Il Lucano Magazine Indice gennaio - febbraio 2014

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Foto Andrea Mattiacci

Poste Italiane Spa Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n째 46) art. 1 comma 1, DCB PZ

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S O M M A R I O

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Intervista all’Assessore regionale alla Sanità Flavia Franconi

V I G N E T TA N D O

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I Quattro Moschettieri

R E P O R TA G E

20 Una “saggia” decisione per traghettare la Basilicata in europa 22 Conversazione con l’assessore Flavia Franconi 24 Urologia, al San Carlo primo intervento con il robot Da Vinci 28 Matera, il crollo della palazzina vico Piave 30 Basilicata, oltre i confini del turismo in carrozzina 32 Melfi,Valvano presenta la nuova Giunta comunale

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E P I S T E M E

Il San Carlo è già nel fututo con il robot Da Vinci

34 Antropologia e folklore

E U R E K A

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38 “Protocollo S” una serie web tutta lucana

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Le delizie povere della salumeria lucana “Protocollo S” La prima serie web tutta lucana Potenza, una città complessa Sulle tracce del paese fantasma l’utopia di Campomaggiore L’oasi naturalistica di Pignola Giuseppe Siervo Montemurro ricorda il maestro benefattore della comunità A Potenza prima lucana per “La giusta scelta”, il romanzo del giornalista Giancarlo Trapanese Stigliani Nicola Danilo Vignola, dal vino in gola all’ukulele Leonardo da Vinci si studia... in Basilicata!

T R A L E R I G H E

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Coppa Italia Basilicata la prima volta dell’Az Picerno

62 L’ombra di Barone Viaggio in Lucania 63 Medici e malattie tra la Basilicata e Napoli Borbonica

D O L C E

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S A L ATO

64 Forse Nevica “Mena la Neva”

L O O K A N I A

66 Racconto di Matera e il castello - Seconda Parte

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E D I T O R I A L E

DOTTI, MEDICI E SAPIENTI Antonello LOMBARI

a Basilicata, ancora convalescente, tenta di affacciarsi alla finestra dei suoi confini. Sul corpo e sul volto sono ancora visibili i segni devastanti della "rimborsopoli" regionale che, nei mesi scorsi, ha fatto molto discutere. Il virus contagioso che ha colpito la massima istituzione lucana ha mietuto vittime illustri in tutt'Italia. Della serie: mal comune mezzo gaudio. Anche se c'è poco da stare allegri, considerando lo sperpero di denaro pubblico operato in nome del "tanto lo fanno tutti". Il malcostume, purtroppo, ha fatto proseliti anche in casa nostra. Ora la Regione Basilicata, dopo il responso elettorale, ha trovato in Marcello Pittella, un medico al suo capezzale. Il governatore uscente, Vito De Filippo, non era riuscito a reggere il peso di uno scandalo di così vaste proporzioni ed aveva staccato la spina, prima della scadenza naturale del proprio mandato. La terapia d'urto del nuovo medico in famiglia è stata accolta con qualche mugugno ma, a ragion veduta, è parsa a tutti inevitabile. Sarà stato per recuperare la fiducia dell'opinione pubblica lucana, nei confronti dell'apparato governativo e sotto governativo, di chi ha gestito in precedenza, oppure per dare un segno inequivocabile di rottura con i metodi del passato. Fatto sta che gli assessori, chiamati dal governatore Marcello Pittella a comporre la testa pensante della Basilicata, risultano essere dei super "saggi", esterni alla nostra regione. Solo nel caso di Michele Ottati, c'è una chiara matrice lucana, in quanto, il neo assessore alle politiche agricole e forestali, è nato a Satriano. Si tratta di personalità di spicco nelle materie nelle quali sono stati investiti. A questo punto, però, a più di qualcuno, è sorta spontanea una domanda: "E' possibile che nella nostra regione non vi fossero persone preparate e super partes, e cioè, senza apparentamenti politici, insomma, con requisiti tali da meritare un assessorato moderno"? La pillola del dottore, stavolta, non è scesa giù a molti e, come effetti collaterali, ha prodotto diversi mal di pancia all'interno della coalizione e dello stesso Pd. L'efficacia della terapia, però, sarebbe bene valutarla e misurarla nel tempo, sulla base dell'operato e delle azioni concrete. Le occasioni, non mancheranno. C'è, infatti, subito sul tavolo, un argomento "scottante": il petrolio, che coinvolge vari temi: territorio, ambiente, energia e chiama il governo regionale ad alzare la voce per farsi sentire in campo nazionale. L'oro nero è un tema per il quale il nuovo esecutivo si sta già spendendo. Per il momento la fronte del "paziente" ancora scotta e il mercurio stenta a scendere dalla colonnina. E' tempo di carnevale, per stemperare il clima cupo delle beghe politico-istituzionali, proviamo a divagare con la mente. L'introduzione della robotica nelle sale operatorie dell'Ospedale San Carlo di Potenza, di cui si parla, peraltro, in altra parte del giornale, ci fa venire in mente una metafora gustosa: chissà cosa sarebbe accaduto se Marcello Pittella avesse chiesto l'ausilio dei robot anche alla Regione? Ma tutto questo, per il momento, è ancora fantascienza.

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Vignettando

I Quattro Moschettieri


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L U C A N O

Editore Lucana Editoriale s.r.l. Amministratore e Direttore Editoriale Vito ARCASENSA

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Direttore Responsabile Antonello LOMBARI

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Leonardo CLAPS, Anna MOLLICA, Margherita E. TORRIO Editing e correzione bozze: Margherita E. TORRIO dal Materano: Giovanni MARTEMUCCI

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Vignette di Luca NOMAGA Hanno collaborato in questo numero Flavia ADAMO, Angelo BENCIVENGA, Ettore BOVE, Angelomauro CALZA, Carlo jr. CALZA, Elisa CASALETTO, Antonio CROGLIA, Arsenio D’AMATO, Marianna Gianna FERRENTI, Vincenzo MATASSINI, Carla MESSINA, Michele PACCIANO, Federico PELLEGRINO, Giulio RUGGIERI, Miriam SGARLATA, Albina SODO, Testata On Line www.lucanomagazine.it Agostino ARCASENSA Fotografie Foto: Andrea MATTIACCI, Angelo Rocco GUGLIELMI, MARTEMIX.COM Stampa Arti Grafiche Boccia s.p.a. Via Tiberio Claudio Felice, 7 Fuorni - Salerno Registrazione Tribunale di Potenza N° 312 del 02/09/2003 Pubblicità Lucana Editoriale s.r.l. Via Gallitello, 89 Potenza Tel. Fax 0971.476423 -Cell. 337.901200 E-mail: info@lucanomagazine.it Chiuso in redazione 31 Gennaio 2014 Questo giornale è associato Uspi Unione stampa periodici italiani

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N E W S

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UN PAIO D’ALI il libro di Luciana Buono “All’improvviso vedo un’ombra strana, sembra una mano ossuta che ondeggiando mi fa segno di girare verso destra. Stupita alzo lo sguardo e vedo un albero strano. E’ tutto pieno di foglie e fiori bianchi ma ha un unico ramo completamente spoglio. Sporge verso il basso, se mi alzo sulle punte dei piedi potrei…… Una forza misteriosa mi spinge a toccare quel ramo, non so cosa sia ma so che adesso tutto cambierà, che io non sarò più la stessa Alisea di oggi”. E’ uno dei primi passaggi introduttivi di Un paio d’ali, fiaba tenera ed educativa scritta da Luciana Buono, potentina, alla sua prima pubblicazione. E’ una fiaba che mette a confronto il mondo reale di tutti i giorni e quello immaginario di un luogo fantastico che però tale non è agli occhi della protagonista la quale lo percepisce come altrettanto vero. Fatalopia, questo è il nome di questa realtà parallela che ospi-

ta Alisea, una ragazza timida ed insicura che qui viene proiettata mentre passeggia in un parco della sua città. In questo regno tutto è bello e colorato. Foreste meravigliose ricche di piante strane ed animali parlanti, di gente fatata che accoglie la ragazza con tanta gentilezza insegnandole tutto di un mondo dove vige l’armonia, l’altruismo e i buoni sentimenti. Tutte cose che, ahimè, ammette Alisea, spesso non trova nel suo mondo, ma che nel contempo rasserenano il suo animo inquieto facendola diventare più sicura di sè ogni giorno che passa. Questa sicurezza le servirà, e precisamente durante l’incontro con Profondopia regno sotterraneo abitato da oscure e cattive creature. Il Bene e il Male si contrappongono in una breve favola che si legge tutto d’un fiato e che ben concilia sia i gusti dei piccoli che quello dei grandi. Il viaggio a Fatalopia è

infatti il viaggio dentro sé stessi alla ricerca di quelle energie positive e costruttive che molto spesso ignoriamo di avere perché sottomesse dall’altrui arroganza. an.mo.

Società Dante Alighieri, si è costituito il Comitato di Montemilone e Venosa Il 12 gennaio 2014 a Venosa si è costituito il Comitato “Dante Alighieri” di Montemilone e Venosa. Ha presieduto l’incontro il presidente onorario del comitato Dante Alighieri di Zurigo la Dott.ssa Susanna Sguaitamatti, la quale ha illustrato lo statuto che è stato approvato da tutti i presenti. Si è passato poi all’elezione del presidente e del direttivo del comitato costituente. E’ stato eletto presidente Giuseppe Pellegrino. Gli altri componenti il direttivo sono: Angela Ianniello vicepresidente e segretaria, Federica Laurano tesoriere, Lucia Laurano addetto alle relazioni esterne, Giuseppe Cantatore addetto organizzazione eventi, Arturo Raffaele Covella, Antonio D’Amelio, Angela Capacchione e Susanna Sguaitamatti (Coordinatrice Plida). Il neo comitato, composto da 50 soci, si affianca agli altri circa 100 comitati della Società Dante Alighieri presenti sul territorio italiano. Tutti i soci condividono lo statuto e le finalità della Dante, cioè la diffusione della lingua e della cultura italiana, attraverso la valorizzazione delle singole culture locali italiane, passando quindi dall’arte, ai beni culturali, al teatro, all’enogastronomia, alle tradizioni etc. La Dante Alighieri si muove anche su un altro binario, quello dell’insegnamento della lingua italiana agli immigrati, i quali, dopo aver seguito i corsi debitamente organizzati dal team della Società,

avranno la possibilità di conseguire la certificazione del PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri), attestante la competenza e la conoscenza della lingua italiana. Il comitato “Dante Alighieri” di Montemilone e Venosa ha già in cantiere delle iniziative che partiranno dalla prossima primavera. L’auspicio è di coinvolgere anche gli altri Comuni del Vulture invitandoli a prendere contatti con il Comitato per approntare eventuali progetti da condividere. La sede è a Venosa in Via Frusci, 94 e a Montemilone presso la Biblioteca Comunale. ma.gi.fe.

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N E W S

C’è anche Matera in gara per il titolo di “Miglior Borgo d’Europa” Matera, Alberobello e Positano in gara per il titolo di “Miglior Borgo d'Europa”. Sono questi icentri italiani che aspirano al titolo tra le 52 mete selezionate da hotel.info. In seguito ad una ricerca sul web, la Olta ha infatti individuato, tra le destinazioni di viaggio preferite, i borghi più amati, consigliati, menzionati e fotografati d’Europa. A decretare il vincitore saranno però i viaggiatori online, che potranno votare il ‘Miglior borgo d’Europa’ sui social network e sul blog di hotel.info. All'indirizzo http://hotel.info/it/blog/europa2014 è possibile trovare le immagini della varie destinazioni, rappresentate in forma di carte da gioco. Ogni borgo ha ottenuto un punteggio in base ad una serie di parametri fondamentali per il successo di una destinazione turistica. Nello specifico, per ognuna delle 52 mete sono state prese in considerazione le valutazioni degli hotel, facendo una media dei giudizi lasciati dai clienti di hotel.info; l’immagine generale veicolata online, considerando numero e qualità delle immagini trovate sul web; il

livello di interazione online, calcolato attraverso le pagine delle destinazioni su Facebook; il numero delle #Menzioni su Instagram, i consigli lasciati su Foursquare e la distanza in chilometri dall'aeroporto

più vicino. Il contest, che permette di votare e condividere le foto dei borghi sui social, è aperto fino al 14 febbraio. gi.ma.

La notte bianca di TRIVIGNO al ritmo della Taranta Tra falò, gastronomia, canti, balli e tanta buona musica Tra Sabato 18 e Domenica 19 Gennaio, il centro provinciale di Trivigno si è vestito a festa per l’inizio del Carnevale. Un appuntamento di rilevata importanza all’insegna del divertimento per dimenticare, anche se per poco tempo, la crisi economica che molto spesso ha costretto e costringe le nostre popolazioni ad emigrare. L’ enorme falò collocato nella piazzetta davanti al municipio ha prodotto una scenografia molto originale e particolare con le sue alte fiammate alimentate da un leggero vento. Non tutte le Pro-Loco riescono a fare un lavoro simile a livello organizzativo perché non è facile garantire tanto divertimento alla gente che si reca ogni anno per la Notte delle Favole. La ProLoco di Trivigno può ritenersi soddisfatta per i risultati ottenuti grazie anche alla collaborazione del Comune e delle tante attività commerciali. Il binomio vincente è stato il mix tra la gastronomia e la musica a ciclo continuo, quella dei nostri gruppi lucani con Camillo alla fisarmonica e il suo amico con l’organetto, tra i Mitici e il ritmo frenetico dei Tarantolati di Tricarico con Pietro Cirillo e il suo gruppo e tantissimi fan giunti da ogni parte della Lucania. Si sente ancora nell’aria il rombo dei tamburi dei briganti con il loro messaggio forte e chiaro che invitava il popolo a lottare contro le avversità per riscattare il proprio orgoglio e la propria dignità. Pietro Cirillo è un musicista di grande spessore artistico e vedere ballare tanta gente in piazza al suono della Tammorra con brani come “Lenalè”, “Tarantato comm’a mè” e altri brani inediti, intorno al grande falò, è un bel traguardo di popolarità che premia il suo impegno. Cav. Fanì

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A Montemurro ristrutturato l’edificio scolastico La comunità di Montemurro da oggi gioisce per la riapertura dell’edificio scolastico chiuso per diversi anni in seguito a lavori di restauro ed adeguamento che ne hanno modificato in parte l’aspetto esterno e profondamente la struttura. Rinasce a vita nuova dunque l’istituto “Tenente D. Robilotta” grazie ad un cospicuo investimento di 1 milione e 800 mila euro provenienti dalla ex 219 e dalle royaltys petrolifere. E’ stato inaugurato il 7 gennaio scorso tra l’entusiasmo dei bambini che oggi possono studiare in un edificio esteticamente più bello e soprattutto molto più sicuro. Alti standard di efficienza energetica e di antisismicità infatti connotano un immobile la cui costruzione risale agli anni ’70 del ‘900 e che andava interamente rivisto. Il calore interno è garantito dal riscaldamento sotto il pavimento e da infissi che evitano la dispersione del calore. Campeggia sulla parete esteriore dell’edificio un imponente orologio di 2 metri e mezzo di diametro, costruito su misura, le cui ore e lancette si illuminano secondo l’intensità della luce solare. Le panchine esterne in legno danno nota estetica e funzionale alla struttura che internamente si mostra con corridoi differentemente colorati. L’edifico conta una palestra, una sala mensa, un’aula multimediale, un cortile. Ogni aula è dotata di computer, lavagne tradizionali ed elettroniche. Per i bambini c’è anche l’angolo giochi. Accoglie un centinaio tra alunni e studenti della scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di I grado che lasciano, i primi, un prefabbricato e, gli altri due, un vecchio immobile che diventerà, dopo appositi lavori, una casa di cura per anziani con 14 posti letto. All’inaugurazione erano presenti il sindaco di Montemurro Mario Di Sanzo, il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella e il presidente della Provincia di Potenza Piero Lacorazza. Note di ringrazia-

mento si sono levate dal primo cittadino a chi, a vario titolo, ha contribuito alla realizzazione dello stabile: l’amministrazione comunale, i tecnici, l’impresa che ha anticipato parte delle risorse a causa del Patto di Stabilità, il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Montemurro-Sarconi-Spinoso Alfredo Petracca e i suoi predecessori, gli insegnanti, il personale scolastico, i genitori e soprattutto gli alunni per i quali auspica una brillante carriera lavorativa in Basilicata. La formazione, l’investimento in cultura, ha proseguito il sindaco unanimemente a Lacorazza e Pittella, deve essere il motore trainante dello sviluppo di una regione che deve poter accogliere gli apporti che questi giovani un giorno dovranno dare alla terra in cui sono nati. Magari anche con un soggiorno all’estero ma finalizzato a migliorare le conoscenze per applicarle al meglio qui e non altrove. an.mo.


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C’è un disegno di legge regionale per il riconoscimento lucanodegli istituti musicali Un disegno di legge regionale per valorizzare la musica e gli Istituti Musicali in Basilicata. A proporlo al neonato consiglio regionale è il Consorzio Intercomunale facente capo all' Istituto musicale “G.M.Trabaci”, scuola civica di musica che raggruppa i comuni di Scanzano jonico (capofila) Montalbano jonico, Pisticci, Nova Siri, Tursi e Rotondella. La proposta di legge pone le basi per il riconoscimento e la valorizzazione degli Istituti musicali sul territorio ed il loro raccordo con le entità locali. “Gli istituti musicali sono chiamati, ormai da qualche anno - precisa l'Assessore Angelo Lunati Presidente del Consorzio - a svolgere una importante funzione per lo sviluppo della cultura e della formazione musicale estesa a tutto il territorio, anche quale raccordo tra lo stesso e quella che potrebbe diventare la nuova realtà didattica dei conservatori di Stato. Una sorta di contenitore nel quale si raccolgono aspirazioni musicali di tanti giovani impossibilitati a seguire la formazione musicale in assenza di strutture adeguate ed ai quali questi organismi possono offrire professionalità e strumenti utili per la loro formazione. Questa importante funzione assunta dalle scuole musicali per la diffusione della cultura musicale sul territorio necessita di un riferimento legislativo che stabilisca quale dovrà essere l'attività didattica specifica; definisca le competenze della Regione; individui i soggetti autorizzati a istituire le scuole di musica a cui attribuire il controllo della programmazione degli Istituti musicali e la concessione dei finanziamenti”. L’Istituto Musicale Intercomunale “G. M. Trabaci” che ha sede a Scanzano Jonico è attivo già da qualche anno con l’intento di promuovere la formazione musicale professionale nel Metapontino, territorio privo di istituzioni musicali accreditate e mal collegato con le città sedi dei Conservatori di Musica. Nel 2010, favorito dalla continuità dell’amministrazione Iacobellis il progetto iniziale si evolve e una convenzione, stipulata tra il Comune di Scanzano Jonico, l’Istituto “G. M. Trabaci” e il Conservatorio Statale di Musica “E. R. Duni” di Matera, sancisce l’accreditamento dei corsi di formazione musicale di base – Pre Afam – propedeutici ai Corsi di Laurea di I livello (l. 508/99). Nel 2011 nasce l’Istituto Musicale Civico Intercomunale, primo e

unico nella Regione Basilicata e tra i pochi nel panorama nazionale, insieme alle Scuole Civiche di Milano, Vasto e Cagliari. Esso è determinato, come già anticipato, dall’istituzione di un Consorzio Intercomunale per il Diritto allo Studio a cui aderiscono i Comuni di Scanzano Jonico, come capofila, Pisticci, Montalbano Jonico, Nova Siri, Tursi e Rotondella. Dunque una interessante realtà formativa sulla musica che ora chiede al governo regionale un quadro normativo per operare al meglio: l’Istituto, da sempre ospitato nel suggestivo e antico Palazzo Baronale, si pregia di strumenti musicali di altissima qualità. Offre corsi principali come pianoforte, violino, viola, chitarra classica e fiati, ai quali si affiancano materie complementari come teoria e solfeggio, armonia e storia della musica. L’iscrizione ai corsi avviene previa selezione e a seguito di un avviso pubblico bandito annualmente da ognuno dei Comuni consorziati. Gli allievi selezionati acquisiscono il diritto ad una frequenza completamente gratuita. Ad oggi l’Istituto conta 160 iscritti, ai quali si aggiungono gli studenti dei corsi di alto perfezionamento estivo che ogni anno provengono da diverse realtà internazionali. Basti pensare al Masterclass organizzato dal 3 al 9 settembre scorsi, durante il quale giovani musicisti provenienti da Corea, Ucraina, Svezia, Russia, Kazakistan, Austria e Italia hanno seguito le lezioni di personalità come Anna Serova e Filippo Faes, rispettivamente docente di viola presso l’Accademia Internazionale “Lorenzo Perosi” di Biella e docente di pianoforte presso il Conservatorio di Castelfranco Veneto. gi.ma.


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C O R S I V O

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Il Bruscolino nell’occhio Angelomauro CALZA

erto, se la Basilicata fosse una Regione autonoma se ne potrebbero fare di soldi! La “soglia di povertà” sarebbe solo un ricordo. Il reddito medio pro-capite dei lucani si impennerebbe e il livello dei servizi raggiungerebbe valori da Europa del Nord. Si potrebbe passare dai milioni che ogni anno la Regione Basilicata elargisce alle Ferrovie nazionali ai milioni che – al contrario - si potrebbero incassare. E già, perché si potrebbe pure pretendere da Trenitalia il pagamento di un pedaggio per permettere ai suoi treni di transitare in territorio lucano per raggiungere la Puglia, altrimenti…traghetti o aggiramento dei confini lucani. Chi ce lo impedirebbe? Potremmo iniziare a vendere a carissimo prezzo - e fare in modo che ci venga pagata davvero - solo l’acqua “che ci avanza”, evitando che paesi lucani stiano con i rubinetti a secco mentre in Puglia la usano soprattutto per irrigare i campi. Quei campi, poi, dove vengono coltivate verdure e ortaggi che i pugliesi vengono a rivendere a peso d’oro nei mercati e mercatini di città e piccoli comuni lucani. Si potrebbe istituire una seconda fonte di guadagno, una tassa a carico di chi dalla Puglia viene a vendere in Basilicata a caro prezzo quel che coltiva grazie all’acqua lucana.

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Il petrolio: ci pensate? Visto che è di proprietà dello Stato e su di lui non si può vantar diritto alcuno, ma sulle nostre strade sì, si potrebbe far pagare il pedaggio per il transito delle autobotti che trasportano il petrolio e il gas estratto, e tasse per gli oleodotti che sono posati sul territorio lucano. Si potrebbe pretendere anche che alle stazioni di servizio in territorio lucano vengano praticati prezzi fortemente scontati del 50 alla pompa per i lucani e aumentati per i non lucani. Si potrebbe recintare l’intera regione e istituire caselli e posti di blocco sulla Salerno-Reggio Calabria e far sì che

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anche l’autostrada diventi a pagamento con le entrate a beneficio della Basilicata. E così pure per visitare i Parchi Nazionali, le coste, i monti… una miniera d’oro potrebbe essere la nostra regione, specie se pensiamo che è territorio da attraversare necessariamente per chi vuole spostarsi da Nord a Sud e viceversa. Insomma, dopo tanti che ci hanno governato in maniera pedestre diventeremmo la Regione-pedaggio! Come dite? Fantasie da fumetti? Beh… pure i Fantastici quattro sono super-eroi da fumetto, eppure sono stati chiamati e sono qua a governarci, no?


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R E P O R T A G E

NOTE A MARGINE

UNA “SAGGIA” DECIS

PER TRAGHETTARE LA BASILICATA IN Margherita E. TORRIO

essi a dura prova, per il patto di stabilità, i servizi nei comuni, effetto della crisi che spopola la Basilicata soprattutto della sua popolazione giovanile. Restano gravi i problemi ma chi si interesserà di chi? Nella mutazione dell’ economia e, correlata ad essa, della società, le trasformazioni degli obiettivi di partiti e movimenti confermano i dubbi linguistici sulla tenuta dei termini “destra” o “sinistra”. Incapace, oggi, di radicalità di soluzioni ardite rispetto ai problemi sociali e politici, la sinistra; confusi, per la destra, il tradizionalismo, Dio, Patria, Famiglia, selezione di classe dirigenti, salvi alcuni rischi di fondamentalismi. I mutamenti, sopravvenuti nelle classi con cui destra e sinistra facevano i conti, rendono vecchio anche Giddens. Potremmo, in base al posto in cui siedono in Parlamento, chiamare le parti “sopra/sotto”, oppure “est/ovest”. Delle differenziazioni, però, continueremmo a riconoscerle tra chi vuole presentarsi radicalizzato in una logica di salvifico cambiamento economico liberista; e chi dovrebbe darsi una pregiudiziale, messa a rischio ulteriore dalla legge elettorale RenziBerlusconi, di difendere principi, magari costituzionali, un sistema - rinnovato - per alleviare le difficoltà acuite dalla crisi e interpretare le trasformazioni, sociali e in termini di attese. Nel dubbio se e quali destra e sinistra( o “est/ovest”) ci siano in Basilicata, ci rapportiamo con la giunta dei quattro saggi, o tecnici, di fuori regione ed

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esperienze europee. Alte le aspettative; il Presidente Pittella ha promesso un ruolo importante per la Basilicata. Ritenuta fallita la possibilità di intesa con i partiti del centro sinistra, recuperate alla Basilicata com-

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petenze di piano internazionale, l’esperimento dovrà cercare un equilibrio nel declinare scelte e relazioni con le professionalità lucane, di fronte agli obiettivi 2020. Gli esiti misureranno la possibilità di


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Aldo Berlinguer

Michele Ottati

Ambiente e infrastrutture. Ha insegnato ad Oxford Kiev e Mosca. E’ esperto di Diritto della concorrenza, controllo e controllo delle concentrazioni tra imprese. Vede con entusiasmo la possibilità di un cambio di passo e di un ampio rinnovamento cui intende dare la sua disponibilità senza idee invasive, teso, però, a trovare formule capaci di allentare l’asfissia determinata da norme che impediscono uno slancio vitale. L’impegno del nuovo assessore regionale è quello di coniugare ambiente, sviluppo infrastrutture e vita civile delle persone.

Politiche agricole e forestali. Originario di Satriano, da dove il padre emigrò in Belgio. Capo gestione dei mercati agricoli della Commissione Europea, ha gestito le misure agricole relative alla fissazione dei dazi doganali per ortofrutta zucchero cereali. A Bruxelles è capo unità promozione dei prodotti agricoli. E’ nel campo della Formazione per i lavoratori italiani emigrati (ente ENAIP) e responsabile ACLI in Belgio. Auspica per la Basilicata accordi di partenariato, per raggiungere ambiti di sviluppo rurale e per una soluzione sostenibile e duratura nel comparto agricolo.

Raffaele Liberali

Flavia Franconi

Attività produttive e formazione. Direttore Energia alla Commissione Europea, direzione per la ricerca e innovazione. Fa parte del Comitato Programma per l’energia non nucleare. Ha partecipato a gruppi di lavoro con Russia e Giappone e US. La sfida è mettere al servizio della regione le competenze acquisite con trenta anni di attività a Bruxelles. Di fronte alla povertà crescente prefigura, nella crisi pressante della Basilicata, uno sbocco a lungo termine politico, industriale, con interventi sulla ricerca e formazione, integrando lavoro, ricerca, formazione, politica.

Politiche per la persona. Fondatrice e Presidente del gruppo italiano Salute e Genere, per la diffusione della cultura e ricerca di genere. Vede un modo nuovo nella medicina. Ha partecipato, con laCharité di Berlino, al progetto EUGIM e al progetto EUGEMED per costruire una rete di genere. E’ appena uscito un suo libro il “Manuale di Medicina. Sesso. Genere”, edito da Bonomia University Press. Con una sanità in pareggio, auspica di lavorare in termini di sistema perché le persone malate, quindi più deboli possano vivere con dignità ed equità la loro condizione.

CISIONE

TA IN EUROPA

ricucire lo strappo avvenuto tra i lucani e la politica. I partiti osservano; quelli di centro e sinistra appoggiano, almeno formalmente, la esperienza e la giunta; mentre il Presidente apre a F.I. e a larghe intese

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R E P O R T A G E

NOTE A MARGINE

CONVERSAZIONE CON L

FLAVIA FRAN ’ la prima delle conversazioni previste dal Lucano con gli assessori della giunta Pittella. Mi riceve nel suo studio presso il Dipartimento Salute, Sicurezza, Servizi alla Persona.

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Ha trovato casa? No. Cercavo un residence perché con il tempo ridottissimo dopo il lavoro non posso provvedere ai lavori in casa. Al momento alloggio in un bed and breakfast. Sono una donna sola con figlio che attualmente è in Inghilterra. Le cose della vita pratica sono solo sulle mie spalle e mi sono dovuta spesso far carico di tutte le soluzioni pratiche. Il lavoro qui non mi ha permesso di fare altro né ancora di tornare in Sardegna per chiudere casa. Ha un accento particolare. Sono toscana, laureata in Toscana. Nel 1986 ho vinto la cattedra di professore ordinario, in Sardegna, e sono rimasta lì. Ho una mamma anziana, di 93 anni, che vive ancora in Toscana. Per questo torno spesso lì. La mia identità è toscana ma amo molto anche la Sardegna dove ci sono luoghi che danno la sensazione che non ci sia stato mai nessuno. Non parlo il sardo perché ho dovuto impegnarmi con lo studio dell’inglese, che i giovani dovrebbero conoscere, perché lingua dei testi scientifici. Ho una personalità dicotomica (sono medico, specializzata in psichiatria, ricerco nell’ambito della farmacologia che è sempre il mio primo interesse), mi piace però la letteratura, amo il teatro e sono

una attrice accanita. Quale impressione dei lucani? Ero stata in Basilicata per una conferenza. Così mi trovai su una montagna in un periodo bellissimo, in autunno, gli alberi carichi di foglie rosse. Rimasi affascinata. Sono anche sorpresa della cordialità della gente di Basilicata. Ho sentito una accoglienza che mi ha fatto piacere perché non tutti i posti hanno questo rito dell’accoglienza. Per ora ho avuto pochi contatti perché ho dovuto mettermi subito al lavoro. Spero di avere relazioni al femminile perché da anni sono impegnata a promuovere la salute e la medicina di genere e vorrei farlo con l’aiuto delle donne e uomini di Basilicata. Mi spieghi cosa significa medicina di genere ed il suo percorso su questo. Sino al 1991, anno di nascita della medicina di genere, tutto veniva studiato nell’uomo e si considerava tutto uguale negli uomini e nelle donne, a parte l’apparato riproduttivo. Si pensava non ci fossero malattie cardiovascolari fra le donne. Dietro la spinta del pensiero femminista si è cominciato a studiare separatamente. Altrettanto avveniva per l’uso dei farmaci non diversificati nemmeno nelle dosi. Bisogna considerare come il contesto sociale e l’ambiente intervengano sul corpo in una dimensione olistica. Una donna/uomo povero ha probabilità di cattiva salute più di una donna/uomo ricco. Altrettanto accade a seconda che abbia maggiore o minore istruzione. La medici-

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N L’ASSESSORE

ANCONI

na di genere studia questo. Tutto questo evidentemente si basa su paradigmi sperimentali nuovi. Nella medicina di genere, attraverso una ricerca di laboratorio e clinica, abbiamo messo in evidenza che alcune cellule rispondono in modo diverso se isolate a seconda della diversità di genere. Metabolomica di genere andando a identificare tantissimi metaboliti sino a riscontrare grandi differenze tra uomo e donna. Esperienze importanti che ha fatto prima di giungere in Basilicata. Siamo in contatto con la Mayo, con la Karolinskaia che attribuisce i Premi Nobel e la Charité di Berlino. Abbiamo fatto un progetto EUGIM e un progetto EUGEMED per costruire una rete di genere. Ci sarà un incontro prossimo a Bruxelles il 6 aprile. Quindi nella applicazione pratica bisogna cercare percorsi nuovi per le donne. E non solo. Pochissime persone sanno che ci sono un milione di uomini con osteoporosi che non hanno diritto alla MOC ecc. Medicina di genere non significa solo per le donne. Bisogna arrivare al gold starting della medicina personalizzata. Cosa intende maggiormente utilizzare della sua esperienza? Medicina e sanità sono complessivamente positive: di cosa ha bisogno ulteriormente la sanità lucana? Potremo fare delle belle cose. Ci vuole un po’ di tempo. Certo vorrei aumentare per

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questo Assessorato delle Politiche per la persona il budget che, ora previsto dal fondo nazionale tutto per la sanità, garantirebbe un miglioramento generale se investito a migliorare l’aspetto sociale. Dobbiamo costruire asili, facilitare la vita delle donne. Per esempio asili diffusi, asili familiari, quindi una signora prenderà lo stipendio. Poi ci sono tante emergenze sociali. Anche gli anziani. Anche se c’è una struttura familiare solida, non è giusto lasciare solo alla famiglia anche le gravi disabilità. Cosa significa lavorare in termini di sistema? Bisogna avere un sistema. E’ un sostegno lavorare per e in un sistema. Un sistema fa crescere tutti. E’ ciò cui miriamo ma dobbiamo regolarlo molto perché a volte può avere come risultato la perdita della individualità. Quindi un sistema che rispecchi le diversità che costruiscono. La diversità è ricchezza. Nel mio studio in Sardegna ho un grosso biglietto che riporta scritto: TUTTI UGUALI TUTTI DIVERSI Ne metterò uno uguale anche in questa stanza. So che è appena uscito un suo libro Si. E’ il Manuale di medicina . Sesso. Genere, della edizione Bonomia University Press. Non dicotomia di due mondi ma costruire un mondo a misura di ambedue. Sulla copertina il disegno yin/yang ed all’interno i simboli del sesso maschile e femminile.

ma.to.


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Urologia, il San Ca è già nel futuro

Primo intervento con il robot D a la precisione di un robot. Quel che un tempo era un gran bel complimento per un chirurgo oggi è una realtà, al San Carlo di Potenza. Un sogno nel cassetto, realizzato in tempi sorprendentemente rapidi: ci è voluto esattamente un anno, non un giorno in più, né in meno dall’annuncio alla realizzazione. Ma dal 3 gennaio anche l’ospedale dei lucani è entrato nel futuro. “Un anno fa – commenta con soddisfazione il direttore generale Giampiero Maruggi - quando presentammo il protocollo d’intesa con il Regina Elena di Roma, gli scettici si misero subito al lavoro: chissà con tutti gli impegni internazionali che ha quando troverà il tempo il professor Gallucci, primario di chirurgia urologica dell’Istituto Tumori di Roma, di venire a Potenza. E invece siamo qui insieme a raccontarvi il primo intervento eseguito con il robot Da Vinci, su un paziente di Ferrandina. Un intervento che corona un anno di confronto continuo, di scambio di pratiche, di attività formative in una virtuosa triangolazione tra il professore, la nostra Urologia e la Direzione strategica”. Maruggi rivendica il diritto all’orgoglio. Anche perché uno dei fattori decisivi per il successo dell’“operazione robot” è stato l’amore per la Basilicata, l’orgoglio lucano di Michele Gallucci: “L’Azienda ospedaliera regionale deve coltivare la complessità. Per circostanze uniche e irripetibili la sanità lucana può attrarre pazienti residenti nelle regioni limitrofe, dove le strutture sanitarie hanno sofferto i tagli lineari del commissariamento, invertendo la tendenza prevalente alla migrazione passiva. Non è stata una scelta facile ma alla fine abbiamo potuto investire i nostri soldi, quasi tre milioni di euro tra attrezzatura e costi accessori (software, formazione), e munirci di un’apparecchiatura d’avanguardia, che sempre più rappresenta lo

H

La squadra del robot: da sinistra in alto: Lioi, Falabella, Abate, Guaglianone, Panarace, Vita, Mandarino, Maruggi, Gallucci

standard”. Il primario di urologia del San Carlo, Angela Vita spiega che è stato voluto “fortemente il robot e la formazione con il professor Gallucci. Il Da Vinci è del San Carlo ed è a disposizione di tutti i professionisti del sistema sanitario regionale che vorranno collocarsi alla frontiera dell’innovazione in ambito chirurgico”. “Il robot – interviene il professor Gallucci – non è uno strumento di esclusiva vocazione urologica. Ha importanti applicazioni in chirurgia toracica, generale, otorino, così come in ambito ginecologico. Tra l’altro il fatto che il San Carlo ha un Da Vinci di ultima generazione consente di avere un paio di cose in più rispetto all’attrezzatura di cui dispongo a Roma”. “E così – precisa Maruggi - abbiamo

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organizzato a tambur battente una seduta interdisciplinare, con i chirurgi ginecologi. E poi l’innovazione interesserà anche le altre chirurgie. Seguiremo lo stesso modello dell’urologia, dove abbiamo scelto una delle eccellenze nel mondo, individuando la realtà più avanzata in Italia per farci da tutor. Stringeremo accordi di partenariato: con il Regina Elena per la ginecologia, con Grosseto per chirurgia generale, con l’Ieo di Milano per la toracica, con Forlì per l’otorino”. “Questo investimento importante – conclude il direttore generale del San Carlo – è stato possibile perché abbiamo i conti in ordine, perché la manovra di razionalizzazione dei costi avviata nel 2012 e non ancora completata ha già raggiunto significativi risultati, come del resto attestato


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Carlo

ot Da Vinci

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LA CHIRURGIA ROBOTICA. IL PRESENTE, IL FUTURO Se la chirurgia laparoscopica ha rivoluzionato la chirurgia alla fine del XX secolo, agli inizi del XXI secolo una nuova rivoluzione si sta realizzando ad opera della chirurgia robotica. Le ormai numerose evidenze scientifiche emerse a favore della mininvasività, i più recenti studi sulla riduzione del trauma chirurgico e l’affermazione chiara in campo oncologico, hanno portato la comunità chirurgica a sostenerne lo sviluppo e ad estenderne progressivamente le indicazioni. L’idea di applicare le tecnologie robotiche alla chirurgia prende corpo a partire dalla seconda metà degli anni ’90. Lo scopo iniziale era quello di utilizzarle in situazioni di guerra o calamità. Tale fu il riscontro nella comunità scientifica che alcuni gruppi industriali decisero di proseguire lo sviluppo di sistemi per uso civile, intravedendo la possibilità di utilizzare la robotica per supplire alle limitazioni della laparoscopia. Il presente della chirurgia robotica altro non è che l’espressione iniziale di una nuova era chirurgica, nella quale il crescente sovrapporsi di tecnologia e mininvasività apriranno nuovi scenari terapeutici. Gli strumenti attualmente disponibili fanno già intravedere un futuro che sembra fantascientifico ma che è, in realtà, assolutamente prossimo. La somministrazione di coloranti a diversa fluorescenza, visibili attraverso l’occhio di apposite telecamere, consentirà di individuare e discriminare le singole cellule cancerose e, quindi, effettuare la rimozione in maniera mirata e ancora meno invasiva. Le infrastrutture ed i protocolli di telecomunicazione sempre più veloci ed affidabili renderanno possibile l’esecuzione di interventi chirurgici anche a distanza, in qualsiasi parte del mondo, in camere operatorie semiautomatiche con presenza umana sempre più ridotta. L’interazione tra sistemi digitali d’immagine volumetrica, tridimensionale, anatomica e diagnostica, sarà il presupposto per la creazione di sistemi chirurgici intelligenti, ad alta precisione e semiautonomi.

I NUMERI DELL’UROLOGIA NEL 2013 Un bilancio estremamente positivo quello dell’urologia del San Carlo nel 2013: Sedute mensili con Gallucci e la sua equipe, con due o tre interventi per volta Più di 900 interventi chirurgici a vescica, prostata e reni Oltre 7500 visite ambulatoriali Più di 1200 ricoveri Introduzione del laser all’Olmio Introduzione tecnica Rirs in Litotrissia (vedi scheda P.3) Attività di formazione: convegno congresso dell’Auro Basilicata-Campania Campagna per l’incontinenza urinaria Ambulatorio andrologico per la prevenzione tra i giovani

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MICHELE GALLUCCI Per Michele Gallucci, primario del Regina Elena, operare a Potenza, è un ritorno a casa: il grande chirurgo, una delle massime autorità mondiali nella chirurgia robotica urologica, è infatti nato a Pietragalla nel 1950 (è figlio d’arte: il padre era il medico condotto) anche se ha svolto tutta la sua carriera nella Capitale. Appena laureato, a 24 anni, ha cominciato a collaborare con la cattedra di Clinica Urologica dell’Università di Roma e oggi insegna Urologia nelle Scuole di specializzazione della Sapienza e del Campus Biomedico. Collabora con l’European School of Urology, agenzia della società scientifica urologica europea, nell’organizzazione di corsi di formazione permanente in Europa. A testimonianza del suo saldo e generoso legame con la Basilicata, il professor Gallucci ha rinunciato a qualsiasi compenso per la sua attività di coordinatore scientifico del progetto Da Vinci.

dall’Oscar di bilancio, a noi assegnato nel 2013. Tra i fattori di questo successo va segnalato l’entusiasmo del professor Gallucci, della dottoressa Vita e della sua equipe. I nostri medici mi hanno tenuto sotto pressione e a loro devo riconoscere il merito di un eccellente spirito di collaborazione. Si sono messi in gioco accettando l’idea che bisogna continuare a crescere confrontandosi con l’autentica eccellenza. Si può dire, senza falsa modestia, che sul robot in urologia Gallucci è tra i numeri uno al mondo”. “Sono stato ben felice – dice Michele Gallucci, il primario urologo del Regina Elena che ha collaborato con il San Carlo sul progetto Da Vinci - di supportare l’ansia di crescita dell’azienda ospedaliera regionale. Si potranno operare non solo i lucani ma anche attrarre pazienti di regioni limitrofe. In tutto il Sud sono infatti una decina scarsa i robot attivi, quattro in Campania, un paio in Puglia e in Sicilia, a fronte di ben ventitré presenti in Lombardia. Così, quando a dicembre abbiamo tenuto qui un congresso nazionale, molti colleghi del Nord si sono meravigliati che la piccola Basilicata si potesse munire di una tecnologia di avanguardia”. “La disciplina è in continua evoluzione – conclude il professor Gallucci – un giorno si potranno fare cose impensabili. Applicando un microscopio al robot, ad esempio, sarà possibile effettuare l’esame istologico in tempo reale. Io devo molto al mio maestro, Bracci, che è stato fondamentale per me ma oggi la sua chirurgia è più vicina a quella del ‘700 di quanto non lo sia a quella di oggi. E così mi immagino che tra venti anni i miei allievi

Guaglianone

Falabella

facciano altre cose. L’ho detto al dottor Guaglianone che mi accompagna in questo progetto Basilicata e alla dottoressa Vita: dovete andare avanti e cogliere tutte le innovazioni tecnologiche. Così come nessuno si illuda sul ruolo del

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“grande” chirurgo: a questi livelli senza il lavoro collettivo non si va da nessuna parte. E i chirurgi, poi, devono essere sempre pronti a mettersi in discussione”. Cosa che al San Carlo hanno decisamente imparato a fare.


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Matera, il crollo della palazzina vico Piave Il racconto della signora Tarasco, quel sabato mattina avvertimmo rumori sordi e scricciolii Giovanni MARTEMUCCI

ono salvi per miracolo Vito Tortorelli e Maria Rosaria Tarasco, due dei sopravvissuti al terribile crollo di vico Piave a Matera avvenuto lo scorso 11 gennaio. Una brutta avventura quella dei coniugi Tortorelli che, per fortuna, si è conclusa bene nella triste vicenda del crollo della palazzina di vico Piave nel centro storico della città dei Sassi. Salvi per miracolo in un giorno da dimenticare. A raccontare la vicenda inizia la signora Maria Rosaria Tarasco “Eravamo preoccupati da giorni – sottolinea- per quelle crepe nel muro che aumentavano e si aprivano sempre di più. Ma nessuno ci ha dato ascolto. Tanto alla fine eravamo noi a dover convivere con la paura. Fino a quando quel sabato mattina, sveglia da poco, ho iniziato a sentire degli scricchiolii. Rumori sordi, netti, strani. Che aumentavano sempre di più. Ho iniziato a gridare e contemporaneamente ho visto che il pavimento iniziava ad avvallarsi. Vedevo che accadeva la stessa cosa al soffitto e intanto chiamavo mio marito che era

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andato in bagno. In quegli istanti infiniti ho atteso ancora che mio marito rispondesse, poi il pavimento ha iniziato a muoversi e dall’alto cadevano i calcinacci. Ho continuato a chiamare Vito, mio marito, e ho iniziato a correre verso le scale. Dopo qualche secondo è successo l’inferno. Ed è venuto giù tutto mentre uscivo dal portone“. In quei secondi interminabili Vito Tortorelli si trovava in bagno, in un’ala dell’edificio che non è crollata. Appena resosi conto di quello che stava accadendo si è precipitato verso l’uscita. “Ho attraversato il corridoio afferma- e ho visto una nuvola di polvere bianca poi mi sono ritrovato tre metri più sotto. Non mi ero reso conto, scappando, che era crollato tutto. Il pavimento del soggiorno alla fine del corridoio non c’era più. Anzi non c’era più nulla. Sopra di me era tutto scoperto“. Vito Nicola Tortorelli è stato soccorso subito e portato via dalla zona che era già un cumulo di macerie grazie all'intervento di due cittadini di Matera che si trovavano sul posto al momento del crollo. Ha riportato solo delle lievi ferite al collo, una microfrattura al ginocchio e una contusione alla schiena. Vito Tortorelli è un pensionato che abita lì in Vico Piave con sua moglie da anni. Anche a distanza di giorni ha ancora negli occhi e nel viso i segni dello stordimento, del disorientamento per questa tragedia. “Sono ritornato a casa – conclude Vito- per prendere qualcosa come vestiti ed effetti personali, o perlomeno quello che è rimasto. Ci siamo trasferiti da parenti in questi giorni ma è ora che qual-

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cuno si occupi di noi, seriamente. Mi riferisco alle istituzioni“. Preoccupazione più che legittima quella di Vito Tortorelli che ha perso in un attimo la propria casa, sacrificio di una vita di lavoro. Franco Fontana, che è stato uno dei primi ad accorrere sul posto, ha visto con i propri occhi proprio Vito Tortorelli che veniva soccorso e tratto in salvo da alcuni cittadini che passavano di


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là: “Ho sentito un boato, sono uscito ed è stata una cosa incredibile quello che ho visto. Si sapeva che poteva accadere una cosa del genere, da tempo si vedevano spuntare sui muri numerose crepe che poi con il tempo sono diventate sempre più ampie. Ma nulla è stato fatto fino a che non è successo tutto questo“. Con il passare dei giorni affiorano anche maggiori dettagli che

concorreranno a ricostruire la verità grazie al lavoro della magistratura che vuole dare risposte in tempi brevissimi. Anche perchè se ne sentono di cotte e di crude sul crollo di vico Piave. Speculazioni, pontificazioni, emulazioni di notizie, opinioni personali spacciate per verità, perizie tecniche "self made". Si tratta di "notizie" che in molti casi non hanno alcun fondamento e che non

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fanno altro che alimentare il processo mediatico. E poi sembra che il nuovo sport materano sia la ricerca e la segnalazione di lesioni sui muri. Pure di quelle che sono lì dal terremoto del 1980. Forse occorre più serietà anche nel parlarne rispettando soprattutto la memoria di chi come Antonella Favale, a 31 anni, ha perso la vita in quel crollo.


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R E P O R T A G E

Basilicata, oltre i confini del turismo in carrozzina Un viaggio sulle strade tortuose dell’handicap Michele PACCIANO

bbiamo percorso la Basilicata in carrozzina, “Coast to Coast”, quasi ricalcando e zigzagando le orme di Rocco Papaleo, ironico ed arguto testimonial di quel certo spirito di “Lucanesità”, che tanto ci inorgoglisce. Ne è scaturita un’inchiesta in agrodolce, con luci ed ombre, tutte da scoprire, con un’idea della Lucania, forse da rivedere e da ritrovare, al di là dei pregiudizi e dei luoghi comuni. Ma quanto è accessibile la Basilicata? Siamo veramente una regione a misura di disabile? Come siamo messi rispetto all’Italia, all’Europa e al resto del Mondo? Fino a che punto è lecito parlare di turismo senza barriere? Come rispondono alberghi, ristoranti e strutture ricettive, sono realmente fruibili? Le nostre spiagge e nostri impianti sciistici, che molti ci invidiano, sono debitamente attrezzati? Quanto sono accessibili i nostri musei, i nostri teatri e cinema, i nostri innumerevoli giacimenti e contenitori culturali? I luoghi di culto, i bellissimi

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castelli e le dimore storiche, di notevole pregio storico artistico, sono raggiungibili e visitabili senza difficoltà? I luoghi di divertimento, le discoteche e i locali notturni, sono davvero pronti ad accogliere “Ballerini a quattro ruote?” Per esplorare meglio il territorio siamo partiti dagli ultimi paesi, al confine ovest della Puglia, e ci siamo subito imbattuti nelle strade, che si arrampicano stanche e affannose su vecchi tratturi e sentieri di montagna. La Basentana sembra ancora una specie di deserto dei Tartari, senza una pompa di benzina per chilometri, a dispetto del petrolio della Val D’agri e del sogno tradito di Enrico Mattei. Una domanda ci muore in gola mentre maciniamo ricordi e suggestioni d’asfalto: “Ma Cristo, si è veramente fermato a Eboli?” Certo, la Basilicata non è più solo “La terra gialla e rapata” descritta da Giustino Fortunato, né la casa “Dell’uva Puttanella”, che, con Rocco Scotellaro, ha fatto sogna-

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re generazioni di poeti in erba, compreso il sottoscritto, lucano per adozione e filiazione letteraria, per grazia, o per colpa di Raffaele Nigro e di Don Carlo Alienello, che col suo bellissimo “L’eredità della priora”, ha popolato la mia adolescenza di storie e leggende dal realismo magico, sempre alla caccia di un riscatto possibile. Tuttavia, appena entrati in Lucania, a guardarla dal finestrino di una station wagon con carrozzina al seguito si respira ancora quell’aria di immoto e sospeso Far west nostrano, quell’irruente torpore di magnifico isolamento, espanso e greve a un tempo, ammantato e ammorbato nella nostalgia di un ritorno, mai definitivamente consumato, aspettando attoniti che i briganti della banda di Carmine Crocco balzino improvvisamente fuori e ci assaltino dai dossi e dalle dune boscose. Ma la strada si biforca, non siamo su una diligenza, un clacson e un telefonino ci richiamano bruscamente alla cruda realtà. Ci risistemiamo sul sedile e ci chie-


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diamo: ma accogliere su larga scala turisti in carrozzina, sarà un buon investimento? A giudicare dai numeri, direi proprio di si. L’ultimo dossier handicap parla chiaro, il turismo accessibile, non è più in fenomeno di nicchia. Le stime delle Nazioni Unite segnalano infatti la presenza, in tutto il globo, di circa 650 milioni di persone disabili. Circa l’80% di loro vive nei paesi in via di sviluppo, dove un terzo dei bambini in età scolare è affetto da disabilità. Con l’invecchiamento della popolazione a livello mondiale, il numero delle persone disabili è destinato ad aumentare. Nell’Unione europea la percentuale delle persone disabili è valutata dal Forum europeo della disabilità fra il 10 e il 15%, per un totale di almeno 50 milioni di persone. Quanto all’Italia, e alle possibili ricadute sul turismo accessibile interno, uno studio della Commissione europea, con dati raccolti principalmente tramite l’Istat, riferisce

che la popolazione disabile in Italia è di circa 2,6 milioni di persone, ovvero circa il 4,8% del totale della popolazione di sei anni e più che vive in famiglia. Una cifra che si basa su una definizione "stretta" di disabilità (ovvero mancanza totale di autonomia in uno o più aspetti della vita quotidiana). Allargando il filtro, la percentuale arriva al 13% circa, ovvero in linea con quella degli altri paesi industrializzati, con un picco del 18,7% per gli over-65. Di questi, 178mila vivono in residenze comunitarie (304 ogni 100mila abitanti), mentre circa 153mila (262 su 100mila) sono gli istituzionalizzati (secondo altre stime sono 182mila). I disabili titolari di una rendita Inail sono poco meno di 800mila (795.831), di cui 683.915 maschi e 111.916 femmine. Considerando le quattro tipologie di disabilità risultano 363.152 persone con disabilità motoria; 156.873 con disabilità psicosensoriale; 59.584 con disabilità cardiorespiratoria e 216.222 con altre disabilità. Nei Paesi europei già da molto tempo la politica dei servizi sociali si è sviluppata attraverso la legislazione e i vari interventi nel campo urbanistico, dei trasporti, dell’edilizia pubblica e privata, adeguando strutture e servizi alle esigenze delle persone ‘diversamente abili’ presenti nel tessuto sociale. Questo processo ha permesso un’alta fruibilità dei servizi turistici e un conseguente sviluppo di flussi di queste categorie - sia in forma individuale che collettiva - anche attraverso specifiche iniziative a loro riservate, con un significativo vantaggio per l'economia di settore. L’Italia rappresenta una meta privilegiata e molto richiesta all’estero, ma l’insufficiente informazione sulla fruibilità esistente, e non solo in relazione al problema della disabilità motoria e sensoriale, impedisce l’afflusso di un notevole numero di turisti, rappresentato dagli stessi interessati e dai loro amici, familiari, accompagnatori. Attualmente il flusso in questo settore è caratterizzato da: persone con ‘disabilità’ e bisogni ‘speciali’ di vario genere, che viaggiano da soli o con accompagnatore, familiari ecc.; da gruppi organizzati, sia con iniziative spontanee che, più frequentemente, attraverso i programmi sociali di Enti pubblici o privati - italiani e stranieri. Limitatamente all’Europa, il fenomeno del ‘turismo per tutti’ è stato stimato in 50 milioni di cittadini con disabilità e problematiche di vario genere. Di questi, ben il 72%, ossia circa 36 milioni, sono propensi a viaggiare, ma solo 6 milioni lo fanno realmente. In sostanza 30 milioni di persone con bisogni ‘speciali’ possono essere interessate a viaggiare, ma, per diverse ragioni, vengono ancora escluse dai circuiti ufficiali del turismo. Se a questo si aggiunge il fatto che, insieme a ogni disabile, vi possono essere una o più persone (accompagnatori o altro), si arriva alla cifra di 60/70 milio-

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ni di persone che potenzialmente possono diventare utenti turistici in Europa. In sostanza, la popolazione con particolari esigenze di ospitalità disponibile al turismo può essere stimata in Italia a circa 6 milioni e in Europa a circa 36 milioni di persone. Oggi possiamo trovare diffuse informazioni su strutture ricettive e servizi turistici correlati, che siano accessibili e fruibili da cittadini con bisogni ‘speciali’. Queste informazioni sono disponibili in innumerevoli siti internet, in pubblicazioni e periodici di categoria che però, data la loro frammentarietà, rendono complessa una ricerca agile e sicura da parte dei consumatori e degli stessi operatori turistici. Raramente, infatti, le varie opportunità trovano visibilità nei circuiti turistici commerciali, né vengono aggiornate in modo tale da garantire sul mercato proposte sempre più ricche e qualificate. E’ vero anche che i vari bisogni ‘speciali’ di particolari categorie di viaggiatori italiani e stranieri, vengono generalmente ignorati dalle proposte turistiche tradizionali, non essendo sempre facilmente individuabili e conosciuti. Un mercato con enormi possibilità dunque, a tratti una foresta vergine tutta da esplorare e conquistare. Ma perché un disabile, italiano, o straniero dovrebbe venire proprio in Basilicata? Iniziare dai sassi di Matera potrebbe sembrare scontato per chi abita qui, ma questo patrimonio Unesco può essere, invece, nel mondo, ambasciatore di tutto il resto. La Basilicata è uno scrigno di tesori nascosti, spesso poco conosciuti e valorizzati, di paesi antichi arrampicati sulle Dolomiti Lucane e abbracciati dai boschi. Il nome Lucania, dal latino “Lucus”, significa proprio questo, Terra dei Boschi. Ci sono borghi incantati e deserti, scavati nella pietra come Craco; a Satriano di Lucania le storie dei cafoni e dei briganti sono dipinte, iscritte sui muri delle case, stimmate di colore in un immenso murales, a ricordare una tragedia dimenticata e rimossa, che in nome dell’Unità d’Italia, tra il 1861 e il 1863 lasciò sul terreno più di 7000 vittime civili. Le nostre cime arrotondate, dalla Sellata, al Volturino, al Monte Sirino, e le nostre coste basse e sabbiose, o con scogli ammorbiditi a picco sul mare, da Maratea a Cersuta, sarebbero l’ideale per accogliere i turisti con esigenze particolari. Attualmente non è possibile una stima attendibile dei turisti disabili in Basilicata che su una media annua del flusso turistico, attestato attorno al milione e novecentomila presenze annue, suddivise tra italiani e stranieri, tocca ancora cifre irrisorie. Come incentivare questo flusso? Con quali interventi e politiche di incaming? Di questo ci occuperemo nella prossima puntata del nostro viaggio, iniziando dalla montagna. Chiediamo anche il vostro aiuto, segnalateci prospettive e criticità sul campo. Vi aspettiamo!


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R E P O R YA G E

Melfi, Valvano presenta la nuova Giunta comunale Ecco chi sono i nuovi cinque assessori Marianna Gianna FERRENTI

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’amministrazione comunale di Melfi è pronta a cambiare rotta e alza il vessillo della trasparenza. Così la nuova giunta, formatasi all’indomani dell’azzeramento delle precedenti assise comunali si muove verso una sinergica cooperazione tra i diversi assessorati. La decisione del sindaco Livio Valvano di avocare a sé la delega di assessore alla cultura, come lui stesso ha ammesso, è un segnale forte che indica la direzione giusta “ad impegnarsi collegialmente per coinvolgere tutte le associazioni e gli operatori culturale della città per trasmettere un’idea di cultura che superi il recinto delle singole nicchie”. “Oggi Melfi – ha continuato il primo cittadino- ha bisogno di riparare il tessuto urbano, di riorganizzare i servizi, di aggiungerne nuovi, di mettere al centro la cultura, e non ha più bisogno di consumare altri chilometri di suolo agricolo”. Il Lucano

magazine ha deciso di ascoltare il punto di vista di tutti gli assessori cogliendo spunti e dichiarazioni molto interessanti su questo nuovo inizio che si apre ad una palingenesi del tessuto sociale e produttivo. “La parola d’ordine è rigenerazione contro ogni speculazione, anziché espansione incontrollata e insensata” ha ammesso il sindaco. La cultura potrebbe rappresentare il vero collante tra cittadini e pubblica amministrazione e il motore trainante di una palingenesi che potrebbe rigenerare tutto il tessuto sociale e produttivo. La nuova giunta dunque parte con i migliori propositi e con le idee chiare, conservando il meglio di quanto è stato compiuto dalla precedente giunta. D’ora in poi, però, si procederà con una marcia diversa affinché la cultura diventi il carburante dell’economia reale in un periodo in cui i tagli imposti dal Governo centrale e i vincoli stringenti del Patto di Stabilità impediscono ai comuni, specie a quelli virtuosi, di utilizzare i fondi già presenti nelle casse. Il vicesindaco e assessore allo Sviluppo Economico, Luigi Simonetti, si è soffermato proprio sul concetto di rigenerazione: “Rigenerare vuol dire rimettere a valore quello che abbiamo. Il centro storico di Melfi è una risorsa immensa e un'opportunità di crescita e di sviluppo. Dalle prossime setti-

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mane incentiveremo ristrutturazioni e riqualificazioni che lo rendano attrattivo e con i migliori standard energetici ed ambientali. Rimetteremo in movimento tutto il nostro tessuto produttivo: dall'edilizia al commercio, dai professionisti agli artigiani”. Sul versante ambiente e rifiuti – continua - c’è da sottolineare che abbiamo una delle tariffe più basse tra i comuni della Basilicata. Ci siamo arrivati facendo partire la raccolta differenziata, oggi ad oltre il 60%, ed avviando un confronto rigoroso con Fenice. Nelle prossime settimane si arriverà a chiudere, con i vari enti interessati, il piano di bonifica del sito”. L’assessore alle Infrastrutture Francesco Fischietti intende: “avere un quadro specifico della situazione e attingere informazioni dagli uffici competenti, incontrare i cittadini, quartiere per quartiere, in modo da valutare i problemi specifici”. In merito alla rigenerazione urbana aggiunge che la priorità assoluta sarà per il centro storico: “Dialogheremo con le organizzazioni e le nostre priorità saranno le opere di urbanizzazione (viabilità, marciapiedi, illuminazione pubblica perché riteniamo che, garantendo queste opere, saremo in grado anche di migliorare i servizi pubblici per i cittadini”. L’assessore Fischietti condivide la piena collaborazione con l’assessore alle


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Luigi Simonetti (Pd)

Vincenzo Fundone (Sel)

Alessandro Panico (Pd)

Vice Sindaco, Assessore all’urbanistica, Edilizia Privata, Ambiente, Rifiuti, Sviluppo Economico Politiche del Lavoro. Dirigente regionale PD Basilicata, Capogruppo PD al Comune di Melfi. Diplomato all’I.T.C.G. “Gasparrini” di Melfi , ha studiato Scienze politiche alla Sapienza di Roma. Libero professionista. Si è occupato di assistenza tecnica e rendicontazione di fondi europei. Ha collaborato con enti pubblici ed aziende private.

Assessore alle Politiche Sociali e della Salute, Politiche AbitativeEdilizia Popolare, Servizi Cimiteriali, Randagismo. È un fotografo antropologico professionista. Ha lavorato nel mondo dell’associazionismo culturale. Ha predisposto importanti campagne fotografiche di rilievo regionale tra cui alcune per l’Unibas. Fundone da oltre un quindicennio viaggia attraverso la Basilicata nel tentativo di fermare in immagini il ricco e multiforme patrimonio delle feste religiose lucane. Ha collaborato alla realizzazione di ben tre guide turistiche sulla Città di Melfi. E’ fondatore e vice presidente dell’associazione culturale Archeoclub.

Assessore alla Strategia Finanziaria e Ricerca Finanziamenti, Bilancio, Tributi, Valorizzazione e Gestione Del Patrimonio, Controllo Di Gestione, Innovazione Organizzativa. È dottore commercialista e revisore contabile. Si occupa prevalentemente di consulenza societaria, di direzione e di formazione nei settori della cultura e del turismo. E' stato co-fondatore del Consorzio Turistico del Vulture e dell’Associazione“Officina” co-fondare del “Forum Melfiplus”, insieme a 22 associazioni locali, per la rigenerazione urbana del centro storico di Melfi. Nel 2010 ha contribuito all’elaborazione del documento strategico del PIOT “Area Nord Basilicata”, per gli investimenti in piccole infrastrutture.

Lucia Moccia,

Francesco Fischietti (Udc)

Assessore all’istruzione, sport e tempo libero, gestione strutture sportive, politiche giovanili e pari opportunità. Direttrice dell’Agenzia INPS di Melfi, è stata Presidente del Distretto Sud Est (AbruzzoMolise-BasilicataPuglia) della FIDAPA - BPW-Italy: associazione culturale femminile internazionale, ove ha ricoperto funzioni organizzative e direttive a livello di sezione e di Distretto. Attualmente è Tesoriera Nazionale della Fidapa -BPW-Italy.

Assessore alle Infrastrutture, Rigenerazione UrbanaCentro Storico, Mobilita' (Trasporto Locale E Scolastico), Decoro Urbano, Politiche Energetiche, Protezione Civile, Segnaletica Stradale. È geometra e libero professionista da circa 25 anni. In qualità di Responsabile di Cantiere ha seguito la realizzazione delle opere edili e infrastrutturali per gli insediamenti industriali, tra cui come quello della Fiat-Sata, dell’acque minerali ex Toka, del Centro Commerciale Arcobaleno e della Barilla.

all’istruzione, allo sport e alle politiche giovanili, Lucia Moccia, proseguirà l’opera di costruzione di un’etica formativa improntata al principio della lealtà in continuità con il lavoro svolto dal precedente assessorato al ramo: “Consapevole che lo sport, portatore di valori morali quali il rispetto, la solidarietà e l’equità, è un forte strumento di aggregazione e di inclusione, in grado di incidere positivamente sulle relazioni umane e sociali – ammette l’assessore Moccia - profonde-

rò il mio impegno per migliorare e potenziare gli impianti esistenti, adeguandoli alle necessità del territorio. Ritengo sia opportuno procedere, quanto prima, alla ricognizione delle strutture per verificarne lo stato, accertarne la fruibilità, proporre gli interventi”. “La Consulta delle Associazioni Sportive che si terrà a breve – conclude - sarà l’occasione per cogliere al meglio i suggerimenti provenienti dal mondo dello sport, comprenderne i bisogni e le priorità.

infrastrutture, l’assessore Vincenzo Fundone, il quale riconosce, in merito all’edilizia abitativa, che una delle maggiori urgenze da affrontare riguarda proprio il centro storico e, in merito alle politiche sociali ed abitative aggiunge: “In continuità con quanto fatto dalla precedente giunta, abbiamo approvato il nuovo regolamento per la sussistenza delle famiglie disagiate. È nostra priorità, inoltre, la costruzione di nuovi spazi sociali dedicati ai giovani, mentre sulla delicata criticità della dispersione scolastica e del disagio minorile lavoreremo per mettere in atto iniziative di inserimento lavorativo e sociale dei giovani”. “Per quanto riguarda il problema del randagismo – aggiunge Fundone - il nostro obiettivo sarà creare una nuova area ricovero per animali malati e più aggressivi, alternativa a quella esistente, costruita su un terreno franoso e manchevole di un adeguato sistema idrico e di condizioni minime di igienicità”. L’assessore al Bilancio e alla Gestione del Patrimonio, Alessandro Panico, annuncia che il consiglio comunale di febbraio verterà proprio sul bilancio di previsione e anticipa che “gli equilibri sono a posto, già il fatto che siamo riusciti a garantire la copertura dei costi rifiuti, con un risparmio di 4 milioni di euro rispetto ai 10 milioni della passata amministrazione è un vantaggio enorme”. “Allargando il discorso alla pianificazione 2014-2020 - continua Panico- è necessario un approfondimento scientifico su Melfi come città della storia; dobbiamo oltrepassare i confini amministrativi, proiettarci verso i circuiti Unesco, la rete dei castelli federiciani, creare partnership territoriali in una logica di rete, come è avvenuto a Monticchio, con la realizzazione della prima guida multimediale del Vulture”. L’assessore

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E P I S T E M E

ANTROPOLOGIA Leonardo CLAPS

olklore” deriva dall'inglese 'folk': popolo e 'lore': sapere. Quindi alla lettera vuol dire “sapere del popolo”. Questo sapere riguarda tradizioni, usi e costumi, ed inoltre la varia saggezza che i popoli hanno accumulato nel corso dei secoli. Il folklore ovviamente non è soltanto un semplice ammasso di curiosità per l'uomo contemporaneo ma racchiude nel suo ampio bagaglio tutto ciò che la saggezza dei vari popoli ha saputo custodire e tramandare. Troviamo quindi nel folklore le buone tradizioni; queste possono riguardare la cucina, i vestiti ed i costumi, le buone maniere, le canzoni, le danze, i proverbi e non da ultimo la cultura materiale: arnesi, utensili, oggetti di varia utilità. Quindi, il folklore è un inestimabile tesoro di contenuti culturali, tesoro che può essere apprezzato solo con un'attenta analisi ed un'interpretazione molto accurata, due modalità cognitive che rientrano nell'ambito specifico dell'antropologia culturale. Il folklore ci dice qualcosa sulla mentalità di un popolo, ci informa della sua “cultura” specifica. Dunque è importante in questo

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senso perché ci mette a disposizione un vasto materiale significativo che può essere sì oggetto di curiosità, di semplice piacere turistico, ma, allo stesso tempo, ci fornisce preziose notizie, reperti diremmo oggi, circa la civiltà ed i sistemi di valore di un popolo. In questo senso l'antropologia si muove non solo in termini di raccolta diei dati (etnografia) ma anche, e soprattutto, in termini di interpretazione e comprensione. Dopo la raccolta di dati e reperti (etnografia) viene spontaneo nella ricerca scientifica il lavoro di comprensione. Cosa vuol dire quel caratteristico costume? Perché è stato concepito in quel modo? Quale mentalità rispecchia? I giocattoli e le bambole di un tempo nascondevano forse importanti funzioni pedagogiche? È chiaro che se questi prodotti folkloristici hanno valenza culturale in senso antropologico devono in qualche modo racchiudere in sé valori educativi, civili, progressivi. Un esempio molto illuminante viene dai proverbi. Prendiamone ad esempio qualcuno. Nu' mett' i cambaniedd' ngann' a la atta (non mettere i campanelli al collo del

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gatto). Perché mai uno dovrebbe mettere i campanelli al collo di un gatto? Quale strana bizzarria può condurre ad un gesto del genere? Forse solo per un semplice gusto estetico? Per rendere più vivace la compagnia del gatto? Comunque, in ogni caso rimane la stranezza del consiglio del proverbio, il suo invito ad evitare una cosa del genere. Perché? La risposta, come al solito, proviene dall'analisi dettagliata del proverbio. Vediamo. Catturare un topo è un'impresa ardua anche per i gatti, che sono per natura portati a catturare topi. Occorre massima prudenza, tempismo, pazienza e naturalmente silenzio. Ora, con i campanelli al collo l'impresa del gatto non diventa più difficile ma addirittura disperata. Quindi ora si capisce: in senso metaforico il proverbio ci dice che se vogliamo fare qualcosa di molto delicato ed impegnativo dobbiamo evitare “rumori”, distrazioni e confusioni varie. Questo al fine di evitare inutili invadenze, problemi dovuti ad eventuali contese o all'invidia. P' chi s' lu mer-t' min-t' inda a ru fuoc' (per chi se lo merita buttati nel fuoco). Questo è un proverbio molto sem-


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GIA E FOLKLORE

plice da capire: datti da fare, impegnati e rischia solo per chi merita. Eppure quante volte abbiamo sentito di persone che si sono impegnate per chi non meritava né aiuto né comprensione! Questo semplicissimo proverbio ci ricorda un altrettanto semplice regola della vita: l'impegno dev'essere riconosciuto ed apprezzato. Anche l'amore, forma particolare ed intensa di impegno, dovrebbe essere dato a che ne è degno. È inutile sprecare energia con chi non merita. In questo senso c'è un altro proverbio, molto diffuso negli ambienti popolari del sud Italia: a lavà la cap' a lu ciucci s' perd' acqua e sapon' (a lavare la testa all'asino si perde acqua e sapone). Come questi due ultimi esempi mostrano in modo chiaro, alcuni proverbi sono di facile comprensione, intuitivamente afferrabili. Ma non tutti sono così, ad esempio non è così il proverbio riportato all'inizio sui campanelli al collo del gatto. Infatti, alcuni proverbi richiedono una meditazione attenta e dettagliata. Alcuni nascondono il loro senso dietro l'apparente banalità o stranezza delle parole. In questi casi dif-

ficili, dove il senso non emerge facilmente da sé, occorre un delicato lavoro d'interpretazione, al fine di evitare facili fraintendimenti o addirittura grossolani errori. Prendiamo ad esempio il seguente: terra nghian' accir' cristian' (terreno in piano uccide il cristiano). Il primo senso è che lavorare o zappare un terreno in piano comporta una notevole fatica (uccide il cristiano significa che uccide, cioè stanca la persona con un lavoro troppo duro). Ma a prima vista questa dichiarazione sembrerebbe in contrasto con il buon senso, poiché un terreno in piano dovrebbe essere più facile da lavorare o zappare. È questo il caso di un proverbio a tutta prima contro-intuitivo. Tuttavia il suo messaggio è reale e veritiero: lavorare o zappare un terreno in piano è davvero molto stancante, anzi più stancante di quanto si possa pensare a primo impatto. Un terreno in piano non offre zone che possano servire come leve, che invece troviamo nei terreni in pendio. Ed ecco che, a livello pratico, un terreno in piano è davvero molto difficile da lavorare. Evidentemente l'immagine del piano e della pianura hanno tratto

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in inganno. In realtà non c'è nessuna facilità lavorativa, anzi. Ma il significato nascosto di questo proverbio or ora analizzato può estendersi ben oltre la dimensione agricola. E allora il proverbio sembra volerci dire che le cose apparentemente facili, agevoli in realtà non fanno altro che stancarci ancor di più. È come dire che le comodità ci stancano più di quanto si possa immaginare a prima vista. L'esempio di quest'ultimo proverbio ci mostra come un prodotto del folklore non è per niente facile da comprendere al primo impatto. Infatti, la cultura folk, anche alcuni possono considerarla “subalterna”, è il più delle volte difficile da capire. La semplicità dei prodotti folk non deve trarre in inganno, poiché questa semplicità è solo apparente, riguarda solo la superficie. Oltre la facciata semplice, e a volte grezza, si nascondono significati non solo interessanti ma anche e soprattutto utili per la vita e la sopravvivenza. Grazie all'antropologia culturale possiamo disporre di un valido aiuto per la comprensione del mondo apparentemente semplice del folklore.


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E U R E K A

LE DELIZIE POVERE DELLA SALUMERIA

LUCANA

Pezzente

Ettore BOVE

rimod de la Reynière, geniale aristocratico parigino di inizio ‘800, che per essere stato organizzatore di stravaganti banchetti ed autore di pionieristiche guide gastronomiche è considerato il padre della “gastronomia militante” ed il precursore della ristorazione moderna, definisce il maiale “animal encyclopédique”. In questa sintetica ma convincente definizione si ritrova, sicuramente, anche il ben noto e sempre attuale detto popolare tanto caro ai lucani che del “porco non si butta via niente”. Difatti, nell’immaginario collettivo il maiale, quando è allevato in aziende a conduzione famigliare, è visto come una fonte inesauribile di prodotti, spesso congiunti, destinati al consumo diretto o a costituire materie prime con attitudini molteplici. In effetti, dalla “lavorazione artigianale del maiale” allevato in campagna, è possibile ottenere una vasta gamma di prodotti, più o meno pregiati, che, come ben dimostra la tradizione contadina lucana, si trovano a rappresentare, storicamente, tipologie merceologiche destinate a fasce di consumatori con preferenze e capacità di

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spesa diverse. Merita di essere sottolineato che quando questi prodotti sono realizzati in ambito strettamente famigliare, seguendo regole consuetudinarie, come lo scannamento dell’animale, cui nonostante la legge lo proibisca è difficile rinunciare, la disponibilità a pagare dei consumatori è tale da rendere conveniente l’attività di “trasformazione del maiale” rispetto alla quotazione dell’animale vivo (3,50-4,00 euro a kg) o, come si sente dire spesso nelle campagne, “a spacco e peso” (5,00-6,00 euro a kg). A rappresentare la componente meno nobi-

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37 le della salumeria tradizionale della montagna lucana, e quindi a dimostrare che l’utilizzazione del maiale non comporta sprechi, rimangono alcuni insaccati che la sapienza contadina è riuscita ad ottenere utilizzando organi, come cuore e polmoni, e gli scarti della lavorazione della carne destinata alle nobili lucaniche e soppressate. Tra questi insaccati, quello più noto è il “pezzente”, uno dei 77 prodotti tradizionali lucani riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Le componenti di partenza dell’insaccato classico sono budello, attentamente pulito dalle donne, carne, in parte ricavata dalla gola del maiale, spesso impregnata di sangue, cuore, trippa, sale, semi di finocchio e scaglie di peperoncino rigorosamente piccante, un tempo ottenute utilizzando il vecchio macinino del caffè. In alcune realtà è consuetudine utilizzare il polmone in sostituzione del cuore ed insaporire l’impasto che le donne lavorano con le mani anche con altre spezie come i semi di coriandolo. Il cuore e la trippa, prima di essere aggiunte al resto dell’impasto, vengono scaldati e triturati. Il salume, che è lasciato appeso ad asciugare per una ventina di giorni in locali freschi provvisti di camino, si presta per essere conservato sotto sugna, arrostito sulla brace e utilizzato come ingrediente di sughi e diverse minestre. Tra queste rimane da segnalare la tradizionale “cuccìa contadina”, la zuppa di mais e legumi da cuocere al fuoco lento del camino, assieme al pezzente nell’immancabile “pignata” di terracotta. Si stima che da un maiale del peso di un quintale e mezzo è possibile ottenere, impiegando 6 kg di carne, 300 g di trippa e 300 g di cuore, non meno di 5 kg di pezzente. In genere, questo “miserabile salume” è destinato al consumo famigliare o è prodotto dai contadini su ordinazione di conoscenti. E’ possibile, tuttavia, trovarlo in alcune macellerie ad un prezzo che oscilla attorno ai 7,00 euro a kg. Nella tradizione della montagna lucana si realizza anche una versione meno nobile del già povero pezzente in quanto come ingredienti si utilizzano, per produrre sempre 5 kg di prodotto, anche abbondante aglio (50 spicchi), cotiche cotte (2 kg), in sostituzione del cuore o del polmone, ed esclusivamente carne ottenuta dalla gola del maiale impregnata di sangue. A differenza del nobile pezzente, questo insaccato, conosciuto come “pezzente povero”, non è conservabile sotto sugna. In genere si usa arrostirlo sulla graticola, che rappresenta anche un modo per sgrassarlo, o per preparare i ben noti impegnativi “sughi contadini” piccanti utilizzati sulla “pasta fatta in casa” (fusilli, strascinati, cavatelli) abbinata a vini robusti. L’altro salume povero della montagna lucana che resiste agli inevitabili cambiamenti dei gusti dei consumatori più giovani è la “cervellata”. Come si evince dal nome, la materia di base è rappresentata dal cervello del maiale. Si è osservato che aggiungendo al cervello 2 kg di carne di prosciutto, 5

Pezzente Povero

uova, 300 g di formaggio pecorino, prezzemolo, sale e pepe nero macinato si ottiene un kg di cervellata da appendere ad asciugare. Qualcuno aggiunge anche porzioni di cuore. Le norme seguite per confezionare e stagionare il prodotto sono le stesse del pezzente. La tradizione vuole che la cervellata sia utilizzata, nei soli confini famigliari, per preparare sughi domenicali o in occasioni particolari. A differenza del pezzente, infatti, non esiste un mercato della cervellata. Occorre anche sottolineare che al gusto l’insaccato si presenta fortemente aromatizzato tanto da essere catalogato esclusivamente come prodotto di nicchia. In una visione d’insieme, questi due poveri insaccati lucani rimangono a testimoniare l’esistenza di una tradizione popolare depositaria di conoscenze nell’arte della salumeria davvero uniche che, al di là delle sempre più emergenti preoccupazioni dietetiche, meritano quantomeno di essere tutelate come patrimonio tipico delle zone interne della Basilicata.

Cervellata

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“PROTOCOLLO S” La prima serie web tutta lucana Simona BRANCATI

’intitola «Protocollo S» ed è una produzione cinematografica no budget interamente lucana girata tra Potenza e Pignola. Nello specifico si tratta di una serie thriller-fantascienza articolata in più puntate che verrà a breve diffusa su internet. Non solo paesaggi incontaminati e borghi antichi, la Basilicata si rivela così set ideale anche per opere innovative, ultima frontiera nello sviluppo e nella sperimentazione della settima arte. La realizzazione del seriale web, attualmente in fase di ultimazione e di montaggio, è il risultato di un’appassionata ed intensa sinergia tra giovani professionisti della regione. La sceneggiatura e la regia sono di Felice Vino. Gli attori, tutti originari o residenti in Basilicata, sono stati selezionati attraver-

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39 so provini tenutisi il 7 e l’8 agosto scorsi nel capoluogo. “L'idea di Protocollo S è nata per caso racconta Vino.- A me e Giovanni Andriuoli, attore, è venuto in mente di fare qualcosa insieme per la semplice necessità di esprimerci e metterci alla prova. Abbiamo tentato varie strade, ovvero ho scritto varie ipotesi di progetto, ma nulla mi convinceva fino in fondo”. “Rimaneggiando un vecchio racconto mai pubblicato – prosegue - ecco invece apparire le prime immagini; a quel punto sapevo che la storia c'era, non era scritta, ma esisteva. Quando accade, il mio lavoro diventa collegare quegli eventi che a volte sono lontanissimi tra loro nello sviluppo narrativo, ma possiedono già tutti i riferimenti necessari. Mi sono reso conto che non era un film nè tantomeno un corto. Era una storia di più ampio respiro, un seriale. La cosa mi aveva preso un po’ la mano, per cui era necessario coinvolgere altre persone in quello che era diventato già un progetto poiché ci ha appassionati da subito”. L’unico modo per realizzare un prodotto di qualità senza soldi era lavorare in gruppo. A quel punto è venuta da sé la soluzione e, al contempo, l’ambizione di creare una rete di collaborazione tra realtà artistiche e tecniche del e sul territorio che potesse coinvolgere anche soggetti pubblici e privati. Tra i giovani artisti e professionisti lucani che hanno abbracciato il progetto corale: Produzione Okobiu, Gommalacca Teatro, Associazione Leali, Pixel srl, Vestiti storici Federica Groia e Giemme Tessuti. L'idea, così innovativa e pionieristica, è stata compresa e apprezzata da diversi enti e aziende, che hanno accettato di sostenerla, e può contare sull'appoggio dell'Azienda Ospedaliera San Carlo, dell'Apt e sul patrocinio del Comune di Potenza. Fondamentale è stato il supporto della Lucana Film Commission, che ha da subito compreso la validità del prodotto, favorendone la promozione e la logistica supportando la ricerca dei set e garantendo l'ospitalità degli attori. Paride Leporace, direttore LFC, ha parlato di grande soddisfazione ricevuta dall’aver creduto in “Protocollo S” definendolo “un processo di formazione comune e un’esperienza da fare insieme con grande serietà e professionalità”, in linea con gli scopi della commission regionale che nasce, soltanto due anni fa, per sostenere e divulgare il lavoro degli operatori nel settore cinematografico e promuovere le location della Basilicata, riuscendo magari a favorire il passaggio dei più meritevoli dal dilettantismo, spesso pionieristico e lungimirante, al professionismo. Dopo diversi mesi di intenso lavoro, trascorsi nel contattare gli artisti, ultimare e rivedere la sceneggiatura e individuare i set, finalmente il 16 ottobre, il primo ciak.

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Venti persone tra cast artistico e tecnico, hanno lavorato per giorni, anche sedici ore consecutive, attingendo energie e risorse dall’entusiasmo e dal desiderio di partecipazione; spinti dall’idea di creare qualcosa di unico e indipendente e dal clima gioioso e goliardico instauratosi all’interno della troupe durante le estenuanti ma esaltanti giornate di lavorazione. Tra i luoghi delle riprese ideali per il tipo di storia narrata, alcuni ambienti moderni

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Cast artistico Giovanni Andriuoli Camillo Ciorciaro Mauro Conte Mimmo Conte Luciana Nella Simona Pace Beppe Viggiano

Cast tecnico Felice Vino regista e sceneggiatore Stefano Pastore aiuto regista Valeria Giordano segretaria di edizione Valentina Aloise truccatrice Federica Groia scenografa Giada Mancino costumista Quirino Guarente grafica e post produzione Gianfranco Vaglio fotografia e montaggio backstage Vincenzo De Fina e Marco Bove tecnico fonica Giuseppe Pupillo direttore fotografia Giuseppe Di Gregorio operatore di riprese Carlotta Vitale actor coaching Mario Berillo storybord Maurizio Caggiano, Renato Pezzano, Federico Falasca musiche Simona Brancati ufficio stampa

Foto Gianfranco Vaglio

dell'ospedale San Carlo e in particolare dell'Acquedotto lucano; l’estrema disponibilità dell’ente ha permesso lo svolgimento della storia nella cui trama infatti l’acqua è elemento fondamentale. La scelta della diffusione attraverso il web è stata fatta perché si tratta di un nuovo scenario, un canale distributivo mondiale e totalmente gratuito. “Questa prima sarà una serie zero –conclude Vino- ma l’avventura non è che agli inizi. L'obiettivo è poter sviluppare piena-

mente questa storia che è piena di colpi di scena e di diversi livelli di lettura. Dopo tutto questo lavoro il giudizio toccherà al pubblico, ma già adesso posso affermare che per me è stata un'esperienza stimolante, che mi ha sorpreso e mi ha permesso di conoscere persone appassionate e piene di entusiasmo”. Della stessa opinione tutti i giovani professionisti coinvolti: “E’ stato bello trovarsi in un ambiente di ragazzi motivati e tutti accomunati dalla tua stessa passione

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–dice l’attore protagonista Mauro ConteSe poi ci aggiungi che erano tutti lucani, ancora meglio. E’ proprio per questo che ho accettato di tornare nella mia regione e di lavorare gratuitamente”. E’ già aperta la pagina facebook “Protocollo S web serie”, mentre è in fase di ultimazione e sarà presto on-line il sito ufficiale del seriale con informazioni e curiosità sul cast e sulla trama, corredate dalle più belle fotografie e i video di backstage.


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io sono LUCANO

I AM LUCANO

JE SUIS LUCANO

ICH BIN LUCANO

SOY LUCANO

Я ЛУКИ

I nser to a cura de

La Lucania Sinfonietta per i bimbi di Fukushima

Ma che musica maestro

我盧肯


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ai nostri lettori

Nell’Orto dei sogni c’è una musica per Fukushima

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Sempre più protagonisti

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Le frontiere dell’energia Una campagna d’informazione per una società eco-compatibile

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P E R S O N A G G I O

Masini, forza visionaria e dissolvimento tecnologico

Se il lettore è il nostro principale interlocutore, è giusto che abbia diritto ad un rapporto diretto con la rivista. Da sempre sono proprio i lettori a fornirci spunti su questioni e tematiche della vita sociale e politica della nostra regione. L’invito che vi rinnoviamo è di collaborare con la redazione segnalandoci notizie, curiosità, avvenimenti che vi hanno particolarmente colpito o, ancora, disagi e disservizi nei quali vi imbattete nel vostro quotidiano.

I nostri contatti:

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www.lucanomagazine.it info@lucanomagazine.it Tel. 0971.476423


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Nell’Orto dei sogni c’è una musica per Fukushima Serata di beneficenza con la Lucania Sinfonietta e due soprani d’eccezione Giulio RUGGIERI

i è svolta a Potenza, sabato 21 dicembre alle ore 21:00 presso l’Auditorium del Conservatorio “Gesualdo Da Venosa”, la serata di beneficenza per supportare un progetto a favore dei bambini colpiti dal disastro di Fukushima. Una serata all’insegna della solidarietà, patrocinata dalla Provincia di Potenza, dall'associazione “Orto dei sogni” e dall'orchestra “Lucania Sinfonietta”. Potremmo definirlo una sorta di viaggio ideale tra la Basilicata e Fukushima. Per l’Associazione di promozione sociale italogiapponese “Orto dei Sogni”, fondata a ottobre 2011, che promuove un programma di soggiorno estivo per i bambini vittime del disastro che ha investito il nord-est del Giappone, l'11 marzo 2011. Fondata da un gruppo di italiani e giapponesi, subito dopo la catastrofe per cui è stato organizzato l’evento, è stato devoluto l'intero ricavato, per la realizzazione del terzo sog-

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giorno estivo previsto in Italia, di 15 bambini provenienti dall’area del disastro nucleare scoppiato nella centrale di Fukushima, l'11 marzo 2011. Il progetto associativo “Orto dei Sogni” nasce da un gruppo di cittadini giapponesi e italiani, unito dall'obbiettivo di promuovere un programma di soggiorno curativo per i bambini vittime del disastro. L'evento è stato però organizzato interamente dall'associazione “Lucania Sinfonietta”, orchestra guidata dal giovane direttore e maestro concertatore Teodosio Bevilacqua, nata con l'intento di valorizzare la cultura e la pratica orchestrale, puntando sui giovani e valenti musicisti lucani. Ha avuto il patrocinio della Pro Loco di Pietragalla, della Provincia di Potenza e della Fondazione Italia-Giappone. Scopo principale dell'associazione “Orto degli Ulivi” è organizzare stagioni di concerti sinfonici e operistici a tema, in modo

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da supportare progetti a favore dei bambini colpiti dal disastro di Fukushima. Marianna Saluzzi, presidente dell'associazione, ha fatto presente che già 50 persone hanno avuto notevoli problemi dopo il disastro, in quanto i materiali radioattivi hanno invaso l'intera città di Fukushima. “Le forze della nostra associazione sono scarse”, ha detto. “Uno dei bambini ospitati in Italia ha avuto una cisti alla tiroide, appena dopo il disastro. Abbiamo continuato questo scambio con i bambini e nel 2014 ne ospiteremo altri 15. Il nostro obiettivo è fornire supporto per la loro salute, fisica e mentale, oltre che per la loro crescita, in qualità di cittadini del mondo”. “Sono molto onorato di contribuire, con la musica dei nostri grandi compositori, a una nobile causa, aiutando a tutelare il futuro di bambini giapponesi”, ha invece detto il direttore dell'orchestra Teodosio Bevilacqua. Il maestro, dopo il diploma in organo e composizione organistica presso il Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma, ha fondato l'orchestra Lucania Sinfonietta, nell'ottobre 2010, con l'obbiet-

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tivo di valorizzare i giovani musicisti lucani. Si è fatto in questo modo apprezzare in tutto il panorama musicale regionale. Si sono esibito la soprano giapponese Kim Min Ji, diplomata in canto e musica da camera, presso l'Accademia Internazionale di Roma e già diplomata in canto al Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma e il soprano Luca Vignozzi, diplomato in Canto presso il Conservatorio di Musica “Gesualdo da Venosa” di Potenza. Quest'ultimo ha approfondito le tecniche di rilassamento e respirazione applicate al canto con il soprano Paola Francesca Natale. Ha frequentato i corsi internazionali di perfezionamento musicale per cantanti lirici e ha partecipato ai master class su “L'elisir d'amore”, tenuto dal soprano Katia Ricciarelli. Sono stati eseguiti “La Traviata” di Giuseppe Verdi e alcuni dei brani del repertorio classico italiano, come “Norma” di Vincenzo Bellini, “L'Elisir d'amore” di Gaetano Donizetti, “La Bohème” di Giacomo Puccini ed “ll Barbiere di Siviglia”, di Gioacchino Rossini L'ensemble, “Lucania Sinfonietta”, è for-

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mata da musicisti lucani di giovane età, con una lunga esperienza e specializzazione dello strumento, accompagnata dalle voci del coro “Mons. Lorenzo Perosi” di Pietragalla, diretto da Massimo Bevilacqua. Un’esperienza, questa della Lucania Sinfonietta, voluta fortemente dal direttore dell’ensamble e Maestro di origini lucane, Teodosio Bevilacqua, diplomato presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma in Composizione e Direzione d’Orchestra. Per oltre cinque anni, Bevilacqua ha svolto attività di Pianista Accompagnatore e Maestro Collaboratore presso il “Nuovo Coro Lirico Sinfonico Romano”, il “Piccolo Coro di Roma” e il Coro “C Casini” dell’Università di Roma Tor Vergata. Si è distinto per professionalità e per una lunga esperienza che, nonostante la giovane età, lo vede a fianco di grandi compositori di musica da film come il M° Stefano Cucci e di direttori d’orchestra di fama internazionale come Luis Bacalov e Steven Mercurio. Non sono mancati i ringraziamenti alla provincia di Potenza e alla pro-loco di Pietragalla. La serata si è conclusa con il bis del brano “Casta Diva”.


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Le frontiere dell’energia Risparmi comuni, una campagna d’informazione per una società eco-compatibile a campagna risparmi comuni, promossa dall'associazione “amici dell'energia”, con il supporto tecnico del “Girasole s.r.l.”, è finalizzata a valorizzare e promuovere interventi di efficienza energetica realizzati, o da realizzare, nei territori comunali. Girasole s.r.l. è una società italiana specializzata in energie rinnovabili, che ha ottenuto nel 2013 il riconoscimento dal GSE come società di servizi energetici, secondo le modalità previste dalla normativa vigente. Amici dell'energia, invece, è un'associazio-

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ne no-profit che mira allo sviluppo culturale del risparmio energetico e dei valori ambientali nelle sue molteplici forme, attraverso campagne di comunicazione, informazione e sensibilizzazione. Amici dell'energia intende promuovere una società eco-compatibile che faccia della difesa e della salvaguardia dell'ambiente il proprio modello di sviluppo. Gli enti locali che aderiscono alla campagna “Risparmi comuni”, possono ottenere i titoli di efficienza energetica (TEE), in proporzione alla quantità di interventi già realizzati o in programmazio-

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ne sulle strutture pubbliche. I TEE ottenuti consentiranno all'Ente di recuperare risorse economiche grazie alla possibilità di usufruire del relativo meccanismo di incentivazione. L'iniziativa è rivolta anche ai cittadini che, attraverso interventi già realizzati o da realizzare, potranno contribuire a realizzare ulteriori TEE, rendendo così il loro Comune sempre più efficiente energeticamente. Grazie alla campagna promossa da amici dell'energia e agli strumenti messi a disposizione dal Girasole, il Comune potrà effettuare una prima mappatura degli interventi


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di efficienza energetica realizzati negli ultimi anni presso le proprie strutture, prendendo in considerazione sia gli interventi effettuati, che quelli in fase di progettazione. Rilasciando una liberatoria, il comune autorizzerà Girasole alla valorizzazione dei relativi TEE. Girasole erogherà al Comune un quantitativo economico in proporzione ai TEE sviluppati per la durata di 5 o 8 annualità consecutive. Il meccanismo di titoli di efficienza energetica (TEE o Certificati bianchi) è un sistema di incentivazione istituito

dai DM 20/07/04 e successivi aggiornamenti, che offre l'opportunità di ottenere ricavi extra dalla realizzazione di interventi di efficientamento energetico. L'attività di gestione, valutazione e certificazione dei risparmi correlati a progetti di efficienza energetica fanno riferimento al GSE (gestione dei servizi energetici). Possono presentare progetti per il rilancio dei TEE solamente i soggetti accreditati (grandi distributori, società con energy manager, compagnie di servizio energetico), come il Girasole. Un TEE attesta il risparmio di una tonnella-

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ta equivalente di petrolio (TEP), ottenuto realizzando interventi di efficienza. L'iniziativa “campagna risparmi comuni” è finalizzata a premiare le amministrazioni pubbliche che hanno risultati di eccellenza nella creazione di politiche di eco-sostenibilità ambientale. Possono partecipare al concorso tutte le amministrazioni pubbliche che hanno aderito alla campagna risparmi comuni. Ai vincitori dell'iniziativa verrà assegnato il premio “+ Risparmi Comuni”. giu.ru.

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Masini, forza visionaria e dissolvimento tecnologico L’artista di Calvello spiega l’origine delle sue creazioni ntonio Masini è nato a Calvello, nel 1933, compie studi classici e si laurea in giurisprudenza. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private, oltre che in numerosi musei in Italia, Germania, Brasile, Polonia, Australia, Cile, Croazia, Libia, Romania, USA, e altre parti del mondo. Nel 1960 partecipa alla mostra nazionale di Pittura, “Primo centenario della rivoluzione lucana” e gli viene assegnato il primo premio. Nello stesso anno, frequenta l'accademia di Belle Arti di Napoli. Masini è un pittore dalla forza visionaria. Quella che rappresenta è una realtà violenta che mostra in modo evidente la propria decadenza, il dissolvimento degli oggetti tecnologici. Dalla metà degli anni 60 ad oggi, ha tenuto rassegne personali in tutte le principali città italiane e del resto del mondo. Dopo il sisma del 23 novembre 1980, la terra torna ad essere centro ispiratore della sua pittura. Nel 1981 aderisce alla mostra itinerante “Aspetti della pittura in Basilicata”. Ha dedicato ampio spazio alla scultura in bronzo e ferro, come le sculture delle chiese di S. Croce a Potenza e S. Alfonso a Foggia, in bronzo e cemento armato, nonché la medaglia “23 novembre 1980 Basilicata-Emilia Romagna”. Intensa è la sua attività grafica. Nel 1980 vince la Palma d'Argento al Premio Internazionale della Grafica a Cannes (Francia). Nel 1983 espone all'Istituto di Cultura di Stoccolma (Germana) con una mostra antologica del periodo 1970-1983. Nell'autunno del 1986 esegue trenta opere che prendono spunto dalla poesia leopardiana e che faranno anche parte di una mostra itinerante dal

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titolo “Masini visita Leopardi”. Nel 1991 esegue i gessi per una scultura dedicata alla ricostruzione del terremoto dell' ‘80 e un dipinto dedicato ad Isabella Morra per l'Università di Basilicata. Nel 1993 fa un viaggio in Cina. Da questa esperienza nasce una serie di opere che portano il titolo “I Cavalli di Xi'an”. Ne segue una pubblicazione che reca lo stesso titolo. Nel ‘94 realizza, per la scuola media “L. Sinisgalli” di Potenza, un monumento in onore del poeta di Montemurro. Sempre nel 1995 inizia la Porta di San Valentino, opera in bronzo, per la Chiesa Madre di Abriola (Potenza). Vi lavora per tre anni. Tra il 1997 ed il 1999 esegue per la chiesa di S. Antonio a Pignola (Potenza) la Porta del Giubileo, presentata da Mons. Gianfranco Ravasi. Per saperne di più, ho avuto il piacere di porgli alcune domande. Nei suoi ritratti compaiono spesso figure umane e di cavalli. Cosa rappresentano per lei? L'uomo e la donna rappresentano i due protagonisti della grafica di sempre. Ma l'uomo ha sempre desiderato avere la natura del centauro e la velocità del cavallo. Dopo l'uomo, l'animale più mitizzato è proprio il cavallo. Noi siamo eredi della cultura romana, ma anche di quella indigena. I nostri antenati, si spostavano a piedi o a cavallo per arrivare ad Anzi, Calvello, Vaglio, Satriano dove c'era un un altissimo livello di vita culturale. L'uomo e il cavallo li possiamo trovare anche nella preistoria. Ma anche a pochi chilometri da Lagopesole, in contrada “Toppo Dei Sassi” ci sono dei bellissimi dipinti ancora rimasti zoomorfi e

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inalterati. Ma anche in Puglia e nella Val Camonica e persino in oriente Con quale forma artistica riesce maggiormente a esprimersi? La pittura o la scultura? C'è una specie di contaminazione. I linguaggi dell'uomo sono polimorfi. Ci sono geni espressi bene con la scultura, altri meglio con la pittura, come il grande Michelangelo. Andy Warhol era un pittore che non sapeva dipingere, eppure, è riuscito a trovare nella serigrafia il suo ambito perfetto per potersi esprimere. Non a caso, sono molto note le sue serie serigrafiche dedicate al concetto della commercializzazione dell'arte. Anche il modo di dipingere e scolpire è cambiato oggi. Ma non dobbiamo dimenticarci che ogni forma di espressione, ogni linguaggio, resta una determinata manifestazione in un certo periodo storico. Si sente più realizzato nella scultura o nel dipinto? In entrambe. Pittura e scultura sono arti parallele. Però ne approfitto per parlarti del dipinto più grande mai realizzato finora. Si trova nella Piazza del Seggio a Tito ed ho impiegato sei mesi per realizzarlo. Sono partito dai buoi e dalla preistoria, per arrivare al mito greco delle acque sulfuree. Infatti, dopo la cattura dei buoi, c'è la dea delle acque Mefitis. Poi sono arrivato alla figura di San Valerio, rappresentando un santo dei primi secoli del Cristianesimo. Nel 1420 circa, Giovanna Orfina, una damigella di corte, fu aggredita dai bifolchi di Satriano. Ho voluto raccontare proprio l'aggressione di questa donna, l'incendio, la distruzione di Satriano e la fuga della regina dal paese. Ma siccome a Picerno e Tito ci furono delle insurrezioni dopo la rivoluzione francese, questa donna fu fatta prigioniera e gli austriaci la condannarono a morte, perché si oppose alle forze antirivoluzionarie borboniche. Dopo aver rappresentato tutto ciò, sono arrivato all'epoca moderna, raffigurata attraverso un groviglio di serpi, per simboleggiare il mondo del malaffare politico, soprattutto degli ultimi tempi. Per concludere ho pensato al futuro, raffigurando la famiglia, nucleo e rifugio di ogni essere umano, attraverso l'immagine di un padre che abbraccia i suoi figli. In che modo, l'ambiente in cui è vissuto ha influenzato la sua arte? L'ambiente influisce molto nella formazione di ogni artista. Ognuno ha un ruolo a questo mondo. Io appartengo alla medio-piccola borghesia terriera e sono vissuto in una masseria. Mio padre faceva l'agricoltore. Dalla famiglia ho preso il senso della vita che è una cosa seria. Ma, di questi tempi, ci vorrebbe un nuovo Risorgimento del Sud. L'Unità d'Italia sembra essere

stata fatta solo a uso e consumo del Nord. Un'operazione operata dai piemontesi, ma tutta a svantaggio del Sud. Ha più soddisfazione quando espone un'opera in Italia, o all'estero? Sia in Italia che all'estero. Stare in un posto per troppo tempo mi stanca però. All'estero mi piace ancora di più. Noi siamo tutti degli emigranti. A 12 anni andai in collegio e non tornai mai al mio paese di origine. Fuggiamo sempre da ciò che non appartiene al nostro modo di essere. È nella nostra natura. Sta per uscire un libro sulle mie opere dedicate agli italiani nel mondo. Ma una cosa finisce quando tu non sei più capace di migliorarla. Mi piacerebbe andare a trovare questi “figli miei”, dispersi in tante parti del globo, anche per vedere se

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sono stati modificati dal tempo. C'è una mostra che ricorda in modo particolare? Le mostre per me sono sempre state traumatiche, ma riempiono anche di molte soddisfazioni. La più bella è stata quella del 1989, realizzata a Milano e dedicata ai fratelli Rosselli (giornalisti e attivisti dell'antifascismo italiano, assassinati nel 1937, su mandato dei servizi segreti del fascismo), nella biblioteca di Palazzo Sormani. Fu inaugurata dall'ex presidente del consiglio dei ministri Giovanni Spadolini e da uno dei più grandi padri della patria, Sandro Pertini. Ma ricordo con piacere anche mostre fatte a Stoccarda, in Australia, a Montréal in Canada e in Perù. giu.ru.

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È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.

A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione ed è in questo che noi crediamo. Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola produzione. È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa, ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmente ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura. Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza. L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazine o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande. È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato. Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.


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Potenza, votata alla modernità

Una città complessa Flavia ADAMO

l giorno 2 dicembre 2013 alle ore 18.30 presso la sede del Comitato “13 Ottobre” in Vicoletto Branca (Via Pretoria, traversa Bar Brucoli) si è tenuto un incontro, in cui liberi cittadini si sono riuniti per condividere riflessioni ed esperienze sulla città di Potenza, sottolineando il loro interesse sull' argomento proposto: “ La città complessa”. Il nostro capoluogo appare alla maggioranza dei presenti una città articolata, complicata. Ne sono testimoni gli innumerevoli cartelli stradali che il più delle volte confondono le idee degli automobilisti, e non solo, invece che chiarirle. Gli stessi cittadini residenti nel capoluogo hanno spesso difficoltà ad orientarsi per le strade della città. Immaginiamo i disagi che si presentano agli occhi dei pochi turisti che nelle festività o durante il periodo estivo

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desiderano scoprire la “città complessa”. “Potenza ha le stesse criticità e problematiche di una grande metropoli”, sentiamo spesso dire. Essa, sempre di più, risulta essere ostile ai cambiamenti e la carente modernità che presenta spesso viene attribuita, non solo ai cittadini che mostrano scarso interesse verso quella che è la loro città, ma anche alla incapacità amministrativa che continua sovente a compiere scelte sbagliate. Tutti gli interventi che si sono susseguiti hanno sottolineato come troppe volte il nostro capoluogo, pur avendo strutture e servizi di vario genere, resti inefficiente rispetto a quelle che sono le esigenze dei cittadini. Le numerose testimonianze, accompagnate ognuna da una proposta di soluzione, evidenziano la necessità di migliorare la comunicazione, troppo spessa interrotta, verso il cittadino; fanno notare come la totale assenza di controlli e sanzioni porti la città verso una forma di anarchia libera da ogni regola, inducendo gli automobilisti a trasgredire quello che è il codice stradale e, ad ostacolare marciapiedi con parcheggi abusivi; in più le numerose

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deiezioni dei cani presenti sulle strade e in particolare nelle vie del centro storico, non contribuiscono di certo a fornire un'immagine di una città accogliente, pulita e organizzata. Fortunatamente c'è ancora chi ha voglia di cambiare le cose e di battersi per smuovere la situazione immobile da troppo tempo. Ciò che ha favorito una maggiore analisi su questi problemi sono state le riflessioni compiute in seguito alla visione di due video, preparati dall'organizzazione sul tema proposto in questo secondo e non ultimo incontro, e la testimonianza di un anziano signore di 85 anni, Antonio Santarsiero che, a causa della sua disabilità, riscontra maggiori difficoltà nel vivere la nostra città, poiché sempre meno vengono ascoltate le richieste di “aiuto” delle categorie più deboli e svantaggiate. Data la quantità di questioni sollevate durante la riunione, gli organizzatori del Comitato “13 ottobre” cercheranno di affrontare una tematica per incontro, proponendo soluzioni concrete da attuare nell'immediato per trasformare definitivamente Potenza da complessa e ostile in accogliente e fruibile.


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Sulle tracce del p

l’utopia di Camp Albina SODO

iuseppe Damone, giovane ricercatore lucano, ha elaborato un metodo per analizzare i centri storici abbandonati a partire dall’urbanistica campomaggiorese. Un paese acquistato, ripopolato, abbandonato e ricostruito. Scopriamo perché.

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Parlaci del tuo libro "Lettura storicocritica di una ghost town. Il progetto utopico di Campomaggiore". La ricerca, prima della pubblicazione, è iniziata nel 2010 per la stesura della mia tesi di laurea in Ingegneria Edile Architettura a Potenza. Sono rimasto affascinato dalla storia di Campomaggiore che per molti aspetti è unica. La politica dei conti Rendina per ripopolare l’area, il progetto urbanistico e architettonico alla base del centro che sarà abbandonato nel 1885, mi hanno spinto a una disamina delle fonti e a gettare nuova luce sulle vicende campomaggioresi. Da qui l’idea del volume che raccoglie questi risultati. Quanto è stata importante la presenza dei Rendina a Campomaggiore? Non ci sarebbe stata Campomaggiore senza i conti Rendina e i Rendina senza Campomaggiore. Questa frase è la sintesi del legame tra la famiglia e la piccola realtà lucana acquistata nel 1673 quando era disabitata. Saranno loro a stilare un Atto di Fondazione del paese nel 1741 con il quale si stabiliscono gli obblighi e i diritti dei nuovi abitanti del paese, e sarà la loro amministrazione a far raggiungere i 1525 abitanti in cento anni. Ad ogni abitante era data una

casa, della terra da coltivare e altri servizi in cambio di una tassazione. Campomaggiore prima e dopo la frana del 1885. In cosa è cambiata? La frana del 1885 segna la fine di un capitolo importante. Ma ancor di più farà la morte del senatore Gioacchino Cutinelli Rendina, avvenuta nel novembre dello stesso anno. Superata l’emergenza, inizia una ricostruzione delocalizzata lenta e difficoltosa. Anche se sarà realizzato un paese, interessante dal punto di vista urbanistico, questo non raggiungerà mai la vitalità del precedente.

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Come possiamo analizzare i centri abbandonati? La mia metodologia per leggere i centri abbandonati prevede una prima indagine delle fonti bibliografiche e archivistiche, e una successiva messa a sistema, con i dati acquisiti sul campo, per scomporre l’urbanistica di un centro. La carenza di fonti archivistiche è colmata con l’analisi dei paramenti murari e degli elementi di finitura delle strutture. L’elemento della ricerca che più ti ha colpito? La scoperta di vecchi disegni e progetti mi ha consentito di valutare le volontà proget-


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paese fantasma

mpomaggiore Foto Antonio Digilio

tuali del vecchio centro. Leggere, inoltre, gli scritti dei conti Rendina e le cronache delle ore immediatamente successive alla frana è stato emozionante. Qual è il legame di un ricercatore nei confronti del passato? Un popolo senza storia non ha futuro! Ritengo che la conoscenza del passato abbia un ruolo fondamentale in ciascuno di noi. Dicevano i latini: «Historia magistra vitae» (La storia è maestra di vita). La condivisione dei saperi tra le Università è importante? Fondamentale. La ricerca scientifica non ha

alcun valore se non è messa a disposizione degli altri. Nel libro scrivo che «la conoscenza non è unica o univocamente raggiungibile». Solamente facendo squadra si possono raggiungere risultati di rilievo.

significativa. In alcuni casi, ci sono problemi di gestione per la carenza di fondi, altre strutture riescono ad autogestirsi sul volontariato. La Basilicata dovrebbe vivere di turismo.

Sei una guida turistica. Cosa c’è e cosa manca nel turismo lucano? Manca la rete. La Basilicata è ricca di storia, di ritrovamenti archeologici, di monumenti architettonici, naturalistici ma manca la messa a sistema di tutto quello di cui disponiamo. Si sono fatti passi in avanti a riguardo, credo si debba fare molto altro. Negli ultimi anni ho visto diversi monumenti recuperati sul territorio, una presa di coscienza

Prossimi obiettivi? Sto continuando a fare ricerca sui centri abbandonati, non solo lucani, per conoscenza e documentazione, per capire quale può essere il loro futuro. Il fenomeno dell’abbandono di piccole realtà, a causa dello spopolamento, avrà una crescita esponenziale nei prossimi decenni. Nei miei studi continuerà a esserci Campomaggiore sotto nuove sfaccettature.

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L’OASI NATURALIS DI PIGNOLA

’itinerario inizia nei pressi di Tito vecchio, un antico insediamento in Basilicata. Originariamente l’abitato di Tito sorgeva su un’altura prospiciente l’attuale zona industriale di Tito Scalo, era abitato all’epoca della seconda guerra punica (III-II sec. a.C.). Distrutto il vecchio abitato, i Titesi si spostarono su uno sperone che domina la valle chiusa ad anfiteatro intorno alla fiumara di Tito. Il nuovo abitato s’incrementò in modo considerevole dopo la distruzione dell’antica Satriano (1420-1430),

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accogliendo parte degli abitanti scampati. Tito è uno dei principali centri lucani in cui si parla il dialetto galloitalico. L’itinerario comincia vicino la cappella del monte Carmine il piccolo tempio di campagna con tetto a capanna dove viene ospitata la Madonna che viene qui trasportata a maggio dai fedeli e l'8 settembre viene riportata in paese per essere riposta nella casa canonica. L’itinerario si svolge su di un piacevole sentiero, per gran parte pianeggiante, che ci conduce, attraverso una rigogliosa e variegata vegetazione costituita da pini e castagni. E’ anche il luogo

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ideale degli amanti dei funghi. Già dopo alcune centinaia di metri si apre una meravigliosa vista sul territorio circostante, si scorgono la torre di Satriano, le montagne di Carlone, Schiena d'asino e più in lontananza i monti Alburni. Dopo circa 1.8 km raggiungiamo la Fontana della Miseria dalla quale sgorga una limpida sorgente d’acqua con un retrogusto minerale. Superata la fontana continuiamo l’itinerario attraverso il bosco fino ad arrivare all’incrocio dove imbocchiamo il sentiero alla nostra destra. Da questo punto in avanti il sentiero è in


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costante discesa, pertanto bisogna prestare attenzione lungo il cammino. Dopo circa 1 km giungiamo all’abitato nei pressi del Lago di Pignola, visibile alla nostra destra. L’oasi faunistica del lago è ricca di vegetazione sommersa e, sulle sue rive, proliferano canneti, tife e giunchi. La vegetazione arborea è arricchita dalla presenza di salici bianchi e salici fragili, di ontani napoletani e pioppi ibridi. Sono presenti anche numerosi mammiferi carnivori ed insettivori, come la donnola, la volpe, la faina, il riccio e il toporagno acquatico. v.a.

Scarica gratuitamente il file GPS del percorso su www.innbasilicata.it il lucanomagazine


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GIUSEPPE SIERVO

Montemurro ricorda il maestro che fu benefattore della comunità Anna MOLLICA

anti sono i ricordi d’infanzia che ci portiamo dentro. Per un po’ li dimentichiamo ma essi riaffiorano come virgulti nella mente che li ha cristallizzati sotto forma di fatti, luoghi e persone. E’ quanto è successo per Giuseppe Siervo, maestro elementare, vissuto per un decennio a Montemurro dove ha lasciato, in quelli che lo hanno conosciuto, un ricordo affettuoso e commosso. Nato a Lagonegro il 16 gennaio del 1883 da Michele e Cristina Grisci, Giuseppe visse negli agi di una famiglia benestante insieme al fratello Raffaele, medico e due sorelle Gemma e Ida, insegnanti. Divenuto chimico farmacista gestì fino all’età di 53 anni una farmacia in Lagonegro che poi mise in vendita per motivi personali. La crisi interiore che lo colpì, infatti, lo portò ad abbandonare la professione e il benessere per abbracciare la via dell’insegnamento che lo condusse nelle scuole elementari prima di Brienza nel 1935, poi di Montemurro l’anno successivo. Qui abitò fino al 1946 in una modesta casa

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in via Imperatrice conducendo una vita semplice dedita ai più bisognosi che erano tanti considerando i tempi duri della guerra. La povertà imperversava nei piccoli centri della Basilicata: non faceva eccezione Montemurro dove adulti e bambini lottavano per la sopravvivenza. A loro si dedicò il maestro Siervo, con loro trascorreva intere giornate ricevendo nella sua casa i più piccoli ai quali impartiva soprattutto lezioni di catechismo e diffondeva la parola di Gesù. Fervente cattolico fece della fede l’ancora che gli permise di affrontare il suo tormento interiore e di spendersi in opere di carità visitando le persone malate e povere, facendo loro compagnia e portando aiuti alimentari. Noto è l’episodio con cui il maestro Siervo, che era solito indossare una grande mantella grigia, da qui il soprannome “monacone”, nel giorno della prima comunione, alla vista di bambini sprovvisti di cappotti, donò loro la sua mantella per farne dei cappottini. La sua era un’umanità e una fede grande che mai abbandonò nemmeno nei momenti bui della sua deportazione, forse a Bolzano, da parte dei tedeschi. In lui regnava un profondo altruismo che esercitò fino alla sua morte avvenuta a Lagonegro il 14 agosto del 1946. Per questi motivi più di qualcuno vorrebbe avviare il processo di beatificazione. A distanza di 67 anni Montemurro in un convegno tenuto lo scorso 15 dicembre lo ha

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voluto ricordare dopo che Il maestro alcuni concitGiuseppe tadini hanno Siervo espresso il desiderio di parlare di lui. Tra questi c’è Domenico De Franco che da anni vive in Australia, il quale serba ancora vivo il ricordo del suo maestro che tanto bene fece alla comunità. Dopo di lui altri montemurresi hanno accolto l’idea e sono andati alla ricerca di notizie sul maestro Siervo tra gli archivi parrocchiali e i ricordi della gente. In suo nome sono state istituite delle borse di studio a favore degli studenti montemurresi più meritevoli delle scuole medie inferiori e superiori offerte dal Social Club “San Rocco”di Melbourne (presidente lo stesso De Franco) che sono state conferite a Donato Russo, Iris Maffeo, Angela Friguglietti e Carmine Venece. L’iniziativa che è stata organizzata dal Circolo Culturale “La Casina” (presidente Giovanni A. Russo coadiuvato da Mario Rinaldi) in collaborazione con la parrocchia “Santa Maria Assunta” e il Comune di Montemurro, ha previsto l’apposizione di una targa ricordo sulla facciata della casa dove il maestro visse, una Santa Messa in suo onore, una video proiezione a lui dedicata realizzata da Tonino Calvino.


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A Potenza prima lucana per “La giusta scelta” Foto Fabio Calvino

Il romanzo del giornalista e scrittore Giancarlo Trapanese uarant’anni di carriera giornalistica di cui una decina dedicati alla scrittura di libri. Giancarlo Trapanese, vice caporedattore di Rai Marche, classe 1954, originario di Ancona, una delle firme e dei volti più noti del giornalismo italiano, racchiude in sé la passione e l’impegno per un mestiere che ha saputo gestire con professionalità, passione e tanta umanità. In Rai dal 1987, la sua è stata una lunga carriera condotta nelle fila delle cronache sportive, a cominciare da “Domenica sportiva” di Tito Stagno, “Tutto il calcio minuto per minuto”, “Novantesimo minuto”, “Domenica sprint”, “Domenica stadio” per poi approdare alla letteratura con testi con cui affronta argomenti a carattere sociale. L’ultimo è La giusta scelta, un romanzo edito da Italic Pequod, in cui ritorna il suo interesse per la società e le sue mille sfaccettature. Lo scorso 25 gennaio Giancarlo Trapanese era a Potenza nel Museo Archeologico Provinciale “Michele Lacava”, per la prima volta in Basilicata, invitato dall’Associazione Culturale dei montemurresi residenti a Potenza “Giacinto Albini”. Una sessantina i presenti che hanno ascoltato la presentazione del romanzo presenziata, tra gli altri, da Rocco Brancati del Tgr Basilicata, dal presidente dell’Associazione Donato Liuzzi e dal presidente della Provincia di Potenza e del Consiglio Regionale Piero Lacorazza, intervallata dalle musiche ottocentesce del duo Michele Perrone (chitarra) e Iole Zuardi (flauto). La proiezione di un cortometraggio

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con tanto di attori, ha permesso di far “conoscere” al pubblico il protagonista del libro Sauro Rocchi e, da subito, le sue caratteristiche di uomo sfortunato e rassegnato a una vita che fino ad ora gli ha riservato un lavoro in banca poco gratificante, pur essendo un brillante ingegnere informatico, due divorzi e un figlio stravagante appassionato di musica. Rocchi ha 46 anni, è di Padova ma vive a Roma, ed ogni giorno fa i conti con un sistema scarsamente etico che è causa di disequilibri sociali e di oppressione tra le persone che non si sentono valorizzate per quello che sanno o possono fare. All’ennesima ingiustizia subita Sauro reagisce e, per riscattarsi, mette in pratica le sue conoscenze informatiche che lo portano a cambiare vita lontano dall’Italia dove medita sulla sua nuova condizione, bella per

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alcuni versi ma per altri meno. Sullo sfondo degli eventi c’è tanta ironia che diverte il lettore il quale, alla fine del libro, avrà modo di riflettere sul presente e di scoprire che, oltre all’etica, è bene alimentare la speranza, la sola che potrà aiutare a non avvilirci e a far cambiare le cose. Il romanzo conferma la grande cultura e la profonda conoscenza delle “cose del mondo” di Giancarlo Trapanase (è stato peraltro professore a contratto di Teoria e Tecnica del linguaggio radiotelevisivo presso Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata) che per questi motivi ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti letterari. I suoi sono elaborati in cui ogni volta emerge la sua autenticità e sensibilità che trasferisce nei personaggi che poi crea. an.mo.


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STIGLIANI N Vincenzo MATASSINI

icola Stigliani1 nacque a Potenza il 31 maggio 1931 da Vito e da Raffaela Costabile che gestivano un negozio di articoli vari nel Largo prospiciente Porta S. Giovanni (oggi intestato allo storico Tommaso Pedio); dopo gli studi si arruolò nell’Aeronautica Militare e raggiunse nella 46a Brigata Aerea di stanza a Pisa il grado di Sergente Maggiore Montatore in servizio permanente. In una missione di pace in Congo (attuale Zaire), insieme ad altri 12 avieri, l’11 novembre 1961 trovò la morte a Kindu. La presenza italiana in Congo era affidata soltanto all’Aereonautica Militare e propriamente alla 46a Brigata Aerea che aveva inviato alcuni aerei da trasporto C 119 (i così detti vagoni volanti). Questi fungevano da supporto logistico al Contingente delle Nazioni Unite che aveva il compito di ristabilire l’ordine in un paese sconvolto dalla guerra civile. In precedenza il Congo era stato una colonia belga e già prima dell’indipendenza si erano manifestati contrasti fra le varie etnie, sulle quali fecero fare pressioni grandi interessi internazionali e finanziari, collegati soprattutto alla presenza di ricchi giacimenti minerari nella Provincia del Katanga. Il 30 giugno 1960 la Repubblica del Congo era diventata indipendente ed era stato eletto Presidente Joseph Kasavubu e Primo Ministro Patrice Lumumba, ma la sua politica nazionalista, tesa a liberare il paese dalle ingerenze straniere, ebbe come prima conseguenza la secessione della Provincia del Katanga che elesse a proprio Presidente Moise Ciombe. La situazione si fece incandescente dopo l’assassinio di Patrice Lumumba. Così scoppiò una guerra civile fra tre fazioni:

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quella che faceva capo al Presidente Kasavubu, che controllava le zone intorno alla capitale Leopoldville, con le truppe comandate dal Generale Mobutu Sese Seko; quella, che faceva capo a Antoine Gizenga, che controllava la provincia orientale intorno a Stanleyville, con le truppe comandate dal generale Lundula e la fazione katanghese che faceva capo a Moise Ciombe, che controllava la provincia sudorientale con capitale Lubumbashi e che annoverava fra le proprie truppe molti mercenari bianchi, in maggior parte belgi. Le Nazioni Unite decisero di intervenire per cercare di fermare la guerra civile e per riportare ordine nel paese. In Congo gli aerei italiani già da più di un anno svolgevano gran parte della missione di rifornimento per i vari contingenti internazionali (i Caschi Blu) dislocati nei vari punti del paese ed il 23 novembre 1961 avrebbero dovuto terminare la loro missione e rientrare in Italia. Ma sfortunatamente gli eventi presero una piega diversa; l’11 novembre 1961 gli aerei italiani avevano la missione di rifornire i Caschi Blu malesi, che controllavano l’aeroporto di Kindu quasi ai margini della foresta equatoriale. Era previsto che atterrassero e dopo una breve sosta rientrassero alla base nella stessa giornata. Ma le cose si complicarono perché in zona si trovavano anche truppe di Antoine Gizenga che erano ossessionate dalla possibilità di un imminente lancio di paracadutisti mercenari katanghesi. Vedendo atterrare gli aerei italiani ebbero la certezza che l’attacco fosse prossimo. Terminate le operazioni di scarico dei rifornimenti trasportati, i 12 uomini degli equipaggi dei due aerei, più un Ufficiale medico, uscirono senza armi dall’aeroporto per recarsi presso la vicina mensa dell’ONU, distante non più di un chilometro, accompagnati dal responsabile della guarnigione malese e da alcuni Caschi Blu. Mentre stavano mangiando, irruppero soldati congolesi che uccisero subito l’Ufficiale medico (sembra volesse scappare) e trasportarono tutti gli altri nella prigione di Kindu sita, ironia della sorte, in Avenue Lumunba

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Ritratto del Maestro Vincenzo D’Acunzo di Tursi

NICOLA Liberateur. Dopo qualche ora gli aviatori italiani, accusati di aver trasportato armi per i secessionisti del katanga, furono trucidati e solo grazie ad un gesto pietoso di un Brigadiere della Polizia congolese di fede cattolica, Amise N’Gombe, i loro resti furono sepolti in due fosse lunghe e strette nel cimitero di Tokolote, un piccolo villaggio sulle rive del fiume Lualaba, ai margini della foresta equatoriale. Soltanto nel febbraio 1962 vennero rinvenuti e riesumati i resti degli sfortunati aviatori italiani e ricomposti grazie al riconoscimento effettuato, in presenza di un Ispettore dell’ONU, dal Tenente Cappellano della 46a Brigata Aerea Don Emiretto Masetto, arrivato a Kindu insieme agli equipaggi necessari per recuperare i due C 119 che fortunatamente erano rimasti intatti. Appena il C 119 prese terra all’aeroporto di Kindu, apertosi il portellone posteriore, prima che gli uomini scendessero a terra, Don Masetto volle, proprio sul portellone, dire una messa in ricordo degli aviatori uccisi. Il Brigadiere della Polizia congolese Amise N’Gombe ricevette successivamente dall’ONU un alto riconoscimento per l’atto umanitario effettuato in condizioni così difficili. Tutto quanto riportato sulla fine degli aviatori italiani è frutto di successive informazioni filtrate da varie fonti, ufficiali dell’ONU, congolesi, katanghesi. Non credo ci sia nessuno che possa ritenerle completamente veritiere. Le salme dei 13 aviatori trucidati a Kindu arrivarono l’11 marzo 1962 all’Aeroporto militare S. Giusto di Pisa, sede della 46a Brigata Aerea dell’Aereonautica Militare, a bordo di un aereo statunitense da trasporto, un C 130 quadrielica, che dall’ingresso dello spazio aereo italiano, fu affiancato da aerei da caccia levatisi in volo per fare da scorta d’onore. Il successivo 12 marzo 1962 fu celebrato il solenne rito funebre alla presenza del Presidente della Repubblica Antonio Segni e le salme dei caduti di Kindu rimasero a Pisa

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dal 12 marzo 1962 fino al 6 aprile 1963, quando furono trasferite nel Sacrario appositamente edificato, nella Cripta della Chiesa di S. Caterina in Arno. A seguito di una sottoscrizione lanciata dalla RAI già nel 1961 il Ministero della Difesa decise di costruite un monumento commemorativo presso l’Aeroporto militare di Pisa da dove erano partiti i 13 aviatori. Poi, però, prese forma il progetto di un Sacrario che dal progetto originale subì una serie di modificazioni, anche perché la necessità di riportare in Italia le salme dei caduti, che avvenne l’11 marzo 1962, indusse le autorità ad accelerare i lavori che furono ultimati nella primavera del 1963. Le salme furono tumulate nel Sacrario situato nell’immediata adiacenza dell’Aeroporto Militare, di lato all’asse viario che conduce all’Aeroporto e intitolato ai caduti di Kindu mentre sul lato opposto alla strada è collocato, ai margini del campo di volo, un aereo C 119, bimotore da trasporto conosciuto come “vagone volante”, dello stesso tipo utilizzato dai tredici aviatori. Attualmente il Sacrario è diventato anche una Cappella dove si svolgono tutte le funzioni religiose, così da rendere l’edificio frequentato e non più una struttura isolata; sulle porte del Sacrario Cappella è riportata la seguente epigrafe: “Fraternità ha nome questo Tempio che gli italiani hanno edificato alla memoria dei tredici aviatori caduti in missione di pace, nell’eccidio di Kindu, Congo 1961. Qui per sempre tornati dinnanzi al chiaro cielo d’Italia, con eterna voce, al mondo intero ammoniscono Fraternità”. Ma nel Sacrario riposano solo 12 salme degli avieri trucidati a Kindu, perché la tredicesima salma riposa nel Cimitero di Potenza, per espressa richiesta e volontà della madre di Nicola Stigliani. Per rendere oggi maggior ricordo di quanto avvenne, riporto notizie di documenti consultati presso l’Archivio Comunale di Potenza: il 20 febbraio 1962 la sig.ra Raffaela Costabile, madre di Nicola Stigliani, saputa la notizia del rientro in Italia dei resti del corpo del figlio, scrisse al Comune di Potenza, Sindaco allora l’Avv.


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Giovanni Messina, per ottenere dall’Amministrazione Comunale la concessione di un loculo a pagamento per tumularvi i resti mortali del figlio. Il successivo 6 aprile 1962, trasportati in aereo da Pisa probabilmente a Napoli, rientrano a Potenza i resti mortali di Nicola Stigliani che furono provvisoriamente deposti nella Caserma “Lucania”, dove furono vegliati a turno da militari delle varie armi e specialità; la Caserma non era ancora in piena attività e lo sarà solo nel 1964 con l’arrivo del 4° Battaglione del 48° Fanteria. Il Comando del Presidio Militare predispose, anche d’intesa con i familiari, la cerimonia relativa alla resa degli onori funebri che si tennero il successivo 7 aprile 1962. La salma, scortata da 2 motociclisti dell’Arma dei Carabinieri in grande uniforme, percorse su un automezzo militare scoperto e senza centine, Via Messina (l’attuale Via Cavour) e Corso Garibaldi per arrivare alle ore 10 in Piazza 18 Agosto dove si forma il Corteo che preceduto dai motociclisti, dalle corone, dalla scorta d’onore composta da un picchetto armato dell’Aeronautica percorse Corso Umberto I, Via Portasalza, Via Pretoria per raggiungere la Chiesa della Trinità dove fu celebrata una messa in suffragio. Dopo il rito funebre la salma attraversò Via Pretoria, Piazza Matteotti, Corso 18 Agosto per raggiungere nuovamente Piazza 18 Agosto cove il Corteo si sciolse. A rendere gli onori militari un Ufficiale Superiore del Comando della 3a Regione Aerea in rappresentanza de Generale Comandante, 5 Ufficiali e 10 Sottufficiali del Presidio Militare (Carabinieri, Distretto, Guardia di Finanza, Pubblica Sicurezza, Agenti di Custodia), Ufficiali e Sottufficiali dell’Arma Aeronautica. Al seguito del Corteo Gonfaloni del Comune e della Provincia di Potenza, Labari e rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche, scolaresche e cittadinanza. Non fu possibile far svolgere la funzione religiosa nella Cattedrale di Potenza, perché i resti mortali di Nicola Stigliani, dal momento che veniva da paese lontano ed extra europeo, erano contenuti in una tripla cassa che era pesantissima, di modo che non fu possibile trasportarla sulle scalinate del Duomo, né quella centrale né quella laterale. L’Amministrazione Comunale di Potenza, col ritardo di un anno dalla richiesta della sig.ra Raffaela Costabile, madre di Nicola Stigliani, con Delibera di Giunta del 14 gennaio 1963, ratificata dal Consiglio il 13 marzo 1963, “ritenuto che in onore dei 13 caduti nel Congo sono stati resi i massimi onori militari e civili da parte del Presidente della Repubblica e di molte altre Autorità costituite, intesi a fermare nel cuore degli Italiani e dei popoli civili del mondo il sacrificio cruento dei suoi eroici figli, subito nell’espletamento di un’alta missione di civiltà e di

Busto dell'eroe presso la cuola primaria "Stigliani" di Potenza

pace; considerato che da parte del Comune di Potenza è doveroso provvedere alla degna sepoltura dei resti mortali del suo eroico figlio, delibera di concedere in perpetuo e gratuitamente alla sig.ra Raffaela Costabile maritata Stigliani, il loculo n. 6 del 45° scomparto con antistante porticato, nella zona ovest del Cimitero”. Che il Comune di Potenza rispondesse dopo un anno alla richiesta della madre di Nicola Stigliani potrebbe essere incomprensibile dato che secondo le mie ricerche presso i registri del Cimitero, la salma di Nicola Stigliani fu tumulata, dal 7 aprile 1962, sempre nel loculo n. 6 del 45° scomparto; le Delibere del 1963 avevano la sola funzione di stabilire amministrativamente che la concessione non era a pagamento bensì in uso perpetuo e gratuito. Alla memoria dei caduti di Kindù, in ricordo del loro sacrificio, fu innalzata una stele all’ingresso dell’Aeroporto Internazionale Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino. Dopo quarant’anni il 24 ottobre 1994 è stata riconosciuta la Medaglia d’Oro al valore militare alla memoria a Nicola Stigliani ed agli altri avieri trucidati a Kindu con la seguente motivazione: “Membro dell’equipaggio di un velivolo in una missione di trasporto aereo nel quadro della partecipazione italiana all’intervento di intermediazione delle forze dell’ONU nell’ex Congo, consapevole dei pericoli cui andava incontro, ma fiducioso nei simboli dell’Organismo Internazionale e convinto della necessità di anteporre la costruzione della nascente Nazione all’incolumità personale, sopraffatto da un’orda di soldati sfuggiti al controllo delle forze regolari, percosso gravemente sotto la minaccia delle armi, pur protestan-

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do la nazionalità italiana e la neutralità delle parti, preso in ostaggio, veniva fatto oggetto di continue nuove violenze e barbaramente trucidato, offrendo la propria vita per la pacificazione dei popoli e destando vivissima commozione nel mondo intero. Luminoso esempio di estrema abnegazione e di silenzioso coraggio fino al martirio. Kindu, 11 novembre 1961”. Soltanto dopo altri tredici anni nel 2007 i parenti delle vittime hanno ottenuto una Legge sul risarcimento. La Medaglia d’Oro attribuita a Nicola Stigliani è la ventiduesima per la Basilicata. A Potenza alla memoria dell’aviere Nicola Stigliani nel 1962 fu intitolata la Scuola Elementare di Rione Lucania e nella stessa Scuola, donato dai genitori, fu scoperto, posato su un blocco di marmo, un Busto in Bronzo opera dello scultore Prof. Aristide Tancredi; quando la Scuola diventò Primaria, e fu spostata in un corpo unico con la Scuola Media “Giacomo Leopardi”, per formare l’Istituto Comprensivo, il busto fu ricollocato nel salone d’ingresso della nuova Scuola Primaria. Ma questo busto ha una storia interessante da far conoscere: una volta posizionato al fondo del salone d’ingresso della Scuola Elementare, subì una serie di spostamenti interni per trovare definitiva collocazione, non si sa in base a quale logica, sul lato sinistro, sotto una pensilina, all’esterno della porta d’ingresso dalla Scuola, e certamente esposto a tutte le intemperie. Quando la Scuola Elementare si spostò nell’attuale collocazione, e nel precedente fabbricato si insediarono i vigili urbani, per quasi due anni il busto restò sempre al suo posto, riportando tutta una serie di sovrapposizioni che ne inficiarono la struttura e la visibilità. Solo grazie alla testardaggine del Geom. Vito Ferrara, nipote di Nicola Stigliani, e ad una vigorosa opera di ripulitura e di restauro, il busto fu collocato nella posizione attuale ove non solo gli alunni lo possono ammirare. Successivamente nel 1991 il Comune di Potenza, intestò la strada che da Via Ciccotti, di lato alla Caserma Basilicata, porta alla sede universitaria di Macchia Romana “Via Caduti di Kindu”. L’11 novembre 2011, cinquant’anni dopo l’eccidio di Kindu, nella stessa Scuola Primaria si tenne una cerimonia commemorativa ed il giorno successivo 12 novembre 2011 al Cimitero di Potenza sulla tomba di Nicola Stigliani fu apposta una Targa Commemorativa dal Comune, una dal Nastro Azzurro d una dell’UNUCI. Il Comune di Policoro ha intitolato una via cittadina a Nicola Stigliano, con una piccola distrazione sulla finale del cognome, la o invece della i. NOTE 1) - Stigliani Nicola (Potenza 31.05.1931 Kindu, Congo 11.11.1961)


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E U R E K A

Danilo Vignola, dal vino in gola all’ukulele

Il percorso artistico del musicista, dalle esibizioni nei caffè letterari d’Europa alla raccolta di poesie Carlo CALZA Jr.

anilo Vignola è artisticamente nato in ambito musicale; durante una permanenza in Spagna, infatti, acquistò un Ukulele e, forte dei suoi studi in composizione e teoria musicale, ne fece una seconda pelle; da quello strumento tirò fuori quanto di più bello potesse scaturirne arrivando anche a vincere il premio per la “Migliore Tecnica” nel concorso di livello mondiale indetto da Eleuke nel 2010. Nel tempo ha affinato la tecnica, aggiornato la strumentazione (il primo ukulele era poco più che un giocattolo), senza mai perdere la voglia di migliorare ed evolversi. Dopo un inizio di carriera da solista che lo ha visto girare ed esibirsi nei Caffè Letterari di tutta Europa, il passo successivo è stato quello di fondare gli Ethn'n'roll: insieme a Giovanni Didonna e Gabriele Russillo il gruppo ha dato all’ukulele una

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cornice sonora più ricca e la possibilità di creare atmosfere particolari, a metà fra il rock e il popolare, in cui testi tetri e inneggianti rivolta la fanno da padrone. Il progetto musicale di Danilo Vignola ha visto periodi di forte crescita riuscendo ad esportare il prodotto discografico anche all’estero e contando all’attivo un numero enorme di live performance in festival, club e teatri italiani. A novembre è stato presentata la raccolta di poesie intitolata “Dal vino in gola”, l’anagramma più che mai ad effetto, suggestivo e rappresentativo, è per Danilo Vignola una chiave per affermarsi in un campo che fino ad ora non glie era stato aperto. Il libro sostenuto dall’etichetta discografica milanese “Musicisti Associati” vede la collaborazione del Gruppo Albatros, racchiude una raccolta di poco più di una trentina di composizioni in versi scritte negli anni da


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Gli attimi sono fatiscenti come le mura che li trattengono. Li sentiamo sgretolare addosso rivendicando un soffio di cielo fra le crepe. Io e te: ciò che vivere il nostro tempo non consuma, un sogno eterno su soffitti di nuvole.

Ogni cosa che invecchia è una corona d’alba, più luminosa dei raggi perduti… Carezza del tempo che trattiene, appena un attimo di dita da fermare il sangue nei polsi con un semplicissimo “non te ne andare”

Sfiorammo mete in punta di cielo, fra sorsi di terra e soffitti di oceani, arpeggi di vento e nuvole in fiore: effimeri soffi sospesi nel ventre. Vibrammo corde, altalena di stelle, fra sorsi di terra e soffitti di oceani, canti odorosi di nuvole in fiore: parole sottili di anima e sangue.

E’ la linfa del solitario abbandono che penetra conchiglie sul tappeto di spuma. E’ il silenzio che freme come il sibilo del sangue che strofina le vene al suo fluire. E’ l’insano incedere dei viandanti che scorre nei porti stuprosi E’ la curiosità meretrice che affonda dentro disarmonici amplessi. Corde d’altalena, disegnano ancora i nodi che furono amore… Ora che piangere non è più un gioco, ma una sottile distrazione che stacca le vene dagli occhi… Ssssst!!! Non devi dir niente se poi domani tutto si fa un po’ più…. Stanco.

Danilo (Keith) Vignola, in alcuni casi riporta brani già noti in quanto testi usati con gli Ethn’n’roll. La copertina del libro è contraddistinta da un’immagine dell’opera “Percorsi” dell’artista salernitano Giancono Cammarano. Il filo conduttore che lega gran parte delle poesie rimane quello del sentimento, muovendosi fra passione amorosa e ardente desiderio di rivalsa Danilo Vignola non smette mai di dare prova del suo animo da viaggiatore, del suo essere un tutt’uno dapprima con la natura e in seguito con l’essere umano e il suo bisogno d’elevazione spirituale. Il tour perenne di Danilo Keith Vignola non è certo finito, anzi è in continuo movimento dal momento che l’artista è in costante e crescente evoluzione, aggiornando e aumentando i riferimenti e le emozioni da condividere con il pubblico.

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E U R E K A

Leonardoda Vinci si studia... in Basilicata! Miriam SGARLATA

Intervista a Luca Caricato, studioso di storia dell'arte, che sta ottenendo ottimi risultati a livello internazionale con le sue nuove teorie sui quadri di Leonardo

uca Caricato è una giovane mente lucana con la passione per l'arte, la pittura, la cinematografia e la scrittu-

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ra. Proprio questa sua passione per l'arte lo ha spinto allo studio più approfondito di alcune opere di Leonardo da Vinci e dal 2007, quando ha pubblicato la monografia "Scibile, Invisibile, Proibito", non si è mai più fermato con le ricerche e gli studi sul grande uomo d'ingegno del 1400. L'ho incontrato all'Università degli Studi della Basilicata.

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Chi è Luca? Beh, è una domanda che tanti mi pongono e alla quale non so bene rispondere. Luca in realtà è un ragazzo che si occupa di storia dell'arte, di critica d'arte e che studia la storia, specialmente quella del Rinascimento e quella che ha a che fare con l'esoterismo e con Leonardo da Vinci. In più, mi piacciono la pittura, il fumetto, il disegno d'animazione, il cinema. Collaboro con diversi enti per i quali tengo delle lezioni di Cinematografia ed infine


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61 insegno grammatica Italiana agli stranieri. Sono un precario come tanti altri! Cosa ti ha fatto avvicinare al mondo della storia dell'arte? Ricordo quando ero bambino, mio padre mi stava descrivendo un quadro che avevamo appeso in casa, ed io lo interrompevo costantemente con mille domande. Ecco, ciò che mi ha fatto avvicinare all'arte è la curiosità di scoprire cosa celava in realtà ogni quadro e cosa l'autore realmente volesse esprimere. Come nascono i tuoi studi su Leonardo da Vinci? Il personaggio enigmatico di Leonardo mi ha da sempre affascinato. Ho iniziato i miei studi su di lui dopo aver visto a Parigi il quadro "La Vergine delle rocce", notando che vi erano stati inseriti all'interno degli errori "voluti" dallo stesso pittore, probabilmente si tratta di codici, che sta a noi decifrare. Le tue teorie hanno suscitato parecchi dubbi in altri esperti d'arte. Secondo te, come mai? Il primo a manifestare dei dubbi sulle mie teorie, al di là degli altri, sono io stesso! Dopo aver iniziato il mio lavoro di studio, sono stato contattato ed affiancato da diversi esperti d'arte e di esoterismo di fama mondiale, che mi accompagnano tutt'oggi nella ricerca, ponendo tantissimi dubbi su ogni teoria elaborata. Il problema è che quando c'è una novità, in ogni campo, dalla scienza alla storia dell'arte, non viene subito accettata o recepita come "esatta" da tutti, c'è sempre bisogno di tempo per "approvarla" e valutarla attentamente.

Luca Caricato Anni: Studi:

38 Laurea in "Lettere Moderne", indirizzo storico artistico Master in "Studi storico-Artistici" Ha vissuto a: Potenza, Parigi, Bologna Passione: Pittura

Continuerai le ricerche su Leonardo da Vinci? Certamente. Dal 2007 non mi sono mai fermato e non ho intenzione di farlo. Sto temporeggiando per la pubblicazione del mio secondo saggio su Leonardo perché devo ancora concludere ed approfondire alcune ricerche, ma anticipo che avrà delle novità importantissime che vanno a confermare la prima fase delle mie teorie. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Come prima cosa la pubblicazione del mio saggio. Dopo di che, sto valutando delle offerte pervenutemi dall'estero, per studiare dei quadri che si trovano alla National Gallery di Londra, e che a mio parere hanno peculiarità esoteriche. Infatti si è interessato alle mie teorie il giornalista inglese Richard Howan, del "Times", con il quale ho già avuto contatti in passato. Purtroppo sono costretto a rivolgermi all'estero per i miei progetti, poiché l'editoria italiana non mi è mai venuta incon-

tro. Inoltre, sto lavorando molto nel campo sociale, ho tanti progetti in cantiere in altre città italiane, non qui a Potenza. Cosa consigli ai giovani lettori de "Il

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Lucano"? Di andar via dalla Basilicata, vivere fuori per un po', e poi ritornare. Questo servirà a farvi rendere conto dei difetti della nostra regione, ma soprattutto dei suoi pregi.


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T R A L E R I G H E

L’OMBRA DI BARONE VIAGGIO IN LUCANIA IL LIBRO DI

MARIO TRUFELLI

uesto viaggio lo compie in autunno, tra i caldi colori marroni e rossicci di montagne e colline, e i riflessi di un mare che ha attenuato il blu intenso della stagione appena passata. Mario Trufelli si incammina in questi percorsi guidato dai ricordi in lui sempre vivi e li riporta nel libro L’ombra di Barone. Viaggio in Lucania (Edizioni Osanna) insieme alle sensazioni ed emozioni allora provate. Sono sentimenti intensi che rivivono a distanza di anni e che assumono contorni nuovi alla luce dei cambiamenti nel frattempo avvenuti e della mutata visione sulle cose che necessariamente si produce ad ogni ritorno. L’autore parte dallo Jonio, da Metaponto, e risale l’entroterra lucano soffermandosi a Tursi, Valsinni, Montemurro, Lagonegro, Aliano, Tricarico, Serra e Rossano di Vaglio, Monticchio, Melfi e Venosa. Luoghi a lui, giornalista affermato che ha diretto la redazione lucana della RAI dal 1969 al 1994, familiarissimi in cui ha avuto modo di incontrare personalità con alcune delle quali l’approccio da professionale è divenuto di amicizia e stima vera. Come quello con Albino Pierro, Leonardo Sinisgalli, Carlo Levi, uomini che sono entrati nella storia lucana, italiana ed internazionale per il loro genio votato soprattutto ad una poesia capace di toccare i cuori della gente. Con Rocco Scotellaro, suo concittadino, invece, il ricordo è diverso. Dapprima custodito tra quelli della sua infanzia tricaricese, si è poi evoluto nell’analisi del suo impegno politico sempre a favore degli ultimi e dei suoi indimenticabili versi. D’altronde è la poesia che guida molto spesso il viaggio spingendo l’autore anche più indietro nel tempo laddove la

storia si tinge di leggende. Al 1500 dove “ritrova” Isabella Morra e la Monnalisa di Leonado Da Vinci, al 1200 dove rievoca Federico II di Svevia e al I° secolo a.C., in piena epoca imperiale, nella quale commemora Orazio. Per ognuno va alla ricerca, tra la gente e tra i luoghi, dei resti della loro passata presenza, a volte vistosi, a volte appena percepiti. Ma la storia lucana ha altri protagonisti, gli archeologi Dinu Adamesteanu insieme alla compagna Hel, e l’entomologo conte Fred Hartig che Trufelli ha conosciuto rispettivamente fra le suggestive rovine di antichi santuari e città, e fra la bellezza incontaminata del monte Vulture. Di questi scienziati, veicoli di conoscenze, scopritori a partire dagli anni ’60 del Novecento di civiltà passate e di creature sconosciute come la farfalla Bramea Europea, evidenzia la straordina-

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Comincia un viaggio sul filo della memoria, fra tante storie che mi appartengono. Eppure sono a disagio nei panni del cronista: è come sentirsi ospite in casa propria. Mario Trufelli

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ria umanità che li portava ad entrare in simbiosi con i loro ritrovati e con la gente del posto. Di questi personaggi, tutti oggi scomparsi, l’autore conserva il ricordo tenero di chiacchierate, aneddoti, riflessioni che affiorano nei contorti vicoli dei borghi e nelle case con gli arredi da loro abitate, e nei silenziosi cimiteri dove eternamente riposano. Sono figure indelebilmente impresse nel suo cuore e nella sua mente ed ora anche in quest’ opera a cui, fra tutte quelle che ha realizzato, si sente maggiormente legato. Opera che è molto più che letteraria, è altresì pittorica poiché restituisce al lettore le forme del variegato paesaggio lucano che al tramonto, alla fine cioè di ogni giorno di viaggio, si dipinge di nuova veste, diversa da quella del mattino. an.mo.


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MEDICI E MALATTIE TRA LA BASILICATA E NAPOLI BORBONICA IL LIBRO DI ANTONIO SANCHIRICO

uesto testo si compone di tre parti, tre “atti” di un racconto che narra la storia e le storie della medicina a ridosso dei due secoli considerati di svolta nell’ambito delle discipline scientifiche. Fine Settecento e Ottocento è il periodo preso in esame da Medici e malattie tra la Basilicata e Napoli Borbonica (Dibuono Edizioni) il saggio scritto da Antonio Sanchirico, medico, che descrive ed analizza il contesto sanitario dell’epoca lanciando uno sguardo d’insieme dapprima sull’Europa e sulla penisola italiana, e poi sullo Stato borbonico fino ad arrivare alla Lucania. E’ un percorso solo idealmente diviso poiché finalizzato a restituire al lettore un quadro più logico e completo su un periodo emblematico per lo studio di una disciplina che cerca a fatica di svincolarsi da preconcetti e superstizioni sedimentate nei secoli. Sulla medicina si sa poco; per giunta essa era immersa in un sistema mistico-religioso che si ostinava a fornire risposte. Dal finire del Settecento in avanti le cose iniziano a cambiare. La medicina cominciò la ricerca di altre vie, altri approcci con cui indagare il corpo umano e le sue malattie non più viste come punizioni divine ma come cose strettamente connesse alla natura. La medicina moderna nacque allora, sorretta da una nuova corrente di pensiero da cui dipesero non solo i suoi sviluppi ma anche quelli di altre branche della scienza. Fu un processo evolutivo in cui le scoperte scientifiche andarono di pari passo con i nuovi ritrovati della tecnologia che, per quanto possibile, facilitò l’osservazione e la comprensione delle patologie. Non tutto all’epoca, infatti, era ancora spiegabile o meglio risolvibile. Epidemie tremende come peste, malaria, tifo falcidiavano migliaia di vite in tutta Europa, libere di espandersi in una realtà priva di igiene e dove i medici si rivelavano impotenti. Era una situazione critica che l’autore descrive e spiega avvalendosi di resoconti che medici stranieri ed italiani del tempo stilarono per esporre le condizioni in cui versavano città e paesi. Furono uomini di scienza che si formarono in prestigiose università di cui spesso divennero docenti. Nomi noti, anche lucani, che nell’Italia pre-unitaria provarono ad unificare la scienza prima ancora che lo Stato, protagonisti anche loro di quel percorso

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Come autore,[…], non potevo non suggerire una modesta chiave di lettura di un libro che attraverso una forma di “narrazione”, in cui ho provato a far “dialogare”, attraverso la comparazione delle loro opere, i medici dell’epoca, cerca di ricostruire il difficile esercizio della medicina nella nostra regione ed i suoi complicati rapporti con Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie ma anche con il resto d’Italia.. Antonio Sanchirico che portò nel corso dell’Ottocento all’Unità d’Italia. L’ultima parte del libro è dedicata alla Basilicata, terra dell’entroterra borbonico, isolata ma non per questo immune dai contagi e scientificamente inerme. Qui ebbero i natali illustri medici, intellettuali, osservatori ed interpreti dei loro territori di cui fornivano dettagliate notizie sulle condizioni igienico-sanitarie, utilissime a studiare e, possibilmente, a circoscrivere i fenomeni nel tentativo di trovare soluzioni. Di ognuno di loro Sanchirico doverosamente redige schede biografiche per tenere alta la memoria di personalità la cui fama ed attività, in più di una occasione, ha varcato i confini reali. Di loro ne ricorda l’impegno a favore del ceto povero, largamente diffuso, e a favore di quei mutamenti politico-sociali che avrebbero poi condotto alla disgregazione di un Regno divenuto, anche scientificamente, troppo soffocante. an.mo.

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D O L C E & S A L A T O

FORSE NEVICA “MENA LA NEVA” cit. nonno Peppino Carla MESSINA

iamo nel pieno dell’inverno, anche se non sembra. Infatti quest’anno il tempo sembra essere stranamente clemente sia per le temperature non molto rigide sia perché quasi sempre c’è il sole. Potrebbero essere le ultime parole famose... perché pare, stando alle previsioni, che tra non molto, tra l’ultima decade di Gennaio e il mese di Febbraio debba nevicare tanto. Gli esperti concordano su previsioni meteo che vedono tornare la Regione alle condizioni delle nevicate estreme… proprio questo dato mi ha riportato alla mente episodi comuni di un passato neanche tanto lontano ma che vedeva gli anziani organizzarsi per il cattivo tempo forse perché figli di generazioni che realmente avevano patito la violenza dell’inverno in tutte le sue forme, quando il gas ancora non c’era in casa, ci si riscaldava intorno al fuoco di un camino o più semplicemente di un braciere. Mi narravano i miei nonni che quando faceva tanto freddo e nevicava normalmente ci si organizzava, facendo provviste che riducessero al minimo la necessità di uscire in così da rimanere il più possibile chiusi in casa. Era il tempo delle zuppe o di un largo

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65 consumo della carne di maiale e di tutti i suoi derivati. Anzi, a voler essere più precisi, quello che veniva usato maggiormente era il suo grasso, sotto ogni forma, dalle cigole di maiale comunemente usate per fare la pizza, alla sugna, alla cotica, usata per condire legumi o il sugo. Era questa una parte anche particolarmente appetibile che veniva mangiata in ogni modo. Ancora oggi si ha in uso di farne degli involtini, “braciole”, che vengono normalmente usati e rappresentano alimenti prelibati della tavola lucana. Dalle nuove generazioni sono anche particolarmente bistrattati. Ad ogni modo il cattivo tempo era foriero di disagio. Pertanto si procedeva alla panificazione, alla realizzazione di pasta in casa, si facevano scorte di legumi, zucchero, farina, uova per sopperire alla possibile necessità di rimanere chiusi in casa per lunghi periodi perché bloccati dalla neve. Il disagio si acuiva per chi viveva in periferia, lontano dai centri abitati. Considerata l’epoca c’era anche la mancanza di energia elettrica, ragion per cui, l’unica possibilità era ritrovarsi intorno al fuoco per ridurre al minimo qualsiasi rischio. Ci si poteva affidare alla fantasia dei più anziani che o narravano di sé in tempi migliori o narravano di storie fantasiose che nulla avevano a che fare con la realtà. Questa era la nostra terra, questa la nostra Basilicata, terra povera ma al tempo stesso ricca di risorse, prima di tutto umane. Ad ogni modo ancora oggi quando vi sono previsioni meteo allarmanti, almeno a casa mia, ma credo anche in altre famiglie lucane, si esce per fare provviste. Quando ero piccola o con mia nonna o dietro sua indicazione si usciva di fretta per andare a comprare, nell’ ordine, almeno 2 kg di zucchero, 2 kg di farina, una panella di pane di non meno di 3/ 4 kg, un cartone di latte, almeno 1 kg di caffe, 18 uova o anche più a seconda delle previsioni. Si faceva scorta di pasta e di biscotti per i più piccoli, per il resto ci si affidava completamente alle scorte fatte di passato di pomodoro, legumi, verdure, carne quel poco disponibile, e poi in linea preponderante al maiale ex membro di famiglia trasformatosi in alimento determinante per la sopravvivenza. Ricordo che questo era uno dei momenti più belli per stare a casa con nonna, si passava dal fare il sugo con dentro la cotica, o i legumi cotti con la pentola di terra cotta comunemente conosciuta come la “Pignata”, al fare la pasta fatta in casa di ogni tipo ed in ogni forma, alla realizzazione della pizza con le cigole di maiale “Ciccioli” o “Fritt-l”. La si riusciva a conservare per qualche giorno ed aveva un sapore molto forte. Nonna usava tritare le cigole di maiale affinchè si amalgamassero completamente con l’impasto che, ovviamente, era particolarmente unto e, dopo la cottura, appariva in sfoglie e particolarmente friabile, un po’ come la pasta sfoglia, ma, fidatevi molto più gustosa.

La ricetta... “Zuppa di fagioli e Cotica” Ingredienti: Fagioli IGP di Sarconi rossi, Passato di Pomodoro, Aglio, olio extra vergine d’oliva, Sedano, cotica di maiale, pane casereccio, peperoncino, sale qb. Procedimento: L’ideale per questa zuppa sarebbe cuocere i legumi nella famosa “pignata” di terra cotta direttamente sul fuoco. Ad ogni modo il procedimento è questo: dopo aver preso una pentola a bordo alto, incorporate i fagioli ed aggiungete abbondante acqua. Lasciate cuocere per almeno 3 o 4 ore a fuoco vivace. In un’altra pentola sempre a bordo alto lasciate soffriggere uno spicchio d’aglio, tiratelo via dall’olio e incorporate le cotiche, scottatele leggermente. Proseguite incorporando i fagioli. Aggiungete un pò d’acqua ed incorporate un piede di sedano ben lavato. Lasciate cuocere il tutto, ulteriormente, ed aggiungete del passato di pomodoro e del sale. Lasciate cuocere ancora finché non si sarà amalgamato il tutto in una miscela gustosa. Tirate via il sedano, se non vi piace, e servite in piatti fondi. Se vi va mettete del pane casereccio sul fondo ed irroratelo con la zuppa di fagioli e cotica. Aggiungete del peperoncino ed accompagnate il tutto con del buon vino rosso. Buon Appetito.

Quando c’era la neve vi era la realizzazione anche di un fantastico dolce che forse ha dato vita al ghiacciolo. Era il sorbetto, paradossalmente il gelato. Cosa facevano le nonne? Mandavano i nipoti più grandi fuori, dopo averli ben coperti tanto da sembrare dei pupazzi, armati di mestolo “u‘ cuppin’ o cuopp’”, e di una ciotola “a Zuppiera”. I ragazzi dovevano raccogliere in punti dove la neve era più alta ed immacolata la neve in superfice, quella bianca, bianca ed incontaminata, e dovevano fare presto, presto, affinché non si sciogliesse. Dovevano prenderne al contempo una quantità notevole data la precarietà della materia stessa. Fatta questa operazione si correva in casa dove la nonna si preoccupava di dividere la neve nei bicchieri o la si lasciava nella ”zuppiera” stessa e la si condiva con dello sciroppo di amarene, o ciliegie o di qualsiasi altra cosa e la si faceva mangiare ai nipoti i quali ovviamente mai si tiravano indietro di fronte a nuove espe-

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rienze. Di quei tempi mi è rimasto nella memoria un anziano vicino di nonna; lo abbiamo sempre chiamato nonno Peppino. Questi, normalmente, quando nevicava da sopra al suo balcone esordiva dicendo:” Mena la neva…e come mena la neva!”. Che tenerezza e che bel ricordo e soprattutto quante risate…! Vi riporto di seguito la ricetta della tipica zuppa di fagioli con la cotica che, se vogliamo, si rifà nell’immaginario alla famosa zuppa di fagioli e salsicce mangiate da Bud Spencer e Terence Hill nei loro film, anche se, nasce prima la nostra zuppa di fagioli con le cotiche. Da un punto di vista del gusto è leggermente più aggressiva con toni forti e decisi, gustosissima e da mangiare accompagnata con dell’ottimo pane casereccio e abbondante piccante. Se ci aggiungete del buon vino rosso delle nostre terre vivrete un’esperienza sensoriale superiore, che ripeto non è per tutti!


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MATERA E IL

OGNUNO HA UNA F CHE NON RIESCE A HA BISOGNO DI QU E L’INCANTO NEGLI

Arsenio D’AMATO

l mio rientro, prima degli esami, consegnai il quaderno alla professoressa. “Lo leggerò con calma – disse – era solo per farti scrivere, per tenerti impegnato. Il tempo era poco per lavorare su certe dinamiche di scrittura”. Gli esami andarono bene e fui promosso. Passarono i mesi e, in pieno inverno, fui convocato dalla mia ex professoressa di ripetizioni estive. Affascinata dal testo, aveva deciso di ribattere il manoscritto al computer e presumendo, erroneamente, che io fossi l'autore del romanzo mi incoraggiava a proporlo ad una casa editrice. “Nel grande affresco della produzione letteraria – disse la professoressa - non sarai che una minuscolissima figura di sfondo, quella parte dell’immagine che ci appare lontana e indefinita. Figura e sfondo non possono mai essere letti contemporaneamente, ma lo sfondo ha sempre una discreta importanza. Lo sfondo non scompare mai pienamente dalla visione seguitando a influenzare la percezione della figura…”. Non ci capii molto, ma dissi di sì. Accettai, scettico, ma epicureo. L’editore, letto il manoscritto, mi offrì un contratto: oltre le duecento copie vendute avrei guadagnato un tot a libro. Oltre le mille la percentuale triplicava. È facile imparare a

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salire sul carro dei vincenti, specie se per vincere non si è fatto assolutamente nulla. Il metodo migliore è restare immobili e farsi travolgere dagli eventi. Mi ero fatto contagiare ed ero diventato, io stesso, contagioso. Mi sentivo uno scrittore e devo dire che cominciai davvero a scrive-

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re cose mie. Alla luce di quanto era accaduto i miei testi non mi sembravano poi da buttare. Mi fermavo, certo, a racconti brevi, ma non erano affatto cattivi. Il libro, pubblicato sotto uno pseudonimo, fu un successo. Non male per uno rimandato in italiano, anche se nessuno sapeva che


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E IL CASTELLO INCOMPIUTO

UNA FAVOLA DENTRO SCE A LEGGERE DA SOLO. DI QUALCUNO CHE, CON LA MERAVIGLIA EGLI OCCHI, LA LEGGA E GLIELA RACCONTI.

PABLO NERUDA

Seconda Parte

Le vicende e gli eventi raccontati in questa storia sono di pura fantasia ed i riferimenti a personaggi e realmente esistiti, o fatti veramente accaduti, hanno esclusiva funzione narrativa.

Nello Zucchero era il mio alter ego e che i proventi de “Il viaggio incompiuto”, in assegni o spiccioli, arrivavano a me. Peccato che, sei mesi dopo la prima edizione, venne fuori uno che conosceva il vero autore del manoscritto. Meno male che avevamo pubblicato con un nome fit-

tizio. L’editore mi accusò di plagio, la professoressa non mi degnava più di uno sguardo, ma mio padre era al mio fianco. L’unica cosa positiva, in quel parapiglia, era che il fantomatico accusatore di contraffazione chiedeva un incontro privato. Il romanzo – a detta di questo signore -

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non era altro che un’autobiografia retrodatata. L’autore aveva poi usato il suo dolore come fonte di ispirazione per scrivere il manoscritto, che portò, in seguito, con sé, in visita ai Sassi, per ultimarlo. Mentre era in visita nella Casa cava, però, lasciò involontariamente il manoscritto in una valigetta su un muretto, perdendolo. A causa di questa perdita abbandonò ogni velleità di scrittura e lui poteva provarlo. Non ci capivo più nulla, ma ero fiducioso. Era un martedì sera e c’incontrammo in uno studio legale. Io, mio padre, la professoressa, colui che raccontava del vero autore, un certo Francesco, e l’editore. L’avvocato, titolare dello studio, ci dimostrò, inequivocabilmente, che la calligrafia di altri fogli portati allo studio da quel signore era la stessa del manoscritto che, frattanto, io avevo tirato fuori. Uno di quei fogli, addirittura, svelò a tutti il finale del romanzo. L’editore, annusando il clamore che la cosa avrebbe suscitato, voleva accreditare chi aveva redatto quei fogli come il vero autore, o buttarlo dentro per sfruttare l’interesse e vendere, ma mio padre non era d'accordo in quanto la verità avrebbe danneggiato solennemente la mia reputazione e propose di dare a quell’uomo una quota dei profitti del libro. Che


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L O O K A N I A

confusione. Io non ero d’accordo con papà. L’editore cercava un accordo. Francesco rifiutava i soldi e ripeteva: “…che la gente dovrebbe sempre affrontare e superare i propri errori, e anche noi avremmo dovuto, che gli errori sono un elemento della condizione umana.”. Quell’uomo non mi piaceva. Era chiaro che non gliene fregava un cazzo del manoscritto e dell’autore. Era evidente che voleva solo realizzare qualcosa. Monetizzare le sue informazioni. Non era che un impostore che magari aveva persino rubato quella valigetta. Ma più ci pensavo e più il mistero s’infittiva. Come aveva saputo del manoscritto? Come aveva potuto paragonare la mia storia a quella di quei fogli? Chi aveva fatto il paradigma fra i due canovacci? Ero sfinito. La riunione si concluse con un nulla di fatto. Ne seguirono altre. Sempre più noiose, sempre più incasinate. Paradossalmente il libro vendeva sempre più. Io ero stanco di tutto e cominciai ad evitare quelle stupide riunioni. Dopo un anno Francesco, l’uomo che aveva portato i fogli che provavano che la calligrafia era la stessa, perì in un incidente stradale e con lui il segreto riguardo all'autore del manoscritto. Nel frattempo erano passati tre anni, mi ero diplomato e, in mancanza d’altro, ero tornato a lavorare, in modo occasionale, con mastro Eduardo. Lui e gli altri collaboratori non sapevano nulla delle mie peripezie letterarie, non sapevano neppure di Nello Zucchero e delle sue disavventure editoriali e non potevano sapere che stavo scrivendo una serie di racconti autobiografici brevi dove comparivano, inconsapevoli, anche loro. Lavoravamo alle porte di Matera. Il negozio di alimentari all’angolo sulla sinistra aveva clienti niente male, qualche anno prima. Ci andavano le signore pensionate, quelle che potevano permettersi le prime scelte. Noi, per il pranzo, facevamo la spesa al discount che

eravamo alla metà della paga di un operaio adulto e avevo appena comprato le scarpe da lavoro. Le scarpe anti-infortunistiche te le dovevi comprare tu, ma ti davano i guanti e il caschetto giallo che non usavi, comunque, mai per non essere deriso dai compagni. Un giorno c'era un caldo terribile, e alcuni di noi si appisolarono. Mastro Eduardo, al risveglio, ci rimproverò. "Siamo andati nel mondo dei sogni e abbiamo incontrato il Conte Tramontano", spiegai fra il serio e il faceto. "E che cosa vi ha detto?" volle sapere il mastro. Ed io risposi: "Siamo andati nel mondo dei sogni, abbiamo incontrato il Conte Tramontano e domandato se il nostro mastro andava là tutti i pomeriggi, ma lui ci ha detto di non averlo mai visto, ma che le frottole sono un elemento della condizione umana.". Mastro Eduardo sorrise, prese la sua agenda, dal cruscotto del camioncino, e si appuntò delle notizie. Non era l’agenda delle misure, ma il taccuino nero su cui aveva in precedenza già annotato le presenze. Lì per lì non ci feci caso, ma poi, prima di andare a casa, alla fine della giornata lavorativa, con una scusa, entrai nella cabina del suo mezzo. Furtivamente frugai nel cruscotto, trovai l’agenda nera e, lesto, diedi un’occhiata. Non potevo crederci. Avevo riconosciuto la calligrafia. Mastro Eduardo era l’autore del manoscritto. “Dei viaggi di Tommaso” era una sua opera. A casa ebbi una crisi di pianto, ma non ne parlai con papà. Non potevo dormire, ci pensai tutta la notte e al mattino ebbi tutto chiaro. Non potevo tradire anche l’ignaro mastro Eduardo che nel frattempo stava cercando di riannodare i fili della sua passione per la scrittura, appuntandosi su quel taccuino nero tutto quello che di significativo gli capitava nelle sue giornate più comuni. Mi piacevano quelli come lui, ma non mi piaceva come erano andate le cose. M’incantavano le persone che quando non hanno nulla da dire sanno restare in silenzio, ma non mi

piaceva com’era andata a finire. Credo che le persone che credono in qualcosa, debbano continuare a crederci, che non si possano deludere. La mattina dopo guardavo mastro Eduardo sotto una nuova luce. “Cazzo che occhi che hai – mi disse – ma cos’hai fatto stanotte?”. “Ho letto a letto” – risposi. Sorrise. “Dovresti cercarti un altro lavoro, più consono a te…”. “E voi non dovevate fare il muratore e girare su questo vecchio camion scoppiettante, ma avreste dovuto fare il maestro per come siete capace di trasmettere conoscenze ed entusiasmo”. Non parlammo più, ma avrei voluto dirgli che poteva fare tranquillamente lo scrittore, ma non ebbi il coraggio, che mi sembrava di prenderlo per il culo. Avrei voluto dirgli che avevo rielaborato il suo libro, ma credo che, mai, nemmanco in futuro, riuscirei. Lo so che dovrei, che se lo meriterebbe, che sarebbe giusto così, anche se ho qualche dubbio. Nel mio caso potrebbe obiettare che l’idea di utilizzare uno pseudonimo come Nello Zucchero potesse essere un espediente postmoderno. Meglio, allora, nell’incertezza, tacere: che l’errore è irrimediabile; che ero cresciuto e credevo nella scrittura che nasce dalla vita, non da altri libri o suggestioni. Che l’incertezza è un elemento della condizione umana. In quel breve viaggio, nel camioncino, mi ero, come sempre, appisolato, ma nessuno se ne accorse o almeno così mi parve. Nel grande affresco della letteratura Nello Zucchero non era che una piccolissima figura di sfondo, quella parte dell’immagine che ci appare lontana e indefinita; che figura e sfondo non possono mai essere letti contemporaneamente, ma mi confortava il fatto che lo sfondo ha sempre una grande importanza: infatti esso non scompare mai completamente dalla visione continuando a influenzare la percezione della figura... O.S.T. Il Castello - Roberto Vecchioni [Calabuig Stranamore e Altri - 1978]


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Lucano

Anno VIII numero 1/2

Coppa Italia Basilicata

LA PRIMA VOLTA DELL’AZ PICERNO Lucano


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sommario 71 Calcio, torna Cosco per puntare alla Lega Pro

LABORATOR PER COSTR UOMINI Antonello LOMBARI

72 Coppa Italia Basilicata, vince l’Az Picerno a fatto discutere, recentemente, l'aggressione di un giovane arbitro, ad opera di un ragazzo, in un campionato giovanile di calcio in Basilicata. La Figc lucana ha prontamente stigmatizzato l'episodio. Al di là dei riflessi disciplinari e delle ripercussioni di un gesto che, purtroppo, non rappresenta l'eccezione in tutto il territorio nazionale, occorre interrogarsi sul perché tali azioni si verifichino con sempre maggiore frequenza. Le società calcistiche, organizzate in chiave moderna, fanno ciò che possono ma non riescono a sopperire a carenze e frustrazioni che hanno radici profonde. Una delle prime regole che ogni tesserato, di società affiliate a discipline sportive, deve rispettare è quella che richiama il principio della lealtà. Lo sport, in questo, diventa una palestra e una scuola di vita. Insomma, non basta far indossare una divisa e mettere un pallone al piede, per fare di un "bamboccione" viziato un uomo. Come dire che la tecnica, senza valori, non tiene il passo di una società in continua evoluzione. Sarà, ma l'impressione che se

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76 Pattinaggio artistico, Asd Skating Potenza

80 Auto - Magione una vittoria storica e Lucente

ne ricava è che le nuove generazioni sembrano proprio tanto fragili. E ciò è dovuto, soprattutto, ad una caduta verticale dei valori. Sarebbe forse il caso di fare un passo indietro, tornando a rivalutare la funzione del vecchio oratorio, non solo come occasione d'incontro, quanto come momento, altamente educativo, di crescita e di confronto. La condivisione di spazi ed esperienze, anche nell'agonismo, che mettono al centro l'uomo. Un'educazione che forma il ragazzo di oggi, fornendogli delle basi solide per affrontare non soltanto l'impegno sportivo ma, soprattutto, la vita. Ciò che accade in un campo di calcio, per certi versi, è assimilabile a ciò che accade in ogni attività dell'esistenza. C'è il rispetto dell'altro, il giusto valore da attribuire al risultato da conseguire, viene esaltato il concetto di lealtà, l'abitudine al rispetto delle regole e dell'autorità, la capacità di mettere da parte l'egoismo, sacrificandolo per un fine superiore e collettivo. Il 17 gennaio scorso, presso l'auditorium del Pontificio seminario minore, in viale


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ORI TRUIRE

Marconi a Potenza, è stato presentato un documento della Cei (Conferenza episcopale italiana) sugli oratori, rispetto ad una nota pastorale sul mondo sportivo. A presentare e relazionare su quello che la locandina dell'evento ha indicato essere come "Laboratorio di talenti", è stato Don Mimmo Beneventi. Si tratta di un progetto che tende a rivalutare il ruolo dell'oratorio, nell'ambito di comunità locali sempre più smarrite e in cerca di una propria identità. Non occorrono grandi sforzi di memoria per prendere atto e riconoscere, pur partendo da una prospettiva laica, che da queste fucine di uomini sono venuti fuori campioni, sul campo e fuori, del calibro di Gianni Rivera, Giacinto Facchetti, Gaetano Scirea, Marco Tardelli, Alex Del Piero, Riccardo Montolivo e tanti altri. Per la generazione degli anni sessanta che ha trascorso interi pomeriggi ad attaccare figurine dei propri idoli, sull'album, quelli erano davvero esempi da seguire. Forse sarebbe il caso di partire dall'uomo e di mettere in secondo piano la palla.

Matera, torna Cosco per puntare decisi alla nuova Lega Pro

Giovanni MARTEMUCCI

l patron del Matera Saverio Columella ha esonerato l’allenatore Antonio Toma e annunciato il ritorno di Vincenzo Cosco sulla panchina della squadra locale. Il trainer leccese è stato sollevato dall’incarico dopo la sconfitta della corazzata lucana sul campo di San Giorgio a Cremano con la matricola Mariano Keller. “Nel calcio sono i numeri che contano, e alla fine, la sconfitta di San Giorgio a Cremano mi ha costretto a prendere questa dura decisione. Ho deciso di riaffidare la panchina a Cosco –sottolinea Columella- perché conosce la piazza mate-

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rana e la squadra. In questo momento è importante affidarsi ad un tecnico che sa subito dove mettere le mani per ricominciare a fare risultato. Guiderà gli allenamenti già da subito”. Vincenzo Cosco, molisano di Santa Croce di Magliano, era stato inspiegabilmente esonerato dopo 10 gare col Matera secondo a due punti dal Marcianise. La gestione di Antonio Toma, ex calciatore del Lecce, non ha prodotto gli effetti sperati, che per Columella si traducono nel vincere sempre. Il team lucano è settimo in classifica ma con appena quattro punti da recuperare sulle attuali battistrada Marcianise e Turris. Il ritorno in panchina di Cosco, già tecnico dell’Andria, è avvenuto nel delicato confronto casalingo con il Bisceglie squadra condotta da un altro ex allenatore del Matera, quel Giancarlo Favarin che fu esonerato a fine girone d’andata con la squadra seconda in classifica. L’obiettivo di Saverio Columella è sempre la Lega Pro, da conquistare con Vincenzo Cosco al timone della formazione biancazzurra.


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Coppa Italia Dilettanti - Basilicata

L’Az

Picerno

si aggiudica la coccarda lucana apire tu non puoi, tu chiamale se vuoi, emozioni…” è il verso di una famosa canzone di Lucio Battisti che, pensando alla finale di Coppa Italia tra il Real Tolve e l’Az Picerno, sembra calzare a pennello. Emozioni a catena, dal primo minuto di gioco e fino al triplice fischio finale dell’ottimo Berardone, giunto al termine del sesto rigore calciato sulla alto traversa dal tolvese Gambino che ha fatto gioire gli avversari. Così è terminato l’ultimo atto della Coppa Italia, andato in scena al “Corona” di Rionero e dove le due tifoserie hanno dato vita a coreografie di categoria superiore. Non sono quindi bastati i 90’ minuti regolamentari per decretare la ventitreesima vincitrice della Coppa regionale nonostante la gara, alla mezz’ora del secondo tempo, fosse saldamente in mano ai giallo rossi. Ma il gol di Scavone al 34’ ha rianimato i ragazzi di Catalano che sul filo di lana, con l’intraprendente Podano, un 95’ che farà parlare di se, è riuscito ad agguantare il pari. Un finale così emozionante nessuno se lo ricorda, ma le emozioni non sono finite, dopo un primo tempo supplementare sostanzialmente equilibrato, con un colpo di testa Selvaggi riporta in avanti il Real Tolve, che però a pochi minuti dalla fine subisce il secondo aggancio per cui tutto è rimandato alla lotteria dei rigori. Il picernese De Pascale manda fuori il secondo penalty, ma in suo

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soccorso accorre Lettieri che, parando il tiro di Selvaggi, rimette tutto in discussione. “Non ci credevo –ci ha detto all’indomani della storica vittoria- ma alla fine ci siamo riusciti e per me, che sono picernese, è stata una gioia indescrivibile. Una doppia soddisfazione che ci ripaga degli sforzi fatti fino ad oggi. Voglio anche ringraziare il nostro pubblico, che è stato encomiabile”. Le due squadre vanno avanti in parità fino alla fine della serie e si va così ad oltranza. Da centrocampo si avvia verso il dischetto Esposito. Non sappiamo cosa avranno pensato in quel momento i tifosi picernesi, perché il fantasista napoletano pochi giorni prima aveva fallito un rigore molto importante (gara al Viviani con il Rossoblu), ma il numero 11 è freddo e spiazza Calzaretta. Poi arriva l’epilogo con l’errore di Gambino e si scatena la

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gioia (e non solo). “É stata una vittoria soffertissima e per questo ancora più bella –ci riferisce capitan Mele- le emozioni sono state contrastanti durante tutta la partita. Siamo passati dalla gioia allo sconforto per poi festeggiare alla fine. Dedico questa vittoria al paese intero, alla mia famiglia a mia moglie e soprattutto a mia nonna, mio zio Peppe e mia cugina Patrizia che non ci sono più, ma li porto sempre nel mio cuore”. Poi conclude con un augurio: “Spero non sia l’unica gioia di questo anno”. Scorrendo la formazione del Picerno, notiamo che tra gli undici ci sono De Pascale e Serritella che, lo scorso anno, proprio a Picerno, conquistarono la prima Coppa Italia. Poi c’è Palladino che, due

anni fa, conquistò la coccarda lucana con la maglia dell’Atletico Potenza. Tra gli undici in campo, autore anche del vantaggio picernese, Carmine Santopietro, il vero “Re di Coppa”, visto che per la quinta volta, nella sua carriera, ha avuto il piacere di alzarla al cielo: “Per come sono andate le cose, questa è stata la finale più emozionante –commenta- ogni finale ha una storia diversa e dopo 5 Coppe spero di vincerne almeno un'altra, poi darò spazio ai giovani”. Le emozioni sono belle da vivere, inutile dirlo e vedere emozionato anche un “duro” come Antonello Scavone, alla sua “prima” ne è la piena conferma: “Non posso che essere soddisfatto –ci ha detto- abbiamo vissuto un’esperienza indi-

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menticabile ed è stato bello gioire con tutti i tifosi, che ci stanno dando una grossa mano”. Emozionato a fine gara anche mister Catalano: “Sembrava ormai tutto compromesso –ci dice- ma siamo riusciti a venirne fuori. Non abbiamo giocato come sappiamo ma si trattava di una partita secca e in questi casi ci sta anche che si paghi un pizzico di tensione emotiva, ma alla fine è andata bene e siamo felicissimi”. Alla gioia dei vincitori si contrappone la delusione degli sconfitti: “Verdetto amaro. Resta una grande delusione dopo aver disputato un’ottima gara. Il calcio però è così, riserva anche giornate come questa”. E’ la dichiarazione, a fine gara, di capitan Trifone.


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Pattinaggio Artistico su Rotelle

Attivita’ motoria in eta’ pedia dell’A.s.d. Skating P ttività sportiva e “benessere della persona” costituiscono da sempre un binomio indissolubile. Il concetto di “salute” è stato definito per la prima volta nel 1948 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per riferirsi ad uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Ciò implica necessariamente un’attenzione particolare al rapporto tra ambiente ed individuo, alla realtà in cui il singolo vive e alle attività che la comunità mette a disposizione dei propri membri affinché adottino uno stile di vita corretto. Quanto detto è essenziale nel determinare lo stato di “buona salute” principalmente per i giovani purtroppo sempre più sedentari. A tal proposito, è stato molto chiaro l’allarme lanciato dalla S.I.P., la Società Italiana di Pediatria, durante il convegno “Bambini, attività motoria e sport” tenutosi a Potenza il 23 novembre 2013 in occasione della Giornata mondiale del bambino e dell’adolescente. Dai risultati di studi recenti e dall’analisi dei dati Istat è emerso l’aumento delle patologie e dei rischi alla salute legati all’abbandono precoce dell’attività sportiva da parte dei giovanissimi. Che l’Italia presenti tassi di sedentarietà tripli rispetto agli altri paesi europei è un dato che deve farci riflettere in quanto tutti indistintamente responsabili. Tanto le istituzioni quanto i medici, le scuole, le famiglie devono agire sinergicamente per mutare abitudini di vita sbagliate che inevitabilmente sono anche il riflesso di una società sempre più tecnofila, in cui è raro che un adolescente non trascorra diverse ore davanti ad uno schermo. La sfida che coinvolge tutti consiste, dun-

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que, nel rivalutare l’importanza dell’attività motoria per lo sviluppo psico-fisico degli adolescenti. È necessario che la scuola consideri l’educazione fisica una disciplina al pari delle altre e, altresì, che le società sportive promuovano attività, non solo a livello agonistico, atte ad impiegare il tempo libero in modo piacevole. Che lo sport sia una delle principali attività di aggregazione sociale è un dato indiscutibile ed è compito delle società sportive quello di organizzare per i propri atleti eventi, trofei, gare al fine di creare utili occasioni di confronto con gli altri e di crescita personale. Nel capoluogo di regione, è attiva una realtà sportiva che sta attirando sempre più curiosi e appassionati: il pattinaggio artistico su rotelle che, sebbene disciplina catalogata fra gli sport “minori”, vanta una grande tradizione ed è praticato nel

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diatrica le iniziative

g Potenza

potentino da un numeroso gruppo di atlete. Il pattinaggio artistico è considerato, subito dopo il nuoto, uno sport riabilitativo che può contribuire a correggere posizioni scorrette della colonna vertebrale e degli arti inferiori, sviluppare in modo evidente agilità, senso di equilibrio, coordinazione dei movimenti, elasticità delle articolazioni, oltre a tonificare i muscoli coinvolti nel mantenimento di una corretta posizione del corpo che è impegnato in un importante lavoro cardiovascolare benefico per l’apparato respiratorio. Il pattinaggio è, quindi, uno sport completo e di indubbio fascino. Si può praticare individualmente nella “specialità singolo”, “singolo libero” e “singolo obbligatorio” e collettivamente nel pattinaggio di coppia (di danza o artistica) e di gruppo. Fra le iniziative delle associazioni sportive dilettantistiche attualmente attive segna-

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liamo quella dell’A.S.D. Skating Potenza (skating.potenza@virgilio.it), società affiliata all’U.S.ACLI e riconosciuta dal CONI, che in questi mesi sta portando avanti con le atlete iscritte, circa 50. Lo staff sportivo, attualmente costituito da tre allenatrici federali con la supervisione di un direttore tecnico di esperienza pluridecennale, ha come obiettivo per le giovani atlete, appassionate a questa disciplina, di consentire una costante e continua crescita tecnica e artistica anche con occasioni di confronto al di fuori dei confini locali. A tal fine i tecnici e le atlete, periodicamente seguite da un preparatore atletico, hanno la possibilità di partecipare a stage e giornate di allenamento fuori regione, seminari e corsi di formazione presso le strutture del CONI nazionale. Al fine di rendere partecipi genitori e appassionati ai progressi sportivi acquisiti dalle atlete, il 21 dicembre si è tenuta presso la palestra “Vito Lepore” di Potenza il Saggio di Natale 2013, manifestazione che, patrocinata dal comune di Potenza, ha visto le atlete esibirsi in coreografie di gruppo sulle note di musiche natalizie coinvolgendo le pattinatrici più esperte e quelle più piccine. Ospiti della manifestazione si sono esibite le atlete della Skating Club Vesuvio di San

Sebastiano al Vesuvio con coreografie di grande impatto tecnico e artistico. All’evento è stato associato un momento di solidarietà con la partecipazione dell’ABIO, l’Associazione per il Bambino In Ospedale, e la testimonianza del Presidente Regionale circa l’attività dei

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volontari nell’accogliere i bambini ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale San Carlo, volta con passione nel ricondurre i piccoli pazienti nella dimensione che è loro propria, quella del gioco e della socializzazione. ago.arca.


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Automobilismo

Magione, una vittoria storica e Lucente... Anna MOLLICA

° dicembre 2013. Sull’autodromo di Magione (Perugia) è stata scritta una pagina importante dell’automobilismo da corsa. Una pagina redatta dal lavoro, dalla dedizione, dal sacrificio, dall’impegno

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di tante persone che, legate da amicizia vera, hanno tradotto in vittoria un’utopia: portare in gara e far vincere un’auto che auto da corsa non è. Antonio Lucente, pilota trentacinquenne di Potenza, ci è riuscito vincendo con il suo fido Maggiolino alla 2 Ore di Magione, ultima prova del Campionato italiano auto storiche, il titolo di Campione italiano della classe Gts 1300 periodo F nonché il secondo posto assoluto nel 1° Raggruppamento composto da una trentina di auto di tutte le cilindrate. Questo è il secondo titolo nazionale per Lucente, il primo nella storia delle competizioni in pista per una Volkswagen Maggiolino anni ’60 non concepita per cor-

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rere. Ha vinto, contro ogni pronostico avverso, superando auto più recenti, la più “giovane” era dell’81, tecnologicamente predisposte a competizioni di velocità, e per giunta in una “2 ore” in solitaria, condizione più unica che rara nell’ambito delle gare di durata. Antonio e il suo team, pur con tutto l’entusiasmo, non si aspettavano un risultato così brillante. In realtà erano partiti con l’idea di partecipare al solo fine di confermare la validità del titolo. Per Antonio, poi, questa arebbe dovuta essere l’occasione per misurare le sue possibilità, correndo da solo in un percorso di curve lungo quasi 200 km. Una sfida che mette a dura prova


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Il team tecnico, da sinistra Belviso, Russo, Lucente, Cutro, Angiletta

. mente e fisico, impossibile da affrontare senza un’adeguata preparazione atletica che ad Antonio è stata fornita da Tommaso Margiotta, scrupoloso nel seguire il pilota, seduta per seduta, monitorandone miglioramenti o eventuali peggioramenti. Queste premesse li avevano indirizzati dunque verso una gara in “economia”, addirittura lasciando sulla macchina le gomme vecchie. Una volta in pista, però le iniziali intenzioni cambiano. Notano la presenza di altre vetture 1300 e capiscono che può esserci lotta. Montano allora i pneumatici nuovi ma durante il giro di prova si spezza il filo dell’acceleratore. Il Maggiolino parte ventitreesimo, ultimo. Mollare o provarci

comunque? Provarci comunque ed Antonio rimonta arrivando settimo e alla vittoria che lo lancia, insieme al suo team, nell’olimpo della notorietà internazione con testate brasiliane, statunitensi, tedesche che parlano lungamente di loro e del Maggiolino “superstar” inorgogliendo la casa costruttrice che dalla Germania invia ad Antonio note di plauso. Il Maggiolino non ha mai vinto un titolo in nessun luogo. Fino ad ora, fino a quando cioè un gruppo di irriducibili ha accettato di seguire Antonio in un’impresa a detta di molti impossibile. Impossibile però non per il motorista Antonio Russo, per tutti il “meccanico dalle chiavi magiche” che con le sue conoscenze e il suo irraggiungibile intuito ha triplicato gli iniziali 34 cavalli della Maggiolino rendendo la vettura una “signora” auto da corsa. Impossibile non per il carrozziere Pasquale Belviso, per l’elettrauto Rocco di Michele, per l’attrezzista Antonio Campanile, per il meccanico Volkswagen Michele Angiletta, tutti amici, alcuni dei quali fanno altro nella vita, che hanno messo gratuitamente a disposizione le rispettive competenze tecniche a sostegno di un progetto ambizioso dagli esiti incerti. Progetto condiviso anche da Giuseppe Cutro, il direttore sportivo, da Enrico Rosa il presidente di questa straordinaria scuderia e da Yvan e Sara, i rivenditori di Bordighera che hanno regalato ad Antonio il motore che gli ha consentito di concretizzare una passione nata da bambino con il Maggiolino Herbie. Fu amore a prima vista quello nato tra Antonio e questa vettura (apprezzata tra l’altro anche da mamma Antonietta) che lo spinse nel 2001 ad acquistare il suo Maggiolino con il pallino di doverlo rendere, come Herbie, adatto alle corse. Nel 2009 ne inizia materialmente la preparazione ma non avendo molte risorse economiche, parla di questo

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progetto a Yvan e Sara di cui Antonio è cliente e loro gli forniscono in regalo quel motore sul quale poi lavorerà Russo. Questa condivisione di intenti, nata e proseguita telefonicamente, non è strana ed è la dimostrazione della solidarietà non comune che lega tra loro i maggiolinisti e questi alla “macchina del cuore”, così la chiamano. E così nel 2010 Antonio può iniziare la sua avventura, corre con il Maggiolino potenziato, e il primo successo arriva a Varano di Melegari in provincia di Parma. Da qui alla vittoria del 1° dicembre tante cose si sono alternate, momenti di euforia smorzati da insuccessi inevitabili per chi procede lungo percorsi inesplorati sui quali la conoscenza la si fa sul campo. Antonio e i suoi amici però non hanno mai mollato. Fatto tesoro delle esperienze acquisite, hanno continuato a lavorare sempre, dedicando il loro tempo libero, i loro fine settimana ad una macchina che andava sistemata, migliorata ogni volta. Insieme hanno lottato, insieme hanno vinto, perché lo stesso Lucente ammette: “Per vincere non basta solo andare veloci”. Ed oggi che sono entrati nella storia delle corse esultano per una vittoria tanto attesa che li ha compensati di insuccessi amari e dormite in tenda. Plaude il Maggiolino Club Italia di Varese presieduto dai coniugi Camillo Croci e Marzia Marchini (pittrice, autrice di un dipinto dedicato al Maggiolino lucano in gara) che hanno nominato Antonio Lucente socio onorario, ed organizzato un fans club che lo seguirà da quest’anno nelle gare. In pratica lo sosterranno nella sua attività sportiva. Si è levata dunque un’ovazione per questi professionisti lucani che sull’amore per il Maggiolino non hanno solo edificato e realizzato il loro sogno, ma dimostrato che i successi arrivano e vanno conquistati a piccoli passi, tutti sudati.


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