Anno 03 - Nr. 2/2011
non solo studio
Due esempi per sempre. GiĂš le mani dal Centro! - Due esempi per sempre - ‘Ndrangheta in Umbria - Acqua Pubblica o Privata? - Speciale Affitti
Periodico informativo a cura di:
R.I. Distribuzione interna Responsabile: Daniel Chiabolotti
Linea editoriale
U
niversitando nasce dal bisogno di conciliare la passione per il giornalismo con la necessità di creare un giornale universitario che sia in grado di garantire
Vice Responsabile:
un’informazione libera e disinteressata, ma allo stesso
Carmine Cozzolino
tempo capace di incuriosire e di avvicinare ancora di più
Alessandro Barbarossa Alessio Lilli
gli studenti alle vicende universitarie e a quelle notizie che vengono puntualmente presentate come grattacapo
Hanno collaborato: Alessandro Tassi
(rogne) riservate agli addetti ai lavori.
Luigi Villani Delle Vergini,
L’Associazione universitaria Idee in Movimento è un’as-
Elio Viola
sociazione di studenti per gli studenti.
Federico Aversa Francesca Boschi
E’ sicuramente questa la definizione in cui più ci ricono-
Alessandro Barbarossa
sciamo ed è ripercorrendo le tappe della storia che ci ha
Maddalena Arcelli
visti nascere, crescere e maturare che ancor più ci indivi-
Federico Tini Maria Colangelo
duiamo nella medesima affermazione e ancor più cresce
Francesca Telesca
in noi la voglia di perfezionamento divenendo sempre
Paolo Marchettoni
meglio uno dei punti di riferimento degli studenti tutti dell’Università degli Studi di Perugia. L’associazione è nata nel marzo 1997 per favorire la partecipazione degli studenti ad ogni aspetto della vita scolastica ed universitaria: riteniamo che solo in questo modo sia possibile tutelare a pieno gli interessi degli studenti e confrontarsi con le realtà culturali, sociali,
Con la preziosa collaborazione di:
politiche ed economiche che aspettano ognuno di noi al termine dell’esperienza formativa. E’ nostra intenzione aprire un confronto con tutti coloro che vorranno dialogare con noi sulla base di idee e programmi e non attraverso la sterile contrapposizione di
Grafica e impaginazione soluzioni per la comunicazione
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Soluzioni per la comunicazione
carattere ideologico.
Giù le mani dal Centro!
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Il nostro scopo è di incanalare il malcontento di tutti i cittadini e di proporre soluzioni condivise per la riqualificazione della nostra città.
l movimento “Giù Le Mani dal Centro” sceso in piazza negli ultimi mesi per protestare contro il crescente spopolamento, la chiusura di molte attività commerciali e la crescita del tasso di criminalità nell’acropoli, ha riscosso un notevole successo. Cittadini, studenti, commercianti e non solo hanno voluto far sentire la loro voce per sensibilizzare il comune su un tema molto sentito da chi nel Centro Storico vive, lavora o trascorre semplicemente il proprio tempo libero. Abbiamo intervistato Marco La Penna, organizzatore del movimento per conoscere più da vicino gli orientamenti e gli obiettivi dell’organizzazione. Come nasce l’idea della creazione del movimento “Giù le mani dal centro”? L’idea di “Giù le Mani dal Centro” nasce da un disagio
commerciali abbiamo assistito negli ultimi mesi! Il ripopolamento comporterebbe anche maggior sicurezza: quando c’è gente nelle strade è difficile che avvengano scippi, violenze e rapine; di certo la percentuale si abbasserebbe notevolmente. In molti si lamentano della difficoltà di raggiungere il Centro: parcheggi alle stelle, linee di trasporto pubblico carenti. Il sistema della mobilità è assolutamente da rivedere. La chiusura della ZTL alle ore 22.00 in primavera ed estate nel periodo di teorico maggior afflusso di gente, è paradossale. Orari di accesso della ZTL e del minimetro prolungati nel weekend; e una maggior capillarità di autobus con prezzi dei biglietti più congrui (l’ aumento del 50% in un anno, non ha pari in nessun’altra città italiana)!
Giù le mani dal Centro! di Daniel Chiabolotti
Vogliamo evitare che il Centro muoia e con esso l’immagine di tutta la città in Italia e nel mondo.
percepito e condiviso dalla gran parte dei cittadini del centro storico, ovvero dallo spopolamento dell’acropoli alle condizioni di vivibilità ormai scadenti rispetto ad altre città simili. Il nostro è un movimento apartitico, non siamo appoggiati da nessuno e non amiamo etichette ideologiche; di questo ce ne vantiamo. Il nostro unico scopo è di incanalare il malcontento di tutti i cittadini e di proporre soluzioni condivise per la riqualificazione della nostra città. Quali potrebbero essere le iniziative da intraprendere per una rinascita del Centro Storico? Possiamo definire Perugia un distretto museale, ricca di beni artistici e monumentali rilevanti ma ciò non basta se questo patrimonio non viene accuratamente valorizzato. La nostra idea è la trasformazione del centro in un “Distretto Culturale”. Un luogo dove attraverso la creazione di eventi, manifestazioni e concerti durante tutto l’anno, non solo d’estate, si tenga vivo l’interesse per la città con un afflusso costante di turisti. La presenza di visitatori durante tutto l’arco dell’anno incentiverebbe la ripresa economica; alla chiusura di quante storiche attività
Stesso discorso dicasi per i parcheggi a pagamento, pagare 2,50 euro all’ora in Viale Indipendenza è proibitivo. Come sono state accolte dalle istituzioni cittadine le manifestazioni svoltesi fino ad ora? Quando si va contro una situazione determinata da più amministrazioni nel corso del tempo non si è ovviamente visti di buon occhio. Siamo stati denigrati e ostacolati, è avvenuta quella che Roberto Saviano ha chiamato la macchina del fango. Ci hanno accusato di essere mossi da motivazioni politiche e di voler imporre un divertimento sregolato. Nulla di tutto questo. Noi vogliamo evitare che il Centro muoia e con esso l’immagine di tutta la città in Italia e nel mondo. Bisogna rendere Perugia una città attraente dal punto di vista della cultura e anche del divertimento nel rispetto ovviamente del vivere civile. Sono previste altre manifestazione, continueremo a farci sentire. La larga partecipazione di giovani, commercianti e impiegati dimostra il largo consenso che abbiamo suscitato. Il nostro unico fine è quello di rendere Perugia una città viva per il benessere dei cittadini e di tutti coloro che la amano. 3
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Due esempi per sempre
Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere.
Due esempi per sempre:
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
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l 23 maggio,presso Capaci, e il 19 luglio, presso via d’Amelio, dell’anno 1992 la storia, o meglio Cosa Nostra, ha scritto una pagina indelebile per la nostra identità Nazionale, con gli attentati che trucidarono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Indelebili, del resto, furono le loro carriere e la loro dedizione alla lotta contro la mafia che li ha fatti assurgere a simboli e ad eroi nazionali. Tuttavia, prima di essere stati simboli, sono stati uomini comuni con le loro paure e le loro euforie ma che decisero di ribellarsi all’indifferenza e al “colpevole silenzio” siciliano, linfa vitale di Cosa Nostra, lottando contro il fenomeno mafioso che dilagava nella loro amatissima e disgraziatissima terra, o per definirla con una citazione di Sciascia “l’irredimibile Sicilia”. Entrambi furono educati, sin dalla giovinezza, all’eroismo, all’amor patrio e al sacrificio che seppero applicare strenuamente nel loro servizio allo Stato. Il loro impegno contro Cosa Nostra, coadiuvato dalle forze dell’ordine e da altri magistrati, portò a risultati inaspettati e mai raggiunti prima; come il famigerato maxi-processo contro Cosa Nostra degli anni 1986-1987 che portò a trecentosessanta condanne, con duemilaseicentosessantacinque anni di reclusione (divisi per i condannati) e diciannove ergastoli. Oltre ai risultati giudiziari, il maxi-processo fu importante perché riuscì a mobilitare le coscienze collettive, siciliane e non, per la lotta a favore di principi (come per esempio la legalità)
che dovrebbero essere universali. In più da quel momento, fu lapalissiano che Cosa Nostra e le mafie potevano essere sconfitte, o per lo meno insidiate, dall’azione decisa dello Stato. Del resto, lo stesso Falcone parlando del carattere aleatorio, seppur difficile da debellare, della mafia disse:”La mafia è un fenomeno umano e, come tutti i fenomeni umani, ha un inizio, una sua evoluzione ed avrà una fine”. I due magistrati, oggi, sono giustamente considerati eroi indiscussi ma, durante la loro attività, hanno dovuto proseguire la loro la lotta alla mafia tra calunnie e un clima di diffidenza generale. Un aneddoto, che potrebbe sembrare irrilevante, riguarda il periodo in cui i due magistrati, nell’anno 1985, furono relegati nella foresteria del carcere dell’isola dell’Asinara (per precauzione contro eventuali attentati che li avrebbero potuti coinvolgere) dove proseguirono comunque il loro lavoro; al termine del “soggiorno” coatto entrambi furono costretti a sostenerne le spese quando invece lo Stato, poco riconoscente, avrebbe dovuto incaricarsi delle stesse. Infatti Borsellino si lamenterà, al cospetto del Consiglio Superiore della Magistratura, del trattamento ricevuto. Sacrificarono le loro libertà per la grande considerazione che avevano dell’attività in cui erano coinvolti e del senso dello Stato. Basti pensare che le uniche “trasgressioni” dei due magistrati erano prendere un caffè o mangiare una pizza tra amici senza l’occhio vigile della scorta. Giovanni
di Alessio Lilli
Falcone e Paolo Borsellino seppero distaccarsi da un retaggio culturale semplicistico, diviso tra chi sosteneva che la mafia non esisteva e chi invece sosteneva che “tutto è mafia” rendendo inutili i tentativi per combatterla. Riuscirono però a proporre un nuovo modello in base al quale, la giustizia non doveva essere più basata sull’uso della violenza e sulla legge del più forte ma sulla forza delle leggi dello Stato. A diciannove anni dalla loro morte siamo ancora lontani dall’affermare che Cosa Nostra e le mafie abbiano accusato un colpo mortale,certo è che si sono fatti progressi nella lotta contro la criminalità organizzata ma troppo spesso l’azione dello Stato si è rivelata altalenante e poco incisiva. L’encomiabile servizio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino deve essere ricordato non come uno sbiadito residuo storico da rispolverare una volta all’anno, ma come modello a cui, sia lo Stato con le sue istituzioni sia il comune cittadino, si devono riferire per denunciare e sconfiggere ogni attività criminale che leda la società civile. “Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere.”diceva Giovanni Falcone. Facciamo che sia così. 5
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‘Ndrangheta in Umbria
Qual è la forza reale di questa organizzazione criminale nella nostra regione, e in particolare, nella città di Perugia?
‘Ndrangheta in Umbria di Alessandro Barbarossa
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he nelle regioni del nord Italia vi siano già da anni infiltrazioni della criminalità organizzata di origine calabrese è ormai noto. La novità scottante,difficile da digerire ma pure da negare, è che ormai anche in Umbria, “ex isola felice”, gli affari della ‘ndrangheta sono arrivati. Qui ha investito soldi,si muove in silenzio e di soppiatto, osservando il territorio e muovendo tanti “colletti bianchi” come pedine di una nefasta scacchiera. Ma qual è la forza reale di questa organizzazione criminale nella nostra regione,e in particolare, nella città di Perugia? Per approfondire questo argomento il giorno 5 maggio 2011 si è tenuto presso l’aula 3 della facoltà di giurisprudenza di Perugia un interessante convegno, nato dalla collaborazione dell’associazione Libera Umbria e il centro studi giuridici e politici della regione. Dal dibattito, che si è protratto per l’intera giornata, è stato reso evidente come l’economia e il territorio umbro siano sempre terra di conquista per le mafie. In modo particolare, è la presenza dei clan calabresi che desta la più grande preoccupazione. La ‘ndrangheta è oggi la mafia più radicata e violenta in Italia ,e tra le più ramificate criminalità organizzate al mondo, capace di investire enormi quantità di denaro “sporco”, frutto di estorsioni,
corruzione, riciclaggio, appalti truccati e soprattutto traffico di droga. Che il triste primato che vanta la città di Perugia, di essere il capoluogo con più morti di overdose in Italia, abbia qualcosa a che fare con tutto ciò?La risposta a questa domanda a noi non è dato sapere. Tuttavia la grande profusione di energie accorse al convegno di giurisprudenza non può che farci sperare in un futuro migliore, libero del tutto, e non solo in Umbria, da criminalità mafiose. Hanno infatti dato il contributo con il loro intervento personalità di spicco come Vincenzo Macrì, ex procuratore di Reggio Calabria e alla procura antimafia, con un passato vissuto all’insegna della lotta alla ‘ndrangheta. Della situazione in Umbria si sono occupati più dettagliatamente Manuela Comodi, della procura della repubblica perugina, e Norma Ferrera, di Liberainformazione, autrice del dossier che ha definito l’Umbria un “covo freddo” della mafia, attorno al quale si è poi articolata gran parte del dibattito. Cultura della legalità, educazione alla cittadinanza, rispetto delle istituzioni: sono questi gli antidoti che vengono indicati dai relatori contro le infiltrazioni della criminalità organizzata, e l’associazione Idee in Movimento non può che schierarsi a fianco di chi lotta per mantenere vivi questi valori. 7
Acqua pubblica o privata?
L’acqua è un bene pubblico, e tale vuole rimanere anche dopo le leggi che si vuole andare ad abrogare. Ciò di cui si discute è la gestione del servizio di distribuzione.
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on il referendum del 12 e 13 giugno prossimi il popolo italiano sarà chiamato ad esprimere, qualora lo volesse, il proprio parere sulla volontà di abrogare alcune leggi. Tra la corsa affannata di chi cerca di convincere tutti ad andare a votare (al fine di ottenere il raggiungimento del quorum necessario affinché il referendum sia considerato valido), il tam tam di blog e siti internet pro e contro questo referendum, il comportamento del Governo che nel frattempo abroga già una delle leggi per cui si chiede parere al cittadino, l’unica certezza è che i cittadini sono confusi più del solito sul reale significato di questo referendum. Trapela tra le tante chiacchiere (tante volte inutili) che si è chiamati a decidere su tre leggi sostanzialmente: il ritorno del nucleare in Italia, l’annullamento del legittimo impedimento e la privatizzazione dell’acqua bene pubblico. Con questo articolo vogliamo fare chiarezza su quest’ultimo punto. Innanzitutto partiamo da un concetto fondamentale dell’Economia: che cos’è un bene pubblico? Un bene è detto pubblico quando risponde ai criteri di non-escludibilità e di non-rivalità. La non-escludibilità caratterizza quei beni di cui tutti possono goderne poiché, una volta prodotti, non
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escludono nessuno dalla loro utilità o dal loro servizio. Esempi classici possono essere l’illuminazione stradale o l’opera di bonifica di un posto. Altro criterio è la non-rivalità, cioè l’uso da parte di un utente non ne esclude lo stesso uso da parte di un altro utente. Non sono rivali sul mercato. Esempi possono essere l’aria che respiriamo o il mare. Alla luce di quanto appena detto, qual è la situazione dell’acqua? Il discorso in questo caso si complica un po’. L’acqua è un bene pubblico, e tale vuole rimanere anche dopo le leggi che si vuole andare ad abrogare. Ciò di cui si discute è la gestione del servizio di distribuzione. Spieghiamo meglio. Quando un individuo decide di avere l’acqua in casa, benché stiamo parlando di un bene pubblico, si vede portare in casa un contatore pagando una bolletta per i consumi legati al bene. Ma allora cosa non torna? Tutto. Infatti stiamo semplicemente pagando per il servizio che c’è dietro quel bene (che comunque resta un bene pubblico). Ma a questo punto qualcuno potrebbe chiedere: “come mai definisci pubblico un bene per cui paghi se vuoi usufruirne?”. Sono convinto che bastano due esempi per fare chiarezza: le fontanelle in giro per i paesi (che sono andate via
Acqua pubblica o privata?
Facciamo chiarezza. di Luigi Villani delle Vergini
via diminuendo nel tempo, e questo è stato un vero dramma di cui nessuno ha mai parlato) e i pozzi scavati (da cui il proprietario del fondo può attingere acqua quanto e come vuole dopo opportuna dichiarazione) permettono di prendere acqua e di usarla a proprio piacimento. Questo dimostra che l’acqua è un bene pubblico caratterizzato dalla non-escludibilità e dalla non-rivalità, ma il servizio che ci permette di portarla a casa e di farla uscire dai rubinetti cambia le carte in tavola, perchè se non paghi non ce l’hai come servizio: di fatto rende il bene escludibile, benché non lo sia. Ora sarà sicuramente più chiaro il concetto di acqua pubblica, che tale è e tale resterà anche se non si raggiungesse il quorum. Il referendum infatti chiede di esprimere parere su una legge che disciplina i servizi pubblici locali di rilevanza economica. E’ utile analizzare a questo punto il testo dell’art. 23-bis della legge 133/2008 (su cui ruota quasi la totalità della domanda referendaria sull’acqua). Il comma 1, citato testualmente, recita: “Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica...” al fine di “..garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità
dei servizi pubblici locali ed a livello essenziale delle prestazioni...assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti secondo i principi di sussidarietà, proporzionalità e leale cooperazione...”. Parliamo di conferimento di gestione (e non di proprietà) dei servizi pubblici, che potrebbero essere affidati a imprenditori o società, definendo ordinario tale criterio di assegnazione. Con il comma 3 si pone che in deroga all’ordinarietà di cui in precedenza, “...l’affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria”, cioè è ancora possibile l’affidamento diretto. Il comma 5 è sicuramente quello più interessante ai fini della comprensione. Testualmente: “Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”. Prima di andare a votare sarebbe opportuno che ognuno di noi leggesse per bene le restanti parti della legge e delle norme ad essa direttamente o indirettamente riconducibili. Fermarsi al grido di allarme dei comitati mi sembra riduttivo (personalissimo punto di vista), soprattutto se si inneggia alla volontà di voler privatizzare l’acqua. L’acqua è un dono di cui dobbiamo esserne gelosi. Evapora dagli oceani, dalle piante, dai suoli e ritorna a noi con la sua presen-
za in atmosfera, cadendo dal cielo, alimentando le falde, sgorgando dalle fonti, arrivando ai fiumi e ai laghi, nel ciclo perpetuo e infinito che permette la vita. Nessuno la crea, Ma tutti dobbiamo difenderla. Privatizzarla sarebbe da criminali, ma chi può impedirci di bagnarci quando piove? Di abbeverarci da una fonte? Di bagnarci in un fiume? Di attingere acqua dalle nostre falde? Nessuno e nessuno mai. Ecco perché trovo devianti e pretenziose affermazioni tipo “vogliono privatizzare l’acqua!” seguite da “vogliono specularci sopra! vogliono i nostri soldi!”. La speculazione è da denunciare e criticare in ogni ambito, e personalmente provo stupore quando per informarmi entro sui portali dei comitati di difesa dell’acqua pubblica e trovo in prima pagina e in risalto il banner con la scritta “dona almeno 10€...”. Quanto è diversa questo tipo di speculazione? La mia vuole essere solo un provocazione, ma il messaggio finale è uno solo. Informatevi bene sappiate leggere i documenti ufficiali e non quello che vi vogliono far passare. Non posso che augurarvi di andare a votare, qualora lo riteniate opportuno, e di non lasciarvi guidare da nessuno, se non dal vostro pensiero. Solo così il vostro voto non sarà inutile. 9
Speciale Affitti di Carmine Cozzolino
Affitti irregolari, sconti a chi denuncia Dal 7 giugno l’inquilino che si ribella può risparmiare fino al 90 per cento ROMA - Questa volta potrebbe essere davvero la fine per gli affitti in nero, grazie a un escamotage infilato nel decreto sul federalismo municipale che davvero non sembra lasciare scampo a chi evade. Secondo la legge, entrata in vigore il 7 aprile scorso, per mettere in regola gli affitti in nero, oppure quelli registrati ma con un canone inferiore a quello effettivo, o infine i finti contratti di comodato (prestito gratuito dell’immobile) c’è ancora meno di un mese. Poi, dal 7 giugno, scatta una tagliola che può rivelarsi dolorosissima per i proprietari. Il decreto legislativo sul federalismo municipale dispone infatti che se nei successivi 60 giorni, cioè entro il 6 giugno, gli affitti non vengono spontaneamente regolarizzati dal proprietario, l’inquilino può denunciare la situazione all’Agenzia delle entrate godendo di forti benefici, cioè di un nuovo contratto regolare della 10
durata di quattro anni più quattro e di un canone che, dice il comma 8 dell’articolo 3, sarà «pari al triplo della rendita catastale». Si tratta di un maxisconto rispetto ai canoni di mercato. Secondo i calcoli delle associazioni degli inquilini, nelle grandi città come Roma e Milano l’affitto in questi casi potrebbe scendere del 70-90%. Per esempio, al posto di 10 mila euro all’anno pagati in nero per un trilocale in periferia se ne potrebbero pagare poco più di duemila. Sui siti delle associazioni dei proprietari, degli inquilini e dei consumatori non a caso già campeggiano i link: «Attenzione al 6 giugno». L’avviso interessa, secondo le stime, circa mezzo milione di contratti non registrati (e quindi un milione di persone tra proprietari e inquilini), ai quali vanno sommati i contratti registrati per somme inferiori a quelle reali e i falsi comodati (ma qui le stime sono impossibili). A causa degli affitti in nero lo Stato incassa almeno un miliardo di euro di Irpef in meno
all’anno. Ci sono poi le mancate imposte di registro e l’evasione sulle tasse locali. L’Agenzia delle entrate guidata da Attilio Befera ha cominciato a inviare la prima tranche di accertamenti 2011 sull’evasione più facile da scoprire, quella che emerge incrociando i dati dei contratti regolarmente registrati con le dichiarazioni dei redditi dei proprietari. Sono stati scoperti così 33.367 casi di non corrispondenza (mancata denuncia del canone nel 730 o nel modello Unico oppure per importi inferiori). Ai primi posti ci sono la Lombardia con 5.400 accertamenti e il Lazio con 5.112. Una seconda tranche di notifiche partirà nella seconda parte dell’anno Detrazioni fiscali per gli affitti degli studenti universitari Le spese per l’affitto degli studenti universitari fuori sede che siano a carico della famiglia o non possono essere detratte fiscalmente. Forse non tutti sanno che sottoscrivere un contratto regolare d’affitto per gli
Speciale Affitti studenti universitari porta con sé il fondamentale vantaggio fiscale della detrazione che riduce l’importo delle tasse da versare allo Stato. Sfuggire al mercato degli affitti in nero, diffusissimo nelle grandi città per gli studenti fuori sede, non solo consente di poter usufruire di tutte le garanzie previste per legge dai contratti regolari, senza considerare gli affitti a canone concordato previsti per la categoria degli studenti, ma anche di poter approfittare delle detrazioni fiscali. La detrazione per il canone di locazione per studenti universitari fuori sede è del 19% per un ammontare massimo di 2633 euro annui. Se lo studente è fiscalmente a carico della famiglia, in quanto non possiede un reddito complessivo superiore ai 2840,51 euro annui, la detrazione può essere richiesta dai genitori. Invece se lo studente ha un reddito superiore può procedere alla detrazione del canone per il contratto d’affitto di cui è intestatario e delle tasse universitarie dell’anno di pertinenza con un notevole risparmio fiscale. Dura la vita dei fuori sede In tempi passati – più o meno recenti – i genitori spingevano i figli a iscriversi all’università convincendoli che si sarebbe trattato di un investimento per il futuro. Al giorno d’oggi, però, con il mercato del lavoro che non premia più come in un tempo le lauree i conti rischiano di tornare, gettando minacciose ombre sulla convenienza dell’investimento. Come rivela un’indagine Sunia (Sindacato unitario nazionale inquilini e assegnati), questa è una prospettiva terribilmente concreta – a causa degli affitti – per gli studenti fuori sede. Fuori sede, quasi fuori budget La preparazione universitaria lontana da casa è una realtà per circa un terzo dei futuri dottori italiani. Per i giovani studenti, però, la ricerca e l’affitto di un appartamento rappresenta molto spesso una corsa ad ostacoli, che rischia di assorbire una gran quantità di risorse, mentali e soprattutto economiche. Il sito Studenti.it, per esempio, ha analizzato il peso delle spese d’affitto sul budget degli universitari: per circa il 44% degli studenti, l’affitto incide sul bilancio per una quota compresa tra il 50 e l’80%; per il 31% dei fuori sede, poi, la casa assorbe addirittura più dell’80% dei fondi a disposizione. Occhio alle truffe. Poca regola-
mentazione, il dilagare degli affitti in nero, padroni di casa a volte senza scrupoli: ecco alcune delle difficoltà con cui devono fare quotidianamente i conti i “fuori sede”. Nel mercato degli affitti, gli studenti rappresentano probabilmente l’anello più debole della catena: per questo c’è chi ha approntato un opuscolo che serva da guida contro le truffe orchestrate da proprietari di casa “troppo furbi”. Sul sito Prontoconsumatori (www. prontoconsumatori.it) si può scaricare gratuitamente un vademecum che mette in allerta, informando su diritti e doveri degli inquilini, contro i raggiri e i costi nascosti che possono rendere il canone mensile insostenibile. Come trovare l’alloggio in sicurezza. Trascorsa l’estate, come ogni anno, moltissimi giovani si trovano a dover decidere sulla propria vita. Proseguire gli studi? Iscriversi all’università o cercare un lavoro? Tra i tanti che sceglieranno di imboccare la strada che conduce alla laurea, parecchi – i fuorisede – si troveranno alle prese con un problema ulteriore: trovare un alloggio. Come muoversi nel mare magnum del mercato immobiliare? Vale la pena accettare una sistemazione in nero per risparmiare qualche euro o conviene ricercare fino all’ultimo un contratto regolare, anche a costo di spendere un po’ di più? Dove cercare? Per trovare la sistemazione adatta alle proprie esigenze, gli studenti devono sapere dovere cercare. Una buona risorse sono le bacheche messe a disposizione degli studenti dall’ateneo: molto spesso sono piene di annunci in cui si offrono posti letto, camere o interi appartamenti. Accanto a queste, negli ultimi anni, hanno preso piede le bacheche elettroniche: si tratta di portali (basta compiere una rapida ricerca su un motore di ricerca per trovarne molti) dove privati cittadini possono pubblicare le loro offerte o inserire annunci di ricerca sistemazione. Chi non ha voglia di compiere personalmente il lavoro di scrematura tra gli annunci, può rivolgersi a un’agenzia immobiliare; sappia però che il servizio non è gratis. Alla firma del contratto, dovrà essere corrisposta una commissione a chi ha selezionato gli appartamenti disponibili e svolto tutte le pratiche del caso. Il contratto è la scelta giusta.
Ma quale contratto è il migliore? Nessun dubbio: la cosa migliore da farsi è trovare una sistemazione in cui diritti e doveri di locatario e locatore siano stabiliti da un regolare contratto d’affitto. A tale proposito, è bene ricordare che i contratti d’affitto sono validi esclusivamente se scritti e registrati (l’imposta di registro è pari al due per cento annuo del canone e l’inquilino deve pagarne solo la metà). Molti aspetti del contratto d’affitto sono lasciati alla libera contrattazione tra le due parti, ma vi sono anche delle regole la cui violazione determina casi di nullità dell’accordo. La Guida alle locazioni stilata dall’ associazione IDEE IN MOVIMENTO aiuta ad apprendere che: - è nulla una durata del contratto inferiore ai quattro anni per i contratti di tipo libero e inferiore ai tre anni per quelli concertati ; - è nulla ogni scrittura o ogni impegno che ti obblighi a pagare un affitto superiore a quello indicato nel contratto scritto e registrato; - è nulla ogni clausola che preveda un canone superiore a quello definito negli accordi sindacali per i contratti concertati, per quelli transitori relativi alle aree ad alta densità abitativa, e per quelli per studenti; - è nulla ogni clausola che comporti un aggravio dei tuoi obblighi economici, come lʼaccollo di lavori straordinari, penali, interessi, deposito cauzionale eccedente le tre mensilità ed improduttivo. Il contratto di locazione per studenti fuori sede Tra le varie formule contrattuali per l’affitto degli appartamenti, ne esiste una specifica per gli studenti universitari fuori sede. Questo tipo di contratto ha una durata che non può superare 36 mesi. Il contratto è automaticamente rinnovabile a vantaggio dello studente-inquilino, nel senso che alla prima scadenza il proprietario non può risolvere il contratto. Il canone è definito negli accordi comunali fra le Aziende per il diritto allo studio, le associazioni degli studenti, i sindacati degli inquilini e quelli della proprietà immobiliare, che dovranno tener conto anche della durata, della presenza del mobilio, di particolari clausole e delle eventuali modalità di rilascio. Il contratto oltre ad avere la forma scritta deve utilizzare obbligatoriamente uno schema tipo di contratto allegato al Decreto Ministeriale 30.12.2002 e recepito dagli accordi territoriali. 11
DOMENICA 3 LUGLIO DALLE ORE 15.00 IN CORSO VANNUCCI PRESSO I NOSTRI GAZEBO