Museo continuo _ Progetto di un padiglione espositivo in piazza Poggi (Terrazza Marasco) a Firenze

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La psicoterapeuta e scrittrice Clarissa Pinkola Estès si riferisce poeticamente alla fonte della nostra creatività come "il fiume sotto il fiume". fiume". E' la profonda energia primordiale che "nutre tutto quello che facciamo": il nostro "scrivere, dipingere, pensare, guarire, fare, cucinare, parlare, sorridere". Questo fiume sotto il fiume non appartiene a nessuno, è disponibile per tutti, ma se struttato correttamente funziona in modo molto personale, alimentando i nostri talenti unici.



Museo continuo MUSEO ITALIA Master di II livello in allestimento e museografia DIDA-Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze Progetto di un padiglione espositivo in piazza Poggi (terrazza Marasco) a Firenze

Esposito Abate Lucia Prof. Paolo Zermani Prof. Riccardo Butini

A.A. 2020/2021


Il progetto si inserisce nello spessore della Terrazza Marasco, nello spessore del suolo, a ridosso dell'argine del fiume Arno, sul lungarno Cellini, diventando esso stesso parte del sistema di dislivelli che connota l'Oltrarno, disegnandone l'orizzonte. E' pensato come estensione del paesaggio, un'inserzione e al contempo un continuum del sistema di rampe, progettato dal piano Poggi che legano fisicamente Piazzale Michelangelo alla Torre San Niccolò. Il museo è un segno scavato nel suolo ed è attraverso un gioco di scavo, sottolineato dalla piazza ipogea antistante, che il museo tenta di trovare una sua connotazione. Nel pieno rispetto dei limiti della Terrazza, si è scelto di intervenire sul lato sinistro della piattaforma, lasciando intatta l'altra porzione che, come è noto, copre spazi interrati dell'ex "Fabbrica dell'Acqua", nell'ottica di un possibile recupero voluto negli ultimi anni dall'Amministrazione. Il museo tenta di creare una tensione con l'archeologia del sistema idraulico-urbanistico attraverso la costruzione di una piazza antistante slittata rispetto alla fabbrica. Esso si lascia scoprire dai visitatori attraverso il movimento: dalla porta d'ingresso del museo, collocato a livello di accesso della strada, si accede a uno spazio di accoglienza, uno spazio ibrido che si divide tra spazio di accoglienza e spazio espositivo.

Sono collocati infatti la biglietteria, il guardaroba e i servizi igienici. Da qui si puo' percorrere una rampa, posizionata in allineamento con una rampa esistente esterna, che consente un salto di quota, e che conduce al piano interrato e infine allo spazio scoperto della piazza, facendo quasi scivolare lentamente i visitatori nello spessore del terreno, rendendo manifesto il salto di quota, passando dal suolo naturale, il paesaggio attuale, al suolo artificiale, quello del museo, fino alla quota corrispondente alla quota d'imposta della Fabbrica dell'Acqua. Il museo cerca di creare un percorso che crea delle tensioni tra lo spazio interno e la città esterna, cercando delle relazioni fisico visive al primo terra con delle aperture collocate sul lato corto, negando aperture rivolte alla Torr San Niccolò, mentre al piano interrato si cerca di creare una tensione tra lo spazio espositivo interno e la piazza esterna. La rampa stessa, cerca la sua identità inserendosi tra due muri in modo da essere concepita come parte del museo ma al tempo stesso elemento con carattere proprio. Il richiamo a De Chirico è diretto: Le scene urbane, soggetto preferito delle opere metafisiche di De Chirico, hanno un aspetto vuoto, sono prive di vita (eccetto un treno a vapore all'orizzonte e poche figure umane) e straordinariamente silenziose. Al centro campeggia una statua classica, elemento estraneo che aumenta l'aspetto metafisico dell'insieme.

Nella sua raccolta Piazza d'Italia del 1913 sono presenti tutti gli elementi del linguaggio metafisico: la prospettiva esasperata, i portici con archi a tutto sesto, le statue classiche, le ombre lunghe,l'atmosfera irreale e la solitudine In qualche modo la piazza viene concepita come spazio collettivo, ma contemporaneamente come spazio di esposizione. Elemento catalizzatore dell'intervento, a partire dalla sistemazione della piazza esterna fino all'organizzazione dell'edificio è la rampa preesisente della Terrazza Marasco che consente la discesa sull'argine, da cui si ricava una maglia compositiva.





Loggia dei Lanzi


Piazza d'Italia_ De Chirico


Corridoio Vasariano






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1 area di accoglienza/espositiva 2 info point/ biglietteria 3 servizi igienici

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1 area espositiva 2 deposito 3 piazza ipogea

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Casa Siviero 2020: la mostra perduta


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Teca espositiva tipo "appoggio a parete" per ogetti sacri Teca espositiva tipo "totem" per ogetti sacri Pannello espositivo per mosaico Teca espositiva tipo "totem" per cestini in terracotta invetriata Teca espositiva incassata in controparete per scomparti di pedrelle

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1 Teca espositiva tipo "appoggio a parete" per oggetti sacri. Teca espositiva di tipo "appoggio a parete" con struttura in ferro laccato nero finitura opaca e da panelli in plexiglass trasparente incollato sui tre lati. All'interno è previsto un piano di appoggio in legno laccato bianco che consente l'appoggio degli oggetti da esporre. E' previsto un sistema di illuminazione mediante faretti led. La teca è affissa al muro con bracci di ferro. Dimensioni: m. 4 x 0,6 x H. 200 (h. da terra 1.00)

Vista frontale

Vista laterale

Scala 1:20


2 Teca espositiva tipo "totem" per oggetti sacri. Totem espositivo costituito da colonna in ferro laccato nero finitura opaca svuotato sul lato frontale da pannello in plexiglass trasparente incollato. Alla base è previsto un appoggio a forma di prisma trapeziodiale in legno laccato bianco finitura opaca. E' previsto un sistema di illuminazione mediante faretti led. Il totem è stato concepito chiuso su tre lati per l'allestimento degli oggetti sacri, al fine di isolare i pezzi espositivi dalla sala museale e in modo da indurre il visitatore possa concentrare lo sguardo sull'oggetto esposto. La struttura serve a enfatizzare e creare un'atmosfera sacra. Dimensioni: m. 1 x 1 x H. 220

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Vista frontale

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3 Pannello espositivo per moasico Pannello espositivo a tutt'altezza costituito da tre strutture in legno, una laccata in tortora su cui sono appoggiati due pannelli di legno "noce canaletto", di larghezza inferiore. Su uno dei due lati è prevista l'espositizizone del mosicao "Ilias alla fonte". E' previsto un sistema di illuminazione mediante delle staffe che si staccano dalla struttura e illuminano verticalmente con strisce led l'opera. Il pannello viene pensato per avere anche la funzione di filtro all'interno dell'allestimento tra lo spazio espositivo dedicato alle opere sacre e previe di valore religioso. Dimensioni: m. 2.40 x 0.10 x H. 4.50

2.40 1.00

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Vista frontale

Vista laterale

Scala 1:20


4 Teca espositiva tipo "totem" per cestini in terracotta invetriati Totem espositivo costituito da base in ferro laccato nero finitura opaca e da teca in plexiglass trasparente incollato sui lati. All'interno è previsto un piano di appoggio in legno laccato bianco di dimensioni inferiori rispetto all'involucro trasparente che consente l'appoggio degli oggetti da esporre. E' previsto un sistema di illuminazione mediante faretti led. Dimensioni: m. 1 x 3 x H. 220

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5 Teca espositiva incassata in controparete per scomparti di pedrelle Teca espositiva incassata in controparete con struttura in ferro laccato nero finitura opaca e da teca in plexiglass trasparente incollato sul lato frontale. Si prevede di esporre le opere sul fondo della teca, centrate rispetto all'altezza della struttura, tramite dei sopporti in ferro La teca è scandita internamente da 3 pannelli di legno verticali che permettono di dividere la struttura in 4 parti espositive, ognuna dedicata ad un singolo oggetto esposto. E' previsto un sistema di illuminazione mediante faretti led. Dimensioni: m. 4 x 0,6 x H. 200 (h. da terra 1.00)

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Vista frontale

Scala 1:20


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La centrale di sollevamento alla Pescaia di San Niccolò. La centrale di sollevamento, conosciuta comunemente come Fabbrica dell'Acqua, era situata nell'attuale Lungarno Benvenuto Cellini, in prossimità di piazza Poggi; se l'edificio che ospitava le pompe idrauliche non sono più esistenti, in realtà permane ancora la struttura sottostante realizzata nell'alveo del fiume (figg. 1-4). Nella seconda metà del XIX secolo la pescaia di San Niccolò, nonostante l'evidente stato di degrado, continua a essere percepita, sia dai tecnici sia dagli esponenti del panorama politico fiorentino, come un'opera idraulica di rilevante importanza da impiegare per lo sfruttamento dell'energia prodotta dalla caduta delle acque. Se Giuseppe Poggi, già nel 1856, individua questo sito come il più idoneo per la costruzione di un canale adibito alla raccolta dell'acqua dell'Arno da destinare a servizio della popolazione, nel 1867 sia Felice Francolini sia Raffaele Canevari e Luigi Del Sarto suggeriscono la realizzazione di un impianto proprio sulla sponda sinistra del fiume nell'area in cui insisteva l'antica Molina. La scelta della pescaia di San Niccolò come il luogo più adatto per l'istallazione di un fabbricato macchine è nuovamente confermata con l'approvazione, da parte del Consiglio Comunale, del progetto relativo all'acquedotto. A tal proposito, la decisione della Commissione Speciale circa l'ubicazione della centrale di sollevamento all'interno della città è dettata, principalmente, da motivazioni di natura economica: infatti, le prime proposte incentrate sulla realizzazione di un sistema di pompaggio all'Anconella sono gradualmente abbandonate a favore della possibilità di utilizzare per tre quarti dell'anno l'energia prodotta dal dislivello della pescaia e l'ausilio di macchine a vapore durante i mesi estivi. Il 18 marzo 1873, sulla base degli interventi programmatici previsti dal progetto di massima, l'ingegnere Canevari consegna al Comune di Firenze il capitolato d'appalto e, dopo la pubblicazione del 28 marzo, furono quindi inviate circolari a diverse case, specialmente estere, perché presentassero le loro offerte, ma essendone state prodotte poche, ed anche condizionate, la Giunta con deliberazione del 30 maggio modificò qualche condizione del capitolato e prorogò al 30 giugno 1873 il termine per la presentazione delle offerte. Il 19 settembre la Giunta stessa, in base alle indicazioni in merito all'assegnazione degli appalti fornite da Canevari, decide di fare un solo accollo della fornitura delle macchine e della costruzione del fabbricato e deliberò in massima di affidare tale accollo alla Casa G. Sigl di Vienna. L'11 ottobre è redatto il contratto tra la ditta e il Comune di Firenze attraverso il quale è previsto, tra l'altro, che tutti i lavori dovessero restare compiuti entro due anni dal detto giorno; che un mese dopo la ultimazione delle opere dovesse farsi il collaudo provvisorio dei lavori; e che ritrovati questi conformi al contratto l'appaltatore rimanesse responsabile della bontà e solidità dell'opera per un anno, spirato il quale dovesse provvedersi a nuova visita e al collaudo definitivo e quindi alla restituzione del deposito. Giorgio Sigl, a

seguito della stipulazione degli accordi con l'amministrazione comunale, nomina un procuratore, l'ingegnere Arturo Mussini, tramite il quale subappalta la costruzione dell'edificio all'impresa Ciampi e Fattori e provvede, contestualmente, la fornitura delle macchine necessarie al funzionamento dell'impianto ad esclusione delle turbine, quest'ultime richieste dal Comune a una società svizzera. In questo contesto, però, l'8 giugno 1874 la Giunta comunale autorizza l'ampliamento della fabbrica con la costruzione di alcuni locali e assegna all'ingegnere belga Cassian Bon di eseguire e montare la copertura del fabbricato per le macchine; nell'aprile del 1876, nonostante le forti divergenze tra Giorgio Sigl e Raffaele Canevari, sono terminate le lavorazioni e il primo ottobre dello stesso anno è compiuto il collaudo provvisorio. La centrale di sollevamento rappresenta il perno su cui è incentrato il funzionamento dell'acquedotto progettato da Canevari-Del Sarto poiché, tramite le pompe idrauliche azionate dalla caduta delle acque dalla pescaia di San Niccolò e dall'ausilio di macchine a vapore, distribuisce le risorse potabili, captate e raccolte dalla galleria filtrante sulla sinistra dell'Arno, sia ai depositi di accumulo che alla rete di distribuzione cittadina. Questo impianto, come già evidenziato, grazie alla sua efficienza e alle soluzioni ingegneristiche suscita inizialmente l'interesse e l'ammirazione da parte degli esponenti del mondo accademico anche se alcune critiche sono mosse proprio da Giuseppe Poggi il quale non esita a dichiarare che il fabbricato delle macchine sulla pescaia di San Niccolò si poteva conseguire che fosse posto in modo da formare il decoro e l'ornamento di quella località, anziché presentare risultati del tutto opposti. Durante i primi decenni del XX secolo la Fabbrica dell'Acqua perde gradualmente il ruolo di primo piano rivestito nel sistema di approvvigionamento idrico della città soprattutto per il potenziamento dell'impianto dell'Anconella, avvenuto tra il 1957 e il 1961. Il 27 luglio 1962 il Consiglio Comunale approva l'assegnazione dell'incarico all'ingegnere Alberto Bigazzi, capo dell'ufficio tecnico, di provvedere alla demolizione dell'edificio. Questo intervento è giustificato con la diminuita importanza di mantenere un centro di sollevamento dell'acqua presso l'officina idraulica di San Niccolò, ed alla necessità di effettuare l'immissione diretta nella rete di distribuzione cittadina dei maggiori quantitativi resisi disponibili presso quello impianto ma è mantenuta la possibilità di sfruttarne l'energia attraverso l'istallazione di nuove più potenti turbine negli ambienti sottostanti. Il 14 luglio 1963 avviene l'affidamento delle lavorazioni alla ditta esecutrice e nel mese di agosto dello stesso anno terminano gli interventi di abbattimento. Così, l'area occupata dallo stabilimento è riqualificata come una terrazza verde adornata da una pergola formata da colonne acquistate in un mercato antiquario ma questa costruzione suggestiva scompare a seguito dell'alluvione del 1966. Lo studio delle fonti documentarie e l'analisi degli elaborati grafici relativi alla realizzazione della centrale di sollevamento informano circa il suo impianto distributivo.

Fig. 9. Veduta di Piazza Poggi e della Fabbrica dell'Acqua dal campanile di Santa Croce (Archivio Alinari ACA-F-003355-0000)


Fig. 9a. Centrale di sollevamento della Fabbica dell’Acqua (Archivio Alinari ACA-F-003355-0000, part.)

L'edificio è realizzato nell'alveo del fiume, sulla pescaia di San Niccolò, e da un lato è adiacente al Lungarno Cellini. La pianta dello stabilimento delle macchine è regolare e lo spazio interno è diviso in tre compartimenti, coperti ciascuno da tettoie in ferro arcuate, che appoggiano, e sui muri perimetrali, e sopra due ordini di colonne in ghisa. Il primo ambiente è destinato alle caldaie ed è affiancato da locali di servizio mentre nel secondo erano collocate le turbine, le pompe e le macchine a vapore. Inoltre, a questo livello, sussiste la copertura praticabile relativa al magazzino per il carbone e la ciminiera (fig. 5). Nella parte inferiore del fabbricato è presente il canale di alimentazione, che consente all'acqua dell'Arno di azionare le due turbine idrauliche, e una galleria attraverso la quale l'acqua stessa è indirizzata al canale scaricatore e reimmessa nel fiume tramite lo stramazzo all'altezza della piazza di Santa Maria SoprArno; invece, un bacino è riservato alla raccolta dell'acqua proveniente dalla galleria filtrante per poi essere aspirata dalle pompe e distribuita nella rete idrica. In merito alla tipologia delle macchine impiegate e alla loro efficienza occorre una riflessione aggiuntiva. L'acqua dell'Arno, dopo aver superato la griglia metallica, entra nel canale di alimentazione e aziona le due turbine idrauliche, tipo Girard, per poi defluire nel canale scaricatoree, infine, riversarsi nel fiume; l'energia prodotta alimenta le pompe aspiranti e prementi in numero di quattro mentre, durante i mesi estivi, le pompe stesse vengono allora mosse da due macchine a vapore, sistema Corliss-Inglis, che opportunamente si trovano disposte entro al fabbricato (figg. 5-8). A tal proposito le due macchine a vapore, sistema Corlis, avevano ciascuna una potenza di 70 HP ed i quattro generatori, pure a vapore, sviluppavano una forza complessiva di 180 HP; invece, la potenza generata dalle quattro coppie di pompe non è uniforme: tre di esse, infatti, sollevano 80 litri di acqua il secondo mentre la quarta coppia, di dimensioni inferiori e realizzata nella Fonderia del Pignone, sollevava 40 litri il secondo. Inoltre, queste macchine dopo aver soddisfatto pienamente a tutti i bisogni per il servizio pubblico e privato, offrono disponibile ancora una forza di 70 cavalli, la quale potrà essere utilizzata per altre industrie, mediante trasmissione. Le foto storiche pertinenti alla Fabbrica dell'Acqua e le tavole progettuali redatte dall'ingegnere Enrico Corsi restituiscono l'immagine di un edificio che, nonostante la destinazione specialistica, è comunque caratterizzato da un linguaggio architettonico in linea con le esperienze costruttive attestate in città in questo periodo storico. La parte inferiore del fabbricato, peraltro ancora esistente, è contraddistinta da un paramento con blocchi di pietra squadrati e posti in opera su filari regolari. Lo stabile delle macchine, invece, era contraddistinto da un unico registro concluso superiormente da una cornice su cui si impostavano le tre strutture arcuate che costituivano la copertura. I prospetti del fabbricato erano qualificati, su ciascun lato, dalla presenza di ampie finestre centinate, sottese da una modanatura, e da un paramento murario risolto a bugnato liscio (figg. 9-9a).

da Acqua, Cultura Tecnica e Sviluppo Urbano_ Raffaele Canevari, Luigi Del Sarto e il nuovo acquedotto di Firenze (1871-1877), Alessio Caporali-


Il salvataggio delle opere di Giorgio De Chirico Il nome e il personaggio di Rodolfo Siviero sono principalmente legati all'azione di recupero delle opere d'arte trafugate o illegalmente esportate fuori dall'Italia intorno agli anni della Seconda Guerra Mondiale ma anche successivamente, fino agli anni 80 del Novecento. Per questo, a Siviero fu e viene ancora dato molto spesso l'appellativo di 007 dell'arte. Ma il motivo risiedeanche in quello che fu il suo modus operandi da agente segreto: istintivo, a volte anche un po' rozzo e senza mezzi termini. Figlio diun carabiniere, quale fu Rodolfo Siviero, vocato per natura, quindi, all'azione, egli si lanciò spesso in missioni e recuperi a dir pocorocamboleschi. Tra questi è sicuramente da ricordare il salvataggio delle opere di Giorgio De Chirico. Lo stesso Siviero racconta l'episodio ne "La difeda delle opere d'arte: testimoninanza su Bruno Becchi":

Giorgio De Chirico, Le Muse Inquietanti, 1916-1918, olio su tela, cm 97×66. Fonte foto: A. Tori, Per un catalogo della raccolta Castelfranco, Centro Stampa Giunta Regione Toscana, 2010

"Una mattina di levata ci avvertirono [è noto che Siviero aveva una rete di informatori, anche nelle fila tedesche] che Giorgio De Chirico aveva lasciato in fretta la sua casa perchè le SS stavano per arrestargli la moglie ebrea [Isabella Far]. Nostri amici lo avevano nascosto da un parroco ma aveva lasciato in casa le sue opere alla mercè della domestica spia, fidanzata di un sergente tedesco delle SS. De Chirico era coraggioso quando dipingeva i duelli a morte e i cavalieri galoppanti in riva al mare ma la realtà quel momento era diversa. Ci fecero sapere che dovevamo salvargli i quadri. Per compiere l'operazione il capitano Francesco Ruiz ci mandò due carabinieri al nostro servizio e Savino Del Bene, un vecchio antifascista, fornì l'autocarro. Partimmo in quattro col camionista. Giunti alla casa di De Chirico, presso San Domenico [Fiesole], ci presentammo alla domestica, ormai padrona, come ufficiali di polizia che dovevano perquesire la casa abitata da ebrei antifascisti. Il carabiniere Enrico Ricucci piantonò la casa e noi sgomberammo la casa dei dipinti del Maestro e delle altre cose che potemmo caricare. Prima di uscire presi la domestica da una parte con la scusa di inter

rogarla sui padroni, il tempo necessario perchè Becchi togliesse un pezzo interno del ricevitore del telefono. I dipinti di De Chirico vennero consegnati alla Sopraintendenza di Firenze e murati in un box delle Scuderie di Palazzo Pitti." Al di là di questo particolare episodio, che permise di mettere in salvo un cospicuo nucleo di dipinti del maestro della metafisa, anche altre opere di De Chirico sono legate in qualche modo a Siviero, che ne fu l'artedice di un salvataggio, diciamo, indiretto. Per spiegarlo occorre fare un piccolo salto indietro nel tempo. Durante gli anni '30 Siviero, frequentando i circoli intellettuali fiorentini, in particolare le Giubbe Rosse, aveva conosciuto Giorgio Castelfranco, importante storico dell'arte, funzionario di sopraintendenza e mecenate di Giorgio De Chirico. Il pittore soggiornò proprio presso il villino sul lungarno Serristori a Firenze (oggi sede del Museo di casa Siviero). I Castelfranco, Giorgio e sua moglie, Matilde Forti, dettero vitto e alloggio a De Chirico dal 1920 al 1924; in cambio ricevavano dal pittore le opere che egli realizzava ed è così che la collezione Castelfranco si arricchì di beni prestigiosi creati proprio dal grande maestro. Tra queste vi erano anche "Le Muse Inquietanti", il celebre dipinto, che Castelfranco aveva acquistato quando era solo un giovane neo-laureato e che aveva appeso nel suo studio. Oltre a grandi capolavori, De Chirico realizzò oer i Castelfranco, inoltre, opere dal valore sicuramente più affettivo: il Ritratto di Giorgio e Matilde Castelfranco e i ritratti singoli dei due personaggi. La fortuna del clima culturale che si era venuto a creare all'interno del Villino Serristori, purtroppo, cambiò radicalmente rotta con l'avvento delle leggi razziali. I Castelfranco, infatti, erano di origine ebraica. Giorgio, lungimirante, prima ancora che quelle terribili leggi venissero promulgate ufficialmente, iniziò alcune trattative per vendere la collezione di De Chirico. Con i soldi ricavati dalla vendita, permise ai figli di mettersi in salvo, lasciare l'Italia e andare negli Stati Uniti. La splendida collezione, però, subì un'inevitabile dispersione. Se,


invece, oggi a Casa Siviero possiamo ancora ammirare opere di De Chirico, come il ritratto di Matilde, è grazie all'aiuto che Siviero fornì ai coniugi Castelfranco. Rodolfo, infatti, li aiutò a riparare nelle Marche e, quindi, a scampare alle persecuzioni razziali. In segno di riconoscenza i Castelfranco gli fecero dono di alcuni dipinti di De Chirico ancora in loro possesso. Così oggi quelle opere trovano collocazione nel loro contesto di origine, quel luogo in cui vennero commissionate e realizzate, rappresentando in tal modo la testimonianza materiale di una parte della nostra storia culturale.

Giorgio De Chirico, Ritratto di Giorgio e Matilde Castelfranco, 1924, tecnica e misure ignote. Fonte foto: Archivio Castelfranco, Biblioteca Berenson, Villa i Tatti, Fiesole (FI)

Giorgio De Chirico, Ritratto di Giorgio Castelfranco, 1923-1924, tempera su cartone, cm 45×31. Fonte foto: A. Tori, Per un catalogo della raccolta Castelfranco, Centro Stampa Giunta Regione Toscana, 2010

Rodolfo Siviero con il pittore Giorgio De Chirico e il ministro degli Esteri Gaetano Martino in visita alla mostra delle opere recuperate (Museo di Villa Borghese, 8 aprile 1954). Fonte foto: Archivio fotografico di Casa Siviero


Museo Casa Siviero 2020: la mostra "perduta"


Croce astile num. invent. pret.: 123R ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano H - Stanza della Nativit note ubicazione: sopra la credenza, zona vicino alla porta categoria: Oggetti d'uso liturgico autore: Manifattura toscana

successivo;....Nonostante la perdita della doratura, che ha tolto splendore al manufatto e invertito il rapporto luce/ombra nella statuetta del Cristo impedendone una corretta leggibilità, la croce non appare di fattura rozza e seriale come la maggior parte delle sue sorelle ma realizzata, piuttosto, da una mano capace con piglio veloce. Se alcune figure come quelle degli Evangelisti appaiono francamente ripetitive, altre rileggono in chiave moderna modelli celebri lontani nel tempo (la Vergine completamente avvolta nel manto e il San Giovanni che si stringe le mani della Croce giottesca di Ognissanti). Anche il Crocifisso, dal torace tornito e con proporzioni studiate sul vero, pare adeguarsi alla vena naturalistica del primo Quattrocento"

cronologia: fine XIV secolo descrizione: Una croce astile in rame dorato su una base in marmo medievale. La faccia anteriore con il cristo crocifisso presenta i potenziamenti alla estremità della croce incisi con le figure di Dio Padre in alto, della Madonna e di San Giovanni ai lati, della Maddalena in basso. La faccia posteriore reca incisi al centro la figura dell'Agnus Dei, in alto, ai lati e in basso i simboli degli evangelisti, in basso San Michele Arcangelo. notizie storico critiche: Nell'inventario degli arredi di proprietà di Siviero conservati nel suo appartamento a Roma è registrata come opera italiana della seconda metà del Quattrocento. Secondo la scheda OA la croce appartiene alla produzione toscana del secolo XIV anche per il riscontro con la croce di S. Agata al Cornocchio (Scarperia), datata al 1379. La scheda di mostra di Diletta Corsini nota che: "La croce si adegua con minime varianti al modello in uso nelle chiese toscane fra la metà del Trecento e i primi decenni del secolo

E' tornata a Casa Siviero nel 2019 dopo il restauro eseguito dall'Opificio delle Pietre Dure. materia: rame


Pisside num. invent. pret.: 62A ubicazione: Appartamento di Imelde, sala A delle colonne note ubicazione: sul piano della credenza nella metà della stanza che dà sul giardino

schede di Diletta Corsini, catalogo della mostra, Firenze Museo Casa Siviero, 29 gennaio-25 aprile 2011, ed. Giunta Regionale Toscana, p. 33 - C. Ortolani, Cinque manufatti liturgici di oreficeria..., in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall Opificio delle Pietre Dure di Firenze a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze, ed. Nardini, 2020, pp. 13-17 num. invent. stampa: 331

categoria: Oggetti d'uso liturgico scheda OA: 09/00290918 autore: Manifattura italiana cronologia: Inizio del XVII sec. descrizione: Pisside tonda liscia con piede circolare, fusto con nodo principale a vaso piuttosto allungato e coperchio sormontato da croce. notizie storico critiche: Nell'inventario delle eredità di Rodolfo Siviero (1983) è registrata come arte italiana del XVII secolo. Diletta Corsini (2011), per le dimensioni ridotte adatte a contenere poche particole, ritiene che si tratti di una pisside da viatico, cioè usata per comunicare a domicilio gli infermi. Pissidi simili sono conservate in varie chiese del territorio fiorentino, ma la tipologia molto semplice dell'oggetto non consente una precisa attribuzione, al di là di una datazione tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo. Restaurata da Opificio Pietre Dure nel 2015-2018(GR 13365. materia: bronzo fuso, tornito e dorato; argento dorato (coppa) misure: altezza cm. 18,5 bibliografia: - Siviero collezionista del sacro, testi e


Vaso liturgico num. invent. pret.: 59A

presenza dei due fori ai lati della presa sul coperchio, fori forse usati per far uscire dalla teca i nastri di seta con i sigilli attestanti l'integrità della reliquia.

ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano H Stanza della Nativit

Restaurata da Opificio Pietre Dure nel 2015-2018 (GR 13363).

note ubicazione: nella teca sul piano della credenza grande; seconda fila, a sinistra

materia: Rame fuso sbalzato e dorato misure: altezza cm. 22

categoria: Oggetti d'uso liturgico autore: Manifattura toscana cronologia: ultimo quarto del XVI secolo descrizione: Vaso con coppa, coperchio e base circolare. La coppa è finemente ornata sul corpo da tralci vegetali classicheggianti e sul fondo da motivi fitomorfi stilizzati e volute a S affrontate; il coperchio, con doppia tesa a becco di civetta baccellata, termina con una cupoletta e una presa a rocchetto cimata di pomello, che è inserita con delle alette in due fori sul coperchio; il fusto presenta un nodo schiacciato; il piede è circolare con sottili modanature e reca sul verso un bollino azzurro Galleria Sangiorgi - Roma - Via Ripetta 117 notizie storico critiche: Registrato nell'inventario della eredità Siviero (1983) come vaso del XVI-XVII secolo con piede non pertinente; per la scheda ministeriale si tratta di una pisside. Diletta Corsini (2011) trova raffronti in suppellettili liturgiche toscane della fine del Cinquecento. Ella nota che il vaso, non essendo dorato all'interno, non poteva essere una pisside. Potrebbe trattarsi piuttosto di un purificatoio (vaso con l'acqua nella quale il sacerdote si lavava le dita dopo aver toccato le sacre specie), oppure di un reliquiario a coppa. Quest'ultima ipotesi potrebbe essere sostenuta dalla

bibliografia: - Siviero collezionista del sacro, testi e schede di Diletta Corsini, catalogo della mostra, Firenze museo Casa Siviero, 29 gennaio-25 aprile 2011, ed. Giunta Regione Toscana, p. 40 - C. Ortolani, Cinque manufatti liturgici di oreficeria..., in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall Opificio delle Pietre Dure di Firenze a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze, ed. Nardini, 2020, pp. 13-17


Pisside

note ubicazione: sul piano della credenza nella metà della stanza che dà sul giardino

bibliografia: - Siviero collezionista del sacro, testi e schede di Diletta Corsini, catalogo della mostra, Firenze Museo Casa Siviero, 29 gennaio-25 aprile 2011, ed. Giunta Regionale Toscana, p. 54 - C. Ortolani, Cinque manufatti liturgici di oreficeria..., in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall Opificio delle Pietre Dure di Firenze a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze, ed. Nardini, 2020, pp. 13-17

categoria: Oggetti d'uso liturgico

num. invent. stampa: 323

autore: Manifattura toscana (?)

scheda OA: 09/00290907

num. invent. pret.: 54A ubicazione: Appartamento di Imelde, sala A delle colonne

cronologia: secondo quarto XVII sec. descrizione: Pisside tonda sormontata da una croce. Il piede è ornato da cornici modanate lisce e decorate con motivo a foglie e dardi; il fusto ha un nodo piriforme ornato sul fondo e sulla spalle da cornici; la coppa emisferica è sostenuta da una corolla di foglie; il coperchio è ornato su tutta la superficie da volute vegetali con palmette e foglie d'acanto su fondo puntinato; la croce apicale è patente con terminazioni ancorate. notizie storico critiche: Secondo l'inventario della eredità di Siviero (1983) si tratta di un manufatto italiano del XVIII secolo con piede ottocentesco. Diletta Corsini (2011) invece trova riscontri, sia per il fusto che per la coppa, in esemplari toscani della prima metà del Seicento. Restaurata da Opificio Pietre Dure nel 2015-2018 (GR 13364). materia: argento fuso (piede e fusto); rame fuso, cesellato e dorato (sottocoppa e coperchio); argento dorato (coppa) misure: altezza cm. 18,2


Pisside

misure: altezza cm. 27,5; diametro cm.11,5

num. invent. pret.: 78B

categoria: Oggetti d'uso liturgico

bibliografia: - Siviero collezionista del sacro, testi e schede di Diletta Corsini, Firenze Museo Casa Siviero, 29 gennaio-25 aprile 2011, ed. Giunta Regionale Toscana, p. 35 -C. Ortolani, Cinque manufatti liturgici di oreficeria... in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall Opificio delle Pietre Dure di Firenze a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze, ed. Nardini, 2020, pp. 13-17

autore: Manifattura fiorentina

num. invent. stampa: 454

cronologia: prima metà del XVII sec.

scheda OA: 09/00301189

ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano H - Stanza della Nativit note ubicazione: nella teca sul piano della credenza grande; seconda fila, a destra

descrizione: Pisside con piede tondo e fusto con nodo a vaso liscio. Il sottocoppa formato da una corona di foglie d'acanto accoglie una coppa larga e capiente dorata internamente. Il coperchio è costituito da una cornice bombata decorata da un serto di alloro e da una sommità a cupoletta rivestita da un cespo d'acanto. La pisside è sormontato da una croce avellana in argento notizie storico critiche: La pisside presenta una tipologia tardo cinquecentesca nel fusto e negli ornati classicheggianti, ma si avvicina al gusto barocco nel volume espanso e sinuoso del coperchio. Pertanto, la scheda OA di Pinelli e quella di Diletta Corsini (2011) la attribuiscono a manifattura fiorentina della prima metà del Seicento e concordano nel ritenere la croce alla sommità come una aggiunta successiva. Restaurata da Opificio Pietre Dure nel 2015-2018 (GR 13362). materia: Rame fuso, tornito, sbalzato e dorato; argento dorato (coppa)


Ostensorio

presso la galleria antiquaria Sangiorgi.

num. invent. pret.: 60A

La scheda di Diletta Corsini nota che: "l?arredo si configura come un ostensorio e non come un reliquiario per i versi che ospita, derivati dalla celebre antifona gregoriana Ave, verum Corpus, natum de Maria Virgine (sec. XIV) allusivi alla madre di Cristo e al suo particolare rapporto con l?Eucarestia. Il vaso riflette la forma dei tempietti a pianta centrale con cupola cari ai trattatisti del Rinascimento, che vedevano nell?edificio sacro a pianta circolare il modello più adatto per rappresentare la realtà divina ed il cosmo. Questa tipologia architettonica - che s'imporrà per tutto il Cinquecento - reca negli esemplari più antichi un piede polilobato; la presenza in questo oggetto di una base circolare può quindi suggerire una datazione piuttosto avanzata (inizi del XVI secolo), nonostante le iscrizioni in lettere capitali romane e la purezza delle linee dell?edicola rivelino un gusto ancora quattrocentesco".

ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano H - Stanza della Nativit note ubicazione: nella teca sul piano della credenza grande; ultima fila, a sinistra categoria: Oggetti d'uso liturgico autore: Manifattura toscana o dell'Italia centrale cronologia: inizio XVI sec. descrizione: Ostensorio a tempietto con base circolare e quattro lesene che sostengono una trabeazione sormontata da una cupola embricata. La mostra manca della teca in vetro, della croce terminale e del sostegno dell'ostia. Lungo la base del tempietto scorre la scritta: EST PER QUOD MUNDI TOTA REDEMPTA SALUS ; in alto sulla trabeazione: "AVE DE SANTA VIRGINE NATUM CRISTI CORPUS". Il fusto, articolato da un grosso nodo baccellato e da due raccordi, è decorato con due fasce in argento decorate a niello. Il piede è circolare e reca sul verso un bollino azzurro della Galleria Sangiorgi - Roma - via Ripetta 117 notizie storico critiche: E' registrato nella scheda OA della soprintendenza come reliquiario, ma più correttamente l'inventario della eredità di Siviero (1983) e Diletta Corsini (2011) lo considerano come un ostensorio che ha perduto la lunetta portaostie. Le forme pienamente rinascimentali lo collocano nell'Italia Centrale all'inizio del Cinquecento. Il bollino sul piede indica che Siviero lo acquistò a Roma

Restaurata da Opificio Pietre Dure nel 2015-2018 (GR 13366). materia: Rame sbalzato e dorato,argento niellato misure: altezza cm 38,5


Statuetta in bronzo num. invent. pret.: 48A ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano N - Corridoio verso Sala da pranzo note ubicazione: Nella teca sull'armadio 375 (quello verso la sala da pranzo).

e di Giovanni Andrea Galletti. E' stato restaurato dall'Opificio delle Pietre Dure (GR 12799). In tale occasione si è ipotizzato che la figura rappresentasse l'arcangelo Michele, con due ali successivamente rimosse e la spada, di cui rimane l'elsa. materia: bronzo (fusione a cera persa) dorato misure: altezza cm. 36; peso kg 3,72

Originariamente stava al piano superiore nella sala A delle colonne, sul piano della credenza nella parte della stanza verso il camino.

bibliografia: M.D. Mazzoni e E. Della Schiava, Due bronzetti a figura umana del XVI secolo in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze, Opificio delle Pietre Dure, Regione Toscana,Nardini ed., 2020, pp.24-28

categoria: Sculture

num. invent. stampa: 317

autore: Scuola italiana

scheda OA: 09/00304840

cronologia: fine secolo XVI-inizio secolo XVII descrizione: Bronzetto raffigurante una figura umana con lunghi capelli; in parte dorato e poggiante su piccola base notizie storico critiche: Secondo la testimonianza di Imelde Siviero (lettera del 3 gennaio 1984 dello studio legale Sabbadini Sodi all'Avvocato Barile, conservata agli atti del Dipartimento Cultura della Regione Toscana) la scultura in bronzo dorato n 48A fu comprata presso l'antiquario Marcello Guidi di Firenze nel 1957 circa. L'inventario pretorile della eredità di Rodolfo Siviero lo attribuisce a scuola veneziana tra fine Cinquecento e inizio Seicento. Nella scheda OA invece Alessandra Civai ritiene che si tratti di una opera senese del cinquecento, raffigurante David, vicina ai modi di Lorenzo di Mariano detto il Marrina


Bronzetto di figura virile

dallo stesso autore. materia: bronzo a fusione

num. invent. pret.: 27C misure: H. cm. 18,5(con base cm 28); peso kg 2,44 ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano N - Corridoio verso Sala da pranzo note ubicazione: nella teca sul mobile n.inv.375. Originariamente stava al piano superiore salotto C dei De Chirico, sul piano del mobile 34C, primo oggetto verso la finestra. categoria: Sculture autore: Scuola veneta fine XVI sec. (Girolamo Campagna ?) cronologia: Seconda metà XVI sec. descrizione: Frammento di bronzetto montato su una base di marmo. Figura virile sostenente una foglia (o una conchiglia) in parte mancante. notizie storico critiche: Nell'inventario del 1983 è descritta come opera italiana del XVII secolo. Natalini nella scheda OA nota come la figura di Atlante che regge il globo, trasformato in un oggetto funzionale come una lucerna, sia caratteristica dell'Italia settentrionale del Cinquecento. E' stato restaurato dall'Opificio delle Pietre Dure (GR12798). In tale occasione si è notato che la figura doveva essere inginocchiata sulla gamba destra e che l'iconografia è la stessa del bronzetto attribuito al veronese Girolamo Campagna (1549?1625) conservato al Victoria and Albert Museum di Londra. Il nostro bronzetto è probabilmente una replica realizzata

bibliografia: M.D. Mazzoni e E. Della Schiava, Due bronzetti a figura umana del XVI secolo in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze, Opificio delle Pietre Dure, Regione Toscana,Nardini ed., 2020, pp.21-28 num. invent. stampa: 493 scheda OA: 09/00304787


Frammento di statua in terracotta: San Giuseppe num. invent. pret.: 215Imelde (ex 35) ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano M - Sala da pranzo ovvero Sala Ussi

sottostante stesura antica. Lo studio condotto da Dominique Fuchs in occasione del restauro riconduce il nostro santo alla figura artistica di Giovanni della Robbia per la vivacità e la vitalità delle forme. materia: terracotta policroma

note ubicazione: sopra alla credenza, dal lato destro misure: altezza cm 66; con base: cm 78 categoria: Sculture, statue autore: Scuola fiorentina (Giovanni della Robbia ?) cronologia: XVI sec. descrizione: Frammento di figura da presepio di terracotta policromata raffigurante San Giuseppe notizie storico critiche: I documenti conservati a Casa Siviero ci dicono che questa opera fu probabilmente comprata nel 1962 presso l'antiquario Zoccoli di Todi. L'inventario pretorile della eredità di Rodolfo Siviero del 1983 testimonia che faceva parte di un gruppo di 11 statue in terracotta. Tutto il gruppo fu, nel 1984, assegnato alla sorella Imelde, che lo vendette. Ma questa statua, insieme con l'angelo n. inv. 35bis, rimase invece nella casa, e la Regione la ricomprò nell'anno 2000 dagli eredi di Imelde Siviero. Nella scheda OA di Lucia Battista è avvicinata alla produzione di Giovanni della Robbia. L'attribuzione è stata ripresa nel catalogo di Angela Sanna dove si fa riferimento all'ambito fiorentino dei primi anni del Cinquecento. E' stata restaurata dall' Opificio delle Pietre Dure nel 2015. Il restauro ha rimosso le ridipinture ottocentesche, che facevano apparire piu' vecchio il santo, solo dove si era conservato il colore originario; è stato invece lasciata la ridipintura col blu di Prussia nelle zone dove non esisteva più la

bibliografia: - A. Sanna, Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. Pitture e sculture dal Medioevo al Settecento, Firenze, ed. Olschki-Regione Toscana, 2005, pp. 148-149, ill. 65 - L. Speranza. D. Fuchs, S. Afra, Tre terracotte policrome: una statuetta raffigurante San Giuseppe e due composizioni di frutta, in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze 2020 (ed. Nardini, Opificio delle Pietre Dure, Regione Toscana), pp. 29-50.


Pannello a mosaico: Ilas alla fonte num. invent. pret.: 343 ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano E - Salotto del Mosaico note ubicazione: appeso alla parete destra, sopra il divano categoria: Mosaici autore: Manifattura romana cronologia: XVII sec. descrizione: Pannello in opus sectile. Marmo, porfido, pietra serpentina e madreperla. La tarsia rappresenta Ilas, nudo, con mantello svolazzante in rosso sulle spalle, mentre appoggia il ginocchio destro su una roccia, e tiene in mano una brocca. L'opera è montata su lavagna moderna, sul cui retro sono le seguenti note, di mano di Siviero: "Ila. Acquistato da Eugenio di Castro, a Roma nel 1955. Proviene dalla collezione Barberini, venduto a di Castro dal principe Urbano. Restaurato a Roma da Gildo Pedrazzoni di Parma in via Ripetta. Restaurato ancora a Firenze. Era sconnesso e con pezzi falsi. Rappresenta Ila. Scarto del mosaico di Giunio Basso." A lato Siviero annota: "E' stato spianato dietro e messo su mia nuova lavagna. La brocca è rifatta completamente." notizie storico critiche: L'opera, oggi montata in una cornice neoclassica (cfr. scheda OA 09/00304723), raffigura il bellissimo eroe greco Ilas che seguì Ercole nella spedizione degli Argonauti. Durante una sosta del viaggio, Ilas si allontanò per cercare una fonte di acqua dolce. Quando le ninfe della sorgente lo videro, se ne innamorano immediatamente e lo trascinato dentro l'acqua, facendolo

scomparire. L'opera della raccolta Siviero deriva dal celebre pannello in marmi intarsiati proveniente dalla basilica di Giunio Basso a Roma (IV. sec. d.C), oggi conservato nel museo nazionale romano. L'esemplare Siviero però si limita a riprodurre fedelmente solo la figura centrale di Ilas con la brocca in mano e la gamba piegata su una roccia, escludendo le figure delle tre ninfe che cercano di afferrare l'eroe, che compaiono invece nel modello del IV sec. d.C. La presenza di questa opera nella casa-museo non può che essere messa in relazione con il recupero da parte di Siviero nel 1958 proprio dei pannelli provenienti dalla basilica di Giunio Basso, che erano stati illegalmente esportati in Svizzera. Si può pensare che Siviero abbia acquistato il nostro pannello di marmi intarsiati in ricordo della sua impresa, ma ciò contrasta con la data di acquisizione 1955 che lo stesso Siviero riporta sul retro. Spesso le informazioni scritte da Siviero sul retro delle sue opere sono aggiunte successivamente e non sono precise nelle datazioni. Le altre informazioni della iscrizione sul retro, e cioè che Siviero acqistò il mosaico dall'antiquario romano Di Castro a cui era stata venduto dal principe Barberini, sono credibili, anche se non documentate


Coperchio di vaso in terracotta invetriata num. invent. pret.: 18A ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano M - Sala da pranzo ovvero Sala Ussi note ubicazione: sul tavolino; stava al piano superiore nella sala delle colonne, sul tavolino grande categoria: Scultura, maioliche autore: Manifattura ispirata a modelli robbiani cronologia: Fine XIX-inizio XX secolo descrizione: Coperchio di vaso con frutta autunnale e foglie in terracotta invetriata. Pigmenti giallo verde bruno manganese. La composizione è sormontata da un grappolo di uva di colore viola manganese, che è adagiato sopra melograni e pere in varie tonalità di giallo, prugne e susine viola e azzurre inframmezzate dalle loro foglie. notizie storico critiche: Questa composizione di frutta appare in una foto della metà degli Anni Cinquanta che riprende Rodolfo Siviero con i genitori nella allora sala da pranzo al piano superiore della casa. Secondo la testimonianza di Imelde Siviero questo "piccolo trionfo di frutta centrotavola" fu comprato nel 1952 circa presso l'antiquario Sangiorgi di Roma (lettera del 3 gennaio 1984 dello studio legale Sabbadini Sodi all'Avvocato Barile, conservata agli atti del Dipartimento Cultura della Regione Toscana). La scheda OA lo ascrive alla produzione seriale della bottega dei Della Robbia, in particolare al tempo di Giovanni, che trova riscontro in esemplari conservati al museo Bardini e al Bargello.

E' stato restaurato nel 2015 dall'Opificio delle pietre Dure. Per l' invetriatura luccicante, lo studio condotto in tale occasione propende per una datazione otto-novecentesca. Il coperchio sarebbe quindi una opera recente ispirata ai modelli robbiani. materia: Terracotta smaltata misure: altezza cm. 18,5 bibliografia: - L. Speranza. D. Fuchs, S. Afra, Tre terracotte policrome: una statuetta raffigurante San Giuseppe e due composizioni di frutta, in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze 2020 (ed. Nardini, Opificio delle Pietre Dure, Regione Toscana), pp. 29-50. num. invent. stampa: 287 scheda OA: 09/00290921


Cestino di frutta in terracotta invetriata

Originariamente stava al piano superiore, nella sala con colonne sulla cassapanca intarsiata della parete est

La scheda OA attribuisce il cestino alla produzione in serie della Bottega dei Della Robbia, con particolare riferimento a Giovanni. Esempi simili si trovano al museo Bardini e al Bargello. Il cestino è stato restaurato dall'Opificio delle Pietre Dure nel 2015. Lo studio condotto in tale occasione conferma la attribuzione alla bottega dei Della Robbia, al tempo di Giovanni. Si nota però che l'opera ha subito molte manomissioni. La parte superiore con fiori e frutta è composta dall'assemblaggio di più pezzi orginali robbiani, forse facenti parte di un'altra composizione. Il cestino inferiore con il giro di foglie che lo raccorda alla parte sovrastante è probabilmente realizzato a calco su un reale cestino di vimini.

categoria: Scultura, maioliche

materia: Terracotta smaltata

autore: Bottega dei Della Robbia

misure: altezza: cm 19,5; diametro: cm. 29

cronologia: XVI sec.

bibliografia: L. Speranza. D. Fuchs, S. Afra, Tre terracotte policrome: una statuetta raffigurante San Giuseppe e due composizioni di frutta, in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, Firenze 2020 (ed. Nardini, Opificio delle Pietre Dure, Regione Toscana), pp. 29-50.

num. invent. pret.: 17A ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano M - Sala da pranzo ovvero Sala Ussi note ubicazione: sul tavolo.

descrizione: Cestino con fiori frutta e foglie. Terracotta smaltata. Un cestino color crema sostiene una composizione di frutta (mele cotogne, pere, ciliegia, cetrioli, fave, convolvoli), fiori e foglie policromi. Pigmenti giallo, verde, bruno, manganese. Sul retro bollino della Galleria Sangiorgi di Roma. notizie storico critiche: In una foto databile intorno alla metà degli anni Cinquanta il cestino compare al centro della tavola davanti al camino nella sala delle colonne al piano superiore, che allora fungeva da sala da pranzo. Secondo la testimonianza di Imelde Siviero il "cestino di frutta in terracotta smaltata robbiana" fu comprato nel 1952 circa presso la galleria Sangiorgi di Roma (Lettera dello studio legale Sabbadini Sodi a Paolo Barile del 3 gennaio 1984 conservata presso il Settore Musei della Regione). La provenienza è confermata dalla presenza del bollino azzurro con il nome della Galleria Sangiorgi.

num. invent. stampa: 286


Scomparto di predella: San Bartolomeo e 2 apostoli

materia: tempera su tavola

num. invent. pret.: 2B quarto

misure: cm. 33x56 bibliografia: - R. e G. Siviero, Inventario dei mobili e degli oggetti di casa, ms. n. 202Imelde nono, anno 1956, Firenze Casa Siviero, n.inv. 9.

ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano I - Stanza di ingresso dal Giardino; note ubicazione: a destra del taberncolo con l'Annunciazione. Originariamente stava al piano superiore, sala B del cavallo, a sinistra della porta entrando.

autore: Scuola veneta (cerchia di Antonio Vivarini)

- Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. Pitture e sculture dal Medioevo al Settecento, Firenze, ed. Olschki-Regione Toscana, 2005, pp. 71-72, ill. 9. - L. Gusmeroli, Due scomparti di predella, dipinti su tavola a fondo oro, di Scuola veneta, in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall'Opificio delle Pietre Dure, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, 2020, Firenze, pp. 51-60.

cronologia: metà XV sec.

num. invent. stampa: 383

descrizione: Scomparto di predella (facente parte di una serie di 4) su tavola fondo oro. Al centro San Bartolomeo con il coltello in mano, ai lati altri due apostoli con libri in mano. Le figure stanno sotto archetti trilobati a rilievo poggianti su colonnine. Sul retro ceralacca di Giovanni Siviero. notizie storico critiche: Siviero acquistò i quattro scomparti di predella nel 1930 per ottantamila lire da Savino Del Bene, in via delle Terme a Firenze. Nell'inventario manoscritto del 1956 sono registrati come opere di Antonio Vivarini. Nell'inventario della eredità di Rodolfo Siviero del 1983 sono stati in modo più generico attribuiti dal prof. Marabottini a scuola-veneto adriatica attorno alla metà del XV secolo. Anche i successivi documenti (relazione della prof. Mina Gregori sulla collezione Siviero, scheda OA, catalogo di Angela Sanna) oscillano tra un riferimento alla bottega di Antonio Vivarini e un generico riferimento all'ambiente veneto della metà del Quattrocento.

scheda OA: 09/00290936

categoria: Dipinti

Restaurato dall'Opificio delle Pietre Dure nel 2014-15.


Scomparto di predella: Sant'Andrea (?) e due apostoli num. invent. pret.: 2B ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano I - Stanza di ingresso dal Giardino; note ubicazione: A destra del tondo con Santa Caterina. Originariamente stava al piano superiore nella sala B del cavallo, appeso al muro, a destra della porta entrando.

prof. Mina Gregori sulla collezione Siviero, scheda OA, catalogo di Angela Sanna) oscillano tra un riferimento alla bottega di Antonio Vivarini e un generico riferimento all'ambiente veneto della metà del Quattrocento. Per quanto riguarda l'iconografia, la scheda OA identifica Sant'Orsola e Sant'Antonio da Padova, la scheda del catalogo di Angela Sanna identifica Sant'Andrea. Tali identificazioni ci sembrano piuttosto discutibili. Restaurato dall'Opificio delle Pietre Dure nel 2014-2015. materia: tempera su tavola misure: cm. 23,5x50

categoria: Dipinti autore: Scuola veneta (cerchia di Antonio Vivarini) cronologia: metà XV sec. descrizione: Scomparto di predella (facente parte di una serie di 4) su tavola fondo oro. Le figure di santi stanno sotto archetti trilobati a rilievo poggianti su colonnine. A sinistra un santo con bastone e libro; al centro un santo con libro e croce; a destra un santo con libro. Sul retro si trovano alcuni bolli: due dell'Ufficio Esportazione; uno della Dogana di Parigi e la ceralacca di Giovanni Siviero. notizie storico critiche: Siviero acquistò i quattro scomparti di predella nel 1930 per ottantamila lire dall'antiquario Savino Del Bene, in via delle Terme a Firenze. Nell'inventario manoscritto del 1956 sono registrati come opere di Antonio Vivarini. Nell'inventario della eredità di Rodolfo Siviero del 1983 sono stati in modo più generico attribuiti dal prof. Marabottini a scuola-veneto adriatica attorno alla metà del XV secolo. Anche i successivi documenti (relazione della

bibliografia: - R. e G. Siviero, Inventario dei mobili e degli oggetti di casa, ms. n. 202Imelde nono, anno 1956, Firenze Casa Siviero, n.inv. 9; - A. Sanna, Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. Pitture e sculture dal Medioevo al Settecento, Firenze, ed. Olschki-Regione Toscana, 2005, pp. 71-72, ill. 10. - L. Gusmeroli, Due scomparti di predella, dipinti su tavola a fondo oro, di Scuola veneta, in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall'Opificio delle Pietre Dure, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, 2020, Firenze, pp. 51-60. num. invent. stampa: 383 scheda OA: 09/00290937


Scomparto di predella: San Pietro e due santi

generico riferimento all'ambiente veneto della metà del Quattrocento.

num. invent. pret.: 2B bis ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano I - Stanza di ingresso dal Giardino; note ubicazione: A sinistra del tabernacolo con l'Annunciazione. Originariamente stava al piano superiore, sala B del cavallo, appeso al muro, a destra della finestra. categoria: Dipinti autore: Scuola veneta (cerchia di Antonio Vivarini) cronologia: metà XV sec. descrizione: Scomparto di predella (facente parte di una serie di quattro) su tavola fondo oro. Tre figure di santi sotto archetti trilobati a rilievo poggianti su colonnine; a sinsitra e al centro due santi con libro in mano; a destra San Pietro con le chiavi in mano. Sul retro ceralacca di Giovanni Siviero. notizie storico critiche: Siviero acquistò i quattro scomparti di predella nel 1930 per ottantamila lire da Savino Del Bene, in via delle Terme a Firenze. Nell'inventario manoscritto del 1956 sono registrati come opere di Antonio Vivarini. Nell'inventario della eredità di Rodolfo Siviero (1983-84) sono stati in modo più generico attribuiti dal prof. Marabottini a scuola-veneto adriatica attorno alla metà del XV secolo. Anche i successivi documenti (relazione della prof. Mina Gregori sulla collezione Siviero, scheda OA, catalogo di Angela Sanna) oscillano tra un riferimento alla bottega di Antonio Vivarini e un

Sottoposto a intervento di fermatura del colore e pulitura nel 2013, restauro effettuato da Muriel Vervat. materia: tempera su tavola misure: cm.33x56 bibliografia: - R. e G. Siviero, Inventario dei mobili e degli oggetti di casa, ms. n. 202Imelde nono, anno 1956, Firenze Casa Siviero, n.inv. 9; A. Sanna, - Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. Pitture e sculture dal Medioevo al Settecento, Firenze, ed. Olschki-Regione Toscana, 2005, pp. 71-72, ill. 8 - L. Gusmeroli, Due scomparti di predella, dipinti su tavola a fondo oro, di Scuola veneta, in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall'Opificio delle Pietre Dure, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, 2020, Firenze, pp. 51-60. num. invent. stampa: 383 scheda OA: 09/00290934


Scomparto di predella: tre apostoli materia: tempera su tavola num. invent. pret.: 2B ter misure: cm. 33x56 ubicazione: Appartamento di Rodolfo, vano I - Stanza di ingresso dal Giardino; note ubicazione: Originariamente stava al piano superiore nella sala B del cavallo, a sinistra della finestra. categoria: Dipinti autore: Scuola veneta (cerchia di Antonio Vivarini) cronologia: metà XV sec. descrizione: Scomparto di predella (facente parte di una serie di 4) su tavola fondo oro; con tre santi con libri in mano (apostoli). Le figure stanno sotto archetti trilobati a rilievo poggianti su colonnine. Sul retro sigillo di Giovannni Siviero. notizie storico critiche: Siviero acquistò i quattro scomparti di predella nel 1930 per ottantamila lire dall'antiquario Savino Del Bene, in via delle Terme a Firenze. Nell'inventario manoscritto del 1956 sono registrati come opere di Antonio Vivarini. Nell'inventario della eredità di Rodolfo Siviero del 1983 sono stati in modo più generico attribuiti dal prof. Marabottini a scuola-veneto adriatica attorno alla metà del XV secolo. Anche i successivi documenti (relazione della prof. Mina Gregori sulla collezione Siviero, scheda OA, catalogo di Angela Sanna) oscillano tra un riferimento alla bottega di Antonio Vivarini e un generico riferimento all'ambiente veneto della metà del Quattrocento. Sottoposto a intervento di fermatura del colore e pulitura nel 2013, restauro effettuato da Muriel Vervat.

bibliografia: R. e G. Siviero, Inventario dei mobili e degli oggetti di casa, ms. n. 202Imelde nono, anno 1956, Firenze Casa Siviero, n.inv. 9; - A. Sanna, Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. Pitture e sculture dal Medioevo al Settecento, Firenze, ed. Olschki-Regione Toscana, 2005, pp. 71-72, ill. 11 - L. Gusmeroli, Due scomparti di predella, dipinti su tavola a fondo oro, di Scuola veneta, in Studi e restauri per il Museo Casa Siviero realizzati dall'Opificio delle Pietre Dure, a cura di C. Innocenti, A. Patera, L. Speranza, 2020, Firenze, pp. 51-60. num. invent. stampa: 383 scheda OA: 09/00290935


Reportage fotografico
















Bibliografia

Indice

AGOSTINI E., Giuseppe Poggi. La costruzione del paesaggio, Diabasis, Parma 2020

1. Introduzione 2. Immagini storiche / Riferimenti 3. Inquadramento territoriale _ Stato di fatto _ Scala 1:5000 4. Inquadramento territoriale _ Stato di progetto _ Scala 1:2000 _ 5. Planimetria _ Stato di progetto _ Scala 1:500 6. Sezione territoriale _ Stato di progetto_ scala 1:500 7. Pianta piano terra _ Stato di progetto _ Scala 1:200 6. Pianta piano interrato_ Stato di progetto _ Scala 1:200 7. Sezioni e prospetti _ Stato di progetto _ Scala 1:200 8. Fotografie plastico di studio _ Scala 1:500 9. Museo Casa Siviero 2020 : la mostra perduta 10. Pianta piano interrato allestita _ Stato di progetto _ Scala 1:200 11. Dettagli esecutivi teche espositive _ Scala 1:20 12. Render 13. Reportage fotografico 14. Bibliografia _ Filmografia 15. Ringraziamenti

Documenti PUBLIACQUA, Il nuovo acquedotto e la modernizzazione del secolare uso della forza motrice dell'acqua d'Arno presso la pescaia San Niccolò; L'officina idraulica si San Niccolò - Docuemnti fotografici; I sotterranei dell'officina idraulica di San Niccolò oggi. https://latpc.altervista.org/il-salvataggio-delle-opere-di-giorgio-de-chirico/

Filmografia 20th CENTURY FOX, George Clooney. Monuments Men (The Monuments Men), 2014



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