l'uso di caratteri e grafiche vintage nei menu di ristoranti, bar, locali e pub
Atelier di Visual, Graphic e Multimedia Design prof.ssa Silvana Amato A cura di: Lucrezia Lopresti Simone Sisillo Progetto editoriale, progetto grafico, impaginazione a cura di: Lucrezia Lopresti e Simone Sisillo Si ringraziano: Tommaso Guerra Adriano Leo di Umana Studio Filippo di Dr. Plot Prima stampa: giugno 2013
introduzione
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capitolo primo
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font e caratteristiche grafiche dell'800
capitolo secondo
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nuovi modelli secondo passate concezioni
capitolo terzo
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ristoranti, bar e pub romani dal sapore retrò
conclusione
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A volte capita, passeggiando per la città, di essere colti da una fame improvvisa: come scegliere un posto accogliente dove mangiare? I sensi che entrano in gioco in questa scelta sono il gusto e l’olfatto ma anche la vista è molto determinante. Da sempre, pub, ristoranti e bar, esponendo al loro esterno il menu o il piatto forte del giorno, cercano di attirare l’attenzione dei clienti facilitando la loro scelta. Il menu è il primo strumento che stabilisce un tramite tra locale e cliente: infatti, la presentazione della lista delle portate e il relativo prezzo permettono al consumatore di stabilire se all’interno del locale le proprie esigenze culinarie ed economiche potranno essere pienamente gratificate. Alcuni locali scelgono di adottare una buona comunicazione visiva che li avvantaggi sugli altri cercando di puntare sull’impatto generato da un’insegna o da un menu graficamente invitante. Tra le vesti grafiche utilizzate negli ultimi tempi in quest'ambito, quelle che riprendono uno stile Vintage sono tra le più riuscite. Il richiamo è quello delle antiche bakeries londinesi e dei bistrot parigini che evocano un ambiente accogliente e artigianale, legato ad un’atmosfera genuina, di handmade. Il fine dei menu esposti da locali, pub, ristoranti e bar che seguono questo imprinting è quello di emergere e spiccare, attraverso un utilizzo di font e di decorazioni di ispirazione ottocentesca. Si cercherà dunque di analizzare l’origine e l’impiego di questi elementi grafici.
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CAPITOLO
PRIMO
Osservando i menu e le insegne di alcuni locali è possibile notare la presenza di tratti in forte relazione con le font realizzate in età vittoriana. In un contesto di Rivoluzione Industriale, nell’Europa tra l'800 e il 900, nella quale l’economia passò da una forma rurale ad una basata sulla produzione di massa, si aprirono nuovi scenari che permisero l’avvento e lo sviluppo di nuove tipologie di comunicazione e di advertising legati al boom delle campagne pubblicitarie. Il campo della tipografia si trovò invaso sia da professionisti in materia sia da tipografi amatoriali, il che portò vantaggi e svantaggi: nacquero molti nuovi caratteri i quali, pur mancando di armonia ed equilibrio, presentavano forte energia, fascino e potenza. Nuove tecnologie di stampa resero Londra territorio di affissione di manifesti pubblicitari di aziende e loro prodotti, di eventi e spettacoli. Le font create in questo periodo, così come le nuove composizioni grafiche, nasceranno proprio con questo intento: caratteri forti, eccessivi, iperdecorati e super contrastati renderanno leggibile, e riconoscibile il messaggio da trasmettere.
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Tra le più usate troviamo quelle appartenenti a queste categorie:
Ultra Bodoni Fat Face Sulla direttrice Fournier-Didot-Bodoni di inizio Ottocento, nascono come caratteri destinati al marketing. Per Ultra Bodoni si intende un Bodoni estremizzato, ingrandito; secondo lo storico A. F. Johnson, i tipografi londinesi presero ispirazione dai biglietti della lotteria del primo decennio del secolo. L’effetto che si ricerca tramite il loro utilizzo è quello di impressionare da una distanza di vari metri, nella strada gremita di persone. Sono dei Didot/Bodoni (Moderni) ingrossati: si ottengono esasperando all’inverosimile il contrasto tra il peso dei tratti e la sottigliezza delle grazie orizzontali. Tra questi ricordiamo quelli progettati da Robert Thorne e da William Thorowgood nei primi anni dell'800.
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R R Sopra: confronto tra Bodoni Regular, Bodoni Black e Ultra Bodoni. A fianco: Ultra Bodoni in Love and Gratitude e State Secrets in una locandina dell’epoca.
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Thorne Shaded (1820), Robert Thorne
ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTUVWXYZ 0123456789
Bodoni Black riadattato (1820), William Thorowgood
ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789
Egiziani Slab Serif Questa famiglia di caratteri compare nell'800, in parallelo alla rivoluzione industriale e allo sviluppo della meccanizzazione dei vari sistemi produttivi. Il termine “egiziani” non ha nessuna relazione con l’arte e l’architettura egizia ma è stato adottato per la moda di quell’epoca, affascinata dalle scoperte di reperti archeologici in Egitto. Primi esempi di questa tipologia di caratteri sono dell’inglese Vincent Figgins i quali vennero utilizzati per la prima volta per le scritte fatte sulle balle di mercanzia provenienti proprio dall’Egitto, per poi essere utilizzati nell’editoria e nella pubblicità. Gli egiziani sono di due tipi: a grazie raccordate: di cui il più noto è il Clarendon, realizzato nella fonderia della famiglia Caslon, a Londra, nel 1843; a grazie non raccordate: primo esempio di carattere egiziano non raccordato fu quello prodotto dalla fonderia di Vincent Figgins, nel 1820. I tratti terminali ingrossati, a forma rettangolare e con stesso peso delle aste, rendono il carattere pesante ma ben leggibile e presentano un disegno geometrico. L’adattabilità di questi caratteri per tutti quei lavori in cui si richiede una forza espressiva è eccellente per pubblicità, per testate di quotidiani e riviste, per tioli, per insegne; essi risultano però essere assolutamente inadatti per testi, specie nei corpi piccoli dove le grazie pronunciate confondono la lettura rendendola poco scorrevole e faticosa.
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Sopra: costruzione dei raccordi delle grazie nei caratteri egiziani. In alto, Clarendon con grazie raccordate, sotto, Rockwell con grazie non raccordate. Nella pagina a fianco: due locandine dell’epoca vittoriana.
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Egiziano Black (1815), Vincent Figgins
ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTUVWXYZ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 0123456789
Clarendon Light (1843), Fonderia Caslon
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Bastoni Sans Serif Questa famiglia di caratteri si diffonde intorno al 1850 per avere la sua vera forma definitivaverso il Novecento. La loro comparsa è dovuta ad una volontà di ritorno alle forme antiche. I bastoni sono privi di grazie e facilmente riconoscibili: le lettere sono semplici e tutti i loro elementi hanno spessore quasi uniforme, risultano infatti adatti ad insegne, cartelli, titoli e indicazioni stradali. Il primo esempio di carattere lineare senza grazie è il “Two Lines English Egyptian” realizzato da William Caslon IV a Londra nel 1816.
A sinistra: processo di eliminazione delle grazie da un carattere bodoniano a un carattere bastone.
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Two Lines English Egyptian ricostruito (1816), William Caslon IV
Brevier Sans-Serif e Two Line Pearl (1820), Vincent Figgins
Caratteri decorati I progressi tecnologici resero possibile una notevole sperimentazione e i caratteri vennero rielaborati in innumerevoli variazioni anche volutamente bizzarre. Vennero prodotti i caratteri Fantasia, ricchi di ornamenti: font dai contorni irregolari o dal taglio volutamente eccentrico, sono costituite da lettere (per lo piĂš maiuscole) arricciate, asimmetriche o arricchite da disegni e fantasie.
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Rosewood Std riadattato sul modello di William Page 1874 Jfringmaster
A fianco: alcuni esempi di caratteri decorati. Sopra: Alfabeto Figurato di Honoré Daumier del 1836. Sotto: ritaglio di un poster dell’epoca con caratteri ornamentali in Bull Dogs e Rat!
ABCDEFGHIJKLM ABCDEFGHIJKLM NOPQRSTUVWXYZ NOPQRSTUVWXYZ 0123456789 0123456789
AVX
Così come per le font utilizzate, anche per l’impostazione grafica i menu attingono grande ispirazione dal modello di advertising vittoriano. In quel periodo, infatti, l’amore per gli oggetti complessi e ornati (che può essere visto anche nell’architettura e nella moda del tempo) si ripercuote nell’impostazione della pubblicità e dei manifesti: • testo ed illustrazioni sono contornati da elementi decorativi come cornici, fregi simmetrici, riquadri ornati; • le composizioni diventano dei veri e propri patchwork di testo e immagini; • sono utilizzate di frequente illustrazioni e xilografie di riempimento; • il testo è spesso inserito in striscioni e pergamene; • si tende ad utilizzare la maggior parte della pagina portando ad una condizione di layout occupato, riducendo al minimo gli spazi bianchi; • le scritte sono spesso incurvate e deformate; • l’utilizzo di diverse font non disorienta ma crea un unicuum di forte impatto visivo, attraverso l’impiego di elementi decorativi come linee rette o ondulate, con spessori sottili o pesanti.
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Sopra: alcuni esempi di cornici ed elementi decorativi. A fianco: in un manifesto dell'800 un ricco campionario di caratteri ed elementi ornamentali in uso all'epoca. Sotto: esempio di utilizzo di pergamene e illustrazioni unite al testo.
CAPITOLO SECONDO
Per soddisfare la richiesta di pubblicizzare prodotti all’interno di un mercato in continua crescita, così come nell’età vittoriana anche nell’era moderna l’impatto comunicativo è assicurato dai forti contrasti: convenzioni grafiche e tipografiche di due secoli fa ancora ci appartengono. Dall’osservazione dei menu esterni, infatti, si deduce che persiste il gusto vittoriano, ormai catalogato nella categoria vintage. Nel campo delle font si è assistito a continui riadattamenti e ricostruzioni di caratteri appartenenti all'epoca ottocentesca. Gli egiziani a grazie non raccordate, ad esempio, ebbero un ritorno di fiamma verso il 1930: ricordiamo il Memphis di Rudolf Weiss (1929), il City di Georg Trump (1930), il Beton di Heinrich Jost, e lo Stymie di Morris Fuller Benton. Nel 1933 poi, la Monotype inglese produce per il mercato americano il Rockwell, mentre nel 1938 Robert Harling disegna il Playbill, nel quale si esegue un’esaltazione delle grazie a scapito dei tratti. Più tardi, nel 1968, Adrien Frutiger produce il Serifa, per poi arrivare all’Officina Serif di Erik Spiekermann, del 1990.
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Memphis City Beton Stymie Rockwell Playbill Serifa Officina Gill Sans Helvetica
Sotto e nella pagina a fianco: confronto tra una locandina di età vittoriana ristampata e un moderno Menu di un locale londinese. Si può notare l'utilizzo delle medesime caratteristiche grafiche: miscele di caratteri, linee divisorie, motivi ornamentali vengono utilizzati per richiamare l'attenzione.
Dopo il processo di eliminazione delle grazie che ha portato all'ottenimento dei caratteri a bastone, di cui il primo esempio fu quello di William Caslon IV, prolifera la creazione di caratteri appartenenti a questa famiglia. Tra i piÚ utilizzati e noti ricordiamo il Gill Sans di Eric Gill (1927) e l'Helvetica di Max Miedinger (1957); invece una fedele riproduzione digitalizzata del Two Lines English Egyptian ottocentesco è stata fatta da Antonio Cavedoni e prende il nome di Micerino (2007). Questi risultano essere i richiami della moda contemporanea, la quale interessa anche il Restaurant Menu Design.
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Forma d’arte strettamente legata al gusto vittoriano è il recente Chalkboard Design, nata come arte di strada, la quale, attraverso gli intricati dettagli, richiama alla mente gli elementi dell’arte ottocentesca, esprimendo al meglio l’idea di fatto a mano, di handmade: font tipografiche segnano lavagne, muri, specchi, maioliche e pavimenti per declamare menù, formule, ingredienti, messaggi all’interno o all’esterno di ristoranti, bar, concept food. A naso in su, l’avventore ci sta anche per diversi minuti. Non sono i piatti in carta ad affascinarlo ma un nuovo modo di proporli. Una sfilza di righe pennellate come opere d’arte, una grafia perfetta, poetica e ultra contemporanea. Per quanto belle e attraenti risultano essere queste opere, sono del tutto temporanee, poiché realizzate con il gesso: tutto ciò è in stretta connessione con i menu esposti, i quali possono mutare per far risaltare all’occhio del consumatore il piatto o la promozione proposta che varia di giorno in giorno. Tra i Chalkboard Designer più affermati nello scenario internazionale troviamo la giapponese Dana Tanamachi, designer dello studio tipografico Louise Fili Ltd e Bryan Patrick Todd, graphic designer di Luisville, Kentucky.
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Sopra: due lavori di Dana Tanamachi. A fianco e sotto: composizione murale in stile vintage sulla facciata del pub The Highlands a Louisville, Ky.
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Nello scenario nazionale è invece Tommaso Guerra, noto artista capitolino, ad esprimere la sua creatività in questa street art: sospesa l’attività di art director, lo troviamo infatti immerso nell’interior design e soprattutto nel lettering, forma grafica più adatta da applicare alle sue inconsuete tele. Il mondo del food romano, e non solo, si mette in fila per un suo intervento e lui, armato di gessi bianchi, smalti e pennelli, trasforma gli spazi, attraverso un inedito codice artistico, riuscendo a regalare un profilo definito e originale capace di trasmettere al pubblico suggestioni familiari. “Nell’era del virtuale, sentivo la necessità di un recupero storico che scaldasse ambienti ed emozionasse gli animi – racconta Tommaso – e la calligrafia è un ritorno al passato. Linee, curve, un lavoro artigianale capace di restituire atmosfere legate all’infanzia”. Un’abilità manuale fuori dal comune, una profonda conoscenza delle font, del lettering e della loro costruzione, la volontà di lavorare senza rete (ovvero senza pre spaziato), il talento fortemente legato alla passione per tutto ciò che disegna fa di lui uno dei più noti artisti in questo scenario. Attraverso un’intervista a lui rivolta si sono delineate le linee guida (sempre che ne esistano), il metodo e i concetti che lo hanno proiettato e che gli permettono di operare in questa forma d’arte. Fondamentalmente l’artista rivela che le correnti artistiche che lo hanno ispirato sono quelle legate al periodo vittoriano, al Déco degli anni Venti e all’arte americana di inizio 900: a scenari legati alla rivoluzione industriale, dunque, nei quali il magazzino commerciale diventa luogo di grande rilevanza urbana. 22
Proprio attraverso l’uso di queste forme grafiche, spiega infatti che i suoi clienti cercano di avvicinarsi a questo immaginario con l’intento di conferire al loro locale quell’ambìto senso di fatto a mano, quell’aria di “capannone recuperato” all’interno e all’esterno del quale verranno associate delle soluzioni visive retrò, vintage, che si sposano alla perfezione con il chalkboard design. Come nella progettazione delle locandine di advertising tanto utilizzate nell’Inghilterra vittoriana, così nella progettazione grafica delle pareti interne ed esterne dei locali e dei loro menu da esposizione, l’artista romano applica un mash-up di font, il quale, però, è da lui eseguito partendo dalla scelta di affiancare caratteri fantasia e ornati per le decorazioni interne ed esterne, mescolate a caratteri esistenti destinati alle parti da leggere come quelle dei menu che devono risultare ben comprensibili al consumatore.
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In particolare, per le decorazioni esterne, fa riferimento al carattere Abraham Lincoln (di Frances MacLeod) che si presenta come carattere ristretto, munito di grazie e che trae ispirazione dal Playbill e dalle font utilizzate per l’advertising americano di inizio 900. Altre font a cui fa riferimento sono l’Haymaker, carattere senza grazie disegnato da Trevor Baum, e l’Hipster Script (font di cui ne fa minor utilizzo in quanto “troppo in voga in questo ambito”) progettato da Alejandro Paul con l’intento di diminuire la distanza tra carattere manuale e digitale. In una visuale più generale l’artista rivela che il suo territorio artistico, quello del Chalkboard Design appunto, da un lato rappresenta uno scenario fertile, stimolante, innovativo ed estremamente creativo essendo egli mosso dalla convinzione che “risulta più espressivo il peggior menu fatto a mano anche se non eseguito a regola d’arte che il migliore eseguito in maniera industriale”. Dall’altra parte, rappresenta un ambiente statico nel quale non si percepisce una grande ricerca stilistica, dove regna l’emulazione e una forte ripetizione delle tematiche. A suo parere tutto ciò è legato alle “vincolanti” richieste dei committenti, i quali preferiscono percorrere strade già battute che rappresentano sicuro successo e gradimento (quindi maggior guadagno) per i loro locali. È convinto quindi che questa forma d’arte, fortemente connessa al vintage, si evolverà nel momento in cui riuscirà a schivare le pressioni del mercato.
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Abraham Lincoln Haymaker
Hipster Script A fianco: vetrata del ristorante Arcangelo, Roma. Sotto: particolare di decorazione del Vesper Club, Roma. Lavori di Tommaso Guerra.
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CAPITOLO
TERZO
Osteria Mavi
Antica Focacceria San Francesco
Verde Pistacchio
Casa Clementina
Seconda Fila
Splendor Restaurant
Hamburgeseria Piazza Navona
Hamburgeseria San Lorenzo
Baylon Cafè
Rosti Restaurant
Baccano Restaurant
Fishmarket
Sali & Tabacchi
Attraverso questa analisi foto/tipo-grafica si percepisce il largo impiego del visual di età vittoriana nel design del menu da esposizione che, essendo strumento pubblicitario, deve riuscire ad attrarre il cliente, trasmettendo l’immagine, l’atmosfera e la qualità del locale. Tali liste, paragonabili alla vetrina di un negozio, dovrebbero perciò parlare efficacemente al pubblico: sarà compito dell’apposito vetrinista quello di ottimizzare la presentazione del prodotto. Le convenzioni grafiche relative al periodo di rivoluzione industriale inglese quindi, risultando molto efficaci, si configurano come layout “vincente” nel settore della ristorazione: attraverso l’uso di queste si è certi di cogliere maggiore attenzione, soprattutto con l’ausilio di elementi tanto familiari e semplici come gesso e lavagna.
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& Angiolo Bandinelli, Giovanni Lussu, Roberto Iacobelli, Farsi un libro, Stampa Alternativa, Roma, 1990 Riccardo Falcinelli, Fare i Libri, Edizioni Minimum fax, 2011 Giorgio Fioravanti, Grafica e stampa, Zanichelli, 1984 David Bann, La stampa oggi, Edizioni Logos, 2010 Robert Bringhurst, Gli elementi dello stile tipografico, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2003
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