Anonimo Cinese (secolo Diciassettesimo). LA GUARDIANA DEI MISTERI DEL SESSO. INDICE. Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo
primo. secondo. terzo. quarto. quinto. sesto. settimo. ottavo. nono. decimo. undicesimo. dodicesimo. tredicesimo. quattordicesimo. quindicesimo. sedicesimo.
"Zhulin Yeshi", questo il titolo originario di "La guardiana dei misteri del sesso", è stato scritto con ogni probabilità nella prima metà del Diciassettesimo secolo. Nonostante la grande, anche se sotterranea, popolarità di questo romanzo popolarità che è testimoniata dalle numerose liste di proscrizione di libri osceni in cui esso figura sempre in una buona posizione di classifica, - non conosciamo nulla del suo autore né delle sue origini. La parola "yeshi", che letteralmente significa "storia ufficiosa", è stata uno dei numerosi sinonimi di "romanzo" nella lingua cinese. In particolare, "yeshi" compare spesso nei titoli delle narrazioni di carattere erotico specie se, come qui, sono le storie ufficiali a fornire il materiale per il racconto; quasi a suggerire, maliziosamente, che ciò che viene narrato è la "vera storia", gli intrighi scabrosi e indicibili che stanno dietro gli avvenimenti riportati nelle cronache dei venerabili compilatori dell'antichità. Storici sono dunque i personaggi che compaiono in "La guardiana dei misteri del sesso", a partire dalla protagonista - il cui nome richiama quello di Sunü, la Fanciulla di Candore che nella tradizione taoista era una delle guardiane dei misteri del sesso, - e storici sono gli avvenimenti che fanno da sfondo alla vicenda e che si collocano tra il Settimo e il Sesto secolo a. C. Le notizie biografiche ufficiali dei protagonisti e quelle sugli avvenimenti storico-politici qui narrati possono essere trovate in "Tchou'en Ts'ioue, Tso Tchouan" (tradotto in francese da S. Couvreur, Hokien-fu 1913, Parigi 1951). L'epoca in cui si svolgono i fatti è quella detta "delle Primavere e degli Autunni", che va dal 722 al 481 a. C. In questo periodo il potere dei re Zhou viene gradualmente eroso dai signori feudali, che si rendono sempre più indipendenti. Per la precisione ci troviamo nel momento in cui si profila un'opposizione tra i principati del Centro (Zheng, Chen ecc.) e i grandi regni in via di formazione, come Jin, Qi e Chu, che riusciranno rapidamente a imporsi sui feudi più piccoli e a conquistarli. Per il lettore occidentale, "La guardiana dei misteri del sesso" è un piccolo condensato di un mondo che presenta contemporaneamente aspetti da noi lontanissimi e tratti familiari; si osservino, a questo proposito, da un lato i rapporti tra domestici e padroni e tra sovrani e ministri, e dall'altro la concezione del sesso, tema centrale del libro; si guardie forse è questo il luogo in cui più nettamente si provano tali sensazioni di familiarità e di estraneità - la descrizione degli inferi nel Capitolo nono. Ma chi sfugge davvero ai nostri parametri occidentali è la protagonista, "Bella di Candore", poi signora Xia e infine Yunxiang, che, vera eroina taoista, cambiando continuamente compagni e situazioni così come muta il
nome, rimane sempre uguale a se stessa. E che, come nebbia che svanisce al sole, alla fine della lettura, creatura ormai aerea, scompare dal nostro sguardo allontanandosi verso l'immortalità. LA GUARDIANA DEI MISTERI DEL SESSO. CAPITOLO PRIMO. "L'immortale, in sogno, la sua arte insegna. Di Chen e Zheng, con un matrimonio, l'alleanza s'impegna". All epoca delle Primavere e degli Autunni i regni in discordia si disputavano il potere. «Affidarsi al potente e oltraggiare il debole»: tale era la condotta dei piccoli principati che si alleavano ai grandi regni. Occorre dire di più? In quei tempi, dovunque il buon governo andava in malora, mentre sempre di più prosperava la lussuria. Il duca Mu regnava sul principato di Zheng. La sua sposa, nata Zhang, aveva messo al mondo una bambina che fu chiamata Su E, ovvero Bella di Candore. Nell'affetto senza riserve dei suoi, la bimba raggiunse l'età di quindici anni. Di una bellezza affascinante, incarnava lo spirito "del vento e delle acque correnti". (1) Le sopracciglia sottili e arcuate come le antenne di una farfalla incorniciavano i suoi occhi di fenice. E nell'ovale perfetto del viso le guance erano del colore della pesca. Nell'aspetto assomigliava alle belle Liji e Xi Wei e possedeva la seduzione ammaliatrice delle dame Daji e Xiaji. (2) L'ossatura di giada e l'incarnato diafano come il ghiaccio non parevano forse disperdere le nuvole e sollevare la neve? E il suo viso di fiore e il portamento di luna avrebbero sconvolto reami e città. Più leggeri della rondine in volo, i suoi passi di loto parevano danzare. Ordunque dovete sapere che la camera delle orchidee dove ella stava era la dimora di un'immortale. In segreto aspettava un giovane con cui si sarebbe unita come fanno le anatre mandarine, e rimpiangeva di non scorgere ancora colui che, nel fiore dell'età, si sarebbe congiunto a lei come fa il fagiano con la fenice. (3) Ma non era ancora sposata, così conservava la camera profumata. (4) Due cameriere la servivano: Hehua, ovvero Fior di Loto, e Juying, ovvero Fior di Crisantemo. Si era allora nel cuore del quinto mese dell'anno e il tempo era assai caldo. Bella di Candore chiese a Fior di Loto di rinfrescare il letto e il guanciale simile a giada, e poi di rimanere a sua disposizione fino a sera. Si slacciò la camicia profumata, sciolse la cintura della sottana di garza e, dopo aver ordinato a Fior di Crisantemo di chiudere la porta della camera, si sdraiò, nuda, sul letto. Pregò Fior di Loto di agitare per lei il ventaglio e ben presto sentì un estremo piacere. Il suo viso assunse subito un'espressione che non era simile a nessun'altra. Riposava sul guanciale solitario, il cuore stretto da una lancinante e insolita tristezza e in preda ai pensieri più strani. Come chiuse gli occhi, tutto svanì all'istante e si addormentò. In sogno vide un giardino in cui rivaleggiavano in intensità i profumi di mille infiorescenze. Camminava godendo della verzura dei salici e della morbidezza dei fiori di pesco, e non sentiva, nel suo andare, altro che il cinguettio degli uccelli. I suoi passi la condussero verso un boschetto di pini, dove si trovava un padiglione. Vi entrò. All'interno erano disposti un letto di bambù, due poggiatesta in pietra, due tavoli e quattro sedie anch'essi di pietra. Il luogo evocava in modo incredibile la residenza di un immortale. Al centro era sospeso un rotolo con ideogrammi scritti alla maniera antica. Da lontano, parevano gli arabeschi di un drago e le volute di un serpente. (5) Bella di Candore si avvicinò e lesse ad alta voce la poesia che vi era scritta: "Al tramonto del sole la verzura ovunque accarezza le rive sabbiose che troppe volte svaniscono. Non dite che l'uccello della primavera non ha cuore sol perché davanti ai fiori vuol ritrovar il suo viso d'un tempo".
Terminata la lettura, Bella di Candore stava per lasciare il padiglione quando, all'improvviso, le si parò davanti un uomo di alta statura, vestito di piume e con in mano un ventaglio di lunghe penne d'oca. Egli entrò nel padiglione. Il suo passo aereo gli dava l'aspetto di un immortale. (6) S'inchinò molto profondamente e le disse: «Vi attendevo da così tanto tempo!». Bella di Candore si limitò a ricambiare il saluto. Egli allora proseguì: «E' un grande ammiratore della vostra bellezza colui che qui vi incontra nella speranza che voi non gli poniate degli ostacoli». Bella di Candore sorrise e non rispose. L'uomo le cinse le spalle profumate e la baciò sulla bocca. Poi fece scivolare a terra la sua camicia, slacciò i pantaloni di seta e, prendendola in braccio, la portò sul letto. Bella di Candore aveva perduto il controllo di sé. Era ancora ritrosa o già consenziente ? Il suo cuore si agitava, simile a una scimmia che salta di ramo in ramo, e i suoi pensieri correvano come cavalli al galoppo. E il desiderio, quel desiderio di cui si dice che scuote le nubi e fa presagire la pioggia, (7) cresceva in lei. Il sandalo delle sue labbra baciava le guance profumate dell'immortale; così era Wei Sheng quando raggiungeva il Ponte dei Fabbricanti di Indaco. (8) La sua vita sottile e flessuosa come il salice cullava il cuore del suo fiore, (9) come il Bovaro al convegno con la Tessitrice; (10) così acuta era la spinta del bambù di giada che ella dovette ancora un po' di più abbracciare la vita di Ruanlang; (11) piccoli, così piccoli i suoi loti d'oro (12) posti in alto sulle spalle di Song Yu. (13) Il piacere l'invase. Ah, godimento! Forse tu non sei nient'altro che la pioggia che inonda la terra assetata o forse, ancora più semplicemente, ti si può paragonare alla felicità che prova il pesce stando nell'acqua? Bella di Candore era vergine e al momento della deflorazione non mancò di provare un dolore abbastanza spiacevole. Quando l'immortale se ne avvide, estrasse da una sua bisaccia alcune pillole medicinali di colore rosso dicendole di inghiottirne una. Bella di Candore ubbidì e tutta la sofferenza sparì dal suo essere intimo, che ritornò liscio e levigato come prima. Ella domandò allora il nome di questa medicina: «Si tratta - egli rispose - della pillola per allargare la valle. Ma io ti darò anche una pillola per restringere la valle; tu l'inghiottirai e la porta della tua valle si restringerà e resterà per sempre simile a quella di una fanciulla, e questo anche dopo aver dato alla luce un bambino.» Bella di Candore mandò giù la medicina e la sua valle ritornò come prima. Allora, di nuovo, l'immortale le allargò le gambe e la penetrò; presto il va-e-vieni indolenzì di felicità il corpo di Bella di Candore. Il cuore del suo fiore si socchiuse ed ella provò l'ineffabile gusto del piacere! E, a guisa delle nuvole che si disperdono e della pioggia che cessa, i due amanti si coricarono testa contro testa sul guanciale. Bella di Candore era ancora presa da quella sensazione meravigliosa, quando all'improvviso si disse che non conosceva neppure il nome dell'immortale; perciò lo interrogò, nella speranza di incontrarlo di nuovo in un giorno a venire. «Il mio cognome è Hua, Fiore, e il mio nome Yue, Luna - rispose. - Sui monti Zhongnan ho coltivato la disciplina per millecinquecento anni. Diventato immortale, ho preso il nome di Puhua Zhenren, "l'uomo perfetto delle trasformazioni universali". Come vedi, quando il mio desiderio si risveglia, io non emetto mai seme. Possiedo anche l'arte di assorbire l'essenza vitale della mia compagna governando il mio respiro. E quando ho delle relazioni amorose, ebbene, io non ne esaurisco tutti i piaceri. Integro le mie forze virili grazie ai fluidi femminili e, bandendo la vecchiaia, ritrovo sempre la giovinezza. E', questa, l'"arte della Fanciulla di Candore per raccogliere i frutti della battaglia" e io, preziosa bellezza, adesso te la insegnerò.» «Fatemi apprendere, presto, questa vostra arte!" gli chiese ella in un soffio. E l'immortale allora le trasmise tutti i suoi insegnamenti senza tralasciarne nessuno. Mentre ancora parlavano, ella vide all'improvviso le sue cameriere entrare nel padiglione, le lanterne in mano: «Duchessina! Vostra madre vi aspetta e voi siete ancora qua!».
A sentirsi chiamare in quel modo, Bella di Candore fu tanto sorpresa che il suo corpo si coprì di sudori freddi, e si svegliò grondante. Gettò uno sguardo intorno e vide le sue due cameriere tranquillamente addormentate. Dal padiglione Qiao risuonò il tamburo della quarta vigilia. (14) "Com'è strano tutto ciò!" pensava Bella di Candore. I suoi sogni passati non avevano mai avuto la chiarezza e l'intensità di questo. Tastò allora l'interno della sua valle, che era ancora umido a causa dell'avventura notturna. Eppure si ricordava perfettamente gli insegnamenti dell'immortale. "Che cosa strana davvero!" si disse. Ne fu così sconcertata che nemmeno si accorse che il gallo aveva già annunciato l'alba e che l'oriente a poco a poco si schiariva. Si gettò un abito sulle spalle e fece la sua toilette; e noi, per ora, la lasceremo là. Nel vicino principato di Chen c'era un dignitario chiamato Xia Yushu, il cui padre era stato uno dei figli del duca Ding. Aveva allora vent'anni e non era ancora ammogliato. Era l'epoca in cui su Chen regnava il duca Ling Pingguo e i principati di Chen e di Zheng intrattenevano buone relazioni. Per ordine del duca Ling, due dignitari, Xie Ye e Kong Ning, furono inviati a Zheng per rinsaldare i legami d'amicizia che univano i due paesi. Già da tempo Xia Yushu sapeva che Bella di Candore, la figlia del duca Mu, aveva raggiunto l'età per portare la spilla (15) e si proponeva di sposarla. Egli si era confidato con Kong Ning, che aveva accettato di presentare la sua richiesta al duca Mu. Arrivato a Zheng, Kong Ning partecipò alle cerimonie ufficiali che la sua missione gli imponeva. Il duca Mu ordinò quindi che fosse riaccompagnato nella residenza degli ospiti affinché potesse riposare. L'indomani Kong Ning ritornò a fare visita al duca per metterlo al corrente delle intenzioni di Xia Yushu, e il duca gli parlò in questi termini: «Mi sembra un affare eccellente. Ma mia figlia è ancora molto giovane e io non so se sarà in grado di tenere scopa e paletta (16) nella casa del dignitario Xia Yushu». «Signore, questo affare non ha bisogno che del vostro grazioso consenso; se non fosse stato conveniente, come avrei osato proporvelo?» «Bene, ma devo discuterne ancora - seguitò il duca; - ritornate alla vostra residenza e permettetemi di darvi domani una risposta definitiva.» Kong Ning prese congedo. Il duca si recò nei suoi appartamenti privati per parlare di questo matrimonio con la sua consorte. «Bella di Candore è in età di portare la spilla - rispose questa - e il dignitario Xia Yushu è di stirpe reale. Questa alleanza mi sembra delle migliori. Mi propongo di andare a far visita a vostra figlia per sondare il suo cuore. Muovendo dunque i suoi passi di loto, si diresse verso la camera dove si trovava Bella di Candore, che in quel momento stava ricamando delle piccole calzature, vedendo arrivare la madre, si alzò in gran fretta e rimase in piedi al suo cospetto. La nobildonna Zhang si sedette e disse alla figlia: «I dignitari Xie Ye e Kong Ning, del principato di Chen, si trovano in questi giorni nel nostro paese per stringere un'alleanza. Kong Ning ci ha messo al corrente del desiderio di un alto dignitario di Chen, un certo Xia Yushu, di prenderti in sposa. A vent'anni non è ancora ammogliato. Tu acconsentiresti a questa unione?». Bella di Candore abbassò il capo e lì per lì non rispose. Dopo un po' mormorò: «Che sia fatto secondo la volontà dei miei genitori» e, fingendo la più grande confusione, nascose il viso nella manica del vestito. La nobildonna Zhang rimase un istante seduta prima di lasciare la camera dei ricami per recarsi nella grande sala del palazzo, dove incontrò il marito. «Mi pare - disse - che vostra figlia non acconsenta a lasciare i suoi genitori così presto. Non sarebbe meglio dire a Kong Ning che ella è ancora troppo giovane e che, pur dando il nostro consenso, sarebbe preferibile che il dignitario Xia Yushu venisse a chiederla in sposa tra due anni?» «Avete ragione, mia signora» rispose il duca, che uscì e ordinò che qualcuno andasse a pregare Kong Ning di raggiungerli. Questi arrivò immediatamente. E se voi non sapete ancora che cosa il duca sta per dire, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo.
NOTE. Nota 1. L'espressione indica una disposizione all'evasione spirituale e a un'aspirazione verso la purezza intellettuale; attitudini che si ritrovavano, nell'antica società cinese, negli uomini di alta cultura, spesso accompagnata da un'attenta ricerca dell'eleganza e da un affrancamento dalle convenzioni mondane. In seguito, e in particolare nel romanzo, passò a caratterizzare le persone dedite agli intrighi galanti e al libertinaggio, pur conservando in parte il significato che aveva nella tradizione taoista. Nota 2. Daji fu la concubina favorita dell'ultimo sovrano della dinastia Shang; morì nel 1121 a. C. Liji e Xi Wei vissero entrambe all'epoca delle Primavere e degli Autunni. Quanto a Xiaji, ovvero la signora Xia, non si tratta d'altri che dell'eroina del nostro romanzo. Nota 3. Le anatre mandarine, ritenute inseparabili, erano il simbolo tradizionale dell'amore coniugale; significato analogo aveva l'immagine del fagiano, che rappresentava l'uomo, e della fenice, che rappresentava la donna. Nota 4. "Camera profumata" o "camera dei ricami" erano chiamati gli appartamenti in cui le bambine venivano confinate fin dall'età di dieci anni. Per estensione «conservare la camera profumata» significava conservare la propria virtù. Nota 5. L'espressione indica la scrittura corsiva o "scrittura d'erba", uno degli stili più liberi dell'antica calligrafia cinese. Nota 6. La breve descrizione dell'immortale corrisponde alle antiche credenze che ritenevano gli immortali taoisti essere simili a uccelli, con il corpo coperto di piume. Nota 7. E' una metafora tipica, pare coniata dal poeta Song Yu (Terzo secolo d.C.), per indicare il rapporto sessuale. Ritornerà più volte nel corso della narrazione in termini più o meno analoghi. Nota 8. Allusione a una celebre novella che mette in scena un giovane innamorato, Wei Sheng, il quale preferisce lasciarsi annegare nelle acque che sommergono il ponte piuttosto che mancare all'appuntamento con l'amata. Nella tradizione taoista il Ponte dei Fabbricanti di Indaco rappresenta anche il luogo ideale dove s 'incontrano gli immortali. Nota 9. Espressione metaforica per designare la vagina. Nota 10. Allusione a una delle storie più celebri della mitologia cinese, che rappresenta il tema della separazione e del ritrovamento. Solo una volta all'anno la Tessitrice, figlia del Cielo, può incontrare il suo sposo, il Bovaro, umile mortale. Nota 11. Ruanlang, chiamato anche Ruan Xian, visse nel Terzo secolo della nostra era. Fu uno dei memori della piccola consorteria detta "dei Sette Saggi della Foresta di Bamoù", formata da celebri poeti taoisti cantori del vino, della natura e della libertà. Nota 12. Fin dall'antichità "loti d'oro" sono stati chiamati i piedi bendati delle cinesi. Nota 13. Song Yu fu un altro celebre poeta del III secolo, famoso anche per la sua bellezza. Nota 14. Tradizionalmente le notti erano divise in cinque "jing", o vigilie, di due ore ciascuna, scandite da un tamburo. La prima vigilia cominciava alle sette di sera; qui siamo pertanto alle tre del mattino. Nota 15. Quando una fanciulla raggiungeva l'età da marito, il passaggio era segnato da una cerimonia domestica che consisteva nel dono di una spilla da testa per raccogliere i capelli in uno chignon. Nota 16. Si mette cioè in dubbio il fatto che la ragazza sia in grado di essere una perfetta padrona di casa. CAPITOLO SECONDO. "Zi Man la vita perde, offendendo il buon costume, e la moglie lussuriosa a Yushu è fatale sposa".
Quando il duca Mu vide arrivare Kong Ning, discese con premura dal suo trono per accoglierlo nella sala principale del palazzo. Kong Ning si fece avanti prontamente e s'inchinò in un profondo saluto. Poi, ospite e invitato, ognuno a sua volta, si accomodarono. Il duca Mu si rivolse a Kong Ning in questi termini: «La mia consorte e io accettiamo di dare Bella di Candore in moglie a Xia Yushu. Ma ella è ancora molto giovane; vi sarebbe possibile domandare al dignitario Xia Yushu di attendere due o tre anni prima di venirla a prendere?». «Non vedo alcun ostacolo» rispose Kong Ning. E, prima che Kong Ning si congedasse dal duca, si scambiarono ancora qualche parola. L'indomani, dopo avere salutato il duca e i suoi ministri, gli ambasciatori si misero in cammino verso Chen, che raggiunsero nel giro di qualche giorno. Essi fecero il resoconto della missione al duca Ling e rientrarono alle loro residenze private. Non appena seppe del loro ritorno, Xia Yushu si recò da Kong Ning. Dapprima parlarono di varie cose, poi affrontarono la questione del matrimonio. «Caro riverito fratello - disse Kong Ning, - potete congratularvi con voi stesso, e anche con me, peraltro, di avere concluso il vostro affare così rapidamente. Ah, come potrete mai ringraziarmi!» «E come, dunque? Suvvia, dite!» «La prima volta che ho parlato con il duca Mu di questo matrimonio, lo ha trovato un affare eccellente, ma doveva sottoporre la questione alla sua consorte, promettendomi una risposta definitiva per l'indomani. Il giorno seguente, invero, mi ha detto che, benché fosse d'accordo, sua figlia era ancora molto giovane, e che giudicava preferibile attendere almeno due anni prima di darvela in moglie.» Xia Yushu ebbe il cuore pieno di gioia all'idea che la sua richiesta fosse stata accettata. Di nuovo interrogò Kong Ning: «E che cosa gli avete risposto?» «Ebbene, certo dei vostri sentimenti, ho detto che voi non avreste avuto nessuna difficoltà a ritardare questa unione di qualche primavera.» «Quanti anni ha la principessa?» «Quindici, e io continuamente ho sentito la gente della sua casa dire che il suo fascino e la sua bellezza sono incomparabili, e che ella ha un aspetto da sconvolgere reami e città. Certo voi siete al colmo della felicità!» I due uomini conversarono così ancora per un poco, poi Xia Yushu si congedò. Al suo ritorno a casa mandò a Zheng dieci rotoli di broccato e una coppia di giade bianche come pegno di fiducia nel buon proseguimento del loro futuro vincolo. Egli espresse al duca Mu infiniti ringraziamenti, che senza dubbio non c'è bisogno di riportare ora. Torniamo a Bella di Candore. I suoi rapporti amorosi con l'immortale l'avevano resa ancora più splendida. Il giorno in cui i suoi genitori le avevano parlato del futuro matrimonio, ella non era riuscita a nascondere la sua gioia. Ma quando poi essi la informarono che si sarebbe dovuto attendere qualche anno prima che questo sposo venisse a prenderla, fu abbastanza delusa. Un giorno, mentre stava riposando al fresco di un boschetto di bambù posto accanto a un padiglione del parco, Bella di Candore mandò le due cameriere a coglierle dei fiori. Il figlio del suo zio paterno, che si chiamava Zi Man, era andato a far loro visita. Questi, quando scorse la cugina dentro il boschetto, le domandò se il posto fosse abbastanza fresco. Bella di Candore rispose di sì e lo invitò a raggiungerla: «Venite dunque a godere anche voi dell'ombra, cugino!» «Sedere così, uno accanto all'altro, non è decoroso» rispose il giovane. «Ma i cugini non sono estranei l'uno all'altro! Che cosa può esserci di sconveniente?» ribatté Bella di Candore. A quell'epoca Zi Man aveva diciotto anni. Molto elegante nella persona, egli si dedicava alle attrattive del vento e della luna, (1) e per natura si perdeva nel vino e nelle donne. Quando udì la cugina, bella come un'immortale, invitarlo a sedere al suo fianco, le sue anime superiori si dispersero (2) ed egli dimenticò le regole della buona creanza che regolano i rapporti tra cugini. Mentre il suo membro all'improvviso si mosse, gli passò per la mente che in quel preciso momento non
c'era alcuno lì intorno e che con parole dolci avrebbe facilmente potuto sedurre la cugina. Sedette tutto addossato a lei e le domandò, ridendo: «Cugina, avete visto i regali mandati dalla famiglia del vostro futuro marito?». Dopo i suoi rapporti con l'immortale, Bella di Candore aveva perso un poco della sua naturale timidezza, così ribatté: «No, non ho ancora visto niente!». «Sono arrivati dieci rotoli di preziosi tessuti di seta e una coppia di giade bianche. Pensavo che mio zio ve li avesse mostrati.» «Ne vale la pena?» rispose lei. Anche Bella di Candore sentiva un'eccitazione proprio primaverile, cosa di cui qualsiasi imbecille su questa terra si sarebbe potuto accorgere, e a maggior ragione se ne avvide Zi Man, che era della razza dei galanti. I pensieri di quest'ultimo erano ancor più turbati dal fatto che Bella di Candore, quel giorno, portava solo una camicia di garza profumata, sotto la quale si vedevano far capolino i suoi seni. «Uhm, uhm! Che coppia di bei piccoli seni avete, cugina!» Bella di Candore, il cui viso a poco a poco si imporporava, gli rispose, ridendo: «Ebbene, gustateli!». Poiché Zi Man si avvicinava, ella gli diede uno schiaffo in pieno viso: «Ragazzaccio, vuoi dunque mangiarli per davvero!». «Sì!» egli le rispose, slacciandole la camicia da cui spuntarono subito due seni bianchi e teneri come una testa di pollo appena cotta al vapore, e le cui areole erano, come la cresta, di un rosso delicato; seni per cui spasimare d'amore davvero! Zi Man se ne dilettò, dedicandosi a leccarli con grande dedizione. Ed ecco che il suo membro virile si drizzò, simile a una lancia d'oro; era così duro e diritto che strusciava contro la parte tagliata dei pantaloni di Bella di Candore. Questa gli domandò allora con malizia: «Ma che cos'è questo arnese?». «E' una cosa stupenda - rispose Zi Man; - tu sei ancora una fanciulla e certo non hai mai visto nulla di simile!» Mentre Bella di Candore rideva e rideva sempre di più, Zi Man ne approfittò per slacciarle i pantaloni e farla sdraiare. E, sollevando molto alti i suoi loti d'oro sulle sue spalle, egli scorse quella cosa leggermente convessa, di una bianchezza odorosa come un piccolo pane cotto al vapore e ricoperta di una leggerissima peluria. Allora andò all'assalto e diresse il suo membro virile verso il rosa della fessura e, benché questa fosse bagnata dalle secrezioni, egli non riuscì a farlo penetrare. Drizzandolo allora con forza, fece entrare soltanto la testa della tartaruga. (3) E, forzando di nuovo, non ne infilò che la metà. Allora, raccogliendo tutta la sua energia, fece qualche va-e-vieni e riuscì così a farlo entrare fino alla radice. Al di là della cresta del gallo (4) egli sentiva il cuore del suo fiore che strusciava e strusciava. Ah, bellezza inesprimibile a parole! Bella di Candore, da parte sua, metteva in pratica l'"arte di raccogliere i frutti della battaglia" assorbendo l'essenza virile e governando il suo respiro. E lo faceva con una tale precisione, contraendosi e rilassandosi a bella posta, che Zi Man fu ben presto in uno stato prossimo al deliquio. Ma per la paura di veder arrivare qualcuno si ritirò per emettere il suo seme; poi, in fretta, si sistemò gli abiti. Bella di Candore rimise in ordine la sua acconciatura e si rassettò la veste e i pantaloni. Quindi si sedettero di nuovo l'uno accanto all'altra, come prima. «Cugina, quando potrò nuovamente godere le tue attrattive come ho fatto oggi?» «Tutte le volte che puoi e quando ne avremo la possibilità; ebbene, noi...» Mentre erano nel bel mezzo della loro conversazione, le due cameriere ritornarono recando nelle braccia dei rami fioriti di melograno (5), che offrirono rispettosamente alla loro padrona. Bella di Candore prese qualche fiore che infilò nella capigliatura, ai lati delle tempie, e chiese rivolgendosi a Fior di Crisantemo: «Sono messi bene, così? «Siete bella, duchessina - le rispose la ragazza, - e questi fiori rendono la
vostra bellezza ancora più seducente.» Noi le lasceremo conversare così. Diciamo solo che, dopo aver ottenuto i favori di Bella di Candore, Zi Man non smetteva di pensare a lei in ogni momento. Ella sola regnava sul suo cuore. Non appena ne aveva la possibilità, egli si recava nel padiglione del parco, con il pretesto di ammirare i fiori; e, quando non c'era nessuno, consumavano il loro misfatto. Un giorno che era con lei nel padiglione, mentre erano giunti al momento in cui il fagiano si rovescia e la fenice cade, furono inopinatamente sorpresi da Fior di Loto. La cameriera, che era piuttosto sveglia, si rese immediatamente conto di ciò che stava succedendo, e si dileguò. Ma Bella di Candore l'aveva scorta. Così disse a Zi Man: «Accidenti! Qualcuno ci ha visti!». «E chi mai?» domandò egli. «Fior di Loto: è appena scappata via.» «Se parlerà della nostra storia, che cosa ci succederà?» «Non preoccuparti - disse Bella di Candore, - la farò entrare nel gioco, così non dirà niente.» «Perfetto, perfetto» rispose Zi Man. Poi si gettò l'abito sulle spalle e se ne andò. La sera stessa, prendendo il pretesto di un improvviso appetito, Bella di Candore ordinò a Fior di Crisantemo di andarle a cercare qualche pasticcino negli appartamenti di fronte. Rimasta sola con Fior di Loto, Bella di Candore le domandò: «Tu sai della mia relazione; ne hai parlato a qualcuno?». «Voi siete la mia unica padrona, come oserei rivelare ad altri gli affari vostri?» «Brava, musetto furbo! - rispose Bella di Candore, che la interrogò ancora. - E a te, piacerebbe conoscerlo più a fondo questo affare?» «Ho già sedici anni, come potrei non desiderarlo? Ahimè, niente di così bello capita mai alle cameriere!» «Ebbene, se tu vuoi, aspetteremo il momento opportuno e poi ci divertiremo tutti e tre insieme.» Fior di Loto, con voce commossa, acconsentì. Fior di Crisantemo arrivò, portando dei pasticcini. Bella di Candore ne prese uno o due, poi si svestì per riposarsi. E, a partire da quel momento, i nostri tre si addormentavano insieme, alba dopo alba, e si divertivano in perfetta intesa, notte dopo notte. Ma Zi Man era di costituzione debole. Dovendo "importunare" due ragazze alla volta, e considerando poi il fatto che Bella di Candore praticava anche l'"arte di raccogliere i frutti della battaglia" attingendo dallo "yang" per completare la "yin", (6) successe che, mentre le due ragazze diventavano sempre più belle, lo sfortunato giovane deperiva di giorno in giorno. Dopo poco più di due anni egli contrasse un funesto esaurimento da cui niente riuscì a guarirlo. Aggiungiamo inoltre che egli era in preda al fuoco della passione, che costantemente lo consumava. Presto non poté più mandare giù nulla, e vomitava sangue di continuo. E dopo sette od otto mesi, ahimè, il giovane galante morì. Taluni avevano sentito parlare della dipartita di Zi Man, altri conoscevano la natura delle sue relazioni con Bella di Candore. Ma chi avrebbe osato proferire la minima parola contro la nostra duchessina? Non sarebbe stato meglio restare muti? E comunque: "Da tempi antichi rosei visini han pessima votazione e ad amar troppo l'amore tosto s'arriva a destinazione!" Ma noi non ci soffermeremo ancora sulla morte di Zi Man e torneremo invece al dignitario Xia Yushu, del principato di Chen. Tre primavere erano passate da quando aveva avuto la promessa di sposare Bella di Candore, e niente aveva potuto alterare il desiderio che l'aveva spinto allora verso di lei! Egli pensava al fatto che Bella di Candore aveva adesso diciotto anni e che poteva prenderla in sposa. Pregò con insistenza il suo amico Kong Ning di ritornare a Zheng. Kong Ning, allora, incontrò di nuovo il duca Mu e, dopo avere innanzi tutto proferito qualche parola affabile, si espresse nei seguenti termini: «La duchessina adesso è adulta, non c'è alcuno nella casa del dignitario Xia Yushu
che lo aiuti negli affari domestici. Così egli mi ha mandato a domandarvi la mano di vostra figlia. Potrei conoscere il vostro parere, signore?». «La duchessina ha oggi l'età adatta. E' opportuno dunque che questo matrimonio avvenga. Il dignitario Xia Yushu scelga quindi un giorno fausto per venire a sposarla.» Kong Ning gli presentò allora una scatoletta dai colori rosso e oro dentro la quale c'era una tavoletta di bambù. E aggiunse che Xia Yushu aveva già stabilito un giorno fausto per la cerimonia, cioè il terzo giorno del terzo mese. Il duca Mu prese la tavoletta per darvi un'occhiata. Vi era scritto: «Conformandoci rispettosamente alle prescrizioni dell'almanacco, noi abbiamo scelto il terzo giorno del terzo mese. In questo giorno si possono intraprendere tutti gli affari, essi così saranno tanto propizi quanto vantaggiosi». Il duca Mu mandò poi un servitore a portare la tavoletta negli appartamenti privati e si rivolse a Kong Ning in questi termini: «Noi siamo oggi all'ottavo giorno del secondo mese: quasi una luna ci separa dalla data del matrimonio; sono pertanto costretto a domandarvi di prendervi il disturbo di ritornare a casa». Kong Ning acconsentì e aggiunse ancora qualche parola prima di congedarsi per recarsi alla residenza degli ospiti. L'indomani, giorno della sua partenza, tutti i funzionari di Zheng scortarono Kong Ning fino alle mura della città e condivisero con lui un ultimo banchetto. Ritornato a Chen, egli doveva incontrare Xia Yushu per metterlo a parte del successo della sua missione. Xia Yushu gli disse: «Quanto disturbo vi ho dato, caro riverito fratello! Come potrò mai ricompensarvi?». Kong Ning, che in fondo era un uomo al quale le avventure galanti non dispiacevano, gli rispose con la migliore grazia del mondo: «Ebbene, non è impossibile che tutti e due si tragga profitto dalla sposa che voi prenderete!». «Se noi la frequenteremo insieme - ribatté Xia Yushu, - mi sembrerebbe indispensabile che io innanzi tutto faccia uso della vostra signora moglie!» I due uomini risero ancora un momento, prima di separarsi. Luci e tenebre passarono come il lampo. Il tempo di chiudere un occhio e già si giunse al primo giorno del terzo mese. Xia Yushu sollecitò Kong Ning perché lo accompagnasse a far visita al loro signore, il duca Ling. E, dopo che questi li ebbe ricevuti, essi ritornarono alle loro residenze. Il duca Ling diede ordine ai suoi servitori e ai suoi cocchieri di preparare palanchini e cavalli da mettere a disposizione di Xia Yushu. E quello stesso giorno quest'ultimo doveva dirigersi verso il principato di Zheng in compagnia di Kong Ning. Bandiere e stendardi ben presto coprirono il cielo, mentre intorno saliva il clamore dei cavalli e dei carri. In una sola giornata raggiunsero le frontiere di Zheng. I funzionari civili e militari di Zheng li attendevano tutti in una residenza per gli ospiti posta a una conveniente distanza dalla città. Xia Yushu e Kong Ning misero piede a terra. Bevvero il vino riservato all'accoglienza degli ospiti che arrivano da lontano e, accompagnati dai funzionari, entrarono nella città. Si riposarono un poco prima che il duca Mu arrivasse per fare loro una visita di cerimonia. E fu così che si videro i futuri genero e suocero stringersi la mano, scambiarsi parole amabili offrendosi coppe di vino e invitandosi l'un l'altro a berle, e questo fino alla prima vigilia della notte, momento in cui si separarono. Di ritorno nel suo palazzo, il duca Mu disse alla consorte: «Nostro genero è un uomo fuori del comune. Nessuno può trovare critiche da fargli». E noi non staremo neppure a dire che, nel sentire ciò, la sua consorte ebbe il cuore contento. Al terzo giorno Xia Yushu si mise dei fiori nei capelli e si vestì di abiti rossi. Kong Ning, nei suoi vestiti di gala, lo accompagnò fino alla porta meridiana, dove il duca andò ad accoglierli, invitandoli a entrare nella sala delle udienze del palazzo. E forse non è necessario precisare che l'ospite e i suoi invitati si scambiarono cortesia su cortesia. Quando il banchetto ebbe fine, la duchessina fu invitata a salire nel palanchino. Sulla strada che li conduceva alla residenza degli ospiti, dove si sarebbero sposati, il rullo dei tamburi assordava il cielo
con il suo incalzante fragore. Giunta a destinazione, la duchessina scese dal suo palanchino; dopo aver sacrificato al Cielo e alla Terra, i due nuovi sposi entrarono nella camera nuziale, dove si scambiarono le coppe fatte con una zucca tagliata a metà. Xia Yushu sollevò il velo che copriva la testa della giovane sposa e alzò gli occhi su di lei. Gli abiti di corte e gli ornamenti di giada la rendevano simile alla dea Chang' E , (7) che dimora sulla Luna. Xia Yushu si chiese che cosa avesse fatto per meritare d'essere unito in questo mondo a una tale bellezza. Venne la sera; dopo che tutti gli invitati si furono congedati, i due sposi slacciarono i loro abiti e si sdraiarono. In segreto Bella di Candore prese una pillola per restringere la valle. Xia Yushu l'abbracciava, e sentiva l'ossatura di giada e la carne pura come il ghiaccio di quel corpo che non per questo era meno straordinariamente tenero e flessuoso. Il fuoco del desiderio lo incendiò con violenza e con una spinta egli diresse il suo membro di giada verso il cuore del di lei fiore. E poiché non poté entrarvi di un pollice, pensò che fosse perché Bella di Candore era vergine. Volendo iniziarla all'affare degli uomini senza violenza, per paura che ella soffrisse, la penetrò dolcemente dolcemente, fino a metà del membro. L'interno della valle era ristretto, lo sappiamo, al massimo, eppure bruciava come un fuoco attizzato da quattro mantici. Decuplicata la sua energia, Xia Yushu fece un va-e-vieni per affondare finalmente il suo membro fino alla radice. E, con il cuore che traboccava di felicità, emise ed emise ancora il seme, e questo per molte volte nel corso di quella stessa notte. Al mattino, terminata la sua toilette, egli andò a ringraziare calorosamente Kong Ning per il successo di quella alleanza. Quindi si congedò dal duca Mu per ritornare a Chen con la sua sposa. Questa salì su un palanchino, e lui cavalcò in compagnia di Kong Ning. E delle cose che capitarono per strada non diremo niente. Tornato nella sua patria, Xia Yushu andò a fare visita al duca Ling prima di ritornare alla sua residenza privata. Bella di Candore aveva cambiato gli abiti di cerimonia con vestiti di foggia più semplice; ella apparve al suo sposo ancora più bella e desiderabile. Egli ne era così invaghito che, quando venne la sera, si abbandonò al piacere senza ritegno. Ma non diremo altro. Dovete sapere che le due cameriere, Fior di Loto e Fior di Crisantemo, avevano seguito la loro padrona a Chen. Ora, una notte, Fior di Crisantemo mandò un gran grido. Fior di Loto, terrorizzata, afferrò una lampada per illuminarla, dicendo: «Che disgrazia!». E se voi non sapete ancora quello che avvenne, bene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Le "attrattive del vento e della luna" sono le attrattive dell'amore galante. Nota 2. Gli antichi cinesi credevano all'esistenza di due gruppi di anime o spiriti vitali facoltà; le tre "anime" "yang", che comandano il respiro e le funzioni superiori, e le sette "anime" "yin", che sono collegate alla vita organica in generale. Nota 3. La "testa della tartaruga" è il glande. Nota 4. La "cresta del gallo" è il clitoride. Nota 5. Oltre a simboleggiare la fecondità, il melograno ha in Cina una forte connotazione sessuale. Nota 6. "Yin" e "yang" sono le forze cosmiche, opposte e complementari, che regolano l'universo. Qui vengono intese come l'organo sessuale femminile ("yin") e maschile ("yang"). Nota 7. Chang'E è la moglie del mitico arciere Yi, che abbatté nove dei dieci soli che bruciavano la Terra. Dopo avere sottratto allo sposo l'elisir dell'immortalità, fuggì sulla Luna. CAPITOLO TERZO. "Le condoglianze presentare e le intenzioni della vedova sondare.
Frequentando Zhulin, i due dignitari conoscono la gelosia." Fior di Loto teneva dunque una lampada sopra il viso della sua compagna, che aveva i denti serrati e il viso terreo. «Questo non mi dice niente di buono! Sorellina, che cos'hai?» Fior di Loto la chiamò varie volte; poi Fior di Crisantemo, sentendosi un poco meglio, aprì gli occhi e vide chi le stava al fianco. Le disse, piangendo: «Riverita sorella, io muoio.» «Che cosa provi? «Ho appena visto il demone che porta le catene - disse ella con un singhiozzo; sta venendo a cercarmi e la mia vita ormai finisce.» I suoi singhiozzi ripresero. Fior di Loto andò ad avvisare la padrona, che a sua volta provò un profondo dolore. L'indomani, infatti, il soffio vitale di Fior di Crisantemo fuggì ed ella morì. Bella di Candore diede l'ordine di andare ad acquistare un feretro e di procedere ai funerali. Ma di questo non parleremo. Un paio d'anni dopo, Bella di Candore, diventata la signora Xia, diede alla luce un bimbo che fu chiamato Zhengshu. Si sa che Xia Yushu, fortemente incline alle delizie dell'amore, si abbandonava alla concupiscenza giorno dopo giorno, e che notte dopo notte si dava al piacere. Dobbiamo anche aggiungere che la sua consorte conosceva l'"arte di raccogliere i frutti della battaglia". E fu così che l'energia vitale di Xia Yushu scemò a poco a poco, mentre il fiore del suo incarnato appassiva ogni giorno di più. Ben presto non poté più alzarsi. Un giorno in cui la signora Xia era al suo fianco, egli le disse con gli occhi pieni di lacrime: «Mia cara, con questo vostro viso voi non resterete sola molto a lungo. Mi rammarico che nostro figlio sia ancora così giovane e che non ci sia alcuno che possa prendersene cura. Ah! Chi farà di lui un uomo?». Posò poi la testa sul cuscino e si mise a singhiozzare. Quindi pregò la consorte di far cercare il figlio, a cui rivolse le sue ultime raccomandazioni. Girandosi di nuovo verso la moglie, dichiarò: «Questo bambino è di una prestanza fuori del comune. Bisognerà, al momento opportuno, affidarlo al mio amico Kong Ning perché egli ne faccia un uomo. Quanto a voi, carissima, se vi è possibile mantenervi fedele, fatelo, altrimenti agite secondo la vostra convenienza». «Che il vostro cuore sia libero da ogni preoccupazione, eccellenza; la vostra umile serva ha deciso di non risposarsi affatto per non venir meno alla reputazione della famiglia. Non si usa dire che: "Ministro fedele non serve due principi e donna casta non prova due mariti"?. Come potrei mostrarmi ingrata verso di voi?» A queste parole Xia Yushu fu incapace di esprimere la sua gioia. Per lui, la signora Xia fece chiamare un celebre medico. Ma un giorno, dopo avere tastato il polso del suo paziente, questi doveva dichiarare: «Questa malattia è incurabile». Egli prese congedo e se ne andò. All'annuncio di questa notizia, la signora Xia si lamentò a lungo. E in effetti l'indomani, verso la metà del giorno, il malato morì. La moglie rivestì gli abiti del lutto e s'occupò di tutti i dettagli della cerimonia funebre, avvisando sia il duca Ling sia tutti i dignitari. Quando Kong Ning seppe della morte di Xia Yushu, si rallegrò in cuor suo: "La signora Xia assai spesso ha mostrato interesse nei miei confronti, e soltanto perché il marito era ancora in vita non osava dichiararsi. Ma ora che non c'è più, ebbene, senza fallo questa donna appetitosa sarà mia!". Cambiò i suoi vestiti con gli abiti bianchi del lutto e si recò dalla signora Xia per presentarle le condoglianze. Egli pianse dalla porta principale della residenza fino agli appartamenti privati. Anche la signora Xia piangeva. Cercando di ricacciare le lacrime, gli disse: «Vicino alla sua ultima ora, mio marito si è girato verso di me e mi ha detto che voi siete stato, durante la sua vita l'amico più fedele. Nostro figlio Zhengshu è ancora un bambino e il mio defunto sposo ha fatto assegnamento su di voi perché ne abbiate cura. E a voi pure egli ha affidato le disposizioni per i suoi funerali». Quando ebbe finito di parlare, la signora Xia si prosternò davanti a lui. Kong Ning, molto sollecito, le rese il saluto e rispose: «Rassicuratevi, carissima: mi occuperò io dei suoi affari».
E non appena ebbe terminato la frase, uscì a dare disposizioni per la cerimonia funebre. Il sole scendeva dietro la montagna di ponente, ed egli si trovava ancora nella casa Xia, preparandosi a pernottarvi. Quando fu informata di ciò, la signora Xia ordinò a Fior di Loto di portargli materasso e coperte, tè e bevande spiritose. Seduto nella biblioteca, Kong Ning aveva, in realtà, la mente completamente assorta nel pensiero della signora Xia ed era impegnato a riflettere su come riuscire a conquistarla. All'improvviso vide arrivare Fior di Loto che gli portava da bere in un modo così galante che il suo cuore fu pieno di gioia. Le andò incontro e le domandò con aria festosa: «E te, chi t'ha mandata?». La cameriera, che era seducente quanto sveglia, e che per giunta era abituata a questo ruolo di mezzana, gli rispose con un affascinante sorriso: «La mia padrona!». Fior di Loto accompagnò le sue parole con uno sguardo appassionato che rinfocolò ancor più il desiderio che aveva invaso Kong Ning. Poiché non c'era nessuno nei paraggi, egli le si avvicinò e, stringendola contro di sé, la baciò sulla bocca. Fior di Loto ebbe improvvisamente paura che qualcuno potesse sorprenderli, così si svincolò per fuggire. Kong Ning era sconcertato come chi ha perso ciò che stava per possedere. Quella notte non dormì. Pensando e ripensando, aveva architettato uno stratagemma infallibile. Si disse, ridendo: "Ah, ho trovato! Non si dice da sempre che se nessuno desiderasse un tesoro non ci sarebbe chi si alza all'aurora? Domani donerò a Fior di Loto qualche oggetto prezioso, e certo ella farà ciò che le chiederò. A questo punto niente può impedire che la sua padrona cada tra le mie braccia". Messa a punto la sua idea, si alzò all'alba e andò a casa a cercare delle spille da testa, dei braccialetti e altri ornamenti, quindi tornò indietro. E, come il giorno prima, si occupò degli affari del lutto. La sera, quando la casa fu di nuovo tranquilla, Fior di Loto andò a portargli il tè. Kong Ning, allegrissimo, si grattò le orecchie e si sfregò le guance. L'apostrofò ridendo: «Fior di Loto, mia riverita sorella!». «In che cosa ancora posso esservi utile?» chiese ella. «Tu mi servi con tanta sollecitudine che qualunque cosa io ti offra è niente al confronto. Mi sono accorto che hai proprio pochi ornamenti da testa, ed è per questo che te ne ho portato qualcuno. Li accetteresti?» «Servirvi è mio dovere - rispose ella; - come oserei accettare i vostri doni?» Kong Ning prese allora una scatola di lacca dorata e la porse alla cameriera; aprendola, quella vi scoprì numerosi ornamenti d'oro e perle che accettò, ridendo: «Grazie per tutti questi doni. Grazie infinite!». «Non c'è bisogno di ringraziarmi - rispose Kong Ning; - vieni qui.» Fior di Loto si avvicinò di qualche passo; Kong Ning la prese tra le braccia e la strinse a sé; egli voleva fare, come si dice, nuvole e pioggia. Fior di Loto si schermì, dicendo che per quello era necessario attendere che la sua padrona fosse addormentata, di modo che ella potesse, con discrezione ritornare. Kong Ning la lasciò andar via e, quando venne la prima vigilia, lei lo raggiunse con il favore delle tenebre. Kong Ning la fece entrare e chiuse la porta dietro di lei. Tutti e due si spogliarono. Egli la fece sedere su una sedia e le allargò le gambe. Alla luce della lampada Kong Ning vedeva la porta femminile, di un bianco opulento, che si sollevava alta, e la fessura che le secrezioni rendevano umida. Sebbene Fior di Loto avesse conosciuto gli uomini, non aveva ancora avuto figli, quindi la sua valle non era né troppo stretta né troppo larga. Solo due o tre va-e-vieni furono necessari a Kong Ning per far penetrare il suo membro fino alla radice. Poi, a poco a poco, egli spinse più profondamente e, senza fermarsi, fece parecchie centinaia di va-e-vieni. L'uomo sentiva la cresta di gallo di Fior di Loto incappucciare la testa della sua tartaruga, inghiottendo e risputando in modo meraviglioso. Il cuore del suo fiore pulsava; ella strinse più forte i lombi di Kong Ning senza smettere di ansimare dolcemente. Quest'ultimo non poté che premere più forte, oscillando a sinistra e sfregando a destra, cosa che presto suscitò nella sua compagna delle grida di gioia infinita. Dalla testa ai piedi i loro corpi furono presto indolenziti dalla felicità; e fu così per molte volte. Ella mise allora la sua tenera lingua nella bocca di Kong Ning, che la succhiò. La punta era leggermente
fresca. Seppe quindi che Fior di Loto aveva raggiunto l'estremo limite del piacere; egli stesso, completamente soddisfatto, emise il suo seme. Fior di Loto lo terse e si asciugò a sua volta con il suo fazzoletto di seta; ella vide che il pavimento era completamente coperto dalle sue secrezioni e dal seme di lui. Si alzarono e andarono a sdraiarsi sulla coperta di seta, quindi, posando la testa sullo stesso guanciale, si tennero abbracciati. Kong Ning le confidò finalmente il suo desiderio di montare la sua padrona, e la cameriera accondiscese a farglisi complice. «Se questa impresa riuscisse - le disse lui, - io saprei ringraziarti.» «Ne parlerò alla mia padrona - rispose Fior di Loto - e verrò a chiamarvi domani, all'inizio della prima vigilia.» Mentre finivano di parlare, batteva già la quinta vigilia della notte. «Non posso restare più a lungo» disse Fior di Loto, che si gettò rapidamente un vestito sulle spalle e aprì la porta. E senza che né un essere umano né uno spirito se ne accorgesse, ritornò nella sua camera. L'indomani, con tutta naturalezza, ella lasciò il messaggio di Kong Ning alla sua padrona. E poiché questa le domandò se avesse avuto dei rapporti con lui, Fior di Loto le raccontò tutto quello che era successo la sera precedente. Le mostrò anche gli oggetti preziosi che Kong Ning le aveva donato. La signora Xia, che per natura era una donna galante, non aveva alcuna ragione di rifiutare l'offerta di Kong Ning e chinò la testa a mo' di assenso. Quella sera stessa, al tramontar del sole, Kong Ning si trovava, come il giorno precedente, nella biblioteca. E dopo l'inizio della prima vigilia, Fior di Loto arrivò, com'era stato convenuto, per condurlo nella camera dei ricami. Per paura che qualcuno la scorgesse, la signora Xia non aveva acceso le lampade. Fior di Loto condusse Kong Ning fino al bordo del letto, e questi, dopo aver palpato un momento, seppe che la signora Xia era là, sdraiata sul dorso. Il pungolo della carne lo smosse violentemente senza che facesse il minimo sforzo, il suo membro di giada si raddrizzò. Subito si levò i vestiti e montò sul letto mentre la signora Xia l'attirava a sé. Kong Ning appoggiò il suo membro di giada contro l'entrata della valle che era stretta come quella di una vergine e in cui era estremamente difficile penetrare. Dopo un bel po' non ne aveva infilato che la metà. "Com'è strano - pensò, - ella non è più così giovane e ha anche avuto un figlio. Che cosa succede dunque?" Egli si rivolse allora alla signora: «Mia cara, come siete riuscita a conservare una valle così stretta?». «Un immortale mi ha insegnato come fare,» rispose ella. Kong Ning ne fu stupefatto. Egli fece poi penetrare completamente il suo membro di giada nella valle. La signora Xia seppe accoglierlo e muoversi con precisione ed esattezza. Ed essi si abbandonarono così al piacere per tutta la notte. Mentre si riposavano un poco, la signora Xia disse a Kong Ning: «Mio figlio Zhengshu adesso è grande e non è conveniente intrattenere una relazione come stiamo facendo. Non sarebbe meglio mandarlo lontano a seguire gli insegnamenti di un maestro? Io tornerò ad abitare nella mia residenza di Zhulin, e noi due potremo rimanere insieme quanto vorremo». Kong Ning fu assolutamente d'accordo. Quel mattino sottrasse alla signora dei pantaloni ricamati con cui si vestì. Rimase ancora qualche giorno presso di lei e, quando i riti funebri furono terminati, condusse Zhengshu da un maestro. La signora Xia tornò ad abitare a Zhulin ed essi intrattennero rapporti di cui nessuno si accorse mai. Ma un giorno in cui beveva con un dignitario suo amico, chiamato Yi Hangfu, Kong Ning gli rivelò il suo commercio con la signora Xia e parlò anche dei pantaloni ricamati. Yi Hangfu era, insieme con Kong Ning, uno dei ministri preferiti del duca Ling, che essi abitualmente servivano. Dedicandosi al vino e alle donne, seguivano il loro signore nei suoi divertimenti. Yi Hangfu era il più focoso di questi vitaioli, colui che picchiava il gong e batteva il tamburo. (1) Sentendo quel giorno parlare della signora Xia, non poté impedire al suo cuore di solleticarlo e ai suoi pensieri di turbarsi discretamente. Tornato a casa, dispiegò tutte le risorse dell'ingegno per annodare relazioni di amicizia con Fior di Loto, e le donò una bella sommetta perché accettasse di intercedere in suo favore presso la padrona. Da parte sua, la signora Xia non aveva mancato di notare l'alta statura e l'aria imponente di Yi Hangfu; cosa che fu lungi dal lasciarla indifferente.
Mandò dunque Fior di Loto a fissare un incontro intimo con lui. Per animare la battaglia e affascinare la signora, Yi Hangfu usò sostanze atte a destare i desideri primaverili. E questa fu la ragione per cui ella doveva amarlo due volte più che Kong Ning. Yi Hangfu le disse un giorno: «Il dignitario Kong Ning ha ricevuto da voi dei pantaloni ricamati in regalo; desidero anch'io un oggetto che proverà che amate me quanto lui». «I pantaloni ricamati! - rispose ella ridendo. - Ma se è lui che li ha rubati! Non sono stata certo io a regalarglieli.» E gli confidò all'orecchio: «E se ha condiviso questo letto, vi ha preso molto meno posto!». E poi slacciò l'indumento color di giada che le cingeva strettamente il seno per farne dono a Yi Hangfu. Quest'ultimo fu al colmo della felicità. E a partire da quel momento i loro incontri divennero così intimi e così frequenti che Kong Ning non poté evitare di sentirsi soppiantato. Ah! Tutto ciò è ben illustrato da questa poesia al modo antico: "A Zheng i costumi sono - oh, quanto! - licenziosi. Fuggito dei virtuosi Huan e Wu (2) il buon influsso, dignitari e dame rivaleggiano per accoppiarsi a più non posso, e la vera unione è smarrita nei quartieri meno ariosi. La muraglia Zhongzi vuol saltare, e Zizhong (3) è uno scaltro troppo ben combinato. Porta dell'Est, ricordo dei canneti galanti, e fuori delle mura le coppie rampicanti. (4) Stoffa blu, cara al mio cuore! Condurre il proprio carro alla ventura; malgrado vento e pioggia, il gallo canta all'ora: (5) per incontrarsi in segreto, quale ingegnosità. L'acqua agitata porta il rumore delle fascine: (6) se essa ci biasima, poco ci cale. La moralità dei tempi vi ha per troppo commosso; come sarei potuto giungere a giorni così belli?" Dopo aver ricevuto dalla signora Xia quell'indumento color di giada, Yi Hangfu se ne vantò con Kong Ning. Quest'ultimo indagò allora con discrezione presso Fior di Loto sulla natura delle loro relazioni e venne a sapere che essi si amavano molto intimamente. Il suo cuore era pieno di gelosia e lo assillava l'idea di non avere alcun piano per separarli. Un giorno in cui, per combinazione, stava camminando nel parco della signora Xia, gli venne in mente un meraviglioso stratagemma. E se voi non sapete ancora a che cosa pensasse Kong Ning, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Questo e altri modi di dire ispirati al gergo militare vengono adattati e messi in relazione alle atmosfere galanti dell'amore e della seduzione. Il rullo dei tamburi, per esempio, indica l'imminenza del combattimento, "amoroso" in questo caso. Nota 2. Huan e Wu furono principi virtuosi del regno di Qi, sul trono rispettivamente dal 685 al 642 e dal 850 all'824 a. C. Nota 3. Zhongzi e Zizhong furono entrambi membri della famiglia reale di Zhong, famosi per la loro condotta dissoluta. Nota 4. Ci sono qui vari riferimenti ai poemi di Shijing: la "porta dell'Est" era luogo di appuntamenti galanti, mentre il verso «e fuori dalle mura le coppie rampicanti» vuole significare che gli amanti, una volta in campagna, si congiungevano ovunque, così come le piante rampicanti crescono dove capita. Nota 5. Verso di dubbia interpretazione: secondo alcuni significherebbe che, nonostante le passioni, le convenzioni sociali non possono essere ignorate. Nota 6. Si tratta di un'altra citazione dal poeta Shijing: è una metafora dei
pettegolezzi della gente. CAPITOLO QUARTO. "Nel parco delle peonie (1) la cameriera fa la mezzana, e nel padiglione dove si posa la fenice, la bella è sempre più distruttrice." Kong Ning aveva dunque appena trovato uno stratagemma che giudicò meraviglioso. "Il mio signore, il duca Ling, è molto ingordo dei piaceri della carne - pensò - e non mi stupisce che egli abbia parlato a più riprese della signora Xia, manifestando nei suoi confronti il più vivo interesse. E non sopporta l'idea di non ottenere ciò che desidera. Se io lo aiuterò, mi sarà eternamente grato. Purtroppo soffre di quel difetto chiamato 'lezzo di volpe' e sono certo che la signora Xia sarà respinta dal disgustoso odore delle sue ascelle. Dovrò quindi 'dargli una spintarella'. Ne approfitterò anche per circuire la signora, e Yi Hangfu non potrà più fare i propri comodi così spesso. Eccomi dunque sbarazzato di tutte queste seccature. Ah, che piano eccellente!" Kong Ning si recò allora dal duca Ling per parlargli della bellezza della signora Xia, che, come aggiunse poi, non aveva uguali sotto il cielo. «La fama della sua grazia m'è nota - disse il duca, - ma è già sui quarant'anni e temo proprio che, come i fiori di pesco al terzo mese, quello della sua carnagione sia inevitabilmente appassito.» «La signora Xia è molto dotata nell'arte della camera da letto - rispose Kong Ning - e il suo incarnato è fresco come quello di una giovane di diciassette o diciotto anni.» A queste parole il duca Ling sentì montare in sé il fuoco della passione, e domandò: «E conoscereste un modo per farmela incontrare?». «La famiglia Xia risiede a Zhulin - rispose Kong Ning; - è un posto tanto appartato quanto attraente; vi si può vagabondare così tranquillamente! Sarà sufficiente che voi vi rechiate domani a Zhulin e la signora Xia, del tutto naturalmente vi accoglierà. La signora ha una cameriera chiamata Fior di Loto che è avvisata dei suoi affari sentimentali e io, dal canto mio, la informerò delle vostre intenzioni, signore. Non c'è alcuna ragione perché l'affare non vada in porto!» «Vi accordo tutta la mia fiducia, caro dignitario» concluse, ridendo, il duca Ling. E l'indomani ordinò al cocchiere di preparare la sua vettura per recarsi a Zhulin. Solo il dignitario Kong Ning lo accompagnava. Questi aveva spedito una missiva alla signora Xia in cui le domandava di preparare delle pietanze ricercate per ricevere il duca; inoltre egli aveva svelato le intenzioni del nobile signore a Fior di Loto, affinché ella assolvesse al meglio al suo compito di mezzana. La signora Xia, lo sappiamo, non temeva né gli intrallazzi né i pettegolezzi. Così, al momento stabilito, tutto fu pronto. Il duca Ling aveva ormai una sola idea in testa: possedere la signora Xia, e la sua gita a Zhulin non era, voi pensate giusto, che un pretesto. Non si dice forse a ragione: "Rubare la giada e sottrarne il profumo, ecco la sua decisione! Contemplare le acque e la montagna, non è davvero questa la sua intenzione." Poco tempo dopo il duca arrivò alla residenza degli Xia. Vestita dei suoi abiti di gala, la signora lo accolse sulla soglia della sala principale. Lo salutò con rispetto e parlò nel modo seguente: «Il figlio della vostra umile serva, Zhengshu, è ora andato a seguire gli insegnamenti di un maestro; io non sapevo che vostra grazia avrebbe guidato i suoi cavalli degnandosi di abbassare lo sguardo sul vicinato, ed è mia colpa se ho mancato alla convenienza accogliendovi così miseramente». Si poteva sentire il gorgheggio della sua voce, chiaro e fascinoso come il primissimo canto del rigogolo. Il duca Ling la contemplava: era davvero simile a un'immortale del cielo. Raramente i suoi sei palazzi avevano potuto vantare una simile bellezza. Si rivolse a lei in questi termini:
«Girovagavo a caso e, passando per la vostra onorevole residenza, mi sono permesso di presentarvi i miei rispetti; vi prego di non preoccuparvene in alcun modo». La signora Xia teneva le mani dentro le maniche e gli rispose: «Poiché il passo di giada di vostra grazia ha consentito di umiliarsi qui, Zhulin vede il suo splendore tanto più esaltato. La vostra umile serva ha fatto preparare un leggero spuntino che non osa presentare a vostra grazia». «Sono confuso del fastidio che vi è stato dato - rispose il duca, - ma non è necessario onorarmi alla tavola di rappresentanza. Ho sentito dire che, nella vostra residenza, parchi e padiglioni sono più di quanto si possa desiderare di appartato e delizioso, e so che in questo momento i fiori di pero sono nel loro pieno splendore. Desidero contemplarli e amerei, signora, che le squisite vivande di cui voi mi onorerete ci siano servite in un padiglione del giardino.» «Da quando il mio defunto sposo ha lasciato questo mondo - proseguì la signora, io ho troppo a lungo lasciato il giardino all'abbandono e ho così spesso trascurato di spazzarlo. Temo di disonorarvi, vostra grazia, e vi domando perdono in anticipo.» La signora Xia sapeva davvero ricevere i suoi ospiti. Il duca Ling fu colpito da questi discorsi così ben forbiti e la tenne in ancor maggiore considerazione. Le ordinò di cambiarsi i vestiti da cerimonia e di condurlo, lui semplice mortale, a passeggiare nel parco. La signora Xia ubbidì, e nelle sue vesti abituali ella fu come il fiore di pero sotto il fulgore della luna o il susino in boccio sotto la neve: di un'eleganza signorile e così poco artefatta! La signora Xia condusse dunque il duca nel parco posto dietro la residenza, dove non si vedevano che abeti venerabili e leggiadri cipressi, pietre dalle forme strane e i più bei fiori. C'era anche un piccolo laghetto. Nel parco si trovavano diversi padiglioni fioriti; al suo centro si ergeva un'alta galleria coperta, dalle balaustre rosso vermiglio; questa costruzione riccamente ornata era il luogo in cui si offrivano i banchetti agli invitati. C'erano gallerie a destra e a sinistra e, dietro la galleria coperta, diverse camere appartate. Queste gallerie descrivevano uno zigzag che metteva in comunicazione con gli appartamenti privati della residenza. All'esterno si trovavano le stazioni di monta equine e le scuderie. A ovest uno spazio aperto era stato piantato a peri, e i loro fiori in quella stagione riempivano l'aria di profumo. Zhulin non era dunque una meravigliosa residenza? Dopo una breve passeggiata, il duca entrò, in compagnia della signora, nella galleria coperta dove erano preparate le stuoie per il banchetto. Con una coppa di vino in mano, la signora indicava un posto a ciascuno dei suoi invitati. Il duca Ling le accordò allora l'onore di sedersi al suo fianco, favore che ella declinò con modestia. «Signora, ve ne prego! - disse il duca, che ordinò a Kong Ning di sedersi alla sua destra e alla signora di prendere posto alla sua sinistra. - Lasciamo da parte la distanza che abitualmente è bene mantenere tra un principe e i suoi vassalli! Non è meglio rallegrarci insieme?» Mentre bevevano, gli occhi del duca Ling non mancarono di far girare la pupilla e la signora Xia gli lanciò sguardi simili alle onde d'autunno. Leggermente brillo, il duca si lasciava andare a discorsi galanti, tanto più che, da parte sua, il dignitario Kong Ning batteva il tamburo con intelligenza e affrettava le cose. Forse che il vino non aiuta i cuori a riempirsi di allegria? Non appena una coppa era svuotata, il vino veniva servito nuovamente, e ben presto essi non seppero più quante coppe avevano bevuto. In un batter d'occhio il sole era sceso dietro le montagne di ponente e vennero portate le lampade. Completamente ubriaco, il duca Ling si sdraiò su un letto e si mise a russare. Con discrezione Kong Ning aveva avvertito la signora Xia che il suo signore la desiderava da tempo e che, se quel giorno era venuto, era per domandarle di accordargli i suoi favori. Egli la pregò di non comportarsi da sconsiderata e rifiutare. La signora Xia sorrise e non rispose. Kong Ning sapeva che non avrebbe mancato di ubbidire, così la lasciò per andare a riposarsi, come tutti. La signora fece preparare coperte di seta e cuscini ricamati, che mandò nella galleria coperta, lasciando credere che il duca vi avrebbe passato il resto della notte. Poi
si accinse a fare un bagno in un'acqua calda e profumata, nell'attesa di quella buona fortuna. Su suo ordine, Fior di Loto era rimasta presso il duca. Questi doveva svegliarsi poco dopo. Aprì gli occhi e domandò chi fosse là. Fior di Loto si inginocchiò e gli rispose: «E' la vostra umile serva Fior di Loto, signore, e mi sono permessa d'entrare per portarvi una bevanda alle prugne (2) che dissiperà la vostra ubriachezza». «Colei che mi porta questo beveraggio non potrebbe far da mezzana?» domandò il duca. «Io non saprei assumermi questo compito. In mio potere è solo servirvi nel miglior modo possibile. Come potrei conoscere la persona su cui si appunta la vostra attenzione?» «Sulla tua signora - disse il duca - e le mie facoltà superiori ne sono completamente alterate. Se tu puoi aiutarmi, io saprò mostrarmi generoso. «C'è da temere che l'umile persona della mia signora non sia di vostro gradimento, nobile duca. Ma se voi non la disdegnaste, io potrei condurvi da lei.» Il duca, al colmo della felicità, esortò senza indugio Fior di Loto a prendere una lampada e a mostrargli la strada. Imboccando le gallerie a zigzag, raggiunsero gli appartamenti privati. Seduta, da sola, sotto la lampada, la signora Xia sembrava attendere qualcuno o qualcosa. Ella udì all'improvviso il rumore dei passi e stava per domandare chi stesse sopraggiungendo quando vide il duca Ling entrare nella sua camera. Fior di Loto si ritirò con la lampada d'argento in mano. Il duca abbracciò la signora e si infilò sotto le cortine in sua compagnia. Si slacciò gli abiti e si sdraiò accanto a lei. Non appena accarezzò quella pelle dolce e delicata, si sciolse dal desiderio. Ma quando arrivò il momento in cui i piaceri si incontrano, ella gli apparve in tutto simile a una vergine. Poiché egli se ne stupiva, ella gli confidò: «La vostra umile serva possiede un metodo che le è stato un giorno insegnato. Non erano passati tre giorni dalla nascita di mio figlio che la mia camera fiorita era tornata come prima». «Ebbene - esclamò il duca, - bellezze pari alle immortali del Cielo, non ho mai sperimentato alcunché di simile!» Se dobbiamo affrontare la questione, diremo che il membro virile del duca Ling era lungi dal valere quelli dei dignitari Kong Ning e Yi Hangfu. Aggiungiamo inoltre che da lui si diffondeva l'esalazione del "lezzo di volpe". Tutto questo davvero non era certo fatto per piacere alla signora. Ma egli era il padrone di quelle terre ed ella temeva il suo potere, così non osò disdegnarlo. Perciò, sul guanciale e sulla stuoia, in cento modi lo blandiva e, la testa altrove, cercava di compiacerlo. Temeva solo che l'estro del duca diventasse troppo debole. Lo incitò allora a sdraiarsi sul dorso e gli si mise cavalcioni. Con le gambe lo stringeva, sedendosi e alzandosi come se avesse messo una ciliegia in bocca a un bambino. Si dava da fare così bene che egli ben presto ebbe un formicolio in tutto il corpo ed emise il suo seme come un torrente. I due amanti si tennero la testa e si riposarono. Poco dopo il desiderio del duca si risvegliò e irrigidì la sua lancia. Durante quella notte per sette volte essi combatterono e fecero nuvole e pioggia. Alla fine il corpo del duca era vicino a sciogliersi; i suoi quattro arti non poterono riprendere le loro forze e, spossato, si addormentò. Quando il gallo cantò, la signora Xia lo scosse perché si risvegliasse. Egli allora disse: «Le bellezze dei miei sei palazzi mi sembreranno, al vostro confronto, carissima, volgari oggetti. Oserò domandarvi di accordarmi, in futuro, un po' del vostro prezioso tempo?». Temendo che il duca conoscesse la natura dei suoi rapporti con i dignitari Kong Ning e Yi Hangfu, la signora rispose: «Io non devo ingannarvi, vostra grazia. Dopo che il mio sposo ha lasciato questo mondo, non mi sono comportata troppo castamente. Per altri che voi ho perduto la mia virtù. Ma oggi mi è stato concesso di servirvi e vi giuro che d'ora in avanti non mi metterò più in altri intrighi. Non sarebbe criminale avere adesso più cuori?». «Mio tesoro, parlatemi di questi ricchi e nobili individui senza che ci sia bisogno
di fingere.» «Si tratta degli alti dignitari Kong Ning e Yi Hangfu, e di nessun altro - rispose lei; - io fui costretta a questi incresciosi affari per poter allevare il bambino che il mio sposo mi lasciò.» «Diavolo di un Kong Ning! - proruppe il duca. - Ora comprendo perché parlava di voi come di una meraviglia! Se non vi avesse conosciuto personalmente, come avrebbe potuto? Siete stata saggia ad avvertirmi. Siate certa che io ormai non desidero che una cosa, venirvi spesso a trovare, e, per quanto riguarda le vostre altre relazioni, non sarò io a interdirvele.» «Vostra grazia, voi potete venire a trovarmi ogni volta che lo desideriate rispose la signora, - la mia tristezza sarà talmente grande se voi non verrete spesso a farmi visita!» Il duca si alzò poco dopo. La signora Xia si tolse la camicia e la donò al duca perché egli la portasse su di sé; poi gli disse: «Signore, quando guarderete questa camicia, penserete a me!». Quindi Fior di Loto ricondusse il duca per la strada che avevano percorso il giorno precedente, fin sotto la galleria coperta. Non appena il cielo fu rischiarato, il pasto del mattino fu pronto e la signora invitò il duca ad accomodarsi nella grande sala di rappresentanza. La servitù della cucina portò i piatti. Tutti gli uomini del seguito ducale ricevettero cibo e bevande per ristorarsi. Kong Ning condusse il carro del duca quando egli rientrò a corte. Tutti i funzionari sapevano benissimo che il duca aveva passato una notte "campestre"; essi attendevano, pronti a servirlo, all'esterno della porta del palazzo. Il duca li fece avvertire che l'udienza mattutina era annullata e ritornò nei suoi appartamenti privati. Si udì improvvisamente un dignitario chiamarne un altro: «Ehi, amico Kong Ning, tu sembri tornare proprio da lontano! Io avrei una domanda da farti». Kong Ning si voltò e disse: «Ah, sei tu!». E se desiderate conoscere il nome di questa persona ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. La peonia era una delle immagini più usate per indicare il sesso femminile. Nota 2. La prugna simboleggiava al contempo la galanteria e la mezzana. CAPITOLO QUINTO. "Alla corte del duca di Chen il piacere regna sovrano. Yi Hangfu, in gran segreto, fa ammazzare il ministro leale." Ebbene, sappiate che era Yi Hangfu ad avere interpellato Kong Ning. Non appena l'aveva visto arrivargli vicino, l'aveva trattenuto per la manica e tirato al riparo degli sguardi. Gli domandò all'orecchio: «Dov'è andato a caccia il nostro signore, e dove ha passato la notte? Dimmelo senza indugi». Vedendo che non poteva fingere, Kong Ning gli raccontò la verità. Yi Hangfu sapeva bene che era stato su raccomandazione di Kong Ning che il duca si era recato a Zhulin, allora gli pestò un piede e gli disse: «Ah, proprio un bell'affare! Ma io ti fermerò». «Adesso il nostro signore è sazio - rispose Kong Ning; - la prossima volta sarà il tuo turno!» I due uomini scoppiarono in una fragorosa risata e si separarono. L'indomani, quando tutti gli ufficiali si furono allontanati dopo l'udienza del mattino, il duca invitò Kong Ning a presentarsi a lui e lo ringraziò del suo buon consiglio. Fece anche chiamare Yi Hangfu e domandò ai suoi due ministri: «Come avete potuto lasciarmi così a lungo all'oscuro di questo piacevole affare proprio mentre voi ve ne occupavate di già?».
Poiché essi negavano la cosa, il duca seguitò: «Lo so dall'amabile bocca della signora: non c'è alcun bisogno di dissimulare!». «Se il principe sperimenta una vivanda di suo gradimento - disse Kong Ning - è perché i suoi ministri l'hanno gustata in precedenza. Se essi non la trovassero di loro gusto, come oserebbero renderne partecipe il principe?» «Anche le palme d'orso hanno fama d'avere un sapore straordinario e questo non vi ha mai impedito di lasciarmele gustare per primo!» rispose il duca ridendo. I due ministri furono colti da uno scoppio d'ilarità così forte che non poterono trattenersi. Il duca riprese: «Ma lei, a me, ha donato qualcosa! - ed egli aprì il suo vestito per mostrar loro la camicia della signora Xia. - Avete anche voi qualcosa del genere?» «Sì - rispose Kong Ning, che sollevò il suo abito e mostrò il cavallo di un paio di pantaloni ricamati, - è anche questo un regalo dell'amabile signora. E anche Yi Hangfu possiede qualcosa di simile.» Il duca domandò a Yi Hangfu di che cosa si trattasse e questi gli mostrò a sua volta ciò che aveva su di sé. Ridendo a gola spiegata, il duca disse loro: «Ebbene, poiché tutti e tre possediamo corpi del reato uno dei prossimi giorni andremo insieme a Zhulin e vi terremo una grande riunione di letto!». Che il duca e i suoi ministri si divertissero così persino all'interno della corte si riseppe presto in città. Esacerbato, un ministro probo di nome Xie Ye disse, stringendo i denti: «La sala delle udienze è il luogo in cui si reggono le leggi fondamentali dello Stato. Com'è possibile osare pronunciarvi parole tanto sconsiderate e discorsi così licenziosi? Io non posso rassegnarmi al futuro annichilimento del nostro principato». E questo ministro si recò a corte per rivolgere le sue rimostranze al duca. Ma, ahimè, non si dice spesso: "Dall'antichità raramente conciliabili son tradimento e lealtà. Ah! Non è forse vano evocarti, eminente virtù di Bigan (1)?" Ma torniamo adesso al duca e ai suoi due ministri, che si divertivano ignominiosamente a corte. Essi videro a un tratto arrivare un uomo che si avvicinava in fretta e che teneva in mano una tavoletta per i documenti ufficiali. Sgranarono gli occhi e riconobbero Xie Ye. Kong Ning e Yi Hangfu da sempre ne temevano l'integrità. Quando quel giorno lo videro comparire senza che fosse stato convocato, pensarono che fosse venuto per rivolgere loro delle rimostranze. Presero allora congedo e s'eclissarono. Il duca sarebbe stato ben contento, anch'egli, di lasciare il trono, ma Xie Ye lo prevenne; lo trattenne per il vestito e gli rivolse queste parole: «Io ho sempre saputo che duca e ministri devono avere come regola quella di manifestarsi reciproco rispetto, e che gli uomini e le donne devono tenersi alla giusta distanza gli uni dalle altre. Oggi duca e ministri sventolano la loro impudicizia e trascurano di elogiarsi l'un l'altro; perdendo il loro reciproco rispetto, aboliscono anche la distanza che si deve mantenere tra uomini e donne. Lo sgretolamento delle convenienze sociali è compiuto e con esso si apre la via alla disgregazione del regno. Signore, voi dovete mutare questo stato di cose». Il duca Ling sentì il rossore della vergogna salirgli al viso ed espresse la sua approvazione in questi termini: «Le vostre giuste rimostranze mi fanno patire il disonore. Io correggerò la mia condotta». Xie Ye prese allora congedo. Quando Kong Ning e Yi Hangfu, che erano restati fuori della porta per informarsi sulla situazione, videro Xie Ye uscire alla svelta e con l'aria furibonda, filarono a nascondersi. Ma Xie Ye, che li aveva scorti, li snidò e li rimbrottò nel modo seguente: «Quando il principe è virtuoso, i ministri devono proclamarlo. Quando il principe non è virtuoso, i ministri devono nasconderlo. Oggi voi due, ministri senza moralità, avete incitato il vostro principe alla depravazione, e per di più avete
parlato della sua condotta nella sala delle udienze reali. Quale lezione si deve trarre da ciò? Forse che voi non conoscete la vergogna?». I due uomini non trovarono alcunché da rispondere, e, affinché Xie Ye li lasciasse, furono costretti a scusarsi. Dopo che questi se ne fu andato, essi tornarono dal duca e gli dissero: «Le rimostranze di Xie Ye significano, signore, che per l'avvenire vi sarà proibito di andare a divertirvi a Zhulin». «E voi due, vi ritornerete ancora?» domandò il duca. «E' nella qualità di vostro ministro che egli vi ha parlato così, signore; noialtri non siamo implicati in questa faccenda, e non c'è alcunché che ci impedisce di ritornare a Zhulin.» «Preferisco non seguire i consigli di Xie Ye piuttosto che rinunciare a quel luogo di delizie» dichiarò il duca con ardore. «Ma, signore, se voi vi recate nuovamente a Zhulin, vi sarà difficile evitare le rimostranze del pertinace Xie Ye.» «Che fare allora perché smetta con i suoi rimbrotti?» «Io non vedo che un mezzo - rispose Kong Ning: - impedirgli di aprire la bocca. «E come? «Kong Ning vuol semplicemente dire che solo i morti tengono la bocca chiusa incalzò Yi Hangfu. - Signore perché non ordinate di sopprimere Xie Ye? Voi potreste godervela fino alla fine dei vostri giorni senza intralci.» «E' impossibile» rispose il duca. «Ma se i vostri ministri incaricassero qualcuno di mozzargli il capo, che ne direste?» suggerì Kong Ning. «Fate come credete.» I due uomini uscirono allora dal palazzo per discutere. Yi Hangfu dichiarò: «Ieri è stata pronunciata la sentenza di un processo: il criminale sarà giustiziato dopo l'autunno. Io ho visto quest'uomo terribile e straordinariamente audace. Se ci è possibile farlo graziare e se gli diamo in più qualche oncia d'argento, sarà felice d'agire per conto nostro». «Come si chiama quest'uomo?» domandò Kong Ning. «Zhang Heiye o Zhang Nottenera - rispose Yi Hangfu. - 'E stato condannato per essere penetrato, lui da solo, in una casa e averne ucciso il guardiano che l'aveva sorpreso. Sono certo che, se ci serviamo di lui, avremo successo.» L'indomani Kong Ning e Yi Hangfu andarono a visitare il duca Ling e gli parlarono del criminale in questione. «Se voi accettate di graziarlo, signore, egli a colpo sicuro potrà uccidere Xie Ye.» Il duca rimase immerso nelle sue riflessioni un momento, prima di consegnare a Kong Ning un ordine scritto che conteneva la grazia per il criminale. Kong Ning lo trasmise a Yi Hangfu, che mandò qualcuno a cercare Zhang Nottenera. Dopo aver illustrato molto velocemente la sua causa, Yi Hangfu ordinò alle persone del suo seguito di ritirarsi; rimasto solo insieme a Kong Ning, egli sciolse i lacci del bandito. Essi lo aiutarono a tenersi in piedi e gli dissero all'orecchio «così... così». E l'indomani, durante l'udienza mattutina che vedeva riuniti tutti gli ufficiali, Zhang Nottenera andò a nascondersi nel luogo convenuto. E poiché dopo di ciò egli si mise esclusivamente ad attendere Xie Ye, noi non ne parleremo neppure. Dopo l'udienza, Xie Ye uscì dalla cinta del palazzo. All'improvviso si sentì girare la testa, stralunò gli occhi e si mise a tremare. Per fortuna era accompagnato da un servo, chiamato Li il Devoto; quando questi vide il suo signore in quello stato gli domandò: «Che cosa avete, eccellenza?» «Non lo so» rispose Xie Ye. «Non starà forse capitando qualcosa a casa?» disse Li Devoto, aiutandolo senza indugio a montare a cavallo. Per strada essi videro all'improvviso un uomo uscire, correndo, da un boschetto di pini. Con una mano egli afferrò Xie Ye, obbligandolo a scendere da cavallo; poi brandì il suo coltello e lo colpì. Li il Devoto gli gridò: «Ma chi sei tu per osare compiere una tale prevaricazione?» e prese a inseguirlo.
Zhang Nottenera, vedendo che Li il Devoto a poco a poco lo stava raggiungendo, si girò bruscamente e, colpendolo con il coltello, lo fece cadere. Il servo rimase ucciso sul colpo. Xie Ye, scorgendo Li il Devoto a terra, fu al colmo dello spavento e le sue facoltà spirituali si dileguarono al di là delle nubi. Zhang Nottenera lo finì e gli mozzò la testa, che avvolse in un pezzo di stoffa. Se la strinse contro il petto e tornò da Yi Hangfu, il quale fu così felice che gli donò cinquanta once d'argento prima di lasciarlo tornare a casa. Solo Kong Ning e Yi Hangfu sapevano com'erano andate le cose e nessuno sospettava l'intrigo. Essi fecero in segreto un rapporto al duca, che si mostrò felice della morte di Xie Ye. E mentre tutti gli abitanti del principato credettero che fosse il duca l'unico responsabile di quella morte, non sapevano che era stata invece opera dei suoi ministri. Un cronista fece questo elogio funebre a Xie Ye: "Chen è in lutto per una virtù brillante. Principe e ministri mostrano la loro impudicizia: spille, nastri, vestiti della galante. E' a Zhulin che la corte si è sistemata, o eminente e luminoso Xie Ye. Le tue parole giuste, uniche sotto il cielo! La morte accresce ancora la tua grande fama. Tuo il sangue del leale Longfeng (2) e il cuore del fedele Bigan." Dopo la morte di Xie Ye, il duca e i suoi ministri non avevano più alcunché da temere. Smisero comunque di andare insieme a Zhulin e vi si recavano di nascosto. Ma ben presto ripresero le loro abitudini di un tempo. Il duca Ling non riuscì tuttavia a impedire alla gente del principato di recitare dei versi che lo criticavano in termini velati: "«Che fate, dunque, voi a Zhulin?»" «E' Xia Nan che io vedo. Io non sono andato a Zhulin; è Xia Nan che io vedo." Sappiamo che il nome pubblico del figlio della signora Xia era Zinan, e che a volte lo si chiamava anche Xia Nan. Il poeta, essendo un uomo leale, non fece il nome della signora Xia, ma quello di suo figlio, Xia Nan. Il duca e i suoi due ministri continuarono a divertirsi di comune accordo, e se voi non sapete ancora ciò che l'avvenire riserva loro, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Bigan fu uno dei ministri dell'ultimo re della dinastia Shang. Fu messo a morte dal suo sovrano per avergli mosso delle rimostranze. Nota 2. Longfeng, o Guan Longfeng, fu uno dei ministri dell'ultimo sovrano della dinastia Xia (2207-1766 a. C.); anch'egli fu fatto uccidere dal suo re per averlo esortato ad abbandonare la condotta dissoluta che il sovrano teneva. CAPITOLO SESTO. "La signora gelosa decide di prendere un altro marito e la libertina combatte a gara con tutti gli eroi." Dovete sapere, per altro, che la consorte di Yi Hangfu veniva da una famiglia di beccai. Benché ella possedesse una certa eleganza, era comunque licenziosa per natura. Così, prima del matrimonio, aveva avuto relazioni intime ed era rimasta incinta; aveva allora usato delle medicine per abortire. In seguito i suoi genitori vennero a conoscenza di questo fatto, e volevano sotterrarla viva, ma sua cognata
intercedette in suo favore. E capitò proprio a proposito che una mezzana suggerì ai suoi genitori di darla in sposa a Yi Hangfu. A quel tempo questi, come del resto Kong Ning, era solo un mascalzone. Egli si sarebbe visto conferire il titolo di dignitario solo per l'insistenza del duca Ling. Questi furono dunque gli sponsali senza gloria tra la signora Wu e Yi Hangfu. Per molto tempo gli sposi furono uniti come vischio e lacca. Il marito manifestava benevolenza nei confronti della sua sposa, ed ella lo amava. Ma più tardi la signora Wu dovette accorgersi che suo marito si irritava spesso, e anche che, durante la notte, perdeva il suo seme. Bisogna pure aggiungere che ella aveva sentito parlare della relazione che Yi Hangfu intratteneva con la signora Xia. Ella gli disse allora, con il viso nascosto nella manica e piangendo di dolore: «Maledetto! Tu frequenti quella donna dissoluta e dimentichi la tua vecchia sposa. Mi scriverai una lettera di separazione, ti sposerai quella viziosa e io mi prenderò un altro marito». Yi Hangfu le disse con premura: «Smetti di piangere. Se ti dicessi che d'ora in avanti non andrò più a trovarla?». «Non ci potrei credere - rispose quella, - a meno che tu non faccia un giuramento al Cielo.» Yi Hangfu, allora, fece il seguente giuramento: «Se torno dalla signora Xia che io sia, dopo la mia morte, condotto all'altro mondo da un diavolo gigante e che per diecimila generazioni io non rinasca sotto forma umana. E che, secondo la sua volontà, la mia sposa sia data in moglie a un altro». «Poiché mi sembri sincero - disse sua moglie, - ebbene non ti batterò.» E posò il bastone rinforzato da una sbarra di ferro di cui voleva servirsi per correggerlo. Noi sappiamo che in seguito Yi Hangfu e i suoi due compagni di bagordi continuarono a riunirsi in casa della signora Xia. Sorpresi un giorno dal figlio di quest'ultima Zhengshu, il duca fu ucciso e i due ministri dovettero rifugiarsi nel regno di Chu. Quando poco dopo tornarono a Chen, furono perseguitati dai fantasmi di Zhengshu e di Xie Ye e ne morirono. E fu quindi a causa di questo giuramento che essi subirono pene terribili agli inferi. Ma non parliamo, per ora, di ciò che succederà poi. In realtà Yi Hangfu aveva parlato in quel modo alla sua sposa solo per ingannarla meglio. Dopo che egli fu guarito dalle sue involontarie polluzioni notturne, ritornò ogni giorno dalla signora Xia, dove in mille maniere si crogiolava nella lussuria. E quando tornava a casa, diceva che alcuni affari lo avevano trattenuto a corte. La sua consorte però era sospettosa. E un giorno cominciò a tormentare un servitorello cui aveva dato l'incarico di sorvegliare il marito. «Impegnato in affari di Stato? - rispose quello. - Vostro marito ha semplicemente passato qualche notte al palazzo.» La moglie di Yi Hangfu scoppiò in un violento accesso di collera e gli disse: «Io credo che tu non mi voglia dire la verità!». Chiamò allora la sua cameriera perché le portasse un listello di bambù e appioppò venti colpi al servitorello; questo aveva parlato degli affari di corte sperando di convincerla della veridicità delle sue parole e di evitare i colpi. Ma poiché la signora Wu non acconsentiva ancora a credergli e gli diede di nuovo venti colpi, egli confessò alla fine che Yi Hangfu in realtà era spesso impegnato a Zhulin. La signora Wu allora ordinò alla sua cameriera di andare a cercare una corda per legarlo e attese il ritorno del consorte per metterli a confronto. Quando quella sera il marito rientrò, evidentemente dalla casa della signora Xia, la signora Wu stava per domandargli quali erano stati gli affari che lo avevano trattenuto così a lungo, ma poi non lo fece. Anche se dentro di sé temeva i sospetti della sua consorte, Yi Hangfu era diventato, a poco a poco, indifferente. Quando rientrò, quel giorno, non solo non badò a lei, ma se ne andò a dormire da solo. Terribilmente oppressa, ella si disse con collera: "L'uomo che coglie il fiore dei campi trascura il fiore del suo giardino! E' a causa di questa avventura galante che egli mi ignora. Attenderò il suo risveglio per interrogarlo e vedere come reagirà". Nel cuore di quella notte Yi Hangfu si svegliò all'improvviso, domandando che gli si portasse del tè. La signora Wu chiamò la cameriera perché si alzasse e facesse bollire l'acqua. «Ho veramente troppa sete - disse Yi Hangfu; - è inutile preparare il tè. Portatemi
dell'acqua fresca, sarà più semplice.» La cameriera gli portò con premura una ciotola d'acqua fresca: Yi Hangfu la vuotò d'un sorso. In realtà quel giorno aveva avuto dei rapporti con la signora Xia; ma, ritornato a casa ubriaco, aveva dimenticato tutto. Aveva appena bevuto che le sue viscere si bloccarono ed egli sentì un violento dolore al ventre. I suoi occhi, stravolti, cambiarono colore ed egli prese a battere la testa contro il muro, rotolandosi per gli spasimi. «Ma che cos'hai, dunque?» gli domandò la moglie. «Ho un terribile male al ventre - rispose lui. - Vieni, presto, ad aiutarmi.» «Con chi, dunque, mi hai tradito in modo così infamante? E adesso mi chiami perché ti aiuti!» Fingendo di avere sonno, lo lasciò gridare senza prestargli la minima attenzione. Ma la cameriera, che lo sentiva urlare in quel modo, disse preoccupata alla sua padrona: «Anche se il mio signore ha avuto degli "affari" fuori casa, non si può lasciarlo soffrire così. Come non soccorrere chi è in pericolo di morte?». La signora Wu pensò allora che la sua cameriera avesse ragione e le domandò di procedere nel seguente modo: «Tu afferra il suo muscolo e, mordendolo, tienilo fino a che egli sudi così tanto da guarire». La cameriera, a dire il vero, era stata altre volte vittima degli ardori di Yi Hangfu; obbedendo alla sua padrona, salì sul letto e gli tenne il muscolo, mordendo senza mollare. Poi la signora Wu si alzò e vide che, effettivamente, Yi Hangfu era in uno stato critico e che sudava abbondantemente. Ma ben presto il dolore scomparve dal suo ventre ed egli si addormentò, russando. Il mattino seguente la signora Wu si alzò, fece la sua toilette e chiuse la porta della camera. Prese un bastone e, sollevando le coperte, domandò a suo marito: «Ieri non sei stato a palazzo. Con quale dissoluta hai ancora dei rapporti? Parla subito ed eviterai il bastone». Il risveglio fu così improvviso che Yi Hangfu non poté trovare lì per lì una scusa. Se ne stette cheto. Passò un momento e, poiché continuava a non dire una parola quella riprese: «Bene, tu eri dalla signora Xia, e non dire che non è vero.» «Ti ho fatto un giuramento - rispose lui alla fine, - come avrei potuto ritornare da lei?» «Ho un testimone - rispose la moglie. - Mandiamo qualcuno a cercare il servitorello. Non appena vide quest'ultimo arrivare, Yi Hangfu si sentì tradito e si domandò che cosa il ragazzo avesse effettivamente potuto dire. A quel punto la moglie gli raccontò che cosa il servo aveva confessato quando era stato interrogato. «Non ha ricevuto abbastanza colpi - disse Yi Hangfu, - dato che mente in questo modo. Non dargli retta.» Ma la signora Wu rifiutò di credergli e gli disse: «Io proprio me ne infischio che tu ci sia andato o no. Mi scriverai un attestato di separazione perché io possa trovare un marito più adatto di te». Yi Hangfu esitava e non osava accettare. Sua moglie gridò, urlò e s'infuriò in un fragore sempre più assordante. Yi Hangfu non poté fare altrimenti. Costretto e obbligato scrisse l'attestato e lo porse alla moglie: «Leggimelo» disse ella. «Io, Yi Hangfu, ho redatto questo documento perché la mia consorte e io non viviamo più in buona armonia. La mia consorte desidera vivamente che io mi separi da lei. Yi Hangfu prenderà un'altra moglie ed ella un altro marito e mai vi saranno da una parte e dall'altra parole di ripensamento. Questo atto ne fa fede.» Quando la lettura fu terminata, la signora Wu afferrò il documento per darvi un'occhiata. «Ma non c'è il sigillo - disse. - Come sarà autenticato?» Yi Hangfu, dunque, appose il proprio sigillo sull'attestato. Non appena lo ebbe tra le mani, sua moglie lo chiuse in una valigetta e si preparò a ritornare dalla sua famiglia d'origine. Yi Hangfu fu rattristato all'idea di vederla andarsene sotto i
suoi occhi. Ma ella, da parte sua, non manifestava il minimo desiderio di rimanere con lui. Dopo una spossante giornata di viaggio, la donna penosamente arrivò a casa sua. I genitori le diedero un nuovo sposo, che era carpentiere. Ma poiché il suo "yang" era veramente troppo piccolo, ella ebbe rapporti intimi con un altro carpentiere, compagno di lavoro del nuovo marito. Egli si chiamava Qie Bao, o Zoticone il Preservato. Il suo membro virile era lungo più di nove pollici; egli non aveva ancora preso moglie e, quando palpò la compagna, non sapeva precisamente se faceva bene o male. Si dà il caso che fece male, prendendola con tutte le sue forze. La signora Wu fu vittima di una grave emorragia; il sangue riempì le coperte, ella svenne e morì. Ma di tutto ciò non c'è altro da dire. E non serve neppure precisare che, dopo la separazione dalla moglie, Yi Hangfu s'incontrava ogni giorno con Kong Ning e che essi trascinavano il duca Ling dalla signora Xia per godervi piaceri lussuriosi. La signora Xia era veramente oltremodo libidinosa, e un solo compagno non la soddisfaceva più. Un giorno, mentre tutti e tre stavano bevendo, ella disse loro: «Ecco che, alla luce del giorno, il mio cuore è turbato da pensieri primaverili, quale sarà l'amante galante che mi rallegrerà?». A queste parole i tre uomini si misero a litigare e la signora disse loro, ridendo: «A che pro fare così? In quanto membri della stessa famiglia, non possiamo stare allegri tutti insieme?». Essi accettarono. E fu così che, in pieno giorno, si slacciarono gli abiti e si ritrovarono completamente nudi. La signora Xia si sdraiò e fu il duca Ling che, per primo, s'arrampicò sul letto; la prese per la vita e con un sol colpo fece entrare il suo membro virile proprio nella porta della sua valle. Il membro di giada penetrò ben diritto. Il duca entrava e usciva con forza bruta. Yi Hangfu li guardava con impazienza. Gli sembrò di sentir ridere Fior di Loto fuori. Così aprì la porta: in effetti era proprio lei. La donna voleva fuggire, ma egli la prese per la vita e, tenendola da dietro, aprì i suoi pantaloni. Mentre cominciava a darsi da fare alla maniera del fuoco che prende l'altro lato della montagna (1), egli sentì il duca Ling dire: «Venite in fretta, amici miei, ho emesso il mio seme troppo presto!». Yi Hangfu lasciò allora Fior di Loto perché desiderava la signora Xia. Ma non è forse vero che bisogna alzarsi nel cuore della notte per agire per primi? Egli fu preceduto da Kong Ning che, drizzata la lancia, cavalcò la signora. La bocca contro le sue guance profumate, egli le sussurrava dei «cara, cara» poi si mise a tirare e a spingere ed essi si agitarono senza ritegno dandosi a lungo piacere, spartendo più le vittorie che le sconfitte. Yi Hangfu, con un'impazienza mal contenuta, sollevò con una mano Kong Ning e lo fece discendere. Poi si girò e saltò a sua volta su di lei. Il rumore del va-e-vieni era assai più forte di prima, un po' perché il membro virile era molto più ragguardevole di quello dei suoi compagni, e un po' perché egli aveva preso delle sostanze primaverili che l'aiutavano nello scontro. Allora, sventolando largamente le bandiere e suonando con forza il tamburo, egli picchiava e sbatteva provocando un tal piacere alla signora Xia che questa non smetteva di dire parole galanti su parole galanti e ripeteva all'infinito: «Mio caro, mio caro». Yi Hangfu la pregò allora di cavalcarlo a sua volta, per fare come la lampada da cui si rovescia l'olio. (2) Mentre essi godevano in modo davvero rumoroso, Kong Ning rovesciò la signora e la cavalcò con gran foga. A quel punto Yi Hangfu si vestì velocemente e se ne andò. Kong Ning non gli prestò la minima attenzione, per combattere finalmente da solo per buona parte del giorno. E non fu che quando si videro accendere le lampade che egli emise il seme. Egli e il duca Ling si vestirono e se ne andarono. E se volete sapere che cosa successe dopo la partenza precipitosa di Yi Hangfu, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo e lo comprenderete facilmente. NOTE. Nota 1. L'espressione indica il coito anale e può suggerire anche la presenza vicina di un'altra coppia.
Nota 2. Questa espressione sta a indicare la posizione di accoppiamento nella quale l'uomo si trova sotto la donna; in tal modo le sei regioni della vagina (l'«olio della lampada») scorrono lungo l'asta del pene. CAPITOLO SETTIMO. "Zhulin è occupata dal solo Yi Hangfu. Il duca Ling subisce la collera di Xia Zhengshu." Dopo la partenza del duca Ling e di Kong Ning, la signora Xia pensò: "Com'è partito in fretta Yi Hangfu! E se fosse arrabbiato con me? Non dovrei approfittare del fatto che gli altri se ne sono andati per riceverlo stanotte e divertirmi da sola con lui? Eccellente idea!". Ordinò allora a Fior di Loto d'andare a cercarlo nel cuore della notte. Yi Hangfu, dopo che Kong Ning l'aveva spinto e fatto scendere da cavallo, era piombato in una tristezza opprimente. Ritornato a casa, si preparava a prendersi un po' di riposo quando all'improvviso udì qualcuno alla porta che lo chiamava. In fretta e furia aprì e vide Fior di Loto. Egli l'attirò a sé e la baciò sulla bocca: «Mia amata, qual è il motivo che ti porta qui a quest'ora così tarda della notte?». «Il duca e Kong Ning sono partiti - rispose quella - e la mia padrona mi manda a cercarvi. Accetterete il suo invito?» Yi Hangfu l'abbracciò di nuovo, dicendo: «Mia amata, come conosce bene il mio cuore la tua padrona!». «Il cuore della mia signora è soprattutto impaziente di vedervi arrivare tra breve» ribatté la cameriera. Yi Hangfu cambiò allora i suoi vestiti con un abito blu e un piccolo copricapo e si recò a Zhulin in compagnia di Fior di Loto. La signora Xia era seduta nel padiglione dei ricami e, quando lo vide arrivare, fu contenta come se avesse posseduto un favoloso tesoro. Domandò allora a Fior di Loto di preparare rapidamente cibo e bevande spiritose, e si mise a bere con Yi Hangfu. «Come voi ben sapete, poco fa Kong Ning mi ha obbligato a rovesciarmi e non mi ha lasciato il tempo di farvi raggiungere il piacere. Io me ne sono preoccupata e così vi ho fatto cercare.» «Quel cafone di Kong Ning è così egoista - rispose lui - che è del tutto incapace di dividere con altri il suo diletto. Quell'uomo dappoco è veramente di quelli che interrompono le discendenze! La questione non riguarda voi signora, perché preoccuparvene? D'ora in avanti noi aspetteremo che gli altri due siano partiti per divertirci.» Mentre parlavano, dalla cucina avevano già portato i cibi ed essi si ristorarono in previsione della battaglia. Poi chiusero con cura la porta del padiglione, si tolsero gli abiti e si trovarono ben presto svestiti dalla testa ai piedi. Fior di Loto, a sua volta, si levò gli abiti, e si sedettero tutti e tre sul letto per bere del vino. Yi Hangfu allora disse: «Io non vi dirò il tedio che prova un uomo a tenere questa coppa nel cavo della mano. Non sarebbe meglio metterla in un altro luogo e chinare la testa per berne il contenuto? O forse la cosa è troppo difficile?». La signora Xia si sdraiò allora sul dorso e levò alte, molto alte, le gambe. Yi Hangfu prese una coppa che appoggiò all'entrata della valle. Fior di Loto fu pregata di riempire la coppa e Yi Hangfu, chinandosi, vi bevve direttamente. La sua capacità di reggere le libagioni era così grande che gli ci volevano almeno dieci coppe per cominciare a farsi una piccola idea del vino. Poi, togliendo la coppa, egli eccitò con il dito il cuore del fiore della signora Xia, la cui valle era stretta come al solito. Il dito piccolo che vi era infilato fu subito inghiottito. Yi Hangfu l'eccitò in questo modo ancora per un momento. Il suo membro virile si drizzò saldo e rigido. Allora egli fece uscire dalla cintura del suo abito un pacchetto che conteneva i suoi strumenti di piacere. Prima di tutto prese un oggetto di forma circolare chiamato "anello per allucchettare lo 'yang'" che mise alla radice del suo membro di giada. Tirò fuori poi una pillola afrodisiaca conosciuta come "pillola per ingrandire lo 'yang' e far durare a lungo la
battaglia" e poi, infine, una cosa di quattro o cinque pollici di lunghezza del tutto simile a un membro virile, chiamata "inguine di Canton", che egli passò a Fior di Loto: «Mentre la tua padrona e io saremo indaffarati, tu certo ti annoierai un po'. Prendi dunque questo per passare il tempo!». «E come si usa?» domandò Fior di Loto. «Bisogna lasciarlo a mollo nell'acqua calda e diventerà duro. Fior di Loto ubbidì e quel coso divenne infatti duro come un membro di giada. Ella l'infilò nell'entrata della sua valle e d'un sol colpo lo fece penetrare. «E poi, come farlo uscire?» «Non è certo questo il modo di usarlo! - le rispose Yi Hangfu ridendo. - Annoda il laccio rosso che si trova nella parte superiore alla tua gamba e fa' dei va-evieni. Andrà molto meglio!» E così ella fece. Quando Fior di Loto premeva verso il basso lo faceva entrare, e quando sollevava verso l'alto lo faceva uscire. E tirando e spingendo in questo modo provava un vero piacere. Vedendo che si dava da fare in modo sicuro e corretto, Yi Hangfu inghiottì finalmente la pillola afrodisiaca e il suo "yang" apparve subito dotato di nuova forza: le vene si dilatarono e crebbe di un pollice, e si allargò in modo non meno spettacolare. La signora Xia, stesa sul dorso, pose le sue gambe ben allargate sulla balaustra del letto e Yi Hangfu ci si sistemò dentro. Mirò l'interno della fessura e, dando un colpo, non riuscì a farvi penetrare che la metà della testa della sua tartaruga. Spinse un'altra volta, ma più spingeva e meno poteva muoversi. La signora allora gli domandò: «Come mai non potete neppure entrare?». «E' troppo stretta» rispose lui. «Domandate a Fior di Loto di aiutarvi - gli disse ella; con la forza di due persone non è possibile che voi non possiate aprirvi la strada!» Ed effettivamente, dopo che Fior di Loto si fu messa dietro di lui, si diedero a spingere con forza tutti e due insieme, si incoraggiarono con degli «aie, aie, ya, ya» fino a che il suo membro fu inghiottito fino alla radice. Yi Hangfu sentì allora il calore bruciante di quella valle dove non c'era il minimo interstizio. Meraviglia che le parole non possono esprimere! Egli rimase là senza muoversi in alcun modo. «Sbrigatevi a tirare e spingere un po' - gli disse la signora Xia: - mi pizzica!» Yi Hangfu ubbidì e, sollevando il suo membro di giada, diede qualche colpo, poi di nuovo si fermò. Considerando la cosa insopportabile, la signora mise all'opera la sua energia, imprimendo un movimento montante e discendente alla sua valle. I due non si muovevano e tuttavia il membro di giada sfregava a sinistra e scuoteva a destra come nel va-e-vieni abituale. Essi presero piacere un momento. Benché non avesse ancora emesso il seme, Yi Hangfu si sentiva completamente esausto. Poiché stava per ritirarsi, la signora lo strinse con forza e glielo impedì. Questa energia gli giovò a rizzarsi di colpo verso l'interno e il suo membro di giada si mise a scattare da solo come prima. Si diedero da fare un momento ancora, poi Yi Hangfu disse: «Io non ne posso più. Sono tutto indolenzito». La signora Xia abbassò allora le gambe e rilasciò la sua energia. Yi Hangfu uscì. E dopo un po' di riposo, la porta di quella valle era serrata come prima. Più tardi il fuoco del desiderio incendiò di nuovo Yi Hangfu, che la penetrò piantando la sua lancia ben dritta. E poiché la signora Xia non volle più controllare il suo respiro, la porta della valle s'allargò e Yi Hangfu poté fare dei va-e-vieni a suo piacimento. Essi arrivarono così al momento più vivace. Da parte sua Fior di Loto aveva sentito un fuoco terribile bruciarla, così aveva tirato e spinto con tutte le sue forze e senza interruzione sull'"inguine di Canton"; e senza dubbio fu quello il guaio: lo aveva tirato troppo. Si udì improvvisamente un rumore. Il laccio si era rotto e il coso era partito verso l'interno! Da fuori, in effetti, non se ne vedevano più tracce. Le mani e i piedi di Fior di Loto diventarono di ghiaccio e i suoi occhi non cessavano di girare. Vedendola così, Yi Hangfu disse: «Questo non mi dice nulla di buono! Ha rotto il laccio». Ritirando il suo membro di giada, scese in fretta dal letto per soccorrere Fior di
Loto. Sollevandola, pregò la signora Xia di aiutarlo a ritrovare l'"inguine di Canton". La signora cercò un momento e non poté estrarlo. E fu ancora Y. Hangfu che, premendo con la mano sul piccolo ventre di Fior di Loto, spinse verso il basso e finalmente lo fece uscire. La cameriera a poco a poco tornò in sé, mentre Yi Hangfu prendeva di nuovo piacere con la signora Xia. E si dovette attendere che il sole fosse già alto nel cielo perché essi cessassero di combattere. Alla fine si separarono. Torniamo adesso a Xia Zhengshu, il figlio della signora Xia che, durante tutto questo tempo, in modo inavvertibile, era cresciuto ed era diventato adulto. Quando si rese conto dei maneggi di sua madre, fu come se dei coltelli gli avessero trafitto il cuore. Poiché, per di più, la sua semplice presenza infastidiva il duca di Chen, egli davvero non sapeva più come contenersi. Ogni volta che il nobiluomo si recava a Zhulin, egli si allontanava con un pretesto qualsiasi, evitando di presentarsi davanti al suo signore per serbare i suoi occhi puri da tutte quelle infamie. Ah, come sarebbe stato meglio per quei depravati se Zhulin non fosse esistita! Ma Zhengshu aveva ora diciotto anni. Di nobile aspetto, egli eccelleva nel tiro con l'arco. Volendo rallegrare il cuore di sua madre, il duca Ling lo nominò "sima" o ministro della Guerra. Dopo aver ringraziato il duca, Zhengshu tornò a Zhulin, dove vide la madre. Egli si prosternò davanti a lei e l'ascoltò: «Tu - ella gli disse - hai ottenuto questa carica per il favore del duca. Sappila rispettare ed esercitare nel modo appropriato così da allontanare le disgrazie dal tuo paese. Peraltro non serve che tu ti preoccupi degli affari della tua casa». Seguendo gli ordini di sua madre, Zhengshu si recò a palazzo per sistemarvi i suoi affari. Un giorno che il duca Ling, Kong Ning e Yi Hangfu si erano daccapo recati a Zhulin per svagarsi, Zhengshu decise di rientrare a casa sua; egli fece preparare delle stuoie per onorare il duca con un banchetto. Poiché il figlio si trovava là, la signora Xia non osò uscire a tener compagnia ai tre compari che, dopo qualche bicchiere di vino, si misero a celiare nella maniera più stupida possibile, danzando con le mani e pestando con i piedi. Zhengshu, che provava una terribile repulsione nel vederli fare tali cose, si ritirò dietro un paravento e vi si tenne nascosto per ascoltarli. Il duca disse a Yi Hangfu: «Zhengshu ha un portamento fiero. Vi assomiglia un po'. Non sarete per caso voi il padre?». «Voi siete tutti e due troppo giovani per essere suo padre - dichiarò Kong Ning. I suoi padri presuntivi sono così tanti che la dignitaria Xia non si ricorda neanche più di chi è figlio, quello!» I tre uomini scoppiarono a ridere, battendo le mani. Udendoli parlare in quel modo, Zhengshu sentì la vergogna e il disgusto invadergli il cuore. Egli non poté contenere la sua collera. Non è forse vero che, se l'autentica collera s'impossessa del cuore, l'astio fugge dalla vescicola? (1) Egli chiuse di nascosto sua madre nelle sue stanze e uscì dalla residenza per una porta segreta. Diede l'ordine ai soldati del suo seguito di circondare gli appartamenti privati e di trattenervi il duca di Chen, Kong Ning e Yi Hangfu. La residenza fu circondata dalla massa compatta dei soldati mentre Zhengshu, rivestito della sua corazza e tenendo in mano una daga affilata, esortava i suoi prodi e ordinava loro con voce stentorea: «Acciuffate quei banditi osceni!». Il duca Ling stava ancora là a ridere e a bere vino a dispetto del buon senso. Kong Ning gli disse subito: «Signore, tutto ciò non mi dice niente di buono Zhengshu non era animato da intenzioni benevole quando vi ha invitato a questo banchetto, ed ecco che ora dirige i soldati contro di noi. Ha appena ordinato loro di arrestarci. Filiamocela il più in fretta possibile!». «La porta davanti è circondata - disse allora Yi Hangfu - bisogna scappare da quella sul retro.» Il duca Ling corse allora verso il retro della residenza con la speranza di rifugiarsi presso la signora Xia, negli appartamenti privati. Ma la porta era stata chiusa a chiave. Completamente in preda allo sgomento, si precipitò verso il bosco. Infatti si era ricordato che, di lato e vicino alle scuderie, c'era un piccolo muro
che si poteva facilmente scavalcare. Mentre correva, Zhengshu gli gridò: «Non fuggite, duca insensato!». E gli scoccò una freccia che non raggiunse il bersaglio. Il duca, sempre più attonito, non poteva proseguire. Zhengshu si avvicinava sempre di più e gli scoccò una seconda freccia. E se voi non sapete ancora quale fu il destino del duca Ling, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Secondo un'antica tradizione cinese, la vescicola biliare è la sede della determinazione. In caso di collera, tale vescicola si gonfia e s'ingrossa. CAPITOLO OTTAVO. "Il ministro dalla parola sagace ostacola un amico e dissimula le sue intenzioni. Dopo una giusta esortazione, il re Zhuang di Chu ridona a Chen l'investitura". In effetti la freccia di Zhengshu aveva colpito il duca Ling in pieno cuore. Egli lanciò un gran grido cadendo a terra, i suoi occhi si chiusero e morì. Kong Ning e Yi Hangfu avevano visto il loro signore dirigersi verso est; sapevano che Zhengshu non se lo sarebbe lasciato scappare, così corsero verso ovest, cercando di raggiungere i campi di caccia e gli orti. Zhengshu, come s'è visto, aveva dunque riacciuffato il duca Ling, mentre i due uomini fuggirono per uno di quei pertugi nei muri che servono al passaggio dei cani. E, a mani vuote, andarono a rifugiarsi nel regno di Chu. Dopo aver ucciso il duca di Chen, Zhengshu tornò in città seguito dai suoi armati. Egli raccontò poi che il duca, assunta una bevanda, si era improvvisamente sentito male ed era morto. Il duca Ling aveva designato a succedergli sul trono di Chen suo figlio Wu. Questi, che prese il nome di duca Cheng, odiava profondamente Zhengshu. Egli tuttavia non poté intraprendere alcuna azione contro di lui, tanto era grande la sua potenza. Zhengshu, da parte sua, temeva che gli altri Stati approfittassero della situazione per invadere il principato, così costrinse il duca Cheng a recarsi a Jin per stringere un'alleanza. Ma lasciamo stare Zhengshu e il suo nuovo signore per parlare del regno di Chu, che aveva appena mandato a Chen un ambasciatore con la missione di fare un patto con il duca di Chen, a Chenling. L'ambasciatore, quando sentì parlare delle discordie che agitavano Chen, se ne tornò nel suo paese. Possiamo dire che Kong Ning e Yi Hangfu si erano per l'appunto rifugiati a Chu. Essi ebbero un incontro con il re e, nascondendogli la natura licenziosa delle discordie in questione, gli dissero che Xia Zhengshu si era ribellato e aveva ucciso il duca di Chen. Questo concordava perfettamente con il rapporto del diplomatico. Il re di Chu riunì quindi i suoi ministri per discutere la situazione. Fra questi vi era un nobile dignitario del clan Qu, figlio di Qu Dang, chiamato Wu, e il cui nome pubblico era Ziling. Quest'uomo dalle maniere signorili possedeva molto talento per le lettere e le armi. Non aveva che un difetto: l'amore smodato per le donne. Egli si dedicava in modo davvero eccezionale all'arte della camera da letto decantata da Pengzu. (1) Molti anni prima era stato inviato in missione a Chen e aveva intravisto il viso della signora Xia. Egli aveva anche sentito parlare della sua abilità nell'"arte di raccogliere i frutti della battaglia" e desiderandola ardentemente, voleva fare di tutto per conquistarla. Il fatto che Zhengshu, figlio della signora in questione, avesse ucciso il suo signore, lo favoriva nell'impresa. Incoraggiò caldamente il suo sovrano, il re di Chu, a muovere l'esercito contro Chen. E fu così che Zhuang di Chu fece a Chen la seguente dichiarazione: «Io, re di Chu, vi rendo noto quanto segue: Zhengshu del clan Shaoxi, ha ucciso il vostro signore. Le divinità e gli uomini provano un grande risentimento nei suoi confronti. Il vostro principato è incapace di punire il colpevole, noi lo puniremo
al posto vostro. Il crimine è solo suo. Che i ministri e il popolo rimangano quieti e non causino alcun disordine». La missiva fu quindi inviata a Chen. Quando gli abitanti del principato ne vennero a conoscenza, ascrissero tutta la colpa a Zhengshu. Inoltre speravano che l'esercito di Chu li aiutasse a cacciarlo. Ciò spiega perché non si opposero a questo intervento. Il re Zhuang di Chu in persona condusse le sue sei armate, comandate dai principi Yingqi e Ce, dai dignitari Qu Wu e Lianyin Xianglao e dagli altri grandi generali. Rapido come le nuvole spinte dal vento, l'esercito raggiunse direttamente il principato di Chen e ne passò le frontiere con una facilità sconcertante. E, cosa che doveva tranquillizzare moltissimo gli abitanti di Chen, non furono operati saccheggi. Sapendo che l'odio si era sparso tra il popolo, Zhengshu si era rifugiato a Zhulin. Si sa che in quel momento il duca Cheng di Chen, che per ordine di Zhengshu si era recato nel regno di Jin, non era ancora ritornato. E fu l'alto dignitario Yuan Po a ordinare al figlio Qiao Ru di riunire i suoi soldati per recarsi a Zhulin e catturarvi Zhengshu. Ma Qiao Ru non si era ancora messo per strada che l'armata di Chu aveva già conquistato il principato. Si è visto che il popolo di Chen era a quel punto favorevole ad aprire le porte della città al re di Chu, così che quest'ultimo vi entrò senza colpo ferire. Tutti i generali di Chen, e fra questi Yuan Po, si accalcarono davanti a lui. Il re di Chu domandò loro dove si trovasse Zhengshu, e Yuan Po rispose che si era rifugiato a Zhulin. «Come potete tollerare un simile ribelle?» esclamò il re di Chu. «Le nostre deboli forze non ci permettono di punirlo» rispose Yuan Po. Il re ordinò allora a Yuan Po di dirigere i suoi armati verso Zhulin e lasciò acquartierati in città solo quelli del principe Yingqi. Poiché i soldati di Chen non osarono disobbedire agli ordini dell'esercito di Chu, Zhulin fu circondata e Zhengshu fatto prigioniero. Il re di Chu diede ordine di tenerlo rinchiuso dentro un carro nelle retrovie e domandò perché non si vedesse la signora Xia. Egli mandò un ufficiale e alcuni soldati a cercarla all'interno della residenza. Mentre Fior di Loto era fuggita, dio solo sa dove, la signora Xia si trovava là. Quando fu condotta davanti al re, ella salutò e disse: «La sventura è su di me, il mio paese è in preda alla discordia e la mia famiglia è rovinata. Il mio destino è nelle vostre mani, o grande re. Se voi mi farete la grazia di concedermi la vita, io accetterò di servirvi come una schiava». Dopo aver così parlato, l'affascinante signora aveva un'aria ancora più nobile. Da quando l'aveva vista, il re di Chu aveva avuto il cuore turbato e fu per questo che si rivolse ai suoi generali nei seguenti termini: «Il vostro re possiede numerose concubine, ma è raro incontrare una simile bellezza. Ho intenzione di accoglierla nei miei palazzi. Che cosa ne pensate?». «E' impossibile, sire, è assolutamente impossibile - sostenne Qu Wu. - Io vi ho domandato di mandare il vostro esercito a Chen per punire un colpevole. Se accogliete presso di voi la signora Xia, questo accade per la sua grazia. Punire un crimine è giustizia, bramare la bellezza è lussuria. Esaltare la giustizia per assecondare poi la licenza, sire, non è condotta degna di voi.» «Qu Wu ha parlato in tutta equità - rispose il re, - io non posso dunque accoglierla. Ma come trovarle una sistemazione in un luogo sicuro?» In quel momento il principe Ce, che si trovava lì accanto e che desiderava anch'egli la signora Xia, si inginocchiò e rivolse al suo sovrano questa preghiera: «Il vostro ministro è in età matura e non ha ancora preso moglie. Io vi prego insistentemente, maestà, di farmi la grazia di concedermela in sposa». Ma di nuovo Qu Wu doveva esortare il re ribattendo: «Voi non potete accettare, sire». Il principe Ce montò allora in collera: «E per quale ragione Qu Wu non mi permette di prendere la signora Xia in sposa?». «Non vi è - rispose Qu Wu, - tra il cielo e la terra, un essere di più funesto augurio di questa signora. Io so che ella è la causa della morte di Zi Man, dell'assassinio del duca Ling, e che per colpa sua la sciagura si è abbattuta su Xie Ye. Il principato di Chen è in preda a gravi disordini tutti provocati da lei. Io ve lo ripeto: non vi è alcuno di più cattivo augurio di costei. Vi sono sotto il
cielo legioni di bellezze, perché prendere in sposa proprio questo oggetto di lussuria che più tardi non potrà che opprimervi per i rimorsi?» «Qu Wu ha parlato in tutta equità» disse il re di Chu. «Poiché le cose stanno così - rispose il principe Ce, - neppure io la prenderò in sposa. Una cosa soltanto: Qu Wu ha detto che il re non può accoglierla e che io non la posso sposare. Non sarà forse perché è Qu Wu che la vuole?» «Come ardirei avere un simile desiderio?» rispose con foga Qu Wu. «Se un oggetto non ha proprietario - proseguì il re, - tutti se lo disputano. Ho sentito dire che Lianyin Xianglao ha perduto da poco la sua sposa. Gli darò la signora Xia in moglie.» Xianglao comandava allora la retroguardia; il re lo fece chiamare e gli diede la signora Xia in sposa. Il principe Ce allora disse: «Se le cose stanno così, ebbene, pazienza!». Intanto Qu Wu pensava tra sé: "Che peccato! Che peccato! Una donna così galante! Come potrà questo vecchio essere all'altezza? C'è da scommettere che da qui a sei mesi o un anno sarà di nuovo vedova; farò in modo, allora di farne la mia sposa". Ma lasciamo Qu Wu ai suoi pensieri. Il re di Chu doveva passare la notte a Zhulin e ritornare il giorno dopo nella capitale. Egli fece uscire Zhengshu dalla sua prigione e diede l'ordine di farlo squartare. Per registrare questi avvenimenti, un archivista scrisse la seguente poesia: "Il duca di Chen si dava ai bagordi, ma non era là per sua scelta. Quando Zhengshu lo uccise, tutti denunciarono l'assassinio del loro signore. Nel reame, allora, ministri e popolo avevano le mani legate; come una pioggia opportuna, il re Zhuang di Chu e il suo esercito vennero a liberarli". Il re Zhuang aveva già dato disposizioni per ogni cosa. Aveva esaminato i registri e le carte territoriali e fatto di Chen una circoscrizione del suo regno. Nominò il principe Yingqi duca di Chen e gli diede ordine di vegliare sulle sue terre. I dignitari dei due Stati si recarono allora a palazzo per esprimere le loro felicitazioni. Anche Yuan Po, che pure conosceva così poco l'equità, dovette farsi violenza per presentare i suoi omaggi. Mancava solo un certo Shen Shushi, che era stato mandato in missione nel regno di Qi prima della resa di Chen, e che non era ancora tornato. Tre giorni dopo i fatti, egli rientrò. Fece il resoconto della sua missione e si ritirò in fretta, senza neppure rivolgere al re le sue felicitazioni. Il sovrano mandò subito un eunuco a casa sua con il seguente messaggio: «Xia Zhengshu ha ucciso il suo signore e io l'ho punito mettendolo a morte. I registri e i catasti di Chen sono già a Chu. Tutti hanno celebrato la mia rettitudine e nessuno dei dignitari ha mancato di congratularsi con me. Voi siete il solo a non avere detto alcunché. A vostro avviso, avere sottomesso il regno di Chen costituisce una colpa?». Dopo aver ascoltato, Shen Shushi seguì il messaggero per andare a far visita al re Zhuang. Gli disse: «Sire, conoscete la storia dell'uomo il cui bue calpestò un campo e al quale tale bue fu sequestrato?». «No» rispose il re. «C'era una volta un uomo che condusse il suo bue per la cavezza nel campo di un altro, lasciandogli calpestare le spighe sotto le zampe. Per la collera, il proprietario del campo si impadronì del bue di quest'uomo. Se questa causa fosse presentata davanti a voi, sire, come la risolvereste?» «Quello che ha permesso al suo bue di calpestare il campo è in torto, non è però così colpevole come quello che si è impadronito del bue - rispose il re, che proseguì: - bisogna quindi punire, ma con mano leggera, quello che ha condotto il suo bue sul campo dell'altro, ma quest'ultimo deve restituire l'animale. Non è un giudizio equo?» «Sire, com'è possibile che abbiate compreso così bene questa causa e che vi siate mostrato così poco illuminato per quanto riguarda Chen? E' Zhengshu che ha commesso
un crimine, non il suo paese, e per questo voi l'avete punito, e ciò è sufficiente. Ma perché impadronirsi anche del principato? Qual è la differenza tra voi e quello che si appropria del bue? E di che cosa io dovrei congratularmi con voi?» Il re Zhuang allora si alzò e dichiarò: «Avete parlato con equità. Faccio immediatamente chiamare il dignitario di Chen, Yuan Po». Quando questi fu arrivato, il re gli disse: «Desidero ridonare l'investitura al vostro principato: voi potete ricevere e rimettere sul trono il vostro duca. Di generazione in generazione, Chen rimarrà il fedele alleato di Chu e non avrà cuore da ribelle. Desidero anche che Kong Ning e Yi Hangfu rientrino a Chen per assistere il loro signore». I tre dignitari di Chen, Yuan Po, Kong Ning e Yi Hangfu salutarono allora il re e si misero in cammino. Al momento di lasciare il regno di Chu, incontrarono il loro signore che tornava dalla missione a Qi. Quest'ultimo aveva saputo che il suo principato era stato annesso al regno di Chu e si recava là per incontrare il re Zhuang. Yuan Po lo informò delle decisioni del re, e duca e ministri galopparono verso il principato di Chen. Il principe Yingqi, a quel punto, aveva già ricevuto l'ordine di ritornare a Chu e aveva restituito i registri e i catasti di Chen. Una poesia avrebbe più tardi testimoniato questo grande gesto del re di Chu: "Chi sa che, dopo essere stato annesso, il principato di Chen fu restituito? Come Shun il Benefico, (2) il re obbedisce a un consiglio recente; della virtù di Chu la fama, al di là dei quattro mari, s'è udita. Ma ricordatevi che il re d'uno Stato uccise il ministro d'un principato". NOTE. Nota 1. Personaggio mitico a cui era attribuito un manuale sessuale. Nota 2. Shun, l'ultimo dei cinque imperatori delle dinastie leggendarie, avrebbe regnato tra il 2257 e il 2208 a. C. CAPITOLO NONO. "Nel mondo delle tenebre Xie Ye riveste una carica. Xia Zhengshu, agli inferi, è assolto da ogni colpa". Dunque, seguendo il consiglio di Shen Shushi, il re di Chu aveva rimesso il duca Cheng sul trono del principato di Chen, e i dignitari Kong Ning e Yi Hangfu erano tornati alle loro case. Poco più di una dozzina di giorni erano trascorsi dal loro ritorno quando, un bel mattino, Kong Ning si alzò presto per andare a lavarsi le mani. Mentre usciva dallo stanzino, si alzò improvvisamente una tempesta di vento glaciale che gli sferzò il viso. Preso dal terrore, Kong Ning starnutì. E attraverso una fitta nebbia vide Xia Zhengshu che brandiva due coltelli; il suo corpo era macchiato di sangue. Con i denti serrati, apostrofò Kong Ning: «Presto, Kong Ning, rendimi la vita!». Dietro Zhengshu, Kong Ning scorse allora il duca Ling, scarmigliato e con i piedi nudi; la freccia a dente di lupo era sempre confitta nel suo cuore. «Tu mi hai davvero causato delle sofferenze!» disse a Kong Ning. Quattro o cinque demoni che portavano delle catene di ferro gli si accalcavano dietro. Appena li vide, Kong Ning sentì le sue facoltà spirituali dileguarsi al di là del cielo e le sue facoltà materiali disperdersi nei nembi del nono ordine. (1) Morto di paura, rientrò precipitosamente nella sua camera. Ma fu preceduto da Zhengshu, che era sempre davanti a lui e lo colpì con un coltello in piena testa. Ferito, egli cadde a terra, piedi e mani irrigiditi. Chiamò aiuto, senza avere risposta. Il suo viso aveva il colore della terra. La gente di casa non sapeva veramente che cosa fare per lui, così semplicemente lo aiutarono a rialzarsi prima di stenderlo sul suo letto. Egli vi rimase per un po' e, verso la metà del giorno, riprese a poco a poco conoscenza. L'incessante dolore alla testa non lo aveva abbandonato e lo faceva urlare, ma nessuno capiva la causa di quelle crisi. All'improvviso si alzò e saltò
giù dal letto. I suoi occhi si dilatarono e guardò fisso di fronte a sé. Poi s'impadronì di una sedia e, completamente stravolto, cercò di colpire chiunque gli fosse d'intorno. Allora gli astanti compresero che era diventato pazzo. E tutti, piccoli e grandi, si misero a correre di qua e di là. Qualcuno rimase fermo, paralizzato dalla paura, e fu ferito da Kong Ning. Fra questi la sua vecchia madre, che aveva più di sessant'anni; colpita dal figlio, cadde al suolo priva di sensi e il suo soffio vitale l'abbandonò. Kong Ning aveva anche un figlio di sei anni, il solo erede maschio, che egli uccise a colpi di sedia. Il resto della gente di casa fuggì via di corsa. Solo un servitore, un certo Li il Terzo, vedendo il suo padrone comportarsi così, osò munirsi di un bastone. Corse nella stanza dove si trovava Kong Ning, prese il bastone per parare i colpi di sedia, della quale riuscì a impadronirsi. Poi, portando Kong Ning in braccio, lo fece uscire dalla casa. I membri della famiglia cominciarono soltanto allora a sentirsi un poco rassicurati. Quando scoprirono i corpi senza vita della vecchia madre e del bambino, si misero a piangere calde lacrime. Udendo questi lamenti, Kong Ning fuggì correndo in modo frenetico. Il destino volle che a quel punto egli morisse. D'un balzo aveva raggiunto la riva del laghetto dei loti e vi si gettò dentro. Li il Terzo lo vide quando già era nel bel mezzo dello specchio d'acqua. Si precipitò per andarlo a salvare ma, quando lo riportò a riva, Kong Ning era già morto stecchito. E Li il Terzo rimase là, colpito suo malgrado da questa tragedia. La gente della casa non aveva più altro da fare che comporre la salma. Furono comprate delle casse da morto per sotterrare i tre defunti. Ma lasciamo perdere tutto questo e torniamo a Yi Hangfu. Una notte, poco dopo la morte di Kong Ning, Yi Hangfu era in preda a un sonno agitato. Sognò che il duca Ling, Kong Ning e Xia Zhengshu lo trascinavano a forza per comparire davanti alla corte del sovrano degli inferi. Terrorizzato da questo incubo, si girò di scatto e cadde dal letto. Il suo soffio vitale svanì ed egli trapassò. Tutto questo corrispondeva - ve ne ricordate? - allo spergiuro che Yi Hangfu aveva fatto tempo addietro alla signora Wu, sua consorte. I dignitari di Chen, e in particolare Yuan Po, furono estremamente felici alla notizia della morte di Yi Hangfu, così come lo erano stati per quella di Kong Ning. E dissero al duca Cheng: «Kong Ning e Yi Hangfu erano entrambi i ministri favoriti del nostro defunto signore, il duca Ling vostro padre. Essi l'avevano trascinato a Zhulin con il richiamo della lussuria. E se egli vi trovò la morte fu a causa di questi due colpevoli. Ed eccoli oggi morti. Questo non prova forse che il Cielo non tollera i criminali in questo mondo? Noi, signore, conformandoci ai voleri del Cielo, dobbiamo aprire le bare di quei due uomini, tagliar loro la testa, smembrarli e confiscare i loro beni affinché l'odio del nostro amato duca Ling possa dileguarsi e le sue anime trovino oblio e consolazione». Il duca Cheng diede il suo assenso e ordinò senza indugio a Yuan Po di condurre duecento soldati nelle residenze di Kong Ning e di Yi Hangfu. In massa compatta, questi circondarono le tenute, i cui beni furono confiscati. Aprirono le bare e con delle picche ne estrassero i cadaveri, le cui carni furono ridotte in brani, poi fecero ritorno. Sebbene da tempo non ci fosse più nessuno - né giovane né vecchio - nella casa di Yi Hangfu, la moglie di Kong Ning vi viveva ancora. Quando vide arrivare i soldati, fuggì, scarmigliata e a piedi nudi, per la porta sul retro della residenza. Poco tempo dopo il duca Cheng doveva fare affiggere il seguente bando: «Che i membri delle famiglie Yi e Kong non trovino rifugio da nessuna parte. Chiunque li nasconda sarà giudicato colpevole del medesimo crimine di cui si sono macchiati i due dignitari». Così, dunque, la moglie di Kong Ning e sua figlia non trovarono rifugio da alcuna parte. Nessuno fece loro neppure l'elemosina e sette giorni più tardi morirono di fame e di sete. Ma noi non ne parleremo più. Dopo la loro morte, Kong Ning e Yi Hangfu avevano raggiunto, proprio loro malgrado, il duca Ling, Xia Zhengshu e gli altri. Tutte queste anime criminali si recarono allora verso l'oscuro tribunale dell'altro mondo al fine di esservi giudicate. Raggiunsero il passaggio della Porta dei Demoni, dove i piccoli diavoli guardiani reclamarono da loro il denaro rituale del transito. Poiché nessuno aveva bruciato della cartamoneta durante i loro funerali affinché essi avessero qualcosa da
offrire ai diavoli, Kong Ning e Yi Hangfu furono picchiati di santa ragione dai piccoli demoni che erano armati di forconi di ferro. Alla fine il duca Ling intercesse per loro e i piccoli demoni finirono con l'accettare di lasciarli passare. Proseguirono e raggiunsero la città di Fengdu. (2) Kong Ning, d'un tratto, sollevò la testa e vide che sulla sinistra vi era un uomo con la nuca stretta in una grande catena di ferro con lunghi chiodi piantati nelle palme delle mani. Due piccoli demoni facevano a gara a batterlo. Kong Ning riconobbe allora Zhang Nottenera e gli rivolse, così, la parola: «Nottenera, come mai subisci un simile castigo?» Nottenera girò la testa e, quando vide che si trattava di Kong Ning e di Yi Hangfu, digrignò i denti e gridò loro con odio: «Cani, è a causa vostra che io sono stato spedito qui!». «Come abbiamo potuto farti torto?» gli chiese Kong Ning. «Come? - riprese quello. - Quando ero nel mondo della luce, io ho ucciso e incendiato; sono stato condannato a morte e, dopo essere stato decapitato, sono arrivato nel mondo delle tenebre dove si è stabilito che non meritavo alcun castigo. Se sono qui è unicamente perché voi mi avete domandato di uccidere Xie Ye. Avreste potuto pensare, voi che il re Yama (3) avrebbe nominato questo integerrimo ministro a un alto ufficio e che egli sarebbe stato incaricato della sicurezza della capitale degli inferi? Ebbene, è comunque ciò che è successo. Xie Ye ha mandato una torma di demoni a prendermi. Questi per prima cosa mi hanno tuffato in un pentolone d'olio bollente, e dire che io non ne sono morto! Mi hanno infilato mani e piedi in lunghi ceppi e me li hanno inchiodati! Ah, desiderare così tanto la morte senza poterla ottenere e voler vivere senza riuscirci! E tu dici che non siete stati voi ad avermi fatto torto?» Terrorizzati, Kong Ning e Yi Hangfu fuggirono precipitosamente. Continuarono ad andare avanti e, non lontano da lì, Yi Hangfu vide due piccoli demoni che spingevano una mola. Yi Hangfu domandò loro: «Riveriti fratelli demoni, chi è la persona che vi preparate a stritolare così?». «E' la signora Wu, la moglie di Yi Hangfu - risposero quelli. - Poiché non è stata virtuosa nel mondo della luce è stata condannata a essere stritolata. Le portate qualche regalo per addolcire la sua pena?» Yi Hangfu non osò rispondere e proseguì il suo cammino sotto le ingiurie dei demoni: «Che sporco imbonitore! Se non porti niente, che cosa ci vieni a far domande!». Il corteo delle anime oscure continuava il suo cammino. Procedevano ormai da parecchio tempo, quando scorsero un'alta terrazza sorvegliata da quattro o cinque demoni. Questi, vedendo arrivare le anime di Kong Ning e di Yi Hangfu, le apostrofarono: «Ehi, voi due, salite un po' qui sulla terrazza per guardare le vostre tenute. Voi siete nel luogo da cui si contempla per l'ultima volta il paese natale». Le due anime obbedirono. Kong Ning guardò la sua casa. Egli vedeva Yuan Po che ordinava ai soldati di distruggerla, che faceva aprire la sua bara, fare a brani il suo cadavere e bruciare la sua residenza, di cui tutti gli edifici furono ben presto in rovina. E Yi Hangfu vedeva la stessa cosa. Una violenta disperazione li invase e, dal dolore, caddero svenuti al suolo. Non si riebbero che molto tempo dopo, risvegliati dal battere di due bacchette che giunse alle loro orecchie. E, aprendo gli occhi, scoprirono un'anima da poco giunta sulla terrazza. L'uomo saltava con la testa ora in basso ora in alto, aveva in mano delle bacchette di bambù e cantava l'aria del "Fior di loto". I due uomini lo interrogarono: «Non sai dunque dove siamo, che sei così allegro? Chi eri, tu, nel mondo della luce?». «Io tiravo i carri - rispose quello. - Poiché una volta ho salvato per strada una donna e non ho commesso alcun crimine, mi hanno appena annunciato che rinascerò in una famiglia nobile e potente. Perché dunque non dovrei essere allegro?» «Quando noi eravamo sulla Terra - dissero Kong Ning e Yi Hangfu, - avevamo una brillante posizione. Dopo la nostra morte noi non valiamo neppure questo piccolo portatore di carretta. E dire che non conosciamo ancora la punizione che il re Yama ci riserva!»
A quel punto scoppiarono in singhiozzi. Vedendoli piangere, i demoni che sorvegliavano la terrazza dissero loro, cantando vivacemente: «Ehi, voi due, scendete subito, altrimenti sarà colpa nostra, sarà colpa nostra!». E. afferrando dei bastoni, li spinsero avanti. Essi ritrovarono allora il duca Ling e Xia Zhengshu, e procedettero ancora. Mentre parlavano, arrivarono infine al palazzo del re Yama. Entrarono dalla porta principale, poi attraversarono un'altra porta. Là sedeva il re Yama in persona. La sua aria maestosa e imponente ispirava un timore reverenziale. Intorno a lui si accalcavano innumerevoli soldati demoniaci. Kong Ning gettò di nascosto un'occhiata all'indietro e vide che nel fondo della sala vi erano la sua vecchia madre e il suo bambino. Tuttavia egli non osò aprir bocca. Il demone che l'aveva portato teneva in mano una tavoletta, s'inginocchiò ai piedi del re e dichiarò: «Ho dato ordine che ci si impossessasse di Kong Ning e di Yi Hangfu ed eccoli arrivati davanti a voi, maestà». Il re Yama fu colto da una violenta collera, così grande da scagliarsi contro il Cielo, e, battendo sulla tavola, gridò: «Presto, che mi siano portati qui dinnanzi!». Essi furono allora condotti davanti a lui da alcuni demoni che ingiunsero loro di mettersi in ginocchio. Essi ubbidirono e si prosternarono con la testa contro il suolo. Il re Yama proseguì: «Che si facciano venire anche il duca di Chen, Pingguo e Xia Zhengshu». Quando questi furono arrivati, egli dichiarò: «Il duca Pingguo era, nel mondo della luce, il signore di un principato. A tale titolo noi gli accordiamo l'autorizzazione di assistere all'udienza nella posizione di non imputato». Il duca allora si alzò e rimase in piedi da un lato. Il re Yama batté di nuovo sulla tavola: «Anche se Pingguo s'è dimostrato un principe senza virtù, la sua condotta non ha mai raggiunto la vetta della dissolutezza. La colpa è tutta di questi due cani che, conoscendo la natura lussuriosa del loro signore, l'hanno incitato a sedurre la signora Xia e hanno fatto assassinare Xie Ye. Il loro crimine abominevole si innalza fino al Cielo». E, rivolgendosi nuovamente a loro, domandò: «E che cosa avete da dire, adesso?». «Noi abbiamo, è vero, incoraggiato il nostro duca alla lussuria - risposero - e ci è difficile sfuggire alla vostra punizione. Ma Xia Zhengshu, lui che ha ucciso il suo signore, merita anch'egli la vostra punizione.» «Xia Zhengshu ha ucciso il duca - riprese Yama - perché non poteva dimenticare la vergogna e l'odio che si erano impossessati del suo cuore. Ha subìto il supplizio dello squartamento ordinato dal re Zhuang di Chu. Dunque beneficia di circostanze attenuanti. Se i dignitari del mondo della luce hanno fatto subire il supplizio a coloro che, come lui, non hanno commesso crimini realmente gravi, i dignitari del mondo delle tenebre possono lasciarli andare. Quanto a voi due, i vostri crimini sono enormi e, inoltre, voi avete conosciuto nel mondo della luce una fine felice. E' impossibile non castigarvi con severità. Io ingiungo ai demoni di darvi, ciascuno a turno, una quarantina di bei colpi prima di farvi spedire nella capitale dove Xie Ye vi darà i suoi ordini.» I demoni afferrarono allora Kong Ning e Yi Hangfu, stendendoli al suolo. E, a turno, appiopparono loro quaranta colpi. I due uomini mandavano grida spaventose; il cielo ne tremava, il sangue ricoprì la terra. Poi i demoni li incatenarono e li portarono via. In un batter d'occhi si ritrovarono ai piedi della terrazza del palazzo di Xie Ye. Quando questi li vide arrivare, dalla collera gli si drizzarono i capelli in testa, e si sarebbe detto che stessero per sollevare il suo copricapo. Egli li apostrofò con veemenza: «Voi, uomini licenziosi, quando eravate nel mondo della luce avete fatto assassinare un uomo probo. Dignitari viziosi! Non potrete mai cadere così in basso come oggi». E da lassù ordinò ai piccoli demoni di pungolare i due condannati con dei forconi d'acciaio e di spingerli fin dentro il pentolone d'olio. I demoni misero subito
l'olio a bollire e vi precipitarono i due uomini, che furono ben presto fritti dalla testa ai piedi. Quando questa sentenza fu eseguita, egli dichiarò: «Il duca Ling non aveva virtù; egli non ha dato ascolto alle mie giuste esortazioni e ha continuato ad abbandonarsi alla fornicazione. Egli sia inviato nel nono inferno per subirvi dieci anni di punizione. Ma, in ricordo dell'amicizia che un tempo legava il ministro Xie Ye al duca Ling, io gli concederò la grazia di rinascere nel mondo della luce. Per riscattare il suo delitto egli diventerà un letterato povero e insegnerà fino alla fine dei suoi giorni. Quanto a Xia Zhengshu, che ha ucciso il suo signore, non può evitare la punizione. Ma consideriamo che nel mondo della luce ha subito il supplizio dello squartamento, così a lui io ordino di rinascere come boscaiolo; egli taglierà alberi fino alla fine dei suoi giorni» Dopo aver impartito ai demoni le sue istruzioni sulla sorte di quei fuorilegge, Xie Ye fece ritorno al suo palazzo. Gli fu dedicata in seguito una poesia che diceva: "Nel mondo della luce fare il male e non pentirsene. Gli ufficiali delle tenebre giudicano e non possono perdonare. Anche quando si è ben lontani da questo giorno incombente, i colpevoli da se stessi sono terrorizzati ascoltando il castigo". Ma se desiderate conoscere gli ulteriori intrighi della signora Xia, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Espressione che significa "essere morto di paura"; le facoltà spirituali, o "hun", dopo essersi separate dal corpo in seguito alla morte, volano in Cielo nei nembi del nono ordine, oppure scendono verso le Sorgenti Gialle, in quel centro della Terra che comunica con i Cieli. Nota 2. Fengdu è una città dell'attuale provincia di Sichuan, dove la tradizione collocava la grotta del re degli inferi, considerata l'ingresso dell'oltretomba. Nota 3. Yama, il cui nome ha origini sanscrite, era il signore e il giudice degli inferi. CAPITOLO DECIMO. "Una volta scomparso il padre, il figlio si dà da fare con la matrigna. Rapendo la bella signora, Qu Wu nel reame di Jin si rifugia". Di ciò che avvenne agli inferi non parleremo più. Sappiamo che Lianyin Xianglao aveva ricevuto dal re Zhuang la signora Xia in moglie. Appena un anno dopo, mentre seguiva il suo sovrano in una spedizione contro il regno di Jin, rimase ucciso da una freccia scagliata da un certo Sun Xi. Il re Zhuang inviò subito qualcuno per annunciare la sua morte al figlio Heidui. Bisogna dire che la presenza quotidiana della seducente matrigna, la cui bellezza era capace di sconvolgere reami e città e il cui aspetto ricordava in tutto e per tutto le belle Xishi e Taizheng, (1) non aveva mancato di provocare nel giovane un certo turbamento. Solo il vecchio padre era stato un ostacolo ai suoi pensieri libidinosi, e non gli era stato agevole mettersi all'opera. Così, il giorno in cui fu informato della morte del genitore, egli finse il più profondo dolore; portò il lutto stretto e si produsse in lunghi lamenti. Ma, nel suo cuore, si rallegrava di non avere più impedimenti alla realizzazione del suo desiderio. Egli pensava tra sé: "Tra poco questa donna deliziosa sarà mia!". La signora Xia, che era, come sappiamo, molto incline alla "cosa", si era spesso afflitta dell'età avanzata e della fragile costituzione fisica del suo nuovo marito. Il fatto era che il membro virile di Lianyin Xianglao era estremamente piccolo e, quando giungeva l'ora della battaglia, egli si dava da fare due o tre volte senza condurre mai la faccenda a buon fine. Fu così che nel suo cuore insoddisfatto ella aveva cominciato a prendere in considerazione il figlio di Xianglao, Heidui, che aveva una ragguardevole stazza e che le pareva in grado di
condurre lunghi combattimenti. I suoi pensieri si erano dunque appuntati su di lui. E dopo aver vissuto così per un anno, la bella si rallegrò della morte sul campo di battaglia, che senza dubbio non serve menzionare, del suo vecchio consorte. Heidui aveva relazioni frequenti con una cameriera chiamata Luna d'Autunno. Quel giorno, mentre stava chiacchierando con la signora Xia nella sua camera, vide entrare all'improvviso la giovane. Le lanciò un'occhiata, ma questa non se ne accorse. Heidui si congedò quindi dalla signora Xia e si ritirò per andare ad attenderla al pianterreno. Poco dopo comparve la luna, brillante come un limpido specchio, attraverso il fogliame di una sterculia del giardino. Heidui attendeva ormai da tempo e ancora non vedeva arrivare Luna d'Autunno. Egli non aveva voglia di alcunché: solo era fortemente turbato dal pensiero della signora Xia. Improvvisamente il desiderio lo fece avvampare come un fuoco ardente ed egli si svestì completamente. Comparve allora quell'affare, tanto largo quanto lungo, che egli resse nella mano; si sdraiò e lo afferrò per divertirsi. Nel frattempo la signora Xia conversava con Luna d'Autunno. Trascorse una vigilia. La signora rientrò a riposare nella sua camera. Luna d'Autunno, non sapendo che Heidui l'attendeva, andò a dormire. Alla seconda vigilia, la signora Xia ebbe all'improvviso sete e desiderò del tè. A più riprese chiamò la cameriera, senza avere risposta. "La briccona! - pensò stizzita - Deve dormire sodo!" Allora si alzò e, con una lampada in mano, uscì dalla sua camera continuando a chiamarla. Scese le scale. Heidui, credendo che Luna d'Autunno finalmente stesse per arrivare, diede un'occhiata e riconobbe la matrigna. Fece finta di continuare a dormire mentre il suo membro virile si rizzava ancora duro. La signora Xia lo sorprese in quelle condizioni e restò stupefatta: "Com'è giovane! E com'è ben dotato di natura!" si disse. Credendolo addormentato, stava per ritirarsi quando improvvisamente pensò: "Ma che cosa fa qui tutto solo? Deve avere certo dato un appuntamento a Luna d'Autunno e si è addormentato aspettandola". Ella allora avvicinò la lampada per illuminarlo e non poté impedire al desiderio di invaderla. Se c'è una cosa davvero difficile da spegnere è proprio il fuoco del desiderio, non è vero? Così, mentre aveva completamente dimenticato la sua sete di tè, quest'altra sete le faceva inumidire il pavimento dei suoi umori intimi. Alla fine, senza darsi il minimo pensiero delle convenienze, spense la lampada e si spogliò. Si mise a cavalcioni su di lui e con le due mani aprì il cuore del suo fiore. Afferrò la testa della tartaruga e, spingendo piano piano, la fece penetrare della metà. Continuando a strusciarcisi sopra, la fece entrare completamente. Si sentì allora così contenta che i suoi umori intimi cominciarono a scorrere come un torrente. Fece dei movimenti ascendenti e discendenti, prendendo in tal modo piacere a lungo. All'improvviso ebbe paura che il giovane si svegliasse e volle scendere per fuggire furtivamente. "Non posso lasciarmi scappare questo colpo di fortuna - pensò allora Heidui; - se ella adesso se ne va, che fatica dovrò fare per avere nuovamente una simile opportunità! Bisogna che escogiti qualcosa." Allora finse di credere che la signora fosse Luna d'Autunno e la chiamò: «Da quanto tempo sei lì?». Poi stese le mani verso di lei e la sostenne, sollevandole le natiche. E, senza riflettere un secondo, con un colpo di reni improvviso si mise a spingere e a tirare nella maniera più disordinata. La signora Xia accettò l'equivoco. "Dopotutto - pensava, - se egli crede che io sia Luna d'Autunno, approfittiamone senza temere il disonore!" Piegò allora le spalle verso Heidui, che sotto di lei si abbassava e si alzava e si muoveva così bene che il calore del suo fiore la pizzicava dal piacere. Poiché ancora non si sentiva soddisfatto, Heidui la prese allora nelle sue braccia e, girandola, la coricò sul dorso. Le afferrò le gambe, che strinse attorno alla sua vita, e con tutte le forze si mise a tirare e spingere. La signora Xia praticava la sua "arte di raccogliere i frutti della battaglia" e in tutta libertà riceveva e donava. Quando Heidui la udì ansimare dolcemente e sentì la sua vita sottile muoversi impetuosa e vivace, capì che la donna aveva raggiunto il piacere. Piegato verso di lei, le disse: «Mia cara, sei veramente meravigliosa questa notte». Sollevandoli, egli accarezzò a lungo i suoi loti d'oro: «E questi graziosi piedini! Si direbbe che siano quelli di un'altra persona...».
La signora Xia non rispose. Egli palpò allora la porta della sua "yin", che ella aveva molto alta e stretta, e si dedicò a sfregare il cuore del suo fiore con la testa della sua tartaruga. «Che piacere - riprese, - io non sono mai stato così felice come questa notte.» La signora Xia aveva paura che egli scoprisse che ella aveva preso il posto di Luna d'Autunno. Lo spinse via, volendo andarsene. Heidui indovinò la sua intenzione; anch'egli temeva che Luna d'Autunno arrivasse all'improvviso e potesse sorprenderli. Quindi, con questa disposizione di spirito, cessarono di prendere piacere l'uno dall'altro. Ma, prima che la signora Xia si allontanasse, Heidui le disse: «Luna d'Autunno, noi non abbiamo condotto l'affare a buon fine e io non ho raggiunto la gioia suprema. Se tu vai via, dove vuoi che io trovi qualcuno che ti sostituisca?». «Va' da quella che il tuo cuore ama» rispose la signora Xia, abbassando la voce. «Ma tu davvero conosci quella che il mio cuore ama?» chiese lui. Conservandosi la possibilità di proseguire la sua avventura galante, la signora Xia gli rispose: «Non hai detto proprio ora che ami i suoi piccoli piedi?». Heidui l'attirò a sé e la baciò sulla bocca dicendole: «Ebbene, voglio fidarmi di te e questa notte farò mia quella persona. Voglio proprio vedere che cosa succederà»". La signora Xia ritornò allora nella sua camera. Poiché pensava che forse egli sarebbe venuto, non chiuse la porta a chiave e andò a sdraiarsi sul letto, aspettandolo. Infatti Heidui trovò la strada della sua camera senza difficoltà e giunse silenziosamente. Entrò e si diresse verso il letto. Stese la mano e sentì un corpo sottile e nudo; la persona che era là, sdraiata sul dorso, sembrava veramente non attendere altro. Heidui salì allora sul letto. Si trovò presto a cavalcarla ficcando il suo membro virile nella valle. E con tutte le sue forze fece dei va-evieni. Fingendo di svegliarsi all'improvviso; la signora Xia gli disse: «Ah, che audacia! Come osi?». «Ti sono forse estraneo?» rispose Heidui. «Le tue maniere sono davvero intollerabili - riprese la signora, - osare approfittare così di me durante il sonno! Sai che per questo puoi essere condannato?» «Ma non ti sei rivelata anche tu intollerabile, comportandoti nello stesso modo quando credevi che io dormissi? Sai che per questo puoi essere condannata?» Rendendosi conto che egli l'aveva scoperta, la signora Xia gli diede un colpetto e disse: «Piccolo imbroglione! Come hai capito che ero io?». «Be' - disse lui, - Luna d'Autunno è lungi dal possedere tutte le attrattive di una natura così galante!» «Così tu dunque sapevi, furfante! D'ora in avanti terrai la bocca chiusa, perché dobbiamo essere cauti.» Heidui abbassò il capo a mo' di assenso. Dopo prese il cuscino ricamato che pose sotto la vita della signora. Quindi, sollevandole i piedi, prese a darsi da fare freneticamente. Il suo membro virile scattava e scattava. Egli era come pazzo. Emise quindi il suo seme e, dopo essersi riposato un momento, di nuovo fu incendiato dal fuoco del desiderio. La cavalcò ed emise ed emise ancora il suo seme. E così per sette volte nel corso di quella stessa notte prima che essi pensassero a riposarsi. E da quella notte egli usciva dalla camera della sua matrigna quando il cielo si rischiarava e vi penetrava quando si alzava la luna. Semplicemente sperava che la gente di casa, addormentata, non lo udisse. Ma non si dice forse: «Ciò che non si vuol far sapere è meglio non fare»? In breve tutti furono al corrente di questa relazione. Peraltro, il cadavere di suo padre si trovava sempre nel regno di Jin. Heidui, troppo preso dalla sua matrigna, non andò a cercarlo e la gente cominciò a criticarlo. Anche la signora Xia si rese conto del disonore e concepì il progetto di ritornare nel suo principato natale con il pretesto di andare a rendere i dovuti
onori al corpo del marito scomparso. Poco dopo Heidui fu afflitto da un brutto ascesso che viene chiamato "cancro sifilitico" e rimase sdraiato sul suo letto per un mese senza potersi muovere. Queste notizie giunsero alle orecchie di Qu Wu, che mandò qualcuno del suo seguito a portare segretamente alla signora Xia il seguente messaggio: «Qu Wu, duca di Shen, pensa a voi con tenerezza da molto tempo e prova nei vostri riguardi un vivo attaccamento. Se tornerete nel vostro principato natale di Zheng, presto o tardi egli verrà a trovarvi e vi domanderà in sposa». L'inviato aggiunse anche: «L'arte guerriera di Qu Wu è grande. Egli possiede l'arte di Lao Tse (2) per affinare la sua essenza». La signora Xia ne ebbe il cuore turbato e il suo desiderio di ritornare a Zheng aumentò ancora di più. Qu Wu mandò anche qualcuno a domandare al duca di Zheng cos'era successo al duca Mu: «La signora Xia desidera rivedere la sua terra natale. Non sarebbe bene che voi la riceveste?». Il duca accettò. Il re di Chen chiese informazioni ai suoi alti dignitari su questa situazione: «Quali sono le intenzioni del duca di Zheng per ricevere così la signora Xia?». «La signora desidera recuperare la salma del suo defunto marito - rispose Qu Wu - e il duca di Zheng dà il suo assenso.» «Ma il corpo di Lianyin Xianglao si trova a Jin! - ribatté il re. - Che cosa può fare il duca di Zheng?" «Sire, vi spiegherò la situazione come si presenta oggi - dichiarò Qu Wu. - Noi teniamo prigioniero nel nostro reame un certo Xun Ying, figlio di Xoun Shou del regno di Jin. Il padre, che pensa al suo figlio diletto con vivissimo attaccamento, è stato recentemente posto a capo dell'armata del Centro; egli, peraltro, ha stretto amicizia con il dignitario Huang Shu, del principato di Zheng. Xun Shou è pronto a domandarvi, con la mediazione di Huang Shu, di liberare suo figlio in cambio del corpo di Lianyin Xianglao e della libertà di vostro figlio. Dopo la battaglia di Pi, il duca di Zheng teme un attacco del regno di Jin, così non mancherà di venire a sollecitare questo scambio per conciliarsene i favori.» Ancora non aveva terminato di dire queste parole che la signora si recava a corte. Volendo prendere congedo dal re di Chu, ella gli comunicò le ragioni del suo ritorno a Zheng. Mentre parlava, le lacrime, come gocce di pioggia, bagnavano il suo viso: «Se non posso ottenere il corpo del mio defunto sposo - disse, - io, povera serva, faccio il giuramento di non ritornare a Chu.» Il re ebbe pietà di lei e la lasciò andare. Mentre stava per mettersi in viaggio, Qu Wu inviò una lettera al duca Xiang di Zheng, domandandogli la signora Xia in sposa. Il duca non conosceva le circostanze che avevano già condotto il re Zhuang di Chu e il principe Ce a voler prendere questa signora in moglie; inoltre stimava gli immensi servizi che Qu Wu rendeva allora al regno di Chu. Sperando dunque di stringere alleanza con Chu per mezzo di questo matrimonio, gli accordò il favore. Nel frattempo Qu Wu inviò in fretta un messaggero a Jin per recapitare la seguente missiva a Xun Shou: «Noi accettiamo di scambiare a Chu vostro figlio Xun Ying contro il figlio del re e il corpo di Lianyin Xianglao». Mai gli abitanti di Chu misero in dubbio la veridicità delle parole di Qu Wu e mai ne sospettarono le intenzioni nascoste. Poco dopo, l'esercito di Jin doveva invadere il regno di Qi. Il re di Qi chiese allora un aiuto militare al re di Chu. Ma, poiché Chu aveva subito delle pesanti perdite negli ultimi scontri, egli non poté volgersi al suo soccorso. Più tardi si seppe che l'esercito di Qi aveva subìto una grave sconfitta e che non era potuto venire a patti con il nemico. Il re Gong di Chu, che era succeduto a Zhuang, disse ai suoi ministri riuniti attorno a lui: «Oggi Qi è annesso da Jin perché noi non abbiamo potuto inviare rinforzi. Non era nella volontà di Qi di subire una tale annessione. E' mio dovere lavare questo affronto attaccando gli alleati di Jin, i principati di Wei e di Lu. Chi vuole andare a dichiarare le mie intenzioni al re di Qi? «Io, sire» rispose Qu Wu.
«Dovrete allora dirigervi a Zheng e quindi stringere un'alleanza con il suo esercito. Il giorno quindicesimo del decimo mese, in inverno, voi incontrerete gli inviati di Qi alle frontiere di Zheng, e in quel momento avviserete il re di Qi.» Dopo avere ricevuto gli ordini del suo re, Qu Wu rientrò nella sua casa. Poi, con un pretesto qualsiasi, si avviò verso Zheng. Egli aveva avuto cura di far trasportare le sue ricchezze fuori della città e di far mettere al sicuro i membri della sua famiglia. Ed egli stesso, salito su un gran carro al seguito dei veicoli che contenevano i suoi beni e proteggevano i suoi congiunti, si diresse, in una notte stellata, verso il principato di Zheng. Quando vi giunse, compì una parte della sua missione trasmettendo il messaggio del re di Chu alle persone interessate, poi sposò la signora Xia. Questa alleanza doveva ispirare la seguente poesia: "La bella incontra un abile seduttore, che come lei in ogni dove trafugava l'amore. A cogliere i frutti della battaglia saranno in due e lo scontro sarà capitale per il vinto o il vincitore". E se voi desiderate conoscere l'esito di questo scontro, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Xishi fu una delle bellezze "fatali" dell'antichità; provocò la rovina di Fuchai del regno di Wu, che morì nel 473 a. C. Taizheng, più nota come Yang Cuifei, fu la concubina favorita dell'imperatore Xuan Zong dei Tang, vissuto nell'Ottavo secolo a. C. Nota 2. Lao Tse, filosofo cinese del Sesto secolo a. C., autore di un'opera intitolata "Tao the ching", uno dei testi fondamentali del taoismo. CAPITOLO UNDICESIMO. "Ai giochi dell'ubriachezza Wuchen invita Yunxiang l'affascinante, che sia nel Padiglione delle Peonie musicista e amante". Dunque Qu Wu era adesso sposato con la signora Xia e per il momento la contemplava. Gli sembrava che il suo viso fosse simile ai grappoli di fiori di melo sotto la luna di primavera. Gli occhi, foglie di salice appena aperte, brillavano di un vivo fulgore e lo sguardo era dolce e penetrante. Ella teneva le labbra, simili alla ciliegia, socchiuse. Il suo corpo sottile e morbido e la sua eleganza evocavano il fascino inafferrabile di una immortale. E, nonostante si avvicinasse già al suo cinquantesimo anno, sembrava una sedicenne. Egli si rallegrava in segreto: «Ah! Non ho atteso invano questo giorno!». Venne la sera. Fu preparato un grande banchetto ed egli bevve in sua compagnia. Alla luce delle lampade contemplò di nuovo il suo viso simile al fiore d'ibisco, le sopracciglia sottili e allungate, lo sguardo limpido come le acque d'autunno; ella possedeva la freschezza e il fascino nebbioso delle montagne a primavera. Le sue maniere raffinate e galanti lo incantavano. E non poté impedire al fuoco del desiderio di crescergli dentro. Mentre bevevano, egli aveva preso la pillola di Lao Tse, detta "dei tre 'yang'", che fece alquanto ingrandire e ingrossare il suo membro. Approfittando del piacere che l'ebbrezza gli provocava, prese sua moglie tra le braccia e la portò sul letto. La signora Xia si svestì e gli apparve nello splendore della sua nudità delicatamente profumata. Qu Wu le allargò le gambe e la sollevò leggermente. Egli vide il suo petto protendersi, i suoi occhi volgersi verso l'alto e le sue braccia, del colore della cipria rosa, allungarsi come per abbracciare la luna piena d'autunno. Lei dondolò i suoi loti d'oro grandi tre pollici. Qu Wu conficcò allora il suo coso nella valle, sfregando e pungolando, pungolando e sfregando; ben presto fu al colmo della felicità. La porta della "yin" si alzava alta, molto alta; la testa della tartaruga andava verso sinistra e ancora
verso sinistra, poi verso destra e ancora verso destra, nei suoni dell'amore e delle parole galanti. All'improvviso Qu Wu uscì e si sdraiò sul dorso. Egli drizzava con fierezza quel gran coso lungo cinque o sei pollici. La signora si mise cavalcioni su di lui e si pose davanti alla testa di tartaruga; e, sedendosi, la fece completamente sparire dentro di lei. Qu Wu la prese per le natiche, che ella aveva bianche come la neve. Egli le sollevava e le abbassava. Sopra, la signora sembrava inghiottire e risputare. Essi prendevano piacere così già da un po' quando egli di nuovo la rovesciò. Afferrò i suoi piccoli piedi che contemplò con estasi. Con le mani le sollevò le gambe, la luce dei suoi occhi si diresse verso l'entrata della doppia montagna, (1) dove vide allora il grande generale dare battaglia nella zucca; (2) sette volte catturato e sette volte rilasciato, egli avanzava con forza, poi indietreggiava, avanzava e indietreggiava, tanto e così bene che il rumoreggiare guerriero riempiva le orecchie. La signora non domandava che una cosa: che mai quella gioia avesse fine. In questo modo essi si diedero da fare fino alla quarta vigilia della notte. Solo allora finì il gioco delle nuvole e della pioggia. La testa appoggiata sul bordo del guanciale, la signora domandò al suo sposo: «Avete informato del nostro matrimonio il re di Chu?». Qu Wu le raccontò allora come una volta avesse impedito al re Zhuang e al principe Ce di prenderla in sposa, e aggiunse: «Ce n'è voluto di ingegno per avervi! Ora che siamo felici come pesci nell'acqua, il mio più caro desiderio è stato esaudito. Ecco perché io non avrei intenzione di ritornare a Chu. Non è meglio stabilirci altrove fin da domani e lì vivere nella felicità per altri cento anni?». «Certo - ella rispose, - ma se voi non tornate a Chu, come potrete compiere la missione che vi è stata affidata?» «Manderò subito una relazione a Chu. Sapete che adesso i regni di Jin e di Chu sono nemici? Noi possiamo recarci a Jin, dove riceveremo asilo.» Poi i due amanti appoggiarono le teste una vicina all'altra sul guanciale e si addormentarono. L'indomani Qu Wu scrisse una lettera al re di Chu, lettera che affidò a un uomo della sua scorta. Poi si affrettò, in compagnia della signora Xia, verso il regno di Jin. In effetti, dolente per la recente sconfitta contro Chu, il re Jing di Jin fu così felice alla notizia dell'arrivo di Qu Wu nelle sue terre che esclamò: «Quest'uomo è l'inviato del Cielo!». Il giorno stesso doveva nominarlo alto dignitario del regno e conferirgli un feudo in appannaggio. Qu Wu prese da allora in poi il nome di Wuchen, e la sua sposa, la signora Xia, fu chiamata Yunxiang. (3) E fu così che i due si stabilirono a Jin. Invece per il re di Chu arrivò del tutto inaspettata la lettera di Wuchen che, in sostanza, gli diceva così: «Il duca di Zheng ha appena accordato al vostro umile ministro la mano della signora Xia. Mi è stato impossibile rifiutare. Io temo, sire, che voi vogliate mettermi sotto accusa, così mi sono provvisoriamente stabilito nel regno di Jin. Affiderete a un ministro più fedele di me la missione di comunicare al principe di Qi le vostre intenzioni. Io so che si tratta di un crimine che merita la morte». Leggendo questa missiva, il re Gong fu colto da un violento accesso di collera. Convocò immediatamente i principi Ce e Yingqi per mostrare loro lo scritto di Qu Wu. Il principe Ce allora disse: «I regni di Jin e di Chu sono da sempre nemici. Adesso Wuchen si è rifugiato a Jin. E' una ribellione. Non si può non punirla». Il principe Yingqi disse a sua volta: «Heidui, figlio di Lianyin Xianglao, si è accoppiato con la sua matrigna, è lui il vero colpevole. Bisogna che anch'egli sia punito». Il re acconsentì; ordinò al principe Ce di condurre i suoi soldati a sterminare il clan di Wuchen e mandò il principe Yingqi a prendere Heidui; quest'ultimo fu decapitato con un colpo d'ascia. Le ricchezze delle due famiglie furono interamente divise tra i due principi. Venendo a sapere che il suo clan era stato sterminato, Wuchen inviò una lettera ai due uomini che diceva, in breve, quanto segue: «Voi avete messo al servizio del re di Chu la cupidigia e la crudeltà. Mandare a
morte tanti innocenti non fa prevedere una sorte felice. Io vi perseguiterò spietatamente fino all'ora della vostra morte». I principi tennero la lettera segreta e fecero in modo che il re di Chu non ne sapesse niente. Wuchen, al servizio di Jin, mise in atto una politica che era volta a stringere alleanza con il lontano regno di Wu, vicino di Chu. Poiché i soldati di quel regno non conoscevano l'uso del carro, egli glielo insegnò. Inoltre suggerì al re di Jin di mandare il proprio figlio, Hu Yong, a occupare una carica a Wu e di mantenere la fiducia tra i due regni con l'invio di emissari. La potenza di Wu non cessò allora di aumentare e così pure la sua forza militare. Wu avrebbe attaccato le regioni limitrofe al suo territorio, situate a est di Chu, che furono regolarmente occupate senza che esso conoscesse più un anno di pace. Ma lasciamo stare quello che più tardi accadrà. Da quando abitava a Jin, Wuchen aveva fatto sistemare un parco nella sua residenza. Eravamo allora in una di quelle dolci giornate di primavera in cui tutti i fiori sono sbocciati. Peschi e susini rivaleggiavano nello splendore. All'interno del parco c'era un fabbricato di eleganza estrema, circondato su ogni lato da peonie. Il padiglione che si ergeva al centro era chiamato il Padiglione delle Peonie e ogni giorno Wuchen vi si recava per bere e fare festa con la sua sposa. Un giorno che egli non era con lei, la signora girovagava tra i fiori. Poi, quando rientrò nel padiglione, lo splendore della luna lo illuminò improvvisamente, screziato e iridescente. Ella pregò quindi la sua piccola cameriera di portarle un panchetto sul quale sedere. Le domandò anche di portarle il suo prezioso "qin". (4) La sua mano affusolata e il suo polso di giada si mossero con delicatezza ed ella si mise a suonare. Pizzicò un poco le corde, poi socchiuse leggermente le labbra vermiglie e, dolcemente, si mise a cantare sull'aria di Tang Duoling: "Quella notte un vento leggero si alzò. Un'ombra d'incarnato lo splendore dei loti profumati ravvivò e la bruma delle lucciole s'illuminava a tratti. Fresca è la notte, fresca è l'onda dove i pesci fan la ronda. Sulla balaustra dell'est posata, improvvisamente l'umidità dell'estate se n'è andata, e fresca è la rugiada. Ricordarsi gli anni passati, la corolla del loto riempita dal vino. Quando dal fiume sale un'aria pura e divina, girovagare nell'ombra dei salici". Wuchen, che si avvicinava al padiglione, all'improvviso sentì cantare. Si fermò e prestò attenzione a quella voce simile al cinguettio del rigogolo e che sembrava il gorgheggio di un uccello di buon augurio. Seppe allora che a cantare così era la sua sposa. In piedi, fuori del padiglione, egli l'ascoltò. Quando ebbe finito, Yunxiang chiamò la cameriera perché portasse via il suo "qin". Sciolse i suoi abiti e non tenne indosso che gli indumenti intimi. Si sdraiò sul letto. Quando vide che la cameriera andava a prendere del tè negli appartamenti privati, Wuchen entrò nel padiglione e disse alla moglie: «Che canzone deliziosa!». Yunxiang, vedendolo arrivare, si alzò e gli rispose: «Non oso credere alle vostre amabili parole. Questi gorgheggi non sono che un misero divertimento». «E se - proseguì egli - questa notte riposassimo nel padiglione sotto lo splendore del chiaro di luna?» «Che idea meravigliosa!» rispose lei. Mentre stavano così conversando, la piccola cameriera tornò portando il tè. Yunxiang le ordinò allora di tirar fuori lenzuola profumate e guanciali ricamati e di disporli sul letto di bambù. E, dopo che ciò fu fatto, la congedò. Wuchen disse allora: «Questa notte, alla luce della luna, ingaggeremo una battaglia fragorosa!».
A sentirlo parlare così, Yunxiang sentì il desiderio pervaderla; si tolse gli indumenti intimi e si sdraiò sul letto. Prese il guanciale ricamato e lo infilò sotto la vita. Wuchen scosse tre volte il suo membro virile, e questo si drizzò. Poi inghiottì una pillola che immediatamente rese il suo coso ancora più grande. Con un'impazienza mal contenuta, le si mise cavalcioni e pose il membro di giada sulla porta della sua "yin", come se stesse per penetrarla, ma non lo fece, sfregando e sfregando in continuazione. La valle di Yunxiang si infiammò. I suoi umori intimi scorrevano senza posa. Ella gli domandò d'un tratto: «Che arte è questa, capace di farmi morire dal desiderio?». «Si chiama "sentire il profumo senza gustare"» le rispose egli. Poco dopo, attraverso la tenda di garza, la luna illuminò deliziosamente il corpo di Yunxiang, che apparve liscio e morbido, levigato e lucido come un pezzo di giada bianca. Wuchen bruciò nuovamente di un desiderio ardente. E la penetrò, raggiungendo subito il cuore del suo fiore. Poi si sollevò un poco. Il membro di giada riempiva completamente l'interno della valle, girando e rigirando in tutta libertà simile a un secchio nel pozzo. Quando Yunxiang gli domandò il nome di quella pratica, egli rispose: «E' "il leone che fa rotolare la palla ricamata"». Poco dopo chiese alla moglie di alzarsi e di appoggiarsi con le mani a un panchetto. Si mise dietro di lei, tenendole le ginocchia. Fece un centinaio di vae-vieni e si diedero piacere alla maniera del fuoco che prende l'altro lato della montagna. (5) Infine, non trovando più la cosa così meravigliosa, andò sul letto dove si sdraiò sul dorso, domandando alla sposa di cavalcarlo. Le afferrò le natiche a piene mai e le sollevava e le abbassava con un gran baccano. Yunxiang, dopo che egli l'ebbe completamente penetrata, non si controllava più e non smise di sollevarsi e d'abbassarsi negli assordanti rumori dell'amore. Egli le domandò allora: «Conoscete questa pratica?». «Non è "di fronte al cielo il bastone d'incenso odoroso"? (6)» «Sì, certamente» le rispose. E così i due sposi continuarono i «tu m'ami?», «io t'amo» e non dormirono affatto per tutta la notte. Ma non si sa forse che le finestre hanno orecchie? Era possibile che dall'altra parte del muro non ci fosse alcuno? In realtà tutto era stato ascoltato dalla piccola cameriera di Yunxiang. Voi allora mi domanderete come questo era potuto accadere. Ebbene, preparando il letto per la sua padrona, l'ancella aveva ben sospettato quello che sarebbe accaduto. Così non era andata a dormire, ma si era nascosta dietro il padiglione. Rimasta sotto la finestra tutta la notte a origliare, non perse niente delle cavalcate dei due amanti. Tutto ciò che aveva udito era così fortemente impresso nel suo cuore, che non aveva potuto dormire per tutta la notte. E fu solo quando giunse il momento in cui la luce del giorno stava per comparire che tornò nella sua camera. E se voi volete sapere il seguito di questa avventura, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Si tratta di un'espressione tipica per indicare il sesso della donna. Nota 2. Simbolo di un mondo chiuso e paradisiaco, la zucca evoca il sesso della donna. Nota 3. Yunxiang significa "fragranza di ruta"; la ruta è una pianta aromatica che un tempo veniva adoperata nelle biblioteche per proteggere i libri dalle tarme e dagli altri insetti. Nota 4. Il "qin" è un antico strumento a corde. Nota 5. Cfr. nota 1, Capitolo sesto. Nota 6. E' la posizione d'accoppiamento nella quale l'uomo si trova sotto, mentre la donna "cavalca" il suo «bastone d'incenso odoroso», ovvero la sua verga. CAPITOLO DODICESIMO.
"All'appuntamento galante la cameriera sottrae la primavera. Malgrado il danno subito, Fior di Loto trova un marito". Dunque, dopo aver passato tutta la notte a spiare, la piccola cameriera era tornata in camera sua. Ma credete che potesse addormentarsi? Il cuore la torturava in modo difficilmente sopportabile. Non sperava più di conoscere un galante che l'abbracciasse e la stringesse al seno. Non avrebbe dunque mai sperimentato la cosa? Pensava a questo già da un po' quando si disse: "Ma io ne conosco uno!". D'un tratto le era venuto in mente che Li il Beato, il guardiano della porta, aveva ventotto o ventinove anni, era dunque nel pieno delle sue forze e per di più non era ancora sposato. "Dorme nella camera vicina - pensava. - Non so come la prenderà. Ma non si dice spesso che 'l'uomo che vuol conquistare una donna è separato da lei da un'alta montagna, mentre solo un sottile foglio di carta impedisce alla donna di sedurre un uomo'? Approfittiamo del fatto che il cielo non è ancora illuminato e la mia padrona è sempre addormentata per conoscere il piacere con lui. Non è forse meraviglioso?" Allora s'infilò i pantaloni e si recò, senza fare rumore, fino alla camera vicina. Si rese rapidamente conto che, benché la porta fosse ben chiusa, una delle ante della finestra era spalancata. Vi si affacciò e gettò uno sguardo all'interno. Li il Beato era sdraiato sul dorso, completamente nudo, con quel coso dritto, lungo quattro o cinque pollici. Stava dormendo profondamente. Quando ella lo vide così, non poté fare a meno di essere agitata da pensieri di primavera. Il fuoco del desiderio l'incendiò. Si guardò intorno: non c'era alcuno. Scavalcò la finestra e penetrò nella camera. Dopo aver avuto cura di richiudere, si tolse i calzoni, salì sul letto e si mise a cavallo del corpo di Li il Beato. S'impadronì prima di tutto della testa della sua tartaruga, che premette contro la porta della sua valle, e si sedette. Se l'era già infilato dentro per metà. Ora la piccola cameriera non conosceva ancora l'affare degli uomini e non poté evitare una certa quantità di fastidi. Ma poiché il suo desiderio era stato improvviso ed era stata eccitata per tutta la notte dal movimento dei suoi padroni, accadde che la porta della sua valle fosse sufficientemente bagnata dalle secrezioni. All'inizio dunque non avvertì dolore e dolcemente dolcemente iniziò a sfregare verso il basso e a poco a poco avvolse il membro fino alla radice. Li il Beato sognava e provava piacere. Quando si svegliò, vide che la cameriera degli appartamenti privati era lì, intenta a cavalcarlo, e le chiese vivacemente: «Ma, riverita sorella, da dove giungi? Sono forse io uomo fortunato?». Quando ella vide Li svegliarsi e interrogarla, la si sarebbe detta una vergine impaurita. Avvampò di rossore e scese, tentando di fuggire. Li il Beato si alzò e la trattenne con una mano: «Ma, dimmi, chi ti ha detto di venire?». E poiché ella voleva fuggire senza rispondere, l'appoggiò sul bordo del letto e diresse il membro di giada verso l'entrata della valle. La penetrò e si mise all'opera con frenesia, senza preoccuparsi di alcunché, senza sapere se le faceva bene o male. Spingeva dritto verso l'interno e, in un sol soffio, colpì cento o duecento volte. La piccola cameriera ben presto non sopportò più una tal foga e lo pregò con insistenza: «Riverito fratello, va' un po' più piano, il dolore che provo è terribile». Li, affascinato da questa amabile implorazione, tirò e spinse meno rapidamente. Ma subito dopo il fuoco del desiderio tornò a incendiarlo di nuovo. Aveva lo "yang" rigido e di nuovo spinse dritto verso l'interno, nei rumori incessanti dell'amore. La cameriera non smetteva di supplicarlo. Li il Beato diresse allora il suo membro di giada dritto verso l'interno, raggiungendo il colmo del cuore del suo fiore. Tirò e spinse ancora diverse decine di volte prima di emettere infine il suo seme. Si ritrasse con il rumore significativo che fa il membro di giada all'uscire dalla valle e osservò il sangue colare sotto la piccola cameriera. Era già giorno. Li il Beato, vedendo che ella non poteva più muoversi, l'interrogò con la voce piena d'inquietudine: «A che ora sei giunta? E come sei arrivata nella mia camera?».
La cameriera gli raccontò minuziosamente quello che aveva udito attraverso la finestra nel corso della notte. E, mentre ella parlava, il desiderio agitò di nuovo Li. Volle ancora combattere, ma la piccola cameriera lo dissuase: «Non ne posso più - gli disse, - altrimenti morirei. Mettimi in fretta i miei abiti». E Li il Beato non osò costringerla. La sollevò e le infilò i suoi calzoni. Quando la piccola cameriera volle muoversi l'interno della sua valle le faceva male come se una lancia vi fosse scivolata dentro. E dovette di nuovo sdraiarsi. Li non era ancora vestito che il ragazzo della biblioteca lo chiamava: «Li... Li...». Ma quest'ultimo non rispondeva. Il ragazzo avanzò allora verso la finestra e disse: «Riverito fratello Li, dormi ancora a quest'ora? Non ti sei ancora alzato? Il padrone ti attende nel Padiglione delle Peonie per dirti una cosa». Li uscì correndo e cercò di chiudere la porta a chiave. Ma il ragazzo aveva già gettato uno sguardo all'interno della stanza e scorto la piccola cameriera che dormiva seminuda. «Ebbene! Ecco un bell'affare, non è vero? Una così succosa piccola pesca! E io me ne stavo là a chiamarti mentre tu te la stavi gustando!» «Mio buon fratello - gli ingiunse Li, - non parlarne a nessuno!» I due uomini andarono dal loro padrone e gli chiesero che cosa potevano fare per rendersi utili. Wuchen disse: «Tutte le peonie sono appassite. Ti ho fatto chiamare, Li, perché tu venga ad annaffiarle. Perché non sei arrivato prima?». «Ho fatto fatica ad alzarmi» rispose Li. «Sei solo un cane!» replicò Wuchen. Che poi Li il Beato si sia prodigato ad annaffiare le peonie forse non serve ricordarlo. Quanto alla piccola cameriera, dormì ancora per due ore. Calmatosi il dolore, riuscì ad alzarsi e, un passo alla volta, lasciò la stanza. Tornò nella sua camera per vestirsi e andò a servire la padrona. Ma Yunxiang la stava già chiamando dal Padiglione delle Peonie. La piccola cameriera giunse, pronta ad affrontare la padrona. «Dove sei andata, piccola svergognata? - le chiese. - Ti sto chiamando da un'ora!» A queste parole, la piccola cameriera non poté impedire al rossore di salirle alle guance. «Mi lavavo le mani» rispose. Yunxiang vedeva bene che il suo viso arrossito nascondeva qualcosa, così le chiese di seguirla. La cameriera soffriva in modo terribile. Anche stare in piedi le era difficile e, benché si sforzasse di camminare, non poteva muoversi. Yunxiang la sollevò e le diede uno schiaffo in piena faccia: «Dimmi che cos'hai fatto e non ti rimprovererò " «Ma, vi assicuro, mi stavo lavando.» «E perché cammini così?» ribatté Yunxiang. «C'era un pezzo di mattone, ci sono inciampata e mi sono ferita il piede.» Yunxiang non fu affatto disposta a crederle e fece per batterla di nuovo. Vedendo che non poteva più fingere, la cameriera si mise in ginocchio e le disse che, in effetti, si era recata nella camera di Li il Beato. «E per farvi cosa?» chiese la sua padrona. La cameriera le confessò la verità: Yunxiang, alla quale la collera svaniva a poco a poco, proseguì ridendo e ingiuriandola al tempo stesso: «Piccola svergognata! Tu, che ieri eri ancora un fiore in boccio! Come hai tollerato che quest'ape vagante venisse a succhiarti il miele? Ebbene, ne parlerò al tuo padrone e ti darò Li il Beato in sposo. Che cosa ne pensi?» L'ancella si prosternò faccia a terra: «E' difficile trovare una padrona più generosa, signora; vi ringrazio dei vostri favori». Se vi domandate il motivo per cui la collera avesse abbandonato così in fretta Yunxiang, ebbene sappiate che era perché la signora era fondamentalmente frivola e pensava che, se in futuro ella fosse stata coinvolta in un'avventura galante, la cameriera non avrebbe osato tradirla presso il suo consorte. Ecco perché si era
mostrata così generosa. Ma abbandoniamo qui questi calcoli maligni. Yunxiang condusse allora la cameriera all'interno del padiglione, vide Wuchen e gli raccontò tutta la storia: anch'egli scoppiò in una gran risata. «La mia ancella non ha ancora marito - ella disse - e Li il Beato non ha ancora famiglia. Perché non farli sposare?» «E' possibilissimo» rispose Wuchen che, subito, fece chiamare Li: «Allora, cane! Ne hai combinate delle belle! Avrei dovuto darti una buona ripassata, ma dopo tutto sei al mio servizio da molto tempo! E se sei in grado di riconoscere la tua mancanza, non ti rimprovererò!». «La riconosco» rispose Li, e Wuchen proseguì: «La tua padrona ti dà la sua giovane cameriera in sposa. Presto, spicciati a prosternarti davanti a lei per ringraziarla dei suoi favori!». Allora i due servitori si prosternarono insieme, la faccia a terra, davanti ai loro padroni. E del fatto che in seguito essi vissero come marito e moglie non serve proprio parlare. E se raccontassimo ancora un poco di Fior di Loto, l'antica cameriera della signora Xia? Sappiamo che era sfuggita ai soldati del re di Chu, scappando attraverso il parco. Ansimante e madida di sudore, le fu ben presto difficile proseguire. Si ritrovò in un villaggio, davanti a una grande porta. Si sedette sui gradini per riprendere un po' fiato. E allora accadde veramente come dice il proverbio: "Mille 'li' (1) di distanza non son niente per coloro che si devono incontrare; anche se si è a faccia a faccia, veri incontri senza destino non si posson dare!" La porta davanti alla quale Fior di Loto era seduta era quella della residenza della famiglia Luo. Il vecchio padre si chiamava Luo Yan, o Luo l'Eminente. Ricco proprietario, aveva in fondo un eccellente carattere, ma era talmente taccagno che non avrebbe strappato uno solo dei suoi peli per salvare qualcuno. Così la gente lo chiamava Luo la Pellaccia. A più di quarant'anni ebbe un figlio che fu chiamato Ai Ji, Amore Fortuito. I due vecchi coniugi amavano il figlio come se fosse un prezioso tesoro. Questi aveva allora diciotto anni. Non gli piaceva lo studio e perdeva tempo da mattina a sera tra bordelli e bische. Così che nessuno aveva mai pensato al matrimonio per lui. Luo la Pellaccia lo viziava, facendogli fare tutto quello che voleva. Ai Ji era dunque, quel giorno, sul punto di uscire quando scorse Fior di Loto seduta sulla soglia della porta. Si alzò sulla punta dei piedi per esaminarla attentamente e giudicò che ella dovesse avere una trentina d'anni. Trovò pure il suo viso fresco e la sua figura seducente; i suoi loti d'oro erano lunghi solo tre pollici. Poiché gli sembrava sfinita, immaginò che venisse da lontano. Le chiese allora il suo nome e quello del suo villaggio. Fior di Loto rifletté un istante. "Non posso dirgli il mio vero nome!" pensava. Allora gli rispose: «La famiglia di mio marito si chiama Zhang e mio marito Zhang Ren. Abitava nel villaggio di Xu, a cinquecento "li" da qui. Il fulmine ha provocato un incendio che ha circondato la casa e tutti sono morti bruciati. Sono la sola che sia potuta fuggire. Voglio tornare dalla mia famiglia. Ma strada facendo mi sono perduta. Ecco perché sono qui davanti alla vostra onorevole residenza. Mi riposerò un poco e poi continuerò il mio cammino». «E dove si trova la vostra famiglia? «A Jingzhou» lei rispose. «E' troppo lontano - disse Ai Ji, - vi riposerete due giorni da noi e farò preparare una vettura tirata da un asino per condurvici.» «Non siamo né amici né parenti, come potrei accettare la vostra ospitalità?» «Soccorrere qualcuno nel più estremo bisogno non è comunque una buona azione? Perché allora rifiutare?». Fior di Loto si era resa conto dell'interesse che l'uomo nutriva per lei, così per un po' continuò a rifiutare la sua ospitalità. Ai Ji la costrinse a entrare. Giunto nella biblioteca fece in modo, di nascosto dai suoi genitori, di procurarsi cibo e vino. E si rifocillò in compagnia di lei. Quando fu sera, Fior di Loto finse di
volersi congedare. Ai Ji glielo impedì: «Mangi senza aprire la borsa e non mi dai nulla in cambio!» La prese allora in braccio per portarla sul letto. Le slacciò gli abiti. E fecero nuvole e pioggia. Fior di Loto era una combattente ardita quanto esperta. Lottarono entrambi, lancia contro sciabola, finché si fece giorno. E fu così che ella restò diversi giorni presso i Luo. I vecchi genitori erano al corrente della cosa e, a ben guardare, non sapevano che farci. Resisi rapidamente conto che Fior di Loto era veramente una persona affascinante, la considerarono ben presto la loro nuora. Ordinarono ai due amanti di prendere il cielo e la terra a testimoni e furono sposati. Vissero così per poco più di un anno. La sventura si abbatté sulla famiglia nella persona di sei o sette briganti che una notte s'impadronirono di Luo Yan. Accesero una torcia fatta di stoppie con la quale erano pronti ad appiccare il fuoco e chiesero al vecchio di dire dove fosse il suo denaro. Luo Yan era di quelli che, per natura, preferiscono rinunciare alla vita piuttosto che alle ricchezze. Gridò alla moglie: «Anche se mi bruciano vivo, non dire loro dove si trova il denaro». Ed essa rispose: «Va bene!». Quando i briganti sentirono ciò, furono colti da una collera così violenta che uno di essi squartò il vecchio in due pezzi prima di avanzare per fare lo stesso con la moglie. E se voi non sapete ciò che accadde di lei, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Il "li" è un'unità di misura lineare che varia a seconda delle epoche e delle regioni; qui corrisponde all'incirca a 500 metri. CAPITOLO TREDICESIMO. "Grazie al cielo la cameriera e la sua antica padrona si ritrovano, ed entrambe, come sorelle, nobiltà e ricchezze dividono". E così i briganti avevano ucciso Luo Yan. E ammazzarono anche sua moglie. Corsero fino agli appartamenti di Ai Ji e aprirono la porta con un colpo di sciabola. Entrando, trovarono i due giovani sposi addormentati. Uno di essi si impadronì di Ai Ji e gli chiese: «Presto, dicci dov'è il denaro e ti lasceremo vivere». Ai Ji fu così spaventato che non poté aprir bocca e il brigante pensò che non volesse parlare. Gli inferse un colpo di coltello che gli fu fatale. Vedendo suo marito esanime, Fior di Loto fu colta dal terrore, tuttavia si padroneggiò e disse loro con audacia: «Io so dove si trova il denaro». «E dov'è?» «Accanto alla scala.» Le chiesero di guidarli. Fior di Loto in quel momento era completamente nuda; si gettò una coperta di seta sulle spalle, ma nella fretta lasciò intravedere la porta bianca della sua "yin"; tuttavia ella non se ne curò. Corse fino al pianerottolo e indicò loro l'orcio nascosto sotto la scala. I ladri l'aprirono e scoprirono i lingotti d'argento, bianchi e brillanti come la neve. Misero l'orcio sulle spalle e fuggirono. Vedendo che erano finalmente andati via, Fior di Loto ritornò nella sua camera, si vestì e cominciò a lanciare alte grida. Tutti i vicini giunsero correndo alla casa dei Luo. Videro ben presto che delle quattro persone che componevano la famiglia ne restava una soltanto, che non smetteva di piangere e gemere. Tutti l'interrogarono con sollecitudine: «Piccola signora, diteci com'è accaduto tutto ciò». «Questa notte - ella rispose - è venuta una banda di briganti. Hanno portato via il nostro denaro e ucciso i membri della famiglia.»
Quindi li condusse a vedere i cadaveri. Fior di Loto aveva la bocca zuccherata e tutti l'amavano per il suo piacevole parlare. Essi la consolarono dicendole: «Non temete, vi faremo rendere giustizia» Informarono le autorità locali di ciò che era successo quella notte. Il funzionario di zona, incaricato dell'inchiesta, venne di persona a esaminare la situazione. E diede l'ordine a Fior di Loto di preparare le bare e di far comporre i tre Luo. Tutti i vicini l'assistettero. Quando tutto fu terminato, le autorità inviarono un commissario alla ricerca dei banditi. E non c'è nessun bisogno di precisare che egli si applicò con diligenza al suo compito. Fior di Loto vegliò sulla casa e sentiva la solitudine a poco a poco invaderla. Durante la notte udiva dei fantasmi che la chiamavano, cosa che la terrorizzava sempre di più. Un giorno, affacciandosi alla porta, vide un viaggiatore che era lì seduto. Poiché ella stava per uscire, quello si alzò e le disse: «Ho una sete terribile. Mi dareste un po' d'acqua?». Fior di Loto ordinò che si andasse a preparargli del tè e gli chiese dove stesse recandosi. «Appartengo alla casa di Wuchen, duca di Shen, del regno di Jin - egli rispose. Il mio padrone mi ha inviato nel regno di Wu a portare una lettera a suo figlio.» «Ma - disse ella - un tempo, nel regno di Chu, c'era un certo Qu Wu, anch'egli duca di Shen. Com'è possibile che ve ne sia uno anche nel regno di Jin?» «Qu Wu - egli spiegò - è il Wuchen in questione.» «Ma se è lui, com'è possibile che sia finito a Jin?» «Voi non lo sapete, signora, ma si è sposato in grandissimo segreto con la signora Xia ed è per questo che non è mai più ritornato a Chu e si è sistemato a Jin.» Fior di Loto lo incalzò di nuovo di domande a proposito di questa signora Xia. Quando egli le rispose che era la madre di Xia Zhengshu, Fior di Loto fu profondamente commossa e gli chiese: «Come sta questa signora? «La mia padrona - egli rispose - è ancora oggi in perfetta salute.» Mentre parlavano, una cameriera portò del tè. L'uomo lo bevve e si profuse in ringraziamenti. Poi fece per alzarsi e partire. «Vi state recando a Wu oppure ne state tornando?» ella gli chiese. «Sto tornando da lì.» «Io sono la vecchia cameriera della vostra padrona. E l'ho cercata per moltissimo tempo senza poterla ritrovare. Mi permettereste di partire con voi oggi? «Ma naturalmente» egli rispose. Fior di Loto riunì allora i suoi effetti preziosi, li mise in ordine e li fece caricare su una grande vettura. Poi si mise in cammino in compagnia della guardia del corpo di Qu Wu. Gli chiese quindi il suo nome. «Il mio cognome è Gao e il mio nome Qiang - egli rispose. - Mi potete dire adesso perché siete sola?» Allora ella gli raccontò per filo e per segno le disgrazie passate e l'uomo non mancò di compiangerla grandemente. Erano partiti all'alba e si riposarono solo quando fu notte. E, dopo alcuni giorni, arrivarono a Jin. La vettura di Fior di Loto entrò nella residenza del duca di Shen. Rivedendo la sua padrona, Fior di Loto lasciò libero corso alle lacrime. Yunxiang l'interrogò allora su ciò che le era accaduto durante quegli anni di separazione. Fior di Loto non le risparmiò alcun dettaglio e la sua padrona non poté impedire alle lacrime di inondarle il viso. Yunxiang diede quindi l'ordine di scaricare la vettura e di trasportare i bagagli nella casa. Dopo avere pregato Fior di Loto di servirla come un tempo, le chiese di andare a salutare suo marito. Questi l'interrogò a sua volta sulle circostanze del suo ritorno e fu Yunxiang che gliele espose. E, come tutti gli altri, Wuchen compianse la sorte di Fior di Loto. Giunta la sera, Wuchen, mentre beveva con la sposa, guardò la cameriera che stava in piedi accanto a loro. Il suo viso era lungi dall'essere sfiorito e gli venne l'idea di "accoglierla". Disse a Yunxiang: «Il marito di Fior di Loto è morto e io desidero dargliene uno nuovo, che cosa ne pensate?» «Molto bene» ella rispose.
«Sareste d'accordo se fossi io questo nuovo sposo?». Yunxiang si rivolse allora a Fior di Loto perché si prosternasse davanti a Wuchen. Obbediente, ella presentò i suoi saluti al padrone e allo stesso modo fece con la padrona. Yunxiang le disse di rialzarsi: «Ormai non dobbiamo più considerarci come padrona e cameriera ma chiamarci semplicemente "sorelle"». Invitò Fior di Loto a sedersi presso di loro e bevvero tutti e tre abbondantemente, fino al momento in cui, abbastanza eccitato dalle bevande, Wuchen decise di entrare sotto le cortine in compagnia delle due signore. «Questa notte - dichiarò - ci divertiremo moltissimo.» Ognuno si tolse i propri abiti ed egli prese dalla tavola una candela che porse a Yunxiang. Alla luce della fiammella gli apparve la valle di Fior di Loto: era bianchissima e ricoperta di una leggerissima peluria. Come questa visione animasse grandemente il suo desiderio forse non serve starlo a considerare. Prese in braccio Fior di Loto e la fece sdraiare. Posò i due piedi della donna sulle sue spalle e la cavalcò. La sua lancia ben dritta la penetrò senza colpo ferire. Yunxiang, con la candela in mano, provava piacere nel contemplare la scena. Fior di Loto protendeva il petto sodo che si sollevava dolcemente; i suoi begli occhi restavano semichiusi e le braccia color di cipria si allargavano, mentre la sua vita oscillava. Wuchen giocava con lei come il vento tra i rami di un salice; si serviva così bene dei suoi talenti naturali che ben presto ella non fece altro che sospirare che quel suo piacere non cessasse mai. Yunxiang guardava la scena già da un bel po' e, inevitabilmente, fu turbata da pensieri primaverili. Si sarebbe detto che dentro di lei un insetto l'avesse punta e la divorasse. Ella stringeva, stringeva le gambe, ma non serviva a niente. Stese la mano verso Wuchen per pizzicarlo. Vedendo che era abbastanza eccitata, egli accelerò violentemente il ritmo ancora per un po' prima di lasciare Fior di Loto. Prese allora la candela dalle mani di Yunxiang per darla a Fior di Loto. Fece sdraiare Yunxiang e sollevò in alto i suoi loti d'oro per illuminare quella fessura simile a una sottile foglia di tè. Raddrizzò il suo membro virile e lo spinse verso l'interno con un rumore secco. L'aveva appena penetrata, che già aveva raggiunto il cuore del suo fiore; sfregava con forza, tirava leggermente e spingeva profondamente. All'improvviso cadeva e bruscamente si risollevava. Era talmente delizioso che a Yunxiang venne l'acquolina in bocca. I suoi begli occhi erano pieni di un desiderio intenso, le sue spalle di giada si allargavano e si aprivano. Alla luce della candela il suo corpo appariva delicatissimo. Wuchen era davvero molto eccitato, la sua passione raddoppiò. Premette allora la punta dei suoi seni, che erano lucidi come riso glutinoso. Sollevò i suoi loti d'oro, che si compiacque di contemplare. Così piccoli da fare invidia, erano ricoperti da minuscole calzature ricamate. Accarezzò con il dito la porta della sua "yin", che era di nuovo così stretta che neppure un capello poteva penetrarvi. Meraviglia che le parole non possono descrivere! Tenendo ferma la sua nuca color di cipria, continuò a forzare l'ingresso a più riprese. Poi si piegò su di lei e, viso contro viso, le diede la punta della lingua. Yunxiang la succhiò e la succhiò, ed egli fece altrettanto. Si baciarono così per un po' di tempo. Poi egli chiese a Fior di Loto di posare la candela e di salire sul letto. L'attirò verso di sé e infilò il suo membro di giada nella sua valle. Fece più di un centinaio di va-e-vieni, tra i centodieci e i centoventi, per essere precisi. Wuchen, che metteva in pratica l'"arte di affinare la sua essenza vitale", sarebbe riuscito a non emettere seme per tutta la notte. Quanto a Yunxiang, "raccoglieva i frutti della battaglia" e non sentì la fatica. Fior di Loto aveva combattuto anche lei, un tempo, nemici feroci. Dalla morte di suo marito era passato un po' più di un mese, così non lasciò spazio allo sfinimento per approfittare di quella buona sorte. Questo spiega perché all'indomani, verso l'ora di mezzogiorno, i nostri tre personaggi fossero ancora là, intenti a rallegrarsi. Finalmente, una piccola cameriera li chiamò. Si alzarono e ognuno fece le sue abluzioni. Wuchen uscì. Yunxiang chiese ai servi delle cucine di preparare un banchetto per festeggiare il ritorno di Fior di Loto. D'un tratto, sopra l'architrave della porta, vide volare una coppia di rondini e le sembrò che festeggiassero, anch'esse, quel felice ricongiungimento.
«Sorellina - disse a Fior di Loto, - guarda quelle rondini: ascolta il loro cinguettio. Abbiamo trascurato la poesia da così tanto tempo. Se noi ora ne scrivessimo una?». «Sì, cominciate voi, riverita sorella» rispose Fior di Loto. Yunxiang prese un pennello e scrisse: "Intorno all'architrave la rondinella vola sola da così tanto tempo! Ma ecco che la purpurea rondine sotto le cortine ritrova il nido di un tempo. La padrona ha conservato nel cuore l'antica amicizia. Sulle sventure degli anni passati si mettono a cinguettare. Turbinare vano e felicità di ritrovarsi. Attendere la fine dell'autunno come il viaggiatore che parte. Sperare che l'anno che viene mai più li separi". Fior di Loto fece interminabili lodi a Yunxiang e prese a sua volta il pennello: "Rigogolo quando il sole tramonta sopra i fiori, ombra tardiva dell'uccello che a primavera ritorna. Se la sua padrona desidera riannodare gli antichi legami lasciatele conoscere del suo misero destino quest'ora novella. Ah, giovinezza d'un tempo da rapire nei luoghi profumati! Quando di entrare sotto le cortine venne l'istante, sera della terza luna, il momento più sognante, e a mezze parole dirsi tutto ciò che accadde avante". Quando Fior di Loto ebbe terminato, Yunxiang prese la poesia per leggerla. «Oh, sorellina, com'è profondo e difficile da penetrare il tuo pensiero...». Erano intente a complimentarsi in questo modo, quando videro il ragazzo della biblioteca arrivare correndo per annunciare loro: «La diciottesima principessa di Jin vi invita domani a un banchetto e attende la vostra risposta». E se desiderate conoscere la risposta di Yunxiang, ebbene, prestate ascolto alle spiegazioni del capitolo che segue. CAPITOLO QUATTORDICESIMO. "Yunxiang le sue galanti avventure all'amica racconta la bella signora su un appuntamento segreto già conta". Yunxiang e Fior di Loto si rallegravano reciprocamente delle loro poesie quando videro sopraggiungere di corsa il ragazzo della biblioteca. Teneva in mano un biglietto d'invito e disse loro: «La principessa vi invita domani». «Ebbene - rispose Yunxiang, - le dirai che verrò.» E noi lasceremo il ragazzo portare la risposta della sua padrona. «Chi è dunque questa diciottesima principessa?» chiese Fior di Loto. «E' la sorella minore del re di Jin; è sposata con un certo Luan Shu. Poiché a mia volta l'avevo invitata, mi prega di farle visita. Verrai con me?» Fior di Loto acconsentì. L'indomani le due donne si alzarono e si prepararono. Erano simili a immortali del cielo. Quando giunsero in città nei loro palanchini, che in effetti erano scoperti, vi fu una bella agitazione. Tutto il vicinato era là, chi a sporgersi per vederle meglio, chi a tessere elogi della loro bellezza. Le due signore erano lietissime. Poco tempo dopo raggiunsero la residenza dei Luan. La principessa venne loro incontro, aveva un viso dalle guance color di pesca e un abbigliamento che valorizzava il suo corpo liscio e levigato come giada. Entrarono nella residenza e, quando furono negli appartamenti privati, Yunxiang e la sua compagna ringraziarono la principessa per il suo grazioso invito: «Quale onore essere ricevute da voi, signora; vi rechiamo solo disturbo».
E, una accanto all'altra, la salutarono quattro volte. La principessa restituì loro i saluti con sollecitudine. «Come osate parlare di disturbo - disse, - quando vi accolgo in modo così semplice?» La padrona di casa e le sue invitate si sedettero quindi ognuna al proprio posto. La principessa, indicando Fior di Loto, chiese a Yunxiang: «Riverita sorella, chi è costei?» «E' Fior di Loto, la mia sorella minore, giunta da me solo ieri.» Non sapevo che si trattasse della vostra onorevole sorella, mi scuserete di non averla accolta come sarebbe stato conveniente» ella rispose. Poi ordinò alle cameriere di offrire del tè alle invitate. In seguito le condusse a passeggio nel parco. I fiori rivaleggiavano allora in bellezza e gli uccelli cantavano a migliaia. Al centro di quel parco meraviglioso c'era un padiglione dalle balaustre riccamente adorne. Era arredato con una tavola del tipo detto "degli otto immortali" (1) e con quattro sedili. Le signore vi entrarono. Si era allora in una di quelle dolci giornate di primavera profumate da una leggera brezza. Lo splendore dei fiori abbagliava gli occhi e la verzura sembrava un tappeto di broccato. «Mie care sorelle - disse la principessa, - scrivete talvolta delle poesie?» Dissero di saperlo fare così poco che non avevano osato parlarne per prime. La principessa fu lietissima di questa risposta. Diede ordine a una cameriera di portare pennelli e inchiostri e disse loro: «Che ognuna di noi componga una poesia per aumentare ancor più lo splendore del giardino fiorito in cui ci troviamo». «Manifestate troppa indulgenza per i nostri goffi versi» loro risposero. «Mie care riverite sorelle, vi prego di iniziare.» «No, tocca a voi cominciare, principessa - rispose Yunxiang; - le vostre sciocche sorelle minori non possono comporre sul momento che versi orribili.» «Non sono affatto d'accordo» replicò la principessa. Yunxiang allora cedette, con modestia, e scrisse questa poesia: "Ah! L'età in fiore quando a tutti si piace! Il Giardino del Sud era verde, e rosso ora si fa. Il cuore è come ebbro, si va dove si sa. Uccello del sentiero che verso l'altro torna". Poi fu la volta di Fior di Loto: "Secondo l'estro, a primavera, voler girovagare un poco. L'amore in fiore è là che ci conduce, senza saper andare avanti sul sentiero profumato, dove uccelli di buon auspicio si fanno eco". La principessa lesse i due componimenti e disse, battendo le mani: «Le vostre poesie si distinguono tra tutte. La vostra sorella minore si inchina con rispetto di fronte all'eleganza dei vostri modi». «Come possono questi versi goffi meritare le vostre lodi? - risposero esse. - E a voi che spetta insegnarci in che maniera allontanare le cattive erbe che ostacolano il nostro cammino.» La principessa scrisse una poesia che diceva: "Giorno tiepido di fiori di broccato rossi, così rossi che nessuno li distingue, e l'uccello che canta e tace all'ombra del fiore puro, se ne sta in pace". Poi porse il foglio a Yunxiang e le sue due invitate non smettevano di complimentarsi con lei. Quindi la principessa ordinò di preparare un banchetto. E le interrogò sull'ora, il giorno e l'anno della loro nascita:
«Quest'anno compirò cinquantaquattro anni», disse Yunxiang. «E io quarantotto» aggiunse Fior di Loto. «Quanto a me - disse la principessa, - avrò fra poco ventun anni e guardate come l'espressione del mio viso ha già perso la sua freschezza. Non avrei mai pensato che voi aveste quarantotto anni, Fior di Loto; ve ne davo ventisette o ventotto, e a me sembra che la nostra sorella Yunxiang abbia l'apparenza di una fanciulla di sedici o diciassette anni. Che mezzo avete, dunque, per conservare la vostra giovinezza? Non vorreste svelarmelo?». Resa ardita dal vino e comprendendo che poteva offrire il suo cuore alla principessa, Yunxiang rispose, con ancora un po' di timidezza nella voce: «Vedete, quando ero ancora una fanciulla ho sognato di un immortale che si faceva chiamare Libero Vagare. Abbiamo avuto dei rapporti amorosi e mi ha insegnato l'"arte per la Fanciulla di Candore di raccogliere i frutti della battaglia". E da allora mi approprio dell'essenza virile del mio compagno, cosa che accresce in segreto la mia vitalità. Ecco perché ho conservato il fiore del mio incarnato e perché, bandendo la vecchiaia, ritrovo sempre la giovinezza». «Ma - rispose la principessa - in questo modo gli uomini ne subiscono danno. Com'è possibile allora che il dignitario Wu, vostro consorte, sia così forte e robusto?» «Anch'egli esercita un'arte particolare - disse Yunxiang ridendo, - per questo non soffre affatto.» Poi tacque. Il cuore della principessa ardeva dal desiderio di saperne di più. Fu così che congedò i servitori e proseguì: «E qual è dunque questa particolare arte del vostro consorte? Ditemelo, presto!». «Egli ha incontrato una volta un taoista che gli ha insegnato il metodo di Pengzu per affinare l'essenza vitale. E' ciò che gli permette di avere a che fare con dieci donne in una stessa notte senza che il suo seme scorra.» «Parlatemi un po', adesso, di Fior di Loto.» «E stata a lungo la mia cameriera - le rispose Yunxiang. Quando il re di Chu mi ha portato via, ella è fuggita. E' stata accolta da una famiglia potente ed è divenuta la sposa del figlio di quella casa. Dopo poco tutti i suoi congiunti furono massacrati e solo ieri ci siamo ritrovate. Ma era appena arrivata che mio marito l'ha...» Poiché Yunxiang taceva, la principessa l'invitò a proseguire: «L'ha... che cosa? Parlate dunque, qui non c'è alcuno che possa sentirvi». Yunxiang, allora, le rispose ridendo: «Ebbene, l'ha sedotta: ormai siamo sorelle!». Questi discorsi turbarono talmente la principessa che le secrezioni stillavano dalla sua valle a goccia a goccia. «E se mi raccontaste che cosa è successo la notte scorsa?» chiese a Yunxiang; ma ella rifiutò di aggiungere altro. «Siamo tre donne - intervenne allora Fior di Loto, - niente ci impedisce di parlarne. Lasciatemelo raccontare alla principessa. Prima di tutto - proseguì - mi ha fatto sdraiare sul letto pregando la mia riverita sorella di tenere una candela in mano così da ammirare la potenza del suo va-e-vieni. Quando ebbe giocato con me per un po' e mia sorella fu animata da un violento desiderio, la fece sdraiare a sua volta e pregò me di tenere la candela come aveva fatto lei in precedenza, per vedere come egli sfregava e spingeva.» E così, minuziosamente, Fior di Loto raccontò alla principessa ogni cosa. Gli umori intimi colavano ininterrottamente dalla valle di colei, che si volse verso Yunxiang e le disse: «Non sapevo che il dignitario Wu possedesse attitudini così notevoli. Quali meriti avete dunque accumulato per poter godere in questa vita delle sue competenze?». «E la destrezza del dignitario Luan, vostro consorte, in materia qual è?» chiese Yunxiang. «Ebbene, vedete, nel giro di due ore soltanto emette il suo seme.» A questo punto si chinò verso Yunxiang e le disse all'orecchio: «A sentirvi parlare così, eccomi tutta turbata! Potreste presentarmi un giorno a vostro marito affinché almeno una volta io lo incontri? A meno che, naturalmente, la cosa vi contrari».
«Non preoccupatevi, principessa - rispose Yunxiang, - non sono affatto gelosa. Uno dei prossimi giorni vi manderò un biglietto d'invito chiedendovi di soggiornare per qualche tempo presso di me. E allora potrete avere con il mio consorte l'incontro che desiderate.» «Molto benedisse la principessa, - mi affido completamente a voi, mia cara riverita sorella, per mandare a buon fine questo affare!». Poco dopo, dalla cucina furono portati dei piatti eccezionali, prodotti delle montagne e dei mari, che imbandirono la tavola in un istante. Terminato il banchetto, in compagnia della principessa le due invitate uscirono dal padiglione per andare ad ammirare i fiori. Sappiamo, peraltro, che il consorte della principessa, chiamato Luan Shu, si era alzato quella mattina per recarsi a palazzo. Aveva saputo che la moglie aveva invitato Yunxiang e aveva seguito, dopo l'udienza, il marito di quest'ultima che l'aveva trattenuto a pranzo. Era appena rientrato nella sua residenza, piuttosto brillo. Mentre camminava sul bordo del laghetto dei pesci d'oro, vide la sua sposa in compagnia delle due invitate. Riconobbe la moglie del suo amico Wuchen, ma non conosceva l'altra signora. Restò un istante a contemplare la bellezza di Yunxiang, il cui volto aveva la rotondità della luna e la carnagione lo splendore del fiore. Pensava che le bellezze di un tempo, Xishi e Yang Guifei, (2) non fossero nemmeno lontanamente paragonabili a lei. Se l'altra signora gli parve meno seducente, non possedeva comunque meno fascino e delicatezza. Se ne stava dunque là, inebetito da tanta grazia, sul bordo del laghetto. Come avrebbe potuto indovinare che, dopo aver ammirato i fiori, le tre signore si sarebbero recate sul bordo dello stagno per vedere i pesci d'oro? Quando le vide arrivare, era già troppo tardi. Non poté fuggire, Yunxiang l'aveva già visto e gli chiedeva: «Ma chi sei tu, che ci spii così?». E, se non conoscete ancora la risposta di Luan Shu, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Tipo di tavola alta e quadrata, spesso decorata con le immagini degli otto immortali della leggenda taoista. Nota 2. Cfr. nota 1, Capitolo decimo. CAPITOLO QUINDICESIMO. "Ecco l'amo tendere un'abile trappola al pesce e allo scambio galante si prepara il cuor felice". Luan Shu si trovava dunque presso lo stagno dei pesci d'oro quando era stato apostrofato un po' brutalmente da Yunxiang. Fu così sorpreso che non trovò niente da rispondere. La principessa allora intervenne e disse alle invitate: «Vi presento il mio consorte». «Sono confusa - rispose Yunxiang, - non pensavo che si trattasse del vostro onorevole marito e mi sono mostrata poco gentile, vogliate scusarmi e placare il vostro corruccio.» Luan Shu si riprese, allora, e domandò alla principessa: «Ma non è costei la consorte del mio amico Wuchen? E chi è quest'altra signora?». «Sì, amico mio, ecco la vostra cognata Yunxiang e la seconda sposa del dignitario Wuchen.» «Non sapevo - egli proseguì - che il mio amico conoscesse le delizie di una seconda unione. L'ha sposata di recente?» «Soltanto ieri» rispose Yunxiang in uno scoppio di riso. «Ebbene, se l'avessi saputo prima, mi sarei affrettato ad andare a dividere con lui il vino degli sposi novelli.» E a questo punto si recarono nel padiglione per chiacchierare un po'. Yunxiang volle allora congedarsi. La principessa insistette per trattenerla. «Non è rimasto nessuno a casa mia - disse Yunxiang, - devo rientrare il più in
fretta possibile. Salutò la principessa e s'inchinò davanti a Luan Shu. Quest'ultimo, rendendole il saluto con sollecitudine, la guardò bene in viso. Le sue pupille girarono e ricevette in cambio un'occhiata piacevole come le onde dell'autunno. E se per caso vi domandaste perché, ebbene, diremmo che mentre il marito era anziano, il galante aveva poco più di ventitré o ventiquattro anni, aveva le sopracciglia ben disegnate e lo sguardo dolce, e la sua persona era in generale del tutto priva di qualsiasi volgarità. Vorreste allora che il desiderio non si risvegliasse? E non si risvegliò solo in Yunxiang, ma anche in Fior di Loto, fatto che non era forse necessario precisare. Allora si considerarono con attenzione e si manifestarono le intenzioni più galanti possibili. La principessa se ne rese subito conto e seppe opportunamente non farlo notare. Accompagnò le sue due invitate fuori della residenza; il marito la seguiva e guardava con discrezione le due bellezze che stavano per andarsene. Si scambiarono ancora qualche occhiata prima che le due signore si accomodassero sul loro palanchino. Quando furono partite, Luan Shu sembrò smarrito. Erano già distanti ed egli si trovava ancora là, sulla soglia della sua residenza, intento a guardare lontano, con l'occhio vacuo. La principessa, allora, gli disse ridendo: «Le nostre belle invitate sono già lontane!» Non l'udì nemmeno. Ella ripeté più forte: «Le nostre belle invitate sono già lontane!» Quando volse la testa verso la moglie, si sarebbe detto che uscisse da un sogno. «Rientriamo» gli ingiunse la principessa, ed egli la seguì completamente stordito. Dice il poeta: "Non è il vino che rende ebbri, è l'uomo che s'inebria! Non è il desiderio che travia, è l'uomo che si travia. Guardate Luan Shu che segue con gli occhi la sua bella, che nel mondo non ha pari". Luan Shu si riprese solo quando fu rientrato nei suoi appartamenti. «Mi ero perduto, signora. Avete mai visto una simile bellezza? Capisco ora perché Wuchen abbia usato tutte le risorse del suo ingegno per sedurla. Ah! Se potessi io, Luan Shu, passare due o tre notti con lei, sarei il più felice degli uomini e accetterei di morire ben volentieri.» Questi discorsi fecero scoppiare a ridere la principessa, che gli disse all'orecchio: «E se io conoscessi il modo di farvela incontrare?». «Come? Parlate, presto!» «Ebbene, ecco - rispose, - così... e così...» «Che stratagemma meraviglioso! Ma come procedere?» «Prima di tutto lasciatemi andare a trascorrere alcuni giorni nella loro residenza e nessuno potrà sospettare niente.» Luan Shu desiderava così ardentemente Yunxiang che, in fondo, il modo con cui raggiungere l'obiettivo non lo infastidiva; disse semplicemente: «Ebbene... porterò il cappello verde! (1)». E risero entrambi. Mentre conversavano in tal modo, scese la notte. Marito e moglie andarono dunque a riposarsi. Luan Shu si tolse le vesti e si sdraiò. La bellezza di Yunxiang lo assillava, il fuoco del desiderio l'incendiò. Il suo membro di giada era duro come se fosse stato di ferro. Una volta che sua moglie si fu coricata sul dorso, infilò il suo membro di giada nella sua valle e fece almeno cento o duecento va-e-vieni prima di raggiungere il piacere. Accarezzò poi la porta della "yin" della consorte e le disse: «Che buona piccola valle! Che pena cederla a un altro!». La principessa ebbe all'improvviso paura che egli le chiedesse di non andare più a casa di Wuchen e disse: «Voi fate questa considerazione senza conoscere la valle di Yunxiang, che è assai più piacevole della mia. Sapete che, a più di cinquant'anni, è come una fanciulla? Mi ha detto di aver incontrato un immortale in sogno e di aver avuto con lui
commercio carnale. Egli le ha insegnato l'"arte di raccogliere i frutti della battaglia" ed ella, da allora, sa attingere dalla potenza virile per fortificare la sua femminilità e fare meraviglie. Ecco perché il suo viso è sempre liscio e il fiore del suo incarnato non è appassito. Figuratevi che, solo tre giorni dopo la nascita di un figlio, la sua valle era ritornata come prima del parto!». A sentire raccontare tali meraviglie, Luan Shu era talmente turbato che lo si sarebbe potuto paragonare a un aquilone di cui fosse stata tagliata la corda. Afferrò il manico del suo scacciamosche e penetrò la moglie, con una serie di va-evieni tra gli stravaganti rumori dell'amore e del letto che si muoveva. Ben presto indolenzito dalla testa ai piedi, sentì dei pizzicori per tutto il corpo ed emise la sua cosa bianca. Ma lasciamoli lì. Quando Yunxiang e Fior di Loto rientrarono a casa, intesserono le lodi della principessa a Wuchen: «Ebbene - egli disse, - me ne parlerete con un po' più di precisione?». «Canterò - rispose Yunxiang. - Ascoltate attentamente e conoscerete i suoi talenti! La canzone diceva: "Bianche le sue mani bianche, le sue sopracciglia arcuate arcuate, le sue labbra vermiglie profumate, capelli neri davvero davvero, piccoli piedi piccoli, proteso il suo seno proteso, liscio liscio il suo ventre levigato, e per di più stretta stretta la sua cosa, davvero davvero stupendo goderne e goderne". Qual è dunque questa "cosa" piacevole?» chiese Wuchen. «Inutile dirvi - precisò Fior di Loto - che si tratta del torrente incassato tra le due vette! (2)» Wuchen scoppiò in una gran risata. «Ecco un affare piacevole e una persona davvero bella! La sua consorte allora gli disse: «Posso riceverla da amica ed ella dormirà con voi». «Come consentirebbe a ciò?» egli chiese. «Credo che ci pensi già da tempo.» «Ebbene, fatela venire» soggiunse Wuchen. «Come avete fretta, mio scellerato marito! Aspettate che i gelsomini siano in fiore e l'inviterò a passare qualche giorno in nostra compagnia, per ammirarli. Allora potrete concludere l'affare.» Wuchen chinò la testa in segno di assenso e disse: «Come sono giuste e ragionevoli le vostre parole, mia signora moglie!». Terminata la conversazione, i due coniugi e Fior di Loto andarono insieme a riposare, dopo essersi tolti gli abiti. E che fossero, nella notte profonda, felici come pesci nell'onda non serve certo dirlo! Luce e ombra passano come il lampo, sole e luna si alternano come la spola e, alcuni giorni dopo, i gelsomini erano sbocciati. Il loro profumo riempiva il giardino. Canta il poeta: "Onde chiare di gelsomini profumati dal portamento grazioso sotto il vento leggero, giade bianche di bellezza immacolata pronte a far la parte del messaggero". Quando vide i gelsomini schiusi, Wuchen sollecitò la moglie a invitare la principessa. Yunxiang scrisse dunque un biglietto che affidò al ragazzo della biblioteca. In tutta fretta, questi si recò nella residenza dei Luan. Luan Shu era appunto a casa. Prendendo la lettera dalle mani del ragazzo, la lesse con la
consorte. Lei conosceva bene la ragione che aveva spinto Yunxiang a invitarla, così chiese al ragazzo: «Chi ti manda, dunque?». «Vengo per ordine della mia padrona; ella vi invita, principessa, a soggiornare presso di lei per molti giorni, per godere dei fiori di gelsomino.» La principessa, ridendo, disse al consorte: «Mi concedete il permesso di accettare questo invito?». «Se andatele rispose, - dovrete sedurre una certa persona e non lasciarvi sedurre da un'altra.» «Tutto ciò rischia di non essere così facile come pensate!» Con queste parole lo lasciò e, poco dopo, prese posto nel suo palanchino. Ben presto arrivò davanti alla residenza di Wuchen. Rimasto solo, suo marito s'interrogò: "E se mia moglie non riuscisse nel suo intento con Yunxiang?". Prese allora la decisione di invitare Wuchen e di parlare apertamente con lui della possibilità di scambiarsi le mogli per qualche giorno. Diede ordine a un servitore di andare a invitare Wuchen. Questi era intento a spiare l'arrivo della principessa. Quando Li il Beato andò ad avvertirlo dell'invito di Luan Shu, si vestì e decise di recarsi immediatamente da lui per paura di perdere il suo affare. Il ragazzo della biblioteca preparò il cavallo ed egli si recò da Luan Shu. Luan Shu andò ad accoglierlo e l'invitò a prendere il tè nei suoi appartamenti privati. Wuchen allora gli chiese: «Vi ascolto, di che cosa volevate parlarmi?». «Oh, di niente in particolare! - rispose Luan Shu. - Desideravo solo invitarvi, caro riverito fratello, a bere un po' di vino.» E diede ordine che li servissero in un padiglione appartato. E bevendo, in modo del tutto naturale, i due uomini giunsero a discorrere di questioni galanti. Luan Shu gli parlò con cautela dell'idea che gli era venuta di scambiarsi le mogli. Wuchen, che era per natura un libertino, a sentir parlare di un tale argomento scoppiò in una gran risata: «La cosa in effetti non è priva d'interesse. Appena sarò rientrato a casa, vi manderò la mia consorte. E faremo in modo di servirci ognuno dei nostri talenti particolari e di non mostrarci troppo timidi». «Il vostro fratello minore non è un timido - replicò Luan Shu, - non pensate invece che la vostra età avanzata vi possa causare un'eccessiva timidezza?» «Non abbiate alcun timore» rispose Wuchen. I due uomini bevvero ancora abbondantemente per un po' prima di congedarsi l'uno dall'altro. Wuchen rientrò a casa sua. E, se non conoscete ancora le modalità di questo scambio, ebbene, prestate attenzione alle spiegazioni del prossimo capitolo. NOTE. Nota 1. Espressione gergale che significa "portare le corna". Nota 2. E' questa un'altra immagine figurata che sta a indicare il sesso della donna. CAPITOLO SEDICESIMO. "Il re di Jin la sua collera contro i dissoluti scatena e il prodigioso immortale Libero Vagare le tre belle va a salvare". Di ritorno a casa, Wuchen parlò senza mezzi termini alla moglie. Yunxiang in un primo momento fece mostra di non rassegnarsi a quello scambio e, per finta, aspettò gli ordini di Fior di Loto per arrendersi. Chiamò subito dopo Li il Beato perché la conducesse alla casa dei Luan. Il ragazzo della biblioteca seguiva il palanchino. Non appena fu giunta davanti alla residenza, diede loro l'ordine di tornare indietro. Li il Beato e il ragazzo trovavano questa visita insolita: «Ma - domandò Li - la moglie di Luan Shu, la principessa, non è appena giunta a casa del nostro padrone?»
«Sì - rispose il ragazzo, - hai ragione.» «Ma, allora - riprese Li, - com'è possibile che la nostra padrona venga qui?» «Questo è davvero stupefacente - commentò il ragazzo. - Rientreremo e interrogheremo tua moglie; senza dubbio ella sa qualcosa.» «Deve sapere certamente qualcosa, ma sono sicuro che non mi dirà niente.» Il sospetto dei due servitori crebbe ancora. In effetti, quando Yunxiang entrò nella residenza dei Luan era già l'ora in cui si portano le lampade. Il dignitario Luan le andò incontro e la condusse nel padiglione dei ricami. Congedò assai in fretta i servitori, poi, rimasto solo con la signora, le offrì del vino. Bevvero fino all'ebbrezza. Il rosa salì alle guance di Yunxiang, che gli parve ancora più bella. La prese tra le braccia e la baciò sulla bocca. «Oh, delicata sorellina, vi desidero da morirne!» «Da quando ci siamo visti la prima volta al padiglione dei fiori - ella rispose, un identico desiderio mi ha invaso. Ma chi dunque ha permesso il nostro incontro di stasera?» «E stata la mia consorte a suggerirmi per prima questa meravigliosa idea. Un giorno mi ha detto: "Se desideri Yunxiang, ebbene, fingerai di dover fare un viaggio lontano, ma resterai segretamente a casa. Io inviterò Yunxiang a tenermi compagnia e così Wuchen non sospetterà di nulla" Ma quando ella si è recata presso di voi per rispondere al vostro gentile invito, ho pensato che fosse meglio invitare vostro marito e parlargli francamente. E devo dire che egli ha acconsentito a questo scambio senza alcuna difficoltà. Non è meglio talvolta prendere la strada diretta invece che seguire vie tortuose?» Poco dopo Yunxiang e Luan Shu si tolsero gli abiti e salirono sul letto. Luan Shu sapeva che ella era molto esperta in materia. Preparandosi al combattimento, spiegò i suoi stendardi e batté il tamburo, sperando in cuor suo di infliggerle una dura sconfitta. Ma come avrebbe anche soltanto potuto immaginare la potenza di quella grande generalessa? Ben presto essi non furono che due sciabole dure e brillanti. Attacchi e contrattacchi si susseguivano. Si era scatenata una battaglia terribile. Ben presto il generale perse terreno. I suoi lombi si indebolirono, il controllo gli sfuggì ed egli si liberò: aveva emesso il suo seme. Yunxiang allora gli chiese: «Com'è possibile che non abbiate potuto farmi fronte più a lungo?». Ahimè! Non poté farci niente. Era sconfitto! Ma lasciamo questo campo di battaglia per ritrovarne un altro. In un altro luogo, infatti, un combattimento accanito opponeva Wuchen alla principessa. Di fronte a un generale sempre vincitore, come avrebbe potuto costei avere la meglio? Combatterono fino alla seconda vigilia della notte, ed ella suonò la ritirata. Fior di Loto, anch'ella là, si pose di fronte a Wuchen. Egli non ebbe neppure bisogno di dispiegare il meglio delle sue forze per vincerla a sua volta. La principessa di nuovo si lanciò all'assalto. Wuchen la vide bianca come la giada e flessibile come il filo di seta. Pungolò di nuovo il suo cavallo per incalzarla, la sua lancia penetrò la camera fiorita senza indugio. E poiché egli le chiese se avesse provato piacere, ella rispose: «Ritiratevi presto, riverito fratello, o ne morirò». Ma Wuchen non acconsentì affatto e sollevò la sua lancia d'oro e senza interruzione le diede cento o duecento colpi. La principessa perse le forze, il suo volto color di cipria si contrasse. Il dolore le impose allora di pregare Wuchen di ritirarsi. Egli obbedì, ma solo per attaccare ancora Fior di Loto. Si videro così, nel corso del mese seguente, i coniugi Luan subire sconfitta su sconfitta, mentre Wuchen e Yunxiang proclamavano sempre vittoria. E, infine, le due signore ritornarono alle loro rispettive dimore. Nelle due residenze si fu ben presto al corrente di questi maneggi. Un giorno che Luan Shu passeggiava nel parco, udì un piccolo servitore parlare a mezzavoce dei loro affari con un'ancella. La collera lo prese e inflisse una severa punizione al valletto. Costui gliene portò rancore e corse dal dignitario Zhao Meng per riferirgli il commercio illecito della sua padrona con Wuchen. Zhao Meng fu preso da una violenta ira e scrisse immediatamente un rapporto al re. Quando il sovrano l'ebbe tra le mani, batté sulla tavola ed esclamò: «Miserabili, che atteggiamento inqualificabile!». Ordinò a Zhao Meng di mobilitare i suoi armati per circondare la residenza privata
di Wuchen. Forse non è necessario precisare che il re pensava di arrestare anche Luan Shu. Quella notte Yunxiang fece uno strano sogno. Un demone dal viso verde e blu e dai capelli rossi brandiva un grande coltello e le lanciava ingiurie: «Scellerata, la tua sete di lussuria non ha proprio mai conosciuto misura! A quanti uomini dabbene hai nuociuto?». Poi sollevò il coltello per colpirla. D'un tratto apparve un uomo di grande statura; immediatamente ella seppe che si trattava di Libero Vagare, l'immortale con il quale aveva un tempo conosciuto l'amore. Con una mano egli fermò il demone e gli disse: «So che ella ha commesso innumerevoli crimini; ma io ho avuto dei rapporti con lei. A causa di ciò, e anche perché un giorno riallaccerò questo legame del passato, desidero che sfugga alla vostra punizione». «Ebbene - rispose il demone, - poiché è così, non mi occuperò di lei!» Libero Vagare parlò in seguito a Yunxiang: «Una grande sventura si abbatterà su di te domani, all'ora del mezzogiorno. Quando il pericolo sarà imminente, verrò a salvarti. Non dire niente a nessuno e domani mattina ricevi presso di te la principessa. Di' ugualmente a Fior di Loto di non allontanarsi e a mezzogiorno verrò a cercarvi tutte e tre». Quando ebbe terminato di parlare, le diede una spinta. Yunxiang si risvegliò bruscamente gridando, il corpo coperto di sudore. Poiché per tre volte rifece lo stesso sogno, si disse: "Ebbene, preferisco credere che tutto ciò accadrà. Soprattutto non bisogna pensare che non capiterà niente". E quasi inutile dire che, il giorno successivo, ricevette la principessa e che restarono insieme aspettando mezzogiorno. Nel frattempo, il re di Jin in persona guidava i suoi soldati contro la casa del suo reale cognato Luan Shu. Quest'ultimo fu catturato e si cercò ovunque la principessa senza trovarla. Il re chiese allora a Luan Shu dove fosse. «E' andata a casa di Wuchen» egli rispose. Il re guidò i suoi soldati a quella volta. A mezza strada incontrò gli armati di Zhao Meng. Essi riunirono i loro uomini e poco dopo arrivarono davanti alla residenza. Il re diede l'ordine di circondarla. I soldati obbedirono e la casa fu stretta come in una morsa di ferro. Quando il re chiese chi avrebbe catturato Wuchen, un ufficiale uscì dai ranghi e s'inchinò profondamente davanti a lui, dicendo: «Io, sire!». Il re riconobbe allora il figlio di Xun Shou dell'esercito del Centro, che si chiamava Xun Ying. «Entrerete nella residenza e acciufferete tutti questi banditi lussuriosi senza lasciarne sfuggire uno solo!» gli ordinò il re. Xun Ying penetrò nella casa. Wuchen si trovava nella sala principale e dormiva ancora. Li il Beato e il ragazzo della biblioteca erano accanto a lui. Xun Ying ordinò ai soldati di catturare i tre uomini. Wuchen era nel bel mezzo di un sogno. Si svegliò e vide che era legato dalla testa ai piedi. Riconobbe Xun Ying, che impartiva ai soldati l'ordine di impadronirsi dei suoi beni. «Che cosa state facendo?» chiese con furia. «Hai intrattenuto delle relazioni colpevoli con la principessa e ora il re, suo fratello, è venuto in persona per farti arrestare; dove sono le donne?» Terrorizzato, Wuchen abbassò la testa e non rispose. Il ragazzo della biblioteca, che da sempre nutriva un odio segreto contro Fior di Loto perché non aveva voluto mai saperne di lui, indicò il parco con il dito e disse: «Sono nel Padiglione delle Peonie». Wuchen e i suoi servitori furono condotti davanti al re, mentre Xun Ying si diresse verso il parco. Improvvisamente si alzò un vento strano, una raffica giunta da sudest fece volare la sabbia e spostò le pietre; spesse nuvole nere si formarono e ben presto non fu più possibile vedere alcunché davanti a sé. Xun Ying restò dov'era, i piedi inchiodati. Quindi sentì una voce che rideva nell'etere: «Tu non le catturerai, Xun Ying, eccole in salvo!». Xun Ying spalancò gli occhi e intravvide, nella nebbia scura, un uomo e tre donne
andare verso nordovest. Non lasciarono alcuna traccia. (1) E io, Xian Chuan, ho trovato questa strana storia sfogliando le cronache e ve l'ho raccontata perchĂŠ non vada mai perduta. NOTE. Nota 1. Nel contesto taoista dell'opera questo significa che le tre donne sono diventate immortali.