Riserva Naturale Valle dell’Orfento
Introduzione La rete dei sentieri che percorre la Riserva Naturale Valle dell’Orfento consente una visione di tutti gli ambienti della valle: dalla faggeta alla mugheta, dal fiume alle imponenti bancate calcaree, dai pascoli agli aridi brecciai delle cime più alte. Alla bellezza del paesaggio si unisce la presenza di specie animali e vegetali rare e preziose, che fanno dell’Orfento una Riserva di notevole interesse naturalistico. Gli itinerari descritti nella guida sono otto scelti in modo da poterli percorrere nella direzione più facile, ma anche più panoramica: essendo tutti collegati fra loro, possono essere fruiti con diverse combinazion. Essi sono stati divisi per livello di difficoltà, secondo la codifica ufficiale del CAI, E: Escursionistico, EE: Escursionisti Esperti, oltreché in escursioni e traversate a seconda che si torni o meno al punto di partenza. Di ogni tragitto è stato indicato il tempo medio di percorrenza, il dislivello massimo da superare (sia esso in salita o in discesa) e le località di partenza e di arrivo. Il Corpo Forestale dello Stato, tramite l’Ufficio territoriale per la biodiversità di Pescara, oltre a svolgere un’attività di documentazione naturalistica della Riserva, organizza annualmente un programma di iniziative didattico-divulgative rivolto soprattutto all’educazione ecologica e ambientale delle scolaresche e dei turisti. Il programma prevede visite guidate al Museo NaturalisticoArcheologico “Paolo Barrasso”, all’interno del Centro Visite della Riserva Naturale Orientata “Valle dell’Orfento”, proiezioni e lezioni sui vari aspetti naturalistici della Maiella presso il Centro Studi ed escursioni naturalistiche nel territorio della Riserva. L’attività di educazione ambientale si avvale della collaborazione della Cooperativa Majambiente, le cui proposte educative hanno consentito l’ottenimento del riconoscimento di Centro di Educazione Ambientale - C.E.A. - di Interesse Regionale.
Centro Visitatori Valle dell’Orfento - Foto Majambiente
La Valle dell’Orfento ■ Generalità La Valle dell’Orfento è una Riserva Naturale dello Stato situata in Abruzzo nel versante nord-occidentale della Maiella; essa si estende su una superficie di 2606 ettari ricadenti nel territorio del Comune di Caramanico Terme (PE). La sua istituzione risale al 1971 e, successivamente, altre aree adiacenti sono state poste sotto tutela sull’esempio della Valle dell’Orfento; complessivamente esse coprono, con un corpo unico, una superficie di oltre 10.000 ettari che costituisce il cuore del Parco Nazionale della Majella e la sua parte di maggior valenza naturalistica. Nel 1977 la Riserva è stata inclusa nella “rete europea di riserve biogenetiche” a dimostrazione delle peculiarità in essa custodite. L’Orfento costituisce un’eccezione tra le valli del massiccio per l’abbondanza delle sue acque il cui lavoro millenario ha tagliato in più punti la roccia in profondissime forre dove scorre il fiume, praticamente inaccessibile, tra abbondanti piante tipiche degli ambienti umidi. L’escursione altitudinale tra la parte più bassa della valle e quella più alta è molto forte: si va infatti dai circa 500 m. di quota nei pressi di Caramanico, sino ai 2676 m. di Monte Focalone. Ciò, unitamente ad altri fattori, come ad esempio i frequenti cambiamenti di esposizione, crea una grande varietà di habitat con una notevole ricchezza di specie rare o uniche di flora e fauna. ■ Geologia La complessa storia geologica di questo massiccio è perfettamente leggibile sulle imponenti bancate rocciose frequentemente emergenti o dal fitto del bosco o dagli aridi prati basali o dai ghiaioni scoscesi delle vette più alte. Conchiglie di molluschi lamellibranchi e gasteropodi, gusci di piccoli organismi unicellulari (nummuliti), depositatisi durante milioni di anni sui fondali marini nell’Era Secondaria e Terziaria, hanno lentamente costruito gli enormi spessori di roccia calcarea che, per tale motivo, viene definita organogena. Poi sotto grandiose spinte orogenetiche, questi emersero dal fondo marino innalzandosi per migliaia di metri a formare il paesaggio attuale ampiamente modellato da successivi eventi bio-climatici. A testimonianza di questi eventi le tracce fossili di quegli organismi marini, molti dei quali non più esistenti, si evidenziano frequentemente sulle superfici rocciose mantenendo, a volte, l’identica posizione di quando erano in vita. ■ Flora e Fauna La complessità ambientale della Valle dell’Orfento si esprime attraverso il gran numero di specie vegetali e animali che popolano la Riserva; molte di queste specie, eredità
di una storia naturale millenaria, sono una peculiarità del Massiccio della Maiella: si tratta dei così detti endemismi, a volte presenti in maniera esclusiva e puntiforme, a volte diffusi con areali che rivelano la loro origine prevalentemente orientale e nordica. Come in tutti i massicci la vegetazione è stratificata lungo le pendici montuose secondo fasce bio-climatiche che soddisfano le esigenze ecologiche delle specie insediate. ■ Il Querceto Nella parte più bassa della Riserva, che è anche la meno estesa, ritroviamo un residuo querceto peraltro discretamente popolato in cui domina la Roverella. Biancospini, Ginestre, Rose selvatiche si accompagnano a specie erbacee dai colori vivaci: Primule, Campanule, Orchidee, Anemoni e Garofani. Qui ritroviamo anche specie animali come il Cinghiale e il Riccio tra i mammiferi; il Rigogolo, la Tortora e il Lodolaio tra gli uccelli e una multiforme varietà di invertebrati. ■ La Faggeta Più in quota (attorno agli 800-900 metri) il Faggio, cha si estende per gran parte della Riserva Naturale, sostituisce la Roverella con fitte formazioni boschive. Qui trovano rifugio numerose specie animali estremamente importanti per la fauna italiana come l’Orso Marsicano ed il Lupo che vivono indisturbati nelle zone più selvagge. Le reintroduzioni di Cervi e Caprioli, effettuate dal Corpo Forestale dello Stato negli anni ’80, hanno dato risultati molto positivi: queste specie hanno ricolonizzato definitivamente la Maiella creando presupposti ancora migliori par la sopravvivenza di predatori come l’Orso e il Lupo. Martora, Gatto selvatico, Sparviero, Allocco arricchiscono la fauna di questo ambiente in cui ritroviamo anche numerose specie vegetali: Ciclamini, Viole, Ranuncoli nelle faggete più compatte; Epilobi, Genziane, Gigli in quelle più aperte o nelle piccola radure. Imponenti bancate rocciose si alternano al bosco di faggio ed anche qui ritroviamo specie rare, come il Falco pellegrino, o addirittura esclusive coma una piccola pianta carnivora, la Pinguicola. ■ La Mugheta Al di sopra dal faggio (1800-1900 m) si estendono formazioni di Pino mugo (fino a 2300 m) che solo sulla Maiella presenta formazioni analoghe a quelle della Alpi orientali. Eccezionale la presenza del Merlo dal collare, censito come nidificante, e del Crociere, un uccello che si ciba solo di semi di conifere. ■ L’Alta Quota Al di sopra di questa quota la avversità climatiche diventano
Regole da rispettare estreme e la copertura vegetale rada e sparsa: il paesaggio assume un aspetto lunare ma è proprio questa caratteristica che lo rende prezioso in quanto le specie animali e vegetali che sono riuscite ad insediarvisi sono tra le più rare. Basti citare la Stella alpina appenninica, la Soldanella minima sannitica, l’Adonide curvata e il Papavero montano. Tra la specie animali viene ricordata la graziosa Arvicola delle nevi, la Vipera dell’orsini, il Fringuello alpino, il Sordone ed, infine, il Piviere tortolino, un uccello migratore che normalmente si riproduce solo nella tundra artica. ■ Il Fiume Simbolo dalla Riserva è il Merlo acquaiolo, un uccello che vive cibandosi di larve di invertebrati acquatici: spettacolari sono le sue evoluzioni nelle impetuose acque dei fiumi di montagna. L’Orfento è infatti l’unica valle della Maiella ad avere un corso d’acqua perenne che oltre a creare una suggestiva serie di cascate e rivoli dà vita ad uno dei più affascinanti habitat di questo massiccio. ■ Testimonianze Storiche La valle è ricoperta, per circa metà della sua superficie da fitti boschi che spesso nascondono importanti testimonianze della storia d’Abruzzo. Grazie alla discreta rete di sentieri che la percorrono è possibile raggiungere i resti degli antichi eremi dove soggiornò con numerosi seguaci il Papa del “Gran rifiuto”, Celestino V (Pietro da Morrone). Analogamente, attraversando i pascoli delle zone più basse, derivati dal disboscamento degli antichi querceti, si incontrano le capanne in pietra dalla caratteristica forma a trullo e i punti di sosta dei pastori transumati.
Escursionisti al Ponte del Vallone - Foto R. Iezzi
Il visitatore si muove nell’ambito di un territorio protetto e quindi deve rispettare una serie di regole: ■ essere autorizzato alla visita, mediante un permesso rilasciato dal Posto Fisso Forestale di Caramanico Terme - PE (c/o il Centro Visite sito in via del Vivaio n.3, tel. 085-922084) indicando l’itinerario che si intende seguire e il numero di persone che l’effettueranno; ■ non abbandonare i sentieri, anche per la pericolosità dovuta al terreno accidentato; ■ non raccogliere fiori, funghi o qualsiasi altro reperto; ■ non arrecare disturbo di qualsiasi tipo alla fauna presente; ■ non abbandonare rifiuti, è buona norma riporli nello zaino fino al paese; ■ non accendere fuochi e non produrre scintille; ■ non arrecare danno alle infrastrutture esistenti (tavoli, cartelli in legno, rifugi, ecc.), né ad altre opere di carattere storico (eremi, chiese, pietre incise dai pastori, ecc.) scrivendo, ad esempio, i propri nomi con arnesi o vernici; ■ non pernottare in tenda; ■ non è consentito portare cani al seguito; ■ non si possono percorrere i sentieri con mezzi a motore e biciclette. Si ricorda infine che siamo in ambiente montano ed è quindi consigliabile, anche per i sentieri facili, essere muniti di scarpe e abbigliamento adatti.
Eremo di San Giovanni all’Orfento - Foto R. Iezzi
Santa Croce - Scalelle Ponte di Caramanico E’ una gita estremamente piacevole ed emozionante e si svolge tutta lungo il fiume Orfento poco prima che questi si getti nell’Orta. Dalla frazione S. Croce si percorre il sentiero delle Scalelle fino ad una decina di metri dal ponte di S. Cataldo e si prende a sinistra per una ripida traccia che quasi subito si addolcisce. Man mano che si procede la valle sembra quasi chiudersi formando una cupola di roccia e di verde; il fiume rumoreggia in salti e pozze e alla prima passerella (ce ne sono quattro) si può ammirare il risultato di questo scorrere perenne: una enorme bancata rocciosa ci sovrasta evidentemente erosa e tagliata da migliaia di anni di lavoro dell’acqua che continua la sua opera, più lenta che in passato, in una serie di marmitte incavate nella roccia. Pochi alberi contorti pendono dalle pareti strapiombanti a testimonianza di una vitalità che ha dell’incredibile. Si prosegue per un sentiero, dal quale ormai non è più visibile la volta del cielo a causa della vegetazione fitta e delle anguste pareti rocciose, e si attraversa nuovamente il fiume. Si giunge ad uno spiazzo dove un enorme macigno sembra sbarrare il corso del fiume e per un attimo il sole fa capolino in questo squarcio dove una fitta vegetazione erbacea nitrofila intralcia quasi il cammino. Si risale brevemente a sinistra, mentre l’acqua supera una piccola briglia, e si ridiscende subito verso il fiume. Con altri tre passaggi su passerelle si perviene alla base del Ponte di Caramanico che, visto tra la vegetazione una ottantina di metri più in alto, rende appieno la sua arditezza. Con calma si percorre quest’ultimo tratto, tutto in salita, ed in venti minuti siamo sul ponte ad ammirare il volo dei balestrucci, che nidificano proprio sotto di esso, sulla profonda gola dalla quale siamo appena usciti.
L.P: S. Croce Centro Visitatori - L.A: Ponte di Caramanico Scala difficoltà: E - Escursione Tempo di percorrenza: 1 ora Dislivello: 120 m Lontra Europea - Foto R. Iezzi
Santa Croce Ponte del Vallone - Scalelle Si passa accanto alla chiesa di S. Croce e si prosegue diritti per un sentierino che costeggia l’Hotel “La Réserve” e attraversa vari campi coltivati. Con una leggera salita si perviene ad un piccolo spiazzo roccioso con una panoramica parziale sulla parte terminale della valle: evidente in questa area il pesante sfruttamento a cui è stata sottoposta in passato; la mancanza del bosco, tagliato per ricavarne legna oltre che pascoli, ha creato uno squilibrio idro-geologico difficilmente recuperabile e peggiorato, oltretutto, dal pascolamento eccessivo che ha degradato anche il manto erboso. Si prosegue per il sentiero che sale ancora dolcemente ed in un quarto d’ora si perviene ad un ponticello in pietra sotto cui pozze d’acqua, generalmente stagnante, ospitano una ricca fauna di invertebrati (larve di effimere, libellule, ecc.) oltre che alcune specie di rane; non di rado, poi, è possibile vedersi attraversare il sentiero da una saetta scura: è la biscia d’acqua, serpente del tutto innocuo, in cerca delle sue prede preferite (topi, arvicole, rane, ecc.). Si prosegue e, poco dopo, si attraversa una spaccatura artificiale nella roccia: da qui il sentiero, contornato da maggiociondoli, ginestre e rose selvatiche, inizia la graduale discesa verso il fondovalle. Giunti al fiume ci si può ristorare prima di proseguire; si attraversa quindi il ponticello (Ponte del Vallone) e si piega a sinistra: piccoli boschetti si alternano ad ex coltivi dove si può notare un ambiente caratterizzato dall’insieme di vegetazione spontanea e vegetazione introdotta dall’uomo con le coltivazioni. Un piccolo rigagnolo attraversa il sentiero formando delle pozze facilmente superabili: se ci si muove con cautela e si guarda con attenzione è possibile osservare un simpatico anuro, l’ululone dal ventre giallo, una piccola rana non molto comune, che deve il suo nome al fischio cupo e basso che emette nel periodo degli amori e alla sua piccola pancia pezzata di giallo. Continuando si incontra, infine, uno stupendo ponte di pietra (Ponte San Cataldo) che costituiva un tempo l’unico collegamento tra Caramanico e Decontra; lo si attraversa e ci si accinge all’ultima fatica salendo per il sentiero delle Scalelle fornito di comodi gradini, tutti ricavati nella roccia viva.
L.P.: S. Croce Centro Visitatori L.A.: S. Croce Centro Visitatori Scala difficoltà: E - Escursione Tempo di percorrenza: 2,5 ore Dislivello: 160 m
Decontra - P.te S. Benedetto Caramanico Dalla piazzetta di Decontra (dove c’è la fontana) si prende la traversa che passa vicino la chiesetta e quindi a 150 m si piega a destra per la mulattiera che fiancheggia l’abitato. Conviene soffermarsi ad ammirare la stupenda architettura di questa piccola frazione ancora quasi intatta, le ampie aie fatte a blocchi di pietra, le recinzioni ricavate da lastroni calcarei infissi nel terreno. Ci si lascia il paese alle spalle e si prosegue sul sentiero che inizia a scendere in direzione est verso il fondovalle. I prati circostanti sono piuttosto aridi a causa di una combinazione di fattori antropici e climatici e vi ritroviamo una ricca fauna di invertebrati tra cui la voracissima mantide religiosa. Ai prati si alternano rocce a strapiombo e piccoli brecciai mentre ad est lo sguardo incrocia la verdeggiante faggeta che copre i versanti dell’alta Valle dell’Orfento. Balestrucci e rondini montane sfrecciano in voli acrobatici alla ricerca di insetti mentre, dalle pareti di Colle della Ciocca, a volte è possibile vedere spiccare in volo una coppia di aquile. Giunti al fiume si può risalire per un breve tratto sino ad una briglia dove l’acqua rumoreggia in una piccola cascata e quindi al ponte di S. Benedetto. Abbastanza facile l’avvistamento dello scricciolo, un simpatico uccelletto di cui si può anche udire il canto breve e ripetitivo. Si torna indietro in direzione Ponte del Vallone e si segue il sentiero che costeggia il fiume in direzione Caramanico intorno al quale si alternano pioppi, salici, noci, angeliche, ecc.; si perviene ad un bivio e si può scegliere, la risalita, tra il sentiero che arriva fino al Ponte di Caramanico o quello delle Scalelle alla cui descrizione si rimanda.
L.P.: Decontra centro storico - L.A.: S. Croce Centro Visitatori Scala difficoltà: E - Traversata Tempo di percorrenza: 3 ore Dislivello: 300 m Fiume Orfento - Foto R. Iezzi
Pianagrande Grotta di San Giovanni Si percorre con l’automobile la carrabile disagiata di circa otto chilometri che da Decontra (850 m) porta alla Pianagrande (1540 m); si prosegue, quindi, a piedi oltre la sbarra della Riserva Naturale. Nella tarda primavera gruppetti di genziana dinarica formano macchie di un azzurro intenso che spiccano nel verde tenero della radura assieme al profumato dianthus. Dopo un breve rettilineo, di circa 150 m, la carrabile piega a destra ed il panorama si apre sulla Pianagrande e sull’alta Valle dell’Orfento: rocce a picco si alternano ai ripidi versanti boscosi mentre i tipici brecciai dall’aspetto lunare spiccano su tutta la testata della valle. Si prosegue per altri 50 m e si prende a destra un sentiero che scende dolcemente a mezza costa per attraversare poi, con una serie di zig-zag, un’ampia faggeta. Si attraversano, quindi, facili roccette munite di comodi appigli e scalini artificiali e si perviene ad un ampio sgrottamento; alla sua base ritroviamo un tipico endemismo della Maiella: la delicata Aquilegia di Re Otto che è possibile vedere fiorita in giugno. A pochi metri l’eremo di S. Giovanni dove attorno alla metà del milleduecento si ritirò per diversi anni Fra’ Pietro del Morrone, il futuro Papa Celestino V: la gradinata, i due frugali ricoveri e l’altare sono completamente scavati nella roccia viva con un lavoro da certosino che ancora oggi stupisce. Dopo la sosta si riprende il sentiero che continua a scendere per un breve tratto nel bosco trasformandosi, quindi, in una cornice a strapiombo sulla valle: faggi contorti e pini neri contornano le rocce ed i picchi abbarbicati nelle posizioni più strane; li accompagna tutta una vegetazione rupicola di notevole bellezza mentre il fiume disegna una linea contorta appena visibile sul fondovalle. Proseguendo si incontra dapprima un ampio sgrottamento e poi una sorgente la cui acqua, scorrendo sulla roccia, si raccoglie in pozze artificiali. In questo ambiente umido e fortemente calcareo ritroviamo un’esile piantina dal fiore viola: la Pinguicola che, per compensare la scarsità di alcune sostanze in un ambiente così difficile, digerisce piccoli insetti che cattura con le sue foglie basali appiccicose. Il sentiero risale, infine, lungo la fascia boschiva ed in una trentina di minuti si torna al punto di partenza
L.P.: Decontra bivio per Pianagrande - L.A.: Pianagrande Scala difficoltà: E - Escursione Tempo di percorrenza: 1,30 ore Dislivello: 260 m
Guado S. Antonio - Colle della Ciocca - Fonte Viola - S. Croce Il percorso si svolge prevalentemente in discesa. Si parte dallo spiazzo antistante l’ingresso della Riserva Naturale (Guado S. Antonio 1213 m) e si scende lungo la costa erbosa parallela al bordo della valle. Farfalle variopinte (vanesse, licene, pieridi, ecc.) svolazzano tra i fiori di questi ampi pascoli. Se non c’è foschia, a nordest spicca tutta la catena del Gran Sasso e ad ovest quella del Morrone e la valle dell’Orta. Fringuelli, zigoli, culbianchi, cardellini sono le specie di uccelli più frequenti. Si risale su Colle della Ciocca (1073 m), si passa sul bordo che precipita nella valle, da cui si gode un ampio panorama, e lo si segue sino alla parte terminale: qui giunti si prende un sentiero che scende tortuoso verso il fondovalle. Quasi subito si incontra la fresca sorgente di Fonte Viola (895 m) mentre, poco dopo, lasciandosi alle spalle la fitta faggeta, si attraversa un piccolo canalino roccioso dove in primavera l’acqua scorre copiosa. Si prosegue su di una panoramica cornice e man mano che si procede, il paesaggio si fa più arido: la faggeta viene sostituita da macchie di alberi sparsi e da cespugli di ginepri, prugnoli e rosa canina. Evidente in vari tratti l’erosione aerea che continuamente modella la valle attraverso diversi agenti come l’acqua, il gelo, il vento ecc.. Dopo un lungo tratto ci si immette sul sentiero di strada Ripa e si può proseguire per S. Croce o scendere nella valle.
L.P.: Catena Guado S. Antonio - L.A.: S. Croce Centro Visitatori Scala difficoltà: E - Traversata Tempo di percorrenza: 3,3 ore Dislivello: 660 m
Escursionisti al Colle della Ciocca - Foto Majambiente
Guado S. Antonio - La Cesa P.te della Pietra - Caramanico E’ una lunga passeggiata, ma piacevole perché il percorso si svolge tutto in discesa. Si parte dallo spiazzo antistante l’ingresso della Riserva Naturale (Guado S. Antonio 1213 m) e si prosegue a piedi lungo la carrabile che penetra nella valle per circa due chilometri. Questa attraversa una faggeta, in passato utilizzata in modo molto intenso per ricavarne legna e carbone. A circa metà percorso, dopo due ripidi tornanti, da un varco nella vegetazione (soprattutto in inverno per l’assenza del fogliame della faggeta) è possibile vedere sull’altro versante della valle i ruderi di uno dei tanti eremi celestiniani sorti sulla Maiella e sul Morrone dopo il “gran rifiuto”: l’eremo di S. Onofrio del 1200. Si prosegue e dopo una breve sosta alla gelida fonte di Rava Cupa, si giunge all’ampia radura della Cesa (1092 m) il cui nome ne identifica l’origine: cesa, infatti, localmente vuol dire “tagliata”. Prima di giungervi il bosco sembra farsi più ampio perché nel tempo, dalle varie ceppaie, sono stati selezionati gli alberi migliori per favorire la conversione del bosco verso l’alto fusto: tali interventi colturali rientravano in un programma più ampio volto a ripristinare, almeno in parte, antichi equilibri sconvolti dall’uomo. Con un po’ di fortuna e di attenzione è possibile l’incontro con due acrobatici predoni dell’aria: lo sparviere e l’astore; più frequenti e confidenti le varie specie di cince. Si prosegue per il Ponte della Pietra (1000 m) e man mano che si scende, i fianchi erosi della valle sovrastano sempre più l’escursionista sino allo spettacolare e suggestivo ponte che scavalca un budello largo pochi metri e profondo una ventina in fondo al quale scorre il fiume Orfento tra pozze e cascate di acqua purissima; completano lo spettacolo felci di un verde intenso e tutta una vegetazione igrofila che spunta dalla roccia. Si prosegue sulla sinistra orografica per un sentiero che per un buon tratto si mantiene ad una certa distanza dal fiume che qui esso scorre in forre profonde praticamente inavvicinabili; piccoli squarci nel folto delle chiome lasciano intravedere rupi e precipizi che dominano la valle. In primavera macchie azzurre di genziana dinarica e delicate orchidee di montagna costellano questo tragitto; nelle giornate umide e piovose è possibile l’incontro con la salamandra pezzata mentre, merlo acquaiolo e ballerina gialla faranno sovente la loro apparizione. Man mano che il sentiero si avvicina al corso d’acqua lo scroscio si fa sempre più forte: appaiono le prime marmitte scavate dal fiume nella roccia viva e all’improvviso il sentiero diventa una cornice larga appena 50 cm, sospesa sull’Orfento a metà di un ampio sgrottamento. Dopo questi 100 m di emozione, il sentiero prosegue, ora a destra ora a sinistra, lungo il corso del fiume sino a Caramanico.
L.P.: Catena Guado S. Antonio - L.A.: S. Croce Centro Visitatori Scala difficoltà: E - Traversata Tempo di percorrenza: 5 ore Dislivello: 660 m
Pianagrande (Blockhaus) Rava dell’Avellana Ponte della Pietra Dal Rifugio Pomilio (Passo Lanciano - Maielletta) si prosegue per la strada asfaltata, interdetta alla circolazione dei veicoli a motore, sino all’ultimo piazzale dove conviene soffermarsi ad ammirare il panorama prima di iniziare la discesa: ad est il vallone di Pennapiedimonte degrada verso il mare che, nelle giornate più terse, è visibile sino all’estrema punta del Gargano; a nord domina la catena del Gran Sasso e spostandosi verso ovest si incontrano prima i monti della Laga e quindi il Sirente ed il Velino. Sempre ad ovest, ampi pascoli degradano verso la Valle dell’Orfento dove è visibile uno stazzo ottagonale. Si scende lungo i prati in direzione dello stazzo mantenendosi lungo la costa che si allaccia a sinistra sulla valle e da qui si gode un ampio panorama su tutta la testata; cosi da destra a sinistra incontriamo Pesco Falcone (2646 m) che precipita nella valle con una serie di rave la più impressionante delle quali è la Rava del Diavolo; M. Rotondo (2660 m), Cima Pomilio (2656 m) e M. Focalone (2676 m) la vetta più alta della Riserva Naturale. Sempre mantenendo la stessa direzione si scende per un ampio gradino erboso e si perviene al limitare della faggeta dove, poco dopo, si incrocia un sentiero: si prende a sinistra e si inizia la discesa nel bosco. Dopo un centinaio di metri si arriva ad una piccola radura verso la quale ci dirigiamo lasciando per un attimo il sentiero: questa termina bruscamente in una balconata rocciosa, il Belvedere di Rava dell’Avellana, che precipita nella valle per oltre un centinaio di metri. Lo spettacolo è piuttosto emozionante e non di rado il raro lanario, un rapace diurno, sfreccia nel cielo a completare questo quadro. Si riprende il sentiero che continua a scendere a mezza costa fino ad un ampio prato dove, in luglio, è possibile ammirare una spettacolare fioritura di genziana maggiore dalle infiorescenze giallo intenso. Da qui si inizia a scendere con una serie di zig-zag ora ampi ora più stretti; le radure si fanno più rare ed il bosco più fitto con frequenti alberi di nocciolo che danno il nome alla località: Rava dell’Avellana. Poco prima di giungere al Ponte della Pietra, sulla sinistra nel bosco, si intravede un sentiero che in trenta metri porta ad una sorgentella; si torna sul sentiero principale ed in dieci minuti si arriva al Ponte: da qui si può proseguire per Caramanico o risalire al Guado S. Antonio per i sentieri già descritti ed a cui si rimanda.
L.P.: Rifugio Pomilio Passo Lanciano - Maielletta Dal Ponte della Pietra si può proseguire per:
La Cesa - Guado S. Antonio
Scala difficoltà: EE - Traversata Tempo di percorrenza: 4,30 ore - Dislivello: 1030 m
Ponte San Benedetto - Caramanico
Scala difficoltà: EE - Traversata Tempo di percorrenza: 6 ore - Dislivello: 1530 m
Blockhaus - Monte Focalone Tre Portoni - Pescofalcone Monte Rapina Guado S. Antonio Dal piazzale di Rifugio Pomilio (Passo Lanciano – Maielletta), dove termina la strada aperta al traffico, si prosegue a piedi lungo il tratto asfaltato fino al piazzale con la Madonnina, da qui a sinistra, si prende il sentiero che taglia ad est, a mezza costa, la cupola del Blockhaus (2140 m). Si attraversa una fitta pineta di pino mugo, la più estesa ed importante di tutto l’Appennino: questa conifera la ritroviamo, infatti, in piccoli nuclei solo sul Gran Sasso e nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Qui nidifica il variopinto crociere specializzato nell’aprire le pigne delle conifere con il suo becco a punte incrociate (da cui il nome) per mangiarne i semi. Si passa, quindi, sullo spartiacque di Scrimacavallo, che divide la valle dell’Orfento da quella di Pennapiedimonte, sempre accompagnati dal pino mugo e da tutte le specie vegetali ad esso associate: ieracio, silene, doronico, ecc.. Prima di iniziare la faticosa salita verso M. Focalone (2676 m), ci si rinfresca all’ultima sorgente che si incontra e si sale a zig-zag su un terreno che si fa sempre più ghiaioso; attenzione a mantenersi sul sentiero di destra altrimenti si rischia di ritrovarsi ad una quota più bassa e di dover risalire poi per un brecciaio. Abbastanza frequenti i fossili, soprattutto conchiglie di vari molluschi che testimoniano l’origine organica di questo calcare le cui formazioni più antiche risalgono a qualcosa come un centinaio di milioni di anni fa. Man mano che si sale, il paesaggio abbraccia maggiori spazi e la montagna assume sempre più un aspetto lunare; la vegetazione sembra quasi ritirarsi negli angoli più riparati ridotta com’è a piccoli ciuffi sparsi. Superata la prima spalla di M. Focalone (a poche decine di metri sulla sinistra c’è il rifugio Fusco), ci appaiono a sud le creste di Cima Murelle (2596 m); si prosegue a destra per la cresta sino alla vetta: ad est troneggia il M. Acquaviva (2737 m), a sud, tra brecciai e rocce giallastre il Vallone delle Mandrelle, a sud-ovest la vetta più alta del gruppo, il M. Amaro (2795 m). Si passa ora sull’angusto spartiacque che divide la Valle dell’Orfento dalla Valle Cannella che, con le sue numerose doline ed inghiottitoi appare come un campo “bombardato” da un’antica pioggia di meteoriti; con vari saliscendi si supera la Cima Pomilio (2656 m) e quindi i Tre Portoni (2655 m). A questo punto si abbandona il sentiero per M. Amaro e si piega a nord per la cresta dell’ultima facile cima da scalare: Pesco Falcone (2646 m). Due profondi circhi glaciali dominano la Valle dell’Orfento a testimonianza di un’era in cui tutto il massiccio era quasi completamente ricoperto
da ghiacciai; la rava della Sfischia incide profondamente il versante ovest di M. Focalone originando, al suo termine, la stupenda cascata omonima. Artemisie e stelle alpine si confondono con il colore della roccia mentre i pulvini verdi della silene, che alla fioritura diventano rosa, spiccano in mezzo ai detriti. Due interessanti relitti biogeografici arricchiscono la fauna di questi pianori: l’arvicola delle nevi ed il piviere tortolino. Fringuelli alpini, spioncelli e rondini montane ci accompagnano su questi tratti. Si segue in direzione nord, per facili roccette, la dorsale di Pesco Falcone che si allarga sempre più fino ad originare, al suo termine, la valle di Rava Cupa e la piccola spianata tondeggiante della Rapina (2000 m); ci dirigiamo verso quest’ultima, attraversando una fitta mugheta che qui termina, per lasciare spazio a pascoli frequentati da lepri e coturnici; fanno la loro apparizione anche il raro falco pellegrino, l’aquila e la poiana. Stupenda la vista sulla profonda valle dell’Orta. Si supera la Rapina e si segue il bordo della Valle dell’Orfento per vari gradoni erbosi fino al bosco che aggira il prato; non di rado, durante il cammino, qualche allodola nascosta fra l’erba volerà via spaventata. Si passa per altri dossi e si giunge allo stazzo di Guado S. Antonio e quindi al guado stesso (1213 m).
L.P: Rifugio Pomilio Passo Lanciano - Maielletta L.A: Catena Guado S. Antonio Scala difficoltà: EE - Traversata Tempo di percorrenza: 10 ore Dislivello: 700-1460 m Alta quota, verso i Tre Portoni - Foto Majambiente
Appunti di viaggio _____________________________________________________________ _____________________________________________________________ _____________________________________________________________ _____________________________________________________________ _____________________________________________________________ _____________________________________________________________ _____________________________________________________________ _____________________________________________________________ ____________________________________________________________
L.P.: L.A.:
LOCALITA’ DI PARTENZA LOCALITA’ DI ARRIVO
Scala delle difficoltà T: E: EE: EEA:
TURISTICO ESCURSIONISTICO ESCURSIONISTI ESPERTI ESCURSIONISTI ESPERTI CON ATTREZZATURE _
Legenda
Zaino in spalla
E’ utile sapere che...!
La Riserva Naturale Valle dell’Orfento in tutte le stagioni dell'anno offre al visitatore uno scenario mutevole e di straordinaria bellezza. La primavera inoltrata è la stagione delle fioriture e, insieme all'autunno, il momento migliore per visitare paesi ed eremi. L'estate è la stagione più consigliata per percorrere i sentieri. Ottobre incanta con i mille colori delle faggete e conduce verso l'inverno che, con il suo manto bianco, rende il paesaggio particolarmente suggestivo. La diversità degli ambienti, la ricchezza della natura, le testimonianze lasciate dalla presenza dell'uomo fanno della Maiella il luogo ideale per l'attività escursionistica che consente al visitatore di scoprirla nei suoi aspetti più nascosti. I percorsi per gli appassionati di trekking sono, a volte, lunghi e faticosi; quelli che si sviluppano prevalentemente in alta quota richiedono minore fatica, ma restano comunque impegnativi, sia per le condizioni climatiche che per le difficoltà di orientamento. Pertanto si consiglia di affrontarli con la necessaria prudenza tenendo anche conto che siamo in una zona senza copertura telefonica.
Come vestirsi, cosa portare Qualunque sia il periodo scelto per visitare la Riserva si consiglia un abbigliamento sportivo o, comunque funzionale. E' bene indossare pantaloni lunghi (che proteggono dalle punture degli insetti), calzare scarponcini da trekking e procurarsi una cartina dell'area. E' comodo portare uno zaino con borraccia e colazione ed è buona norma non dimenticare un minimo per il pronto soccorso.
Numeri utili
Partenza per il sentiero
CORPO FORESTALE DELLO STATO Emergenza Ambientale
Riserva Naturale Museo Naturalistico ed Archeologico Centro Visitatori - Informazioni Area Pic-nic Corpo Forestale dello Stato Posto Fisso UTB Caramanico
Ostello
CORPO FORESTALE DELLO STATO
15 15
Ufficio territoriale per la biodiversità Pescara
085 72 303
CORPO FORESTALE DELLO STATO Posto Fisso UTB Caramanico
085 92 20 84
INFORMAZIONI E VISITE GUIDATE Cooperativa Majambiente
085 92 23 43
Punto acqua Nord convenzionale
Strade carrabili
Sentieri
Scala grafica Fioritura di Peonie - Foto R. Iezzi
Majambiente Edizioni
Corpo Forestale dello Stato - Ufficio territoriale per la biodiversitĂ PESCARA