L’ALFABETO DI PIERINO
Cristiano Lavezzo
L’Alfabeto di Pierino di Cristiano Lavezzo
Anno scolastico 2007-2010
Scuola di pedagogia “Carlo Rizzi” Corso triennale di pedagogia Steineriana
INDICE L’ALBA .................................................................................... 10 IL MIELE PIACE A TUTTI......................................................... 17 UN PICCOLO EROE ................................................................. 22 LE UOVA DI NONNA MARIA.................................................. 29 TRA I SUONI DEL BOSCO...................................................... 37 UNA GATTA NELL’ ORTO...................................................... 45 UNA BAMBINA IN SOFFITTA? ............................................... 53 LA VECCHIA CHITARRA ........................................................ 59 IL DOTTORE E I MALANNI DEL NONNO ............................... 64 UN LIBRO DI AVVENTURE..................................................... 75 IL NONNO E LA FOCA ............................................................ 83 UNA GIORNATA AL MARE.................................................... 92 LA PIPA DI ATTILIO................................................................. 98 NANETTO FUNGHETTO E GLI STRANIERI ........................ 105 SERGIO LO SCOIATTOLO.................................................... 111 LA QUERCIA STORTA.......................................................... 117 LA RANA E IL LETARGO DIFFICILE .................................... 122 IL TORO E IL BERRETTINO.................................................. 129 APRILE E LE FORMICHE ...................................................... 134 UNA VOLPE AFFAMATA ...................................................... 139 UN CANE FELICE .................................................................. 146
INTRODUZIONE
I bambini che ho avuto la fortuna di seguire nel mio anno come maestro di prima classe erano, come spesso sono i bambini di questa epoca, intellettualmente molto svegli, abituati a prendere decisioni autonomamente come fossero già grandi e sempre critici nei confronti degli adulti, in un certo senso già disillusi rispetto all’ambiente che si cerca di mantenere in una scuola Waldorf per poter rispettare e proteggere i loro tempi di crescita. Nel momento in cui mi sono trovato di fronte al compito di creare per loro una storia per presentargli l’alfabeto maiuscolo, mi sono messo a cercare spunti tra l’infinito materiale che, corsi di formazione, scuole Waldorf e singoli insegnanti mettevano a disposizione, ma più leggevo e più mi rendevo conto che nulla di tutto ciò calzava perfettamente con quella classe vivace e desiderosa di avventure più vicine al loro mondo. Avevo bisogno di qualcosa che li catturasse e li portasse senza riserve all’interno di quel mondo magico che per altri 1
bambini è reale. Così, decisi che invece di portargli da subito vicende di nanetti e gnomi, che immancabilmente gli avrebbero messo la puzza sotto il naso, ero io che dovevo trovare una storia capace di andare a prenderli esattamente dov’erano. Partendo da un lavoro fatto per presentare la lettera “G” durante il corso di formazione, che mi aveva dato particolari soddisfazioni, ho cercato di creare, lettera dopo lettera, una storia che parlasse di un bambino come loro, che provava emozioni come loro, entusiasmi e paure come loro. In un’epoca palesemente odierna si susseguivano le sue avventure, in un ambiente molto vicino alla natura, una semplice vita di campagna, senza negare la modernità delle auto, del porto, delle navi e delle città, molto sensibile al ritmo delle stagioni e legata alle conoscenze della vita contadina grazie alla costante presenza di un nonno arzillo e sapiente. Tutto questo mi ha permesso di conquistare i loro entusiasmi e, mano a mano che l’anno continuava, di poter introdurre nella vita di classe anche storie e personaggi ormai “invisibili” all’uomo moderno, senza che nanetti e gnomi venissero più criticati come avveniva all’inizio di quell’anno….ed in realtà mi resi 2
conto che ero pronto ad accettarli anch’io. Il lavoro di questa tesi non è però la stessa storia che ho portato ai miei bambini, alcune storie sono state leggermente modificate, altre che non mi avevano soddisfatto le ho completamente riscritte perché, per fortuna, dall’esperienza si impara sempre…e si corregge la direzione.
Il significato di vocali e consonanti I suoni vocalici sono suoni legati alla vita dell’anima, sicuramente la lingua italiana (e quelle latine in generale) è una lingua che da ampio spazio all’espressione vocalica ed in effetti come popolo, lungi da me il voler generalizzare, ci possiamo riconoscere in una particolare predisposizione all’esternazione della vita animica, sia negli aspetti positivi : un paese di artisti: poeti…navigatori e santi mi verrebbe da aggiungere, pittori, cantanti, ma anche pizzaioli, gelatai, ecc..; sia in quelli negativi : abbiamo indiscutibilmente la tendenza ad ingrandire ogni evento della nostra vita in miracolo o tragedia a 3
seconda del caso, cosa che un danese limiterebbe sicuramente. I suoni consonantici sono invece rappresentazione di qualcosa che si trova all’esterno, nel mondo, sono riconducibili ad una certa struttura, elemento di cui, come popolo, siamo più carenti e che invece sembra abbondare in un popolo e in una lingua come quella tedesca. Portare vocali e consonanti ai bambini significa anche cercare di far vivere loro questa differenza. Volevo mantenere la presentazione di vocali e consonanti all’interno di un’ unica storia che, attraverso le vicende di uno stesso gruppo di personaggi creasse, con il passare dei giorni, un legame con l’interiorità dei bambini, ma al tempo stesso, volevo rendere sottilmente evidente la differenza di punto di vista tra vocali e consonanti così, ho deciso di raccontare le storie sulle vocali in un ambiente diverso da quello dove successivamente si sarebbero sviluppate le storie sulle consonanti. Quale miglior luogo per elevarsi alla comprensione dei sentimenti dell’anima se non la montagna? Altro elemento fondamentale nella presentazione dell’alfabeto è il tentativo di far vivere ai bambini quello che è stato il 4
cammino evolutivo dell’umanità: l’invenzione della scrittura partendo dal collegamento tra il soggetto da “de-scrivere” e il simbolo stesso. Nel lavoro in classe si cerca quindi di collegare la forma della lettera proposta alla forma del soggetto narrato in modo da far vivere ai bambini quello che l’uomo antico ha vissuto nel momento della nascita della scrittura.
Il lavoro in classe Nella mia piccola esperienza di formazione e di insegnamento ho avuto la fortuna di venire in contatto con tanti e tanti bravi maestri ed ognuno di loro, mi ha portato il suo personale contributo su come si può creare un lavoro in classe, tenendo conto soprattutto delle caratteristiche dei bambini che si hanno di fronte. Partendo dal principio che i bambini del secondo settennio vivono nell’elemento ritmico musicale è fondamentale aiutare l’interiorizzazione dei contenuti portati in classe attraverso il risveglio di queste forze sia attraverso quelle della volontà. Già nei ritmi del mattino 5
dell’epoca di scrittura vengono proposte filastrocche e canzoncine per le lettere che arriveranno (“Sulla Terra bene sto” , “A è un anatroccolo” filastrocche sulla C, G e poi più avanti sulla GN, SC, GL, eccetera) oltre a giochi di movimento che destino tutto il corpo. Dopo la parte ritmica inizia l’epoca. Il maestro racconta una storia che “nasconde” al suo interno l’arrivo di una lettera. Ma la lettera non viene presentata subito. Il giorno seguente, dopo che il sonno della notte ha dato il suo contributo, i bambini, incoraggiati dal maestro ricostruiscono gli episodi del racconto del giorno prima, poi il maestro disegna alla lavagna una parte di quel racconto mettendo in evidenza il soggetto della storia in modo da far risaltare il legame tra la forma del soggetto e la forma della lettera. Dopo che il maestro ha iniziato il disegno alla lavagna anche i bambini sui loro quaderni creano il loro disegno. Solo dopo un’altra notte di sonno, al terzo giorno, i bambini si ritrovano in classe pronti a scoprire quale lettera fosse legata a quel disegno. “Vi ricordate bambini cosa abbiamo disegnato ieri? E vi ricordate come era fatto il gatto che abbiamo disegnato? Ecco, oggi scopriremo che la “G” di gatto 6
ha una forma che ci ricorda proprio il gattino che abbiamo disegnato ieri”. Può cominciare così il passaggio dal lavoro immaginativo fatto con i bambini all’astrazione della forma della lettera che per noi uomini d’oggi è l’unica cosa evidente. Con il passare dei giorni il ritmo di presentazione delle lettere può aumentare se il maestro sente che i bambini sono pronti, sempre però mantenendo la suddivisione in tre giorni nella presentazione della singola lettera, per cui si arriverà per esempio in un giorno ad avere: presentazione della B disegno della C storia della D Ci sarà così nell’epoca di ogni giorno un processo di conclusione (presentazione della B), un processo di elaborazione (disegno della C) ed un processo di narrazione (racconto della D). L’epoca può venire completata da situazioni e momenti che permettono ai bambini di “fissare” divertendosi i contenuti. Nella mia esperienza di prima classe tanti sono stati i giochi, soprattutto di movimento che ho portato ai 7
bambini per aiutarli ad interiorizzare le lettere dell’alfabeto. Ho avuto la fortuna durante la settimana di aggiornamento alla prima classe di avere come formatore il maestro Luca che ha aperto davanti a tutti, con sano e fresco entusiasmo, un mondo di giochi e possibilità da portare ai bambini. Molte delle attività che ho portato ai miei bambini hanno preso spunto da quei suggerimenti. Sono stato aiutato dal nanetto Barbarossa che ogni mattino nascondeva all’interno della scuola un sacchettino con dentro la lettera del giorno ed il sacchettino si trova proprio sotto un oggetto che comincia con quella lettera…. “fogli!” esclama Michele durante la presentazione della F. “Forbice” dice qualcun altro, ma sotto la forbice non c’è nulla, “fico” dice entusiasta Samuel… “bambini, avete mai visto un fico in classe?” E tutti si mettono a ridere. “Frigorifero” dice Francesco e riceve un permesso speciale per entrare nella cucina della scuola. Quando torna con il sacchettino in mano tutti i bambini si fanno attorno e scoprono il cartoncino con la F che viene appesa al muro. Un altro grande divertimento dei bambini è stato quello di trovare parole che iniziassero con la lettera 8
del giorno mentre il maestro riempiva la lavagna mano a mano che ne trovavano di nuove. La tombola delle lettere, il bastimento carico di A, i dadi che danno una lettera (per esempio 5= E) e i bambini che cercano una parola con quella lettera (5--E---ELEFANTE). E poi con il passare dei mesi i cartoncini al collo con le lettere dell’alfabeto per creare piccole parole. Ma la cosa più entusiasmante per un maestro è sicuramente vedere che i bambini anche nel gioco libero continuano a sviluppare cioè che viene fatto in classe. Cecilia all’improvviso lasciava il gioco con i suoi compagni e venendomi incontro diceva entusiasta “maestro! F di farfalla!.” Oppure Pietro che tutto serio con un bastoncino spezzato in mano mi diceva “maestro se lo piego in due è una V”. Mi sono reso conto, nell’anno di prima classe con i miei bambini, che non è importante quanto riuscito sia il lavoro che ogni giorno prepariamo per loro, l’unica cosa importante è che lo facciamo con impegno. I bambini sentono quando abbiamo dedicato a loro tempo ed energie e ci ricambiano sempre con attenzione ed entusiasmo. 9
L’ALBA
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uesta è la storia di Pierino che la mattina si
svegliava sempre di buon’ora, quando ancora i suoi genitori erano a letto, ma quel sabato mattina si era svegliato ancor prima del solito! Non riusciva più a dormire e appena si era levato il sole e la luce aveva iniziato a passare attraverso le fessure della finestra, si era messo in ascolto dei rumori della casa. Aspettava di sentire i passi dei suoi genitori che si alzavano e si preparavano per il grande giorno. Dopo un po’ Pierino sentì Aprile, la sorellina più piccola, che aveva iniziato a piangere, era un buon segno, ciò voleva dire che ora anche i genitori si sarebbero alzati. Allora scese dal letto, si infilò le pantofole e di corsa entrò nella camera dei genitori, che già avevano la sorellina tra le braccia. “Mamma, papà!!! Si parte ora? Si parte?”, “calma Pierino” disse il papà, “dobbiamo prima preparare tutte le valigie, fare 10
una buona colazione, caricare l’auto e poi partiremo. Mi aiuterai Pierino?”, “certo papà, io sono pronto” disse egli. Eh si, quella mattina sarebbero partiti per la montagna, e Pierino non era mai stato in montagna. Non vedeva l’ora di partire con la sua famiglia, chissà quante avventure gli sarebbero capitate! Così, dopo aver fatto colazione tutti insieme ed aver preparato per bene l’auto, Pierino passò a salutare il nonno che stava annaffiando l’orto, “ciao Pierino, buone vacanze! …Divertiti!” rispose il nonno, che come al solito gli prendeva il viso con le mani sporche di terra secca e gli stampava un grosso bacio sulla fronte, e tutta la famiglia partì verso i monti. Mentre uscivano dal paesino l’emozione di Pierino cresceva ed egli rimaneva incollato al finestrino dell’auto. Amava guardare come cambiava il paesaggio, erano passati per campi coltivati a mais, soia, lattuga e patate, poi avevano raggiunto una zona in collina dove si potevano vedere grandi distese di vigneti ed ora in lontananza Pierino cominciava a scorgere le prime montagne. Poi, ad un certo punto, Pierino si rese conto che l’ auto iniziava a salire, salire e salire e dal 11
finestrino vedeva tutti i paesini e le cittadine giù in basso. Un po’ più tardi sentì che anche l’aria che entrava dal finestrino stava cambiando, era diventata più fresca. All’improvviso iniziò a vedere prati pieni di erba verde e rigogliosa e fiori e… tante tante mucche che pascolavano! E attorno al collo avevano tutte una bella campana che suonava ogni volta che si chinavano per strappare un po’ d’erba e masticarla. E così tra un paesaggio e l’altro la famiglia di Pierino passò tutta la giornata in viaggio per giungere all’alloggio per la notte. Si fermarono anche a fare picnic su un tavolino nel boschetto vicino la strada. Ma verso sera, quando ormai mancavano pochi chilometri alla baita, all’improvviso…POP POP POP …era la vecchia auto del papà che tossiva dalla fatica e sembrava davvero non voler più andare avanti …POP…POP… ancora qualche metro… POP…. e l’auto si fermò. “Perbacco” disse il papà, “che cosa avrà adesso?”. Stava già facendo buio, si trovavano in una strada tortuosa nel mezzo del bosco e la baita non era ancora così vicina da poterla raggiungere a piedi, tantomeno con tutte le valigie che la famiglia si portava appresso. 12
Il papà scese dall’auto ed aprì il cofano per vedere se ne capiva qualcosa, ma niente da fare, l’ auto era immobilizzata. Mamma e papà parlarono un poco a bassa voce mentre Pierino rimaneva in auto, curioso di sapere che cosa si stessero dicendo, poi rientrarono insieme nell’auto e alla fine annunciarono a Pierino ed Aprile “questa notte dormiremo tutti e quattro nell’ auto e domani mattina andremo in cerca di un buon meccanico per ripararla”. Pierino fu molto sorpreso dalla notizia e all’inizio anche un po’ spaventato. Fuori stava scendendo la notte e già non si vedeva quasi nulla di ciò che c’era attorno, ma poi pensò che lì dentro al calduccio con la sua famiglia non gli poteva accadere nulla. E un po’ alla volta tutti si sistemarono per la notte, la mamma aveva preparato un buon panino per tutti con quello che rimaneva degli avanzi del pic-nic e dopo averlo divorato, Pierino si appoggiò al braccio del papà, che si era messo al suo fianco, e si addormentò quasi subito. Pierino si svegliò che doveva assolutamente far pipì. Era quasi mattino, ma era ancora molto buio, i finestrini erano coperti da tante piccole goccioline di umidità e Pierino rimase per un po’ a giocare facendo 13
dei disegni con il dito. Poi però decise che doveva uscire o si sarebbe fatto la pipì addosso. Per non svegliare tutti, aprì pian piano la portiera dell’auto e uscì silenziosamente. Fuori si vedeva appena e dovette farsi coraggio per allontanarsi. Finalmente trovò un posticino tra gli alberi e si liberò della pipì. Ma, proprio quando fu il momento di tornare indietro, si accorse che dalla collina di fronte arrivava una gran luce che già illuminava la cima degli alberi più alti. Era una luce così bella, Pierino non ne aveva mai visto una di così chiara ed intensa. Non sapeva cosa fare, la voglia di andare a vedere da dove provenisse era tanta, ma era forte anche il desiderio di tornare al calduccio nell’auto con la sua famiglia. “Bene”, disse, “farò in un attimo” e si mise a camminare per aggirare la collina. Quando arrivò dall’ altra parte lo spettacolo che vide lo lasciò senza fiato. “AAAAAAHHHH” poté solo esclamare. Davanti a lui si estendeva un grande lago, l’acqua era tranquilla, quasi immobile, tanto da sembrare uno specchio. In alto si vedevano le montagne da cui scendeva un fresco ruscello che andava a buttarsi dritto dritto nel lago e sopra le montagne, proprio il quel momento stava sorgendo il 14
Sole! Tutto fu invaso da una luce calda e silenziosa, i raggi si espandevano in ogni direzione e i riflessi arrivavano ad illuminare il fondo del lago. “Che meravigliaaaaa” disse Pierino, “non ho mai visto uno spettacolo tanto bello!”. Dei pesciolini nuotavano proprio lungo la riva vicino ai suoi piedi e Pierino non riuscì a resistere alla tentazione. Si tolse le scarpe e poi le calze ed entrò con i piedi nell’ acqua. Era freddissima, sembrava fosse neve appena sciolta ed i pesciolini parevano non essere impauriti e continuavano a girargli attorno ai piedi! Un po’ alla volta il sole salì nel cielo fino a che si staccò completamente dalla montagna, e lentamente i colori arrivarono a tutto ciò che Pierino vedeva: gli alberi, i sassi sulla riva, i fiori e gli uccelli che volavano….. “Pierinoooo! Pierinoooo!” si sentì chiamare. Era la mamma, “si sarà svegliata e sarà preoccupata per me” pensò Pierino. “ Arrivooo!” disse ad alta voce, e corse verso la sua famiglia.
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IL MIELE PIACE A TUTTI
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uel mattino
presto,
il papà aveva
rintracciato un meccanico che in un batter d’occhio riparò l’auto, fortunatamente non era una cosa tanto grave, così in breve tempo la famiglia poté ripartire e in un attimo giunsero al paese meta delle loro vacanze. La baita era subito fuori il paese, salendo su un sentiero di terra si arrivava all’ingresso di un viale, due strette file di pini portavano in cima ad una collinetta erbosa sulla cui sommità si trovava una splendida baita, tutta fatta di legno. Appena la mamma aprì la porta Pierino corse dentro a vedere come erano disposte le camere perché voleva scegliersi un letto vicino alla finestra. Quando ebbero sistemato le valigie e i borsoni all’ interno della baita, uscirono di nuovo sul prato davanti casa. Pierino iniziò a gironzolare nei dintorni in cerca di qualcosa di interessante. In alto si vedevano le alte montagne e tanti piccoli sentieri che si 17
inoltravano nei boschi e che sicuramente conducevano alle cime. A Pierino venne voglia di vedere che cosa ci fosse lassù! “Papà papà” disse, tornando verso i suoi genitori, “ andiamo a fare una camminata?”. E così, dopo che il papà ebbe preparato un piccolo zaino con cose che potevano essere utili durante la passeggiata, tutti e due si infilarono delle buone scarpe da montagna e bastone alla mano iniziarono a salire un sentiero, mentre mamma e la piccola Aprile si stesero sul prato a gustarsi il tiepido sole. Dopo un po’ che passeggiavano Pierino si rese conto di quanto fosse faticoso camminare in salita, le gambe gli dolevano ma non voleva dirlo a papà altrimenti gli avrebbe proposto di tornare indietro. Per fortuna il paesaggio era talmente incantevole che ricambiava di ogni fatica. Erano saliti molto e in quel tratto i prati erano verdi e luminosi, e in lontananza si vedevano pascoli di mucche che passavano la giornata a sfamarsi con la fresca erbetta della montagna. Ed ecco che un po’ più in là Pierino scorse un ruscello spumeggiante che scendeva dal monte. “Acqua fresca!” disse, “papà andiamo a bere!”. In un attimo furono al ruscello, si sistemarono bene con i piedi sulla riva per non perdere 18
l’equilibrio e unendo le mani bevvero tutti e due delle buone sorsate. “Aaah ,ci voleva proprio” disse il papà. Poi estrasse dallo zaino un sacchetto di carta, con gran sorpresa di Pierino ne uscirono due grosse fette di pane ed un vasetto di miele che il papà spalmò con un coltellino. Mentre erano lì seduti che si gustavano la meritata pausa, ed il panino con il miele… sentirono uno strano grugnito alle loro spalle… “MMMHHHH!”. Si girano di scatto e videro, dall’altra parte del ruscello, un grosso orso bruno che li guardava fissi, gli occhi erano piccoli e neri e annusava in loro direzione, “MMMHHHHH!!!!” fece di nuovo l’orso “EEEEEEEEHH! fece Pierino spiccando un balzo all’indietro e mettendo avanti le mani per proteggersi. Il papà invece era rimasto immobile e non sembrava spaventato. Per fortuna l’orso si trovava ancora dall’altra parte del ruscello ma non ci avrebbe messo molto ad attraversarlo se avesse voluto. Allora il papà disse “Pierino, sai che gli orsi amano il miele, forse è meglio se gliene diamo un po’, sembra molto affamato”. Pierino guardò il suo pezzo di pane, diede l’ultimo morso e poi, con un gran lanciò, lo gettò al di 19
là del ruscello. Subito l’orso alzò il muso per annusare ciò che gli era stato lanciato, fece qualche passo avanti, raccolse il pezzo di pane e lo masticò con calma. Anche il papà lanciò il suo pezzo di pane e l’orso si mangiò pure quello. Poi guardò verso Pierino e fece ancora….“MMMMHH!!!!”. Sembrava ringraziarlo… si voltò e si diresse tra gli arbusti da cui era venuto. Pierino rimase in silenzio per un bel po’ pensando al grande orso, non ne aveva mai visto uno così da vicino!
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UN PICCOLO EROE
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a mattina seguente Pierino si svegliò al
canto degli uccelli che dal bosco lì vicino sembravano avvisarlo dell’inizio del giorno e che c’erano tante nuove avventure ad aspettarlo. Ma prima di scendere dal letto e dar loro retta, Pierino decise di rimanere lì sotto le coperte ancora qualche minuto al calduccio e farsi coccolare dal dolce canto di quei simpatici amici. Poi, quando sentì che qualcuno nella cucina della baita già si era messo a trafficare con pentole e padelle, scese dal letto ed andò a vedere curioso. “Buongiorno Pierino!” lo accolse gioioso il papà . “Ho bisogno di un grosso piacere!”. “Dimmi papà” rispose Pierino, felice di poterlo aiutare. “ Vorrei fare una sorpresa alla mamma e farle trovare la colazione pronta, ma finché non bollirà il caffè non posso muovermi di qui. Vorresti andare dal fornaio qui in paese a prendere del buon pane fresco? Poi lo scalderemo e ci spalmeremo sopra tante cose buone”. 22
“Certo papà” rispose Pierino, felice di poter fare una bella sorpresa alla mamma… e pure della responsabilità che il papà gli affidava nel lasciarlo andare in paese da solo. Ricevute un po’ di monetine già volava attraverso la soglia di casa mentre il papà ancora gli stava raccomandando di fare attenzione lungo il cammino. Fuori l’aria del primo mattino era frizzante e Pierino la respirava a pieni polmoni, si gustava quel momento camminando per la stradina che dalla baita conduceva al piccolo centro del paese, si sentiva grande e soddisfatto per l’importante incarico che il papà gli aveva affidato. Gli piaceva quel piccolo paese di montagna con quell’atmosfera così diversa dall’ambiente di campagna in cui era cresciuto. Dopo qualche minuto arrivò nella piazzetta del paese e subito il suo naso fu attratto da un irresistibile profumo di pane caldo. Era impossibile sbagliarsi, a Pierino bastò seguire quella scia per trovare immediatamente il fornaio. “Pane fresco, pane appena sfornatoooo!” annunciava la signora, tutta vestita di bianco, che indaffarata serviva pane a paesani e turisti mattinieri che, come Pierino, si erano disposti in fila 23
ordinata aspettando il proprio turno. Così, dopo qualche minuto, anche Pierino uscì dalla piccola bottega col suo sacchettino di pane ancora caldo e profumato. Lungo la via del ritorno, di tanto in tanto, portava il sacchetto al naso e ne odorava il profumo. Già se lo immaginava, sulla tavola di casa con un bel po’ di marmellata e una bella tazza di latte caldo! Ma mentre era tutto assorto in quei pensieri, qualcosa attirò la sua attenzione. Là, nel centro della piazza si stava radunando una gran folla, c’era qualcuno che parlava a voce alta e dalle facce di grandi e piccini sembrava essere qualcosa di molto importante. Pierino si dimenticò all’istante di tutti i suoi progetti per la colazione ed incuriosito si avvicinò alla gente radunata là. Si fece un po’ di largo fra i presenti per poter sentire meglio e vedere chi stesse parlando. C’erano due uomini alti, …vestiti uguali, …di verde… “saranno due guardie del bosco” pensò Pierino, che già aveva sentito parlare dal papà di queste persone con la divisa che si occupano che tutto vada bene. “Ripeto ancora una volta”, disse quello di destra, “ci e’ giunta voce che nei dintorni del paese si aggira un orso bruno, siamo stati avvisati da qualcuno che lo ha visto 24
nei giorni scorsi nei sentieri attorno al villaggio. Se qualcuno lo ha avvistato recentemente ci informi immediatamente, in modo che possiamo rintracciarlo e spingerlo verso il bosco, più vicino al suo territorio e dove non possa rappresentare un pericolo per adulti e bambini”. “Abbiamo bisogno del vostro aiuto” disse l’altra guardia. “Un orso bruno!” pensò Pierino, “vicino al paese? Ma è sicuramente quello che ieri voleva il mio miele!” Nessuno dei presenti si faceva avanti, si udiva un parlottare sommesso e ipotesi su dove si potesse trovare l’orso in quel momento, ma sembrava proprio che nessuno lo avesse visto di persona. Pierino, che un po’ si vergognava a dover parlare in mezzo a tutta quella gente, non sapeva che cosa fare ma, vedendo che nessuna interveniva, si rese conto che era l’unico in grado di essere d’ aiuto in quella situazione. “Solo IO posso dire dove si trova quell’orso”. Si fece coraggio… e ad un tratto… “IO” disse, alzando alta alta la mano in mezzo alla folla, e un po’ anche le punte dei piedi. “IO ho visto l’orso”. A quel punto tutti i presenti si erano voltati a guardarlo e Pierino si sentì piccolo piccolo al centro di tutta 25
quell’attenzione. le due guardie si avvicinarono e la gente attorno fece largo creando un piccolo cerchio attorno a Pierino. “Ciao piccolo, come ti chiami?” chiese una delle guardie sorridendogli. “Io sono Pierino” rispose. “Hai davvero visto un orso aggirarsi da queste parti?” chiese l’altro. “Si” disse Pierino, “proprio ieri pomeriggio, mentre stavo facendo una passeggiata con mio padre….”. E così Pierino raccontò tutta la storia della loro avventura con l’orso. Alla fine le due guardie dissero “bene, grazie Pierino per questa informazione, ci sarà sicuramente utile per capire in che zona dobbiamo ora cercare quel simpatico orso e poterlo così portare in un punto del bosco più tranquillo per lui e più lontano dal villaggio”. Gli strinsero la mano e voltando le spalle alla folla si diressero verso il sentiero. “Grazie Pierino” cominciò ad esclamare la gente ancora lì radunata, “grazie, grazie, grazie Pierino” giungeva un po’’ da tutte le parti …e Pierino imbarazzato rispondeva con cenni del capo a destra e a manca, sorridendo. Poi, quando quel momento fu passato e la gente tornava, commentando l’accaduto, alle proprie 26
faccende, anche Pierino si mise in marcia per ritornare alla propria famiglia, annusò il sacchetto, il pane era ancora tiepido e la mamma stava aspettando una sorpresa!
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LE UOVA DI NONNA MARIA
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uel pomeriggio la mamma aveva deciso di
preparare un buon dolce di mele. Certo nella baita non c’erano tutti gli strumenti da cucina che avevano a casa ma in qualche modo avrebbe fatto comunque. Era l’ultima sera che avrebbero cenato lì e voleva che i bambini la ricordassero con gioia. Pierino era al suo fianco ed ascoltava in silenzio, mentre Aprile si stava lentamente svegliando dal suo sonnellino sul divano. “Farina c’é, zucchero c’é, lievito c’è”, elencava la mamma. “Ahhh, ci mancano le uova” disse improvvisamente. Pierino un po’ deluso, pensava che la torta non si sarebbe più fatta, ma la mamma si riprese subito dicendo “bè, non è un problema Pierino, qui vicino vive una vecchietta che tutti chiamano nonna Maria , ho visto che dietro casa ha un pollaio con tante galline, non avrà problemi a darci qualche uovo fresco per la nostra torta”. “Si mamma andiamo!” esultò 29
Pierino, “vado subito a svegliare Aprile per portarla con noi”. Tutti e tre scesero il sentiero e poco dopo arrivarono alla casetta di nonna Maria. Si fermarono davanti ad un vecchio portone di legno, la vernice era tutta scrostata e solo ne rimaneva qualche pezzo verde in qua e in là che Pierino cominciò a scrostare con le unghie. Intanto la mamma cercava il campanello ma non riusciva a trovarlo. “Sarà quello!” disse Pierino indicando un campanaccio appeso ad una vigna che fiancheggiava il bordo del vecchio portone. Al campanaccio era appesa una cordicella e Pierino cominciò a scuoterla… DON DON DON, e a quel suono anche Aprile volle essere presa in braccio e suonare: “DON DON” diceva la piccola e …DON DON suonava il campanaccio. Finalmente dopo tanto rumore, la signora Maria, che era un po’ sorda, tirò la tenda che proteggeva l’entrata della casa dal sole del primo pomeriggio e mise fuori la testa per vedere chi fosse. “ Buongiorno” disse sorridendo, e a passi lenti si avvicinò al portone. Era una vecchietta con i capelli bianchi raccolti in una cipolla dietro la testa, camminava tutta curva con l’aiuto di un bastone e 30
aveva tante tante rughe in viso e anche nelle mani e mentre sorrideva si vedeva che gli mancavano vari denti. Ma quel sorriso a Pierino era così simpatico, forse perché anche a lui mancavano tanti denti. “Chissà se anche nonna Maria mette i denti che gli cadono sotto il cuscino per avere la sorpresa dei nanetti” penso fra sé. “Buongiorno nonna Maria” disse la mamma, mentre la vecchietta si avvicinava, “avremmo bisogno di quattro uova per preparare un dolce di mele”. “Ma certo” rispose la nonnina aprendo il portone, “entrate pure e accompagnatemi verso il pollaio, andremo a vedere insieme perché quelle raccolte stamane le ho già impiegate per fare la tagliatelle”. La mamma accompagnava nonna Maria che si appoggiava al suo braccio dopo aver posato il bastone davanti la soglia di casa, e Pierino le seguiva tenendo Aprile per mano. Passarono sotto una pergola carica di uva ancora verde ma che alla fine dell’estate sarebbe diventata rossa e succosa. C’erano tante galline che razzolavano per il prato e beccavano qua e là qualche filo d’erba.
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Poi arrivarono al pollaio, la porta di legno era aperta e le galline entravano e uscivano gustandosi l’ombra di quel caldo pomeriggio. Appena entrarono anche Pierino ed Aprile furono sorpresi dal cambio di luce, dentro sembrava tutto buio e non si riusciva a vedere ad un palmo dal naso. Solo si sentiva “COOOOOCOCOCO”. Un po’ alla volta anche i loro occhi si abituarono e cominciarono a vedere. Nonna Maria si chinò su una cassetta piena di paglia e raccolse con le mani delle uova. “ Ooh che fortunati questi bambini” esclamò con la sua voce tremula, “proprio quattro uova per la vostra torta”. “Ma lei rimarrà senza nonna Maria”, disse un po’ dispiaciuta la mamma. “Oh non si preoccupi, ho già usato quelle che mi servivano e domani mattina ne troverò altre”. “Ci sono ancora altre uova per lei nonna Maria!” esclamò a quel punto Pierino che non voleva lasciare la nonna sprovvista. “Lì, in quella cesta, sotto la gallina” disse, indicando un altro punto del pollaio dove una chioccia stava tenendo al caldo un certo numero di uova. “Eh no Pierino” rispose la vecchietta, “quelle uova mi daranno dei bei pulcini, non sono lì per essere mangiate”. “Dei pulciniii?” esclamò Pierino, 32
“ciini” disse Aprile battendo i piedi e sorridendo. “Ma fra quanto nonna Maria?” continuò Pierino. La nonna rimase un attimo a pensare e poi concluse “a dire il vero dovrebbe essere oggi il giorno, potrebbe essere che da un momento all’altro sbuchi la prima testolina”. “Oooh, che bello sarebbe poterli vedere” disse Pierino chinandosi vicino alla chioccia e abbassando la testa per cercare di vedere le uova. Allora successe qualcosa di davvero magico, dopo qualche minuto, mentre mamma e nonna Maria continuavano a parlare del più e del meno, lì fuori dal pollaio, e Aprile si era distratta con una fila di formiche indaffarate a portare dei chicchi di grano dentro la loro tana, Pierino vide la chioccia che si sollevava sulle zampe, si spostava un poco e si riaccovacciava a lato della uova tenendole vicine a sé. Poi su udì un piccolo suono sordo …PIC PIC PIC, proprio lì sulle uova. Ma Pierino non avrebbe saputo dire da quale uovo venisse. Poi ancora …PIC PIC PIC… e a quel punto… PIC… un piccolo becco giallo ruppe il guscio di un uovo. “Mammaaa, mammaaa, Aprile, nonna Maria!” esclamò Pierino tutto d’un fiato, “stanno nascendo i pulcini”. Mamma 33
e nonna Maria entrarono incuriosite seguite dalla piccola Aprile che provava a correre con passi incerti e traballanti ma voleva essere in prima fila per il grande evento. Si accucciarono tutti dietro Pierino e rimasero in silenzio. …PIC PIC PIC, con qualche altro colpo di becco il pulcino aveva allargato il buco del guscio e ora coraggioso metteva fuori la testolina per scoprire un mondo tutto nuovo. “Oooooohhhhhh” esclamarono tutti insieme e anche nonna Maria, che di pulcini in vita sua ne aveva visti nascere veramente tanti, si commosse un poco al vedere quei bambini così emozionati. Dopo qualche minuto anche dalle altre uova si cominciarono a sentire dei piccoli ticchettii e in poco tempo altri due pulcini si fecero coraggio e rompendo il guscio sbucarono fuori con la testa. Nel giro di poco tempo un gran PIO PIO PIO cominciò a diffondersi per tutto il pollaio, dove prima c’era il silenzio e la tranquillità della chioccia che covava. Poi mamma disse “pulcini miei, dobbiamo tornare ora, altrimenti non faremo in tempo a preparare la torta”. “Si mamma” rispose Pierino, “grazie nonna Maria” disse rivolgendosi alla vecchietta e prendendo Aprile per mano, uscirono dal pollaio. 34
Quando giunsero sul portone accompagnati da nonna Maria qualcuno stava suonando il campanaccio… DON DON DON… “Buongiorno nonna Maria, buongiorno bambini” disse un giovane dalla voce grossa, con un pennello in una mano e un barattolo di vernice verde nell’ altra. “Oggi ho un po’ di tempo libero e ho pensato di scrostarle e verniciarle a nuovo il portone”. “Buongiorno giovanotto” rispose nonna Maria, “ti ringrazio tanto, io ormai sono vecchia e questi lavori non riesco più a farli, la mia povera schiena non me lo permette. Spero che almeno ti fermerai a cenare da me questa sera, ho preparato delle tagliatelle fatte in casa e tra un po’ dovrebbe essere pronto il sugo che si sta cucinando al fuoco. “Ne ho sentito il profumo in lontananza per questo sono qui” rispose scherzando il ragazzo e lasciandosi andare ad una bella risata. “Arrivederci nonna Maria!”, “arrivederci Pierino, arrivederci Aprile, tornate a trovarmi ”disse la vecchietta rientrando in casa per andare a togliere la pentola dal fuoco.
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TRA I SUONI DEL BOSCO
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ra il loro ultimo giorno di vacanza e
Pierino voleva fare qualcosa di davvero straordinario. Ma era già passata tutta la mattina e mamma e papa non avevano fatto altro che riempire valigie, lavare piatti, pavimenti, ordinare le camere da letto… insomma Pierino non ne poteva proprio più di stare lì attorno alla baita a giocare quando avrebbe invece potuto approfittare di quella bella giornata per scoprire un tesoro nel bosco, un rifugio di gnometti o chissà che cosa altro. Guardava Aprile mentre giocava con dei sassi tra l’erba del prato, era così carina e gli voleva tanto bene, e poi lei almeno sembrava divertirsi anche lì seduta con i suoi quattro sassi…e un po’ la invidiava. “Papà, andiamo a fare una passeggiata?”. “Tra un po’ Pierino” rispose distratto il papà mentre con una mano cercava di aprire il baule dell’auto e con l’altra teneva un ingombrante fagotto di tela. “Ma è tutto il 37
giorno che mi dici tra un po’ papà, io sono stufo di stare qui”, disse Pierino lamentandosi. “Posso almeno andare a fare un giro da solo? Rimarrò qui vicino, te lo prometto!” Il papà sospese un attimo tutte le sue faccende mentre teneva ancora un grosso valigione tra le braccia… pensò che in fondo Pierino aveva ragione, e che probabilmente lui e la mamma sarebbero stati indaffarati fino a tardo pomeriggio nel preparare i bagagli per il ritorno, e guardando Pierino così serio ed imbronciato rispose: “Va bene Pierino, io e la mamma ne avremo ancora per un po’, puoi andare a fare una passeggiata lungo quel sentiero laggiù che porta alla cascata, ma non fino alla cascata mi raccomando, è troppo lontano, vai per un po’ e poi torna indietro”. “Grazie papà!!!! grazie grazie” disse contento Pierino mentre gli saltava al collo abbracciandolo e facendogli quasi perdere l’equilibrio con la grossa valigia in mano! “Va bene, va bene Pierino” disse il papà sorridendo, vai ora o farà presto sera. E così Pierino s’incamminò lungo il sentiero, raccolse un bel bastone diritto per aiutarsi nelle salite, e pensò 38
che in fondo gli poteva essere utile anche come spada, “non si sa mai che cosa posso incontrare” disse fra sé. Il sentiero era già entrato nel bosco, ma la vegetazione non era poi così fitta, Pierino vedeva ancora bene il cielo azzurro e qualche nuvola che passava in alto sopra le cime degli alberi portata dal vento. Era felice e di tanto in tanto si fermava, ad ispezionare qualche tana vuota, a osservare un formicaio, poi un ragno che aveva fatto una ragnatela bellissima e lo guardava con fare curioso mentre Pierino avvicinava il suo naso alla ragnatela. Poi ad un certo punto trovò un segnale, una tavola di legno che da una parte aveva una punta per indicare la direzione inchiodato ad un palo a sua volta conficcato nel terreno. “C- A- S-C-A…..Cascataaaa!” esultò Pierino. Poi si ricordò che aveva promesso al papà che a quel punto sarebbe tornato indietro… e si rattristò. Era così bella la sua avventura che proprio non riusciva a pensare che potesse essere finita lì. “In fondo c’ho impiegato molto meno di quello che pensavo, sicuramente anche il papà credeva che avrei avuto bisogno di più tempo per giungere fino a qui, lui pensa sempre che sia piccolino come quando 39
andavo all’asilo, o come Aprile, ma le mie gambe sono sempre più lunghe e faccio sempre più in fretta. Di sicuro non si arrabbierà quando gli racconterò che in un baleno ho raggiunto la cascata” concluse tra sé mentre già si avviava a passo spedito per il sentiero che continuava. Cammina cammina, mentre dava colpi di spada con la sua bacchetta ai grossi tronchi che trovava sul sentiero, ad un certo punto cominciò a sentire in lontananza un rumore, sempre più forte. SCCCCCHHH… SCCCCCHHH… era il suono della cascata! “Ma certo” disse Pierino a voce alta, “lo sapevo, non poteva essere tanto lontana!” E si mise a correre perché non stava più nella pelle. Quando arrivò si trovò di fronte ad una enorme cascata che buttava giù acqua dall’alto di una montagna e questa andava ad infrangersi su delle grandi rocce per poi cadere in una laghetto d’acqua alzando una grande nuvola di vapore tutto intorno. Pierino era emozionato, e l’aria umida tutto attorno rendeva la scoperta ancora più sensazionale. Col suo bastone affondato nel terreno morbido si sentiva come un esploratore che aveva scoperto un mondo segreto. 40
Dopo un po’ che stava lì incantato a guardare l’acqua gelida cadere sulle rocce, si rese conto che la luce non era più quella di quando era partito. Gli alberi portavano già la loro ombra su tutto il lago e l’aria cominciava ad essere più fredda. “Si sta facendo sera” pensò Pierino, “devo affrettarmi a tornare”. Affondò un ultimo colpo di spada nell’acqua ed immaginandosi sopra un cavallo al galoppo, diede un colpo di frusta e si diresse per la via del ritorno. Era già un po’ di tempo che aveva preso il cammino per tornare alla baita e Pierino si aspettava di vedere l’indicazione per la cascata da un momento all’ altro, ma continuava a camminare e non ne vedeva l’ombra. “Si sta facendo buio” pensava Pierino “ e tra un po’ non riuscirò nemmeno a vedermi le punte dei piedi” e cominciò ad avere un po’ di paura. Era davvero tardi e chissà quanto si stavano preoccupando i suoi genitori, la luna stava facendo la sua comparsa nel cielo e si intravedevano le prime stelle. Un po’ di luce arrivava anche ad illuminare il cammino di Pierino anche se c’erano alcuni punti dove il bosco era così fitto che nemmeno uno spiraglio di luce arrivava ad indicargli la via e di tanto in tanto inciampava sulle radici di 41
qualche grosso tronco. Finalmente, là in fondo, nell’oscurità, Pierino riuscì a distinguere qualcosa “il segnale, il segnale!!!!” gridò contento, “manca poco!!!”, ma proprio quel suo urlo di gioia risvegliò il bosco… “GUGU GUGU”, e si udì, proprio sopra la sua testa, lo sbatter d’ali di un gufo che fuggiva spaventato, “AUUUUUUUUUU”, si sentì in lontananza, era un lupo che sembrava rispondere al grido di Pierino. “Uuuuuuuuuuuuuu” fece Pierino tremando di paura, ed un brivido gli corse giù lungo tutta la schiena. Si mise a correre a gambe levate e gridava e piangeva insieme, urlando con tutta la voce “mammaaaaa!!!! papaaaaaaaà!!!!” ed ogni tanto cadeva e si rialzava correndo più forte di prima… “Pierinoooo” si sentì rispondere in lontananza. Pierino arrestò di colpo la sua corsa, pensava di non aver sentito bene e che il rumore dei ramoscelli e dei sassi calpestati lungo il cammino gli avessero fatto un brutto scherzo. Rimase in attesa in silenzio sentendo solo il suo cuore che batteva impazzito. “Pierinooooo, dove sei?” sentì di nuovo dopo qualche secondo. “Papaaaaà, papaaaaaà, sono qui!” urlò Pierino che a quel punto era proprio sicuro di aver sentito le voci 42
dei suoi genitori… e si mise a correre come il vento nella direzione da cui venivano. Poi vide la luce di una torcia che illuminava il cammino e poco dopo riuscì a distinguere le ombre dei suoi genitori che gli andavano incontro a braccia aperte chiamando il suo nome. “Papaaà, mammaaaa” riuscì solo a dire prima di abbracciarli e mettersi a piangere disperato. La mamma teneva in braccio anche la piccola Aprile che, mentre tutti e quattro stavano inginocchiati abbracciandosi e scambiandosi baci e carezze, continuava a dire “Piiiiino, Piiiino”.
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UNA GATTA NELL’ ORTO
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ierino era di nuovo a casa e quella mattina,
appena si svegliò, aveva così tanta voglia di rivedere la sua casa che scese subito dal letto e si vestì per andare a curiosare in ogni angolo. Gli piaceva tanto scendere in cucina e mettersi alla finestra a guardare l’orto dietro casa. Il nonno era così bravo! Si occupava delle sue piantine dalla semina fino al raccolto e quel pezzo di terra era pieno di buoni ortaggi tutto il tempo dell’anno. Pomodori, lattuga, carote, cetrioli e cavoli erano il divertimento di Pierino, quanto amava vederli crescere giorno dopo giorno, e il nonno tutti i pomeriggi annaffiava, zappava dove serviva, poi tirava fuori il suo coltellino dalla tasca posteriore dei pantaloni e …ZAC, raccoglieva una lattuga matura, tirava una carota, un pomodoro. Dopo un po’ che stava alla finestra, Pierino usciva dalla porta della cucina e correva nell’orto. La mattina 45
presto le foglie erano sempre colme di rugiada e a Pierino piaceva piegarle e far cadere le goccioline nelle sue mani. E come tutte le mattine ad un certo punto la mamma chiamava “Pierino, cosa fai lì? Sei ancora in pigiama! Su vieni che è pronta la colazione!”. E faceva la voce severa ma in realtà sorrideva dalla finestra della cucina al vedere il suo bambino così felice in mezzo all’orto. Ma quella mattina, mentre Pierino, come tutte le mattine, era tra le piantine dell’orto, vide una grossa gatta passare svelta tra i paletti dei pomodori in fiore e infilarsi in un buco tra le assi del fienile. Quando più tardi rientrò in casa, la mamma stava preparando la colazione per lui e la sorella più piccola e Pierino le raccontò ciò che aveva visto. “Certo Pierino, i gatti sono spesso animali selvatici e si spostano da un posto all’altro senza fissa dimora né padrone…a meno che non si inizi a dargli da mangiare…” disse la mamma. Ma la mattina successiva Pierino, dalla finestra vide di nuovo la grossa gatta passare tra i filari dell’orticello e infilarsi nel fienile, ed il giorno dopo di nuovo,
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proprio mentre lui era lì nell’orto e il giorno dopo ancora. Una mattina però, proprio quando Pierino e la gatta si erano abituati a vedersi l’un l’altro nell’orto, la gatta non si vide. Pierino aspettò ed aspettò, fino a che la mamma, che già lo aveva chiamato ripetutamente disse “ora basta Pierino, è ora di prepararsi per andare a scuola”. Pierino dovette ubbidire mogio mogio, ma tutta quella mattina, anche durante la lezione, pensò alla gatta che non aveva visto. Quando il pomeriggio tornò a casa , incuriosito si avvicinò al portone del fienile ed entrò dal portone socchiuso. Dentro era pieno di attrezzi per l’orto, per la vendemmia e di un sacco di altra ferraglia strana a cui Pierino non riusciva proprio a dare un nome, e molte cose erano coperte da un spesso strato di polvere e di ragnatele. Ma al centro della stanza dominava la sagoma della vecchia auto del nonno coperta da un grosso telo rosso con ricamati dei fiori blu. Solo le ruote si vedevano un poco di sotto il telo, sgonfie ed impolverate.
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Ma all’ improvviso qualcosa distolse Pierino dalle sue osservazioni… “miao… miao… miao”. Pierino sempre più curioso si diresse verso quei suoni e proprio dietro il cofano dell’auto, dentro una vecchia cesta della biancheria piena di vecchie coperte, vide la gatta!... ma non era sola!... Teneva vicino alla pancia quattro gattini che miagolavano con tutto il fiato mentre mamma gatta li attirava continuamente per allattarli. Avevano ancora gli occhi chiusi e cercavano la mamma con la testa! Era un spettacolo meraviglioso e Pierino non lo aveva mai visto così da vicino. Egli però si rese conto che la gatta era molto più magra di come l’aveva vista l’ultima volta nell’orto e sembrava affaticata ed affamata. Uscì piano piano dal fienile e corse dalla mamma in cucina che come al solito stava preparando qualcosa di buono per la cena. “Mamma mamma” disse, “mi prepari una merenda per favore che ho tanta fame”. E così dopo poco Pierino già correva attraverso l’orto per infilarsi nel fienile con un pezzo di pane e marmellata per lui e uno per mamma gatta. Facendo attenzione a non far rumore si avvicinò alla vecchia auto, le girò attorno e vide che la famiglia di 48
gattini era ancora lì. Dopo un po’ che li osservava incantato si fece coraggio e a passi piccoli e lenti si avvicinò. Appena la gatta lo vide si rizzò sulle quattro zampe e gli mostrò il pelo dritto ed i gattini iniziarono forte a miagolare. Allora Pierino cominciò a parlarle con tono dolce e amichevole e le mostrò il pezzo di pane. La fame era così tanta che la gatta si rabbonì subito e con un po’ di esitazione si lasciò avvicinare da Pierino. Poi addentò la fetta di pane, allora anche Pierino si sedette sul pavimento polveroso di terra battuta ed iniziò a mangiare osservando contento i gattini. Passarono così diversi giorni e l’amicizia tra Pierino e la famiglia di gattini si rafforzò. Latte, pane, formaggio e fettine di salame non mancarono mai alla bocca di mamma gatta e i cuccioli intanto crescevano e crescevano sotto l’occhio vigile di Pierino. Avevano iniziato prima ad aprire gli occhi, poi a rotolarsi all’interno della cesta e ad azzuffarsi tra di loro, e negli ultimi giorni uno di loro, il più coraggioso, che Pierino aveva chiamato Jodi, si avventurava in qualche uscita fuori dalla cesta e sotto la vecchia auto del
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nonno, per uscirne con la testa ed i baffi tutti pieni di ragnatele…e questo faceva tanto ridere Pierino! La mamma di Pierino in quei giorni però, aveva notato qualcosa di strano nel suo bambino ed era incuriosita dai suoi cambiamenti. Suo figlio negli ultimi giorni passava tutto il tempo dentro quel fienile, l’orto, che era sempre stata la sua passione, non lo interessava più. Anche quando c’era il nonno a lavorare tra i filari, Pierino passava di corsa, gli dava un rapido bacio sulla guancia sempre profumata di dopobarba e correva verso il fienile “ho da fare nonno, ci vediamo dopo” diceva. Inoltre la mamma aveva notato che Pierino aveva iniziato a mangiare di più, ma spesso le merende non le mangiava davanti a lei, anche per fare ciò si rifugiava nel fienile. Pensando a tutto ciò alla mamma venne un sospetto… e sorrise. Quella stessa sera a tavola, con il papà e il nonno che si era fermato a cena lì come tutti i giovedì, la mamma chiese a Pierino “ti vedo un po’ strano in questi giorni, hai per caso qualcosa che ti preoccupa e vuoi raccontarci?”. A quel punto Pierino, che non sapeva proprio nascondere le cose alla mamma disse 50
“mamma, devo raccontarti un segreto” e così raccontò tutta la storia della sua amicizia con la famiglia di gatti e alla fine disse “però mamma, ho già dato da mangiare alla gatta molte volte ora tutta la famiglia si è abituata e non se ne possono più andare”. Il nonno che stava sorseggiando un buon bicchiere di vino rosso scoppiò a ridere, ma anche mamma e papà sorrisero per la furbizia di Pierino. Così alla fine, i genitori decisero che mamma gatta e Jodi potevano entrare a far parte della loro famiglia, nelle settimane seguenti avrebbero cercato con Pierino, altre famiglie nel vicinato che potessero adottare i tre gattini, così Pierino avrebbe potuto andare a salutarli il pomeriggio dopo la scuola.
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UNA BAMBINA IN SOFFITTA?
U
n pomeriggio Pierino, tornato da scuola,
corse come sempre nell’orto dietro casa a cercare i suoi gattini. Non li trovò tra le pianticelle come al solito a giocare, così entrò nel fienile, che era ormai diventato per loro una sicura dimora. “Zucchinaaaaaa!” , così aveva chiamato mamma gatta perché la trovava sempre nascosta sotto le grandi foglie delle zucchine del nonno, “Jodiiii!”, chiamò per diverse volte, ma i gatti non rispondevano. “Chissà dove si saranno andati a cacciare questa volta?” pensò Pierino. Cercando di qua e di là scorse, dietro una parete di legno piena di ragnatele una scaletta che non aveva mai visto, seguì con lo sguardo dove questa arrivasse e vide che la cima della scaletta finiva proprio sul soffitto e l’apertura della botola era tappata da un coperchio di legno. Incuriosito da questa grande scoperta, iniziò a salire cauto la scaletta, i pioli cigolavano sotto i suoi piedi e a Pierino, ogni 53
scricchiolio dava un brivido sulla schiena, ma la voglia di scoprire cosa ci fosse in cima a quella scala era troppo grande. Finalmente raggiunse la cima. Con grande sforzo scostò il coperchio che chiudeva l’entrata della soffitta. Guardò in su, ma era tanto buio che proprio non poteva vedere. Infilò la testa dentro mentre pensava che il papà sarebbe passato a malapena da quel buco stretto e angusto. Appena gli occhi oltrepassarono le assi del pavimento , la sua testa fu avvolta da una gran quantità di ragnatele che, per la sorpresa, per poco non gli fecero perdere la presa della scala! Appena si fu ripreso dalla paura, tornò a infilare la testa dentro. Non si vedeva proprio nulla, era buio pesto. Ma dopo un po’ che era lì in silenzio, i suoi occhi si abituarono al buio ed iniziò lentamente a vedere i contorni di luce che entravano da una piccola finestra chiusa sulla parete. Qualche filo di luce filtrava e si vedeva la polvere giocare su e giù con i raggi di sole. Poi girò lo sguardo verso la sua destra e in quel momento, riconobbe appena nel buio la sagoma di una bambina seduta su un grande baule vicino al muro. La sua paura fu tale che ridiscese la scaletta tre pioli per 54
volta e per poco non scivolò e rischiò di rompersi il collo. Una volta messi i piedi a terra volò fuori dal fienile e ancora mentre correva per l’orto verso casa solo non strillò perché poi se ne sarebbe vergognato se lo avessero sentito gli amici. Quando il nonno lo vide entrare in casa sbattendo la porta della cucina, gli chiese preoccupato “ Pierino che ti prende? Hai forse visto il diavolo?”. Allora Pierino, con il poco fiato che gli era rimasto in gola, disse al nonno ciò che aveva visto! “Nonno, c’è una bambina in soffitta!”. Il nonno lo osservò con sguardo interrogativo e rispose “ ah si Pierino? E’ una tua amica? State giocando insieme? Lo sai che il papà non vuole che tu vada a finire là sopra, è pericoloso e potresti cadere, tantomeno con degli amici!” ,“ ma no nonnoooo” rispose Pierino spazientito, “ non è una mia amica, c’è una bambina là sopra, seduta su un baule, ferma e immobile e guarda dritta davanti a sé!”. Allora il nonno, si fece un momento serio e poi tutto d’un tratto scoppiò a ridere. “Ha ha ha… ha ha”, in una di quelle risate così forti che a volte spaventavano Pierino. Pierino non fu contento della sua reazione e si 55
sentì preso in giro ma non ebbe nemmeno il tempo di mettere il muso che il nonno disse “aspetta qui Pierino, vado io a vedere, credo di conoscere bene la tua amica” e sparì dalla porta della cucina. Pierino rimase immobile in piedi davanti alla porta. Non sapeva cosa pensare. Il nonno già conosceva la bambina? E perché allora l’aveva lasciata tutto quel tempo là sopra al buio in mezzo alle ragnatele e alla polvere? Mentre si faceva queste domande il nonno entrò di nuovo dalla porta della cucina e……Pierino non poteva credere ai propri occhi! Aveva tra le braccia la bambina! Ma non era una bambina, … era una bambola grande come una bambina….. non era alta come Pierino…. ma quasi! Il nonno la mise a sedere su una delle sedie della cucina, prese uno straccetto, lo bagnò un poco sotto il rubinetto e lo passò alcune volte sulla testa della bambola e poi su tutto il corpo per toglierle un po’ di polvere e ragnatele e poi disse solennemente schiarendosi la voce “Pierino, ti presento Bella!” . Ancora prima che Pierino potesse parlare il nonno continuò “ questa è la bambola che io e tua nonna regalammo alla mamma quando compì cinque anni. Sai, allora tua madre 56
desiderava tanto una sorellina che ancora non arrivava, ed era sempre triste per questo, così io e la nonna decidemmo di farle questo regalo, una bambola grande come lei per poter giocare come con una sorella ”. A quel punto Pierino comprese tutto e finalmente sul suo viso comparve un sorriso largo e disteso. “Ma dai nonno” disse, “davvero mi sono spaventato con una bambola? Eppure là nel buio della soffitta sembrava una bambina vera!”. E tutti e due finirono quella chiacchierata con una bella risata e uscirono ad occuparsi dell’ orto che aveva bisogno di essere annaffiato.
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LA VECCHIA CHITARRA
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nche quel giorno Pierino stava cercando i
suoi gattini. Nell’orto non c’erano, nel giardino davanti casa nemmeno e sulla cesta della biancheria sporca, a fianco della lavatrice, dove si mettevano ogni volta che la mamma usciva di casa…neppure. “Zucchinaaa, Jodiiii , uscite su, venite a giocare con me! ….mcmc…..mcmcm” faceva Pierino. Ed ecco che a un certo punto, per tutta risposta… “teng, ting, teng”, qualcuno stava suonando musica all’interno del fienile! Pierino seguì incredulo il suono, aprì il vecchio portone di legno… “ting, teng” continuava a sentire, “ting….” .“Da dove arriveranno mai questi suoni?” si chiedeva, “e chi starà suonando?”, ma non aveva il coraggio di aprir bocca e si avvicinava cauto e silenzioso, attento a non calpestare nulla che facesse rumore. Ad un certo punto entrò in una stanzetta, proprio dietro la scala a pioli su cui era salito qualche tempo prima per 59
giungere alla soffitta, anche quella stanza, come tutte le altre, era piena di ragnatele e polvere, e lì quasi nell’oscurità riconobbe i suoi gattini che stavano giocando con qualcosa di strano: “ ting, teng,”sentì di nuovo. Pierino si avvicinò ancora e i gatti, che ancora non lo avevano visto, tanto erano occupati nella loro attività, si spaventarono e miagolarono forte. Ma riconobbero subito il loro amico e i miagolii di spavento si trasformarono in fusa, mentre gli circondavano le gambe strofinandosi e chiedendo carezze. Ma Pierino in quel momento era tutto interessato a scoprire che cosa avesse prodotto quel suono! Fece qualche passo nella piccola stanza e vide che, appoggiata ad una cassetta che il nonno usava per raccogliere le patate, c’era una vecchia chitarra impolverata. La prese in mano e con un straccio raccolto da terra, tolse un po’ di polvere. Povera chitarra era proprio ridotta male. Aveva molti graffi e c’erano appiccicati tanti vecchi adesivi in parte scrostati e scoloriti dal tempo. Inoltre le mancavano due corde e le altre erano allentate e mal ridotte.
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Ma Pierino aveva deciso, quella chitarra sarebbe dovuta tornare a suonare come nei tempi migliori! Uscì dal fienile con Zucchina e Jody al seguito ed andò a cercare il nonno. Lo trovò nel cortile che stava lavando al rubinetto la lattuga. “Nonno nonno, guarda cos’ho trovato!” disse alzando la chitarra trionfante. “Oh perbacco!” rispose il nonno, “pensavo che quel vecchio strumento fosse finito in uno dei camion che ogni anno portano via i ferrivecchi , e invece eccola ancora qua a girare per casa, erano anni che non la vedevo!” “E’ tua nonno?” chiese Pierino, “ me la puoi regalare?”. Il nonno si alzò e lasciò per un momento il lavoro che lo teneva occupato, si asciugò ben bene le mani e prendendo la chitarra si mise ad osservarla con attenzione.”Non sembra così malridotta” disse alla fine. “Ma nonno”, rispose Pierino “le mancano le corde ed è tutta sporca e appiccicosa! Posso tenerla io?” Il nonno fece una pausa, poi guardò Pierino e disse “ti piacerebbe imparare a suonarla?”. La gioia di Pierino era incontenibile! “Si nonno siiii, mi insegnerai tu? Sai 61
suonare la chitarra?”. Il nonno tutto soddisfatto si sentì orgoglioso al poter rispondere a quella domanda. “Certo che la so suonare Pierino , forse non sai che quando ero più giovane avevo un gruppetto di amici con cui si suonava tutte le settimane ed ogni tanto, quando c’era qualche festa d’estate in paese, si faceva anche qualche piccolo concerto…..ma a me, la cosa che piaceva di più, era quando con la nonna, le sere d’estate ci sedavamo là sotto il vigneto di uva rossa e passavamo le ore a cantare e chiacchierare”. “Devi sapere però che per imparare a suonare uno strumento ci vuole molta pazienza e non dovrai scoraggiarti alle prime insoddisfazioni, è una passione che devi prendere con molta calma”. E così dopo qualche giorno la chitarra del nonno, ben ripulita e con le corde nuove e ben tirate era già nella cameretta di Pierino e quando il nonno la sera andava a trovarlo, Pierino correva su a prenderla, si sedevano fuori dalla porta della cucina, il nonno sulla vecchia sedia di vimini e Pierino sugli scalini di mattoni rossi, ed il nonno con pazienza gli insegnava qualche ritornello.
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IL DOTTORE E I MALANNI DEL NONNO
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ra un pomeriggio caldo ed assolato,
Pierino ed il nonno stavano togliendo le erbacce dall’orto, crescevano sempre tanto durante l’estate, soprattutto attorno alle piante di pomodoro e sotto le zucchine naturalmente, dove Pierino faceva così fatica ad arrivare, le sue braccia non erano ancora abbastanza lunghe e doveva faticare molto per arrivare là sotto senza graffiarsi, in più ci si metteva anche Zucchina, che amava rifugiarsi sotto le grosse foglie nelle ore più calde, era il suo nascondiglio, e da lì, come faceva giocando con Jody, provava a graffiare le mani di Pierino mentre tentavano di afferrare le erbacce. “Ahiiii!” disse Pierino ad un certo punto, e guardandosi la mano vide un grosso graffio che cominciava a sanguinare. “Ma insomma Zucchina!” esclamò indispettito, e la gattina scappò come una freccia verso il fienile. Pierino si mise a ridere di gusto.
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Il nonno era in fondo all’orto che con la zappa stava togliendo delle alte erbacce che infestavano i cetrioli, Pierino lo osservava, era molto indaffarato e il viso era tutto rosso, delle grosse gocce di sudore gli scivolavano di tanto in tanto giù per la fronte fino al mento, rimanevano lì sospese qualche attimo… per poi cadere sul terreno arso dal sole caldo di fine estate. Ma di tutto questo il nonno sembrava non curarsi e continuava assorto il suo lavoro. Pierino lo ammirava tanto e sempre pensava che un giorno sarebbe voluto diventare esperto come lui, il nonno conosceva tutti i segreti dell’orto, sapeva come preparare il terreno, quando seminare, come potare le piantine perché dessero ortaggi grossi e saporiti, gli raccontava della luna e dei pianeti che aiutavano le piante a dare il loro meglio e Pierino era felice di potergli fare sempre tante domande mentre lavoravano insieme. Ad un certo punto, il nonno si fermò , estrasse con calma il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e si asciugò la fronte, lo rimise in tasca e si chinò a raccogliere con una mano un’erbaccia che aveva appena tagliato. Ma proprio mentre si stava
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raddrizzando… “Ohi, ohi ohi” esclamò a gran voce mettendosi una mano dietro la schiena. Pierino ,che non era abituato a sentire il nonno lamentarsi ,subito si preoccupò pensando gli fosse accaduto qualcosa di serio. “Nonno nonno” disse correndogli incontro, “ che ti succede?”. “Nulla nulla Pierino, ho un dolore qui dietro la schiena ma non preoccuparti passerà subito” rispose il nonno. Poi tentò di fare un passo per avviarsi verso la casa ma si fermò subito e Pierino notò una smorfia di dolore sul suo volto. “Aspetta nonno” gli disse “ vado a chiamare il papà” e corse in casa mentre il nonno rimaneva appoggiato alla zappa. Aiutato dal papà, che lo sosteneva per un braccio, e da Pierino che gli teneva la mano grande e ruvida, il nonno fu accompagnato sul divano di casa e lì cominciò a sentirsi un po’ meglio. “Chiamerò il dottore” disse il papà. “Oh figlio mio, non è così grave, sicuramente con il riposo della notte il dolore svanirà, non disturbare subito il dottore” rispose il nonno. Il papà rimase un attimo pensieroso e poi disse “va bene papà, ma questa notte rimarrai qui, non voglio 66
che ti affatichi tornando a casa, ti prepareremo il letto che c’è in camera di Pierino”. All’udire quelle parole Pierino esultò di gioia “siii nonno, non preoccuparti questa notte veglierò io su di te” e gli scoccò un grosso bacio sulla guancia. E così quella sera il nonno fu accompagnato al piano di sopra, lo stesero nel letto a fianco a quello di Pierino, ed anche Pierino si stese con lui. Rimasero lì a chiacchierare a lungo, il nonno gli raccontava di storie di principi che lottavano per difendere i loro regni e Pierino chiedeva e chiedeva fino a che ad un certo punto senti “Ronf ronf ronf” e si rese conto che il nonno si era addormentato. Spense la luce che si trovava sul comodino tra i due letti, tirò il lenzuolo in modo che gli coprisse ben bene le spalle e pure lui si addormentò felice. La mattina seguente, quando Pierino si svegliò, vide che il nonno ancora sonnecchiava al suo fianco, lo aveva sentito rigirarsi tra le coperte tutta la notte ed ogni tanto gli era sfuggito pure qualche lamento di dolore. Scese senza far rumore dal letto e si avviò verso la cucina. Lì c’era la mamma che lo stava aspettando. “Buongiorno Pierino” le disse sorridente. 67
“Oggi ho un importante incarico da affidarti, il papà è già uscito per recarsi al lavoro, ma viste le condizioni del nonno, che durante la notte non è migliorato, abbiamo avvisato il dottore che stamattina verrà a visitarlo. Pure io devo uscire con tua sorella, vorrei chiederti di occuparti tu del nonno per questa mattina e di accogliere il dottore appena arriverà”. “Certo mamma” rispose Pierino, “non preoccuparti, mi occuperò io di tutto”. E così ,dopo che la mamma uscì con Aprile, Pierino risalì le scale ed entrò in camera per vedere come stava il nonno. “Buongiorno nonno, come stai?”. “Sto molto meglio Pierino, ma tuo padre ha insistito perché il dottore venga a vedermi, secondo me non era il caso ma sai com’è tuo padre, si preoccupa sempre troppo per questo vecchietto” disse sorridendogli il nonno. “Avvicinati” e lo invitò con la mano a sedersi sul letto. “Ti devo raccontare qualcosa”. Pierino si avvicinò incuriosito e si sedette proprio a fianco al nonno che però ancora rimaneva steso per il dolore. “Tra poco arriverà il dottore Pierino” continuava il nonno “sai, è un tipo un po’ strano, è un mio vecchio 68
amico d’infanzia, una persona molto buona, un po’ all’antica forse, gli piace che tutti lo ascoltino con attenzione mentre fa il suo lavoro e vuole essere servito per ogni cosa di cui necessita, tu cerca di essergli utile e lui ne sarà contento”. Pierino rimase un po’ pensieroso a quelle parole, ma proprio mentre stava per chiedere qualcosa al nonno si sentì lo strombazzare di un’ auto giù in giardino. “Eccolo, è lui” disse il nonno, “vai, vai ad aprire ”. Pierino, incuriosito dalla descrizione del nonno, si precipitò giù dalle scale per aprire la porta di casa. Il dottore stava scendendo da una vecchia auto che sembrava avere più anni di lui, chiuse la portiera e si diresse verso il sentiero di casa. Indossava un cappello nero a bombetta, un paio di occhiali appoggiati sul nasone e un vestito scuro con la giacca aperta sul davanti da cui usciva un enorme pancione che metteva a dura prova i bottoni della camicia bianca che sembravano resistere per miracolo. Nella mano teneva una valigetta marrone che doveva contenere gli attrezzi del mestiere. “Buongiorno giovanotto” disse con voce sicura mentre si avvicinava alla porta, “sono qui per visitare tuo 69
nonno”. “Buongiorno dottore” rispose Pierino intimidito, “è di sopra, la accompagno io”. Il dottore entrò e Pierino si vide sfilare davanti al naso l’enorme pancione. Poi il dottore prese a salire le scale e Pierino lo seguì. In realtà avrebbe voluto passargli davanti per accompagnarlo alla camera dove si trovava il nonno ma tanto era grosso il pancione del dottore che non riusciva a trovare un buco per poterlo superare. Alla fine, la porta della camera era aperta e Pierino si accontentò di seguire il dottore che entrava. “Buongiorno Dottore” disse il nonno, “è tanto tempo che non ci vediamo, come sta?” “Io bene” rispose il dottore, “ora vediamo come sta lei”. “Una sedia per favore” disse a quel punto il dottore rivolgendosi a Pierino che si era seduto in un angolo della stanza ad osservare lo strano personaggio. E subito Pierino scattò in piedi e gli avvicinò la sedia su cui stava seduto. Il dottore vi appoggiò la grossa borsa, la aprì con un “CLICK” e cominciò a frugare dentro. Appoggiò vari arnesi sul letto del nonno, poi gli si avvicinò e cominciò a guardargli gli occhi… “ma dottore, io ho solo un po’ di mal di schiena” protestò il nonno. “Beh… cos’è ? …c’è un altro dottore qui?” 70
rispose lo strano signore sbottando “fino a prova contraria sono io l’unico medico in questa stanza, saprò pur quel che devo fare”. Il nonno guardò per un attimo Pierino e gli strizzò l’occhiolino mentre gli scappava un sorriso. “Termometro fanciullo” ordinò il dottore. Pierino rovistò tra gli arnesi e gli passò il termometro. Il nonno lo mise in bocca e dopo qualche minuto il dottore lo ritirò guardando la lineetta blu che indicava la temperatura “…niente febbre” disse. “Stetoscopio”, Pierino guardò il nonno con fare interrogativo e allargando le braccia. Fortunatamente il nonno gli indicò col dito un attrezzo strano che stava proprio lì vicino alla sua mano destra. Pierino sollevato, lo passò al dottore. Il dottore si infilò due fili dentro le orecchie, fece aprire la camicia da notte al nonno e appoggiandogli un ferro rotondo sul petto gli chiese di respirare profondamente, …poi disse “il torace è a posto”. Fece sedere il nonno sul letto e dopo che si fu tolto la camicia cominciò a tastargli i muscoli della schiena. “Ahi” esclamava il nonno ogni tanto. “Bene, si può rivestire” disse il dottore alla fine. Rimise i ferri
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dentro la borsa marrone e richiuse l’apertura con un “CLICK”. Poi attese che il nonno si fosse rivestito e solo quando tutti e due furono in silenzio, prese un profondo respiro, facendo uscire ancor più la sua enorme pancia, tanto che a quel punto Pierino era convinto che i bottoni della camicia sarebbero saltati fuori dalla finestra aperta, e sentenziò “Colpo della Strega”. “Una strega???” penso tra sé e sé Pierino, “una strega ha fatto questo a mio nonno?” ma rimase in silenzio perché non aveva il coraggio di chiedere spiegazioni al nonno …e tantomeno al dottore. “Una settimana di riposo assoluto” disse il dottore, “e tu ragazzo”, continuò indicando Pierino col dito “avrai il compito di vegliare su tuo nonno perché rispetti le indicazioni che gli ho dato, conosco bene questo vecchio volpone e so che farà di tutto per alzarsi dal letto il prima possibile”. Pierino guardò negli occhi il nonno per un istante e un po’ gli veniva da ridere, poi si fece serio e disse “non si preoccupi dottore, me ne occuperò io”. “Bene, accompagnami alla porta, arrivederci Antonio” disse il dottore, “arrivederci Dottore” rispose il 72
nonno. E il dottore col suo enorme pancione uscì dalla stanza per prendere le scale, ma stavolta Pierino fu più lesto e lo anticipò indicandogli la via. Quando il dottore fu sulla porta, si voltò verso Pierino e offrendogli la mano gli disse “arrivederci ragazzo, sei stato un ottimo collaboratore, ti ringrazio”. Pierino orgoglioso gli strinse la mano e rispose “la ringrazio dottore, arrivederci” e lo guardò mentre portava il suo pancione verso la vecchia auto. Con un colpo di tromba il dottore lo salutò e Pierino richiuse la porta. Poi volò su dalle scale e senza altre parole chiese al nonno che si stava sistemando il cuscino dietro la schiena: “Nonno! Perché una strega ti ha fatto questo?”. “Ha ha ha…” fece il nonno, “è un modo di dire Pierino, siccome non si sa da dove possa derivare un tal malanno così all’improvviso si dice che una strega ci ha mezzo lo zampino e così lo si chiama colpo della strega”. “Aaaahh” disse Pierino, “ora ho capito” e si sedette sul letto del nonno per tenergli un po’ di compagnia, convinto di fargli rispettare tutte le indicazioni che lo strano dottore gli aveva dato.
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UN LIBRO DI AVVENTURE
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ierino in quei giorni era proprio felice. Il
nonno continuava a stare tranquillo nel suo letto e a rispettare le indicazioni del dottore e lui cercava di fargli compagnia ogni volta che poteva. Inoltre si rendeva utile portando ogni cosa il nonno gli chiedesse. A volte un bicchier d’acqua, a volte aveva bisogno di una grattatina sulla schiena, a volte di un po’ di frutta. Al nonno piacevano tantissimo i meloni del suo orto e, quando lo desiderava, Pierino correva giÚ in cucina, prendeva il coltellino che il nonno per quei giorni eccezionali gli aveva dato il permesso di usare, e correva in orto nella parte dove si trovavano i meloni, erano sparsi e spesso nascosti tra le foglie, Pierino ne raccoglieva uno, ma senza tagliarlo, lo annusava come gli aveva insegnato il nonno e se emanava un buon profumo dolce significava che era maturo, allora estraeva il coltellino dalla tasca posteriore dei pantaloni, come faceva il nonno e‌. 75
“zaacc”, lo staccava dal picciolo. Poi, una volta in cucina lo tagliava a spicchi e servito su un piatto lo portava su in camera del nonno e insieme ne facevano una gran scorpacciata. Il nonno gli raccontava anche tante storie avventurose della sua gioventù e Pierino poteva stare per ore ad ascoltarlo incantato. “Ti ho mai raccontato Pierino di quella volta che mi sono imbarcato in una nave perché volevo diventare marinaio?” “marinaio nonno? Davvero hai fatto il marinaio?”. “Eh si Pierino, successe tanto tanto tempo fa, io ero ancora molto giovane, avevo appena finito i miei studi e non sapevo che cosa avrei voluto fare nella vita, mi piacevano tanto i libri che raccontavano avventure di marinai che, sulle loro navi, solcavano i mari di tutto il mondo e in ogni porto dove attraccavano trovavano città straordinarie e sempre diverse. Mi piaceva anche andare al porto la mattina presto a vedere le barche dei pescatori che arrivavano dopo essere state in mare tutta la notte e lì, sul molo, scaricavano casse di pesce appena pescato, poi si mettevano a sistemare le reti danneggiate e intanto arrivavano i camioncini che prendevano il pesce e lo 76
portavano al mercato. Io non sapevo che cosa avrei fatto in mare, non sapevo nulla di pesca né tantomeno di viaggi in nave, ma una mattina decisi di recarmi al porto in cerca di un lavoro”. “Così successe che….” , il nonno si fermò un attimo, gli era venuto in mente qualcosa all’improvviso, poi si riprese e disse “Pierino, ti ricordi la soffitta del fienile dove hai trovato Bella?”, “certo nonno come potrei dimenticarla, è uno dei miei posti preferiti”. “Bene” continuò il nonno, “lassù da qualche parte, non ricordo più dove, è passato tanto tempo, dovrebbe ancora esserci un grosso libro in cui, durante la mia gioventù, raccolsi lettere, pensieri, ricordi e tante fotografie delle mie esperienze in giro per il mondo. Vai a vedere se lo trovi?”, “corro” rispose Pierino entusiasta e si lanciò giù per le scale. “Stai attento alla scala del fienile, è un po’ traballante” lo avvertì il nonno”, “si, lo so nonno” rispose Pierino. In men che non si dica Pierino era già davanti il fienile, tirò la porta, che cigolando fece arruffare il pelo a Zucchina che dormiva sopra il cofano della vecchia auto del nonno e, quando fu dentro si avviò
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senza indugiare verso la scala che portava su alla soffitta. I pioli cigolavano sotto i suoi piedi ma Pierino era così emozionato che non se ne curava, finalmente arrivò in cima, con una mano spinse di lato la botola che chiudeva l’apertura della soffitta mentre con l’altra si teneva saldo alla scala. Quando la botola si spostò Pierino sentì sul viso l’aria calda e umida che usciva dalla soffitta sempre chiusa. Dall’ultima volta che era stato lì dentro era passato diverso tempo ma ricordava ancora che c’era una finestra chiusa da qualche parte e bisognava solo avere la pazienza di aspettare che gli occhi si abituassero al buio per poterne vedere i contorni. E così fu, appena Pierino fu in grado di vedere dove metteva i piedi entrò nella stanza, stavolta però non aveva intenzione di cercare al buio, così si diresse verso la finestra, alzò il battente che teneva chiuso il balcone e la spalancò. Da quanto tempo quella stanza non vedeva un po’ di luce, pensava Pierino, poi cominciò a guardarsi attorno in cerca del grande libro. C’erano tante cose accatastate alla rinfusa, Pierino iniziò a cercare in ogni angolo, trovò vecchi tappeti, coperte, lampade, giochi di quando era 78
bambino, quadri e grandi fotografie in bianco e nero di persone che non conosceva, “forse qualcuno di questi è il nonno” pensava. Poi ancora trovò scatoloni di cartone con dentro vecchi libri e li guardò uno ad uno, ma nessuno di questi sembrava essere il libro di cui parlava il nonno, c’erano anche delle casse di legno e Pierino tentò pure lì… ma erano piene solo di vecchie cose per la casa: piastrelle, tubi di metallo, un rubinetto vecchio… ma del libro nemmeno l’ombra. Ma proprio quando stava cominciando a disperarsi e a rinunciare, Pierino buttò l’occhio sul vecchio baule dove aveva visto Bella per la prima volta, si vedeva ancora che lì, dove era stata seduta per tanti anni, mancava la polvere che circondava tutto il resto. Si avvicinò al baule, che per fortuna non era chiuso a lucchetto, e impugnò le maniglie che si trovavano sul coperchio. Uno stridere di cerniere arrugginite gli fece venire i brividi lungo la schiena, ma l’emozione per quello che avrebbe trovato dentro gli fece scordare ogni timore. All’interno Pierino notò subito una vecchia cornice dorata con la foto in bianco e nero di un uomo e una donna in primo piano che si abbracciavano sorridendo, riconobbe nel volto del 79
giovane il viso del nonno… “e lei deve essere la nonna” pensò tra sé. Mise da parte con cura la vecchia cornice e continuò a cercare…libri, soprammobili, una vecchia sveglia con la carica a mano, un portafogli vuoto, tante riviste…. “tu-t-to pe-sca” lesse Pierino, “no questa no”, un’altra parlava di giardinaggio, come lavorare il legno, tutto chitarra… “questa la porto con me” pensò. Una volta arrivato sul fondo, trovò qualcosa della forma di un libro avvolto in una tela colorata, era vecchia ma ancora molto bella, con cura tolse la tela che lo avvolgeva fino a che, tolto l’ultimo velo, si trovò davanti la copertina di un libro che sembrava fatto a mano tanto era curato nei particolari. La copertina era contornata da una cordicella di spago e nel centro si trovava una piccola barca a vela fatta con chicchi di grano incollati sul cartoncino. Pierino, preso dalla curiosità, fece per aprirlo ma subito sentì lo scricchiolare delle pagine vecchie e ingiallite che si staccavano dalla colla che le teneva unite. “Devo fare piano” pensò fra sé. Con molta calma riuscì ad aprire completamente la copertina… “R i-co-r di… Ricordi!... è questo!” esclamò contento Pierino, “finalmente!”. Era proprio il libro che il nonno gli 80
aveva detto di cercare! Era un po’ impolverato ma così come si trovava lo mise sottobraccio e scendendo dalla scala a pioli corse felice verso la camera del nonno. “Ecco nonno l’ho trovato” esclamò entrando in camera, ma appena varcò la soglia si arrestò e gli dispiacque aver fatto tanto rumore, il nonno si era addormentato, lo si sentiva anche russare… “ronf ronf, Pierino tirò la tenda della camera per togliere un po’ di luce dal viso del nonno, poi uscendo socchiuse la porta dietro di sé, era contento che il nonno stesse riposando bene anche se un po’ gli dispiaceva non poter subito guardare le foto con lui. Uscì e se ne andò in giardino a giocare con Zucchina e Jodi.
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IL NONNO E LA FOCA
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“
ierinoooooo” chiamò ad alta voce il
nonno durante il pomeriggio, e Pierino che stava facendo merenda giù in cucina con Aprile, prese al volo il libro che aveva appoggiato sulla panca e corse su’ per le scale. “Pierino, dove eri finito? Hai trovato il libro?” lo interrogò il nonno. “Eccolo, ho fatto un po’ di fatica ma alla fine ce l’ho fatta” rispose Pierino andandosi a sedere nel lettone a fianco al nonno. E così insieme, cominciarono a sfogliare il grosso libro dalle pagine ingiallite, ogni pagina nascondeva cartoline da tutto il mondo, messaggi, lettere, fotografie ed ogni tanto anche qualche fiore secco. “Chi è quello nonno?” chiese Pierino ad un certo punto indicando una foto in cui era ritratto un signore alto e magro in divisa alle cui spalle si poteva vedere una grande nave. “Ti raccontavo prima Pierino” riprese il nonno, “che da giovane ho fatto per qualche
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tempo il marinaio, successe che una mattina mi recai al porto in cerca di un lavoro. Il porto della città era molto grande, c’era un gran via vai di gente sulla banchina e una grande nave attraccata che scaricava casse di ogni genere. Non sapevo nemmeno in che direzione dirigermi tanta era la confusione. Ero lì fermo davanti alla scaletta della grande nave tanto incantato da tutto quel fracasso da non accorgermi che stavo intralciando il passaggio dei marinai. “Che ti succede ragazzo?” mi sentii dire alle spalle “non hai mai visto una nave merci?”. Era un uomo alto e magro quello che mi parlava, indossava una divisa blu e un cappello bianco in testa, era il capitano di quella nave. “Sto cercando lavoro” risposi. “Lavoro?” riprese l’uomo, “e che cosa sai fare?”. A quel punto, un po’ imbarazzato risposi “non lo so, non ho mai lavorato in una nave ma ho tanta buona volontà”. Il capitano mi squadrò dalla testa ai piedi silenzioso, poi disse “beh, le braccia forti sembra non ti manchino, la buona volontà dici di averla, io ho bisogno di un aiutante per i miei uomini, c’è sempre più lavoro e quelle pappe molli si lamentano continuamente. Presentati domattina alle cinque qui 84
dove ci troviamo ora e salperai con noi”. Poi, si voltò senza nemmeno aspettare una mia risposta e prese a salire la scaletta della nave. Io ero rimasto lì immobile e non sapevo che cosa fare, stavo cercando un lavoro e l’avevo trovato in men che non si dica, talmente in fretta che avrei appena avuto il tempo di salutare i miei genitori e gli amici, raccogliere qualche vestito da casa ed imbarcarmi. La mia avventura per i mari comincio così. Nella nave il capitano mi faceva fare di tutto. Potevo aiutare il cuoco in cucina pelando patate, lavare tirando a lucido il ponte della nave o aiutare i marinai a caricare e scaricare le merci ogni qualvolta la nave attraccava in qualche porto, quello era il lavoro più faticoso ed ogni sera cadevo nel letto sfinito. A volte la nave ci portava per mari conosciuti non molto lontano dalle terre in cui ero cresciuto, altre volte invece i viaggi erano anche molto lunghi e si arrivava a solcare mari tanto lontani, là, le acque erano molto fredde e non ci si poteva fare il bagno, e le città dove si attraccava erano tanto diverse dalle nostre e per le strade c’era ghiaccio e neve quasi tutto l’anno.
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Il tempo libero non era molto ma appena potevo, tra un incarico e l’altro, ne approfittavo per sedermi a poppa della nave e guardare il mare. Ogni giorno aveva un colore diverso, a volte era verde, a volte di un blu cosi forte da non sembrare vero, a volte, quando il vento si metteva a soffiare, diventava scuro ed agitato e grosse onde cariche di schiuma bianca cominciavano a sbattere la nave da una parte e dall’altra. Ma i momenti che mi piacevano di più era quando, all’ora del tramonto, potevo approfittare del cuoco che si distraeva, allora sfuggivo all’enorme montagna di patate che ancora dovevo pelare e correvo a vedere il sole che scendeva nel mare. Le luci e i colori di quei momenti erano il premio per tutte le fatiche di quel lavoro. “Nonno nonno!” esclamò Pierino, “cos’è questo?” disse indicando una vecchia foto in bianco e nero in cui si vedeva il nonno da giovane con dei grossi stivali ai piedi, protetto da un pesante giaccone di pelle e da un berrettone di lana mentre allungava la mano ad uno strano animale liscio e tondetto che Pierino non aveva mai visto prima.
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“Oooohhh questa è una bella storia Pierino” esclamò il nonno. Devi sapere che la nostra nave non trasportava passeggeri ma di tanto in tanto succedeva che il capitano permettesse a qualche avventuriero, che voleva conoscere il mondo, di approfittare di un passaggio in cambio di qualche favore. Così, capito che un mattino, proprio mentre stavano per salpare per un viaggio in mari freddi e lontani, uno strano signore con una grossa borsa in spalla si avvicinò alla nave e chiese al capitano che si trovava lì sulla scaletta di essere imbarcato. “Che cosa puoi offrirmi in cambio?” rispose un po’ contrariato il capitano, che quella notte non aveva dormito bene a causa delle aringhe salate mangiate la sera prima. “Fotografie” rispose lo strano personaggio. “Fotografie?” ripetè il capitano con una espressione di curiosità sul volto. “E fotografie siano” riprese dopo un attimo di pausa, i miei uomini hanno bisogno di qualche ricordo da mandare a casa alle famiglie che non vedono mai.” E così fu che il fotografo si imbarcò in quel viaggio.
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Nei giorni che seguirono feci amicizia con quel fotografo che si chiamava Fulvio. Era un tipo molto allegro e quando potevo lo seguivo nei suoi spostamenti per la neve mentre cercava, col suo macchinario, di cogliere qualcosa di particolare nel cielo e nel mare. Poi un giorno avvistammo terra, non ero mai stato così lontano e quelle terre erano davvero fredde e inospitali. Dopo essere entrati in porto scaricai con gli altri marinai tutte le merci dalla nave, ma era ancora pomeriggio presto e mi rimaneva una buona parte di giornata libera. Vidi Fulvio allontanarsi col suo borsone e lo rincorsi “Fulvioooo, posso venire con te?” chiesi, “certo, vorrei fare qualche fotografia ai paesaggi qui attorno” disse lui. E così ci incamminammo insieme, uscimmo rapidamente dalla cittadina fatta principalmente di piccole case di legno camminando sempre su sentieri pieni di ghiaccio e neve e costeggiando il mare arrivammo in una zona dove c’erano solo colline coperte di neve, rocce e mare. Fulvio stava sistemando la sua macchina per fare qualche fotografia e io mi gustavo il paesaggio. Ad un certo punto sentii degli strani versi…EH EHEH, tutti e due guardammo nella direzione da cui venivano e 88
notammo in lontananza un gruppo di animali vicino alla spiaggia. Incuriositi ci avvicinammo, poi Fulvio interruppe quel silenzio… “sono foche!” esclamò, e si diresse a passo spedito in quella direzione. Io non avevo mai visto delle foche in vita mia ed ero emozionatissimo all’idea di avvicinarmi!. Quando fummo abbastanza vicini io rimasi incantato ad osservarle mentre Fulvio scattava continuamente foto. Poi estrasse dalle tasche una scatoletta di aringhe sotto sale e me la lanciò. “Avvicinati” disse “e offrigli le aringhe”. “Avvicinarmi?” risposi io, ma non sarà pericoloso?”. “Ma che pericoloso” disse Fulvio ridendo, “le foche sono animali socievoli”. E così mi feci più vicino. Le foche erano un po’ sospettose e facevano strani versi mostrando inquietudine ma appena aprii la scatoletta, forse sentendo l’odore di aringhe, una di loro si avvicinò incuriosita. Gliene lanciai una a terra e subito la ingoiò. Fece una espressione un po’ strana, forse, abituata a mangiare pesce fresco, non era abituata al sapore delle aringhe sotto sale, ma dopo un po’ di indecisione, si sollevò un poco sulla schiena e guardandomi iniziò a battere le
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zampe facendo il suo verso e invitandomi a lanciarle altre aringhe. Io ero molto divertito e, mentre Fulvio mi scattava foto, finii per dare alla foca tutta la scatoletta di aringhe, mi divertivo a vederla battere continuamente le zampe. Quando le ebbi finite, anche la foca ritornò con il gruppo leccandosi i baffi. Quella sera sulla nave, rimasi tutto il tempo con Fulvio e insieme ci raccontammo di tutte le cose divertenti che ci erano successe durante quella giornata.
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UNA GIORNATA AL MARE
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“
apà, papà….mi porti al mare?” chiedeva
insistentemente Pierino ormai da una settimana. Da quando aveva sentito le storie del nonno marinaio non riusciva più a darsi pace. Voleva rivedere il mare! Ma tutti i pomeriggi il papà sembrava avere qualcosa da fare. Un giorno era occupato a sistemare la bicicletta, un altro a potare le piante del giardino, un altro ancora a sistemare la porta del fienile che si era scardinata. Ma quel pomeriggio il papà, che si era già avviato verso il ripostiglio per prendere in mano la zappa e sistemare un po’ l’orto, pensò che doveva proprio accontentare Pierino… si fermò e disse “va bene Pierino, oggi si va pescare”. “Siiiiii!!!!” esultò Pierino, “a pescare! Non sono mai andato a pescare!”. La giornata era un po’ fresca, era ormai inizio d’autunno e le prime foglie cominciavano ad ingiallire e a cadere dagli alberi, tirava un po’ di vento ma il tempo sembrava resistere. Con calma, il papà e Pierino 92
prepararono le canne da pesca, tutta l’attrezzatura e qualche panino e un po’ di frutta per il pomeriggio. “Pierino, raccogli anche il sacco con i giochi per la spiaggia” disse il papà. “Ma papà” rispose Pierino “stiamo andando al mare per pescare, non per giocare”… il papà decise di caricare comunque il sacco e partirono. Quando furono sulla spiaggia Pierino corse a vedere le onde che si infrangevano sugli scogli mentre il papà preparava le canne per la pesca. Sistemò tutti gli attrezzi sul molo di legno, si sedette sullo sgabello e ne preparò uno anche per Pierino che finalmente arrivò. “Papà, ma quanto ci mettono i pesci ad abboccare?” disse Pierino dopo qualche minuto, “bisogna avere molta pazienza, a volta in tutto un giorno di pesca non si vede nemmeno un pesciolino, a volte invece se ne prendono così tanti da non sapere più dove metterli”, rispose il papà. “Ah” fece Pierino, io intanto vado a vedere cosa c’è tra gli scogli” continuò. E si avviò sulla spiaggia. Là tra le rocce Pierino si rese conto che c’era tutto un mondo abitato da animaletti strani, stavano nascosti nelle fessure tra una roccia e l’altra e approfittavano dell’acqua del mare che saliva e 93
scendeva. Ma i più belli erano i granchi che appena lo vedevano avvicinarsi andavano a ripararsi dietro qualche fessura correndo via di lato. Adesso a Pierino sembrava che il mare si stesse facendo più agitato e le onde arrivavano sugli scogli sbattendo con più forza. Anche il vento si era alzato e grosse nubi scure sembravano avvicinarsi minacciose. “Ne ho preso uno Pierinoooo!!!” esultò il papà ad un certo punto, ma Pierino era tutto intento ad osservare le onde che diventavano più alte e minacciose, “chissà se quelle che incontrava il nonno in alto mare erano così” pensava. “Sssscccccccc” una raffica di vento gli portò via il cappello. Pierino si ridestò dai suoi pensieri e corse a prenderlo. Poi si diresse verso il molo per vedere i pesci che aveva preso il papà. A quel punto però le onde sul molo erano davvero forti e Pierino sentì una goccia cadergli sulla testa. “Dobbiamo andare ” disse il papà, “ sta per piovere” e già stava richiudendo la sua canna. In quel momento Pierino vide in lontananza una barca che si avvicinava con fatica tra le onde sempre più agitate… “ guarda papà” disse. Il papà si fermò un attimo, mise la mano sulla fronte per proteggere la vista dal vento… “è un peschereccio” 94
rispose, “sta tentando di tornare al molo”. Pierino rimase incantato a guardare quello che succedeva, ora le nubi scure erano proprio sopra la loro testa e le onde erano così alte e forti da far vibrare tutto il molo quando sbattevano sui pali che lo sostenevano. Erano così belle da sembrare disegnate. Intanto aveva iniziato a piovere forte e il papà aveva preso due teli per coprire lui e Pierino dalla pioggia…anche lui voleva sapere se il peschereccio ce l’avrebbe fatta a rientrare. “Tira la cordaaa!” si sentiva dalla barca…. “attentooooo”, “mollaaa…”. Le onde scuotevano la barca e i pescatori avevano il loro bel daffare a farla rimanere a galla, finalmente si avvicinarono abbastanza al molo per poter attraccare. Allora Pierino vide un pescatore saltare dalla barca sulle assi del molo, poi qualcuno gli lanciò una corda che il pescatore legò stretta stretta ad uno dei pali, ma solo quando gli lanciarono la seconda ed il pescatore la assicurò ad un altro palo, la barca cominciò a stare più stabile. La pioggia era incessante ma nonostante tutto altri due pescatori scesero dalla barca e a quel punto, quelli che ancora si trovavano dentro cominciarono a passargli casse cariche di pesce che venivano accatastate lì sul 95
molo. Quando ebbero finito tutto quel lavoro iniziarono a scaricare anche le reti. A quel punto il papà disse” ora andiamo Pierino, siamo tutti bagnati e comincia a fare freddo”. “ Si papà” rispose Pierino, e si avviò verso la spiaggia continuando a guardare i pescatori impegnati nel loro lavoro.
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LA PIPA DI ATTILIO
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’autunno era ormai alle porte e quel
pomeriggio la mamma stava sistemando i vasi delle piantine aromatiche, era ora di metterli al riparo prima che le notti diventassero troppo fredde. Lì ripose sul lato della casa dove batteva di più il sole, dentro una piccola serra che il papà aveva preparato apposta. Poi si lavò le mani al rubinetto del giardino ed entrò in casa. Pierino stava giocando con Aprile nell’orto; dove il nonno aveva raccolto le patate, la terra era rimasta morbida e gonfia e con la paletta costruiva tunnel, ponti, stradine e piccoli rifugi dove gli animaletti potessero mettere le loro provviste per l’inverno. Ma ogni tanto Aprile arrivava e con un pestone distruggeva tutto il lavoro di Pierino…e Pierino le faceva il solletico per farla allontanare… “Hiiiiiiiiiii” faceva Aprile ridendo e correndo via di corsa tra la terra smossa. 98
“A tavola, è l’ora della merenda!” esclamò la mamma uscendo dalla porta della cucina con un vassoio di coppette di cioccolata calda in mano. Le appoggiò sul tavolino di vimini che durante la bella stagione rimaneva sempre in giardino e Pierino ed Aprile accorsero felici a vedere cosa ci fosse per merenda. “Cioccolata calda!” disse esultando Pierino, “ata…ata!” ripetè Aprile. Ma, forse attirati dal profumino di cioccolato, anche il nonno ed il papà, che erano occupati dentro il fienile raccogliendo l’aglio in lunghe trecce da appendere al soffitto, giunsero come dei topolini attirati dal formaggio. “Cioccolata per tutti!” disse il nonno e si sedettero. Mentre ridevano e scherzavano attorno alle tazze di cioccolata, Pierino ebbe l’impressione che il papà fosse più basso del solito… “mi starò sbagliando” pensò e tornò ad ascoltare le discussioni. Ma dopo un po’ Pierino si rese conto che il papà, lì seduto su quella sedia, era più basso di Aprile che le stava a fianco seduta su due cuscini. Non fece nemmeno in tempo a dire “attentoooo” che….CRACK, il papà scomparve dietro la tavola trascinando con sé la tazza di cioccolata. “Ha ha ha”, tutti risero di gusto, il papà 99
non si era fatto nulla ma la povera sedia… una delle gambe si era infilata proprio dentro la tana di una talpa e con il peso del papà non aveva retto e si era rotta. “Ooooh che peccatooooo! dovremo buttarla” disse la mamma rattristata, “tenevo tanto a queste sedie”. “Mamma non buttarla, il nonno la potrà sicuramente sistemare” suggerì Pierino. Il nonno, che ancora stava ridendo per il capitombolo del papà, diede un’occhiata alla sedia, si grattò la barba bianca vecchia di qualche giorno e disse “questo è un lavoro per Attilio Pipa!”. “Ma certo” lo interruppe la mamma, “come ho fatto a non pensarci!”. Pierino li ascoltava curioso di sapere di chi stessero parlando. “Chi è Attilio Pipa?” chiese ad un certo punto. “E’ un signore che abita qui vicino, ha una piccola officina dove da tanti anni costruisce e ripara oggetti di vimini, non ho mai conosciuto nessuno abile come lui! Ma noi non possiamo accompagnarvi ora, ci dobbiamo occupare dell’aglio” disse il papà . “Andrò io con Pierino che mi aiuterà a portare la sedia” concluse la mamma. Pierino, tutto contento, era già pronto con la sedia in mano.
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Il tratto di strada che conduceva all’officina di Attilio Pipa era breve. Quando furono davanti all’entrata trovarono lì seduto su uno sgabello di legno un signore intento ad annodare fili di vimini uno sull’altro, aveva una pipa in bocca che spostava a destra e sinistra con il solo aiuto delle labbra. “Ecco perché lo chiamano Attilio Pipa!” disse sottovoce Pierino, tirando la manica della mamma. “Buongiorno Attilio, sono qui per sapere se mi può riparare questa vecchia sedia a cui tengo tanto” disse la mamma. Attilio Pipa si alzò in piedi a fatica… “Buongiorno signora, vediamo cosa si può fare”. La stanza non era molto grande ma c’erano dentro una quantità tale di cose che uno spillo avrebbe fatto fatica ad entrarci. Ceste di ogni dimensione, sedie impilate una sull’altra, tavolini, poltroncine, sedie a dondolo, sgabelli, perfino cavallini, tutto rigorosamente fatto di vimini. E poi vimini ovunque, in fasci grandi e piccoli, secco o a mollo in catini d’acqua. La stanza era luminosa, Attilio Pipa aveva bisogno di tanta luce per poter lavorare quei fili così sottili, la sua vista non era più quella di una volta, indossava un paio di occhiali grossi come fondi di bottiglia che stavano appoggiati sul grosso 101
nasone. Attilio Pipa osservò con cura la sedia, poi disse “è un lavoro complicato, farei prima a fargliene una nuova signora, ma visto che ci tiene così tanto proverò a ripararla”. Poi lasciò la sedia, si avvicinò ad un bancone di legno dove erano appoggiati vari attrezzi, aprì un cassetto ed estrasse un sacchettino che conteneva del tabacco, ne prese una manciata e lo schiacciò dentro la pipa. Estrasse dalle tasche una scatola di fiammiferi. …Frosch portò il fiammifero verso il tabacco mentre con la bocca tirava aria dalla pipa e con l’altra mano proteggeva la fiamma. Diede un paio di colpetti e due grosse boccate di fumo gli uscirono dalla bocca. La pipa era accesa e ogni volta che Attilio Pipa tirava si vedeva il tabacco diventare rosso incandescente. Poi Attilio Pipa si sedette sul suo sgabello e cominciò a lavorare sulla vecchia sedia della mamma. La mise a bagno per ammorbidire i fili di vimini e solo dopo un po’ cominciò a sfilare quelli rotti. Ogni tanto si fermava, appoggiava la mano sulla gamba e mettendosi dritto con la schiena dava una boccata alla pipa, a Pierino piaceva quel momento perché all’interno il tabacco tornava ad ardere ed illuminava il nasone di Attilio Pipa. 102
Poi Attilio cominciò a sostituire i pezzi rotti con quelli nuovi e tra una tirata di pipa e l’altra terminò il suo lavoro. “Ecco fatto signora, è stato più facile di quello che pensavo” disse. La mamma era proprio contenta, aveva la sua sedia sistemata e alla prossima primavera avrebbe potuto rimetterla in giardino con le altre. “Quanto le devo?” disse poi rivolgendosi ad Attilio Pipa. “Nulla signora, è stato lavoro di un attimo, piuttosto mi farebbe molto piacere se Pierino tornasse a portarmi un po’ di patate di suo nonno, le ho già provate l’anno scorso e sono ottime per gli gnocchi!” “Ma certo” rispose Pierino, “sarò felice di portargliele oggi stesso!”. Così quel pomeriggio Pierino tornò da Attilio Pipa con un bel po’ di buone patate e quando gli consegnò il sacco gli disse “mio nonno le ha mandato anche una treccia dell’aglio profumato che stava preparando per l’inverno”. “Grazie Pierino” rispose Attilio tirando una boccata dalla pipa “e ringrazia anche il tuo caro nonno!”
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NANETTO FUNGHETTO E GLI STRANIERI
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l nanetto Funghetto aveva ormai una certa età!
Camminava per il bosco tutto ricurvo e si aiutava lungo il cammino con un bastone, mentre con l’altra mano ogni tanto si toccava la schiena dolente. Ma anche quel giorno aveva deciso di andare in cerca di funghi. Nulla lo avrebbe fermato dal suo intento, era così goloso che, appena era iniziato l’autunno e le prime piogge avevano rinfrescato il sottobosco, si era subito lanciato alla ricerca di porcini, prataioli, mazze di tamburo e chi più ne ha più ne metta. Gli amici del bosco lo chiamavano nanetto Funghetto appunto per questo motivo: avrebbe mangiato funghi a colazione, pranzo e cena, se avesse potuto. Mentre si arrampicava lungo un irto pendio, dove solo lui sapeva si trovavano ogni anno una grande quantità di funghi grossi e saporiti… “di qua…da questa parte” qualcuno gridò. Il nanetto Funghetto si arrestò, “chi sarà che si permette di rovinare la mia tranquilla 105
ricerca” pensò indispettito. Si nascose dietro una grossa quercia e aspettò che l’estraneo passasse di là. Ma gli estranei erano due, anzi tre! Il nanetto si vide passare a fianco due uomini con delle grosse ceste e poco dopo vide un bambino che li seguiva a passo più lento, teneva un grosso bastone in mano e canticchiando dava colpi qua e là ai ramoscelli che incontrava. “Pierinoooo, affrettati o ti perderemo!”. Eh si! Proprio quel giorno anche il nostro amico Pierino andava per boschi in cerca di funghi. Quel pomeriggio era passato a casa sua un amico di papà ed insieme stavano per uscire per andare a funghi, ma appena Pierino intuì i loro intenti chiese subito di unirsi al gruppo, così partirono tutti e tre. L’amico di papà si chiamava Tonino, ma siccome come il nanetto Funghetto, era un grande esperto di funghi, tutti gli amici lo chiamavano Tonino Porcino. “Tonino conosce ogni tipo di fungo, sa distinguere quelli commestibili da quelli velenosi, ma soprattutto è in grado di scovare i posti del bosco dove è più facile trovare tanti buoni funghi” raccontava il papà a Pierino mentre continuavano ad addentrarsi nel bosco.
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“Non si può più girare per il bosco in santa pace” sbuffò nanetto Funghetto. “Ora farò io qualche bello scherzetto a questi intrusi, l’unico esperto di funghi in questo bosco sono: nanetto Funghetto!” esclamò battendo il bastone al suolo. “Ecco proprio da questa parte, tra un po’ dovremmo vedere un segnale sulla nostra sinistra fatto con tre bastoni piantati in fila nel terreno, l’ho lasciato qualche tempo fa per riconoscere il luogo, lì vicino ci saranno sicuramente tanti funghi” esclamò Tonino. Ma continuarono a camminare per diverso tempo e del segnale non videro l’ombra. “Ormai avremo oltrepassato il punto” disse sconsolato Tonino Porcino, “probabilmente i bastoni saranno caduti con il vento. Ma più avanti c’è ancora un buon posto” si riprese poi allegramente. Ma quando arrivarono in quel punto… nemmeno un fungo! “Qui però i funghi c’erano!” esclamò Tonino, e lui che era un esperto lo poteva ben dire, “sembra quasi che qualcuno ce li abbia soffiati da sotto il naso qualche momento prima che passassimo noi”. E così successe per tutto il pomeriggio. Ogni volta che Tonino Porcino diceva di conoscere un posto buono per i funghi, succedeva 107
sempre qualcosa di strano, o non trovavano i segnali che aveva lasciato per riconoscere il luogo, o non trovavano i funghi. Intanto Nanetto Funghetto aveva il sacco così gonfio che non riusciva più a trascinarselo dietro. Con una mano lo tirava a fatica e con l’altra si sosteneva con il bastone. “Basta, ci rinuncio, mi dispiace tanto ma proprio non capisco cosa succede oggi. Sono stanco di camminare per nulla, ritenteremo un altro giorno” disse Tonino a quel punto. Il nanetto ascoltò quel discorso e finalmente tirò un sospiro di sollievo. “Noooo Tonino” disse allora Pierino, “non ne abbiamo trovato nemmeno uno piccolo, avevo promesso alla mia mamma che gliene avrei portati a casa stasera abbastanza per una bella polenta coi funghi”. “Polenta coi funghi?” pensò tra sé nanetto Funghetto, “buona!!!!! Anch’io voglio farmela stasera.” Ma poi guardò il povero Pierino intristito e si impietosì. Pensò che lui aveva così tanti funghi che avrebbe potuto mangiarne per una settimana e quel bambino aveva camminato tutto il giorno e non ne aveva raccolto nemmeno uno. 108
Così quando i tre stranieri si diressero sulla via del ritorno nanetto Funghetto ebbe una grande idea. Ad un certo punto colpì col suo bastone un grosso ramo caduto che si spezzò. “STOCK” fece in un rumore secco. A quel suono il papà si voltò ed incuriosito uscì dal sentiero per vedere se in quella direzione ci fosse stato qualche bell’ animale da far vedere a Pierino. “Tonino, Pierinooo!” gridò ad un certo punto entusiasta. E così anche i due si allontanarono dal sentiero. Nel punto del bosco dove si trovava il papà c’erano così tante testoline di funghi che spuntavano dall’erba che sembrava qualcuno li avesse seminati! “Evviva, evviva!!” esclamò Pierino, “finalmente i funghi!” e tutti e tre si misero a raccoglierli e a riempire le ceste. “Chissà come sarà contenta la mamma” disse ancora Pierino. E intanto nanetto funghetto, da dietro un albero, guardava sorridendo la strana comitiva. “Ora devo andare a preparare i miei funghi per la cena” si disse, e caricandosi il grosso sacco in spalla, si fece forza con il bastone sul terreno e si avviò verso casa.
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SERGIO LO SCOIATTOLO
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ergio lo scoiattolo era proprio disperato!
Chi se lo sarebbe mai aspettato che in una sola notte di pioggia avrebbe perso casa e anche riserve per l’inverno. Eh si, quella notte aveva iniziato a piovere così forte, ma così forte, che in pochi minuti il letto del fiume si era ingrossato ed ingrossato, aveva scavalcato gli argini e inondato buona parte del bosco. Quando Sergio vide che l’acqua era arrivata a toccare le radici dell’albero su cui aveva il suo rifugio, ancora non si era preoccupato, stava lì al calduccio dentro la sua tana e sgranocchiandosi una bella nocciolina si gustava la vista della pioggia che cadeva incessante sul bosco. Ma quando l’acqua del fiume cominciò ad alzarsi, Sergio iniziò ad avere qualche preoccupazione. Saliva saliva lungo il tronco e soprattutto la corrente era così forte da scuotere l’albero a destra e sinistra. Quando poi Sergio cominciò a sentire che il suo caro albero 111
scricchiolava ed iniziava a piegarsi come se le radici si stessero staccando dal terreno, non ebbe più dubbi! Era sicuramente meglio abbandonare la tana! Se ne uscì fuori nella tormenta, corse lungo uno dei rami del povero albero e con un gran balzo saltò verso un’altra pianta. Ebbe appena il tempo di voltarsi per vedere il suo vecchio albero inclinarsi sempre più sul terreno fino a quando con uno… SCROSCH… fragoroso, l’intera pianta cadde nell’acqua. “Oh la mia povera tanaaaa!” disse sconsolato… “e tutte le mie provviste , come farò ora?”. Rimase lì impietrito a guardare l’albero portato via dal fiume in piena, infreddolito e con la coda fradicia. La mattina seguente però c’era il sole e Sergio lo scoiattolo era di nuovo di buonumore, aveva deciso di cercare in fretta un altro riparo dall’inverno, lo avrebbe riempito di ogni prelibatezza per passare degnamente la brutta stagione. Ma la sua ricerca fu più complicata di quanto immaginasse. Tutti i rifugi sugli alberi erano già occupati, cercò in lungo e in largo per il bosco ma trovò solo tane già abitate: uccelli ed altri roditori si erano già sistemati per l’inverno e non avevano 112
nessuna intenzione di far posto ad uno scoiattolo che aveva perso la casa. Era già tardo pomeriggio, Sergio era molto stanco e pensava a quel punto di cercare almeno un riparo per la notte. Si trovava sul limitare del bosco e si vedevano in lontananza le case del paesino vicino. “Bene” si disse, per questa notte mi rifugerò tra gli umani e domani mattina presto mi rimetterò alla ricerca. Avvicinandosi al paese vide una bella casetta colorata, c’erano due bambini che giocavano fuori nel giardino ed un vecchietto che sistemata attrezzi al riparo dall’umidità della notte. “Zucchinaaaa, Jodiiii, venite quiiii” disse uno dei bambini. Sergio lo scoiattolo si era avvicinato proprio alla casa di Pierino, ma quello che a lui interessava veramente era altro! Là nel bel mezzo del giardino gli era sembrato di distinguere nettamente la sagoma di un bel nocciolo. Certo l’albero era ormai spoglio ma chissà quante buone noccioline avrebbe trovato frugando proprio sotto le foglie cadute ai piedi della pianta. “Mi rifugerò lì per questa notte!” esclamò soddisfatto. “Squitt squitt!” udirono Pierino ed Aprile dopo qualche attimo, ed alzando gli occhi si accorsero che 113
uno simpatico scoiattolo li guardava tenendosi in equilibrio su un ramo del nocciolo, la folta coda arricciata era grande quasi come tutto l’animale, aveva striature di pelliccia che andavano dal marrone scuro all’arancio e teneva una nocciolina in mano che sgranocchiava con i suoi dentoni sporgenti. “Uno scoiattolo!” esultò felice Pierino, “attolo” ripeté anche Aprile. I due bambini erano felicissimi, non ne avevano mai visto uno così da vicino, e poi proprio sul loro albero! Sergio diventò subito amico di quei simpatici bambini, erano così cari, ogni giorno gli portavano tante cose buone da mangiare: briciole di pane, noci, grissini ed avevano messo apposta per lui una ciotolina d’acqua proprio lì ai piedi dell’albero, ogni tanto per ricambiarli di tutte quelle attenzioni si faceva coraggio e scendeva dall’albero, i due bambini stavano inginocchiati sul prato e lui si avvicinava prudente per farsi allungare qualche pezzo di pane secco, poi lo prendeva rapido tra le zampette e tornava di corsa tra i rami del nocciolo. Aprile allora rideva divertita e tirando la mano del fratello chiedeva di nuovo “pane, pane”. Lo scoiattolo stava così bene in quella casa che 114
i giorni passarono veloci ed aveva ormai dimenticato la brutta notte in cui aveva perso il suo rifugio. Ma un giorno Sergio si svegliò rattristato, si è vero, in quella casa stava bene, si era anche affezionato a Pierino ed Aprile, ma quello non era il bosco, gli mancavano gli altri scoiattoli e anche tanti alberi su cui saltare, lì c’era solo il nocciolo e per di più di notte doveva rifugiarsi al riparo nel fienile. Lui voleva tornare ad avere una tana sull’albero. E fu così che quello stesso pomeriggio si decise a rimettersi in viaggio. Sembrava che quei due bambini avessero già capito tutto. Lo guardavano con aria triste mentre si era allontanato dal giardino lungo la staccionata che conduceva alla fine dell’orto del nonno. Sergio guardava un po’ verso il bosco e un po’ verso i bambini, non sapeva proprio come salutarli. “Ciao scoiattolo! Buona fortuna” disse poi Pierino alzando un braccio in segno di saluto. “Tunaaa” ripetè Aprile, anche lei con il braccio alzato… Sergio si sentì sollevato, i bambini erano felici di vederlo tornare verso il bosco. Si voltò e con un gran balzo saltò sul sentiero, il bosco era lì vicino e c’era una nuova casa da trovare prima dell’inverno! 115
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LA QUERCIA STORTA
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’aria all’interno del bosco si era fatta
davvero umida, ormai pioveva spesso e a volte un forte vento soffiava tra gli alberi fischiando e mettendo proprio voglia di avere una tana in cui rifugiarsi. Per fortuna il nanetto Funghetto una tana ce l’aveva. “Certo” pensava, “nessuno con un po’ di sale in zucca si sognerebbe di essere ancora senza riparo a questo punto della stagione. La mia vecchia quercia mi da riparo da tanti anni e per fortuna non devo più pensare a dove rifugiarmi ogni volta che arriva il freddo. E’ un po’ storta ma fa ancora il suo servizio!”. E’ già, la vecchia quercia dove viveva il nanetto Funghetto era proprio storta! Era così grande che non si sarebbe certo mossa di lì ma era cresciuta tutta inclinata da un lato. Si perché, tanti anni prima, quando la pianta era ancora poco più che un ramoscello, e il nanetto funghetto non l’aveva ancora adottata come sua dimora, in un giorno d’estate si 117
avvicinò, dalle cime oltre i monti laggiù, un tremendo temporale. Le nubi erano viola… quasi nere, i lampi già illuminavano tutto il bosco e il rumore del tuono si faceva sempre più vicino. All’improvviso il vento iniziò a soffiare così forte che i rami degli alberi si spezzavano. La povera quercia si piegava e si piegava e ad ogni raffica si sarebbe detto che fosse la sua fine. Piovve per diverso tempo mentre tuoni e lampi terrorizzavano gli abitanti del bosco poi, finalmente il temporale passò dirigendosi verso il mare. Tutto attorno c’era un triste spettacolo di foglie e rami caduti ed anche qualche grosso albero, che non aveva retto alla furia del temporale, si era schiantato al suolo. Il terreno era zuppo d’acqua e rigagnoli che correvano verso il fiume si erano formati un po’ dovunque. E la giovane quercia? Per fortuna si era salvata, aveva resistito alle sferzate del vento ma… era rimasta un po’ inclinata da un lato. Eh si, non era più dritta dritta come prima del temporale. Per non cedere e spezzarsi come era successo ad altre piante lì attorno si era un po’ incurvata. Forse il terreno sotto di lei aveva ceduto, fatto sta che ora si trovava così, piegata da una parte. Per fortuna, dopo quel giorno, non ci 118
furono più temporali così intensi e la giovane quercia poté crescere negli anni che vennero, si rafforzò nel tronco e suoi rami divennero sempre più folti e numerosi finché un giorno arrivò da quelle parti il nanetto Funghetto e la adottò come sua dimora. Erano passati tanti anni da quel giorno ed oramai il nanetto conosceva ogni ramo di quella quercia come le sue tasche. Sapeva di tutti gli abitanti e i visitatori di quella enorme pianta, soprattutto uccelli, che per la maggior parte emigravano al caldo in autunno, e scoiattoli. Ma quell’anno l’albero sembrava non avere nemmeno un ospite per l’inverno. Neanche uno scoiattolo si era visto preparare il nido durante quegli ultimi giorni d’autunno. Nanetto Funghetto era un po’ dispiaciuto per la sua quercia, “è un po’ storta è vero, ma è pur sempre una delle querce più belle che ci siano nel bosco” pensava. “Ehilà della casaaa?” sentì gridare alle sue spalle. Si voltò e vide un piccolo scoiattolo intimidito che attendeva risposta. “Cosa vai cercando?” chiese un po’ di fretta Nanetto Funghetto, che già pensava al pentolone di funghi da mettere al fuoco per la cena. “Cerco un rifugio per l’inverno” rispose Sergio lo 119
scoiattolo. Il nanetto si fece serio, poi disse “un rifugio per l’inverno? Non ti pare un po’ tardi per cercare un nido a questo punto dell’autunno? Tutti i tuoi amici si sono già sistemati, lo sai?”. Lo scoiattolo Sergio si fece serio, gli era tornata in mente la tremenda notte in cui aveva perso la sua casa e, dalla risposta scortese del nano sembrava che nemmeno quella sarebbe stata la volta buona. “Qui sopra, sul primo ramo c’è giusto una tana fatta da un picchio che poi se n’è andato senza far sapere più nulla di sé. Puoi andare a vedere se ti comoda” disse nanetto Funghetto, che sotto sotto era contento di passare l’inverno in compagnia. A quelle parole Sergio lo scoiattolo fece un sorriso da qui a qui, ancor prima che il nano finisse di parlare si stava già arrampicando su per la grossa quercia. “Qui sotto le foglie è pieno di ghiande per le tue provviste invernali, sprovveduto di uno scoiattolo!” urlò il nanetto da basso, ma Sergio lo scoiattolo era già nella sua tana che pensava dove disporre le ghiande, dove la paglia per il suo letargo e ringraziava la vecchia quercia storta per quel dono inaspettato.
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LA RANA E IL LETARGO DIFFICILE
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a rana Romina era appisolata sotto la
catasta di legna, il suo letargo era già cominciato da diversi giorni ed il sonno era pesante e profondo. Quest’anno aveva trovato un ottimo rifugio, lì tra i ciocchi di legno si sentiva un certo teporino, era sicura che non si sarebbe mossa fino a che la primavera non l’avesse risvegliata al profumo delle viole e delle margherite. Ma ad un tratto qualcosa disturbò il suo sonno... “stock, stock, stock…” , la rana Romina sobbalzò e a fatica riuscì ad aprire gli occhi per vedere se ci fosse un pericolo imminente. Il papà e Pierino quel giorno avevano deciso di preparare la stufa per l’inverno. L’ultima notte era stata molto fredda ed era meglio farsi trovare pronti. Presero la carriola che il nonno teneva sempre pronta nel fienile e si recarono alla legnaia. A turno prendevano un pezzo di legno e lo caricavano. Fecero uno, due e tre giri portando legna 122
verso la cucina, la accatastarono a fianco della vecchia stufa, ce n’era già per diversi giorni ma era una buona idea tenerla lì vicino in modo che si asciugasse dall’umidità dell’inverno e potesse così bruciare meglio. “Un ultimo giro e poi abbiamo finito” disse il papà. Pierino ne era contento, la legna era pesante da caricare e le braccia gli dolevano. Ma desiderava tanto poter accendere la stufa con il papà e poi mettersi a fianco a godere del calore che emanava. Così uscirono nuovamente, e fu proprio mentre Pierino prendeva uno degli ultimi ciocchi che la rana Romina si vide scoperchiare il tetto del rifugio. Era stata scoperta! “Cra, cra, cra!” gracidò immediatamente, poi con un balzo scese dalla legnaia e si avviò saltellando verso il giardino. Pierino ne fu talmente sorpreso che non fece in tempo a dire nulla, solo riuscì a indicarla col dito mentre anche il papà la guardava scappare. “Le abbiamo rovinato il rifugio” disse. “Non preoccuparti Pierino, ne troverà sicuramente un altro”, rispose il papà. Ma la porta della cucina era rimasta aperta e la rana Romina, con il sonno che aveva, voleva solo trovare un altro 123
nascondiglio caldo e sicuro per poter tornare a dormire in pace! Dopo poco Pierino ed il papà si avviarono verso la cucina con l’ultima carriola di legna. La accatastarono a fianco la stufa e soddisfatti del loro lavoro andarono a prepararsi una merenda. Tutto sembrava tranquillo nella casa, ma quella sera mentre tutta la famiglia era seduta in divano a chiacchierare “…cra….”, “non vi è sembrato di sentire uno strano verso?” chiese la mamma. “Io non ho sentito nulla” rispose il papà “… cra, cra”, “eh si, questa volta l’ho sentito anch’io” esclamò a quel punto Pierino. “Ca…ca” fece Aprile indicando col dito verso la cucina. Tutti si diressero là incuriositi. Stettero un attimo in silenzio e poi nuovamente “cra”. “Viene dalla stufa?” disse la mamma incredula. Il papà si avvicinò ed iniziò a controllare tutta la stufa ma dentro non c’era nulla. “Cra, cra”, sentirono di nuovo. Pierino allora ebbe un sospetto: si mise a spostare pezzo per pezzo i tronchi di legna che quello stesso pomeriggio avevano riposto con fatica a fianco la stufa e ad un certo punto… “la rana!, Ancora lei!” esclamò Pierino. La povera rana Romina guardò il bambino 124
con espressione sconsolata, sembrava proprio che il suo sonno quel giorno non potesse avere pace. Con un balzo passò tra le gambe di Pierino e sotto lo sguardo gioioso di Aprile si diresse verso il tavolo. “Prendiamola!” esclamò la mamma, ma la rana Romina con tutto quel fracasso si era impaurita. Aveva iniziato a spiccare salti tremendi e correva a destra e sinistra per non farsi prendere. “E’ sopra la sedia!” disse Pierino, ma la rana Romina era già saltata sul tavolo, “è sopra il tavolo!” disse Pierino, ma la rana Romina era già saltata sopra il portafrutta rovesciandolo, “ora è sopra il portafrutta” esclamò Pierino, ma la rana Romina con un gran balzo finì proprio dentro il lavello pieno d’acqua e lattuga che la mamma aveva messo a bagno… “SCIAFF”, schizzi d’acqua finirono sul pavimento della cucina e pure sulla maglia e sui pantaloni di Pierino. Finalmente però la rana sembrava essersi calmata, rimaneva nascosta sotto le foglie di lattuga e con gli occhi spalancati stava in guardia per vedere se qualcuno si avvicinava. “Fermo Pierino” disse il papà mettendo una mano sulla spalla del figlio, “forse è meglio se la lasciamo lì per questa notte, si sentirà al sicuro, 125
domani alla luce del sole la aiuteremo a trovarle un altro rifugio”. Pierino voleva tanto vedere la rana da vicino ma pensò che in fondo il papà aveva ragione. Quella poveretta aveva già passato abbastanza spauracchi per quel giorno. La mattina dopo Pierino ed il papà entrarono in cucina con molta cautela, …la rana stava dormendo dentro il lavello, il papà immerse le mani nell’acqua silenziosamente e senza difficoltà prese la rana nei palmi delle mani. La rana Romina a quel punto si era svegliata, ma non poteva fare più nulla per liberarsi. Nel giardino cercarono un nascondiglio ma niente sembrava convincere completamente Pierino. Sotto gli alberi non era abbastanza riparato, nel fienile circolavano spesso Zucchina e Jodi e poteva essere pericoloso, nella legnaia la povera rana avrebbe passato un inverno piuttosto agitato, troppe volte Pierino ed il papà sarebbero andati a rifornirsi di legna. “Quello è il posto giusto!” esclamò poi indicando la piccola serra per i fiori sul fianco della casa. “Hai ragione , lì starà al calduccio ed al sicuro fino a primavera” rispose il papà. Così, mentre Pierino sollevava un angolo del telo che avvolgeva le piantine della mamma, il papà 126
allungò le mani dentro la serra e lasciò andare la piccola rana. La rana Romina si guardò attorno incredula per aver riacquistato la libertà così rapidamente, sentì che lì dentro si stava proprio bene e sembravano non esserci pericoli. Con un paio di balzi andò a nascondersi dietro un grosso vaso appoggiato al muro e in un balenò si riaddormentò, “speriamo che questa sia la volta buona” pensò.
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IL TORO E IL BERRETTINO
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e giornate erano fredde ma il pomeriggio,
una volta tornato da scuola, Pierino si annoiava e non voleva rimanere sempre in casa. Anche Aprile sembrava non sapere più a cosa giocare, così dopo aver fatto merenda, Pierino chiese alla mamma se potevano andare a fare una passeggiata lungo il sentiero. “Ho tante cose da fare oggi Pierino, perché non esci tu con Aprile, portala a fare una camminata fino alla stalla in fondo al paese”. “Va bene mamma !” rispose Pierino che era sempre felice quando gli affidavano la responsabilità di guardare la sorella. “Ma dovrete vestirvi bene, fuori è freddo e umido”, raccomandò la mamma. Così Pierino, prima si coprì per bene con giaccone, sciarpa e guanti e poi preparò anche la piccola Aprile. Quando uscirono di casa sembravano due pupazzi tanto erano infagottati ma almeno non avrebbero patito il freddo. “Non fate tardi, farà buio presto 129
stasera” disse la mamma. Il sentiero che i due bambini presero iniziava proprio dietro il fienile, là dove un giorno se ne era andato Sergio lo scoiattolo in cerca di un rifugio per l’inverno, da una parte ci si addentrava nel bosco mentre dall’altro lato, continuando sulla stradina di pietra, si arrivava alla stalla di Tino il contadino. Tino aveva tanti campi e di tanto in tanto Aprile e Pierino lo vedevano passare con il suo trattore sul sentiero che fiancheggiava la casa, sempre indaffarato in attività di campagna. Tino però, oltre ad avere tanti campi possedeva anche una stalla, dove ricoverava il bestiame durante la notte e nei giorni più freddi. Proprio camminando lungo quel sentiero ad un certo punto i due bambini arrivarono alla staccionata dove pascolavano gli animali di Tino. In realtà erano così intenti nel loro gioco che nemmeno si accorsero di essere arrivati lì. Pierino si divertiva a saltare le pozzanghere di acqua ghiacciata con grandi balzi, mentre Aprile, con gli stivali …CRACK…, ci camminava proprio dentro per sentire il rumore del ghiaccio che si rompeva. Poi, videro in lontananza diversi animali al pascolo… mucche, vitelli, qualche cavallo, che passeggiavano gustandosi un po’ di libertà 130
prima di rientrare nelle stalle per la notte. Ma ad un tratto….i due bambini si arrestarono….davanti a loro, ma proprio a pochi passi… c’era un toro, un grosso toro marrone che, immobile, li fissava senza battere ciglio. Per fortuna c’era la staccionata a dividerli dall’enorme animale, certo, anche così, i due bambini non si sentivano molto sicuri. “SSSHHHH” fece di colpo il toro sbuffando aria dal naso, ed una nuvola di vapore caldo uscì dalle grosse narici. Poi il toro, fece qualche passo verso di loro e si arrestò sul bordo della staccionata. Aveva due grandi corna rivolte verso l’alto e con il muso li puntava tenendo fissi gli occhi scuri su di loro. Allora Pierino prese per mano Aprile per rassicurarla e la guardò un attimo: un lungo moccolo le colava giù dal naso ed il berretto rosso le scendeva sulla testa fino a coprirle quasi gli occhi…… “il berretto rosso!” pensò tra sé Pierino e in un lampo glielo tolse dalla testa nascondendolo in tasca.. etooooo!” disse subito Aprile, mentre si stava per mettere a piangere, ma il fratello le fece segno, col dito davanti la bocca, di fare silenzio. A quel punto il toro aveva sporto la testa dalla staccionata e sbuffando guardava i due bambini dubbioso. Sembrava però che 131
non ci fosse più nulla a infastidirlo, e dopo qualche attimo, perso l’interesse per i bambini, si voltò e tornò a pascolare nel campo. “Ufff” fece Pierino, “se n’è andato”, “uff” fece Aprile, passandosi la manica del giaccone sul naso. “Ehi bambini, cosa fate lì fuori al freddo, non vorrete ammalarvi per caso?” Era Tino il contadino che passava con una carriola piena di fieno per i cavalli. “Perché non entrate in casa da nonna Marta, vi preparerà una buona cioccolata calda!” . “Ataaaa!!!! fece Aprile sorridendo e tirando il fratello verso la casa. Pierino si guardò un attimo in giro, poi guardò la sorella e disse sorridendo “va bene, ma facciamo presto, la mamma ci aspetta” e prendendola per mano si diressero verso la casa di nonna Marta.
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APRILE E LE FORMICHE
A
prile aveva appena finito la merenda, quel
pomeriggio aveva fatto un pisolino più lungo del solito e quando si era svegliata, Pierino era già uscito a giocare in giardino. La mamma le aveva preparato una buona fetta di pane e marmellata e una tazza di tè caldo, poi le aveva detto “tesoro mio, sono qui fuori in giardino a rastrellare le foglie secche, ti lascio la porta aperta, appena finisci puoi andare a giocare con Pierino”. La piccola Aprile, ancora insonnolita aveva risposto con un cenno del capo e aveva guardato la mamma uscire dalla porta della cucina. Il barattolo dello zucchero era ancora aperto e la tentazione per lei fu troppo forte! Si bagnò il dito con la lingua e lo immerse “mmmhhh!!!” che buono lo zucchero pensò, e immerse di nuovo il dito nel barattolo. Ma proprio in quel momento passò davanti la porta della cucina Pierino, manovrava la pesante carriola del nonno a 134
fatica, e le foglie che si trovavano dentro sembravano una enorme montagna gialla! “Apile! Apile!” esclamò subito la piccola, che senza nemmeno togliere il dito dallo zucchero scese dalla sedia appoggiandosi ai pioli. Ma tanta era la voglia di andare a giocare con Pierino, che non si accorse del barattolo che rotolava sul tavolo, rotolò rotolò rotolò fin sul bordo e lì…per fortuna si arrestò. Ma lo zucchero all’interno cominciò ad uscire e a cadere sul pavimento sottostante. Aprile però era già fuori in giardino che si faceva trasportare dal fratello dentro la carriola e mentre rideva e saltava ributtava all’aria tutte le foglie che la mamma aveva raccolto. Anche la mamma rideva al vedere i suoi bambini così felici e poco le importava di dover ricominciare tutto daccapo. Verso l’imbrunire però, i bambini cominciarono a sentire freddo, “ora andiamo in casa miei piccoli giardinieri” disse la mamma, “continueremo il lavoro domani”, “va bene mamma” rispose Pierino, e prendendo per mano Aprile la accompagnò verso la cucina. Ma come misero piede dentro… “che disastro!” esclamò la mamma. Una folta colonia di formiche si trovava sotto il tavolo proprio lì dove era caduto lo zucchero, andavano e 135
tornavano in fila indiana per portare tutta quella riserva di cibo nella loro tana. “Miche!” esclamò Aprile divertita. La mamma aveva già preso la scopa in mano ma… “noooo! Così le ucciderai” la interruppe Pierino, “nooo” ripetè Aprile. “Avete ragione, dobbiamo trovare un altro sistema” riprese la mamma. Rimase qualche attimo silenziosa guardando Aprile che col dito raccoglieva lo zucchero rimasto sul bordo del tavolo… “ho trovato” disse poi,” le accompagneremo con ciò che gli piace tanto” e preso il barattolo iniziò a spalmarlo a zig zag proprio da dove si trovavano le formiche fin fuori della soglia della cucina. Aprile e Pierino si inginocchiarono a fianco della striscia di zucchero che la mamma aveva steso e aspettarono curiosi: piano piano le formiche si spostarono da sotto il tavolo ed iniziarono a seguire zigzagando la fine strada bianca che la mamma aveva preparato per loro. Lentamente portarono alla loro tana tutto lo zucchero sparso sul pavimento e solo quando l’ultima formica ebbe varcato la soglia Aprile e Pierino diedero il permesso alla mamma di chiudere la porta. “Micaaaa” strillò Aprile da sotto il tavolo, eh 136
si, lì c’era ancora una piccola formichina che stava trascinando faticosamente una briciola della merenda di Aprile. Ma la briciola era così grande che la povera formica non ce l’avrebbe mai fatta da sola, a meno che non l’avesse mangiata sul posto. “Non volete lasciare proprio nulla qua sotto” disse la mamma chinandosi per osservare meglio la formica e, preso un pezzo di giornale vecchio, raccolse briciola e formica e le accompagnò in giardino. A quel punto Aprile e Pierino chiusero finalmente la porta e insieme alla mamma andarono di corsa ad accendere la stufa a legna, la notte era davvero fredda, e il papà tornando dal lavoro avrebbe trovato una casa calda ed accogliente.
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UNA VOLPE AFFAMATA
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mattino sembrava non arrivare mai,
Pierino credeva fosse già tardi ma…né papà né mamma erano venuti a svegliarlo per andare a scuola, ed in strada non si sentiva nemmeno un’auto passare, il nonno non stava trafficando in orto, gli uccellini non cantavano e lo scuolabus non era passato. Eppure fuori dalla finestra sembrava esserci tanta luce. Pierino decise di scendere giù in cucina e vedere cosa stesse succedendo, sentiva i suoi genitori chiacchierare da un po’ ma perché non lo avevano chiamato? “Buongiorno Pierino!” dissero mamma e papà appena lo videro scendere le scale. “Siediti qui con noi, oggi faremo colazione con calma” .Pierino si sedette sulla sedia accanto alla stufa rovente… “Perché con calma?” chiese, visto che la mattina era sempre in ritardo. “Oggi niente scuola”, rispose la mamma. “Niente scuola? E perché?” chiese Pierino incredulo. “Vai fuori a vedere tu stesso” lo invitò il papà. Pierino corse alla 139
porta, passò la mano sul vetro appannato e…. “neve!!!!!” esclamò, “c’è la neve!”. Quella notte aveva nevicato così tanto che tutto era bianco, i tetti delle case, le strade, le campagne, il bosco e pure il giardino e l’orto erano un unico manto bianco che nascondeva ogni cosa. Mamma e papà decisero che quel giorno i loro bambini potevano rimanere a casa, visto che anche le strade erano piene di neve. Il tempo di vestirsi e Pierino era già fuori a giocare e, appena si svegliò, anche la piccola Aprile lo raggiunse. Giocarono tutta la mattina e solo durante il pranzo la mamma riuscì a convincerli a fare una pausa e a riscaldarsi le mani gelate davanti alla stufa. Il pomeriggio arrivò anche il nonno, ma con tutta quella neve non poteva proprio dedicarsi ai lavori nell’orto, così anche lui, insieme ad Aprile e Pierino, cominciò a raccogliere neve per costruire un gran pupazzo. Poi il nonno lasciò i bambini ai loro giochi e si recò nel pollaio dietro il fienile per dare da mangiare alle galline infreddolite. Nel tardo pomeriggio l’aria divenne davvero gelida, il cielo era scuro e forse quella notte avrebbe nevicato di nuovo. Pierino ed Aprile
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entrarono in casa e dopo un bel bagno caldo si misero vicino alla stufa e di lì non si mossero per tutta la sera. Quella sera erano così stanchi che si presto si addormentarono sul divano, mentre ancora mamma e papà chiacchieravano raccontandosi di come era andata la giornata. “Coooocooocococo” si udì ad un certo punto là fuori. “Cocococoooo”, Pierino si era svegliato. Il papà si alzò ed andò in cucina per vedere se dalla finestra riusciva a vedere cosa stesse succedendo. Accese la luce che illuminava giardino e fienile ma da lì non si poteva vedere il pollaio. “Cocococoooo” si udì nuovamente. “Co co” si era svegliata anche Aprile. “Devo andare a vedere” disse il papà a quel punto. “Sarà qualche animale che vuole mangiarsi le galline. “Vengo anch’io” rispose subito Pierino. Il papà lo guardò un istante, “va bene, potrei aver bisogno di un aiuto, ma vestiti bene, fuori fa molto freddo”. Quando uscirono dalla porta della cucina stavano cadendo grossi fiocchi di neve e Pierino con la torcia in mano affiancava il papà che teneva un grosso bastone per cacciare qualunque animale stesse tentando di rubare le galline del nonno. “Cococococo”....piano piano oltrepassarono il fienile, 141
cercavano di non far rumore, la neve attutiva i loro passi. “Fai attenzione Pierino” disse il papà quando arrivarono davanti la porta del pollaio, “appena aprirò, tu illumina bene dentro” e brandendo il bastone con l’altra mano aprì il catenaccio. La porta si aprì con un gran cigolio e le galline si spaventarono ancor più. Subito Pierino mise dentro la torcia. Le povere galline stavano tutte in un angolo spaventate e saltavano una in groppa dell’altra per proteggersi. Pierino illuminò anche gli altri angoli del pollaio ma non vedeva nulla….”eccolaaa!” eclamò poi. Proprio dietro la porta, una volpe li osservava terrorizzata. Aveva il pelo rossiccio e teneva il muso appuntito rivolto verso il basso, gli occhi fissi sul bastone. “Che cosa facciamo?” chiese Pierino, “sembra molto spaventata” . La volpe rimaneva lì in attesa e si guardava intorno in cerca di una via di fuga, questa volta sembrava aver fatto male i conti ed era stata colta sul fatto. “Spostati Pierino” disse il papà invitando il figlio a togliersi dalla porta. “Passami la torcia”. Il papà entrò lentamente nel pollaio tenendo il bastone puntato verso la volpe. Quando fu dentro “sssccccccc!!! Via!!!!!” fece a voce alta e in un lampo la 142
volpe prese l’uscio. Pierino ebbe appena il tempo di vederla fuggire per i campi mentre il papà la illuminava con la torcia. “Era una volpe!” disse il papà, “doveva essere molto affamata per uscire dal bosco ed avvicinarsi così tanto al paese, sarà meglio tappare quel buco anche se non credo tornerà per questa notte, visto lo spauracchio”. Così con dei pesanti mattoni Pierino ed il papà chiusero il buco, poi tornarono in casa al calduccio e raccontarono la loro avventura alla mamma. Il mattino seguente, appena ebbero fatto colazione, Pierino e il papà uscirono per vedere se la volpe aveva lasciato qualche traccia. Si diressero dietro il pollaio e proprio dalla parte dove la volpe era entrata trovarono la terra smossa. Doveva aver scavato a lungo, ma inutilmente, “per fortuna l’aveva scampata bella!” pensò Pierino. Poi si voltò verso la campagna, si vedevano ancora le orme, anche se durante la notte era caduta altra neve. Pierino guardò in direzione del bosco e rimase qualche attimo in silenzio. “Papà, come farà quella volpe se non troverà nulla da mangiare? Il papà aveva già capito dove voleva arrivare Pierino e sapeva che nulla lo avrebbe distolto dall’intento di 143
aiutare quella volpe. Si diressero verso il fienile, presero un secchio e ci misero un po’ del pane secco che il nonno teneva per le galline, aggiunsero un po’ di cereali, una mela, delle carote e un po’ del cibo di Jodi e Zucchina, “non si arrabbieranno” pensò Pierino. Poi uscirono e si recano nuovamente dietro il pollaio. Posarono a terra il secchio e Pierino guardò ancora una volta verso il bosco. A quel punto rientrarono in casa, “grazie papà” disse Pierino prendendogli la mano. Il mattino successivo Pierino corse a vedere se la volpe era venuta. Il secchio era quasi vuoto, “non gli piacciono le carote” disse, guardando quello che era rimasto sul fondo. Così per vari giorni, come era successo per Zucchina tanto tempo prima, Pierino si occupò di soccorrere quell’animale in difficoltà fino a che, quando la neve si sciolse e per tutti gli animali del bosco fu più facile cacciare, la volpe non venne, quel giorno Pierino trovò il secchio ancora pieno, diede ancora uno sguardo verso il bosco pensando “avrà trovato qualcosa di meglio” e felice portò il cibo alle galline del nonno.
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UN CANE FELICE
“P
OP POP”….la mamma si affacciò alla finestra,
era il segnale che lo scuolabus era arrivato, salutò l’autista con un gesto della mano ed andò ad aprire la porta. “Ciao Pierino!, bentornato!” lo accolse . “Good afternoon” rispose Pierino, che in quei giorni aveva cominciato l’inglese a scuola. “Com’è andata oggi? “very good” rispose Pierino alzando il pollice. “Vuoi una bella fetta di pane con la marmellata?” “Yes” rispose serio Pierino. Prese la fetta di pane e se ne andò a giocare in giardino. Fuori tirava un forte vento, la neve ormai non c’era più ma la primavera tardava ad arrivare, non erano ancora spuntati i germogli sugli alberi ed il camino continuava a fumare in attesa della bella stagione. La stradina davanti casa era tranquilla, ma ad un tratto “uau uau uau” , i cani di tutta la via avevano preso ad abbaiare. Prima quelli delle case lontane e poi anche quelli delle più vicine. “Uau uau” fece anche 146
Lampo, il cane della casa a fianco. Attraverso le fessure della staccionata Pierino vide passare qualcosa di bianco e peloso, quel qualcosa passò davanti al cancelletto dell’orto, ficcò il naso tra le assi e spingendolo lo aprì. Era un grosso cane bianco a macchie caffè, aveva le orecchie lunghe ed il pelo mosso e con fare sbarazzino si diresse verso Pierino come se lo avesse sempre conosciuto. Gli si parò davanti in attesa. Pierino rimase sorpreso da quella visita e non capiva cosa volesse quel cane che gli stava di fronte scodinzolando. Poi si rese conto che ancora teneva in mano la fetta di pane che gli aveva preparato la mamma. Il cane vedendo che Pierino non si decideva si fece avanti. Si mise sulle due zampe posteriori e appoggiò quelle anteriori sul petto di Pierino. “Ehiiii” esclamò egli, “ho capito, ho capito!”. Quel cane lo faceva proprio ridere, e sorridendo spezzò un po’ di pane e glielo mise in bocca. Il cane scodinzolò ancora più forte in attesa di un altro boccone e Pierino non seppe resistere a quella faccia tosta che si era presentata così all’improvviso, alla fine gli diede tutto il pane rimasto, solo allora il cane rimise le zampe a terra e lasciò in pace Pierino. A quel 147
punto però fu Pierino a fargli le feste, lo coccolava e gli grattava la pancia mentre il cane ben contento si lasciava accarezzare pancia all’aria. “E questo chi è?” lo interruppe il nonno che stava entrando dal cancello. “Happy!” esclamò Pierino, è appena arrivato, “secondo te il papà me lo lascerà tenere?”. Il nonno rimase un attimo in silenzio, “ne parleremo stasera a cena Pierino, vedrò quello che posso fare” rispose, e dandogli una grattatina sulla testa si diresse verso il pollaio. Era giovedì, e come tutti i giovedì il nonno si fermava a cena. La serata era piacevole, papà e mamma chiacchieravano con il nonno del più e del meno ma Pierino era impaziente. “Ma quando si parlerà di Happy?” pensava. Quando arrivarono al dolce Pierino non poteva più resistere, diede un calcione al nonno che gli sedeva a fianco e guardandolo serio disse “uau uau”. Il nonno si mise a ridere e poi cominciò rivolgendosi a papà e mamma “ sapete, dopo quello che è successo con la volpe nel pollaio ho pensato non sarebbe male tenere qui un cane, terrebbe lontano gli animali selvatici visto che Jody e Zucchina impegnano tutto il loro tempo a dormire nella cesta del fienile”. 148
“Per me non c’è alcun problema” rispose la mamma, solo ci vorrebbe qualcuno che se ne occupi quando tu non ci sei, io ho già tanto da fare e non posso pensare anche a questo. “Se ne occuperà Pierino” rispose il nonno battendo una pacca sulla spalla del nipote. “Si certo!” disse egli già impaziente di poter arrivare alla fine di quella storia. “Allora manca solo il cane?” intervenne il papà. “Ce l’ho io!” esultò Pierino, “è in fienile!”. Al nonno andò di traverso il boccone della torta e appena riuscì a smettere di tossire guardò mamma e papà che lo osservavano in attesa di spiegazioni e si mise a ridere. “Io non ne so nulla” disse alzando le mani e continuando a sorridere. “Ah tu non ne sai nulla” rispose il papà che ora pure sorrideva, “e questo cane avrebbe già anche un nome?”, “Happy!” rispose Pierino, “si chiama Happy”. “E perché Happy?” chiese mamma incuriosita, “perché è sempre felice” rispose Pierino alzando le spalle. “Posso andare a prenderlo?”. “Certo Pierino” risposero insieme mamma e papà divertiti, ma Pierino era già uscito.
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Un grazie a‌ a tutti i formatori che in questi tre anni di corso mi hanno arricchito portandomi il loro mondo di esperienze con gioia ed entusiasmo. al numerosissimo anno triennale 2007-2010, il gruppo piÚ stimolante ma anche contestatore che potessi incontrare sul mio cammino. Un perfetto equilibrio di partecipazione e discussione, sempre battaglieri, a partire dalle discussioni sui temi portanti della pedagogia Waldorf fino alla decisione su chi abbia diritto o meno di usare il fornello della mensa. Ai bambini della prima classe 2009-2010 di Sgonico che mi hanno insegnato e regalato tanto un grazie speciale a Viviana e Michele che con pazienza mi hanno aiutato nella preparazione dei disegni e nell’ impostazione della tesi un grazie piÚ che speciale ad Aprile e Viviana, fonti e risorse delle mie fantasie. 151