni di Enzo Mari che si distaccano ancora di più dal formato libro per diventare oggetti più che da sfogliare da comporre. E’ il caso de “il gioco delle Favole”, prodotto da Danese nel 1965 e ora riproposto appunto da Corraini, un insieme di tavole ad incastro raffiguranti molteplici illustrazioni che si modificano in infinite possibilità visive a seconda della composizione creata. Le “Carte da Disegno” 40, invece, proposte in più versioni tematiche, il bambino è stimolato a completare lui stesso la storia suggerita attraverso l’illustrazione, in un continuo sforzo compositivo e di elaborazione. Dai tempi della sua origine, il libro per bambini, è cambiato, non dimenticando mai di essere istruttivo, ma ha cercato sempre più di essere capace di divertire, stimolare, colpire e, in molti casi, di diventare gioco. La scelta della comunicazione visiva per bambini, a cui voglio ispirarmi, vuole restare in sintonia con questi principi educativi della grafica per i più piccoli, gli stessi che ritroviamo nei giocattoli cosiddetti intelligenti. Ho preso quindi in considerazione il gran numero di produzioni di libri, giornalini, albi, che caratterizzano e completano la comunicazione visiva cartacea per l’infanzia, per produrre degli elaborati differenziati in diverse tipologie volti a stimolare la creatività e l’interesse dei bambini. “Progettare libri per bambini è una grande responsabilità, la società del prossimo futuro è composta da adulti che oggi sono bambini, quello che resterà impresso nella loro mente oggi, formerà il loro carattere di domani” 41.
Branzi Andrea e Lorenza, Corraini, 2006. 40 Serie di cinque libri-gioco, pubblicata negli anni settanta, ora editi dalla Cor39
raini e riproposti in un’edizione rivisitata dall’autore, Enzo Mari, e resa più agile nella dimensione. 41 Munari (1966, p. 54).
Bruno Munari e la legge della creatività
Bruno Munari (Milano 1907, Milano 1998) fu definito come la figura leonardesca più importante del novecento. Dedicò la vita alla ricerca nel campo dell’arte, del design e della grafica, affrontando i temi più svariati, quali il movimento, la luce e lo sviluppo della creatività e della fantasia nell’infanzia attraverso il gioco. Artista poliedrico partecipò al movimento Futurista, lavorò come grafico, fondò il MAC 42, realizzò Concavo-convesso 43 una delle prime istallazioni d’arte, e ancora costruì macchine aeree 44 e macchine inutili45, sculture da viaggio 46, disegnò decine d’oggetti d’arredamento, giocattoli, allestimenti; creò grafiche, loghi, opere visive, e libri, saggi, poesie, testi scolastici, libri per bambini e laboratori per i più piccoli. Il suo interesse toccava ogni campo e la sua curiosità non si saziava mai. Guardava le cose esattamente come le guarda un bambino, tanto che a progettare provava lo stesso piacere che un piccolo mette nel gioco. Ci ha insegnato che il segreto non è ringiovanire, facendo di tutto per rimanere giovani fuori, ma quello di mantenersi vivi nell’interno, di sapersi adattare a tutte le età della vita, con la consapevolezza che tutto cambia e nulla rimane uguale nel tempo. Di Munari ho analizzato l’intero operato, o quasi, prendendo in maggior considerazione la ricerca nel campo dell’infanzia: vale a dire la produzione di giocattoli, i libri per bambini -anche se è un pò generico definirli tutti libri- e i suoi laboratori, riconosciuti validi e fatti ancora oggi. Munari realizzava oggetti con il fine di stimolare la fantasia del bambino, di renderlo curioso, partecipe, non offriva idee già pronte, finite, impossibili da reinterpretare in più modi. Il Movimento per l’arte concreta è un movimento artistico fondato a Milano nel 1948 da Munari, Gillo Dorfles, Atanasio Soldati, Gianni Monnet, con il fine di promuovere l’arte non figurativa, di orientamento prevalentemente geometrico. Il nome del movimento si rifà ad una accezione del termine “concreto” introdotto da Van Doesburg e Kandinskij negli anni ‘30. Si sciolse nel 1958 e comprese, oltre a pittori e scultori, anche architetti, grafici e designers. 42
Esposta a Parigi nel 1946, è una nuvola costruita con una rete metallica quadrata. 44 Risale al 1930 la prima macchina area nella storia, ancor prima dei mobiles di Calder del 1931. E’ un insieme di forme geometriche libere nell’aria, appese al soffitto tramite una corda, mosse dalle correnti d’aria. 45 Nate nel 1933, sono la prosecuzione 43
e l’ampliamento delle macchine aeree. Costruite con materiali leggeri, tutti gli elementi, geometrici, di una macchina inutile sono in rapporto armonico tra loro, colorati con tinte piatte, ruotano senza mai toccarsi. 46 Oggetti in cartoncino, low-cost, pratici, leggeri e trasportabili in una busta, sono sculture pieghevoli da portare con sè.
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Non proponeva giocattoli usa e getta, commerciali, egli conosceva molto bene l’importanza di questi nella vita del bambino, e gli dava quindi il giusto valore didattico, istruttivo, senza mai dimenticare di divertire e divertirsi, due attività inscindibili. E sottolinea quest’importanza del gioco all’interno dell’attività del designer, riferendosi in modo ironico ai puristi, a chi fa design senza divertirsi, dicendo: ”L’uovo ha una forma perfetta benché sia fatto col culo” 47. Il design può, non solo creare oggetti che siano giochi, ma divenire un gioco per il progettista durante l’ideazione e lo sviluppo; e può ancora essere gioco per l’utente, quando ne entra in contatto, o semplicemente l’effetto giocoso nell’oggetto può essere dato dall’accostamento di forme e colori.
Più che un metodo quello di Munari è un modo di porsi nei confronti del bambino attraverso lo stimolo a fare, a provare, a diventare curiosi. Si rifà ad un detto cinese quando cita: “ascoltare è dimenticare, vedere è ricordare, fare è capire” 48. La stessa filosofia la troviamo nei suoi laboratori e nei suoi libri per bambini. Con i Libri Illeggibili del 1950 e con i Prelibri del 1980, Bruno Munari vuole coinvolgere il lettore, che non è più solo spettatore, ma fruitore dell’oggetto-libro da completare con la propria fantasia. Vuole mostrare anche ai bambini, come il libro non sia un oggetto noioso ma ricco di sorprese, da toccare con mano. Tanto che l’importanza dei materiali, nei Prelibri, è tale da costituirne il progetto e l’oggetto stesso, dove le pagine non sono altro che esperienze tattili diverse. “Nei libri c’è il sapere, grazie ai libri l’individuo può aumentare le conoscenze dei fatti e capire molti aspetti di quello che succede, i libri aiutano a vivere meglio. Come si fa a far capire ciò a quella gente che ha deciso di non interessarsi mai più di quegli oggetti che si chiamano libri, solo perché, a scuola, sono stati costretti a leggerne di noiosi e difficili? La soluzione di questo problema sta nell’occuparsi degli individui mentre si formano, nei primi anni della vita. Si potrebbe progettare un insieme d’oggetti che sembrano libri, ma che siano tutti diversi per informazione visiva, tattile, materia, sonora, termica” 49.
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E’ bene abituare i bambini a conoscere ciò che è leggero, ciò che è pesante, il morbido e il soffice, l’elastico e il flessibile, il ruvido e il liscio, l’opaco e il trasparente, il colorato… Ognuna di queste qualità, da sola o in coppia, o con il suo contrario, può essere oggetto di gioco didattico.
L’uovo ha una forma perfetta benché sia fatto col culo. Ascoltare è dimenticare, vedere è ricordare, fare è capire.
Nel libro curato da Giorgio Maffei, Munari spiega: “è bene abituare i bambini a conoscere ciò che è leggero, ciò che è pesante, il morbido e il soffice, l’elastico e il flessibile, il ruvido e il liscio, l’opaco e il trasparente, il colorato...ognuna di queste qualità, da sola o in coppia, o con il suo contrario, può essere oggetto di gioco didattico” 50. Sia i Pre-libri che i Libri Illeggibili, sono destinati ai più piccoli, quelli in età prescolare, che sfogliano invece di leggere. Per i bambini più grandi, Munari, nei suoi libri, introduce illustrazioni animate, pieghevoli, pagine forate, cartoncini che si muovono, pop-up, giochi di trasparenza. Ricordiamo ad esempio “Nella nebbia di Milano” o “Il merlo ha perso il becco” o ancora “Nella notte buia” 51. Nei suoi lavori, Munari, vuole farci giocare, sorprendere, imparare. “Perchè la cultura -come lui ci dice- è fatta di sorprese, cioè di quello che prima non si sapeva” 52.
La cultura è fatta di sorprese, cioè di quello che prima non si sapeva.
Munari (1981, p. 107). Munari (1977, p. 84). 49 Munari (1985, p. 32). 50 Maffei (2002, p. 21). 51 Munari, Il merlo ha perso il becco, 47 48
Danese, 1987; Munari, Nella notte buia, Muggiani, 1956. Oggi entrambi editi dalla Corraini. 52 Munari (1981, p. 90).
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LA MIA CITTA’, UN PROGETTO DI COMUNICAZIONE RIVOLTO AI BAMBINI
Il metodo di ritornare bambino
Questa tesi è un progetto di comunicazione rivolto ai bambini. C’è il packaging, contenente il prodotto, le carte di presentazione dei vari pezzi che se girate diventano un puzzle di strade senza agganci, sfondo de “La mia città”, e ancora c’è il manifesto a doppia facciata, usabile sia in fronte che in retro, e il libro-gioco per bambini. Il progetto di tesi parte con l’ideazione e la realizzazione di un giocattolo e, come ricorda Bruno Munari, per progettare un valido giocattolo bisogna diventare bambini entrando in sintonia col loro modo di pensare. L’iter creativo dei tradizionali prodotti industriali presuppone uno studio per un determinato oggetto, volto ad una precisa clientela; poi una volta che il carattere dell’oggetto è stato definito se ne progetta la forma in tutti i suoi dettagli, la quale è strettamente legata con la scelta del materiale di costruzione e con il processo di produzione dello stesso. Il processo che ho seguito per la realizzazione di questo sistema di prodotti è invece di tipo grafico. Si parte da un pezzo esistente, un tubolare di metallo, e attraverso un’operazione visiva, lo si trasforma in un prodotto nuovo, in questo caso, in un giocattolo. Questa azione riprende un principio creativo tipico dei bambini, che considerano gli oggetti non solo per quello che sono, ma anche per quello che possono diventare. Ho ragionato proprio come un bimbo, cercando il mio giocattolo tra forme semplici e comuni, lasciando che la fantasia toccasse oggetti di ogni genere, destinati ad altri usi, cercando negli armadi, rovistando nei cassetti, sfogliando riviste. Alla fine ho trovato il pezzo ideale, in un’officina a Venezia, all’interno di un bidone con la scritta “Pezzi da fondere”. Era una parte di scarto di una lavorazione più grande, forse di una scala, o forse di una ringhiera, a cui un carpentiere veneziano stava lavorando. Un tubolare d’alluminio a sezione quadrata, largo più o meno cinque centimetri ed alto poco meno di venti. Questo sarebbe stato il mio gioco. La forma è perfetta, semplice, modulare, il materiale indistruttibile, facile da colorare e “carico di significati diversi che può assumere”. Il mio intervento grafico ha così trasformato un semplice pezzo di metallo, in un palazzo, in una serie di palazzi, di case, di caserme.
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Il giocattolo: un’operazione grafica
E’ un giocattolo che dura nel tempo, non un prodotto usa e getta, non segue la moda, è un oggetto da conservare e far invecchiare, da passare ad altri bambini, da genitore a figlio. Un giocattolo che sembra provenire dal passato, per la sua semplicità, per l’assenza di molti dettagli ed anche per il materiale utilizzato, l’alluminio, con cui un tempo venivano fabbricati molti giocattoli. E’ un giocattolo che rispetta l’ambiente, perchè è realizzato con un materiale naturale e riciclabile al cento per cento. Porta con sè i valori fondamentali del gioco, perché i vari palazzi possono essere combinati assieme per diventare una cosa unica, oppure essere usati singolarmente. Si possono utilizzare come cannocchiali o diventare costruzioni, o ancora possono essere il piedistallo per altri giochi, o essere utilizzati assieme alle macchinette, ai soldatini o ai Lego. Ho cercato di inserire nella progettazione di questo oggetto, quei principi educativi che in un’analisi approfondita dei giocattoli si sono rivelati fondamentali. Questi parallelepipedi stimolano la creatività del bambino, sia a livello compositivo che formale. Inoltre sviluppano nel bambino che vi gioca, una capacità di associazione di forme e colori con la realtà. Ogni palazzo è composto di una o più unità accostabili per colore e simbologia, e a sua volta ognuno di questi costituisce un pezzo dell’insieme città, che va via via crescendo all’infinito. Nasce da un tubolare d’alluminio e in esso ne individua il modulo. Attraverso l’applicazione di tagli trasversali e l’utilizzo di diversi colori sulla superficie metallica, vado a modellare tutta una serie di palazzi differenti. Ognuno di questi è composto da una o più unità, fino ad un massimo di tre, accostabili tra loro, che vanno a completare la forma dell’ospedale, piuttosto che della caserma dei pompieri. La scelta di formare i palazzi attraverso l’accostamento di unità separate, è stata dettata, da una parte dall’esigenza pedagogica del gioco, dall’altra, dalla volontà di donare un ingombro sempre uguale al giocattolo
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La forma è perfetta, semplice, modulare, il materiale indistruttibile, facile da colorare e “carico di significati diversi che può assumere”. Il mio intervento grafico ha così trasformato un semplice pezzo di metallo, in un palazzo, in una serie di palazzi, di case, di caserme.
confezionato. Infatti gli elementi che compongono ogni tipologia di palazzo, sono pensati a livello dimensionale per sottomultipli, così da poter essere inseriti gli uni negli altri. Caratterizzate tutte da uno spessore di due millimetri, che da uniformità al tutto, le componenti sono invece caratterizzate da profilati di dimensioni diverse: nello specifico sono quattro i tubolari che ricorrono nella definizione dei palazzi-giocattolo. Ogni edificio si compone così di differenti elementi, giocando sui rapporti dimensionali tra questi, in modo da permettere l’inserimento di una parte dentro l’altra e ricavare un ingombro sempre uguale al modulo base di cinquanta per cinquanta millimetri. Ogni tipologia di palazzo è inoltre distinta attraverso un colore preciso ed eventualmente dall’uso di simboli aggiuntivi per garantirne la riconoscibilità.
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la mia città
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Simboli per comporre una città
Il grattacielo Il grattacielo è il punto di partenza della mia ricerca. Composto dal modulo base, un tubolare a sezione quadrata di cinquanta millimetri per lato e con un’altezza pari a cento millimetri, è caratterizzato dal colore grigio, tipico dei grattacieli, e da aperture sottomodulari di cinque per dodici millimetri su due delle quattro facciate del tubolare, ad individuare tutte le finestre. La caserma dei pompieri Usando le stesse aperture, sempre su due facciate, ma disposte in ordine diverso dal grattacielo e applicate ancora al modulo base di partenza, si va ad individuare una parte di un nuovo edificio. La colorazione rossa e l’aggiunta di un tubolare sottomodulare, di lati venti per trenta millimetri ed altezza pari ad ottanta, con uguali aperture sempre su due lati, individuano e completano il secondo edificio: la caserma dei pompieri. L’ospedale L’ospedale, invece, è costituito di tre parti: il modulo base, ricorrente in tutti gli edifici sopra descritti, il tubolare sottomodulare utilizzato per la caserma dei pompieri, ed una terza parte di dimensioni trenta per quaranta con altezza ottanta millimetri. Il tubolare base ha una sola apertura che individua la porta dell’ospedale, mentre le atre due parti riportano le finestre di dimensioni minori. Il tutto è completato dal colore bianco e da una croce rossa nel centro del tubolare più grande. La stazione dei treni e la fabbrica Per la stazione dei treni e la fabbrica, il modulo base, si presenta di dimensioni invertite: non più un tubolare a sezione quadrata, ma bensì un tubolare rettangolare di cinquanta per cento. Le differenze tra i due pezzi sono nella tipologia dei tagli e nella scelta del colore. La prima, color rosato, presenta delle ampie e morbide aperture che terminano ad arco a tutto sesto, e si arricchisce col disegno dell’orologio nel frontone, che ne caratterizza la funzione. Nella seconda, invece, i tagli nel profilo del tubolare si fanno appuntiti, a formare una serie di triangoli tutti uguali, preceduti da quattro aperture rettangolari per le finestre. A completare la fabbrica un tubolare più piccolo, che rappresenta la ciminiera, di colore nero come il corpo principale.
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La chiesa La chiesa, proprio come nell’immaginario comune, è costituita di due parti: il campanile e l’edificio chiesa. I due tubolari che li formano, di dimensioni differenti, terminano a punta e sono entrambi colorati di giallo. Il campanile presenta due aperture diverse, una per la porta e l’altra per la finestra, entrambe ad arco, ed utilizza un tubolare a sezione quadrata di venti millimetri e altezza centoventi. La chiesa, caratterizzata da quattro aperture finestre uguali, sfrutta il modulo base, dimezzandone però nell’altezza. L’hotel e il complesso residenziale A terminare la presentazione gli ultimi due edifici: l’hotel e il complesso residenziale, differenziati soltanto nel colore e nell’entità delle loro aperture. L’hotel è viola, con numerose aperture rettangolari di quattro per cinque millimetri ed è arricchito con la lettera maiuscola h di hotel; il complesso residenziale invece è colorato di verde ed è caratterizzato da fori di tre per otto millimetri. Entrambi sono costituiti da tre pezzi: il modulo base, aumentato nell’altezza, un tubolare sottomodulare, già utilizzato nella caserma dei pompieri e nell’ospedale, ed un altro tubolare sottomodulare, anch’esso utilizzato nell’ospedale ma con un’altezza maggiore.
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Il progetto grafico è applicato a tutti gli elementi, sia tridimensionalmente, sul pezzo d’alluminio, sia sulla carta.
Il progetto grafico Il progetto grafico è applicato a tutti gli elementi, sia tridimensionalmente, sul pezzo d’alluminio, sia sulla carta. E’ un vero e proprio esempio d’immagine coordinata rivolta al mondo dei bambini, costituita di più parti, distinte ma unitarie.Tutti questi prodotti, vendibili accorpati o separatamente, danno la possibilità di coprire una maggior gamma d’utenti, dal bimbo più piccolo interessato al giocattolo e alla confezione, al bambino delle scuole elementari, che sa leggere, incuriosito dal libro-gioco illustrato. Tutti questi pezzi, utilizzano un linguaggio familiare ai bambini, pensato per colpire la loro attenzione ed il loro interesse. Un linguaggio che si serve di un determinato font e dell’uso sapiente del colore e delle illustrazioni: due dei principali canali di comunicazione dei più piccoli. Alla base del progetto di tesi regna l’illustrazione, composta di segni semplici ed elementari, che vanno a costituire dei disegni chiari, lineari e capibili. Prendono forma un grattacielo, caratterizzato da un rettangolo alto e stretto, la caserma dei pompieri, colorata di rosso, il campanile, alto e con il tetto a punta, la fabbrica, lunga e bassa e di colore scuro, l’ospedale, grande e tutto bianco, la stazione dei treni, con l’orologio al centro. Tutti questi disegni assumono le sembianze ed il valore di simboli. Simboli che ricorrono in tutti i disegni dei bambini, e che permettono di essere capiti e poter comunicare con loro. Pensiamo per esempio a quando un bambino disegna una casa, o un albero o ancora il sole, non fa altro che rappresentare un simbolo, che conosce ed associa, e così facendo impara e comprende il mondo che gli sta attorno. Questa simbologia, che caratterizza il progetto, è legata al mondo dell’infanzia, ma allo stesso tempo è anche universale: pensiamo alla croce rossa disegnata sull’ospedale giocattolo, o all’H di hotel, o ancora al colore rosso della caserma dei pompieri, o alla croce dipinta sul campanile. Figure, icone, segni, noti a tutti.
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Ogni palazzo è associato ad un colore ben preciso, che vicino agli altri fornisce una gamma variopinta e di forte impatto visivo ed emozionale nel bambino.
Altro punto fondamentale nello studio di questo progetto di comunicazione è il colore. Molti studi di psicologia ci rivelano l’importanza che questo elemento ha assunto, nella progettazione e soprattutto nella percezione di prodotti e di elaborati visivi. Il colore infatti è in grado di comunicare allo spettatore emozioni differenti. Nella progettazione visiva dei vari palazzi, il colore è stato usato come uno dei principali mezzi di comunicazione, sia del carattere del gioco, sia della funzione di ogni singolo pezzo. Sono stati scelti colori decisi, forti, senza sfumature o accostamenti elaborati. Ogni palazzo è associato ad un colore ben preciso, che vicino agli altri fornisce una gamma variopinta e di forte impatto visivo ed emozionale nel bambino. La scelta di colori puri si ritrova in tutti i supporti grafici di presentazione del gioco, dal libretto al packaging. Ultimo punto di questo progetto, ma non per ordine d’importanza, è la scelta del font. Il carattere utilizzato è il Blippo, con cui si compone la scritta del logo: la mia città. Questo font è stato realizzato nel 1969 dai designer Joe Taylor 53 e Robert Trogman 54 per la FotoStar, una società di Los Angeles che distribuiva una grossa quantità di caratteri, poi fallita nel 1985. Le forme di questo font riprendono quelle del carattere Univesal, progettato da Herbert Bayer 55 nel 1925 al Bauhaus. L’intento di Bayer era quello di creare un alfabeto universale che doveva essere comprensibile, scrivibile e stampabile ovunque; un alfabeto concepito da sole lettere minuscole caratterizzate da linee circolari e linee dritte. Lo stesso principio è presente nel Blippo, contraddistinto dal tratto robusto e definito dalle forme basilari del cerchio e del rettangolo; cerchi mai completamente chiusi, per poter così definire le varie lettere. E’ stato scelto come carattere del logo per la sua capacità di creare figure compatte e forti, che ben si adattassero al titolo e al logo di questo progetto. La forma è in grado di colpire e attirare l’attenzione, e richiama il linguaggio utilizzato nelle illustrazioni: semplici, chiare, perchè composte di segni facili ed elementari.
53 Oltre al Blippo, creò il Blippo Black, MN Blippo Black e EF Blippo Black. Oggi è curatore di Mt. Blanco Fossil Museum in Texas, USA. 54 Designer di font tra cui Roberta, Handel Gothic, Buxom e Yagi Double. Vive e lavora a Palm Springs, California. 49 Herbert Bayer (1999-1985) è stato un
artista e grafico austriaco. Fu direttore dei settori di stampa e pubblicità al Bauhaus di Gropius, direttore artistico della rivista Vogue a Berlino dal 1928 al 1938, ed infine si stabilì prima a New York e poi ad Aspen, in Colorado, dove si distinse in quasi tutte le manifestazioni delle arti grafiche.
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La città in una scatola
Il packaging riprende il formato del tubolare d’alluminio utilizzato per il giocattolo e si presenta quindi di forma parallelepipeda. E’ caratterizzato da una confezione a doppia pelle: una scatola tradizionale contiene il giocattolo ed è ricoperta da un tubolare di carta che riporta con lo stile dell’intero progetto. Al suo interno trovano posto il giocattolo d’alluminio e le otto carte stampate, che presentano i vari pezzi della città e sul retro un tessuto urbano scomposto da costruire e continuamente cambiare come base dei palazzi. Le quattro facciate dell’involucro tubolare esterno, sono caratterizzate da un’alternanza cromatica tra l’effetto variopinto di quelle laterali in cui sono illustrati tutti gli edifici del gioco e la semplice uniformità delle due facce principali che su sfondo celeste presentano il prodotto specifico con sottili tratti bianchi. Su tutte queste quattro pareti è presente il logo, riportante la scritta “la mia città”, all’interno di una fascia bianca orizzontale, che stacca dallo sfondo celeste del packaging e incornicia il logo stesso. Nelle due facciate variopinte, è rappresentata una città stilizzata in cui strade bianche su sfondo azzurro uniscono in un’unica composizione l’insieme degli edifici giocattolo. Nella facciata “maestra”, sopra il logo, è disegnato in bianco ed in modo stilizzato il pezzo giocattolo contenuto all’interno, diverso da packaging a packaging, così come la facciata posteriore, in cui sono riportate le misure del pezzo e le informazioni base sul prodotto. La scelta di questa comunicazione visiva semplice e quasi scarna, trova una spiegazione nella volontà di non svelare dall’esterno il contenuto della confezione. La scelta di un solo colore di sfondo per le facce principali della confezione, trova ragione nel fatto che il prodotto vuole isolarsi e colpire l’attenzione all’interno del caos di colori che regna negli scaffali dei negozi. Il bambino viene quindi colpito dalla semplicità della piccola confezione e la sua curiosità non viene completamente appagata fino all’apertura della scatola. Sfilata la copertura esterna, la scatola che racchiude il giocattolo si presenta all’esterno di colore bianco e presenta la descrizione del prodotto e del suo contenuto da un lato, il tutto tracciato da sottili segni neri; sull’altro lato un’apertura lascia intravedere il giocattolo. Il logo è ripetuto sulle facciate interne in negativo: una striscia nera accoglie il nome del prodotto in caratteri bianchi. L’interno del packaging presenta tutti i diversi edifici su sfondo sempre azzurro, in scala ridotta e resi solo nei contorni in colore bianco, quasi a formarne un pattern. La forma parallelepipeda della confezione, permette una maggiore facilità di trasporto e di disposizione dei molti pezzi. Ogni confezione infatti, pur contenendo edifici diversi, presenta le stesse dimensioni, in quanto, come già illustrato, i tubolari sono stati coscientemente accostati nella composizione di ogni edificio, in modo da poter essere inseriti uno dentro l’altro al momento dell’imballaggio occupando sempre lo stesso ingombro.
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Questa piattaforma urbana è la base d’appoggio per i vari palazzi giocattolo: il grattacielo, alto e stretto e di colore grigio, la caserma dei pompieri, due moduli a base quadrata colorati interamente di rosso, la chiesa con il campanile, la fabbrica, di colore scuro con il camino, la stazione dei treni con l’orologio al centro, l’ospedale, composto di tre pezzi bianchi con la croce rossa, e l’hotel, con l’H di hotel.
Il manifesto, esterno al packaging, presenta tutte le illustrazioni dei palazzi, disposte in una griglia stradale senza prospettiva come a comporre una città. Ogni palazzo poggia sul reticolo bianco, che costituisce la maglia stradale della città immaginata. Lo sfondo è stato ritagliato, in modo da creare un vuoto dietro la successione dei palazzi e lasciare quindi la libertà di un continuo cambiamento. La città è pensata così come una griglia trasparente capace di modificarsi a seconda dello scenario che le si associa. Lo stesso principio generatore è stato utilizzato per la realizzazione del libretto gioco, in cui i palazzi sono accostati in una linea centrale fissa, mentre diversi scenari illustrati cambiano sopra e sotto questa città. In questa operazione di lettura-interpretazione il bambino crea la propria storia e vede sotto i propri occhi i cambiamenti di contesto dei propri palazzi. All’interno del packaging troviamo dei pezzi di cartoncino di forma quadrata, che da un lato fungono da carte di presentazione dei vari palazzi del gioco, dall’altra riportano frammenti di strade su sfondo celeste. Un puzzle senza agganci prestabiliti, per poter comporre a proprio piacere la base della mia città gioco. In questo modo posso ottenere sempre combinazioni diverse, da disposizioni lunghe e strette a tipologie quadrate o rettangolari, immaginando così città sempre nuove, del passato o del futuro; l’importante è immaginare, costruire, imparare e divertirsi. Questa piattaforma urbana è la base d’appoggio per i vari palazzi giocattolo: il grattacielo, alto e stretto e di colore grigio, la caserma dei pompieri, due moduli a base quadrata colorati interamente di rosso, la chiesa con il campanile, la fabbrica, di colore scuro con il camino, la stazione dei treni con l’orologio al centro, l’ospedale, composto di tre pezzi bianchi con la croce rossa, e l’hotel, con l’H di hotel.
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E’ un giocattolo per bambini ma anche per bambine. Con “la mia città” si può giocare in casa e anche all’aperto, da soli o con gli amici. Costruiti per mille avventure. Con questo gioco i bambini possono immaginare una città migliore di quella odierna; una città più verde, con meno traffico e con più parchi, con spazi per giocare, per correre, per passeggiare. Immaginare una futura città più rispettosa, più ecologica, più divertente. Questi pezzi di metallo e di carta, che diventano palazzi e quindi città, possono spingere i bambini ad osservare e curiosare cose a cui non si sarebbero mai interessati, come ad esempio, qui, i diversi edifici delle proprie città con tutte le loro caratteristiche. La mia città, un giocattolo fatto di carta e d’alluminio, è un ricordo per i grandi, e una nuova esperienza per i piccoli.
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la mia cittĂ un gioco di carta e alluminio
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Conclusione
La mia città è un progetto per bambini, che si unisce a una serie di progetti che sempre più stanno nascendo e destando l’attenzione del pubblico, e che si spera arriveranno a coinvolgere un numero sempre maggiore di persone nel pensiero che una buona progettazione per l’infanzia è cosa molto seria e di grande importanza. I giocattoli non hanno, come singoli, la capacità di trasmettere tutti quei principi educativi di cui si è parlato in questa tesi, ma, nel loro insieme, possono contribuire seriamente alla formazione infantile. Tutti questi giochi cosiddetti “intelligenti” costituiscono per il bambino un insieme di stimoli volti a sviluppare determinate caratteristiche. Se si andranno a produrre sempre più giocattoli appositamente progettati, i bambini saranno abituati fin da piccoli a quegli impulsi creativi e critici che li faranno essere buoni adulti. Educare infatti le persone, fin da piccole, allo sviluppo della creatività è molto importante e necessario nel percorso di crescita, esattamente come la matematica e l’italiano, così come sostenevano Munari e Rodari. La fantasia, in ogni campo esitente, apre la mente, sviluppa le idee e aiuta a osservare le cose e i problemi da diversi punti di vista. Lo studio di queste tematiche è stato lo spunto e il fine ultimo di questo progetto per bambini sia a livello teorico che grafico-formale. Per arrivare a questo risultato, il lavoro è stato lungo e minuzioso: ogni singolo dettaglio del disegno dei giocattoli e delle illustrazioni diventava fondamentale per determinare uno o l’altro effetto. Il taglio di una finestra, il colore di ogni singolo elemento o il principio pedagogico di ogni parte, è stato pensato attentamente perchè il risultato finale fosse un insieme fluido di parti che possono essere prese come giochi singolarmente, ma che costituiscono allo stesso tempo un sistema compatto e coerente. La mia città infatti, è un progetto coordinato, che coinvolge il giocattolo materiale, ovvero i palazzi, ma anche le carte e il libro-gioco. E’ un insieme di elementi ognuno dei quali coinvolge il bambino in modi diversi, partendo comunque da uno stesso tema, vale a dire la città e utilizzando le stesse illustrazioni dei palazzi. L’accorpamento di diversi generi di prodotto avviene in realtà molto raramente, per questioni aziendali ed economiche legate alle ditte produttrici. In questo caso invece è stato sviluppato un apparato in cui ogni singolo pezzo acquista maggior forza proprio perchè in relazione con le altre parti che gli danno valore e significati in più. Così il libretto, non sarà semplicemente un libro-gioco da sfogliare, ma sarà uno stimolo alla creazione di scenari diversi anche con i palazzi stessi, attraverso la composizione sempre diversa che le carte stampate permettono, o attraverso il coinvolgimento di altri gicattoli. Questo progetto vuole essere solo un suggerimento, uno stimolo per insegnare ai bambini ad essere creativi e a vedere le cose sotto tanti diversi punti di vista.
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Indice analitico
immagine realizzata da Luca Boscardin - p. 7
MARCA the small object www.littlecircus-shop.com - p. 11
disegno tratto dal sito www.arteinfantile.it - p. 8
disegno da Famille SummerbelleHolidays da www.famillesummerbelle.com - p. 11
disegno infantile di Luca Boscardin - p. 9
Sedici Animali, Enzo Mari da Dâ&#x20AC;&#x2122;Avossa, Antonio, Picchi, Francesca, Enzo Mari, il lavoro al centro, Mondadori Electa, Milano, 1999 - p. 13
grafica disegnata da Luca Boscardin - pp. 8,9
immagini tratte da www.flikr.com - p. 14
Domsai, Matteo Cibic da www. matteocibicstudio.com - p. 10
Milk Coktail, Joe da Offline Design Inspiration, Part 3: Food Packaging da www.sitepoint.com - p. 14
Falling Bookends Art Ori Design Studio da http//artori.co.il - p. 10
Bauhaus Bauspiel, riprodotti da Naef Spiele, www.naefspiele.ch - p. 16
CleanMachine, Konstantine Grcic da www.konstantin-grcic.com - p.10
Meccano,prima confezione, da Morteo, Enrico, Grande atlente del design dal 1850 a oggi, Electa, Milano, 2008 - p. 17
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Meccano, dettaglio pezzi, da Morteo, Enrico, Grande atlente del design dal 1850 a oggi, Electa, Milano, 2008 - p. 18
Tree, Kidsonroof da www.kidsonroof.com - p. 23
Lego, tratti da www.gettyimages. com - pp. 18,19
Animal Domino, PlanToys, da www. plantoys.com - p. 24
trottola Bauhaus riprodotta da Naef Spiele, www.naefspiele.ch - p. 19
immagine tratta da www.flikr.com - p. 24
Sedici Animali, Enzo Mari http//theanimalarium.blogspot.com - p. 21
Ornabo, Naef Spiele, www.naefspiele.ch - p. 24
grafica Sedici Animali, Enzo Mari http//theanimalarium.blogspot.com - p. 21
Noahâ&#x20AC;&#x2122;s Ark, PlanToys, da www. plantoys.com - p. 24
PiĂš e meno, Bruno Munari www. littlecircus-shop.com - p. 22
Road & Rail - Turntable, PlanToys, da www.plantoys.com - p. 25
Il gioco delle Favole, Enzo Mari da www.corraini.com - p. 22
Juba, Naef Spiele, www.naefspiele.ch - p. 25
Rainbow, Naef Spiele da www. naefspiele.ch - p. 23
Lacing Sheep PlanToys, da www.plantoys.com - p. 25
Tree, Kidsonroof da www.kidsonroof.com - p. 25
Abc d’air, Lire et jouer avec Bruno Munari, da www.pietrocorraini.com - p. 33
copertine testi di Bruno Munari editi da Corraini, da www.corraini.com - p. 27
immagine tratta da Bruno Munari, Il venditore di animali, Corraini, 2004 - p. 33
Mercury #56 Mercdes Formula 1, circa 1956, da www.collectorsweekly.com - p. 28
libro illeggibile, Bruno Munari, da www.corraini.com - p. 35
copertina della prima pubblicazione di Pinocchio di Carlo Collodi, da www.agoramagazine.it - p. 29
Nome di Bruno Munari costruito graficamente da Munari, 1987, dal libro “Amici della Sincron”, 1992 (edizione fuori commercio) - p. 36
immagini tartte da -Bruno Munari, Giovanni Belgran, Più e Meno, Corraini, 2008 - p. 31
copertina di Bruno Munari, Le forchette di Munari, Corraini, 2004 da www.corraini.com - p. 35
Ehon, GgKids, da www.gigoitaly.com - p. 31
Abc con fantasia, Bruno Munari, da www.corraini.com - p. 36
confezione Prelibri, Bruno Munari, da www.corraini.com - p. 32
i gatti di Bruno Munari, da www.arapacis.it - p. 36
esempi di Prelibri, Bruno Munari, da www.corraini.com - p. 32
foto manifesto di presentazione del progetto, realizzato in carta e ritagliato a mano - p. 39
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illustrazione vettoriale realizzata da Luca Boscardin - p. 40
foto di alcuni palazzi finiti - p. 47
serie di foto del progetto in via di realizzazione - p. 41
disegni di bambini tratti dal sito www.arteinfantile.it - p. 48
la mia cittĂ un gioco di carta e alluminio
font utilizzata per la realizzazione del logo: Blippo - p. 49
foto di tutti i palazzi finiti - pp. 42,43
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tavola tecnica per la realizzazione dei vari palazzi - pp. 44,45
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packaging del giocattolo in tutte le sue componenti - pp. 50,51
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foto di uno dei palazzi: la caserma dei pompieri - p. 46
carte gioco contenute allâ&#x20AC;&#x2122;interno del packaging - p. 51
schizzo progettuale - pp. 46,47
disegno a mano realizzato da Luca Boscardin - p. 52
la mia cittĂ illustrazione vettoriale realizzata da Luca Boscardin - p. 47
POLICE
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logo del progetto - p. 53
un gioco di carta e alluminio
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Desidero ringraziare la Prof.ssa Cornelia Lauf per aver creduto nel mio progetto fin dall’inizio e per tutto l’aiuto e la disponibilità che mi ha saputo dare in questi mesi di lavoro. Ringrazio Arianna Callegaro per la sua preziosa revisione e gli utili consigli. Ringrazio la Prof.ssa Gillian Crampton Smith per la sua indispensabile collaborazione e per la disponibilità a sostenere il mio progetto. Ringrazio la carpenteria Grego S.r.l. di Bassano del Grappa senza la quale i miei giocattoli non sarebbe stati realizzati. Un grazie speciale a Valentina, capace di trasmettermi entusiasmo in quello che ho fatto e per essere stata sempre al mio fianco nel corso di questa importante esperienza. Ringrazio di cuore la mia famiglia per avermi sostenuto e permesso di raggiungere questo importante traguardo. Infine, un grazie a tutti gli amici incontrati in questi anni di studio per tutte le fatiche condivise e la loro speciale compagnia.