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EDEN EDEN

EDEN magini da un mondo felic immagini di un mondo felice

immagini da un mondo felice

dall’Impressionismo alla Scapigliatura

A cura di

Jean Michel Foray e Claudio Bottello

testi critici di

Marisa Vescovo Jean Michel Foray

è una produzione rte progetti e servizi per l’arte


EDEN immagini da un mondo felice

Alla fine del XIX secolo, Renoir dipinge paesaggi di contadini occupati a lavorare i campi, lavandaie indaffarate a lavare i panni ad una fonte, ma soprattutto giovani e fiorenti fanciulle che raccolgono fiori nei prati, bagnanti al sole. Tutto questo parla di un mondo fatto di candore, di semplicità, di bellezza, di calma, un mondo di bagnanti e di nudi che sembrano guardare con occhio innamorato un mondo primitivo, un tempo innocente eppur sensuale. Un universo ideale situato fuori della realtà del tempo, che evoca piaceri esistenziali e un’eterna serenità. Un paradiso perduto e inaccessibile. Tranquillo Cremona, l’edera 1878.

Questi temi si trovano di frequente nella pittura del XIX secolo, degli Impressionisti, dei Neo-impressionisti, nei pittori che adottano una tecnica “puntinista” e talora anche nei “Fauves”. Non possiamo non notare che tali dipinti evocano un irraggiungibile EDEN senza tempo, con molti rimandi all’arte classica (Tiziano, Pussin, Rubens, Pouvis de Chavennes ), con visioni di acque, nuotatori, o di baccanti e creature mitiche immerse in boschi incantati. Esiste anche però una versione modernizzata di questo tema: i corpi erotici delle donne fanno spazio a quadri che evocano momenti di intimità materne, e attimi di felicità nella natura . I dipinti che si imperniano su questo tema sono tanti, così da dare vita ad un vero e proprio genere pittorico che passa trasversalmente molti movimenti artistici di fine Claude Monet “Promenade près d’Argenteuil”


Ottocento e primo Novecento. Pensiamo al Divisionismo italiano, che talora scopre che l’arte non è riproduzione della pura realtà, ma costruzione di un rapporto inedito con un mondo sconosciuto, l’atto creativo divisionista è certamente scoperta di un mondo da esplorare. È atto di creazione di un mondo, che fa scaturire dalla natura ciò che per noi era invisibile, e ci fa scoprire il miracolo della luce, che rende magica ogni cosa. Questa ricerca dell’EDEN è stata perseguita anche da pittori legati a correnti specificatamente realiste o simboliste, che però hanno sentito la necessità di evadere dal reale per conquistare lo spettatore a momenti di felicità. Questo è il filone d’arte pittorica che questa mostra vuole esplorare con occhi e riflessioni contemporanee.

Pierre Bonnard, le paradis

Pierre Auguste Renoir “Under the Arborat Le Moulin de la Galette” 1876


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EDEN

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dall’Impressionismo alla Scapigliatura

A cura di

Jean Michel Foray e Claudio Bottello

testi critici di

A cura di

Marisa Vescovo

Jean Michel Foray

Testo critico di

è una produzione rte

progetti e servizi per l’arte


Sophie Browne

Sophie Brown. Nacque nel 1866 da una famiglia di diplomatici di Dublino, visse la maggior parte della sua vita a Pallanza, dove suo nonno Peter costruì uno chalet sulla cima della collina Castagnola. Quando Arnaldo Ferraguti venne a Pallanza, Sophie studiò privatamente da lui, prendendo i soggetti realistici e la tecnica a pastello dall’artista ferrarese. Nel 1896 sposò suo cugino, il marchese Sivio Della Valle di Casanova, un musicologo, studente di letteratura tedesca e poeta simbolista; insieme ricostruirono la villa di famiglia a Pallanza, chiamata Villa San Remigio, ridisegnarono i giardini trasformandoli in un ibrido tra giardini del Rinascimento italiano e Romanticismo inglese, riccamente decorati con statue e fontane in stile simbolista. Dopo il suo matrimonio, Sophie, (che iniziò a siglare i suoi dipinti con “SVC”) portò la sua produzione artistica fino a soggetti di ispirazione mitologica, nella quale si perse una certa vicinanza al mondo reale. Ospitò diverse personalità del mondo artistico a Villa San Remigio come: Gabriele D’Annunzio, Umberto Boccioni, e Ferruccio Busoni. Morì a Milano nel 1960.


eva 1898 cm52x152


Pierre-Auguste Renoir

Renoir Pierre-Auguste. Pittore (Limoges 1841 - Cagnes-sur-Mer 1919). Stabilitosi a Parigi con la famiglia (1844), dopo gli studî presso l’École de dessin et d’arts décoratifs e una parallela esperienza artigiana come decoratore, frequentò (1862-64) i corsi di M.-C.-G. Gleyre all’École des beaux-arts. In quegli stessi anni visitò spesso il Louvre, eseguendo copie da Rubens e da maestri francesi del sec. 18°, e strinse amicizia con C. Monet, A. Sisley e J.-F. Bazille con i quali cominciò a dipingere all’aperto condividendo la ricerca di un più diretto approccio alla natura. Nel 1864 fu ammesso per la prima volta al Salon (Esmeralda che danza, 1864, poi da lui stesso distrutta) e ottenne commissioni per alcuni ritratti; intensificò le sue ricerche en plein air dipingendo nei dintorni di Parigi e nella foresta di Fontainebleau (Lise con l’ombrellino, 1867, I coniugi Sisley, 1868), . Se alcune opere mostrano ancora influenze courbettiane (La locanda di Mère Antony, 1866, ) o di Delacroix (Donna d’Algeri, 1870,), dal 1869 prevalse in R. l’interesse per lo studio della luce e della resa atmosferica; egli, infatti, pre-

dilesse dipingere paesaggi raggiungendo risultati di vibrante luminosità, in particolare, nelle opere eseguite a Croissy e ad Argenteuil, a stretto contatto con C. Monet (D’estate, 1869, Pont-Neuf, 1872, La Senna ad Argenteuil, 1874,). Nel 1874, alla prima mostra degli impressionisti R. espose, con altre tele, Il palco (1874,); quest’opera, costruita esclusivamente attraverso la modulazione dei rapporti cromatici, definì l’avvio di una ricerca che, rivolta a rappresentare lo spazio solo come luce e colore, giungerà quasi allo sfaldamento della forma (Donna con ombrellino e bambino, 1874, Ballo al Moulin de la Galette, 1876,). Nel 1879, R. disertò la quarta mostra degli impressionisti e presentò al Salon un’opera che tendeva a privilegiare il disegno e un’elaborazione più accurata, la grande tela Madame Charpentier con le figlie (1878), che ottenne un grande successo di pubblico. Il nuovo orientamento (manière aigre), elaborato anche attraverso numerosi schizzi preparatorî, si precisò dopo i viaggi in Algeria (1881) e in Italia (1881-82), stimolato in particolare dagli affreschi pompeiani e dalle opere di Raffaello: accanto a una libertà cromatica, che assunse tonalità più calde e luminose, il disegno si fece più nitido e più incisivo il trattamento della forma, filtrato anche attraverso l’esempio di Ingres, mentre una struttura più grandiosa e volumetrica caratterizza i ricorrenti nudi femminili (La colazione dei canottieri, 1881, Gli ombrelli, 1881-85, Bagnante seduta, 1883, Pomeriggio delle bambine a Wargemont, 1884,). Dalla fine degli anni Ottanta, le sue opere sono segnate da maggiore libertà espressiva, arricchita, dopo un viaggio in Spagna nel 1892, di profonde suggestioni tratte da

Goya e da Velázquez: Nel prato, 1890, Fanciulle al piano, 1892. A Cagnes, dal 1905, seppur affetto da una grave forma reumatica che finì per paralizzargli le dita, R. continuò a dipingere (Vigneti a Cagnes, 1908, Tilla Durieux, 1914, Bagnanti, 1918-19). Dopo il 1907, si dedicò anche alla scultura realizzando, con l’aiuto di un giovane apprendista, grandi nudi modellati con ampiezza di piani (Venere vincitrice, 1914).


“Under the Arborat Le Moulin de la Galette� 1876 o/t 81 x 65


“Baigneuse” 1910 olio su tela cm 65,5 x 54

“Paysage de Cagnes” 1905


“Baigneuse assise sur un rocher “ 1882 h/t cm 54 x 40


Claude-Oscar Monet

Claude Monet. (Parigi 1840 - Giverny 1926) Pittore francese. Capofila del movimento impressionista, portò al massimo livello lo studio degli effetti mutevoli della luce naturale. Mostrò prestissimo il suo talento artistico, cominciando fin da ragazzo a disegnare caricature, per poi seguire l’insegnamento di Eugène Boudin che lo incoraggiò a dipingere all’aperto. Nel 1859, da Le Havre, dov’era cresciuto, si trasferì a Parigi, iniziando a frequentare Edouard Manet e altri pittori che in seguito avrebbero formato il gruppo impressionista, come Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir e Alfred Sisley. Lavorando molto in esterni (en plein air, secondo i dettami impressionisti), Monet dipingeva paesaggi e scene di vita quotidiana così come si presentavano ai suoi occhi, senza artifici. Nel 1865 cominciò a esporre al Sa-

lon, dove le sue opere ottennero sempre maggiore successo. Le critiche al suo stile, decisamente innovativo, arrivarono dai sostenitori dell’arte accademica, che consideravano frutto di negligenza le sue ampie pennellate applicate con libertà sulla tela. Nel 1874 Monet e il suo gruppo decisero di organizzare una propria esposizione. La critica, giudicando sommario e incompiuto il loro stile, li definì sprezzantemente “impressionisti”, volgendo così in burla il titolo di un’opera di Monet (Impression, soleil levant, 1872). In questo periodo, le composizioni dell’artista si caratterizzano per l’uso di colori puri; in particolare il bianco, che suggerisce la luce, e il blu, applicato nelle zone d’ombra, gli consentivano di rendere sulla tela un’impressione spontanea dei paesaggi che aveva di fronte. Verso la metà degli anni Ottanta Monet conobbe i primi successi di critica e di pubblico. Dal 1889 iniziò a eseguire serie di dipinti (famosa, tra le altre, è quella delle Cattedrali di Rouen, 1892-94) che ritraevano lo stesso soggetto in diverse ore del giorno o in diversi periodi dell’anno, mostrando così che la sua tecnica, nonostante l’apparente semplicità, ben si prestava a rendere l’intera gamma delle variazioni atmosferiche. Dal 1899, acquistò una casa a Giverny, vicino a Parigi, si dedicò a ritrarre il suo giardino ricco di fiori (oggi aperto al pubblico), realizzando, tra l’altro, la serie delle Ninfee (1909-26), talvolta su tele di grandi dimensioni.


Le pont Japanais

nymphĂŠas, 1915 cm 130 x153


“Coin de l’étang à Giverny” o/t 117 x 83


“Promenade près d’Argenteuil” 1875 h/t 60x81


Paul Gauguin

Gauguin Paul. Pittore francese (Parigi 1848 - Dominica, isole Marchesi, 1903). Entrato nel 1868 nella marina militare, visitò la Svezia e, nel 1870, la Danimarca. Di ritorno a Parigi, con alcune felici operazioni di borsa si assicurò un certo agio e incominciò ad acquistare opere degli impressionisti. Nel 1873 si sposò (ebbe cinque figli). Si dedicò allora alla pittura. I suoi esordî sono rappresentati da alcuni quadri dipinti nel gusto di C. Pissarro; nel 1880 espose con gli impressionisti. Ma nel 1883 il fallimento dell’Union Générale, di cui era agente di cambio, lo rovinò finanziariamente. Nel 1886 trascorse varî mesi in Bretagna, a Pont-Aven, traendo ispirazione per opere espressioniste caratterizzate da colori violenti. Conobbe in quell’anno a Montmartre V. van Gogh, cui si legò di un’amicizia profonda, che ebbe però fasi drammatiche. Spinto dal disprezzo per la civiltà contemporanea e dal desiderio di ritrovare una umanità più pura e istintiva, nel 1887 si recò a lavorare come sterratore nella costruzione del canale di

Panama e si spinse poi fin nella Martinica. Ritornò in Francia l’anno seguente, in cattive condizioni di salute, ma con dipinti e ceramiche ispirati alla Martinica. Ritrovò van Gogh già colpito dalla follia, e con lui visse per qualche tempo ad Arles. Nel 1889 era di nuovo a Pont-Aven e vi eseguiva varî dipinti nel nuovo stile a cloisons. A Parigi s’incontrò con i poeti simbolisti; nel 1891 conobbe Mallarmé e Mirbeau. Egli aveva intanto progettato di trasferirsi ai tropici. Si stabilì a Tahiti e, persuaso d’aver trovato il paradiso terrestre, visse con la ragazza maori Téhoura, partecipando pienamente alla vita indigena. Nel 1893 un’eredità gli diede l’occasione di ritornare a Parigi. In collaborazione con Charles Morice scrisse “Noa-Noa”, opera piena di poesia, interessante documento delle sue idee sull’arte. Povero e malato, nel 1895 vendette tutto per ritornare a Tahiti. Dipinse allora i suoi quadri migliori. Nel 1897 si trasferì nell’isola ancor più primitiva di Atuona (Marchesi). Nel 1903 fu arrestato per aver difeso alcuni indigeni contro un poliziotto e finì i suoi giorni in carcere. Tra i quadri più noti: “Le Christ jaune” e “la Belle Angèle”, del periodo bretone; “la Sorgente”, “il Cavallo bianco” e il grande trittico “Chi siamo? Donde veniamo? Dove andiamo?” del 1898. Nel campo della plastica, eseguì anche rilievi decorativi in legno e in ceramica. Dal 1889 in poi il suo influsso si fece sentire su M. Denis e P. Bonnard, ma anche sullo sviluppo dello stile detto floreale e sugli inizî dell’espressionismo tedesco. Egli contribuì decisamente al formarsi di quell’interesse per l’arte dei neri e dei popoli primitivi, che tanta parte ebbe nell’origine e nello sviluppo del cubismo; dalle idee e dalla sua pittura muovo-

no i fauves. Nel concepire la pittura come diretta espressione del mondo interiore dell’artista, aprì la via non solo all’espressionismo, ma anche alle correnti non figurative o astratte.


“Matamoe” 1892 o/t 115 x 86



“Promenade familiale� 1901 o/t 76 x 65


Moïse Kisling

Moïse Kisling. Nato a Cracovia da una famiglia ebraica, studiò alla Scuola delle Belle Arti di Cracovia, dove venne incoraggiato a trasferirsi a Parigi, il centro della creatività artistica dell’epoca. Nel 1910, Kisling giunse a Montmartre per poi trasferirsi, qualche anno più tardi, a Montparnasse. Allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruolò volontario nella Legione straniera francese e nel 1915 rimase seriamente ferito nella battaglia della Somme, motivo per il quale fu premiato con la cittadinanza francese. Kisling visse e lavorò a Montparnasse dove fece parte attiva della comunità artistica del tempo. Per un breve periodo visse a Bateau-Lavoir finché nel 1913 prese uno studio a Montparnasse, nello stesso edificio dove vivevano Jules Pascin e in seguito anche Amedeo Modigliani, del quale divenne amico intimo e dal quale fu ritratto nel 1916. Lo stile utilizzato da Kisling nel dipingere paesaggi è similè a quello di Marc Chagall, ma la sua fama è soprattutto dovuta

ai suoi nudi surreali e ai ritratti. Moïse Kisling morì a Sanary-sur-Mer, Var, Provence-Alpes-Côte d’Azur, il 29 aprile 1953. La più ampia raccolta delle opere di Kisling è esposta al Musée du Petit Palais di Ginevra.


“Eve” o/t 60 x 50


Paul Cézanne

Paul Cézanne. Paul Cèzanne nasce il 19 gennaio 1839 ad Aix-en-Provence da famiglia agiata. Compie studi regolari iscrivendosi nel 1852 al Collegio Bourbon, ed è qui che incontra Emile Zola, con cui manterrà una amicizia profonda fino al 1886; frequenta anche la scuola di disegno locale. Vorrebbe recarsi a Parigi a studiare pittura, ma a causa dell’opposizione paterna può realizzare il suo desiserio solo nel 1861. Il primo soggiorno parigino non è però felice: deluso e amareggiato ritorna dopo alcuni mesi ad Aix, dove si impiega nella banca paterna. Ma nel novembre del 1862 egli è di nuovo a Parigi, dove frequenta l’Académie Suisse e stringe amicizia con molti dei futuri impressionisti: Pissarro,Monet, Sisley, Renoir ed altri. In preda a una nuova crisi di sconforto ritorna ad Aix nel 1864; da quest’epoca al 1870 alternerà i soggiorni ad Aix con quelli parigini. Durante la guerra del ‘70 si ritira a dipingere a L’Estaque, presso Marsiglia.

Nel 1873 è ad Auvers-sur-Oise, dove dipinge la maison du pendu , che espone l’anno seguente con altre tele, alla prima mostra degli impressionisti. Le sue opere trovano da parte del pubblico un’accoglienza assai poco incoraggiante, che si ripete anche nel 1877 alla terza mostra impressionista, cui Cézanne partecipa con diciassette dipinti; l’anno seguente segna il suo distacco dall’Impressionismo. La sua vita è caratterizzata da frequenti spostamenti attraverso la Francia: oltre che ad Aix e a Parigi egli è a L’Estaque, Pontoise, Fontainebleau, Giverny. L’ ‘86 è l’anno della clamorosa rottura con Zola : questi infatti nel suo romanzo “ L’oeuvre “ , prende Cézanne come modello di un pittore fallito. Qualche anno prima, nell’ ‘82, Cézanne ha visto per la prima volta una sua opera accettata al Salon;; nell’ ‘87 espone col gruppo ‘Les XX ‘ a Bruxelles, e nell’ ‘89, grazie a Chocquet, alla Decennale dell’Arte francese; la sua prima mostra personale, organizzatagli nel ‘95 da Vollard, benchè incontri ancora una volta l’incomprensione del pubblico, consolida l’appezzamento della sua opera da parte degli artisti. Alle soglie del secolo nuovo la sua fama è ormai internazionale espone a Bruxelles , alle mostre degli Indépendants, e, con grande successo, al Salon d’Automne. Il 15 ottobre 1906, sorpreso da un acquazzone mentre dipinge all’aperto presso Aix, il pittore viene colto da sincope; si spegne, nella sua casa di Aix, il 22 ottobre, all’età di sessantasette anni.


“Citerne dans le parc de chateau� 1900


Henri Matisse

Paul Cézanne. Il pittore e scultore francese Henri Matisse nasce a Le Cateau-Cambrésis (Francia) il 31 dicembre 1869: visse durante uno dei periodi più densi di eventi tragici della nostra storia. Eppure, nella sua opera, non vi è traccia dell’alienazione, della sofferenza, delle contraddizioni della nostra era: i suoi dipinti sono un mondo a parte, in cui si trova sollievo, pace, rifugio, calma, serenità, colore e luce. Dal 1895 al 1899 Matisse frequenta lo studio di Gustave Moreau, studiando i lavori di Manet e di Cezanne e, risentendo delle esperienze dell’impressionismo, nel 1897 crea “La deserte”. Dopo alcuni soggiorni in Inghilterra, in Corsica e nella regione di Tolosa, nel 1902 presenzia in alcune mostre presso la galleria di B.Weil a Parigi, esponendo, tra le altre opere, anche “Veduta di Notre Dame nel tardo pomeriggio” del 1902. In questi anni, dal suo studio approfondito dell’arte neo-impressionista e dalla scoperta dell’arte africana e asiatica, nasce la “pittura pura dei fauves”, nuova corrente di cui Henri Matisse è massimo interprete.

Nel 1941, in concomitanza con lo scoppio della seconda guerra mondiale, dipinge la famosa tela “Natura morta con magnolia”. Nel 1943 si stabilisce a Vence, dove si dedica, negli anni dal 1949 al 1951, alla realizzazione della cappella dei Dominicani della Madonna del Rosario. Tra le sue opere più importanti si ricordano il “Nudo blu” del 1907, “La danza” del 1908 e “La danza e la musica” e del 1910. Della sua produzione negli anni ‘20 è famosa la serie delle “Odalische”. Negli stessi anni l’artista si cimenta anche nel campo della scenografia, del disegno e dell’incisione; negli anni ‘30 produce inoltre arazzi. Numerose sono anche le sue opere di scultura in bronzo. Henri Matisse muore a Nizza il 3 novembre 1954.


“Conversation sous les oliviers” o/t 100x 82


Alfred Sisley

Sisley Alfred. Pittore (Parigi 1839 - Moret-sur-Loing, Senna e Marna, 1899); nato da genitori inglesi, dopo gli studî commerciali a Londra, decise di dedicarsi alla pittura. A Parigi frequentò i corsi di Ch. Gleyre (186264) presso l’École des beaux-arts, dove conobbe F. Bazille, A. Renoir e C. Monet, con i quali strinse una duratura amicizia condividendone le nuove ricerche en plein air. Partito da una pittura dal disegno fermo, vicina alle soluzioni di J.-B.-C. Corot e di Ch.-F. Daubigny “Veduta di Montmartre” 1869, dopo il 1870 si accostò all’esempio di Monet, maturando uno stile personale dalle tonalità terse e leggere, di grande luminosità e trasparenza, al quale dovette contribuire anche la conoscenza della pittura di paesaggio inglese “Ponte a Villeneuve-la-Garenne” 1872. Carattere solitario e appartato, salvo i brevi soggiorni in Inghilterra (1874; 1897) e a Parigi, in occasione delle mostre degli impressionisti, visse prevalentemente nei pressi di Louveciennes e a Moret-sur-Loing, qui, sottile interprete del paesaggio, seppe

rendere con grande poesia il variare delle stagioni in opere, modulate su gamme fredde e delicatissime, nelle quali il tratto si frantuma e riflette il movimento dell’acqua e la vibrazione dell’aria “Inondazione a Port-Marly” 1876; “Canale del Loing” 1884; “Ponte di Moret” 1893.


printemps aux environs de paris, 1879 cm44x60


Pierre Bonnard

Pierre Bonnard. Pierre Bonnard nasce il 3 ottobre 1867 a Fontenay-aux-Roses, figlio di un funzionario ministeriale. Dopo il diploma in legge decide di dedicarsi alla pittura: a Parigi, nel 1888 segue i corsi dell’Accademia Julian e dell’Ecole des Beaux-Arts. È in questo periodo che conosce artisti come Paul Sérusier, Maurice Denis, Paul Ranson, Édouard Vuillard e Ker-Xavier Roussel, con i quali forma il gruppo dei Nabis (dall’ebraico nabiim, che significa profeti, ispirati) e con i quali esporrà al Salon des Indépendants a partire dal 1891. Il gruppo degli artisti Nabis nasce ufficialmente nell’ottobre del 1888, quando Paul Sérusier mostra loro un piccolo olio, un paesaggio dipinto a Pont-Aven sul coperchio di una scatola di sigari (conservato oggi al Musée d’Orsay di Parigi), eseguito secondo i consigli di Paul Gauguin: viene considerato il “talismano” e diventa il simbolo del gruppo.

Al pari degli altri artisti Nabis, Bonnard, che all’interno del gruppo conservò il titolo di Nabi japonard, trae costante ispirazione dalle scienze occulte e dalla magia: le ricerche esoteriche lo allontanano progressivamente dal realismo e dal naturalismo impressionista e lo avvicinano ad una pittura simbolista, destando l’ammirazione del poeta Guillaume Apollinaire. I suoi modelli stilistici sono le opere del periodo bretone di Paul Gauguin e le stampe giapponesi, da cui assimila il tentativo di deformare la realtà enfatizzando gli elementi suggestivi e carichi di significati simbolici; la sua reazione all’impressionismo si basa su una pittura più meditata ma con un uso più incisivo del colore. Un volta terminato il servizio militare, riprende la sua attività parigina a Montmartre, in un atelier condiviso con Denis e Vuillard, esponendo per gli Indépendants, centrando il successo con il cartellone pubblicitario per France-Champagne, ed eseguendo bozzetti di costumi, decorazioni. Negli ultimi anni del diciannovesimo secolo, Bonnard si dedica anche alle arti applicate: le scenografie teatrali, le litografie e le illustrazioni del periodo sono caratterizzate da figure con ritmi sinuosi che si rifanno ai modelli giapponesi, all’art nouveau e alla traduzione dei nuovi lirismi di Mallarmé e Verlaine; il suo stile suscita ammirazione e colpisce molto Henri de Toulouse-Lautrec, che vi trova motivi di ispirazione per i suoi manifesti. Appartengono alla fine del secolo una maggiore attenzione alla manifestazione degli affetti intimi dei personaggi, come nella Madre e figlio, le visioni di squarci parigini impreziosite da presenze umane vitali, come nel Les grands boulevards, i

ritratti femminili come l’ Alexandre Natanson che rivelano una immediatezza e leggerezza di pennellata, una geniale intuizione per i soggetti scelti e una capacità di costruzione narrativa autonoma e personale. Dal 1900 in poi Bonnard continua a esporre con crescente successo e compie numerosi viaggi alla ricerca di nuovi soggetti. In questo periodo l’artista attraversa un nuovo ripensamento dell’Impressionismo: alla presa diretta della realtà si affianca un’atmosfera di malinconica lontananza. Si intensifica il suo interesse per le ambientazioni intimistiche, per le scene di toilette, per i nudi femminili assieme agli altri temi centrali della sua arte che continuano ad essere paesaggi, nature morte, ma che ora si fanno più gioiosi e al contempo strazianti. I suoi lavori si caratterizzano, in questo periodo, di preminenti rapporti di luce fra figure e oggetti, di colori estremamente variegati attorno al madreperla. Nella fase di fusione tra tracce di luminescenza impressionistica e temi elaborati e studiati emerge la chiave di lettura e di riuscita delle sue opere, ossia la simbiosi tra narrazione figurativa e ritmo vitale. Dopo la guerra soggiorna abitualmente in Costa Azzurra. Muore a Le Cannet, nelle Alpi Marittime, il 23 gennaio 1947 3 mesi e 20 giorni dopo aver tagliato il traguardo dei 79 anni.


“Paysage normande”


Francis Picabia

Francis Picabia, Nacque a Parigi, da madre francese e padre spagnolo cancelliere all’ambasciata cubana di Parigi. Ebbe un’infanzia agiata, nonostante fosse emotivamente turbato. Studiò all’École nationale supérieure des beaux-arts. All’inizio della sua carriera, dal 1908 al 1913 fu fortemente influenzato prima dalla Scuola di Barbizon e da Alfred Sisley e Camille Pissarro, poi dall’impressionismo, cubismo (specialmente della Section d’Or) e infine astrattismo. Intorno al 1911 entrò a far parte del Gruppo Puteaux che incontrò nello studio di Jacques Villon nel paesino di Puteaux. Divenne quindi amico dell’artista Marcel Duchamp. Alcuni membri del gruppo erano Apollinaire, Albert Gleizes, Roger de La Fresnaye, Fernand Léger e Jean Metzinger. Dal 1913 al 1915 Picabia fu spesso a New York e prese parte attiva nei movimenti avanguardisti, introducendo l’arte moderna (intesa come modernità e modernismo) negli Stati Uniti. Questi anni possono essere identificati come il perio-

do proto-dada, che consta maggiormente dei cosiddetti ritratti meccanici (portraits méchaniques): queste opere proponevano ironicamente temi meccanicistici di casuali grovigli di parti metalliche, dipinti e disegni di macchine. Tutti questi meccanismi da una parte irridevano il culto della macchina, dall’altra alludevano a rapporti sessuali. In seguito, nel 1916, pubblicò a Barcellona la prima copia del periodico dadaista 391, nel quale pubblicò i suoi primi disegni meccanici. Continuò la pubblicazione con l’aiuto dell’amico Duchamp negli Stati Uniti. Picabia proseguì il proprio coinvolgimento nel movimento dadaista durante il 1919 a Zurigo e a Parigi prima di rompere il legame con i dada e sviluppare un interesse per il surrealismo nel 1921. Nel 1925 cambiò di nuovo stile per ritornare all’arte figurativa. Durante gli anni trenta divenne molto amico di Gertrude Stein. Nei primi anni quaranta si trasferì nel sud della Francia dove il suo processo artistico prese una svolta inaspettata: produsse una serie di dipinti basati sul nudo e sul glamour delle riviste femminili francesi, con uno stile sfarzoso che sembrava sovvertire i classici nudi femminili. Prima della fine della Seconda guerra mondiale fece ritorno a Parigi dove riprese l’astrattismo e la poesia. Morì a Parigi, nella stessa casa in cui era nato, il 30 novembre 1953. Il suo corpo è sepolto nel cimitero di Montparnasse.


“Adam et Eve”


Marie Vorobieff Marevna

Marie Vorobieff Marevna,

Marie-Bronislava Vorobieff Stebelska 1892 - 4 maggio 1984, nota anche come Marevna, era una pittrice cubista di origine Russa. Lei è conosciuta a livello internazionale per la combinazione convincente elementi del cubismo (chiamati da lei “Dimensionalism”) con il puntinismo e - attraverso l’uso della sezione aurea per la posa su dipinti - struttura. Lei tende ad essere accreditati con essere stato il primo pittore cubista femminile. Pur avendo vissuto la maggior parte della sua vita all’estero - i suoi anni di formazione come pittore cubista in Francia ei suoi anni maturi in Inghilterra -, si è spesso definito come un “pittore russo”. Dal suo rapporto con il pittore cubista messicano e poi muralista Diego Rivera a Parigi ha avuto una figlia, Marika Rivera (1919-2010), che si è andato a diventare una ballerina professionista e attrice cinematografica.


“Hommage à Diaghilev et et aux amis du Train Bleu” o/t 209,5 x 199


Marie Bracquemond

Marie Bracquemond, è la meno nota tra le pittrici impressioniste, ma non per questo meno degna di attenzione e ricordo. Le sue opere rappresentano una felice sintesi espressiva tra sensibilità, razionalità e poesia che si realizza in immagini intrise di luce e di ombra, in cui l’artista raggiunge una resa atmosferica decisamente straordinaria. La più grande sfida affrontata nella carriera di Marie Bracquemond fu lo scoraggiamento da parte del marito, l’artista Felix Bracquemond. A differenza delle altre donne, Bracquemond non godette degli stessi privilegi e fu per lo più autodidatta. Entrò a contatto con i membri del circolo dell’Impressionismo, inclusi Degas, Renoir e Monet, dopo che i suoi motivi per porcellane catturarono l’attenzione di Degas. Bracquemond esibì le sue opere in tre delle esposizioni impressioniste. La disapprovazione del marito Felix

Bracquemond verso l’Impressionismo e il suo scoraggiamento nella carriera della moglie, la portarono ad abbandonare definitivamente la pittura nel 1890.


sur la terrasse à sèvres avec fantin-latour 1880 cm 88x115


Mary Cassatt

Cassatt Mary. (Pittsburgh 1844 - Mesnil-Théribus (Oise) 1926). Strettamente legata alla storia del movimento impressionista, la carriera della C. si svolse per la maggior parte in Francia, sua patria d’adozione. Formatasi presso la Pennsylvania Academy of Fine Arts di Filadelfia, venne in Europa per visitare i musei e copiare i maestri. Frequentò a Parigi lo studio di Chaplin, ma Degas, che aveva notato i suoi invii al Salon (1872, 1873, 1874 e 1876) ne divenne il consigliere e la invitò ad unirsi agl’impressionisti (1877). Da allora ella partecipò alle loro mostre e si rivelò la miglior rappresentante femminile del movimento. Serbò tuttavia, in seno al gruppo, una marcata personalità. Si occupò esclusivamente di figura umana, in particolare del tema della madre col bambino, che illustrò per tutta la vita. Riprendendo da Renoir lo splendore luminoso delle carni e delle stoffe (“Il Palco”, 1878-79), non trascura il disegno, rendendolo il piú possibi-

le autentico e anche poco convenzionale. Come Degas, coglie la verità del gesto, spogliando di ogni artificio le immagini della vita quotidiana, madre e bambino. L’influsso di Degas è particolarmente avvertibile nei pastelli, nei disegni e nelle incisioni, che aumentano alla fine della sua vita. La mostra di stampe giapponesi, che aveva visitato in compagnia del pittore nel 1890, le ispirò una serie di stampe a colori, notevole per la precisione del tratto e il valore espressivo del disegno. Dedicò gli ultimi anni a far conoscere negli Stati Uniti la pittura impressionista. Possedeva di persona una notevole collezione, e consigliò molti amatori: è in parte grazie ai suoi sforzi che i musei americani possiedono oggi magnifici esempi di questa scuola. Si può condividere il giudizio che nei suoi riguardi formulò Gauguin, confrontandone gl’invii con quelli di Berthe Morisot: «Miss Cassatt possiede lo stesso fascino, ma piú forza». È rappresentata a Parigi e soprattutto in musei americani: “La Signora col tavolino da tè”, 1883 -85, “Passeggiata in barca”, 1893, “Donna e bambino che guidano una carrozza”, 1880 ca, “Alexander J. Cassatt e suo figlio”, 1885; “Il Bagno”, 1891-92, “Al teatro dell’opera”, 1880 ca.”La Tazza di tè”, “Dopo il bagno”, 1901 ca.


“The cup of tea” 1879c. h/t cm 92 x 65


Berthe Morisot

Berthe Marie Pauline Morisot, (Bourges, 14 gennaio 1841 – Parigi, 2 marzo 1895) è stata una pittrice francese. 
Ha 2 sorelle, e con una di queste, Edma, si trasferisce a Parigi per studiare pittura. I genitori, in particolare il padre, importante funzionario statale, le insegnano a disegnare e la incoraggiano a seguire gli studi artistici, accogliendo volentieri i suoi amici pittori, tra cui Edgar Degas. Berthe mostra un notevole talento, ma non potendo essere accettata all’École des Beaux-Arts in quanto donna, studia privatamente nello studio del pittore accademico Joseph Guichard, che la presenta a Corot, sotto la cui guida impara a dipingere all’aperto. Nel 1864 è ammessa al Salon e vi partecipa regolarmente fino al 1873. Nel 1868 conosce Édouard Manet, il quale le chiede di posare per lui: nel corso degli anni le dedicherà undici ritratti. Il suo stile iniziale risente dell’influenza di

Corot, ma col tempo l’amicizia con Manet l’avvicina allo stile impressionista. Il suo tratto diventa più sciolto, dando un’impressione di immediatezza e di spontaneità. Nella sua tavolozza prevale il bianco, talvolta arricchito da decise pennellate di colore intenso e vivace, che risalta sul fondo scuro e le permette di realizzare delicate opalescenze; per aumentare questi effetti di luminosa trasparenza, Berthe unisce spesso i colori ad olio agli acquerelli. Nella sua vita, Berthe Morisot, come le altre artiste del periodo, ha dovuto lottare contro i pregiudizi di chi trovava disdicevole per una donna la professione di pittrice, tanto che, nel suo certificato di morte, sarà identificata come “senza professione”. I pregiudizi del tempo, con conseguenti difficoltà a dipingere all’aperto o in luoghi pubblici, la rendono indifferente ed estranea alle questioni sociali che agitano la vita parigina in quei decenni; Berthe è quindi portata a dipingere interni e scene domestiche, con donne eleganti della media e alta borghesia ritratte in casa o in giardino, in varie ore della giornata. Non è però un’artista superficiale: un dato costante della sua arte è infatti l’analisi interiore dei personaggi, probabilmente influenzata in questo dall’amicizia con molti letterati, in particolare con Stéphane Mallarmé. Nel 1874 sposa Eugène Manet, fratello di Edouard, da cui avrà una figlia, Julie. Nello stesso anno espone, unica donna, alla prima mostra impressionista, tenuta nello studio del fotografo Nadar. Presenta nove opere tra acquerelli, pastelli e oli che ottengono apprezzamenti per la delicata vena poetica, ma anche

derisione e giudizi negativi. Sarà presente a tutte le edizioni successive, a eccezione di quella del 1879, a causa della maternità. Berthe finanzia con il marito l’ultima edizione, quella del 1886, in cui prende parte attiva alla selezione degli artisti. Successivamente espone con successo dai galleristi Georges Petit e Paul Durand-Ruel, in Francia e negli Stati Uniti. Col tempo diventa una delle personalità di spicco del gruppo impressionista e la sua casa è un luogo di ritrovo per musicisti, pittori e letterati, tra cui Stéphane Mallarmé, Émile Zola e Pierre-Auguste Renoir. Negli ultimi anni Berthe continua a dipingere e a esporre presso la galleria Boussod e Valadon, fino alla morte, che la coglie a Parigi il 2 marzo 1895, a 54 anni, in seguito a una polmonite.


“Soleil couchant sur le Bois de Boulogne” 1894 h/

au bord du lac 1883 cm 61x50


Henri-Edmond Cross

Cross Henri-Edmond, (Henri-Edmond Delacroix, detto) (Douai 1856 -Saint-Clair (Var) 1910). Allievo a Lilla del giovane Carolus-Duran (1866) e piú tardi di A. Colas (1877), poi a Parigi del pittore accademico Dupont-Zipcy (188185), venne per breve tempo influenzato da Bonvin e Carolus-Duran “Convalescente”, 1882-85. Partecipò nel 1884 alla fondazione degli Indépendants, esponendo “Angolo di giardino a Monaco”, la cui atmosfera all’aperto, realistica, come le sue “Lavandaie in Provenza”1885-89, richiama l’opera di Manet e degli impressionisti italiani. Amico dei neoimpressionisti, di cui condivideva le convinzioni anarchiche, adottò il divisionismo solo nel 1891, poco prima della morte di Seurat “Ritratto di Mme Cross”, espose, col gruppo, paesaggi ispirati dalla regione del Var, ove risiedeva “Spiaggia di La Vignasse”, 1891-92:, “Vendanges”, costellate di «pastiglie» di colori chiari rigorosamente

posate, le sue opere pure e armoniose “le Isole d’oro” 1891-92, sono talvolta tinte di un idealismo derivante da Puvis de Chavannes e dai Nabis “l’Aria della sera” 1893-94, “Notturno” 1896, ma piú spesso fedeli al populismo utopico di J. Grave “Escursione” 1894. Tra il 1895 e il 1900, preannunciando il fauvisme, C risolse talvolta il dilemma natura-astrazione con l’esplosione del colore puro “Ballo di paese” 1896, “Pescatore provenzale” 1896. Convertitosi al tocco largo di Signac, confermò quest’evoluzione dopo un viaggio a Venezia nel 1903 “Ponte San Trovaso” 1903-1905. I suoi folti paesaggi “Pomeriggio nel giardino” 1904, “Intorno alla casa” 1906, “Giardino rosso” 19061907, popolati di nudi “Fuga delle ninfe” 1906, “la Foresta” 1906-1907, sono pretesti per l’analisi lirica, per l’esaltazione colorata della luce, “lo Zavorratore” 1906, “la Baia di Cavalière” 1906-1907, “Cipresso a Cagnes” 1908. Due mostre, con presentazioni di Verhaeren e M. Denis, rivelarono nel 1905 presso Drouet e nel 1907 presso Bernheim-Jeune la freschezza e la sorprendente libertà dei suoi acquerelli.


“La fuite des nymphes” 1906 o/t 73 x 92


“Le Bois”n1906 o/t 46 x 55


“Le Cap Layet” 1904 o/t 89 x 116


Jean Metzinger

Jean Metzinger, Jean Metzinger proveniva da una eminente famiglia con tradizioni militari. Il suo bisnonno, Nicolas Metzinger (capitano del I Reggimento artiglieria a cavallo e cavaliere della Legion d’Onore), combatté sotto Napoleone Bonaparte. A seguito della prematura morte del padre, Eugène Francois Metzinger, Jean mostrò interessi per la matematica e la pittura. Dal 1900 studiò alla Académie des Beaux-Arts di Nantes, con Hippolyte Touront, un noto ritrattista di stile convenzionale, anche se Jean Metzinger dimostrò subito di essere interessato alle nuove correnti pittoriche. Metzinger inviò tre suoi dipinti al Salon des Indépendants nel 1903 e si spostò quindi a Parigi per seguirne la vendita. Dall’età di venti anni riuscì a mantenersi con gli introiti della sua attività di pittore professionista. Egli espose regolarmente i suoi quadri a iniziare dal 1903, parte-

cipando al primo Salon d’Automne nello stesso anno in cui entrò a far parte di un gruppo di artisti come Raoul Dufy, Lejeune e Torent, che esponevano in una galleria gestita da Berthe Weill (1865–1951). Metzinger fece ulteriori mostre alla galleria Berthe Weill nel 1907, con Robert Delaunay, nel 1908 con Marie Laurencin e nel 1910 con Derain, Rouault e Kees Van Dongen. E fu da Berthe Weill che incontrò Max Jacob per la prima volta.[2] Berthe Weill fu anche la prima gallerista parigina a vendere opere di Pablo Picasso (1906). Assieme a Picasso e Metzinger, ella contribuì alla scoperta di Matisse, Derain, Amedeo Modigliani e Utrillo. Nel 1904 Metzinger espose diversi suoi lavori, nuovamente al Salon des Indépendants ed al Salon d’Automne (dove espose regolarmente per tutta la sua vita). Nel 1906 Metzinger incontrò Albert Gleizes al Salon des Indépendants, e visitò il suo studio a Courbevoie alcuni giorni dopo. Nel 1908 pubblicò un poema dal titolo Parole sur la lune, nell’antologia di Guillaume Apollinaire, La Poésie Symboliste. Al Salon d’Automne del 1909 Metzinger espose sue opere assieme a quelle di Constantin Brancusi, Henri Le Fauconnier e Fernand Léger. Jean sposò Lucie Soubiron a Parigi il 30 dicembre dello stesso anno.


“La danse” 1906c. o/t 73 x 54


Maurice Denis

Denis Maurice. Pittore francese (Granville 1870 - Parigi 1943). Con P. Sérusier, P. Bonnard e P. Ranson, suoi compagni all’Académie Jullian, partecipò al movimento di reazione contro il naturalismo e il verismo, fondando il gruppo dei Nabis, di cui fu anche il portavoce teorico. Impegnato nel propugnare l’ideale dell’unità delle arti e un ritorno ad un cattolicesimo primitivo, elaborò un linguaggio di ricercata purezza compositiva e cromatica, tutto giocato sulla bidimensionalità, evocativo di ambienti e situazioni. Si dedicò alla scenografia (per il simbolista Théâtre de l’Oeuvre di Lugné-Poë) e all’illustrazione (Voyage d’Urien di A. Gide, 1893). Dopo un viaggio in Italia (1898) modificò gradualmente il suo linguaggio verso una maggiore monumentalità; intraprese impegnative decorazioni (da quella del teatro degli Champs-Élysées, 1913, a quella del palazzo della Società delle Na-

zioni a Ginevra, 1939) e fondò con G. Desvallières l’Atelier d’art sacré (1919). Tra i suoi scritti: Théories (1912); Charmes et leçons d’Italie (1913); Nouvelles théories (1921); Histoire de l’art religieux (1939); Sérusier, sa vie, son oeuvre (1942).


“Plage au canot et à l’homme nu” 1924 o/t 97 x 125


Othon Friesz

Othon Friesz. Figlio di un capitano, Othon Friesz è, con Georges Braque e Raoul Dufy, allievo di Charles Lhuillier all’Ecole des Beaux Art di Havre.Una borsa di studio gli permise di entrare all’Ecole des Beaux Arts di Parigi nell’atelier di Leon Bonnat nel 1897, ma preferì la formazione frequentando il museo del Louvre. Inizialmente influenzato dagli Impressionisti, poi da Van Gogh e Gauguin, alcune delle sue opere vennero esposte al Salon d’Automne nel 1905, con opere di Matisse, Marquet e Manguin. Le pennellate di colori sgargianti e la nervosità del disegno donano la sensazione allo spettatore di penetrare una “gabbia di belve”. E’ l’inizio del fauvismo dove lui divenne uno dei rappresentanti. Nell’estate del 1906 con Braque fecero un soggiorno ad Anvers, lavorarono sugl stessi soggetti, poi l’anno seguente àa l’Eustache, trasposero sulle loro tele la luce del Midi. Di ritorno a Parigi, Braque

incontrò Picasso ed elaborarono i fondamenti del Cubismo, Friesz proseguì con un naturalismo inflenzato da Cézanne e realizzò dei paesaggi, delle nature morte e marine più tradizionali, conservando del periodo fauve l’energia del tratto, il gusto per il colore ed i contrasti forti. Nel 1912 aprì il suo primo atelier in Normandia, poi di ritorno a Parigi nel 1919 cominciò ad insegnare disegno. Nel 1937 realizzò la decorazione del Palais de Chaillot con Dufy. Jean Corot fu uno dei suoi allievi. Friesz morì nel 1949 a 69 anni.


les baigneuses des andĂŠlis 1909 cm 97x162



les demoiselles de marseille 1907 cm 115x122


André Derain

Derain André. Pittore francese (Chatou 1880 - Garches, Parigi, 1954). Amico di Vlaminck e di Matisse. D. fu tra le figure più significative del fauvismo ma, già dal 1906, una meditata lettura dell’opera di Cézanne e l’interesse per il primitivismo dell’arte negra lo portarono a smussare la violenta emotività cromatica a favore di una solidità costruttiva e a condurre una ricerca in parallelo con quella di Braque e di Picasso, senza tuttavia giungere a una completa identificazione con la poetica cubista. In seguito, e soprattutto dopo il viaggio in Italia nel 1921, alla ricerca delle fonti classiche di Poussin e di Corot, D. sentì l’esigenza di conformare il suo linguaggio pittorico ad una visione estetica non artificiosamente dissociata dalla visione comune, sì che la sua opera, segnata da un classicismo che non scade mai ad accademismo, fu considerata da molti critici una sorta di apostasia delle sue

precedenti posizioni d’avanguardia. D. si dedicò anche alla scenografia (dalla “Boutique fantastique” per Djagilev nel 1919 a “Il barbiere di Siviglia” per il Festival di Aix-enProvence nel 1953), all’illustrazione e alla scultura.


la clairière, ou le déjeuner sur l’herbe, 1938. cm138 x 250


André Lhote

Lhote André. Pittore e illustratore francese (Bordeaux 1885 - Parigi 1962). Nel 1897, all’età di dodici anni, cominciò l’apprendistato da un mobiliere locale per imparare ad intagliare e a scolpire il legno. Nel 1898 si iscrisse alla Scuola di Belle Arti di Bordeaux, dove studiò scultura decorativa fino al 1904. In questi anni dipinse nel tempo libero, finché nel 1905 lasciò definitivamente lo studio della scultura per dedicarsi esclusivamente alla pittura. Nel 1906 si trasferì a Parigi, dove cominciò ad esporre in importanti saloni e gallerie. Nelle opere di questo periodo si nota l’influenza che su di lui ebbero Paul Gauguin, Paul Cézanne e i Fauves. Tuttavia, ben presto Lhote si spostò verso il cubismo, esibendosi in mostre cubiste a partire dal 1912. Fu soprattutto il rigore costruttivo del movimento cubista ad attrarlo e a fargli sviluppare uno stile razionale e geome-

trico, cercando contemporaneamente di conservare un legame con la pittura tradizionale, mettendo su tela soggetti figurativi presi dalla vita di tutti i giorni, come ritratti, paesaggi e nature morte. Lo scoppio della Prima guerra mondiale interruppe momentaneamente il suo lavoro, che riprese dopo il congedo dall’esercito nel 1917, quando tornò a produrre opere in stile cubista. Nel 1918 fu tra i fondatori della Nouvelle Revue Française, il giornale d’arte a cui contribuì scrivendo articoli fino al 1940. Lhote è infatti ricordato anche per essere autore di pregevoli scritti teorici sull’arte, come il Trattato della figura, edito nel 1950. In questi anni tenne molte conferenze ed insegnò in diverse prestigiose accademie e scuole d’arte di Parigi, compresa la scuola da lui fondata a Montparnasse. Negli ultimi anni della sua vita ricevette numerosi premi per la sua carriera, che continuò con decorazioni e murali, come quelli della facoltà della medicina di Bordeaux eseguiti nel 1957. André Lhote morì a Parigi il 25 gennaio 1962.


bacchante 1910 cm 105x103


Hippolyte Petitjean

Hippolyte Petitjean, nacque l’11 settembre 1854 a Macon. Nel 1872 si recò a Parigi per continuare i suoi studi ed entrare all’Ecole des Beaux Arts, ed all’ atelier di Alexandre Cabanel. Espose al Salon nel 1880. Di gran lunga l’evento più significativo nello sviluppo Petitjean è stato incontrare Seurat nel 1884. Petitjean aderì al al gruppo neo-impressionista nel 1886, e nel 1887 espose la sua prima opera importante in questo stile. Nel 1891 fu al Salon a esporre con gli indipendenti. Espose inoltre a Bruxelles nel 1893 e nel 1898, a Berlino nel 1898, Weimar nel 1903, e Wiesbaden nel 1921. Petitjean rimase fedele alle teorie ottiche di Seurat e Signac insieme a Pissarro fino a dopo il 1894, quando incominciò a com-

binare il punto divisionista a colpi di pennello. Dopo il 1910 tornò ad un modello neo-impressionista in una serie di acquerelli decorativi. Queste opere raffigurano sia paesaggi che figure con un notevole effetto scintillante creato da singoli puntini di colore puro. Le sue opere sono presenti nei più importanti musei del mondo: Metropolitan Museum of Art, New York, Museo di Belle Arti di San Francisco, Musee d’Art Moderne, Parigi


“Printemps, la cuillette des fleurs” 1915 o/t 65 x 81


Jean Viollier

Jean Viollier ,

Jean Viollier frequenta la Scuola di Belle Arti della sua città natale. Si trasferisce a Parigi nel 1924, espone nella galleria Léonce Rosenberg come Léger e Picabia Chirico e partecipa al movimento surrealista. Torna a Ginevra nel 1932, ha scoperto il realismo e dipinta disegno di paesaggi di campagna. Nel 1937, Jean Viollier pari a Pully, sedotto dal paesaggio del Lavaux. Dipinse tre grandi pannelli, tra gli altri per la gloria di attività enologi stanza del Priorato di Pully. Lasciato a Parigi nel 1950, dipinse con passione vita parigina, in alternanza con tavoli Lago di Ginevra composti durante le sue vacanze estive.


“Adam et Eve au Paradis perdu”o/t 194 x 130


Gustave Courtois

Gustave Cortois. (Pusey, 18 marzo 1852 – Parigi, 25 novembre 1923) è stato un pittore francese. Gustave-Claude-Etienne Courtois, nato in un paesino dell’Haute-Saône, era un figlio naturale e sua madre si dedicò totalmente a lui e alla sua educazione. Ben presto, ancora govanissimo, egli mostrò un particolare interesse per l’arte, tanto che venne iscritto alla “Scuola municipale di disegno” di Vesoul, in Franca Contea. Un giorno i suoi lavori furono fatti vedere al pittore Jean-Léon Gérôme che, nel 1869, gli consigliò di entrare alla Scuola di Belle arti di Parigi. Ciò che egli fece l’anno seguente. Nelle aule del famoso istituto parigino Courtois incontrò un altro studente, Pascal Dagnan-Bouveret, con il quale strinse una grande amicizia che durò per tutta la vita. Dal 1880 i due pittori divisero persino lo stesso studio, un atelier alla moda sito in un elegante sobborgo di Parigi: Neully-sur-Seine. Nel 1882 ebbe la nomina a Cavaliere della Legion d’onore. Insegnò pittura all’Académie de la Gran-

de Chaumière e all’Académie Colarossi di Parigi. Suoi allievi furono Georges d’Espagnat, Maurice Prendergast, Dora Hitz, Willard Dryden Paddock e Sara Page (1855–1943). Courtois fu iniziato alla pittura accademica e per tutta la vita rimase fondamentalmente un artista di espressione accademica. Le sue opere sono esposte nei musei di Besançon, Marsiglia, Bordeaux e del Lussemburgo.


Gustave Courtois “Adam et Eve”


Paul-Elie Gernez

Paul Gernez. Nacque a Valencennes (Nord) nel 1888 e morì nel 1948, appartenne all’Ecole Francaise. Gernez dipinse soprattutto marine e paesaggi dove la sensibilità non escludeva una solida struttura , ma le sue due qualità dominanti furono la grazia e la leggerezza. I fiori hanno sovente ispirato il suo pennello delicato. Dipinti ad olio, acquerello, o a pastello, tutte le sue opere sono ricche di charme. Agli inizi Gernez fu sedotto dal Cubismo, ma se ne era allontanato piuttosto presto. Entrò all’Ecole des Beaux Arts di Parigi nel 1908, fu nominato in seguito professore di disegno a Honfleur. Dal 1919, acquisì un posto sempre più importante nel movimento artistico parigino, si nota dalle sue esposizioni alle Gallerie Berte Weill e Bruet e dalle sue partecipazioni ai Salons ed alle esposizioni di gruppo in Francia e all’estero. Utilizzando con successo tutte le tecniche, fu anche un eccellente incisore e litografo. Ha illustrato numerose opere, come “Genitrix” di F. Mauriac e “Le Chemin de Paradis” di Ch. Maurras. Le sue opere, molto apprezzate figurano tra le collezioni del Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris.


plaisirs champètres 1920, cm 82x127


Giuseppe Pellizza Da Volpedo

Giuseppe Pelizza Da Volpedo. Pellizza da Volpedo era figlio di agricoltori, frequentò la scuola tecnica di Castelnuovo Scrivia dove apprese i primi rudimenti del disegno. Grazie alle conoscenze ottenute con la commercializzazione dei loro prodotti, i Pellizza entrarono in contatto con i fratelli Grubicy che ne promossero l’iscrizione all’Accademia di Belle Arti di Brera dove fu allievo di Francesco Hayez e di Giuseppe Bertini. Contemporaneamente ricevette lezioni private dal pittore Giuseppe Puricelli e successivamente divenne allievo di Pio Sanquirico. Espose per la prima volta a Brera nel 1885. Terminati gli studi milanesi, Pellizza decise di proseguire il tirocinio formativo, recandosi a Roma, dapprima all’Accademia di San Luca poi alla scuola libera di nudo all’Accademia di Francia a Villa Medici. Deluso da Roma, abbandonò la città prima del previsto per recarsi a Firenze, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti

con Giovanni Fattori come maestro. Alla fine dell’anno accademico ritornò a Volpedo, allo scopo di dedicarsi alla pittura dal vero attraverso lo studio della natura. Non ritenendosi soddisfatto della preparazione raggiunta, si recò a Bergamo, dove all’Accademia Carrara seguì i corsi privati di Cesare Tallone. Nel 1889 visitò Parigi in occasione dell’Esposizione universale. Frequentò poi l’Accademia Ligustica a Genova. Al termine di quest’ultimo tirocinio, ritornò al paese natale, dove sposò una contadina del luogo, Teresa Bidone, nel 1892. Da quello stesso anno, cominciò ad aggiungere “da Volpedo” alla propria firma. Il pittore in questi anni abbandonò progressivamente la pittura ad impasto per adottare il divisionismo. Si confrontò così con altri pittori che usavano questa tecnica, soprattutto con Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Vittore Grubicy de Dragon, Plinio Nomellini, Emilio Longoni e, in parte, anche con Gaetano Previati. Nel 1891 espose alla Triennale di Milano, facendosi conoscere al grande pubblico. Continuò a esporre in giro per l’Italia (Esposizione Italo-Colombiana di Genova 1892, di nuovo Milano 1894). Tornò a Firenze nel 1893, vi frequentò l’Istituto di Studi Superiori, visitò poi Roma e Napoli. Nel 1900 espose a Parigi “Lo specchio della vita”. Nel 1901, portò a termine “Il Quarto Stato”, a cui aveva dedicato dieci anni di studi e fatica. L’opera, esposta l’anno successivo alla Quadriennale di Torino, non ottenne il riconoscimento sperato, anzi scatenò polemiche e sconcerto presso molti dei suoi amici. Deluso, finì per abbandonare i rapporti con molti letterati e artisti dell’epoca, con i quali già da tempo intratteneva fitti rapporti epistolari. Morto nel frattempo Se-

gantini, nel 1904 Pellizza intraprese un viaggio in Engadina, luogo segantiniano, al fine di riflettere maggiormente sulle motivazioni e sull’ispirazione del pittore da lui considerato suo maestro. Nel 1906, grazie alla sempre maggiore circolazione delle sue opere in esposizioni nazionali e internazionali, fu chiamato a Roma, dove riuscì a vendere un’opera perfino allo Stato: ‘’Il sole’’, destinato alla Galleria di Arte Moderna. Sembrava l’inizio di un nuovo periodo favorevole, in cui finalmente l’ambiente artistico e letterario riconosceva i temi delle sue opere. Ma l’improvvisa morte della moglie, nel 1907, gettò l’artista in una profonda crisi depressiva. Il 14 giugno dello stesso anno, non ancora quarantenne, si suicidò impiccandosi nel suo studio di Volpedo.


“Passeggiata amorosa� 1901 o/t diam cm 100


Gaetano Previati

Gaetano Previati. Gaetano Previati (Ferrara, 31 agosto 1852 – Lavagna, 21 giugno 1920) è stato un pittore italiano che, dopo una giovanile esperienza nella Scapigliatura milanese, fu rappresentativo soprattutto della corrente del divisionismo italiano. Nel 1876 si trasferisce da Ferrara a Milano dove frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera, vincendo nel 1879 il concorso Canonica. Nel 1881 si stabilisce definitivamente a Milano dove entra in contatto con gli ambienti della Scapigliatura. Partecipa alla I Triennale di Brera del 1891 con un’opera in cui rende esplicita la sua adesione al divisionismo, di cui sarà anche teorico, e ai temi simbolisti. A partire dal 1895 e fino al 1914 è invitato alle esposizioni internazionali d’arte di Venezia, dove nel 1901 e nel 1912 è presente con due mostre personali. Nel 1907 partecipa all’allestimento del-

la “Sala del sogno” della VII Biennale di Venezia ed espone al Salon des peintres divisionnistes italiens organizzato a Parigi dal mercante Alberto Grubicy. Questi, con il fratello Vittore, fonda nel 1911 la Società per l’Arte di Gaetano Previati, acquistando un nucleo consistente di suoi dipinti che verranno esposti nelle mostre organizzate a Genova (1915) e a Milano (1916 e 1919). Fra le sue opere più importanti, “La Maternità”, dipinta nel 1890 e presentata nella Triennale di Brera dove riscontrò discussioni vivacissime per la tecnica esecutiva: una donna, seduta sotto un albero, si china teneramente sul bimbo a cui offre il seno mentre intorno la circondano figure evanescenti di angeli. Colpito da dolorosi lutti famigliari, muore nel 1920 a Lavagna, cittadina ligure dove già da tempo soleva trascorrere lunghi soggiorni. Viene sepolto nel cimitero monumentale della Certosa di Ferrara.


“Il giorno sveglia la notte” 1905c. o/t cm 180x211


Plinio Nomellini

Plinio Nomellini. (Livorno, 1866 – Firenze, 1943) è stato un pittore italiano della corrente divisionista. Nomellini frequentò negli anni 1883 e 1884 la scuola comunale di Arti e Mestieri a Livorno e i corsi di disegno di Natale Betti, frequentò l’Accademia di Belle Arti di Firenze dove insegnava Giovanni Fattori, frequentò i macchiaioli Silvestro Lega e Telemaco Signorini. Nel 1890 si trasferì a Genova e vi rimase fino al 1902. Partecipò alla Promotrice Genovese e fu l’animatore principale in quel periodo della pittura genovese. Attorno a lui si formò il gruppo di Albaro (Giuseppe Sacheri, Eugenio Olivari, Angelo Balbi, Edoardo De Albertis, Angelo Vernazza) che condivise un’impostazione artistica innovatrice. In questo periodo alternò un divisionismo di matrice sociale ad un altro di stampo paesaggistico. Nel 1894 fu arrestato e processato per

partecipazione a riunioni anarchiche, in quello che fu detto il “processo pallone”, in quanto montatura ideata dal questore Sironi. A testimoniare in difesa di Nomellini, indagato per la sua amicizia con l’anarchico Luca Galleani, venne Telemaco Signorini. Nel periodo della sua prigionia l’artista eseguì alcuni disegni aventi come soggetto i carcerati nelle carceri di Sant’Andrea. Partecipò all’Esposizione di Torino nel 1898 e dal 1899 regolarmente alla Biennale di Venezia. Nel 1902 lasciò Genova per trasferirsi a Torre del Lago dove frequentò Giacomo Puccini, Galileo Chini, Eleonora Duse, Grazia Deledda, Gabriele D’Annunzio. Nel 1907 allestì la sala alla Biennale di Venezia “L’arte del sogno” con Chini, Gaetano Previati e De Albertis. Nel 1919 si trasferì definitivamente a Firenze. Dal 1939 al 1943 fino alla morte nel 1943 fu presidente del Gruppo Labronico. Negli anni venti aderì al Fascismo. Ciò si ripercosse nella sua attività pittorica: ad esempio, il dipinto Incipit nova aetas (Museo civico Giovanni Fattori di Livorno) rappresenta la venuta a Firenze delle camicie nere. Sue opere si trovano nei più importanti musei italiani, nelle collezioni di varie fondazioni bancarie, alla Camera di commercio di Genova, all’Accademia di Ravenna. A Livorno, un’Annunciazione è ospitata nella Sala del Consiglio della Camera di Commercio (Palazzo della Dogana). Nomellini realizzò anche numerosi cartelloni pubblicitari. Tra i più importanti è possibile ricordare quelli per l’Olio Sasso (1908), e quelli per l’inaugurazione dei monumenti a Giuseppe Garibaldi a Sanremo (1908) e alla Spedizione dei Mille a Genova (1915).


“Fanciullo con i fiori” acquerello su carta 30 x21

“Autunno in Versilia” 1910 o/t cm 197 x 197

“Bagni a Capri” o/t 30 x 41


Emilio Longoni

Emilio Longoni. Nasce a Barlassina il 9 luglio 1859, quartogenito di dodici figli, dal garibaldino e maniscalco Matteo Longoni e dalla sarta Luigia Meroni. Fin da piccolo ha una grande passione per la pittura. Finite le scuole elementari viene mandato a Milano a lavorare come garzone. Dal 1875 al 1878 frequenta l’Accademia di Brera dove ottiene molti riconoscimenti. Nel 1882 incontra Giovanni Segantini, già compagno a Brera, che lo presenta ai fratelli Alberto e Vittore Grubicy, titolari di una galleria d’arte attiva nella promozione di giovani artisti. Nel 1886 riesce a prendere in affitto uno

studio in via della Stella, attuale via Corridoni 45. Inizia a fare ritratti e nature morte per l’aristocrazia e borghesia milanese. Tra i suoi committenti vi è il banchiere Giovanni Torelli, il collezionista Giuseppe Treves fratello dell’editore Emilio Treves, il banchiere Lazzaro Donati. Nel 1891 partecipa alla Prima Triennale di Brera con opere che lo rendono noto al pubblico e alla critica. Sviluppa uno stile di pittura divisionista. Fu coinvolto nei tumulti del 1898 a Milano e nella censura poliziesca che seguì alla sanguinosa repressione del tenente generale Fiorenzo Bava Beccaris, lamentando nelle sue memorie di aver subito per anni i controlli della polizia (“Passo per il pittore degli anarchici”). Ha toccato nella sua opera temi politici e sociali che coinvolgevano i processi messi in atto dalla modernizzazione di Milano. Tra il 1900 ed il 1932 partecipa alle maggiori esposizioni nazionali e internazionali. Sviluppa un crescente contatto con la natura e si avvicina al buddismo, trascorre lunghi periodi di lavoro in montagna, soprattutto nelle montagne del Massiccio del Bernina, dove esegue molti dipinti dal vero. Dopo la prima guerra mondiale si rinchiude in sé stesso, l’età gli impedisce di spingersi in alta quota mentre la pittura diviene sempre più smaterializzata. Lontano dalla scena espositiva, lavora per poche persone con cui è in contatto diretto e si tiene lontano dai mercanti d’arte. Nel 1928 sposa la sua compagna Fiorenza de Gaspari, conosciuta in casa dell’avvocato Luigi Majno, suo estimatore. Muore nel proprio studio il 29 novembre 1932 e viene sepolto al Cimitero Monumentale di Milano.


“Allegoria primaverile� 1910 o/tav 34,5 x 50


Angelo Barabino

Angelo Barabino. nNacque a Tortona il 1° genn. 1883, da famiglia di origine genovese. A diciassette anni intraprese studi regolari di pittura all’Accademia di Brera che frequentò per tre anni, fino al momento in cui conobbe G. Pellizza (circa 1903), divenendone l’allievo e passando a lavorare, fino al 1907, anno della morte del maestro, nello studio di Volpedo. Fu il periodo formativo del B.: fedele discepolo del Pellizza di cui adottò il divisionismo, sebbene in forma non programmatica, e le intenzioni sociali, non si discostò mai sostanzialmente da queste premesse. Il proposito di riprendere, nel 1907, gli studi a Brera non ebbe seguito. Nel 1906 mandò alla Promotrice di Firenze un Autoritratto, perduto. Nel 1913 il quadro Rapina, esposto alla Biennale di Brera, gli procurò l’attenzione di V. Grubicy, che l’anno dopo presentò la personale del B. ad Alessandria. Le opere di questi anni, nello stretto ambito della poetica del

Pellizza, sono le più pregevoli: Fiori selvatici (Tortona, racc. Torriglia); Il figlio; L’annegato (1909, Tortona, propr. B. Barabino); Pioppi a Scrivia (1913, propr. privata). Dopo la prima guerra mondiale, il B. passò due anni a Venezia, dove frequentò Spadini. Socialista, con l’avvento del fascismo preferì appartarsi e, dal 1922, si stabilì a Tortona. Espose raramente; tre volte alla Promotrice di Torino: nel 1903 un Paesaggio; nel 1923 Fine di un giovane contadino; nel 1928 Mattino estivo e Idillio. Tenne ancora personali a Sanremo e a Tortona (1921). Nel 1929, invitato da amici italiani, si recò nel Venezuela, portando con sé numerose opere (il trittico Partenza, Allucinazione in trincea, La visione del morto; Le figlie di Lot; L’ira di Dio, ecc.), che furono esposte a Caracas con vendita totale; vi ebbe incarichi ufficiali, come quello di eseguire il ritratto del presidente J. V. Gomez. Rientrato in Italia nel 1931, continuò a dipingere, soprattutto paesaggi. Morì a Milano il 6 nov. 1950. Due retrospettive furono tenute a Milano e a Tortona nel 1953.


“Il sole” 1907 o/t 140 x 139,5


Armando Spadini

Armando Spadini. nasce a Firenze il 29 luglio 1883 al Numero 51 di Via della Chiesa, così come ricorda la targa posta dalla Reale Accademia delle Arti del Disegni di Firenze il 31 marzo 1939. Lavora come ceramista a Firenze e, dal 1900, frequenta la Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di belle arti dove conosce Ardengo Soffici e Adolfo De Carolis. Nel 1902 viene introdotto alla rivista “Leonardo” ricca di suggestioni simboliste. Nel 1906 partecipa alla LIX Esposizione annuale della Società delle Belle Arti di Firenze. Nel 1910 si trasferisce a Roma dove si dedica al ritratto e alle vedute cittadine. Nel 1913 partecipa alla Prima Esposizione internazionale della Secessione e replica l’esperienza alle edizioni successive, alla quarta delle quali il Comune di Roma acquista un’opera (1916). Dopo la Prima guerra mondiale attraversa un periodo difficile ed è osteggiato dalla rivista “Valori Plastici” che lo considera un conservatore. La sala personale riservatagli alla XIV Esposizione Internazionale d’arte della città di Venezia del 1924 segna il superamento dell’ostilità e la definitiva consacrazione della sua pittura.


“Famiglia a Villa Borghese” 1913 o/t 110 x 70



Bambini col cane (I miei tre bimbi), olio su tela, cm. 97 x 109,5


Federico Zandomeneghi

Zandoméneghi Federico. Pittore (Venezia 1841 - Parigi 1917). Figlio di Pietro (1806-1866) e nipote di Luigi (1778-1850), valenti scultori attivi a Venezia nella tradizione di A. Canova, Z. nel 1856 si iscrisse all’Accademia. Fuggito da Venezia per evitare la coscrizione austriaca, dopo avere seguito Garibaldi coi Mille, a Firenze (1862-66) frequentò i macchiaioli, divenendo particolarmente amico del critico D. Martelli. Nel 1866 tornò a Venezia e, dal 1874, si stabilì a Parigi dove fu in contatto con gli impressionisti. Espose al Salon des Indépendants (1879, 1880, 1881, 1886) e, negli ultimi anni del secolo, fu aiutato dal mercante DurandRuel. Pur fortemente attratto e influenzato dall’arte di Degas e Renoir, Z. seppe tuttavia mantenere una sua personalità nella malinconica sensualità cromatica tipicamente veneziana. Preferì ritrarre fiori e figure ma lasciò anche paesaggi e notevoli ritratti. Una sua personale alla Biennale di Venezia del 1914 ebbe scarso successo e soltanto dopo il 1922 la sua arte ottenne un adeguato riconoscimento.


Lo zuccherino, olio su tela, cm. 61,5 x 50,5



Lettura al fresco - Donna al balcone, olio su tela, cm. 55,4 x 46,5


Giuseppe De Nittis

Giuseppe De Nittis, nacque a Barletta nel 1846, figlio quartogenito di don Raffaele De Nittis e donna Teresa Emanuela Barracchia. Prima che nascesse, il padre fu arrestato per motivi politici, e, appena uscì di prigione due anni più tardi, si tolse la vita.[1] Rimasto orfano sin dall’infanzia, crebbe con i nonni paterni, e dopo il suo apprendistato presso il pittore barlettano Giovanni Battista Calò, si iscrisse nel 1861 - contro il volere della famiglia - all’Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Mancinelli e Smargiassi. Di indole indipendente e insofferente verso qualunque tipo di schema, si mostrò disinteressato alle nozioni ed esercitazioni accademiche, tanto che fu espulso per indisciplina due anni più tardi. Assieme ad altri pittori, fra cui Federico Rossano e Marco De Gregorio, si diede alla composizione all’aria aperta (dipingevano generalmente a Portici), specializzandosi nella

riproduzione di paesaggi porticesi, partenopei e barlettani. Nel 1864 fu notato da Adriano Cecioni e l’anno successivo fondò la Scuola di Resìna, corrente italiana sul tema del realismo. A Firenze, nel 1866, si avvicinò ai Macchiaioli e, dopo aver girato l’Italia toccando Napoli, Palermo, Barletta, Roma, Firenze, Venezia e Torino, si trasferì nel 1867 a Parigi dove conobbe Ernest Meissonier e Jean-Léon Gérôme e sposò due anni più tardi la parigina Léontine Lucile Gruvelle, che influenzerà notevolmente le scelte sociali ed artistiche del marito. Il 1869 lo vide esporre per la prima volta al Salon, ma la pedissequa imitazione dei colleghi parigini fece infuriare Cecioni, che gli ricordò come il suo talento avesse bisogno di essere espresso con tratti affatto specifici. De Nittis ritrovò immediatamente la propria indipendenza artistica e riscosse grande successo al Salon del ‘72 con la tela Una strada da Brindisi a Barletta. Nel ‘74 ebbe ancora elogi per Che freddo!, in cui l’abituale raffinatezza di esecuzione dell’artista pugliese aveva come soggetto le giovani dame parigine, tema che seppe integrare molto bene nella pittura di paesaggio, meritandosi l’appellativo di peintre des Parisiennes (pittore delle parigine). Toccò il culmine della sua fama all’esposizione del 1874, tenutasi nello studio del fotografo Nadar e comunemente indicata come data di nascita dell’Impressionismo. Vi espose cinque tele secondo Vittorio Pica e così come si rileva dal Catalogo delle Esposizioni in cui compaiono i titoli di cinque opere, dal n° 115 al n° 119: Paesaggi presso il Bois; Levar di luna; Campagna del Vesuvio; Studio di donna; Strada in Italia. Quell’anno fu poi a

Londra dove dipinse scene della vita della capitale inglese. L’Esposizione Internazionale parigina, nel 1878, riservò grandi onori per De Nittis: fu insignito della Legion d’onore, mentre una sua opera, Le rovine delle Tuileries, fu acquistata dal governo per il Museo del Lussemburgo. Fu assimilabile per certe caratteristiche ai Macchiaioli e agli Impressionisti, ma mantenne sempre un’indipendenza di stile e contenuti. Morì nel 1884 a Saint-Germain-en-Laye, colpito da un fulminante ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di PèreLachaise.


“Colazione in giardino” 1883 o/t 81 x 117

“Ondina” 1883 o/t 64 x 80


Tranquillo Cremona

Alla fineTranquillo, del XIX Cremona

secolo, Renoir dipinge paesaggi (Pavia 1837 -Milano 1878). Nel 1848 s’iscrisse alla scuola di occupati pittura di Pavia didi contadini a retta dal bergamasco G. Trecourt, amico i campi, lavandilavorare G. Carnovali detto il Piccio, la cui arte divenne il punto di partenza della ricerca daie indaffarate a lavaredi pittorica cremoniana. Suo compagno scuola fu F. Faruffini. Nel 1852 si trasferí la biancheria ad una fona Venezia, iscrivendosi all’accademia di te, arti giovani ragazze cheT. belle dove strinse amicizia con Signorini. Qui si avvicinò alla pittura dei raccolgono fioririmanendo nei prati grandi maestri veneti, affascinato dalla ricchezza cromatica e dalla soleggiati, bagnanti. Tuttendenza al dissolvimento del contorno to questo compone un caratteristica di alcune opere del tardo Tiziano. Nel 1859, per sfuggire alla comondoaustriaca, fatto siditrasferí candore, scrizione prima a Groppello Lomellina e poi a Milano, dove di semplicità di calma e s’iscrisse all’Accademia di Brera. In questi sotto l’influenza Bertini edi di dianni, bellezza, un del mondo Hayez, si dedicò alla pittura storica “Un bagnanti di nudi falconiere del XVIesecolo”. Decisivo che per la maturazione del pittore fu l’incontro sembrano evolvere con in l’ambiente milanese della Scapigliatura ed particolare primitivo, con Ranzoni. Le agli prime unin tempo ricerche luministiche erano già presenti albori della civiltà, un tempo innocente e sen-

TRANQUILLO CREMONA nel “Marco Polo” del ’63, ma solo dopo il 1870 con il dipinto “I due cugini”, C. realizzò la maniera che gli è caratteristica, costituita da una tecnica morbida e sfumata, dall’eliminazione dei contorni delle figure e dalla loro fusione con la luce, dal colore spesso dato quasi a secco sulla tela bianca. Tra i suoi quadri migliori si ricordano “Silenzio amoroso” 1873, e “L’edera” 1878, che fu il suo ultimo dipinto. Dipinse inoltre alcuni eccellenti ritratti “Signora Descamps” e fu incisore e vivace acquerellista: “High Life”.


“L’edera” 1878 o/t 132,5 x 100


Antonio Ambrogio Alciati

Antonio Ambrogio Alciati, Vercelli, 1878 – Milano, 1929. è stato un pittore italiano. Dopo i primi studi all’Istituto di Belle Arti di Vercelli, nel 1887 si trasferisce a Milano dove frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera sotto Vespasiano Bignami e Cesare Tallone, succedendogli nel 1920 alla cattedra di figura. Si affermò, soprattutto come ritrattista, rivelando influenze di Tranquillo Cremona per l’impasto dei colori e di Giovanni Boldini per la frivolezza e la vaporosità di alcune figure femminili (Galleria d’Arte Moderna di Milano e di Roma). Fu anche autore di affreschi nella villa Pirotta di Brunate (Como) e in alcune chiese lombarde.


“Il Convegno” 1918 o/tav 64 x 57


Arnaldo Ferraguti

Arnaldo Ferraguti, (Ferrara, 17 aprile 1862 – Forlì, 4 dicembre 1925) è stato un pittore italiano verista, celebre in vita anche per le numerose incisioni con le quali illustrò i libri dell’editore Treves. Studiò all’Accademia di Belle Arti a Napoli ma si formò pittoricamente anche grazie alla frequentazione del pittore verista Francesco Paolo Michetti, dal quale apprese anche l’utilizzo della fotografia come strumento per la “cattura” delle immagini. Divenne celebre nel 1891 con l’enorme dipinto “Alla vanga”, oggi conservato al Museo del Paesaggio di Verbania-Pallanza, nella quale ritrasse un gruppo di braccianti intenti al lavoro sotto lo sguardo del sorvegliante. Attraverso Michetti fu presentato agli editori fratelli Treves, coi quali iniziò a collaborare, finendo per sposare Olga Treves, nipote di Emilio Treves e Giuseppe Treves. Da questo momento, accanto all’attività di pittore, Ferraguti ebbe una notevole produzione come incisore, illustrando le edizioni Treves delle opere di De Amicis, Verga ed altri, oltre a creare centinaia di tavole per l’Illustrazione Italiana.


“Figura di putto con fiori e panneggio� 1892c. o/t 200 x 180 - (2 pannelli)


Georges- Hippolyte Adrien

Georges- Hippolyte Adrien , Georges- Hippolyte Adrien è nato a 46 , Rue du Bac a Parigi , alla biancheria stoffe Honoré - Charles - Emile Adrien , nato nel 1822 nella Charente , e Françoise Sidonie Adrien , nata Chatel . Suo fratello , Henri- Gaston Darien , è nato due anni dopo , nel 1864 . Henri- Gaston era poi diventato un genere peintre du specializzato in interni e scene di vita parigina . Ha esposto nei saloni del 1896 e del 1897 , ha ricevuto la Legion d’Onore nel 1910 , e morì nel 1926 . La madre di Darien morì nel 1869. Suo padre si risposò un alsaziano protestante , Elise - Antoinette Schlumberger , nato nel 1839 . La loro figlia Jeanne è nato nel 1873 a Versailles e morì nel 1914 . Strict religiosità di matrigna di Darien in contrasto con i punti di vista anti- clericale che sarebbe venuto da adottare. A seguito di un diploma di maturità undistinguished guadagnato al Lycée Charlemagne a Parigi , marzo 1881 , Darien arruolò volontariamente nell’esercito per

cinque anni . Tra il giugno 1883 e il marzo 1886 , ha prestato servizio in una unità disciplinare , i battaglioni di fanteria leggera d’Africa , nel deserto tunisino . Il suo servizio non comprendeva un totale di quasi un anno di confino a Gafsa , il campo di prigionia tunisina . Nel 1889 Darien pubblicato il suo primo libro , Bas les cœurs ! , Una satira dell’impatto della guerra franco-prussiana del 1870 e della Comune di Parigi del 1871 in una famiglia borghese francese che vive nelle province . E ‘stato seguito nel 1890 da Biribi , disciplina militaire . Come sperimentato personalmente dall’autore , il campo di prigionia non era un semplice penitenziario , era l’ ultima punizione che l’esercito francese riservato per i suoi insubordinati . Il libro ha ispirato una campagna che è riuscito , anche se solo nominalmente , nella riforma dei campi di prigionia . Tuttavia , il campo di Gafsa è rimasto aperto fino al 1920 , soccombendo a seguito di una campagna condotta da Albert Londres . Lo stesso anno ha visto la pubblicazione di Les Chapons e Les vrais Sous -off , seguita nel 1891 da Les Pharisiens , un atto d’accusa fittizia di antisemitismo francese e il suo sostenitore più importante , Édouard Drumont , e l’ unica eccezione tra i romanzi che Darien uniformemente narrato in prima persona. Tra il 1893 e il 1905 , Darien frequentemente viaggiato da e risiedeva a Londra . Abbracciò cultura britannica e divenne un oratore fluente e scrittore inglese . Ha vissuto anche a Bruxelles e Wiesbaden . Molti aspetti della sua vita tra il 1891 e il 1897 rimangono sconosciute . Scarsità permanente di Darien dei guadagni ufficiali ha ispirato alcuni dei suoi lettori ad imputare le gesta di fantasia di Georges Randal , il ladro protagonista audace del suo romanzo 1897 Le

Voleur , al suo autore. Nel 1899 Darien sposa Suzanne Caroline Abresch , nato nel 1863 a Londra , da genitori tedeschi . L’anno successivo ha il suo violento pamphlet La Belle France . E ‘stato pubblicato nel 1901 da Archivio . Nel 1903 e 1904 ha contribuito Darien con articoli per il periodico anarchico L’ Ennemi du peuple fino alla sua scomparsa , precipitato con la sua polemica con Charles Malato . Ha giocato un ruolo di primo piano tra gli organizzatori e i partecipanti al Congresso antimilitarista che ha avuto luogo ad Amsterdam nel giugno e luglio 1904. Nello stesso anno pubblicò Darien L’ Epaulette , che ha inaugurato il programma di integrare la commedia umana di Honoré de Balzac con la sua Inhumaine Comédie . Gottlieb Krumm : made in England . Scritto in inglese, questo romanzo racconta la storia del suo omonimo narratore e protagonista , un avventuriero quasi senza un soldo che si imbarca per l’Inghilterra con sua moglie ei loro tre figli dopo aver dilapidato la sua dote nella loro nativa Germania . Krumm non fa mistero del suo personaggio : “Io non sono ostacolato da scrupoli comuni (se non ho familiarità con loro , è solo perché vorrei avere per loro un rispetto duraturo , e la familiarità genera il disprezzo ) . “ Determinato a fare fortuna , egli impiega mezzi poco ortodossi , tra cui incendio doloso , estorsione , truffa matrimoniale, e imposture . Stratagemmi sgradevoli di Krumm resa spettacolare successo nella capitale finanziaria della fin de siècle .


“Donna che legge in giardino� past/c 61 x 38


Felice Carena

Felice Carena, Cumiana, 1879 – Venezia, 1966 Entrò all’Accademia Albertina di Torino dove fu allievo di Giacomo Grosso. Frequentò personalità del Simbolismo, come i poeti Arturo Graf e Giovanni Cena, il critico Enrico Thovez e Leonardo Bistolfi. Nel 1906, si trasferì a Roma inserendosi nella vita artistica e intellettuale della capitale. Nel 1912 espose alla Biennale di Venezia le opere del primo periodo romano che conclusero la fase simbolista. Scoprì la Secessione (Franz von Stuck) e tra il 1913 e il 1915 si aprì agli influssi della pittura francese di Cézanne e Matisse che rinnovarono profondamente il suo linguaggio pittorico. Nel periodo della prima guerra mondiale lavorò poco e per meriti sul campo fu nominatro ufficiale di artiglieria. Si trasferì ad Anticoli Corrado: in questo luogo, ritornò al “vero” con una ricerca di maggiore solidità costruttiva e di definizione dei volumi. Durante l’annata 1919 partecipò alla

Promotrice di Torino con il quadro Contadini al sole. Nel 1922 organizzò a Roma una scuola d’arte, frequentata da Pirandello e da Capogrossi, e nello stesso anno presenziò alla Biennale di Venezia. Nel 1924 fu nominato docente all’Accademia di Belle Arti di Firenze e vi insegnò fino al 1945. Divenne Accademico d’Italia nel 1933. A Firenze strinse amicizia con Ardengo Soffici e di Libero Andreotti. Nel 1945 si trasferì a Venezia dove lavorò per il resto della sua vita. Fece parte del gruppo di 27 artisti che contribuirono alla decorazione della famosa valigia di cartone che radunò attorno a sé L’Ordine de La Valigia.


“Quiete” o/t 150 x 181


Oscar Ghiglia

Oscar Ghiglia,

Livorno, 23 agosto 1876 – Firenze, 14 giugno 1945 Fu tra i maggiori esponenti della corrente dei postmacchiaioli, nata in seguito all’influenza dei macchiaioli. Sostanzialmente autodidatta, seguÏ alcune lezioni di pittura prima presso Ugo Manaresi, poi presso Guglielmo Micheli ed infine presso Giovanni Fattori. Amico di celebri pittori come Amedeo Modigliani, Ardengo Soffici, Llewelyn Lloyd, Anthony De Witt e Gustavo Sforni, fu in contatto con gli intellettuali del tempo, come lo stesso Ardengo Soffici, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, e Ugo Ojetti. Ha esposto alla Biennale di Venezia del 1901 e del 1903.


“Signora nel roseto” 1907 o/t 50,5 x 48,5


Ettore Tito

Ettore Tito,

Castellammare di Stabia, 1859 – Venezia, 1941 Conclusi gli studi all’Accademia di belle arti di Venezia, si rivelò con il dipinto Pescheria vecchia nel 1887. Fra i soggetti che rappresentò ci sono ritratti, soggetti marini, paesaggi ma anche soggetti mitologici e religiosi ispirati alla pittura veneta del XVIII secolo. Nel 1933 gli fu incaricato il rifacimento del soffitto della Chiesa di Santa Maria di Nazareth (Venezia), dove sostituì la decorazione di Giambattista Tiepolo, distrutta nel 1917. Il suo talento si espresse però, in maniera più completa, nel realismo della vita veneziana popolaresca. Fu anche uno scultore di ispirazione classicheggiante.


“Le ninfe”1911 o/t 102x152


Beppe Ciardi

Beppe Ciardi. (Venezia, 1875 – Quinto di Treviso, 1932) Figlio di Guglielmo Ciardi e fratello di Emma Ciardi, entrambi pittori. Portò avanti parallelamente lo studio dell’arte, con il padre Guglielmo, e quello per le scienze naturali all’Università di Padova. Si iscrisse poi all’Accademia di belle arti di Venezia, dove ebbe come maestro Ettore Tito. Si specializzò nel vedutismo e nel paesaggismo, divenendo uno dei principali interpreti veneti del primo novecento. In Toscana ebbe dei collegamenti e degli scambi culturali con i pittori postmacchiaioli. Partecipò a varie mostre in giro per il mondo, come l’Esposizione internazionale di Monaco (1901), e l’Esposizione internazionale di San Francisco. Nel 1912 era presente alla Biennale di Venezia. Nonostante una carriera non troppo lunga, Beppe Ciardi riuscì a realizzare una copiosa produzione artistica, che ancora oggi gode di discreta considerazione da parte del mercato.


Sotto l’azzurro, olio su tela, cm. 73 x85,6


Ludovico Tommasi

Ludovico Tommasi. (Livorno, 1866 – Firenze, 1941) Fratello di Angiolo e cugino di Adolfo Tommasi, in giovane età si iscrisse al Conservatorio musicale di Firenze dove si diplomò in violino. A differenza del fratello Angiolo non ebbe una formazione specifica di pittura, ma il fatto di frequentare stabilmente Silvestro Lega, ospite d’eccezione nella villa di Bellariva (Firenze), di proprietà della famiglia Tommasi, instillò in lui la passione anche per questo genere di arte. Da autodidatta, quindi, la sua attività pittorica partì in sordina e almeno all’inizio fu scevra di onori e riconoscimenti. Negli anni novanta fu presente a Torre del Lago insieme al fratello Angiolo e ai pittori Fanelli, Pagni e Plinio Nomellini, nel cenacolo artistico del Club La Boheme, legato al compositore lirico Giacomo Puccini. All’inizio del Novecento Ludovico iniziò ad adottare un linguaggio più sciolto, slegato da tecnicismi e con uno sguardo anche al divisionismo mediato dalla lezione di Nomellini. Si legò all’ambiente culturale fiorentino e aderì al gruppo della “Giovine Etruria”. Successivamente si interessò di grafica, specializzandosi nell’acquaforte. Alcune sue opere sono esposte al Museo civico Giovanni Fattori di Livorno.


“Bambini in un campo di grano” olio su cartone cm 39 x 49


Ernesto Michahelles “Thayat”

Ernesto Michahelles. Firenze, 21 agosto 1893 – Marina di Pietrasanta, 29 aprile 1959. Conosciuto con il nome d’arte di Thayaht, Ernesto Michahelles fu scultore, pittore, disegnatore, inventore ed orafo. Fu artista estremamente eclettico ed innovatore, un antesignano di nuove sensibilità: la sua opera si distingue per le linee e le forme sintetiche, che attraverso una precisa geometria esprimono una squisita eleganza. Operò anche nel campo della moda in seguito all’incontro, avvenuto a Parigi nel 1918, con Madeleine Vionnet per la quale disegnò capi con accostamenti cromatici e combinazioni geometriche innovativi per l’epoca. Nasce a Firenze il 21 agosto 1893 e trascorre l’infanzia e l’adolescenza nella villa presso il Poggio Imperiale, già residenza

e studio del suo bisnonno, lo scultore neoclassico americano Hiram Powers. Negli anni 1924-25 partecipa con il fratello RAM alla formazione della Prima Corporazione di Belle Arti di Firenze, per la quale crea un vivace e moderno stendardo e vince, sempre insieme al fratello, il Concorso Nazionale di Scenografia per il nuovo allestimento dell’”Aida”. Dal 1929 pubblica i suoi disegni su “Moda”, rivista ufficiale della Federazione Nazionale Fascista Industria dell’Abbigliamento e nello stesso anno, in maggio, viene presentato a Filippo Tommaso Marinetti da Primo Conti. È lo stesso Marinetti che, entusiasmato da alcuni dei suoi lavori tra cui l’effigie in ferro acciaioso del Duce, “Dux”, lo presenta a Mussolini che lo riceve poco dopo. Nell’occasione Thayaht donerà al Duce la scultura. Nell’ottobre dello stesso anno si presenta alla mostra “Trentatré Futuristi”, presso la Galleria Pesaro di Milano con tre sculture e quindici dipinti. Nel 1930 partecipa all’Esposizione Internazionale di Barcellona, che gli vale la vittoria della medaglia d’oro per la creazione della “thayahttite”, una lega d’alluminio da lui brevettata. Nel frattempo è invitato alla XII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, dove espone nella sala futurista sei sculture. Partecipa, inoltre, alla mostra internazionale dell’Orafo, dove presenta una vetrina con gioielli in lega d’argento ed acciaio. Nel 1931 viene invitato alla I Quadriennale d’arte Nazionale di Roma e nel febbraio organizza con l’amico pittore Antonio Marasco la mostra Futurista di pittura, scultura aeropittura ed arti decorative presso la Galleria d’Arte Firenze, introdotta in

catalogo da Marinetti. Nello stesso anno con il fratello Ruggero cura la stesura di un documento di architettura funzionale “ Brevetto per Casolaria - Le case in serie”. Inoltre discute con Ezra Pound della scultura futurista indicando nella traiettiva una nuova formula per rappresentare in tre dimensioni i solidi in movimento. Nel 1932 viene nuovamente invitato alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Elabora, inoltre, insieme al fratello, il Manifesto per la trasformazione dell’abito maschile. Nel 1934 e nel 1936 partecipa ancora alla Biennale d’Arte di Venezia. Nel 1944 si orienta nei suoi temi verso le figure tahitiane di Paul Gauguin, che riscopre come “grande colorista” e come pittore simbolico alla ricerca di una vita semplice alle origini del mondo realizzando trasformazioni thayahtiane delle sue opere, come “liberazione dalla miserabile civilizzazione”. Nel 1945 comincia ad approfondire gli studi scientifici ed astronomici e ad interessarsi di ufologia; nel 1954 fonderà il C.I.R.N.O.S., Centro Indipendente Ricerche Notizie Osservazioni Spaziali. Dal 1956 al 1959 approfondisce in maniera più sistematica i suoi studi esoterici. Muore a Marina di Pietrasanta (Lucca) il 29 aprile 1959. È sepolto a Firenze, al cimitero degli Allori.


“Nave, nave Mahana, giorni incantevoli� o/cartoncino 34,7 x 57,7


Savinio Labò

Savinio Labò. Primo di quattro figli, nacque il 9 febbr. 1899 a Milano da Oreste, scultore di origine piacentina, e da Linda Varazzani. Ricevuti i primi insegnamenti dal padre, il L. completò la sua educazione artistica alla Scuola di alto artigianato del Castello Sforzesco, dove seguì i corsi di lavorazione del vetro, tappezzeria e scenografia ed ebbe come maestro A. Rovescalli. Dopo la parentesi della guerra (combatté sul Montello nel 1918), continuò gli studi all’Accademia di Brera sotto la guida di A. Alciati. Esordì nel 1921 alla II Mostra autunnale degli Amici dell’arte di Varese, dove si distinse con l’opera Alba (dispersa), di matrice naturalistica e influenzata dalla tradizione luministica lombarda di fine Ottocento. Due anni dopo partecipò alla Mostra dei concorsi dell’Accademia di Brera tenutasi al palazzo della Permanente di Milano. Un peso sulla sua formazione ebbero i

viaggi compiuti a metà degli anni Venti in Francia; a Parigi nel 1927 il L. partecipò con quattro dipinti all’Exposition des artistes milanais (La Revue moderne des arts et de la vie, 15 marzo 1927, in De Grada, p. 258). Arricchendo il linguaggio postimpressionista di caratteri novecentisti e d’inflessioni chiariste, giunse a una pittura illustrativa di acceso cromatismo, funzionale alle specifiche richieste della Società anonima Quartiere Nord Milano, poi Aedes, che nel 1929 commissionò all’artista due dittici raffiguranti la nuova area di espansione della ditta (Vista di viale Zara con tramvai, Veduta con cavalcavia, tramvai e calesse, Cortile antico con pavone, Veduta di villa Mirabello: collezione Aedes spa, Milano). Appassionato di musica, avviò un duraturo rapporto di collaborazione con il teatro alla Scala, realizzando bozzetti e scene per i Balletti sinfonici della Scala del 1941 e 1942 e gli allestimenti per la Turandot di G. Puccini, questi ultimi andati distrutti a causa della guerra nell’agosto 1943 insieme con lo studio dell’artista in via Pasubio. Seguirono le scenografie del Trovatore di Verdi (1943) e della Madama Butterfly di Puccini (1944); i figurini per l’Arlecchino di F. Busoni (1943-44); le scene per la Gioconda di A. Ponchielli, rappresentata nel 1945 e nel 1947; i bozzetti e le scenografie della Carmen di G. Bizet (1946 e 1947); l’allestimento per il balletto Il cappello a tre punte di M. De Falla (1948). L’ultima collaborazione fu con l’Arena di Verona, per la quale disegnò nel 1950-51 la scenografia della Forza del destino di Verdi. Incluso nella mostra retrospettiva “Cinquant’anni d’arte a Milano dal divisioni-

smo ad oggi” (catalogo a cura di R. Taccani, Milano 1959) tenutasi al palazzo della Permanente, nel 1959 espose un Paesaggio lagunare del 1937 e due opere più recenti, Ragazzi in barca (1957) e Il terrazzino (1958), caratterizzate, all’interno della salda costruzione compositiva e tonale, da una maggiore scioltezza del segno. Il L. si dedicò anche a soggetti di tematica religiosa e fu presente alle mostre d’arte sacra dell’Angelicum a Milano sin dal 1948 e, dal 1951 al 1955, alle Biennali del Circolo degli artisti cattolici di Novara. Nel 1959 donò un suo dipinto, Gesù guarisce il paralitico, ai Musei Vaticani e nel corso del decennio successivo realizzò due pale: una per l’altare di S. Anna raffigurante la Visitazione (1962) nella chiesa di S. Marco a Venas di Cadore; l’altra con S. Benedetto (1964) eseguita in seguito a concorso e su incarico dell’abbazia di Chiaravalle. Coltivò, inoltre, il genere ritrattistico, come testimoniano i cinque ritratti di benefattori eseguiti tra il 1929 e il 1968 per la quadreria dell’ospedale Maggiore di Milano. Negli anni Settanta strinse rapporti con la galleria milanese Carini, esponendovi nel 1970 un nutrito gruppo di opere, tra cui Risveglio o Il mattino (1968: Milano, collezione privata, ripr. in De Grada, pp. 118 n. 90, 250), con cui nel 1968 aveva ottenuto la medaglia d’oro del Comune di Milano al concorso di pittura del premio Eigenman. Dopo l’antologica presentata nel 1975 da A. Bevilacqua e R. De Grada, nel 1976 la galleria Carini allestì la prima mostra commemorativa dell’artista curata dallo stesso De Grada. Il L. morì a Milano l’8 maggio 1976.


“Maternità” o/t 100x67,5


Francesco Sartorelli

Francesco Sartorelli. Cornuda, 1856 – Udine, 1939 Di famiglia agiata – il padre era notaio ad Asolo – si iscrive dopo gli studi classici alla facoltà di Medicina a Padova, abbandonata attorno al 1875 per frequentare il Conservatorio di Milano. Gravi problemi di salute lo costringono a interrompere la carriera di concertista di flauto e, rientrato a Cornuda, si avvia da autodidatta alla pittura. Nel 1889 si trasferisce a Venezia, stringendo amicizia, tra gli altri, con Alessandro Milesi; quello stesso anno debutta esponendo alla Promotrice di Torino. Partecipa alle esposizioni internazionali d’arte di Venezia fin dalla prima edizione nel 1895. Nel 1900 la sua pittura di paesaggio trova un definitivo riconoscimento nel Premio Principe Umberto ottenuto all’esposizione braidense, seguito dalla medaglia d’oro ricevuta l’anno successivo all’VIII Esposizione internazionale d’arte di Monaco. Nel 1903 il mercante Ferruccio Stefani, attivo in Sud America,

organizza una mostra personale itinerante tra Buenos Aires, Montevideo e Valparaiso. Opere del pittore sono nuovamente presentate a Buenos Aires nel 1910, in occasione dell’Esposizione internazionale d’arte del Centenario; lo stesso anno la Biennale veneziana gli dedica una sala con quarantasei opere. Nel 1924 si trasferisce a Milano dove, l’anno seguente, la Galleria Pesaro allestisce una sua personale. Nel 1940, a pochi mesi dalla sua scomparsa, la XXII Biennale internazionale d’arte di Venezia gli dedica un’ampia retrospettiva ordinata dal figlio Carlo, anch’egli pittore.


“In riva al lago” o/t 75 x 100


Baccio Maria Bacci

Baccio Maria Bacci. Firenze, 1888 – Fiesole, 1974. Segue i corsi di Adolfo De Carolis e Giovanni Fattori all’Accademia di belle arti di Firenze, ma interrompe gli studi per dedicarsi a ricerche personali influenzato da Cézanne. Nel 1913 trascorre un breve periodo a Parigi. Trascorre al fronte il periodo della guerra, nel 1919 torna a Fiesole e riprende a dipingere. Nel 1922 gli viene concessa una sala personale alla Primaverile fiorentina dove espone opere che rivelano lo studio della grande pittura seicentesca. Seguono anni ricchi di partecipazioni alle principali esposizioni nazionali e internazionali, di contatti con l’ambiente intellettuale vicino alla rivista Solaria, alla quale Bacci collabora con scritti, disegni e contributi critici. Fra il 1929 e il 1962 realizza diciotto degli affreschi che illustrano la vita di San Francesco nel Corridoio delle Stimmate al Santuario della Verna. Nel 1934 dipinge le Sette opere di misericordia donate al

convento di San Francesco di Fiesole. Durante la Seconda guerra mondiale viene nominato presidente della commissione per la protezione delle opere d’arte del Comune di Firenze. Dal 1948 torna ad esporre con una personale ordinata alla Galleria Gian Ferrari di Milano; la pittura da cavalletto di questo periodo guarda al romanticismo nordico e all’intimismo degli interni di Vermeer, con una attenzione particolare all’ordine compositivo e alla qualità della luce. Dal 1953 al 1955 lavora al mosaico per l’abside del duomo di Salerno e agli affreschi per la chiesa di Sant’Andrea a Rovezzano. Dal 1955 vive a Roma collaborando con le riviste Fede e Arte e Letteratura. Nel 1957 esegue gli affreschi della collegiata di Montevarchi, sempre di argomento francescano. Muore due anni dopo il rientro a Firenze, nel 1972.


“Le donne sotto il gattice� 1909 o/t 77x62,5


Francesco Gioli

Francesco Gioli. San Frediano a Settimo, 29 giugno 1846 – Firenze, 4 febbraio 1922. della corrente artistica dei Macchiaioli. Fratello di Luigi Gioli, fu amico di Giovanni Fattori e di Silvestro Lega, spesso in visita alla sua villa di Fauglia. Negli ultimi anni della sua vita fu conosciuto dal giovanissimo pittore Anchise Picchi (1911-2007), divenuto amico del fratello Luigi.. Dopo gli studi presso l’Accademia di Pisa, continuati presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, esordì nel 1868 con il dipinto “Carlo Emanuele di Savoia che scaccia l’ambasciatore spagnolo”, esposto a Firenze nel 1868 e premiato a Pistoia nel 1869. Diceva Francesco di se stesso: « Mi dedicai all’arte giovanissimo, e a poco più di vent’anni esordii con un quadro storico che fu lodato e premiato. Questo buon successo precoce, anziché rallegrarmi, produsse in me un senso di sconforto, perché compresi subito, e

fu ventura, che si era lodata e premiata un’arte vecchia fatta da un giovane. » Nel 1875 Gioli si recò a Parigi, dove ottenne visibilità con il dipinto celebre “Passa il viatico”, premiato all’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1878. A Roma, nel 1883, espose “Passa la Processione” e nel 1885 a Londra ottenne una medaglia per il dipinto “Ai campi di giugno”. La sua consacrazione artistica fu nel 1914, anno in cui riscosse molti consensi nel corso della mostra individuale alla XI Esposizione Internazionale di Venezia.


“Fanciulla in riva al mare� 1906 o/t 93 x 35


Lorenzo Viani

Lorenzo Viani. Lorenzo Viani nacque a Viareggio e trascorse gli anni della sua infanzia nella Villa Reale di Viareggio in quanto suo padre era al servizio di Don Carlos di Borbone, fino a che il padre ebbe questo lavoro le condizioni familiari di Lorenzo furono abbastanza tranquille. Frequentò la scuola elementare ma solo fino alla terza classe perché l’esperienza scolastica si arrestò per una congenita insofferenza a ogni forma di disciplina, il tarlo dell’anarchia si era già insinuato nella giovane mente. Quando il padre fu licenziato dal servizio, la famiglia Viani conobbe la miseria, condizione umana che non era sconosciuta al giovane Lorenzo il quale a causa del suo carattere ribelle ed introspettivo passava molto del suo tempo girando per i boschi e la spiaggia della darsena viareggina, spettacolo quotidiano di miseria e di squallore e, a contatto con la “canaglia” asservita ai Borboni, il ragazzo precocemente segnato dalle difficoltà della vita,

confessò un giorno alla madre di essere ossessionato dal pensiero della morte. Nel 1893 viene messo a lavorare nella bottega del barbiere Fortunato Primo Puccini, dove resta come garzone per diversi anni dove incontra personaggi di primo piano come Leonida Bissolati, Andrea Costa, Menotti Garibaldi, Giacomo Puccini, Gabriele D’Annunzio e conosce il pittore Plinio Nomellini che ebbe un’influenza positiva nella maturazione artistica del ragazzo. Incomincia a disegnare con crescente interesse e un ritratto del musicista Giovanni Pacini attira l’attenzione dei viareggini, intraprende i suoi primi viaggi esplorativi a Pisa e a Lucca. In Versilia e in altre località italiane la lotta di classe si fa sempre più aperta, folle esagitate, precedute da bandiere nere, invadono le piazze dei paesi, stazionano davanti ai forni, frantumano le vetrine. L’incontro con il sociologo Pietro Gori e i frequenti contatti con i socialisti Vico Fiaschi e Luigi Salvatori decidono la definitiva adesione di Viani all’anarchia; talvolta il giovane dorme sulle pietre del molo o passa le notti al “Casone”, ritrovo abituale di vagabondi, di ricercati e di liberi pensatori. Viani è stato personaggio straordinario ed esemplare della fioritura culturale ed intellettuale che caratterizzò Versilia, Lucchesia e Lunigiana a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Leggendo alcuni scritti del Viani si ritrovano le memorie e le atmosfere di un periodo che vide, nell’arco di un cinquantennio, la presenza in terra d’Apua di personaggi come Puccini, Catalani, D’Annunzio, Ungaretti, Malaparte, Pea, Repaci, Cancogni, Montale, Carducci, Pascoli, Roccatagliata Ceccardi, Carrà e molti altri.


“Nudi in pineta” 1908 o/cartone 47x69,5


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dall’Impressionismo alla Scapigliatura

A cura di

Jean Michel Foray e Claudio Bottello

testi critici di

Marisa Vescovo Jean Michel Foray

è una produzione rte progetti e servizi per l’arte




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