Il Lucano Magazine Numero dicembre 2013

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Poste Italiane Spa Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n째 46) art. 1 comma 1, DCB PZ

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S O M M A R I O

I dieci anni del Lucano

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R E P O R TA G E

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Speciale dieci anni con il Lucano San Carlo, un Oscar e tanti riconoscimenti Marcello Pittela, il nuovo governatore lucano Tu chiamale se vuoi...Elezioni Rotonda e Viggianello, quando occupammo la Centrale del Mercure 36 Solare termodinamico, insorge l’Alto Bradano

E P I S T E M E

38 Cultura e Hýbris

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E U R E K A

Un anno di successi per l’Ospedale San Carlo

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38 Intervista al neo governatore lucano Marcello Pittella

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La “carne” dei poveri...lucani Un titese in Sud America RadioEvolution Forenza Parkeotrekking. Un cammino lungo una storia Lammoglia Biagio Il Marketing lucano al World Business Aglianica, un festival per il turismo enologico Presentato il Rapporto 2013 sull’informazione in Basilicata Liceo Pasolini, un servizio con la testa ai ragazzi... L’architetto dei desideri e il bello quotidiano Tre collettive italiane per Cesare Maremonti L’Associazione dei lucani, un ponte verso la Basilicata del futuro

B L O G O S F E R A

64 Blogosfera

T R A L E R I G H E

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Intervista a Giuseppe Maglione presidente dell’As Melfi

66 D’io Vasconvolto 67 David Maria Turoldo. Il Futuro è di Dio

D O L C E

E

S A L ATO

68 Voglia di cioccolato

L O O K A N I A

66 Racconto di Matera e il castello - Prima Parte

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E D I T O R I A L E

SENZA UNA DONNA Antonello LOMBARI

l ciclone Cleopatra spazza via i resti di una campagna elettorale frettolosa e fiacca. A poche ore dal termine dello scrutinio, le bombe d'acqua lavano, senza pietà, i volti dei candidati spiaccicati ancora sul muro. La Basilicata ha eletto, da poco, il suo nuovo governatore e i suoi venti consiglieri regionali. Le premesse che avevano condotto al voto anticipato lasciavano presagire una svolta decisa che consegnasse, nel segreto dell'urna, un messaggio chiaro ed inequivocabile di cambiamento. Niente di tutto questo. L'unico dato eclatante che lo scrutinio ci consegna è la grande astensione dei lucani dal voto. Il 53 per cento di elettori ch'è rimasta a casa rappresenta un macigno e un diaframma eloquente tra l'elettorato e chi gestisce la cosa pubblica locale. Dopo "rimborsopoli" e i suoi scandali, ci si attendeva un messaggio palese, da parte dei cittadini di Basilicata. Il partito dell'astensione è, dunque, il primo partito della Basilicata e come tale è il vincitore "morale" di queste elezioni. A giudicare dalle premesse, tutto lasciava intendere che l'esito potesse risolversi in una svolta rivoluzionaria e alternativa. Così non è stato. La rivoluzione, silente e democratica ha, di fatto, favorito l'ascesa di Marcello Pittella, medico lauriota votato alla politica che, sfiorando il 60 per cento dei consensi, è il nuovo governatore della Basilicata. Eppure il Pittella minore ha dovuto sgomitare per affermarsi, già all'interno del suo partito: della serie "Medici senza frontiere", in attesa di guadagnarsi "Un posto al sole". Alle spalle del presidente, c'è praticamente il vuoto. Troppo netto è, infatti, il distacco dagli altri contendenti. I perdenti, a fari spenti, s'interrogano sulla dispersione di voti e si accusano di non aver saputo interpretare e rappresentare il malcontento. A guardare i numeri, il centro destra, tutto sommato, ha retto bene l'urto delle lotte intestine "romane" e dei venti scissionisti che spiravano forte. E' mancato il guizzo dei cinque stelle che, va sottolineato, partecipavano, per la prima volta, alle regionali lucane. In definitiva la Basilicata sceglie la continuità e consegna, nelle mani del Pd e della coalizione di centro sinistra, cioè alla tradizione, le sorti dell'apparato regionale. Scorrendo l'elenco dei consiglieri eletti, si notano personaggi che, a vario titolo, hanno già calcato queste scene. C'è, comunque, qualche volto nuovo. Il dato, però, più eclatante, in barba a qualsiasi ragionamento avviato, da destra a manca, sulle quote rosa, è l'assenza assoluta dell'elemento femminile in questo Consiglio. Cleopatra (l'infido ciclone che ha investito le nostre coste) ne avrebbe abbastanza per adirarsi e scagliare i suoi strali. Fuori da condizionamenti ideologici preconfezionati, l'augurio è che il nuovo parlamento di Basilicata sia in grado di far percepire ai cittadini il segno del nuovo che avanza, richiamando lo slogan elettorale del governatore: "La rivoluzione democratica". Come dire: il vero cambiamento, più che nelle facce, è bene lo si avverta nella gestione concreta del vivere quotidiano. Nelle contrade lucane si respira già l'aria della festa. E' l'occasione per rivolgere ai nostri affezionati e cari lettori l'augurio di buon Natale e di felice anno nuovo.

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L U C A N O

Editore Lucana Editoriale s.r.l. Amministratore Vito ARCASENSA

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Direttore Responsabile Antonello LOMBARI

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Flavia ADAMO, Angelomauro CALZA, Carlo jr. CALZA, Federica CAPASSO, Elisa CASALETTO, Paolo CILLIS, Antonio CORBO, Leonardo CLAPS, Marianna Gianna FERRENTI, Giovanni GALLO, Silvana LAGROTTA, Salvatore LUCENTE, Antonello MANGO, Ferdinando MOLITERNI, Anna MOLLICA, Giulio RUGGIERI, Michele RUOTI, Albina SODO, Margherita E. TORRIO, Canio VERTONE Editing e correzione bozze: Margherita E. TORRIO dal Materano: Giovanni MARTEMUCCI

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Vignette di Luca NOMAGA Hanno collaborato in questo numero Angelo BENCIVENGA, Ettore BOVE, Arsenio D’AMATO, Vincenzo MATASSINI, Carla MESSINA, Donato SABINA, Miriam SGARLATA Redazione Sportiva Antonio CROGLIA, Federico PELLEGRINO, Michele POTENZA, Giuseppe Antonio RINALDI Fotografie Foto: Andrea MATTIACCI, Giovanni LANCELLOTTI, Canio VERTONE Angelo Rocco GUGLIELMI, MARTEMIX.COM

Stampa Arti Grafiche Boccia s.p.a. Via Tiberio Claudio Felice, 7 Fuorni - Salerno Registrazione Tribunale di Potenza N° 312 del 02/09/2003 Pubblicità Lucana Editoriale s.r.l. Via Gallitello, 89 Potenza Tel. Fax 0971.476423 -Cell. 337.901200 E-mail: info@lucanomagazine.it Chiuso in redazione 6 Dicembre 2013 Questo giornale è associato Uspi Unione stampa periodici italiani

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N E W S

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BASILICATA PONTE SUL MEDITERRANEO 24 artisti in una doppia esposizione a Potenza In questa mostra l’Oriente e l’Occidente del Mediterraneo tornano ad incontrarsi come da secoli avviene. Ad intersecarsi attraverso opere suggestive che nell’eterogeneità dei loro stili e dei loro materiali vogliono rappresentare Paesi tra loro affini perché tutti facenti parte di quel bellissimo bacino marino noto in passato come Mare Nostrum. Basilicata ponte sul Mediterraneo è il nome della mostra d’Arte Pubblica che, grazie all’estro creativo di 24 artisti lucani, 12 uomini e 12 donne, omaggia le altrettante Ambasciate che hanno aderito all’iniziativa: Albania, Algeria, Bosnia-Herzegovina, Cipro, Croazia, Egitto, Francia, Gibilterra, Giordania, Grecia, Israele, Libano, Libia, Malta, Marocco, Mauritania, Monaco, Montenegro, Palestina, Siria, Slovenia, Spagna, Tunisia, Turchia. A questi Paesi sono dedicate le opere che li interpretano attraverso paesaggi, oggetti, volti, segni in cui ritroviamo i temi dell’uguaglianza, della povertà, della guerra, della religione, della pace e dell’archeologia, quest’ultima scopritrice di tracce lasciate dal passaggio di popoli mediterranei anche in Basilicata, terra considerata per secoli un’importante via di transito. Un transito che tutt’oggi continua con persone pericolosamente in fuga dall’Africa, in cerca di accoglienza e di un futuro migliore in Europa. La mostra vuole pertanto fornire anche spunti di riflessione sui temi dell’emigrazione, dell’integrazione e della cooperazione concepiti sempre più come momenti di arricchimento culturale ed umano tra popoli di differenti provenienze. Acierno, Belmonte, Bonelli, Faraone, Grieco, Lioi, Montano, Montemurro, Riccio, Stain, Tarulli, Volini, Mediterranea, Bomba, Cafarelli, Carriero,

Caruso, Dimatteo, Fai, Lovisco, Orioli, Palladino, Tricarico, Verova questi sono gli artisti della mostra che è stata organizzata da Art&venti2012 in collaborazione con l’Associazione Yin-sieme. L’evento curato da Vito Palladino e Simona Lopardo, è stato concepito come una doppia esposizione. A Potenza presso la Pinacoteca Provinciale fino al 14 dicembre 2013 dove sono ospitate anche le opere di Antonio Masini, Rocco Santacroce, Giulio Giordano e un abito di cerniere dello stilista Daniele De Vito; in contemporanea e per i prossimi mesi lungo viale Dante negli spazi urbani-aperti della ‘galleria d’arte a cielo aperto’. an.mo.

DINU ADAMESTEANU La mostra sull’archelogo naturalizzato lucano Dopo essere stata esposta nelle sale del Museo della Siritide, di Policoro, giunge a Potenza, nelle sale del Museo Nazionale “Dinu Adameşteanu”, organizzata dalla Sovrintendenza ai Beni Archeologici e dalla Family of Rotary, la mostra di fotografie e documenti” Dinu Adameşteanu. Dalla Dobrugia sul Mar Nero alla Siritide sullo Ionio”. Testimonia, a 100 anni dalla nascita, la storia dell’archeologo, romeno di nascita, naturalizzato italiano, che avviò, di fatto, la nascita della Sovrintendenza alle antichità, in Basilicata, segnando con una nuova impronta ed una forte dimensione scientifica la ricerca archeologica che si avvalse, grazie al suo impegno, sempre più di un metodo scientifico distante da quello precedente della “archeologia antiquaria”. Il Sovrintendente ai Beni Archeologici Antonio De Siena, il prof. Antonio Lerra dell’UNIBAS, la dott.ssa Verrastro, direttrice dell’Archivio Provinciale, il dott. Trufelli, il

professore on. Giampaolo D’Andrea, hanno ricordato il prof. Adameşteanu. Partecipò alla vita della regione e del capoluogo, con suggerimenti anche di tipo urbanistico, tesi a liberare il centro dal soffocamento dei troppi edifici amministrativi. Gli interventi dei relatori, studiosi ed amici che conobbero Adameşteanu, segnano i momenti fondamentali delle sue scoperte. Dopo la progettazione di strutture capaci di ospitare i materiali delle ricerche in una serie di luoghi importanti, Policoro, Metaponto, Grumento, Venosa, Vaglio, la riqualificazione del Museo Ridola a Matera, e la inaugurazione, nel ’67, delle prime sale museali nel Castello di Melfi, aveva già pensato al Museo di Potenza che oggi porta il suo nome. Un volume prezioso, il catalogo della mostra, a cura di Salvatore Bianco e Antonio De Siena, edito dalla Scorpione editrice, con una ricca bibliografia del prof. Adameşteanu, raccolta dalla prof. Liliana

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Giardino, documenta ulteriormente il lavoro dell’archeologo. Con la crisi e la disattenzione nei confronti del territorio, sono continuamente a rischio presidi importanti. Le ultime calamità nel metapontino ricordano ancora quanto sia importante, invece, la tutela del territorio e ricordano come, insieme con la difesa delle testimonianze del passato, ne avremmo sicuramente anche una maggiore difesa. Nella speranza o, diciamo meglio, nella prospettiva di un rilancio della Basilicata. ma.to.


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Le donne di Angela Caligiuri, in esposizione fino a Natale al caffè del Circo di Matera Donne senza veli e lampade minimaliste. Sono le opere dell’artista materana Angela Caligiuri, in mostra fino a Natale al Caffè del Circo di Matera, nella zona Nord della città. L’arte si ferma al caffè per questa estemporanea che vede protagonista la donna nei tratti decisi e nitidi di Caligiuri. Lo scorrere della vita che passa, la ri¬cerca della verità, la morte che si avvicina: la perennità di questo ciclo è il senso dell’orizzonte umano di cui la donna è protagonista nelle tele. Vitale e mortale, la donna, dipinta da Angela Caligiuri si offre con piglio erotico svelando una realtà che riassume nelle sfumature del rosso e del nero il momento in cui si nasce e il momento in cui si muore. Anche il colore, che in un primo momento viene intrappolato in forme sinuose, segue questa ricerca di sintesi verso forme più essenziali. Il colore è il motivo che unisce anche gli altri oggetti in esposizione, le lampade a sviluppo orizzontale. Sono oggetti a metà tra l’arte, il design, realizzate in legno e rivestite di pomice acrilica grezza che conferisce una particolare valenza tattile ed estetica alle superfici. Il corpo illuminante produce una luce polarizzata al rosso, di grande atmosfera, che rievoca l’eros dei dipinti ad olio dell’artista. I colori utilizzati nelle opere di Caligiuri, il rosso, il grigio ed il nero, hanno una valenza psicologica e fisiologica: essi esprimono mes-

saggi, suscitano impressioni ed emozioni coinvolgendo chi li riceve. “Il rosso, colore fondamentale, -afferma l’artista- è uno dei colori dal simbolismo più pregnante, più coinvolgente, più eccitante. Se da un lato è connesso alla forza vitale, all’eros, all’origine della vita, dall’altro esprime aggressività e violenza. Rappresenta l’impulso verso l’agire attivo, la ricerca di intensità di esperienza e di pienezza di vita, ed in quanto colore benefico è in grado di infondere entusiasmo e fiducia in noi stessi. Il grigio rappresenta la neutralità più completa, non è ne eccitante ne stimolante: è un colore composto di quiete. con il quale si vuol raggiungere uno stato di equilibrio, di stasi perfetta: è un momento di riflessione, di ricerca della verità. Il nero rappresenta 1’assoluto confine oltre cui la stessa vita cessa. Come tutti i colori ha due valenze, una positiva ed una negativa. Nel suo aspetto negativo contiene una suggestione inquietante che lo pone all’inizio e alla fine dell’esistenza. Nel nero troviamo i timori, le apprensioni, gli sgomenti che ci colgono di fronte all’ignoto. esso contrassegna i due momenti più misteriosi della nostra esistenza, la nascita e la morte”. Ù gi.ma.


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Tursi, giornata di cinema dedicata ad Albino Pierro Hanno preso parte anche il regista del film “Le cronache del terremoto”, Antonio Andrisani (regista insieme a Vito Cea), e il suo produttore, Angelo Calculli, alla giornata dedicata ad “Albino Pierro ed al Suo Paese” che si è svolta a fine novembre a Tursi, organizzata dal “Parco Letterario” e dal Centro Studi “Albino Pierro”. Il regista ed il produttore del film presentato ufficialmente lo scorso 7 dicembre vede protagonista, tra gli altri Sergio Rubini. Calculli ed Andrisani sono intervenuti per raccontare l’esperienza di questa pellicola dedicata alla poesia ma anche al poeta Albino Pierro. Il film “Le cronache del terremoto” è una pellicola costituita da 5 episodi uniti proprio dalla presenza del terremoto. L’evento sismico che pure si palesa nelle 5 storie è in realtà utilizzato metaforicamente per rappresentare la difficile situazione economica e culturale del nostro Paese ma allo stesso tempo queste cinque “scosse” sono una esortazione a prenderne consapevolezza. Nel quinto episodio dal titolo “Sassywood” si parla di un regista italo americano che viene in Basilicata a girare un documentario sul poeta di Tursi. Nel corso del loro intervento Andrisani e Calculli hanno spiegato come è nata l’idea del film e la voglia di dedicare un episodio ad Albino Pierro, in un film che, nella tradizione della Commedia all’italiana, soprattutto del passato, diverte ma offre spunti di riflessione

sulla nostra società. “Le cronache del terremoto” è un film costituito da cinque episodi uniti dal sisma. Ogni episodio seppur coerente l’uno con l’altro grazie agli attori che ritroviamo di volta in volta in differenti ruoli (come nella tradizione della commedia ad episodi) ha una sua specificità narrativa ma anche stilistica. Alla fine viene fuori una sorta di “zibaldone” del cinema italiano. Dal linguaggio estremamente elegante di “Comprami” che fa pensare ai film di Sorrentino a quello classico di Sassywood sino a quello quasi documentaristico dei frammenti in bianco e nero che uniscono i cinque episodi. I due registi del film Vito Cea e Antonio Andrisani (autore anche della sceneggiatura) hanno volutamente dato uno stile visivo diverso alle storie assecondandone il ritmo e l’atmosfera con l’aiuto del direttore della fotografia Francesco Di Pierro. I protagonisti del film sono: Antonio Andrisani, Antonio Stornaoiolo e Sergio Rubini, la cui partecipazione straordinaria impreziosisce non poco l’intero progetto. Tra gli altri attori: Bianca Nappi, Mingo De Pasquale, Umberto Sardella e Antonella Genga. Le musiche originali sono di Gregorio Calculli. gi.ma.


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A Potenza un convegno internazionale per parlare di vino ed olio nelle culture del Mediterraneo E’ stata la mitologia greca a ispirare il convegno che ha trattato in modo multidisciplinare ciò che attiene alla nutrizione delle culture del Mediterraneo. “Identità euro-mediterranea e paesaggi culturali del vino e dell’olio”, infatti, è stato il titolo di una tre giorni organizzata da IBAM in collaborazione con il progetto “MenSale” e il Comune di Potenza, che presso il teatro “Stabile” ha riunito esperti di vari settori per parlare del valore alimentare di due cibi ritenuti in ogni epoca simboli culturali dei Paesi limitrofi al Mare Nostrum. Dall’8 al 10 novembre scorsi il vino e l’olio sono stati oggetto di più trattazioni riguardanti il loro rapporto con ogni aspetto della vita, il loro impatto sulla salute e sul paesaggio, e il loro valore sociale. Al vino e all’olio si legano l’antropologia, la storia, l’archeologia, la mitologia, la scienza, la musica e il cinema dove, soprattutto il primo, manifesta una “presenza scenica” che ne mette in luce lo stretto legame con la gente per la quale la bevanda di Bacco è il simbolo di convivialità. Entrambi, comunque, sono assurti ad emblema della dieta mediterranea, divenuta, per le sue indiscusse proprietà benefiche, patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’UNESCO. Il nostro modo di mangiare è, dunque, un valore da tutelare e promuovere, al pari del settore economico da cui dipende la produzione. L’agricoltura italiana, secondo il rapporto 2012 della Società Geografica Italiana, presenta però ancora nodi da sciogliere. Come quelli riguardanti i nuovi spazi da occupare che, altrimenti, sarebbero utilizzati da altre atti-

vità economiche. Oggi, fortunatamente, si sta avendo un’inversione di tendenza. Ci si sta sempre più avviando verso un recupero del settore primario nel senso che lo stesso sta “guadagnando terreno” in termini di valore. E’ intorno all’agricoltura infatti che si costruisce l’identità di un popolo. La Basilicata in questo trend può fare scuola poiché ha un basso livello di urbanizzazione ed antropizzazione e può contare su un’abbondanza di suolo sul quale portare avanti un’agricoltura che salvaguardi la biodiversità e generi altri tipi di risorse, per esempio quelle energetiche delle biomasse. Ma non basta. Per far decollare l’economia interna la nostra regione deve rendere l’agricoltura innovativa, integrata, basata sulle logiche dell’imprenditorialità, del ricambio generazionale e dell’internazionalizzazione. Questo concetto di sviluppo deve poi guardare alle specificità del territorio come volano per un’agricoltura di qualità ed un turismo sostenibile, ponendo fine a modelli di crescita esogeni (grandi fabbriche) risultati spesso fallimentari. an.mo.


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C O R S I V O

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Il Bruscolino nell’occhio Angelomauro CALZA

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tavo cercando per ragioni personali il testo della legge regionale 29 del 1998 della Regione Basilicata, quella che detta norme per i servizi integrati per l’impiego nell’ambito delle politiche del lavoro. Più nel particolare ero interessato alla parte che riguarda i Centri per l’Impiego, il loro funzionamento, i loro compiti. Accendo il computer, mi collego alla rete Internet e inizio la ricerca su Google che mi riporta immediatamente il link che cercavo: mi rimanda al sito ufficiale della Regione dove è pubblicato il testo integrale della legge. Scorro la pagina e al secondo comma dell’articolo 4 trovo proprio quel che mi serviva: c’è scritto infatti testualmente: “Le Province esercitano le funzioni e i compiti di cui al comma precedente tramite i Centri per l’Impiego, disciplinati dal successivo articolo 12”. Benissimo. Mai stato facile come stavolta cercare un articolo di legge. Bisogna dare atto alla Regione Basilicata di aver semplificato non poco le ricerche dei suoi atti e documenti. Scorro ancora la pagina e quindi arrivo all’articolo 12. Ma… ohibò! Che succede? C’è scritta un’altra cosa!: “Sistema informativo regionale del lavoro – SIRL”... E che è? Vengo preso dallo sconforto, dove e cosa cerco adesso? PEr fortuna, però, è questione di un attimo, mi riprendo subito: il successivo articolo 13 parla proprio dei Centri per l’Impiego. Tutto a posto. Poi però ci

ripenso e dico a me stesso: “tutto a posto un cacchio!”… Sono 15 anni che è stata promulgata questa legge, possibile che in 15 anni nessuno si sia accorto di un errore che alla fin fine è cosa di poco conto e non va ad inficiare la sostanza del provvedimento legislativo, ma che per essere corretto necessita comunque di un’altra leggina? Possibile che si è proceduto con tutti gli atti formali e burocratici per 15 anni sulla scorta di un refuso non notato o sottovalutato? Possibile che nessuno abbia letto davvero la legge? E non mi riferisco solo ai burocrati addetti della Regione e delle Province di Potenza e Matera, ma i sindacalisti? L’hanno letta e studiata davvero? Come fanno a par-

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lare e discettare nel merito di una legge che all’apparenza, visti i fatti, non dovrebbero aver mai letto visto che nessuno ha mai fatto notare l’errore? E gli addetti ai lavori? I dirigenti e i funzionari dei Centri per l’Impiego? Manco loro hanno notato sta’ cosa?... Beh, cari lettori, questi sono i misteri che avvolgono le secrete anche se spesso vuote stanze di Regione Province e soprattutto la vera attività di formazione sul campo che i segretari di sindacato vanno sbandierando in ogni dove. Cosa dire? Speriamo che in altre Leggi non vi siano errori magari anche più gravi, di cui nessuno si è accorto o, peggio, nessuno ha fatto notare.


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Una piccola impresa LUCANA l tempo si è fermato. Dieci anni fa i fermenti editoriali erano ancora possibili e qualche avventuriero amante del rischio e appassionato di giornalismo, uscì allo scoperto ed intraprese la strada de “il Lucano magazine”. Quante mani e quante tastiere, da quelle ormai obsolete a quelle più moderne, hanno scandito il tempo nelle redazioni del primo magazine della Basilicata. Dalla redazione di Corso 18 Agosto a quella, ancora attuale, di via del

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Gallitello a Potenza. In quelle stanze c’è l’esperienza di tanti ragazzi che si sono avvicendati nella stesura degli articoli e nel lavoro di redazione. Vi sono le lunghe e intense riunioni di redazione. La costituzione della cooperativa che iniziò il percorso editoriale, fino all’attuale “Lucana Editoriale s.r.l.”. I fatti lucani raccontati con il taglio del periodico e con lo spettro ampio, proprio del mensile, di chi vuol approfondire nei vari settori: economia, cultura, attuali-

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tà, politica, sport. Facce che, a distanza di un decennio, popolano una copertina celebrativa, ma che rappresentano l’essenza stessa del giornale. Un magazine che ha vissuto e attraversato le varie crisi congiunturali, senza patirne le conseguenze negative. Ciò è merito del gruppo editoriale che ha saputo garantire la continuità ad un progetto che, oggi, si attesta tra i più longevi, in assoluto, nella regione. In questo speciale abbiamo raccolto le testimonianze


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R E P O R T A G E

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dei principali artefici e dei protagonisti di questa che, parafrasando il titolo dell’ultimo lavoro cinematografico di Rocco Papaleo, amiamo definire una “Piccola impresa lucana”. Sfogliando i numeri del giornale, a ritroso, vi si scorgono gli spaccati di vita di gente comune, di donne, di uomini, di ragazzi che hanno approfondito temi lucani che riflettono il periodo vissuto. C’è la passione dell’editore, nell’aver saputo tenere la barra dritta malgrado i venti di crisi del settore, prima, e congiunturali, poi, spirassero impetuosi. C’è la professionalità e la competenza dei direttori che si sono succeduti e che mi hanno preceduto. Ognuno ha conferito un tratto di sé, connotando il giornale. Sono convinto che il direttore di un giornale sia un po’ come l’allenatore di calcio: dopo un certo numero di anni, percorso il suo ciclo, dovrebbe far posto ad altri. E’ stato così, e continuerà ad esserlo, anche a “il Lucano”. Non c’è da fare drammi, né da stilare graduatorie, tutti hanno contribuito a fare del magazine il periodico che, oggi, in linea di continuità, è riuscito a guadagnarsi un posto nel panorama editoriale lucano. Un giornale atteso mensilmente, nelle edicole e che, grazie ad una campagna mirata, ha triplicato il numero di abbonati. Brindiamo, oggi, a dieci anni esatti dall’uscita del numero zero, a questo traguardo con la consapevolezza di aver contribuito a compiere, davvero, un’impresa memorabile. Antonello Lombari

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Il mio LUCANO rano i primi di Dicembre del 2003 quando l’amico Alessandro Boccia, direttore responsabile, mi consegnò, in anteprima, la copia del numero zero de “il Lucano magazine”. Non stavo vivendo un buon momento, all’epoca. Anzi, direi che quello è stato, decisamente, il periodo peggiore della mia vita. Tuttavia, l’immagine che custodisco gelosamente nella memoria è quella di mia madre, in fin di vita ma vigile, con il magazine nel suo grembo, in un letto d’ospedale. La figura materna è stata, fondamentale, per la mia propensione alla scrittura. Ho ricevuto sempre un' attenzione critica, unita ad incoraggiamento da mia madre. Fu, infatti, lei la prima persona alla quale donai il privilegio di leggere i miei tre articoli pubblicati, per la “prima” assoluta del giornale. Facevo parte anch’io della redazione de "il Lucano magazine", pur non essendone presente fisicamente, per ragioni di lavoro e di famiglia. Sin dall'avvio del progetto, pur se di riflesso, grazie ai frequenti incontri con gli amici, avevo vissuto anch'io, gli slanci, gli impulsi e l'attesa della redazione per il battesimo di fuoco, in edicola. In quegli anni con Antonio Savino, un caro amico e collega, ritrovato nel corso delle esperienze giornalistiche, nei quotidiani "Lucania" e "la Nuova Basilicata", stavamo ipotizzando di creare un giornale alter-

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nativo, un po' per tentare di esprimere, con maggiore libertà e autonomia, la nostra comune idea di giornalismo, ma anche per movimentare il panorama editoriale lucano, piuttosto stagnante, in quel periodo. Antonio, giornalista professionista si dedicò, con la Cooperativa costituita per sostenere il periodico, alla nascita del progetto del giornale che, poi, divenne “il Lucano magazine”. In corso d’opera, però, Savino ne uscì, dando, vita, di lì a poco, con me e Walter De Stradis, al settimanale “Controsenso” (periodico del quale De Stradis è tuttora Direttore responsabile). Da quel momento, investito da una responsabilità diretta, come Caporedattore e come Direttore responsabile di Radio Studio Web, la prima web radio della regione, presi una strada diversa da "il Lucano magazine". Nel 2008, dopo cinque anni, incontrai casualmente Vito Arcasensa, amministratore della "Lucana Editoriale s.r.l.". L'imprenditore con la passione per il giornalismo, stuzzicò la mia fantasia proponendomi la nascita del primo magazine sportivo della Basilicata. Ne parlammo, accettai, anche se il progetto, così come ipotizzato inizialmente, non decollò. In definitiva fu potenziata la sezione che, all’interno del giornale, si occupa di sport e, da quel momento, ne divenni il direttore responsa-

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bile, come se si trattasse di una testata autonoma. A distanza di due anni, a partire dal numero di gennaio-febbraio 2010, fui chiamato a dirigere la testata del magazine. Quattro anni d'impegno e di lavoro in redazione e fuori, con la piena collaborazione di Vito Arcasensa, sempre presente e vicino alle necessità della redazione, del grafico Luciano Stano e dei redattori che si sono avvicendati in questo percorso. Tanti nomi, tanti volti, molti dei quali, al termine del periodo prescritto, hanno ultimato la pratica giornalistica ed hanno avuto accesso all'albo dei pubblicisti. Come non ricordare le inchieste: in particolare quella sul petrolio, quella sul gioco, sull'attività degli Amici dell'Hospice del San Carlo di Potenza e i vari speciali. La presenza al Giro d'Italia, con tappa e sosta a Potenza. L'accredito al Festival della Canzone di Sanremo. Una maggiore visibilità esterna e un riconosciuto ruolo all'interno del sistema informazione lucano, suffragato dai numeri: vendite in edicola quasi raddoppiate e abbonamenti triplicati. Ciò grazie anche ad una opportuna azione di marketing editoriale. Abbiamo dato voce alla gente di Basilicata ed abbiamo dato l'opportunità agli oriundi ed ai lucani che, a qualsiasi titolo, vivono all'estero, di potersi esprimere. Da oltre un anno, infatti, in collaborazione con l'Ufficio


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10 anni di Lucano

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Nacque un’officina d’informazione

La sede degli inizi

orreva l'anno 2003 quando un gruppo di amici decise di dar vita a un progetto ambizioso: creare una piccola ma dinamica società di comunicazione che consentisse loro di concretizzare un sogno lavorativo a lungo meditato. Dedicarsi ad un progetto nuovo e mettere in pratica la lunga gavetta maturata in altre realtà editoriali portare avanti una propria "officina” di informazione. Nasce così “Il Lucano Magazine”. Agli inizi di questa ardimentosa avventura, nessuno sapeva come sarebbe andata a finire e forse poche erano le certezze di poter arrivare a festeggiare un traguardo così importante! Eppure, sono passati dieci anni, era il 10 Dicembre 2003 un giorno indimenticabile per me, e Il Lucano Magazine è ancora qui, vivo, e, soprattutto, di questi tempi cosa non scontata, in pieno fermento "creativo". Alcuni soci sono cambiati, alcuni collaboratori si sono succeduti, qualcuno nel frattempo ha messo su famiglia, altri hanno avuto nuove responsabilità, ma lo spirito della nostra Società è rimasto immutato, alimentandosi di quotidiano entusiasmo. In questi 10 anni di attività, tanti progetti sono stati realizzati, anche se non è stato sempre semplice. E oggi, senza falsa modestia, posso affermare che quella intuizione fu vincente. Oggi “Il Lucano Magazine” è una realtà consolidata, un valore aggiunto nel vasto e complicato mondo dell’informazione regionale! Aver contribuito a fondare una società editoriale e renderla solida è per me motivo di orgoglio e rimarrà sempre nel mio cuore come la più bella e formativa esperienza lavorativa. Auguri e 100 di questi giorni. Loredana Albano

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Internazionalizzazione della Regione Basilicata, è in atto un progetto per la pubblicazione dell'inserto, all'interno del magazine, dal nome "Io sono Lucano". Dieci anni è un tempo lungo, addirittura infinito per l'editoria in Basilicata. In questo arco temporale l'elemento umano, al pari

dell'editore, ha avuto un ruolo fondamentale. Un giornale è fatto di persone che vi lavorano, che impiegano il proprio tempo, conferendo le proprie conoscenze, l'impegno, la passione. Sfogliando le pagine de "Il Lucano magazine" si coglie l'essenza di questo vissuto

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comune. Il giornale è tuttora permeato da questo ricco patrimonio di risorse umane. In definitiva persone, redattori, direttori, grafici vanno e vengono, portando la propria esperienza altrove, ma lasciando ovunque una traccia di "Lucano". Antonello Lombari


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L’orgoglio del primo direttore ’ con estrema facilità che oggi, esattamente dieci anni dopo la pubblicazione del primo numero del "Lucano magazine", posso affermare di sentirmi profondamente orgoglioso di aver diretto per primo quello che oggi, immagino anche grazie al mio contributo, è diventato uno dei tasselli più preziosi del panorama dell'informazione della nostra regione. Quando Vito Arcasensa mi chiese di assumere la direzione del mensile avevo poco più di ventitré anni ma ciò nonostante fui in grado di comprendere che mi si stava offrendo l'occasione per cogliere la mia grande opportunità. E così è stato. E spero di non aver tradito le aspettative di chi allora, con notevole coraggio affidava le redini della sua creatura a chi era poco più di un ragazzo. Da quel giorno sono trascorsi dieci anni, si sono avvicendati alla direzione del giornale diversi colleghi che hanno contribuito ad impreziosire il prodotto avvalendosi dell'opera di brillanti collaboratori che sono cresciuti ed hanno fatto crescere " Il Lucano". L'impronta del mensile è però rimasta identica a quella degli esordi: stessa voglia di raccontare gli avvenimenti che scandiscono la vita della e nella regione, accompagnata da quell'analisi critica che, unita ad una sana curiosità, è l'ingrediente principe della ricetta per ogni buon cronista. È, pertanto, con lo stesso entusiasmo che ha animato tempo fa il mio incarico, che auguro a chi collabora alla cura di questo grande progetto di continuare sulla strada intrapresa dieci anni fa. I dati che riferiscono di qualche affanno dell'editoria lucana non possono e non devono scalfire la tempra de "Il Lucano". Sono certo che la bontà del prodotto agevolerà sempre di più l'attecchimento nella nostra terra del piacere della lettura. A sostenere tale mia convinzione (nonché importante motivo di orgoglio) è la constatazione di quanto accaduto finora: dieci anni in edicola sono un traguardo che in pochi, in Basilicata, sono riusciti a tagliare. Ad maiora. Alessandro Boccia

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L’entusiasmo decennale di una nuova esperienza er una azienda editoriale arrivare a dieci anni di pubblicazione ininterrotta di una rivista, in una realtà come la nostra, è qualcosa di veramente notevole. Se si considera poi cosa ho dovuto affrontare come editore, non avendo la minima cognizione di tale ruolo prima di allora, tantomeno non avendo avuto mai rapporti con l’ambiente giornalistico, riuscire a continuare per tanti anni è stato veramente difficile e, nello stesso tempo, entusiasmante. L’entusiasmo, credo, sia la parola giusta per definire questa esperienza, insieme alla consapevolezza di affrontare un’attività che, per i numeri della nostra regione, non sarebbe mai stata redditizia. Sta di fatto che si è continuato ad andare avanti migliorando, sempre più, il prodotto editoriale. L’esperienza di imprenditore, anche se in settori diversi dall’editoria, è stata fondamentale per la gestione di questa attività. Durante questi anni la direzione è stata affidata a persone che hanno goduto della massima autonomia, sia per la scelta degli articoli che arrivavano dai collaboratori esterni o che venivano prodotti dalla redazione, con il solo principio basilare che bisognava assolutamente evitare qualsiasi forma di diffamazione o causare danni di immagine ad alcuno. Questa condizione, probabilmente, ci ha fatto vendere qualche copia in meno ma, sicuramente, ci ha evitato problemi più seri, in quanto prima di pubblicare qualcosa che potrebbe arrecare danni ad altrui bisogna essere sicuri di aver trattato l’argomento in tutti gli aspetti e di averlo verificato con adeguati contradditori che, spesso, è difficile realizzare per la mancanza di mezzi e di persone. La grande autonomia lasciata alla direzione, quasi sempre, non ha prodotto il giusto risultato dal punto di vista del bilancio aziendale. Infatti, generalmente, l’importante è stato quello di far uscire regolarmente ogni mese il giornale e accontentare i redattori sugli argomenti a loro graditi, dimenticando che, per una realtà editoriale così piccola, è fondamentale occuparsi di questioni che possano interessare il mondo produttivo, manifestazioni o eventi in tempo reale, in modo che, attraverso le loro potenziali inserzio-

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ni pubblicitarie, possano contribuire alla sopravvivenza economica, viste anche le scarssissime forme di contribuzione e le limitate sovvenzioni ricevute in questi anni. Ho letto da qualche parte che, cinque secoli fa, ci fu la prima grande rivoluzione nell'editoria. In quel contesto l'Italia fu uno dei primi grandi centri della tipografia e dell'editoria, rimanendone ancora fino ad oggi. Durante la nostra generazione c'è stata la seconda grande rivoluzione e, con l’avvento dell'editoria digitale e di internet, le cose cambieranno quasi del tutto. Di sicuro stanno cambiando il modo in cui la carta stampata viene letta e le modalità della distribuzione. Ciò che succederà prossimamente è difficile prevederlo esattamente, pertanto, anche da parte nostra, ci stiamo organizzando anche noi per essere presenti attraverso il web nel mondo. L'editore generalmente impegnando mezzi, risorse e cercando le migliori opportunità, si fa carico di portare il giornale a quanti più lettori è possibile e credo che i giornalisti dovrebbero comprendere un po' meglio quale compito arduo, ingrato e sfiancante ciò rappresenti. Invece, nonostante abbiamo permesso a centinaia di persone di poter vedere pubblicato un loro articolo e a formare una trentina di pubblicisti sono stato considerato da qualcuno come “una vacca da mungere” (espressione derivante dalla fomosa definizione di W. Churchill relativamente al mestiere di imprenditore). Forse ogni tanto (diceva un illustre editore) i giornalisti dovrebbero levare i bicchieri alla salute degli editori e ringraziarli per il compito che assolvono, un compito umano, un compito grande e prezioso, un compito che ci rende tutti più civili. E, forse, una volta ogni tanto anche un piccolo editore come me, con tutti gli amici inserzionisti che in questi anni sono stati vicini, insieme ai redattori (solo quelli leali) che hanno permesso di raggiungere questo traguardo meritano pure una celebrazione e un po’ di festeggiamenti. Viva “Il Lucano Magazine”, evviva tutti coloro che ci vogliono bene. Vito Arcasensa


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San Carlo, un Oscar e tanti riconoscimenti Un anno di successi per l’Ospedale potentino l 7 novembre il San Carlo ha vinto un prestigioso premio nazionale, l’Oscar di bilancio della Pubblica amministrazione, che ha l’obiettivo di “segnalare e sostenere le best practice di rendicontazione di quelle realtà tra Enti Locali e Aziende Sanitarie Pubbliche che danno prova di buona amministrazione, di trasparenza delle scelte attuate e soprattutto della capacità di comunicare con efficacia agli stakeholder sia i rendiconti contabili, sia i risultati sociali ed ambientali, utilizzando anche modalità innovative”. Un riconoscimento importante che, come giustamente sottolineato dal direttore generale Giampiero Maruggi, premia tutto il personale dell’azienda così come esprime apprezzamento per l’intero sistema sanitario regionale. Siamo andati a vedere cosa è successo al San Carlo nell’ultimo anno, per comprendere le motivazioni che hanno indotto la giuria del premio ad attribuire, all’Ospedale di riferimento regionale, l’ambito riconoscimento.

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GENNAIO – L'inizio dell'anno vede il San Carlo proiettarsi oltre i confini regionali grazie a due prestigiose partnership. La convenzione con il Regina Elena di Roma in campo urologico è un accordo forte (e low cost) per consentire al San Carlo di crescere per linee interne acquisendo tecnologie e pratiche cliniche all’avanguardia internazionale. Un accordo tra soggetti di pari dignità perché l’Istituto Tumori della capitale ha riconosciuto a Potenza gli standard di eccellenza richiesti per una collaborazione di alto profilo. E’ il primo accordo che si può ascrivere completamente alla gestione di Giampiero Maruggi e il direttore generale ne è pienamente soddisfatto: perché è un risultato importante riuscire a portare a Potenza una delle massime autorità mondiali nella chirurgia urologica, con particolare riguardo alla robotica applicata. Per Michele Gallucci, primario del Regina Elena, si tratta di un ritorno a casa: il grande chirurgo è nato infatti a Pietragalla e, in

Direttore Generale San Carlo Avv. Giampiero Maruggi

segno di affetto per la sua terra, rinuncia ai compensi previsti per la direzione scientifica del progetto. Da allora sono state numerose le sedute operatorie congiunte in cui il professor Gallucci è intervenuto insieme ad Angela Vita e agli altri chirurghi dell’equipe urologica. A fine gennaio il Policlinico di Verona e il San

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Carlo firmano un protocollo di collaborazione che, partendo da esperienze consolidate nell’approccio diagnostico e terapeutico alle patologie del pancreas, in cui Verona rappresenta il top europeo, mira a dare un ulteriore e concreto impulso ai processi d’innovazione e sviluppo nel campo della ricerca scientifica, dei processi assistenziali e del-


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27 l’innovazione tecnologica e strutturale, oggi in continua evoluzione. Il professor Bassi di Verona ha sottolineato quanto siano importanti, per la ricerca scientifica, verificare sul campo i risultati raggiunti, i protocolli e i metodi di cura: il San Carlo con la sua logistica, le sue professionalità e i suoi numeri, grazie al buon lavoro della Chirurgia generale diretta da Nicola D’Alessandro, raggiunge la soglia per collocarsi tra le strutture che possono assicurare questo tipo di partnership e perciò è stato scelto da Verona. FEBBRAIO – Entra in vigore la nuova organizzazione dei parcheggi, in gran parte recintati e automatizzati. Come tutti i cambiamenti all'inizio produce qualche mal di pancia, in particolare sulla decisione di destinare il parcheggio di fronte all'ingresso principale all'utenza. La posizione dell'azienda è ferma: l'ospedale è prima di tutto dei pazienti, l'attenzione nei loro confronti è una priorità strategica. La nuova organizzazione, che offre circa 200 posti in più, quando ad aprile rientra in servizio l'area di fronte all'auditorium coperta da un impianto fotovoltaico, raccoglie subito ampio consenso dai cittadini (espresso in un questionario di gradimento subito somministrato) e dalle associazioni di volontariato che per la prima volta nella storia dell'ospedale ottengono il parcheggio gratuito per gli operatori. L’impianto fotovoltaico è il frutto della collaborazione con la Società energetica lucana (SEL) e consente, oltre ai benefici ecologici, un risparmio del 6% sulla bolletta energetica aziendale. MARZO – Prende il via Cosmos 2, un progetto di ricerca promosso dall'Istituto europeo di Oncologia del professor Veronesi per la diagnosi precoce del tumore ai polmoni. Grazie a una tac a bassa intensità – effettuata dall’equipe del dottor Scarano, responsabile delle tecnologie avanzate dell’ospedale – è possibile intercettare nelle prime fasi questo cancro molto aggressivo e letale, moltiplicando significativamente le possibilità di salvezza per il paziente. Il San Carlo è il più veloce a reclutare il campione designato (mille lucani accaniti fumatori) e il suo modello organizzativo è considerato il più efficiente tra i partner del progetto. Il successo riscontrato ha recentemente indotto la Direzione aziendale a prolungare l’esperienza, per cui i lucani possono continuare a prenotarsi telefonando al 0264107700 o chiedere informazioni all’email parlaconilsancarlo@ospedalesancarlo.it). Nello stesso mese è siglato un importante partenariato internazionale sul fronte degli impianti cocleari con la Fondazione Rienzi, promossa da un imprenditore lucano emigrato negli Stati Uniti, e la New York University Langone. Numerosi sono infatti gli impianti di ultima generazione installati

dall’equipe chirurgica di otorino, diretta dal dottor Santandrea e in precedenza dal dottor Rocco Cantore. Anche sul fronte della Malformazioni arteriovenose (MAV), il protocollo firmato con la Fondazione Alessandra Bisceglie consente di inserire il San Carlo nel progetto “Le stanze di Ale” e assicurare così ai pazienti lucani di evitare i viaggi della speranza, per essere operati a Potenza dal professor De Stefano, direttore scientifico della Fondazione, e dal dottor Cappiello, primario di Chirurgia vascolare al San Carlo.

essere il miglior ospedale del Sud, il dodicesimo su 114 aziende ospedaliere, ben 15 posti più su della seconda realtà meridionale, il Policlinico di Bari. Un altro primato riguarda l'efficienza amministrativa: il San Carlo è il più rapido a pagare i fornitori nel Mezzogiorno, anche rispetto a Regioni i cui sistemi sanitari godono di ottima fama, un motivo di grande soddisfazione per i quadri amministrativi della Ragioneria, del Personale e del Provveditorato, diretti rispettivamente da Raffaele Giordano, Eufrasia Pesarini e Patrizia Vinci.

APRILE – In pochi giorni due importanti riconoscimenti dal Sole 24 ore Sanità: sulla base dell'elaborazione di alcuni dei principali indicatori del Piano nazionale sugli Esiti del ministero della Sanità, il San Carlo risulta

MAGGIO – Nascono i "Quaderni del San Carlo 1810" per assicurare agli utenti un'informazione accurata e profonda, che superi le secche del flusso quotidiano delle notizie "usa e getta". Una scelta della Direzione

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dell'Aor che vuole così arricchire la conoscenza dei cittadini sulla complessa realtà aziendale. Tre i volumi finora pubblicati: 1. Il San Carlo si racconta: un agile volume, scritto da due giovani giornaliste potentine, Virginia Cortese e Rosa Santarsiero, e presentato, tra l’altro, dal direttore Maruggi alla Fiera dell'Autore a Matera, il 18 maggio. La storia dell'Ospedale, dal Castello a Macchia Romana, i numeri dell'azienda, le persone che costituiscono il gruppo dirigente, il presente e il futuro del S. Carlo e dell'Ospedale di Pescopagano. 2. Il Bilancio Sociale del San Carlo 2012: il testo completo con la documentazione delle attività svolte per stilare il primo bilancio sociale dell'Aor, presentato il 24 maggio, in un auditorium affollatissimo, con la partecipazione dell'assessore alla Salute, Attilio Martorano. 3. Il San Carlo rende conto: un'agile brochure di sintesi per presentare al "grande pubblico" la realtà aziendale emersa nell'elaborazione del bilancio sociale, curata dall'ufficio stampa, con un’originale veste grafica. I tre testi sono stati pubblicati con il supporto della Banca Popolare di Bari (banca tesoriera). Il volume “Il San Carlo si racconta” ha ottenuto la menzione speciale al Premio Basilicata, sezione “Città di Potenza”. GIUGNO - La capacità competitiva dell'Aor allarma la Campania che inserisce una norma restrittiva per la mobilità sanitaria verso le regioni limitrofe, penalizzando sia il San Carlo sia l’ospedale di Pescopagano, che ha una buona forza d’attrazione nei confronti della Campania, che come tutte le regioni del Sud, tranne la Basilicata, ha la sanità commissariata. Il decreto commissariale, contro cui San Carlo e Asp fanno ricorso, non scoraggia alcuni cittadini campani che, pur di curarsi a Potenza, accettano di pagare le prestazioni

come se andassero in una clinica privata. Alla fine il Tar della Campania accetta il ricorso di un’altra struttura, mentre quello lucano è tuttora pendente. Tra i fattori di attrazione, oltre alla qualità professionale e tecnologica, hanno un peso notevole i tempi d’attesa, inferiori ai limiti previsti per quasi tutte le prestazioni. Un risultato raggiunto grazie agli sforzi congiunti del personale e costantemente monitorato dall’Unità di epidemiologia diretta dalla dottoressa Nardozza. LUGLIO - Venerdì 12 luglio è firmato, presso la Prefettura di Potenza, un protocollo operativo tra le Prefetture, le Procure, le Questure e i Carabinieri di Potenza e di Matera, l’Aor San Carlo e l’Asp di Matera, per assicurare un percorso protetto alle donne e ai soggetti deboli vittime di violenza, il cosiddetto “codice rosa”. Questo percorso è rivolto alle vittime di violenza e vuole intercettare casi che spesso rischiano di restare nell’ombra. Non si limita solo ad assicurare una risposta sanitaria ma fa scattare una serie di automatismi con Procure e forze dell’ordine per indagini sollecite ed efficaci. Alla firma del protocollo seguono una serie di attività, coordinate dalla responsabile del gruppo di lavoro, Teresa Guarino, dalla predisposizione di locali idonei all’interno del pronto soccorso, diretto dal dottor Autilio, per ospitare i codici rosa e quindi dotati di particolari supporti e in grado di garantire assoluta riservatezza alle attività formative per la task force interistituzionale, svolte con la collaborazione dell'Asl 9 di Grosseto, prima azienda sanitaria ad aver avviato questa esperienza sul territorio nazionale. AGOSTO – La manovra di bilancio della Regione Basilicata riconosce e finanzia alcune delle principali linee di sviluppo del San Carlo: la struttura per la radioterapia (che è in fase di avvio dei lavori), la realizzazione a Pescopagano di un polo riabilitativo di eccellenza, la possibilità per la Reumatologia del San Carlo di candidarsi come Istituto di cura e ricerca scientifica. Proprio a inizio mese la Reumatologia ha ottenuto la certificazione di qualità ISO 9001 per la gestione delle attività di diagnosi e terapia. Questo riconoscimento attesta il rispetto dei requisiti legislativi nazionali e regionali per i sistemi di Accreditamento e delle indicazioni cliniche delle Società Scientifiche (Good Clinical Practice). La certificazione di qualità assicura, quindi, la presenza di un modello organizzativo ottimale che va al di là degli obblighi giuridici. Del resto, il primario Olivieri, per alcune specialità, è tra gli autori internazionali delle linee guida, è infaticabile promotore di intense attività di ricerca ed è il presidente entrante della Società italiana di

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De Filippo e Maruggi con gli oscar di bilancio

Il presidente della Fondazione Rienzi interviene al meeting sul cocleare

Reumatologia, per il biennio 2014-2016. Il progetto di Pescopagano, elaborato quale vero e proprio piano industriale da un gruppo di lavoro interno composto dal dottor Santomauro (capo del dipartimento riabilitativo), dall’ingegner Spera (direttore dell’ufficio tecnico), dal dottor Panarace (responsabile del controllo di gestione) e dai responsabili amministrativo, Pinto, e sanitario, Russo, prevede invece un centro riabilitativo di alta eccellenza, con investimenti per 10 milioni di euro, spalmati nell'arco di tre anni che a regime creerà più di 70 posti di lavoro ma che già alla fine del primo anno raggiungerà il punto di pareggio. SETTEMBRE - Il 13 settembre è inaugurata la nuova sede dell’Associazione Volontari Ospedalieri (AVO), ubicata al primo piano del Padiglione A, nei locali che ospitavano la mensa. L'AVO, presieduta da Natalina Lucia, è una delle strutture più importanti operanti al San Carlo e non solo per i numeri (29 anni di attività), assai consistenti, che esprime. Ogni giorno decine di suoi operatori sono presenti nelle corsie dell'ospedale portando conforto e sostegno ai pazienti nel segno del dono offerto senza contraccambio. La nuova sede dell'Associazione,


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29 attivo è un prerequisito importante, soprattutto quando è il frutto della capacità di tagliare i costi incrementando qualità e quantità dell'offerta. C'è stato poi tutto il percorso del bilancio sociale, con il coinvolgimento degli stakeholder, dei volontari, degli utenti, di decine di quadri aziendali impegnati in un progetto faticoso ma entusiasmante. Altrettanto importanti le attività di divulgazione, la nascita della collana editoriale I Quaderni del San Carlo, con il fondamentale supporto della Banca popolare di Bari (banca tesoriera), l'attenzione costante alla trasparenza, al confronto pubblico, alla comunicazione, con la priorità riservata alle istanze dei pazienti e dei cittadini".

La Task Force Grossetana e la Direzione Strategica del San Carlo

Il protocollo con le Stanze di Ale

approntata rapidamente anche grazie all'impegno dell'ufficio tecnico, è una delle prime iniziative maturate all'interno della Consulta del Volontariato del San Carlo, l'organismo paritetico costituito in aprile che vede l'Azienda e il mondo del volontariato affiancati al servizio dei bisogni degli utenti. Presiede la consulta Raffaele Messina, animatore degli Amici dell’Hospice e presidente regionale dell’Assemblea del volontariato. OTTOBRE - Con l’autunno riparte l’intenso ciclo di attività formative e di aggiornamento che costituiscono un tassello importante per la continua crescita della qualità clinica e assistenziale del San Carlo. Nel secondo weekend di ottobre sono ben tre gli eventi, due di rilievo nazionale, che hanno visto protagonisti i medici dell'ospedale: un convegno nazionale di geriatria, un meeting di endocrinologia, un incontro sulla procreazione assistita. Nelle settimane successive le iniziative, curate dalle strutture di Formazione e di Accreditamento, dirette da Nico Di Chiara e Angela Bellettieri, si susseguono con ritmi incalzanti: in reumatologia, in chirurgia, in area oncologica, in area materno-infantile (il dipartimento diretto da

Sergio Schettini nel solo mese di dicembre organizza tre eventi) si può dire che non passa settimana senza che ci sia un evento formativo. In molti casi a Potenza arrivano figure di prestigio internazionale. Particolarmente intensa è l'esperienza della medicina narrativa, con un meeting a fine novembre che mette a confronto le esperienze italiane lungo questa nuova frontiera dell'umanizzazione delle cure. Allo stesso ambito va ricondotta l’apertura della biblioteca per i pazienti, alimentata dalle donazioni di associazioni e di privati cittadini e gestita dall’Urp, diretto dalla dottoressa Barbieri. Il 18 dicembre la Fondazione Premio Universum, che è stato tra i più generosi supporter del progetto, organizzerà un reading di poesie in ospedale destinato soprattutto ai pazienti. NOVEMBRE – Il 7 novembre al San Carlo viene assegnato l'Oscar di Bilancio della Pubblica amministrazione, un premio patrocinato del Presidente della Repubblica e organizzato da FERPI- Federazione Relazioni Pubbliche italiana in collaborazione con importanti istituzioni pubbliche e private. "Questo riconoscimento - ha dichiarato il direttore generale Giampiero Maruggi premia l'intera comunità aziendale, i circa duemila dipendenti, i volontari, e tutti quanti hanno sostenuto il nostro impegno e le nostre attività. Va inoltre correttamente letto come riconoscimento alla Regione Basilicata, al sistema sanitario lucano, al Dipartimento Salute e in particolare al nostro Assessore, che hanno assecondato le linee evolutive aziendali e favorito un clima positivo e fecondo. Sono numerosi i fattori che ci hanno portato al successo dopo che l’anno scorso siamo entrati, da debuttanti, nella terna dei finalisti. In prima istanza, ovviamente, i conti in ordine: un bilancio in

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DICEMBRE – Al momento di andare in stampa, il mese di dicembre è appena cominciato. La prima iniziativa compiuta, martedì 3, la firma di un protocollo con l’Unicef per un ospedale a misura di bambino. Per completare, quindi, un anno di storia del San Carlo e sapere che cosa succederà in ospedale questo mese non possiamo che chiederlo al direttore generale Giampiero Maruggi: “Il lavoro di ricognizione che avete fatto sugli eventi di eccellenza che hanno caratterizzato un anno di vita aziendale è utile e prezioso ma rischia di essere fuorviante. E’, ovviamente, un rischio insito nella logica stessa del giornalismo, che tende a non raccontare la regola ma l’eccezione. E quindi colgo l’occasione per raccontarvi la normalità che, talvolta, sfugge alle vostre attenzioni. A dicembre effettueremo un migliaio di interventi chirurgici, assicureremo l’accesso al pronto soccorso a 4mila cittadini bisognosi di cure urgenti con un’attesa media massima di due ore per i casi più lievi, offriremo 80mila prestazioni ambulatoriali. Grazie agli screening regionali e alle diagnosi precoci salveremo vite umane con interventi tempestivi ed efficaci. Con il lavoro quotidiano della nostra squadra e dei nostri fornitori porteremo avanti tanti progetti per migliorare la logistica, la qualità del servizio, l’offerta sanitaria. E’ la normalità che fatica a farsi spazio e a trovare dignità di narrazione. Certo, molto è stato fatto ma ancor più resta da fare. Per il 2014 l’Azienda è chiamata, al di là degli obiettivi specifici di assistenza e cura, a lavorare per realizzare un ospedale più a misura di persona. L’umanizzazione delle cure, i progetti della medicina narrativa, una comunicazione più orientata a rispondere alle domande e ai bisogni anche non espressi dai cittadini sono i compiti a cui i buoni risultati finora conseguiti ci spronano. E quindi, nel ringraziare, insieme al direttore amministrativo Antonio Pedota e al direttore sanitario Bruno Mandarino, tutti i dipendenti per il generoso impegno profuso e nel fare loro gli auguri per un migliore anno nuovo, è questo il nuovo impegno a cui li chiamo per il 2014”. ago.arca.


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NOTE A MARGINE

MARCELLO PITTELL

E’ L’OTTAVO GOVERNATORE L Margherita E. TORRIO

’ questa una conversazione che nasce a pochi giorni dal risultato elettorale. E’ un periodo storico che sembra consumare gli eventi in pochi attimi così che si svolgono una serie di fatti, dalla scissione del Pdl al voto della Giunta per le elezioni, in Senato; mentre ci si chiede se ora il governo Letta sarà più forte o se più debole, questa volta, come avvenne con l’accelerazione data da Veltroni alla nascita del PD ed alla conseguente caduta ( pur essendoci altre concause) del governo Prodi, per l’incalzare di Renzi, spinto alla conquista della segreteria del PD e non solo. Stabile, drammaticamente, è la condizione della nostra regione, chiusa in una condizione di difficoltà che investe il mondo lavorativo, di giovani, in particolare, che, in fondo, hanno contribuito ad ingrossare le fila dell’astensionismo, non avendo potuto lasciare le università o il precario lavoro che hanno fuori regione. C’è molto da fare in questa regione. Nell’attesa della formazione della giunta, lascio al Presidente Pittella queste note, a margine di quanto sopra dicevo, in attesa di un più ampio approfondimento. Grazie alla sua disponibilità ed a quella dei suoi collaboratori è stata possibile questa conversazione

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Mi congratulo per il risultato ottenuto. Dopo la esperienza fatta, in questa lunga campagna elettorale, crede che, in Italia, in questa fase, i partiti abbiano esaurito la loro storia ed il senso della loro esistenza? Quanto crede che abbia, influito sul Suo impegno, la Sua cultura politica, eventualmente assi-

milata in famiglia? Ringrazio innanzitutto lei e il suo giornale per quella che io considero una preziosa opportunità, offertami a pochi giorni dal voto del 17 e 18 novembre scorsi, per fare delle valutazioni un po’ più articolate sul risultato elettorale e sul ruolo svolto dalle forze politiche che mi hanno sostenuto nella corsa alla Presidenza della Regione. Entro subito in argomento: il successo conseguito dal centrosinistra di Basilicata, pur in presenza di un allarmante astensionismo, mai registrato in percentuali così alte prima d’ora, dimostra che il ruolo dei Partiti non è mai venuto meno. Anzi, esso si è rafforzato, riprendendo vigore e forza sulla scorta di un consenso elettorale che se da un lato ha premiato le forze democraticamente radicate sul territorio come il Pd e gli altri partiti della coalizione, dall’altro non ha assecondato (o comunque ha assecondato meno del previsto) quei movimenti che traggono la propria linfa vitale da demagogiche proposte anti-sistema, ideate dall’uomo della provvidenza del momento. Ieri Berlusconi. Oggi Grillo. Nel mio caso, poi, l’appartenenza ad un partito è il frutto, come lei giustamente rileva, di una forte e radicata tradizione familiare. A mio padre Domenico, devo tanto. La vita, innanzitutto. E con essa quel “Dna” (lo stesso di mio fratello Gianni) fatto di passione, sacrificio, coerenza che è alla base di qualsiasi impegno, a partire da quello politico. Se non fossi stato mosso da questa passione per la politica, che non è solo calcolo di convenienza ma anche di gusto per la sfida, non sarei oggi l’ottavo presidente della

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Regione Basilicata, erede della migliore tradizione democratica di questa terra e di coloro i quali mi hanno preceduto: da Verrastro ad Azzarà, da Michetti, Boccia e Dinardo sino a Bubbico a De Filippo. Da qui a venti giorni potremo avere la nuova giunta? Quale metodo per selezionare secondo le competenze, come Lei afferma di voler fare? Ovviamente, come lei sa, ci sono dei tempi tecnici da rispettare. Dopo la proclamazione degli eletti, la nuova giunta potrà essere nominata non prima di dieci giorni, mentre la prima riunione del consiglio potrà essere convocata non prima di 20 e non oltre 30 giorni da allora. La selezione degli uomini di governo avverrà tenendo conto innanzitutto delle competenze premiate dagli elettori. Del resto, mi chiedo, quale migliore prova d’esame delle capacità politiche di ognuno di noi se non quella rappresentata dal giudizio di migliaia e migliaia di elettori? Poi, sia


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LLA BRINDA E LUCANO

riguarda l’Università, l’obiettivo principale è quello di caratterizzare il nostro Ateneo, specializzandolo verso la nuova economia e l’innovazione, creando un sistema stabile di relazione con i centri di ricerca e le imprese. L’Università della Basilicata dovrà radicarsi sempre più come polo di eccellenza in grado di attrarre studenti anche da fuori regione, creando le condizioni utili per contrastare la “fuga dei cervelli”. Ai giovani, e non solo, dovremo dedicare, ripeto, tutte le nostre energie per creare opportunità di lavoro. Ce ne sono molti tra essi che all’estero, in questi anni, hanno acquisito competenze preziose che io farò di tutto perché possano essere messe al servizio della nostra regione. Ci riuscirò? Ci riusciremo con l’aiuto di tutti? Io sono fiducioso. E per quanto mi riguarda posso garantire ai lucani che ce la metterò tutta.

chiaro, io difenderò quelle che sono le prerogative del presidente della Regione. Ma lo farò con equilibrio e saggezza tenendo conto dei suggerimenti delle forze politiche che compongono la maggioranza. Lavoro/ambiente/ ricerca/università. Si possono coniugare per un impegno nuovo nei confronti del territorio della Basilicata e dei giovani e non più giovani, ancora in regione o “emigrati”? L’ho detto in campagna elettorale. Lo ripeto al suo giornale, con la forza, ma anche con la preoccupazione di dover rispondere alle attese dei quasi 150 mila lucani che hanno ritenuto di investire su di me e sul centrosinistra di Basilicata. Lavoro, ambiente, ricerca, università sono i titoli di altrettanti capitoli di un programma di governo che, con i fatti, ogni giorno, dovremo trasformare in risultati concreti, tangibili, misurabili in posti di lavoro e in processi di crescita per le nostre comunità. Per esempio, per quanto

Come reinvestire il capitale petrolio? La partita è tutta aperta. Come è noto, a seguito della firma del Memorandum, avvenuta nell’aprile del 2011, e all’indomani del varo dell’articolo 16 del decreto liberalizzazioni del 24 gennaio 2012, nutrivamo la speranza che una parte consistente dei maggiori introiti fiscali derivanti da un aumento delle estrazioni di petrolio in Basilicata, potesse essere assegnata alla nostra regione. Speravamo di ottenere non meno di 4-5 miliardi di euro aggiuntivi in 15 anni, cioè 200-300 milioni in più all’anno, rispetto alle royalty attualmente riconosciute a Regione e Comuni, il cui importo, nell’ultimo anno, è stato di poco superiore ai 160 milioni di euro. Purtroppo, il Governo Letta con il decreto interministeriale del 12 settembre scorso, a firma dei ministri Saccomanni e Zanonato, ha “tradito” lo spirito del Memorandum, prevedendo poche “briciole”: non più di 50 milioni di euro l’anno. E per di più solo in presenza di nuove autorizzazioni concesse a società ex novo. Noi non ci stiamo. E faremo di tutto per far cambiare opinione al Governo, reclamando a gran voce il “ruolo servente” in materia di autosufficienza energetica che la Basilicata svolge, e ancor di più continuerà a svolgere in futuro, al servizio del Paese. Come vede,

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quindi, il vero “capitale petrolio” è ancora tutto da conquistare. Interessante quanto afferma sul sostegno all’editoria. Più concretamente? Io immagino una serie di provvedimenti che possano incentivare la propensione alla lettura, dal momento che la Basilicata presenta, a tal proposito, dati a dir poco sconfortanti. Per invertire la tendenza dobbiamo abituare i nostri ragazzi a “maneggiare” con più familiarità, così come avviene per i telefonini, anche la carta stampata, privilegiando i libri e i quotidiani, oltre che i settimanali e i mensili che si pubblicano nella nostra regione. Sarà indispensabile coinvolgere la Scuola in un grande progetto che veda innanzitutto protagonisti i giornalisti e gli editori locali. E in questa direzione sono pronto a fare miei gli utili suggerimenti che, ne sono certo, mi arriveranno dal mondo dell’informazione di Basilicata. Quella parte di elettorato che L’ha votata, e probabilmente non solo, si attende da Lei una pluralità di risposte e massimamente efficaci: per lo statuto, per una rivalorizzazione della politica, per recuperare i cittadini disillusi che si astengono o votano per proposte che rischiano di essere populiste. E’ una responsabilità che La preoccupa? Certo che mi preoccupa. E, come le dicevo, mi impegnerò da subito con la nuova squadra di governo, coinvolgendo l’intero consiglio regionale appena eletto, in una azione di recupero dei ritardi del passato, partendo proprio dalla messa a punto del nuovo Statuto regionale. Se la politica vorrà recuperare credibilità tra i cittadini, dovremo rimboccarci subito le maniche e fare ognuno la propria parte. Statuto e ripristino del peso del Consiglio e degli elettori rispetto alla logica dell’uno solo al comando. Crede di poter far suo questo impegno? La rassicuro subito. Non esisterà mai in Basilicata – e meno che mai esisterà fino a quando sarò io il presidente della Regione – un uomo solo al comando. Anzi, approfitto di questa occasione per lanciare subito un messaggio alle forze di maggioranza e opposizione che siederanno in consiglio regionale. Ognuno per le proprie responsabilità, e nella trasparente distinzione dei ruoli, dobbiamo lavorare tutti per il bene dei lucani. E’ questo l’unico modo per convincere chi oggi non si è recato ai seggi elettorali a ridare fiducia alla Politica lucana. Quella con la P maiuscola. Quella che, con l’apporto di tutti, faremo tornare a vincere in Basilicata.


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E U R E K A

Regionali 2013 Basilicata

Tu chiamale se vuoi... Elezioni numeri danno la misura di una Basilicata tutta da decifrare. Nel dopo voto ci sono tutti gli ingredienti per un dibattito politico e per sviluppare un'analisi puntuale e precisa di ciò che è scaturito dall'urna.

I

L'ASTENSIONE Il primo dato che emerge è l'astensione: importante, assoluta, anche se figlia di valutazioni che restano a mezz'aria a connotare una protesta netta, un rifiuto generalizzato verso la politica, dopo gli scandali di "rimborsopoli" nei quali sono indagati in 33. LA TENUTA DEL PD Il primo partito lucano, il partito regione, scosso dai venti renziani, in odore di congresso e nell'imminenza delle primarie, ha dato una grande prova di compattezza e di forza. La coalizione che ha sostenuto la candidatura del presidente ha retto ed ha consentito di vincere sfiorando il 60 per cento dei consensi. L'OPPOSIZIONE CHE NON C'È La grande assente di questa competizione elettorale è stata proprio l'opposizione. Quella che, a giudicare dai comizi elettorali svolti nel corso della campagna elettorale, avrebbe dovuto segnare il cambiamento, approfittando del malcontento popolare e dirottando i voti verso schieramenti alternativi. A conti fatti, però, ciò non è accaduto. IL CENTRO DESTRA Dilaniato dall' "affaire Berlusconi", il centro

destra lucano ha percorso strade nuove. Accanto al Pdl, tra falchi e colombe, è venuta fuori con prepotenza "Fratelli d'Italia", il cui maggiore interprete, Gianni Rosa, ha ottenuto il maggior numero di preferenze. Dignitoso, nel complesso, il risultato ottenu-

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to. IL MOVIMENTO 5 STELLE NON SFONDA S'era fatto un gran parlare dei comizi materani. E ciò, più per la dabbenaggine strategica del Pd che aveva deciso di organizzare


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Potenza

Matera

volta che la lista di Beppe Grillo si presenta alle regionali lucane. Non male, dunque, se si considera che in questo tipo di competizione incidono molto, finendo con il prevalere, fattori clientelari ed apparentamenti vari. Iotizzare un consenso più alto, per una formazione giovane che confida solo sui voti del proprio elettorato, sarebbe stato davvero chiedere troppo.

il proprio comizio in piazza, dopo quello dei pentastellati. Alle bordate assordanti di fischi, nella città dei Sassi, e al bagno di folla, nel centro di Potenza, non sono, però, seguiti i voti. Il Movimento 5 stelle ottiene, comunque, un buon risultato. E' la prima

DOVE SONO FINITI I VOTI I voti restano, dunque, a casa. La maggioranza dei lucani non è andata a votare. E' inutile girarci intorno. Oggi, nell'analisi, riesce persino difficile ricercarne le cause. Se la protesta fosse stata facilmente indirizzabile, non staremmo qui a parlarne. D'altra parte, la scelta implicita, di protestare non andando a votare ha favorito, di fatto, il partito che ha ottenuto più voti. Su questo dato, a bocce ferme, la politica lucana dovrà riflettere, per tentare di riconquistare la fiducia dei cittadini.

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OLTRE LE CIFRE In questa competizione elettorale c'è stato l'avvento, prepotente, dell'informatica. Dappertutto tablet, notebook, smartphone. Le notizie e le dichiarazioni dei candidati viaggiavano in tempo reale sui socialnetwork. La peculiarità più eclatante riguarda la scelta delle location dei comizi. I contendenti hanno, infatti, preferito incontrare i propri elettori e simpatizzanti nei locali (vinerie, pub, ristoranti), piuttosto che nelle canoniche piazze. RISORGE IL PARTITO SOCIALISTA C'è un partito che ha vinto, oltre ciò che esprimono le schede. E' il partito socialista. In primo luogo per l'esito brillante conseguito con un numero lusinghiero di consensi. Poi, anche per essersi attestato vincente, in molti centri storicamente e strategicamente importanti come Lauria, Melfi, Avigliano, Chiaromonte. Infine, perchè il neo eletto governatore, Marcello Pittella, nell'animo e nel Dna è socialista.


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R E P O R T A G E

Rotonda e Viggia

quando occupammo la Ce

Giovanni GALLO

accontare una battaglia non è facile: può essere un privilegio perché tramite le battaglie, la storia ce lo insegna, l’uomo può rivendicare le sue ragioni, tutelare i propri diritti e riaffermare la propria dignità. Può rivelarsi una condanna se non c’è autenticità, se non si mostra l’essenza della lotta e la fede che la muove. Ma qui c’è lotta, autenticità e fede. Se poi ad animare la rivolta sono popolazioni normalmente silenziose, che vivono ai margini, la questione diventa più vera, epurata da ogni ideologia. In questo racconto intensità e bisogno di farcela si mescolano a passione e imprevisto e creano un’atmosfera in cui chi meglio sogna, vince. E se capiti da queste parti, in una delle tante manifestazioni che le associazioni ambientaliste e le amministrazioni locali promuovono, ti commuovi, perché qui la gente è pura, mossa dallo stesso fuoco che ognuno di noi ha quando desidera raggiungere qualcosa a tutti i costi. Un fuoco che, per il bene della specie, l’uomo non dovrebbe perdere mai. Ormai è dal 3 novembre, giorno di una mega manifestazione nei pressi della cen-

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trale del Mercure, che i cittadini di Viggianello e Rotonda, con amministratori e associazioni ambientaliste, hanno occupato la sede dell’Ente Parco Nazionale del Pollino. Un gesto reale, fatto da persone vere, per sollecitare un simbolo, un’istituzione che dovrebbe sovrintendere e salvaguardare l’ambiente naturale dall’assalto dell’Enel, colosso nazionale dell’Energia. I motivi del contendere sono arcinoti: l’Enel vuole costruire una centrale a biomassa di dimensioni spropositate, 41 MW, nell’area protetta più grande d’Europa, quando la normativa imporrebbe, in aree come questa, un limite di 3. Un controsenso agghiacciante e sinistro. La storia è vecchia e si trascina avanti da 10 anni. L’Ente Parco, in un primo momento contrario alla riconversione dell’impianto che fino a metà anni ’90 funzionava a olio combustibile, ha deciso di spalleggiare l’Enel, in barba a quanto imporrebbe la sua funzione istituzionale. Viggianello e Rotonda non ci stanno. E allora ecco che dopo tante iniziative l’unica strada possibile è quella dell’assemblea permanente. Una sorta di

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occupazione pacifica di una parte del complesso che ospita gli uffici dell’Ente. Un presidio continuo dove si discute ed esperti della tematica ambientale tengono lezioni. Qui si socializza, si progetta, si fa informazione e prevenzione. Si guardano film riguardanti l’argomento e si dibatte. Tutti i giorni, 24 ore su 24. Un dramma intricato, quello della centrale, che non collima con le politiche di sviluppo del territorio, decisamente non vocato all’industria. Un’aggravante, quell’ ”ammasso di ferraglia”, per una rete viaria, la SS 19, già precaria di suo e che rischia di essere definitivamente compromessa dal passaggio di centinaia di camion e tir che trasportano giornalmente la biomassa. Ma poi, da dove proviene la biomassa, si chiede la gente? Di certo non si trova nel raggio di 70 Km, come normativa prescriverebbe, dato che da queste parti non ci sono boschi a sufficienza per far funzionare una centrale di quelle dimensioni. Pare che l’Ente Parco, anziché mettere in primo piano l'ambiente, le risorse naturali, la tutela della collettività, si sia messo a fare


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gianello,

Centrale del Mercure

una sorta di anomala attività di tutela dell’Enel, giustificando questo atteggiamento con il fatto che ci sarebbero buone prospettive di occupazione. Il pensiero comune è diverso, poiché non c'è nulla che possa giustificare neanche il minino ritorno occupazionale, dal momento che nell’impianto lavorerà personale già in organico all’Enel in precedenza trasferita in altre sedi. Al contrario, ci sono gravi perdite per un'agricoltura che si vuole qualificare come DOP, con prodotti di qualità, per un turismo che da queste parti ha rappresentato il settore in cui le amministrazioni locali hanno investito risorse e profuso i loro sforzi. Tanti, dunque, i motivi di questa dura presa di posizioni da parte dei valligiani. Vincenzo Corraro, sindaco di Viggianello, afferma che “qui la mobilitazione è costante, con tutta la popolazione schierata a difendere la propria terra e i propri diritti e vorremmo che l'attenzione mediatica su questo argomento varcasse i confini regionali”. Ferdinando Laghi, vicepresidente nazionale Associazione Medici per l’Ambiente ISDEItalia, ha posto l'accento sul grave rischio

che corrono le popolazioni del Mercure esposte ai fumi prodotti dalla centrale. “È di questi giorni – esordisce il dottore – la notizia che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato l'inquinamento dell'aria come pericoloso: è il più importante agente cancerogeno, che aumenta drasticamente il rischio di tumori”. Nemmeno il microclima della zona aiuta: “non bisogna dimenticare – continua Laghi – che in questa valle c'è una spiccata inversione termica, in pratica non c'è ricambio d'aria e gli inquinanti rimangono qui a stagnare. Antonietta Lauria, esponente del Forum Stefano Gioia, ha pubblicamente attaccato il presidente dell'Ente Parco del Pollino, Pappaterra. “Quando abbiamo chiesto l'incontro con Pappaterra, egli è scappato dalla porta di servizio per non incontrare i cittadini che reclamavano spiegazioni. Lui tutela l'Enel, ma noi non abbassiamo la testa e rimarremo qui a vigilare sull'operato del Consiglio direttivo dell'Ente Parco e dello stesso Pappaterra” Sul fronte legale i toni della discussione non cambiano. “Hanno violato le più elementari

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forme di legge – afferma l'avvocato Enzo Bonafine-. La centrale, in termini giuridici, è un obbrobrio, poiché siamo in un parco. I divieti all'impianto emergono dal DPR istitutivo del 1993 e dalle Linee Guida del Parco, che non consentono in questa area protetta il funzionamento di centrali superiori ai 3MW. Le stesse Linee Guida - continua il legale-, impongono che venga rispettata la filiera corta, quindi che le biomasse provengano dal territorio, per garantire una sostenibilità ambientale e di tipo economico al progetto che, oggi come oggi, si risolve in una speculazione imprenditoriale a vantaggio dell'Enel e di poche ditte che fanno affari a danno delle collettività”. Il sindaco Corraro, inoltre, sottolinea come l'Enel stia cercando di “dividere i territori, i sindaci e le comunità”. E poi, mettendo al centro la gente comune, dice che “gli indirizzi li danno i territori, l’agenda la fanno i cittadini e il nuovo Consiglio regionale di Basilicata non potrà non tenere conto della volontà di questa gente e dovrà fornire risposte concrete e nette”. Adesso la palla è nelle mani del TAR di Catanzaro che dovrebbe pronunciarsi e mettere la parola fine a questa assurda vicenda. Nel Mercure c'è molta speranza per una felice conclusione dei fatti. In caso contrario, Viggianello e Rotonda sono pronte alla clamorosa azione di uscita dal Parco del Pollino. A quel punto anche l’Ente Parco, con la perdita di due comuni così importanti e centrali, non avrebbe più senso e potrebbe scomparire, con il profilarsi all’orizzonte di nuovi scenari, tutti da inventare, per agricoltura, ambiente e turismo. Chi si prende la responsabilità di compromettere irrimediabilmente questi settori? Qui c’è vita e c’è forza. Bisognerebbe vederli questi uomini di buona volontà, nei cui occhi brilla una luce rara, con la stanchezza addosso di chi lavora onestamente e lotta senza tregua. Parlano poco, ma se ti avvicini a leggergli dentro e se sai seguire il ritmo dei loro battiti, sentirai l’affanno di chi sperimenta quotidianamente la responsabilità di difendere la propria casa da un estraneo, la rabbia discreta di chi urla invettive da capitano di ventura. E non si tirano mai indietro, questi uomini. Giganti che fanno sempre la loro parte.


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E U R E K A

Solare termodinamico, in

Flavia ADAMO

I sindaci dell’area mobilitati per dire no all’impianto tra i comuni di Banzi, Palazzo e Genzano

o scorso 21 Novembre, presso la sede dell'Unione dei Comuni "Alto Bradano" in viale 1° Maggio ad Acerenza, è stata convocata un'assemblea riguardante il programma industriale di realizzazione di un impianto solare termodinamico da costruirsi nel territorio del comune di Banzi (PZ), Palazzo San Gervasio (PZ) e Genzano di Lucania (PZ). A quest'incontro hanno preso parte le rappresentanze dei cittadini dei Comuni interessati, gli organi politici, sociali e sindacali ed è stata invitata anche l’azienda proponente l’impianto, la “Teknosolar Italia 2 s.r.l.” che, non presentandosi, ha acuito l’atteggiamento di disapprovazione alla realizzazione della struttura. Infatti i Comuni interessati dall’impianto si stanno mobilitando per esprimere il proprio dissenso nei confronti della costruzione di quello che definiscono un ecomostro ritenendo sbagliata la sua localizzazione. A chiarirci meglio la loro posizione sentiamo telefonicamente Rossella Quinto, Sindaco di Acerenza che, pur non essen-

L

Rossella Quinto - Sindaco di Acerenza

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o, insorge l’Alto Bradano

La Ola (Organizzazione Lucana Ambientalista) appoggia i comuni dell'Alto Bradano e a proposito dell'impianto proposto dalla Tecknosolar Italia 2 Srl, chiede agli uffici della Regione Basilicata la sua delocalizzazione in aree industriali esistenti e/o dismesse, per evitare che venga occupato un suolo agricolo dalle ottime potenzialità produttive.

do direttamente interessata, si sta unendo agli altri comuni esprimendo il proprio no. Come mai, pur parlando di fonte di energia rinnovabile, si sta manifestando un dissenso generale per la costruzione dell'impianto? Ci opponiamo perché l'impianto dovrebbe essere realizzato coprendo un'area di circa 250 ettari e ciò significa sottrarre terreni irrigui all'agricoltura di cui abbiamo bisogno. Tra l'altro, l'Ente Irrigazione sta impiegando ingenti risorse per rendere ancora più utili alla coltivazione quei terreni, sfruttando le dighe di Genzano ed Acerenza. E' un controsenso andare ad irrigare quei campi e poi dedicarli alla realizzazione di un impianto solare termodinamico. Si parla di “ecomostro”. Perché? Pur essendo una fonte di energia alternativa, l' impianto presenta degli aspetti critici e problematici. Esso dovrebbe essere realizzato solo in determinate aree che

non presentano insediamenti urbani, invece questo impianto verrebbe realizzato a meno di 1km dall'abitato. Inoltre, quando dovesse entrare in funzione, potrebbe provocare l'innalzamento della temperatura dell'area e quindi portare alla desertificazione, problema che i Sindaci devono trattare con la dovuta cautela. Io ritengo, pur non essendo direttamente interessato il mio territorio, di dover offrire il supporto, mio come primo cittadino e della cittadinanza di Acerenza, alle cittadinanze di Banzi e di Palazzo che hanno manifestato di non volere tassativamente che questa struttura venga realizzata. In realtà credo abbiano assolutamente ragione perché la vocazione territoriale dell' Alto Bradano è agricola e agricola deve rimanere; all'interno dei nostri terreni si realizzano colture di varia natura ed è impensabile stravolgere questa vocazione a vantaggio di questo impianto. E' vero che la Tecknosolar propone

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la realizzazione dell'impianto “barattando” alcuni posti di lavoro? Solitamente queste società che vengono a proporre impianti riguardanti le fonti di energia alternative propongono dei piani di sviluppo locali e in questo caso credo fosse stata promessa manodopera locale e la realizzazione di terre da dedicare alla coltivazione. Anche li ci sarebbe stata una ricaduta occupazionale, ma non si può certo immaginare di barattare 4 posti di lavoro, perché non sono settori ad alta intensità occupazionale. Quindi non si sarebbero realizzate queste promesse lanciate in una prima fase di contrattazione con il comune e il sindaco stesso di Banzi sicuramente non avrebbe accettato. In prima battuta i sindaci, non essendo tecnici, hanno voluto analizzare e valutare questo progetto, però acquisita la conoscenza specifica del progetto si sono uniti insieme alle loro comunità per cercare di bloccare l'implementazione di esso. E tutti speriamo che questo nostro segnale così forte giunca alla Regione e produca gli effetti desiderati.


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E P I S T E M E

CULTURA E H Leonardo CLAPS

i è spesso ribadito il concetto, in ambito antropologico, che “cultura” significa essenzialmente, così come indica la sua etimologia, “cura”, “coltivazione”, “venerazione”. In questo senso cultura implica sempre una forma di rispetto, un coltivare che è attenzione verso gli oggetti considerati. Così, ad esempio, la cultura dei proverbi indica non solo la raccolta e lo studio dei medesimi ma anche, e soprattutto, l'attenzione meticolosa dedicata ad essi, l'impegno nel considerarli e capirli. Ancora, cultura dei sentimenti vuol dire prendersi cura degli aspetti affettivi, emotivi della psiche, badare ad essi, occuparsi di essi. Allo stesso modo cultura dell'arte significa fare attenzione ai prodotti artistici, esplorarli e prenderli in seria considerazione. La cultura di un popolo è quindi quell'insieme di credenze, valori e usanze tipici di quel popolo, quel complesso tipico che quel popolo coltiva, mantiene, porta avanti. In questo senso specificamente antropologico la cultura rappresenta le attenzio-

S

ni vitali di un popolo, il suo nutrimento peculiare. Un esempio di ciò lo troviamo, come già volte segnalato, in quella forma di saggezza tipica di tutti i popoli del mondo, i proverbi. Estrapoliamo dalla paremiologia lucana il seguente: la serp' ca vol' murì enz' a lu carrar' (il serpente che vuole morire esce nel sentiero). Trattandosi di un prodotto culturale in senso antropologico dobbiamo pensare che questo proverbio rappresenta in qualche modo un valore, qualcosa di importante per il gruppo di appartenenza, qualcosa che è strettamente legato alla vita e alla sopravvivenza del popolo che l'adotta, altrimenti sarebbe solo una frase banale, significativa si ma priva di una importanza vitale, seria. E dunque, perché mai questo proverbio, come del resto moltissimi altri, è importante? Al primo livello immediato l'abbiamo già detto: perché è un prodotto culturale in senso antropologico, perché è cultura, quindi un valore. Ma, chiediamoci ulteriormente, perché è cultura? Dopo le premesse che abbiamo su esposte la

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risposta dovrebbe essere chiara: perché è una cosa seria, qualcosa da prendere in seria considerazione. E anche a questo livello potremmo continuare a chiederci: ma perché dovremmo considerarlo così seriamente? La risposta è semplice ma ridondante: perché racchiude in sé, in quanto prodotto antropologico culturale, un significato importante per la vita umana. E quindi ora dovremo scrutinare quest'assunto. Qual è il messaggio fondamentale del proverbio sopra citato? Vediamo con l'analisi. “Il serpente che vuole morire esce nel sentiero”. A prima vista quest'osservazione sembra veramente sciocca e priva di senso. In primo luogo, perché mai il serpente vorrebbe morire? La difficoltà che qui si presenta riguarda il verbo “volere”. In realtà, può veramente un serpente voler morire? Nel regno biologico gli animali non hanno affatto interessi a morire, anzi, come ben insegna Darwin, la legge generale della natura è la conservazione della specie. Già Cicerone scriveva: “Omnis


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E HÝBRIS

natura conservatrix sui est” (omnis natura vult esse conservatrix sui), ogni creatura naturale è conservatrice di sé stessa, vuol conservare sé stessa. Quindi, come può questo proverbio con tanta (apparente) leggerezza dire che il serpente “vuole” morire? Evidentemente il significato qui è, come in molti proverbi, allusivo, metaforico, cioè da non prendere in senso strettamente letterale. Quindi, in uno sforzo di carpire il senso nascosto di questa apparente assurdità dobbiamo interpretare il senso del verbo “vuole” all'interno di questo particolare proverbio. E il senso diventa chiaro e comprensibile se si intende il verbo “volere” come presunzione della volontà, come incuranza e tracotanza, come quando si dice dalle nostre parti: “ma tu vuoi passare i guai?”, intendendo la leggerezza delle intenzioni e la superbia che non considera le sue conseguenze. Allora il serpente, essendo un animale pericoloso che può facilmente suscitare reazioni ovviamente ostili, non dovrebbe permettersi così tanta libertà presuntuosa

di uscire sbadatamente allo scoperto. In un sentiero, trafficato dagli uomini, potrebbe essere facilmente visto e quindi ucciso, a causa della sua risaputa pericolosità. In senso analogo un altro proverbio tratto dalla paremiologia lucana dice: nun enz for' ra ru s-mnat' (non uscire fuori dal seminato). Questo proverbio ci vuol ricordare che ognuno di noi ha delle regole da rispettare, dei limiti naturali che non dovrebbe superare. In questo senso si può ricordare che la parola italiana delirio, che significa follia, alterazione mentale, erronea interpretazione della realtà, deriva dal latino delirare che vuol dire propriamente “uscire dal solco (lira)”. Entrambi i proverbi ci dicono che nella vita ci sono limiti da rispettare. L'incuranza di questi limiti, per presunzione, leggerezza o smodata estensione della volontà, produce conseguenze disastrose. È ora evidente che questi due proverbi apparentemente semplici hanno davvero importanza vitale per il mantenimento e la sopravvivenza del gruppo sociale, che li

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considera seriamente. Entrambi ci parlano di regole da rispettare, di contenimento dell'io, di auto-dominio. Un'espansione arbitraria, capricciosa o ingenua della volontà è comunque contraria alle leggi di conservazione della vita. E la cultura in senso antropologico, come già è stato detto all'inizio, è fondamentalmente cura, e questo significa qualcosa di molto più profondo della semplice attenzione o dedizione. Cura in senso antropologico, ma in un senso autentico e profondo, potremmo dire filosofico, significa rispetto intimo della vita, della salute psicofisica, dell'essenza stessa dell'essere umano. La cultura in senso profondo è il rispetto vero della vita. Il serpente che non tiene conto della sua condizione e dei limiti che la natura ad essa ha imposto va oltre sé stesso, e andando oltre sé stesso va contro sé stesso. Questa prevaricazione è un processo autodistruttivo. La vera cultura in senso antropologico e filosofico è timore reverenziale per la vita, e delle sue regole intrinseche.


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E U R E K A

LA “CARNE” DEI POVERI...LUCANI Ettore BOVE

legumi che si producono in Basilicata, - quali fagiuoli, lenticchie, ceci, ecc.….., - sono rinomatissimi per la facile e completa cottura, per il gusto squisito». Con questa semplice ma efficace espressione, la “Rivista Illustrata” sintetizzava, nel numero speciale (77-78) sulla Basilicata del 25 ottobre 1906, i caratteri e la bontà dei campioni di legumi lucani presentati all’Esposizione Internazionale di Milano, inaugurata, all’epoca, in occasione dell’apertura del traforo del Sempione. A distanza di oltre un secolo da questi lusinghieri riconoscimenti, gli indiscutibili pregi

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dei legumi lucani rimangono intatti anche se, ai tempi nostri, essi vanno ormai ad identificare le qualità dei soli “fagiuoli”, i variegati semi che arrivarono in Europa subito dopo la scoperta dell’America e trovarono degli entusiasti estimatori e convinti divulgatori nella dotta Firenze medicea. Sono, infatti, la rapidità di cottura (cuociono a prim’acqua) e la delicatezza del gusto che portano il consumatore a ritrovare nei fagioli “americani” coltivati in Basilicata aspetti tangibili che li rendono indiscutibilmente diversi da quelli provenienti da altre zone. L’arrivo del nuovo legume, tuttavia, non avrebbe sconvolto, almeno all’inizio, in maniera significativa le consuetudini colturali ed alimentari preesistenti poiché, a differenza delle altre nuove piante arrivate, come peperoncino e tabacco subito e patata e pomodoro molto tempo dopo, i “fantasiosi semi caraibici” presentarono una forte affinità con il popolare “fagiolo dell’occhio”, l’antica pianta ortense che caratterizzava allora i modelli alimentari popolari di matrice romana imperniati su zuppe a base di

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cereali. I fagioli esotici, perciò, non rappresentarono qualcosa di insolito nella quotidianità delle abitudini alimentari tardo cinquecentesche poiché l’accoppiata tra cereali e legumi era già ben radicata nei semplici schemi dietetici fin dal tempo dei latini. La sapienza popolare, però, ne intuì presto i valori combinatori fino a trasformarla in uno modello alimentare che, resistendo nel tempo, è riuscito addirittura a codificarsi nella “dieta mediterranea”. In effetti, la complementarietà tra carboidrati dei cereali e l’alto contenuto proteico dei nuovi fagioli consentì alle categorie sociali più povere di accedere ad una dieta più equilibrata senza l’apporto della costosa carne. Con la graduale sostituzione del tradizionale fagiolo dell’occhio nelle “minestre” in cui i derivati dei cereali venivano “maritate”, si finisce per consacrare il legume degli Indios come “carne dei poveri”. A delineare, in terra lucana, le pregevoli proprietà intrinseche di questa alternativa alla carne rimangono la specificità di alcuni luoghi montani caratterizzati dalla presenza


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41 di suoli di origine alluvionale, acque poco calcaree e da escursioni termiche nel periodo estivo. Si tratta, nell’insieme, di condizioni pedoclimatiche che contribuiscono, in misura rilevante, a delimitare l’areale ideale per la coltivazione del fagiolo. Ebbene, se si guarda alla nuova leguminosa essenzialmente sotto il profilo delle esigenze ambientali, si comprende come in Basilicata queste condizioni si ritrovino solo in poche realtà appenniniche. In particolare, il fagiolo che conosciamo oggi assume più o meno importanza nell’Alta Val d’Agri, nella zona del Pollino e, in misura nettamente minore, nel Pantano di Pignola. Questi tre areali hanno in comune l’appartenenza ad aree protette e la presenza di coltivatori di fagioli che sono rimasti legati ai preziosi ecotipi locali. Il risultato, però, è stato possibile grazie all’azione dei tecnici dell’ALSIA che, non avendo mai ceduto al fascino mediatico dei moderni fagioli borlotti, hanno contribuito a salvaguardare un patrimonio di biodiversità davvero unico. Nell’Alta Val d’Agri, il fagiolo rimane la coltura di elezione della fascia di terreni alluvionali che, partendo da sotto Marsico Nuovo, si sviluppa, attraversando Paterno, alla destra dell’Agri fino a Sarconi. Qui, tra le acque dello Sciaura ed il Maglie, generazioni di sarconesi si ritrovano a convivere con la coltura del fagiolo, la pianta che ha riassunto meglio, sotto l’aspetto dell’utilizzazione del prodotto, la distinzione di classe esistente tra alimentazione dei ceti popolari e quelli degli abbienti. Questa storica convivenza ha contribuito a far sopravvivere l’appellativo “ciuoti”, che la tradizione popolare attribuisce ai sarconesi in quanto coltivatori del “povero “ fagiolo. Di rilievo rimane il fatto che Sarconi ha dato il nome al legume americano poiché il fagiolo rientrò, nel luglio del 1996, come prodotto ad Indicazione Geografica protetta (IGP), nella ristretta cerchia delle prime 150 denominazioni di origine riconosciute da Bruxelles. Nella fase attuale il “Fagiolo di Sarconi” IGP occupa, con una ventina di ecotipi dai colori sgargianti, nani e rampicanti, che vanno ben oltre i noti cannellino e verdolino, spazi crescenti anche sui mercati esteri. Nel complesso, la produzione certificata come IGP si è attestata sui 20 mila kg di prodotto secco, di cui l’80% rappresenta merce realizzata e confezionata a Sarconi. Dal momento che il prezzo medio della confezione di mezzo chilogrammo arriva a toccare i 5 euro, si ricava che la tipica carne dei poveri di origine valligiana vale non meno di 200 mila euro. Queste quotazioni, però, vengono nettamente superate nel periodo natalizio, quando, nel rispetto della tradizione popolare, nata con Caterina dei Medici all’inizio del ‘500, i fagioli, ed in primo luogo gli ecotipi più rari (San Michele rosso, Tuvagliedda rossa), si ritrovano tra gli oggetti di regalo. Nel versante lucano del Parco Nazionale del Pollino, l’area di coltivazione del fagiolo ha

come punto di riferimento Rotonda, il piccolo centro del Mercure confinante con la Calabria. Nell’area delimitata vengono coltivati solo due ecotipi, entrambi rampicanti. Il primo, conosciuto come “bianco”, è commercializzato sia a maturazione cerosa che secco; il secondo, denominato “poverello”, arriva sul mercato soltanto secco. E’ interessante sottolineare che di recente il prodotto ha avuto il riconoscimento comunitario della Denominazione di Origine Protetta (DOP). Pertanto, la produzione, che per il corrente anno comprende 36.600 kg di fresco e 7. 500 kg di secco, di cui 3.000 kg di poverello, è collocata sul mercato come “Fagioli bianchi di Rotonda” DOP. Dopo questo importante riconoscimento comunitario, si è notato che la disponibilità a pagare per i due ecotipi secchi ha superato addirittura la soglia dei 12 euro a kg. Di conseguenza, il valore commerciale dell’offerta è vicino ai 150 mila euro. Sulla brillante performance commerciale raggiunta pesa la rapidità e l’uniformità di cottura del legume tanto che gli estimatori parlano sempre più frequente di prodotto che si “squaglia”. Sembra, però, che ad attirare l’attenzione dei consumatori sia anche l’elevato contenuto proteico. Nel Pantano di Pignola, la coltivazione del fagiolo è limitata ad un solo ecotipo rampicante, che può superare i due metri di altezza, conosciuto dalla gente del posto come “Fagiolo rosso scritto”. A questo poco noto fagiolo, di recente divenuto “Presidio Slow Food”, sono destinati piccolissimi fazzoletti di terra. Si vanno, però, creando le condizioni per ampliare l’area di coltivazione, poiché la ristorazione, non solo locale, sta manifestando un interesse crescente per un prodotto che presenta pigmenti a diversa tonalità di rosso. Allo stato attuale la produzione commercializzata secca, che pare abbia raggiunto i 700 kg, è valutata sui 5 mila euro. In relazione a queste brevi riflessioni, si può sostenere che con l’inserimento del fagiolo americano nel vecchio schema alimentare popolare carente di carne, la dieta dei pove-

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ri lucani si sia arricchita di proteine poco costose se confrontate con quelle contenute nella carne. La complessa articolazione “varietale” ha, tra l’altro, consentito alla gente di scegliere tra prodotti diversi contribuendo così a valorizzare la componente intangibile della dieta ed a superare l’imbarazzo di coloro che consumano abitualmente fagioli. Non v’è dubbio che sia stata proprio l’estrema varietà dei colori dei fagioli a stimolare la fantasia popolare nell’arte di preparazione dei cibi. A testimoniare l’incredibile fantasia culinaria a base di fagioli dei lucani rimane la “pignata” di terracotta, sempre presente nel focolare per cuocere il pregiato legume. Cotti da soli o con l’aggiunta di altri ingredienti più (salsiccia) o meno nobili (cotica) del maiale, il recipiente di terracotta è tuttora meta nelle famiglie contadine di continui sopralluoghi per “inzupparvi” il pane. Tra le famiglie contadine resiste ancora anche la deliziosa “patate e fagioli impastata”, il pasto completo conviviale che viene preparato utilizzando lardo e peperoni piccanti.


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io sono LUCANO

I AM LUCANO

JE SUIS LUCANO

ICH BIN LUCANO

SOY LUCANO

Я ЛУКИ

我盧肯

I nser to a cura de

Bill de Blasio è il nuovo sindaco di New York

Un morso lucano alla grande mela


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ai nostri lettori

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Sempre più protagonisti I L

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Omaggio a Carlo Levi

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I lucani nel mondo, una risorsa vera

Se il lettore è il nostro principale interlocutore, è giusto che abbia diritto ad un rapporto diretto con la rivista. Da sempre sono proprio i lettori a fornirci spunti su questioni e tematiche della vita sociale e politica della nostra regione. L’invito che vi rinnoviamo è di collaborare con la redazione segnalandoci notizie, curiosità, avvenimenti che vi hanno particolarmente colpito o, ancora, disagi e disservizi nei quali vi imbattete nel vostro quotidiano.

I nostri contatti:

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www.lucanomagazine.it info@lucanomagazine.it Tel. 0971.476423


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Il lucano che vuol cambiare New York Giulio RUGGIERI

on sarebbe azzardato dire che Bill De Blasio, nuovo sindaco di New York, un giorno potrebbe diventare presidente degli stati Uniti. Ha superato il repubblicano Joseph Lota, alla candidatura come sindaco, con il 73,3% dei voti. Avvocato di professione, è laureato in politica e affari internazionali alla Columbia University. Bill ha le sue origini a Grassano (Matera) e a Sant'Agata Dei Goti (Benevento). Anna Briganti infatti, la nonna materna, era proprio di Grassano e rimase nel centro materano insieme agli altri tre fratelli e alla sorella fino alla morte del padre. Nel 1903, i suoi bisnonni vendettero tutta la proprietà di Grassano e la mamma, Maria Schiavone, insieme a tre dei suoi fratelli, si trasferì a New York dove acquistò una casa e un appezzamento di

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terreno. Iniziò da lì il sogno americano e la scalata di Bill de Blasio. La famiglia Briganti a Grassano è ricordata soprattutto per la presenza dello zio, Gaetano, divenuto un famoso professore di agricoltura. Nel 1922, i suoi nonni rientrarono in Italia. Ma, dopo un breve periodo, la nonna tornò con la madre a New York. Nonostante questo, la famiglia continuò a tenere vive le sue radici. Quel patrimonio familiare è rimasto parte integrante della sua esistenza. Il sindaco di Grassano, Francesco Sanseverino, ultimamente si è messo in contatto con De Blasio e pensa di offrigli la cittadinanza onoraria, perché è un piacere avere un concittadino che ricorda con orgoglio le sue origini. Molti ignorano che nella città apparentemente più aperta e democratica del mondo, esiste ancora l'apartheid, che New York è una città dove i lavoratori delle classi medie vengono licenziati o ignorati. Ma

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Bill promette di impegnarsi affinché l'interesse della politica si sposti sul ceto più bisognoso e non più sulle élites. Bill ha avuto tanti di quei voti che fra 8 o 12 anni nulla gli vieterebbe di ambire alla poltrona più importante del mondo, come avvenne già per Rudy Giuliani. De Blasio, uomo di gran talento ma rimasto sano e umile di principi, si promette di tornare in Italia con i figli, in modo che possano comprendere meglio le sue origini e quella cultura che ha sempre portato con sé Le sue dichiarazioni alla stampa sono state sintetiche, ma significative. Qual è il legame che ha continuato a mantenere con la sua terra d'origine? Sono molto fiero della mia famiglia multiraziale. Ho una moglie afroamericana, Chirlane McCray, e due figli italianissimi, Chiara e Dante. Mia moglie e i miei figli

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sono al centro della mia esistenza. Come me, Chirlane è sempre stata impegnata nella difesa dei diritti umani. Sono orgoglioso dei miei figli, perché mi danno un grande sostegno e sono stato molto fiero di far conoscere loro la mia storia. Non a caso, i miei nonni hanno lasciato un segno profondo nella mia esistenza. Un'identità forte che mi portò a prendere, a 22 anni, il cognome di mia madre. Quali sono i maggiori problemi riscontrati nella sua città? New York è una città dove l'amministrazione della città si è rivolta ad una élite benestante. Per combattere le disuguaglianze, dobbiamo migliorare l'istruzione, con il nostro sistema scolastico, ed io ho un progetto per farlo. Non a caso, il mio obbiettivo è creare la prima forma di istruzione pubblica, dalla scuola materna al doposcuola, chiedendo ai newyorkesi più ricchi


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di pagare un po' più tasse. Voglio case per tutti a prezzi più accessibili. New York è pronta ad avere un sindaco che potrà finalmente affrontare questi problemi, che da sempre interessano le famiglie medie e la classe operaia. Sono convinto che bisogna portare ai cittadini questa visione progressista. Considerato che lei è un democratico, quali sono i principi base su cui si fonda la sua politica? E' dal 1989 che i newyorkesi non hanno un sindaco democratico. Far pagare più tasse ai ricchi servirà anche a finanziare gli asili nidi. Farò nuovi investimenti sull'edilizia popolare. Servono 200.000 nuove case popolari. Cambierò la legge sui salari minimi. Sarò attento all'ambiente, non a caso farò costruire nuove piste ciclabili. New York sarà una città profondamente diversa. E' questo che ho in mente, sin da

quando ho deciso di improntarmi su politiche di sinistra. Resto un sindaco molto progressista, soprattutto sui temi valoriali. L'ambiente, i matrimoni gay, la battaglia contro le armi, ma tuttavia, non rinnego i poteri forti del capitalismo, di Wall Street o dei grandi gruppi dell'edilizia. Voglio riportare al centro dell'attenzione il tema sociale, il tema delle diseguaglianze. New York non è mai stata così opulenta e tuttavia ha 50000 senza tetto. Questa per me ora diventa la vera priorità. Sarà un modello di sviluppo più equilibrato, più attento, alla parte debole della città. Daremo il meglio solo quando ogni bambino, ogni genitore, ogni newyorkese avrà un'opportunità. Raggiungeremo le nostre più grandi aspirazioni solo quando riusciremo ad alzarci in piedi tutti assieme. Nei sobborghi di New York esiste ancora l'apartheid?

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La disuguaglianza è un tema difficile. Gli italoamericani, anche quelli più ricchi, sono confinati in zone ben precise di Brooklyn, Stane Island, Bronx e New Jersey. Nessun italiano, infatti, può abitare in una zona di ebrei, di irlandesi, o neri. E viceversa. Certo, i ristoranti di Cipriani o la libreria Rizzoli sulla 57esima Strada sono affollati e apprezzati anche dai newyorkesi che contano. Ma quella è un'Italia raffinata, lontana dagli immigrati. I problemi che dovremo affrontare esistono da decenni e non si risolveranno certo dal giorno alla notte. Ma sia chiara una cosa! Il popolo di questa città ha scelto una strada di progresso! Mi complimento con le generazioni della mia famiglia, compresi coloro che non ci sono più. Un ringraziamento speciale va alla mia famiglia italiana, ai miei amici italiani, a Roma e al paese dei miei nonni. A loro io mi sento di dire grazie!

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Omaggio a Carlo Levi Le giornate dei lucani a Berlino ottobre scorso si è realizzato l'interscambio culturale tra la Lucania e Berlino. In quest'occasione, l'ex consigliere regionale Luigi Scaglione ha ricordato che noi lucani siamo appena 600 mila nella nostra regione, ma sparsi nel mondo siamo oltre un milione e la Germania, con i suoi 17 mila residenti, è al secondo posto come nazione ospitante lucani nel mondo. L'idea del progetto nasce in seguito ad un viaggio che l'Università Popolare di Berlino Cha rlottenburg/Wilersdorf ha realizzato in Italia ed, in particolare, in Basilicata e Puglia nel 2011. L'incontro e l'impatto con le peculiarità storiche ed artistiche dei territori di Matera è stato forte e decisamente positivo tra i visitatori. Essi hanno potuto constatare che la Basilicata non è poi una regione così povera e marginale economicamente e culturalmente, bensì una regione che sta attraversando un momento significativo di transizione e di crescita economica, sociale e civile, organizzata e strutturata su modelli di modernizzazione umanizzata, in cui si riesce da un lato a valorizzare le proprie radici e tradizioni e dall'altro ad attivare modelli innovativi di sviluppo locale. Infatti, la Regione Basilicata, in questi anni, ha promosso azioni di sviluppo locale che hanno determinato la promozione di settori produttivi, sempre stati considerati marginali rispetto ai sistemi di produzione industriale, come cultura e turismo, valorizzando così le produzioni tipiche, la propria storia e le proprie tradizioni anche culinarie ed in parte margi-

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nalizzando investimenti in settori di carattere manifatturiero. Ciò sta determinando la visione di una economia più sostenibile e durevole che riesce a determinare, seppure in fase iniziale, nuova occupazione. Si avverte comunque la necessità ed il bisogno di incrementare e di promuovere ancora iniziative che vadano in tale direzione. Nella storia recente della Basilicata, un ruolo significativo ha svolto la figura di Carlo Levi, sia come intellettuale, con una sua visione europeista, sia come artista, riuscendo a sintetizzare vari stili pittorici ed espressivi, in un linguaggio universale ed europeo. E' stato un uomo di confine ai tempi del fascismo,

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che ha fatto della Lucania una sua seconda terra d'origine. Durante il periodo di esilio, Carlo non andò certamente in depressione e non si isolò rispetto ai contesti ed ai luoghi ed ai territori lucani. Svolse una fervente attività poetica, di scrittore e di pittore. Con la sua curiosità intellettuale riuscì a descrivere con molta attenzione le popolazioni italiche. In una lettera alla madre, Carlo descrisse la Lucania e la sua esperienza con i lucani: “Un'esperienza nuova, che non avrei mai fatto altrimenti, mi si rivela un mondo veramente ignoto, lontanissimo da quanto siamo soliti pensare e vedere, con altre abitudini, altri sentimenti e pen-


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sieri”. Con il suo atteggiamento di profonda umanità, Carlo Levi produsse il famoso libro Cristo si è fermato ad Eboli. Nella pittura passò ad una nuova forma di espressione del colore, superando la prima fase dell'influenza dell'espressionismo francese per immaginarsi nelle modalità di espressione del realismo della scuola romana. Nella politica s'impegnò fortemente nei partiti della sinistra e fondò la FILEF, federazione che per anni si è interessata degli emigrati italiani e del loro benessere in luoghi diversi da quelli di origini, rivendicando processi di integrazione alla pari, superando le forme di

ghettizzazione e di segregazione che molti emigrati italiani hanno subito nei paesi di arrivo, soprattutto nel dopoguerra. Carlo Levi ha considerato l'emigrazione come un problema centrale della democrazia e della vita civile di una nazione. La sua idea sul fenomeno dell'emigrazione in Italia e all'estero fu sintetizzato in un Discorso al Senato del 9 aprile 1970, in cui focalizzò il tema dell'emigrazione e della necessità che ci fosse una maggiore attenzione sul fenomeno. La centralità di questo fenomeno costituisce un motivo determinante per far comprendere la sua arte e la sua poetica in contesti in cui la presenza dei lucani è stata

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particolarmente significativa come la Germania. In modo da comprendere insieme le motivazioni dell'emigrazione, i livelli di integrazione sociale e culturale dei lucani in Germania, ma soprattutto per scambiare conoscenze e saperi sui luoghi e contesti in cui l'autore ha lavorato e realizzato opere e azioni significative per l'emancipazione dei contadini lucani. Carlo Levi è stato il primo europeista ante litteram. La sua opera è piena di contaminazioni culturali con varie correnti artistiche europee, dalla scrittura alla pittura e in particolare con gli impressionisti francesi. giu. ru.

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I lucani nel mondo,

una risorsa vera Appello ai candidati presidenti e consiglieri l presidente dei lucani all'estero, Luigi Scaglione, pur non condividendo la decisione del Pd al centro sinistra, di non far candidare i consiglieri uscenti o quelli indagati, ha scelto di farsi da parte. “Se dico che la cosa è giusta, qualcuno penserà che voglio ingraziarmi la benevolenza dei promotori, se dico il contrario mi attendo la rivolta dei giustizialisti che ti hanno già condannato”, ha detto. “A conclusione di questa legislatura regionale ed alla vigilia del rinnovo dell’assemblea lucana, sento forte il dovere di richiamare l’attenzione dei candidati Presidenti alla guida della Regione e, per essi, ai candidati Consiglieri, sui temi e sulle questioni relative ai nostri corregionali che vivono fuori regione. Fuori regione significa Nord Italia, significa Europa, Oceania, Americhe, significa, casa nostra. Una casa ed una regione senza confini che trova alimento nei sogni, nelle speranze, nei successi e negli insuccessi dei tanti nostri corregionali e dei loro discendenti nel Mondo, che alla nostra terra guardano con amore ed ammirazione, nonostante tutto. Non deludiamoli, diamogli il senso vero di condivisione di questa identità da difendere pensando in grande a come mante-

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nere fede agli impegni assunti nel passato, al rafforzamento della rete associativa, alle risposte concrete, con i fatti. E allora, mettere in piedi azioni forti come la difesa del valore della casa ricostruita o costruita nei nostri piccoli comuni con le rimesse dall’estero o con i risparmi; significa tenere aperta una porta ai nipoti ed ai figli degli emigrati, significa far vivere la speranza di una regione che può tornare a crescere come tutti i fenomeni ciclici disegnano nel raccontare le stagioni delle emigrazioni. Ai Presidenti candidati, chiedo dunque, a nome dei Lucani nel Mondo, di avere a cuore le sorti di un popolo che torna ad essere fatto di migranti, più che solo di emigranti. Di giovani che si muovono in cerca di lavoro ma anche di riconoscimento delle competenze acquisite in università e con corsi di laurea che neanche nel nostro Paese sono considerati come opportunità. E di queste realtà, se vogliamo continuare a considerarci una regione che può vivere, ne abbiamo bisogno nel mondo attraverso la rete degli sportelli che le nostre Federazioni hanno messo in campo per promuovere il territorio lucano, per censire le eccellenze, per accogliere chi arriva in quelle terre. Di questo

sforzo compiuto negli anni ed incentivato in questi ultimi tempi, non si deve fare a meno. Il segnale che abbiamo dato e che diamo con il fondo indigenti per i lucani meno abbienti del Sud America, i laboratori medici, le campagne di profilassi sostenute con il conforto del nostro sistema ospedaliero, il sostegno ai corsi di lingua, quello alle azioni culturali e di promozione, la rete dei rapporti con il sistema delle ambasciate e dei consolati nel Mondo, sono il fiore all’occhiello del lavoro compiuto dai legislatori regionali. Non disperdiamolo, difendiamolo e se possibile potenziamolo. Come? 1) Attraverso il riconoscimento puntuale del lavoro delle nostre Associazioni nel Mondo, con il conforto di una Commissione Regionale che va, si, rimodulata nei suoi obiettivi e nel suo funzionamento, ma potenziata e garantita nella sua azione di indipendenza. 2) La costituzione di una Fondazione per consentire ai partner privati di essere protagonisti attivi nelle azioni di interscambio e di promozione in particolare dei pacchetti turistici e delle produzioni locali (ha funzionato bene, anzi benissimo, l’azione intrapresa in questo senso dagli sportelli di Zurigo e Toronto). Il riconoscimento

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delle attività museali e di archiviazione della storia dei lucani emigranti a testimonianza di quanta vita c’è nella mente dei nostri lavoratori all’estero come elemento educativo per chi accoglie, a volte in maniera disumana, i lavoratori migranti. 3) Immaginare per la rete dei Lucani nel Mondo, in particolare per quelli dell’Europa e dell’Italia, un ruolo attivo anche in vista delle grandi opportunità di conoscenza della nostra regione. 4) L’opportunità che in Italia verrà dall’EXPO 2015 non può essere dispersa. Agganciamo questo treno prima che sia troppo tardi guardando ad esso come ad un momento vero di conoscenza della Basilicata e di occasioni forti per cercare nuova occupazione. Infine, dare vita al sogno di una informazione più capillare destinata ai lucani nel mondo, in virtù delle nuove azioni avviate dal sistema informativo pubblico della Rai destinate agli italiani all’estero e con il coinvolgimento attivo delle emittenti radiotelevisive locali, attraverso una specifica costruzione di una info community lucana. Ci pensino bene i nostri candidati alla Presidenza”. giu.ru.

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È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.

A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione ed è in questo che noi crediamo. Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola produzione. È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa, ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmente ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura. Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza. L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazine o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande. È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato. Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.


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E U R E K A

UN TITESE

IN SUD AMERICA

Miriam SGARLATA

ono sempre di più, al giorno d'oggi, i giovani che si servono del web per raccontare ciò che loro sta intorno, creando dei blog o delle pagine interattive dove poter scambiare opinioni e dispensare consigli di ogni genere. L'idea è venuta anche a Pasquale Pagano, 23enne di origini titesi, che, dopo aver concluso gli studi in "Scienze Internazionali e Diplomatiche" a Forlì, con una tenda e lo zaino in spalla, ha deciso di partire per il sud America, raccontandosi in un blog ("Un Titese in Sud America") molto seguito nell'interland potentino. Pasquale nei suoi post racconta in maniera irriverente e senza peli sulla lingua i suoi 9 mesi in Cile, Bolivia, Perù ed Argentina

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(dove si è anche iscritto a dei corsi universitari totalmente gratuiti!) e commenta le situazioni esilaranti, ed a volte pericolose, che gli sono capitate nei 50 giorni durante i quali ha visitato il Cile in autostop, accampandosi in posti di fortuna e, molte volte, trovandosi a contatto con gente non molto raccomandabile. L'ho incontrato in un bar, poco dopo il suo arrivo in Italia. Chi è Pasquale? Pasquale è uno studente con una gran voglia di viaggiare, che prima di partire per il Sud America aveva già vissuto un anno in Spagna, a Valencia, grazie all'Erasmus. (Dove ha conosciuto la sua fidanzata)

il lucanomagazine

Cosa ti ha spinto ad intraprendere il viaggio in Sud America? Era un'esperienza che ho sempre sognato di fare. Avevo in famiglia l'esempio di mio zio, anche lui prima studente in Spagna e poi turista in Sud America. Ho voluto seguire le sue orme, viaggiando, stando a contatto con la popolazione locale, interessandomi alla loro cultura, alla loro lingua ed al loro stile di vita. Non solo per questo, ma anche perchè avendo studiato "Scienze internazionali e diplomatiche", sapevo fin dall'inizio che non sarei potuto starmene con le mani in mano qui in Italia, ma avrei dovuto viaggiare.


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45 un piccolo paese del Sud, non si è mai trovato a vivere prima d'ora, mi dava lo spunto per ogni post che scrivevo. Trovandomi immerso in una cultura completamente diversa, trovavo giusto raccontare anche piccoli episodi, che lì possono sembrare normalissimi, ma che invece sono lontani anni luce dalla nostra cultura. Mi piace parlare di questi "scontri culturali", raccontarli a volte in maniera ironica, altre facendo delle critiche, per trasmettere le emozioni che ho provato io e che potrebbero provare altri, come me. Adesso sto lavorando alla "Seconda Stagione" del blog, scrivendo di argomenti non affrontati mentre stavo li, proprio perchè avevano bisogno di una riflessione "a freddo". Che riscontri sta avendo il blog? Beh, abbastanza positivi. Chiaramente non avendo grandi mezzi disponibili, per la pubblicità mi sono affidato a Facebook, creando una pagina dove pubblico non solo i post del mio blog, ma anche video e registrazioni fatti durante il viaggio. Un sacco di gente, a Tito, mi ferma per strada complimentandosi con me, cosa di cui posso essere onorato e soddisfatto. Ti senti cambiato dopo questo viaggio? Io non mi sento cambiato, sicuramente la gente che mi sta intorno trova delle differenze in me, ma non da quando sono partito per il Sud America, bensì da quando sono andato a vivere fuori per studiare. L'unico punto in cui vedo la differenza con il Pasquale "di prima" è nella scrittura: sento che ogni giorno il mio vocabolario si arricchisce con parole che probabilmente fino a quattro anni fa non sapevo neanche cosa volessero dire, e da li vedo che probabilmente qualcosa in me sta cambiando.

Come ti è venuta l'idea di creare un blog? Una delle mie passioni è sempre stata scrivere, ma non ho mai avuto un soggetto su cui potermi concentrare; in più penso che essendomi trovato in situazioni limite, a volte molto bizzarre, trovo giusto riportare le mie esperienze, anche per chi ha intenzione di partire e vuole documentarsi sul tipo di viaggio che andrà ad intraprendere. Ho sempre scritto su un diario privato, ed è quella la base su cui lavoro per poi pubblicare sul blog. Come nascono i tuoi post? Il fatto di trovarmi in situazioni che un Italiano, anzi, un ragazzo proveniente da

Quale episodio vissuto non dimenticherai mai? Sicuramente durante il mio tragitto in autostop ho conosciuto tantissima gente che, nel bene o nel male, mi ha lasciato tanto dentro, ma l'episodio che non riuscirò mai a dimenticare è l'incontro con un camionista che mi ha rivelato di essere un assassino. Lo ricorderò come uno dei momenti più angoscianti di tutto il viaggio. Infatti, io e la mia ragazza, eravamo diretti ad un parco nazionale che era a 30 km dal paese di minatori in cui ci trovavamo. Si ferma per darci un passaggio questo tizio; mi ero accorto fin da subito che era un soggetto particolare ma, nel momento in cui si era fermato, temendo una sua reazione inconsulta, io e la mia ragazza non potevamo far altro che salire sul suo pic-up. Era ricoperto di tatuaggi (fatti male!) ed era brillo, proprio per questo subito ci ha chiesto di dov'eravamo, spiegandoci poco dopo che lui ammazzava i Peruviani e i Boliviani, avendo avuto con loro delle situazioni spia-

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cevoli. Non abbiamo capito se parlasse sul serio o si stesse inventando tutto, fatto sta che lui era di un paese distante 2000 km da dove ci trovavamo in quel momento, spiegandoci che lo avevano mandato in confino dopo il carcere. Il suo racconto era delirante, tra l'altro camminava ad una velocità di 100 km/h sbandando da una corsia all'altra, la mia ragazza era terrorizzata, io cercavo di ridere e di parlare con lui, facendo buon viso a cattivo gioco. Un' esperienza terribile. Cosa diresti ad un giovane che vuole intraprendere un'avventura come la tua? Che deve partire. Certo, deve essere consapevole di ciò cui va incontro, specialmente quando si viaggia in autostop; però se si ha il desiderio di partire, con le dovute precauzioni, gli consiglierei sicuramente di farlo! Hai intenzione di ritornare li? Avendo la mia ragazza in Cile sicuramente ci ritornerò, magari non negli stessi posti, visitando altre zone. Però per adesso ho altri progetti in mente, altri viaggi. Il Medio Oriente è sempre stato nei miei piani, quindi vorrei valutare la possibilità di andare li per qualche tempo. Cosa ti è mancato di più dell'Italia? L'italia non mi è mancata, perchè penso che ogni cosa ha il suo tempo. Adesso per me è il tempo di viaggiare, di scoprire nuovi posti. Probabilmente tra 20 anni, stando fuori, sentirò la nostalgia del mio paese, ma adesso no. Alla maggior parte degli Italiani all'estero manca il cibo, ma a me no: ho insegnato alla mia ragazza a fare la pasta di casa e spesso mi improvvisavo pizzaiolo. Infatti quando non ci accampavamo per la notte, tramite un sito internet, COUCH SURFING.ORG, venivamo ospitati da gente che metteva a disposizione del web un letto o semplicemente il divano della propria casa, tutto gratis. Chiaramente, per sdebitarmi, la maggior parte delle volte cucinavo per loro la pasta o la pizza, quindi neanche il cibo mi è mancato. Forse l'unico momento in cui mi sono rattristato è stato a Natale, lontano da casa, sapendo che tutta la mia famiglia era riunita, ed io ero li da solo. Cosa vuoi dire ai giovani lettori de "Il Lucano"? Consiglio a tutti di viaggiare, di andare a conoscere il mondo. Se si ha veramente un sogno, di inseguirlo. Perchè se si vuol viaggiare niente è impossibile. Certo, possono esserci problemi economici, ma alla fine se ci si da da fare lavorando, si riesce a racimolare un bel gruzzoletto. Non pensare tanto tempo sul da farsi, ma chiudere gli occhi e partire. Godiamoci adesso ciò che la vita ci propone. Paz, Amor y Libertad.


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RadioEvolution F Si pronuncia Evolution, si ascolta Radio 'è un'emittente, nel cuore dell'Alto Bradano, che irradia le proprie trasmissioni sulla rete. La nuova frontiera delle webradio che altrove ha attecchito timidamente, senza riuscire mai a convincere, a Forenza ha trovato una sua dimensione. Radio Evolution è in vita dal 2004, praticamente da dieci anni. E' Vincenzo Lifrusci, meglio conosciuto come Dj Lif, il fondatore e responsabile dell'emittente a parlarne. Gli occhi s'illuminano di colpo quando si parla di com'è nata la radio. Pochi i mezzi a disposizione di un gruppo di appassionati di

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Forenza, tanta buona volontà e una passione smisurata per il microfono che diffonde la voce entrando nei pc di tutto il mondo. "Era il 13 marzo 2004 -ricorda Lifrusciquando con un gruppo di amici appassionati di musica e di radiofonia, abbiamo deciso di dar vita a questo progetto. Ciò che ci ha entusiasmato è stata l'idea di poter dare voce al paese". Chiediamo come mai quel nome "RadioEvolution". "Il nome -spiega Vincenzo Lifrusci- sta ad indicare l'evoluzione e la diffusione della musica attraverso il web. A quell'epoca, infatti, fu una delle

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prime radio, se non proprio la prima, ad utilizzare l'internet streaming, come tecnologia per la distribuzione dei contenuti musicali". Il percorso, però, a quanto pare non è stato sempre facile. A questo punto il racconto si fa quasi romanzato e la voce dello storico fondatore s'interrompe per l'emozione: "Nel 2009 -racconta- durante un temporale, un fulmine bruciò buona parte degli impianti, impedendoci d'irradiare le nostre trasmissioni. Fummo costretti a grandi sacrifici, soprattutto, economici: furono acquistati e montati nuovamente gli apparecchi dan-


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RADIOEVOLUTION COLLABORATORI E PALINSESTO SUL WEB Franco Savino è un ragazzo non vedente. E' alla radio dal marzo del 2004, praticamente dall'inizio. Dotato di grande sensibilità, Savino conduce un programma il sabato pomeriggio. Giuditatta Mastrandrea, Giovanni Tondo e Nino Lorusso conducono un programma sportivo, il lunedì sera. Loredana Diaso conduce un programma di cucina. Altri programmi a cura di Pasquale Di Carlo, uno con Gerardo Di Benedetto e un altro con Rocco Belsanti.

n Forenza neggiati dal fulmine". Ancora problemi per RadioEvolution dalle parole di Vincenzo Lifrusci: "Nel 2012 un furto degli apparati di trasmissione blocca la radio. Sono stati momenti difficili, però, superati grazie agli sforzi dello staff e al contributo di buona parte della popolazione". Questo è il segno che la radio è parte integrante della comunità di Forenza. "Riprendiamo le trasmissioni -sottolinea Dj Lif- e proseguiamo con il nostro impegno". Il fiore all'occhiello dell'emittente è la manifestazione canora "Canta Evolution", una

gara articolata in due sezioni: da una parte i big, cioè i ragazzi con una certa esperienza con il canto e, dall'altra, le nuove proposte, i più piccoli che aspirano ad avvicinarsi alla musica. Quest'evento, condotto da Dj Lif e dallo staff della radio, nel mese di agosto a Forenza, è giunto quest'anno alla quinta edizione. Proviamo a chiedere a Dj Lif cos'è, per lui, RadioEvolution: "Oltre ad essere storia -ribatte entusiasta Lifrusci- è anche passione, musica, amicizia, idee, impegno". Un modo di vivere e di comunicare il paese, attraverso la rete. Una provo-

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cazione per chiedere se potrà mai essere l'Fm la naturale evoluzione di RadioEvolution: "La nostra dimensione afferma Vincenzo Lifrusci- è, ormai, consolidata. Però è chiaro che ci stiamo guardando intorno, aspettando segnali importanti, sul piano legislativo, d'apertura verso la concessione delle frequenze. Fermo restando che, al momento, esiste solo una possibilità che è quella delle radio comunitarie, per le quali è necessario il coinvolgimento di altri comuni dell'area. Ci stiamo muovendo".


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Tipologia: Trekking Distanza: 89 km Difficoltà: escursionistico Fondo: sterrato, asfalto.

Parkeotrekking Un cammino lungo una storia l percorso si svolge completamente all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano che è stato teatro di una storia millenaria, il cui profumo è ancora percepibile tra le rovine di Grumentum, la città romana più importante della Lucania antica, e uno dei siti roma-

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ni meglio conservati d’Italia. Punto iniziale del percorso è Torre di Satriano da cui è visibile un’antica torre normanna dell’XI secolo d.C. Il sito fu occupato sin dal VII-VI secolo a.C.da popolazioni identificabili con i Peuketiantes. Nel corso del V secolo a.C., con i Lucani, popolo di

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stirpe osco-sabellico, Torre di Satriano diventa il polo centrale di quest’area, con un imponente muro di fortificazione al cui interno sorge un santuario dove sono stati rinvenuti numerosi ex voto. In età romana, diventa municipium di Potentia e il suo territorio è occupato da ville e fattorie in uso


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fino al IV secolo d.C. Attraverso i suggestivi borghi di Sasso di Castalda e Marsico Nuovo si giunge alla Villa di Barricelle situata in contrada Barricelle di Marsicovetere, non distante dall’antica colonia di Grumentum e dall’asse viario della Via Herculea. La villa è un vasto complesso edilizio con funzionalità produttive e residenziali il cui primo impianto è databile tra il I a.C e il Isecolo d.C. L’importanza del rinvenimento è riconducibile all’attribuzione della proprietà fondiaria alla potente famiglia dei Bruttii Praesentes che ha dato i natali a Bruttia Crispina,moglie dell’imperatore Commodo. L’attribuzione è stata resa possibile dal rinvenimento di tegole bollate con l’abbreviazione onomastica della famiglia. Numerosi e preziosi sono gli oggetti rinvenuti nell’impianto. Dalla villa di Barricelle, seguendo la direzione del fiume Agri, si prosegue per Grumentum: antica città romana, fondata tra il IV- III secolo a.C., fu teatro di vari episodi bellici. Alle porte della città si consumò lo scontro tra l’esercitoromano e quello cartaginese comandato da Annibale e durante la guerra sociale subì gravi devastazioni.Infatti tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., la città fu ricostruita e dotata di edifici pubblici di cui restano parti delle strutture architettoniche. Nel 2000 è stato fondato il Parco Archeologico di Grumentum in cui è possibile visitare i resti della gloriosa città romana: il teatro di età augustea, i resti di due piccoli templi di epoca imperiale, una domus con pavimenti a mosaico del IV secolo d.C., nel foro, invece, il Capitolium, il Cesareum, i resti di una basilica, l’anfiteatro e il complesso termale. Punto di arrivo dell’itinerario è il Santuario di Serra Lustrante ad Armento: sito archeologico noto per la scoperta di reperti di straordinario valore come la corona aurea di Critonio e il satiro bronzeo oggi conservati presso l’Antikensammlungen di Monaco di Baviera. L’area archeologica di Serra Lustrante fin dal IV secolo a.C. fu luogo

Scarica gratuitamente il file GPS del percorso su www.innbasilicata.it sacro e importante sede di riunione e di aggregazione delle aristocrazie locali dei centri indigeni della media valle, all’interno dell’organizzazione territorialelucana. Nel corso del III secolo a.C. l’area viene monu-

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mentalizzata e arricchita da una serie di edifici e da un tempio dedicato ad Eracle, eroe garante dei valori guerrieri e agonistici giovanili. v.a.


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LAMMOGLIA Vincenzo MATASSINI

iagio Lammoglia nacque a Maratea, in Provincia di Potenza, il 25 novembre 1891 da Giovanni, che di mestiere faceva il calderaio, e da Panza Filomena, donna di casa; i genitori pensarono fosse di buon augurio dargli il nome dal Santo Patrono di Maratea. Frequentò soltanto le scuole elementari e subito dopo fu avviato al lavoro nei campi; il territorio di Maratea, ostico e non certamente pianeggiante, contribuì a rafforzare in lui una non comune resistenza alle fatiche ed alla sopportazione delle avverse condizioni atmosferiche. Quando non lavorava nei campi aiutava il padre che frequentava, considerate le allora precarie condizioni delle strade, le fiere paesane del circondario di Maratea e dei paesi calabresi e campani contermini, per vendere caldaie, bracieri, mestoli, paioli, scaldaletti, tegami e tutto quanto produceva nella sua bottega. Ma le condizioni economiche della famiglia erano molto difficili e nei primi del ‘900, sull’onda del fenomeno dell’emigrazione, il padre ed il fratello emigrarono in Brasile ed il ragazzo restò affidato ai nonni; dopo la morte della madre, quando Biagio aveva solo 12 anni, raggiunse in Francia uno zio che aveva un’azienda agricola che forniva la sua produzione ad un convento di frati. Restò in Francia per due anni. Fra i suoi ricordi c’è che per portare i prodotti al convento passava per dei cimiteri e non era raro che vedesse i fuochi fatui, visto che allora ancora non esisteva la cassa di zinco ed i gas che uscivano dalla decomposizione dei corpi facilmente si incendiavano al contatto dell’aria, soprattutto in estate.

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Dopo la morte dello zio, Biagio Lammoglia, quasi certamente dal porto di Marsiglia, si imbarcò per il Brasile dove a San Paolo vivevano il padre ed il fratello; al suo arrivo rintracciò solo il fratello, dal momento che nel frattempo il padre era già morto; sembra quasi che abbia voluto imitare il racconto “Dagli Appennini alle Ande” scritto da Edmondo De Amicis nel libro “Cuore” e che forse gli avevano letto a scuola. I n Brasile, anche per l’aspetto fisico (è alto un metro e settantaquattro), lavorò come cameriere fin quando il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra. Biagio Lammoglia ricevette la cartolina di precetto ma, proprio perché è all’estero, risultò “renitente alla leva” e così decise di ritornare in Italia per servire il suo Paese nella guerra contro l’Impero Austro-Ungarico. Il 14 agosto 1915 si presentò spontaneamente al Distretto di Potenza, dove fu classificato come “reduce dall’estero” e subito inviato il 15 agosto a Salerno dove c’era il Deposito (Centro di mobilitazione) del 63° Reggimento di Fanteria della Brigata “Cagliari”. Lo stato di guerra ed il conseguente numero di richiamati alle armi, portava alla costituzione di nuovi Reggimenti che passarono da 94 a 282; vennero pertanto creati, anche coi richiami delle vecchie classi di leva, altri 138 Reggimenti di Fanteria di Linea ed uno di Fanteria di Marina per la laguna veneta. Si costituirono inoltre altri 9 Reggimenti Bersaglieri e 7 Raggruppamenti Alpini e, con i volontari presi dai reparti, vennero costituiti diversi Battaglioni di Arditi. I Lucani confluirono in buona parte nella Brigata “Pisa” (29° e 30° Fanteria) col 29° Reggimento che fin dal 1907 aveva sede proprio a Potenza nella Caserma “Basilicata”, mentre il 30° Reggimento aveva sede a Nocera Inferiore. Successivamente nel luglio 1917 venne costituita la Brigata “Potenza” su tre Reggimenti di Fanteria: il 271° col comando di Brigata, il 272° ed il 273° e venne inviata a combattere sulla Bainsizza, sul Monte Stol, a Potoki, sul Monte Carnizza e a San Volario.

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Ritratto del Maestro Vincenzo D’Acunzo di Tursi

A BIAGIO Dopo la rotta di Caporetto del 24|26.10.1917 combatté sul Piave, a Fagarè, Saletto e Casa Pasqualin meritando la citazione sul bollettino di Guerra n. 1120 del 18 giugno 1918 per il comportamento tenuto durante la battaglia del solstizio; inoltre i sui reparti meritarono ben due Medaglie d’Argento al Valore Militare assegnate alle Bandiera di Guerra del 271° e 272°. La Brigata “Potenza” venne disciolta ai primi di febbraio 1919. Biagio Lammoglia seguì un diverso inquadramento e, dopo alcuni mesi di addestramento, il 3 novembre 1915 giunse “in territorio in istato di guerra”, ed il 29 novembre 1915 fu inserito nel 154° Reggimento Fanteria “Novara”. Il 154° Reggimento Fanteria “Novara” si costituisce il 1° marzo 1915 con reparti del 23° Fanteria “Como” e del 67° Fanteria “Legnano” e, dopo un addestramento a Desenzano, partì subito per il fronte assumendo il 13 luglio la difesa del settore Val d’Astico - Tonezza sull’altopiano di Asiago. Dal 1915 al 1917 Biagio Lammoglia col 154° Fanteria prese parte a diverse operazioni militari come l’attacco ai forti che presso Folgaria sbarravano la strada per Trento, l’intervento sul fronte di Oslavia ai piedi dell’altopiano di Asiago, i combattimenti per la conquista del Monte Cimone di Tonezza. Per il suo comportamento in battaglia, il 23 agosto 1916 fu promosso Caporale; successivamente il 154° Fanteria fu spostato sul fronte del basso Isonzo davanti a Gorizia. La guerra sulle alture del Carso portava alla costruzione di camminamenti e trincee profonde scavate nella terra rossiccia e nella dura roccia, per garantire un migliore riparo dai tiri di artiglieria, nonché per proteggere le truppe dai colpi dei cecchini austriaci e mantenere le posizioni occupate, rispetto agli scavi poco profondi protetti da muretti a secco utilizzati fino a quel momento, nonché utilizzo di caverne e ricoveri che permettevano in sicurezza la concentrazione di truppe per un successivo attacco. I camminamenti erano passaggi angusti, di altezza superiore alle normali trincee, dota-

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ti di copertura molte volte cementizia, che dovevano permettere il passaggio sotto il fuoco nemico da una trincea ad altra, il raggiungimento delle postazioni per armi automatiche in tutta sicurezza, il ricovero dei soldato nei momenti di pausa o la cura di eventuali feriti, nonché il trasporto dei rifornimenti di armi e viveri. Ma nelle trincee che seguivano il profilo delle montagne, non certamente rettilineo, e che erano disposte con la faccia principale verso la probabile direzione di arrivo del nemico e scavate in modo da non essere esposte al tiro d’infilata (di fianco), era anche necessario comunicare gli ordini nei diversi punti della trincea e Biagio Lammoglia accettò questo nuovo incarico. Durante la Decima Battaglia dell’Isonzo, che secondo gli storici si svolge dal 12 maggio al 26 giugno 1917, il 25 maggio il 153° e 154° Reggimento Fanteria “Novara” furono schierati sul fronte del basso Isonzo, davanti a Castagnevizza, alle dipendenze della 4a Divisione, facente parte del 3° Corpo d’Armata, e prendono parte all’attacco delle postazioni nemiche. Gli italiani, che potevano contare su 430 Battaglioni e 3.800 pezzi di artiglieria, mentre gli austriaci su 210 Battaglioni e su 1.400 pezzi di artiglieria, avevano come obiettivo dell’offensiva quello di rompere il fronte nemico per raggiungere Trieste. Dopo alcuni giorni di intenso bombardamento il fronte austriaco fu rotto nei pressi della periferia meridionale di Gorizia presso Castagnevizza. Il 7 giugno 1917, benché colpito ad un occhio che gli stava per venir via, “in seguito a ferita in combattimento da pallottola esplosiva” sparata da un cecchino austriaco, aiutò il Comandante di Compagnia anch’egli ferito e, incurante delle sue condizioni fisiche, volle ritornare a portare la risposta degli ordini portati in precedenza e solo allora accettò di essere medicato. Con Decreto del 10 settembre 1917 n. 282 Biagio Lammoglia venne promosso Caporale Maggiore e decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare con la seguente motivazione: “Coraggioso fino alla


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Cimitero di Maratea: Sacrario Militare e tomba della Medaglia d’Oro Biagio Lammoglia

temerarietà e già distintosi nei vari combattimenti per spirito aggressivo, prontezza nell’azione e sprezzo di ogni pericolo, durante un attacco notturno, sempre presente ove il rischio era maggiore, e dove urgeva l’opera di un ardimentoso, servì da informatore, da portatore di ordini da Comandante di squadra, esempio di serenità e coraggio. Ferito con occhio quasi completamente asportato, anziché curarsi di sé, soccorse il suo Comandante di Compagnia, pure ferito, trascinandosi poi da solo al posto di medicazione. Appena fasciato, si recò al Comando di Battaglione per riferire sull’andamento dell’azione, offrendosi pure di recapitare un avviso al Comando di Reggimento. Castagnevizza, 8 giugno 1917”. Castagnevizza rappresentò il limite massimo dell’avanzata delle truppe italiane sull’altopiano carsico, prima della rotta di Caporetto del 24|26 ottobre 1917, tanto che gli eserciti contendenti erano separati soltanto da barriere di filo spinato. Qui è necessario precisare che dal 1920 al 1947 Castagnevizza faceva parte del Regno d’Italia ed era ai margini della Provincia di Gorizia. Durante la Prima Guerra Mondiale il suo territorio fu teatro della Sesta, Nona e Decima Battaglia dell’Isonzo. Attualmente Castagnevizza, passata in territorio della Slovenia Occidentale, è una frazione del Comune di

Merna ed è a circa 7 Chilometri dal confine italiano. Il 21 giugno 1917 Biagio Lammoglia fu trasferito dal “territorio in istato di guerra” e portato a Como, sede del Deposito del 67° Reggimento di Fanteria ed, a seguito Dispaccio Ministeriale del 7 gennaio 1918, il 15 gennaio 1918 fu inviato in “congedo assoluto”, perché riconosciuto permanentemente inabile al servizio. La sede del 67° Reggimento di Fanteria “Legnano” era a Como presso la “Caserma De Cristoforis”, intitolata al Capitano Carlo De Cristoforis, Ufficiale dei Cacciatori delle Alpi garibaldini, caduto il 27 maggio 1859 nella Battaglia di San Fermo contro gli austriaci. La “Caserma De Cristoforis” era anche la sede del 154° Reggimento di Fanteria ed attualmente Distretto Militare di Como. Terminata la 1a Guerra Mondiale, Biagio Lammoglia ritornò in Brasile a San Paolo e si sposò, con una ragazza italiana di Vignola, figlia di un Ufficiale di Cavalleria, forse conosciuta perché anche in Brasile alla comunità italiana era arrivato il riconoscimento della Medaglia d’Oro al Valore Militare avuta in guerra. Poi ritornò in Italia e si trasferì a Messina dove prese la gestione dei servizi di ristorazione di tutte le navi traghetto. A Messina il 5 settembre 1967 terminò la sua vita. Biagio Lammoglia, con un atto di prodigali-

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tà, aveva destinato per opere di beneficenza nel suo paese natale di Maratea, fino quando lo permisero le sue condizioni economiche, il soprassoldo annuo che gli era stato attribuito con il conferimento della Medaglia d’Oro. Prima di morire chiese di poter essere sepolto nella sua città natale. Il Comune di Maratea, oltre a tributargli solenni onoranze funebri, nei primi anni del 1970 gli ha dedicato una lapide sotto le scale d’ingresso del Cimitero Cittadino e successivamente gli ha eretto un monumento al centro dello stesso Cimitero. Il 24 maggio 1998 il Comune di Maratea, Sindaco allora il Rag. Mario Di Trani, ha provveduto a dedicargli e ad intitolargli la Piazza principale nella Frazione di Massa dove nacque. Ma Biagio Lammoglia non è stato ricordato soltanto a Maratea dove era nato; a Como, nell’atrio d’ingresso della Caserma “De Cristoforis”, sede del 154° Reggimento di Fanteria, del 23° “Como” e del 67° “Legnano”, dove era stato trasferito dal fronte e curato per la ferita all’occhio, una lapide in marmo è posta a ricordo e riporta il suo nome e la motivazione della Medaglia d’Oro conferitagli. NOTE 1) - Lammoglia Biagio (Maratea - PZ 25.11.1891 - Messina 05.09.1967)


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Il Marketing lucano al World Business Intervista

a Kevin Roberts

l marketing lucano rappresentato dalla delegazione Basilicata dell’Aism (Associazione Italiana Marketing) ha Giovanni MARTEMUCCI incontrato a Milano, ai primi di Novembre, i rappresentanti del management mondiale al World Business Forum. Durante la due giorni milanese c’era anche “Il Lucano magazine” che ha posto qualche domanda ai guru del business mondiale come Kevin Roberts, CEO (Chief Executive Officer) della Saatchi e Saatchi una delle agenzie di comunicazione più grandi al mondo. “Stiamo affogando nelle informazioni –ha detto-. Oggi per avere successo nel marketing digitale, i siti internet devono essere sempre interessanti e affascinanti misurando le performance ROI (return on investment) non più calcolando il ritorno sull'investimento bensì spostando l'attenzione sul coinvolgimento dei visitatori. Oramai il

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marketing è morto visto da un punto di vista tradizionale, ma oggi vi è la necessità per le aziende di creare un movimento per appartenenza”. A Roberts abbiamo chiesto anche una ricetta per noi lucani: “Per la Basilicata e per l’Italia più in generale –afferma- bisogna definire una cosa in primis: Qual è il sogno? Si è travolti dalla quotidianità ma non vi è più nessuno che sogna. Il suggerimento quindi è quello di partire da prodotti alimentari, vino, turismo, tradizioni, rivalorizzando il Made in Italy. La Basilicata è ricca di risorse ma ha bisogno di essere rivitalizzata. Quindi oggi per vincere c’è bisogno di tre elementi: ispirazione, creatività, costanza. Inoltre ci sono alcuni fattori come responsabilità, apprendimento, riconoscimento, gioia, per rendersi irresistibili. C'è bisogno di sviluppare piccole idee e rivalutare costantemen-


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55 te la situazione attuale. Di questo dovrebbero tenere conto gli amministratori lucani se si vuol far progredire questa piccola ma incantevole regione”. Alla fine, quindi, è bene impegnarsi concentrando le risorse e partendo da piccoli accorgimenti e intuizioni. Questi sono i nuovi modelli o paradigmi a cui ispirarsi per il marketing del futuro. “In linea con la filosofia del marketing low cost – ha detto Tom Peters, guru del management mondiale- oggi bisogna concentrarsi sulle ‘piccole cose con altissimo potenziale’ cercando di rimettere a valore quello che si ha, cercando di aumentare le vendite. Un esempio è Walmart, una delle più grandi catene distributive americane, che per aumentare le vendite in questo caso non ha pensato a chissà quale strategia di marketing o strategia promozionale; è bastata una semplice intuizione: realizzare carrelli più grandi, cosa che ha portato ad un aumento delle vendite del 50%. Un casino di Las Vegas, invece, eliminando delle curve sulla strada per il casinò, ha reso la stessa più comoda e sicura raddoppiando il numero dei clienti in modo low cost”. Basterebbe copiare questa idea in Basilicata per far si che gli scambi commerciali e il turismo vadano meglio. Infine Chris Anderson, ex direttore della rivista Wired USA ha parlato della terza rivoluzione industriale digitale, data dall’avvento delle stampanti 3D (tridimensionali) che “offre alle piccole e medie imprese l’opportunità di produrre nuovi modelli/prodotti favorendo l’esplosione di creatività di ognuno. Infatti quello che immagini oggi puoi produrlo. Dunque non c’è più bisogno per i giovani o i creativi lucani di emigrare, basterà avere idee brillanti e spostare la produzione fuori grazie alle piattaforme di cloud manufacturing, verso un mercato in cui basta un’idea per competere”.

IL MARKETING LOW COST E’ ORA UN LIBRO E’ stato presentato al recente Smau di Milano il nuovo libro di Alessandro Martemucci dal titolo “Marketing Low Cost” edito da Hoepli. Il volume, in vendita nelle librerie italiane e su amazon.it, parte dalla considerazione che nello scenario di mercato attuale, caratterizzato da una congiuntura economica sfavorevole, non è più sufficiente tagliare i costi, ma è diventato fondamentale gestire al meglio le risorse disponibili, recuperando e riutilizzando tutto quello che è già presente in azienda. “Economizzare le spese, – afferma Alessandro Martemucci - sfruttare l’innovazione, l’open source e adottare un modello di business d’avanguardia che punta su efficienza, bassi costi e grande appeal commerciale, sono i tre punti chiave del Marketing Low Cost per le piccole e medie imprese”. Il libro è una guida al miglioramento delle performance aziendali attraverso oltre 50 fra tabelle e modelli subito utilizzabili che permettono di ripensare strategicamente, velocemente e in modo trasversale ogni strumento di marketing e comunicazione, producendo nuove idee che generano valore. Marketing low cost recupera anche gli scarti, ottenendo così il massimo della visibilità con il minimo degli investimenti: il segreto è puntare sull’innovazione, risorsa chiave per ogni azienda. Il libro mette in primo piano competenze, idee e strumenti operativi (anche non convenzionali) per promuovere in modo originale ed efficace i propri prodotti o servizi. Fra gli argomenti trattati, affrontati con un approccio pratico figurano la creazione di un database marketing e nuovi lead a basso costo, l’acquisizione di nuovi clienti, l’attivazione di nuovi canali di distribuzione, l’aumento dei ricavi, la gestione “profica” degli asset aziendali, la realizzazione di un nuovo modello di business low cost, la gestione, l’innovazione e il social media marketing. “Tutto questo –sottolinea Martemucci- significa un ripensamento di ogni azione: dal carattere utilizzato per stampare i documenti aziendali all’etichettatura, dal packaging al sito internet o ai sempre più importanti social media, fino al co-marketing per abbattere le spese di stampa e distribuzione. Il libro si rivolge a piccole e medie imprese, imprenditori, start-up, responsabili commerciali, creativi e professionisti della comunicazione che troveranno casi di buone pratiche ed esempi di concreta applicazione immediata”. Il volume segue il lancio del portale marketinglowcost.it dove sono raccolte novità e curiosità sul mondo del marketing oltre a documenti utili agli addetti ai lavori utilizzabili per migliorare l’azienda. Alessandro Martemucci, laureato in Marketing e Comunicazione d’azienda, lavora come consulente e responsabile marketing e innovazione web per diverse piccole e medie imprese, enti e associazioni. Studioso e appassionato di nuove tecnologie e lean thinking, la filosofia del massimo risultato con il minimo sforzo. È formatore e relatore a workshop di settore organizzati da SMAU, Confindustria, Ninja marketing e AISM (Associazione Italiana Marketing) di cui è delegato per la Basilicata.

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Aglianica, un festival per il turismo enologico A Barile la nuova location della kermesse Marianna Gianna FERRENTI

’Aglianica Wine festival, giunta alla sua 15esima edizione, cambia location; dallo smagliante cortile e loggiato castello Pirro del Balzo si trasferisce nell’altrettanto elegante e sobriamente raffinato Convento Wine Space di Barile. Un luogo antico, ristrutturato, è diventato un centro polivante, la cornice naturale per un viaggio nel mondo dell’enologia. Il convento, infatti, di origine settecentesca, è stato per lunghi secoli il “tempio del gusto”; per questo, oggi, è stato riscoperto il suo significato originario, legato all’arte della convivialità per rigenerare la dimensione di una socialità che non sia mero svago o intrattenimento, ma sia legato all’intreccio culturale dello “stare bene insieme”, condividendo emozio-

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ni ed interessi comuni. Una location bella, accogliente, calda, ospitale; così i visitatori, per lo più giovani comitive, l’hanno descritta così come la maggior parte dei produttori, intervistati da Il “Lucano magazine”. Ancora una volta, la serietà di Aglianica si riconferma come diadema dell’enologia culturale. E da quest’anno compie un ulteriore progresso in termini di turismo enologico. Il direttore organizzativo Donato Pio Rondinella, annuncia il suo progetto di trasformare, a lungo andare, la kermesse in un festival non più itinerante ma permanente. Certo, per ora, non vi è ancora l’ufficializzazione che ciò possa verificarsi con certezza già dal prossimo anno, ma le voci cominciano a rincorrersi tra i produttori.


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57 Alla maggior parte dei quali l’idea non dispiace affatto. Qualcuno invece, intervistato, ammette che vorrebbe che la manifestazione non perda la sua caratteristica itinerante che l’ha portata ad essere accolta come ospite d’onore di diversi antri, da Rionero a Melfi, da Matera e Venosa. Qualunque sia la decisione definitiva, tiene a precisare Rondinella “la filosofia di Aglianica non cambierà, garantiremo accoglienza e piacevolezza, con un minimo di approfondimento nell’arte del gusto che ci permette, da anni, di fare cultura senza elitarismo”. Da oggi in poi, però, “ci sarà una voglia di approcciarsi al vino in modo più attento”. Il progetto è ambizioso: creare un turismo del vino, qui in Basilicata, che metta in moto una rete viva e capillare con associazioni nazionali, come Go wine, ed internazionali, come Slow food. Il periodo di svolgimento quest’anno è slittato dall’ultima decade di ottobre all’ultima decade di novembre, “per motivi logistici e per le note vicende politiche” perché, è inutile negarlo, “per fare turismo enologico ci vuole un minimo di collaborazione pubblica e l’idea che il festival possa stabilizzarsi in un luogo solo, nella cornice del Convento Wine Space di Barile deriva proprio dal calo dei finanziamenti pubblici di questi anni”. Per quanto riguarda l’affluenza essa è stata condizionata dalle cattive condizioni meteorologiche. Nonostante ciò, dice Rondinella “ si conferma l’affluenza di qualità, un dato importante per chi vuole fare enoturismo, con autobus, colmi di turisti, appassionati e cultori del vino provenienti da Bari, Napoli, Salerno; a cui, quest’anno, si sono aggiunti quelli provenienti da Termoli e Roma, oltre al gruppo degli irrinunciabili provenienti dalla Toscana”. Un festival che mira ad allargare i propri confini geografici, pur puntando non sulla quantità ma sulla qualità. Ancora una volta il binomio brand/territorio centra, a colpo sicuro, il bersaglio del rilancio dell’economia agroalimentare lucana, nonostante le difficoltà di una crisi che, di anno in anno, lo ammettono gli stessi produttori, diventa più forte e i cui effetti si avvertono, e come. C’è chi sostiene che i finanziamenti pubblici sono importanti per chi vuole fare impresa, chi dice che bisogna fare sistema e mettersi in rete perché da soli è impossibile, altri produttori invece sostengono che l’imprenditore deve costruirsi da sé. Forse la strada maestra è la giusta misura nel saper calibrare le energie pubbliche e quelle private. “C’è da direconclude Rondinella- che di questo convento, gestito dalla cooperativa Forum di Rionero in Vulture (che da sempre ha collaborato con l’Aglianica Wine Festival) siamo solo ospiti. La cooperativa Forum, infatti, nel mese di luglio, ha inaugurato questo splendido convento, denominato “Tempio del Gusto”, che consta di cinque spazi fondamentali, Wine bar, Wine school, Wine art, Wine event e che è aperto tutto l’anno”. Nella cornice del “Wine Space restaurant” il

turista-enologo, il cultore enogastronomico ma anche il semplice visitatore appassionato (naturalmente il convento sarà aperto al pubblico) sarà costantemente accompagnato dal parere di esperti specializzati nel settore della ristorazione, che gli consentiranno, non solo di assaggiare vini e leccornie di pregio adeguatamente selezionati e certificati con specifiche denominazioni di origine garantita e protetta, ma di assaporare veri e propri piatti tipici, il cui valore enogastronomico è attestato in conformità con le direttive nazionali e comunitarie che impongono diversi parametri di qualità (dalle proprietà organolettiche, secondo preliminari analisi chimico-fisiche, all’etichetta della zona di origine e di appartenenza). E poi c’è il Wine art, uno spazio che si snoda lungo il chiostro, dedicato alle esposizioni di gallerie artistiche e mostre personali (come quella di Maria Luisa Ricciuti, Donato Larotonda e Teri Volini) e performance a tema di danza, musica e spettacolo. Si prevede, a breve, una programmazione invernale con eventi esclusivi

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che si svolgeranno durante le festività natalizie e, a seguire, per tutta la stagione. Poi, c’è l’angolo Wine school che prevede corsi di cucina per “esperti gastronomi” con la presenza di chef rinomati a livello nazionale ed internazionale che metteranno a confronto la cucina tipica regionale con quella proveniente da altre culture, nel rispetto delle tipicità lucane. Inoltre, gourmet, turisti e visitatori potranno cimentarsi con “le mani in pasta” per la preparazione di specialità tipiche della tradizione. Infine, c’è il wine shop, un’area dedicata all’esposizione di botteghe commerciali con uno scorcio esclusivo dedicato alla cultura con la possibilità di consultare pubblicazioni tematiche sul settore enogastronomico con la distribuzione di gadget. Attiguo al “wine shop” c’è il “wine event” con la periodica organizzazione di convegni e simposi, presentazioni di libri ed eventi vari, come incontri con grandi chef e wine makers, workshop, serate tematiche e di degustazione, che si dipanano tra teatro e comunicazione, poesia, musica e narrativa.


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IN MEZZO AL GUADO Presentato il Rapporto 2013

sull’informazione in Basilicata Anna MOLLICA

’ un affresco più che una fotografia quello presentato in questo lavoro di ricerca. Un affresco perché il tentativo di Pantaleone Sergi è stato quello di mettere in luce le dinamiche dell’informazione in Basilicata intercorse dall’ultimo Rapporto da lui stilato nel 2003. Giornalista, docente di Storia del Giornalismo e di Linguaggio giornalistico all’Università della Calabria, profondo conoscitore della nostra realtà e già autore della “Storia del giornalismo lucano” (Edizioni Laterza), Pantaleone Sergi riprende il discorso di dieci anni fa per vedere come è mutato il quadro di una realtà che allora mostrava segni di grande intraprendenza e vivacità. In mezzo al guado. L’informazione in Basilicata tra “Old” e “New Media” è il titolo del Rapporto 2013 redatto per iniziativa dell’Associazione della Stampa di Basilicata e del forMedia in collaborazione con la Regione Basilicata e il Co.Re.Com. lucano, al fine di ripercorrere, sotto più punti di vista, la strada che ha portato alla nascita di nuove testate, giornali, radio e televisioni. Un percorso avviato già negli anni ’70 ma che, nel corso del primo decennio del 2000, ha rallentato la sua corsa tra-

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dendo, riferisce Sergi, le aspettative che all’inizio sembravano essere molto promettenti. L’informazione in Basilicata, infatti, si è dovuta allineare alla tendenza nazionale che ha visto indebolire il settore a causa del calo di lettori e degli utenti. La crisi economica che ha agito a vasto raggio ha prodotto ricadute negative sui consumi della gente, dunque sulle vendite, e sugli introiti pubblicitari. Al netto di questa congiuntura generale avversa, la Basilicata presenta per di più sue specificità quali calo demografico delle zone più interne e conformazione geografica complessa che rende difficili i collegamenti ed antieconomica la distribuzione dei giornali. Ci sono paesi che non hanno più l’edicola. L’ orografia territoriale ha prodotto carenze nella ricezione del digitale terrestre e in alcuni casi addirittura assenze, ed è di ostacolo anche al collegamento internet veloce indispensabile per lo svolgimento ottimale ormai di ogni genere di attività. Il nuovo volto del giornalismo da tempo è online. Avviato anche da noi sotto buoni auspici e con grande entusiasmo, il fenomeno si è trovato imbrigliato nelle maglie di una rete lenta e mal funzionante, che ha causato discriminazioni tra chi può contare su una buona connessione e chi no: il cosiddetto digital devide. La situazione delineata nel Rapporto 2013 dunque fa riflettere. A Pantaleone Sergi ha fatto venire in mente il concetto di “instabile instabilità”, nel senso che in Basilicata, il mondo dell’informazione nonostante tutto,

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tiene e riesce anche a realizzare prodotti di buona qualità cartacei e on-line (quotidiano o periodico), televisivi e radiofonici. L’autore cita le maggiori testate riassumendo per ciascuna la storia e lo stato attuale. Ma non si ferma qui. Analizza altre realtà, strutture che fanno loro da supporto come la Regione Basilicata nella doppia veste di editore ed agenzia di stampa, il Co.re.com. sentinella di una informazione equa a tutela degli utenti ed arbitro nei contenziosi attinenti la comunicazione, il forMedia ente formativo non solo in ambito della professione giornalistica, l’Associazione della Stampa (giunta al suo 20esimo anno di vita), l’Ussi, l’Ucsi e l’Ordine dei Giornalisti lucani attivi nella tutela della categoria anch’essa lavorativamente in affanno. Sono tutte realtà, queste, che operano attivamente sul territorio e la cui efficacia è riconosciuta anche a livello nazionale. Sono loro che assieme alla dedizione degli operatori del settore impediscono all’informazione lucana di indietreggiare con tutto il carico di negatività sulla formazione di un’opinione pubblica attenta e consapevole, che in Basilicata esiste. L’assenza di quest’arretramento porta Sergi alla conclusione che esiste un “caso lucano”, un’anomalia secondo la quale l’informazione si trova bloccata in mezzo al guado tra gli old media e new media. Non ha battuto in ritirata ma ancora manca di quella spinta propulsiva che le consente di fare passi avanti come quelli avviati con entusiasmo dieci anni fa.


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Liceo Pasolini, un servizio con la testa ai ragazzi...

n servizio dedicato ai ragazzi e ai loro pensieri. Al liceo scientifico “P.P. Pasolini” di Potenza è attivo lo sportello di counseling filosofico al quale possono accedere gli studenti una volta alla settimana, il venerdì dalle ore 9:20 alle ore 10:20. Il liceo, dunque, si apre alla comprensione dei problemi giovanili così come già da tempo stanno facendo diverse scuole del nord Italia. Questo nel tentativo di far superare quel disagio interiore che è di ostacolo alla loro serenità e al loro percorso di studio. L’idea è stata benevolmente accolta dal dirigente scolastico prof. Giovanni Latrofa, entusiasta per un progetto che comincia nel liceo dove la filosofia è una materia importante. Convinto del valore funzionale della filosofia rispetto alla vita, ha affermato che la scuola non può solo limitarsi alla didattica ma, in una società così complessa, deve sapere colloquiare con i giovani sempre più alle prese con situazioni di disagio. Lo sportello è stato affidato alla prof.ssa Maria De Carlo ed è nato da una convenzione con la Mefitis, cooperativa di solidarietà sociale di Napoli tra le cui attività vi è proprio un corso di alta formazione in counseling filosofico, e lo stesso

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liceo “Pasolini”. Ha una duplice valenza poiché oltre a fornire ai ragazzi uno strumento per capire meglio se stessi, permette loro di entrare in contatto con una materia che, nei tempi veloci che stiamo vivendo, serve a restituire il tempo, appunto, alla riflessione. L’avvio ufficiale è avvenuto lo scorso 5 novembre presso lo stesso Istituto ed è stato presentato da esperti che hanno relazionato sul tema “La filosofia come cura”. Ricercare la felicità, incontrare gli altri e contagiarli con le nostre esperienze e sensazioni sono i tre verbi con cui si è dato inizio ad una discussione che, partita dall’analisi del disagio giovanile, è confluita nella necessità di tornare alla centralità del pensiero. La filosofia può veramente essere una cura laddove il disagio dei giovani risulta essere molto diffuso e quindi non più riducibile a patologia individuale. Spesso i ragazzi soffrono, hanno perso l’entusiasmo e a volte non riescono nemmeno a darne una spiegazione. La nostra epoca è complessa, si basa su logiche di profitto personale; la crisi si percepisce ad ogni livello e questo genera disorientamento ed ansia. Oggi più che mai c’è bisogno di filosofia. Di una corrente che ribalti l’ordi-

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ne dei valori e che anteponga all’edonismo la logica del no profit la quale, investendo nell’affinamento della capacità critica delle persone, favorisca lo sviluppo del pensiero democratico. Di una voce che, nell’epoca della internazionalizzazione, sappia parlare a persone diverse culturalmente presenti in ogni istituzione della società. Pensiamo ai figli di immigrati che frequentano le nostre scuole e per i quali bisogna cercare un approccio che rispetti anche le culture di provenienza. Platone diceva: “La filosofia nasce dalla meraviglia, dallo stupore” ma oggi, come è emerso dalla discussione, si può validamente dire che nasce anche dal disagio, dalla contrapposizione, perché crea il dubbio, alimenta il pensiero, lo affina, lo rende più razionale e consapevole. E’ la filosofia che ha permesso lo sviluppo delle scienze esatte. Lo sportello di counseling filosofico intende far capire ai ragazzi tutto questo, spingerli al ragionamento per indurli a valutare appieno potenzialità e limiti. A seguire le proprie attitudini perché è in questo sentiero che possono trovare la chiave della felicità. an.mo.


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L’architetto dei desideri e il bello quotidiano

’architetto dei desideri. Così si può definire l’attività che si è inventata Loredana Ruggieri, giovane architetto di Matera per differenziare la propria professionalità. Ruggieri si è creata una nicchia di mercato specifica per trasformare il progetto in “bello quotidiano”. I suoi progetti per abitazioni o negozi sono come scenografie, adatte a creare atmosfera in un angolo della casa. “Spesso i clienti – afferma- mi chiedono progetti che rappresentino le loro passioni, da rendere attraverso allestimenti specifici. Ho iniziato proprio per committenze private. Mi hanno incaricata della progettazione e direzione lavori di centri estetici, negozi di abbigliamento, edicole funerarie, interni di sala ricevimento, interni di appartamenti con creazione di ambientazioni a tema e arredi disegnati su misura. Attraverso questi lavori ho potuto sperimentare concretamente la sinergia delle arti applicate, mezzo per abitare lo spazio architettonico in forma più armonica”. Architetto eclettico che mira a personalizzare uno spazio sulla base dei desideri del committente, Ruggieri parte dall’ascolto di ciò che piace e lo rende visibile in uno spazio. “Mi piace rendere visibile un concetto invisibile -continua-. A tal proposito mi sono resa disponibile ad elaborare graficamente un bozzetto per il Carro Trionfale di Maria SS. della Bruna del 2013 dal tema: Il

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Concilio Vaticano. Presentato nel Salone degli Stemmi dell’Arcivescovado di Matera, il bozzetto è risultato vincitore nella sezione animatori”. Per lei la scenografia non è solo finalizzata all’ambiente teatrale in senso stretto. Ogni casa può essere costituita da camere aventi ognuna l’espressione di un tema preciso e di una personalizzazione fatta su misura. “Sono soluzioni economiche –sottolinea Loredana Ruggieri- di semplice intervento, sempre rese compatibili con il budget a disposizione. Stesso principio applicato per la progettazione di negozi e vetrine annesse; per la progettazione di allestimenti scenografici di eventi matrimoniali, aziendali e di altro genere. L’ obiettivo è far vivere emozioni, sognare. Per me il sogno è vivere concretamente la realtà raggiungendo obiettivi di beltà”. Sin da bambina le piace osservare e vivere la natura, riproporla su carta ed apprenderne i principi nascosti in essa. “I miei giochi? I colori per disegnare ed iniziare a costruire piccoli recinti e casette come fossero costruzioni. Il regalo più bello ricevuto nell’infanzia: un libro di arte contenente le tecniche pittoriche da sperimentare. Ho seguito con passione la ristrutturazione della casa dei miei genitori intervenendo nelle scelte dei genitori cercando di capire ed immaginare la distribuzione degli arredi. Così ho fatto mio il desiderio di arredare la casa con amore,

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armonia e bellezza mentre ho appreso da mio padre l’ importanza della meccanica e della tecnica quale mezzo per rendere funzionale gli oggetti di arredo”. Insegnamenti messi in pratica nella professione e che hanno fatto del lavoro di Loredana Ruggieri una professione originale, creativa e ricercata. gi.ma.


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Tre collettive italiane per Cesare Maremonti embra lunga ed interessante la strada intrapresa dall’artista materano, Cesare Maremonti. Dopo l'esposizione estiva "Tra Cielo e Mare" presso il rinomato resort degli Argonauti, ha continuato il suo percorso con la sua presenza in tre importanti collettive: la prima "In Medio Stat Virtus" ospitata nelle sale del magnifico Castello di Roncade nella zona di Treviso, organizzata dalla Galleria Soqquadro di Roma; subito dopo ha partecipato alla mostra "L'incomunicabilità di oggi" presso lo Spazio Museale di Sabrina Falzone a Milano, introdotta dal prof. Aldo Maria Pero. Ha seguito la mostra "Colours vs Black" nella Weart Gallery in provincia di Varese che ha ospitato due sue opere dal titolo "Equilibri Instabili". A fine Ottobre ha presentato i suoi lavori con uno stand personale alla Art Fair di La Spezia dove ha suscitato notevole successo. Dopo di che ha proseguito la sua esperienza "fieristica" con l'imperdibile appuntamento di Novembre ad Arte Padova dove -anche questa volta- il pubblico ha premiato i suoi quadri e il suo pensiero artistico. Inoltre lo scorso 30 novembre si è inaugurata una

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delle storiche gallerie del nostro paese, La Telaccia di Torino, la mostra di Natale dove l'artista partecipa con due quadri ad olio della serie "Costruttori di Linee", introdotti dalla critica d'arte Monia Malinpensa. Infine, dai primi di Dicembre, sarà nuovamente ospite della Weart Gallery che ha

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voluto coinvolgerlo nel progetto "L'arte in Bottiglia" in occasione delle festività natalizie. A noi non rimane che augurargli buon proseguimento, contando di rivedere presto una sua esposizione anche nella nostra Basilicata. gi.ma.


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Carlo CALZA Jr.

Da Roma un mes

L’Associazione dei lucani, un ponte ve n occasione della fine dell’anno abbiamo incontrato Filippo Martino, presidente dell’Associazione dei Lucani a Roma. A lui abbiamo rivolto qualche domanda per fare un virtuale bilancio dell’attività svolta in questo 2013 e per sottolineare l’importanza e il ruolo che l’associazione ricopre sul panorama lucano.

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L’associazione dei Lucani a Roma nasce nel 1994. A chi è venuta l’idea di riunire i Lucani in un’associazione e perché? Un gruppo di persone capitanato dal giornalista Raffaele Garramone e l’artista Rocco Falciano, all’inizio degli anni ’90 costituirono l’Associazione dei Lucani a Roma. L’associazione non ha solo l’obiettivo di riunire e aggregare i lucani a Roma, ma anche di far conoscere la Basilicata. Attualmente ci troviamo a fronteggiare una stampa che parla di Basilicata quasi esclusivamente per fatti di cronaca, ma la nostra

terra è fatta anche e soprattutto di gente che presidia il territorio, che combatte, e appunto noi vogliamo far uscire dalla Basilicata questi messaggi positivi e lo facciamo attraverso le nostre serate e i nostri eventi; negli ultimi tempi i social network ci stanno dando una ulteriore spinta in questo senso, permettendoci di raggiungere virtualmente anche chi non riesce fisicamente a partecipare ai nostri incontri. Oltre a un’attività di networking, l’associazione si fa promotrice di valori culturali e artistici. Vogliamo ricordare le attività più importanti e gli obiettivi raggiunti negli ultimi anni? Quest’anno è nato all’insegna di Matera 2019. Noi abbiamo percepito subito l’importanza che questa iniziativa può avere, abbiamo assistito all’evoluzione delle città che negli scorsi anni hanno raggiunto questo traguardo e non possiamo non promuovere Matera conoscendone il valore

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attuale e potenziale. Un primo traguardo è stato raggiunto a metà novembre quando Matera è entrata fra le sei “finaliste” al pari di città come Venezia. Poi abbiamo dedicato un appuntamento alla fotografia ospitando una mostra di Carlos Solito, un artista pugliese innamorato della Lucania. In seguito si è parlato di parchi nazionali, di turismo con il Circolo Velico di Policoro e di salute con il prof. Carratelli. Il filo conduttore rimane sempre la nostra terra, laddove non si parli di luoghi o personaggi lucani si riesce ad affrontare argomenti di carattere universale, ma individuando sempre delle personalità lucane che possano avere un ruolo di spicco nei vari ambiti. Abbiamo avuto l’onore di ospitare Matilde D’Errico, venosina regista di “Amore Criminale”, in occasione della festa della donna; perciò anche in questo caso abbiamo parlato di un problema globale, ma sempre con un occhio rivolto alla nostra regione.


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essaggio positivo

te verso la Basilicata del futuro Qualche anticipazione per l’anno nuovo? Nel 2014 noi parteciperemo alle celebrazioni del quattrocentesimo anniversario della nascita di Gesualdo da Venosa. Stiamo scoprendo uno dei più grandi maestri di musica barocca, quindi dedicheremo sicuramente un appuntamento a lui; insisteremo ancora su Matera 2019; abbiamo un elenco di proposte che riguardano territori della Basilicata, in un calendario in definizione sicuramente non mancheranno gli argomenti e non deluderemo gli associati. In che modo riuscite a mantenere l’associazione? Quali risorse vi sostengono? L’associazione vive di tesseramento. L’equilibrio di gestione per chi non ha altri finanziamenti è un imperativo. La fortuna che noi abbiamo è che a Roma riusciamo ad accedere ad alcune fra le più grandi menti del Paese, e che queste persone si mettono sempre a disposizione senza chie-

dere compensi e, abitando spesso anche loro a Roma, non dobbiamo neanche prevedere spese di viaggio o pernottamento. La nostra attività prevede il pagamento dell’affitto della sede, una linea telefonica connessione internet, le spese necessarie a mantenere attivo il nostro sito; è un po’ dura mantenere l’equilibrio ma ci stiamo riuscendo. I lucani a Roma hanno sempre lo sguardo rivolto al futuro… Credo che alla base delle nostre scelte ci sia la consapevolezza che la Basilicata è accomunata alle altre regioni del sud dai problemi e disagi tipici ma allo stesso tempo abbia caratteristiche che a volte attenuano e a volte accentuano tali problemi. Basti pensare allo spopolamento che in Basilicata è più presente che in altre regioni ma, allo stesso tempo, il valore che il settore energetico potrebbe avere per la nostra regione. Per questo motivo la nostra

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associazione cerca sempre di dare lustro ai personaggi e ai fatti storici della Basilicata, ma allo stesso tempo alterna e preferisce eventi che guardino al contemporaneo e al futuro. Riesce ad avere influenza sul territorio lucano un’associazione che effettivamente opera e si muove al di fuori dei confini della nostra regione? Non ho nessun dubbio nel rispondere con un “Si” convinto. L’associazione riesce, tramite la sua attività, a dare un supporto a chi vive in Basilicata e lavora per la Basilicata. È successo con Matera 2019 per cui nel nostro piccolo abbiamo supportato il grande impegno che i nostri corregionali ci hanno messo. Il nostro sostegno, quindi, è stato utile innanzitutto da un punto di vista psicologico. Inoltre noi riusciamo ad agire in parallelo con le istituzioni quando oggettivamente si creano presupposti e azioni positive per il nostro territorio.


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Donato SABINA

on poteva mancare, proprio in chiusura della nostra rubrica, l’unico argomento che sembra veramente interessare gli italiani (a parte gli schiamazzi politici nei talk show): lo sport. Anche se, quando si parla di sport, in Italia, è quasi superfluo sottolineare che l’unico sport veramente seguito con interesse, da noi, è il calcio, cui sono dedicati la stragrande maggioranza dei blog settoriali. A dispetto delle statistiche o dei luoghi comuni però, va segnalato che nella blogosfera lucana, uno sport come il basket, ad esempio, “si difen-

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de” molto bene. Dobbiamo infatti menzionare due blog: “blogbasket” (www.blogbasket.ilcannochiale.it) e “Pallacanestro Senise”(pallacanestrosenise.blogspot.com). Mentre il primo blog si caratterizza per un taglio più regionale, spaziando dalla serie B alla serie D, dal basket femminile alle giovanili ed al minibasket, il secondo si propone invece come blog “molto fazioso” della Società Pallacanestro Senise. Entrambi risultano essere (udite udite!) più seguiti dei blog ‘calcistici’ lucani, che -a dire il vero- non sono proprio tantissimi. Anzi, si possono contare sulla punta delle dita. Quali sono? Iniziamo con “Diariocalcistico”, che è un blog interamente dedicato al mondo del calcio, con notizie ed osservazioni personali. Ancora più dettagliato è il sito “calciolive”, che si allarga non solo alla serie B, ma anche al calcio estero. Il blog elenca, inoltre, preziosi link che vi permetteranno di vedere gratis (wow!) tutte le partite che vi interessano, tramite il sistema “streaming”.

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Il sito www.socialcalcio.com, piuttosto che come un blog si presenta come un collettore di siti su tutto ciò che ha a che fare col mondo del calcio: dalle “quote calcio” al calcio in streaming, dal calcio balilla all’abbigliamento ed agli accessori per il calcio. Il “calcio secondo px” pagina che “parla in un modo nuovo di calcio”, si presenta come un blog collettivo che dà molto spazio alle opinioni ed ai commenti alle partite. Il suo fondatore, Pierangelo Comparato, collabora con un altrettanto famoso blog calcistico nazionale “Crozzopizzo”. E se -per concludere- oltre che guardare il calcio vi piace anche scommetterci sopra, è inutile ricordarvi che dovete farlo innanzitutto “con moderazione” e “responsabilmente”, dopo di che potete avere dei preziosi suggerimenti visitando il blog CISCOMMETTO (www.ciscommetto.altervista.org), che vi propone strategie semplici e poco dispendiose per non far vincere sempre il banco. Buon divertimento!


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T R A L E R I G H E

D’IO VASCONVOLTO IL LIBRO DI uesto libro ha una chiave di lettura: la libertà. La libertà di vivere a proprio modo senza condizionamenti, di essere se stessi. La libertà che sconfigge il pregiudizio permettendo di mostrarci per quello che siamo. D’io Vasconvolto (Edizioni Albatros) è il libro che Michele Caporale dedica al suo mito Vasco Rossi, il famoso cantautore, seguitissimo da un pubblico ampio che lo ama da generazioni. Potentino, laureato in Lettere Moderne con una tesi in filosofia teoretica proprio su Vasco Rossi, Caporale in queste pagine traduce tale ammirazione in un’analisi profonda della psiche e dell’animo di quello che è considerato il massimo esponente della musica rock italiana partendo dall’esaminare ciò che si realizza in uno dei suoi concerti, tra fans entusiasti che si fondono in un’unica entità, in un unico istante felice. Per poi connetterli alla psiche e all’animo di uno qualunque di questi fans, nel libro indicato con il nome M., in una sorta di connubio inscindibile. Blasco, la sua musica liberatoria, i suoi testi poetici e i temi universali da lui trattati. Caporale di ciascuno fornisce una puntuale spiegazione filosofica, soprattutto in relazione alle considerazioni che il cantautore fa di essi. Temi in cui possiamo leggere l’andamento e/o le storture della società fra cui risalta il conformismo e l’apparire, nemici della diversità che fatica a farsi largo e ad essere compresa; gli alti e bassi della vita, le inquietudini dell’esistenza vissute soprattutto da chi si pone continuamente domande e va all’assidua ricerca di risposte; l’inquietudine di chi sa dire “no”. Vasco osserva, studia la società e tira le somme consapevole che quanto da lui intuito può non corrispondere a verità assoluta, e forse nemmeno lo pretende. In lui c’è più la volontà di lanciare messaggi affinché ognuno continui a tutelare e far progredire la propria indole e personalità, e a preservare quella originalità umana che rende bello il mondo e la vita anche se questa molto spesso è in salita. “Pro-gettare continuamente se stessi, “trovarsi sempre in viaggio”, evitando, possibilmente, i tempi

MICHELE CAPORALE

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Nell’ampio e articolato sviluppo della vita e dell’opera di Vasco ogni aspetto ed evoluzione, a partire da quel significativo “sentimento” – la noia – dal quale si dipartono i due assi, artistico ed esistenziale, del grafico tutto, è sublimato da quell’ “accordo” fra musica e parole che trasforma l’orrore in incanto. Michele Caporale morti in cui la noia può tornare ad annidarsi entro le pieghe della vita che passa”, scrive l’autore cogliendo il monito del cantautore a non lasciarsi sopraffare dagli eventi sfavorevoli ma a reagire facendo affidamento sulla forza interiore positiva che è sempre in noi. E in un altro

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passaggio del libro continua, “Vivere: vero inno, tutto vaschiano, beninteso, alla vita da intendersi come vicenda continua di responsabile oltrepassamento del ciclico ri-conoscersi tra noia e sofferenza”. an.mo.


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DAVID MARIA TUROLDO. IL FUTURO E’ DI DIO

IL LIBRO DI NICOLA MARTELLI crive questo libro come atto di sorprendentemente attuali. Negli Non c’è una lacrima, gratitudine verso chi ha significascritti e nelle orazioni del servita, to tanto nella cultura sia civile Vecchio e Nuovo Testamento infatti un evento luttuoso oppure che religiosa del nostro Paese. Lo scrivengono ripresi per spiegare i fatti una circostanza lieta che possa ve con lo scopo di non far calare il della realtà, le conseguenti ingiustizie silenzio su una delle figure più carie ricompense che ciclicamente si lasciare indifferente un cristiano. smatiche del Novecento italiano, noto ripresentano anche se con una nuova Il messaggio lanciato anche all’estero, che seppe attingere veste. Attraverso la Bibbia rilegge l’odalla sua profonda spiritualità la forza locausto, le guerre, le discriminaziocon insistenza da Turoldo dell’attivismo pratico per costruire ni, il dolore ma anche la giustizia, la è che chi si professa religioso una società giusta basata sull’amore pace, l’amore, la speranza temi ricorfraterno. David Maria Turoldo. Il futurenti che sono insiti nella vita dell’uonon può pretendere ro è di Dio, SMDR Edizioni, è l’ultimo mo sin dalla sua comparsa sulla di essere creduto dagli uomini, lavoro letterario con cui Nicola terra. Questo parallelo ha reso indiMartelli, originario di Tricarico menticabile padre Turoldo la cui origiquando prega o parla (Matera), insegnante di materie lettenalità è espressa anche dall’intensa e di cose di Dio, rarie nella Scuola Media Inferiore, premiata produzione letteraria (fra i consegna a futura memoria la vita e tanti, Premio “Saint Vincent” 1947; se non ha l’accortezza l’opera del sacerdote friuliano nato in Premio Basilicata, Potenza 1989) di conoscere i problemi umani provincia di Udine nel 1916 e morto fatta di toccanti poesie simili a prea Milano nel 1992. Ultimo di nove ghiere e di versi espressivi della reale di coinvolgersi in essi. figli, David Maria Turoldo, al secolo tà terrena in ogni sua forma. Nicola Martelli Giuseppe, riesce ad elevare il suo Un’originalità purtroppo fraintesa, per stato di indigenza in vocazione e spilo più da chi, negli ambienti religiosi, rito di carità fino che lo inducono alla confonde il suo agire con “modernità vita sacerdotale attraverso l’Ordine rivoluzionaria” e per questo punibile. del Servi di Maria. Ordinato sacerdote nel 1940, si trasferisce a Un’etichetta però sempre respinta dal servita convinto fino in Milano dove consegue la laurea in Filosofia, presso l’Università fondo del suo tradizionalismo asservito ai dettami biblici nei quali Cattolica, e dove ha modo di mettere in pratica la sua indole ha letto l’attualità dei tempi divenendone lui stesso partecipe. benevola a favore dei più deboli ai quali ha dedicato la sua misTuroldo, infatti, ha saputo analizzare ed analizzarsi paragonandosione pastorale. Entra nella Resistenza combattendo il si con chi riteneva a lui più affine come Leopardi, Pasolini e Nazifascimo con “l’arma” della parola “brandita” nel giornale Rebora. “L’uomo” che clandestinamente redige con altri giovani milanesi, Con questo testo, dunque, Nicola Martelli presenta al pubblico la sacerdoti e non, e ai docenti dell’Università Cattolica. Insieme dimensione spirituale ed umana di un uomo che ha cercato fino mettono a disposizione la loro cultura a favore della democrazia, alla fine dei suoi giorni la pace attraverso il dialogo con Dio e con della rinascita del Paese, della salvaguardia della dignità umana gli uomini. Nel libro l’autore riporta: «Nell’ultimo periodo della sua contro ogni forma di sopruso. Parola uguale azione, Turoldo fa di vita stanco e malato asserì fortemente: “O l’uomo è uomo di pace questa equazione la colonna portante di un pensiero e un agire o non è uomo!”». che affonda le fondamenta nelle Sacre Scritture da lui ritenute an.mo.

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D O L C E & S A L A T O

VOGLIA DI CIOCCOLATO Carla MESSINA

en ritrovati. Il tempo continua la sua inarrestabile corsa, sembra rincorrere se stesso e mentre noi ci lasciamo coinvolgere dagli eventi lui inesorabile sancisce il passaggio di un'altra generazione, di un nuovo tempo ma anche di nuove tendenze. Il 2013 è stato un anno di cambiamenti, sia a livello personale, sia a livello Nazionale e Regionale, l’epoca questa, del terrorismo, di internet, delle baby-squillo,

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di uomini che uccidono le donne, siano esse mogli, madri, figlie o semplici conoscenti; di crisi dei ruoli e mancanza di rappresentanza e riferimento, di una politica sempre più corrotta e vuota, priva non solo di ideali ma soprattutto priva di punti di domanda. Urlatori professionisti si spacciano per nuovi messia portatori della luce e della rivoluzione che tutto cambia e stravolge riportando l’ordine dal caos. Tempi

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nuovi, moderni, molto simili però ad un passato troppo recente. Un’intera generazione in sofferenza e senza possibilità vive al collasso dell’essere, completamente a carico dei propri genitori, aspetta rassegnata di poter prendere alloggio sotto un ponte sperando che il fitto non sia salato…! Già, sotto un ponte. Questo perché figli di una politica corrotta e clientelare. Ecco, non basta esser laureati, specializzati, indottrinati, bisogna essere un po’ “agganciati”! Con una pedata sul sedere ben stampata e con firma autorevole. Ma, il 2013 è anche l’anno delle elezioni Regionali e tutto è cambiato! La Basilicata, soprannominata la California Italiana, detta i suoi ritmi, tra energie rinnovabili, petrolio, acqua, ricchezza dell’sottosuolo, bellezze paesaggistiche, culturali, candidatura a capitale Europea della cultura per la bellissima città di Matera, prodotti tipici, parchi Naturali, gente socievole e ben disposta all’innovazione e cambiamento, ottima qualità dei servizi e buone capacità intellettive. Di contro, un numero sempre maggiore di giovani è costretto ad abbandonare questa terra perché la sua ricchezza non le appartiene e viene costantemente violentata nell’intimo. Sono le cose semplici che rendono gli eventi, i fatti, la storia, unici ed irripetibili ed ognuno dei cittadini Lucani questo lo sa bene tanto che tutto quello che fanno lo sanno fare bene, loro!!! La zona Ionica sempre più devastata da calamità naturali che tanto naturali poi non sono perché figlie di mancanza di manu-


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69 tenzione e negligenza, sta completamente perdendo la sua forza economica che è l’agricoltura, conosciuta e riconosciuta per le sue arance, le olive. Tutti i prodotti della terra, che sono serviti a conseguire l’appellativo di piccola “California”, rischiano di trasformarsi in un vano ricordo. Un’intera generazione sta vedendo il proprio lavoro e quello dei propri avi andare a rotoli, perdendo non solo un ingente capitale economico ma anche un ingente capitale storico, emotivo, familiare che non verrà risarcito perché nessuno vuole riconoscerlo. Ma si può accettare di buttare via un territorio che vive dei suoi prodotti e che ha fatto di questi il suo punto di forza? Molteplici sono le primizie del territorio, dagli agrumi, alle fragole, alle percoche, alle olive e tanto altro ancora, prodotti apprezzati in tutto il mondo, indice di grande qualità tanto da conquistare marchi come IGP, DOP, etc. Ovviamente non stiamo parlando solo di agricoltura, ma dell’intero comparto economico che viene così minato alla fonte in maniera inesorabile. Di conseguenza tutta l’economia della Regione risulta essere in sofferenza e quello che era un punto di forza risulta essere una grande debolezza territoriale. Nella mente ancora vive il ricordo di mani sapienti che plasmano il territorio con amore, regalando alle nuove generazioni non solo una speranza ma grandi opportunità, opportunità di lavoro, di crescita, di benessere. Oggi sono concetti astratti, desiderati ma paradossalmente più lontani di quanto non lo fossero per i nostri genitori, la generazione dei “Mi piacerebbe”. Visto che siamo nel periodo Natalizio colgo l’occasione per esprimere un desiderio, “mi piacerebbe che la nuova giunta Regionale potesse difendere il territorio come se gli appartenesse, come se ogni pietra, ogni fuscello d’erba, ogni frutto fosse figlio del suo operato, figlio di un grande sacrificio ma anche di un grande atto d’amore per se stessi e poi per gli altri, per tutti quei Lucani che avrebbero voluto dire la loro ma non hanno potuto, per quella Terra che, nonostante tutto, regala i suoi frutti spontaneamente e non lascia nulla al caso. Il periodo Natalizio è il momento della goliardia, del piacere anche dei sensi; tutto è più buono, si dà libero sfogo ai desideri. Sono proprio i desideri, quelli che poi finiscono per coinvolgere tutti, che lasciano nascere delle cose buonissime, poco importa se siano o meno mani sapienti. Quello che conta sono le intenzioni; per questo quello che è buono è semplice, paradossalmente a portata di mano. Mi auguro possa essere altrettanto a portata di mano per la nuova giunta Regionale che ha oggi una grande responsabilità: la nostra!!!” Intanto ci consoliamo con tutte quelle bontà che rendono il Natale bello a prescindere, quella voglia di cioccolato che, soprattutto, a Natale prende il sopravven-

La ricetta... “Mustacciuoli” Ingredienti: farina doppio zero, zucchero semolato, cannella, chiodi di garofano, coriandolo, anice stellato, noce moscata, cacao amaro, lievito per dolci, arance, mandarini, acqua calda, cioccolato fondente. Procedimento: Su una spianatoia versate la farina a fontana ed andate ad incorporare zucchero semolato, cacao amaro, le spezie ben tritate, il lievito per dolci. Grattugiamo sia la buccia di una arancia che di un mandarino ed incorporiamo anche del succo di arance delle zone Ioniche (Metapontino). Impastiamo il tutto fino a raggiungere un panetto compatto ed omogeneo. Vi accorgerete sin da subito del profumo speziato e della pienezza degli agrumi. Lasciate riposare l’impasto per almeno un’ora in frigo, poi con l’ausilio di un matterello stendete una o più sfoglie alte circa 1 cm. Con un coltello tagliate dei rombi della dimensione che più vi piace. Nel mentre avrete riscaldato il forno ad una temperatura di 200°. Proseguite adagiando i rombi su una teglia da forno, ponendo al di sotto un foglio di carta da forno. Lasciate cuocere a 180° per circa 15-20 minuti, poi lasciate raffreddare. Nel mentre sciogliete del cioccolato fondente a bagnomaria e, quando i mostaccioli saranno completamente freddi, versate sopra il cioccolato. Poneteli poi in frigo o in un luogo fresco e asciutto, mangiateli quando volete magari accompagnati da un buon liquore.

to. Tutte quelle leccornie ci avvicinano di un piano alla consacrazione dei sensi, di tutto, di più, ogni ben di Dio soggiorna nelle nostre case e nella nostra mente, spesso si va a dormire pensando già a cosa si mangerà al risveglio e per tutto il tempo si vive in funzione del pranzo, poi della cena, per poi ricominciare con la colazione. Nel periodo Natalizio tutti i piatti Lucani, dal dolce al salato si vestono di tradizione, realizzando un sacro connubio tra le diverse influenze culturali che trovano le loro radici nella storia. Così, si va da un largo uso di frutta secca, al pesce, alla carne, alla pasta, ai salumi, fino a coinvolgere le spezie, figlie di un oriente sempre più vicino. Il cioccolato, tanto amato sia dai grandi che dai più piccini, trova un largo impiego nella cucina tradizionale, soprattutto in sodalizio con quei dolci tipici che rendono il Natale un po’ più vero. Ed ecco arrivare in tavola,

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panzerottini con cacao e castagne o ceci, a seconda del paese di provenienza o, semplicemente, delle “Casatelle” con miele o zucchero a velo - i più originali li fanno con coriandoli di zucchero colorati - “scruppedde”, sia dolci con il miele che salate, “Rococò” con zucchero glassato, “Mustacciuoli” con spezie e cioccolato; poi ci sono le pizze e tanto altro ancora. Noi, per questa volta, ci fermiamo e diamo spazio ad una ricetta figlia del Sud Italia in genere, simbolo di un intera zona del paese per alcuni aspetti accomunato, che nasce dall’associazione di ingredienti apparentemente in contrasto ma che, in realtà, ben dosati creano un connubio perfetto. Stiamo parlando dei “Mustacciuoli” che inoltre ben si sposano con un buon liquore, un dolce più per gli adulti che per i bambini, un dolce pieno di “Responsabilità”!!


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MATERA E IL

OGNUNO HA UNA F CHE NON RIESCE A HA BISOGNO DI QU E L’INCANTO NEGLI

Arsenio D’AMATO

gni santo giorno, dopo mangiato, mastro Eduardo si rannicchiava e faceva, sempre, un pisolino. Noi aiutanti, invece, riprendevamo a trasportare i materiali per la posa in opera e, puntualmente, non appena si svegliava, ci ripeteva: "Sono stato nel mondo dei sogni e ho incontrato il Conte Tramontano che mi ha detto di non lasciare mai le cose a metà… perciò diamoci da fa’… che il sogno non è che un elemento della condizione umana.". Prima di rimettersi al lavoro segnava, con la sua matita da muratore, una di quelle rosse, lunghe e piatte, le nostre presenze. Cosa che gli sarebbe servita, per pagarci a fine settimana. Avevo notato che le presenze le metteva su una rubrica nera e non sull’agenda delle misure. Ci avevo fatto caso perché lui stesso, ogni tanto, parlava di quel libro nero, che custodiva gelosamente. Tutti noi lo consideravamo un po’ come un registro scolastico e ne rispettavamo, come tale, quella mistica sacralità. “Questo non lo dovete toccare, mai!” – intimava a chi, anche per sbaglio, ci si avvicinava. “Io parlo in faccia! – diceva – Nella vita bisogna sempre metterci la faccia! Sempre! Non puoi giocare sotto falso nome. Che io, per farlo, sono stato radiato”. Si riferiva ai tempi di quando giocava nelle giovanili e, per fare un piacere a un ragazzo più grande, si erano scambiati i documenti. Scoperti e sotto pressione, aveva cantato… Eppure lui, mastro Eduardo, era uno che parlava poco. Almeno da come lo vedevo io. Che avevo poco più di sedici anni, abitavo poco lonta-

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no da Matera, ma mai avevo visitato i Sassi. Mastro Eduardo, invece, ne era affascinato ed un venerdì, che eravamo nei pressi, al posto di schiacciare il suo consueto pisolino, ci portò a vederli. Gran bella persona. Non doveva fare il muratore e girare su quel vecchio camion scoppiettante, ma avrebbe potuto fare il maestro di scuola per come era capace di trasmettere conoscenze ed entusiasmo. Mi piacevano quelli come lui. M’incantano, tuttora, le persone che

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quando non hanno nulla da dire sanno restare in silenzio. Quelle che comunicano con gli sguardi. Credo ai solitari, perché non hanno bisogno di mostrarsi per quello che non sono, solo per piacere a tutti. Credo a tutte le persone che credono in qualcosa, ma soltanto a quelle che ci credono davvero. In quel breve viaggio, nel camioncino, mi ero appisolato io, ma nessuno se ne accorse. Mezzo milione di persone visitano Matera


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E IL CASTELLO INCOMPIUTO

UNA FAVOLA DENTRO SCE A LEGGERE DA SOLO. DI QUALCUNO CHE, CON LA MERAVIGLIA EGLI OCCHI, LA LEGGA E GLIELA RACCONTI.

PABLO NERUDA

Prima Parte

Le vicende e gli eventi raccontati in questa storia sono di pura fantasia ed i riferimenti a personaggi e realmente esistiti, o fatti veramente accaduti, hanno esclusiva funzione narrativa.

ogni anno. Più della metà lo fa in una giornata. Qualcuno le dedica un paio d'ore. A me bastò mezz’ora. Scendemmo nel canyon della gravina dall'accesso di via Madonna delle Virtù per poi risalire fino al Belvedere. Il colpo d'occhio sulla città e sul Sasso Caveoso, in gran parte ancora disabitato e in attesa di essere trasformato in museo, fu molto suggestivo e ci preparò a entrare nella storia antica e in quella più recente della città. Da lì si vedevano i palaz-

zi signorili del centro, il profilo dei nuovi e moderni quartieri e il “castello incompiuto”, divenuto simbolo del riscatto cittadino, proprio quello del defunto Conte Gian Carlo Tramontano, feudatario di Matera… Il nostro capo squadra diventò un ottimo cicerone e la sua fu una dichiarazione d’amore a una città, Matera, vetusta ma proiettata nel futuro, come una moderna Gerusalemme. Mastro Eduardo aveva radici catanesi e paragonava quell'aria che si

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respirava fra i Sassi, quel respiro turistico e quel rispetto quasi mistico per un patrimonio artistico dell'umanità a quanto aveva potuto vedere, da ragazzo, in una gita, con la sua famiglia, nella Valle dei Templi ad Agrigento. Rassomigliava a un cantastorie che raccontava ai ragazzi di oggi la storia della sua generazione e quella dei padri e dei nonni che avevano superato prove che noi non riuscivamo neanche a immaginare. Decisi, incantato, che, ai Sassi, ci sarei tornato da solo. D’altronde quel lavoro da manovale era soltanto un pegno da pagare per essere stato rimandato. Mio padre mi pagava le ripetizioni estive ed io mi pagavo, lavorando, le agognate vacanze in Sicilia, con gli amici, in campeggio. Ero stato rimandato in italiano e la professoressa che mi dava lezioni private, in attesa delle riparazioni settembrine, mi aveva chiesto, oltre allo studio che seguivo da lei il sabato, di redigere un diario di bordo della mia estate, anche un po’ romanzato se volevo, anche inventato, ma che esprimesse i miei pensieri e le mie congetture. Io, che già facevo fatica ad andare da lei al sabato, non avevo ancora iniziato ed eravamo già in agosto. Se solo avessi scritto una pagina al giorno, sarei stato come minimo sulle quaranta. Il giorno successivo, al posto di andare a ripetizione, mi recai, col mio “Si – Piaggio” blu ai Sassi. Mi procurai una guida cartacea e m’involai per quelle strade che avevano osteggiato il tempo. Ero pronto a perdermi nelle vie e nel sottosuolo di Matera. Non fu facile rendermi conto di quanto fosse profonda - letteralmente - la


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L O O K A N I A

città. Scesi nell’incredibile cisterna sotterranea di Piazza Vittorio Veneto, Il palombaro lungo, continuai con gli ipogei e le chiese rupestri protagoniste di storie di abbandono e rocamboleschi furti di affreschi, entrai nella Casa cava e poi risalii per camminare senza meta, seguendo il caso o gli itinerari turistici. Era pochissima la gente del posto che avrei potuto incontrare se avessi fatto quella stessa strada in un giorno infrasettimanale. Camminai poco lontano da un volantino di un mercatino sporcato dall’orma di una scarpa da ginnastica. Lo raccolsi comunque, che il mercatino mi interessava. Quando gli occhi furono saturi della bellezza arcaica di questa città, o, più plausibilmente, quando non ebbi più spazio negli occhi per scattare altre simboliche fotografie, aprii le orecchie. Ovunque c’erano storie da ascoltare, da quelle di chi staccava il biglietto di ingresso per un museo e ricordava i forni comuni in cui si andava a cuocere il pane a quelle ancora più vecchie raccontate, però, dai giovani materani che volevano far rivivere le tradizioni e dare nuovo slancio alla città. Ero soddisfatto e tornai a riprendere il mio motorino. Volevo farmi un giro per le bancarelle del volantino. Si trattava del Mercatino degli Scambi di Piazza Vittorio Veneto, ricco di stand di libri usati, cd, vinili, mobili antichi, collezionismo, e tanto altro. Avevo letto che si teneva soltanto il terzo fine settimana di ogni mese. Mi sentivo fortunato, e non potevo non dare un’occhiata visto che prima, preso dalla visita ai Sassi, non avevo prestato attenzione a tutta quella confusione. Vicino ai portici della biblioteca provinciale, presso un banco di oggetti usati, comprai una vecchia valigetta di pelle. Mi piaceva perché il colore mi ricordava un’annosa poltrona di mia nonna e perché la pelle logorata mi stregava. Amavo tutto ciò che, attraversando il tempo, poteva giungere nelle mie mani. La sorpresa più bella mi aspettava a casa. Ero nella mia stanza e, aprendo una sacca all’interno della valigetta, trovai un

manoscritto. Un centinaio di pagine consunte, scritte a mano e legate fra loro con del filo per cucire. La grafia meticolosa, senza sbavature, minuta. Nomi, luoghi, date, riflessioni a margine di un lungo racconto scritto in bella copia. I fogli ingialliti e decrepiti, polvere degli anni trascorsi. Quelle pagine avevano qualcosa di familiare; non saprei dire cosa. Non era l'odore, non era neanche la scrittura. Certamente i numeri delle pagine mi ricordavano qualcuno. Da qualche parte avevo già visto quel modo di tracciare lo zero in verso orario. Anche il vezzo di segnare obliquamente, da parte a parte, la "Q" maiuscola, al mo' di uno zero spaccato mi era noto, ma erano quisquilie aleatorie. Condizionamenti di circostanza. Chissà chi aveva smarrito quella valigetta di pelle oppure a chissà chi era stata rubata. Parlava di Lucania e Trinacria, viaggi e saccheggi, villaggi e dileggi. Non era antico, ma molto vecchio si. Mi misi a leggere. Lo feci in modo zapping, partendo dalle ultime pagine. Mi parve che il finale fosse monco, come se l’autore non avesse terminato il suo lavoro. Più o meno a metà del manoscritto si parlava proprio del castello Tramontano, situato su una collinetta, chiamata collina di Lapillo, sovrastante il centro storico della città di Matera. Lessi del suo stile aragonese con un maschio centrale e due torri laterali rotonde, smerlate e dotate di feritoie. Lessi che fu fatto costruire a partire dal 1501 dal conte Gian Carlo Tramontano, feudatario di Matera anche se il nuovo re di Napoli, Ferdinando II, aveva promesso ai materani di non cedere più la città ad alcun feudatario, dopo che questa si era già liberata più volte dal giogo feudale pagando diversi riscatti per restare città libera ad autonomo reggimento, cioè dipendente direttamente dalla Corona reale. Invece il conte Tramontano, che vantava crediti nei confronti dell'Erario reale, chiese ed ottenne la Contea di Matera nel 1496. Il conte si rese presto inviso ai materani in quanto, con il

passare del tempo, si riempì di debiti, per far fronte ai quali tassava la popolazione con gravose imposte. Cominciò così la costruzione del castello, che era situato su una collina dominante la città, al di fuori delle mura cittadine, con lo scopo di controllo "feudale" dei terreni circostanti più che di difesa della città stessa. Pare che poi la costruzione avrebbe dovuto comprendere altre torri di difesa, le fondamenta di una delle quali è stata rinvenuta sotto la centrale piazza Vittorio Veneto di Matera insieme ad altri ambienti ipogei. Per la costruzione del Castello furono spesi ben 25.000 ducati e ciò andò a gravare ancor di più sulla popolazione. Fu così che alcuni cittadini, stanchi dei continui soprusi, si riunirono nascosti dietro un masso, che da allora fu chiamato “u pizzon' du mal consigghj”, cioè la pietra del mal consiglio, ed organizzarono l'assassinio. Il 29 dicembre 1514 il Conte, appena uscito dalla Cattedrale, fu assassinato in una via laterale della stessa, che fu successivamente chiamata in modo eloquente Via del Riscatto. Il castello restò dunque incompiuto. Quel manoscritto s’intitolava “Dei viaggi di Tommaso”. Mastro Eduardo lo doveva vedere. Anche la professoressa doveva leggerlo. Era un romanzo storico. Narrava di un certo Tommaso che, partito dalla Trinacria, suonando l’organo nelle cappelle e dipingendo volte e volti di santi, era arrivato in Lucania, concludendo il suo peregrinare proprio a Matera. Ebbi un’idea e ci pensai tutta la notte e al mattino ebbi tutto chiaro. Che allora non era come adesso: internet non c’era. Chi avrebbe mai potuto scoprire la verità? Decisi di ricopiare, in salsa moderna, quelle peripezie di Tommaso adeguandole alle mie. Prima di partire per la Sicilia avevo già finito il mio diario. Ogni sera ne scopiazzavo, adeguandole, una decine di pagine. Nessuno seppe della valigetta e di quel manoscritto. O.S.T. Il Castello - Roberto Vecchioni [Calabuig Stranamore e Altri - 1978]


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Anno VII numero 12

MAGLIONE LA STORIA CONTINUA

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sommario 75 Vela - Porto Argonauti, prima prova del “Megale”

QUANDO SI AVVERTE IL CALORE DEI LUCAN

76 Melfi - Maglione e il sogno, per la storia

Antonello LOMBARI

on l'anno che va a concludersi, si chiude un altro capitolo di sport in Basilicata. Nel calcio, le migliori affermazioni vengono dai ragazzi lucani che si stanno affermando, in realtà professionistiche. E' il caso del bellese Gianluca Sansone, in forza alla Sampdoria, e del metapontino Simone Zaza che gioca nel Sassuolo. Tra i club lucani, l'unico in grado di regalare qualche soddisfazione ai propri tifosi è, da un po' di tempo a questa parte, il Melfi, giunto all'undicesimo anno consecutivo tra i professionisti. La squadra federiciana consolida la sua leadership regionale con una conduzione equilibrata e sana che confida sull'apporto dell'imprenditoria e sul sostegno dei suoi cittadini. Ad ogni anno, dunque, si rinnova un miracolo che, come protagonista e testimone di questo gravoso mandato, vede il suo artefice principale in Giuseppe Maglione. Questa di cui abbiamo parlato è l'eccezione, mentre il calcio lucano, in periferia, assume ben altri connotati. Nei campetti delle piccole realtà, si colgono gli effetti della crisi. Esiste una difficoltà evidente nel promuo-

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78 La finestra sull’Eccellenza

80 Basket - Questa pazza Bawer Matera

vere sport nei piccoli comuni abitati da poche anime ed amministrati da sindaci e assessori, di fatto, senza portafoglio. Gli impianti sportivi, laddove esistono, risultano fatiscenti e gli interventi programmati, osservano tempi biblici oppure non sono ancora in cantiere. E' così difficile andare avanti che, quest'anno, ai nastri di partenza dei massimi tornei regionali del calcio dilettanti, diverse squadre non si sono iscritte, dando luogo a numerosi ripescaggi. Appena due mesi fa, il 16 ottobre, Potenza ha salutato la prima visita di un presidente del Comitato Olimpico nazionale (Coni). Giovanni Malagò, eletto nel corso di quest'anno, si è dichiarato "uomo di sport" ed è venuto a visitare la Basilicata. Il tour presidenziale si è svolto in due tappe, a Potenza e a Matera ed ha visto l’incontro di Malagò con i vertici dello sport e con le istituzioni lucane. Alla presenza, dunque di Leopoldo Desiderio, presidente del Coni regionale, di Piero Rinaldi, presidente del Comitato Regionale della Figc, dai vertici delle altre federazioni e accompagnato dal lucano Michele Uva e dal cam-


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O RTE RE ANI pano Nello Talento, Malagò ha detto di aver avvertito il calore dei lucani. Il massimo esponente dello sport nazionale è poi entrato nel cuore del problema fornendo le cifre del fenomeno e sottolineando come, in Basilicata, c'è una piscina ogni centomila persone. Come venir fuori da una simile situazione? E' lo stesso Malagò a tracciarne la soluzione. In primo luogo, sul territorio, è necessario che le azioni siano condotte all'unisono: dal pubblico e dal privato. Sul piano degli interventi dal vertice del Coni, invece, c'è stata la promessa di voler organizzare un evento sportivo di rilevanza nazionale a Potenza o a Matera. Il battimani scrosciante che ha salutato l'impegno di Malagò, ha lasciato aperti gli interrogativi di sempre. Se si tratterà di pallavolo l'incontro si terrà a Matera, mentre se di basket, si disputerà al Pala Basento. Il calcio, per una volta, può venire in coda. Se la scelta cadrà su questa disciplina, infatti, si svolgerà in Basilicata la gara di una nazionale di calcio minore. Insomma, siamo piccoli ma cresceremo, almeno nella speranza.

Argonauti, al via la prima prova di vela nello Jonio Trofeo “Megale Hellas”

Giovanni MARTEMUCCI

’ ripreso il Campionato invernale di Vela del mar Ionio, trofeo Megale Hellas. Erano 24 le imbarcazioni alla prima gara al Porto degli Argonauti di Marina di Pisticci. A vincere la prova in tempo reale era stata l’imbarcazione Karma, seguita da Anlù, X-Lion e La Svolta. L’ordine di arrivo tuttavia, non rappresenta la classifica ma è provvisorio poichè il risultato definitivo dai giudici di gara della Federazione Italiana Vela che devono stilare la classifica in tempo compensato, tenendo cioè conto di fattori quali peso e lunghezza delle barche. Gli equipaggi che hanno preso parte a questa prima gara, svoltasi nello specchio di mare antistante il porto, sono giunti da Basilicata, Puglia, Calabria e Lazio con imbarcazioni comprese tra i 9 ei 20 metri. A fare da sfondo al

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primo appuntamento con la vela nello jonio una giornata di sole con temperature estive che ha portato al Porto degli Argonauti centinaia di appassionati i quali hanno vissuto una giornata di sport e relax usufruendo dei servizi del porto come il corso di vela dedicato ai principianti. Particolarmente apprezzato dai regatanti è stato il cesto di benvenuto offerto dall’organizzazione del campionato, un paniere di prodotti tipici locali con eccellenze enogastronomiche della Basilicata. E’ stata annullata, invece per assenza di vento e rischio temporali la seconda gara che doveva svolgersi a fine novembre. Si è svolta regolarmente invece la premiazione della prima gara vinta da Karma Delta Salotti armata da Michele Paulangelo. Il campionato di vela è anche un’occasione per destagionalizzare l’offerta turistica lucana, giacchè la maggior parte dei regatanti arriva al Porto già dal venerdì pomeriggio e ne approfitta per dedicare qualche ora a visitare i paesi dell’entroterra. Il Campionato Invernale del Mar Jonio è ormai diventato l'evento più significativo per la vela d'inverno dell'intero arco ionico come confermato dal crescente numero di adesioni alla competizione. Sette sono gli appuntamenti previsti per questa terza edizione fino ad aprile 2014.


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Maglione e il sogno, un altro balzo per la storia Giuseppe Antonio RINALDI

’ un Melfi da record, quello della stagione calcistica 2013-2014. Melfi che da oltre due lustri, anche quest’anno, risponde presente all’appello tra i professionisti, seppur tenendo conto delle apprensioni di inizio stagione, circa l’assetto societario e le difficoltà economiche e gestionali, riguardanti un campionato professionistico, nel rispetto delle nuove normative e considerando soprattutto, la realtà in cui viviamo ed i tempi che corrono. Salgono dunque a quota 11, dalla stagione calcistica 2002-2003 ad oggi, le presenze consecutive conseguite fra i professionisti per la creatura del Presidente Maglione che diventa, così, il club più longevo della Lega Pro, in quanto ad anni consecutivi di permanenza. Un campionato in corso, quello di Lega Pro appunto, Seconda Divisione, girone B, che rappresenta un vero e proprio crocevia e spartiacque, un momento di passaggio e di conferma per tutto l’ambiente melfitano, dentro e fuori dal campo, fra il tanto di buono costruito finora, ed un futuro campionato che, con la Nuova Riforma, sarà a girone unico, e prevede il ritorno ad una vecchia “Serie C”, più blasonata, per la presenza di importanti realtà, e di valore certamente superiore agli attuali tornei di Lega Pro. Campionato a cui il Melfi vuol prendere parte, lottando con i denti e provando fino all’ultimo a centrare l’ottava posizione che varrebbe la permanenza

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diretta, evitando la disperata bagarre dei play-out, e centrare così l’obiettivo di far si che il sogno continui, verso l’alto, dopo il raggiungimento nel 2002 di questa stupenda realtà. Ripartendo dai momenti salienti di questa gloriosa decade gialloverde, Giuseppe Maglione, Presidente del club A.S.MELFI, ci ha raccontato di aspettative, e di quel sogno… Presidente Maglione, qual è stato per lei il momento migliore di questi undici anni? Qual è stato l’episodio che ricorda con maggiore piacere? Sicuramente non potrei non citare la promozione in Lega Pro, che è stato il coronamento di un sogno per tutta la comunità melfitana; ma il momento migliore penso sia stato con Novelli, quando raggiungemmo i play-off, nell’anno in cui venimmo battuti dal Taranto (2005-2006 ndr.), in un confronto che molti ricordano… Quello fu davvero un campionato esaltante per i risultati, per l’ambiente e per tutto l’entusiasmo che si venne a creare, poi smorzato l’anno successivo, quando ci salvammo nei play-out contro la Nocerina; lì invece ci fu non poca apprensione. Lei ha dichiarato di voler mollare più volte. Qual è stato il momento peggiore, tra tutte le difficoltà incontrate, nel quale ha pensato di voler cedere realmente?

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Le difficoltà non mancano mai; già lo verificammo, come appena detto, l’anno successivo a quello di Taranto, quando venimmo risucchiati nella mischia play-out, e ci salvammo col Nocera. Quella fu un’annata difficile, ma noi non ci siamo mai esaltati quando le cose andavano bene, e di conseguenza non ci siamo mai pianti addosso quando le cose andavano male. Come noto, siamo sei amici a gestire il discorso societario, e si cerca di coordinare il tutto nel migliore dei modi, cercando di mantenere il bilancio in regola e di rispettare le scadenze. A livello personale, Maggio scorso segna il momento peggiore, quando ho pensato di voler lasciare sul serio, dopo l’abbandono degli enti locali…ma allo stesso tempo c’è stata l’enorme risposta della cittadinanza tutta, che si è stretta attorno a questo Melfi, e tutti insieme ce l’abbiamo fatta. Dove vuole arrivare questo Melfi? (sorride) L’obiettivo è quello di guardare avanti, di rientrare tra le prime otto ed evitare i play-out, considerando le 9 retrocessioni che ci saranno. Quello del prossimo anno sarà un campionato molto importante e stimolante, e noi vogliamo cercare di mantener vivo questo sogno.

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Quale significato avrebbe per il Melfi e per Melfi, raggiungere la permanenza nel prossimo campionato di “Serie C” unica? Sarebbe sicuramente un ulteriore salto di qualità rispetto a quanto vissuto in questi anni. Un campionato di “C” unica sarà un campionato ricco di presenze eccellenti e di grandi realtà, una sorta di B2, dove chi scende dalla “B” vorrà risalire, e quindi molto prestigioso. Non è un discorso soltanto a livello calcistico, ma anche dal punto di vista sociale e culturale, rappresenterebbe il voler alzare la testa di un paese di provincia, nei confronti del capoluogo ad esempio, o di altre realtà che stentano e fanno fatica ad arrivare tra i prof. Considerando gli obiettivi, come giudica l’andamento della stagione fino a questo momento? Ci troviamo di fronte ad un campionato molto equilibrato, con una classifica corta, dove le squadre sono tutte sullo stesso livello, a parte Teramo e Cosenza. Ogni partita sarà un partita a sè, e su tutti i campi sarà guerra. Certamente ci sono squadre più attrezzate del Melfi ed è difficile fare calcoli, ma noi ci proveremo fino alla fine, così nessuno potrà mai dire che non ci abbiamo provato.


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La Finestra sull’Eccellenza

Si allargano le maglie Rossoblu, arriva Occhin Federico PELLEGRINO

i chiama Gianni Occhinegro il primo rinforzo invernale del Rossoblu Potenza che allarga la base societaria. Imprenditore tarantino, titolare del gruppo Europoste Network con sede operativa a Roma e filiali sparse per il mondo, è gia presidente del Massafra ma convinto da Antonello Grignetti ha deciso di tuffarsi in questa nuova avventura. Facendo uno zoom sul personaggio è intuibile la sua fame di investire nel calcio viste le compartecipazioni del suo gruppo in società professionistiche e diverse scuole calcio in tutto il mondo. La sua entrata in società ha comportato oltre che una novi-

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tà a livello dirigenziale anche l'ingresso di una donna. Katia Calefati, sua compagna nella vita. Sarà il nome designato per traghettare Potenza calcistica oltre i lidi dei campionati regionali dopo quattro anni di inferno. Attualmente restano immutate tutte le cariche dirigenziali, ma si prevedono delle novità in corso d'opera. Il campionato vede un Rossoblu Potenza sempre primeggiare, ma tallonato da un Picerno che non molla e che è ostacolato anche dal Viggiano di Peppe De Stefano, miglior difesa e rivelazione viste anche le avvisaglie estive che la davano ridimensionata. Ritornando a parlare di Rossoblu


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e hinegro Potenza è da evidenziare la straordinaria stagione condotta da Murano, capocannoniere del torneo e vero leader indiscusso della formazione allenata da Pinuccio Camelia. Sensazionale la sua marcatura in quel di Muro Lucano che ha permesso ai potentini di pareggiare una gara che si era messa male visto il momentaneo vantaggio dei biancorossi, bravi a ribaltare l'iniziale vantaggio proprio di Murano. L'ex Brindisi e Taranto si sta caricando sulle spalle tutto il peso dell'attacco, nascondendo all'occorrenza qualche punto debole che riguarda una difesa troppo generosa ed un centrocampo non sempre solido.

Dopo stagioni in chiaroscuro anche e soprattutto per via di infortuni, Murano sembra aver raggiunto quella maturità e quella personalità utili ad effettuare il meritato salto di categoria confrontandosi, perchè no, con palcoscenici anche più ambiziosi in virtù della sua giovane età (1990). Si è interrotto il rapporto tra Franco Masullo ed il Lagonegro, si apprende da un comunicato diramato dalla società rossonera, dimessosi a metà Novembre. Posizione medio alta per il Moliterno di mister Vignati, trainer moliternese che tanto bene fece in passato con la conqui-

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sta del campionato di Promozione tre anni orsono. Sanseviero classe '96 sembra essere il gioiellino di una rosa giovanissima e capace di fare del “Venezia” un fortino inespugnabile. La Murese di Felice Ragone continua a fare bene, ma ormai non è più una sorpresa, bensì una solida realtà in un torneo che la vede brillare tra le prime cinque. In coda situazione disperata per Fst Rionero e Marconia che dovranno azzeccare le pedine giuste nel mercato di riparazione onde evitare una retrocessione, anche se è ancora troppo presto per fare condanne. Ai posteri l'ardua sentenza.


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Basket

Questa pazza im

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l Campionato Nazionale di Basket LNP Adecco DNA Silver è giunto ormai alla decima giornata sulle 15 complessive del girone di andata, ma la classifica parziale è ben lungi dal delineare orientamenti che potrebbero reggere fino al termine del torneo. Nessun campione d’inverno potrebbe, allo stato attuale, accampare pretese sul primato finale, perché gli equilibri che si sono visti, sui diversi campi da gioco, inducono tutti i commentatori - anche i più navigati - ad una prudenza davvero inedita. Nel campionato di quest’anno i blasoni e le sorprese sono stati accantonati a vantaggio dell’alea che spira nei consigli di amministrazione così come negli spogliatori. Delle sedici squadre in gara, ben 12 – tra cui la Bawer Olimpia Matera - stanno in soli quattro punti, a cavallo della linea di demarcazione della zona play-off; soltanto Ferrara presidia solitaria la classifica, cinque vittorie sulle ultime cinque giocate, con due punti di vantaggio sulle dirette inseguitrici, mentre Mantova, Firenze e Bari terminano agli ultimi posti con in comune una serie finale di quattro sconfitte su cinque. La Bawer Olimpia Matera, vera rivelazione dello scorso anno (a un tiro di schioppo da una clamorosa promozione che soltanto il Manital Torino è riuscito a sottrarle negli ultimi

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a imprevedibile

mpia Matera

incontri diretti) ha infilato una serie di risultati alternanti che nessuno scommettitore avrebbe potuto indovinare: infatti Matera ha perso con Firenze, penultima, e vinto con Ferrara, prima. Le altre squadre non sono da meno, e rimescolano ogni settimana gli imprevisti e le probabilità di uno strano Monopoli, dove nessuno – almeno al momento – crede di riuscire ad arrivare al Via. Quali possano essere le ragioni di questa teoria del caos – che finora comunque non ha mancato di generare effetti nefasti per due allenatori del campionato (Gabriele Giordani a Firenze e Phil Melillo a Roseto, sostituiti rispettivamente da Attilio Caja e Tony Trullo) – non è dato sapere a nessuno. Piuttosto si ipotizza un concorso di motivazioni più o meno variabili, alla base dell’estrema volatilità dei risultati. Ma, visto che parliamo di Matera, evidenziamo rapidamente le ragioni da più parti (tecnici e simpatizzanti) addotte. L’apporto dei due nuovo giocatori americani in quota alla Bawer ha stravolto l’equilibrio di due quinti dello starting five materano: infatti Anthony Jones e Kyle Austin sono stati acquistati per rafforzare la formazione, ma naturalmente occorre del tempo perché i meccanismi comincino a funzionare alla perfezione e i due si integrino esattamente nel roster

Bawer. Lo stesso Austin, in un’intervista, ha detto “è normale che all’inizio possano esserci dei problemi legati alla nuova organizzazione in campo” e si è detto ottimista sulla piega che la sua squadra prenderà al momento di comprare il biglietto per volare verso i play-off. Va specificato che tutti i giocatori interessati dichiarano massima empatia con i propri compagni, vecchi e nuovi, e la cosa prelude ad un assetto più stabile nell’immediato futuro. Il campionato è molto equilibrato, e i giocatori americani hanno dato un contributo non irrisorio al miglioramento complessivo di quanto si vede in campo: capacità atletiche e maturità internazionale rappresentano, tuttavia, un’ottima opportunità per i giocatori italiani per cimentarsi con ritmi e culture molto differenti dalle consuetudini sovente provinciali del nostro paese. I ruoli dei quintetti sono meno granitici del consueto e prospettano, di partita in partita, una curiosa rotazione dei top scorer: ad esempio, nella Bawer sono stati, in ordine sparso, Jones, Austin, Rezzano, Iannuzzi e Vico. Sicuramente, questi andamenti possono trovare giustificazione nelle attenzioni, più o meno particolari, che le squadre avversarie dedicano ai più temibili antagonisti, costrette poi ad allargare inevitabilmente le maglie

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del controllo a vantaggio di insperati eroi per un giorno. Ora, è chiaro che i tifosi si aspettano dalla propria squadra sempre il miglior risultato possibile, cioè la vittoria incondizionata (altrimenti non sarebbero tifosi); ma è anche vero che, mai come quest’anno, l’affermazione è ponderata, e attesa con grande pazienza. L’unica variabile in grado di accelerare questa presa di coscienza zen, alberga proprio nel pubblico, che sempre più numeroso sostiene i suoi beniamini, in casa come in trasferta (almeno trecento tifosi hanno accompagnato la Bawer a Ruvo di Puglia nella scorsa partita contro BNB). Un ruolo capitale, se parliamo del Palasassi di Matera, il fortino oggettivamente temuto da tutti. Precisione (miglioramento nello score sia per le realizzazioni, sia per rimbalzi difensivi e offensivi); costanza (prolungamento delle serie positive, attingendo a benefici break fuori porta); potenza (progresso delle condizioni atletiche e degli automatismi di squadra). E’ un tipo di basket da ironmen, forse poco familiare per i puristi, ma molto più intrigante e divertente per gli effetti positivi del gioco spettacolare e della trama incognita che ogni partita riuscirà a riservare. Un basket sicuramente da seguire, partita dopo partita. gi.ma.


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