Il Lucano Magazine Numero marzo-aprile 2014

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Poste Italiane Spa Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n째 46) art. 1 comma 1, DCB PZ






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S O M M A R I O

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Al via il progetto “Vicini alla nascita” al San Carlo tante le iniziative in favore delle mamme

V I G N E T TA N D O

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# State tranquilli...

R E P O R TA G E

20 San Carlo, al via il progetto “Vicini alla nascita” 24 Conversazione con l’assessore Michele Ottati 26 Matera il Campus universitario può attendere... 26 Il Campus universitario può attendere...

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E P I S T E M E

28 La paremiologia come filosofia

Intervista all’Assessore Michele Ottati

E U R E K A

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30 Arisa vince la 64° edizione di Sanremo

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Arisa vince, cantando Controvento Alessandro Zenti, cronache dal fronte Quando l’Assurd(o) diventa reale I Quadri Plastici aviglianesi diventano mostra itinerante Venosa, “Recuperiamo San Domenico” A spasso con Waway Parco Nazionale del Pollino Cozzo del Pellegrino Di Napoli Antonio La democrazia difficile Lagonegro le sue chiese, la sua arte Giovanni Vetritto e Francesco Saverio Nitti Risparmiare spendendo Il tango impreziosisce il cartello teatrale lucano Gli Sugar Sound danno alla luce la terza creatura: She’s My Baby Rima Grezza vol. 1 Urban underground al 127

T R A L E R I G H E

Asd Viggianello una famiglia nel pallone

68 Momenti di grazia 69 Raccontarsi raccontando 70 La follia D O L C E

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S A L ATO

72 Quando i sogni imparano a volare L O O K A N I A

74 Racconto di Viggiano Prima Parte

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E D I T O R I A L E

BASILICATA, ALTRO CHE

CONTRO VENTO Antonello LOMBARI

'Italia accusa l'effetto soporifero del Festival di Sanremo, proprio mentre a Roma, il ciclone Renzi, s'insedia a Palazzo Chigi. Ci ha provato persino Arisa, dal palco del teatro Ariston, a cantarcele quattro. Anzi due, visto che la formula della manifestazione canora nazionale ha previsto due canzoni per ogni artista. L'ugola d'oro del Pantano di Pignola ha conferito al festival un tocco di classe e di lucanità, geneticamente modificata, vincendo con merito la sessantaquattresima edizione della kermesse canora. Il titolo della canzone vincente "Controvento" ci riporta, però, ad un paradosso della politica. Questa volta, infatti, la Basilicata, rispetto al governo nazionale, non è andata in controtendenza. Renzi costruisce e realizza il suo personalissimo golpe e regala ai lucani due sottosegretari: Filippo Bubbico agli Interni e Vito De Filippo, alla Sanità. Tutto ciò appena qualche tempo dopo l'avvento di Marcello Pittella a governatore della Basilicata. I riti carnevaleschi hanno preceduto l'uscita di questo numero del giornale. Nelle sfilate e nei travestimenti la proposta dell'anno è il solito rondò di personaggi lucani mascherati. Per dirla con Arisa: "A forza di andare controvento l'aria che tira è cambiata". Questa volta, però, i segnali che si percepiscono sono chiari e vanno in una nuova direzione. C'è un soffio di trasparenza che risponde all'esigenza popolare di "pulizia" e di sobrietà. I temi che il governo di Basilicata dovrà affrontare non sono di semplice soluzione. Il primo argomento, nell'agenda del nuovo governatore, è il petrolio. Si parte dall'oro nero per ridisegnare uno sviluppo che veda la Basilicata protagonista di rilancio, senza penalizzare l'ambiente. Il nuovo presidente della Giunta lucana ha chiamato al tavolo le società che estraggono il greggio in Val d'Agri. Appare evidente che, nei prossimi mesi, si affronteranno le tematiche nevralgiche per la vita e la sopravvivenza delle famiglie e della gente lucana. Lungo la direttrice Roma-Potenza, il tema del lavoro occupa un posto centrale sia nel tablet di Renzi, sia in quello di Marcello Pittella. Trascorso il carnevale tornano i motivetti di Sanremo che, a distanza di giorni, sono diventati più orecchiabili. Insomma, al di là della forma e del cerimoniale, sembra di assistere al solito balletto in maschera. In una parola: la solita Pippa che stavolta viaggia, però, con il vento decisamente in poppa. La Rosalba canterina, facendo jogging intorno al lago Pantano, gorgheggia sempre "controvento". I lucani ascoltano la sua canzone e, prendendo la strada dell'oasi, la emulano a ruota, nella speranza di uscire in fretta dalla palude.

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Vignettando

#State tranquilli...



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L U C A N O

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Alla dottoressa Molfese il Premio di Medicina “Prof. POTITO PETRONE” Si è tenuto presso l’Hotel Giubileo, a Rifreddo di Pignola, la 24a Edizione del Premio di Medicina intitolato alla memoria del Prof. Potito Petrone e curato dalla “Pro Loco Il Portale” di Pignola. Il Premio è riservato agli studenti lucani in medicina che nell’anno in corso abbiano conseguito la Laurea con votazione non inferiore a 106/110. Il Sindaco di Pignola Gerardo Ferretti ha portato il saluto dell’Amministrazione Comunale ricordando che il Prof. Potito Petrone è stato anche uomo delle istituzioni, prima come Assessore alla Sanità del Comune di Potenza e poi come Sindaco di Pignola. La Presidente della “Pro Loco Il Portale” di Pignola Dott.ssa Maria Albano, dopo aver ringraziato il pittore Nino Tricarico, autore dell’opera riprodotta in copertina nell’invito, che verrà donata al vincitore del Premio, ha affermato che il Prof. Potito Petrone, non mancando mai di insegnare anche ai giovani della Croce Rossa Italiana, è stato un esempio luminoso che i nostri giovani medici debbono seguire con eguale perizia e passione. Della Giuria che da anni conduce questo gravoso onere con impeccabile serietà, facevano parte il Presidente Dott. Marcantonio Paciello e come Componenti la Dott.ssa Serafina Berardi ed i Dottori Sergio Caparrotti, Nicola D’Alessandro, Paolo Severino, Vincenzo Sabatella. Vincitrice del Premio la Dott. ssa Elisabetta Molfese, 1a Menzione speciale al Dott. Savino Baldi, assente perché Capo equipe sanitaria sulla nave “Scirocco”, impegnata nel soccorso ai migranti che attraversano il Mediterraneo, 2a menzione speciale alla dott.ssa Pierangela Nocella di Moliterno. Il Dott. Renato Maffione nel suo intervento ha sostenuto che l’amore e l’ascolto sono gli elementi fondanti fra genitori e figli; in loro mancanza è più facile dare una manciata di euro ai propri figli che dar loro ascolto, soprattutto quando i figli,

Foto Michele Abbandonato

presi dal gruppo, si uniformano. Il Presidente Onorario della “Pro Loco Il Portale” Rocco Brancati, dopo aver constatato che il Premio è fra le dieci più importanti Rassegne che si svolgono in Basilicata, ha comunicato che per il prossimo Premio di Medicina (il 25°) verranno ricordati tutti i precedenti vincitori e le loro attuali sistemazioni. Nel suo intervento il Presidente della Giunta Regionale di Basilicata ha affermato che la nuova Amministrazione si muoverà per reperire sempre più possibilità di impiego per le migliori menti, utilizzando al meglio i proventi dal petrolio. Il supporto musicale alla Manifestazione è stato offerto da Giovanni Antonio Strangio al pianoforte e da Eliana Valentino mezzo soprano. vi.ma.

Arriva il personal shopper e stylist Sbarca in Basilicata il personal shopper e stylist. Fare moda vuol dire trasformare l’abbigliamento e lo stile in base ai mutamenti socio-culturali. Dopo uno studio sul piano d’azione, le analisi degli stili, dei colori, della figura, i principi dell’abbigliamento, le tecnite di stile, il camouflage, strumenti di promozione e contatti e l’analisi dei costi nasce una nuova figura di consulenza anche in Basilicata: il personal shopper. Ad inventarsi questo lavoro è Anna Elena Viggiano che da qualche mese, dal suo ufficio di Bernalda, si muove con disinvoltura tra termini come fashion consulting, fashion styling, gestione dell'immagine, personal branding, visual branding, consulenza al guardaroba, costruzione d'immagine. Anna Elena, 35 anni, è una consulente, un buyer, una guida, un vero e proprio “guru” dello shopping di ogni tipo sia per privati che per aziende. Il suo è un profilo professionale ancora non troppo diffuso in Italia, e quindi anche in Basilicata ma che nelle grandi città come Milano, Roma,

Torino o Firenze sta acquisendo un importante rilevanza proprio negli ultimi anni. I grandi nomi dell’alta moda hanno già inserito in tutti gli store la consulenza dei personal shopper come sostegno del cliente nell’acquisto. Per chi invece vuole può portarlo con se. Ed è questo il servizio che Anna Elena Viggiano offre alle sue clienti o ai suoi clienti (perché spesso anche gli uomini hanno bisogno di consulenza di immagine). “I campi d’azione del mio lavoro – affermasono la creazione di un nuovo stile o di un nuovo look, lo shopping tour, l’abbigliamento per occasioni speciali, la preparazione di ricevimenti, cene ed eventi aziendali, i viaggi (si arriva fino alla cura dei particolari della camera d’albergo), la consulenza di design, o l’acquisto di regali su commissione. Tra i requisiti indispensabili per lo svolgimento della professione c’è il controllo e la capacità di gestione dei budget di cui si è responsabili”. Il gusto e la capacità di spendere bene il denaro senza sprecarlo sono le caratteristiche principali del lavoro di Anna

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Elena. “Statisticamente –conclude- si tratta in maggioranza di donne, che scelgono un consulente per risultare costantemente alla moda e scegliere abiti ed accessori di classe. Ma la tendenza nel pubblico maschile è maggiormente rivolta verso lo shopping on demand. Buona anche la fetta di clienti aziendali che si rivolgono per la scelta della regalistica o più in generale per la consulenza di immagine”. gi.ma.


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N E W S

LE MASCHERE DI TRICARICO A TUFARA PER IL PRIMO INCONTRO DELLE MASCHERE ZOOMORFE D’ITALIA Lo scorso 16 febbraio una piccola rappresentativa delle Maschere di Tricarico ha sfilato a Tufara (Cb) al primo incontro delle maschere zoomorfe d’Italia, che ha portato nel piccolo borgo molisano più di 3000 spettatori. Hanno partecipato all’evento i Krampus (il Diavolo delle Alpi), i Mamutzones di Samugheo (Sardegna), gli Urthos e Buttudos di Fonni (Sardegna), la mandria carnevalesca di Tricarico, la Ballata dell'Uomo Orso di Jelsi (Molise), il Cervo di Castelnuovo al Volturno (Molise), i Liu.bo di Lucera (Puglia) e infine il Diavolo di Tufara e le maschere della tradizione (Giuria, Madre e Padre del Carnevale, u Pisciatur), tutti accomunati da simili riti carnevaleschi, nonché da forma e aspetto di animale. La giornata è stata caratterizzata dalla sfilata dei gruppi partecipanti, che, radunatisi in Piazza Garibaldi, hanno offerto i propri doni; si è conclusa con una grande cena allietata dai musicisti di Tufara e di Tricarico, come racconta Teresa Rella. Tale manifestazione si inserisce nel progetto avviato da decenni dalla “Pro Loco” di Tricarico, atto ad attivare una rete di collegamento con i Carnevali dell’Intera Italia; tale percorso si è consolidato nel 2009 con l’adesione della stessa alla Federazione Europea Città del Carnevale e la partecipazione nel 2010/11 al progetto

Cantieri Creativi, costituendo una Rete di Carnevali del Sud Italia, da cui nasce il Raduno delle Maschere Antropologiche, arrivato quest’anno alla III edizione, un evento unico nella nostra Regione. ma.te.

AL LICEO CLASSICO DI POTENZA MARIO TRUFELLI RACCONTA SCOTELLARO Il mondo dei contadini visto nelle sue ansie, amarezze e speranze. Portato alla ribalta da un uomo che ha legato a doppio filo la sua esistenza alla causa di coloro che non hanno niente. Il ricordo di Rocco Scotellaro, scrittore, amministratore, politico mai si è dissolto nella mente dei tricaricesi, tra cui il giornalista Mario Trufelli che ancora oggi sente vivo il legame con colui che sapeva parlare all’anima. Lo descrive, gli “ridà vita” attraverso i ricordi diretti che ha dell’uomo conosciuto purtroppo per poco tempo. Con lui la memoria di Rocco è riemersa il 21 febbraio scorso, al classico “Quinto Orazio Flacco” di Potenza, il liceo che sta celebrando i suoi 150 anni di vita e che gelosamente custodisce la pagella di Scotellaro, qui studente nell’anno scolastico 1939-40. Mario Trufelli nasce sei anni dopo Rocco, e benché le famiglie già si conoscessero, i due iniziano a frequentarsi quando Mario ha 16-17 anni. Li ha avvicinati il sentimento antimonarchico che, all’indomani della IIa Guerra Mondiale, alimentano con tenacia in un contesto che antimonarchico non è. Scotellaro del mondo contadino ha fatto la sua ragione di vita. Il loro dramma è in qualche modo anche il suo. Da loro – ha narrato Trufelli - si reca ogni sera, ne ascolta i problemi, a loro legge gli scritti di Pavese, Ignazio Silone, Piovene. I contadini iniziano ad amare quel giovane che li capisce e che veramente vuole fare qualcosa per loro. Rocco diviene sindaco a soli 23 anni. Ma l’affetto non è condiviso da tutti. In ambienti politici avversi serpeggia la congiura che lo porta all’arresto. Trufelli ricorda, e gli si stringe il cuore perché è presente, lo sgomento dei tricaricesi che attendono

con ansia notizie davanti alla caserma dei carabinieri dalla quale Rocco esce intorno alla mezzanotte ammanettato. Saluta la folla. Viene assolto dopo 45 giorni di carcere. In istruttoria cadono tutte le accuse, i giudici hanno capito e lo scrivono, che è stato vittima di una calunnia. Rocco torna a Tricarico tra la commozione dei concittadini festanti. Ma non è più lo stesso. La permanenza in carcere, resa tollerabile dall’amore per la scrittura (lì nasce “L’uva puttanella”) lo hanno provato nell’animo. Lascia l’incarico da sindaco, parte per Portici alla volta di casa Rossi Doria dove muore improvvisamente all’età di 30 anni. Il 17 dicembre 1953 il feretro arriva a Tricarico avvolto dalla nebbia e dalla folla. I contadini portano a spalla la bara dove è deposto Rocco con il suo montgomery comprato a Napoli. E’ lo stesso che indossa nella foto con l’asino che, stampata in 5.000 copie, campeggia in ogni casa di Tricarico. Levi e Rossi Doria, suoi amici conosciuti nel 1946, seguono la bara. Funerali laici per lui, uomo ateo e socialista. A dieci anni dalla sua morte Mario Trufelli, giornalista della Rai da due anni, riesce a realizzare un documentario con la troupe che arriva da Napoli. Cinque minuti dura il servizio che viene poi trasmesso nel tg1 delle 20:30 nel quale narra i luoghi di Rocco. Parla anche Francesca Armento la mamma, seduta davanti al camino. La morte di Scotellaro, ha concluso il giornalista, lascia tutti nella solitudine. “Siamo più soli” è la poesia che Mario Trufelli compone e dedica all’uomo dal volto pieno di lentiggini. “Il pelo rosso” come lo chiamavano, diventato un mito, noto anche all’estero. an.mo.

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Al don Bosco di Potenza “il Manicomio dei Saggi” porta in scena La Chiacchera Una serata all’insegna dell’ilarità, della riflessione e della solidarietà quella promossa dalla compagnia teatrale potentina “Il Manicomio dei Saggi” che il 1° marzo scorso al cineteatro don Bosco di Potenza ha portato in scena “La chiacchera”, commedia in tre atti scritta e diretta da Mario Danza. E’ la storia di una piccola comunità come tante, alle prese con i difetti di persone alle quali piace chiacchierare un po’ troppo sui fatti della gente ricamando storie che di fondamento hanno ben poco. E’ quello che fanno Angelo ed Emilia, uno barbiere l’altra sarta, ai danni di inconsapevoli persone alle quali cercano di minare la reputazione con la loro esuberante vena critica. Questo davanti ad altri paesani tra i quali c’è chi manifesta curiosità verso queste voci, chi indifferenza, chi addirittura fastidio nei confronti di coloro che le mettono in giro. L’insistenza dei detrattori, ad ogni modo, persevera e non si ferma mai nemmeno davanti al destino che infaustamente colpisce i due ed altri personaggi della storia seppur con esiti differenti. La commedia, portata in scena per la prima volta nel 1980, vuole narrare uno spaccato di vita non lontano dalla realtà e intende far riflettere sull’importanza della parola che, detta a sproposito, può causare danni, e sull’importanza del rispetto reciproco, elemento indispensabile del vivere civile e armonico. Viene riproposta con alcuni adattamenti all’attualità dei tempi e con una simpatica compagnia composta da attori non professionisti legati tra loro da amicizia vera e dal profondo amore per il teatro. Sono Pietro Ramaglia, Pasquale Brancati, Amelio Taddeo, Aniello Maggio, Antonio

Canosa, Teresa Agatiello, Lina Gallucci, Vanessa Vaccaro. Assistenti alla regia Vittoria Durante e Antonella Nicastro. Il regista Danza, avvocato di professione e poeta per passione, originario di Tramutola ma residente a Potenza, ha già scritto e diretto altre rappresentazioni come “Le tre grazie”, “Il fidanzamento”, “La terra”, “La notte del diavolo” “Francesco, araldo della pace”. La serata ha avuto un fine benefico. L’incasso infatti è stato devoluto alla Fondazione ANT onlus di Potenza. an.mo.





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C O R S I V O

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Il Bruscolino nell’occhio Angelomauro CALZA

alve gente. Gli eventi precipitano di ora in ora, ho un po’ di difficoltà ad individuare una notizia da commentare… perché sono troppe!!! Nell’ultimo mese sono successe tante di quelle cose che davvero mi sembra di essere un naufrago, anche se il naufragar di certo non mi è dolce, soprattutto perché non so di cosa sia fatto questo mare… quindi non andate con la mente all’immagine stereotipata dell’uomo con barba e capelli lunghi e pantaloni stracciati, a torso nudo, su una zattera in mezzo all’azzurro del mare. No: mi sembra di essere un naufrago che sta a galla in una cloaca rappresentata da quella stampa spazzatura che da un po’ di tempo, troppo ormai, sta facendo coppia con quella che già da tempo era una tv spazzatura. E per cloaca e spazzatura intendo in primis tutti gli spettegolezzi sul politico di turno che hanno soppiantato quelli che investivano il politico del turno precedente; quelli su Arisa che secondo l’invidioso Red Ronnie avrebbe copiato la canzone che ha sbancato a Sanremo, e, sempre su Arisa, le foto che la ritraggono smutandata mentre scende da un’auto: eccheè? Mo’ non si è liberi di niente che già c’è uno pronto a spaparazzarti magari pure mentre tu, maschietto, preso da un bisogno impellente, magari ti fermi su una piazzola in autostrada per fare una pipì: non sia mai! Ecco che passa uno, rallenta, ti fotografa con lo smartphone e ti ritrovi ritratto col

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pistolino in mano su Twitter prima ancora di risalire in macchina! E se poco poco sei conosciuto in men che non si dica non si parla d’altro che della tua minzione fuori ordinanza! …SPAZZATURA! Spazzatura la tv che trasforma dolorosi fatti di cronaca in processi-spettacolo da prima serata che aiutano solo a far soldi qualche criminologo e un paio di ex uomini di legge, oltre che gli sponsor che interrompono la descrizione di un delitto una volta per farti vedere un assorbente da donna che vola, un’altra pasta che non scuoce, un’altra ancora per proporti un’assicurazione sulla vita! Tra ricostruzioni di udienze, rinvii, perizie, controperizie, plastici, scene del crimine riproposte al computer, ingaggi di attori che recitano le varie parti, un assorbente con le ali e un piatto di pasta, dopo tre ore, a notte ormai fonda… il giallo rimane irrisolto anche dopo perizie e superperizie che non mettono d’accordo nessuno, manco i professoroni incaricati dei rilievi sul cadavere dalla produzione del programma. Ma dico io, alla fine, siamo certi che giudici e giurati che di sicuro hanno

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visto il programma in tivvù, siano rimasti scevri da condizionamenti di sorta ed abbiano comunque un’idea chiara per poter esprimere un verdetto in tutta serenità, la coscienza a posto e la certezza di non aver fatto imprigionare un innocente, prima ancora che quella di non aver lasciato libero un colpevole? Niente da fare. E’ la spettacolarizzazione dei drammi personali, familiari, in una società che ormai da tempo sembra richiedere solo queste cose. Ma niente paura, gente. Basta poco per distogliere l’attenzione: basta un altro delitto strano irrisolto per far sì che possiamo buttarci a capofitto in un nuovo mistero, a parteggiare per l’avvocato dell’accusa o quello della difesa. Dopo Cogne, Via Poma, Garlasco, Perugia, Avetrana, Erba, Brembate…. A chi toccherà ora? Io spero a nessuno, anche a costo di morire tutti di noia per i prossimi 30 anni, senza perdere la speranza che la morbosità nutrita dalla legge degli sponsor diventi più discreta, lasciando chi vive un dramma libero – almeno quello – di soffrire senza clamore.


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R E P O R T A G E

San Carlo, al via “Vicini alla nasc Tante le iniziative in favore l San Carlo di Potenza, nell’ambito del Dipartimento della Donna e del Bambino, parte il progetto “Vicini dalla nascita”. “Si tratta –spiega il direttore generale Giampiero Maruggi - di una serie di iniziative orientate a migliorare e valorizzare l’assistenza ospedaliera alla donnamamma, estesa dalla fase preconcezionale, fino al periodo postnatale. Accanto alle iniziative clinico-assistenziali, saranno attivate tante altre procedure adatte a facilitare l’accesso delle donne all’Ospedale (parcheggio rosa riservato, riduzione dei tempi d’attesa per esami ed accertamenti, corsie preferenziali per l’assolvimento di procedure burocratiche, attivazione di call center e punto d’ascolto e una casella di posta elettronica: vicinidallanascita@ospedalesancarlo.it ). E’ poi previsto un kit omaggio con prodotti per la mamma e il neonato, che sarà consegnato a ogni partoriente. Una fidelity card assicurerà sconti e promozioni in numerosi negozi aderenti al progetto oltre a consentire durante la gravidanza e i tre mesi dopo il parto il trasporto gratuito sui mezzi pubblici a Potenza”. “Sarà inoltre attivato – conclude Maruggi nel portale aziendale un sito web contenente tutte le informazioni di carattere clinico assistenziale e tutte le altre notizie utili per vivere in piena serenità l’evento nascita. Un’agevole app per lo smarthphone consentirà poi di tenere sempre a portata di mano tutto quanto disponibile. Dopo la nascita, sarà dedicato ad ogni bimbo venuto al mondo al San Carlo, un libro che, andrà ad arricchire la Biblioteca della Pediatria e che riporterà impresso per sempre il nome del nuovo nato. Il tutto a costo zero per l’Azienda: tutte queste iniziative promozionali e divulgative saranno finanziate con le disponibilità assicurate da sponsor privati”. Il progetto è il naturale proseguimento e sviluppo dell’adesione del San Carlo al progetto dell’Unicef per un’ospedale a misura

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di bambino che ha al suo centro la pratica dell’allattamento materno e che ha visto la firma, nello scorso mese di dicembre, di un protocollo tra l’azienda ospedaliera e l’organizzazione internazionale. Già da anni il Dipartimento materno infantile del San Carlo, diretto da Sergio Schettini, ha adottato la tecnica del “rooming in”. Si comincia subito dopo il parto con un contatto immediato mamma-bambino (Skin to Skin – pelle a pelle) successivamente si passa, appunto, al Rooming-in, particolare forma di degenza che permette alla donna di tenere nella propria stanza di ospedale il bimbo appena nato giorno e notte senza limiti di orario, fino alla dimissione. Numerosi studi hanno dimostrato che l’instaurarsi di un legame profondo tra la mamma e il suo bambino è favorito dal contatto prolungato nel periodo subito dopo la nascita. Le mamme riescono a stare a stretto contatto con il loro piccolo e a capirne immediatamente le necessità aumentando così la fiducia in se stesse ed eliminando sin da subito diverse paure. Un altro aspetto fondamentale di questa pratica è quello dell’allattamento al seno, che risulta estremamente favorito dal rooming-in. La madre infatti può allattare il piccolo ogni qualvolta lo richiede facilitando così la montata lattea ed aiutando se stessa ed il bambino ad una più facile suzione. L’allattamento consigliato è quello a richiesta che segue i ritmi e i bisogni del bambino. Le poppate al giorno nei primi mesi di vita possono essere dalle 6 alle 12 con intervalli da 1 ora e mezza a 3-4 ore; se il bambino ha molta sete o è in uno degli scatti di crescita, in cui stimola il seno per aumentare la produzione del latte, l’intervallo può anche essere molto breve. Il numero delle poppate, e quindi anche quello dell’intervallo, dipende da come il bambino mangia. Tutti i bambini sono diversi! Due bambini di tre mesi allattati al seno potranno avere dei


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il progetto

ita”

delle mamme

ritmi diversi ed essere pienamente soddisfatti. Il ritmo delle poppate può essere diverso nei diversi momenti della giornata, alcuni possono poppare più di notte e meno di giorno o viceversa, questo appunto perché il bambino segue i propri bisogni e in una poppata può mangiare di più e la sua pausa durerà più a lungo e se mangia meno la poppata successiva arriverà prima. Una cosa da ricordarsi sempre è che il bambino sa perfettamente quanto deve mangiare.

Per allargare i benefici del latte naturale anche ai neonati le cui madri hanno problemi di “produzione” nei prossimi mesi sarà attivata una “banca del latte” che si avvarrà delle donazioni delle neo-mamme che ne hanno invece in abbondanza. Sarà così possibile assicurare a una più ampia platea di neonati gli evidenti benefici sul piano nutrizionale, dell’apporto ormonale e della protezione immunitaria. La cultura della maternità sta cambiando. Si sta polarizzando su due fronti apparente-

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I PUNTI D’ECCELLENZA DEL PARTO SENZA DOLORE Sono numerosi i punti dell’eccellenza nel parto senza dolore al San Carlo: • Analgesia epidurale offerta 24 ore su 24 gratuitamente (in convenzione con il SSN) • Presenza di una guardia H24 dedicata interamente all’analgesia ostetrica • Presenza ed uso routinario documentato di percorsi di informazione, preparazione al parto, visita anestesiologica e consenso informato pre-parto • Presenza del controllo di qualità postpartum al di fuori della struttura da parte di terzi • Somministrazione della tecnica al massimo 30 minuti dalla richiesta della partoriente • Somministrazione dell’epidurale indipendentemente dalla dilatazione cervicale • Somministrazione senza interruzioni per tutto il travaglio ed il parto • Presenza di protocolli scritti dal servizio di anestesia e certificati dalla direzione sanitaria che garantiscano l’uniformità e lo standard dell’analgesia erogata alle partorienti.

mente opposti: da una parte l’umanizzazione, il lento riemergere del parto naturale, la voglia delle donne di vivere l’esperienza del parto e il legame con il figlio; dall’altra la richiesta di sicurezza tecnologica, il rifiuto del partorire, la richiesta di analgesia, di chirurgia per avere il figlio saltando il passaggio del partorire. Dalle ricerche scientifiche sul tema emerge che le donne oggi chiedono di partecipare di più: al parto, all’esperienza, alle terapie, alle decisioni terapeutiche, alla scelta sul


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R E P O R TA G E

LA FIDELITY CARD Nell’ambito delle iniziative a sostegno del percorso mamma-bambino “Vicini alla nascita” è previsto il rilascio di una tessera nominativa, completamente gratuita, che darà diritto a sconti e promozioni sugli acquisti effettuati presso tutte le attività commerciali aderenti, la Fidelity Card. E’ stato anche pubblicato un bando, disponibile sul sito dell’Azienda ospedaliera, e rivolto agli operatori commerciali interessati all’iniziativa che definisce le modalità di adesione. Il San carlo, valutata la proposta, notificherà l’accettazione agli interessati che saranno tenuti ad esporre l’apposito adesivo riportante il logo dell’Ao0r San Carlo, con una vetrofania ben visibile ai clienti, ad applicare la scoutistica prevista dietro l’esibizione della Fidelity Card.

come e dove. La donna vuole essere più attiva. Una preparazione attiva e attivante permette di entrare in contatto con i bisogni e, spesso, di raggiungere il traguardo attraverso i bisogni secondari e quelli primari. Si deve impostare la preparazione alla nascita in base ai bisogni delle donne. Questo cambiamento richiede una reimpostazione degli obiettivi, strumenti e metodologie. Questo progetto può offrire una base e uno stimolo per riconoscere, nell’educazione alla nascita, un importante obiettivo per la professionalizzazione degli operatori, per la promozione della salute e per la prevenzione delle patologie ostetriche. I corsi di educazione alla nascita, rappresentano un servizio di prevenzione primaria per la gravidanza, il parto e il dopo parto. Se la donna ha la possibilità di acquisire consapevolezza e capacità di ascolto è in grado di capire e gestire la sua salute e può, quindi, capire quando chiedere aiuto nell’imprevisto. Assorbe ed acquisisce informazioni. Non si tratta d’insegnare alla donna cosa fare o non fare, ma di darle consapevolezza e gli strumenti per capire come si sente, cosa succede, di aiutarla a ridurre lo stress, a capire cosa vuole da questa esperienza, a gestirsi in modo libero e spontaneo durante il travaglio, a scegliere dove e con chi vuole partorire, a ridurre il disagio nel dopo, a riconoscere la realtà e le aspettative della vita col bambino. E’ previsto perciò l’arricchimento dei corsi pre-parto e post-parto, già attivi in ospedale e che saranno resi gratuiti. Le attività, arricchite dal contributo di nutrizionisti dell’Unibas, si svolgeranno in palestra. L’obiettivo è quello di rompere l’isolamento

sociale, l’elaborazione dell’esperienza della nascita, la chiusura di un percorso, la condivisione e il sostegno reciproco, il facilitare la relazione madre-bambino-padre, la promozione dell’allattamento e della salute madre/bambino. Entrambi i corsi, offerti a donne e/o coppie in numero di 10/14 prevedono due moduli di 15 incontri: -- Il pre-parto con partecipazione dalla 15/20^ settimana di gravidanza, la cui frequenza è di un incontro a settimana della durata di tre ore; -- Il dopo parto con partecipazione dal quarantesimo giorno dal parto, la cui frequenza è di un incontro a settimana della durata di due ore. Gli incontri sono articolati tra fase di accoglienza, tema del giorno e lavoro sul corpo. L’intero corso è condotto da due ostetriche che offrono continuità tra gravidanza ed esogestazione integrando alcuni interventi di altri professionisti (es. infermiere, specialista medico, nutrizionista) con obiettivi e contenuti comuni. La conduzione è attiva e la presenza è sempre di due operatori. Sede del corso la palestra dell’Azienda ospedaliera “San Carlo” di Potenza, piano terra, ingresso corsi universitari: è un ambiente accogliente, non esposto a rumori, riservato con pavimentazione calda e riscaldamento. Materiali: televisore, lettore CD, materassini, coperte termiche, cuscini ed altri sussidi didattici adeguati a supporto del corso. “L’analgesia in travaglio di parto – spiega il dottor Giuseppe Petrecca, responsabile dell’equipe anestesiologica dedicata - ha lo scopo di ottenere la riduzione del dolore presente durante il travaglio. Tra i diversi metodi, i più validi sono rappresentati dal-

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l’analgesia peridurale e spino-peridurale, che consiste nell’introduzione di anestetici a livello lombare, subito al di fuori della membrana, detta dura madre, che avvolge il midollo spinale”. La donna che richiede l’analgesia peridurale è visitata dall’anestesista in ambulatorio dopo la 32° settimana di gravidanza. L’anestesista compila la cartella su cui riporta la storia clinica, le condizioni di salute attuali e gli esami eseguiti entro un mese dalla data della visita. Al momento del parto, in assoluta assenza di controindicazioni, l’anestesista procederà all’analgesia peridurale per il travaglio di parto. In sala parto, per tutto il corso dell’analgesia peridurale, l’anestesista controlla il dolore, la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca materna, mentre l’ostetrica e il ginecologo si occupano dell’andamento complessivo del travaglio e del benessere fetale. La riduzione del dolore - a seguito dell’introduzione dei farmaci analgesici - si completa nell’arco di 20 minuti e perdura per un tempo variabile. Somministrazioni successive di farmaci analgesici per via peridurale accompagnano le diverse fasi del travaglio. Importanti lavori di ristrutturazione sono stati completati in questi giorni per rinnovare la struttura della terapia intensiva neonatale mentre stanno per prendere il via i lavori di risistemazione del gruppo operatorio per le nascite (le cosiddette sale parto). E’ un cantiere continuo il San Carlo, anche sul fronte dell’adozione di nuovi e più avanzati modelli organizzativi. E così per le donne che hanno bisogno di più prestazioni diagnostiche correlate sarà adottata la procedura del day service, concentrando in un unico giorno esami e visita.



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R E P O R T A G E

NOTE A MARGINE

CONVERSAZIONE CON L’AS

MICHELE OTTA Margherita E. TORRIO

l Lucano magazine vuole conoscere e seguire il lavoro degli assessori della Giunta che si appresta ad affrontare con i suoi interventi, e con l’attenzione dei partiti, i problemi della regione. Il secondo di questi incontri è con il neo assessore alle politiche agricole e forestali della Regione Basilicata.

I

La Basilicata, il cui destino sembra, ancora, quello dell’emigrazione, si spopola. Come affrontare il problema? Prima per la povertà, oggi malgrado il processo di industrializzazione, nei paesi molte case sono vuote. L’abbandono, oggi, è causato dalla impreparazione della classe dirigente. Le zone povere della Spagna o del Portogallo hanno saputo risorgere e svilupparsi, utilizzando al meglio i Fondi Europei, viceversa da noi i soldi, non investiti, devono essere restituiti o vengono spesi male. E’ come se ci fosse una cultura ghettizzata della classe dirigente, chiusa nel mondo lucano, non aperta a vedere ciò che succede in Italia e fuori. La Basilicata con l’agricoltura e i suoi paesaggi avrebbe potuto avere una strategia incentivando il turismo, attirando innanzitutto gli italiani nel mondo che avrebbero potuto essere soggetti attivi di sviluppo e che, invece, vanno in altri paesi. Cosa è mancato? E’ mancata in vari settori una politica che promuovesse attrazione turistica. In Svizzera hanno saputo investire sul territorio. Noi siamo solo 600 mila lucani; è incredibile che non siamo stati capaci di dare

lavoro a 200/250 mila persone. Negli incontri con le organizzazioni agricole, da quello all’Università ad altri nei territori, si avverte che le organizzazioni professionali agricole non hanno saputo informare sui Fondi e come utilizzarli. C’è una mancanza a livello di informazione anche per ignoranza dell’inglese. Intanto bisogna sapere che tutte le decisioni sono prese a Bruxelles e non possono essere erogati fondi a rivoli per progetti inefficaci; c’è una massa enorme di informazioni dall’Europa che non vengono veicolate. Anche per la distribuzione dei Fondi strutturali il clientelismo ha avuto un ruolo negativo. La politica avrebbe dovuto salvaguardare gli interessi generali, non si possono sovvenzionare i singoli per un voto.

Quanti giovani nell’agricoltura? Ci sono, nei caseifici, nei pastifici a Matera, nella zootecnia. Però, non ci sono strutture che commercializzino, non si conoscono usi dei paesi dove si intende operare, non ci sono studi di mercato. Infine non si conoscono le lingue. Sogno qui un Istituto linguistico, con docenti esperti e madre-lingua, che faccia confluire i giovani da tutto il sud. Manca, inoltre, il management, il livello organizzativo. Ho fatto formazione nel Dipartimento in metodologie e tecniche diverse per mettere gli amministratori a livello internazionale. Quando si innesca un meccanismo simile allora la mentalità cambia. Avremo outing interno per verificare se le mansioni vengono rispettate. Impiegati e funzionari devono rispondere alle richieste dei cittadini entro dieci giorni; ciascuno deve fare ciò per cui è stato assunto; ci sarà un mansionario; un servizio di controllo interno del lavoro svolto; un controllo di chi entra e del motivo per cui entra. Ci sarà una traccia di chi abbiamo ricevuto e tutti saranno trattati nello stesso modo indipendentemente dal colore politico o altro. L’amministrazione, inoltre, deve funzionare anche se viene meno il politico. Veniamo alla condizione di abbandono in cui versano i terreni, anche a causa degli incentivi europei ai terreni non in

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uso e le facili promesse di guadagno per istallazioni di pale eoliche e fotovoltaico. I pannelli solari in questi territori mi hanno scioccato. Mettiamoli dove non danno fastidio al paesaggio e all’agricoltura. Alla base il fatto che non si è voluto considerare l’agricoltura come prima attività economica. Si è pensato che l’industria la dovesse soppiantare. Invece la Basilicata è destinata ad


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SESSORE

TI

gli agricoltori non sono capaci di associarsi. Buon ascolto da Ortofrutta del meta pontino. E’ inutile disperdere soldi senza un progetto ed una strategia di produzione. Come conciliare le direttive europee sulla produzione con le vocazioni del territorio? Il controllo Europa è vero per alcuni prodotti, cereali e latte, per evitare spese dell’ammasso pubblico e abbassamento dei prezzi. Non abbiamo più niente nell’ammasso pubblico e privato né siamo grandi produttori di latte e cereali. I soldi devono andare a ristrutturare impianti, commercializzare, promuovere; a sostenere i progressi, enormi, nel vino; dal 2015 potremo investire nei vigneti per fare più vino. A maggio, alla Fiera della Basilicata a Tito, verranno presentate nuove strategie per la promozione dei prodotti lucani. Dobbiamo concentrare l’attenzione su paesi certi, puntare sugli italiani all’estero che devono rappresentare la tela su cui costruire.

agricoltura e turismo, per una clientela con alti mezzi finanziari che va, oggi, in Costarica. Bisogna smontare i pannelli fotovoltaici e coprire la nostra terra di frutteti, come di piante di fichi, oggi spariti, ma richiesti, ad esempio dalla ZUEG. Altro problema è lo spezzettamento delle terre e il rifiuto di associarsi. Bisogna pensare ad una legislazione che costringa a mettersi insieme. Perdiamo otto milioni e mezzo perché

Però chi vuole fare agricoltura non sa da dove cominciare. Uno dei più grossi problemi denunciati è la mancanza di credito economico. Le attuali strutture aziendali sono già indebitate cosa che impedisce di fare utili profittevoli a fronte degli investimenti fatti. E’ una denuncia di Confagricoltura ma non solo. Dicono che quindi non sono competitivi. Sui crediti hanno ragione. Bisogna portare avanti l’idea del Fondo di garanzia. L’ISMEA assicura l’80% alle banche ma le banche non erogano perché dicono di non avere soldi. La prospettiva possibile è che più banche siano insieme per una Banca “etica” che possa prestare a più agricoltori che si devono mettere insieme prima, come dire a fronte di più fascicoli. Cosa mi può dire sui Consorzi di bonifica? Vorrei parlare con coloro che li hanno gestiti sino ad adesso per avere suggerimenti, dopo che li hanno gestiti male, per una nuova prospettiva. Avere suggerimenti su

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cosa fare per superare gli errori commessi, per anni. Oggi c’è bisogno di gente competente e management per gestire in modo efficiente, al di là della spartizione politica. Bisogna ristrutturare consorzi di bonifica, ammodernare impianti che hanno almeno trenta anni, fare i conti con territori mal custoditi, con la conseguenza di frane, che bisogna recuperare. Non è un gioco, la Regione con il patto di stabilità non ha più soldi, bisogna che l’attività che svolgono i consorzi sia garantita anch’essa da un management. La riforma complessiva nel settore agricolo? Innanzitutto la formazione, tutto l’anno, per l’Amministrazione. Poi, entro il 30 luglio, bisogna definire il documento per intervenire entro i prossimi sette anni. Sarà il fiore all’occhiello, su modello europeo, che non dovrà fare aspettare per i prossimi otto anni ma partirà da subito, nell’anno in cui l’Unione Europea ci finanzia, quindi dal 1° gennaio 2015. Consulteremo il mondo agricolo prima e non dopo la pubblicazione dei bandi. Riceveremo i progetti e bisognerà pagare al massimo due mesi dopo. Punti di forza: capire, a proposito dei bandi, come rispondere in modo adeguato secondo regolamenti previsti; risolvere il problema dei consorzi, dell’ALSIA, che deve inserirsi nella progettazione, o dell’ARBEA; dialogare sulla base dei regolamenti europei, non c’è soluzione lucana ma europea. Dobbiamo dare speranza di futuro ai giovani. Puntare, inoltre, sui GAL gruppi di azione locale, una creatura europea, citati testualmente con un solo obiettivo, creare lavoro nei paesi perché i giovani non vadano via, facendo servizi, artigianato, cultura, manutenzione oltre che agricoltura. Ci sono 25 milioni da spendere in sette anni per progetti che creino lavoro. Con la condizionalità ex-ante si analizzeranno le proposte di progetti e iniziative in modo razionale, economico finanziario ( questo significa di conseguenza anche lavoro per chi è nel marketing etc.) con dichiarazione di opzioni e del perché hanno scelto questa opzione e non un’altra, per avere diritto al cofinanziamento.


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R E P O R T A G E

Il Campus universitario può attendere... Dell’edificio che ospitava il vecchio ospedale materano è rimasto solo lo scheletro Giovanni MARTEMUCCI

iù che un cantiere, lo spazio in via Castello per la realizzazione del Campus Universitario di Matera sembra uno scenario di guerra. I lavori sono fermi da tempo e nel cantiere solo macerie accumulate dopo le demolizioni. L’edificio del vecchio ospedale, progettato dall’architetto Ettore Stella, che ha anche un valore storico in quanto è stata la prima struttura in cemento armato della città, sembra essere stato sventrato dai bombardamenti. E’ rimasta solo la struttura, lo scheletro. La vicenda è ormai diventata incomprensibile e insopportabile. I lavori per la ristrutturazione del padiglione Plasmati erano stati consegnati l’11 gen-

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naio 2011. Per il padiglione Plasmati, l’ala più vecchia dell’ospedale, l’opera appaltata è di 18 milioni di euro con un ribasso del 36%. Era previsto che entro il 13 aprile 2013 i lavori fossero completati. Anche per la casa dello studente (Padiglione Stella) i lavori dovevano essere a buon punto. Ad oggi, i lavori per il padiglione Plasmati sono fermi, come quelli per la casa dello studente. Una situazione gravissima e offensiva nei confronti della città, della sua intera provincia e di tutti gli studenti che sono costretti a situazioni di precarietà nel loro impegno di studio. Non si comprende come mai, su questa ormai decennale e scandalosa vicenda, vi siano


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sempre silenzi e non si sappia chiaramente quale è lo stato della situazione. Chi sono i responsabili di questi continui ritardi? Perché ciò avviene? Il neo assessore regionale Aldo Berlinguer dovrebbe interessarsi per capire come stanno le cose. Dovrebbe seguire le pratiche, sollecitarle e portarle a compimento, controllare e chiedere conto ai vari responsabili dei procedimenti sullo stato degli interventi. L’assessore regionale alla Cultura e alla formazione Raffaele Liberali dovrebbe anche lui interessarsi al problema del Campus materano perchè l’Università centra con lo sviluppo culturale del territorio.

Infine, come mai, il rettore dell’Università di Basilicata tace su tutta la vicenda? Dal Dirigente dell’Ufficio provveditorato alle opere pubbliche, è possibile sapere a che punto è la pratica? Ai consiglieri regionali dell’opposizione la soluzione del problema Campus non interessa? Infine, il nostro sindaco Adduce, che ha profuso così tante e veementi energie sulla cultura, è in grado di profondere le stesse energie per la realizzazione del Campus Universitario di Matera? Un’opera sicuramente più importante per tutta la comunità sotto l’aspetto culturale, sociale ed economico e che interessa i giovani e le loro famiglie. La carenza di spazi idonei

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per la didattica, per i laboratori, per la ricerca e per servizi logistici destinati agli studenti sono diretta conseguenza della mancata realizzazione del Campus Universitario, tutto questo crea incertezze e disaffezioni sia tra gli studenti che tra i docenti e rabbia nella città; non è tollerabile che gli interventi che già si sono dilungati per lunghissimo tempo subiscano ulteriori ritardi. E’ necessario che venga definito un crono programma che stabilisca tempi certi di realizzazione, non oltre due anni, un tempo congruo per realizzare l’intera opera, altrimenti il Campus Universitario non arriverà mai, come la ferrovia dello stato.


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E P I S T E M E

LA PAREMIO COME FILOS Leonardo CLAPS

a paremiologia è la raccolta, la classificazione e lo studio dei proverbi. Su questa disciplina si possono trovare alcune buone raccolte sia in italiano sia in altre lingue. Infatti ogni popolo ha il suo proprio repertorio di proverbi, più o meno esteso. Ad esempio, una raccolta sui proverbi lucani ne considera circa 6.000. Un'altra sui proverbi italiani ne elenca 30.000. Comunque, la paremiologia non può essere intesa solo come semplice registrazione e spiegazione dei proverbi. Infatti, dato che i proverbi sono una specie di concentrato di saggezza è plausibile pensare che essa nasconde o sottende una filosofia, o meglio una possibile lettura filosofica di quella saggezza. Cosa vuol dire questo? Semplicemente vuol dire che nei proverbi è possibile rintracciare, se ben letti ed interpretati, concezioni essenziali sulla vita, sull'uomo, sul mondo. Per capire bene questo possibile uso filosofico della paremiologia facciamo qualche esempio tratto dai proverbi della nostra terra. Lu hust' r' lu ciucci jè lu cardon' (il

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gusto dell'asino è il cardone). Proverbio all'apparenza molto semplice. Vuol dire con poche parole che la condizione esistenziale di un dato essere ne condiziona le scelte e le preferenze. Dato che qui si parla dell'asino (e va notato che in molti proverbi ricorre la figura dell'asino) è naturale conseguenza che quest'animale, a causa della sua costituzione e del suo “intelletto”, preferisce erba non proprio raffinata. Quindi, dalla costituzione si capiscono le preferenze. In senso esteso, un uomo rozzo, con scarsissima cultura, con pochi sentimenti riconoscibili e privo di intelligenza profonda sarà portato a scegliere e preferire cose di scarso valore, come la sua condizione psico-fisica implica. Invece, un uomo ben istruito, che ha sempre avuto cura della sua persona, dei suoi sentimenti, della sua mente sceglierà cose di valore corrispondente alla sua statura morale. Il filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte scrisse: La scelta di una filosofia dipende da quel che si è come uomo, perché un sistema filosofico non è un inerte suppellettile, che si possa pren-

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dere o lasciare a piacere, ma è animato dallo spirito dell'uomo che l'ha. Un carattere fiacco di natura o infiacchito e piegato dalle frivolezze, dal lusso raffinato e dalla servitù spirituale, non potrà mai elevarsi all'idealismo. Passiamo ad un altro proverbio: Chi semn' spin' nun hadd' scì scauz' (chi semina spine non deve andare scalzo). Anche questo sembra molto semplice da capire: seminare spine vuol dire spargere maldicenze, cattiverie, ostilità. Ma se una persona fa questo dovrebbe poi stare attenta alle logiche conseguenze di ciò che ha seminato. Seminare qui significa mettere semi, cioè creare potenzialità, anche se queste potenzialità non hanno nulla di positivo. Quale filosofia è possibile tirare fuori da questo proverbio? Se uno vuol seminare spine lo può fare come e quando vuole ma deve stare attento a quello che seguirà. È come se ogni nostra azione abbia la sua logica ripercussione. Nella stessa vena: fa ben' e scord', fa mal' e penz' (fai bene e dimentica, fai male e pensa). Cioè: se fai del bene puoi stare


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LOGIA OFIA tranquillo perché hai fatto qualcosa che ha valore e non devi temerne le conseguenze, ma se fai del male allora ci devi pensare, perché le conseguenze saranno tutt'altro che trascurabili. In questi proverbi ed in molti altri simili si può rintracciare una filosofia di vita. Qual è? Sembra che nella vita ci siano delle “regolarità”, sembra che la nostra esistenza su questo mondo sia regolata da certe “leggi”. Ma dire questo significa dire che per vivere su questo mondo è necessario non solo conoscere queste “regolarità” ma anche e soprattutto tenerle in debito conto, rispettarle, poiché da questo rispetto deriva la vita buona, la giusta vita. In fondo la filosofia ricerca proprio questo: le strutture profonde dell'esistenza, le leggi ad essa sottese. Allora, se l'esistenza implica qualche tipo di regolarità risulta evidente che l'osservanza di esse sarà garanzia di un'esistenza autentica. In caso contrario ci saranno problemi, difficoltà, guai. Ma se il concetto di vita implica il concetto di “legge” allora vivere significa innanzitutto osservanza, rispetto, adesio-

ne delle “leggi” proprie della vita. In questo senso la vita su questa terra non è e non può essere presa alla leggera, secondo capricci astratti, secondo egoismi idioti. Dunque, la lettura filosofica dei proverbi ci pone davanti un serio problema: la vita non è caos ma contiene in sé canoni che devono essere rispettati. La non osservanza di questi canoni intrinseci comporta la non osservanza della vita, la non osservanza della vita comporta la non-vita. In questo senso la non-vita è apparenza, ipocrisia, illusoria speranza di sostanza. La semplice considerazione della paremiologia potrebbe essere ingannevole, se la si considera solo come pura curiosità, come uno dei tanti prodotti della cultura dei popoli. Invece, una lettura filosofica di essa ci conduce a riflettere seriamente sulle grandi questioni di fondo dell'esistenza. E i proverbi, in questo senso, ci offrono spunti iniziali a partire dai quali è possibile dilatare i nostri orizzonti cognitivi. Certamente i proverbi sono solo spunti, indizi. Non si può pretendere da essi chissà quale visione complessiva della vita, ma

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proprio perché solo spunti essi detengono un potenziale cognitivo a volte insospettabile. Ed è in questo potenziale cognitivo che aspetta di essere, come dire, esplorato che risiede la loro importanza culturale, antropologica. La loro vera utilità consiste nella loro capacità di attivare meditazioni estensive, nella loro capacità di stimolare la riflessione, la ponderazione, l'esplorazione di temi tipici dell'esistenza e del mondo. In questo senso particolare si può e si deve incoraggiare la lettura dei proverbi. Dovrebbero essere conosciuti di più, anche se solo come curiosità iniziale. In fondo rappresentano un patrimonio culturale inestimabile e come tale dovrebbero essere riscoperti. Anzi, prima ancora di parlare di lettura filosofica della paremiologia bisogna invitare alla scoperta delle raccolte locali e nazionali. Di sicuro ognuno troverà gli indizi che più gli possono servire. I proverbi possono essere utili anche oggi, ancor di più oggi in questo mondo distratto, caotico, superficiale.


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Vince, cantando

Controvento

Ad Arisa la 64 edizione di Sanremo Giovanni GALLO

e l'ha fatta. Dopo quattro apparizioni sul palco dell'Ariston, Arisa sbaraglia la concorrenza e si aggiudica la 64esima edizione del Festival di Sanremo. Un trionfo meritato quello della cantante lucana, che con la sua “Controvento” ha battuto nella serata conclusiva i concorrenti Raphael Gualazzi e Renzo Rubino, in lizza fino all'ultimo. Meritato il suo successo, frutto di un grande lavoro, di un continuo migliorarsi e di un'attenzione meticolosa ai particolari. Il suo percorso artistico testimonia che la cantante di Pignola è l'idealtipo di cantante sanremese. Non si spiegherebbero altrimenti i consensi ottenuti nel corso degli anni nella città dei fiori. Vittoria con “Sincerità” nelle nuove proposte nel 2009, con annesso premio della critica, poi è la volta di “Ma l’Amore No” nel 2010, pezzo orecchiabile molto gettonato dalle radio, quindi arriva il secondo posto nel 2012 con “La notte”. Il resto è storia recente. Noi lucani conosciamo bene la storia di Arisa. L'abbiamo amata subito quando, un po' impacciata, occhialuta, forse anche goffa, silenziosa come la sua, la nostra terra, si è presentata sul palco più importante d'Italia diventando l'idolo della sua gente. Da allora tutti a fare il tifo per lei, che scriva un libro (Il paradiso non è un granché, Mondadori) che faccia il giudice per talent show musicali (X-Factor), che doppi un personaggio di un film d'animazione (Cattivissmo me 2) o che semplicemente faccia quello per cui è nata: canta-

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Sanremo mi ha sempre dato la possibilità di esprimere la mia personalità e farmi scegliere dalla gente. È il palcoscenico ideale per esporre il progetto per cui ogni artista consuma tutte le proprie energie. L'arte, nel mio caso la musica, può realmente cambiare le cose: per noi artisti è quasi un dovere approfittare del Festival di Sanremo, che offre maggiore visibilità e attenzione, per lanciare messaggi positivi».

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re. In un festival di qualche anno fa disse di essere come Sandra e Raimondo e di puntare tutto sull'ironia. Anche se stavolta ha fatto piangere un'intera regione. Lei, ragazza venuta dal Sud, incarna alla perfezione i panni dell'eroina buona. Di chi ce l'ha fatta in un mondo dove bisogna sgomitare per non farsi schiacciare. Una giungla, quella della musica, dove lei si è imposta senza tradire la sua natura di ragazza umile e semplice. Non le avresti dato due lire a una con queste caratteristiche, diciamolo. Non ci avresti scommesso un centesimo sul suo successo, ammettiamolo. Invece ci ritroviamo oggi a celebrare un fenomeno made in Pignola che ha saputo imporsi con grazia e delicatezza. Arisa è quel lieto fine nelle storie impossibili, quelle che, per intenderci, esistono solo nei film. Arisa è la dimostrazione vivente che, per essere eccezionali, basta essere se stessi, senza costruzioni a tavolino, perché il pubblico ha bisogno di verità. E lei è vera. A “Domenica In” ha pianto in diretta quando le hanno mostrato un video in cui la mamma le faceva i complimenti. É scappata dal palco, infrangendo ogni protocollo televisivo e mandando all'aria la liturgia impastoiata del tubo catodico. In barba a ogni logica pubblicitaria e di auditel. Arisa è così: imprevedibile e sentimentale. Il suo pianto alla vista della mamma è il pianto

per chi le vuole bene, nei confronti di chi la ama e la tiene in palmo di mano. E allora ecco: il pianto di Arisa è pianto per la sua gente. È il suo modo di dire grazie a tutta la Basilicata, che lei, come affermato in alcune interviste, non ha bisogno di ringraziare con le parole perché la porta sempre dentro. Il suo è un ringraziamento in lacrime, che è più commovente e spontaneo. Il più grande ringraziamento di tutti. Pignola nel post festival ha subìto l'invasione di varie troupe televisive, pronte a carpire ogni segreto sul piccolo mondo di Arisa. Il paese si è trasformato in un set televisivo a cielo aperto. Una notorietà fuori dal normale che ha letteralmente sparato nelle case degli italiani il piccolo centro lucano, squassato nella sua normalità e impreparato a tanto clamore. Ci vorrà un po' per tornare alla routine quotidiana. Intanto, i segreti di Arisa le telecamera non li hanno scovati. Semplicemente perché lei non ne ha: lei è cristallina, forse con qualche bollicina ma senza l'aggiunta di pozioni o intrugli magici. Il suo meritato successo è frutto de lavoro, della testardaggine e di un po' di incoscienza. Arisa è l'esempio, ha fatto da apripista. Ora però tocca a tutti i ragazzi lucani imitarla: si armino di coraggio, puntino tutto sulle loro qualità e non si diano per vinti mai. Al bando il pessimismo, ce la si può fare. Arisa rappresenta la voglia di riscatto. È la stella polare.

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CONTROVENTO "Risolverò magari poco o niente ma ci sarò e questo è l'importante acqua sarò che spegnerà un momento accanto a te viaggiando controvento" La canzone dell'amore vero. È una promessa: io sarò sempre al tuo fianco, qualunque cosa accada. Noi vogliamo cambiare la vita delle persone che amiamo, invece dobbiamo accettarle per quel che sono e condividere il loro percorso, facendo sentire tutto il nostro amore. Quando ho imparato ad accettarli e a stare vicina a loro senza pretendere nulla, ho recuperato il rapporto con i genitori. La musica, come qualsiasi forma d'arte, può realmente cambiare le cose: dobbiamo lanciare messaggi positivi, soprattutto in contesti come il Festival di Sanremo dove abbiamo maggiore visibilità e attenzione. Questo brano dall'incedere epico scritto da Giuseppe Anastasi esprime l'importanza di raggiungere equilibrio nel sentimento.

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Alessandro Zenti, cronache dal fronte L’iniziativa umanitaria del fotoreport di Melfi Marianna Gianna FERRENTI

lessandro Zenti è un fotoreporter di Melfi che vive da dieci anni la professione giornalistica nel senso più libero e autonomo senza lasciarsi imbrigliare da falsi dogmi o pregiudizi. È uno spirito vivace e pieno di sogni che, alla stregua di tanti colleghi che vivono la professione giornalistica sul campo, periodicamente si reca sul fronte di guerra, lì dove urgono le emergenze umanitarie più impellenti per tastare il polso e documentare con reportage fotografici una civiltà cosmopolita, ostile, nei luoghi dove i conflitti civili, le guerre di occupazione del territorio, la ridefinizione dei confini geopolitici sono in continuo divenire e perciò difficilmente leggibili. Le cronache giornalistiche odierne inquadrano, come una camera di regia onnipresente, i conflitti sanguinari tra faide opposte. In primo piano, il Medio Oriente fondamentalista (Siria, Libia, Libano, Egitto, Tunisia); esistono, però, zone come il Kosovo dove, nonostante i passi da gigante in termini di assistenza sanitaria alla popolazione, la popolazione vive ancora strascichi di effetti post-bellici; il Marocco sta vivendo una graduale campagna di “occidentalizzazione” che ha fatto progredire civilmente lo stato con un’apertura verso la condivisione accompagnata da un ferrei controlli sulla sicurezza pubblica. Dietro il lavoro di un giornalista freelance, considerato spesso soltanto come un inviato di provincia in cerca di fortuna, c’è la dedizione di chi ama la professione e cerca di trasformare, pur tra mille difficoltà, la propria passione in lavoro. Quando, poi, si parte da un ambiente provinciale, riuscire a sfondare in un

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campo caliginoso, diventa un’impresa temeraria. Così Alessandro Zenti decide si sbottonarsi al “Lucano magazine”, parlando di una vita vissuta sui carboni ardenti, di una continua sfida contro le proprie paure e in alleanza con il coraggio. Ci parla di una iniziativa nata proprio dall’idea di Zenti di coinvolgere Don Vincenzo D’Amato, il vicario della Diocesi di Melfi, che ha visto coinvolto in prima linea l’Ordine dei Farmacisti di Basilicata e, in particolare, tutte le farmacie di Melfi, sorprendendo anche i più scettici, sulla capacità da parte della comunità melfitana di riuscire a attivare uno spirito solidale in difesa del diritto alla salute dei più deboli. Tra i prossimi eventi, che il giornalista ha intenzione di realizzare, vi è una mostra fotografica a Palazzo Donadoni con tutti gli scatti del Kosovo. Un’idea, in itinere, di cui però manca ancora l’ufficializzazione da parte del Comune di Melfi. L’intervista, poi, si sposta su quanto sia difficile svolgere la professione di inviato che si destreggia sul filo del rasoio in luoghi dove i pericoli sono sempre in agguato. Ma ammette: “Non c’è bisogno di spostarsi in zone di guerra a migliaia di chilometri per avere un assaggio di quelle che possono essere le criticità, basta andare a una delle manifestazioni di piazza che spesso sfociano in violenza”. È sorprendente come un’anima concreta si nutra di sogni ma anche di ragionevole prudenza. Certo, la forza inenarrabile di una foto a volte riesce a comunicare empaticamente più di mille costruzioni discorsive ma bisogna “ricordarsi sempre – conclude Zenti - che la vita vale più di una bella foto”. Un consiglio per i giovani

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appassionati di questa professione, affinché non siano soltanto dei mestieranti, è di aggiornarsi e specializzarsi con molta attenzione per essere preparati ad ogni evenienza. Alessandro, come è nato il progetto che ha coinvolto tutte le farmacie di Melfi le quali hanno messo a disposizione una ingente quantità di medicinali al servizio della popolazione siriana? Più che di un progetto vero e proprio, mi sono chiesto se sarei riuscito a raccogliere molti più farmaci di quanti una singola persona ne riesca a reperire in un tempo così stretto, visto che mi era stato comunicato pochissimi giorni prima; così mi è venuto in mente di chiedere a Don Vincenzo D'Amato in virtù della sua pluriennale esperienza anche in ambito di soccorso e aiuto alle tante popolazioni del mondo. E’ notorio infatti il suo interessamento anche per


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Foto Alessandro Zenti

quanto riguarda l’Africa e il mondo in generale. Grazie alla mediazione di Don Vincenzo D’Amato, il referente dei farmacisti di Melfi, Dott. Carlucci mi ha consegnato una valigia piena di farmaci. In gran parte antibiotici ma non sono mancati neanche i farmaci antidiarrea. Da quanti anni fai il fotoreporter di guerra? Quali sono le ragioni profonde che ti spingono a sfidare la vita e la sorte in situazioni difficili? Il fotoreporter è una professione che ha diverse sfaccettature, una di queste riguarda appunto il lavorare in teatri operativi o durante scontri urbani. Avendo alle spalle un lavoro di circa dieci anni ho voluto ampliare per conoscere a tutto tondo la professione. Nel 2012 ho frequentato il corso per giornalisti ed operatori dell’informazione destinati in aree di crisi, messo a punto dalla Federazione Nazionale della

Stampa e dal Ministero della Difesa, perché, prima di “avventurarti” in situazioni non facili, bisogna sapere sempre a cosa vai incontro ed adottare tutti gli accorgimenti del caso. Successivamente ho partecipato a diversi workshop sul tema, proprio per capire, dalla viva voce dei colleghi che fanno questo tipo di esperienza, quali sono le situazioni e le criticità. Non c’è bisogno di spostarsi in zone di guerra a migliaia di chilometri per avere un assaggio di quelle che possono essere le criticità, basta andare ad una delle manifestazioni di piazza che spesso sfociano in violenza. Qualsiasi sia il contesto ci si arriva preparati, dall’abbigliamento al modo di relazionarsi con le forze dell’ordine. Ragioni vere e proprie non ce ne sono, c’è la voglia di portare a casa immagini uniche e irripetibili, in sicurezza, e tante emozioni legate ad ogni singolo scatto. Quali esperienze importanti hai vissuto in questi anni e quali luoghi hai visi-

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tato? Nel 2012 sono stato in Kosovo, embedded in teatro operativo nella missione Joint Enterprice con la KFOR (Kosovo Force) ospite del Multinational Battle Group West Villaggio Italia – Belo Polje. Ho Realizzato tra l’altro un reportage sull’attività CIMIC (Civil-Military Cooperation) ed ho focalizzato il punto sugli interventi di aiuto e supporto alla popolazione locale. Ho voluto approfondire cosa è stato e quali sono le prospettive affinché torni la serenità. Nel 2013 invece sono stato in un contesto diverso, in Marocco più precisamente nella regione della Tadla Azilal, nei comuni di Afourer e Timoullit. Ho realizzato un reportage video-fotografico sull’attività di Cefa Onlus e ho visto interventi di aiuto e supporto alla popolazione locale, di rafforzamento istituzionale e sviluppo agricolo integrato nei comuni di Afourer e Timoullit, progetti di alfabetizzazione di adulti e bambini.


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Cosa significa, per te, essere un freelancer e quali sono le differenze (se ci sono) rispetto ad un inviato di guerra di un colosso giornalistico? Il freelance molto spesso anticipa le spese e poi tenta di “piazzare le foto". Inoltre deve avere una lista di contatti lunghissima e deve avere una grande capacità relazionale. Cosa consiglieresti a un giovane che vuole abbandonare l'ambizione di una brillante carriera giornalistica d'ufficio e immergersi in un simile esperienza oltre frontiera? Consiglierei di arrivarci preparato e di non lasciare niente al caso. Valutare bene se quel tipo di “specializzazione” fa per lui. Ricordarsi sempre che la vita vale di più di una bella foto. Questa affermazione potrebbe scioccare alcuni, però troppo spesso ho visto immagini di colleghi morti per inseguire “la bella foto”. Prima di spingersi da soli in situazioni pericolose, mi riferisco alle zone di guerra, è utilissimo avere prima una conoscenza da “embedded” cioè con i militari, in modo da conoscere tutti i rischi ed i pericoli. Rispettare le regole e la gerarchia e porre estrema attenzione, durante tutti i briefing e i debriefing della giornata, sono una fonte inesauribile di notizie. Quali gli scatti che rimarranno indelebilmente scolpiti nella tua memoria? Andare in giro e incontrare persone la cui vita è cambiata di punto in bianco una mattina è una cosa che un po’ ti segna. Gente che nei nostri giorni subisce una deportazione non è una cosa facile da vedere, ascoltare il loro racconto tra le lacrime, costretti a rivivere il dramma di quei giorni, di quei momenti è una cosa terribile. Sicuramente uno degli scatti che mi è rimasto nel cuore riguarda una mamma alla quale una mattina hanno tolto i figli e il

marito e che a distanza di anni, non ha visto nemmeno i corpi. Credo che sia una cosa più che sconcertante. Oppure il racconto di un testimone scampato alla deportazione che mi racconta le varie fasi. Nel cuore mi sono rimasti anche i militari che di notte fanno una continua attività di pattugliamento anche a temperature proibitive o i Carabinieri che svolgono attività (CIMIC) e

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portano aiuti alle popolazioni. Ho nel cuore i bambini del villaggio Mazgit, lo stupore nel vedere quaderni, cartelle e giocattoli, la speranza di una vita migliore. Questo è quello che mi da la linfa a continuare, questo è ciò che amo del mio lavoro e questo è quello che voglio immortalare e spero di esserci riuscito e di riuscirci ogni giorno sempre meglio.



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(O) DIVENTA REALE A Potenza una pucceria per inserire nel mondo del lavoro due ragazzi affetti da sindrome di Down Donato CARBONELLA

uattro ragazzi, quattro amici come tanti e un progetto comune: aprire una pucceria a Potenza. Assurdo? No, Assurd, in Vico Stabile, 10. L’idea nasce dagli operatori dell’Associazione Italiana Persone Down Dino Ricci e Michele Videtta e da Paolo Girasole e Orazio Cammarota (22 e 20 anni) due ragazzi affetti da sindrome di Down, che autofinanziandosi hanno dato vita nel novembre 2013 alla cooperativa sociale “Ricco Dentro” e poi alla pucceriabirreria “Assurd”, dallo scorso gennaio. Non ci sono cuochi professionisti, ma si segue alla lettera l’antica ricetta di Nonna Peppa, anziana accetturese che in prima persona ha insegnato ai giovani imprenditori l’arte della peppuccia (poi puccia), panino farcito croccante ottenuto dall’impasto di farine di grano tenero e grano

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RICCO DENTRO:

la cooperativa sociale ha scelto il nome ricco dentro in omaggio a Riccardo Biazzo, operatore nel settore disagio sociale dell’APOF-IL e collaboratore per il progetto di autonomia domestica, recentemente scomparso

duro, rigorosamente di Stigliano. Si usano solo ingredienti lucani freschi e di alta qualità, segno della passione per la propria terra e della volontà di collaborazione con i produttori regionali, in molti casi commercialmente più attivi fuori dalla Basilicata. L’attività è frutto di un percorso educativo che ha coinvolto i quattro soci titolari, iniziato nel 2010 con un progetto di autonomia domestica rivolto a persone down promosso da APOF-IL e altri partner, diventato poi progetto di servizio catering, bloccato per mancanza di fondi per le attrezzature. Sia a livello nazionale che locale, bisogna fare i conti (è proprio il casi di dirlo) con la scarsità di fondi a disposizione, che non permette la nascita o la continuazione di attività che favoriscono l’inserimento di ragazzi e ragazze down nella società e nel lavoro. Grande incidenza ha avuto e ha il ruolo della famiglia e del contesto socioculturale, barriera talvolta invalicabile per un argomento, il downismo, considerato tabù fino ad appena trent’anni fa. Oggi ne fanno le spese i quarantenni affetti da trisomia 21, cresciuti nell’ombra, o quasi, di una società che li considerava diversi e inadatti a svolgere incarichi lavorativi. Apripista per i più giovani sono invece gli odierni trentenni, già inseriti, che hanno dato prova delle proprie capacità, contribuendo a far si che negli ultimi anni i ragazzi e le ragazze down in età da lavoro

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e nei limiti delle possibilità fisiche fossero per la maggior parte impiegati, in Italia come in Basilicata. Attualmente “Assurd” è il primo caso italiano di cooperativa sociale con ragazzi down titolari e assolutamente autofinanziata. «Autofinanziamento per scelta» racconta Dino Ricci, «per essere alla pari con tutte le altre attività sul mercato». Credono profondamente nel loro lavoro Paolo, Dino, Orazio e Michele, tanto che la città di Potenza non ha tardato a dimostragli tutto l’affetto e l’ammirazione che si meritano. «È bello che tante famiglie vengono a trovarci e poi ritornano. Vuol dire che non è mera curiosità, ma si sono trovati davvero bene. Abbiamo avuto un’accoglienza calorosa e straordinaria, e molta attenzione da parte dei media» dice entusiasta Dino. Molte figure professionali coinvolte nell’apertura del locale hanno offerto le proprie competenze gratuitamente o a tariffe agevolate per snellire, certo, l’iter burocratico e in segno di sincera ammirazione verso dei giovani che si apprestano a fare impresa in un momento non certo favorevole. Cos’altro aggiungere? Seguite i ragazzi sulle due pagine Facebook Assurd e Potenza Assurd, e partecipate ai loro eventi come quello dello scorso febbraio, M’illumino di meno, in cui i clienti del locale hanno letteralmente pedalato per alimentare l’illuminazione del locale tramite un generatore “a bicicletta”. Assurd!


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I Quadri Plastici aviglianesi diventano mostra itinerante

Mariassunta TELESCA

rande successo per i Quadri Plastici aviglianesi, che si trasformano in una mostra retrospettiva itinerante tra i comuni della Basilicata; si tratta di una rassegna fotografica, che racconta, attraverso gli scatti dei fotografi locali (Maria D’Andria, Video Foto Sileo, e, in particolare, Il Diaframma di Antonio Chianese), il susseguirsi e l’evolversi di questa importante manifestazione, dal 1997 al 2013, dal back

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stage alla messa in scena. Dopo l’allestimento nella sede del Sant Graal di Potenza e nel settecentesco Palazzo Corradi di Lagonegro (a opera dell’amministrazione comunale e dell’associazione A castagna Ra Critica), ha trovato degna accoglienza, dal 1 febbraio all’8 marzo, nel suggestivo scenario di Palazzo Frusci di Barile, grazie al Presidente della Pro Loco, Daniele Bracuto, all’Assessore Sabrina Gagliardi e all’associazione Basilicata In Arte. I Quadri Plastici sono rappresentazioni viventi di opere d’arte, di soggetto sacro o storico, la cui origine è databile agli anni ’20 del secolo scorso, quando erano inseriti nella festività di San Vito, Patrono del paese: collocati su muli, seguivano la nave durante la storica parata dei turchi; erano interpretati da giovani, che a ogni sosta dei carri assumevano quella rigidità statutaria

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che conferiva tridimensionalità all’opera d’arte rappresentata. In seguito sono stati realizzati su palchi fissi, con maggiore aderenza, anche scenografica, al soggetto riprodotto, selezionato su testi di storia dell’arte o su cataloghi di mostre. Si collocano, prevalentemente, all’interno delle manifestazioni dedicate alla Madonna del Carmine. Attualmente la rappresentazione dei Quadri Plastici si tiene ogni prima domenica di agosto, nella Piazza Aviglianesi del Mondo, seguendo un tema diverso di anno in anno; l’innovazione introdotta è l’adeguato commento musicale che aggiunge fascino ed emozione, coinvolgendo lo spettatore ancora prima che si apra il sipario. «Grazie al lavoro della Proloco di Avigliano – sostiene l’Assessore alla Cultura Anna D’Andrea - l’evento dei Quadri Plastici è


41 cresciuto, dal 1997, arricchendosi e perfezionandosi nel tempo, grazie ai direttori artistici dei vari gruppi supportati dal lavoro dei tanti volontari e dalla oramai elevata professionalità dei figuranti.» Negli ultimi anni, infatti, tre sono i gruppi locali (quartiere di Basso la terra, Aviliart e Spazio Ragazzi) che si cimentano in questo duro lavoro creativo, sottoposto, a fine esibizione, all’attento e critico sguardo del comitato scientifico, composto da artisti, architetti e studiosi d’arte, nonché dal Parroco, che, sulla base della composizione, del colore e dell’impatto emotivo, premia il quadro “migliore”. «La creatività, la solidarietà, nel gruppo e con gli altri partecipanti, e le emozioni sempre nuove, che nascono durante la manifestazione dei Quadri Plastici hanno permesso di rendere questo evento un appuntamento non cancellabile nell'agenda delle attività dello Spazio Ragazzi – spiega Fabiana Bochicchio, vicepresidente dell’associazione giovanile aviglianese – I giorni della preparazione sono pieni di impegno, dedizione e con prove su prove si cerca di riprodurre un quadro che non imiti passivamente l'originale, ma che invece dia vita a quella bellezza, a quella storia che c'è dietro. Sul palco lo Spazio Ragazzi tutti gli anni cerca di non portare solo figuranti, ma persone che da settimane si impegnano alla realizzazione di un evento ormai nel cuore degli aviglianesi.» Creatività, solidarietà e duro lavoro sono anche i punti cardine citati da Rocco Lacerenza, direttore artistico del gruppo “Basso la terra”: «Si tratta di un lavoro di squadra, del direttore artistico e dei vari membri: il direttore dapprima esamina attentamente il quadro originale, poi lo spiega ai figuranti dal punto di vista prospettico, della profondità, delle espressioni e dei movimenti del corpo, perché non sempre i soggetti rappresentati sono sistemati in modo facilmente riproducibile; così si cercano le soluzioni tali da non procurare scompensi fisici ai figuranti. I materiali utilizzati sono tutti economici e “di fortuna”, e il lavoro sta proprio nel renderli utili alla rappresentazione con la maggiore aderenza possibile all’originale.» Colonna portante della Rappresentazione vivente sono, però, da sempre, gli artigiani; per questo dal 2006 “Aviliart”, l’associazione degli artigiani aviglianesi, ha accettato la sfida di partecipare alla manifestazione con un proprio quadro – spiega Tonina Salvatore, direttore artistico del gruppo. Infatti, in occasione delle Giornate del Commercio e dell’Artigianato, «per rendere noto il lavoro artigianale, manifatturiero e artistico che c’è dietro la manifestazione, gli organizzatori della Sagra, in collaborazione con la Pro Loco, pensarono di creare tale mostra», racconta il Consigliere comunale Angelo Summa. «I Quadri Plastici – afferma il Presidente della Pro Loco Luciano Sabia – si inserisco-

no sicuramente tra gli eventi più significativi e rappresentativi dell’estate lucana, che richiamano un numero sempre più crescente di persone affascinate da un evento straordinario e unico nel suo genere. Costituiscono un vero e proprio genere artistico che merita di essere conosciuto da un pubblico sempre più ampio: questo è il sogno della Pro Loco di Avigliano». Un sogno che si sta realizzando e che ha avuto inizio, come ricorda l’Assessore D’Andrea, lo scorso mese di Agosto, quando, a Venosa, nel cortile del Castello Aragonese

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“Pirro del Balzo”, è stata allestita, a cura della Pro Loco di Avigliano, la riproduzione della Pala Il Perdono di Gesualdo, di Giovanni Balducci. In tale occasione grande fu la meraviglia degli spettatori all’apertura del sipario, che mai avrebbero pensato di trovarsi dinanzi a un quadro vivente ma piuttosto a una riproduzione plastica. Dunque, una Rappresentazione di forte impatto emotivo e di grande spessore culturale che merita di essere vista e conosciuta oltre i confini lucani, un patrimonio da custodire e tramandare.


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Venosa,

“Recuperiamo San Domenico” l pro consorzio “Recuperiamo San Domenico”, formato dagli enti no profit, Associazione culturale Complesso bandistico “Giuseppe Albergo”, Associazione culturale “Accademia dei Rinascenti”, Associazione musicale “Carlo Gesualdo”, Associazione culturale “Luigi Tansillo”, ha calendalizzato per i prossimi mesi un programma ricco di eventi. Tutto ciò al fine nobile di catalizzare l’attenzione dei concittadini e renderli partecipi di un progetto originale che potrebbe condurre i venosini a riscoprire la particolarità storica di una chiesa antica, risalente al 1348, che, seppure priva di un valore artistico

Un consorzio I per riscoprire e valorizzare la peculiarità di un’antica chiesa

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particolare, fatta eccezione per i motivi floreali che contornano la facciata e un trittico di figure a guisa di aureola risalente al XIII secolo, potenzialmente è uno scrigno antropologico che racchiude in sé una stima socio-culturale immensa, oltre ad essere un importante luogo simbolico di ritrovo e di accoglienza. Così, a titolo totalmente gratuito, i membri di tutte le associazioni sopraccitate, si sono messi in gioco con il loro impegno in un progetto che parte dalla chiesa di San Domenico, ma non si esaurisce in essa. La somma aspirazione è quella di rinvigorire il centro storico di una spinta propulsiva che guar-


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Il presidente del consorzio Pino Lioy

di alla cultura non soltanto come mezzo ma come fine dell’aggregazione sociale. “Attraverso la raccolta di contributi volontari, ci si prefigge l’obiettivo di riuscire ad adattare perfettamente questa chiesa, sia acusticamente che culturalmente, ad un auditorium a 360 gradi” continua il coordinatore del consorzio Pino Lioy. Un’agenda fitta di eventi cingerà con corona di alloro l’inizio della primavera 2014 attraverso concerti di musica classica, spettacoli, convivi letterari, mostre, convegni, proscenio culturale di una programmazione che durerà almeno sette anni stando al “documento di convenzione”, firmato lo scorso

ottobre 2013 dal Consorzio “Recuperiamo San Domenico” e dalla Diocesi di Melfi. Il 20 marzo si svolgerà, al suo interno, un convegno della Fidapa che aprirà un’ampia riflessione sulle problematiche giovanili con l’intervento del neuro-psichiatra Alessandro Meluzzi la cui fama mediatica è nota al piccolo schermo. Tutti i venerdì si svolgeranno concerti di musica classica per avvicinare i cittadini alla lirica con esibizione dei campioni mondiali di fisarmonica classica. È in divenire anche l’idea progettuale di un concerto “forum” che riunirà in una grande festa celebrativa tutti i neodiplomati e diplomandi in qualsiasi

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strumento musicale al Conservatorio. A seguire, il 28 marzo, un incontro sulla funzionalità della bici a Venosa. Per i mesi estivi sarà presentata una carrellata di eventi di intrattenimento culturale ancor più particolare. Tanti gli eventi ancora tutti da programmare, come la partecipazione straordinaria, l’ennesima, del noto attore pugliese e cabarettista, Uccio De Santis, per il quale ormai Venosa sembra ormai la “patria adottiva”. Si tratta soltanto di rumor la cui pianificazione definitiva è ancora in fase di svolgimento. “Grazie a queste associazioni no profit – dice il presidente del consorzio, maestro Pino Lioy – siamo riusciti a ridar vita a questo locale sotto forma di auditorio. Negli ultimi tempi, invece, grazie ad un dialogo tra Curia, Soprintendenza e Consorzio, siamo riusciti ad ottenere la messa a disposizione di alcuni elementi strutturali utili alla ristrutturazione della Chiesa in alcune sue parti (intonaco, pedana, impianto elettrico), e a ottenere l’impianto di riscaldamento, le poltrone, i tendaggi, che erano mancati negli ultimi vent’anni”. Così nell’ottobre 2013 è arrivato con uno dei primi ed importanti traguardi: il completamento dei lavori di ripristino dell’intonaco alla volta dell’abside. Tuttavia la buona volontà e la dedizione dei ragazzi appartenenti alle varie associazioni che compongono il consorzio potrebbe essere avvalorata da una seria pianificazione economica da parte della stessa Sopraintendenza per i Beni Culturali che invogli i cittadini venosini non solo a rinvigorirne il ricordo ma a renderla viva e partecipe della quotidianità dei suoi abitanti. Per restituire alla vita una Chiesa totalmente abbandonata, a causa della mancanza dei sovvenzionamenti da parte della Soprintendenza, è necessario ben altro rispetto ad un semplice elenco di ausili. Per il 2014 tanti sono gli obiettivi che si stanno progettando in itinere. Una chiesa secolare, come quella di San Domenico, che ha attraversato le epoche storico-culturali più importanti nella storia delle tradizioni popolari di Venosa, non può più essere avvolta da una folta coltre di polvere per la mancanza di finanziamenti. Grazie alla intrinseca origine spirituale, perno essenziale dell’agorà pubblica legata al culto domenicano, questa chiesa ha potenzialmente uno spirito antropologico immenso, fonte inesauribile di incontro e di socialità, luogo di ritrovo e di accoglienza che ha vissuto assieme ai suoi concittadini le fasi più importanti della storia medievale e moderna di Venosa. Si sono già svolti il concerto pre-diploma della violinista Roberta Lioy “…. ad un passo dall’inizio”, al pianoforte Mariagrazia Lioy e prima ancora, a dicembre, una serie di eventi coronati da un grande Concerto di Natale, come suggello di una programmazione che si dipanerà nei prossimi mesi. ma.gia.fe.



io sono LUCANO

I AM LUCANO

JE SUIS LUCANO

ICH BIN LUCANO

SOY LUCANO

Я ЛУКИ

I nser to a cura de

Lucani a Reggio Emilia

Le radici e l’anima legate al folk

我盧肯




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Donato Vena racconta la storia dell’associazione dei lucani a Reggio Emilia

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ai nostri lettori

Sempre più protagonisti

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Gian Battista Colucci sbanca a Rimini al concorso “Mille idee per un gusto dell’anima” Se il lettore è il nostro principale interlocutore, è giusto che abbia diritto ad un rapporto diretto con la rivista. Da sempre sono proprio i lettori a fornirci spunti su questioni e tematiche della vita sociale e politica della nostra regione. L’invito che vi rinnoviamo è di collaborare con la redazione segnalandoci notizie, curiosità, avvenimenti che vi hanno particolarmente colpito o, ancora, disagi e disservizi nei quali vi imbattete nel vostro quotidiano.

I nostri contatti:

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www.lucanomagazine.it info@lucanomagazine.it Tel. 0971.476423



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Nati a Reggio Emilia con la vocazione del folk Intervista al fondatore Donato Vena Giulio RUGGIERI

ono 35 i sodalizi tra regioni presenti in Italia e di questi 4 svolgono le loro attività in Emilia Romagna nelle città di Bologna, Modena, Parma e Reggio Emilia. La Basilicata, oltre a riconoscere le 35 associazioni italiane in apposito albo, ha rapporti e contatti con altre 131 realtà associative sparse nel mondo. Abbiamo voluto prendere in considerazione l'associazione presente a Reggio Emilia. che nacque 19 anni fa per volontà di Donato Vena, di Pisticci, trasferitosi per motivi di lavoro a Reggio Emilia. Vena, oltre ad essere il presidente dell'associazione dei lucani di Reggio Emilia, nel 2004-2009, venne anche eletto vice presidente e vicario del consiglio comunale a Reggo Emilia. C'è, poi, un altro lucano, l'onorevole Antonio Soda nativo di Melfi, anch'egli socio della nostra associazione. Proprio con Donato Vena ho avuto modo di realizzare quest'intervista.

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“Com'è nata l'associazione?” Nasciamo come gruppo folk. Durante gli anni abbiamo fatto una serie di corsi di danza, che hanno coinvolto lucani e reggiani. Molte persone di diverse regioni ballavano le tarantelle lucane. Siamo stati anche in Lituania, in Turchia e altre parti del mondo ad esportare la nostra musica. Quasi per caso, la mia passione per la musica, portò il mio gruppo musicale di Marconia, a realizzare un'esibizione in piazza a Reggio Emilia,

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dove si presentarono molti lucani. Proprio in quell'occasione, ci venne l'idea di costituire l'associazione come vero e proprio circolo lucano. Contemporaneamente per il circolo, iniziammo a fare la prima edizione di “Basil u cania”, mettendo in contatto la tradizione lucana con quella emiliana. Negli anni abbiamo fatto un gemellaggio tra alcune associazioni di Reggio Emilia ed altre di Marconia e di Pisticci. Proprio in quell'occasione scoprimmo che Carlo Porta, considerato il più grande poeta milanese, era stato confinato a Marconia. Carlo Porta è poi morto e successivamente gli hanno intitolato anche una strada. “Che tipo di eventi organizzate nella vostra associazione?” Quando ci furono i 25 anni del terremoto dell'Irpinia, scoprimmo che Reggio Emilia aveva inviato aiuti a Muro Lucano. Nacque

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così un vero e proprio gemellaggio. Noi, in qualità di associazione, non appena scoprimmo di questo gemellaggio, lo facemmo rinverdire. Ci sono circa 20.000 lucani residenti in Emilia, 2.200 di questi residenti in provincia di Reggo Emilia, 800 nella città. 6300 lucani sono residenti a Bologna, 4100 a Modena, 2250 a Reggio e 1800 a Parma. La particolarità è che Reggio Emilia è l'unica città con predominanza di materani sui potentini. Nelle altre parti invece è il contrario. Il nostro circolo ha un settantina di componenti e di questi, meno di 20 fanno parte del gruppo di danza popolare. I ragazzi che ballano, avendo inserito nel gruppo molti reggiani, fanno danza emiliana. Di questi circoli lucani c'è quello di Reggio Emilia, di Parma, Bologna e di Modena. Le ultime iniziative di quest'anno sono state quelle con Rocco Papaleo, che, in salsa un po' ironica e cinematografica, ci ha fatto vedere il suo


Il Presidente Donato Vena

ultimo film. La prossima iniziativa è stata fissata per sabato 14 febbraio (l’intervista è stata realizzata prima di questa data; n.d.r.) quando, con il presidente della giunta Marcello Pittella, organizzeremo la 18esima edizione di “Basil u cania”, proprio in occasione dei 120 anni dalla nascita dell'amaro. Faremo un incontro per descrivere la buona qualità di un'impresa che ha dato prestigio a tutto la Lucania. Molti lucani, quando emigravano in altre parti del mondo, come l'America si portavano dietro il nostro amaro. Viene visto un po' come il liquore della propria terra d'origine. Lo si custodisce nello stipite un po' come un simbolo, un vero e proprio ricordo della propria terra d'origine. Noi facciamo questa edizione “Basil ucani” una o due volte all'anno. Nel mese di agosto, poi, ognuno torna nel proprio paese d'origine.

Da quali persone è frequentato il vostro circolo? Il vice presidente dell'associazione, Davide Manicone, è di seconda generazione perché nato a Reggio Emilia, ma i genitori sono di Matera. C'è di tutto nella nostra associazione, dal giovane all'anziano. Abbiamo 500 capifamiglia. Il 14 febbraio avremo anche un'iniziativa con Marcello Pittella, che affronterà il tema Basilicata. L'intento sarà quello di festeggiare i 120 anni di vita dell'amaro lucano, invitando anche un componente della famiglia fondatrice dell'amaro. Sarà un modo simbolico per confrontare gli anni del nostro amato liquore con i 120 anni dell'emigrazione lucana. So che c'è anche un gruppo di danza importante al suo interno... Si, all'interno della nostra associazione è presente un gruppo di tarantolati che è

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stato in grado di esportare la tarantella anche all'estero. Si tratta della compagnia di danza popolare “Tarantella Lucana”, che nasce a Reggio Emilia nel 1995. Questa compagnia è composta da una ventina di danzatori professionisti. Sono molteplici le danze che vengono eseguite. Tra quelle emiliane troviamo il carnevalesco “ballo dei gobbi”, il movimento “ballo dei montanari”, la “giga”, la “galoppa”. Tra quelle lucane, invece, la frenetica “Tarantella”, la “quadriglia”, il “ballo dei treppiedi”, la scenografia “mietitura”. Ma la danza più suggestiva è sicuramente la “tarantolata”, durante la quale una ragazza balla a suon di tamburello per annientare il potente veleno; a guarigione avvenuta, la scena si conclude con la “pizzica”. Questo gruppo ha partecipato a numerosi festival del folclore, sia nazionali che internazionali.

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Gian Battista Colucci Il suo gelato sbanca a Rimini al concorso “Un gusto dell’anima” Emanuele PESARINI

n questi giorni è arrivata una doppia grande soddisfazione per gli abitanti di Pignola, che possono fregiarsi di avere due illustri concittadini, che pur in settori distinti, hanno raggiunto clamorosi e meritati successi individuali. Infatti, oltre a Rosalba Pippa, in arte Arisa, fresca vincitrice dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, condotto dalla premiata ditta Fabio Fazio- Luciana Littizzetto, con il pregevole brano intitolato “ Controvento ˮ, si è distinto recentemente un noto pasticciere e gelataio lucano, che da oltre trent’anni è al servizio dello storico Gran Caffè situato in Via Pretoria, a Potenza, in pieno centro storico. Gian Battista Colucci, quarantottenne è risultato essere il vincitore del Concorso Internazionale “ Mille idee per un gusto dell’anima ˮ, che si è tenuto presso il SIGEP (Salone Internazionale Di Gelateria, Pasticceria e Pianificazione Artigianali) di Rimini, nella settimana compresa tra il 18 ed il 22 Gennaio, e che premia quello che una giura di esperti internazionali ritiene essere il miglior gelato dell’anno per bontà, qualità degli ingredienti ed innovazione del gusto. Anche quest’anno la manifestazione, giunta alla XXXV edizione si è confermata sia la più importante nel settore della gelateria artigianale, sia la maggiore vetrina europea primaria del dolciario artigiana-

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le e del caffè, ed ha offerto un’ampia rassegna panoramica di tutte le novità relative a materie prime ed ingredienti, impianti ed attrezzature, arredamento e servizi per gelateria, pasticceria e pianificazione artigianali. Una manifestazione, ci ha spiegato Colucci, che abbiamo incontrato per discutere della sua personale affermazione “ che non ha rivali nel settore, essendo un evento che, oltre ad offrire ampi spazi espositivi e dimostrativi, prevede nel suo circuito concorsi internazionali e campionati, sezioni tematiche, corsi e seminari di aggiornamento ˮ. L’edizione di quest’anno prevedeva una superficie complessiva di 110 mila metri quadrati, suddivisa in ben 16 padiglioni ed è stata premiata dalla presenza di ben 144.803 visitatori paganti che hanno affollato il Sigep nella terza settimana di Gennaio. Al concorso, dedicato al miglior gusto di gelateria artigianale dell’anno, hanno partecipato circa 70 concorrenti, organizzati in team di esperti, provenienti da tutto il mondo, Ucraina, Argentina, Cina, Germania ..etc. Lo staff guidato dal lucano Gian Battista Colucci, dal vicentino Beppe Zerbato e dal genovese Roberto Calligari comprendeva come collaboratori esterni, due iracheni ed un argentino e si è aggiudicata la prima piazza con una specialità di gelateria artigianale, definita gusto etrusco, ossia un variegato di mandorle, noci, mandarini con la stracciatella come ingrediente base. Il pasticciere, originario di Pignola, è maestro pasticciere del Gran Caffè da ben 34 anni; da una decina di anni è anche collaboratore di un’azienda di Reggio Emilia, la Pregel, azienda leader nel settore dei semilavorati per gelateria e pasticceria, sorta nel 1967, per la quale svolge la professione di tecnico dimostratore, girando le fiere, le mostre e gli eventi del settore organizzati in tutti i paesi del mondo. I prodotti, esposti dalla Pregel alla 35esima edizione della manifestazione, saranno infatti esposti, a partire dal mese di Marzo in paesi come Grecia, Cipro, Turchia, Inghilterra e Germania. Tra le tappe in programma, che coinvolgeranno anche il “ nostro ˮ pasticciere, vi saranno la città tedesca di Amburgo, tra il 12 ed il 20 Marzo, Parigi ad Aprile nella settimana che precede la Pasqua e Dubai negli Emirati Arabi Uniti. Signor Colucci, ci parla brevemente delle emozioni, e dei ricordi che questa esperienza le ha lasciato? Devo dire che quest’anno partecipare al Salone Internazionale, che si svolge, da ben 35 anni a Rimini è stata un’esperienza assolutamente irripetibile. Non soltanto perché, assieme agli altri membri del team, abbiamo conseguito il miglior risultato possibile, ma anche perché partecipare a questa manifestazione di caratura internazionale ed ad una vetrina di assoluto prestigio

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P E R S O N A G G I O I L è motivo di orgoglio, vanto e soddisfazione per qualsiasi addetto che lavora nel settore della gelateria e della pasticceria artigianali. Un sogno per chi da giovane inizia a fare il lavoro di gelataio, trasformandolo nella professione che lo accompagnerà per il resto della vita. Una sorta di Champions League per i gelatai e pasticcieri di tutto il mondo, volendo usare una metafora calcistica. La soddisfazione aumenta se si considera che nella precedente edizione con lo stesso staff ci piazzammo al secondo posto con un gusto che è una combinazione di cioccolato con caramello, variegato con pezzi di arancio e di cioccolato fondente, e se si considera che sono stato l’unico lucano a partecipare all’ultima, vittoriosa edizione. Rappresentare la nostra regione al di fuori dei confini territoriali, far conoscere la Basilicata nel resto di Italia, d’ Europa e del mondo è una sensazione di gratificazione inappagabile. Inoltre poter incontrare personalità di livello mondiale nel settore come Stefano Laghi, l’italo americano Frank Monti o il pugliese Francesco Palmieri è stata un’occasione di crescita professionale non indifferente, non solo per i giudizi da loro espressi sui prodotti esposti in qualità di supervisori, ma anche perché non hanno risparmiato consigli preziosi per migliorare ulteriormente. Come nasce la sua passione per la pasticceria e la gelateria artigianali?

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Sin da ragazzo imparando il mestiere al Gran Caffè, a partire dal 1980, grazie ai fondatori della caffetteria, Gianbrocono Gerardi e Antonio De Rocca, ebbi la possibilità di viaggiare per l’Italia, conoscere nuovi posti, colleghi italiani ed internazionali, e visitare fiere e mostre espositive come lo stesso Sigep. Poi, successivamente, l’incontro con la Pregel è stato decisivo, perché da quando svolgo il ruolo di tecnico dimostrativo ho avuto la possibilità, tutt’ora attuale, di visitare il mondo e posti che probabilmente, non avrei visto diversamente, penso alle Canarie o alle capitali europee. Il mio primo viaggio di lavoro internazionale fu in Messico. Diciamo che mi manca la Russia, poi l’Europa posso dire di averla girata tutta, in lungo e in largo. Tuttavia ho sempre vissuto, sin dalla nascita a Pignola, dove vivo da sempre, in compagnia di mia moglie e di due figli. Cosa ispira le sue idee nella progettazione di nuovi gusti nel settore della gelateria? La gelateria artigianale è un settore che mi consente di esprimere la mia creatività e di non sentirmi mai arrivato, stimolando a dare sempre il meglio di me in un campo sempre perfettibile e che ha delle potenzialità infinite. In particolare, mi piace partecipare a fiere, meetings e tenermi in contatto con amici e colleghi per aggiornarmi sulle nuove tendenze, sui gusti alla moda, su idee praticabili o meno per la creazione

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di prodotti professionali, che sono una priorità per noi che ci definiamo maestri del gusto e del gelato. I miei gelati sono tutti a base di prodotti naturali, freschi e privi di coloranti, dal latte alla panna fresca, passando per la frutta e altri ingredienti di natura biologica. Vuole illustrarci iniziative da lei curate e i suoi prossimi obiettivi professionali ? Tra gli obiettivi vi è la volontà di aggiudicarsi o comunque ben piazzarsi alla fase finale della World Championship dei gelatai e pasticcieri di tutto il mondo. In pratica un torneo professionale in cui si confrontano e si sfidano i primi 14 pasticcieri e gelatai artigianali della competizione riminese che prevede circa 70 concorrenti iniziali. Non è ancora stata stabilita la sede, ma la scelta dovrebbe ricadere sulla capitale finlandese Helsinki o sulla stessa Rimini. A livello locale invece abbiamo l’intenzione di riproporre con il Gran Caffè Italia, la seconda di “ La Via dei Gusti, manifestazione estiva dedicata a consumatori e clienti, curiosi e bambini per spiegare la natura dei prodotti da me utilizzati nel preparare i diversi gusti di gelato. Particolarmente innovativo e gradito risulta essere il gusto a base di ricotta e pera. La ricotta mi arriva tutti i giorni fresca in laboratorio, da un fornitore di Cancellara. I gelati sono tutti privi di sostanze idrogenate, ossia grassi di difficile digestione per l’organismo




È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.

A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione ed è in questo che noi crediamo. Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola produzione. È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa, ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmente ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura. Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza. L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazine o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande. È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato. Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.


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A spasso con

Waway Albina SODO

n sito www.waway.it, un algoritmo per prenotare, ottimizzare i tempi e partecipare a un evento. Dall’idea alla startup innovativa, Giovanni Setaro presenta la piattaforma dedicata ai viaggi. Ai giovani lucani? Condividete e perseverate.

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Secondo te oggi è importante l’idea o la sua realizzazione? Avere una buona idea è un inizio importante ma quello che conta è l’execution: trasformare l’idea in progetto e poi in prodotto. Sono fermamente convinto che una pessima idea con un team valido e un modello di business interessante possa diventare un caso di successo. A chi si rivolge Waway e perché si distingue dagli altri portali di viaggi online? Waway non è un portale di viaggi e neanche un motore di ricerca di eventi, è una piattaforma di travel management. L’obiettivo è permettere agli utenti di pianificare la partecipazione a un evento, per esempio a un concerto, ottimizzando tempi e costi di organizzazione grazie ad

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un algoritmo che incrocia i dati sulla rete e restituisce le soluzioni migliori, dal biglietto del treno all’hotel. Prossimamente attiveremo nuove funzionalità che renderanno il sistema più interessante e performante. Quali differenze hai riscontrato tra l’approccio di “Basilicata Innovazione” e degli investitori privati? “Basilicata Innovazione” è un incubatore che supporta gruppi di sviluppo nella fase seed, ovvero, quando c’è l’idea. Il percorso si conclude con un prototipo da presentare e con la costituzione della società. Gli investitori privati, i cosiddetti business angel o venture capital, intervengono nel momento in cui il prodotto è in fase beta e magari l’azienda già fattura. Un investimento vuol dire sostenere i primi mesi di vita della newco consentendole di entrare nel mercato in maniera significativa. Presentaci il team di Waway. Il team è formato da me che sono il founder, ho un passato da informatico, poi mi sono specializzato nel settore della comu-


47 nicazione. Paolo Lanzalone, co-founder , da sempre graphic designer. Circa quattro anni fa fondammo insieme l’agenzia di comunicazione Cubox, dove tra le altre cose abbiamo “auto incubato” Waway. Barbara Pesce, co-founder, laureata in lingue, anche lei con un trascorso nell’ambito comunicativo. Francesco Carone, l’ultimo arrivato, si occupa dello sviluppo della piattaforma ed ha un’esperienza informatica importante. Il team fa sempre la differenza, a prescindere dall’idea. Web e autoimprenditorialità è un binomio inevitabile? Dipende. Non è detto che impresa e innovazione siano sinonimo di web. Le aziende dovrebbero avere maggiore consapevolezza del fatto che Internet permette di aprire una finestra sul mondo a costi bassi e agevola la delocalizzazione del mercato. Per un buon futuro la nostra terra dovrebbe investire in quella che chiamo “industrializzazione web”. Dagli eventi alle opinioni sulle elezioni regionali in Basilicata con PaffBum. Cosa ti ha colpito dell’ultima campagna elettorale lucana? PaffBum nasce per gioco. Pranzando con Sergio Ragone emerge l’idea dell’aggregatore di liste Twitter per monitorare il traffico di informazioni provenienti dalle diverse parti politiche locali. Nel giro di un pomeriggio sviluppiamo la piattaforma e il giorno dopo diventa lo strumento ufficiale di Repubblica.it attraverso cui seguire le regionali. Una bella soddisfazione. Nell’ultima campagna elettorale sono cambiate tante cose, a partire dal modo di interagire con i potenziali elettori, fino alla gestione delle campagne. Tanto per dirne una: i social network hanno sostituito i comizi nelle piazze e chi non l’ha capito è rimasto fuori. I social spostano voti? È possibile, non è semplice riuscire a spostare voti. Bisogna avere un’ottima conoscenza degli strumenti social e una squadra alle spalle che sappia fare comunicazione, altrimenti l’utilizzo diventa deleterio. Nelle regionali 2013 ho visto più operazioni maldestre che casi di successo. Cosa vuol dire fare impresa per un giovane in Basilicata? Vuol dire invecchiare presto. Mancano le infrastrutture, la nostra terra è lontana dall’Europa e dal mondo, è una regione fatta da piccoli numeri ma in fin dei conti se guardiamo le negatività con occhi diversi, queste possono diventare opportunità. Molti dicono che la politica dovrebbe fare di più per la nostra terra, è una banalità! In realtà sono i giovani lucani che dovrebbero fare di più per la Basilicata: condividere, sperimentare, sognare e perseverare.

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Parco Nazionale del Cozzo del Pellegrino

' itinerario si svolge all'interno del Parco Nazionale del Pollino, che si estende tra i confini amministrativi di Basilicata e Calabria. Si compone di tre diversi massicci montuosi che, tra il Mar Ionio e il Mar Tirreno, si levano fino alle quote più alte dell'Appennino meridionale: il Massiccio del Pollino, i monti dell’Orsomarso e il monte Alpi. Il Piano di Campotenese, ad una quota più bassa, separa il Massiccio del Pollino dai Monti di Orsomarso che si levano, fitti di vegetazione, nella parte sud occidentale del parco, in direzione del Tirreno: tra questi troviamo il Cozzo del Pellegrino (1987 m), meta dell' itinerario.

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L’ ambiente è quello dell’alta quota con grandi boschi di faggio. Molto interessante la parte alta del percorso, dove il faggio per l’esposizione ai forti venti di ponente è costretto a sopravvivere in forma arbustiva creando dei meravigliosi capolavori: tronchi di faggio contorti, piegati e stravolti dalle intemperie. Il paesaggio non ha eguali, lo sguardo spazia tra il mar Ionio e il Tirreno, con la grande veduta del golfo e della Piana di Sibari. Valloni impressionanti da un lato, dolci pendii dall’altro, con il mare a fare da sfondo. Ad ovest, lo sguardo si allunga sino a Capo Palinuro verso la Campania e Capo Vaticano verso Reggio Calabria. L'itinerario inizia dal piazzale antistante il

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rifugio di Piano di Lanzo (1357 m.). Ci si sposta sulla destra di poche centinaia di metri sulla strada asfaltata e si imbocca a sinistra il sentiero (n. 601) che porta al pianoro superiore dove è posizionata la statua della Madonnina del Pellegrino. Si prosegue a mezzacosta verso destra per poche centinaia di metri, all’altezza di una grossa pietra si lascia la stradina che si inerpica verso sinistra, immettendosi così sul vecchio sentiero che porta alla sorgente Marchesano. Si avanza fino all’incrocio dove si abbandona il sentiero 601 imboccando, sulla sinistra a salire, il sentiero 621 che sale sino a Cozzo del Mangano ( 1699 m. ) e prosegue fino all’incrocio poco sopra


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Pollino

Tipologia: trekking Distanza: 6,1 km Difficoltà: escursionistica

il Piano Puledro ( 1798 m ). Si continua verso sinistra fino all’altopiano sottostante la cima del Cozzo Pellegrino. Da qui il pendente tratto finale che ci permette di raggiungere, in poco meno di mezz’ora, la panoramica cima di Cozzo del Pellegrino ( 1987 m. ). Abbigliamento consigliato: scarpe da trekking, giacca a vento, mantella, macchina fotografica, binocolo, bottiglie di acqua. Come arrivare: S. Donato Ninea si raggiunge uscendo al casello autostradale A3 di Altomonte. Al Piano di Lanzo si arriva imboccando la strada montana che parte dall’ abitato. v.a.

Scarica gratuitamente il file GPS del percorso su www.innbasilicata.it il lucanomagazine


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DI NAPOLI Vincenzo MATASSINI

ntonio Di Napoli1 nasce a Roma il 31 dicembre 1913 dal Comm. Giuseppe Amilcare Costantino e da Emma Del Giudice, di Venosa. A Roma frequenta l’intero corso scolastico: Elementari, Media, Ginnasio e Liceo, per iscriversi poi alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma. Il padre Giuseppe era nato a Potenza l’8 agosto 1884 da antica famiglia di origine potentina ed all’atto della nascita di Antonio era a Roma con la moglie e con gli altri figli perché alto funzionario della Banca d’Italia. Antonio Di Napoli allo scoppio della 2a Guerra Mondiale parte volontario, frequenta il 31° Corso per Sottotenente di Complemento e, nominato nel 1939 Sottotenente di Fanteria, chiede ed ottiene di essere destinato al 92° Reggimento Fanteria “Superga” di stanza a Torino, dal momento che la situazione internazionale faceva prevedere un sicuro intervento contro la Francia. Ma la dichiarazione di non belligeranza dell’Italia, induce Antonio Di Napoli a richiedere di essere trasferito in Albania. Ad aprile 1940 è inquadrato nell’84° Reggimento Fanteria “Venezia” e destinato in Albania al Comando Presidio Militare della Base di Durazzo. Non lo soddisfa la tranquilla vita presso la Base di Durazzo. Da qui il 12 giugno 1940 invia una lettera (la cui bozza fu trovata tra le carte restituite alla famiglia dal Comando Presidio Militare) al Gen. Carmelo Squillace, già aiutante di Campo di S.M. il Re, che evidentemente già conosceva. “Eccellenza, mi permetto rivolgerVi una preghiera; già tante volte Vi ho disturbato, ma la Vostra bontà e la Vostra gentilezza mi

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spingono a farlo. Sono in Albania da circa tre mesi; sto benissimo qui, quale Ufficiale addetto al Comando Presidio di Durazzo, ma oggi sento che il mio posto non è qui. In quest’ora solenne per la Patria, sento che anche io debbo essere in linea con gli altri Fanti. Sono un Fante, orgoglioso di esserlo, e come tale sono di arma combattente: quindi non posso rimanere qui davanti ad un tavolino. Il mio desiderio, Eccellenza, è quello di essere trasferito presso un qualsiasi Reggimento di Fanteria, che si trovi in zona d’impiego; nello stesso tempo l’alto onore

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della prima linea. Sono giovane ancora, e quel che più conta ho lo spirito giovane, ho un cuore che si esalta alle glorie della Patria e che oggi soffre di non poter essere col suo plotone in linea. Non vi rivolgo questa preghiera perché speri in un tornaconto personale. No, Dio mi è testimone. Voglio dare anch’io il mio contributo alla Patria. Voi che siete un Soldato potete comprendermi. Avevo preparato una domanda per il Ministero della Guerra, dove chiedevo l’onore di essere trasferito presso un Reggimento di Fanteria, in Italia o in Libia, che si trovi in zona d’impiego, chiedendo,


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ANTONIO altresì, l’alto onore della prima linea. Ma qui non posso presentarla, perché… non va avanti. Voi solo potete aiutarmi, potendo il Ministero trasferirmi d’autorità, anche al mio ex Reggimento, il glorioso 92° Fanteria. Eccellenza, questa è la preghiera che Vi rivolgo. Mi rivolgo a Colui il quale ha speso la sua vita al servizio della Patria e che quindi può comprendermi. Fiducioso nel Vostro interessamento, Vi chiedo scusa del nuovo disturbo che Vi arreco. Vogliate accettare il mio sincero saluto al grido di Viva l’Italia, Viva il Re”. Ed il Colonnello Luigi Battesini, Comandante della Base di Durazzo, che esortava Antonio Di Napoli ad informare almeno suo padre della decisione presa di andare a combattere, si sentì rispondere: “Mio padre che conosce i miei sentimenti non potrebbe avere il diritto di vietare a me il compimento di un dovere”. La domanda di Antonio Di Napoli viene accolta, anche perché la situazione si evolve in quanto il 28 ottobre 1940 l’Italia dichiara guerra alla Grecia, ed inizia l’offensiva partendo dalle proprie basi che aveva in Albania, che già nel 1939 era stata annessa al Regno d’Italia. Il primo novembre le truppe italiane prendono Kònitsa, raggiungendo la principale linea fortificata greca ma il 9 novembre l’avanzata deve arrestarsi per la forte resistenza dei greci che avevano spostato sul confine molte divisioni. Un altro tentativo della Divisione “Julia” degli Alpini sulle montagne del Pindo per raggiungere il passo di Métsovo, si ferma alla cittadina di Métsovo, una trentina di chilometri dal passo, ma il contrattacco greco porta alla riconquista di Kònitsa e l’intera zona di confine già occupata dagli italiani ritorna in mano ai greci. In Albania la 19a Divisione di Fanteria “Venezia”, dislocata inizialmente lungo il confine con la Jugoslavia, da 26 ottobre 1940 viene dislocata nella zona di Korce (Coriza) sul fronte Greco-Albanese. Il 10 novembre 1940 Antonio Di Napoli è trasferito al 1° Battaglione dell’84° Reggimento Fanteria “Venezia”,

comandato dal Maggiore Salvatore Marzo, di stanza a Zviezde, dove si stavano riorganizzando i reparti, dopo gli accaniti e cruenti scontri sostenuti 5 giorni prima sulle alture di Bilisht, capoluogo del Distretto di Devoli, Prefettura di Korce (Coriza), situata a 9 Km. dal confine della Grecia. Gli scontri principali si svolgono per la rioccupazione della Sella di Quifaristhes, un valico montano ampio e poco profondo tra le quote 1942 e 1945, di estrema importanza strategica, per non far accedere l’esercito greco, attraverso l’importante nodo stradale di Gollombarda, alla Piana di Korce (Coriza). L’11 novembre 1940 ad Antonio Di Napoli gli viene assegnato il comando di un Plotone di Fucilieri della 1a Compagnia che, con due plotoni, viene lanciata all’attacco della Sella di Quifaristes, in quel momento in mano ai greci; gli italiani riescono a rioccupare la Sella ed Antonio Di Napoli è il primo a mettervi piede; i continui contrattacchi dei greci, però, anche con combattimenti all’arma bianca e con il lancio di bombe a mano, portano ad un continuo evolversi della situazione.

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Sulla Sella di Quifaristhes rioccupata, nei giorni dal 14 al 17 novembre i greci lanciano, sempre con forze fresche e preponderanti, frequenti attacchi che vengono sempre respinti; allora viene mandata di rinforzo una Compagnia Fucilieri del 226° Reggimento di Fanteria “Arezzo” (i cosiddetti Diavoli Gialli) e per quattro giorni la Sella di Quifaristhes resta in mano agli italiani essi subiscono molte perdite. Anche se, nei combattimenti del 15 novembre rimangono feriti il Colonnello Salvatore Marzo, Comandante del 1° Battaglione ed altri Ufficiali, ma Antonio Di Napoli con il suo manipolo di uomini continua a resistere; ferito in un corpo a corpo, rifiutato ogni soccorso continua a combattere con i pochi uomini che gli erano rimasti e con i sopraggiunti rinforzi, finché colpito mortalmente il 17 novembre 1940 termina la sua vita. La morte del Colonnello Luigi Zacco il 18 novembre, Comandante della 19a Divisione Fanteria “Venezia”, (al quale verrà poi conferita la Medaglia d’Oro) e le difficoltà del Regio Esercito spinsero a cercare un utilizzo massiccio dell’aviazione per fiaccare il morale dei greci che però, ottenuti nuovi rinforzi, cominciarono ad avanzare da nord


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in territorio albanese; il 22 novembre cadde Korce (Coriza), mentre da sud lungo la costa i greci presero il porto albanese di Sarande (Santi Quaranta) e risalirono occupando Himare ed al centro Gjirokaster (Girocastro) finchè la guerra con la Grecia si concluderà con l’armistizio del 23 aprile 1941. Dopo la fine della guerra, nel maggio del 1943, il Cap. Galileo Gusella ebbe, in pietosa missione, la ventura di ritrovare ed identificare la salma di Antonio Di Napoli e successivamente di provvedere alla sepoltura nel Cimitero di Guerra di Coriza (Tomba n. 47, Fila 19, 2° Campo). L’Ing. Giulio Paoli, dell’Azienda Strade di Albania, da Korce (Coriza) il 21 maggio 1943 scrisse a Giuseppe Di Napoli comunicandogli di aver rintracciato la tomba del figlio e ricordando che Antonio Di Napoli agli agi di Durazzo, aveva preferito la linea del fuoco. Il Col. Salvatore Marzo, già Comandante del 1° Battaglione 84° del Reggimento Fanteria “Venezia”, avanzò la proposta per il conferimento della Medaglia d’Oro al Valore Militare per Antonio Di Napoli motivandola: “Per aver mantenuto la posizione significò contenere il nemico che ad ogni costo tentava dilagare nella piana di Korce (Coriza) e dar tempo alle truppe di riserva di apprestarsi a difesa su posizioni idonee retrostanti e trattenere così la schiacciante pressione nemica”. L’11 giugno 1948 il Generale Orlando Taddeo, del Ministero Difesa Esercito, comunicò l’avvenuta concessione della Medaglia d’Oro al Valore Militare alla Memoria con la seguente motivazione: “Volontario di guerra veniva, a sua domanda, assegnato a reparti operativi. Intrepido Comandane di plotone, in una serie di accaniti, cruenti combattimenti durati più giorni e risoltisi sempre favorevolmente, dopo strenua lotta corpo a corpo, riusciva a consolidarsi in caposaldo, benchè soggetto a reiterati, violenti contrattacchi che rintuzzava infliggendo severe perdite al nemico. Ridotto il suo plotone ad un pugno di superstiti, non desisteva dall’impari lotta rimanendo sulla posizione imperterrito ed aggressivo, sebbene ferito gravemente. Giunti rinforzi al’esiguo presidio, in un sublime slancio di sublime eroismo, trovava ancora la forza di condurli all’assalto, incoraggiando tutti con ardenti parole di patriottismo fino a che cadeva colpito mortalmente” (Quifaristes-Fronte Greco, 14-17 novembre 1940). L’8 marzo 1949 il Comune di Potenza, Sindaco il Notaio Giuseppe Sivilia, manifestò “il profondo dolore da una parte e l’immensa soddisfazione dall’altra per il conferimento della Medaglia d’Oro al Valore Militare alla Memoria”, nonché la volontà di onorare e perpetuare la memoria del caduto. Il 30 gennaio 1950 il Comune di Potenza deliberò di apportare delle variazioni alla

Cimitero di Guerra a Coriza (Albania)

Toponomastica cittadina e fra le altre decide “di intitolare alla Medaglia d’Oro Antonio Di Napoli la scalinata di nuova costruzione che congiunge la Statale n. 94 (ora Via Nicola Vaccaro) col Viale Trieste (ora Viale Dante)”. Il 25 maggio 1950 l’Avvocato Pietro Scognamiglio, nuovo Sindaco di Potenza, comunicò a Giuseppe Di Napoli che per il 5 giugno 1950 era stata disposta la cerimonia ufficiale; relatore ufficiale della commemorazione di Antonio Di Napoli e dell’intitolazione della nuova Gradinata fu il Colonnello Enrico Del Gesso, di origine palermitana, dell’84° Reggimento Fanteria “Venezia”, in sostituzione del Col. Salvatore Manzo impossibilitato ad essere presente. Il dolore dei genitori di non avere neppure una tomba su cui pregare il proprio figlio caduto in guerra, anche se mitigato dal sapere che le sue spoglie riposavano nel cimitero di guerra a Korce (Coriza) in Albania, venne mitigato dalla notizia che l’Italia stava trattando con il Governo Albanese, allora Presidente Enver Hoxha, per riportare in patria le salme dei militari caduti durante la guerra. Dopo una lunga attesa motivata dai tempi delle trattative e del recupero delle salme, in data 13 luglio 1961 il Ministero della Difesa comunicò ai familiari dei caduti l’arrivo a Bari con la motonave “Vicenza” l’arrivo di 3.800 cassette ossario di militari caduti in Albania e provenienti dai Cimiteri di Guerra di Korce (Coriza) e di Permeti. Dopo l’arrivo e le solenni onoranze militari, civili e religiose le cassette ossario dei caduti sul fronte greco-albanese vennero avviate al Sacrario di Capurso, a 10 chilometri da Bari, prima di una definitiva sistemazio-

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ne presso le singole destinazioni d’origine. Dopo quattro mesi, l’11 novembre 1961, in una piovosa giornata autunnale che rese più doloroso il ritorno alla “terra natia”, la cassetta ossario 1.111 con le spoglie mortali di Antonio Di Napoli giunse a Potenza, trasportata su un mezzo dei Carabinieri e, scortata da motociclisti dell’Arma, venne ricevuta a Piazza XVIII Agosto dalle autorità militari e da quelle civili rappresentate dal Sindaco di Potenza Avv. Giovanni Messina con Gonfalone decorato di Medaglia d’Oro. Il corteo funebre attraversò Corso Umberto I, Via Portazalza e Via Pretoria per giungere alla Chiesa della SS. Trinità dove si svolse la funzione religiosa presenziata dal Vescovo Mons. Augusto Bertazzoni ed officiata dal Parroco Don Domenico (Mimì) Sabia. Dopo la cerimonia religiosa il corteo funebre attraversò Via Pretoria ed alla fine della stessa, nel Piazzale antistante le palazzine INCIS, il Col. Salvatore Marzo, già Comandante 1° Battaglione dell’84° Reggimento Fanteria “Venezia”, lo stesso che avanzò la proposta di Medaglia d’Oro al Valore Militare ad Antonio Di Napoli, durante l’orazione commemorativa definì il caduto “ Eroe della Sella di Quifaristes che volle e seppe mantenere e difendere fino all’ultimo sangue”. Dopo gli ultimi onori militari, le spoglie sempre scortate dai Carabinieri, per Via Raffaele Acerenza giunsero al Cimitero cittadino dove la cassetta ossario con le spoglie di Antonio Di Napoli fu tumulata in una celletta alle spalle del Sacrario Militare e successivamente traslata sulla parte anteriore, quando lo stesso Sacrario venne terminato, dietro una lastra di bronzo. Fra le tante attestazioni di solidarietà pervennero anche quelle dell’On. Emilio Colombo, allora Sotto Segretario alla Agricoltura e dell’On. Michele Marotta, Questore della Camera dei Deputati, entrambi assenti alle esequie per impegni politici. Potenza rese quindi gli onori al suo figlio dedicandogli una scalinata e deponendo le sue spoglie nel Sacrario Militare. Ad Antonio Di Napoli a Roma fu intitolato un Edificio Scolastico ed una Strada in zona EUR, mentre ad Ascoli Piceno fu intitolata la Scuola Allievi Ufficiali che attualmente ospita 235° Reggimento di Fanteria “Piceno”, destinato all’addestramento delle soldatesse. Mi sia consentito ringraziare gli eredi Masella ed in particolare la sig.ra Paola, sposata Di Mase, per tutti i documenti che ho potuto consultare e per tutte le ulteriori notizie che mi hanno consentito di integrare ed aggiornare la ricerca sulla Medaglia d’Oro Antonio Di Napoli. NOTE 1) - Di Napoli Antonio (Roma 31.12.1913 Quifaristhes, Fronte Greco 17.11.1940)



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Dai valori della costituzione alla crisi della rappresentanza:

LA DEMOCRAZIA DIFFICILE Anna MOLLICA

ate che il volto di questa repubblica sia un volto umano. Ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto tra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti tra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide”. A parlare così fu Giuseppe Saragat, presidente dell’Assemblea che a partire dal 25 giugno 1946 diede inizio ai lavori per la stesura del testo più importante della neonata Repubblica Italiana. La Costituzione venne approvata il 22 dicembre 1947 con 453 voti favorevoli e 62 contrari ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Il 90% dei deputati dell’Assemblea confermò l’impianto normativo di quella che era destinata ad essere la Legge Fondamentale della Stato. Una larghissima maggioranza condivise disposizioni, principi, valori democratici per la prima volta ufficialmente sanciti in un testo che ne faceva il perno dell’ordinamento e che di lì in avanti avrebbero regolato la vita della Nazione. Si realizzò dunque, una convergenza, storica è il caso di dire, tra differenti partiti politici, che seppero con il dialogo, il confronto, l’ascolto reciproco intersecare i rispettivi indirizzi ideologici per il bene supremo cioè il rispetto della persona umana. Oggi la nostra Costituzione ha più di 60 anni di vita. In questo lasso di tempo ha accompagnato ed orientato le scelte di generazioni di uomini e donne e vigilato sui cambiamenti politici, economici e sociali nel

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frattempo avvenuti. Cambiamenti che sono stati rapidi e i cui esiti hanno inciso sulla sostanza della democrazia. Ma in che modo? Intorno a questo interrogativo è ruotato l’incontro organizzato lo scorso 8 febbraio dal Lions Club Potenza Host nel Museo Archeologico “D. Adamesteanu”. “Dai valori della Costituzione alla crisi della rappresentanza: la democrazia difficile” è stato questo il titolo di un dibattito che ha analizzato la società italiana, il suo rapporto con la politica, il suo andamento a livello locale partendo dalle osservazioni contenute nel libro Le radici della democrazia di padre Francesco Occhetta, giurista, politologo e assistente nazionale UCSI, presente anch’egli al confronto insieme al sen. Giampaolo D’Andrea e ai giornalisti Rai Edmondo Soave ed Erberto Stolfi. Prendendo come parametro di riferimento la Costituzione, soprattutto le sue origini, tutti hanno riconosciuto che la lezione più importante impartita dai padri costituenti è stata quella di aver operato secondo un progetto costruttivo e lungimirante che, lontano dal corrispondere alle aspettative di un’unica corrente di pensiero, si è fatto carico di tutte le istanze e tratto poi la sintesi condivisa e favorevole per tutti. Una logica, questa, da loro duramente sperimentata nel corso della tragedia bellica quando accantonarono le divergenze ideologiche ed unirono le forze contro i Nazifascisti, nemici comuni. Poi fu trasferita nei palazzi istituzionali dove, a conflitto ultimato, si lavorò affinché i diritti umani, la libertà, la democrazia per anni oltraggiati avessero la loro ragione d’essere nella Carta

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Costituzionale dove i primi acquisirono l’appellativo di inviolabili, la seconda e la terza la tutela garantita dalla divisione dei poteri dello Stato in tre differenti organi. Oggi, il ritornare a quei momenti è utile. Serve a noi e a chi ci rappresenta affinché ci si possa riappropriare dei sentimenti di collaborazione, condivisione, solidarietà con i quali indirizzare le nostre scelte. Perché come ha detto Occhetta: “il bene comune non è la somma di quello che abbiamo ma il prodotto di quello che facciamo”. E questo sia a livello istituzionale sia a livello locale. Ogni provvedimento normativo (ora tanto si discute di legge elettorale, superamento del bicameralismo perfetto) non deve essere voluto solo da una parte e non deve essere difforme dal sentire dei cittadini. Quest’ultimi, dal canto loro, chiamati ad un maggiore interesse per la politica, ad alimentare il senso critico e ad attivarsi per migliorare i propri territori creando centri di aggregazione politici, culturali o sportivi. E’ importante che venga evitata l’oligarchia politica, che ci sia più partecipazione degli Enti locali alle decisioni del Paese. Non si deve dimenticare che le dittature del ‘900 si sono imposte rispettando le regole formali. A tale proposito può tornare utile l’esortazione, ricordata nel libro di Occhetta, di un uomo che a soli 27 anni fu eletto deputato all’Assemblea costituente: “libertà e democrazia sono valori che richiedono grande umiltà per viverli nella verità, accettando di non poter mai dire di essere alla stazione di arrivo: ogni giorno si può fare un passo nuovo per renderli attuali e vissuti da tutti” – Oscar Luigi Scalfaro.


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LAGONEGRO LE SUE CHIESE, LA SUA ARTE Il restauro di sei calici del XV-XVIII secolo a Basilicata può chiamarsi anche terra di tesori. Piccoli o grandi opere i cui scrigni giacciono nei paesi, all’interno o all’esterno di imponenti edifici che testimoniano un considerevole passato. Come le chiese nelle quali è transitata la storia dei nostri borghi raccontata anche dall’arte di cui spesso sono espressioni. Lagonegro è uno di questi. Incastonato nel verde dell’Appennino lucano, onore e vanto dei suoi abitanti che lo vorrebbero inserito nel club dei borghi più belli d’Italia, Lagonegro da oggi orgogliosamente presenta al pubblico un’altra bella storia di restauro artistico dopo quella del sarcofago voluta e portata avanti dagli stessi cittadini grazie all’interessamento dell’associazione culturale “A castagna ra critica”. Si tratta di sei calici d’argento dorato appartenenti alla Chiesa della Santissima Trinità che adesso risplendono di nuova luce dopo un lavoro di recupero realizzato da Francesca Leolini, restauratrice dal 1998. Nata come tesi di laurea presso l’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, questa operazione è stata possibile grazie alle sinergie di più operatori, dalla diocesi di Tursi- Lagonegro, alla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Basilicata, oltre all’associazione stessa, che hanno creduto nella validità di un progetto dal grande apporto culturale e scientifico. Il recupero di oggetti datati tra il XV e il XVIII secolo che ha richiesto un minuzioso studio sia sulla struttura del manufatto che sulla storia del periodo, tanto a livello locale, tra gli archivi

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parrocchiali, quanto a livello generale, nel Regno di Napoli, la cui capitale era unico centro titolato alla lavorazione di metalli preziosi. La contestualizzazione storica ha poi affiancato il restauro vero e proprio che la Leolini ha potuto agevolmente realizzare all’interno del “Suor Orsola Benincasa”, una delle poche università italiane dotate di laboratori dedicati. Tra questi vi è quello di diagnostica le cui strumentazioni permettono in maniera non invasiva e non

distruttiva di individuare caratteristiche invisibili ad occhio nudo. Utilissima per analizzare l’interno di sculture (lignee, ceramiche, metalliche), di dipinti, di palazzi, di reperti archeologici, la diagnostica per immagini, presa in prestito dalla medicina, utilizza tecniche come la fluorescenza UVA e a raggi X, la TAC, la gammografia, il microscopio ottico, la microscopia elettronica a scansione

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per capire lo stato del manufatto in ogni suo aspetto e come meglio intervenire. Una minuziosa indagine pre-restauro a cui ovviamente sono stati sottoposti anche i sei calici di Lagonegro che hanno attraversato ulteriori fasi, tra i quali lo smontaggio, prima di essere ultimati in maniera perfetta. Ed ora, che è stata ripristinata l’originaria luminosità e conformazione, ci si auspica una loro pubblica fruizione, a Lagonegro, all’interno di un percorso museale tattile e sensoriale adatto anche ai diversamente abili. E’ un obiettivo che renderebbe ancora più interessante la cittadina medioevale che può vantare tra le sue bellezze anche questi ultimi tesori grazie alla tante sensibilità che hanno creduto e credono in uno sviluppo locale che valorizzi luoghi e arte. I risultati del restauro sono stati divulgati lo scorso 14 febbraio a Potenza presso la Cappella dei Celestini di Palazzo Loffredo alla presenza dei sindaci di Lagonegro e Potenza, rispettivamente Domenico Mitidieri e Vito Santarsiero, della restauratrice Francesca Leolini, dei rappresentanti dell’università napoletana “Suor Orsola Benincasa” e dell’Università lucana, della soprintendenza per i Beni Storici ed artistici della Basilicata, dell’associazione culturale “A castagna ra critica”, della parrocchia e della diocesi lagonegrese, tra cui mons. Francesco Nolè. an.mo.


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Sugar

La band degli dà alla luce la terzacreatura:

Sound

She’s My Baby È previsto uno straordinario concerto di presentazione il prossimo 14 marzo presso l’Auditorium del Conservatorio Gesualdo da Venosa di Potenza

pesso le cover sono disdegnate, ma a noi preme sottolineare che non sono imitazioni. Chi non è ancora arrivato al grande successo, deve necessariamente attraversare il passaggio dell’interpretazione dei brani altrui. Zucchero, per esempio, cantava i brani di Joe Cocker e Ray Charles. Io, noi, prima di raccontarci, abbiamo bisogno di questo step. Lo stesso si dica per i concerti: bisogna essere attraenti per “trattenere” il pubblico! E in questo modo, posso pensare di proporre i brani che scrivo, insieme ai musicisti che compongono la band.” – ha esordito così la “voce” degli Sugar Sound, Antonello Lioi.

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Cosa rappresenta il gruppo e quanto è difficile mantenere un equilibrio al suo interno? “Il gruppo per noi è simbolo di unione, di confronto, luogo privilegiato nel quale non esiste prevaricazione. C’è una condivisione più ampia. Il trade d’union, senza dubbio, la musica. A muoverci, la passione.”

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Perché Zucchero? Solo una scelta dettata dall’istinto o c’è dell’altro? “Scegliere un cantante è sicuramente questione di “vicinanza”, sia nella vita che nello stile, sotto il profilo musicale e quello personale. Questo è il motivo preponderante per cui ho scelto Zucchero! Erano i tempi in cui, ha pubblicato Oro, Incenso e Birra e altri album di successo, eravamo come spugne, apprendevamo tutto. È un uomo, poi, che apprezzo perché controtendenza, burbero a tratti, vicino a noi lucani, temprato per il lavoro, deciso, inamovibile. Vocalmente, inoltre, c’è un “colore” che ci accomuna. Il nostro percorso ci ha portati in seguito a divenire suoi amici; riusciamo a incontrarci con una certa frequenza, non ci sono le agenzie che ci fanno da filtro. Abbiamo la fortuna di guardarci negli occhi, cosa non comune e bellissima.” Quali sono i componenti della band? “Antonello Lioi – testi e voce; Gianfranco Cloralio – autore delle musiche e chitarrista; Alessandro Di Nuzzo – basso;


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Vincenzo Giuzio – batteria; Donato Pace – tastiere. Per la tournée 2014 ci avvaliamo della collaborazione di Viviana Fatigante, come corista e Mariano Caiano, percussionista ed elemento principale dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore.” She’s My Baby. La terza “creatura”. “She’s My Baby è il terzo lavoro, comprende due cd. Il primo contenente tutte le cover più famose di Zucchero, raccolte in 6 medley (circa 20 tracce). Il secondo, con sette inediti. Di essi, tre sono brani già conosciuti, Carezze e Lacrime, Bianca Nuvola e Vivrai per Sempre. Quattro nuovissimi: She’s my Baby, Tango, Baby go, Forever.” Perché questo titolo? “È una creatura, come si diceva in precedenza, va vista e trattata con amore! Per questo la scelta al femminile. Ogni volta, arrivare al risultato è come un parto! Il refrain, inoltre, è molto usato da Zucchero; e, come ama ripetere lui, è una speranza. Un motivo di speranza.” Quali le difficoltà nell’operazione di auto-prodursi? “Auto produrre un cd è sempre difficile, sia per l’impegno che comporta sia per il sacrificio a livello economico, proprio perché siamo una band e ciò che si sente è il prodotto di musica eseguita dal vivo e registrata nello studio.” Alcuni artisti di fama nazionale e internazionale vi hanno affiancato. “Possiamo vantare molte collaborazioni prestigiose, tra cui quella di Cheryl Nickerson, di Enzo Polito (caro amico blues ed editore della band), Nello Giudice, chitarrista per Mango e Fabrizio Bosso, trombettista di grande talento.” L’iniziativa per lanciare il disco è originale. Di che si tratta? “Abbiamo deciso di seguire una linea precisa: nei nostri concerti ci facciamo, in genere, affiancare da artisti lucani e da persone più conosciute. In precedenza, abbiamo ospitato Irene Fornaciari, per esempio. Questa volta, nel concerto che si terrà il 14 Marzo, presso il Conservatorio di Potenza, momento in cui presenteremo ufficialmente il nostro nuovo disco, abbiamo invitato Nello Giudice, Danilo Vignola (vincitore di un concorso mondiale per ukulele, endorser della casa produttrice americana che lo ha indetto), Enzo Polito e il coro di bambini dell’IC Sinisgalli di Potenza. Accanto a loro, lo storico gruppo degli Audio 2. Il legame con le nostre radici è davvero intenso, vorremmo premiare gli artisti meritevoli e i talenti locali. In linea con tutto ciò, abbiamo deciso di far presentare la serata al trio comico potentino La Ricotta.”

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Nuova proposta per i consumatori

Risparmiare spendendo Flavia ADAMO

omprare risparmiando? Da oggi anche a Potenza si può. La nuova comunità dei consumatori, YesCom, il cui acronimo è Your Economy System Community, è un'associazione no profit nata per ottenere risparmi concreti sulle spese familiari più importanti come alimentari, carburanti, bollette, e fornendo assistenza gratuita su temi di considerevole interesse per la tutela degli associati a livello fiscale, sanitario, legale, assicurativo, ecc. Questa comunità di consumatori, presente su tutto il territorio nazionale con sedi provinciali e regionali, da alcuni mesi si sta proponendo come soluzione al triste periodo economico che la maggior parte delle famiglie italiane si trova ad affrontare. Infatti uno degli slogan dell'associazione è “ Il costo della spesa condiviso è più leggero. Il risparmio condiviso è più grande”. Tutto ciò è possibile attraverso l' adesione all'associazione.

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Per capire meglio come la YesCom si pone come soluzione alla crisi , riducendo, fino ad azzerare le spese delle famiglie, chiediamo ad uno dei primissimi associati di Potenza, il Signor Perrone Saverio, maggiori informazioni su questa comunità. Cos'è la YesCom? É un'associazione senza scopo di lucro, una nuova e rivoluzionaria proposta che ha l'obiettivo di promuovere e difendere gli interessi dei consumatori attraverso notevoli sconti su ogni tipo di spesa che quotidianamente ogni famiglia italiana si trova a sostenere. La YesCom ha sede legale a Roma, ma grazie ad una intensa attività di divulgazione e distribuzione di materiale informativo, il numero degli associati sta crescendo notevolmente in tutto il territorio italiano. Difatti, l' intento è quello di realizzare e sviluppare un movimento di consumatori autonomo e indipendente a livello nazionale, europeo e extraeuropeo, tramite convenzioni vantaggiose. Come questa comunità assicura una riduzione delle spese familiari? Lo scopo dell'associazione è quello di aiutare le famiglie italiane e ciò è possibile grazie ad accordi stipulati con partner nazionali che permettono agli associati di usufruire degli sconti prestabiliti. Infatti, ogni associa-

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to, può usufruire di diversi buoni acquisto per la spesa, per i carburanti, sulle tessere ACI e per la telefonia fissa e mobile, qualunque sia il gestore telefonico, attraverso la YesCard, ottenendo così un risparmio annuo considerevole e contemporaneamente, associarsi offre la possibilità di poter azzerare completamente la spesa familiare attraverso la semplice attività di socio promotore. Cos'è la YesCard e come l'attività di socio promotore può azzerare l' onere familiare? Per poter essere socio YesCom bisogna iscriversi alla comunità e così diventare possessori di una carta servizi che, oltre a permettere di usufruire dei benefici convenzionati, permette di poter beneficiare della mutualità data dalla quota associativa. Infatti, una parte dello sconto ottenuto dagli accordi con i partner viene condiviso tra gli associati come contributo di mutualità. Da diversamente occupato si può diventare socio promotore sviluppando una grande opportunità lavorativa che può contribuire ad azzerare i costi annui di ogni famiglia. Per chiunque volesse approfondire meglio le opportunità che l'associazione offre può consultare il sito internet www.yescom.it, o chiamare me al numero 392-392777, in modo da sapere quando ci saranno le prossime riunioni in Basilicata.



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Il tango impreziosis il cartello teatrale lu Tango, amore, seduzione , incontri notturni, calcio. Tutto questo è "Pasiones Tango Y Musical”. Erica Boaglio e Adrian Argon scommettono con successo su un nuovo stile del tango moderno, contaminato da musica e balli in strada per raccontare l'Argentina di oggi.

Antonio CORBO

opo il grande successo delle scorse stagioni e a grande richiesta del pubblico, è ritornato a Potenza per il cartellone teatrale “Tutto l’anno una bella stagione” messo in scena dal Consorzio Teatri Uniti di Basilicata " Pasiones Tango Y Musical Company " coreografie di Erica Boaglio e Adrian Aragon, un viaggio sensuale e profondo nel mondo del tango. " Pasiones Tango Y Musical", protagonisti Adrián Aragón e Erica Boaglio. Nella loro lunga carriera come ballerini e coreografi hanno svolto un lavoro importante a livello nazionale e internazionale, collaboran-

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ce cano

do anche con Miguel Ángel Zotto il ballerino argentino, eletto tra i tre più grandi ballerini di tango di tutti i tempi, proveniente da una famiglia di immigrati italiani in Argentina dal paesino lucano di Campomaggiore. Il loro è uno spettacolo completo, con una direzione di sviluppo ben strutturato e dinamico ben calibrato: lo spettacolo scorre senza intoppi in un disegno unitario che evoca situazioni dove ci sono la danza e stili di vita di tutta l'Argentina. Tango attraversa il palco al ritmo di oltre un secolo di storia: è anelito di libertà, espressione di vitalità. Un vero e proprio musical in cui i “giocatori di talento” - Boaglio e Aragon in prima fila - dal vivo, cantano, ballano, ricreano situazioni tipiche della vita quotidiana di un grande paese: l’Argentina. Perchè con la crisi economica del 2001 (l’anno del grande default), la gente all’improvviso si è trovata senza lavoro, ed era costretta a raccogliere i cartoni per terra per sopravvivere. In più la solitudine mortale delle grandi città: ben rappresentato sul palco del teatro “Don Bosco” di Potenza. Ma l'Argentina non è solo questo, è anche la passione sportiva. La conclusione dello spettacolo è la storia di un ragazzo che sogna di essere un grande calciatore e infine riesce. Amore, seduzione, orari, incontri, feste, calcio, vale a dire passioni. Uno spettacolo che rompe definitivamente lo schema tradizionale di spettacoli di tango, diventando una musica capace di conquistare e muoversi. Il tango e folklore si intrecciano e plasmano, attraverso la musica e la danza, uno spettacolo che raggiunge l'essenza più profonda dello spirito argentino. Erica Boaglio e Adrian Aragon hanno la capacità innata di fare anche i passaggi più veloci e complesse sono estremamente sexy. Una danza che non è solo danza, ma la passione, la sensualità e l'amore . Un nuovo musical che rompe gli schemi del modo classico per portare tango ai teatri, in un emozionante viaggio dentro l'anima del popolo argentino. Un viaggio appassionante verso l'anima del popolo argentino in un musical contaminato dalle movenze del tango. Lo spettacolo è composto da quattro parti, ognuna delle quali affronta un aspetto particolare dell'anima argentina: l'amore, la seduzione, la notte, gli incontri, le feste, il calcio. Tutto questo è "Pasiones". Lo spettacolo segna l'inizio di una nuova forma di musical argentino, che rompe definitivamente con le tradizionali rappresentazioni del tango. Un lavoro unico nel suo genere anche grazie alla danza moderna, a un disegno luci molto suggestivo e alla raffinata composizione delle coreografie.

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Adrian Aragon ha affermato: “ Il tango è modo di essere….ognuno balla come vuole...come si sente…l’importante è divertirsi…anche con le scarpe da ginnastica...”. Ed è vero, il pubblico che riempiva il teatro “Don Bosco” di Potenza è letteralmente esploso in applausi. Parliamo adesso un pò…di tango per chi si vuole avvicinare alle molte scuole di ballo presenti nella nostra regione. Il tango è un ballo, e un genere musicale, per lo più in tempo binario, originario della regione del Río de la Plata tra Argentina e Uruguay come espressione popolare, e artistica, che comprende musica, danza, testo e canzone. Il tango è un ballo basato sull'improvvisazione, caratterizzato da eleganza e passionalità. Il passo base del tango è il passo in sé, dove per passo s'intende il normale passo di una camminata. La posizione di ballo è un abbraccio frontale più o meno asimmetrico, a seconda dello stile, in cui l'uomo con la destra cinge la schiena della propria ballerina e con la sinistra le tiene la mano, creando quindi una maggiore distanza tra la spalla sinistra dell'uomo e la destra della donna. Poche regole semplici dettano i limiti dell'improvvisazione: l'uomo guida, la donna segue. Fondamentalmente è l'uomo che chiede con un linguaggio puramente corporeo alla propria ballerina di spostarsi. Di conseguenza, non potendo assolutamente prevedere cosa succederà alle spalle dell'uomo (che guidando, ha la responsabilità della coppia), costui deve assolutamente evitare di fare dei passi all'indietro, cioè nella direzione contraria al senso di ballo. Di regola, i ballerini più esperti dovrebbero occupare la parte più esterna della pista, che teoricamente consente maggior velocità. Il linguaggio del corpo è prerogativa del tango e, quindi, durante la durata del ballo, la coppia non comunica con le parole, le quali interromperebbero l'armonia che si forma in quel momento, in cui la musica si trasforma in movimento. Il “cabezeo” è quell'attività sussultoria o ondulatoria della testa (cabeza), con la quale si invita qualcuno a ballare. Sostituisce o integra il lavoro preliminare degli occhi. Puoi "cabezear" a una donna se è da sola, o in compagnia di un'altra donna o seduta ad un tavolo con un gruppo formato da un minimo di tre persone. Non puoi cabezearla se è in compagnia di un uomo: in questo caso, devi andare fino al tavolo e chiedere il permesso a lui, ma solo se lo conosci. Tenete presente che la faccenda del cabezeo è simmetrica: anche la donna può farlo. Con le stesse regole, naturalmente. Il “cabezeo” e il "vistazo" (occhiata) sono quindi tentativi di esplorazione della volontà del possibile partner, la ricerca dell'assenso a ballare.


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GIOVANNI

VETRITTO

E FRANCESCO SAVERIO

NITTI Un incontro intellettuale sullo sfondo del mezzogiorno

a presentazione del lavoro di Giovanni Vetritto ha rappresentato per il centro culturale “Francesco Saverio Nitti” un’ ulteriore operazione di importante impegno culturale che si annovera giustamente nel fitto calendario di incontri organizzati nell’inverno 2013-14 e in questi ultimi anni. L’autore Giovani Vetritto, dirigente della Presidenza del Consiglio, segretario del Comitato Scientifico della “Fondazione

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Nitti”, collabora con l’Università Roma Tre, il Consiglio delle Scienze Sociali e con la Fondazione Critica Liberale. L’opera dedicata a Nitti, Francesco Saverio Nitti. Un profilo, pubblicata con Rubbettino ed., 2013 e presentata a Melfi con una interessante conversazione tra il presidente della Fondazione Stefano Rolando e l’autore, rappresenta una riflessione sul profilo dello statista con l’obiettivo di riconoscer-

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ne il valore di uomo di stato non solo per la rappresentatività ma soprattutto per la lungimiranza. “Nitti oggi” perché è la prima biografia a trenta anni da quella di Barbagallo e perché l’uomo è connotato da notevole modernità, degno per tanto di essere annoverato fra i precursori del tracciato che seguirà l’Italia. Lontano da ideologismi pregiudiziali, Nitti affrontò con autonomia di giudizio gli sviluppi politici, a


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tratti anche controcorrente. Fu un liberale democratico, lontano dal “trasformismo” di età giolittiana, positivista in un mondo segnato da un idealismo astrattizzante e, poi, dall’irrazionalismo fascista. “Eclettico”, “individualista ed egocentrico”, sin dagli esordi e dal primo impegno di docente presso l’Università di Portici e di Napoli, il suo senso di democrazia liberale, espresso con personali e pragmatici aggiustamenti,

si accompagnò ad una riflessione sulla politica economica borbonica e a ipotesi, se pure temporanee, di apertura al protezionismo doganale. Centrale fu, quindi, l’interesse per il meridione e per una prospettiva che vedesse un incontro tra interessi dei ceti produttivi espressi dalle classi lavoratrici e dai settori più aperti della borghesia. Il disegno di Vetritto intende percorrere le tappe segnate dallo statista ricostruendone il pensiero: previde il ruolo centrale dello Stato nel settore dell’energia, la nazionalizzazione della elettricità, cosa che, invece, solo nel 1962 si realizzò con la istituzione dell’ENEL da parte del primo governo di centro sinistra. Intuì l’importanza di legare intervento statale e imprenditoria privata come volano di sviluppo proprio in quelle zone depresse da cui proveniva e cui aveva sempre dedicato ricerca e studi. Ne è il segno il Manuale di Scienze sociali che tiene insieme una certa ingegneria politica e mostra come attività politica, sociale e la loro sistematizzazione marcino insieme. A ciò fu informato il suo impegno politico, quando eletto in Parlamento, fu Ministro dell’Agricoltura, sino a quando, divenuto Presidente del Consiglio, nel 1919, dovette affrontare le difficoltà del dopoguerra, le complesse trattative internazionali, il massimalismo operaio crescente, dopo la rivoluzione d’ottobre; infine le tensioni interne che ebbero nella impresa di Fiume una prima manifestazione di recrudescenza, sino alla grande confusione che sfociò nella marcia su Roma. Avversò da subito la guerra del ’14-18, il colonialismo, l’uso della forza come strumento per comporre le questioni fra Stati, denunciando il rischio di una guerra tra popoli come poi, proprio

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di lì a pochi anni, l’Europa ed il mondo avrebbero sperimentato. Guardava all’esempio dei paesi europei, pur senza sudditanza, convinto che agganciandosi ad essi l’Italia potesse uscire dal suo provincialismo e seguire una via di sviluppo. Drammaticamente l’intera classe politica e lo stesso Nitti non riuscirono a capire la crisi in cui era caduto lo stato liberale né il pericolo rappresentato dal governo Mussolini. Nitti si ritirò ad Acquafredda, tornò a Roma, poi il 4 giugno del ’24 partì per l’esilio, nel ’26 fu a Parigi. Alla fine della guerra si presentò nel ‘48 con una lista costituita dai liberali sino ai qualunquisti ma interruppe la campagna per la morte della moglie. Accettò poi di capeggiare, nel ’52, malgrado il difficile rapporto con i partiti di massa, il blocco social comunista per le amministrative di Roma. Morì il 20 febbraio del ’53. Soprattutto scrivendo a importanti uomini politici di tutto il mondo e partecipando alla Costituente ebbe modo di contribuire efficacemente alla ricostruzione della realtà politica del dopoguerra; uomo del sud, ha voluto sottolineare Vetritto nella sua conversazione, seppe proiettarsi e comunicare intensamente con politici e intellettuali lontani, portando in Italia quel messaggio che potremmo definire cosmopolita, forte di quegli ideali democratici e di un liberalismo anglosassone di cui era nutrito, base del suo progetto di vita e presupposto di quel segno di grande modernità su cui si sofferma la ricerca dell’autore. Il lavoro, svolto con rigore di metodo è arricchita da una nota bibliografica ragionata e da una Piccola antologia di scritti. ma.to.


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Rima Grezza vol. 1 Urban underground al 127 Contest potentino organizzato da Fresco Flavor

Carlo CALZA Jr.

l 18 gennaio il “civico centonovantasette” di Potenza ha ospitato il “Rima Grezza Vol 1”, un contest organizzato dall’associazione Fresco Flavor, neo costituita con lo scopo di promuovere tutto ciò che possa riguardare la cultura urban underground. Abbiamo posto qualche domanda a Marco Morelli (in arte Dj Devasto), uno dei fondatori dell’associazione, nonché storica figura della scena rap potentina e lucana.

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Quando è stata costituita l'associazione, da chi e con quale scopo? L’associazione Fresco Flavor nasce nel 2012 dall’unione di 4 persone legate al mondo della street art e della cultura hip hop. Lo scopo è quello di promuovere le culture “underground” attraverso la produzione di concerti, eventi, mostre, contest, corsi…. Le teste che stanno dietro a tutto ciò sono: Marco Morelli: In arte Dj Devasto, storico dj della scena rap lucana, ha suonato nel primo gruppo rap della città di Potenza, i


65 Formati Ridotti, poi con la MalaCimaOrganizzata di Rionero in Vulture e ora segue i NociviElementi. Simone Cortese: in arte ILOVETU, inizia la sua carriera nell'ambito della street-art. Attualmente si dedica all'illustrazione e alla grafica, curando l'immagine di un nuovo brand lucano (Crusko Clothng) e collaborando con i Nocivielementi. Rocco Tancredi: Rappresentante del bboying lucano nel mondo, fondatore dell'exnihilo (affermata crew di breaking nella scena italiana ed internazionale) organizzatore di eventi e fondatore assieme a Simone Cortese del brand crusko clothing. Roberta Cortese: Attiva nell'ambito pittorico ed nell’artigianato artistico con la lavorazione di materiali tessili e di scarto. Attualmente collabora con il brand crusko clothing. Entrando nello specifico della prima serata di Rima Grezza (vol 1), come si è svolta la battle? Regolamento e premi in palio? Rima Grezza Vol.1 nasce dalla voglia di portare a Potenza ciò che in altre città va avanti già da anni. Una battle di freestyle vede due mc che si sfidano a colpi di rime improvvisando, su round che hanno durata prestabilita. L’unico giudice è il pubblico, che attraverso il “casino" (applausi, urla, fischi…) decreta il vincitore della sfida. Non esiste un vero e proprio regolamento, diciamo che è tutto verbalmente permesso e infatti non è raro ascoltare rime pesanti, talvolta offensive. Il bello è che tutto l’agonismo finisce allo scadere del round, il rispetto per l’avversario è alla base delle battle di freestyle. Soda, vincitore di Rima Grezza Vol.1, ha vinto un viaggio a/r per Amsterdam, abbigliamento Crusko Clothing (brand lucano curato da Simone e Rocco) e una pubblicazione sulla web label Grilled Toast Records. La serata è stata presentata da E.N.I.G.M.A. dei NociviElementi, gruppo di punta della scena rap lucana, mentre ai piatti avevamo Dj Liam, giovane promessa del turntablism locale. Dj Nexus, terzo classificato alle Selezioni Italiane IDA 2013 (Campionato Mondiale per DJ), ha fatto un’esibizione a metà serata a dir poco spettacolare e di cui essere orgogliosi in quanto anche lui lucano! E’ stato difficile reperire partecipanti? Come avete selezionato il luogo in cui svolgere il contest? Quando abbiamo creato l’evento non ci aspettavamo la risposta che abbiamo ottenuto. Nel giro di pochi giorni abbiamo dovuto chiudere le iscrizioni per non sforare coi tempi. Abbiamo avuto partecipanti da tutta la regione, si respirava un’aria positiva, di rispetto, ma anche di sfida. Basti pensare che hanno organizzato un pullman dal Vulture per supportare i loro mc, mentre da Grassano (MT) sono partiti con svariate

macchine! La serata si è svolta al Civico 197, un locale dove si fa musica e, quindi, dove la gente è aperta e predisposta ad ascoltare anche cose “diverse”. Abbiamo scelto il Civico 197 perché in questi ultimi mesi si è instaurato un rapporto di collaborazione con loro, abbiamo già fatto diversi live (NociviElementi, Nero…), c’è una dotazione tecnica che permette di suonare, i gestori sono molto attenti alle scelte artistiche e ci hanno dimostrato sin da subito la loro fiducia; infine si possono degustare degli ottimi cocktail fatti con professionalità. Che riscontro avete avuto durante la serata? E soprattutto, nel periodo successivo che risonanza ha avuto l'iniziativa su youtube e sui social networks? La serata è andata nel migliore dei modi. Vedere il locale pieno sin dalla prima sfida è stata una grande vittoria. Tutta la serata è stata ripresa dal nostro videomaker di fiducia Rocco Rocobot e i video sono stati pubblicati sui nostri canali Youtube e sulle pagine Facebook dell’Associazione Fresco Flavor, Exnihilo (prima e unica crew di breakdance lucana), Crusko Clothing. Pubblicare i video sul web è stato un passo fondamentale perché ha fatto aumentare la voglia di rivedersi, di capire gli errori fatti da parte dei partecipanti, di trovare nuovi stimoli, di commentare, di criticare… La pubblicazione dei video ha inoltre fatto conoscere Rima Grezza anche a chi non ha partecipato alla serata. Ci sono arrivati tanti commenti positivi, richieste di iscrizioni a future edizioni, anche da fuori regione. In seguito alla prima esperienza sicu-

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ramente positiva, so che avete in programma un vol 2. Come, dove e quando si svolgerà? Come dicevo prima, sono state molte le richieste di partecipazione a future edizioni. Quindi non potevamo non far nascere Rima Grezza Vol.2! In due giorni abbiamo raccolto il doppio delle iscrizioni rispetto alla prima edizione, tanto da pensare di fare due serate. Durante la prima serata si sfideranno tutti i partecipanti e ci sarà un ospite a sorpresa. Alla seconda serata accederanno i migliori otto mc, una vera e propria finalissima! Durante la finalissima avremo come ospite Soda, il vincitore di Rima Grezza Vol. 1 accompagnato da Dj Liam. Le date sono fissate per il 15 marzo al Faro Village e per il 29 marzo al Civico 197. In che modo possiamo seguire l'evento on line? Come per la prima edizione avremo i video di tutte le fasi che saranno pubblicati sul web. Tutti gli aggiornamenti si possono trovare sulla pagina Facebook dell’Associazione Fresco Flavor. Abbiamo altre idee in testa e ogni giorno ne nascono di nuove. Facciamo parte di una cultura ormai da tanti anni e finalmente stiamo riuscendo a portarla in giro, ognuno grazie alle proprie competenze, le proprie esperienze e la propria forza. Il web ci sta aiutando tanto perché annulla le distanze. Parallelamente, infatti, abbiamo creato contest di grafiche per t-shirt, contest di foto di break dance…e i partecipanti ci contattano da tutto il mondo. Quindi per seguire Rima Grezza Vol. 2 e tutte le attività parallele basta connettersi con noi sulle nostre pagine. Fresco Flavor…Stay Tuned




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T R A L E R I G H E

MOMENTI DI GRAZIA RACCOLTA DI POESIE DI CESIRA AMBROSIO a positività, la dolcezza e la bontà aleggiano in questa raccolta che inneggia alla bellezza della vita in ogni sua forma reale ed immaginaria. Un inno per quello che la vita riesce a donare nel concreto ed anche allo spirito fruitore di sensazioni ed emozioni che essa stessa genera. La natura, le persone, le situazioni, grazie al suo animo straordinariamente sensibile, si vestono di nuova luce e così riappaiono in poesie eteree come quelle che presenta in Momenti di Grazia (edito da Regione Basilicata), sua ultima raccolta. Cesira Ambrosio torna attraverso loro a mandare messaggi positivi e li comunica con tutta l’intensità di una donna che, sorretta da una fede forte, abbraccia la vita accogliendola con tutte le cose che le riserva e le dona. Anche drammi che hanno ferito il suo cuore di madre senza mai farlo cadere nella disperazione perché è convinta che una Madre più grande sta accanto a lei e ai suoi cari proteggendoli con il suo sommo Amore. Cesira questo lo sa e a Maria ha voluto dedicare teneri versi, come anche a Gesù, ricordato nei momenti salienti della sua vita, dalla venuta sulla terra al suo ritorno in cielo. E’ a Loro che l’autrice rivolge lo sguardo per cercare, e la trova, la certezza, quindi la tranquillità che ogni cosa, ogni evento quaggiù ha un senso. Per questo le sue poesie sembrano preghiere. Ed è per questo che le è stato concesso il privilegio di comporre una preghiera per l’immaginetta di San Domenico Savio, letta per la prima volta lo scorso 17 dicembre in occasione della festività del Santo, nella parrocchia dell’Immacolata di Potenza che Cesira frequenta da anni. In questa raccolta c’è altro ancora. C’è il mare che lei, già insegnate, originaria di Balvano, ha sempre fisso davanti agli occhi avendo vissuto sin da ragazzina a Napoli prima di trasferirsi a Potenza. Per lei è un “fermo immagine” significativo, è un qualcosa che conduce lontano verso orizzonti evanescenti da dove rinviare a

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Incantesimo Lunare Ricordo un fiore raccolto nel mio prato, la prima mia carezza, il richiamo dei tuoi occhi pennellati d’amore e di tristezza. Il tempo, con la luce della vita richiama di perle la luna; alla più lucente, in un lembo di cielo, affido i miei sogni: un vento leggero mi conduce per sentieri luminosi, guida la mia mano e per magia nasce la mia poesia! Cesira Ambrosio

mete sempre diverse. Come fa idealmente la nostra mente che spinge sempre più in là i pensieri portandoli a svelare le nostre mete interiori. Il mare è la nota ricorrente delle poesie e delle illustrazioni di Mario Bochicchio che ritroviamo nel libro. Lungomari, coste, barche che accompagnano la lettura dei versi capaci di levare lo sguardo anche al firmamento, al sole con le sue albe e suoi tramonti, alle stelle, dimora degli Angeli, alla luna con i suoi enigmatici volti, per poi ritornare sulla terra e ai suoi coloratissimi fiori. In questo libro ci sono inoltre poesie in napoletano. Napoli la porta nel cuore. Rievoca momenti bellissimi come gli incontri mattutini con l’ineguagliabile Totò, quando lei si recava a scuola e l’attore la esortava, brandendo affettuosamente il bastone, a studiare. E Cesira che

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vive tutt’ora come un onore quella conoscenza diretta, ha rivissuto la stessa emozione quando anni dopo, nel 2001 sempre a Napoli, la figlia di Totò, Liliana, le ha consegnato la Targa d’Argento insignendola del “Premio Speciale alla Poesia di Antonio de Curtis”. E’ uno dei tanti premi e riconoscimenti che la poetessa ha collezionato a partire dal 1991 fino al 2012. La sua instancabile attività letteraria la accompagna da bambina. Con lei le sue poesie sono maturate, hanno gioito e pianto, si sono evolute: così le commenta: “Per questo le mie liriche hanno la serenità della musica, anche nel rimpianto e nella malinconia. La mia poesia apre l’anima alla serenità, perché è docile, racchiude un canto d’innocenza, uno spirito universale”. an.mo.


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RACCONTARSI RACCONTANDO IL LIBRO DELLA F.I.D.A.P.A. DI POTENZA aria Antonietta Nigri, Lucia Laurino, Luciana Gallo, Paola Santangelo, Carmen Santoro, Licia Viggiani, Mariolina Robilotta, Giuliana Cappiello, Nunzia Volonnino, Anna Berardi sono le autrici di questo testo frutto di un biennio di attività portato avanti, sotto la guida di Luciana Biscione, dalla FIDAPA – BPW.Italy sezione di Potenza tra il 2011-13. Raccontarsi Raccontando raccoglie i contributi di conoscenze, esperienze umane e lavorative di queste fidapine che, con orgoglio, sentono forte il legame con l’associazione che a Potenza è stata fondata il 14 aprile del 1970. Una lunga storia, dunque, quella della Federazione Italiana Donne Arti, Professioni e Affari, movimento di opinione indipendente che ha lo scopo di promuovere, coordinare, sostenere le iniziative delle donne nell’ambito sociale e lavorativo, oltre a quello di rimuovere ogni forma di discriminazione. Una realtà voluta dalle donne e pensata per le donne affinché quel retaggio storico di subalternità rispetto all’uomo rimanga definitivamente chiuso, appunto, nella storia. In questo testo giuriste, letterate, funzionarie, storiche, scienziate, teologhe si raccontano e raccontano il mondo femminile tracciando un percorso evolutivo che dall’antichità arriva fino al Novecento del secolo scorso. Ognuna lo fa muovendosi nel proprio campo di conoscenze impostando un resoconto che non è semplice esposizione di fatti bensì analitico di quei tempi e di quelli attuali. La loro è un’incursione nelle diverse società, nelle culture e nelle concezioni di vita dalle quali emerge il poco confortante quadro di donne perseguitate, oppresse e spesso oggetto di meschine calunnie. Dall’antichità greca e romana, al Medioevo troviamo donne capaci ed intelligenti che hanno pagato, anche con la vita, la loro determinazione a voler essere altro che semplici madri, mogli e a voler far altro consce del loro sapere di tipo matematico, scientifico, medico, letterario, artistico e politico. Qui le ritroviamo ritratte in figure insieme alle foto

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recenti di donne contemporanee, protagoniste di quel riscatto che, solo a partire del secolo scorso, ha proceduto a passo spedito, assecondato dai tempi durante i quali tutto nella società stava rapidamente cambiando. Questa è, infatti, l’epoca delle grandi scoperte scientifiche, dei premi Nobel che vengono conferiti alle donne che hanno lavorato alla ricerca di quelle evidenze. E’ l’epoca delle nuove Costituzioni che, in Occidente, vengono redatte secondo principi liberali e democratici estesi anche alle donne che così fanno il loro ingresso in carriere professionali, dirigenziali e politiche al pari degli uomini secondo una logica di equiparazione che oggi, almeno da noi, non si è ancora pienamente compiuta. Nel libro c’è altro. La letteratura lucana con Scotellaro e Sinisgalli proposta dalle opere di questi due personaggi dalle vite diversissime, accomunate dall’amore per la poesia. Troviamo la religione con mistiche e devote pronte al sacrificio estremo per difendere la fede in Dio e divenute, per questo, sante venerate orami da secoli, e con Gesù che tra i suoi insegnamenti annovera il rispetto della donna restituendole dignità umana e la riabilitazione sociale allora negata. Troviamo gli studi che confermano le diverse intelligenze tra le “due metà del cielo” e i rispettivi modi di influenzare la crescita sociale. Troviamo la sensibilità della donna che affiora dai ricordi di gioventù e di tempi passati, oppure dalla voglia, sempre esistita, di comunicare, di scambiarsi emozioni e conoscenze in convivialità con gli altri. Da questa pubblicazione emerge insomma un piccolo affresco dell’universo femminile dai mille colori. Un dipinto che, al pari di quello raffigurato da Rosanna Venneri sulla copertina e nelle pagine interne, illustra la figura della donna che sa mostrarsi, e in questo sta il suo fascino, così com’è e sfumata contemporaneamente. an.mo

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T R A L E R I G H E

LA FOLLIA I P C L ROMAZO DI

edere la componente negativa di alterazione delle normali capacità intellettive o l’elemento positivo, contro atteggiamenti abitudinari, spingendo al più sano dei cambiamenti? Sulla scia de La Follia di Vivaldi che disegna una alterazione e La Follia di Arcangelo Corelli, con la sua musica “animalesca”, si anima l’ultima fatica di Paolo Cioffi , ad essa dedicata. O meglio al percorso di iniziazione massonico attraverso la musica, l’architettura, la scultura, la cultura del settecento. Si tratta del romanzo La follia, Albatros, 2013, pag.475, € 17,00. Coordinate temporali. L’azione inizia nel 1756, il giorno di Ognisanto, sotto il governo di Carlo III di Spagna, della famiglia Borbone di Napoli, capostipite dei Borbone di Napoli, e si conclude dopo la sua partenza per la Spagna dove diventò Carlo III di Spagna. Il viaggio dei protagonisti si avvia nel cantiere della fabbrica della Reggia di Caserta, progettata e diretta da Luigi Vanvitelli, l’architetto, libero muratore, e attraverso il suo disegno strutturale di rito massonico. Continua, quindi, a Roma, con una visita a Palazzo Farnese, ed ai suoi capolavori, primo fra tutti l’Ercole, simbolo iniziatico, particolarmente caro ad alcune logge massoniche; poi, con diplomatici, a Parma e Piacenza, rette dal duca Filippo, fratello di re Carlo; a Parigi, infine in Spagna. Al Teatro San Carlo, in occasione del compleanno del re, l’opera seria di un compositore del Conservatorio di San Ononofrio, Pasquale Cafaro, che aveva messo in musica il libretto del Molisano Luca Morbilli di Sant’Angelo, fanno da tema musicale, insieme con quelle dei massoni Vivaldi, Lully, Pergolesi. I personaggi. Il marchesino, la sua giovane sorella ed il fratello più giovane, Salvatore, che vantano una nobiltà di spada risalente al Medio Evo normanno-svevo; la contessina Elisabetta la cui nobiltà risale all’arrivo degli Austriaci all’indomani della guerra di successione spagnola ed al subentro degli Asburgo d’Austria agli estinti Asburgo di Spagna; Giacomo, di nobiltà di toga, che si prepara alla carriera diplomatica; il loro amico, il giovane castrato Gennarino che

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IOFFI

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spera di seguire le orme del grande Farinelli. Insieme compiono il viaggio, essendo Elisabetta quasi la Magna Mater. Intorno la guerra di successione, la guerra dei 7 anni, che sconvolge l’Europa. Per Salvatore, attratto dal nobile alchimista Di Sangro e dalle idee dei lumi che si stanno diffondendo a dissipare le superstizioni che il terremoto di Lisbona ha acuito, non resta che anticipare le mosse dei familiari arruolandosi nell’esercito dei Borbone francesi e partendo poi per l’America. Per Giacomo è l’esperienza a Parigi ad arricchirlo della conoscenza dei filosophes e delle teorie di Montesquieu. Un mondo nuovo è però vicino anche nell’antico Stato di Napoli dove le teorie di Pietro Giannone, a distanza di qualche decennio dalla pubblicazione, nel 1723, della Storia civile del Regno di Napoli riportano l’attenzione sulla questione dei limiti del potere e delle giurisdizioni laica e ecclesiastica e sugli abusi del potere della Chiesa, e rappresentano il terreno fertile su cui va a maturare la filosofia degli illuministi. A Napoli, ammesso alla cappella ed alla

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vista delle statue fatte costruire dal principe, Giacomo comprende il senso degli avvenimenti, aiutato dalla razionalità della matematica. Delle sette statue della cappella, sei corrispondono agli stati in guerra, come i sei ponti delle capitali europee e dei ponti che uniscono Kneiphof, Lomse, le isole di Königsberg. La settima statua della cappella, la Sincerità, come il crescendo finale della Follia, crea quasi un tratto unificante tra Napoli e gli stati europei che possono ritornare alla pace solo passando da una all’altra, da una virtù all’altra. Nel 1763 finalmente si conclude la guerra. Finzione e storia, la scelta del periodo del governo del primo Borbone come sfondo, itinerari iniziatici ed esoterici, uno stile asciutto, una forma linguistica rigorosa rappresentano ancora una volta gli elementi che costruiscono e garantiscono questa nuova prova di Paolo Cioffi, dopo i premi ricevuti per i precedenti romanzi, quello dell’ “Associazione Chiese Storiche”, a Palermo nel 2011, e quello dell’ “Aldo Cappelli”, a Torino, nel 2013. ma.to.



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D O L C E & S A L A T O

QUANDO

I SOGNI IMPARANO A VOLARE In memoria dello chef Frank Rizzuti recentemente scomparso Carla MESSINA

iversi anni fa, nel mentre di un’ardua discussione sul senso di appartenenza ed una viscerale ed appassionata dichiarazione d’amore nei confronti della mia città, venivo a conoscenza di una delle personalità più interessanti che mi fosse mai capitato d’incontrare. Non ebbi il piacere di stringere rapporti d’amicizia, né ebbi con questi alcun colloquio illuminante, ma per la sua imponenza e preparazione professionale e, concedetemi il termine, passionale ebbi modo di ritrovarmi a

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73 dichiarare apertamente quale fosse la mia opinione in merito alla mia città. Io sempre defilata ed umile. Quella persona che, sicura del fatto suo, aspetta, sta zitta, ascolta, per poi travolgere con fatti, pensieri e parole, chiunque o qualsiasi cosa. I mezzi sono sempre diversi, vanno dalla creatività alla conoscenza, dalla fantasia all’analisi matematica. Già, io e il mio rapporto strano con i numeri…cmq quella volta, in quel contesto persi proprio la testa attaccando ferocemente chi definiva Potenza non solo brutta, ma anche priva di forza, una città avvinghiata alla poltrona, di cui, di tutta la sua storia, l’unica cosa che risaltasse agli occhi di chi veniva da fuori, era la sua sudditanza e grigia inadeguatezza. Non potevo sopportare tanto, non in quei termini, io Potentina da diverse generazioni, io che farei qualsiasi cosa per la mia città e che, soprattutto, ho avuto il privilegio di conoscere e crescere con persone brillanti, figlie di questa terra e orgogliose di esserlo; io affetta da una filosofia “metalmeccanica”, concedetemi il termine; una di quelle persone che non si è mai sentita la mente di un moto rivoluzionario ma piuttosto il braccio, molto più vicina a “Masaniello” che alla brillante mente dell’avvocato “Giulio Genoino”!!! In virtù di tale considerazione è un po’ più semplice comprendere come e quanto il mio orgoglio potesse esser ferito da insulse e sgradevoli insinuazioni sulla mia città. Eppure, chi muoveva la sua critica era una voce autorevole della stampa nazionale; eppure, io, piccola pulce, ma, attenzione, tanto tanto aggressiva, ebbi il coraggio di urlargli contro tutto il mio sdegno, la mia contrarietà, in un contesto alla pari e con riconoscenza senza censura. Dove nasceva “la questione” e perché infervorarsi tanto? Si sa la Basilicata, da sempre viene considerata una Regione figlia del profondo Sud, dove l’assistenzialismo dello Stato, fino a qualche decennio, fa l’ha fatta da padrona, soprattutto all’indomani del terremoto del 1980, vera sciagura e tragedia per quanti ne hanno subito la violenza. Innumerevoli i danni che ancora oggi è possibile evidenziare, quasi come fosse una cicatrice in forma perpetua che, anziché attenuarsi, ogni volta si presenta con sfumature diverse. E’ vero, in quel periodo c’è stata tanta speculazione ma è altrettanto vero che la massa popolare, come sempre accade, è stata soggiogata e derubata anche delle speranze. Dico questo perché con orgoglio continuo a dire che siamo un popolo di gente per bene, che ha fatto del sacrificio la sua forza e “dell’inventiva disperata” il suo punto di rivalsa. Infatti, prendendo a grandi passi le distanze dalla classe dirigente, confermo quanto detto, che i lucani hanno una grande capacità creativa che, spesso, sin dai tempi più antichi è stata foriera di nuove idee, progetti ed occasioni lavorative.

La ricetta... “Acqua Sale” Ingredienti: Cipolla, olio extra vergine d’oliva, acqua, sale, uova, pane casereccio, peperoni cruschi di Senise, peperoncino. Procedimento: In un tegame a bordo alto versate dell’olio extra vergine d’oliva, tagliate finemente della cipolla e lasciate soffriggere; aggiungete i peperoni cruschi tagliuzzati e del peperoncino ed amalgamate il tutto facendo attenzione che non brucino. Incorporate poi dell’acqua e aspettate che venga a bollore; versate delle uova intere all’interno dello stesso, aggiustate di sale; nel mentre, avrete messo in un piatto fondo, magari in terra cotta, del pane casereccio tagliato in pezzi grossolani, o se preferite in fette. Versate le uova con relativa acqua di cottura sul pane che si andrà ad ammollare e prenderà gusto. Questo è uno dei piatti della tradizione contadina Lucana che, nonostante la semplicità dei suoi elementi, resta una pietra miliare della tradizione. Se vi piace accompagnate con del buon vino rosso! Prosit…!

Troppo spesso, però, attuabili solo lontano da qui….e questo è l’unico vero grande male di una terra ricchissima ma che ancora oggi non riesce ad assumersi responsabilità, costringendo i propri figli all’abbandono. Poi ci sono i pazzi, quelli che tutto farebbero ma solo nella loro terra. Bhè, per fortuna siamo in tanti, anche se è sempre più difficile. Uno di questi, forse un temerario, è l’uomo di cui vi parlavo poco fa, quell’uomo che per passione e per diletto ha preso per mano questa terra e l’ha portata in giro per il mondo, sfoggiando, grazie alle sue grandi capacità professionali e personali, la sua arte, la sua cucina; un uomo che ha fatto della tipicità e dell’estro il suo biglietto da visita. Uomo spigoloso ed accattivante al quale va il mio umile saluto, distante e sconosciuto, perché il tempo, anzi in questo caso la vita, è stata tiranna e repentina strappando il suo genio da questa terra e conducendolo in nuovi celi e territori

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paralleli. Tante volte la sua cucina è stata avvicinata ed associata ad esperienze paradisiache, alla sublimazione dei sensi, ad esperienze ancestrali. Adesso saranno gli angeli a cucinare per lui e nuovi celi si apriranno difronte alla pienezza di un sorriso… Ti porgo il mio saluto MAESTRO…ciao Frank. Proporrò una ricetta tipica, fatta di elementi semplici e genuini, figli di una terra povera che, messi insieme, esaltano la pienezza del gusto e dell’essenza stessa di un connubio perfetto fatto di passione e concretezza che nasce dal basso, che ha la capacità di arrivare in alto. Mi ricorda elementi primordiali ed estrema sintesi di piacere, un esempio di come un insieme perfetto di elementi possano rendere un piatto unico nel suo genere. So che lo stesso veniva proposto nella cucine del grande chef con somma maestria. Spero con questo di fare un omaggio gradito a tutti, tutti quelli che amano la nostra amata terra!


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L’ARCO NON TROVERAI Arsenio D’AMATO

rano tempi, quelli, in cui nessuno t’insegnava la vita. Dovevi imparare a campare, giorno per giorno, te lo dovevi inventare. Fu proprio a quei tempi che cambiò il mio mondo. Quando il latte dell’unica capra non bastava per tutti a fare una zuppa. Quando il grano trebbiato era appena sufficiente per la semina. Quando per due anni di fila la vigna fu rovinata dalla grandine. Mi spedirono ancora per un anno a fare la quinta. Ero troppo delicato per mandarmi a zappare. Ero troppo bravo per togliermi dagli studi. Che, prima o poi, i tempi dovevano cambiare. I soldi erano un bene raro, rarissimo; per alcuni erano come il mare: si sapeva che c’era, ma non lo avevano mai visto. Mia madre teneva un portamonete nel petto. Dentro c’erano tanti soldi, ma lei diceva che non erano suoi, ma dei padroni. Che cosa significava non lo capivo: “se li teneva lei perché erano di altra gente?”. In realtà era il suo capitale per comprare la merce al mercato, dove non si faceva credito; durante la settimana reintegrava con l’incasso quello che le serviva per riacquistare. I miei avevano un piccolo emporio, ereditato dal padre di mia madre, ed eravamo considerati ricchi soltanto perché c’era gente che, apparentemente, se la passava peggio. Nessuno avrebbe creduto che certi giorni saltavamo la cena o ci arrangiavamo alla meglio. Lei era la nostra cassaforte; una volta, nel granaio, fra due assi di legno, trovai delle monete che sembravano d’argento. Un miraggio. Il mare… Le guardai come un

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tesoro. Erano, probabilmente, una sommetta non disprezzabile, che restituii alla mamma e mi sentii uomo. I sani principi sono stati sempre fondamenti base della nostra vita, l’onestà era imprescindibile, dal più piccolo al più grande. Quando arrivavi all’età della ragione, la mamma ti portava in chiesa e davanti alla Madonna Nera ti faceva proclamare: “…o bravo figlio o la santa morte…”, così tanto per essere convincente. Tutti siamo passati sotto quell’arco e siamo diventati grandi. Il mio premio? Fui mandato a studiare a Sanza, alle falde del Monte Cervati, a sud della provincia di Salerno, dove viveva e lavorava una sorel-

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la di mia madre. Sarebbe stato meglio, però, a posteriori, esiliarmi sul “Cugno della bambagia”. Zia Maria mi venne a prendere alla stazione di Montesano sulla Marcellana, dove arrivai, con mio padre, a dorso di mulo, da Viggiano. Non sembrava proprio contenta di vedere suo cognato, ma forse era solo stanca. Mio padre, appena la vide, disse: "Ti trovo bene, come sempre...". Lei, sguardo basso, rispose: "tu come stai?". E continuando quel ping pong stoico e indecifrabile. "...ti ho portato il ragazzo"; "...vedo, ma, ancora, non hai intenzione di


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BALENO TRISTE MAI ARCOBALENI SE GUARDI IN BASSO

Prima Parte

CHARLIE CHAPLIN

rivelarmi il tuo stato d'animo..."; "...non serve, sembra che, oramai, nessuno dei due possa accontentare l'altro... "; "...non c'è da accontentare nessuno ed io ho sempre pagato profumatamente. – la zia si girò sui tacchi, come un soldato congedato, e s’incamminò veloce - saluti alla mia famiglia!". Non era solo una coincidenza, o distanza che separa casualmente, cotanta freddezza. La tensione si percepiva, ma solo un artista può intravedere in un blocco di marmo una figura conclamata. Ed io non ero ancora tale. Quando mio padre si girò a guardarmi i suoi occhi avevano un’e-

spressione indecifrabile. Più che mai, io non riuscii a capire cosa gli passava per la testa. Lo salutai, come se avessi dovuto rivederlo all’indomani, ma lui mi strinse forte come se stessi per andare in America. Singhiozzava, credo piangesse, cosa mai vista prima. Mi sembrò bizzarro e surreale, ma a me non veniva proprio da piangere. "Stai vicino a tua zia – disse – e ubbidiscila.". Venivo dal paese della Madonna nera, meta, ogni anno, di centinaia di pellegrini nel santuario che sovrasta la valle e non sapevo nulla della pallida madonna della neve di Sanza, ma questo è marginale ai

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fatti che sto per raccontare. Raggiungemmo il paese a piedi. La sua casa era molto piccola ed era in cima a un dedalo di viuzze che si espandevano come una ragnatela in mezzo a tante altre case simili. Assieme a lei viveva una certa Anna, che non era una nostra parente, ma una che pagava per abitare sotto quel tetto. Una sorta di subaffitto. Dormiva di sotto in una specie di scantinato più basso del livello della strada. La signora o signorina, non lo sapevo, Anna era un po’ esaurita, ma era identica, fisicamente, a mia zia. Sembravano sorelle. Il lavoro duro non le aveva logorate, forse le aveva forgiate come una sorta di allenamento, ma non dimostravano gli anni che avevano. Quando il tempo era veramente brutto, il pomeriggio, Anna veniva a raccontarmi favole fantastiche, che mi appassionavano davvero; lei era bravissima, parlava l’italiano molto bene, cosa che mi stupiva molto, in quanto tutti noi parlavamo in dialetto; aveva una sua dignità, era pulita e profumava di lavanda, non volevo mai lasciarla andare; prima di tornarsene nel suo scantinato, la zia le riempiva il ferro da stiro di carboni, che non è semplice vivere d’inverno, a certe latitudini, senza una fonte di calore. Mi è rimasta sempre nel cuore Anna. A volte, apriva le finestre e cominciava a urlare improperi verso il monte, ma sempre insulti al maschile; era veramente arrabbiata. Chissà cosa aveva passato nella sua vita. Subito dopo il mio arrivo diedi una mano a mia zia nella raccolta della legna e


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L O O K A N I A

nella preparazione di provviste per l'inverno. Ero tranquillo, ma mi rimase impresso che lei non fece nessuna domanda sui miei e su come andassero le cose a Viggiano. Mi calai tranquillo nelle scene di vita serena, anche se povera, che contraddistingueva l'esistenza in quegli anni. Anna e zia Maria mi viziavano ed io le adoravo e le ascoltavo. Ne ero come innamorato. Fu a Sanza che, grazie a loro, ammirai, per la prima volta, gli zampognari. Venivano a fare le novene a casa. Mia zia mi coccolava molto e mi concedeva anche qualche piccolo lusso. Credo che la zampogna e l'appalto per le novene, facessero parte di quel pacchetto di gesti affettuosi. Venivano tutti i giorni nei pomeriggi bui di dicembre e suonavano davanti al piccolo presepe improvvisato. Ho ricordi vaghi, sovrapposizioni... una sorta di zapping ante litteram che si accavalla ad altri flashback vividi. Mi ricordo che suonavano pochissimo, un minutino, che bevevano un po' di vino e che si pregava davanti al presepe. Gli strumenti erano fortissimi per quell'ingresso piccolo e lungo. Li vedevo dalla finestra scendere a piedi, sempre soli, camminavano strani ed erano goffi. Bussavano e, anche se ero solo in casa, li facevo entrare. Suonavano solo per me! Guardavano il presepe con un mezzo sorriso. Arridevano più con gli occhi che con la bocca, impegnati com’erano a soffiare. Smettevano di suonare assieme all'improvviso ed erano subito seri. E anche io ero serio. Era un rapporto adulto e antico. Come il rapporto che mi legava a Zia Maria e a Sanza, la terra dal profumo di lavanda che mi ha visto crescere e diventare uomo. Mia zia lavorava alla produzione di quel profumo che vide nel primo dopoguerra la sua massima espressione produttiva; in principio fu l'idea di un imprenditore collaborato da centinaia di donne e uomini braccianti. Ancora ricordo i meravigliosi colli sanzesi in piena fioritura, la caldaia, la festa di fine campagna lavorativa; ricordo che in fondo, un tempo, c'era chi

lavorando, sorrideva, cantava ed esprimeva felicità e allegria. Oggi di quella florida stagione produttiva del profumo di lavanda non restano che dei ruderi e la caldaia che giace avvolta nella vegetazione in località Cornitello e la lavanda, appunto, che in questi luoghi colora e profuma le incantevoli montagne. Che tempi quelli. Quante ragazzine, quanti amori platonici. Seguivo spesso mia zia, che non potevo solo andare a scuola. La lavanda era lavorata in loco e poi portata a valle. Ricordo che partivamo di buon ora ed eravamo circa in centocinquanta, qualcuno anche dai paesi vicini. Giunti in località Cornitello, iniziavamo la raccolta. In una giornata si raccoglievano fino a 200 sacchi. Ogni sacco pesava sui trentacinque kilogrammi e fruttava a colei che l'aveva raccolto un guadagno di 8 lire. Certo non era molto, ma permetteva alle donne di farsi il corredo per potersi sposare. Alla raccolta, effettuata da centinaia di donne sanzesi e dei paesi vicini, seguiva, difatti, un primo processo di lavorazione del prodotto che, in damigiane di vetro, era spedito in Francia per un’ulteriore lavorazione finale. Zia Maria era una bracciante e la lavorazione della lavanda costituiva la sua unica fonte di reddito. Incredibile la sinergia che si creava fra la natura e l’uomo. La lavanda è un fiore che sboccia a primavera, matura nel mese di luglio e si raccoglie, secondo l’annata, parte a luglio, parte ad agosto e parte a settembre. Quando l'annata è buona produce molto volume. Dopo essere stata raccolta, era bollita in apposite caldaie, il cui fuoco era alimentato a legna ventiquattro ore su ventiquattro, e poi raffinata per il tramite di un distillatore fornito di serpentine collegato ad alambicchi; una volta distillato, l'estratto era allungato con acqua o altre piccole essenze, quindi riposto in fusti da 40 litri ognuno e avviati a valle, dove giungevano portati sul capo dalle donne. Da qui, a bordo di calessi trainati da cavalli o con altri mezzi di locomozione, proseguivano per la

stazione di Montesano sulla Marcellana, dove a bordo di treni erano spediti in Francia; qui l'essenza vergine era ulteriormente lavorata e trasformata in profumo vero e proprio che era immesso sul mercato, col nome di "lavanda di spigonardo". La raccolta e lavorazione della lavanda, chiamata in gergo "spiga grossa", era iniziata a Sanza ai primi del '900, e proseguì fino agli anni '60. Certi giorni aiutavo Anna, che si occupava di procacciare clienti a un commerciante di neve. In un'epoca pressoché priva di corrente elettrica, il "nevaiolo" forniva l'unico modo per rinfrescare cibi e bevande. Il suo lavoro conosceva due fasi fondamentali: il deposito della neve in profonde buche sulla montagna, d'inverno; la vendita del prodotto, d'estate. La neviera del Cervati era la neviera naturale più a sud d’Europa ed era situata a circa settanta metri di sotto la vetta del Cervati, la montagna più alta della Campania. La cura riservata alla conservazione della neve faceva parte della dura vita del nevaiolo, con le lunghe distanze percorribili solo a piedi o a cavallo. Passai un anno lieto. Finii le elementari e seppi che non sarei tornato a casa, per il momento, e che, volendo, sarei potuto restare a Sanza. La nostalgia di Viggiano, pian piano, era svanita. Ed era nuovamente dicembre. Avevo preparato il presepe ed era il tempo delle novene. Continuavano a venire gli zampognari... era il 24 dicembre, arrivai a casa con loro, nessuno ci aprì. Né zia Maria ne’Anna. Suonarono in strada, che andavano di fretta. Dovevamo pagarli, ma zia non era in casa. Diedi loro pochi spiccioli, ma non abbastanza. Cosa che impose un umiliante silenzio. Suonarono con strafottenza, ma non raccolsero le mie monetine e mi sentii in esilio. Quel gesto fu uno sputo, una spugna piena di aceto. Un calvario e invece era Natale! Non era finita, però. Andai a cercare Anna a casa del nevaiolo. La incontrai che stava tornando. O.S.T. Lo scrittore - NOBRAINO


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Anno VIII numero 3/4

ASD VIGGIANELLO

UNA FAMIGLIA NEL PALLONE Lucano


sommario 71 Calcio giovanile, alla ricerca della cultura sportiva

PER SALV UNA VITA Antonello LOMBARI

72 La finestra sull’Eccellenza el corso dell'attività agonistica è sempre più frequente il ricorso alla rianimazione. In una piccola realtà, qual è quella lucana, è già capitato di dover fare i conti con l'esiguità dei mezzi a disposizione delle società dilettantistiche e con l'assenza di strumenti idonei ad intervenire tempestivamente per rianimare l'atleta colto da arresto cardiaco. E' degna di nota, la decisione del Coni regionale di Basilicata che si è attivato tempestivamente sul tema della prevenzione, in materia d'interventi sanitari nei luoghi dove si pratica lo sport. C'è da rammentare che la legge Balduzzi dispone l'uso obbligatorio di Dae (defibrillatori semiautomatici) per tutte le società sportive (dilettantistiche e professionistiche). La stessa legge dispone anche la formazione di operatori che sappiano utilizzare manovre rianimatorie e con l'impiego del defibrillatore. In campo calcistico sono già diverse le società, di varie categorie dilettantistiche, che si sono dotate di idonea strumentazione, in grado di assicurare un intervento qualificato. Da queste colonne abbia-

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76 Asd Viggianello,una grande famigia cresce

80 Sport invernali Pollino paradiso delle Ciaspole

mo ricordato il caso del Viggianello, squadra che milita nel campionato di seconda categoria lucana, girone "C". La società del Pollino, da un paio d'anni, sta già affrontato l'argomento, organizzando anche convegni e dibattiti per sensibilizzare atleti, cittadini comuni, personale medico e sanitario, a questa tematica. La modernità del Viggianello è emblematica per definire il profilo di una società dilettantistica senza grandi risorse, operante, peraltro, in un territorio di estrema periferia. Tale tipologia è riscontrabile nella quasi totalità delle società lucane. E' vero che l'uso del defibrillatore comporta un aggravio di costi per le società sportive; però, queste hanno la possibilità di consorziarsi tra di loro per ammortizzare i costi di un investimen-


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Calcio giovanile, alla ricerca della cultura sportiva

Donato STASI

to, così, oneroso. Tornando all'iniziativa del Coni in ambito lucano, oltre alla previsione della presenza del Dae, ha previsto un corso di formazione sull'utilizzo del defibrillatore che si rivolge ai gestori d'impianti sportivi, a tecnici, dirigenti ed operatori nelle società sportive, federazioni sportive, discipline associate, enti di promozione sportiva, enti locali, scuole, università, associazioni di volontariato, privati. Per partecipare è necessario aver compiuto il sedicesimo anno d'età. Insomma, anche in Basilicata, qualcosa si sta muovendo. Se ciò servisse a salvare anche soltanto una sola vita, sarebbe il caso di potenziare la formazione per garantire un intervento sempre più qualificato ed efficace.

pesso andando in giro per l’Italia ad osservare ragazzini che si cimentano nei vari tornei giovanili, mi capita di assistere a scene che hanno dell'incredibile. Non per quanto avviene in campo, bensì sugli spalti dove i “protagonisti” sono i genitori di questi futuri (?) campioni. Questo non si verifica soltanto in Basilicata, ma un po' ovunque; basti pensare a ciò che si è verificato, qualche settimana fa a Pisa. Un bambino, stiamo parlando della categoria esordienti, sbaglia un passaggio: un genitore dalla tribuna critica quel gesto tecnico errato. Un altro genitore risponde a quella critica e nasce un acceso diverbio alle spalle e sulle spalle di questi ragazzini che stanno giocando una partita di calcio. A questo punto il mister del Pisa, un certo Alessandro Birindelli, uno che ha messo in fila quasi 400 partite da professionista (4 scudetti con la Juve) non uno qualunque, cerca di calmare gli animi minacciando il ritiro della squadra. Ma i genitori non si fermano. A quel punto il mister dopo aver avvisato arbitri e avversari, ritira la sua squadra dal campo. Tutto questo per un passaggio sbagliato. Ma il bello, diciamo meglio, l'assurdo è che un giudice applica il regolamento alla let-

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tera con il risultato di uno 0-3 al Pisa con un punto di penalizzazione. Ancora una volta si è persa l'occasione di dare un insegnamento a questo mondo che continua a farsi sfuggire di mano valori preziosi anche quando in campo vanno i ragazzi. Chissà se qualcuno avrà spiegato a quei bambini che ad avere ragione, non è il giudice sportivo che pedissequamente ha applicato un norma, ma quell'allenatore che mettendoli sotto la sua ala protettrice ha svolto il ruolo di genitore “sano” e li ha portati via da un contesto in cui restare sarebbe stato quantomeno diseducativo. I ragazzi sanno vedere e giudicare: poi magari se ne addolorano, perché sono i loro genitori, le loro figure di riferimento a sbagliare. Ma sedimentano il giudizio. In Italia non c'è cultura sportiva. Se non si educano prima i grandi non si possono educare i figli. In Inghilterra da qualche anno è stato introdotto nel sistema dei vivai inglesi il Respect Code, firmato da tutti, allenatori, giocatori, arbitri e genitori. Sono ben chiare le regole da rispettare e le sanzioni per chi le disattende. Si arriva anche all'allontanamento di un genitore dall'impianto, per diverso tempo, in base al tipo di atteggiamento posto in essere, e si può giungere allo stesso provvedimento anche per il ragazzo, se il genitore è recidivo. Il fatto che un genitore possa sentirsi causa dell'allontanamento del figlio ed essere riconosciuto dal proprio figlio come tale, ha abbassato molto i rischi e ormai, sui campi inglesi dove giocano le squadre di settore giovanile non succede più nulla. Chissà se un giorno anche in Italia si potrà arrivare a questo.


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La Finestra sull’Eccellenza

Ma il cielo è sempre più Rossoblu... Federico PELLEGRINO

otenza, chi ti ferma più ? E' inarrestabile il cammino del Rossoblu Potenza che gestisce un vantaggio di sette lunghezze sul Picerno, scivolato in quel di Pietragalla nel recupero e gettando alle ortiche la possibilità di accorciare il suo distacco dalla capolista. Murano non smette di segnare, i melandrini non riescono a tenere il passo, ma nonostante ciò è arrivato il primo ko in campionato, il secondo stagionale. La prima sconfitta della Camelia band è avvenuta in quel di Tolve (3-1) al cospetto di una formazione che ha il primato di aver eliminato i leoni anche dalla Coppa Italia regionale. Vincerle tutte è impossibile, si sa, ma la mente di società e pubblico è rivolta al futuro. Quale futuro per questo Potenza ? E' la domanda che si pongono gli sportivi e gli assidui frequentatori dello stadio Viviani, che ormai assaporano il ritorno in serie D, ma che attendono sin d'ora le prime risposte dalla proprietà. Restando sempre in tema di primati e di piccoli record, elogiamo il lavoro di Mimmo Potenza e del suo Pietragalla. Dal momento in cui andiamo in stampa, sono ben dodici i risultati positivi ottenuti dai biancazzurri, i quali dopo un avvio stentato hanno saputo ristabilire quella “legge del comunale” che tanto era cara ai tifosi altobradanici. Segnaliamo la delicata situazione del Viggiano, quinto in classifica nonostante le numerose mensilità avanzate dai calciatori valdagrini.

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Dispiace parlare di crisi societaria per una realtà che, appena un anno fa, vinse la Coppa Italia regionale, facendo intuire di essere una società solida intenta, semmai, a compiere il salto di categoria, vista peraltro la ristrutturazione dello stadio “Coviello”, oggi in erba sintetica. Nei bassi fondi della graduatoria importantissimo acuto del Pignola di mister Lauria che, gra-

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zie ad una rete di Ielpo, supera a domicilio il Vitalba, accorcia sull'Aurora Marconia, riaprendo così ogni discorso matematico sui playout e ravvivando anche la lotta per la permanenza nel massimo campionato regionale. Positivo anche lo score del Villa D'Agri di Pasquale Arleo, rialzatosi grazie ai tre risultati utili consecutivi (vittorie contro Viggiano e Marconia e pareggio contro il


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Pomarico) che hanno dato ossigeno ad una formazione rinnovata con la sessione invernale di mercato. Fanalino di coda e sempre più titolo di cenerentola di questo torneo va all'Fst Rionero, con un piede e mezzo in Promozione. Marzo è pazzerello sì, ma nel caso dell'Eccellenza lucana è il mese decisivo per assegnare i primi verdetti e sancire le prime condanne.

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A.S.D. Viggianello

Crescere per diventare una grande famiglia Antonello MANGO

on tutta probabilità non riuscirà neanche quest’anno il salto in Prima Categoria, ma l’obiettivo primario dell’A.S.D. Viggianello non è certo tra questi. La compagine del Pollino persegue principalmente un altro scopo: quello di essere una grande famiglia dentro e fuori dal campo. Ciò è un marchio di fabbrica a cui qualsiasi tesserato deve attenersi. Questo significa che viene rivolta massima attenzione ai nuovi possibili ingressi i quali, però, prima di entrare a far parte del mondo gialloverde, devono svolgere un mese di fatica e sudore con il resto del gruppo e dimostrare quanto valgono non tanto dal punto di vista sportivo, bensì comportamentale. Non si tratta insomma di forme di sbarramento o di chiusa di porte alle possibili new entry, ma la giovane dirigenza viggianellese non vuole mettere a repentaglio la macchina perfetta creata sin dal 2009. Serietà, disciplina, rispetto verso il prossimo e presenza costante agli allenamenti sono i cardini a cui tutti devono attenersi, vecchi e nuovi. Poche regole, quindi, ma basilari per evitare improvvisazioni, cattiva gestione societaria e rotture del giocattolo. Ovvio, comunque, che il lato sportivo

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non viene del tutto trascurato. In questa stagione il Viggianello vanta un organico di tutto rispetto e da vertice e, ad oggi, i risultati, sebbene qualche caduta inaspettata, sono dalla parte della formazione del presidente Caputo Vincenzo. Un inizio scoppiettante con tre vittorie in altrettante gare con ben 14 reti fatte. Poi un primo

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calo con le sconfitte subite a Spinoso e a San Costantino intramezzate comunque dal largo successo ai danni del Pisticci. A seguire altri sussulti in virtù del successo ai danni dell’Acs e il pari interno contro il San Chirico. Lontano dalle mura amiche il Viggianello non riesce ad ingranare e così nel big match di Castronuovo i ragazzi di


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mister Cosenza sono costretti ad alzare bandiera bianca. La pausa natalizia regala un prezioso dono a Palazzo e compagni e il 5 gennaio, sotto un’abbondante pioggia, viene messo al tappeto la corazzata Metaponto. Il mal di trasferta impedisce però di spiccare il volo e il girone di andata così come l’inizio di quello di ritorno

offrono due amari pareggi contro Episcopia e Stigliano. Il campionato prosegue a ritmi serrati e all’Aldo Moro il Colobraro non può nulla per fermare il dilagante Viggianello che, inaspettatamente, la domenica successiva cade a Gallicchio. Gli ultimi turni, infine, portano fieno in cascina grazie ai due pareggi

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consecutivi (Spinoso e Pisticci e con i gialloverdi raggiunti in entrambi i casi nei minuti di recupero) e la vittoria ai danni della Val Sarmento. Per quel che riguarda, quindi, i risultati, una stagione finora di alti e bassi, ma in casa gialloverde la primarietà è tutt’altro: essere amici sempre, in campo e fuori.


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Sport Invernali

Pollino, il paradiso delle ciaspole

Giovanni GALLO

i sono molti modi per visitare e scoprire un luogo. Quando si parla di natura la cosa migliore è viverla e respirarla. Se poi si è in montagna le cose cambiano di molto con il variare delle stagioni. D'inverno sul Pollino si può rimanere ore ad ammirare i paesaggi e avere voglia di farsi abbracciare dal manto bianco che copre tutt'intorno. Tra Viggianello e Rotonda, ma anche in altri luoghi del Parco, questo, e tanto altro, è possibile. Da un paio d'anni, a seguito del buon lavoro di promozione messo in atto da associazioni ed operatori del settore, sì è avuto un incremento considerevole di amanti delle ciaspole, le racchette che

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permettono di passeggiare sulla neve in tutta tranquillità. Accompagnati dalle guide, che dispensano consigli e indicano le rotte, si possono fare percorsi assolutamente sorprendenti e piacevoli. Un'attività che è un mix di sport, natura e turismo. Le ciaspole possono essere uno strumento che soddisfa le più svariate necessità. Lo sportivo che cerca posti inesplorati per saggiare le sue qualità potrà scaricare tutta la sua adrenalina in tratti sfidanti. Chi invece, turista o visitatore, vuole soffermarsi su angoli suggestivi e rilassarsi sarà contento di scegliere il Pollino, vista la varietà dei paesaggi e le sue bellezze mozzafiato.


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Le ciaspole sono adatte a tutti, grandi e piccoli, non ci sono limiti d'età. È un'attività che si fa in tutta sicurezza in un ambiente naturale dove l'accoglienza, la cordialità e la competenza delle guide sono del tutto eccezionali. Nel giorno di San Valentino sui monti del Pollino si è tenuta un'iniziativa dedicata alle coppie che ancora credono al romanticismo. Una ciaspolata notturna al termine della quale si sono tutte scambiate un bacio in segno di amore, come premio finale per la “fatica” superata. Durante la stagione invernale sono tante le escursioni notturne a tema che vengono promosse e tutte riscuotono enorme successo.

Per il giorno 9 marzo 2014 è prevista una grande manifestazione interregionale di grande interesse. Infatti l’Associazione Sportiva Pollino Discovery e Infopollino Centro Escursioni, in collaborazione con gli Sci Club di Viggianello e Rotonda, organizzano a Piano Ruggio, a 1500 metri sul livello del mare, nel cuore del Pollino, Ciaspolando Verso Sud, prima e unica maratona con le ciaspole del Sud Italia. La gara si svolgerà in un altipiano carsico di assoluto valore ambientale, percorrendo per circa 5 km il famoso sentiero Piano Ruggio – Belvedere del Malvento. La competizione è aperta a tutti: neofiti, appassionati e professionisti. Sarà una giornata

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di sport per vivere, divertendosi, la magia dell’inverno nel Parco Nazionale del Pollino. In palio per i vincitori week-end nel Pollino per due persone, cene in agriturismo e prodotti tipici. Con questa iniziativa il Pollino si candida come meta d'eccellenza per gli sport invernali, tanto che già viene definito il paradiso delle ciaspole. Per info sulle attività Infopollino Centro Escursioni w w w . i n f o p o l l i n o . c o m info@infopollino.com Phone: 349/2176398





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