Come può il design affrontare la s�ida della diversità, della caratterizzazione e dell’ottimizzazione? Come si può oggi progettare per creare non un solo prodotto, ma un sistema di prodotti?
Queste sono le domande (ipotesi) a cui il metodo generativo (tesi) dà una delle possibili risposte.
Un approccio affascinante, avanzato prima dalle arti �igurative, poi dal design di ricerca non disgiunto da queste, quello delle sperimentazioni intuitive di Enzo Mari e Gaetano Pesce, oggi dalle star dell’architettura come Libeskind e Arup, e ancora dalla gra�ica svizzera contemporanea �ino a Celestino Soddu, che al Politecnico di Milano sviluppa la potenzialità dei software generativi. Il progetto non si chiama più così, ma idea-processo, di cui il designer non è più il solo demiurgo.
E’ un designer, quello generativo, che manipola l’idea attraverso l’algoritmo, ossia un procedimento che permette, per ogni input, di avere un output diverso.
In altre parole, come in natura, una regola creativa che si auto-genera in in�inite eccezioni. Per il designer, potrebbe anche cessare la paura del foglio bianco, che c’è anche quando, metodologicamente parlando, tutto è pronto per prendere la matita in mano: analisi compiute, scenario, target, e concept de�initi. Ma, siamo solo agli inizi.