MOSTRA N. 6 - BERTOZZI & CASONI

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MOSTRA N° 6 – BERTOZZI & CASONI SETTEMBRE – DICEMBRE 2016


Giampaolo Bertozzi e Stefano Casoni, due tra i più grandi artisti della scultura ceramica contemporanea, arrivano a Biella con le loro opere irridenti e simboliche. Un gruppo di recenti sculture in ceramica policroma trasformerà gli spazi del MACIST in una sorta di Wunderkammer, abitata da presenze iperrealiste e composizioni in disfacimento.

Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni, due tra i più grandi artisti della scultura ceramica contemporanea, arrivano a Biella con le loro opere irridenti e simboliche. Un gruppo di recenti sculture in ceramica policroma trasformerà gli spazi del MACIST Museum in una sorta di Wunderkammer, abitata da presenze iperrealiste e composizioni in disfacimento. “Assemblages” di elementi che suscitano insieme attrazione e repulsione, così reali da lasciare il visitatore disorientato dinanzi alla reazione sensoriale al materiale, fragile e al tempo stesso solenne. L’esposizione costituisce un avvincente excursus sulla loro produzione più recente: un insieme di sculture in grado di ben rappresentare la loro più autentica cifra espressiva, in cui l’ironia diventa uno strumento di riflessione sulla nostra società contemporanea, una civiltà purtroppo senza ideali e sommersa dai rifiuti del consumismo. “Non Ricordo” (2014), scultura di grandi dimensioni, ci mostra un Pinocchio invecchiato e malinconico, il cui corpo da burattino è scavato, la schiena ricurva, il volto, dalle sembianze umane, rugoso e il cuore tormentato da mille tarli. Seduto su una pila di libri a lui dedicati, Pinocchio «si fa carico e porta in sé tutte le sofferenze dell’umanità intera». Il soggetto di Pinocchio si lega anche al tema delle “bugie dell’Arte”. Un’arte illusionistica che, invece di rassicurazioni, «genera in noi infinite e continue domande» di fronte alle tante bugie della realtà. “DisGrazie” (2011) e “Da” (2011) appartengono alle cosiddette “Sparecchiature” di Bertozzi & Casoni: stoviglie sporche con resti di mangiare, cumuli di rifiuti, lattine, scatole di cartone, mozziconi e pacchetti di sigarette, vecchi giornali macchiati da fluidi organici, cibo in putrefazione e animali morenti. In queste desolanti composizioni permane in ogni caso un briciolo di bellezza e una piccola dose di speranza: le sedimentazioni di spazzatura stratificata fungono - infatti - da zolle, dalle quali germogliano nuove piante e rigogliosi mazzi di fiori. Perché si sa che «dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior».


Un’altra indagine sui rifiuti della società contemporanea ci viene data da “Composizione n. 14”, dove i vari oggetti e scarti (uova frantumate, tazze da caffè rovesciate, soprammobili e barattoli) si trovano disseminati all’interno di una miriade di cassette per pronto soccorso. Tra le altre sculture, non mancano soggetti appartenenti al classico repertorio di Bertozzi & Casoni, come il barile di petrolio e il gorilla intento a leggere, comodamente seduto su una pila di valigie. La mostra “Grandi Ceramiche” costituisce un’ulteriore conferma della maestria tecnica di Giampaolo Bertozzi e di Stefano Dal Monte Casoni nell’utilizzo della ceramica policroma, un materiale che gli consente di creare seducenti opere di grande impatto e suggestione, al tempo stesso surreali e iperrealistiche. (Marco Bertazzoli, 2016)

Cenni biografici:

Bertozzi & Casoni è una società fondata nel 1980 a Imola da Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e da Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, Ravenna, 1961). La loro prima formazione artistica avviene all'Istituto Statale d'Arte per la Ceramica di Faenza in un clima dominato da un post-informale “freddo” allora in voga. Di maggiore interesse, per loro, sono invece le sculture figurative di Angelo Biancini, con il quale Bertozzi collabora nello studio all'interno della scuola, l'arte decorativa di Gianna Boschi e il radicalismo concettuale di Alfonso Leoni. Appena terminati gli studi, Bertozzi e Casoni frequentano l'Accademia di Belle Arti di Bologna, fondano una società e partecipano alle manifestazioni che tentano di mettere a fuoco i protagonisti e le ragioni di una “nuova ceramica”. Abilità esecutiva e distaccata ironia caratterizzano già le loro prime creazioni in sottile maiolica policroma. Importante è la collaborazione (1985-1990) con la Cooperativa Ceramica di Imola dove lavorano come ricercatori nel Centro


Sperimentazioni e Ricerche sulla Ceramica. Nel 1987 e 1988 collaborano con “K International Ceramics Magazine” di cui realizzano anche le immagini di copertina. Negli anni Ottanta il virtuosismo esecutivo raggiunge nuovi apici tra opere scultoree, intersezioni con il design e realizzazioni di opere di affermati artisti italiani ed europei: Arman e Alessandro Mendini, tra gli altri. Nel 1990 creano fontane e grandi sculture per un intervento urbano a Tama, un nuovo quartiere di Tokyo. Del 1993 è il grande pannello “Ditelo con i fiori” collocato su una parete esterna dell'Ospedale Civile di Imola. Negli anni Novanta emerge nel loro lavoro un aspetto maggiormente concettuale e radicale: la ceramica assume dimensioni sempre maggiori fino a sconfinare nell'iperbole linguistica e realizzativa. La critica e le più importanti gallerie d'arte nazionali e internazionali si interessano al loro lavoro. Le loro sculture - simboliche, irridenti e pervase da sensi di attrazione nei confronti di quanto è caduco, transitorio, peribile e in disfacimento - sono diventate icone internazionalmente riconosciute di una, non solo contemporanea, condizione umana. L'ironia corrosiva delle loro opere è sempre controbilanciata da un inossidabile perfezionismo esecutivo. Tra surrealismo compositivo e iperrealismo formale, Bertozzi e Casoni indagano i rifiuti della società contemporanea non escludendo quelli culturali: da quelli del passato a quelli delle tendenze artistiche più vicine. Icone quali la Brillo box passata al vaglio della Pop Art o le lattine di “Merda d'artista” di Piero Manzoni trovano, in una raffinata versione ceramica che ne indaga l'obsolescenza e il degrado, sia i segni di un tempo irrimediabilmente trascorso sia un congelamento in assetti che, per converso, li affidano a destini davvero immortali. Dal 2000, Bertozzi e Casoni abbandonano l'uso della maiolica per privilegiare, in una sorta di epopea del trash, una più ampia serie di tecniche e di materiali ceramici di derivazione industriale, variandone i processi e le composizioni. La fisica presenza degli oggetti e delle figure messi in rappresentazione attrae per complessità ideativa ed ellittici riferimenti, la suggestione aumenta con la scoperta del materiale utilizzato e della perfetta mimesi raggiunta e, infine, emergono le implicazioni formali, anche pittoriche, di opere prepotentemente figurative ma, in fondo, concettuali e astratte. Una versione contemporanea del tema della vanitas che ha visto grandi maestri del passato comprimere nello spazio di una tela fulgidi fiori, frutta, cibi e simbolici animali. Allusioni a una impermanenza (memento mori)


che Bertozzi e Casoni, maestri del dubbio e del “forse” ribaltano in una ricerca di bellezza; una bellezza rinvenibile anche nell’oggetto più negletto e martoriato. Virtù di un’arte che, con ironia, “rifacendo” nobilita.

Dicono di loro:

«Forse, è proprio nell'inutilità e nella transitorietà di questo sfarzo – simile a quello dell'arte stessa e delle estreme cure che Bertozzi & Casoni le dedicano – che consiste non solo un tentativo di esorcismo dal male di vivere ma il più alto grado di quanto ci è concesso esperire. Il tutto in ceramica, per sottolineare, mediante l’utilizzo di un materiale al tempo stesso imperituro ed estremamente fragile, le duplicità, le contraddizioni e i possibili ribaltamenti di qualsivoglia affermazione artistica, ma non solo». (Franco Bertoni, 2011)

«Giampaolo Bertozzi e Stefano dal Monte Casoni introducono nella storia della scultura occidentale segnali di discontinuità rinnovando la ricerca formale della ceramica in chiave concettuale e iper realistica. Dosando sapientemente artificio, mimesi ed ironia gli artisti rappresentano una realtà post-consumistica logorata e imprigionata nell’universo della simulazione». (Rosalba Branà, Giusy Caroppo, Carlo Berardi, Annalisa Milella, 2011)


Bertozzi & Casoni è una società fondata nel 1980 a Imola da Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e da Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, Ravenna, 1961). La loro prima formazione artistica avviene all'Istituto Statale d'Arte per la Ceramica di Faenza in un clima dominato da un post-informale “freddo” allora in voga. Di maggiore interesse, per loro, sono invece le sculture figurative di Angelo Biancini, con il quale Bertozzi collabora nello studio all'interno della scuola, l'arte decorativa di Gianna Boschi e il radicalismo concettuale di Alfonso Leoni. Appena terminati gli studi, Bertozzi e Casoni frequentano l'Accademia di Belle Arti di Bologna, fondano una società e partecipano alle manifestazioni che tentano di mettere a fuoco i protagonisti e le ragioni di una “nuova ceramica”. Abilità esecutiva e distaccata ironia caratterizzano già le loro prime creazioni in sottile maiolica policroma. Importante è la collaborazione (1985-1990) con la Cooperativa Ceramica di Imola dove lavorano come ricercatori nel Centro Sperimentazioni e Ricerche sulla Ceramica. Nel 1987 e 1988 collaborano con “K International Ceramics Magazine” di cui realizzano anche le immagini di copertina. Negli anni Ottanta il virtuosismo esecutivo raggiunge nuovi apici tra opere scultoree, intersezioni con il design e realizzazioni di opere di affermati artisti italiani ed europei: Arman e Alessandro Mendini, tra gli altri. Nel 1990 creano fontane e grandi sculture per un intervento urbano a Tama, un nuovo quartiere di Tokyo. Del 1993 è il grande pannello Ditelo con i fiori collocato su una parete esterna dell'Ospedale Civile di Imola. Negli anni Novanta emerge nel loro lavoro un aspetto maggiormente concettuale e radicale: la ceramica assume dimensioni sempre maggiori fino a sconfinare nell'iperbole linguistica e realizzativa. La critica e le più importanti gallerie d'arte nazionali e internazionali si interessano al loro lavoro. Le loro sculture - simboliche, irridenti e pervase da sensi di attrazione nei confronti di quanto è caduco, transitorio, peribile e


in disfacimento - sono diventate icone internazionalmente riconosciute di una, non solo contemporanea, condizione umana. L'ironia corrosiva delle loro opere è sempre controbilanciata da un inossidabile perfezionismo esecutivo. Tra surrealismo compositivo e iperrealismo formale, Bertozzi e Casoni indagano i rifiuti della società contemporanea non escludendo quelli culturali: da quelli del passato a quelli delle tendenze artistiche più vicine. Icone quali la Brillo box passata al vaglio della Pop Art o le lattine di Merda d'artista di Piero Manzoni trovano, in una raffinata versione ceramica che ne indaga l'obsolescenza e il degrado, sia i segni di un tempo irrimediabilmente trascorso sia un congelamento in assetti che, per converso, li affidano a destini davvero immortali. Dal 2000, Bertozzi e Casoni abbandonano l'uso della maiolica per privilegiare, in una sorta di epopea del trash, una più ampia serie di tecniche e di materiali ceramici di derivazione industriale, variandone i processi e le composizioni. La fisica presenza degli oggetti e delle figure messi in rappresentazione attrae per complessità ideativa ed ellittici riferimenti, la suggestione aumenta con la scoperta del materiale utilizzato e della perfetta mimesi raggiunta e, infine, emergono le implicazioni formali, anche pittoriche, di opere prepotentemente figurative ma, in fondo, concettuali e astratte. Una versione contemporanea del tema della vanitas che ha visto grandi maestri del passato comprimere nello spazio di una tela fulgidi fiori, frutta, cibi e simbolici animali. Allusioni a una impermanenza (memento mori) che Bertozzi e Casoni, maestri del dubbio e del “forse” ribaltano in una ricerca di bellezza; una bellezza rinvenibile anche nell’oggetto più negletto e martoriato. Virtù di un’arte che, con ironia, “rifacendo” nobilita.












Il M.A.C.I.S.T. “Museo d’Arte Contemporanea Internazionale Senza Tendenze” nasce da un’idea del Maesto Omar Ronda, dalla sensibilità di alcuni collezionisti e molti artisti di fama internazionale che hanno deciso di donare e di mettere a disposizione le proprie opere con il fine di sostenere le attività di prevenzione, cura e ricerca della Fondazione Edo ed Elvo Tempia, da oltre 34 anni impegnata nella lotta contro i tumori. La direzione artistica e la Presidenza sono affidate al Maestro Omar Ronda, insieme al Prof. Philippe Daverio, Presidente del Comitato d'Onore. Lo spazio museale sarà accessibile a tutti, liberamente e gratuitamente nei giorni di sabato e domenica dalle ore 15 alle 19,30 esclusi luglio e agosto. I visitatori potranno ammirare in esposizioni permanenti e temporanee l'Arte contemporanea nelle sue migliori espressioni senza particolari tendenze e appartenenze se non la qualità e il piacere di condividere eticamente la sfida del M.A.C.I.S.T. Museum: ammirare l'Arte, sostenendo la lotta contro il cancro.


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