Neri, anno I numero 2

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Neri Hic sum Amore

Sacerdote per sempre di Olga e Rita Stinga on Tonino de Maio, ex parroco della chiesa di N.S. di Lourdes a SorD rento, da circa due mesi celebra la messa domenicale alle ore 10.00 presso la Basilica di San Michele Arcangelo, quella che per statuto è l’eu-

caristia dedicata a tutti i confratelli dell’Arciconfraternita Morte e Orazione. Don Tonino ha accettato di lasciarsi intervistare benché stia vivendo quello che lui stesso ha definito un “momento particolare”. Don Tonino nasce come un giovane che pensava a tutt’altro che all’essere prete: entrò in parrocchia perché come capita agli adolescenti era attratto da una ragazza che frequentava il gruppo parrocchiale. «Ero un parrocchiano qualunque, poi pian piano, poiché non sono un superficiale, comincio a frequentare la parrocchia più assiduamente ed incontro un sacerdote, don Arturo Aiello (attuale vescovo di Teano-Calvi) la prima volta nel campo di pallavolo a Pozzopiano dove giocammo una partita insieme. Quando lui decise di trasferirsi presso la canonica della Basilica di San Michele Arcangelo, fui io a svolgere i lavori di idraulica, perché nasco come idraulico, e poco dopo, diventai animatore in parrocchia e andai ad abitare con lui. L’esperienza che ho fatto, di giovane accompagnato nella crescita spirituale ed umana, è stata quella di aver trovato una persona che mi è stata accanto. E così ho imparato a conoscere Dio nella mia vita: cioè come uno che mi accompagna, che mi cammina accanto, come uno che non mi risolve i problemi ma che nemmeno me li crea, non una persona che ti spinge né che ti trascina, ma un “essere con”. Nella mia spiritualità sacerdotale ho avuto sempre come riferimento don Tonino Bello e San Francesco: questo ha fatto sì che in tutte le parrocchie in cui sono stato, prima come seminarista, 9 anni a Sant’ Agata sui due Golfi nell’esperienza in solidum e anche le primizie sacerdotali, ho vissuto accanto ad ogni persona ed ogni cosa.» segue a pagina 2

Don Tonino De Maio

Dimmi che credi… di Michele Gargiulo

Il Pellicano: una vita per gli altri di Olga Stinga

ncontro Giuseppe Staiano e sua figlia Pina presso l’Assouando all’indomani della mia elezione a priore chiesi a FaIArgomento ciazione Il Pellicano, in via Carlo Amalfi a Piano di Sorrento. Q brizio di riprendere la pubblicazione di “Neri” ci ponemmo della nostra conversazione: il sociale inserito in come obbiettivo quello di un mensile e non di un bollettino an-

nuale; il mensile ci poteva dare l’opportunità di creare un ponte, di comunicare con la nostra comunità parrocchiale e con i nostri confratelli! Chi meglio di un giornalista apprezzato a livello nazionale come Fabrizio poteva realizzare un progetto così ambizioso? La mia unica richiesta era quella di poter toccare, di volta in volta, degli argomenti cosiddetti “ difficili” che spesso non trovavano facile ostello nella nostra confraternita. Questo sentimento di insofferenza, di voler dare voce al disagio accompagna da sempre la mia vita! Chi mi conosce bene sa che, qualche anno fa, quando pensai di rivoluzionare la cerimonia di uscita della processione nera della notte (non me ne vogliano i Priori “non processionali” ma io sono un Priore “processionale” e credo che tocca a noi convertire la dis-grazia delle processioni in una meravigliosa grazia) , capii che era il momento che allo splendore di vesti stirate e di file di incappucciati più o meno in ordine doveva seguire l’amaro di storie vissute nella nostra comunità da confratelli o partecipanti che, per il loro messaggio d’amore, non potevano restare nascoste. segue a pagina 3

una realtà quale la Penisola Sorrentina. Alle mie spalle un quadro bellissimo, ricamato a mano, riproduce un pellicano, il simbolo dell’associazione fondata 31 anni fa proprio da Giuseppe Staiano e da un gruppo di volontari. Giuseppe con i suoi figli Pina e Raffaele e Salvatore Iaccarino, marito di Pina, sono i quattro confratelli dell’Arciconfraternita Morte e Orazione impegnati nel sociale proprio grazie all’associazione Il Pellicano. Com’ è nata l’associazione “Il Pellicano”? Voglio fare una premessa: è importantissimo affrontare l’argomento “il sociale” perché occorre sensibilizzare le persone ma soprattutto i politici. Ancora oggi sembra che il sociale sia un problema non preso in considerazione fino in fondo, sembra che l’aiuto a chi soffre sia concesso con sforzo. È con questo obiettivo che nasce il Pellicano.Nasciamo nel 1981 grazie ad un cammino cristiano: all’epoca, padre Giuseppe Rossi, un sacramentino, grazie una serie di incontri settimanali dedicati all’analisi dei passi della Sacra Bibbia, attirò la nostra attenzione e cominciammo il nostro cammino spirituale insieme a lui. segue a pagina 4

Ci scrive il Sindaco Giovanni Ruggiero Articolo a pagina 6


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«Le mie domande senza risposte» segue dalla prima pagina

Perché dove lei celebra c’è sempre così tanta gente? (Ride) di me si dice che riempio la chiesa di donne. Si dice “che bel prete” ma non “che bravo prete. Non sono un ammaliatore ma credo che il segreto di tutto sia la mia fede, tutto ciò in cui io credo ed il modo in cui lo comunico. Diceva don Tonino Bello: «se vuoi essere universale parla del tuo villaggio». Io cerco sempre di comunicare ciò che lo spirito mi suggerisce nella preghiera. All’inizio di questa intervista ha precisato che sta vivendo un momento particolare Vivo un periodo durissimo: è circa un anno che sono ritornato a casa dei miei genitori e sono privo delle mie cose perchè sono stipate in scatoli in un garage aspettando che trovi una idonea collocazione. Sento che la mia chiesa diocesana mi ha tradito, disinteressandosi di me. Cosa significa disinteressandosi? Significa che fino a un anno fa ero parroco presso la chiesta di N.S. di Lourdes a Sorrento e un giorno arrivò un sacerdote che viene a chiedermi se ero disponibile a trasferirmi a Massa Lubrense come parroco. Dal momento che il mio punto di riferimento in queste situazioni è sempre stato il vescovo di Sorrento-Castellamare di Stabia, decisi di andare da lui e raccontargli tutto, facendo presente l’inopportunità del mio spostamento soprattutto alla luce di quelle che erano state alcune delle iniziative che avevo intrapreso e stavo svolgendo, visto il mio sentirmi in comunità con gli altri sacerdoti e pensai anche di far presente che si stava verificando che un gruppo di laici stava provando a prendere il sopravvento, facendo ricorso anche al potere politico. Il Vescovo mi dice che la richiesta di spostarmi a Massa Lubrense era dovuta al fatto che a Sorrento si era pensato di fare un Solido. A me non era stato chiesto di fare il Solido né di farne parte, mi è stato solo chiesto di spostarmi a Massa Lubrense. Al nostro incontro seguì immediatamente una telefonata in cui mi si comunicava che la decisione era ormai presa: mi sarei trasferito a Massa Lubrense. Accettai la nomina a parroco di Massa Lubrense, mi spostai se pure con la morte nel cuore, ma subito mi accorsi che questo era solo un grande imbroglio perché il Solido è stato fatto nei documenti ma di fatto non esiste. I fedeli ed i suoi ex parrocchiani che vedono tutto ciò, cosa si chiedono? La parrocchia di N.S. di Lourdes non ha il parroco designato perché lui ha interesse a stare alla chiesta di S. Antonino, ed è abbandonata a se stessa. Tutti si chiedono perché sono stato spostato e cosa abbia fatto. Non ho fatto niente. Ho accudito Don Luigi Verde fino alla morte, ho portato avanti la parrocchia, ho recuperato un disavanzo di 37.000 Euro della gestione precedente; sono andato via da Massa Lubrense non perché non mi trovavo bene ma perché voglio una risposta. Voglio sapere tutti questi cambiamenti a chi hanno giovato ma soprattutto vorrei sapere se la chiesa adesso è servita meglio o peggio. Lo chiedo continuamente al mio vescovo e agli altri sacerdoti ma purtroppo senza ricevere alcuna risposta. Adesso mi fanno delle proposte temporanee. Ho deciso di andare a celebrare messa presso la chiesa della Marina di Cassano perché voglio mettermi a ridosso, voglio vedere nei miei confronti come si agisce e cosa si fa: si parla male di me, c’è una maldicenza esagerata, si dice di tutto e di più ma non si dice la verità. Sto resistendo. Qualsiasi cosa faccia cerco di rimanere fedele al mio Signore e a me stesso. Non mi sono mai compromesso né mai lo farò. Sono anche disponibile a lasciare il sacerdozio perché non lo vivo come un mestiere, mi sento prete a tutti gli effetti ma la chiesa mi sta maltrattando per non dire la verità, per non dire è stato commesso un grave errore. Mi chiedo: perché nessun mio collega è mai venuto a casa mia? Perché nessuno mai si oc-

cupa di me? È un anno che mi chiedo ogni giorno: perché nessuno fa niente per me quando io ho fatto tanto per i preti, per i fedeli e per la mia comunità? Perché i miei colleghi adesso dicono di aver paura di me? Come è arrivato alla messa delle 10.00 presso la Basilica di San Michele Arcangelo? Io non ho una parrocchia, celebro solo la messa delle 10.00 presso la Basilica di San Michele. Arrivo alla messa delle 10.00 perché Don Pasquale mi ha voluto aiutare invitandomi a celebrare qui in basilica. Accettai ma non sapevo che era la messa dell’Arciconfraternita Morte e Orazione, mi hanno detto celebra e basta. Oltre alla messa delle 10.00 in Basilica, celebra anche presso la cappella della Madonna delle Grazie alla Marina di Cassano: come è stato accolto dalla comunità della marina? Dovunque sono andato non ho mai avuto difficoltà con le persone. Alla spiaggia sembra che mi vogliano tutti bene. La prima volta arrivai con pantaloncino, maglietta e telo da mare perché amo il mare e pensai di celebrare messa e poi uscire in barca. Tutti si chiesero cosa avessi in mente ma adesso, guai a chi gli tocca Don Tonino de Maio, perché non do fastidio a nessuno, faccio il mio dovere, che non è quello di fare il semplice sacerdote ma di stare vicino alle persone. Sono uno che vuole essere sempre reperibile. Beati i perseguitati dice il Vangelo Beati i perseguitati Io sto facendo una fatica esagerata soprattutto perché vedo i miei genitori che hanno un figlio di 46 anni a casa e se non avessi avuto loro non so dove sarei finito, avrei fatto la fine di un barbone. Il lavoro non mi fa paura, ho lavorato fino a 25 anni, ho fatto l’idraulico, ho tante competenze Che futuro vede? Non lo intravedo al momento, però so che voglio una risposta a ciò che è accaduto. Adesso cosa fa? Aspetta? Ho aspettato anche troppo. Chi mi ha succeduto a Massa Lubrense si vanta che io gli ho insegnato una grande verità: che non si lascia mai nessuno indietro, però anche lui insieme agli altri mi hanno lasciato indietro? Adesso mi sono tirato fuori dal palazzo, dall’orgia delle lingue per dimostrare sul campo chi sono e cosa sono capace di fare. La sua rivincita la sta prendendo  la messa delle 10 sta cambiando aria Posso dire questo: dovunque vado smuovo le masse. Potrei strumentalizzarle, fare come i politici per dare colore e valore alla mia causa, ma sto facendo da solo, non chiamo nessuno. Mi sto comportando da sacerdote fino alla fine. Non so fino a quando celebrerò questa messa ma ultimamente mi trovo in una situazione in cui il Signore mi sta facendo vivere e fare tutte quelle cose che non avrei mai pensato di fare. Non ho mai voluto celebrare una messa solo per l’offerta, senza nessun aggancio alla comunità. Ma adesso lo faccio, mi sento come uno che fa un lavoro, viene pagato e se ne va. Chi è il prete a cui si sente più legato in diocesi? Nessuno. Al termine dell’intervista sul volto di don Tonino vediamo un sorriso amaro ma anche tanta voglia di “essere prete”, speriamo che don Tonino, possa presto sorridere di gioia, quella gioia che solo Dio sa donare! Olga e Rita Stinga


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Storie di eroi semplici segue dalla prima pagina

pesso in questi anni ho avuto chiara la visione che queS ste storie c’erano state donate; un dono prezioso che non ti aspetti, che inizia ad operare in tè e lascia profondi

segni! Credo che tutti noi ci imbattiamo nella vita in “eroi semplici” che spesso non riconosciamo, ma che sono monumenti eretti all’amore per il prossimo! Per questo ringrazio il Signore di avere nella Fratellanza del mio Sodalizio Confratelli come Giuseppe Staiano, Pina e Salvatore Iaccarino (che affettuosamente chiamiamo Pina e Salvatore “Il Pellicano”) che sono a contatto quotidianamente con la sofferenza e che senza risparmio si prodigano per chi soffre. Ho sempre pensato che Cristo ci ha lasciato la Croce come la “Prova della Nostra fede”; il simbolo di un martirio, di una ingiustizia, del dolore come testimonianza dell’amore! Spesso mi sono chiesto come possiamo capire, farcene una ragione, del dolore. Cosa dice ai nostri cuori il Signore quando la vita di un giovanissimo e promettente sacerdote, un brillante curatore di anime, che in pochi anni ha conquistato i cuori di una comunità intera è minata da un male incurabile? Da bambino non riuscivo a spiegarmi il perché degli sguardi smarriti dei miei amichetti quando, al mare, guardavano mio fratello; loro riuscivano a cogliere una disabilità che io non vedevo. Una diversità dalla nostra “normalità” usciva fuori dai loro occhi smarriti! Mi porto dietro quegli occhi che credo hanno segnato tutta la mia vita! Perché spesso nella vita non ricordiamo dei successi o degli insuccessi le grandi cose ma l’aria, gli odori, le sensazioni che riempivano quei momenti! È la “teoria delle cose minime”: così grandi proprio perché cosi piccole! Sono quei “Doni” che il Signore fa alla nostra vita e che la rendono per questo una vita! Il motivo stesso per cui vale la pena vivere! Quegli occhi che mi facevano rabbia, solo ora inizio a capire che erano la carta da regalo dove è custodito il dono più prezioso che mi è stato fatto! Oggi ringrazio il Signore per il Dono di un fratello “Diversamente Abile”, diversamente abile in quanto più abile di me a sognare, ad amare; a voler bene senza limiti! Ringrazio il Signore che a fatto in modo di farmi conoscere un mondo di cui, altrimenti, non ne avrei gustato i sorrisi, i baci, le carezze! Per questa abitudine a cogliere la grazia piuttosto che la disgrazia credo che sia un dono per tutti noi il modo in cui, Caro Don Domenico, stai vivendo la tua malattia, per la serenità con cui affronti la quotidianità di un male che non riuscirà ad attaccare la tua anima. Penso spesso ad una sera di un mese di Giugno di qualche anno fa, preparammo insieme centinaia di palloncini colorati che dovevano essere liberati durante l’omelia con in sottofondo la canzone di De Gregori “La Donna Cannone”. Quella sera distribuimmo insieme quei palloncini. In fondo alla navata della chiesa di San Michele io incrociai lo sguardo di una ragazza che da li a poco avrebbe rubato il mio cuore. La nostra vita è fragile come un palloncino! La leggerezza di un palloncino, che riesce a volare tra le stelle, è la leggerezza dello spirito dei Santi. Caro Domenico la leggerezza del tuo spirito è quella dei Santi, quella che, come quei palloncini quella sera, “butterà questo mio enorme cuore tra le stelle”. Il Signore tramite te ci interroga e ci chiede di Credere! Ho sempre pensato che le parole scritte in una bellissima canzone da Antonello Venditti, che per l’appunto si intitola “Dimmi Che Credi”, siano state scritte in un momento di il-

luminato slancio di un cuore che soffriva. Caro Domenico l’ho ascoltata giovedì scorso scendendo da Moiano. Ti volevo salutare, ero arrivato fino alla porta della tua chiesa a piazza San Renato, ma non ho avuto il coraggio di entrare. Da quando ho sostituito mio padre nel giro di consegne del caffè ai nostri clienti delle colline vicane ( il suo cuore dallo scorso novembre ci ha chiesto una vita più “serena”) non c’è volta che, arrampicandomi per la strada che da Seiano portano fino al Faito, il mio pensiero non vada a te! Sono convinto che quella canzone che mi accompagnava nella discesa, e che mi cullava dopo l’ennesimo fallimento, me l’hai dedicata tu! La dedichi alle nostre povere vite ricche di paure e di incomprensioni. L’ennesimo dono, il più bello! Michele Gargiulo

Dimmi che Credi (di Antonello Venditti) Se tu ragazzo cercherai nella stagione dei tuoi guai un po' d'amore, un po' d'affetto, e nella notte griderai, in fondo al buio troverai solo il cuscino del tuo letto. Non devi piangere, non devi credere che questa vita non sia bella, per ogni anima, per ogni lacrima, nel cielo nasce un'altra stella. Molti si fuggono, altri si estasiano e non troviamo mai giustizia, e non si parlano, e poi si perdono perché non amano abbastanza. Tu non ti arrendere, non ti confondere, apri il tuo cuore all'universo, che questo mondo sai, bisogna prenderlo, solo così sarà diverso. Dimmi che credi, dimmi che credi, come ci credo io, in questa vita, in questo cielo, come ci credo io. Il tuo sorriso tra la gente passerà forse indifferente, ma non ti sentirai più solo, sei diventato un uomo. E nella notte cercherai, nella stagione sei tuoi guai, un po' d'amore, un po' d'affetto, e disperato griderai, in fondo al buio troverai solo il cuscino del tuo letto. Non devi piangere, non devi credere che questa vita non sia bella, per ogni lacrima, per ogni anima, nel cielo nasce un'altra stella. Dimmi che credi, dimmi che credi, come ci credo io, in questa vita, in questo mondo, come ci credo io. Tu non ti arrendere, non ti confondere, apri il tuo cuore all'universo, che questo mondo sai, bisogna prenderlo, solo così sarà diverso. Non devi piangere, non devi credere che questa vita non sia bella, per ogni anima, per ogni lacrima, nel cielo nasce un'altra stella. Eh sia, eh sia.


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Trenta anni di amore gratuito e solidarietà segue dalla prima pagina

hanno spianato la strada ad altre organizzazioni con competenze specifiche come quelle che oggi si occupano di miravamo un piccolo gruppo e ci trovavamo in un momento nori. Noi facevamo tante cose, come l’aiuto ai minori, ma particolare: era il dopo terremoto, la situazione era crinon avevamo le competenze specifiche, era impossibile estica, e fu allora che nacque il Pellicano. All’inizio eravamo sere preparati di fronte a tanti problemi come ad esempio solo un gruppo di donatori di sangue che, dopo quell’evento la tossicodipendenza. Ci rendevamo conto, giorno per tragico, si era reso conto che Cristo stava dicendo una sola giorno, che per ogni problematica occorrevano le compecosa: c’erano tantissime persone che avevano bisogno di tenze, occorreva sapere come fare e cosa fare per aiutare aiuto. All’epoca non esisteva un servizio trasfusionale, si dole persone. Oggi, grazie a Dio, ci sono associazioni e coonava senza controlli e c’era molta arretratezza anche a liperative che si occupano di minori, di persone disagiate, vello sanitario e gli appelli per esortare i cittadini a donare il della tossicodipendenza. Noi, fermo restando che chiunque sangue si facevano via radio. La nostra prima sede è stata viene, trova la porta aperta, riusciamo ad aiutare tutti grazie il retrobottega del negozio Foto Pino, eravamo in 8 e per alla collaborazione con i medici e specialisti. Ci sono spedarci un’identità dovevamo pensare ad un nome da dare a cialisti che non negano il proprio aiuto quando segnaliamo quest’associazione. Ecco cosa accadde: don Gennaro Porun problema o un disagio. Oggi ci occupiamo dell’assistenza zio, allora parroco della Basilica di Santa Maria del Lauro a agli anziani, in tutta la Penisola Sorrentina, Capri ed AnacaMeta, e tutt’oggi mio grandissimo amico, ci incontrò presso pri, con il servizio di telesoccorso, con l’assistenza domicila Basilica di Meta e chiese ad ognuno di noi portare la proliare agli anziani; siamo vicini a tutti, le nostre opere sono pria proposta sul nome da dare a questa associazione. Una gratuite, non prendiamo soldi da nessuno se non attraverso sera eravamo tutti sull’altare e ad un tratto mi colpì un ucun conto corrente che la Regione Campania ci ha riconocello che stava sul tabernacolo dell’altare maggiore e chiesi sciuto perché siamo legalmente costituiti, e chi vuole fare a don Gennaro di quale una donazione può uccello si trattasse e perusare. Attualmente abché era lì: don Gennaro biamo 3 ambulanze che mi disse che era un pellidobbiamo sostenere con cano. Chiesi a Padre il volontariato; abbiamo Giuseppe Rossi di fare 2 macchine attrezzate una ricerca, perché lui per il trasporto degli inaveva l’enciclopedia fermi che sosteniamo Treccani, e scoprimmo grazie a donazioni. La che la leggenda dice che stessa Arciconfraternita il pellicano è un uccello Morte e Orazione contriche nei periodi di fame, buisce per le polizze ascon il becco si rompe il sicurative e le schede petto e con il sangue carburante dei nostri veiciba i suoi figli. Per quecoli. Nel 1984-1985 l’Arsto motivo Cristo fu deficiconfraternita Morte e nito il divin pellicano. Non Orazione donò un pulci furono più dubbi: si demino che fino a qualche cise di dare questo nome anno fa è stato l’unico all’associazione. E’ stato mezzo di trasporto grail nome a venire da noi. zie al quale potevamo Da donatori di sangue aiutare chi aveva bisoad associazione impegno di noi, lo abbiamo gnata nel sociale: sfruttato fino all’osso. Da come avviene questo poco abbiamo comprato passaggio? un furgone Doblò attrezAbbiamo iniziato il nostro zato per il trasporto dei cammino come donatori disabili: era di proprietà di sangue ma ci siamo Quadro ricamato a mano raffigurante il simbolo de “IL PELLICANO” di una famiglia che resi conto che non baaveva un ragazzo disastava, avendo a che fare con la sofferenza ci siamo visti bile. Abbiamo anche un altro furgone, uno Scudo donato da quasi costretti ad allargare il nostro campo d’azione e mouna società di navigazione; un’ambulanza donata dalla Italdificammo lo statuto perché abbiamo fatto sempre tutto lemare e poi abbiamo un porter opportunamente modificato galmente sin dal primo momento. La cosa grave a quei come mini-ambulanza attrezzata di tutto. tempi era che parlare del sociale era qualcosa per cui ci riUn porter attrezzato come un’ambulanza? devano alla spalle. In quegli anni le relazioni sui disagi che Esattamente. L’idea mi venne perché le nostre zone hanno vivevano i minori erano fatte di vigili urbani ed era tristissimo strade veramente piccole ed inaccessibili per le autoambudover leggere una relazione fatta da un vigile urbano che lanze. Non esiste un’ambulanza così piccola infatti anche il non aveva le competenze specifiche dei casi di violenze sui 118 fa capo a noi perché è attrezzata di tutto. Trovammo minori. Oggi siamo noi i fiduciari del tribunale dei minori di una ditta a Potenza che modificò il porter mettendo barella, Napoli, abbiamo seguito affidamenti ed adozioni. Il nostro posto per il medico, ossigeno e attrezzandola con tutti gli impegno nel sociale non ha avuto un cammino facile: abstrumenti di soccorso. Abbiamo anche un altro porter per biamo fatto dimostrazioni di piazza, abbiamo fatto di tutto assistere tutti gli anziani. L’Arciconfraternita Morte e Oraper poter realizzare un servizio trasfusioni in ospedale perzione continua ad aiutarci sostenendo le spese per il manché non esisteva; abbiamo contribuito a creare l’AIAS di tenimento di queste vetture. Sorrento, ci siamo battuti per i disabili e i minori. Come è strutturata l’Associazione Il Pellicano? Qual è la differenza tra il 1981 ed il 2011? L’associazione il Pellicano comprende un’associazione di voLa grande differenza tra ieri e oggi, e io ne vado veramente lontari che assiste gli anziani e i malati. fiero, è che oggi noi ci occupiamo prevalentemente di anziani ma le grosse battaglie fatte anche in campo sanitario, segue a pagina 5

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segue dalla pagina precedente Al suo interno è nata una cooperativa sociale che ha vinto la gara di appalto indetta dal piano sociale di zona per l’assistenza domiciliare ed il telesoccorso. Questo gruppo ha me come presidente. nominale e non come dipendente, infatti non godo di benefici economici. I ragazzi che lavorano hanno un contratto a progetto rinnovato annualmente e guadagnano quanto previsto dalla legge. Sono 50 ragazzi che lavorano, divisi tra assistenti domiciliari e telesoccorso. Quanto ammalati assistete? Assistiamo circa 500 anziani in tutta la Penisola Sorrentina, Capri e Anacapri, tranne Vico Equense e Meta di Sorrento che sono usciti dal piano sociale di zona. Sono usciti dal piano sociale dal 1° gennaio 2011. È stata una decisione che ci ha lasciato basiti: noi continuiamo a stare vicino agli ammalati perché a Meta e Vico Equense abbiamo ancora qualche persona collegata. Non abbiamo capito i veri motivi politici di questa separazione perché in tal modo i comuni perdono tutti i contributi regionali stanziati per l’assistenza sociale e tanti benefici per i loro cittadini. Per problemi politici si è creata una rottura che va a discapito dei cittadini. Come si colloca l’Associazione nel panorama della sanità della Penisola Sorrentina? Il Pellicano è una realtà attiva in Campania e tra le iniziative che portiamo avanti c’è quella del tribunale per i diritti del malato. Abbiamo costituito uno sportello nel poliambulatorio ASL di Sant’Agnello e abbiamo la nostra sede in via Carlo Amalfi dove fanno capo tutte le problematiche relative al discorso sanità. Queste sono problematiche molto serie che ci impegnano tantissimo perché la carenza che abbiamo in Penisola Sorrentina è endemica ed è enorme. Ci siamo sempre battuti perché la Penisola anche geograficamente ha dei punti deboli e allora solo chi ha avuto la sventura di avere problemi grossi si è reso conto che abbiamo una strada che ci collega con i grandi ospedali che è sempre intasata, con gallerie chiuse, è unica, non ci sono elicotteri e non c’è la via del mare che funziona. Noi siamo sempre vigili e attenti per far funzionare almeno quel poco che abbiamo. Questa è un’attività che ci impegna tantissimo. Sabato 23 Gennaio 2011 abbiamo organizzato un convegno medico, non molto partecipato dai cittadini ma molto sentito dai sindaci della penisola, tranne Meta, i rappresentanti del governo, di provincia e regione e sono state buttate le basi per la creazione di un ospedale unico. Adesso sta a noi: il 5 Febbraio 2011 ci sarà l’ispezione della commissione regionale per verificare se è possibile allargare l’ospedale di Sant’Agnello e farlo diventare un ospedale unico perché è l’unica struttura che ha intorno un terreno edificabile, perché è centrale, si trova vicino alla stazione ed in più c’è la possibilità di realizzare parcheggi. Lo scorso 23 Gennaio è stato un giorno storico perché per la prima volta tutti i sindaci erano uniti e proiettati verso un obiettivo comune ed unico. In passato per motivi di campanilismo, per motivi politici, non si è mai riusciti a fare un programma comune. Quando è nata quest’idea? Quest’idea è nata 30 anni fa e abbiamo cercato di promuoverla ma oggi siamo riusciti a fare un documento unico. Il Comune di Piano e il Pellicano sono stati i promotori. E’ un progetto a lungo termine ma è importantissimo perché ha contribuito anche il comune di Positano. È di recente approvazione la legge che stabilisce la prescrivibilità dei farmaci previa verifica del reddito: quale è la vostra esperienza in tal senso? La situazione ci preoccupa moltissimo: siamo vicini ai cittadini per aiutarli. Tutti i giorni siamo presso l’ASL di Sant’Agnello. Attualmente con il piano di rientro la Regione Campania ha un buco economico enorme a cui si cerca di porre rimedio bloccando tutti i fondi. La Regione Campania ha ben pensato di creare dispositivi che annullano i benefici di cui godevano bambini ed anziani e ha basato tutto sul reddito, creando una serie di categorie contrassegnate da un codice da cui si desume che occorre essere veramente poveri per avere determinate esenzioni. Oggi di questo deficit

Neri regionale e di questo abuso, stanno pagando solo i cittadini. Tutti passano per il nostro sportello e pochi riescono a ricevere un’assistenza. La Regione ha stabilito che entro 3 mesi occorre essere in regola con il dispositivo ma il problema è che poiché tutto avviene per via telematica, i medici non possono usare i codici pre-esistenti e quindi oggi se non si è in regola con la nuova disposizione di legge, non è possibile prescrivere farmaci o visite specialistiche. Oggi stanno pagando tutti: ogni ricetta ha un costo tra 5  e 10. È una cosa spaventosa: la maggior parte degli anziani e degli ammalati non si sta curando. Oggi il Pellicano si è assunto l’onere di creare uno sportello per effettuare le pratiche per le esenzioni onde evitare che le persone dovessero dormire fuori i cancelli dall’ASL perché ogni mattina gli uffici addetti alle pratiche assegnano solo 20 numeri, evadendo quindi solo 20 pratiche. Per avere uno di questi 20 numeri le persone trascorrevano la notte in macchina fuori i cancelli dell’ASL. Ci sono stati casi di persone su sedie a rotelle che sono andate a prendere il proprio turno durante la notte. Molti anziani oggi preferiscono non curarsi perché la maggior parte non ha la possibilità di pagare 5 per ogni ricetta. La situazione è drammatica. Di tutti gli imbrogli, i falsi invalidi, sta pagando il cittadino malato e povero. Adesso anche all’INPS stanno facendo gli accertamenti. L’INPS ha dovuto assumersi l’onere di rivisitare tutti gli invalidi e chi non va perde la pensione. Quelli che non riescono ad andare si rivolgono al Pellicano per essere accompagnati. Qual è la vostra giornata tipo? Non ci fermiamo mai, stiamo qui notte e giorno. Organizziamo il giorno prima per il giorno dopo gestendo turni e assistenza. Il telesoccorso è fatto da volontari, le notti si fanno a turno, molto spesso ci sono i figli al seguito. Pina arriva alle 8.00 se non ha fatto la notte, cura la contabilità, fa servizi fuori, assiste anziani a domicilio, non esiste Natale o Pasqua, siamo sempre qui. Dina accompagna gli anziani per visite mediche, commissioni, ecc. Ci sono notti di tranquillità o notti in cui non si chiude occhio. Poi c’è lo sportello a Sant’Agnello dove ci sono 2 collaboratori che stanno avendo un successo enorme: ormai sono indispensabili. Uno dei nostri difetti, che per la dottrina cristiana è un pregio, è che noi lavoriamo in silenzio. Salvatore (Iaccarino) è sempre reperibile come ambulanza e come tecnico, i viaggi si susseguono senza sosta. Se non ci foste come si farebbe? Non lo so ma occorrono gli aiuti. Nel 2010 dalla regione non abbiamo avuto un centesimo. I comuni rispetto a una volta, ci aiutano e sono attivi invece in passato eravamo abbandonati a noi stessi. Cosa potrebbe fare l’Arciconfraternita Morte e Orazione per aiutarvi di più? Occorrerebbe investire nel volontariato un po’ del proprio tempo libero, la cosiddetta “Banca del Tempo”: donare il proprio tempo agli altri, a chi ne ha bisogno, a chi è meno fortunato Il Pellicano nella simbologia cristiana rappresenta lo stesso Cristo, segno di Colui che offre la propria vita per la salvezza di coloro che da lui sono stati generati, immagine della carità, simbolo della donazione di sé. I teologi del medioevo identificavano il pellicano al Cristo in croce, e con Dio Padre che ama a tal punto l’umanità da inviare suo Figlio che risuscita dalla morte il terzo giorno. Il Pellicano è, perciò, figura della redenzione operata da Cristo, icona dell’amore, del dono totale di sé, simbolo dell’amore paterno di Dio. Dante nella Divina Commedia accosta la scena dell’Ultima Cena, dove l’apostolo Giovanni china il capo sul petto del Maestro, con la figura del pellicano: «Questi è colui che giacque sopra’l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto». (Divina Commedia, Paradiso Canto XXV, 112-114). Ogni parola pronunciata da Giuseppe e Pina durante l’intervista è carica di questo amore per il prossimo. Vado via con nel cuore una sola certezza: impegnarmi di più per il mio prossimo non solo come cristiana ma soprattutto come consorella. Olga Stinga


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«I miei 18 anni in comunità» di Giovanni Ruggiero

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eri: confesso di essere rimasto un po’ sorpreso della vostra prima uscita. Sorpreso per grafica, per contenuti, persino per il numero di pagine. Mi aspettavo qualcosa di «semplice» ed invece mi sono ritrovato uno scrigno di parole da leggere con attenzione e meditare con profondità. Si vede chiaramente la mano e la penna di chi fa il mestiere di cogliere la notizia e sono certo che avete aperto una nuova strada per poter raccogliere la vostra storia «Camminando s’apre cammino». Neri: mi sono lasciato anche suggestionare da questo titolo, secco, netto, precisovi chiamano così per essenzialità, per sminuirvi, per riconoscervi. Neri come la notte a cui siete familiari, alla ricerca – in processione- di speranze perdute. Neri: come assenza di colori perché il vuoto o la mancanza si fa anelito di presenza. Neri come distintivo che si staglia netto nelle mille sfumature della realtà: per essere questo e nient’altro. Neri di storia ormai centenaria, neri di sacco consumati pellegrinando, neri di lutto per accompagnare la morte, neri di fede per custodire la speranza Ed oggi neri di parole perché una storia per essere degna di fede, di considerazione, d’amore, ha bisogno di essere narrata. Per secoli avete scelto il silenzio del buio del Venerdì Santo come messaggio per rompere catene antiche Ora lanciate la sfida alla primavera con il vento leggero delle parole perché la storia dell’uomo che cammina non si esaurisce in una processione ma s’incarna in una quotidianità che chiede senso, direzione, speranza. Ho cominciato così, per distrarmi dal tema che mi avete affidato «Solidarietà e Dolore», confesso che per le mie forze, troppo impegnativo, soprattutto per le tante sfaccettature che meriterebbero altra penna, altra intelligenza e soprattutto altro cuore. Ma non mi sottraggo, non solo per dovere e gratitudine, ma cosciente che su questo argomento ci giochiamo il mistero stesso dell’esistenza – grande e misera –dell’uomo. Volete allora ascoltare la mia storia? Solidarietà e dolore è la favola del concepimento: se facessimo più silenzio riusciremo persino a percepire il leggero movimento dello spermatozoo che si incastona nell’ovulo: è il mistero raccontato e mai spiegato di un sogno che si fa carne e sangue per una nuova avventura da vivere fino in fondo Solidarietà e dolore sono nel primo vagito, grido di disperazione e liberazione, prima «morte» sperimentata che si confessa che la vita stessa è una sequenza ininterrotta di separazioni, a volte imposte, a volte scelte, a volte tragiche, a volte salutari.ma sempre necessarie per compiere il nostro destino di uomini: andare avanti Solidarietà e dolore sono lo spazio e il tempo dove muoviamo i primi passi. È in quel vociare di bambini che giocano, il primo ciak di relazioni dove si impara l’arte dell’altro (alterità) e tra slanci generosi ed egoismi ripetuti apprendiamo che la nostra esistenza si fonda sullo STARE CON Solidarietà e dolore sono lo schermo dove si proietta il film dell’adolescenza e della giovinezza. In quel film ci sono i movimenti che non fanno rumore eppure hanno la forza dell’uragano e lasciano segni permanenti: tempesta di ormoni e di vissuti che trasformano lentamente e con fatica (soprattutto psicologica) il goffo corpo di un bambino nel corpo maturo di un uomo e una donna. Un corpo cambiato che ha desideri più coinvolgenti del nostro cuore che, come «terremotato» si lascia spesso suggestionare dalle emozioni e si aggrappa disperato ad un altro cuore «lesionato» per storie che hanno spesso l’illusione dell’eternità e la durata di una giornata. Solidarietà e dolore sono i frutti maturi del tempo delle scelte, quando ormai adulti abbiamo imparatoa potare e raccogliere, a seminare e custodire, a coltivare e asognare È la sta-

gione dove si è padri ma ancora figli, si è grandi ma ancora piccoli, si è forti ma ancora fragili. È il tempo del fare ma non da soli, è il tempo del lavoro ma non basta, è il tempo dell’amore ma lo stesso ci perdiamoe intanto il tempo passa Solidarietà e dolore sono i doni essenziali quando cominciamo a PERDEREcapelli e compagni, forza e futuro, impegni e figli. Come madri silenziose cominciano a raccogliere i cocci di una vita, a volte spezzata, sperando di trovare il filo conduttore degli eventi, scrutando un domani sempre più vicino dove saremo costretti a lanciarci nel vuoto con la speranza che qualcuno ci prendae allora, solo allora, potremo virare verso l’Eterno dove ogni ferita e ogni contatto, ogni ombra e ogni carezza, ogni fallimento e ogni amiciziatroverà il suo segno di croce Perdonatemi, non sapevo come districarmi da un tema così complesso e così ho cercato le briciole disseminate nel mio vivere quotidiano e ho raccontato quello che penso e sento della vita dell’uomo. Lo so, voi mi avete invitato anche per parlare della mia esperienza con i ragazzi tossicodipendenti , intuendo che in questo lavoro che ormai dura da 18 anni c’è il segreto della mia sensibilità e la consapevolezza della mia fragilità, nemmeno io immaginavo che nel 1992 al primo corso di volontari antidroga avrei segnato in maniera così indelebile la mia vita personale, relazionale, professionale. E visto che la Provvidenza ha voluto indirizzare la mia storia e il mio destino, condivido con voi qualche spunto che ormai porto impresso nelle mie viscere Solidarietà e dolore in questi 18 anni in una comunità di recupero sono diventati l’occasione di un incontro con ragazzi, uomini «scassati». E le loro storie «rotte» si sono confrontate con il mio sguardo, perché prima di un’analisi, una statistica, una terapia, il nostro lavoro è un racconto di sguardi: occhi che contemplano vissuti, violenti, mancanti, indifferenti. È bello pensare che ogni incontro umano significativo nasce da un legame di occhi! È con questa traccia che ogni vicinanza è innanzitutto una carezza di iridi diversamente colorate che non indagano ma incoraggiano, non pretendono ma stimolano, non giudicano ma sperano. Dovrei erigere un monumento a questo occhi di uomini «rotti»: specchi spesso infranti ma unica porta d’accesso alla loro anima. Solidarietà e dolore in 18 anni diventano pane quotidiano tanto da correre un grave pericolo: diventare un professionista della sofferenza e trasformare un cuore di carne in un cuore di pietra. Se non vuoi perderti nella familiarità con il dolore devi tenere a mente – sempre – che dinanzi a te c’è – sempre – una personaanche se distrutta, ferita, apatica ribelle, c’è una persona che chiede di entrare in relazione con te. Il prendersi cura di un altro, prima che una scienza, è una relazione: uno scambio, un percorso, un legame. È la coscienza che si può ricostruire gettando ponti dove ci sono distanze, che si può trovare una via d’uscita dove ci sono macerie, si può di nuovo sognare dove aleggiano fantasmi. In questi anni mi sono impegnato soprattutto a creare relazioni «calde» significative, accoglienti. E il segreto è farlo insieme: è l’operato faticoso e affascinante di sperare in squadra, perché prima di fare qualcosa per gli altri, noi lavoriamo con gli altri, perché insieme è più facile. Solidarietà e dolore è ammettere di essere cresciuto riconoscendo soprattutto la propria debolezza e il bisogno che abbiamo delle persone. Ho scoperto che rivelare il buio dell’altro svelava anche le mie ombre, accarezzare le ferite di un uomo ti predisponeva ad accettare le tue, accendere fuochi di speranza ti insegnava a non spegnere i tuoi sogni. segue a pagina 7


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segue dalla pagina precedente E se è vero che ci sono storie che mai avrei immaginato di conoscere, queste non sono altro che l’estremo di una fragilità che tutti ci portiamo dentro e che mi permettono una prospettiva nuova con cui guardare la mia e la nostra normalità. Credetemi, mai sarò grato abbastanza, ai miei ragazzi della Fanelli che mi aiutano a non smarrirmi Concludo con parole non mie, perché consapevole di aver balbettato dinnanzi al mistero stesso della vita, e lascio a Enzo Bianchi il compito di ricamare l’essenza intima che lega la solidarietà con il dolore. È un testo sui profeti di oggiauguro a voi e a me di incontrare persone così, di diventare persone così. «Questi ultimi sono dei nomadi, dei pellegrini infaticabili, senza dimora permanente, senza propria città e propria casa, straieri in ogni terra: non necessariamente sono una anacoreti, estenuati dai digiuni, vestiti di sacco, armati di una sola

bisaccia da viaggio: magari indossando camicie e maglioni, s’incontrano, lavorano mescolati agli altri, entrano ed escono da una casa, eppure vivono con il respiro dei viandanti. Hanno grandi occhi, scrutano con attenzione, e come civette vedono anche nella notte tenebrosa quando ogni profilo ed ogni profondità appare perduta: hanno orecchie che sanno percepirei mormorii di coloro che passano loro accanto, hanno orecchie che sanno discernere anche tra i rumori assordanti della città i singhiozzi degli infelici; hanno mani che conoscono l’arte di fare carezza o lenire dolori, con la bocca sanno gustare e distinguere ciò che contiene la coppa, il calice, che ogni giorno viene loro offerta e il fascino dei profumi coi loro significati infiniti li raggiunge fino a finirli. Insomma, questi pellegrini non hanno cuori di pietra ma cuori di carne, cuori che balzano fino alla gola per la gioia o l’angoscia, cuori che versano lacrime abbondanti e sanno trasalire, eppure non hanno luoghi né persone sulla terra da cui sentirsi lontano». G.R.

Solidarietà e confraternite: una retrospettiva e uno sguardo al futuro di Giuseppe Stiffa uando le confraternite nacquero furono frutto della pieQ tas; nel duplice significato che questo nobile termine possiede: culto del Signore e attenzione verso il prossimo

sofferente. Quali che fossero gli scopi particolari dei singoli sodalizi non mancarono mai di accogliere nei loro statuti le opere di carità cristiana: assistenza ai malati e moribondi, soccorso agli indigenti, cura degli anziani. Senza voler rifare la storia del rapporto fra le confraternite e il potere temporale, sono effettivamente molti i periodi storici in cui esse hanno svolto, tramite le opere di carità, un ruolo di surroga o di sostituzione delle istituzioni. Nel meridione d’Italia tale ruolo continua ad essere loro riconosciuto. Sia la pietas come la caritas sono riconosciute dalla Chiesa e dal suo ordinamento giuridico elementi qualificanti delle persone giuridiche, istituzioni, consociazioni e quindi anche delle confraternite. Ricordiamo a tal proposito soltanto il canone n° 798 del Corpus Iuris Canonici ( ad pietatis vel caritatis opera ) e l’enciclica Mater et Magister di Giovanni XXIII: in poche parole, per il cristiano/confratello non può esistere giustizia senza la carità e la solidarietà.

Si potrebbe coniare una nuova definizione di confraternita: ente di diritto vocato alla carità e alla solidarietà. L’Arciconfraternita Morte e Orazione recepisce nel suo statuto le indicazioni dei padri conciliari e dei sommi pontefici in materia di solidarietà, e costantemente le conserva man mano che essa rinnova e aggiorna i suoi strumenti. E’ pluridecennale la collaborazione con l’associazione per l’assistenza ai malati “il Pellicano”, di cui si legge in altra parte del giornale; ancora più antico è il legame con la casa di riposo “S.Michele”, alla quale vengono offerte 5 giornate di pane per ogni mese. Ma ha ancora senso, oggi, una solidarietà che si misura soltanto con un aiuto materiale o, peggio, economico? La nostra contemporaneità sperimenta tutti i giorni “nuove povertà”, povertà del cuore, dell’attenzione non del portafoglio, nuove povertà che per essere medicate hanno bisogno di una moneta dal conio particolare: il Tempo. Di qui nasce il progetto Banca del Tempo che l’Arciconfraternita Morte e Orazione sta elaborando e per il quale richiede la collaborazione dei confratelli: la cessione di una piccola parte del nostro tempo o delle nostre professionalità per aiutare i malati, gli anziani e i sofferenti, anche soltanto una buona parola per superare una difficoltà imprevista e che ci causa disagio.

La Morte e Orazione si tinge a stelle e strisce l 21 gennaio la consueta partita di calcio del venerdì ha visto in campo Iamericani non solo i confratelli “Neri”, ma anche un gruppo di giovani ragazzi di New York appassionati di calcio. Jacob Andrew Mountain,

Lee Smith, Ray Sova, John Zappolo sono quattro studenti della facoltà di architettura dell’Alfred State College che partecipano ad un programma universitario che prevede un soggiorno di quattro mesi in Italia. Jacob, Lee, Ray, John sono subito entrati in partita, anche perché fanno parte della squadra di calcio del loro college ed amano questo sport quasi quanto noi italiani. In perfetto spirito di globalizzazione le squadre sono scese in campo con formazioni miste italo- americane e la lingua in campo era un misto tra italiano,inglese e napoletano che come è noto a tutti sta diventando sempre più internazionale. La partita si è chiusa in pareggio dopo 60 minuti di puro e sano divertimento. La partita del venerdì è diventata un appuntamento fisso non solo dei “Neri” ma anche degli amici americani. Chissà se il prossimo match sarà Italia vs USA? Aniello Stinga


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I personaggi del mistero: i re Magi di Pietrantonio Iaccarino

anni. Era il dio della luce solare, e veniva venerato dagli adepti nei mitrei, specie di Tre superbi cavalli arabi traversano piazza grotte sotterranee con le volte istoriate dalle Cota, sono montati da misteriosi cavalieri di costellazioni astronomiche (vedi mitreo di rango reale, con mantelli e turbanti orientali. Capua). Ognuno è affiancato da uno staffiere ed è Il compito principale dei Magi era quello di preceduto da un famiglio circasso recante il tenere acceso il fuoco sacro ravvivandolo dono da offrire al piccolo Gesù. Ventisei fi- cinque volte al giorno. guranti in costumi variopinti e fantasiosi for- Il numero tre permette di identificare i Magi mano il corteo partito dalla sede dei neri e con le tre razze in cui si divide l’umanità e diretto ad adorare il bambinello del presepe che discendono, secondo l’Antico Testamento, dai figli di Noè. in Santa Margherita. All’imbocco dello storico vicoletto le caval- Gaspare, mistico re dell’Armenia, lasciò l’incature scalpitanti sul selciato di pietra bruna, tero potere a suo fratello NTIKRAN per ansembravano fuori dal tempo, ne occupavano dare a cercare Gesù. Era un giovanotto rude e discendeva da Cam, uno dei figli di Noè. tutto il lume diffonBaldassarre, re dendo nei presenti arabo del destupore e meraviserto, era gioglia. E viene sponvane, di tanea una carnagione domanda: chi erano scura e disceni re Magi? deva da Jafet. Il vangelo secondo Melchiorre, il Matteo ( 2, 1-12 ) è vecchio con i cal’unica fonte canopelli bianchi e la nica a descrivere barba lunga, dil’episodio: «Gesù scendeva da nacque a BeSem. Il suo è un tlemme, una città soprannome nella regione della perché era conoGiudea, al tempo sciuto con il del re Erode. Dopo nome indiano di la sua nascita, arriRam maharaja e varono a Gerusapure lasciò il lemme alcuni regno al fratello uomini sapienti che per partire verso venivano dalGerusalemme. l’oriente e domanPortano a Gesù darono: dove si bambino tre doni trova quel bambino, che simbolegnato da poco, il re giano la sua dudei Giudei? In plice natura di oriente abbiamo essere umano e visto apparire la sua di figlio di Dio: stella e siamo vel’oro, il dono rinuti qui per onoservato ai re, l’inrarloSi censo, usato per inginocchiarono e adorare l’altare adorarono il bamdi Dio, e la mirra bino. Poi aprirono i per i defunti. bagagli e gli offriTutta la storia rono regali: oro, indella cometa censo e mirra». Epifania 2011 - Cappella di Santa Margherita nasce da un Il passo di Matteo non fornisce il numero esatto dei Magi ma la quadro di Giotto, dipinto nel 1301 nella captradizione più diffusa parla di tre uomini. pella degli Scrovegni a Padova; il pittore acNemmeno la regalità è attestata nelle fonti canto alla Natività, dipinse l’Epifania e inserì cristiane, si parla di re soltanto nel libro dei sopra la capanna una cometa, per un motivo Salmi ( LXXI, 10 ): «Il re di Tarsis e delle molto realistico e contemporaneo del suo isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di tempo perché, proprio in quell’anno, nel Saba offriranno tributi. A lui tutti i re si pro- 1301, a dicembre apparve in cielo la famosa cometa dalla coda luminosa a cui successistreranno, lo serviranno tutte le nazioni». Si credeva, in oriente che un nuovo astro vamente fu dato il nome di Halley. apparisse in cielo ogni volta che nasceva un La stella cometa è entrata nella tradizione grande re. A confermare e legittimare la sua del Natale cristiano relativamente tardi. In realtà, secondo recenti studi, nessuna cosovranità erano i Magi. Essi erano una classe sacerdotale del po- meta è stata registrata negli anni precedenti polo dei Medi alleato dei Persiani, pratica- la nascita di Cristo, data anch’essa controvano gli insegnamenti di Zarathustra e versa, e che il fenomeno luminoso fu da adadoravano il dio Mitra, anch’egli, come debitarsi alla congiunzione di Giove e Gesù, nato da madre vergine nella notte del Saturno il 13 Novembre del 7 A.C. nella co25 dicembre; anch’egli morto a trentatre stellazione dei pesci.

Il Priore, il Governo ed i confratelli tutti ricordano con affetto la defunta Signora Anna, moglie di Pasquale Russo, confratello dell’ Arciconfraternita Morte e Orazione. Non dimenticheremo mai le giornate trascorse a Roma in sua compagnia, in occasione della processione del Corpus Domini.

Agenda del confratello - 9 Marzo 2011: Mercoledì delle Ceneri. Appuntamento presso la Basilica di San Michele Arcangelo per la celebrazione Eucaristica - 11 Marzo 2011: Primo venerdì di Quaresima - Via Crucis Auguriamo alla consorella Annamaria Origliato tanta gioia e felicità per la nascita della nipotina. Il Priore, i confratelli e le consorelle.

Neri Bollettino interno dell’Arciconfraternita della Morte e Orazione di Piano di Sorrento Anno I - Numero II del 13 febbraio 2011 Direttore: Fabrizio d’Esposito Coordinatrici della redazione: Olga e Rita Stinga Hanno scritto su questo numero: Olga, Rita e Aniello Stinga; Pietrantonio Iaccarino; Giuseppe Stiffa; Giovanni Ruggiero; Michele Gargiulo. Progetto Grafico: Aniello Stinga Prossimo numero: marzo www.arcmorteeorazione.org


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