Neri Hic sum Amore
Un’avventura per consorelle e confratelli
Un Bambino sulle rovine pagane di Olga Stinga
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di Fabrizio d’Esposito Più di vent’anni fa, il mio primo maestro di giornalismo, Lorenzo Piras, mi impartì una lezione che non ho mai dimenticato: «Ricordati che quando scriverai l’editoriale per un nuovo giornale non devi fare proclami o promesse perché non riuscirai mai a mantenerle. Le cose andranno sempre diversamente da come le avevi immaginate». Ovviamente anche questo mio articolo di saluto per l’esordio del nostro bollettino “Neri” non sfugge a questa regola. Anche perché per far nascere un giornale, locale o nazionale che sia, piccolo o grande che sia, è necessaria tanta fatica ma per farlo morire ci vuole davvero poco. Quindi niente annunci pomposi o grandi promesse. Voliamo basso e spieghiamo due o tre cose. La nascita di “Neri” è una conseguenza dell’entusiasmo provocato dall’elezione di Michele Gargiulo a priore dell’arciconfraternita. Conosco Michele dall’inizio degli anni novanta e con lui ho condiviso un percorso mai interrotto. Così quando ci siamo guardati negli occhi prima della riunione del nuovo governo è stato naturale dirci: «Proviamo a fare un giornalino per informare mese dopo mese i confratelli sulle nostre attività». Questo proposito ha avuto la fortuna di incrociare un gruppo di confratelli e consorelle di talento, consapevoli del valore dell’informazione nella società di oggi. E il prodotto che sfoglierete tra qualche secondo è soprattutto merito loro. In particolare di Olga e Rita Stinga. Le cito perché sono donne impegnate in una confraternita, di solito un luogo considerato maschilista per tradizione. Per noi della Morte e Orazione inizia una nuova avventura. Buona lettura.
onsiderando che l’amore non ha prezzo, sono disposto a tutto per averne un po’, considerando che l’amore non ha prezzo lo pagherò offrendo tutto l’amore, tutto l’amore che ho”: così recita il biglietto di auguri che il neo-Priore dell’Arciconfraternita Morte e Orazione, Michele Gargiulo, ha inviato a tutti i confratelli in occasione del Natale, prendendo in prestito una frase della canzone di Jovanotti “Le meraviglie in questa parte di universo”. L’amore gratuito, la meraviglia, il dono sono solo alcune delle sensazioni che si provano varcando la soglia della cappella di Santa Margherita dove è allestito il presepe dell’Arciconfraternita Morte e Orazione. Il presepe (o presepio) è una rappresentazione della nascita di Gesù che deriva da tradizioni medievali. Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia ed è una parola composta da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto. La tradizione, prevalentemente italiana, risale all'epoca di San Francesco d'Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività. I confratelli della Morte e Orazione cominciano a “parlare di presepe” ad inizio novembre o, come dicono tra di loro, “subito dopo i morti”: in quei giorni gli addetti ai lavori si riuniscono per definire tutti i dettagli del presepe, a partire dallo scorcio, dei materiali da utilizzare e, soprattutto, della tipologia di presepe da creare. segue a pagina 3
La Natività del presepe 2010
La Marina d’Aequa affondava 29 anni fa di Michele Lauro 29 Dicembre 1981, 29 anni fa, alle ore 17.55, affondava la nave Marina d’Aequa, il merIl24cantile italiano iscritto al compartimento marittimo di Castellamare di Stabia e partito il Dicembre dal porto di Anversa con a bordo un equipaggio di 30 membri. Il 29 Dicembre 2010 è stata celebrata una messa in suffragio delle vittime della Marina d’Aequa presso il santuario di San Giuseppe a Sant’Agnello. segue a pagina 7
Il nuovo Priore: «Sono qui per l’Amore» Pubblichiamo il discorso pronunciato dal nuovo Priore il giorno del giuramento di Michele Gargiulo ono riconoscente, con tutto il cuore, a Don Pasquale, Padre spirituale del nostro Sodalizio e Parroco della Nostra Basilica, a Don Antonino, responsabile dell’Ufficio ConS fraternite dell’Arcidiocesi Sorrento-Castellamare, al Sindaco, alle Autorità Civili e Militari, ai Governi e ai Confratelli dei Sodalizi che hanno voluto condividere con me e con i miei confratelli questa domenica di grazia. Una domenica di grazia resa possibile prima di tutto dall’affetto e dalla stima che, a fine maggio scorso, le consorelle e i confratelli della mia Arciconfraternita hanno voluto dimostrare, oltre ogni mia aspettativa e misura, ad un giovane confratello oggi divenuto Priore. segue a pagina 6
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Il Bambinello dell’Arciconfraternita portato in processione il 25 dicembre 2010
Col Bambinello tra zampogne e botti caro factum est” - “Il Verbo “Vsierbum fece carne” (Gv 1,14), Dio si è
fatto uomo, è venuto ad abitare in mezzo a noi. Questo lo spirito con cui anche quest’anno l’Arciconfraternita Morte e Orazione ha organizzato la processione che ha portato il Bambinello Gesù dalla Basilica di San Michele Arcangelo alla cappella di Santa Margherita. E’ stato un momento di vera gioia, oltre che di preghiera, perché il Natale deve essere caratterizzato dalla gioia: nel Natale è possibile riscoprire il disegno eterno di Dio che illumina la vita di ogni uomo. Così fu nella notte di Betlemme, e così è anche oggi: l’incarnazione del Figlio di Dio è un avvenimento che è accaduto nella storia, ma nello stesso tempo la oltrepassa. Nella notte del mondo si accende una luce nuova, che si lascia vedere dagli occhi semplici della fede, dal cuore mite e umile di chi attende il Salvatore. Se la verità fosse solo una formula matematica, in un certo senso si imporrebbe da sé. Se invece la Verità è Amore, domanda la fede, il “sì” del nostro cuore. E che cosa cerca, in effetti, il nostro cuore, se non una Verità che sia Amore? La cerca il bambino, con le sue domande, così disarmanti e stimolanti; la cerca il giovane, bisognoso di trovare il senso profondo della propria vita; la cercano l’uomo e la donna nella loro maturità, per guidare e sostenere l’impegno nella famiglia e nel lavoro; la cerca la persona anziana, per dare compimento
all’esistenza terrena. È questo il senso della processione, che da ormai 14 anni, vede sempre presenti il governo ed i confratelli dell’Arciconfraternita Morte e Orazione: era il 1996 quando il Priore ed un gruppo di confratelli assaccati partivano dalla Basilica di San Michele Arcangelo, al termine delle celebrazione liturgica della notte di Natale, e si dirigevano in processione verso la Cappella di San Giovanni (presso il rione di San Giovanni) per intronizzare il Bambinello nel presepe allestito presso la cappella stessa. Quella della processione del bambinello ha origini antichissime, infatti la comunità di Piano di Sorrento ha sempre organizzato tale processione accompagnandola con il suono delle zampogne e con i fuochi d’artificio. I confratelli anziani raccontano che a provvedere ai fuochi per la processione del bambinello erano i cocchieri del mercato ortofrutticolo che all’epoca era ubicato in piazza Cota, proprio al centro del paese, e che per tutto il periodo dell’avvento mentre la statua del bambinello faceva visita alle varie case e famiglie di Piano, loro custodivano i botti all’interno dei “murali” cioè i sacchi dove venivano raccolte le carrube ed il cibo dei cavalli. Purtroppo, con il passare degli anni, si è persa la memoria e l’usanza di questa processione ma, nel 1996, l’Arciconfraternita Morte e Orazione, in accordo con il Parroco della Basilica di San Michele arcangelo, ha deciso di ripristinare que-
st’antichissimo rito collegandolo all’apertura del presepe che ogni anno, da quel 1996, l’arciconfraternita stessa allestisce. Per circa 5 anni la processione si è svolta la notte del 24 Dicembre e, come voleva la tradizione, la statua del Bambinello Gesù, è stata accompagnata dal suono delle zampogne e dai botti. Successivamente, da quando l’Arciconfraternita allestisce il presepe presso la cappella di Santa Margherita, la processione si svolge il 25 Dicembre al termine della Messa vespertina. Il 25 Dicembre 2010, il Priore, il Governo, i confratelli dell’Arciconfraternita e tutti i fedeli della comunità, al canto di “Tu scendi dalle stelle”, hanno accompagnato la statua del Bambino Gesù dalla Basilica di San Michele, lungo via San Michele, corso Italia e piazza Cota, fino a raggiungere la cappella di Santa Margherita per l’”apertura” del presepe. Che senso avrebbe “aprire” un presepe senza una processione del bambinello? Si tratta di un momento spirituale importante che, il Priore ed il Governo dell’Arciconfraternita, hanno intenzione di solennizzare ulteriormente progettando l’acquisto di un bambinello dell’800 da porre in una culla d’argento e da portare ogni anno in processione per contemplare insieme questo grande mistero di amore e lasciarci illuminare il cuore dalla stessa luce che brilla nella grotta di Betlemme! O. S.
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Santa Margherita culla del presepe segue dalla prima pagina
nfatti, per il secondo anno consecutivo, anche Inel 2010, si è scelto di realizzare un presepe “ a tutto tondo”, proprio come vuole la tradizione napoletana. Fino al 2008, grazie alla collaborazione del maestro Bruno Balsamo, grandissimo esperto d’arte e di arte presepiale, l’Arciconfraternita ha realizzato presepi con uno sfondo, dipinto dallo stesso maestro Balsamo, e che raffiguravano scorci paesaggistici della penisola sorrentina. Nel 2009 e 2010 l’Arciconfraternita ha cambiato registro, realizzando un presepe su base rotonda che valorizza la creatività di chi lo realizza e che si avvicina a quello dell ‘800 napoletano. Tema del presepe - edizione 2010 - è la nascita del Redentore sulle rovine del paganesimo, rappresentate dai resti di un tempio pagano. I lavori di allestimento del presepe durano circa 40 giorni infatti ogni sera del mese di novembre e dicembre, il gruppo dei collaboratori, formato da circa 15 confratelli tra giovani, anziani e new-entries (3 giovani confratelli che si sono appassionati all’arte presepiale), si incontrano presso la cappella di Santa Margherita dalle 18 alle 22 e, tra una foto per immortalare i vari work in progress, una battuta, una fetta di panettone o una caldarrosta, una tazza di caffè o di tè, si realizza l’opera che vede il proprio battesimo il 25 dicembre, in occasione della processione del Bambinello. Il materiale utilizzato è il poliuretano espanso, pannelli di materiale termoisolante, la cui caratteristica principale è la grande facilità di lavorazione e scultura. È in poliuretano espanso che sono stati realizzati la taverna, la casa, lo scoglio su cui è posta la Sacra Famiglia, il tempio, l’osteria, il mercato, le strade ed i ponti. Dopo aver creato tutte le scene del presepe, si passa alla pitturazione e poi all’inserimento della vegetazione che richiede molta perizia, cura ed esperienza. La fase successiva vede tutto il gruppo impegnato nel posizionamento dei pastori e degli elementi ornamentali del presepe. I pastori sono di diversa fattura e dimensione, si passa da figure di 30 cm a quelle di 40 cm, alcuni donati dall’ex parroco e padre spirituale dell’Arciconfraternita, Mons. Arturo Aiello, ed altri acquistati dall’Arciconfraternita nel corso degli anni. Di ottima fattura sono gli elementi raffiguranti la natività, infatti si tratta di pastori di 40 cm in pieno stile ‘800 napoletano: vere opere d’arte di cui l’arciconfraternita mira a dotarsi per arricchire gli arredi di cui è già in possesso. Il gruppo collaboratori ha completato l’opera il 20 dicembre e proprio tutti erano presenti sabato 25 dicembre per “l’apertura” e per celebrare insieme il Santo Natale, proprio come vuole la tradizione dell’Arciconfraternita.
Olga Stinga
Particolare del presepe 2010
Cronistoria di una passione
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uando quattordici anni fa decidemmo di allestire un presepe nell’antica chiesa di San Giovanni, nessuno avrebbe immaginato che questo esperimento si sarebbe trasformato in passione, il primo allestimento presepiale senza troppe pretese nelle maestose scene paesistiche degli anni successivi: anche questo è un segno della Grazia. Redigere il regesto di una passione, farne una minuziosa cronaca non è semplice, tuttavia affidare alla memoria una traccia, perché il filo non si smarrisca negli anni a venire è perfino doveroso. Nel presepe dell’Arciconfraternita Morte e Orazione protagonista è stato, a voler isolare un motivo, il paesaggio di Piano: i suoi monti, la marina di Cassano, piazza Cota, il mercato, il Ponte Orazio. Non si tratta, naturalmente, soltanto di ricostruire in modo più o meno esatto questo o quell’angolo del paese; attraverso l’arte si riannodano i legami plurisecolari di questa arciconfraternita con Piano di Sorrento, legami di passione e amore. Chiesa di S.Giovanni 1996: Scoglio alla maniera del Settecento: episodio della taverna e paesaggio montuoso. 1997: Scoglio alla maniera del Settecento: episodio della taverna e paesaggio montuoso. 1998: Monte Pertuso, sfondo dipinto dal maestro Gaetano Rancatore. 1999: Scoglio alla maniera del Settecento: episodio della taverna e paesaggio montuoso. 2000: Vallone di S.Giuseppe con sbocco alla marina di Cassano. 2001: Piazza Cota e capannone del mercato. 2002: Ponte Orazio con edicola votiva vista dal ponte. 2003: Le Cavottole e la Gran Piazza. Cappella di Santa Margherita 2004: Camaldoli e villa di Astapiana, sfondo dipinto dal maestro Bruno Balsamo. 2005: Picco S.Angelo e dintorni, sfondo dipinto dal maestro Bruno Balsamo. 2006: Colli di San Pietro con vista sui Galli, sfondo dipinto dal maestro Bruno Balsamo. 2007: Marina di Cassano con cantiere navale, sfondo dipinto dal maestro Bruno Balsamo. 2008: Ponte Orazio visto dal Corso Italia, sfondo dipinto dal maestro Bruno Balsamo. 2009: Ovale alla maniera del Settecento. Giuseppe Stiffa
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Il presepe napoletano dalla A alla Z
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a capitale indiscussa del presepe è Napoli. La storia del presepe a Napoli è legata ad un collezionismo, prima religioso e poi di “corte”. E quando si parla di presepi in città il posto d’onore spetta al Museo di San Martino, vero custode dell’intera stagione d’oro di quest’arte così popolare. Un museo unico al mondo che possiede la più grande raccolta presepiale italiana. Il 18 Dicembre 2010 ho partecipato, proprio al Museo di San Martino, alla presentazione dei lavori di restauro dei pastori della sezione presepiale dell’omonimo museo. Al termine della conferenza, la Prof.ssa Daria Catello, che ha curato il restauro dei pastori, ha organizzato una visita guidata ai presepi esposti nel museo. Dal più piccolo esemplare racchiuso in un guscio d’uovo al più grande, alle migliaia di pastori in legno e terracotta, dal Quattrocento all’Ottocento, sono distribuiti in otto sale degli spazi delle antiche cucine della Certosa. Però la vera star della collezione, quello che attira più visitatori, è il presepe Cu-
ciniello. Arrivato al museo nel 1879 per generosa donazione dell’architetto e commediografo Michele Cuciniello, la grandiosa macchina barocca presenta più di 800 pezzi, tra pastori, animali e accessori, divisi in tre scene principali secondo la tradizione: la “Taverna”, la “Natività” e “l’Annuncio”. L’insieme, allestito sotto la regia dello stesso Cuciniello, è ambientato su di un grande “scoglio”, che prevedeva anche un sistema di illuminazione naturale proveniente dall’alto. L’altra acquisizione importante del museo è quella del 1971 dell’avvocato Pasquale Perrone. Alcuni pastori di grande pregio a opera del Sammartino, quello del “Cristo Velato”, animali di Francesco Gallo e ancora tanti accessori e suppellettili in argento e oro e una serie di quattro scarabattole (sta per vetrine) con scene assemblate con pastori di varia provenienza. La ricca selezione di figure presepiali di San Martino permette di farsi un’idea del presepe napoletano, come fenomeno artistico, dalla A alla Z. Le origini
del presepe si ritrovano in alcuni rari esemplari, come nella preziosa “Natività” quattrocentesca, con statue lignee policrome laminate d’oro di grande formato, provenienti dalla chiesa di San Giovanni a Carbonara, a firma di Pietro e Giovanni Alemanno. La scena era composta di 43 figure, oggi ne presenta solo 12, senza quella del Bambino. I primi presepi lignei mobili di chiesa vengono man mano sostituiti con pastori in formato ridotto. La vera invenzione del Settecento è di aver dato vita al pastore come manichino snodabile in filo di ferro ricoperto di stoppa di misura “terzina” (un terzo del reale e cioè 35-40 centimetri). Nasce così la teatralità tipica del presepe napoletano di tradizione, quasi la carta d’identità per gli amatori di questo genere che ogni anno ripropone un’animosità immobile di tutto il popolo presepiale collegato alla scena più intima della nascita.
Aniello Stinga
Autopsia di un pastore di Aniello Stinga
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La prof.ssa Daria Catello durante “l’autopsia”
Particolare degli oggetti restaurati
a Professoressa Daria Catello, famosa restauratrice napoletana, ha ereditato la passione per l’arte presepiale dalla sua famiglia facendone la propria professione. Al termine della visita guidata all’interno delle 8 sale della sezione presepiale del Museo di San Martino, ha realizzato per noi una vera e propria “autopsia” di un pastore. Come si realizza un pastore secondo i canoni del ‘700 napoletano? Tutto parte dal manichino che è dotato di fili di ferro che fuoriescono dal “corpo” in modo da permettere l’applicazione delle mani e dei piedi. Le mani generalmente sono in legno intagliato e dipinte ma esistono varie tipologie di mani a seconda del sesso, del personaggio e del ruolo che tale personaggio svolge all’interno del presepe. La scelta è ancora più vasta se invece si fa riferimento ai piedi: ancora una volta determinante è il ruolo svolto dal pastore. Ad esempio, per la Madonna e San Giuseppe i piedi presentano calzari legati con nastri gialli; per i nobili si utilizzano mocassini con fibie in argento; gli orientali hanno gli stivaletti mentre i pastori hanno le cosiddette “ciocie”, cioè gambaletti di cotone. Passiamo ora a quella che è la fase più importante della realizzazione di un pastore: la testa, come si realizza? La testina era realizzata in terracotta e comprendeva una parte anteriore, chiamata pettiglia, e recante un foro. Un altro foro si trovava nella parte posteriore della testina: in tal modo, grazie all’utilizzo di un filo di spago poteva essere fissata sul manichino. La fase di realizzazione della testina prevedeva anche l’inserimento degli occhi, che di solito erano in cristallo. La cosa interessante è la presenza delle firme degli autori sulla parte posteriore della pettiglia. Tale firma poteva essere apposta con penna oppure intagliata. segue a pagina 5
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pesso capitava che le testine fossero firmate dal proprietario del forno dove gli artisti si recavano per infornare le proprie opere d’arte, per distinguere le une dalle altre. Si dice che Maria Amalia di Borbone cucisse lei stessa i vestiti per il presepe È proprio così: gli abiti dei pastori erano realizzati con gli stessi tessuti delle vesti degli aristocratici. Infatti ci sono esemplari di pastori con abiti realizzati con tessuti provenienti dalla Persia o con le sete di San Leucio. La Madonna, ad esempio, porta una camiciola in lino con il colletto e le maniche ricamate, realizzati appositamente dai franciali, che producevano proprio i ricami, mentre il vestito ed il mantello sono in ornesino rispettivamente rosa e celeste. San Giuseppe veste con abito e pantalone di ornesino viola e mantello giallo. Sempre in ornesino sono realizzati i vestiti degli angeli che indossano anche un gilet ed un velo. Nelle pieghe delle maniche e della parte bassa dell’abito si trova del fil di ferro per dare l’idea che l’angelo sia in volo. Per un nobile il vestito comprendeva pantaloni, e giacca con bottoni. Un vestito di un rustico camicia e pantalone di cotone doppio ed un gilet di pelle di capra. Gli abiti degli orientali sono ricchissimi di galloni e paillettes. Nel 700 il fascino per l’esotico era forte e compaiono etnie un po’ di tutto il mondo come ad esempio per gli animali ed anche le armature. Le acconciature ed i gioielli sono quelli del ‘700 ed importanti argentieri realizzano in piccolo per il presepe quello che veniva prodotto per gli aristocratici. Il Natale era un momento per gli aristocratici per ostentare la propria ricchezza, infatti questi presepi erano visitati da tutti coloro che prendevano parte al Grand Tour. Dopo questa grande esperienza del ‘700 anche il popolo si avvicina al presepe ed ha inizio la cosiddetta produzione di Forcella dove non ci sono più i grandi artisti che lavoravano per le case aristocratiche e i pastori non hanno più gli arti in terracotta e gli occhi non sono più in vetro ma sono dipinti. A. S.
Presepe del Cuciniello
Esemplare dei pastori esposti presso il Museo di S. Martino
Natale a Santa Margherita dicembre, l’aria si fa umida e pungente, a tratti pioviggina. Nel vicolo il passante è frettoloso, uno spiffero di È vento gli tormenta il volto in parte nascosto sotto il bavero. È tempo di Natale. Eppure, appena abbuia, una lama di luce traspare dalla porta socchiusa della cappella di Santa Margherita, e si intravede un insolito movimento nell’antica unica navata: è il mondo dei presepisti che si è risvegliato. Si prepara, come ogni anno, il grande scoglio alla maniera del settecento napoletano. Sono i confrati della congrega dei neri che allestiscono la scena, si riuniscono e progettano, segano, battono, incollano e grattano. E poi limano stuccano e pitturano, finchè, dal mondo dei sogni affiora la vecchia Betlemme, sempre diversa ogni anno, ma sempre pregna di autentica poesia, di fede spontanea, di grande stupore. Le statuine che ogni anno con lo stesso volto, vanno su per i sentieri e affollano l’osteria, con le mani alzate, indicano l’angelo dell’annunzio. Le lanterne si agitano nel buio e salgono verso la grotta, cercano il gran Lume. C’è Paoluccio ‘ o scarparo, Rusinella ‘a verdummara, Maria
‘ a furnara, Vicienzo ‘o stallone, Cuncetta ‘a zampera (rozza), Maculata ‘a faticona, Michele e rint’ a quinta, Vatassarro e Miterdella, don Peppe ‘o tapparo e ‘o pesatore. Ed eccoli arrivati al cospetto del divino Infante. È fra i suoi genitori in una povera mangiatoia. Ha freddo e lo riscaldano un bue e un asinello. Ma che luce sprigiona dal suo volto! Com’è tenera Maria mentre mostra il suo bambino a quelle anime semplici. Quest’anno la scena si ripete, sempre uguale, ma nella cornice dello scoglio classico. Gesù nasce fra le colonne di un tempio pagano diruto, e simboleggia la nuova fede cristiana che nasce sulle macerie degli dei falsi e bugiardi. Ci aspettiamo la grotta di tufo, i valloni, i rami secchi degli alberelli e invece troviamo tre esili colonne rimaste in piedi dopo il crollo; superbe sì, ma fredde e lontane. Acre è il profumo del muschio. L’odore dell’incenso è diffuso tutt’intorno e la musica delle nenie ci pervade. È Natale, il magico Natale per tutti. Pietrantonio Iaccarino
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elice ed allo stesso momento preoccupato, oggi sento l’onore e l’onere di tanto affetto; vi sarò riconoscente per la vita per aver reso possibile la realizzazione di un sogno. Hic sum AmoreSono qui per l’amore! Con queste parole, prese in prestito da una canzone di Luciano Ligabue, inizio oggi con voi il mio mandato da Priore; parole che riempiono il mio cuore di speranza e che mi auguro possano diventare il motivo dominante di ogni mia scelta. Sono qui per l’amore più grande che è quello di Cristo Risorto e della sua Vergine Madre; un amore che tutto prende nella mia vita e a cui tutto deve tendere. Un amore che deve vederci come confratelli impegnati nella carità e nell’accoglienza verso il prossimo. Un amore che ci interroga e ci impegna a cercare nella solidarietà il senso stesso dell’esistenza delle nostre confraternite. Le sante motivazioni che spinsero i nostri padri fondatori ad unirsi per far nascere i nostri sodalizi, oggi ci spingono a nuovi impegni. La solidarietà oggi ha il volto dei giovani in cerca di un lavoro, della solitudine degli anziani, di occhi smarriti di chi chiede solo una carezza o un pò del nostro tempo. Questa sera mi piacerebbe sognare con voi, confratelli e consorelle delle confraternite della nostra amata terra, una enorme catena umana di mutuo soccorso che possa, a piccoli passi, “Donare il Tempo” agli altri. Sono qui per l’amore dei sacerdoti che in questi anni hanno curato il mio spirito. Padre Pio Falcolini che mi spronava a credere sempre in grandi sogni; ora che è nella Gloria del Signore, sento in me la sua forza e la sua presenza. Don Arturo Aiello che ora mi sforzo a chiamare sua Eccellenza ma che nel mio cuore continuo a chiamare Arturo. A lui devo tutto, ma in particolare la convinzione che il Signore ci salverà anche solo per l’amore con cui avremo acceso una candela di un lampione una notte del Venerdì Santo. Sono qui per l’amore di Don Pasquale Irolla, che sono sicuro darà parola anche ai silenzi di questo giovane Priore esaltandone gli slanci del cuore. Insieme, Pasquale, riusciremo a far salpare la nave della nostra arciconfraternita; insieme dispiegheremo le vele per cogliere il vento dello Spirito che con te, e tramite te, ci darà forza per intraprendere questo nuovo ed impegnativo viaggio. Sono qui per l’amore dei priori che mi hanno preceduto e con cui ho avuto l’onore di collaborare in questi anni. A Giosuè, con cui ho condiviso e condivido ogni fase organizzativa della vita dell’Arciconfraternita e di cui ammiro l’amore incondizionato e senza risparmio per il nostro sodalizio. A Gianfranco il cui rigore morale è per me una continua fonte di ispirazione. A te Gianfranco sono grato per come con animo nobile, hai traghettato la confraternita in questa nuova fase. Spesso il lavoro più importante è quello silenzioso e operoso svolto dietro le quinte; lavoro che non ha gli onori degli altari ma che segna in maniera indelebile la storia degli uomini. Oggi mi faccio portavoce di tutti i miei confratelli e ti ringrazio per l’instancabile lavoro svolto per oltre cinquanta anni ai vertici del nostro sodalizio. Sono onorato di ricevere dalle tue mani il bastone di Priore che è segno della nostra dignità e di cui ora già avverto il peso per l’enorme eredità della nostra secolare storia. Sono qui per l’amore di personaggi straordinari incontrati in questi anni e che hanno dato un senso al mio essere confratello. Al Comandante Pietrantonio Iaccarino che ci ha fatto amare la storia del nostro paese e ci ha indicato come la nostra confraternita ne faccia parte a pieno titolo. In questi anni ha alimentato in noi il senso di rispetto che impone la vita e la tra-
Neri dizione del nostro sodalizio. Al Maestro Bruno Balsamo che ha messo su tela le intime emozioni che noi viviamo durante la Settimana Santa. La pazienza, la disponibilità e l’affetto che mi ha sempre dimostrato hanno stampato nel mio cuore una devozione filiale diventando per me un irrinunciabile punto di riferimento. A Massimo Fiorentino per le interminabili serate in cui ci siamo ritrovati a parlare di cappucci e di lampioni, sei per me il modello di quello che dovrebbe essere un priore illuminato. Ammiro da sempre la tua nobiltà d’animo, il tuo essermi amico,i voli dei tuoi sogni, di come mi fai sentire un costruttore di “ un Tempo senza Tempo”. Sono qui per l’amore dei giovani della mia Arciconfraternita, i “Ragazzi del ‘99”, che sono ora la vera ricchezza del mio sodalizio, un bene prezioso ed irrinunciabile per una confraternita che guarda con speranza al futuro. Voi giovani, noi giovani, insieme all’esperienza e alla maturità dei confratelli anziani possiamo creare una nuova e straordinaria stagione di grazia per la nostra Arciconfraternita. Il Signore ci ha donato una perla preziosa, un talento da non sotterrare: il vostro entusiasmo. Vi auguro di poter contagiare con il vostro entusiasmo tutta la vita dell’arciconfraternita. Per il nostro sodalizio voi rappresentate la vita, il nostro “terremoto d’amore”.. Sono qui per l’amore per le processioni nere del Venerdì Santo, momento di grazia straordinario della mia vita. Sono riconoscente al Signore per ogni singolo passo che, nei secoli, hanno percorso gli incappucciati neri; per le lacrime che hanno raccolto nel loro lento e interminabile camminare, per le storie che si sono celate dietro ogni cappuccio. Sono riconoscente per i volti che abbiamo incontrato lungo le strade e per quelli che non incontreremo più. Sono qui per l’amore della Signora Rosellina e della Signora Raffaella, mamme di Fabrizio e di Tony, rispettivamente Vice Priore e Segretario del nostro sodalizio che oggi, nella Gloria del Signore, saranno orgogliose dei loro figli. Oggi con loro mantengo una promessa fatta tanti anni fa; una promessa che onora l’amore che hanno avuto per la nostra arciconfraternita. Caro Fabrizio, caro Tony non dimenticate mai che voi siete la rappresentazione di quell’amore. Sono qui per l’amore dei miei genitori che hanno sempre incoraggiato e alimentato la mia passione per croci, martiri e labari. A loro devo l’esempio dell’amore come valore fondante dell’intera vita, come difesa per le difficoltà, come fuoco che arde e che mai si spegne. Ma se oggi, giovanissimo, mi ritrovo a ricoprire il ruolo di Priore lo devo a mio nonno. Ricordo ancora come mi strinsi forte alle sue gambe terrorizzato nel vedere quella interminabile processione di incappucciati neri. Avevo quattro anni. Da allora con amore iniziarono racconti straordinari di processioni protratte fino al mattino o sotto la pioggia battente, del perché dei simboli della passione, delle lance, dei lampioni. I Racconti di un nonno ad un nipote hanno sempre qualcosa di santo, un sapore di redenzione. Oggi sono priore forse anche grazie a quei racconti ascoltati migliaia di volte, ma che ogni volta facevano crescere in me sempre di più il senso di onore per l’appartenenza alla confraternita e l’amore per questa veste nera. Sono grato a quei racconti. All’ultimo racconto, a quell’ultimo saluto che ci scambiammo per la processione della notte del Venerdì Santo del 2003. Sono certo che quella notte lui aveva già intuito che noi due eravamo lì per l’amore. Michele Gargiulo
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Marina d’Aequa: «Per non dimenticare» segue dalla prima pagina lla cerimonia promossa dalla confraternita del Sacro Cuore di Maria e San Giuseppe sono intervenute, oltre alle famiglie delle vittime, i sindaci dei comuni della costiera sorrentina, le delegazioni della Capitaneria di Porto di Castellamare di Stabia e dell’associazione Capitani Marittimi della Penisola Sorrentina. Al termine della cerimonia religiosa, officiata dal parroco di Sant’Agnello, Rev. Don Natale Pane, è stata deposta una corona di alloro sul monumento adiacente il Santuario di San Giuseppe e costruito nel 1996 in ricordo delle vittime del tragico naufragio, su proposta di Don Angelo Castellano, attuale parroco della comunità di Marina Grande a Sorrento. La nave Marina d’Aequa di proprietà dell’allora Italmare, si inabissò a largo del Golfo di Guascogna con il carico e l’intero equipaggio formato da 30 marinai, quasi tutti della Penisola Sorrentina. Anche mio zio fu uno dei dispersi. Salvatore Lauro aveva 25 anni quando si imbarcò sulla Marina d’Aequa per non fare più ritorno a Piano di Sorrento. Non ho mai conosciuto zio Salvatore ma grazie all’opera di uomini come mio zio Antonino Imperato (marito di una sorella di mio padre e del defunto Salvatore Lauro) questa cerimonia annuale del 29 dicembre permette a tutti noi familiari delle 30 vittime del Marina d’Aequa di mantenerne vivo il ricordo.
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Michele Lauro
Monumento commemorativo a Sant’Agnello
Alle 17.55 la nave si inabissò e passò all’altra riva a nave Marina d’Aequa proveniva da Anversa, era ca«L rica di laminato in ferro, ed era diretta verso il Golfo del Messico. I primi due giorni di navigazione furono con mare calmo senza problemi ma il terzo giorno una forte depressione generò onde di circa 9-10 metri che con la loro forza aprirono il boccaporto di prua dando il via all’allagamento della prima stiva. Verso le due le tre del pomeriggio del 29 dicembre 1981 il comandante della nave lanciò l’SOS e dopo circa 40 minuti una nave dell’ex Germania dell’Est raggiunse il Marina d’Aequa che, precedentemente, aveva invertito la rotta dirigendosi verso il porto di Brest in Francia perché risultava il porto più vicino. Verso le quattro il comandante riuscì a contattare la compagnia armatrice. Intanto, in concomitanza con l’SOS, si recarono sul posto alcuni aerei della marina militare francese in ricognizione: a loro si devono le numerose fotografie della Marina d’Aequa in difficoltà. Verso le 17.30 il comandante chiese l’evacuazione della nave con l’aiuto degli elicotteri ma, a causa della notevole distanza dalla terra ferma e delle avverse condizioni meteo, fu impossibile procedere. Alle 17.55 la Marina d’Aequa si inabissò». Mio zio Antonino Imperato ricorda ogni singolo minuto di quel 29 dicembre 1981. La nave Marina d’Equa affondò nel golfo di Guascogna il 29 dicembre 1981 alle 17:55, voi quando avete ricevuto la notizia? Siamo stati informati immediatamente. All’epoca dei fatti la nave era relativamente giovane, erano sei o sette anni che era stata varata. Mio cognato si chiamava Salvatore Lauro e allora aveva 24-25 anni. Era un allievo ufficiale di coperta. All’epoca del naufragio io ero solo una persona informata dei fatti, fu solo successivamente che il destino ha voluto che sposassi proprio una sorella di Salvatore Lauro. Dall’inchiesta ministeriale che fu fatta all’epoca ricordo che la nave Marina d’Aequa ebbe dei problemi ai motori durante la navigazione. Non furono riscontrati danni allo scafo, furono riparati i motori e la nave proseguì la navigazione verso il porto di Anversa. Il comandante della Thoeodore Fontaine, la nave che provò a soccorrere la Marina d’Aequa, al largo del Golfo di Guascogna, affermò che ad un tratto perse di vista la nave e fu allora che si accorse si era inabissata in-
sieme al suo carico di vite. Dal momento che le condizioni meteo erano molto avverse le ricerche partirono diverse ore dopo l’affondamento e fruttarono ben poco: una lancia vuota del Marina d’Aequa, qualche giubbotto salvataggio, ma nessun superstite. Ogni anno si celebra una messa in suffragio delle vittime: come è nata l’idea? Nel 1995 dopo circa 14 anni dalla tragedia della Marina d’Aequa, cominciai a frequentare il gruppo dei giovani della confraternita di San Giuseppe a Sant’Agnello e fu lì che parlando con il Reverendo don Angelo Castellano, che seguiva la nostra formazione spirituale, nacque l’idea di realizzare un monumento in ricordo delle vittime di quella tragedia.Tra mille difficoltà iniziai ad interessarmi alla realizzazione del monumento. Dove si trova il monumento? Chi lo ha fatto erigere? Chi lo ha costruito? Mi recai presso una ditta di Vico Equense specializzata nella lavorazione del marmo per avere un’idea di come realizzare il monumento. Don Angelo Castellano e l’allora parroco di Seiano, pensarono all’iscrizione da riportare sulla lapide: «Verso sera Gesù disse loro: passiamo all’altra riva». (Marco, capitolo 4, verso 35). Successivamente chiesi ai vari sindaci dei comuni della Penisola un contributo per poter erigere il monumento e trovai la collaborazione di tutti. Abbiamo realizzato il monumento e decidemmo di posizionarlo a Sant’Agnello, all’esterno della chiesa di San Giuseppe. Il 1° maggio del 1996 fu inaugurato il monumento alla presenza del vescovo di Sorrento-Castellamare di Stabia, Mons. Felice Cece, e di tutte le autorità civili e militari della penisola. Il titolo della cerimonia è «Per non dimenticare», ma come si può dimenticare? Il 29 Dicembre rimarrà per sempre impresso nella nostra memoria, nella mia ma soprattutto in quella dei miei familiari. È proprio per non dimenticare che ogni anno il 29 dicembre, verso le 19.00 si svolge una cerimonia in cui vengono ricordate le 30 vittime della Marina d’Aequa. M.L.
Neri
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La Morte e Orazione scende in campo a San Silvestro 31 dicembre 2010, grazie all’iniziaIl tiva di alcuni ragazzi dell’Arciconfraternita Morte e Orazione, è stato organizzato il 1° Torneo di Capodanno di calcio a cinque presso i campetti delle Rose. L’idea è nata perché da 6 mesi a questa parte, per i confratelli Michele Lauro, Antonio Lardaro, Aniello Stinga, Tony Guarracino e Ludovico Mosca, quello della partita del venerdì sera è diventato un appuntamento fisso. Quindi perché non augurarsi “buon 2011” tutti insieme giocando a calcio, la passione che li accomuna da sempre? Passione ovviamente che viene dopo quella per la processione nera del Venerdì Santo! Tre le squadre che hanno partecipato: la prima quella degli “Arrummuliati team”, formata da Aniello Stinga, Antonio Lardaro, Michele Lauro, Augusto Cosenza, Pietro Venanzio e Mario Ambrosio; la seconda “I Copulatori” formata da Antonino Guarracino, Ludovico Mosca, Francesco Aversa, Francesco Ambrosio e Andrea Farraiuolo; la terza,
Arrummuliati Team
“Classe 84”, formata da 5 rappresentanti del Centro Parrocchiale “Mons A. Zama”: Francesco Maresca, Fabio Maresca, Ciro Somma, Rodolfo Santovito ed Enzo Parlato. La prima partita ha visto Copulatori contro Classe 84 e si è conclusa con la vittoria della Classe 84. Il secondo match ha visto Copulatori contro Arrummuliati team ma nonostante la giovane età del tem degli Arrummuliati, i Copulatori hanno avuto la meglio vincendo per 5 reti a 4. La terza partita si è svolta tra Arrummuliati team e Classe 84 ed anche questa volta gli Arrummuliati hanno perso 3 a 1. Il torneo è stato vinto dalla Classe 84 che ha totalizzato 6 punti, secondi i Copulatori con 3 punti e terzi gli Arrummuliati team con 0 punti. Tra gli spettatori presenti in tribuna: il Priore dei “Neri”, Michele Gargiulo, Giosuè Perrella (Presidente onorario della squadra dell’Arciconfraternita), Fabrizio d’Esposito, Antonino Aversa, Giancarlo d’Esposito che ha consegnato il primo trofeo di
Capodanno al Capitano della Classe 84, Francesco Maresca, e la medaglia di partecipazione a tutti i giocatori. Il Torneo si è concluso con un brindisi per augurare buon anno a tutti e con l’auspicio che, dopo il successo di questa prima edizione,per le prossime sarà possibile anche la partecipazione dei membri Governo dell’Arciconfraternita Morte e Orazione. Al termine della manifestazione una domanda continuava ad incuriosire gli spettatori “non addetti ai lavori” e presenti a bordo campo: cosa significa Arrummuliati team? Il mistero del perché i 5 ragazzi “Neri” abbiano scelto questo appellativo non è stato ancora svelato e forse nessuno lo saprà mai! C’è anche chi ha provato a scoprire il significato etimologico del termine arrummuliati ma purtroppo senza grande successo, neanche Wikipedia è stata di grande aiuto: l’impresa è veramente ardua! Arrivederci al prossimo Capodanno!
I Copulatori
Classe 84
Le pagelle dei sedici giocatori ARRUMMULIATI TEAM Aniello Stinga: notevole l’impegno in campo, cerca di tappare le falle della difesa Voto 6 Antonio Lardaro: corre come un forsennato lungo la fascia destra, da lui partono le pochissime azioni da gol. Voto 6+ Michele Lauro: in un ruolo non suo, dimostra buona tecnica. Para due rigori, con balzi felini evita più volte la disfatta della sua squadra. Voto 7 Augusto Cosenza: Pronto per il capodanno,condizione atletica poco performante. Voto 5+ Pietro Venanzio: Si impegna in difesa, recupera pochi palloni. Voto 5.5 Mario Ambrosio: Regista della squadra,fa rifiatare la difesa con il possesso palla. Voto 6,5 I COPULATORI Antonino Guarracino: Gioca con buona tecnica, da lui partono molte azioni da gol. Voto 6.5 Ludovico Mosca: Si impegna moltissimo in difesa, dalla tribuna lo paragonano a Hassan Yebda. Voto 6
Francesco Aversa: Gioca duro alla Gattuso,realizza diverse conclusioni in porta. Voto 6.5 Andrea Ferraiuolo: Abile tra i pali, para molti tiri. Voto 6,5 Francesco Ambruoso: Miglior giocatore della squadra. Realizza un capolavoro su punizione. Voto 8 CLASSE 84 Francesco Maresca: Costituisce una fortezza in difesa, difficile smarcarsi con lui. Voto 7.5 Fabio Maresca: Aiuta la sua squadra nelle ripartenze. Voto 6.5 Ciro Somma: Si diverte in porta con i pochi tiri che lascia passare la difesa. Voto 6.5 Rodolfo Santovito: Corre in lungo e in largo per il campo, difficile da fermare. Voto 8 Enzo Parlato: Dotato di un ottimo tiro dalla lunga distanza, molti gol sono i suoi. Voto 8.
Rita Stinga
Neri Bollettino interno dell’Arciconfraternita della Morte e Orazione di Piano di Sorrento Anno I - Numero I del 9 gennaio 2011 Direttore: Fabrizio d’Esposito Coordinatrici della redazione: Olga e Rita Stinga Hanno scritto su questo numero: Fabrizio d’Esposito; Olga, Rita e Aniello Stinga; Michele Lauro; Pietrantonio Iaccarino; Giuseppe Stiffa; Antonio Lardaro Progetto Grafico: Aniello Stinga Prossimo numero: 6 febbraio www.arcmorteeorazione.org
Antonio Lardaro