N. 1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 2017
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
Economia 4.0
oltre la
tecnologia
Intelligenza artificiale
AI: COSA DICE LA CASA BIANCA Intervista a Alberto Forchielli
ITALIA MESSICANIZZATA? MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
UNA SCOMMESSA SUL PAESE
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l nuovo mondo esige che ci siano grandi imprese che si mettano alla testa dello sviluppo, o che perlomeno si collochino ai primi posti nelle catene globali che creano valore. Va in quest’ottica l’operazione di fusione tra Luxottica ed Essilor che dà vita a un gigante europeo dalle solide basi che manterrà forte le sue radici e che imporrà i suoi ritmi al mercato, obbligando i competitor a enormi sforzi di fantasia per cercare di rimanere a galla. Una famiglia italiana, coadiuvata da manager esterni, si trova così a capo di un grande gruppo internazionale. Ce ne vorrebbero molte di più di aziende di questa dimensione e con queste prospettive. In Italia abbiamo un tipo particolare di imprese familiari. La peculiarità non è nel controllo. In Germania la diffusione delle imprese familiari è pari al 90%, in Italia all’86% e anche il numero di amministratori delegati scelti all’interno della famiglia è simile. Ma quando contiamo le imprese in cui tutto il management è di famiglia, allora in Italia sono i due terzi, in Spagna un terzo, in Germania e Francia un quarto e in Gran Bretagna un decimo. Siamo in un momento delicato: l’azienda si trova ad affrontare sfide che non riguardano unicamente il modello produttivo ma le competenze, che si sono moltiplicate. Si avverte così ancor più la necessità di saper scegliere i talenti della gestione per individuare con lucidità gli obiettivi evitando il rischio di passare il testimone a eredi impreparati. Sono sempre di più le famiglie che decidono di scegliere consapevolmente il mestiere di azionista per lasciare ai manager la guida operativa. È un progressivo ma deciso cambiamento di rotta, in parte ascrivibile a una reazione alla crisi. La scelta di affidarsi a manager è quella che di solito consente di affrontare i cambiamenti, superare i momenti di
difficoltà e compiere i grandi salti dimensionali. I nostri dati sui dirigenti del terziario in servizio mostrano una forte crescita, rispetto al continuo calo della generalità dei dirigenti privati e degli occupati. Nel 2016 siamo cresciuti del 3%: la richiesta di capitale umano qualificato sta aumentando perché considerato un asset fondamentale per recuperare produttività e crescita a tutto vantaggio per la competitività delle imprese. Un altro sostegno per la competitività potrebbe derivare da un nuovo stimolo per l’economia rappresentato dai Pir (Piani individuali di risparmio), un canale alternativo a quello bancario per i finanziamenti di piccole e medie imprese non quotate. Il vantaggio più rilevante dei Pir è la detassazione degli utili e l’esenzione delle imposte di successione e donazione. I Pir dovranno essere investiti per almeno il 70% in strumenti finanziari di aziende italiane o anche europee ma con stabile organizzazione in Italia. Di questo 70%, il 30% deve essere composto da strumenti finanziari di società diverse dalle 40 dell’indice Ftse Mib, in modo da far affluire il denaro su aziende anche mediopiccole, quelle quotate sui listini alternativi. I vincoli temporali dei Pir permettono di canalizzare risorse stabili verso le realtà produttive, gettando le basi per uno sviluppo strutturato e solido del sistema. Un maggior numero di aziende dovrebbe iniziare a valutare l’opportunità di raccogliere risorse tramite quotazione e nuovi investitori avranno l’opportunità di indirizzare capitali sul mercato. L’obiettivo delle agevolazioni è proprio innescare questo circolo virtuoso. I Pir sono quindi l’innesco di questo meccanismo. Se le piccole imprese riescono a crescere dotandosi di una migliore struttura finanziaria e organizzativa, grazie alla professionalità dei manager, si rafforza l’ossatura dell’economia italiana e cresce il Paese. Guido Carella guido.carella@manageritalia.it
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Sommario Copertina 8 Economia 4.0: oltre la tecnologia
Management 48 Temporary manager ai raggi X
InfoMANAGER
Intelligenza artificiale Previdenza 14 Ai: cosa dice la Casa Bianca 54 Le condizioni di vita dei pensionati Intervista 16 Alberto Forchielli Italia messicanizzata? RUBRICHE Produttività&Benessere 28 Lavoro manageriale 21 (Pre)occupiamoci 34 Osservatorio legislativo di risorse umane 56 Di buon grado Social innovation 57 Arte 24 Globalizzazione: come affrontarla 58 Libri Prioritalia 59 Letture per manager 31 Le città di domani... sono oggi 60 Lettere Marketing 36 Lo strano caso degli spaghetti alla bolognese è online su Economia
Manageritalia
40 Vola il wedding tourism
81 Ritorna Pensieri stupendi
Responsabilità sociale 44 Italia virtuosa
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69 Executive professional Un innesto di managerialità 71 Quadri Al via la formazione 2017 74 Contratto Dirigenti Federalberghi e Magazzini generali Assidir 77 Il rimborso delle spese mediche Cfmt 80 I corsi da febbraio a luglio
61 N. 1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 2017
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
Economia 4.0
oltre la
tecnologia
Intelligenza artificiale
AI: COSA DICE LA CASA BIANCA
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA
Intervista a Alberto Forchielli
Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
ITALIA MESSICANIZZATA? MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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ECONOMIA 4.0: OLTRE LA TECNOLOGIA Per accedere alla New Economy serve un’evoluzione delle nostre imprese verso nuove forme organizzative, meno gerarchiche, più basate sul lavoro in team e più flessibili
Luciano Pero
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A QUALCHE ANNO ci stiamo abituando alla diffusione di nuove tecnologie che vengono proposte e si diffondono con un ritmo molto superiore a quello del passato. Negli anni Novanta c’è stata internet, poi il web 2.0, poi la rivoluzione degli smartphone, dei social network e dei touchscreen, ora è all’orizzonte addirittura una quarta rivoluzione industriale indicata come “Industry 4.0”. Cosa c’è di nuovo nella rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo, rispetto a quelle del passato?
Tante tecnologie e soluzioni organizzative possibili Una prima novità sta nell’introduzione di molti tipi di nuove tecnologie applicabili sia ai sistemi manifatturieri sia ai servizi di massa come sanità, trasporti, banche, pubblica amministrazione, sia ai servizi alla persona e al commercio tradizionale.
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Si tratta infatti di tecnologie che riguardano diverse attività e aree di lavoro: ad esempio le macchine utensili (come la stampante 3D), i sistemi robotizzati (come i robot collaborativi), il trattamento di mole elevate di dati (come i big data), il rapporto uomo macchina (come le interfacce intelligenti ecc.), i nuovi materiali (come il grafene) e poi le nanotecnologie, l’intelligenza artificiale, il web 3.0, i nuovi computer, l’internet delle cose, gli assistenti intelligenti e così via. Questa ampia
varietà di nuovi sistemi consente molteplici soluzioni sia organizzative che tecnologiche sconosciute nel passato. La seconda novità riguarda la possibile retroazione dei sistemi sociali sulle innovazioni tecnologiche. Già nel passato, le grandi rivoluzioni tecnologiche avevano prodotto forti “impatti sociali” che avevano richiesto una lunga opera di umanizzazione. Oggi il problema degli impatti si pone in modo molto diverso: infatti, data la complessità e varietà delle soluzioni possibili, ri-
Le grandi rivoluzioni tecnologiche hanno sempre prodotto forti “impatti sociali”. Oggi, data la complessità e varietà delle soluzioni possibili, risulta molto più importante che in passato la risposta sociale alle diverse applicazioni per determinarne il successo o l’insuccesso
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Copertina sulta molto più importante che in passato la risposta sociale, delle imprese, dei sindacati, dei manager e in generale dell’umanità alle diverse applicazioni per determinarne il successo o l’insuccesso. In breve, oggi sembra essere la società che guida la rivoluzione tecnica sui luoghi di lavoro e non viceversa, come all’epoca di Ford e della macchina a vapore. Quindi l’avvento di Economia 4.0 (se rivoluzione sarà)
nizzativi molto diversi tra loro non significa però che il loro utilizzo sia alla portata di tutti. È illusorio pensare che aziende tradizionali “fordiste” basate su una forte gerarchia, un’elevata specializzazione dei compiti e sulla routine possano adattarsi facilmente alle nuove tecnologie semplicemente con l’acquisto di nuovi sistemi. Le nuove tecnologie infatti non solo possono modificare radicalmente
dita, interferendo con i negozi tradizionali e proponendo forme di personalizzazione molto spinte. Per arrivare a questi cambiamenti sono necessari non solo piani di investimento in macchinari e sistemi, ma anche progetti di riorganizzazione complessi, piani commerciali e di formazione di competenze evolute. In breve, l’uso produttivo efficiente ed efficace di queste inno-
i processi produttivi, come in parte ci ha già abituato l’automazione, ma quasi sempre arrivano a modificare il prodotto/servizio e il suo utilizzo e spesso cambiano proprio il rapporto tra produttore e cliente finale. In certi casi mutano radicalmente il sistema di ven-
vazioni richiede un’intelligenza collettiva, un’adattabilità organizzativa e una flessibilità operativa che non sono possedute dalle organizzazioni tradizionali. Il problema non è solo avere dei buoni ingegneri e qualche tecnico molto intelligente: sono necessa-
I manager innovatori, con una forte leadership nei processi di cambiamento e un forte impegno sia tecnico sia etico, hanno oggi i ruoli più critici e indispensabili per uscire dalla crisi
non sarà una rivoluzione primariamente tecnologica, ma prima di tutto socio-organizzativa e poi tecnica. Infatti molto dipenderà da come i vari gruppi sociali guideranno e accetteranno i trend tecnologici e da come in generale la società li premierà o rifiuterà.
Solo nuovi modelli organizzativi possono adottare nuove tecnologie Il fatto che le nuove tecnologie possono dar luogo a modelli orga-
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rie nuove forme organizzative in grado di apprendere, fare sperimentazioni collettive, sbagliare e correggersi con grande rapidità e acquisire rapidamente nuove competenze. Si tratta di organizzazioni a bassa gerarchia, con alto spirito di gruppo, con competenze multiple e in grado di aprirsi a nuove soluzioni e a nuove forme di lavoro. In Italia questo tipo di organizzazioni so-
per Industry 4.0 e per le nuove tecnologie.
Innovazione organizzativa e ruolo dei manager Ma come arrivare a organizzazioni così evolute e con queste nuove competenze di apprendimento e di sperimentazione? Se osserviamo le organizzazioni che si stanno già avviando su questa strada è facile verificare
il ruolo dei manager, che a loro volta non sostituiscono semplicemente il fondatore al vertice della piramide ma diventano piuttosto dei leader, cioè dei trascinatori, dei coordinatori di diversi tipi di team, che si responsabilizzano sia nelle scelte strategiche, sia nella gestione quotidiana dell’impresa. Sono proprio questi manager innovatori, con una forte leadership nei processi di cambiamento e un forte impegno sia tecnico sia etico, che hanno oggi i ruoli più critici e indispensabili per uscire dalla crisi. La ripresa dello sviluppo economico in Italia dipende oggi in gran parte dalle competenze e dalle abilità di questi manager innovatori. Ma in questi contesti anche il lavoro cambia profondamente e le tradizionali distinzioni tra lavoro manuale e intellettuale e tra chi decide e chi esegue tendono a ridursi o addirittura a scomparire.
Come cambia il lavoro e le relazioni industriali
no assai rare. Per accedere alla nuova economia è dunque necessaria una rapida evoluzione delle nostre imprese verso forme organizzative nuove, meno gerarchiche, più basate sul lavoro in team e più flessibili. L’innovazione organizzativa è una precondizione
che perdono progressivamente le caratteristiche di aziende “padronali”, nel senso di gestite direttamente e totalmente dal socio-fondatore, con criteri monocratici e gerarchici. Queste invece entrano in un processo di cambiamento, dove viene ampliato e rafforzato
I lavoratori si trovano di fronte non solo a netti miglioramenti delle condizioni di lavoro, ma anche alla richiesta di lavoro intellettuale, come ad esempio la soluzione di problemi, analisi e diagnosi di guasti, errori e anomalie, lavoro in team ecc. I tecnici a loro volta hanno informazioni e strumentazioni avveniristiche e molto potenti ma devono anche confrontarsi direttamente con le esperien-
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Copertina
Manageritalia sta lavorando da anni, stimolata da tanti manager associati, sui cambiamenti organizzativi oggi necessari per entrare da protagonisti in questa nuova fase economica. Cambiamenti che, come si legge nell’articolo, vedono ampliato e rafforzato il ruolo dei manager, facendone l’attore principale, critico e indispensabile, per cambiare il lavoro e competere. Cambia il lavoro con Produttività&Benessere è l’iniziativa lanciata da Manageritalia per fare dei suoi manager i protagonisti e promotori di questo cambiamento nel quale dobbiamo coinvolgere tutti – imprenditori, manager, lavoratori, sindacati ecc. – e tutto il sistema per ridare produttività, benessere e senso al lavoro di persone e aziende. Vedi anche articolo a pagina 49.
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www.manageritalia.it > Focus > Progetti Manageritalia > Produttività&Benessere
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ze pratiche di lavoro, oppure acquisirle in proprio col lavoro diretto. Le differenze tra operai e ingegneri si riducono e i confini sono sempre più labili. Il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella gestione e nel miglioramento dei processi diventa essenziale e può assumere diverse forme, come ad esempio il teamworking, la rotazione delle mansioni, il sistema dei suggerimenti e così via. In sintesi, mi pare che si stia aprendo una stagione di ampio sviluppo delle forze produttive centrato sulle capacità tecniche e su nuove esperienze di tutti gli attori umani dentro le imprese. Questo nuovo contesto da un lato mette in crisi le relazioni industriali tradizionali basate sull’idea di un conflitto perenne e senza fine tra azienda e rappresentanti dei lavoratori. Quindi le relazioni industriali si orientano verso forme più cooperative e disposte a sviluppare innovazione per aumentare i benefici per tutti. Ma dall’altro lato questi nuovi contesti aprono ampi spazi per l’azione sindacale. Questa può concentrarsi sia sulle forme di partecipazione diretta dei lavoratori alla vita dell’impresa sia sull’umanizzazione dei risvolti negativi e “poco umani” che anche le nuove tecnologie si portano dietro, come emerge anche in soluzioni arretrate e tradizionali adottate da imprese della New Economy.
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Intelligenza artificiale
AI: COSA DICE LA CASA BIANCA Un documento ufficiale dell’amministrazione Obama fa il punto sulle opportunità offerte, i rischi da evitare, il ruolo della politica e le prospettive per i prossimi anni
A
CONFERMA di quanto il dibattito sull’intelligenza artificiale sia attuale e preso molto sul serio a livello internazionale e politico, oltre che economico, l’Executive Office della Casa Bianca ha pubblicato lo scorso dicembre un documento su questo argomento: Artificial intelligence, automation, and the economy. Il report analizza gli effetti che l’automazione guidata dall’intelligenza artificiale ha già sul mercato del lavoro e sull’economia statunitensi, delineando allo stesso tempo tre strategie che la politica dovrebbe perseguire per gestire questi processi cogliendo le opportunità offerte, in sostanza per evitare di esserne travolti. Un compito che tutti gli altri stati devono fare proprio.
Il report Artificial Intelligence, Automation, and the Economy può essere scaricato a questo link: https://www.bit.ly/dir2-17report
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Strategia #1: investire nell’intelligenza artificiale e svilupparla per i suoi numerosi benefici Se viene dedicata attenzione in modo responsabile per massimizzare il suo sviluppo, l’intelligenza artificiale offrirà contributi importanti e positivi per l’aumento della produttività e i vantaggi conseguiti avranno un incredibile potenziale per aiutare gli Stati Uniti a essere all’avanguardia nell’innovazione. Il governo gioca un ruolo importante nell’avanzamento dell’intelligenza artificiale, indagando nella ricerca e nello sviluppo. Tra le aree in cui è possibile progredire nell’AI ci sono la difesa informatica e la rilevazione di transazioni e messaggi fraudolenti. Allo stesso tempo, la crescita dell’intelligenza artificiale ha richiesto persone dai background differenti, in grado di dare un contributo rilevante e far avanzare le tecnologie implicate. Rendere prioritaria la diversity e l’inclusione nei settori Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) è un modo per superare le barriere e arginare i pregiu-
dizi, favorire la competizione tra le nuove imprese e quelle già esistenti, la creazione e l’adozione di nuove tecnologie e l’innovazione legata all’intelligenza artificiale. Strategia #2: educare e formare gli americani per i lavori del futuro Poiché l’AI cambia la natura del lavoro e le competenze richieste dal mercato, i lavoratori americani avranno bisogno di essere preparati con l’educazione e la formazione che possano permettere di raggiungere i propri obiettivi professionali. L’offerta di questa educazione e formazione richiede investimenti significativi. Il punto di partenza è fare in modo che tutti i bambini possano accedere a una prima educazione di livello alto, cosicché tutte le famiglie possano preparare i loro studenti per un’educazione secondaria, così come investire nelle scuole e nelle università, facendo in modo che tutti gli americani possano per-
mettersi un’educazione superiore. Assistere i lavoratori statunitensi nella transizione da un lavoro all’altro è fondamentale, ma presuppone la disponibilità di una formazione orientata al lavoro e opportunità per un apprendimento lungo tutta la vita. Strategia #3: aiutare i lavoratori nella transizione e dare loro pieni poteri per assicurare una crescita diffusa e condivisa La politica dovrebbe assicurare che i lavoratori e chi è alla ricerca di un’occupazione siano in grado di perseguire le opportunità professionali per cui sono più qualificati e ottenere un ritorno appropriato attraverso una retribuzione che possa crescere gradualmente. Questo può prevedere la realizzazione di programmi di welfare sociale, con piani di assicurazione, aiuti di emergenza per chi è in crisi, supporto medico ecc. L’empowerment dei lavoratori include il sostegno per chi è in stato di
necessità, la costruzione di un sistema pensionistico adeguato per il 21° secolo, espandendo l’accesso alle cure sanitarie. Aumentare le retribuzioni, la competizione, la contrattazione dei lavoratori, così come la modernizzazione delle politiche fiscali e perseguire strategie per affrontare l’impatto geografico differente saranno importanti aspetti per supportare i lavoratori e affrontare le questioni legate alla perdita di posti di lavoro e in linea generale ai cambiamenti nel mercato. Infine, se una porzione significativa di americani sarà interessata nel breve e medio termine dalla perdita del proprio impiego causata dall’intelligenza artificiale, la politica avrà bisogno di considerare interventi più robusti, come il rafforzamento del sistema assicurativo per la disoccupazione, strategie per creare posti di lavoro di compensazione per rendere più fluida la transizione da un lavoro all’altro.
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Intervista
ALBERTO FORCHIELLI
ITALIA
Ha lavorato con Beniamino Andreatta e Romano Prodi ed è il blogger straniero più letto in Cina. 59 anni, imprenditore bolognese, è socio fondatore e ad di Mandarin capital management, fondo di private equity che mette in contatto aziende europee e partner commerciali cinesi, e presidente di Osservatorio Asia. Nel suo lungo curriculum ci sono esperienze manageriali in Iri e Finmeccanica. Ma anche alla Banca Mondiale e come consulente di numerosi paesi del Sudamerica. Esperto di questioni asiatiche, viene ascoltato dal Congresso degli Stati Uniti d’America.
Enrico Pedretti
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Lei parla ultimamente di messicanizzazione del Belpaese. Cosa vuol dire e perché? «Molte imprese non saranno in grado di pagare tasse, contributi e costi del lavoro e scivoleranno nel nero con imprenditori e lavoratori stranieri. La criminalità organizzata si allargherà. Le imprese moderne esportatrici si asserraglieranno in distretti circondate da sofisticati sistemi di sicurezza. La sfida non sarà una crescita del pil misurato con parametri canonici che non funziona, ma la ricerca di un equilibrio tra queste tre forze per evitare che l’illegalità si mangi
tutto e ci riduca in una terra di nessuno. In Messico questa sfida è all’ordine del giorno, come lo è in Italia, ma non vogliamo rendercene conto».
Di chi sono le colpe? «Di tutti, italiani compresi, che hanno un basso tasso di civiltà sociale ed educazione». Cosa abbiamo sbagliato a livello economico per arrivare a questa
MESSICANIZZATA? Diretto, sintetico e quasi mortale. Alberto Forchielli parla senza mezzi termini dell’Italia, dei rischi che corre e delle possibili vie di fuga per riprendersi se solo gli italiani si rimboccassero le maniche. È seguito e ascoltato in mezzo mondo, anche da chi conta. Ecco perché lo abbiamo intervistato. Ma chi è Forchielli? Bolognese, un passato da manager a livello internazionale, è oggi il creatore del Mandarin capital partners, fondo che investe in aziende italiane e cinesi. Vive a Bangkok, ma frequenta spesso anche gli Usa, l’Europa e, naturalmente, l’Italia. crescita e produttività stagnanti? «Non abbiamo investito in educazione, abbiamo sprecato risorse
Cosa deve fare la politica per dare al Paese le stesse opportunità di quelli più sviluppati? «Deve avere il coraggio di dire la verità, invece che comprare consenso con fondi pubblici, deve educare, deve dare l’esempio, deve essere un sacrificio, non un mestiere». L’Unione europea, in ottica futura, è un vincolo o un’opportunità? «È una necessità: senza, l’Italia verrebbe risucchiata dall’islamizzazione».
pubbliche e abbiamo caricato gli sprechi sulla classe produttiva che si restringe, la burocrazia non lavora e non funziona, non abbiamo formulato leggi adeguate a combattere la criminalità anche spicciola, non abbiamo investito in carceri per tenere le strade pulite eccetera».
Serve una politica economica? «Sarebbe servita tanto, adesso corriamo solo a mettere le pezze a banche, Ilva, Alitalia, Sole 24 Ore, non esistono più le risorse per fare una politica economica pro-attiva». A livello microeconomico da dove ripartiamo? «Io credo che serva un grande trauma perché la gente capisca fi-
nalmente che si deve lavorare meglio e più a lungo». Lavorare di più e meglio, con maggiore qualità, è la sua ricetta. Può fare qualche esempio? «Meglio significa più attenzione e dedizione anche nelle cose piccole. Di più significa meno pause
«Non abbiamo investito in educazione, abbiamo sprecato risorse pubbliche e abbiamo caricato gli sprechi sulla classe produttiva che si restringe»
caffè, meno file a timbrare il cartellino, meno permessi malattia inesistenti, meno Facebook durante l’orario di lavoro o telefonate personali, in pensione più tardi e così via. Qualità significa usare il cervello e proporre miglioramenti,
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Intervista prendere responsabilità, andare oltre il mansionario». Le nostre multinazionali tascabili o meno ci possono dare una mano? «Hanno già fatto tanto, tutto, di più non ne nasceranno, molte in-
«I manager in Italia hanno un ruolo chiave, ma sono spesso soffocati dall’imprenditoria familiare, tant’è che nelle poche grandi imprese italiane non danno il meglio di sé, in quelle straniere eccellono»
Fresco di stampa, il suo ultimo libro Il Potere è noioso è già un bestseller e fa discutere sui media e sul web. Nel 2015 ha pubblicato il libro Trova lavoro subito!, da cui sono tratti una serie di articoli pubblicati su www.manageritalia.it.
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vece se ne andranno trasferendo la sede direzionale in altri paesi, oltre che la produzione rimasta in Italia». Dobbiamo globalizzarci di più, anche guardando all’Asia? «Non c’era dubbio, ma ormai quello che potevamo fare in Asia l’abbiamo fatto, siamo troppo piccoli per fare di più. Adesso avremmo bisogno di avere il mondo che viene da noi ma con questo mix di criminalità, burocrazia e vincoli sindacali è utopistico pensarlo». Qual è il ruolo dei servizi per crescere, anche a livello internazionale? «Enorme, ma noi non siamo presenti nei servizi chiave quali la finanza, il software, i media, le telecomunicazioni. Ci rimane solo il turismo, che perde colpi e quote di mercato. Si potrebbe riprendere il cammino con grandi investimenti nella scuola e nell’università, ma mancano i soldi che servono per comprare consenso e rattoppare i buchi, così il debito aumenta e il paese arretra, troppi i conti in sospeso che ora vengono a galla». Quali aziende e settori in Italia possono beneficiare maggiormente della rivoluzione digitale? «Tutti, ma la tecnologia chiave non è mai la nostra e nell’applicazione siamo sempre indietro, è
relativo, bisogna essere meglio degli altri, ma mai lo siamo». Quanto pesa la gestione familiare di troppe nostre imprese e quindi la mancanza di managerialità vera? «Un disastro. Il papà quasi sempre ha fatto l’impresa e i figli viziati l’hanno distrutta, salvo casi rari. È una rarità genetica che a un padre eccezionale segua un figlio altrettanto eccezionale, e per fare gli imprenditori in Italia servono persone super eccezionali e ne nascono pochi che intelligentemente capiscono presto che andare all’estero è la cosa migliore». Lei è stato per tanto tempo un manager. Quale ruolo possono e devono avere i manager nel riscatto economico del Paese? «Un ruolo chiave, ma sono spesso soffocati dall’imprenditoria familiare, tant’è che nelle poche grandi imprese italiane non danno il meglio di sé, in quelle straniere eccellono. Purtroppo la capacità di lavorare e gestire organizzazioni complesse non è nel dna italico. Nella Seconda guerra mondiale avevamo una Marina più grande di quella inglese nel Mediterraneo, ma facemmo più danni agli inglesi con un manipolo di uomini nei mezzi d’assalto che con tutto il resto della flotta. Si studi la sconfitta di Adua o Caporetto o le tragiche offensive sull’Isonzo della Prima guerra mondiale: generali
cretini, ufficiali di complemento e soldati coraggiosi che operano nella più totale disorganizzazione, questa è sempre stata l’Italia». Qual è il modello manageriale e quali le caratteristiche del manager che servono oggi? «Imprenditoriali, creativi, orientati allo spin-off continuo: abbiamo bisogno che i manager si trasformino in imprenditori, ci mancano le nuove imprese, non i bravi manager». Ci sono imprese, imprenditori e manager italiani meno noti, ma vincenti a livello globale? Chi citerebbe ad esempio? «Pier Paolo Pandolfi, capo della ricerca sul cancro a Harvard. Dante Roscini, professore a Harvard. Stefano Pessina e Ornella Barra nella distribuzione farmaceutica. Lei sa che fu Amadeo Giannini, un italiano, a fondare la Bank of America?». L’Italia ha forse bisogno di più diversity, cioè di puntare di più su giovani, donne, persone di altre nazionalità e culture? «Ovvio, ma da noi viene il peggio, gente con bassa produttività, scarsa attitudine al lavoro, ad alto tasso criminalizzante. Del resto le nostre scuole non incoraggiano, la mancanza di galere fa dell’Italia il paradiso della criminalità e del lavoro in nero, il Messico d’Europa insomma».
«Ai giovani consiglio di imparare un mestiere tradable e di cercare la fuga dall’Italia» Il lavoro è vissuto in Italia come un problema per tanti, se non per tutti: quelli che non lo trovano ma anche quelli che lo hanno ma non è più “fisso”. Abbiamo reali motivi per lamentarci? Quali miglioramenti è realistico attendersi? «Nel breve peggiora, non migliora. Il dramma è proprio far capire alla gente che se si rimboccano le maniche oggi non ne vedranno mai i benefici se non le generazioni future, un hard sell in termini politici!» I sindacati hanno ancora un ruolo? «Proteggono i pensionati a scapito dei giovani, missione nobile, ma non proiettata al futuro. Sono autoreferenziali come la Confindustria, hanno esaurito gran parte del loro ruolo storico, devono fare una scelta chiara tra pensionati e lavoratori perché prosperano nella più totale contraddizione». Ai giovani cosa consiglia per affrontare il futuro lavorativo? «Di imparare un mestiere tradable,
ossia esercitabile ovunque nel mondo, e di cercare la fuga dall’Italia». I cervelli in fuga dobbiamo temerli, “biasimarli” o farli fuggire, perché poi magari tornino, e attrarne sempre di più? «Per definizione sono cervelli e sanno meglio di noi cosa fare e come non farsi prendere in giro». E agli italiani in generale? «L’Italia rimane un paese fantastico, se l’economia non cresce, serriamo le righe per viverlo bene anche con meno disponibilità materiali. Diamo priorità a sicurezza, ritroviamo le vecchie solidarietà di paese, colleghiamoci con il mondo, rimettiamoci in marcia per un lungo cammino senza aspettare governi miracolo, o altre soluzioni funamboliche tipo uscire dall’euro o dall’Europa. Rimettiamoci tutti a studiare nel tempo libero e spegniamo la tv».
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Produttività&Benessere
(PRE)OCCUPIAMOCI DI RISORSE UMANE Eliana Sambrotta
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ELLE AZIENDE italiane c’è ancora tanto bisogno di cultura in termini di work-life balance. «Le aziende oggi hanno a disposizione una varietà di sistemi, strumenti, progetti all’avanguardia che poi corrono il rischio di essere screditati, sconfessati da comportamenti quotidiani. Credo che si debba ripartire da qui e accettare che lavorando bene anche sull’ordinario si possa avviare un reale cambio di paradigma». Queste le parole di Paola Pirrello, Hr engagement & development manager di Nexive, un’azienda che ha già in essere numerose e variegate politiche e azioni di benessere aziendale. Tra le altre, anche la nostra iniziativa Un fiocco in azienda, che le è valsa il premio come miglior azienda aderente al progetto 2016. Progetto che fa parte dell’iniziativa di Manageritalia “Cambia il lavoro con Produttività &Benessere” e nello specifico punta a favorire la conciliazione maternità e lavoro in azienda assistendo madri ma anche padri
lavoratori attraverso servizi specifici e agevolando il work-life balance. Ma non è certo l’unico, perché accanto a Un fiocco in azienda abbiamo anche le iniziative Interageing e Smart welfare. La prima punta alla collaborazione delle diverse generazioni in azienda e la seconda alla diffusione di politiche, strumenti e azioni che migliorino l’organizzazione aziendale, la flessibilità gestionale e lavorativa e la collaborazione fra tutti i suoi componenti. In pratica tutti questi programmi
vogliono aumentare la produttività e la conciliazione della vita professionale e privata, la salute e il benessere in azienda. Questo è ormai necessario in un mondo del lavoro in continuo e rapido cambiamento come quello in cui viviamo. Per attuare cambiamenti così radicali, però, c’è bisogno dell’aiuto di tutti: cittadini, istituzioni, politica, lavoratori… e naturalmente manager che, con la loro posizione in azienda, possono e devono contribuire molto a cambiare una certa cultura aziendale.
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Produttività&Benessere
L’opinione di Paola Pirrello Hr engagement & development manager di Nexive, premiata “Azienda dell’anno 2016” del progetto Un fiocco in azienda
È complicato per un’azienda attivare Un fiocco in azienda? «L’attivazione del progetto è semplice, se accompagnata dalla sponsorship di tutto il management e dalla massima sinergia tra i sistemi informativi e di comunicazione interna. La vera sfida diventa far vivere Un fiocco in azienda giorno per giorno a tutti i potenziali beneficiari: le donne in primis, per le quali è stato originariamente pensato, che attraverso il progetto possono vivere la maternità con maggiore consapevolezza, meno ansie e minore solitudine; gli uomini, che fortunatamente stanno scoprendo un modo più partecipe, informato e attivo di essere padri e che vanno sostenuti e incoraggiati a vivere la genitorialità oltre gli stereotipi ancora presenti nella nostra società, incluso il mondo del lavoro; i manager, che possono attraverso “il Fiocco” consolidare i rapporti di fiducia, squadra, collaborazione con le proprie persone».
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Che benefici avete avuto attivando il progetto? «Oltre a quelli già citati, Un fiocco in azienda ha fin da subito attivato un canale di contatto privilegiato con le persone, che viene correntemente usato per ispirarci reciprocamente e sviluppare progetti fattibili di people engagement. Per incrementare ulteriormente questi benefici, in Nexive stiamo lavorando su tre fronti: garantire diffusione capillare delle iniziative; dare voce ai partecipanti, che ne sono i migliori testimonial; sollecitare eguale impegno da parte di tutte le funzioni, non solo le Hr». Praticate altre politiche di produttività e benessere? «Stare bene nel proprio contesto lavorativo è una condizione essenziale per la produttività. In Nexive abbiamo impostato un sistema di welfare che si evolve parallelamente alle diverse esigenze della nostra forza lavoro: le persone oggi hanno bisogno di servizi, tempo, ascolto. Quindi, abbiamo una polizza sanitaria integrativa per tutto il personale, ma anche un sistema di accesso agevolato a servizi work-life balance diversificati: supporto allo stu-
dio proprio/dei figli e alla pratica di attività sportive, servizi di cura per la casa e la famiglia, assistenza fiscale e legale. Offriamo formule di lavoro flessibile a supporto della conciliazione e agevolazioni a chi investe sul proprio sviluppo professionale o culturale. Organizziamo incontri di sensibilizzazione con esperti di alimentazione e benessere (le “Pillole della salute”), stiamo studiando iniziative di onboarding per le donne che rientrano dalla maternità e abbiamo istituzionalizzato momenti in cui il top management e i dipendenti si incontrano davanti a un caffè e a una brioche per parlare di strategie, obiettivi e piani di sviluppo (“Colazione in Nexive”)». Come hanno accolto i vostri dipendenti Un fiocco in azienda e le altre vostre iniziative di company welfare? «Con favore ed entusiasmo, soprattutto quando nascono dal campo e l’azienda si adopera “solamente” per metterle a terra. Un fiocco in azienda oggi è a metà strada: incuriosisce e stupisce che un’azienda si (pre)occupi di un fatto considerato così privato e personale come la maternità. Quindi stiamo lavorando per allargare la prospet-
6° COMPLEANNO PER UN FIOCCO IN AZIENDA! Lo scorso 5 dicembre si è svolta la tradizionale Festa dei fiocchi. Ideato dal Gruppo Donne manager di Manageritalia Milano, il progetto è giunto ormai al suo sesto anno di vita e l’evento si propone come momento di vera e propria festa e coinvolgimento delle famiglie che durante l’anno in corso hanno accolto l’arrivo di un piccolo o una piccola e dunque sono state interessate dal programma Un fiocco in azienda. Il progetto, che non prevede alcun costo per l’azienda, miete sempre più successo: in Lombardia si contano 50 aziende aderenti, con 169 neomamme e 79 neopapà coinvolti. Tra i servizi proposti dal progetto e presentati nel corso della serata, la Card pediatrica, per il pronto reperimento di un pediatra in casi di emergenza, servizio erogato da Manageritalia attraverso Europ Assistance Italia spa che fin dall’inizio è tra gli sponsor più importanti del progetto. Il dottor Cavalieri ha illustrato i vantaggi della Card indicando tutte le occasioni in cui può essere utilizzata sottolineando la qualità del servizio offerto grazie all’equipe di medici sempre presente presso la loro sede e che risponde alle chiamate telefoniche. Successivamente il dottor Ballabio ha illustrato i vari servizi offerti da Europ Assistance riguardanti la famiglia e l’abitazione. Poi è stato il turno di NutriMamma, un programma avviato con un team qualificato di nutrizionisti del Centro internazionale per lo studio della composizione corporea dell’università degli Studi di Milano (Icans) per fornire informazioni utili sull’alimentazione durante e dopo il parto; un supporto di natura psicologica a cura di professionisti dell’associazione Centro Psiche Donna; un aiuto concreto ai genitori che seguono il progetto dell’adozione grazie all’associazione Polaris. Si ringraziano Ales Groupe; Arteria Safetech; Aviva; Cargeas; Best Western; Caffè Musetti; Carpisa; Europ Assistance Italia spa; Faber Castel; Fumagalli Guarnizioni; Grand Hotel Imperiale Resort&Spa; Johnson&Johnson; Kellogg; Mattel; Meggle; Mellin&Nutricia; Melogranello; Nappynat; Osama; Paglieri; Pasta di Canossa; Planetaria Hotels; Pinko; Promo Preziosi; Ricoh; Qc Terme; Tony&Guy, Veuve Clicquot; Yakult.
tiva. Parliamo di supportare la genitorialità (non solo le madri) e cerchiamo il punto di arricchimento (non solo di conciliazione) tra famiglia e lavoro in modo che tutti si sentano parte del progetto: madri e padri attuali e potenziali, ma anche tutti i loro colleghi e responsabili, che ci guadagnano anche in competenze (essere genitori costringe sin da subito a focalizzare le priorità, lavorare per obiettivi, pianificare so-
stenibilmente tempi e risorse… quale manager vi rinuncerebbe?)». Quanto bisogno c’è nelle aziende italiane di cultura in termini di work-life balance? «Ancora tanto: le aziende oggi hanno a disposizione una varietà di sistemi, strumenti, progetti all’avanguardia che poi corrono il rischio di essere screditati, sconfessati da comportamenti
quotidiani, come la pianificazione delle riunioni, che dà per scontata la disponibilità full-time anche in assenza di fusi orari da gestire, o il linguaggio stesso del business, che è diventato frettoloso, poco amichevole e di per sé stressante. È un vero peccato: credo che oggi si debba ripartire da qui e accettare che lavorando bene anche sull’ordinario si possa avviare un reale cambio di paradigma sul work-life balance».
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Social innovation
GLOBALIZZAZIONE: COME AFFRONTARLA Come il mondo attuale riesce a creare, al di là della tecnologia, esperienze organizzative, sociali, di business, di cittadinanza attiva, di innovazione sociale Roberto Panzarani
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C
APIRE la globalizzazione che stiamo vivendo è un compito che ogni giorno ci accingiamo a compiere. È infatti impossibile per ciascuno di noi ignorare che viviamo in un mondo fortemente interconnesso e sempre più piccolo. Ce lo ricorda lo smartphone che abbiamo in mano e tutti gli altri device che utilizziamo durante la nostra giornata. Siamo locali, viviamo nel nostro territorio, ma allo stesso tempo siamo globali, perché interconnessi con tutto il resto del mondo o perché siamo anche nomadi, ci piace visitare posti diversi, contaminarci con culture differenti o ne siamo costretti per motivi di lavoro, familiari ecc. Anche se volessimo essere il più possibile stanziali, siamo comunque costretti a essere globali a causa di una tecnologia sempre più esponenziale e invadente. Processi di innovazione non più incrementali, ma disruptive, ci costringono a un aggiornamento continuo su tutto quello che avviene. Cambiamenti che prima impiegavano anni ad arrivare
nella nostra realtà oggi in pochi mesi o giorni arrivano a mutare la nostra vita quotidiana e professionale, senza che le nostre sinapsi neuronali si siano ancora accese per capire quello che sta veramente accadendo. Il vuoto di governi e politica Governi e politica in generale non sono più in grado di mettere in atto una governance dell’innovazione che appunto, senza alcuna guida o educazione, siamo costretti a subire e non a gestire responsabilmente, mentre tutti i nostri processi, le nostre abitudini, i nostri piani saltano come birilli. Il paradosso è che, come dice l’antropologo statunitense Arjun Appadurai,
«il mondo in cui viviamo è caratterizzato da un crescente divario tra la globalizzazione della conoscenza e la conoscenza della globalizzazione. Mentre la conoscenza del mondo è sempre più importante per chiunque, le opportunità per acquisire tale conoscenza si stanno restringendo».
Europa, vero enigma della globalizzazione La cosa assurda è che questo, oltre ad avvenire nei paesi che definiamo in via di sviluppo, avviene anche in paesi di cultura millenaria come l’Europa, vero enigma di questa globalizzazione. I recenti dati sull’abbandono universitario in Italia sono eclatanti. Sembra infatti che nel 2013 abbiano abbandonato l’università italiana più del 45% degli studenti, il dato più alto in Europa. È ovvio che i paesi o i luoghi che più investono in conoscenza e innovazione sono anche quelli che dominano l’economia, vedi Silicon Valley. In sostanza, la conoscenza si sta divaricando, così come la ricchezza e naturalmente non è un caso che sia così, le due cose vanno insieme. L’economista Enrico Moretti nel suo libro La nuova geografia del lavoro fa un esempio interessante sull’IPhone che, concepito e progettato a Cupertino (Usa), è fatto di 634 pezzi. Le
componenti sono prodotte a Singapore e Taiwan. L’assemblaggio è fatto da 400mila persone a Shenzhen. L’Apple guadagna 321 dollari per ogni IPhone venduto, il 65% del valore, il che si traduce nella creazione di buoni posti di lavoro negli Stati Uniti. Come dice Alec Ross, consigliere dell’amministrazione Obama per l’innovazione, «una grossa fetta del pil del mondo si è spostata nella Silicon Valley grazie
Anche se volessimo essere il più possibile stanziali, siamo comunque costretti a essere globali a causa di una tecnologia sempre più esponenziale e invadente
alle piattaforme come Uber, Airbnb ecc. La Valley è diventata ricca come l’Antica Roma. Raccoglie tributi da tutte le sue province. Il tributo è il fatto che il business di queste piattaforme appartiene a lei. Gli annunci economici che un tempo comparivano nelle pagine dei giornali cittadini oggi vanno su Google, Pinterest sostanzialmente rimpiazzerà le vendite tramite rivista, ora Uber domina i trasporti».
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Social innovation Come guardare alla globalizzazione Dobbiamo dunque conoscerla questa globalizzazione e i processi che la attraversano, ma come? Che metodo adottiamo? Forse ha ragione Michel Serres (filosofo e scrittore francese), dal metodo
Global: tribù, confini, leader, reti, ecosistemi, il nuovo libro di Roberto Panzarani, Palinsesto editore
Una grossa fetta del pil del mondo si è spostata nella Silicon Valley grazie alle piattaforme come Uber, Airbnb ecc. La Valley è diventata ricca come l’Antica Roma
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non nasce niente e cita il geniale Hergé: «Comincio da un punto qualsiasi e tutto cresce come l’edera». Nel parlare del mondo globale, Serres ci ricorda anche che «quell’anello di retroazione che ci rende dipendenti da cose che in realtà dipendono da noi funziona da quando produciamo gli artefatti, cioè dai nostri albori. Noi li produciamo e nella quotidianità più locale, di rimando, loro ci condizionano. Quello che padroneggia il fuoco non è più lo stesso uomo, perché il calore ne trasforma l’alimentazione, l’habitat, la pelle, il comportamento, la fragilità. Non è più lo stesso amico quello che usa la scrittura, perché essa ne cambia le relazioni, la convivenza, l’adattamento e l’intelligenza. Non è più la stessa donna quella che controlla il cellulare, perché esso rimodella lo spazio, accelera il tempo, facilita gli accessi, avvicina i corrispondenti… Esternalizzati dal corpo, gli artefatti vi ritornano e lo metamorfosano. L’invenzione tecnica ha effetti sull’innovazione umana, strumenti e macchine ominizzano. Questo processo va avanti da millenni e, rottura dopo rottura, accelera o rallenta. Diventiamo continuamente i nostri figli». I nostri figli, che spesso non capiamo e non riusciamo a comprendere. Come dice giustamente Serres, il quotidiano nella sua struttura routinaria sta finendo e la realtà
ci richiede processi di adattamento continui, provocati dalla tecnologia e dalla globalizzazione appunto. La notizia positiva è che questi processi avvengono al di là, come dicevamo, dei governi politici, istituzionali, delle imprese, deputati proprio a questo compito che oggi non riescono più ad assolvere. Esempi significativi dall’universo del cambiamento Il punto di vista con cui guardare alla globalizzazione deve essere quello fatto di storie significative di come il mondo attuale, piccolo e interconnesso, riesce a creare al di là della tecnologia o con l’innovazione d’uso di quest’ultima, esperienze organizzative, sociali, di business, di cittadinanza attiva, di social innovation, che danno un colore diverso alla globalizzazione attuale e ci aiutano a comprenderla. Un esempio di modello sociale realmente alternativo e solidale in Europa ci viene da Marinaleda, un piccolo ma coraggioso paese nel cuore della Spagna, vicino Siviglia, che sta rivoluzionando il paradigma delle politiche economiche internazionali. In un quadro dominato dall’insicurezza e dalle speculazioni finanziarie, in cui le popolazioni si sentono schiacciate dal peso dell’austerità delle politiche monetarie, esiste e resiste una comunità che mette “la persona” e le sue reali esigen-
ze quotidiane al centro del proprio modello di sviluppo. Un altro esempio, questa volta organizzativo, ci viene invece dalla Tesla Motors, come ci racconta l’imprenditore Peter Thiel nel suo libro Zero a Uno. I segreti delle startup, ovvero come si costruisce il futuro. «La tecnologia di Tesla è così buona che altre compagnie automobilistiche si affidano ad essa: Daimler usa le batterie di Tesla; Mercedes Benz usa il suo sistema di trazione; Toyota usa i suoi motori. Ma il risultato tecnologico più grande di Tesla non è un singolo componente ma piuttosto la capacità di integrare più componenti in un prodotto di qualità superiore». O ancora la Chilecon Valley, in Cile, dove girano circa 250 aziende l’anno e dal 2010 più di 1.200 startup provenienti da diciassette diversi paesi sono passate per il programma di accelerazione Startup Chile e hanno dato vita a una community internazionale di più di 3.000 imprenditori. Il programma ha riscosso grande successo negli ultimi anni, generando 680 investimenti in 652 aziende, che a loro volta hanno raccolto fondi sino a 400 milioni di dollari, facendo del Cile il primo paese per imprenditorialità nell’America Latina secondo il Global Entrepreneurship Index. Ma anche l’Africa non resta a guardare: oggi in questo continente c’è una vera e propria
esplosione di startup di notevole valore innovativo. Ventisei milioni di finanziamenti sono stati stanziati per far nascere nuove startup nel continente africano e la Nigeria nel 2015 ha eguagliato la Germania per numero. Inoltre si contano diversi hub di ricerca e innovazione, quali la Silicon Cape, in Sudafrica, e la Silicon Savannah, in Kenia, con più di 20.000 ricercatori. E ancora esempi importanti ce li regalano la Cina con il suo capitale intellettuale e il fintech australiano, con Canberra, che è uno dei maggiori centri finanziari al mondo. Non abbiamo altra scelta, è la vita stessa, che si sviluppa oltre i recinti tradizionali, nelle reti aper-
La globalizzazione deve riuscire a creare con l’innovazione e la tecnologia nuove esperienze organizzative, sociali, di business e di cittadinanza attiva
te, reali e virtuali, dove prenderà consistenza la cittadinanza attiva di una pluralità di soggetti desiderosi di “coltivare” l’utopia possibile di un mondo migliore, in cui sviluppo umano e progresso economico potranno finalmente convergere.
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Lavoro Mondo manageriale del lavoro
I MOLTI VOLTI DELLA LEADERSHIP Simone Piana
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I
l concetto di leadership porta di fre-
tendere e che intimamente proveremo a
quente a confrontarsi col carattere in-
emulare, magari inconsapevolmente.
dividuale, singolare e apicale del ter-
Io stesso, a quasi 20 anni di distanza
mine. Quando parliamo di leadership è
dall’esatto momento, ho ben preciso e
spesso la figura di un leader, reale o im-
nitido nella mente il ricordo di quella sen-
maginario, a guidare la nostra riflessio-
sazione, l’immagine, le parole e i gesti
ne, l’immagine di un “uomo solo al co-
della persona che avevo deciso di pren-
mando” dotato di carisma evidente a
dere a modello, senza esitazioni. Il leader
tutti e di virtù, abilità e skill fuori dal co-
da cui volevo essere guidato e a cui vo-
mune messe al servizio di una comunità
levo “rubare” tutto il sapere, la retorica,
sociale piuttosto che di una organizza-
la capacità di convincere e creare con-
zione di business.
senso ma anche prevalere “muscolar-
Tutti noi, nel nostro percorso di vita per-
mente” in situazioni di conflitto.
sonale e professionale, abbiamo incon-
Il passare degli anni, così come il con-
trato o incontreremo un “volto” a cui as-
fronto con aziende, culture e paesi diver-
soceremo la nozione di leadership, una
si, mi ha aiutato a “raffinare” la riflessio-
figura o idolo giovanile, un “capo” o col-
ne sulla leadership e arricchirne signifi-
lega più senior a cui guardare col rispetto
cativamente sia i contenuti, non sempre
e l’ammirazione dovuta, qualcuno a cui
evidenti o lampanti, sia la sua natura. Ri-
cordo con gratitudine e piacere il perio-
ro messaggi, l’inclusività e l’attenzione
ultimo ed elemento che garantisce la so-
do trascorso in Germania e il manager
ad avere tutte le opinioni e prospettive
stenibilità e il successo delle organizza-
che mi aveva chiesto di trasferirmi pres-
“intorno al tavolo”, l’essere accessibili
zioni. Quanto brevemente descritto ha a
so l’headquarter di uno dei più grandi
a tutti a prescindere dallo status o livel-
che fare con la maturità, consapevolezza
retailer mondiali. Ricordo la sua capacità
lo gerarchico e, ultimo non ultimo, la
di business, capacità di guida e visione di
di programmazione, l’analisi di ogni
priorità data alla crescita del talento e
tutti i leader, manager, team leader che
aspetto progettuale e il grande focus de-
alla formazione della classe dirigente
occupano una posizione di responsabili-
dicato alla preparazione di un evento o
del futuro.
tà e questo senza per forza aver stampato sul proprio biglietto da visita un titolo
meeting, inclusa la gestione dei vari In quegli anni era del tutto evidente l’ef-
Concetto di leadership al plurale
ficacia di quello che stavo vivendo, ep-
Oggi, giocando io stesso un ruolo da
pure il mio leader aveva caratteristiche e
leader e dovendo fronteggiare sfide di
Leadership inclusiva aperta alla diversità
tratti assolutamente non sovrapponibili
business e organizzative in un contesto
La leadership di cui hanno bisogno le
alla prima esperienza descritta. Un’a-
globale altamente competitivo, mi rendo
aziende oggi è consapevole, accounta-
zienda e una cultura diverse, studi diffe-
conto che il termine leadership ha una
ble, condivisa, visibile, presente a tutti i
renti e modalità relazionali agli antipodi,
varietà di sfaccettature che ne arricchi-
livelli organizzativi, una leadership dai
non influivano minimamente sulla mia
scono il contenuto. L’elemento individua-
molti volti e dalle molte parole eppure
percezione di lui o sull’impatto positivo
le che si integra con quello più collettivo
unica, consistente, identificabile e rico-
che lui aveva a livello organizzativo.
o di team, il carattere strettamente com-
noscibile “nei molti” piuttosto che in un
Lo stesso potrei dire per i successivi
petenziale che si sovrappone alla capaci-
singolo. Una leadership che si adatti, che
esempi di leader e capo che ho incontra-
tà di adattamento e “learning agility”, la
continui a evolvere, a imparare e studia-
to negli anni a venire. Personalità diffe-
crescente necessità di creare “significato
re, un modello di leadership inclusivo e
renti, età disparate, radici anglosassoni,
e ingaggio” per le persone coinvolte, te-
aperto alla diversità.
americane, centro-europee, eppure, seb-
ma tanto cruciale quanto la capacità di
Detto questo, non è certo mia intenzio-
bene con risultati non sempre assimila-
guidare le continue, e non sempre indo-
ne declassare o sminuire l’importanza e
bili, modelli di leadership vincenti, capa-
lori, trasformazioni attraverso cui tutte le
la centralità della leadership e dei leader
ci di far leva su asset personali costruiti
aziende sono obbligate a passare.
intesi nella loro accezione singolare,
nel tempo, su conoscenze tecniche spe-
Mi piace spendere alcune parole aggiun-
semmai l’esatto opposto. Sta proprio
cifiche e grande capacità di vivere e adat-
tive sul concetto di leadership al “plura-
nella solidità e simbiosi totale delle due
tarsi al tempo e alle “fasi” delle loro or-
le”. Definire e comunicare una vision e
dimensioni, individuale e collettiva, la
ganizzazioni.
una mission aziendale è esercizio sicura-
forza delle organizzazioni e la caratteri-
È peraltro importante notare come al-
mente impegnativo, ma di certo non ri-
stica differenziante e vincente nel lungo
cune dimensioni fossero comuni, sep-
solutivo o sufficiente a far avanzare
periodo.
pure con sfumature e accenti non iden-
un’organizzazione. Il tempo e le risorse
Obiettivo ultimo di ogni leader, a prescin-
tici. Grande comprensione del business
investite nel declinare una narrativa a
dere da ruolo e livello gerarchico, do-
e del mercato di riferimento, capacità di
volte simbolica in significati comprensi-
vrebbe essere quello di lasciare la propria
individuare i driver in grado di far evol-
bili e “attaccabili” a tutte le persone
organizzazione meglio di quanto l’abbia
vere l’organizzazione verso il successivo
coinvolte è, senza ombra di dubbio, at-
trovata. Una tale sfida si può vincere so-
stadio di sviluppo, la sensibilità alle te-
tività largamente più importante e im-
lo se questo commitment riguarda e in-
matiche di change management ma,
pattante. Mantenere poi vivo quell’in-
gaggia i “molti leader” che ogni giorno
oserei dire, materialmente più impor-
gaggio e quella comprensione nel me-
si impegnano per il presente e il futuro
tante, la genuinità e trasparenza dei lo-
dio-lungo periodo è ovviamente il fine
delle loro organizzazioni.
stakeholder coinvolti nel flusso.
da vp, chief executive o senior director.
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INIZIATIVE MANAGERITALIA
dal 24 giugno al 1° luglio
TENNIS IN TERRA ROSSA 30° Torneo di tennis Manageritalia Club Med Kamarina, Ragusa, Sicilia Il torneo di tennis per gli associati Manageritalia alla sua trentesima edizione si svolgerà in Sicilia. Terra antica e meta turistica ideale per chi è in cerca di luoghi ricchi di arte, cultura, bellezze naturali e squisita gastronomia.
Soggiorno all inclusive a partire da
650 euro, viaggio escluso.
Maggiori dettagli e scheda di adesione sul prossimo numero della rivista. 30
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Prioritalia
LE CITTÀ DI DOMANI... SONO OGGI
U
N appuntamento gratificante per il lavoro ultimato quello di lunedì 12 dicembre a Milano, che ha visto una prima conclusione del progetto “Leadership civiche per le città del domani” a cura di Prioritalia, il movimento dei manager creato nel 2012 da Cida, Federmanager, Manageritalia, Fenda, Fidia e Sindirettivo centrale. È in quest’occasione che è stato presentato e consegnato alle amministrazioni locali il Working paper, un documento che racchiude le proposte di azioni per lo sviluppo delle città in tre aree – Domani digitale, open e sostenibile – oltre al racconto dell’esperienza entusiasmante e innovativa che ha portato a delineare il contributo che i manager possono dare, anche in termini di give back, per la governance delle città. Ci spiega Marcella Mallen, presidente di Prioritalia: «È un percorso promosso da Prioritalia e nato a Roma lo scorso aprile, fondato sulla partecipazione sociale e la collaborazione progettuale tra più attori della società civile, che punta ad aggregare la rete degli innovatori
Prioritalia presenta il Working paper con le proposte di azioni per lo sviluppo delle città in tre aree: Domani digitale, open e sostenibile
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Prioritalia
LEADERSHIP CIVICHE PER Le proposte di azioni per lo sviluppo delle città sono state elaborate da gruppi di lavoro formati da manager e stakeholder che hanno lavorato a partire da un’indagine qualitativa e quantitativa di G&G Associated per Prioritalia che ha analizzato un campione di mille cittadini rappresentativo della popolazione di 15 tra le principali città italiane. Si dividono in tre aree: Domani digitale, open e sostenibile.
Il Domani digitale: imprenditorialità e reti digitali Proposte di azioni alle pubbliche amministrazioni riguardanti industria 4.0, startup, incubatori d’impresa, fabLab, creativi, Csr, manifattura digitale, nanotecnologie e makers: • La città come data provider: trasformazione dei dati in digital data per sviluppare servizi al cittadino fruibili sia dal pubblico che dal privato, mettendo insieme risorse e sviluppando sinergie tra makers, startupper, creativi, imprenditori, cittadini ecc. • Innovation gym, la città dell’innovazione: creazione di spazi fisici e virtuali di collaborazione tra scuola, giovani, aziende innovative: vere e proprie palestre per stimolare l’innovazione e la creatività. • Il framework condiviso per costruire il futuro: sviluppare un’app realmente interoperabile, aperta e replicabile, che possa semplificare la vita dei cittadini con una piattaforma condivisa dove sviluppare servizi a favore dei cittadini. • Oneri di urbanizzazione digitali: prevedere una percentuale minima di oneri di urbanizzazione digitale per gli insediamenti produttivi da realizzare attraverso call a startup e incubatori e produrre app e servizi ad alto contenuto civico. • Smart ticketing: sviluppo di un sistema digitale integrato per pagamenti e servizi su trasporti pubblici e parcheggi orientati alla persona, anche in funzione di maggiore sicurezza fisica. • #Makers: comporre un censimento sullo stato dell’arte digitale a livello di città e cittadini per avere un quadro del livello di conoscenze digitali delle famiglie dei nuclei urbani.
Il Domani open: innovazione sociale e rigenerazione urbana Proposte di azioni alle pubbliche amministrazioni riguardanti open innovation, partecipazione, inclusione, design sociale, co-living, architettura paesaggistica e riqualificazione: • I poli di competenze: creazione di poli di competenze integrati per l’innovazione sociale capaci di dare maggiore consapevolezza sulle opportunità offerte dalla tecnologia. • Strumenti per connettere bisogni/opportunità/risorse: creare strumenti per facilitare
impegnati nella società e nelle imprese che vogliono mettersi al servizio della polis, della città intesa come bene comune. Prioritalia vuole svolgere il ruolo di soggetto catalizzatore in grado di mobilitare le energie di pensiero e di azione per supportare progettualità a forte impatto sociale, in grado di inci-
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dere sui nuovi modelli di sviluppo del lavoro, delle imprese e della società». E quale occasione migliore se non questa per lanciare anche il progetto Vo.La.Re, acronimo di volontariato, lavoro, responsabilità. Si tratta del primo progetto scaturito dalla piattaforma “Leader-
ship civiche per le città di domani” e si rivolge al consolidamento di startup innovative e accompagnamento e orientamento di un centinaio di inoccupati nell’area metropolitana milanese. Così Sara Bettinelli, presidente Conferenza dei sindaci dell’Alto milanese: «La collaborazione tra pubblico e pri-
Su www.prioritalia.it la versione integrale del Working paper.
LE CITTÀ DI DOMANI •
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l’interazione strategica con un focus particolare sulla creazione di relazioni concrete tra cittadini e amministrazione. Comunicazione, cittadini, politica: stimolare l’impegno delle amministrazioni nel trovare meccanismi di utilizzo dei mezzi di comunicazione che facilitino l’emersione dei bisogni e delle proposte dei cittadini. Meno vincoli per il riuso: agire a livello normativo e burocratico affinché le parti dismesse della città siano liberate da vincoli funzionali e di densità, ridurre l’effetto “finestre rotte”, i consumi energetici, riqualificare spazi comuni creando opportunità di co-housing e co-working. I luoghi dell’anima: identificazione di luoghi “espressione del passato” che possano essere riqualificati in relazione alla creazione di capitale sociale e generazionale. Mobilità sostenibile: iniziative di pianificazione e gestione integrata del trasporto su ferro e gomma sfruttando al meglio le opportunità della tecnologia.
LEADER CIVICSHHIP E PER CITTÀ DI DLOEM Piattafor
me collab
ANI
WORKIN G PAPER orative pe
r lo svilu
ppo urba
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Il Domani sostenibile: economia circolare e sostenibilità dello sviluppo Proposte di azioni alle pubbliche amministrazioni riguardanti spazi verdi pubblici, mobilità sostenibile, riconversione energetica, smartgrid, green economy, riutilizzo materiali: • Manifattura culturale: la “manifattura culturale” è importante per insediare nuove attività produttive, come nei negozi abbandonati delle nostre città al fine di favorire l’occupazione mediante il riutilizzo di spazi pubblici in stato di abbandono. • App in giro: realizzazione di un’app integrata per la mobilità che, integrando gli operatori di trasporto pubblico e privato, riesca a ottimizzare gli spostamenti nei centri urbani. • Agire: realizzazione di palestre di democrazia e di laboratori civici locali su temi come il verde pubblico e la rigenerazione e il decoro urbano per avvicinare i giovani alla pubblica amministrazione. • Bi-utility: elaborazione di un’app che incentiva il riciclo dei rifiuti in modo interattivo e attraverso meccanismi di gamification. Per ogni quantità di rifiuti riciclati, l’utente ottiene un certo numero di punti che possono essere trasformati in vantaggi concreti e misurabili per i cittadini. • Mobilitiamoci: promuovere un piano di politiche pubbliche volte a incentivare l’utilizzo di bus elettrici/navette da parte delle imprese e degli enti pubblici.
vato credo sia la strategia vincente per fare quello che è compito delle amministrazioni pubbliche locali, ovvero l’interesse del territorio e quello della comunità. L’Alto milanese si onora di essere oggetto e territorio di sperimentazione del progetto Vo.La.Re». Tra gli altri ospiti della tavola roton-
da “Piattaforme collaborative per le leadership civiche”, Roberto
presidente Aldai-Federmanager. Ha aperto i lavori Elena Buscemi,
Beccari, presidente Manageritalia Milano; Tiziana Bernardi, senior advisor Progetto Vo.La.Re.; Maurizio Betelli, direttore generale Eurolavoro-Afol ovest Milano; Roberto Panzarani, advisor Prioritalia; Bruno Villani, vice-
consigliere delegato Città metropolitana di Milano, e li hanno chiusi Roberta Cocco, assessore alla Trasformazione digitale e servizi civici del Comune di Milano e Guido Carella, presidente di Manageritalia.
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
osservatorio
LEGGE DI BILANCIO: MISURE FISCALI A FAVORE DELLE IMPRESE
D
ei contenuti della legge di bilancio per il triennio 20172020 relativi ai temi della previdenza e dell’occupazione abbiamo parlato nel numero scorso della rivista. In questo Osservatorio ci focalizziamo unicamente su quelle misure della manovra finanziaria che, rivolgendosi alle imprese, hanno come obiettivo il rilancio della crescita: il cosiddetto “Pacchetto competitività” finalizzato a rinforzare la capacità competitiva delle imprese. In questo ambito la nuova legge di bilancio conferma innanzitutto la riduzione fiscale – già prevista dalla legge di stabilità 2016 – dell’Ires, l’Imposta sul reddito delle società, dal 27,5 al 24%. Nel 2017 le società vedranno quindi una diminuzione di 3,5 punti percentuali sull’aliquota applicata al reddito imponibile. La misura interessa le società di capitali, le cooperative e gli enti non commerciali, ovvero oltre 1,2 milioni di soggetti. Vanno poi segnalate le disposizioni che favoriscono la disciplina fiscale degli investimenti in startup e pmi innovative, che possono risultare interessanti per i dirigenti che escono prematuramente dal mondo del lavoro. Dal 2017 aumenterà dal 19 al 30% la misura delle agevola-
zioni fiscali per le persone fisiche che investono in startup innovative o del settore energetico. Stessa percentuale di aliquota per le persone giuridiche che intendono investire. Per le persone fisiche viene inoltre raddoppiato il limite massimo dell’investimento su cui calcolare la detrazione, dagli attuali 500.000 euro a un milione di euro. La durata di tali incentivi diventa da temporanea a permanente. Tuttavia, le nuove norme non sono di immediata applicazione, ma si dovrà attendere l’autorizzazione della Commissione europea. Infine, una grossa novità per le piccole e medie imprese in generale, che potranno scegliere di pagare l’Iri, la nuova Imposta sul reddito di impresa con aliquota al 24%, in sostituzione dell’Irpef, che invece è un’imposta progressiva su tutto il reddito di impresa con aliquote che vanno dal 23 al 43%. Il 24% si applica sugli utili reinvestiti in impresa, mentre se le somme saranno spese al di fuori dell’investimento saranno tassate con l’imposta progressiva. L’opzione vale cinque anni ed è rinnovabile. La misura riguarderà fino a 180mila imprenditori individuali e 300mila società di persone.
VALUE@WORK. LA PERSONA AL CENTRO
È
stato pubblicato lo studio Value@Work “Ripensare il lavoro per dare valore al lavoro. La persona al centro (principi e prospettive per un nuovo modello culturale integrale di vita, famiglia e lavoro)”, promosso dall’Istituto di studi superiori sulla donna (Issd) dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Lo studio, presentato nel mese di novembre a Palazzo Massimo alle Terme, pone riflessioni e avanza proposte sulla riorganizzazione valoriale del mondo del lavoro. Parte dall’analisi di molte delle questioni etiche, economiche, sociali e culturali di cui si dibatte in questi anni e propone un nuovo umanesimo basato sulla centralità della persona e sulla valorizzazione del welfare pubblico e di quello aziendale. Si tratta di un invito a tutti gli attori sociali ed economici a condividere un modello organizzativo del lavoro per “fare sistema”. Lo studio cita anche il progetto Produttività&Benessere di Manageritalia. Gruppo di ricerca Value@Work:
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http://bit.ly/dir2-17valuework
IL RAPPORTO DELL’ISTAT “BES 2016”
L’
Istat ha pubblicato la quarta edizione del Rapporto “Bes: il benessere equo e sostenibile in Italia”, che dà conto degli indicatori economici di benessere equo e sostenibile. Quest’anno per la prima volta gli indicatori di benessere sono stati inclusi tra gli strumenti di programmazione della politica economica nazionale, come era stabilito dalla riforma della legge di bilancio. L’obiettivo è di conferire ai governi in carica una sempre maggiore consapevolezza dell’impatto che le manovre economiche avranno sulla vita dei cittadini, inizialmente “ex post” ma poi anche “ex ante”. Per raggiungere tale obiettivo è stato nominato un apposito Comitato d’indirizzo, formato da rappresentanze delle parti sociali e della società civile, che seleziona gli indicatori utili alla valutazione del benessere sulla base dell’esperienza maturata a livello nazionale e internazionale. Inoltre il ministero dell’Economia dovrà redigere due documenti annuali, con il supporto dei dati forniti dall’Istat, uno allegato al Def e l’altro da presentare al Parlamento annualmente, in cui si descriveranno l’andamento degli indicatori di benessere e le previsioni sulla loro evoluzione anche in collegamento con la legge di bilancio per il triennio in corso. In tal modo l’Istat collaborerà con il governo nell’individuare gli interventi prioritari e le principali criticità del Paese e, in prospettiva, nel prefigurare ex ante gli effetti dei provvedimenti di politica economica. Da alcuni anni si sta affermando un preciso ruolo degli indicatori di natura socio-economica o ambientali nell’orientare e influenzare le scelte di policy dei governo, che si sommano agli indicatori di natura prevalentemente macroeconomica utilizzati fino al 2010 come il pil, il tasso di inflazione o il rapporto deficit/pil. Ricordiamo che i 12 settori (domini) individuati dal predetto Comitato d’indirizzo sono la salute, l’istruzione e la forma-
zione, il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita, il benessere economico, le relazioni sociali, la politica e le istituzioni, la sicurezza, il benessere soggettivo, il paesaggio e il patrimonio culturale, l’ambiente, la ricerca e l’innovazione, la qualità dei servizi. Nel dominio “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” sono stati posti in evidenza due aspetti: i livelli di occupazione e la qualità del lavoro. Mentre la qualità del lavoro si è decisamente deteriorata in modo omogeneo sul territorio, con un conseguente rafforzamento del divario tra regioni, l’andamento dell’occupazione è stato negativo solo fino al 2013, risentendo della congiuntura economica. Dal 2015 si è registrato un netto miglioramento nel numero di occupati (tendenza proseguita nei primi due trimestri del 2016), mentre è risultato stazionario l’indice della qualità del lavoro. Il rapporto:
http://bit.ly/dir2-17bes2016
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Marketing
LO STRANO CASO DEGLI SPAGHETTI ALLA BOLOGNESE Un’originale case history sul piatto italiano più famoso al mondo ma disconosciuto dalla gastronomia petroniana Piero Valdiserra
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l MONDO GLOBALE di oggi esige che non solo i prodotti e le aziende, ma anche i territori (paesi, città ecc.) abbiano ciascuno una propria identità, una propria riconoscibilità, un proprio richiamo forte. È quello che nel marketing, da qualche decennio a questa parte, si chiama “posizionamento”1. Qualche esempio? Il Brasile è automaticamente associato al sole, al mare, al carnevale, al calcio e alla samba; Parigi è immediatamente evocata per i suoi celebri monumenti e per i suoi grandiosi boulevard, per l’eleganza delle sue boutique e per la raffinatezza della sua cucina e dei suoi vini. E così via. Queste associazioni mentali, apparentemente semplici o addirittura semplicistiche, sono in realtà molto importanti, perché spingono a decidere, ad esempio, la destinazione di un viaggio incentive d’affari o di un periodo di vacanza in base ad alcuni, potenti elementi psicologici evocati. E questi ele-
menti, se ci prendiamo la briga di andarli a vedere da vicino, scopriamo che sono quasi sempre pochi di numero, comuni a una grandissima quantità di persone, fortemente connotati e soprattutto già installati nella mentalità collettiva.
Gli stereotipi duri a morire Fermiamoci un attimo su quest’ultimo punto: gli stereotipi forti sono già dentro la nostra mente. Questo è un fatto molto rilevante, come ben
sa chiunque (manager, pubblicitario, addetto marketing o stampa, esperto di comunicazione) voglia
mettere anche solo un’idea nuova in testa alla gente, e debba quindi lottare strenuamente con i contenuti che già vi albergano. Ed è soprattutto un’opportunità, un’opportunità già pronta: perché non trarne beneficio? Queste premesse ci induco-
no a esaminare un caso molto particolare, ma non per questo irrilevante, di potenziale marketing del territorio. Quello, cioè, degli spaghetti alla
bolognese. Perché nel mondo sono chiamati così? Semplice, anche se non sempre così evidente: non tanto perché siano nati all’ombra delle Due Torri, ma perché sono conditi con quella che all’estero è conosciuta come la “salsa alla bolognese”, cioè il ragù di carne. Da sempre, gli spaghetti alla bolognese sono considerati un piatto bizzarro, fasullo, inesistente: o meglio, esistente a tutte le latitudini, confezionato nelle fogge più strane, cotto (o scotto) in ogni modo, condito con le aggiunte più strane al ragù: ketchup, maionese, salsa worcester, fagioli, piselli, acciughe, salmone, uova, patate fritte, polpette ecc. Ma inesistente, comunque, nel capoluogo emiliano, che ne rifiuta l’appartenenza alla sua gloriosa tradizione della tavola, sulla quale spiccano invece,
La globalizzazione esige che non solo i prodotti e le aziende, ma anche i territori (paesi, città ecc.) abbiano una propria identità, una propria riconoscibilità, un proprio richiamo forte
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Marketing da tempo immemorabile, le tagliatelle, i tortellini e le lasagne, e non certo gli spaghetti. Un piatto tra i più famosi, disconosciuto dai bolognesi Nonostante gli spaghetti alla bolognese non siano accolti nel salotto buono della gastronomia petroniana, hanno però due aspetti che attirano l’attenzione di chiunque si occupi di marketing del territorio. In primo luogo, hanno una diffusione planetaria: nel mondo, dalla Francia all’Iran, dalla Germania all’Ungheria, dalla Finlandia agli Stati Uniti, la loro presenza è universalmente segnalata. I motori di ricerca documentano centinaia di migliaia di occorrenze per le voci “spaghetti
alla bolognese”, “spaghetti bolognese”, “spagetti bolognese”, “spaghetti bolognaise”, “spag bol”, e chi più ne ha più ne metta. Che poi questi siano spesso intrugli che un bolognese, o più in generale un italiano, non mangerebbe mai, è un altro discorso. Ma comunque ci sono. In secondo luogo questi ineffabili spaghetti serviti in ogni parte del globo portano la città di Bologna nel nome. Gli antichi dicevano nomina sunt omina, i nomi sono presagi, cioè sono significativi di persone e cose. Oggi chi si occupa di posizionamento (di aziende, prodotti, paesi, regioni, città ecc.) sa perfettamente che un capitale conoscitivo inestimabile, compatto, evocativo, di rapida fruizione e di suggestiva emotività è rappresentato da un nome di ampia reputazione e di forte radicamento psicologico. Tutto questo è, nel mondo, la salsa alla bolognese, notissima e indissolubilmente legata ab origine al capoluogo emiliano (agli increduli suggeriamo come sempre un giro su Google). Anche se, nei fatti, i ragù che si incontra-
Per la prima volta esce un libro che raccoglie l’ormai copioso materiale pubblicato e diffuso negli ultimi anni sul controverso argomento – a carattere gastronomico, ma non solo – legato a uno dei piatti più diffusi e apprezzati nel mondo, intitolato Spaghetti alla Bolognese: l’altra faccia del tipico. Piero Valdiserra, Bologna, Edizioni Edi House, 2016.
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no viaggiando hanno poco o niente a che fare con quello preparato sotto le Due Torri… Ma questo è un altro discorso. Tirando le fila, e volendo guardare il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto, diremo che gli avventori dei ristoranti di mezzo mondo indicano senza volerlo una leva di marketing territoriale su cui forse non sempre si riflette traendone le dovute conseguenze. Per Bologna e il suo circondario gli spaghetti alla bolognese possono rappresentare il punto di partenza per una rinnovata opera di valorizzazione turistica, anche e soprattutto internazionale: costituiscono infatti un formidabile veicolo potenziale di promozione, dal momento che sono già molto noti a livello mondiale e portano nel loro nome quello della città. Si aprono a questo punto scenari di attività molto importanti, che possono essere implementati su tempi medio-lunghi. Quella che un tempo era la corporate strategy oggi può essere sempre più declinata anche in termini di city (o country) strategy2. 1. L’opera fondamentale sul posizionamento è sempre quella di Al Ries, Jack Trout, Positioning, Milano, McGraw Hill Italia, 1984. 2. Sul branding di città, regioni, nazioni vedi Simon Anholt, L’identità competitiva. Il branding di nazioni, città, regioni, Milano, Egea, 2007; Eugene D. Jaffe, Israel D. Nebenzahl, Made in…, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2008; Wally Olins, Brand New. Il futuro del branding nella società che cambia, Torino, Einaudi, 2015.
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Economia
VOLA IL WEDDING TOURISM In Italia il turismo internazionale del wedding vanta numeri importanti. Nel 2015 si arriva a un business di 400 milioni, con un aumento di quasi il 50% rispetto ai due anni precedenti Giulio Gargiullo
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L BELPAESE è meta ambita a livello internazionale, molto più di quello che gli italiani stessi pensino. Indicativo è un report che mostra come l’Italia sia vista molto meglio dal mondo che dagli italiani stessi. Fra le tante cose che funzionano veramente bene in Italia c’è il boom legato al cosiddetto wedding tourism. Il fenomeno riguarda le coppie internazionali che decidono di sposarsi in un’altra nazione rispetto a quella di appartenenza. Secondo gli ultimi dati dell’osservatorio sul wedding internazionale presentati ultimamente a Ravello (Salerno), l’Italia è la prima meta in Europa ad essere scelta dagli sposi stranieri e la seconda meta a livello mondiale, superata solo dai Tropici e dalle Hawaii. L’Italia, secondo lo stesso studio, viene scelta per le tante esperienze che vi si possono trovare: buon cibo e vino, molta cultura e arte, panorami e l’italianità che è fa-
mosa e apprezzata in tutto il mondo. Dei turisti stranieri che visitano l’Italia, il 75% decide poi di scegliere il nostro Paese come meta per il proprio matrimonio (già almeno un secondo ritorno mirato in Italia). Il fenomeno legato al turismo internazionale del wedding vanta numeri e business importanti: solo in Italia nel 2014 c’è stato un giro d’affari di 350 milioni di euro, oltre 6.200 matrimoni, con un costo medio di
50mila euro per 30 invitati. Nel 2015 aumenta il trend crescente e si arriva a un business di 400 milioni, con un aumento di quasi il 50% rispetto ai due anni precedenti. Nel 2015 la permanenza media delle coppie internazionali nel nostro Paese è stata di 3,5 giorni e nel 90% dei casi le coppie hanno scelto l’Italia per rimanere per la luna di miele.
niale sono il web e i social network per il 40,2% dei casi. A seguire, il passaparola (18,1%), i referenti locali (15,4%), le agenzie di viaggio (12,2%), le riviste (8,3%), le fiere (3,1%) e altro (2,8%). È chiaro che è necessario poter attrarre e promuovere le proprie attività legate al mondo del matrimonio con strategie mirate di digital marketing internazionale, possibilmente multicanale, che
re matrimoniale c’è quella di promuovere le location che si hanno a disposizione, sia da parte della proprietà che da parte delle wedding planner. Sempre secondo i dati di Jfc Tourism & Management, le coppie internazionali che intendono sposarsi in Italia preferiscono alcune tipologie di location: hotel & relais (29,6%), ville (19,3%), altro (15,6%), castelli e fortezze (14,8%), agriturismi (11,1%), pa-
Gli strumenti di promozione Fondamentale è la mappatura degli strumenti di promozione nel settore wedding: secondo uno studio di Jfc Tourism & Management il canale principale di promozione del turismo matrimo-
sappiano “accompagnare” la coppia dal paese di provenienza verso l’Italia.
lazzi (9,6%). Anche da queste informazioni possiamo individuare alcuni potenziali clienti di tipo high spender. Molti di questi ultimi sono facilmente individuabili, per esempio, seguendo le indicazioni del Tax
Le location preferite Fra le opportunità da cogliere per gli addetti ai lavori del setto-
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Economia
Strumenti di promozione 40,2% 18,1%
Web/social
15,4%
Passaparola
12,2%
Referenti locali
8,3%
Agenzie di viaggio
3,1%
Riviste Fiere
2,8%
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Le mete più ambite Le mete più ambite in Italia per il grande giorno? La Toscana (43%), la Costiera Amalfitana (38%), l’Umbria (8%), Venezia e i Laghi (6%). Negli ultimi anni vengono particolarmente apprezzate la Puglia e la Sicilia. Molte le manifestazioni in Italia legate al mondo wedding, soprattutto di tipo b2b. Lo scorso novembre, in particolare, si è tenuto il principale evento b2b legato al wedding in Italia: la terza edizione di Bmii - Borsa del matrimonio in Italia. Decine e de-
Location preferite
29,6%
19,3%
14,8%
Hotel e relais
Ville
Castelli e fortezze
11,1%
9,6%
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Agriturismi
Palazzi
Altro
free shopping incrociandole con altri dati rivelatori. Wedding e professionalità Molto interessante il business che ruota attorno al wedding e le sue
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professionalità: 52.600 operatori del settore, tra questi soprattutto wedding planner (circa 3.150, alcuni con sede all’estero), fotografi (7.300), floral designer (2.200), filmmaker (1.200) e 8.200 location.
cine di incontri one-to-one fra addetti ai lavori del settore matrimonio che hanno mostrato le migliori proposte del Belpaese con wedding planner e buyer provenienti da tutto il mondo.
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Responsabilità sociale
ITALIA VIRTUOSA Le politiche di sostenibilità diventano elemento decisivo per lo sviluppo delle aziende. A Bologna il V Convegno internazionale sulla Corporate social responsibility Eliana Sambrotta
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L BILANCIO INTEGRATO, ovvero il valore strategico delle informazioni non finanziarie in azienda, è stato il tema centrale del quinto convegno internazionale sulla Corporate social responsibility che, ormai dal 2011, vede collaborare Italia e Spagna su un tema che è sempre più d’attualità. Il convegno si è tenuto il 25 novembre scorso e questa volta è stata Bologna a ospitare la delegazione spagnola in visita, visto che come consuetudine lo scambio prevede che l’evento si svolga un anno in Italia e uno in Spagna. Dunque una giornata molta intensa che ha visto alternarsi personaggi accademici e rappresentanti di aziende di entrambe le nazionalità per portare esempi virtuosi o discutere in tavole rotonde dell’importanza della rendicontazione non finanziaria e degli strumenti per comunicare la sostenibilità. Special guest della giornata il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti, che ha chiuso l’incontro contestualizzando l’impegno dei manager e delle aziende in un mondo che a livello ambientale non potrà mai avere confini né frontiere: tutti siamo re-
sponsabili allo stesso modo e tutti ne subiamo effetti positivi e negativi allo stesso modo. L’evento è stato organizzato con il patrocinio di Manageritalia, Fondazione Alma Mater e Università Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Associazione italiana analisti e consulenti finanziari e Prioritalia. Un impegno sempre più attuale Come ben riassunto a fine giornata dal ministro Galletti, le politiche di sostenibilità, siano esse ambientali, sociali o di governance, diventano elemento decisivo per lo sviluppo delle aziende e i manager hanno un ruolo chiave in questo processo. Il passaggio che ci sta vedendo protagonisti dall’economia lineare all’economia circolare sarà infatti la grande sfida sulla quale si giocherà la partita della competitività delle aziende in futuro. A conferma di queste argomentazioni ci viene incontro uno studio Nielsen che ha coinvolto 30mila consumatori in 60 paesi, secondo cui nel 2015 il 66% dei consumatori mondiali era disposto a pagare di più per prodotti e servizi di aziende che si impegnano ad avere
il 45% dei consumatori globali contro il 58% dei consumatori disposti a pagare di più. Allo stesso modo davanti al fattore d’acquisto “il prodotto è di un’azienda nota per il suo impegno nel sociale” lo acquista il 43% dei consumatori globali contro il 56% dei consumatori disposti a pagare di
Nel 2015 il 66% dei consumatori mondiali era disposto a pagare di più per prodotti e servizi di aziende che si impegnano ad avere un positivo impatto sociale e ambientale un positivo impatto sociale e ambientale. Un notevole incremento, visto che nel 2013, appena due anni prima, erano il 50%. La crescita rapida è dovuta probabilmente a un fattore generazionale: infatti un altro dato del 2014 del medesimo studio ci dice che il 51% dei millennials dice di guardare il packaging del prodotto alla ricerca di informazioni sulla sostenibilità prima di procedere nell’acquisto. È chiaro che più questi ragazzi crescono più vanno a infoltire considerevolmente le fila dei novelli (e più coscienziosi) consumatori! Sempre l’indagine Nielsen ci svela che tra i vari fattori correlati alla
sostenibilità che influenzano l’acquisto di un prodotto ce ne sono due in particolare che vedono una significativa differenza tra i rispondenti in generale e quelli che già avevano affermato di essere disposti a pagare di più per prodotti di aziende che strizzano l’occhio alla Csr. Davanti al fattore d’acquisto, “il prodotto è di un’azienda nota per essere eco-friendly”, lo acquista
più per avere comunque quel prodotto. Gli altri driver d’acquisto non si discostano così tanto tra le due tipologie di consumatori, forse perché vanno a incidere maggiormente sul consumatore in sé e sulla sua esperienza di consumo (“il prodotto è noto per i
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Responsabilità sociale
La parola a Gian Luca Galletti ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare
La sostenibilità diventa parametro di valutazione anche per gli investitori finanziari: siamo sulla buona strada? «Sì, sempre di più l’aspetto ambientale diventa determinante per la crescita anche economica delle aziende. Lo diventa perché c’è una nuova consapevolezza da parte dei consumatori che sempre più danno importanza a questa parte, ma non solo: anche quello che è capitato nel 2015 a livello globale, penso all’Enciclica del Papa, ai nuovi obiettivi al 2030 sulla sostenibilità ap-
provati dall’Onu, penso soprattutto al grande Accordo di Parigi, fa sì che le politiche di sostenibilità diventino un elemento determinante per lo sviluppo delle aziende. E non parlo solo delle green. Il passaggio dall’economia lineare all’economia circolare sarà la grande sfida sulla quale si dovranno misurare tutte le aziende e sulla quale si determinerà la competitività di ognuna di loro. Per questo i parametri finanziari diventano sempre più attenti alla sostenibilità: perché la produttività delle aziende è collegata anche alla sua capacità di essere sostenibile».
ne di energia rinnovabile tra le più elevate al mondo. Oggi il 40% dell’energia elettrica che produciamo proviene da fonti rinnovabili: è quasi un record assoluto. Ma siamo virtuosi in tanti altri settori, nello smaltimento rifiuti per esempio… E oggi lo siamo anche da un punto di vista legislativo. In questa ultima legge di bilancio c’è una norma che riguarda proprio l’economia circolare nel piano industriale del Paese: tutte le aziende che investiranno in economia circolare godranno del superammortamento del 250%. È un grande salto culturale ed economico».
A livello di sostenibilità ambientale delle aziende in Italia come siamo messi in generale e in confronto ai paesi più virtuosi? «Noi siamo tra i paesi più virtuosi in campo ambientale. Lo siamo perché abbiamo una percentuale di produzio-
Qual è il ruolo dei manager nel miglioramento della sostenibilità delle loro aziende? «È determinante. I manager fanno l’azienda, i manager conducono l’azienda, a loro chiedo di avere una cultura, una morale e un’etica di sostenibilità».
suoi benefici salutistici, il prodotto è fatto con materiale naturale o organico, l’azienda che lo produce si impegna in prima linea nella mia comunità/a livello locale…”). E i manager? Tema specifico del convegno era proprio il ventaglio di strumenti
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per la rendicontazione non finanziaria, dal rating sociale al bilancio di sostenibilità a quello integrato. Ma quanto sono preparati e consapevoli i manager italiani? Secondo un’indagine di Manageritalia effettuata su un campione di 1.500 dirigenti nel 2015, solo il 19% era a conoscenza della direttiva europea n. 95/2014 sulla comunicazione
delle informazioni non finanziarie che doveva essere recepita entro il 1° gennaio 2017. Sempre nel 2015 questi erano i settori ritenuti più importanti tra quelli indicati dalla direttiva: lotta alla corruzione attiva e passiva (59%), informazioni sociali (17%), informazioni sul rispetto dei diritti umani (10%) e informazioni ambientali (7%).
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La nostra hŶŝƚă KƉĞƌĂƟǀĂ Ěŝ ŽƌƚŽƉĞĚŝĂ Ğ ƚƌĂƵŵĂƚŽůŽŐŝĂ esegue ŝŶƚĞƌǀĞŶƟ ĐŚŝƌƵƌŐŝĐŝ Ěŝ ƉƌŽƚĞƐŝ͕ ĐŽŶ ĂůƚĂ ƉƌŽĨĞƐƐŝŽŶĂůŝƚă͕ ƐƚƌƵŵĞŶƚĂnjŝŽŶŝ Ğ ƚĞĐŶŝĐŚĞ ŵŽĚĞƌŶĞ e rivolge ůĂ ŵĂƐƐŝŵĂ ĂƩĞŶnjŝŽŶĞ Ă ƚƵƩĞ ůĞ ĞƐŝŐĞŶnjĞ ĚĞů paziente.
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Management
TEMPORARY MANAGER AI RAGGI X Come si posizionano i manager italiani rispetto a quelli internazionali? Un confronto attraverso un’indagine promossa e gestita da Smw, Senior Management Worldwide Maurizio Quarta
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HI È il temporary manager? Qual è il suo profilo e quali le sue modalità operative? Lo spunto per una risposta a queste domande viene dalla presentazione dei risultati di un’indagine internazionale condotta da Smw, Senior Management Worldwide, uno dei gruppi più anziani e a maggiore copertura internazionale con un bacino potenziale di oltre 50mila manager. Gli obiettivi di fondo sono far conoscere alle aziende utilizzatrici atteggiamenti, aspettative e modus operandi dei manager attraverso cui gestire progetti di cambiamento e permettere ai manager italiani di confrontarsi con le realtà europee più avanzate fornendo, a coloro che intendono avvicinarsi alla professione, utili parametri di riferimento. Entriamo ora nel vivo dell’analisi comparata.
ta a un bacino caratterizzato da un’elevata seniority anche anagrafica. Non a caso si dice che il temporary management è una professione per over 50. L’indagine conferma in pieno questo fatto, con il 74,8% del campione costituito da over 50, cui l’Italia si allinea con il suo 78%. Il temporary management sembra essere ovunque un mestiere per soli uomini: a livello globale la percentuale femminile è pari al 14%, l’Italia è in retroguardia con un misero 8%, cui fanno da contraltare Gran Bretagna, Cina e Polonia vicine al 30%.
Età e genere Il temporary manager vende esperienza, cosa che naturalmente por-
L’esperienza Nonostante il temporary management sia partito nel 1987, l’Italia
appartiene alla fascia dei paesi in cui una grossa percentuale di manager si colloca in fase di avvio nella professione. Infatti, ben il 59% degli italiani ha un’esperienza come temporary manager inferiore ai quattro anni (contro il 33% del campione totale), con solo il 22% oltre i dieci anni, a differenza di paesi più evoluti dove le proporzioni sono esattamente opposte (Uk e Belgio). Giorni medi lavorati nell’ultimo anno Una misura del successo personale come temporary manager è certamente il tasso di occupazione, ovvero dei giorni lavorati su base
L’indagine È stata condotta su una popolazione di oltre 13mila manager in 12 paesi (Austria, Germania, Belgio, Svizzera, Uk, Danimarca, Svezia, Polonia, Ungheria, Francia, Cina e Italia) con lo scopo di chiarire chi sono i temporary manager e cosa fanno. Il totale dei manager rispondenti è stato di 1.243. L’Italia ha contribuito con le risposte di 152 temporary manager, su un totale di circa 800 manager contattati (una delle redemption in assoluto più alte). La parte italiana è stata chiusa al raggiungimento dei 150 rispondenti, onde evitare di sovrappesarla in rapporto al suo reale peso rispetto agli altri paesi.
Totale* oltre 13.000 Italia circa 800
Manager contattati Totale* 1.243
Manager rispondenti
Italia 152
Identikit del temporary manager Il profilo generale medio che emerge dall’indagine * Paesi coinvolti: Austria, Germania, Belgio, Svizzera, Uk, Danimarca, Svezia, Polonia, Ungheria, Francia, Cina e Italia ci parla di manager intorno ai 53 anni, con almeno tre anni di esperienza come temporary manager, impegnati per circa 200 giorni all’anno (il 66% della popolazione occupato su un progetto al momento della rilevazione), il 55% in ruoli c-level.
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Management annua. Così come uno dei rischi principali della professione è quello delle pause, sempre possibili in un mestiere per definizione flessibile. In Italia, la metà dei rispondenti è stata impegnata per meno di 100 giorni nell’anno precedente l’indagine, a fronte di quote molto elevate oltre i 200 giorni in Uk (47%), Belgio (70%) e Germania (40%).
Per molti manager di elevata seniority e con posizioni personali economico-finanziarie iper-solide, la motivazione a lavorare su progetti specifici è quasi per nulla economica, ma soprattutto di soddisfacimento di bisogni personali
Per leggere correttamente il dato va però ricordato che per molti manager di elevata seniority e con posizioni personali economico-finanziarie iper-solide, la motivazione a lavorare su progetti specifici è quasi per nulla economica, ma soprattutto di soddisfacimento di bisogni personali di alto livello. Per dirla utilizzando la scala di Maslow: autoaffermazione, desiderio di tenersi “vivi”, necessità di scaricare adrenalina, autogratificazione ecc. Molti di questi mana-
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ger fanno un progetto quando gli piace e magari lo alternano a occupazioni personali e familiari. Cambiamenti nel mercato individuale Il proprio mercato “personale” è visto stabile/in crescita dal 75% del campione complessivo, mentre i manager italiani sono fermi al 62%. Migliore la visione sui 12 mesi, dove l’Italia è al 70% contro il 76% del campione totale. Interessante il dato sui compensi: mentre solo il 18% del campione ne riscontra una diminuzione, per l’Italia questo valore sale al 35%. Una possibile seppur parziale spiegazione è il gran numero di manager in cerca di lavoro presenti sul mercato e che tendono ad abbassare i compensi per rientrare nel mercato del lavoro. Contrattualmente parlando, il potere si è spostato dal lato della domanda. Va anche specificato che solo il 6% dei manager italiani riscontra un aumento, unico caso a una cifra tra tutte le nazioni del campione, di fronte ad aumenti nel 28% e 30% dei casi in Uk e Germania. Temporary o permanent? Oggi è uno dei temi più delicati, vista l’attuale congiuntura sfavorevole nel mercato del lavoro. Infatti, il temporary manager sembra essere una sorta di ultima spiaggia per molti dirigenti in mobilità, che scoprono una vocazione improvvisa per la professio-
ne, e che lo vedono come un modo per rientrare nel mercato del lavoro, poco consci del fatto che essere stato un buon dirigente è condizione necessaria ma non sufficiente per essere un buon temporary. È peraltro legittimo che molti manager possano valutare positivamente anche un ruolo permanent: alla domanda se possano essere interessati a tali ruoli, il 43% del campione risponde positivamente (in Italia ancora meno con il 41%). Essendo la popolazione intervistata tendenzialmente di manager che operano già come temporary, la percentuale potrebbe apparire molto elevata: bisogna però tenere conto che ci sono paesi dove il temporary è in sviluppo (e quindi offre ancora limitate opportunità a chi fa questo mestiere) e altri dove invece ha raggiunto la piena maturità e dove quindi il commitment per la professione è decisamente molto più elevato (ad esempio Germania con il 72% e Uk con il 68%). Tipologia di ruoli ricoperti Questo specifico aspetto vede i manager italiani allineati quasi perfettamente con i colleghi esteri sia per quanto riguarda gli incarichi a livello di board (componente esecutivo 37%, presidente 15%, advisory/supervisory role 34%), sia per quanto riguarda la tipologia di incarichi a livello più generale (52% a livello di board – il dato include i cfo – 24% come manager di linea, 24% a livello di ned.
me il tipo di esperienza funzionale prevalente, indipendentemente dal ruolo ricoperto nell’ambito di un progetto (ad esempio un manager di estrazione finanziaria che opera come direttore generale o amministratore delegato). Come era lecito attendersi a priori, il peso delle pmi è molto rilevante (grafico 2). Va rimarcata la sensibile differenza di peso delle aziende sopra i 200 milioni: l’Italia, con il suo 18%, è ben lontana dagli altri grandi paesi europei (Germania, Svizzera e Belgio ben oltre il 35%, ma anche Francia e Uk oltre il 27%).
Scendendo ulteriormente nel dettaglio, il grafico 1 illustra le macro aree di competenza, che non pre-
sentano grandi difformità rispetto ai dati internazionali. Va sottolineato che il grafico espri-
Durata dei progetti Gli italiani paiono lavorare mediamente su progetti più lunghi: i progetti minori di sei mesi sono oltre il 29% sull’internazionale, contro meno del 25% italiano; i progetti superiori ai nove mesi sono circa il 47% a livello internazionale, contro il 65% italiano (grafico 3). La conferma indiretta viene anche dal dato relativo al numero di incarichi degli ultimi tre anni (vedi grafico 4), per cui gli italiani hanno lavorato su 1-2 progetti nel 62% dei casi contro il 53% del campione complessivo. Il peso del parttime è maggiore in Italia (33%) rispetto all’estero (25%). I dati italiani sulla durata collimano con le risultanze dell’indagine dello scorso anno sulle aziende, da cui è utile richiamare qualche considerazione aggiuntiva. La durata è prevalentemente (oltre 40%)
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Management quella 6-12 mesi, con punte oltre il 65% nelle aziende tra 20 e 100 milioni. Significativi anche i progetti oltre i 24 mesi e quelli sotto i 6 mesi nelle aziende più grandi (25% in entrambi i casi). Il caso di progetti lunghi si spiega soprattutto con il fatto che molti nascono con un orizzonte di 12-18 mesi, ma hanno spesso un’opzione di continuazione a favore dell’azienda, che altrettanto spesso la esercita portando la durata effettiva ai 24 mesi rilevati. I progetti molto corti sono legati soprattutto a operazioni straordinarie, a loro volta legate alla preminenza di tematiche di crisi e ristrutturazioni. Compensi attesi Gli italiani sembrano costare meno. Oltre il 42% degli intervistati si
trova nella fascia di compensi più bassa (660-800 euro/giorno), la percentuale negli altri paesi è de-
cisamente sotto il 30% (esclusa la Polonia). Mentre oltre il 50% di svizzeri e tedeschi sta nelle fasce di compensi sopra i 1.200 euro (grafico 5). Il proprio marketing Un buon temporary manager viene spesso descritto come una micro azienda che vende competenze e che come tale deve fare il proprio marketing. Uno dei modi è certamente quello di creare contatti con le società specializzate. A livello complessivo i temporary manager mantengono regolari contatti con 1-3 società nel 58% dei casi, con 3-6 nel 27%, con oltre sei società nel 16%. Il marketing “all’italiana” risente del basso numero di operatori specializzati presenti: l’82% ha rapporti con 1-3
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società e solo il 2,8% con più di sei. Sempre in termini di canali di mercato, il 50% del campione ritiene estremamente importante il rapporto con società specializzate e intermediari e il 75% la creazione di una buona rete di contatti personali. Le associazioni manageriali dedicate sono ritenute estremamente importanti solo nel 14% dei casi. Molto bassa anche l’utilità attribuita ai social media in genere. Le qualità principali che una società deve avere sono: elevati standard operativi e di qualità verso il cliente e verso il manager; track record e referenze clienti; rete internazionale.
SMILE,
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Previdenza
LE CONDIZIONI DI VITA DEI PENSIONATI Sono 16,2 milioni i pensionati nel 2015, con un reddito medio lordo di 17.323 euro. Inferiore l’assegno per i nuovi pensionati. Questo quanto emerge dagli ultimi dati Istat
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L’
ISTAT, a metà dicembre, ha pubblicato un Focus sulle condizioni di vita dei pensionati che risulta molto dettagliato in quanto le informazioni derivanti dal Casellario centrale dei pensionati sono state integrate con i risultati dell’Indagine campionaria su reddito e condizioni di vita dei cittadini e della Rilevazione sulle forze di lavoro. Nel 2015 i pensionati presenti nel Casellario centrale dei pensionati sono circa 16,2 milioni e percepiscono in media 17.323 euro.
L’integrazione dei dati del Casellario con quelli della rilevazione Eu-Silc, possibile per il 2014, consente di stimare il reddito pensionistico netto dei pensionati residenti in Italia, che è di 13.760 euro annui. Le ritenute fiscali incidono in media per il 18,6% (+1% rispetto all’aliquota effettiva 2013); l’aliquota sale al 21,4% per i pensionati di vecchiaia e anzianità, scende al 14,8% per quelli di reversibilità e non supera il 12,3% per i beneficiari di trattamenti d’invalidità ordinaria o indennitari. Scende il numero dei pensionati Tra il 2014 e il 2015 il numero di pensionati scende di 80mila unità. Negli ultimi due anni, infatti, così come nel biennio precedente, i nuovi pensionati (quelli che hanno iniziato a percepire una pensione tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015) sono meno numerosi dei pensionati cessati, quelli cioè che nello stesso periodo hanno smesso di percepire trattamenti (641mila contro 721mila). Le donne sono il 52,8% e ricevono in media importi di circa 6mila euro inferiori a quelli maschili. I redditi dei nuovi pensionati sono
mediamente inferiori a quelli dei cessati (15.197 contro 16.015 euro) e ai redditi dei pensionati sopravviventi (17.411 euro). Il cumulo di più trattamenti pensionistici sullo stesso beneficiario è meno frequente tra i pensionati di vecchiaia (cumula più trattamenti il 27,6%), mentre è molto più diffuso tra i pensionati superstiti (67,4%), in grande maggioranza donne (86,9%). Nel 2015 i pensionati che risultano occupati sono 442mila (-14,3% rispetto al 2011), uomini in tre casi su quattro. In relazione alla professione esercitata, circa il 41% ne svolge una qualificata, il 31% è operaio, circa un quarto è impiegato e appena il 3,4% ha una professione non qualificata. Le famiglie con pensionati Le famiglie con pensionati sono stimate in 12,4 milioni: per quasi i due terzi di queste i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile. La stima del reddito netto medio delle famiglie con pensionati è di 28.410 euro, circa 2mila euro inferiore a quello delle famiglie senza pensionati (pari a 30.460 euro). Nel 2015 quasi la metà dei pensionati non ha un titolo di studio o possiede al massimo la licenza elementare, appena un quarto ha conseguito il diploma. Se il pensionato possiede un titolo di studio pari alla laurea, il suo
Dati Inps sulle nuove pensioni liquidate nel 2016 L’Osservatorio Inps sul Monitoraggio dei flussi di pensionamento, diffuso il 2 gennaio scorso, riporta che le nuove pensioni liquidate dall’Inps nel 2016 sono state 443.477, con un calo del 22,19% rispetto al 2015 (570.002). Va ricordato come nell’anno siano scattati sia l’aumento dell’aspettativa di vita (4 mesi per tutti) sia i nuovi requisiti per le donne (passaggio da 63,9 anni a 65,7). Nel secondo semestre la tendenza si attenua (il calo era del 34%) poiché accedono alla pensione coloro che sono stati bloccati nei primi mesi. Il calo maggiore riguarda il pensionamento di vecchiaia (-30,2%). Per saperne di più vedi: http://bit.ly/dir2-17inps
reddito lordo pensionistico (circa 2.660 euro mensili) è più che doppio di quello delle persone senza titolo di studio o con al più la licenza elementare (1.160 euro). Nel 2014 il rischio di povertà tra le famiglie con pensionati è più basso che nelle altre famiglie (stima pari al 16,5% contro il 22,5%). In molti casi il reddito pensionistico sembra dunque proteggere da situazioni di forte disagio economico. Le pensioni ai superstiti nell’86,9% dei casi sono erogate a donne, grazie alla loro più elevata speranza di vita: gli importi medi sono più alti rispetto a quelli degli uomini (9.007 euro contro 5.766), essendo l’importo del trattamento legato al pregresso contributivo del coniuge defunto. Gli anni di contributi versati dai lavoratori dipendenti e autonomi al momento del pensionamento sono, in media, pari rispettivamente a 33,2 e 33,6 (35 anni in media per entrambi).
Contrazione dell’occupazione I dati di fonte Forze di lavoro consentono di descrivere le dinamiche del mercato del lavoro e di analizzare gli andamenti rispetto a numerose caratteristiche socio-demografiche. La crisi economica del 2009 ha generato una forte contrazione dell’occupazione che ha interessato in particolare la componente maschile e le fasce di età giovani e adulte. Nel periodo 2011-2015 il calo complessivo dell’occupazione (-133mila unità) è stato determinato esclusivamente dagli occupati fino a 59 anni, che sono diminuiti di quasi 700mila unità (-3,3%). Gli occupati con almeno 60 anni sono invece cresciuti di 563mila unità (+48,2%), con incrementi percentuali più elevati per le donne. Questi andamenti derivano anche dalla riforma Fornero introdotta a partire dal 2012 che, attraverso l’inasprimento dei requisiti anagrafici e contributivi, ha indotto per via normativa a un prolungamento delle carriere lavorative.
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DI BUON GRADO Piero Valdiserra
grado
Cari lettori, con questo numero della rivista termina con grande rammarico la rubrica “Di buon grado” affidata a Piero Valdiserra, venuto improvvisamente a mancare il 6 gennaio scorso a soli 59 anni. Grande esperto di marketing ed enogastronomia, collaborava con la nostra rivista dal 2006. Da poco è uscito il suo ultimo libro di marketing Spaghetti alla bolognese: l’altra faccia del tipico (vedi articolo a pagina 36). Grazie della tua professionalità, Piero, ci mancherà questo appuntamento mensile con il tuo buon gusto.
IL LUGANA
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L’
L’area di produzione del Lugana è la pianura che si estende a ridosso della costa meridionale del lago di Garda, sulle pieghe moreniche delle colline che si delineano fra Desenzano e Peschiera, a cavallo delle province di Brescia e Verona. Sono i suoli che al tempo dei romani erano coperti dai boschi acquitrinosi della Silva Lucana, dalla quale il vino prese poi il suo nome. Pian piano la selva fu disboscata per utilizzarne la legna e nel Quattrocento l’intera area fu finalmente bonificata dai veneziani. Da allora la vite si diffuse molto rapidamente, fino a diventare la coltivazione più importante di tutta la zona. Nel 1967 al Lugana è stata attribuita la denominazione di origine controllata, il cui disciplinare è poi stato modificato più volte nel corso degli anni. Anche se è stato uno dei primi vini italiani a potersi fregiare della doc, il Lugana è rimasto per molto tempo una produzione sostanzialmente di nicchia. È solo negli ultimi 10-15 anni che è riuscito a conquistarsi un posto di tutto rispetto nel panorama enologico nazionale e internazionale. Anzi, la sua è oggi diventata la storia di autentico successo commerciale: la sua produzione viene infatti regolarmente prenotata ancora prima della fine della stagione e le sue vendite crescenti sono destinate per oltre i due terzi ai mercati esteri (Germania in primis). Anche se il disciplinare di produzione consente la presenza di vitigni complementari non aromatici per una quota del 10%, oggi i produttori di Lugana tendono a utilizzare esclusivamente un biotipo locale di Trebbiano chiamato Turbiana (o Trebbiano di Lugana). Meno produttiva rispetto alla media degli altri
Trebbiano nazionali, questa varietà si adatta perfettamente alle argille stratificate di origine morenica e di natura sedimentaria, prevalentemente calcaree e ricche di sali minerali, che caratterizzano la bassa gardesana. Il microclima, influenzato positivamente dalle brezze temperate del lago di Garda, è mite e abbastanza costante, con poche escursioni di temperatura fra il giorno e la notte: una “culla termica” perfetta per valorizzare le peculiarità di un’uva particolare come la Turbiana. Il Lugana fresco, d’annata, vinificato in acciaio, è il motore produttivo di tutta la denominazione, il suo “mattone” fondamentale: la sua produzione copre infatti circa il 90% della doc. Marcato indelebilmente dal suo territorio d’origine, il vino ha un colore giallo paglierino tenue, con riflessi verdognoli che col tempo assumono sfumature dorate. Il suo profilo olfattivo è caratterizzato da accenni delicatamente floreali e da note di mandorle, di agrumi e di frutta tropicale fresca. Al palato la sua energia acida gli conferisce freschezza e contrasto, mentre la sua sapidità minerale gli assicura vigore e tensione prolungata nel finale. Oltre che nella tipologia base, il Lugana è oggi prodotto anche nelle versioni Superiore, Riserva, Vendemmia Tardiva e Spumante (sia con il metodo Charmat sia con il metodo classico). Il Lugana giovane è stuzzicante come aperitivo, pregevole sugli antipasti magri e particolarmente indicato sui risotti, sul pesce di lago, sulle frittate e sulle torte di verdura. Le versioni più evolute accettano abbinamenti più impegnativi, come i primi di pasta con sughi elaborati, le carni bianche e i formaggi molli e non troppo stagionati.
ARTE Claudia Corti
U Giuditta e la fantesca Abra, olio su tela, 1613, Firenze Galleria degli Uffizi.
arte
L’ARTE DELLE DONNE: ARTEMISIA GENTILESCHI DOVE Artemisia Gentileschi e il suo tempo Roma Palazzo Braschi fino al 7 maggio
Un talento artistico fuori dal comune, solo in parte ereditato dal padre Orazio e alimentato con tanto impegno e studio, e un secolo scomodo, il diciassettesimo, per esprimerlo! Curiosa, ambiziosa, determinata e instancabile, Artemisia Gentileschi era nata nel 1593 nella Roma del Caravaggio e del rinnovamento artistico. Cresciuta senza madre e all’ombra di un padre padrone, a 18 anni era stata vittima dell’esperienza peggiore per una donna, lo stupro a opera di Agostino Tassi, pittore anch’egli, a cui la ragazza era stata affidata perché la aiutasse a perfezionare la prospettiva. Forte e determinata come non mai, Artemisia aveva deciso di denunciare il Tassi, subendo l’ulteriore violenza di un processo in cui era stata insultata e torturata sia fisicamente che psicologicamente e che, nonostante ciò, si era concluso con la condanna del Tassi. Eppure, benché vittima anche legalmente riconosciuta, aveva dovuto ricominciare la sua vita lontana da Roma lasciandosi alle spalle le maldicenze e il disonore, solo in parte sanato da un matrimonio combinato con lo squattrinato pittore fiorentino Pierantonio Stiattesi. Una vita avventurosa e complessa, a volte tormentata e dolorosa, ma anche costellata da innumerevoli successi: da Roma a Firenze, da Napoli
a Londra, in una parabola ascendente che vede lei, una donna nel diciassettesimo secolo, trasformarsi da semplice pittrice a imprenditrice titolare di una fiorente bottega. Forte e sicura di sé, Artemisia è molto simile alle eroine delle sue tele, donne che non si arrendono a un destino a cui sembra naturale dover soccombere. Donna coraggiosa come Giuditta: determinata a liberare la sua città dall’assedio degli Assiri, la giovane Giuditta, facendo leva sulla sua bellezza, attirò in un tranello il generale Oloferne e con l’aiuto della domestica Abra lo uccise decapitandolo. Nell’opera conservata agli Uffizi osserviamo il momento immediatamente successivo all’omicidio, quando la testa è stata riposta in una cesta per essere abbandonata altrove e Giuditta, per nulla intimorita dalla situazione a cui certamente non è abituata, né tantomeno in preda a una crisi di nervi, stringe forte la spada con cui per la prima volta ha ucciso un uomo e appoggiandola con gesto deciso su una spalla guarda verso una zona imprecisata fuori dal quadro, quasi a dire alla domestica che l’ha assistita «non ci ha viste nessuno, andiamocene!». Coraggiosa e decisa Artemisia, come le sue eroine e tutte quelle donne che con orgoglio e dignità cadono e si rialzano ogni giorno.
CURIOSITÀ Donna tormentata e dalla vita complicata, Artemisia fu protagonista di una bellissima storia d’amore, clandestina quanto profonda, che durò oltre vent’anni e si concluse solo con la morte dell’amato, il nobile fiorentino Francesco Maria Maringhi.
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LIBRI Davide Mura
Intelligenti ma infelici L’autrice, celebre psicologa francese, studia da anni la plusdotazione intellettiva degli adulti: una condizione quasi impossibile da diagnosticare e che riguarda in realtà un numero altissimo di persone. Caratteristica peculiare di questi soggetti, oltre all’iperattività cerebrale, l’ipersensibilità emotiva: quindi nervosismo, tendenza alla depressione, empatia eccessiva e amplificata reattività emotiva. Come può un’intelligenza sopra la media essere un peso da portare anziché un dono di cui essere fieri? Com’è possibile che ostacoli, anziché favorire, la nostra felicità? E come invece possiamo sfruttare al massimo il nostro sentire fuori dal comune? L’intelligenza è una grandissima forza, certo, ma anche un continuo, estenuante interrogarsi che può generare sofferenze, incomprensioni, derive esistenziali. Troppo intelligenti per essere felici, Jeanne Siaud-Facchin, Rizzoli, pagg. 322, 20.
Benvenuti in Abistan Un impero immenso, quello dell’Abistan, che prende il suo nome dal profeta Abi, emissario di Yölah sulla terra. Il suo sistema si fonda sull’amnesia e la sottomissione a un dio unico. Ogni pensiero personale è bandito, un sistema di sorveglianza onnipresente permette di conoscere le idee e le azioni devianti. Ufficialmente, il popolo vive nella felicità della fede senza porsi troppe domande. Il personaggio centrale, Ati, mette in dubbio queste certezze assolute e si lancia in una ricerca sull’esistenza di un popolo di rinnegati che vive all’interno di ghetti senza il ricorso alla religione. Il libro di Boualem Sansal disegna un futuro distopico, sulla scia di grandi classici del genere, come 1984 di Orwell. L’obiettivo è puntare i riflettori sulle derive del fanatismo religioso e allo stesso tempo su quelle del politically correct. 2084, la fine del mondo, Boualem Sansal, Neri Pozza, pagg. 254, 19,50.
dall’ESTERO
Obiettivo tranquillità
libri
Nella società contemporanea cresce in numero vertiginoso la percentuale delle persone depresse. Uno dei rimedi a cui si fa spesso ricorso è la meditazione e in particolare quella mindfulness. Questa guida pratica e accessibile per il grande pubblico, scritta dall’esperto David Fontana, mostra come questa pratica sia in grado di alleviare stress e ansia, incoraggi il rilassamento mentale e fisico profondo, faccia sviluppare la creatività. Fontana, insegnante di meditazione, presenta più di 20 tipologie della pratica sotto forma di esercizi e visualizzazioni, accompagnando il lettore passo dopo passo verso un benessere intenso in forma olistica (mente e corpo). Ricorrendo alle tradizioni della meditazione zen e del buddismo tibetano, l’autore presenta un programma eclettico e pratico per l’autorealizzazione. Traboccante di esercizi innovativi e scritto con chiarezza, il libro può essere a tutti gli effetti considerato un compendio alla disciplina della meditazione, vera chiave per raggiungere la calma, la felicità e renderci più sani. You can master meditation, David Fontana, Watkins, pagg.160, £ 6,99.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
Storia di un giovane creativo Questo mese il libro che vi consiglio, The art of the Brick: a Life in Lego (No Starch Press editore), parla di un’artista. Perché parlare di arte e non di libri di management come siamo soliti fare in questa rubrica? Perché si è da poco chiusa a Milano una mostra dove l’artista statunitense Nathan Sawaya ha esposto le sue spettacolari costruzioni e riproduzioni di quadri famosi composti interamente da mattoncini Lego. Se avete perso la mostra non perdetevi però il libro, che racconta la storia di un giovane creativo cresciuto in Oregon che aveva messo da parte il suo talento per studiare Giurisprudenza e diventare avvocato d’affari (frustrato) nella caotica New York. Il nostro Nathan però, nel poco tempo libero che gli rimane, persegue la sua vera passione, dare sfogo alla creatività realizzando costruzioni di mattoncini Lego, sempre più complesse. Un folle, direbbero tutti. Chi lascerebbe una prestigiosa posizione da avvocato per giocare con le costruzioni? Questa, di Nathan Sawaya, è invece la storia di un successo. Il successo di una persona che persegue le sue passioni, che crede nel suo talento e ce la fa, nonostante tutti. L’avvocato fa uscire l’artista nascosto in lui, esprime il suo vero talento e su questo costruisce la sua nuova carriera. Una rinascita rappresentata simbolicamente dalla figura umana di mattoncini gialli, posta a copertina del libro. È qui che la storia dell’artista diventa qualcosa di diverso, non solo creatività ed espressione, ma una lezione sulla motivazione, sulla volontà e determinazione nel perseguire il proprio talento, unica vera chiave per il
successo nel lavoro e nella vita. Nathan Sawaya ci spiega come l’unico modo per farcela sia quello di concentrarsi solo su ciò che troviamo più appagante e divertente in modo da ottenere risultati eccellenti con lo stesso sforzo. Questo il punto chiave: dobbiamo scoprire che cosa vogliamo veramente superando il vecchio concetto di lavoro inteso come mero dovere e non come scelta piacevole. Perché, come ci spiega anche John Williams nel suo libro Mollo tutto! E faccio solo quello che mi pare (De Agostini editore), il compromesso è sempre dietro l’angolo. Ci autolimitiano nelle scelte fin dall’inizio, scegliendo professioni rispettabili sulla base del senso comune e non dei nostri veri interessi. “Che cosa voglio?”: questa è la domanda chiave da tenere separata da “che cosa è nelle mie possibilità adesso, in questo preciso momento?”. Concentratevi solo sulla prima domanda, siate sinceri e rimanete nell’ordine di idee di potere raggiungerlo, anche perché “se limitate le vostre scelte a ciò che sembra possibile o ragionevole, ottenete solo di perdere di vista ciò che volete davvero e non vi rimane altro che il compromesso”. Nathan Sawaya davvero ha fatto suo il pensiero di Confucio: “Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua”. Valido anche se il lavoro consiste nel realizzare opere d’arte con dei mattoncini Lego.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Il licenziamento per motivi economici Vorrei sapere sulla base di quali presupposti un’azienda può licenziare un dirigente per motivi economici e quali sono le tutele previste in questo caso.
lettere
G.L. – Bologna
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Secondo l’art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, comunemente denominato “licenziamento per motivi economici”, è un atto che deriva da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Al verificarsi di tale ipotesi, l’unica tutela prevista per il lavoratore è la garanzia del preavviso, che può essere svolto in servizio o sostituito dalla relativa indennità. La formulazione “aperta” della norma lascia al datore di lavoro discrezionalità sul “se e in che modo” operare. Inoltre l’art. 41 della Costituzione, che garantisce la libertà dell’iniziativa economica, consente al datore di lavoro di strutturare la propria attività nel modo più opportuno, compiendo le conseguenti scelte organizzative e produttive, salvo il rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Conseguentemente, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il controllo del giudice è limitato all’accertamento dell’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, non essendogli consentito sindacare sulla natura delle scelte datoriali. Il concetto di effettività è ancorato ai tre pilastri della serietà (le ragioni non devono essere
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precostituite artificiosamente), dell’attualità (rilevano soltanto le circostanze presenti e non quelle future) e della stabilità delle ragioni (tendenziale durevolezza nel tempo della causa del recesso; irrilevanza delle fluttuazioni congiunturali del mercato) non avendo alcuna importanza circostanze future e, dunque, soltanto eventuali. L’onere della prova è in capo al datore di lavoro, che deve dimostrare la concreta riferibilità del licenziamento individuale a iniziative collegate a ragioni di carattere produttivo-organizzativo, e non a un mero incremento di profitti, e deve inoltre dimostrare l’impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale, ma tale ultimo obbligo non si riferisce, di norma, ai dirigenti. Di recente la Corte di cassazione, con sentenza n. 24803 del 5 dicembre 2016, ha ribadito che in caso di licenziamento per motivo oggettivo le ragioni organizzative addotte devono essere specifiche e dimostrabili in maniera convincente. Nel caso in esame, inoltre, il datore di lavoro non aveva neppure fornito adeguata prova delle difficoltà economiche argomentate come ragione del recesso. Per tali motivi il licenziamento è stato dichiarato illegittimo. Riepilogando, quindi, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo si deve basare su ragioni non solo effettive e coerenti con il provvedimento preso, ma anche comprovate o comprovabili, perché se è vero che i giudici non possono sindacare sul merito, è altrettanto vero che ad essi è rimesso il compito di accertarne l’effettività.
inserto mensile di Dirigente n. 1-2 / 2017
DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #31 Numero speciale / Post fattuale
FUTURE SOCIETY
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Make balls great again
BENTORNATO PINOCCHIO Storie di nuovi burattinai
Le bugie hanno le gambe corte? E chi se ne frega se si arriva a destinazione. Brexit, missione compiuta. Casa Bianca, missione compiuta. In entrambi i casi le bugie, dette, fatte circolare e pure smascherate, hanno avuto un ruolo cruciale e centrale, non dico del successo ma sicuramente dell’accesso al consenso di grandi strati delle due popolazioni (quella inglese e quella americana). Post truth (post verità) e post
FUTURE FACTS
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Fatti una ragione
È come a scuola: stai attento
factual (post reale), così l’analisi di un lungo saggio dell’Economist sul fenomeno sociale e antropologico di questi tempi. L’era glaciale del post fattuale è dunque l’era inaugurata dai brexitiani e trumpiani? Dài, siamo seri. Quest’era è stata inaugurata da Adamo ed Eva, o meglio, dall’inganno del serpente tentatore. La storia degli umani è una storia di grosse balle, come ben testimonia il Falseum, museo del falso e dell’inganno al Castello di Verrone in Piemonte, progettato da noi di CoMoDo. Qui potete trovare il regno del falso in tutte le sue declinazioni, per concludere che di vero c’è ben poco quando si tratta di dirigere le sorti delle nostre civiltà. D’altronde, come dimostrano bene, tanto per fare due esempi, Aristotele (nel secondo libro della Retorica) e Machiavelli (Il Principe), l’inganno è scienza di comando, cinica e disincantata. Nel 2003 un’intera coalizione di stati occidentali, Italia compresa, andò in guerra per smantellare l’arsenale inesistente di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Regolare:
da sempre il potere è manipolazione dei fatti. No, il post fattuale è sempre esistito, solo che l’era digitale rende tutto più intrigante e circolante e soprattutto passivamente accettante. Le bugie smascherate (ecco la novità) non producono più scandalo. Oggi non esisterebbe nessun Watergate e nessun Nixon dimissionario. Tutto questo ha conseguenze anche per le imprese e il management? Probabilmente sì. Scoprite in questo speciale come.
SAVE THE DATE COSA PROVO? 24 FEBRAIO 2017, CFMT ROMA CFMT-FMT HTTP://TINYURL.COM/ZWMESZJ
Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo
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FUTURE SOCIETY / LA VERITÀ, CHE BALLE! In tanti le dicono, molti ci credono, pochi le hanno, nessuno si indigna, più. Benvenuti nell’era post fattuale, dove ogni balla vale, oro. L’Oxford English Dictionary ha eletto parola dell’anno post truth, post verità, oppure post factual, post reale. Obietterete: bugie e manipolazioni hanno sempre dominato il mondo, dove sarebbe la novità? Nell’indifferenza “morale”. Nella nuova società post fattuale le bugie funzionano anche dopo che sono state smascherate come bugie.
SCHUMPETER VS TRUMPETER
PSEUDO FATTUALE
NATIVI FATTUALI
Uno era un economista equilibrato l’altro è un equilibrista avventato. Ma chi vince ha ragione, anche se i fatti sono pura illusione. Secondo Politifact, la maggioranza, o più precisamente il 70 per cento, delle affermazioni del presidente Donald Trump durante la campagna elettorale erano false e inconsistenti. Who cares? Per dirla all’inglese. A nessuno pare importare. Il lungo articolo “The posttruth world” dell’Economist (vedi pezzo integrale nel primo link) tenta un’analisi del perché siamo diventati sempre più vulnerabili alle bugie e alle manipolazioni, noi invece tenteremo di capire se questo ha ripercussioni sul mondo aziendale.
Più che post truth o post factual forse è più corretto parlare di pseudo verità e pseudo fatti. Falsificazioni intenzionali, talvolta demenziali, per affermare la verità di Nietzsche “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, dunque tutto diventa legittimo. D’altronde nell’era digitale l’informazione circola per ragioni che hanno poco a che fare con la verità, conta la pertinenza dei contenuti, ossia con il loro potenziale successo comunicativo. In questo senso è normale che un’informazione “su di giri” circoli di più. Come è normale cercare pseudo contenuti che confermino le nostre pseudo verità. Il bello della rete è questo: trovi sempre qualcuno che la pensa (male) come te.
Internet ci rende stupidi? Si chiese nel 2010 Nicholas Carr nel suo libro dal titolo omonimo. Per tutta risposta ottenne dai guru e potenti della Silicon Valley spallucce e commenti denigratori. Ora però dalla valle, e per l’esattezza dalla Graduate School of Education di Stanford, arriva una conferma documentata dopo una lunga ricerca sul campo: i nativi digitali sono ingenui e non distinguono notizie false da quelle vere, fonti serie da quelle attendibili, teorie scientifiche da bufale scientiste. La sentenza? Abili tecnologicamente ma disabili concettualmente. La nuova generazione post fattuale è dunque insensibile ai fatti? Forse sì, ma la cosa più grave o paradossale è un’altra: mai nella storia dell’umanità è stato così facile (grazie alla rete) accedere a tutte le informazioni e a tutti i fatti, peccato solo che manchino le chiavi (cognitive) all’accesso e la voglia (di sapere).
IL DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
http://tinyurl.com/jyo75d6 http://www.politifact.com http://www.factcheck.org
EMOJI PENSIERO Ragionare e comunicare per emoji. Solo per (e con) emoji. Ovvio che la società vada a rotoli. Anche la vittoria dei Leave al referendum Brexit nel Regno Unito è stata costellata dalla diffusione di numeri falsi (per esempio che il paese paghi ogni settimana 350 milioni di sterline all’Unione europea), ma che importa quando tutti ragionano con la pancia? Tirannia delle emozioni. Emozionante, vero? Espressioni facciali per pensare, commentare e reagire d’istinto. Argomenti che fanno presa su sentimenti viscerali.
THE MACHIAVELLI DAY AFTER
VOLKSWAGEN DOCET
Il giorno dopo Machiavelli non è per nulla luminoso. Il grande pensatore italiano era certamente cinico nella sua visione dell’esercizio del potere, ma comunque si operava pur sempre all’interno di una distinzione netta fra vero e falso. Addirittura, per i nazisti era fondamentale mantenere un alone di verità in tutta la propaganda (il popolo doveva credere in una superiore e gloriosa verità). Ora, invece, la distinzione tra menzogna e verità è diventata irrilevante. I politici beccati a mentire non devono più arrossire. Niente più scandalo e niente più ipocrisia. Come ha scritto The Economist, “la verità non è falsificata o contestata, ma di secondaria importanza”. Cosa importa allora? Forse le pure e semplici emozioni.
Di quel gioco di prestigio dei dati truccati non è rimasto solo il fumo, fuori norma, ma anche le vendite, fuori dalla norma, ma in positivo. Dieselgate: crolla in borsa, crollo della reputazione, crollo della fiducia, crollo della produzione? Tutte balle. Le bugie hanno un prezzo alto per la legge (che infatti punisce pesantemente il colosso tedesco delle auto con multe miliardarie) ma non per la Volkswagen, che supera Toyota e diventa leader mondiale nelle vendite. Ovvio: per il consumatore post fattuale questo fatto (bugia) è irrilevante. Cinismo per avere una bella Golf a un prezzo più vantaggioso? Anche, ma non solo. Il popolo è stanco di falsi moralismi. Tutti imbrogliano (dai governi in giù) e io dovrei indignarmi? Perché mai?
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FUTURE FACTS FATTI UNA RAGIONE Tutto quello che sai è falso (vecchi libri) e tutto quello che non sai è vero. Prima di parlare pensa. Prima di fare verifica. La via per la comprensione passa attraverso il dubbio. Ciò che appare come un fatto spesso non lo è, anche se supportato da numeri convincenti. Decidere diventa sempre più complicato. Fattene una ragione.
DIRE A MA INTENDERE B
LA CULTURA DEI FATTI
Siamo costantemente sotto l’assedio dei feedback. Ogni situazione e ogni momento viene valutato e recensito. Ogni lavatrice, ogni albergo, ogni film e sì, anche ogni cliente. Con Airbnb o Uber sei sia giudice sia giudicato. Dai un voto per il servizio e ricevi un voto come utente. Sì, ma su quali basi? Sui fatti, sulle impressioni o su reciproche falsificazioni? Nessuno vuole un brutto voto: né chi offre né chi riceve. La pratica delle recensioni reciproche induce ad agire tatticamente: io sarò generoso e tu pure ed entrambi saremo felici delle 5 stelle da esibire. La civiltà digitale tutta scruta torbide trasparenze che nulla di oggettivo lasciano intravedere. Direte: sì, ma nel mondo degli affari e della finanza il discorso cambia. Vero, ma in peggio. Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch. Le agenzie di rating dicono A ma intendono B o viceversa. Anche i non addetti sanno almeno dal 2008 che è tutta una farsa speculativa e che l’analisi oggettiva serve solo per confezionare il “pacco”.
Dov’è la cultura dei fatti (famoso pay off del Gruppo Sole 24 Ore) se anche il quotidiano finanziario ne pubblica di falsi (in bilancio)? Si usava dire: i fatti separati dalle opinioni. Sì, ma il giornalismo odierno non può più permettersi d’investigare e verificare scrupolosamente. Niente soldi per i giornalisti uguale a informazione post fattuale. Il crollo delle entrate (lettori) ha portato al crollo delle difese contro le bugie e della qualità degli articoli ora confezionati per dare ai lettori ciò che vogliono sentire, piuttosto che una ragionevole esposizione dei fatti. Questo spiega anche il crollo della fiducia nelle istituzioni “produttrici di verità”, come appunto i media ma anche le scuole, le università e il sistema legale. Un’intera classe dirigente rischia di rimanere orfana di fonti attendibili con l’enorme rischio di dover decidere senza (sapere più) tagliare (il superfluo, il falso, l’inutile ecc.).
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STOP FAKEBOOK
BUSINESS AS USABLE
I filtri anti-bufale di Facebook sono pronti per la prima sperimentazione sul campo. In Germania, dove quest’anno si tengono le elezioni. Facebook, stufa di essere rinominata Fakebook, spera di mettere gli utenti teutonici in guardia dalle notizie false con tools per districarsi nella giungla delle post verità. Non è la sola a impegnarsi nello smascheramento dei fake. In Italia una startup ha lanciato Polygree, servizio per segnalare bufale e chiederne la verifica. In Usa esistono piattaforme che danno voti di attendibilità agli articoli e ai politici, come FactCheck.org, Snopes. com, Politifact.com. Tutto questo correre ai ripari è più che legittimo, visto che idee bizzarre circolano ovunque e troll di professione disseminano la rete di false notizie. Il vero dramma però è un altro e si chiama economia cognitiva: gestire le scarse risorse di attenzione. Il nostro cervello è abbastanza pigro e ci spinge inconsapevolmente a ignorare quei fatti che potrebbero costringerci a lavorare duramente. Ma dobbiamo farcene una ragione, anche al lavoro, quest’epoca pretende un surplus di lavoro cognitivo, o almeno la frequentazione di dati e fatti che smentiscono credenze, come l’ottimo ourworldindata.org.
Niente sarà come prima e come al solito. Quello che hai fra le mani deve essere utilizzabile. Già, ma come si valutano i fatti? Nell’economia industriale del business as usual le cose erano chiare e confortanti. La formazione (universitaria e professionale) puntava su un sapere riproducibile e applicabile. Così anche in azienda per l’implementazione dei processi. Di cosa dovevi dubitare? I fatti non erano mai in discussione e valutare individualmente era consentito solo in casi eccezionali, un privilegio riservato a pochi per non deviare dalla norma produttiva di massa. Non più ora, come sappiamo. Nell’economia della conoscenza, pure post fattuale, la valutazione discontinua dei fatti diventa arte da dominare. Come il sistema del dubbio (ottimo ma introvabile libro di John R. Saul). Faticoso ma necessario. Senza dubbi non smascheri le falsità e senza dubbi non produci nulla di nuovo.
https://ourworldindata.org https://www.my-hammer.de http://forthepeeple.com https://correctiv.org/en/ http://tinyurl.com/jupgq4v https://www.polygree.com
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FUTURE MANAGER / È COME A SCUOLA: STAI ATTENTO Perché è così? Cantava Pupo nel lontano 1981. I pupi (bambini) sono curiosi e fanno, di norma, molte domande. E i manager? Dovrebbero, perché tutto si complica. Non bisogna solo fronteggiare innovazioni dirompenti ma ora anche fatti inconsistenti. Qualcuno suggerisce che è tempo di cimentarsi nel mindful business. Perfetto, ma come si diventa consapevoli? Ecco la prima fondamentale domanda.
ATTENZIONE: FATTI RIFATTI Con tutto questo post fattuale anche in ambito business il livello di attenzione deve salire. Non stiamo però parlando di attention economy (catturare l’attenzione) ma di attention manager (esercitare l’attenzione). E come si sta attenti? Facendo come San Tommaso che ci credeva solo se ci metteva il naso? È già un buon inizio perché di questi tempi bisogna imparare a mettere a nudo ciò che appare ma non è. Infatti smascherare un seno rifatto è relativamente facile, smascherare un fatto rifatto, decisamente più difficile. Non sai mai come e dove è stato ritoccato. È questa la bellezza di parole e numeri: ingannano più del bisturi. Allora? Allora
non è più asino chi non legge ma asino chi non indaga. Altrimenti il rischio è che piccoli problemi vengono sovrastimati e grandi problemi sottovalutati, fatti irrilevanti analizzati e fatti rilevanti trascurati. Dagli Usa, e più esattamente da Melissa Zimdars, professoressa di Comunicazione e Media al Merrimack College in Massachusetts, arriva il solito decalogo per smascherare bufale digitali e fatti inesistenti, ma brancoliamo ancora nella nebbia cognitiva di vicine ovvietà. Ci vuole ben altro di una, pur buona, check list. Ci vuole una mente vigile e consapevole (vedi business consapevole a fianco). Perché solo chi vede il mondo coi propri occhi in modo critico e analitico senza aderire a nessun comandamento (morale, sociale o economico) può sopravvivere nel post fattuale.
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ATTENZIONE: BUSINESS CONSAPEVOLE Mindful business: il business con la “mente piena”. Di cosa? Di consapevolezza radicale (che va alla radice del proprio stato cognitivo). Ma come? Qualche piccolo indizio. Evitare passaggi a vuoto e rimanere concentrati su ogni singolo punto, anzi attimo. Nel gioco del tennis è la tenuta mentale a fare la differenza. Chi lo pratica e segue i talvolta drammatici match fra campioni sa che è così. Ovviamente ci sono molte altre attività per allenare una mente vigile, ma una è, per così dire, la più deputata. Parliamo della meditazione. Guarda caso Djokovic, che della tenuta mentale ha fatto il suo cavallo di battaglia, la pratica regolarmente. Non trascendentale alla Beatles ma penetrativa. “Ottenere la massima consapevolezza di tutti gli stimoli sensoriali e mentali, affinché se ne colga la reale natura”. Essere insomma presenti qui e ora come vuole la tecnica del Vipassanā. Non sbuffate: è roba seria. Mi sbilancio e dirò qualcosa di personale sperando di non passare per un post hippy svalvolato. Molta della mia presunta lucidità, creatività, “presenza” e capacità di sintesi la devo allo zen e allo yoga (che frequento fin da giovane). Anche quando penso e scrivo respiro quasi sempre in Ujjayi, una delle tante tecniche del Prānāyāma. Lo dico per esperienza: funziona, ma a una condizione. Tutto dev’essere sostanziale e non strumentale.
Il management-mindfulness funziona solo se la ricerca punta alla genuinità e non alla produttività. Spesso le aziende, su consiglio di consulenti e mental coach che saccheggiano le discipline orientali, sperano di poter sfruttare la consapevolezza e le varie tecniche meditative per una migliore gestione dello stress. L’obiettivo finale rimane sempre l’efficienza. Grave errore. L’obiettivo vero è di penetrare la realtà con una mente calma e intuitiva che vive nel presente, uno stato che nell’era tecnologica è assai assente. A furia di vivere perennemente in stato previsionale finiamo in quello confusionale. Trend, innovazioni e futuro ci assillano: “quale sarà il prossimo guaio dirompente” ci chiediamo con insistenza. Il presente è totalmente assente e dominato dalla distrazione. Basta osservare i professionisti in pausa pranzo. Buttare giù bocconi di cibo mentre lo sguardo fissa smartphone o tablet. Tanto tempo fa un allievo chiese ad un maestro zen di nome Bokuju: “Qual è il tuo sentiero, maestro?” “Il mio sentiero è semplice: quando ho fame mangio, quando ho sete bevo e quando ho sonno dormo”. “Ma cosa dici, anch’io faccio queste cose tutti i giorni ma non sono certo un maestro!” “Quando tu mangi, bevi o dormi in realtà fai tante altre cose. Mentre mangi pensi, mentre bevi cammini, mentre dormi ti agiti. Io quando mangio mangio, quando bevo bevo e quando dormo dormo semplicemente. Semplice”.
ATTENZIONE: NOIA MORTALE Trama: il poeta John Giorno dorme per 5 ore e 20 minuti. Fine. Con questa unica inquadratura di lunga durata Andy Warhol sperimentò nel 1963 l’impossibilità di vedere un film per intero come pura arte concettuale. Molti anni dopo, siamo nel 2009, l’emittente norvegese NRK proietta come prima puntata del nuovo format Slow Tv un viaggio in treno di sette ore tra Bergen e Oslo. Niente arte ma solo eventi di tutti i giorni ripresi in tempo reale (migrazione delle renne o pesca del salmone e così via) che ora approdano anche a Netflix con un piccolo palinsesto di filmati dove succede poco o niente. A chi giova tutta questa lentezza? Allo spettatore voglioso di concentrazione. Certo, l’assopimento è in agguato, ma il ragionamento non è poi così campato per aria. In Skyfall, 23° film della serie di 007, il montaggio era frenetico con scene tagliate ogni 3,5 secondi. Qui accade il contrario: rallentare per riacquistare il senso per il tempo e i dettagli. Guardare la Slow Tv è come guardare per ore fuori dalla finestra. Nessuno lo fa più, ma forse bisognerebbe.
http://tinyurl.com/h446d4b http://tinyurl.com/hfkln3k https://en.wikipedia.org/wiki/Slow_television https://it.wikipedia.org/wiki/Vipassan%C4%81
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FUTURE TIMES È TEMPO DI POSTARE FATTI Post fattuale, inteso come l’era del dopo i fatti, oppure come l’era dell’invio dei fatti. Il quesito non è banale e forse un sottile filo collega la mania di postare interventi e messaggi di ogni sorta sui social con l’inattendibilità dei contenuti che circolano in rete. Se tutto è pubblicabile nulla è più verificabile.
POST IL FATTACCIO -1Società dell’informazione. Suonava, ai tempi del post industriale, come grande cura contro l’ignoranza. Ora che ne siamo immersi sappiamo che è una peste. A ogni ora del giorno siamo inondati di messaggi e per ogni argomento vengono pubblicati in brevissimo tempo studi contrastanti che si annullano a vicenda. E chi cerca qualcosa la trova sì velocemente, ma assieme a una miriade di altre risposte a domande non poste. Anche se siamo informati su tutto in tempo reale non sappiamo più nulla sulla situazione reale. Raccogliamo troppo per venirne a capo. Quindi abdichiamo, soffocati dalla bolla informativa.
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IL FATTACCIO -2Chi abdica ignora i fatti e si arrende alle emozioni. In un mondo dove ogni versione dei fatti è solo puro storytelling, in cui le bugie sono perdonate e accettate come un punto di vista alternativo e dove tutto è relativo e ognuno ha la sua verità, beh, Trump è di casa. Se l’audience è assuefatta all’incoerenza e all’assenza dei fatti puoi schizzare fango e non senso in piena libertà, purché tutto sia cosparso di gioia e pura emozione che conferma stupidi pregiudizi.
PIN TWEET DA POSTARE Ora postate questi fattacci e fateli circolare. Su Facebook, Twitter, LinkedIn, WhatsApp o quello che vi pare. Perché il post fattuale si batte solo con il pre fattuale. Inviare il prima possibile fatti attendibili. Solo così possiamo sperare di farla franca. Inondare di senso la rete e coprire per qualità, ma anche per quantità, l’insopportabile rumore di fondo del non senso che domina ogni comunicazione. Direte: questi non sono fatti ma solo opinioni di chi scrive. Bravi, non avete ancora abdicato. Continuate così.
POST &
PIN
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
EXECUTIVE PROFESSIONAL
UN INNESTO DI MANAGERIALITÀ Il presidente del cda di IQT Consulting Spa Alessandro Gasparetto ci parla del valore degli executive professional, una risorsa preziosa per implementare scelte strategiche in azienda e per affrontare l’incertezza del mercato
Quando vi avvalete di executive professional? «Ogni qualvolta vogliamo e dobbiamo implementare scelte strategiche, quali ad esempio il settore hr, l’adozione e lo sviluppo dei principi di marketing strategico e controllo di gestione».
In particolare, quale contributo chiedete a queste figure? «Chiediamo innanzitutto di fare una vera e propria formazione accademica ai soci e al management e successivamente declinare quanto trasferito all’interno della società, la cosiddetta “mesAlessandro Gasparetto è il presidente del consiglio di amministrazione di IQT Consulting Spa. Ne è anche uno dei soci fondatori e il direttore tecnico. È anche il direttore della business unit Hederalab, specializzata nel restyling delle reti di punti vendita e sedi corporate. IQT Consulting è specializzata nell’ingegneria e project management delle reti infrastrutturali. Ha tre business unit specializzate: IQT TLC nelle reti di telecomunicazione, Hederalab nelle reti di punti vendita e sedi corporate, e SlideEngineering nelle soluzioni per la gestione delle grandi frane. Negli ultimi tre anni ha raddoppiato il suo personale toccando le 119 persone, quando il 97% delle società di ingegneria italiane non arriva a 5 persone.
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sa a terra”, in modo da permettere a tutte le persone di sperimentare sul proprio lavoro i principi appresi». Lo avete sempre fatto o la maggiore competitività e velocità di cambiamento dei mercati degli ultimi anni lo hanno reso più necessario? «Ringrazio di questa domanda, in quanto mi stimola a riflettere profondamente su come si è evoluta IQT. È solamente da circa 4, 5 anni che abbiamo iniziato a richiedere il contributo degli executive professional e questo è stato stimolato da quando noi quattro soci abbiamo iniziato a uscire dalla nostra operatività quotidiana e per frequentare ambienti dove venivano trattati argomenti manageriali, quali master universitari, corsi presso associazioni di categoria, convegni e workshop. Lo abbiamo fatto perché ci siamo
resi conto di operare all’interno del cosiddetto mondo Vuca (volatile, incerto, complesso, ambiguo) e quindi volevamo dotarci di strumenti per non subirlo ma affrontarlo». Come li trovate e su quali basi li scegliete? «L’individuazione di executive professional avviene principalmente attraverso la nostra partecipazione a percorsi formativi e la conoscenza dei relativi docenti. La scelta avviene sulla base dei background universitari e della tipologia di aziende che assistono». Una loro precedente esperienza manageriale in multinazionali è premiante? «Sì, è premiante in quanto il punto di vista e le dinamiche che sottendono a una grande azienda sono utili alle pmi per acquisi-
re un approccio gestionale strutturato». Questo è anche un modo per aumentare e innovare la cultura manageriale della vostra azienda? «Sicuramente, ma pensiamo sia anche un mezzo per esportare e divulgare i nostri valori attraverso le testimonianze dei vari executive professional che frequentano la nostra azienda». In generale, sono rapporti sporadici o duraturi? «La nostra breve esperienza al riguardo ci racconta che sono rapporti duraturi, parliamo di alcuni anni». Capita poi che alcuni di questi entrino in azienda in pianta stabile? «A tutt’oggi non è successo. Tendenzialmente non siamo propensi a questo tipo di evoluzione: pensiamo che uno dei valori degli executive professional sia frequentare realtà diverse». Guardando al futuro, questo basta per evolvere la vostra gestione manageriale e/o pensate di aumentare anche il numero di manager? «Questo è un argomento su cui da un po’ di tempo stiamo riflettendo in modo approfondito. Tenendo ben presente che il nostro business model va continuamente ripensato, riteniamo che in futuro avremo una combinazione tra manager interni ed executive professional, appunto per affrontare al meglio la volatilità e l’incertezza del mercato».
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AL VIA LA FORMAZIONE 2017 Nuove proposte studiate ad hoc per i quadri
Cosa prevede Il piano formativo, grazie anche all’importante lavoro svolto dai rappresentanti territoriali dei quadri Manageritalia, risponde alle esigenze dei nostri associati. Si prevede una giornata d’aula per ognuna delle dimensioni mana-
MANAGERITALIA QUADRI
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el 2017 si affianca alla consueta attività formativa per i quadri iscritti a Manageritalia un programma unico in tutta Italia progettato ad hoc da Right Management, la società di ManpowerGroup che opera nel campo del career e del talent management. L’obiettivo è sviluppare le competenze manageriali dei quadri per valorizzare il loro ruolo strategico e sostenere la loro crescita professionale e di carriera. Figure ad alto livello di formazione e professionalità che comprendono, diffondono, gestiscono e quindi guidano il cambiamento, i quadri devono essere veri e propri knowledge worker. Per affrontare le sfide professionali con dimensioni strategiche trasversali, quali comunicazione, leadership, teambuilding, negoziazione, teamworking e facilitazione culturale. Un modo per crescere integrando e ampliando quanto previsto dalle loro aziende.
geriali ritenute prioritarie in una recente survey: 1. diventare coach per migliorare le performance; 2. la gestione dei contrasti e dei conflitti in azienda; 3. lo sviluppo di uno stile di comunicazione assertivo. Ogni modulo è preceduto da un questionario di autovalutazione delle competenze e termina con un piano di azione di sviluppo perso-
nale. È previsto, dopo un mese, un incontro facoltativo online di follow up per verificare, rispetto al piano di sviluppo personale, l’evoluzione e i risultati raggiunti. La formazione in aula potrebbe essere in casi specifici integrata con percorsi di e-learning gestiti da Universitas Mercatorum o, in alternativa, da ManpowerGroup. Ulteriori tool a supporto – quali virtual community o altro – saranno progettati ad hoc.
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1 MANAGERITALIA QUADRI
DIVENTARE COACH PER MIGLIORARE LE PERFORMANCE
Mattina ▶ Le basi del coaching: approccio; tecniche; significati. ▶ Manager coach: come impostare gli obiettivi; la relazione quotidiana con i collaboratori; ▶ Coaching in azione; sviluppo del potenziale e del talento; il management della motivazione. Pomeriggio ▶ Il team coaching: da manager coach del singolo alla gestione del team; il coaching nella gestione dei processi di cambiamento e transizione; il coaching e il suo rapporto con risultati e performance; il rapporto tra prestazione e performance di gruppo. ▶ Elaborazione piano di sviluppo personale.
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LO SVILUPPO DI UNO STILE DI COMUNICAZIONE ASSERTIVO
Mattina ▶ Come interloquire senza essere passivo, aggressivo o manipolatore.
Pomeriggio ▶ La soluzione dei conflitti intergruppo: preparare la propria negoziazione; condurre le diverse fasi della negoziazio-
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▶ Comprendere i limiti dei comportamenti tradizionali e “scoprire” un nuovo comportamento. ▶ Autodiagnosi del comportamento: identificazione dei propri punti forti; come valorizzarli nelle situazioni quotidiane di lavoro. ▶ Imparare a essere critici in modo positivo e costruttivo: il diritto di far rilevare un errore; come percepiamo le critiche e le lagnanze; come impostare una critica costruttiva. Pomeriggio ▶ Come trattare gli atteggiamenti aggressivi negli altri. ▶ Il comportamento nei desideri legittimi, ma contraddittori.
LA PAROLA A SIMONE OLIVA
LA GESTIONE DEI CONTRASTI E DEI CONFLITTI IN AZIENDA
Mattina ▶ Comprendere e anticipare i conflitti: tensioni e conflitti; le fonti di conflitto; le cause dei conflitti; gli indicatori di clima sociale. ▶ La soluzione dei conflitti organizzativi; la soluzione dei problemi; la resistenza al cambiamento; l’analisi sistematica; pilotare un progetto di cambiamento.
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ne; il ruolo del mediatore. ▶ La soluzione dei conflitti interpersonali: personalità e comportamenti conflittuali; i giochi conflittuali; reagire a un comportamento aggressivo, passivo o manipolatorio; esprimere una critica costruttiva. ▶ Elaborazione piano di sviluppo personale.
Simone Oliva, coordinatore dei corsi del piano formativo Right Management
Qual è il ruolo dei quadri in azienda oggi? «Ha un ruolo sempre più strategico. Nell’organizzazione moderna i sistemi sono più piatti e flessibili e molti di loro svolgono funzioni dirigenziali/manageriali. Negli ultimi anni abbiamo assistito a uno “schiacciamento” verso il basso dei modelli organizzativi: quelli dominanti oggi presentano meno livelli, un sistema di riporti più snello e un coinvolgimento del management nell’operativo che solo fino a qualche anno fa risultava inimmaginabile. Se nel passato il quadro svolgeva la funzione di “cinghia di trasmissione” tra vertice e base, oggi tende ad apparire più coinvolto nel pro-
▶ Come sviluppare la fiducia in se stessi e la capacità di assumere responsabilità individuali. ▶ Lo stile assertivo dell’ascolto: l’ascolto come forma superiore della comunicazione. ▶ I ruoli psicologici nel rapporto emittente/ricevente. ▶ L’ascolto come strumento di approfondimento nei colloqui aziendali. ▶ Elaborazione piano di sviluppo personale. Il programma è riservato ai soli quadri iscritti a Manageritalia e in regola con il pagamento della quota associativa. Per partecipare contattare la propria associazione territoriale.
cesso decisionale e ad avere ingaggio “a progetto”».
condizione di efficacia nell’esercizio del ruolo».
La formazione proposta come supporta ruolo e crescita? «La formazione proposta intende supportare le persone nell’esercizio del ruolo e favorirne la crescita professionale attraverso un incremento di consapevolezza, sensibilità e abilità in merito alle dimensioni più “soft” della funzione, sempre più cruciali in termini di efficacia manageriale, consenso, leadership realmente agita. Non a caso i più recenti modelli di competenze adottati nelle organizzazioni e le relative “performance review” sono costruiti con grande attenzione alla dimensione comportamentale/ relazionale, considerata pre-
Una formazione per guidare il cambiamento? «Quello che le organizzazioni hanno appreso negli ultimi anni è che la capacità di leggere l’ambiente, il contesto, il mercato, i competitor in tempo reale è diventata il prerequisito per poter conquistare un proprio spazio e crescere. In questo senso la formazione diventa una leva strategica di gestione dell’organizzazione stessa, prima ancora che strumento per adeguare, perfezionare o incrementare conoscenze e competenze». Come un quadro può e deve gestire oggi il suo sviluppo professionale?
«Riponendo vecchi schemi e paradigmi rispetto a cosa significhino “carriera” e “fare carriera” oggi. Cercare sempre il “match” tra i propri punti di forza e le esigenze dell’organizzazione nel suo contesto/mercato, essere pronti a cambiare quando necessario. Resta essenziale ragionare e vivere in termini di formazione continua e aggiornamento, ovvero avere un approccio career management, non dare nulla per scontato, ascoltare, essere curiosi. Il dato certo è che oggi ognuno è artefice del proprio destino professionale. Non è più responsabilità dell’organizzazione costruire e guidare il percorso professionale delle proprie persone, semmai è vero il contrario».
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DIRIGENTI FEDERALBERGHI E MAGAZZINI GENERALI
MANAGERITALIA CONTRATTO
Rinnovati i ccnl: novità e punti in comune
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fine anno sono stati sottoscritti gli accordi di rinnovo del 21 dicembre 2016 per i dirigenti delle aziende alberghiere aderenti a Federalberghi e del 23 dicembre 2016 per i dirigenti delle imprese di logistica, magazzini generali, terminal operator portuali, interportuali e aereoportuali aderenti ad Assologistica.
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I due accordi hanno in comune il potenziamento del welfare e delle politiche attive ed entrambi prevedono un aumento retributivo. Inoltre sono state implementate le agevolazioni contributive per favorire l’inserimento di dirigenti nelle imprese oggi prive di manager esterni alla proprietà e aumentarne, quindi, la competitività.
Il rafforzamento delle politiche attive viene attuato con un voucher di 5.000 euro netti da utilizzare presso società convenzionate con il Cfmt, Centro di formazione management del terziario, per servizi di ricollocazione o come consulenza per l’avvio di attività imprenditoriali. Nei due accordi la retribuzione differita viene implementata con un aumento della previdenza complementare Mario Negri di circa 400 euro, con riferimento al triennio 2016/2018. Sono state anche incrementate le tutele in caso di malattie gravi, a fronte di una diminuzione del periodo di comporto per quelle che lo sono meno, ed è stato inserito un articolo denominato “Produttività e Benessere” per promuovere e sostenere azioni volte a favorire le buone pratiche di age management e di welfare aziendale. La parte retributiva prevede per entrambi i settori un incremento di 350 euro mensili lordi riferito al biennio 2017/2018, ma mentre nel ccnl logistica l’intero importo viene destinato ad aumenti retributivi, in quello alberghiero l’aumento retributivo è complessivamente pari a 300 euro mensili lordi, ma è anche
ALBERGHI FEDERALBERGHI Decorrenza
Aumento Vitto Alloggio retributivo mensile
Totale mensile Vitto e alloggio
1° gennaio 2017
80
135
205
340
1° gennaio 2018
80
140
215
355
1° dicembre 2018
140
150
230
380
previsto un incremento di 50 euro del valore convenzionale del vitto e dell’alloggio. Infine, nel solo settore alberghiero sono state riviste le tutele in caso di cessazione (preavviso di licenziamento e indennità risarcitorie). Entrambi gli accordi decorrono dal 1° gennaio 2015, salvo
quanto previsto da singole norme, e hanno scadenza il 31 dicembre 2018. Per un approfondimento leggi gli accordi di rinnovo e le informative sul portale di Manageritalia: Manageritalia > dirigenti > contratti Alberghi Federalberghi o Magazzini generali.
IMPRESE ASSOLOGISTICA Decorrenza Aumento retributivo mensile 1° gennaio 2017
80
1° gennaio 2018
100
1° dicembre 2018
170
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IL RIMBORSO DELLE SPESE MEDICHE Il quadro di riferimento per gli associati Manageritalia
R
blica a quello “privatistico”, per il quale è sempre necessario mettere mano al portafoglio in maniera decisamente significativa.
Passaggio da sanità pubblica a sanità privata Come farlo? Direttamente o grazie all’intervento di enti terzi che intervengono per nostro conto, ad esempio attraverso convenzioni, o che rimborsano le spese sostenute. Sono i casi delle casse mutue, dei fondi sanitari, delle polizze assicurative sanitarie. Scendiamo nel dettaglio, partendo dallo schema qui a fianco che era stato pubblicato anche nello scorso numero di Dirigente, per esaminare le particolari-
tà che riguardano gli associati Manageritalia.
I dirigenti Iniziamo dai dirigenti, per ricordare come Fasdac sia un fondo sanitario eccellente che copre un ampio spettro di prestazioni, prevedendo percentuali di rimborso significative per spese ospedaliere, diagnostiche, specialistiche e dentarie e consentendo di accedere a numerosissime “convenzioni dirette”. Il Fasdac è aperto anche ai prosecutori volontari e ai familiari di dirigenti ed ex dirigenti e, di fatto, le uniche prestazioni non previste sono l’erogazione di “forfait giornalieri” in caso di infortunio, malattia o intervento.
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ASSIDIR
iprendiamo, dopo la pausa di fine anno, il nostro approfondimento sui problemi legati alle malattie cercando di mettere in luce gli aspetti fondamentali che riguardano le spese mediche e le loro possibilità di rimborso per gli associati Manageritalia. Per prima cosa è bene mettere a fuoco cosa si intende per rimborso delle spese mediche, sorvolando sugli aspetti strettamente fiscali, come le detrazioni, e approfondendo quelli relativi alle possibilità di ottenere un vero e proprio rimborso, parziale o totale, degli importi effettivamente spesi (parcelle o ticket). Il livello di qualità dell’assistenza sanitaria pubblica nel nostro Paese è cosa nota: esistono delle aree in cui si raggiunge l’eccellenza e altre in cui viene spesso preferito il ricorso a strutture alternative. Al di là di questo fatto, la scelta può essere anche condizionata dall’esigenza, o dal desiderio, di poter scegliere personalmente il medico o la struttura cui rivolgersi e la maggiore rapidità nell’ottenere l’accesso a visite specialistiche, trattamenti o interventi. Se escludiamo il caso di prestazioni per cui si chiede il rimborso dei ticket, ci siamo praticamente spostati dal mondo della sanità pub-
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Aviva Diaria e Aviva Chirurgia
ASSIDIR
Per tutelarsi anche in questi casi i dirigenti possono sottoscrivere una polizza assicurativa volontaria, a costo molto contenuto, che prende il nome di Aviva Diaria o Aviva Chirurgia, entrando nella sezione e-commerce del sito www.assidir.it. Aviva Diaria garantisce un’indennità pari a 100 o 200 euro al giorno (a seconda della forma prescelta) in caso di ricovero a seguito di infortunio o malattia, mentre Aviva Chirurgia garantisce fino a 10.000 euro in caso di intervento chirurgico sempre conseguente a infortunio o malattia (l’importo è variabile in funzione del tipo di intervento).
I quadri Anche i quadri usufruiscono, come previsto dal loro ccnl, di una
cassa di assistenza sanitaria integrativa al Sistema sanitario nazionale che prende il nome di Quas, che offre un’importante garanzia di base. Rispetto al già citato Fasdac, va sottolineato che Quas, pur nella sua validità, non offre il rimborso dei costi per le spese mediche e gli interventi delle persone a lui più care. Per i quadri associati a Manageritalia, però, esistono due diverse possibilità di accesso a un’integrazione delle tutele sanitarie non solo per sé ma anche per i familiari.
Quadri & Professional Care La prima, prevede la possibilità di sottoscrivere in piena autonomia una polizza sanitaria integrativa denominata Quadri & Professional Care e consente di accedere a un prodotto studiato ad hoc
per chi desidera una protezione più completa di quella offerta da Quas per sé e per i propri familiari. Questa polizza permette infatti di usufruire di rimborsi delle spese mediche, ospedaliere ed extra-ospedaliere eccedenti quelle rimborsate dal Quas per i quadri, mentre, per i loro familiari, offre la possibilità di una copertura completa. Ricordiamo infine che Quadri & Professional Care offre anche coperture in caso di infortunio e invalidità permanente da malattia, così che il quadro e i suoi familiari possano avere con un unico contratto una vera e propria tutela globale sulla salute.
Cassa De Lellis La seconda, che richiede il coinvolgimento dell’azienda di cui il quadro è dipendente attraverso
QUADRO DI RIFERIMENTO DELLE PRESTAZIONI (Nella tabella sono indicate in chiaro le prestazioni cui si riferisce il presente articolo; sono invece oscurate quelle che verranno trattate nei prossimi mesi)
Dirigenti Garanzia In servizio
Pensionati Prosecutori volontari
Familiari Quadri
Executive professional
Rimborso spese mediche e interventi
in servizio altri
Diaria da ricovero Invalidità permanente da malattia Long term care
*
*
fino 70 anni oltre 70 anni
Previsto da ccnl Su base volontaria Previsto se applicati accordi collettivi * Garanzia non attiva per i dirigenti assunti o nominati con retribuzione lorda annua fino a 65mila euro.
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Dirigenti
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Quadri
Executive professional
la sottoscrizione di un “accordo collettivo di secondo livello”, consiste nell’adesione alla cassa sanitaria Carlo De Lellis, uno strumento molto interessante e in linea con la normativa attuale relativa al welfare. La Cassa De Lellis, oltre alla cosiddetta “defiscalizzazione” dei contributi versati, sia da parte del quadro sia da parte dell’azienda grazie all’iscrizione all’anagrafe dei fondi sanitari, garantisce per il quadro e i suoi familiari il rimborso delle spese sanitarie sostenute e soprattutto l’accesso a un ampio network di specialisti e strutture sanitarie di alto livello distribuite su tutto il territorio nazionale. Tutto questo, a differenza di quanto avviene per le polizze individuali, senza la compilazione di alcun questionario sanitario in fase di adesione. La Cassa De Lellis si caratterizza inoltre per la modularità della propria offerta, infatti può essere articolata in varie forme che prevedono sempre il rimborso delle spese ospedaliere e a cui si possono aggiungere le spese extra ospedaliere (visite specialistiche, alta diagnostica, fisioterapia…) e dentarie, senza dimenticare la copertura di Long Term Care per i casi di sopraggiunta non autosufficienza.
Gli executive professional Poiché questa categoria, proprio per la loro natura di professionisti indipendenti, non può accedere ad accordi contrattuali di tipo collettivo, è necessario ricorrere a polizze assicurative che offrano una copertura completa sia al professionista sia ai suoi familiari.
Quadri & Professional Care completa Per loro è quindi possibile sottoscrivere la polizza sanitaria Quadri & Professional Care nella versione “completa”, non solamente integrativa come per i quadri, che consente di accedere a un prodotto studiato ad hoc per chi desidera una protezione completa per sé e per i propri familiari. Come precisato anche a proposito dei quadri, questo prodotto assicurativo dà la possibilità di accostare al rimborso delle spese mediche anche le altre coperture relative alla salute-infortuni e invalidità permanente da malattia.
lutamente personali anche in campo sanitario, l’invito che possiamo fare è quello di chiamare Assidir per una consulenza gratuita ad ampio raggio e poter così stare tranquilli, insieme ai propri familiari, in qualsiasi occasione e in qualsiasi luogo, in Italia o all’estero.
Aviva Diaria e Aviva Chirurgia
Aviva Diaria e Aviva Chirurgia
Infine,anche gli executive professional possono assicurarsi tramite l’e-commerce del sito di Assidir, con le polizze assicurative Aviva Diaria e Aviva Chirurgia. Comunque, proprio perché ognuno di noi può avere esigenze asso-
Non va poi dimenticato che anche i quadri e i loro familiari possono accedere attraverso Assidir, come i dirigenti, alle polizze assicurative Aviva Diaria o Aviva Chirurgia già citate per l’erogazione di indennizzi forfettari in caso di ricovero ospedaliero.
Messaggio pubblicitario. Prima della sottoscrizione leggere il fascicolo informativo consultabile sul sito www.assidir.it. Il prodotto assicurativo indicato è offerto da Aviva Italia, sede legale e sede sociale in Italia, via Scarsellini 14, 20161 Milano, tel. 02.2775.1 e fax 02.2775.204, sito www.aviva.it - e-mail/Pec aviva_italia_spa@legalmail.it. Iscrizione al Registro delle Imprese di Milano, codice fiscale e partita Iva 09197520159, Rea di Milano 1277308, capitale sociale € 45.684.400,00 (i.v.). Impresa autorizzata all’esercizio delle assicurazioni con decreto del ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato n. 18652 del 9/10/1990 (Gazzetta Ufficiale n. 247 del 22/10/1990) e con Provv. Isvap n. 2282 del 25/5/2004 (Gazzetta Ufficiale n. 128 del 3/6/2004). Iscrizione all’albo delle imprese di assicurazione n. 1.00091 e all’albo dei gruppi assicurativi n. 038.00005. L’impresa è soggetta al controllo Ivass. Assidir, via Stoppani 6, 20129 Milano, tel. 02202031 e fax 0229523022, email info@assidir.it - pec assidir@pec.it - Iscrizione Rui Sez. A n. A000111129 in data 16 aprile 2007. Intermediario soggetto al controllo Ivass.
Per ulteriori informazioni: www.assidir.it email info@assidir.it Numero Verde 800 401345
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Lean six sigma ye llow belt Come “fare efficien za” aumentando la soddisfazione de l cliente Milano, 7 e 29 marzo - Roma, 7 e 22 giugn o Navigate complex ity Le nuove competenz e per gestire la comp lessità Milano, 2 marzo e 28 giugno Roma, 10 luglio Startup e aziende : culture e metod ologie a confronto Dinosauri e gazzell e? Come costruire un linguaggio comu ne tra mondi diver si Milano, 8 marzo - Ro ma, 25 maggio
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La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.
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RITORNA
I
l ciclo Pensieri Stupendi. Arti e pensieri del presente per ispirare il futuro, giunto alla sesta edizione, ritorna nel 2017 in una forma rinnovata, con quattro incontri per continuare a stimolare riflessioni diverse e creare nuove prospettive attraverso il confronto con personalità che appartengono a diversi mondi del sapere. Di seguito i dettagli dei prossimi due incontri, il calendario completo è disponibile sul sito www.cfmt.it.
CREARE EMOZIONI POSITIVE CON LE PAROLE Lunedì 13 marzo - ore 19-20.30 In che modo usiamo il linguaggio verbale e scritto? Come scegliamo le parole e le accostiamo? Se attraverso una successione di termini generiamo un senso, un contenuto, un significato, allo stesso modo possiamo favorire emozioni positive o negative nel nostro interlocutore. In questo senso le parole di-
ventano uno strumento potente nelle nostre comunicazioni. Insieme a Gustavo Pietropolli Charmet entriamo nelle pieghe del linguaggio e delle sue potenzialità espressive per cogliere il valore di una comunicazione, che certamente può e deve essere in alcuni casi tecnica e specialistica, ma che sia sempre ben disposta ad accogliere l’altro, suscitando sensazioni positive per generare uno scambio fertile. Gustavo Pietropolli Charmet è psicanalista e psichiatra, già docente di Psicologia dinamica presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e già primario dei servizi psichiatrici di Milano. È fondatore dell’Istituto Minotauro di Milano, di cui attualmente è socio.
UNA COSA ALLA VOLTA. QUANDO UNA SCELTA CONTROINTUITIVA DIVENTA VINCENTE?
dell’impresa, unita ad antiche tecnologie e a una sempre innovativa progettazione creativa”. Il processo seguito da Bonotto si alimenta costantemente delle suggestioni e degli stimoli offerti dall’arte. Dall’altra parte, Paolo Legrenzi, psicologo e accademico italiano noto a livello internazionale nel campo della psicologia cognitiva, si confronta con Bonotto sul tema del ricominciare a fare una cosa alla volta, di prendersi il tempo giusto per l’attenzione e la qualità, anche andando contro ciò che oggi sembra cosa normale e da tutti agita. Spesso facciamo molte operazioni contemporaneamente, nel libro Una cosa alla volta. Le regole dell’attenzione Legrenzi ci racconta come funziona l’attenzione e quali sono i meccanismi che la regolano. Introduce le lecture e modera i dialoghi Valeria Cantoni, presidente di Arts For.
Giovedì 13 aprile - ore 19-20.30 Giovanni Bonotto racconta il progetto della fabbrica lenta che ha sviluppato personalmente per l’omonima azienda di famiglia, un manifesto contro la standardizzazione industriale e la produzione in serie a basso costo. Nell’azienda tutti i processi sono affidati a macchinari meccanici, non elettronici, privi di automatismi. Vecchi telai scartati e in disuso, appunto perché “lenti”. In questo senso rappresenta una scelta controintuitiva rispetto alle modalità di produzione standard, detto in sintesi: “Una visione moderna del lavoro e
LA SEDE MUSEO BAGATTI VALSECCHI Via Gesù 5, Milano È una casa museo frutto di una vicenda di fine 800 che ha come protagonisti i baroni Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi, i quali decisero di ristrutturare in stile neo rinascimentale la dimora di famiglia e di raccogliervi un’articolata collezione di opere d’arte e manufatti quattro-cinquecenteschi. Aperta al pubblico dal 1994, la dimora è oggi una casa museo di grande fascino, animata da innumerevoli iniziative culturali anche oltre i consueti orari di apertura.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI: www.cfmt.it - Anna Scirea, ascirea@cfmt.it, 02 54063102 La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti in regola con il versamento dei contributi.
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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, è
curatore dell’inserto Dirigibile e responsabile del progetto Future
Management Tools di Cfmt.
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Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
(57)
Giulio Gargiullo è un online marketing manager e vanta una lunga esperienza nel business legato (40) alla Russia e a diverse aziende del settore luxury.
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di opera(59) tori virtuali. Roberto Panzarani, docente di Innovation management, ha fondato lo Studio Panzarani & Associates (www.robertopanzarani.com), nel quale si occupa di sviluppo di programmi di formazione manageriale per il top management delle principali aziende e istituzioni italiane. (24)
Luciano Pero è docente MIP Politecnico di Milano e Founding Partner presso Meta Governance and (8) Innovation studio. Simone Piana è vice president hr MNC di Adp. Negli ultimi 10 anni ha facilitato e guidato progetti di change, sviluppo organizzativo e definizione di business and leadership strategy nella maggior parte dei (28) paesi europei e Bric.
Maurizio Quarta è managing partner di Temporary Management & Capital Advisors e presidente del gruppo Senior Management Worldwide operante in 16 paesi. Presidente di IIM Institute of Interim Manage(48) ment Italy (www.tmcadvisors.com).
Piero Valdiserra è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel beverage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico (36, 56) bolognese Gaudio (marketing@rinaldi.biz).
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli
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Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta
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Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità
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da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale.
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Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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La diffusione di gennaio-febbraio è di 35.292 copie
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