N. 7-8 LUGLIO/AGOSTO 2017
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA STARTUP E OLTRE... MANAGERITALIA
LAVORI IN CORSO
OPEN MIND PER OPEN INNOVATION
EXECUTIVE PROFESSIONAL: WE WANT YOU!
Emilie Wapnick
Una carriera? Non ci basta più Canadese, classe 1984, è la guru dei multipotenziali e ideatrice di modelli di riferimento per le carriere multiple. È spesso protagonista di Ted Talks su questi temi.
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
IL TEMPO DEGLI ALIBI È FINITO
L’
Italia si accoda all’andamento positivo europeo: il Pil va meglio dell’atteso ed è in accelerazione, anche se l’incertezza politica costituisce un
mo concentrarci sul capitale umano, che è la nostra vera forza e rappresenta la chiave di volta attraverso cui il sistema Paese può non solo reggere l’impatto
freno al recupero. Ci chiediamo che cosa fare per crescere di più. Basterebbe scommettere sui nostri punti di forza. I dati dell’export confermano come l’Italia abbia una capacità competitiva di livello assoluto. Lo dimostrano quelle imprese che hanno saputo innovare. Ma chissà quanto potremmo sfruttare le nostre abilità se solo il debito pubblico, la burocrazia ottusa, la lenta giustizia e la fragilità di parte del sistema bancario non frenassero la propensione agli investimenti. C’è una crisi di credibilità italiana che va superata con la fatica del lavoro quotidiano, la serietà dei comportamenti, la visione e l’energia necessarie per dare un contenuto effettivo al cambiamento e per conseguire finalmente risultati. L’apporto che vogliono dare i manager è quello non solo della visione strategica, ma anche del modo di realizzarla. Non annunci mediatici, ma risultati concreti. Vogliamo contribuire a sostenere una governance responsabile, proponendo soluzioni generali a problemi particolari. L’innovazione è indispensabile perché il successo di un’azienda, come di un’organizzazione, si gioca sulla capacità di anticipare i cambiamenti e la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività. E se l’Italia vuole uscire dal tunnel della crisi e imboccare quello della competitività, la figura centrale di questo cambiamento sarà quella del manager. Si nominano nuovi manager e questo non può che farci piacere. Dobbia-
della rivoluzione in atto, ma anche cavalcarne l’onda per riaffermare la propria eccellenza. Prepariamoci per tempo a reagire, puntando sull’innovazione, sia come individui che come comunità manageriale, come promotori e facilitatori di progettazione integrata, multidisciplinare e condivisa. Sono tante le sfide che Manageritalia ha messo in campo. In quanto organizzazione di rappresentanza, sentiamo nostro il compito di accelerare il cambiamento in atto, agevolarlo e orientarlo con il contratto collettivo e il welfare di categoria. La crisi della società nel suo insieme, in cui prevalgono l’individualismo e l’egoismo sugli interessi della collettività, ha provocato la crisi della rappresentanza. Le relazioni sindacali devono contribuire in maniera decisiva alla crescita della ricchezza e del benessere delle imprese e delle persone. Devono diventare rapporti tra soggetti consapevoli che condividono gli obiettivi di sviluppo aziendale. Noi ci riconosciamo in questo attivismo. Siamo consapevoli dei nostri ruoli nelle imprese e nella società, di quello che siamo e vogliamo continuare a essere; rappresentiamo una cultura manageriale in grado di proporre un’azione di reale sostegno ai cambiamenti in atto. Stato, imprese, lavoratori, cittadini, tutti, dobbiamo reagire insieme per affrontare le sfide comuni del nostro tempo e per allargare gli orizzonti del nostro futuro, pensando ai nostri figli e al mondo in cui vivranno, poiché le scelte che oggi compiremo, o non compiremo, domani avranno per loro delle conseguenze. Guido Carella - guido.carella@manageritalia.it
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Sommario Copertina 6 Intervista a Emilie Wapnick Voglio un lavoro, anzi due, o tre…
George Kohlrieser 48 Sei un leader?
Manageritalia 12 Lavori in corso 20 Un territorio 4.0 42 Executive professional: we want you!
Ambiente 50 L’America first schiaccia l’accordo di Parigi
InfoMANAGER Manageritalia Quadri 71 Quadri alla riscossa, ma da quale punto di vista?
Iniziative Manageritalia 54 Tennis in terra rossa
Associazioni territoriali 75 Per la quarta volta voglio fare il manager! Assidir Cassa De Lellis 77 Un’eccellenza nell’assistenza sanitaria privata
Risorse umane 22 Le differenze culturali Startup e oltre... 28 Open mind per open innovation
RUBRICHE 26 Osservatorio legislativo 34 Lavoro manageriale
Formazione 36 Apprendere oggi
58 Pillole di benessere
Interviste Marina Calderone 40 Appuntamento a Torino per il Festival del Lavoro 2017
Cfmt 80 A scuola di management 81 Good boss vs bad boss
59 Arte 60 Libri
è online su
61 Letture per manager 62 Lettere
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63 N. 7-8 LUGLIO/AGOSTO 2017
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA STARTUP E OLTRE... MANAGERITALIA
LAVORI IN CORSO
OPEN MIND PER OPEN INNOVATION
EXECUTIVE PROFESSIONAL: WE WANT YOU!
Emilie Wapnick
Una carriera? Non ci basta più MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
Canadese, classe 1984, è la guru dei multipotenziali e ideatrice di modelli di riferimento per le carriere multiple. È spesso protagonista di Ted Talks su questi temi.
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Copertina
VOGLIO UN LAVORO, ANZI DUE, O TRE…
Il percorso di carriera unico, lineare e stabile non esiste più. Ma anche l’idea di un solo ruolo professionale, per cui si dovrebbe avere una vocazione esclusiva, fin da giovani, è ormai sbiadita. Dedicarsi a più lavori, in settori diversi, può essere un modo per crescere, aprire nuove strade, sviluppare network e coltivare i nostri interessi autentici. Intraprendere carriere multiple regala sfide, soddisfazioni personali e molte opportunità per affrontare con successo i periodi di crisi: parola di Emilie Wapnick, autrice del libro How to be everything, che ha suscitato un ampio dibattito nella business community. L’abbiamo contattata per capire quale dovrebbe essere l’approccio migliore per poter svolgere attività professionali diverse tra loro, contemporaneamente o in momenti diversi della nostra vita. Davide Mura
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Emilie Wapnick è nata nel 1984 a Montreal. È autrice di canzoni, musicista, web designer, regista, scrittrice, insegnante, imprenditrice e blogger. Ha studiato arte e film making, conseguendo una laurea in legge presso la McGill University. È career & life coach, tiene conferenze per i Ted Talks ed è founder and creative director di Puttylike.com, piattaforma di condivisione dedicata ai multipotenziali e alle carriere multiple. I media internazionali pubblicano regolarmente servizi su di lei, dalla BBC al Financial Times, dall’Huffington Post a Forbes.
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Copertina Il suo libro esplora un modo nuovo e intrigante di concepire il lavoro, la carriera e la propria vita, quello di una persona multipotenziale: come potrebbe definire in poche parole questo profilo? «Un multipotenziale è un individuo che nutre parecchi interessi e vuole dedicarsi ad attività che giudica creative e sfidanti. È una persona incuriosita da diverse discipline che non hanno un legame tra loro. Non esiste un unico modo di essere dei multipotenziali: c’è chi ha sul piatto più progetti differenti nello stesso momento e altri che si dedicano a ciascuno di questi in modo sequenziale, uno dopo l’altro». Tutti noi cresciamo con l’idea che occorre trovare al più presto la propria vera vocazione, indirizzandoci verso una determinata carriera, come se questa fosse l’unica strada possibile per il successo personale. Perché crede che questa convinzione sia così radicata nella nostra società? «La convinzione moderna della specializzazione affonda le sue radici nella rivoluzione industriale. Da quel momento in poi il modello più efficiente per ogni persona è stato quello di occuparsi in maniera esclusiva di un singolo compito, ricoprendo un ruolo immutabile, per poter essere un ingranaggio del sistema. In
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questo modo la nostra industria ha prosperato. Ma il punto è che non viviamo più nell’era industriale. Col tempo, un percorso professionale lineare e definito è diventato una norma sociale che non mettiamo minimamente in discussione e che è stata persino romanticizzata. In sostanza è quell’idea, dal mio punto di vista ansiogena, di essere destinati a fare un’unica cosa per tutta la nostra vita. Il problema è che molte persone sono incuriosite da più settori e magari sono inclini a contaminarli tra loro, perché così si possono guardare i problemi da prospettive diverse. Il mito della vera e unica vocazione ci incastra per farci sentire a disagio
con noi stessi, ci fa rinnegare i talenti naturali e la curiosità». In che modo si può impostare una carriera multipla? «Le personalità multipotenziali sono più soddisfatte e raggiungono grandi risultati quando hanno una quantità sufficiente di varietà nella loro vita. Ci sono quattro principali modelli che tendono a utilizzare: l’Approccio dell’abbraccio di gruppo, ovvero unire molti interessi in un’unica professione o in un business sfaccettato; l’Approccio del taglio, quindi avere molti lavori e/o business part-time che si cambiano con regolarità; l’Approccio di Einstein, ovvero avere un lavoro
stabile e tranquillo durante il giorno che garantisca i nostri bisogni economici ma che ci lasci abbastanza tempo libero ed energia per perseguire molte passioni una volta terminato e, infine, l’Approccio della Fenice, che consiste nel gettarsi a capofitto in un settore per un numero di anni e poi cambiare rotta e iniziare una carriera totalmente diversa in un nuovo campo e così via. Questi quattro modelli possono essere sovrapposti e personalizzati, ma sono un buon punto di partenza per progettare una vita e una carriera che permettano di esplorare nuovi ambiti e allo stesso tempo avere dei guadagni». È sempre possibile reinventare se stessi, a qualunque età? «Naturalmente. Supponiamo che si stia lavorando in un settore che un tempo si riteneva interessante ma che da 6/12 mesi presenta compiti ripetitivi e poco stimolanti. Dentro di noi sappiamo che c’è qualcosa di nuovo che ci piacerebbe fare. Forse si potrebbe trovare un lavoro legato alla nostra nuova passione, ma sembra poco realistico: dove iniziare? come introdursi in un settore dove non si ha mai lavorato prima? come competere con altri candidati con una formazione e un’esperienza in quel campo? Ci possono essere diverse strategie per non perdere tempo». Ci dia qualche consiglio pratico. «Si può cominciare a consultare il proprio net-
work, dato che le relazioni sono più importanti del cv. Conosciamo qualcuno che lavora in quel settore o in un altro vicino? abbiamo amici che possano fare da connettori e che conoscano persone interessanti? Espandete il vostro network: partecipate a eventi legati al nuovo interesse, frequentate pre-
«Un multipotenziale è un individuo che nutre parecchi interessi e vuole dedicarsi ad attività che giudica creative e sfidanti. Le personalità multipotenziali sono più soddisfatte e raggiungono grandi risultati quando hanno una quantità sufficiente di varietà nella loro vita». sentazioni, provate a conoscere nuove persone. Se si è introversi come lo sono io, basta rimanerci per poco tempo e stare in contatto con chiunque abbiate conosciuto e che possa diventare un possibile amico o collega: cercate di rivederlo al più presto. Un altro consiglio è di fare volontariato, per differenti cause. Non mi stancherò mai di ripeterlo:
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Copertina le attività legate al non profit offrono straordinarie opportunità di networking e per imparare allo stesso tempo cose nuove. È più facile di quanto si possa immaginare conoscere persone che possano aiutarci a cambiare il nostro lavoro in contesti del genere. Si può anche iniziare a svolgere del lavoro a titolo gratuito, individuando un imprenditore con cui vi piacerebbe collaborare proponendogli un
supporto gratuito per un progetto che potrebbe essergli utile: potreste scoprire che realizza degli ottimi video ma che non sono sufficienti, in quel caso offritevi di farne altri per lui. Al termine, se sarà soddisfatto di voi e gli avrete portato valore, potrete proporgli un’attività retribuita. Fate formazione, ottenete nuove certificazioni nel vostro tempo libero, anche online. Stressate le vostre compe-
«Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito al fallimento di molte aziende e interi settori industriali sono stati scompaginati. Considerando la natura imprevedibile dell’economia e della tecnologia di oggi è molto difficile capire dove si stia andando. In questo clima di incertezza, sviluppare un ventaglio di competenze diverse e affinare l’adattabilità rappresenta una grande risorsa».
tenze trasferibili, sforzatevi di spiegare e di valorizzare le vostre esperienze passate che possano essere utilmente impiegate nel nuovo lavoro, così come le soft skill: lavorare sotto pressione, rispettare le scadenze o gestire clienti difficili. Quando lasciate un lavoro per lanciarvi in una nuova avventura c’è sicuramente qualcuno che subirà questa vostra decisione: fate in modo che la transizione sia fluida e dolce, mostrando gratitudine per le opportunità che vi sono state offerte fino a quel momento e nei confronti di chi ha potuto contare su di voi. È possibile anche essere degli imprenditori seriali: dovreste in questo caso individuare le vostre priorità, le attività su cui si sta già lavorando che possano essere sviluppate in altri ambiti, risolvere i primi problemi pratici, iniziare da piccoli progetti, informare il vostro network della vostra nuova idea di impresa e così via». Esistono degli ostacoli? «Il più grande ostacolo che un multipotenziale si trova a fronteggiare è la mancanza di risorse per la carriera e modelli di riferimento. La società non ci capisce e il modello di carriera tradizionale di solito non considera prioritari aspetti come la varietà e l’esplorazione di nuovi settori e attività. Abbiamo inoltre bisogno di imparare come bilanciare la nostra spinta verso il nuovo con il desiderio di fare progressi nei singoli progetti».
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Ritiene che le carriere multiple, i business “ibridi” e le professioni multisfaccettate saranno sempre frequenti nei prossimi anni? È questo il futuro che attende i giovani Millennial e quelli della generazione Z? «Sì, ne sono convinta. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito al fallimento di molte aziende e interi settori industriali sono stati scompaginati. Conosco persone che si sono specializzate al di fuori del proprio lavoro. Considerando la natura imprevedibile dell’economia e della tecnologia di oggi, è molto difficile capire dove si stia andando. In questo clima di incertezza, sviluppare un ventaglio di competenze diverse e affinare l’adattabilità rappresenta una grande risorsa. Non credo che però questo scenario riguardi solo i Millennial o i giovanissimi. Ho conosciuto molte persone più mature che stanno iniziando nuove carriere e affrontano diverse forme di lavoro sia per necessità sia per interesse personale». I manager dovrebbero essere tutti in qualche modo dei multipotenziali? «I bravi manager tendono proprio a essere multipotenziali poiché devono guardare le cose da una prospettiva più ampia e tenere sotto controllo persone e progetti diversi. E le personalità multipotenziali sono del resto attratte dai ruoli manageriali».
Dedicarsi a un unico lavoro per tutta la vita non è una prospettiva allettante e per i multipotenziali è semplicemente un incubo. Emilie Wapnick invita tutti coloro che coltivano più interessi a intraprendere più professioni, contemporaneamente o in modo ciclico. Cambiare vita, scompaginare le carte, contaminare i business: Wapnick offre nel libro la soluzione migliore per essere pronti a cogliere nuove opportunità, ampliare il proprio network e mettere a frutto i nostri talenti. La multipotenzialità può rappresentare tuttavia un problema e suscitare disagio, portando a troppi impegni, stress, scelte impulsive, confusione (C’è qualcosa di sbagliato in me? Perché non riesco a trovare la mia strada? Riuscirò mai a progredire in quello che faccio e a conseguire una carriera?). L’autrice insegna come gestire, con successo, più identità attraverso approcci concreti e pratici. Il libro contiene numerose storie di multipotenziali che hanno avviato più percorsi di carriera e può essere considerato una guida utile per un’epoca incerta e fluida come la nostra, dove la capacità di adattarsi e cambiare rotta è senz’altro un asso nella manica. How to be everything - A guide for those who (still) don’t know what they want to be when they grow up, pagg. 240, HarperOne.
Molti esperti ritengono che i robot, che sono per loro natura iper specializzati, stiano già rubando lavoro agli esseri umani: una formazione sulle carriere multiple potrebbe essere un modo per prevenire la disoccupazione? «Sì, parecchi ruoli specializzati saranno sostituiti dai computer. Più attività professionali garantiscono redditi diversificati, così che non si debba mettere tutte le uova nello stesso paniere. Inoltre
ci sono cose che le macchine non sanno fare, come il pensiero creativo, la sintesi delle idee, l’empatia, tradurre un messaggio per gruppi di lavoro che parlano differenti lingue, la capacità di risolvere una situazione problematica o di portare alla luce un grande progetto. Queste sono competenze che i multipotenziali sembrano inclini ad avere, ma possono essere apprese e affinate da ciascuno di noi».
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Manageritalia
LAVORI IN CORSO All’89esima assemblea nazionale una panoramica sui progetti, le iniziative e i gruppi di lavoro sul territorio. La nostra Associazione è in piena attività, con i suoi manager in prima linea
Davide Mura
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OSA DOVREBBE FARE un’associazione di manager con oltre 70 anni di storia per essere autorevole e credibile oggi, in un contesto fluido e imprevedibile? Affiancare i manager per rispondere al meglio alle loro sfide professionali, coinvolgerli attivamente per contribuire alla crescita delle loro aziende e del Paese. Oggi noi siamo una grande community, forte, attiva e unita. Un punto di riferimento per la galassia del terziario, formata da dirigenti, quadri ed executive professional (vedi articolo a pagina 42 sull’incontro dedicato a quest’ultimo gruppo di associati). Alla 89a assemblea nazionale (Milano, 9 e 10 giugno) è emerso soprattutto questo: siamo leader tra le associazioni di categoria del nostro Paese e i consensi che stiamo ottenendo, in aumento, ne sono una dimostrazione tangibile. Manageritalia svela dunque il suo volto
più dinamico e la sua capacità di stare al passo coi tempi: del resto il suo percorso lungo i decenni le ha insegnato a puntare verso mete sempre più alte, consapevole che può farcela, che i risultati ci sono e che i numeri della sua ba-
dal futuro incerto, benché non manchino segnali positivi. «Il tempo degli alibi per il nostro Paese è finito» ha detto Carella «l’Istat ha rivisto in deciso rialzo la crescita del primo trimestre del 2017, con il Pil che balza allo 0,4% sul
neamente in funzione, mentre noi giriamo a ritmo lento. Serve una nuova consapevolezza: non possiamo permetterci di sciupare i prossimi mesi come abbiamo fatto in passato. Come ha detto il governatore Visco, serve uno
se associativa parlano chiaro e incoraggiano a intraprendere nuove strade.
trimestre precedente e all’1,2% su base annua. Questa revisione positiva è dovuta proprio alla buona performance del settore dei servizi. La parte dell’Italia che non ha mai smesso di correre e ha trascinato il resto del Paese. Eppure, nonostante ciò, la nostra economia, la terza maggiore della Ue, è la più lenta nel blocco dei 19 paesi che compongono l’eurozona. È come se tutti i motori dello sviluppo fossero contempora-
sforzo eccezionale per rilanciare il Paese».
Rilanciare il Paese I lavori assembleari sono partiti con un intervento introduttivo del presidente federale Guido Carella, che ha descritto la terziarizzazione della nostra economia, indicando le finalità della nostra Organizzazione, in una fase economica problematica e
Piano nazionale e Industria 4.0 «L’Italia» ha ricordato il presidente Manageritalia «ha sviluppato un piano nazionale Industria 4.0. Sarebbe opportuno cominciare a parlare di economia o impresa 4.0, anche perché oltre il 60% del valore aggiunto prodotto in Italia dipende dal settore dei ser-
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Manageritalia vizi. Oltre il 95% della crescita dell’occupazione è concentrata nel terziario, in cui i livelli occupazionali superano di oltre mezzo milione quelli del 2008. È il settore che più di altri genera percorsi di nuovi modi di generare valore. Una precisazione che si deve alle imprese che lo compongono, quelle micro, piccole e medie imprese che contribuiscono in maniera considerevole al sistema economico italiano e che soprattutto saranno quelle che subiranno, più di altre, questa rivoluzione, fatta anche di cambiamenti repentini del modo di competere sul mercato. Di conseguenza, per
fare un cambio di marcia non si parte dalla tecnologia, ma dalla strategia: evoluzione, quindi nuovi modelli di lavoro, e rivoluzione, un cambiamento radicale del modo di competere». Di fatto non ha quasi più senso parlare di industria e terziario secondo i vecchi schemi, ma di business sempre più sinergici.
Incremento della base associativa I manager, in Italia, sono ancora troppo pochi, ma i dati della nostra base associativa presentati in assemblea mostrano segnali incoraggianti: i dirigenti che hanno
il nostro contratto (fonte Fondo Mario Negri) a fine maggio 2017 sono quasi 23.000. Per quanto riguarda l’andamento dell’ultimo anno e dei primi mesi del 2017, tra gennaio e maggio, abbiamo un incremento di 342 dirigenti, pari al +1,5%. Nel 2016 si è registrato un aumento di 631 dirigenti, pari al +2,9%. Le previsioni sono positive, ma il tessuto produttivo va rafforzato e irrobustito per consolidare la ripartenza. In Italia ci sono del resto oltre 20mila posti vacanti per profili tecnologici elevati: i manager vogliono e possono sopperire a questa mancanza.
Un’assemblea in 4D Le sale convegni all’interno degli hotel sono generalmente ambienti freddi e anonimi. Creare aree dove un appuntamento business o un evento diventino un’esperienza impressa nella memoria dei partecipanti anche grazie all’ambientazione è oggi la sfida del settore dell’ospitalità. Ma fino a che punto ci si può spingere? La tecnologia oggi è in grado di fornire una risposta a chi intende suscitare il “wow effect” in un pubblico che rischia di annoiarsi in fretta. Video istituzionali replicabili, slide e jingle introduttivi con la voce fuori campo sembrano ormai appartenere al passato. Per questo i lavori dell’ultima assemblea Manageritalia si sono svolti per la prima volta nell’Immersive Room dell’Enterprise Hotel di Milano (Gruppo Planetaria Hotels), un’innovativa stanza progettata per rendere gli eventi più coinvolgenti e innalzare il livello di engagement. Attraverso l’utilizzo di proiettori speciali e un sistema di acustica di ultima generazione, abbiamo fatto un viaggio virtuale nello spazio, come se fossimo a bordo dell’astronave di Star Wars, da cui il quattro stelle di Milano prende il nome, tra stelle e pianeti. Il tema dell’Immersive Room può naturalmente variare a seconda delle esigenze specifiche e del messaggio da veicolare. Abbiamo aperto l’assemblea con un video che proiettava sulle quattro pareti e riuniva poi al centro obiettivi, attività, numeri e contributi delle persone che formano un’organizzazione autorevole che guarda al futuro, forte di un ricco bagaglio di esperienze. Tutta l’assemblea ha visto proiettati sulle pareti slide, immagini del relatore e quant’altro utile a condividere i temi. In chiusura la navigazione nel cosmo di una navicella ci ha proiettati in quel futuro che dobbiamo costruire insieme ai nostri 35mila associati.
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CHI SORRIDE SPESSO
VIVE MEGLIO.
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Manageritalia Prioritalia Uno dei momenti clou dei lavori assembleari è stata la discussione su Prioritalia, associazione nata per valorizzare l’impegno civile della comunità manageriale e coinvolgere il tessuto vivo e produttivo del Paese nell’aspirazione di un’Italia migliore, animata dalla sua presidente Marcella Mallen. Di grande attualità la scelta fatta, nell’estate del 2012, di crearla e sostenerla. I primi anni sono serviti per fare esperienza. L’indirizzo intrapreso è quello giusto. Tocca a noi continuare ad alimentarla con entusiasmo, impegno e iniziative sia a livello territoriale sia nazionale. Vogliamo contribuire a sostenere una governance responsabile, proponendo soluzioni generali a problemi particolari. Questo richiede un’aggregazione, anche di interessi differenti, che però permette l’emergere di prospettive di politiche non particolaristiche. Il nostro riferimento devono essere le istituzioni, di tutti i generi, non i partiti. Il dibattito che vogliamo scatenare dovrà acquisire una valenza tecnica, in modo da guardare ai problemi e proporre soluzioni innovative a favore della collettività.
Piano operativo 2016-2020 Ampio spazio della due giorni è stato dedicato al Piano operativo per il prossimo quadriennio. Non a caso: è uno spaccato di quanto
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siamo attivi con progetti e iniziative sul territorio. Il piano operativo non è un processo burocratico, una serie di riunioni e di report destinati alla polvere degli archivi. È lo strumento con il quale stiamo affrontando la complessità del contesto associativo e sociale in cui operiamo. Abbiamo adottato regole e strumenti che ci consentono di
ha rappresentato un punto di svolta per fare un primo bilancio e individuare i prossimi obiettivi. Si è voluto mostrare il cantiere, non solo la struttura architettonica. E come in ogni cantiere, si tratta di affrontare ogni giorno le difficoltà della realizzazione, le complessità del lavoro di squadra, gli eventi ambientali che costringono
lavorare anche a distanza, di condividere idee e azioni, di ottimizzare i tempi, ma il risultato dipende soprattutto dall’impegno, dalla professionalità e dalla passione di tutti coloro che sono attivi nei progetti. I progetti sono già pienamente operativi, tanto che l’assemblea
a modificare i piani. Sette i gruppi di lavoro che sono stati presentati dai project leader: Daniele Testolin (“Un contratto per i nuovi manager del terziario”, volto a far conoscere e a diffondere il contenuto del nostro ccnl, uno dei migliori rapporti per regolare le attività manageriali); Roberto Salio-
la (“Manager innovatori per fare impresa”, che prevede l’inserimento di manager in iniziative sul territorio, supporto alle startup e nella nascita di imprese che abbiano manager come promotori); Paolo Scarpa (“Manager italiano e globale”, per supportare i manager che si trasferiscono all’estero e coloro che arrivano in Italia); Ambra Neri (“Un network di relazioni e di competenza”, per creare, rendere operativa e costantemente viva una community di manager all’interno della quale i
partecipanti possano esplicitare e valorizzare le proprie competenze ed esperienze mettendo in comune i propri trascorsi professionali); Giuseppe Monti (“Community Turismo”, task force formata per il momento da una cinquantina di manager del settore turistico che punta alla configurazione del destination management, a creare una piattaforma in grado di coinvolgere stakeholder, a definire le varie tipologie di turismo viste tutte come opportunità e a offrire soluzione alla desta-
gionalizzazione); Marco Ballarè (“Valorizzare il territorio”, per portare ai nostri associati ciò che fanno le nostre associazioni territoriali, in particolare le attività dell’ultimo triennio) e infine Edvige della Torre (“#Prioritaria, dal progetto al cambiamento”, che punta a dare concretezza ai progetti dell’associazione e a comunicarli attraverso eventi e strumenti come la newsletter). Il focus sul Piano operativo 2016-2020 diventerà un appuntamento ricorrente sulla nostra rivista, che a
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Manageritalia mente. E, con questo impegno, traccia il percorso dei gruppi.
Dibattito e adempimenti Durante i lavori è stata particolarmente accesa e partecipata la discussione durante il question time, anche via social, basti pensare che l’hashtag
partire dal prossimo numero ospiterà approfondimenti tematici di ciascuna area, articoli specifici su uno o più progetti, flash sui risultati intermedi. Ci siamo presi l’impegno di raccontare con trasparenza il lavoro e di sottoporci ai vostri commenti. Il cantiere è ambizioso e articolato, nuovi “progettisti” e “operai” sono sempre benvenuti. La forza della collettività al servizio del singolo è un valore che Manageritalia continua a declinare quotidiana-
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#assembleamanager, utilizzato come sempre per questo appuntamento, ha generato oltre 200 menzioni, tra Twitter e Facebook. Molti gli approfondimenti emersi, grazie agli interventi mirati volti a conoscere meglio le nostre iniziative. Oltre alla presentazione dettagliata e all’approvazione dei loro rispettivi bilanci, i Fondi contrattuali e le società partecipate di Manageritalia hanno visto l’elezione per il rinnovo dei loro consigli direttivi.
Sfide di Manageritalia Già dall’ultimo Congresso, Manageritalia si è dotata degli strumenti per guardare oltre le emergenze contingenti alzando lo sguardo verso l’orizzonte, sperimentando modalità innovative per allargare la partecipazione e la condivisione. Sono tante le sfide che Manageritalia ha messo in campo. In quanto organizzazione di rappresentanza, sentiamo nostro il compito di accelerare i cambiamenti in atto, agevolarlo e orientarlo con il contratto collettivo e il welfare di categoria. L’evoluzione organizzativa deve andare di pari passo con l’evoluzione dei modelli di rappresentanza. Durante l’assemblea si è respirato un vento di attivismo: ci stiamo mobilitando per fare qualcosa per noi e per il Paese, con l’augurio di contribuire alla ripresa economica. Dopo la stipula di tutti i nostri contratti collettivi, che costituiscono un traguardo mai scontato, i rapporti con le controparti, in particolar modo Confcommercio, sono di grande collaborazione. Il percorso partito dal Congresso 2016 ha portato alla definizione di priorità frutto di un lavoro di pianificazione e organizzazione senza precedenti per la nostra Federazione, che ha coinvolto in questi mesi tutti i consigli direttivi e molti colleghi volontari. Centinaia di persone, con le quali vogliamo costruire il futuro di Manageritalia.
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Manageritalia
UN TERRITORIO 4.0 Le assemblee territoriali cambiano faccia. Hanno una parte pubblica su temi caldi, coinvolgono anche esperti e stakeholder esterni e vanno in diretta su Facebook. Un momento per vivere l’Associazione e avere spunti importanti per le sfide professionali Enrico Pedretti
Seguici su Facebook! clicca “Mi piace” sulla nostra pagina per non perderti tutte le nostre attività e rivedi le pillole che hanno fatto parte dei lavori assembleari.
https://www.facebook.com/Manageritalia/
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SSEMBLEA è un termine nobile, che richiama un incontro tra persone per discutere di fatti che li riguardano. Poi la vita ci ha spesso insegnato, frequentandone alcune di vario genere, che sono noiose, perché piene di aspetti burocratico-liturgici,
litigiose, perché ci si azzuffa per qualsiasi cosa. A seguire tutti gli altri sentimenti che potete aver provato o vi hanno raccontato. Bene, quelle che avvengono da sempre sul territorio, nelle tante Associazioni di Manageritalia, storicamente erano spesso un po’
troppo paludate e liturgiche. Da qualche anno abbiamo però cominciato a provare a cambiarle e piano piano ci stiamo riuscendo facendole diventare un piacevole momento di partecipazione alla vita associativa e di scambio e networking utile per la professione.
Novità in corso Abbiamo snellito gli aspetti statutari, che comunque ci vogliono, e li abbiamo incentrati più sulle parti di servizi e attività per gli associati. Abbiamo inserito quasi sempre una parte pubblica su temi caldi, dove autorevoli interlocutori esterni ci portano a riflettere e discutere, magari coinvolgendo anche rappresentanti di istituzioni e stakeholder del territorio. Insomma, un modo per prendere più “piccioni” con un’assemblea. Fare un bilancio dando conto dei numeri, dare corpo a questi parlando dei servizi e delle attività che ci stanno dietro, migliorandone così la conoscenza e le possibi-
Di cosa abbiamo parlato quest’anno? Ancona L’economia post terremoto; la tutela giuridica dei quadri Bari Quale sanità per il futuro? Bologna Emilia Romagna 4.0. Cartoline dal futuro ovvero “Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione” Firenze I like robotics - La robotica per i giovani, le imprese, la collaborazione per innovare Genova Spettacolo: Sopravvivere al conflitto Milano Il futuro e i suoi miti Napoli Tavola rotonda 4.0 - Lavoro, manager e futuro Roma Da Industria 4.0 a Economia 4.0 Torino Presentazione di due tesi - Donne dirigenti in Valle d’Aosta; Il welfare integrativo nei contratti dirigenti Trento Fasdac: situazione attuale e prospettive future Veneto Presente e futuro del settore terziario
lità di utilizzo, parlare di temi utili per la professione e, ultimo, ma non per importanza, stimolare il networking tra i manager associati presenti e la visibilità dell’associazione all’esterno. Così sono più o meno tante, se non tutte, le assemblee delle Associazioni territoriali Manageritalia negli ultimi anni e quest’anno ancor di più. Venendo ai temi caldi trattati, nel 2015, per esempio, ci eravamo concentrati sugli scenari da lì al 2025 in vista del Congresso, coinvolgendo così offline un migliaio di associati nella costruzione del nostro futuro, qualche altro migliaio lo abbiamo coinvolto anche online. Un anno 4.0 Nell’ultima tornata, maggio 2017, tante associazioni hanno parlato dell’Economia 4.0 e del lavoro che cambia, con esperti e rappresen-
tanti delle istituzioni. Un buon successo sia in termini di presenze sia di interesse e condivisione dei contenuti. Un successo che si è amplificato online con la diretta su Facebook di pillole di parte dei lavori (salvate e quindi rivedibili anche in seguito) che hanno ricevuto oltre 10mila visualizzazioni totali. Quindi, vale la pena prendere parte alla prossima assemblea della vostra Associazione. Nell’attesa potete partecipare ai vari eventi che organizziamo e/o dei quali siamo partner sul territorio. Sempre nell’ottica di ricevere da noi il massimo supporto e stimolo per la professione, non solo in termini di servizi. Ma anche di portare il vostro contributo per delineare il futuro della nostra associazione e di tutti quelli che ne fanno parte.
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Risorse umane
LE DIFFERENZE CULTURALI Aziende e organizzazioni hanno sempre più bisogno di una bussola per orientarsi nel contesto globale e multiculturale in cui operano. Questa bussola potrebbe essere il Modello di Hofstede. Vediamo di cosa si tratta Anna Paola Simonetti consulente The Hofstede Centre
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IFFERENZE culturali tra paesi: tema attualissimo, da affrontare con urgenza, non per pura curiosità intellettuale, ma perché da queste differenze possono sorgere conflitti imprevisti e incomprensioni molto profonde, in cui rischiano il naufragio iniziative nate da presupposti tecnici, finanziari, d’affari e di crescita eccellenti. Si parla in molti casi di shock culturale: può sembrare un’esagerazione, ma sfido chiunque a mantenere la calma quando scopre che la riunione presso il partner finlandese si svolge in una sauna a 90°, che la controparte cinese dice sempre di sì, ma non fa mai quanto convenuto, o ancora che il collega tedesco s’intestardisce sulla sua tesi e diventa anche molto arrogante. Non occorre andare molto lontano per incontrare problemi culturali: anni fa, una multinazionale decise di spostare la propria sede europea dall’Olanda al Belgio, dove già esisteva una filiale, trasferendo tutto il personale olandese. Un trasloco di poco più di un centinaio di chilometri, due paesi sen-
za nemmeno una frontiera, una lingua in comune: eppure nei primi sei mesi la convivenza tra olandesi e belgi fu difficilissima, quasi caotica, aspri conflitti, con gli affari in caduta libera! Purtroppo nessuno aveva preparato tutti i colleghi ad affrontare la situazione, spiegando che il modo in cui belgi e olandesi concepiscono i rapporti d’affari e la comunicazione con i manager, la motivazione al lavoro o semplicemente quando fare la pausa caffè, è completamente diverso, direi diametralmente opposto! Ma proprio qui sta il vero nocciolo della questione: chi nasce e cresce in una cultura reputa “normale”, giusto, buono, adeguato, quello che per altri, con valori culturali diversi, è “anormale”, sbagliato, ingiusto… Oggi aziende e organizzazioni hanno sempre più bisogno di una
“bussola” per orientarsi nel contesto globale e multiculturale in cui operano. E sicuramente necessitano di qualcosa di più approfondito di una business etiquette, che spesso finisce per accentuare la sensazione di estraneità nei confronti di altre culture. Questa bussola esiste e la si può trovare nel libro Culture e organizzazioni, di cui ho recentemente curato la traduzione italiana. Il testo descrive la ricerca statistica condotta dal professor Gert Hofstede in oltre cento paesi, da cui scaturisce il modello interpretativo delle diversità culturali nazionali, riconosciuto come riferimento irrinunciabile per chiunque tratti temi interculturali.
Le 6 dimensioni del modello interpretativo In grande sintesi, il modello indivi-
dua sei dimensioni, cioè sei valori culturali, e ci indica quanto ogni valore si rifletta nei comportamenti osservabili in ciascun paese indagato dalla ricerca. Le dimensioni corrispondono ai dilemmi fondamentali che tutte le culture devono risolvere.
Distanza di potere
Prima dimensione, Distanza di potere: come, cioè, una cultura conce-
pisce il rapporto con il potere e con chi lo detiene all’interno di una gerarchia, esplicita o implicita, in famiglia, a scuola, in azienda. Fondamentale riconoscerla in ogni relazione manageriale e d’affari. Nelle culture gerarchiche, ad esempio, chi ha potere è attorniato da evidenti status symbol, malvisti e quasi irritanti per chi proviene da culture egualitarie. Un mio coachee svedese, futuro ceo di una succursale turca, prima di insediarsi volle sostituire l’enorme scrivania e la poltrona in legno scolpito del suo ufficio con mobili molto più semplici. Malinteso culturale! La Svezia è egualitaria (e, come l’olandese, preferisce il basso profilo), quindi per lui quei mobili erano spropositati; mentre nella cultura turca, più gerarchica, rappresentavano i simboli del potere: elimi-
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Risorse umane nandoli, avrebbe perso per collaboratori e clienti anche il potere insito nel ruolo e, quindi, il loro rispetto.
Individualismo Valore per cui in una cultura i legami sociali sono centrati sul singolo individuo, contrapposto al collettivismo, dove il valore sociale di una persona (la sua “faccia”) dipende dalla sua appartenenza a un gruppo o a una famiglia e dalle buone relazioni che annovera. Una curiosità: le culture collettiviste sono molto più numerose delle individualiste, concentrate soprattutto in Europa occidentale e nel mondo anglosassone. Da qui le grandi difficoltà di manager e negoziatori an-
che italiani di trattare, ad esempio, con le culture orientali, arabe e latino-americane. La strategia vincente è: investire molto tempo, anche mesi, nel costruire buone relazioni, per creare fiducia ed essere inclusi nella rete sociale, senza dimenticare che il buon manager si comporta da vero capofamiglia, severo quando occorre, ma che si prende cura in tutto
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e per tutto delle sue persone (e delle loro famiglie).
Mascolinità
Valore che si riflette nella competitività, nella realizzazione di
taria): ristrutturare l’edificio durante la chiusura estiva. Domando: «Ha consultato il personale?» «Certo che no, sarà una bella sorpresa per tutti!». Errore, perché? In quella cultura, ogni decisione va presa ottenendo il consenso di chiunque ne sia toccato, altrimenti anche le migliori intenzioni rischiano di sortire malumori e demotivazione.
Avversione all’incertezza
obiettivi concreti e nella motivazione data dal successo personale; al polo opposto si colloca la femminilità che preferisce la collaborazione, la modestia, l’essere di aiuto agli altri e punta alla qualità della vita più che al successo conquistato. Le culture più femminili: Olanda, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, dove ci si aspetta che il manager sia soprattutto un bravo conciliatore delle diverse esigenze individuali, più in ascolto che al comando, ed eserciti una vera leadership consultiva. Recentemente un direttore generale italiano, a capo di un’azienda olandese, volendo rinnovare completamente la sede aziendale, stava per compiere un tipico errore da cultura mascolina (e meno eguali-
Valore che porta una cultura a privilegiare tutto ciò che possa dare sicurezza (ad esempio, norme, regole e procedure) e allontani l’ansia che deriva da ambiguità e incertezze. Se questo valore è meno fortemente sentito, le culture vivono con meno stress e accettano l’incertezza che la vita sempre comporta. Questa dimensione ha, tra l’altro, un forte impatto su pianificazione, controllo e burocrazia statale o aziendale. Il Giappone, ad esempio, è ad altissima avversione all’incertezza, con rigidi rituali sociali, il Regno Unito si colloca al polo opposto, come tutto il mondo
anglosassone. L’Italia si posiziona alta: abbiamo emotivamente bisogno di regolamentare la realtà che ci circonda, ma questo non implica sempre un incondizionato rispetto delle regole che ci diamo, con buona pace di molti pregiudizi altrui.
Orientamento
al lungo termine Valore che permea soprattutto le culture orientali e confuciane, caratterizzato da una visione a lungo
opposto, troviamo culture restrittive, in cui tale soddisfazione dev’essere limitata e disciplinata da rigide convenzioni sociali. È un valore da considerare quando, ad esempio, si deve posizionare e promuovere un prodotto sul mercato: cultura più ottimista o pessimista, spensierata o austera?
Consapevolezza dei propri valori culturali
termine e da un forte pragmatismo. Due esempi: le strategie che riguardano i prossimi cento anni delle aziende giapponesi; e il famoso detto cinese, quintessenza di pragmatismo: che il mio gatto sia bianco o nero, l’importante è che cacci i topi in cantina.
Indulgenza
La sesta dimensione individua culture che tendono alla soddisfazione relativamente libera dei desideri umani più naturali di godersi la vita, divertirsi, essere felici; al polo
Un’indagine condotta da PricewaterhouseCoopers segnala che per senior executive europei e americani espatriati le maggiori sfide sono: 69% il cambiamento dei comportamenti abituali, 65% le differenze culturali, 54% le diversità nelle prassi d’affari. Non disponiamo di dati su quante risorse finanziare, di tempo e psicologiche si possano risparmiare acquisendo competenze culturali, ma il buon senso ci dice che molto si può ancora fare se Kpmg indica che nelle fusioni internazionali il 53% del valore degli affari va perduto. Ma cosa fare, concretamente? Il primo passo è essere consapevoli
dei propri valori culturali confrontandoli con quelli delle altre culture: in questo ambito tutto è relativo, non esistono valori migliori di altri, ma solo diversi. È così possibile abbandonare etnocentrismi e pregiudizi, per comprendere, razionalizzandole, le profonde motivazioni dell’altro. Formare, poi, e costruire competenze culturali, grazie a percorsi specifici, per tracciare strategie efficaci di comunicazione, relazione o negoziali, di collaborazione e management, efficaci perché adeguate ai contesti culturali in cui si opera. In questo complesso percorso il Modello di Hofstede è una bussola indispensabile. Buona lettura e buon viaggio!
Chi ha avuto esperienze di studio o lavoro all’estero potrà finalmente dare risposta a molti dilemmi culturali rimasti irrisolti. I manager, chiamati sempre più frequentemente a operare a livello internazionale, possono affinare l’esercizio della propria leadership individuando una nuova capacità di gestione dei propri collaboratori stranieri. Culture e organizzazioni, G. Hofstede, G.J. Hofstede, M. Minkov, Franco Angeli Editore, Edizione italiana a cura di A.P. Simonetti.
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
osservatorio
PROPOSTE DI LEGGE SULLA RAPPRESENTATIVITÀ SINDACALE: RIPRENDE L’ESAME ALLA CAMERA
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ei primi mesi dell’attuale legislatura la commissione Lavoro della Camera ha svolto un ciclo di audizioni sulle diverse proposte di legge presentate in tema di rappresentanza e rappresentatività sindacale (C. 5 Iniziativa popolare, C. 519 Damiano, C. 709 Airaudo, C. 1376 Polverini, C. 1549 Tinagli). L’iter poi è stato sospeso per anni. Nel mese di giugno sono riprese alcune riflessioni su questo tema nell’ambito della stessa commissione. Da una parte si è posto in rilievo che si stanno affermando pratiche molto gravi, con la stipula di contratti “pirata” che comportano una riduzione e una rinuncia di diritti fondamentali da parte dei lavoratori. Dall’altra è emerso che sta maturando, tra le forze sociali, la consapevolezza dell’opportunità di introdurre una regolamentazione legislativa sulla materia, in particolare in riferimento alle organizzazioni datoriali, tenendo conto an-
che dell’Accordo Interconfederale siglato il 10 gennaio 2014 da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria in merito al testo unico sulla rappresentanza. La commissione ha deciso pertanto di riprendere l’esame delle proposte di legge e di costituire un comitato ristretto che elabori un testo unificato. Le quattro proposte di legge di cui la commissione ha avviato a suo tempo l’esame intervengono a integrare la materia con la finalità di introdurre nell’ordinamento giuridico una disciplina legislativa della rappresentanza e della rappresentatività sindacale e dell’efficacia dei contratti collettivi di lavoro in attuazione dell’art. 39 della Costituzione, in alcune sue parti mai attuato. Proposta di legge d’iniziativa popolare: http://bit.ly/dir7-17-2
RIFORMA COSTITUZIONALE SULLE PENSIONI: SI VA LENTI
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a commissione della Camera ha iniziato l’esame di due proposte di legge costituzionale che intervengono sull’art. 38 della Costituzione. Tale articolo è quello che riconosce ai lavoratori il diritto a specifiche misure di tutela previdenziali e di sicurezza sociale (in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria) e stabilisce che spetta agli organi e agli istituti predisposti o integrati dallo Stato garantire tali funzioni e compiti. Le proposte intendono focalizzare l’attenzione politica sul tema della non discriminazione tra generazioni, introducendo un principio che protegga le prossime generazioni da provvedimenti che possano scaricare su di esse il peso di politiche dissennate.
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Come sottolineato da uno dei proponenti (Andrea Mazziotti Di Celso del gruppo Civici e innovatori), le policy in materia pensionistica degli ultimi anni hanno risposto all’esigenza di garantire la sostenibilità di lungo periodo del sistema e si sono progressivamente sviluppate nel corso della legislatura attraverso una serie di provvedimenti che hanno introdotto l’aggancio automatico dell’età pensionabile all’incremento della speranza di vita, le finestre di decorrenza dei trattamenti pensionistici e l’incremento dei requisiti pensionistici. Il sistema pensionistico ha subito una revisione complessiva a seguito dell’entrata in vigore della legge 204 del 2011. Il legislatore è intervenuto ripetutamente sui trattamenti previdenziali di importo più elevato attraverso l’introduzione
di contributi di solidarietà su redditi che superano un determinato importo. Nella relazione l’onorevole Mazziotti cita peraltro la sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2016 che ha respinto le varie questioni di costituzionalità relative a un contributo di solidarietà applicato agli importi da 14 a oltre 30 volte superiori alle pensioni minime, escludendone la natura tributaria e ritenendo che si tratti di un contributo di solidarietà interno al sistema previdenziale, giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema stesso. Non riteniamo che in questo scorcio di legislatura l’iter dei disegni di legge possa procedere, ma daremo aggiornamenti su di essi nell’ambito dell’Osservatorio legislativo.
RELAZIONE ANNUALE SULLA SPENDING REVIEW
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o scorso 20 giugno il commissario straordinario del governo per la razionalizzazione e revisione della spesa (spending review), Yoram Gutgeld, ha presentato in Parlamento la sua relazione annuale. Sono stati evidenziati i risultati ottenuti negli ultimi anni: i risparmi permanenti (strutturali) connessi alle misure di revisione della spesa dal 2014 a oggi, inclusi i provvedimenti della legge di bilancio 2017, sono stati quantificati in circa 3,6 miliardi nel 2014, 18 miliardi nel 2015, 25 miliardi nel 2016, 29,9 miliardi nel 2017 e 31,5 miliardi per il 2018. Al netto del costo del personale, la riduzione rappresenta il 18% della spesa corrente. Questa riduzione ha interessato tutti i comparti della pubblica amministrazione, ma con effetti differenziati. La Pa centrale ha contribuito per il 24% della spesa complessiva al netto del costo del personale, mentre i comparti locali hanno contribuito per il 17%. Complessivamente, quindi, negli anni sono state sottoposte a revisione decisioni di spesa per un valore superiore a 100 miliardi di euro. Siamo consci che ci
vuole tempo per cambiare i processi, le organizzazioni, i meccanismi operativi. Sono numeri che creano uno spazio fiscale importante: sarà dovere dei policy maker usarlo in modo efficiente ed efficace. “Non mollare la presa” è l’appello lanciato da Gutgeld alle forze politiche e al governo che verrà. Negli ultimi anni la necessità di un’analisi puntuale dei meccanismi che incidono sull’andamento della spesa pubblica e l’esigenza di individuare interventi mirati al contenimento e alla sua progressiva riqualificazione sono state più volte al centro dell’attenzione del legislatore, divenendo tema fondamentale della politica finanziaria e di bilancio, reso ancora più stringente alla luce del percorso di consolidamento dei conti pubblici necessario ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea. Il rafforzamento dei meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica costituisce uno degli elementi centrali nell’impianto legislativo della nuova legge di contabilità e finanza pubblica (legge 196/2009), sulla base
della quale è stata prevista l’istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali e la sua graduale estensione alle altre amministrazioni pubbliche. Con la riforma del bilancio, il processo di revisione della spesa ha cambiato prospettiva: da intervento eccezionale a prassi ordinaria, che impone a tutti i soggetti attivi della spesa pubblica un ripensamento annuale delle proprie strategie e dei costi sostenuti, in modo coerente con i vincoli e gli obiettivi del bilancio complessivo dello Stato. Venendo all’impiego dei fondi recuperati, la relazione spiega che dai tagli sono arrivati due terzi delle risorse per il risanamento dei conti, la riduzione della pressione fiscale e il finanziamento dei servizi pubblici essenziali. È quasi in dirittura d’arrivo un provvedimento attuativo della riforma del bilancio dello Stato, approvata lo scorso anno dal Parlamento, con cui saranno indicati gli obiettivi di riduzione di spesa dei ministeri nel prossimo triennio, a cominciare dalla stretta per oltre un miliardo nel 2018 da realizzare con la prossima legge di bilancio e già fissata dall’ultimo Def. Insomma, le misure adottate negli ultimi anni hanno funzionato e quella della revisione della spesa è una strada certamente da continuare a percorrere. Rapporto revisione della spesa: http://bit.ly/dir7-17-3
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Startup e oltre…
OPEN MIND PER OPEN INNOVATION Le nuove strategie di innovazione per essere competitivi passano dalla sinergia tra impresa tradizionale e startup. Ma il manager contribuisce in modo fondamentale. Ne abbiamo parlato a Palermo Eliana Sambrotta
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E NEL 2012 è stata introdotta in Italia la definizione (e tutto ciò che ne consegue) di startup innovativa, ora il salto di qualità consiste nel fare open innovation. Basti sapere che il magazine Startupitalia! nello stilare la consueta classifica delle migliori 100 startup italiane del 2016 (e da tenere d’occhio per tutto il 2017) ha introdotto, tra i criteri di selezione, proprio l’open innovation.
Ma di cosa si tratta esattamente? È bene specificarlo perché, come molte delle novità di questo genere, tutti ne parlano ma non in modo perfettamente corretto, generando così ambiguità che poi si espandono a macchia d’olio. L’open innovation è un processo che richiede un profondo cambio di mentalità nella gestione e nell’organizzazione di un’azienda: secondo questo modello, infatti (non a caso letteralmente tradotto
Accenture su oltre duemila imprenditori in 20 paesi, questa collaborazione condurrebbe a una crescita potenziale di circa 1,5 trilioni di dollari, pari al 2,2% del Pil globale. In Italia i valori si attesterebbero invece su un’opportunità di crescita di 35 miliardi di euro, ovvero di un 1,9% aggiuntivo sul Pil del nostro Paese (indagine dicembre 2015).
in “innovazione aperta”), un’azienda ricorre anche a risorse provenienti dall’esterno come università, startup, istituti di ricerca, fornitori, consulenti… che, potremmo dire, “mettono sul mercato” le proprie innovazioni. Tra queste, le startup certamente possono rivelarsi uno strumento fondamentale per contribuire a innovare i processi di ricerca e sviluppo, creare più valore e competere meglio sul mercato. Quindi
fare open innovation per un’impresa, anche una grande multinazionale, significa anche stringere accordi con startup innovative, e non solo nel digitale, il che evidentemente porta queste ultime al livello successivo e gli permette di integrarsi realmente con il tessuto economico di un paese. Creare sinergia tra startup e grandi aziende diventa sempre più necessario. Lo dicono anche i dati: secondo un’indagine condotta da
Lo scenario delle startup in Italia Da quando ormai cinque anni fa è stata introdotta nel nostro Paese questa nuova tipologia di impresa che si accompagna a una semplificazione amministrativa, agevolazioni fiscali, interventi sul mercato del lavoro e diritto del lavoro per dare una spinta all’occupazione giovanile e alla crescita economica in generale, ebbene qualcosa si è veramente mosso. Il Financial Times, esattamente un anno fa, ha incoronato Milano come capitale delle startup italiane definendola il più grande hub per le imprese innovative del Paese. E fin qui non è una grossa novità, potrà pensare il lettore attento, ricordando la spinta propulsiva ricevuta da Expo 2015 nel capoluogo lombardo. Ma l’articolo prosegue sottolineando le peculiarità positive del caso italiano: «la geografia dello scenario delle startup italiane è differente dalla maggior parte degli altri paesi. Mentre in genere queste si svilup-
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Startup e oltre… pano tutte attorno alle grandi città come accade a San Francisco e Londra, in Italia il fenomeno è più sparso. Le startup hanno raggiunto tutte le principali città: Torino, Bologna, Napoli, Roma… tutte hanno i propri incubatori. Milano comunque resta la più ampia». I numeri le danno ragione: la Lombardia conta 1.655 startup delle 7.241 presenti in tutta Italia, che equivalgono al 22,9% del totale. Però è vero, il fenomeno è diffuso: se ne contano la metà in Emilia Romagna (798, pari all’11%) e un po’ meno nel Lazio (687, pari al 9,5%). Tra le regioni del Sud, la Campania conta 516 startup (7,1%) e al secondo posto la Sicilia si difende bene con 359, pari al 5% del totale.
Di tutte queste startup il 70% si occupa di servizi alle imprese (produzione software e consulenza informatica 30%; attività di R&S 4%; attività dei servizi d’informazione 9%), il 20% di industria in senso stretto (fabbricazione di macchinari 4%; fabbricazione di computer e prodotti elettronici e ottici 4%; fabbricazione di apparecchiature elettriche 2%) e il 4% di commercio. Nel 2016 gli addetti totali sono stati 8.669: 3,25 in media, erano 3 nel 2015 (dati Registro delle imprese, Camera di commercio, maggio 2017). Innovazione d’impresa Tra i vari progetti attivi nel Piano operativo quadriennale di Manageritalia, “Manager innovatori
Piccolo dizionario innovativo Ormai le grandi aziende hanno capito che la loro competitività risiede nell’innovazione e nella trasformazione digitale e che per ottenerla più velocemente hanno bisogno della collaborazione di piccoli imprenditori e startupper, piuttosto che costruirla con le proprie risorse interne, che seppur avessero idee vincenti, avrebbero tempistiche più lente nella realizzazione e nell’immissione sul mercato rispetto a chi integra un servizio o un prodotto al proprio business da una risorsa esterna. Ecco perché il modello open innovation crea sempre maggior interesse.
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Startup
Nuova azienda configurata su un modello temporaneo o comunque come una società di capitali alla ricerca di un business model ripetibile e scalabile. Termine inizialmente usato solo per le imprese nate e i operanti nel settore It, ma ogg è usato in diversi ambiti. La scalabilità ne è la , caratteristica fondamentale vio l’av e per startup si intend di un’attività legata a un nuovo tipo di business.
del fare impresa” si dedica proprio a queste tematiche. Scopo del progetto è far emergere e valorizzare il ruolo dei manager in grado di avviare nuove imprese e portare profonde innovazioni in quelle esistenti. Per questo il gruppo sta lavorando molto bene su tutto il territorio nazionale per mappare, stringere relazioni e collaborazioni con i partner attivi nello sviluppo e nell’innovazione di impresa, di nuove forme e idee imprenditoriali (Hub di startup, incubatori, venture capital, angel investor, …) facilitando così l’incontro tra la domanda di un mercato in forte espansione con la peculiare intelligenza innovativa dei manager nel pensare, costruire e fare impresa.
Acceleratore
Organizzazi one che tramite cap itale e skill supporta un progetto nella sua pri missima fase di vita, permettend ogli di svilupparsi p iù velocemente . L’accelerato re aiuta la startup dall a definizione di business model al pro totipo del servizio/pro dotto, ai primi test co mmerciali.
Tra le varie attività, troviamo naturalmente quelle di supporto manageriale alle startup e di supporto alla creazione d’impresa con manager protagonista. È in quest’ottica che Manageritalia ha organizzato il convegno “Startup e pmi: strategie di innovazione, la sfida per raggiungere l’eccellenza del business” lo scorso 12 giugno a Palermo. Senza dubbio uno degli appuntamenti sul territorio di maggior successo per valorizzare la centralità del manager come motore dell’innovazione e per cercare di creare la migliore sinergia tra i vari attori: startupper, manager e istituzioni. Obiettivo della giornata: agevolare l’avvicinamento tra realtà imprenditoriali e risorse manageria-
Cos’è? Il fondo Smart&Start Italia erogato da Invitalia sostiene la nascita e la crescita delle startup ad alto contenuto tecnologico per stimolare una nuova cultura imprenditoriale legata all’economia digitale, per valorizzare i risultati della ricerca scientifica e tecnologica e per incoraggiare il rientro dei cervelli dall’estero. Finanzia progetti compresi tra 100mila e 1,5 milioni di euro, con copertura delle spese d’investimento e dei costi di gestione. Possono chiedere un finanziamento le startup innovative di piccola dimensione, iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese e i team di persone fisiche che vogliono costituire una startup innovativa in Italia, anche se residenti all’estero o di nazionalità straniera. La misura è stata rifinanziata dal ministero dello Sviluppo economico con 95 milioni di euro (legge di bilancio 2017). A partire dallo scorso gennaio Manageritalia e Federmanager hanno avviato la collaborazione con Invitalia, che si è concretizzata, per il momento, con l’avvio del servizio di mentorship per le startup innovative nell’ambito della gestione del fondo Smart&Start. Quindi manager esperti stanno affiancando giovani startupper che, è evidente, necessitano di giuste capacità ed esperienza per gestire nuovi business.
Open innovation
Incubatizozarezione che
Organ nde accelera e re rocesso p sistematico il di nuove di creazione a a vasta gamm endo loro un rn fo se re p im rati che pporto integ i servizi di servizi di su ci attrezzati, si fi i az sp li g includono siness e le iluppo del bu sv lo al o rt o p rking e di sup zione, netwo ra g te in i d à opportunit arte degli La maggior p formazione. erivazione iani sono di d al it ri o at b cu in universitaria.
Termine coniato dall’economista statunitense Henry Chesbrough, che nel saggio The era of open innovation (2003) rifletteva sul fatto che la globalizzazione avesse reso sempre più costosi e rischiosi i processi di ricerca e sviluppo, perché il ciclo di vita dei prodotti era diventato più breve. Secondo Chesbrough il paradigma della “closed innovation”, ovvero la ricerca fatta all’interno dei confini dell’impresa, non poteva più bastare. Fonti: Economyup, Italiastartup, Registro delle Imprese
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li, favorire l’accesso ai finanziamenti pubblici e privati e ad eventuali incentivi che possono far decollare una startup innovativa e, in presenza di business performanti, incentivare il passaggio allo status di pmi innovativa. Si è parlato quindi del fondo
tiva. Un evento stimolante grazie a un collettivo di opinioni provenienti da diverse realtà date dalla presenza, tra gli altri, dell’onorevole Luigi Taranto - Commissione attività produttive Camera dei deputati, Pietro Agen - presidente Confcommercio Sicilia,
Smart&Start, gestito da Invitalia, grazie all’intervento di Bruno Ferlito, che eroga finanziamenti a favore delle startup innovative, con chi ne ha usufruito trasformandolo in successo. Ma anche di altre modalità di sovvenzioni come incubatori, università, capitale privato e di incentivi per passare da startup a pmi innova-
Emanuele Spampinato - vicepresidente Assintel, Felice Duca partner Bdo Italia, Fabrizio Escheri - presidente Ordine dottori commercialisti ed esperti contabili di Palermo, Antonello Montante - presidente Unioncamere Sicilia. Oltre naturalmente al nostro presidente federale Guido Carella e al presidente
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Manageritalia Palermo Luca Mencarelli. Che ruolo per il manager? Il manager può svolgere un duplice ruolo per far decollare una startup innovativa: può essere lui stesso a trasformarsi in imprenditore, portando nella creazione d’impresa la propria competenza ed esperienza, oppure può assicurare un valido supporto all’idea imprenditoriale di uno startupper con un’attività di mentoring. Questo è stato anche uno dei temi principali della tavola rotonda che ha coinvolto esperienze concrete come il caso di Morpheos, una startup che ha usufruito degli incentivi e che ha, al suo interno, proprio un manager accanto al giovane amministratore e co-fondatore Davide Scarso, che ci racconta: «Morpheos è nata due anni fa grazie a Smart&Start di Invitalia che ci ha finanziato per 828mila euro, capitali di debito attraverso le banche per 565mila euro, un incubatore che ha investito 100mila euro e poi una parte di capitale proprio. Ci siamo subito lanciati nella realizzazione di Momo che si occupa di interfacciare tutti gli oggetti Iot che potremmo avere in casa e gestirli in maniera intelligente grazie all’intelligenza artificiale e ad algoritmi che imparerà dalle nostri abitudini». Continua Scarso: «È stato molto importante
avere accanto un manager in grado di dare risposte a tutte quelle domande che un giovane si pone perché ancora non ha l’esperienza per potere avviare una startup nei tempi veloci che oggi il mercato richiede». Questi casi di successo dimostrano come anche la scelta del manager fuoriuscito dall’azienda, che destina a una startup quanto ricevuto come incentivo all’esodo, andrebbe adeguatamente incentivata, perché potrebbe costituire un nuovo e utile flusso di capitali privati verso l’imprenditoria innovativa. Aggiunge Roberto Saliola, project leader nazionale del
progetto di Manageritalia “Manager innovatori del fare impresa” e moderatore della tavola rotonda: «L’innovazione è l’applicazione concreta di un’invenzione e chi fa innovazione deve avere un criterio etico che lo guida perché l’innovazione non può essere solo per sé o per la sua azienda, ma deve avere una ricaduta forte e precisa nella società. Il manager ha un risvolto etico molto importante, è una figura che coniuga soft skill, gestione delle persone e competenze relazionali. Quindi in una startup, forse ancor più che in un’azienda tradizionale, la figura del manager è fondamentale per
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mettere a terra l’invenzione di qualcun altro». L’evento si è chiuso con una riflessione dell’onorevole Luigi Taranto, Commissione attività produttive Camera dei deputati: «Bisogna fare qualcosa in più, mettendo al centro degli strumenti di accompagnamento al sistema imprenditoriale la costruzione di reti di collaborazione e di scambio. Da questo punto di vista l’idea sviluppata da Manageritalia di valorizzare il ruolo delle figure manageriali nella costruzione di questa strategia è certamente un’idea che merita di essere approfondita anche dal punto di vista normativo».
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Lavoro Mondo manageriale del lavoro
L’
Osservatorio manageriale di
far crescere le persone in azienda e for-
Manageritalia e Cfmt, che si av-
marle per farle diventare i loro manager
vale della collaborazione di
del futuro (76%). Sono infatti poche
JobValue, con la sua indagine annuale
quelle che prediligono assumere mana-
sulle aziende (200 direttori del perso-
ger dall’esterno (24%) e quando que-
nale intervistati a settembre 2016) for-
sto succede avviene cercando di “sof-
nisce un quadro su alcuni aspetti del
fiarli” dai competitor diretti.
management di oggi. Emerge, in primo
Quando le aziende decidono di assu-
luogo, che il mercato del lavoro è in una
mere dall’esterno, il canale principale
fase di nuova crescita. La ripresa del Pil,
utilizzato è la rete professionale dei ma-
della produttività delle imprese e del
nager attualmente presenti e la loro co-
tasso di presenza nel mercato di nuove
noscenza di altri professionisti.
aziende è infatti confermata anche da
Quando non viene utilizzata la via pre-
quanto dichiarato dalle imprese: quasi
ferenziale delle conoscenze personali
tutte prevedono una crescita della pro-
l’altro canale forte utilizzato dalle
duttività soddisfacente nel prossimo
aziende sono le società specializzate
biennio.
nella selezione dei manager. Le leve di attrazione più utilizzate so-
DALLA PARTE DELLE AZIENDE L’indagine annuale del nostro Osservatorio ci permette di dare uno sguardo, anche prospettico, alla leva manageriale vista dalle aziende
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Leve per incrementare la produttività
no rappresentate dall’azienda stessa:
Parlando delle leve attuate per incre-
figurano ai primi posti sia per i dirigen-
mentare la produttività, l’organizzazio-
ti che per i quadri. Immediatamente
ne del lavoro è sicuramente l’elemento
dopo figurano elementi più di caratte-
ritenuto più di valore, sia oggi che in
re lavorativo (quali il contenuto del la-
futuro. L’indicazione rispetto all’ultimo
voro, l’autonomia decisionale e il coin-
biennio lascia presupporre come i ma-
volgimento nel prendere decisioni rile-
nager non siano mai stati in discussio-
vanti) ed elementi di carattere remu-
ne, ma si può affermare che le aziende
nerativo.
brand reputation e cultura aziendale
hanno puntato più che altro sul miglioramento delle loro capacità.
Le competenze richieste
Parlando del futuro, le aziende ritengo-
Parlando di competenze richieste, le
no che la chiave di successo è rappre-
aziende indicano come tra le più signi-
sentata dall’investimento da fare
ficative quelle legate alla specificità
sull’organizzazione e soprattutto sul
del ruolo chiamato a svolgere. I profi-
capitale umano (formazione, engage-
li manageriali sono chiamati poi a
ment, benessere).
concentrarsi sulle attività di gestione
Non esiste una grande movimentazio-
delle risorse umane ed economiche a
ne di manager nelle aziende: la popo-
loro disposizione. Le altre due compe-
lazione dirigenziale nel prossimo bien-
tenze richieste rilevanti sono l’orien-
nio non cambierà nella maggior parte
tamento al risultato e la capacità di in-
delle aziende, così come i quadri.
novare i processi interni e le modalità
La scelta delle aziende riguardo alla car-
di lavoro.
riera dei loro manager è molto chiara:
Nel futuro troviamo alcune competen-
Ultimi 2 anni
Prossimi 2 anni
Migliore organizzazione del lavoro
59
66
Il livello di engagement dei lavoratori
46
59
La capacità del management
50
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Formazione continua, aggiornamento dei lavoratori
50
57
Investimenti in nuove tecnologie di gestione delle informazioni (es. ERP)
48
54
Il livello di benessere dei lavoratori nell’azienda
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53
Utilizzo di strumenti e metodi innovativi di comunicazione e collaborazione (es. web conference, wiki aziendali, blog ecc.)
36
48
Investimenti in nuove tecnologie produttive
46
47
Riduzione del costo del lavoro
47
45
Incremento del ricorso a forme di lavoro flessibile (es. part time)
20
27
Cambio del top management
17
16
Scelte aziendali per aumentare la produttività / valori %
Fonte: Osservatorio manageriale Manageritalia (200 direttori del personale, settembre 2016)
ze core non presenti tra quelle richieste fino ad oggi. Assumono un peso più rilevante ad esempio la capacità di mi-
Principali politiche aziendali / valori % Far crescere i collaboratori interni per farli diventare il management del futuro
76
Ricercare i manager all’esterno, dai competitor
15
Ricercare i manager all’esterno, dai clienti / fornitori
4
competitività sono quindi rilevanti.
Ricercare i manager all’esterno, da altri settori
5
Aziende e internazionalizzazione
Ricercare manager stranieri
0
gliorare e innovare processi e modalità di lavoro, la leadership e l’orientamento al cambiamento. In un mondo del lavoro in continua evoluzione, le competenze necessarie a mantenere la
Fonte: Osservatorio manageriale Manageritalia (200 direttori del personale, settembre 2016)
Il mercato del lavoro è sempre più sensibile a processi di internazionalizzazio-
Lo sviluppo di processi e modalità di la-
mentre per i quadri invece prevalgono
ne delle aziende che ne fanno parte: cir-
voro su scala internazionale rimane il
l’investimento nella conoscenza delle
ca i due terzi delle aziende partecipanti
primo elemento su cui le aziende forme-
lingue straniere e nel rafforzamento del-
all’Osservatorio è multinazionale, a cui
ranno i loro manager per supportare
le competenze specialistiche. La cono-
si aggiunge un 11% che sta per intra-
l’internazionalizzazione. Per i dirigenti
scenza dei mercati esteri è invece in ge-
prendere un processo di internaziona-
le aziende sembrano voler puntare
nerale una competenza su cui l’azienda
lizzazione nel breve periodo.
sull’accrescimento di varie competenze,
punterà meno in termini formativi.
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Formazione
APPRENDERE OGGI Come evolve il mondo della formazione nell’era 4.0 Alessandro Frè ceo e partner di Risorsa Uomo
Federico Ott managing partner di Risorsa Uomo
U
NO DEI PROBLEMI più ricorrenti e attuali di chi si occupa di formazione è come continuare a essere efficaci nelle modalità di trasmissione dei messaggi e di apprendimento delle persone: quanto rimane di un corso ai partecipanti? Cosa si può e si deve fare oggi affinché l’apprendimento sia realmente efficace? Ma da cosa dipende un apprendimento efficace? I ritmi vorticosi del cambiamento impongono alle persone di formarsi sulle nuove competenze e conoscenze in modo efficace e rapido e che questo contribuisca a portare risultati concreti a brevissimo. Fino a pochi anni fa non ci si poneva alcun problema: le ore di formazione si pianificavano in una logica di apprendimento atteso nel medio-lungo termine, c’era tutto il tempo per cambiare e far crescere persone e conoscenze con modalità didattiche consolidate. Oggi tutto questo è un lontano ricordo. C’è la forte necessità di
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far cambiare le persone senza però avere il tempo per farle crescere. Anche le conoscenze evolvono in maniera molto veloce e repentina e quello che oggi è valido non lo è necessariamente tra qualche anno. Si tende a ricercare modalità veloci e risultati, diversamente il processo rischia di non essere più sostenibile. A questo si aggiunga che sono cambiate le modalità di comunicazione, basate oggi su un apprendimento più esperienziale: quasi nessuno che abbia meno di cinquant’anni legge i libretti di istruzione dei prodotti, tanto che alcune aziende hanno deciso di farli scomparire. Tutto è molto più visivo (1 miliardo di download al giorno da Youtube lo testimonia perfettamente) e con un livello di interattività esasperato, frutto di un forte potere dei social sui nostri comportamenti. L’impatto della digitalizzazione sui processi di apprendimento Il tempo è probabilmente il nostro bene più prezioso: ne abbiamo sempre troppo poco, siamo così obbligatoriamente e (digi) talmente multitasking che l’infor-
mazione che ci arriva deve essere immediata, sintetica, chiara e richiede un minimo sforzo di concentrazione. Possiamo lavorare e comunicare in qualsiasi luogo e proprio per questo talvolta ci capita di vedere, in una riunione, le persone più intente a lavorare con il proprio smartphone che ad ascoltare gli argomenti della riunione stessa. Le immediate conseguenze sono quelle di un generale abbassamento del livello di attenzione e di concentrazione, oltre che lo sviluppo di alcune modalità ricettive a svantaggio di altre (si ascolta e si legge meno, si osserva e si vuole interagire di più). Come si apprende in modo efficace oggi Nelle modalità di apprendimento sono cambiate le metodologie e cambieranno ancora e lo stesso processo di apprendimento degli adulti si avvia a una sempre maggiore concretezza operativa, attraverso un’acquisizione più esperienziale e ricca di video e interattività, che utilizza anche modalità ludiche e business game e che integra la presenza di strumenti digitali come dispositivi mobile e chat, che permettono un allenamento che cambia le abitudini. Un apprendimento basato su metodologie obsolete non porta più risultati, anzi, rischia di portare a
uno spreco di risorse incredibile. Al contrario, un apprendimento davvero ancorato alla realtà, fatto di allenamenti, di casi, di pratica, porta a un vero e duraturo cambiamento. Due esempi pratici In coerenza con quanto affermato prima, cerchiamo di essere concreti e sintetici con due esempi: il primo è quello delle Academy tecniche (Autostrade per l’Italia, Bosch), dove sono trattate tematiche trasversali obbligatorie e molto tecniche quali i corsi sulla sicurezza, e delle Academy nel mondo del food (Carpigiani Gelato University e Pizza University), ricche di corsi con moltissimi contenuti tecnici e un grande patrimonio di conoscenze interne che devono essere trasmesse. A volte
però è ardua l’impresa di interessare ed essere efficaci con un pubblico poco motivato o di livello culturale medio-basso: è qui che il cambio di modalità, anche solo attraverso l’inserimento di video divertenti a tema, giochi e attività pratiche con le quali far prendere consapevolezza dell’importanza dell’argomento, e quindi stimolare l’attenzione, contribuisce a rendere il tema interessante e il partecipante viene messo al centro del processo di apprendimento. In aeroporti di Roma abbiamo anche portato alla certificazione sul project management degli inge-
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Formazione gneri utilizzando come metodo di base un business game incentrato sulla gestione di progetti di alcuni mega eventi come Expo 2015 o il progetto di allargamento del Canale di Panama, facendoli quindi vivere in diretta la tematica anziché metterli di fronte a slide e testi sui processi e i metodi di project management. Il secondo esempio invece riguarda tematiche più comportamentali che richiedono grande allenamento e capacità di far mostrare i contenuti da un punto di vista
sempre ad andare in presentazione, o di promoter che fanno molta fatica ad agganciare i clienti per un problema di timidezza o emotività. La soluzione è stata quella di far “giocare” le persone con i problemi, sdrammatizzando, o portando le persone in alcuni momenti
clienti in altri negozi sui comportamenti efficaci e inefficaci nella vendita.
fuori dall’aula per fargli vivere delle esperienze di apprendimento e allenamento live. Approcciare i passanti per strada per chiedere loro il permesso di regalargli un abbraccio o far firmare loro una petizione per cause al limite dell’assurdo come le strisce pedonali portatili, o ancora quella di fare un’analisi da
cilitatore e coach, in grado di affiancare il discente nelle attività quotidiane, come avvenuto con gli addetti vendita di Benetton all’interno del negozio o con gli store manager di MediaWorld nelle riunioni con il personale. Una cosa è certa: il primo a dover imparare a cambiare rapidamente sarà proprio il trainer.
Chi sarà il formatore di domani? Di certo il ruolo del trainer si è evoluto molto diventando più fa-
Il ruolo del trainer si è evoluto molto diventando più facilitatore e coach, in grado di affiancare il discente nelle attività quotidiane
diverso. È il caso di numerosi corsi di vendita o diretti alle promoter di aziende come Samsung o Philip Morris. In quel caso il problema non è l’impreparazione dal punto di vista teorico, ma l’incapacità di gestire in maniera efficace alcuni comportamenti quando le emozioni hanno il sopravvento. È il caso di molti venditori che – benché conoscano molto bene l’importanza delle domande nella vendita – davanti al cliente tendono
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Intervista
APPUNTAMENTO A TORINO PER IL FESTIVAL DEL LAVORO 2017 La presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro illustra lo spirito della manifestazione in programma dal 28 al 30 settembre
Marina Calderone è presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.
Enrico Pedretti
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Dal 28 al 30 settembre l’ottava edizione del Festival del lavoro, la rinomata manifestazione organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine e dalla Fondazione Studi, che quest’anno si svolgerà a Torino presso il centro congressi Lingotto. Per conoscere in anteprima i temi che animeranno i dibattiti abbiamo intervistato la presidente del consiglio nazionale Marina Calderone. Qual è il filo conduttore del Festival del lavoro di Torino? «Il Festival nasce per parlare di lavoro e sviluppo, non solo con i consulenti del lavoro, ma con chiunque voglia confrontarsi sulle tematiche che stanno più a cuore al Paese e dare un contributo concreto alla sua ripartenza. Quest’anno abbiamo preso spunto dal tema dell’innovazione tecnologica e del lavoro che cambia, al centro delle riflessioni del G7 Lavoro di Torino, perché voglia-
mo diffondere l’immagine di un Paese che cresce di pari passo con il cambiamento che lo investe. Le tecnologie determineranno nel tempo la perdita di posti di lavoro, ma anche la nascita di nuove figure professionali se sapremo efficientare i processi produttivi e diversificare in modo adeguato le prestazioni lavorative. L’hashtag #tuttiallavoro – scelto per questa edizione del Festival – ha appunto questo significato: rimboccarsi le maniche per fronteggiare il cambiamento e le nuove possibili opportunità. Parleremo di sviluppo, occupazione, innovazione e investimenti, ma anche di welfare e previdenza, invecchiamento attivo, tutele per le nuove generazioni, competenze e professionalità. Le proposte che faremo serviranno a guardare al lavoro in un’ottica diversa per cogliere i vantaggi della rivoluzione tecnologica e garantire dignità a tutti i componenti della società».
Cosa avete in programma per la tre giorni? «Avremo i consueti talk show con i principali leader della politica italiana ed europea e dell’economia e i rappresentanti del mondo imprenditoriale e accademico. Organizzeremo le “Aule del diritto”, nelle quali analizzeremo da vicino alcuni aspetti che riguardano la gestione dei rapporti di lavoro come la flessibilità e l’occasionalità del rapporto; le novità sul lavoro agile e il lavoro autonomo; le opportunità del welfare aziendale per lavoratori e datori di lavoro. Replicheremo, inoltre, l’esperienza dei “laboratori di lavoro”, una modalità formativa che ha riscosso grande successo lo scorso anno e che servirà a fornire risposte concrete ad argomenti di grande attualità come l’anticipo pensionistico e le nuove collaborazioni coordinate e continuative». Qual è il contributo dei consulenti del lavoro in favore della crescita del Paese? «Sono da sempre attenti ai fenomeni che interessano il mercato del lavoro e artefici di proposte che possono migliorare il sistema e contribuire alla crescita dell’occupazione. La nostra rete è composta da circa 27mila professionisti che gestiscono oltre 1.500.000 imprese, per un totale di 8 milioni di rapporti di lavoro. La nostra sfida è quella di divenire sempre più un punto di riferimento nel mondo del lavoro
Manageritalia sarà presente, in qualità di sponsor, all’ottava edizione del Festival del lavoro organizzato dal 28 al 30 settembre a Torino dal consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro e dalla Fondazione studi. Sarà sponsor ma anche importante interlocutore per portare nelle tre
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giornate di lavori la voce e il contributo dei manager alla trasformazione in atto nel mondo del lavoro. -Pagine_Pubblicità.indd 1
per cercare di cambiare il volto del nostro Paese. Per fare questo cerchiamo di avere una visione d’insieme sul futuro. Mi riferisco soprattutto alla scommessa sulle politiche attive e il riaccompagnamento al lavoro. Una rivoluzione importante che l’Anpal sta portando avanti attraverso l’assegno di ricollocazione e che richiederà un approccio diverso da parte degli operatori del settore e dei centri per l’impiego». Come vi state preparando a vincere questa scommessa? «Il nostro compito è sempre stato quello di valorizzare il lavoro e le risorse umane. Ora siamo pronti ad affrontare questa sfida sulle politiche attive tramite la nostra Fondazione consulenti per il lavoro, intercettando le migliori opportunità tra quelle offerte dalle norme con cui velocizzare il reinserimento lavorativo di tutti quei soggetti
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privi di occupazione e fornendo loro un’occasione formativa e lavorativa. I 1.700 delegati della Fondazione sono infatti tra quei soggetti autorizzati già dalla Legge Biagi a promuovere gli strumenti legati alle politiche attive e adesso, con l’introduzione dell’assegno di ricollocazione, possono ricollocare sul mercato i disoccupati attraverso un percorso di formazione e riqualificazione riconosciuto da una procedura di accreditamento nazionale rilasciata dall’Anpal. Così, grazie alla nostra importante riserva di legge sull’intermediazione, la selezione e la ricollocazione professionale, ma anche all’impegno, alla responsabilità, alle competenze che abbiamo saputo conquistarci negli anni e alla sensibilità sociale con cui siamo in grado di leggere i fenomeni di mutazione della società, daremo linfa vitale a questo nuovo avvio».
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Manageritalia
EXECUTIVE PROFESSIONAL: WE WANT YOU! La nostra Associazione chiama a raccolta le alte professionalità. Tra percorsi e identità diversi, in un mercato competitivo, servizi e sfide per chi li rappresenta
Davide Mura
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D
IRIGENTI, QUADRI ed executive professional: è proprio sul terzo gruppo della nostra base associativa che ci siamo concentrati lo scorso 9 giugno a Milano in un importante appuntamento dal titolo “Alte professionalità nel lavoro che cambia”. L’incontro ha voluto offrire una bussola di orientamento sul lavoro e le prospettive delle alte professionalità nel contesto di oggi, insieme alle sfide per le organizzazioni di rappresentanza. Per capire come si dovrebbe muovere l’executive professional in un mercato del lavoro instabile e complesso, occorre partire dalla sua identità: è un professionista che ha accumulato esperienze importanti anche manageriali in contesti strutturati e le mette a disposizione di più committenti lavorando a stretto contatto con i vertici aziendali. La sfida è mettere in campo competenze diverse, valorizzarle e gestire flussi di cassa discontinui.
Nel Paese delle pmi In Italia le pmi costituiscono la base del sistema produttivo ed economico e per sopravvivere è fondamentale esportare e fare innovazione. È necessario quindi introdurre elementi di managerialità, con figure in ruoli fissi (dirigenti, quadri e manager) e altre “in transizione”. Così il nostro Paese può recuperare sul fronte della competitività e della capacità di investire nelle risorse umane e nella loro formazione, ambiti chiave in cui è forte la domanda di executive professional, insieme ad altri che vanno
dall’innovazione organizzativa, di processo e produttiva al lavoro per progetti di sviluppo, dalle reti della conoscenza e social all’introduzione di soft skill, fino alla gestione del tempo del lavoro. Le pmi italiane tendono a chiedere la presenza di executive professional per momentanee esigenze di consulenza anche in ambito manageriale e quando non sono ancora nelle condizioni di assumere manager in pianta stabile. In Europa Romano Benini, docente e consulente di politiche del lavoro, ha
presentato lo scenario sfaccettato di ciò che accade in Europa e in Italia. L’executive professional può essere un ex dirigente che ha subito processi di riorganizzazione, un ex dirigente che sceglie di intraprendere questa nuova carriera, oppure colui che decide di dedicarsi a un’attività professionale specifica, un trend evidente nel Regno Unito e in Francia, soprattutto se under 40. I dati del nostro Paese mostrano una prevalenza di ex dirigenti che non lavorano nella stessa azienda dove erano dirigenti. Spostandoci in Germania, possia-
L’executive professional è un professionista che ha accumulato esperienze importanti anche manageriali in contesti strutturati e le mette a disposizione di più committenti lavorando a stretto contatto con i vertici aziendali. La sfida è mettere in campo competenze diverse e valorizzarle
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Manageritalia mo notare una forte distinzione tra il settore manifatturiero e quello dei servizi, dove si registrano le maggiori innovazioni: qui i manager a tempo indeterminato sono considerati a parte rispetto ai temporary e ai freelance. Nel Regno Unito stanno nascendo forme di rappresentanza organizzativa interessanti. In UK per molti anni abbiamo avuto una separazione netta tra i sindacati dei freelance (Freelance Trade Union) e altre forme di lavoro strutturato dipendente. Un’organizzazione che sta crescendo è Prospect, che tiene insieme il mondo delle alte professionalità e quello dei lavoratori a tempo determinato. Anche in Olanda è stata adottata una scelta simile. Manager de transition e société de portage In Francia ci si riferisce a un’unica figura per definire il temporary manager e il lavoratore autonomo che fa consulenza strategica nei diversi ambiti aziendali, con una maggiore presenza nelle risorse umane, settore in cui si sono fatti investimenti importanti negli ultimi anni. Oltralpe è attiva la Fédération nationale du management de transition e l’e.p. in questo caso viene concepito come colui che gestisce le fasi di innovazione, velocizzazione e transizione delle aziende. Nel sistema transalpino si riconosce il fatto che un’azienda abbia bisogno di figu-
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re che dall’esterno innestano elementi che internamente non sono in grado di produrre. Sempre in Francia sono poi attive le cosiddette société de portage: molte di queste figure infatti non hanno contratti e non sono pagate dall’azienda che le ingaggia ma da società che organizzano e piazzano
Mantovani «partire dalle molteplici identità di queste figure professionali è fondamentale, passando dal particolare all’universale, dato che occorre rappresentarli tutti. Il secondo passaggio è quello della struttura della rappresentanza, in cui uno degli elementi fonda-
le alte professionalità nelle aziende e che dunque hanno una sorta di mentor che le riconosce, le potenzia e le valorizza.
mentali è quello del welfare, per creare identità e comunità, al di là dei servizi forniti. Partiamo da una situazione attuale in cui l’accesso sviluppato attraverso la bilateralità al welfare è consentito a tre quarti delle persone che nel nostro mondo rientrano in questa categoria: su 4.000 associati executive professional, circa 3.000
La rappresentanza e il welfare «Dal punto di vista della rappresentanza» ha chiarito il vicepresidente di Manageritalia Mario
hanno la possibilità, come ex dirigenti, di proseguire come volontari in modo flessibile, scegliendo a quali fondi partecipare». Insieme a Confcommercio Professioni Il convegno di Milano ha ufficializzato la collaborazione tra Ma-
sottolineato la coordinatrice Anna Rita Fioroni: «Crediamo che gli strumenti della bilateralità siano una leva importante per rendere più efficace il welfare per la categoria. È un terreno da riprogettare, gli executive professional sono la nuova frontiera della rappresentanza, con prospettive di
Da sinistra, Romano Benini, docente e consulente di politiche del lavoro; Carlo Romanelli, rappresentante nazionale executive professional Manageritalia; Anna Rita Fioroni, coordinatrice di Confcommercio Professioni; Guido Carella, presidente Manageritalia.
nageritalia e Confcommercio Professioni, l’articolazione organizzativa interna di ConfcommercioImprese per l’Italia costituita per rappresentare e coordinare le associazioni professionali del sistema confederale, con cui ci siamo trovati a condividere un’evoluzione del mondo del lavoro delle alte professionalità, come ha ben
crescita. Dal 2008 al 2014, negli anni più duri della crisi» sottolinea Fioroni «i liberi professionisti hanno tenuto, aumentando in modo progressivo. Occorre ricostruire nella complessità una visione, considerando quello che avviene in Europa per le professioni regolamentate, che siano organizzate in ordini e collegi o
meno. Le alte professionalità sono la nuova frontiera della rappresentanza». Community e certificazione delle competenze Carlo Romanelli, rappresentante nazionale executive professional Manageritalia, ha ricordato che attraverso una declaratoria gli iscritti hanno espresso la volontà di affermare che fanno parte a tutti gli effetti dell’universo associa-
L’executive professional può essere un ex dirigente che ha subito processi di riorganizzazione, o che decide di affrontare questa nuova carriera, ma anche colui che si dedica a un’attività professionale specifica, un trend evidente nel Regno Unito e in Francia, soprattutto se under 40
tivo perché operano a stretto contatto con i vertici aziendali e ne condividono situazioni ed esperienze. Ma perché i professionisti sono entrati in Manageritalia e ci sono rimasti per tanti anni? «Innanzitutto per fare community» spiega Romanelli «le reti di conoscenza interpersonale, le dinamiche organizzative, la vicinanza
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Manageritalia sebbene non sempre con redditi elevati e considerando un’attività organizzata più simile a quella dell’imprenditore che a quella del lavoratore dipendente. Ogni executive professional resta in ogni caso un pezzo unico, nasce da una storia professionale specifica e la community è un ambiente dove si incontrano e valorizzano tante storie individuali. Il welfare è un aspetto importante che va declinato sulla base del pregresso e del vissuto attuale. In questo percorso, la certificazione delle competenze, che è solo all’inizio, è un importantissimo processo di marketing associativo, relazionale e identitario».
Dall’alto, Mario Mantovani, vicepresidente Manageritalia, e Massimo Fiaschi, segretario generale Manageritalia.
che Manageritalia offre verso il mercato del lavoro e nei processi decisionali costituiscono un valore aggiunto. C’è un forte senso di prossimità nei confronti della dirigenza, perché si può tornare a fare il dirigente o cogliere nuove opportunità lavorando al suo fianco,
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Manageritalia e gli executive professional: obiettivi e servizi Nel corso del convegno, Massimo Fiaschi, segretario generale Manageritalia, ha chiarito come la nostra organizzazione lavori insieme agli executive professional per rappresentarli, creare identità e ruolo associativo, dare corpo e senso al network, progettando un’offerta di servizi ad hoc. I professionisti sono parte integrante del management e hanno spesso un’esperienza manageriale comprovata. Tra i prossimi obiettivi, vediamo sul fronte della previdenza interventi su flessibilità in uscita, cumulo e potere d’acquisto, sulla fiscalità agevolazioni per chi esce dall’azienda e investe nel capitale
di startup o pmi innovative. Sul fronte del welfare, occorre valorizzare informazioni sulle procedure dedicate a questa categoria professionale, sulle nuove normative e sulla prosecuzione volontaria. Per quanto riguarda l’attività di lobbying, occorre rafforzare la rappresentanza nella società e nella business community, mentre sul fronte del lavoro coinvolgerli in progetti come Smart & Start o l’iniziativa Cida che ha preso il via dopo il terremoto nel Centro Italia tramite la banca dati Manager & Mercato del lavoro. Tra i servizi in arrivo vediamo polizze assicurative dedicate agli executive professional e ai loro familiari, sezioni tematiche sulla rivista Dirigente e il portale Manageritalia, attività ricreative e aggreganti (golf, tennis, settimana bianca, iniziative culturali delle associazioni), di formazione (partecipazione ai corsi previsti dal piano formativo di Manageritalia), a favore dei giovani, con il coinvolgimento nei progetti di stage, percorsi di counseling e di orientamento al lavoro rivolti ai figli degli associati, convegni, studi e ricerche. Un menù ricco di proposte e opportunità dunque, a sottolineare come per la nostra Organizzazione gli executive professional siano una risorsa strategica con un ruolo chiave nel management, su cui sarà sempre più importante investire nei prossimi anni.
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Intervista
SEI UN LEADER? Cinque domande sulla leadership e il suo ruolo nel management a George Kohlrieser, professore di leadership e comportamento organizzativo alla business school svizzera Imd, nonché autore, relatore e consulente con più di quarant’anni di esperienza come negoziatore di ostaggi.
George Kohlrieser è professore di leadership e comportamento organizzativo alla business school svizzera Imd.
Cosa caratterizza un buon leader? «Un buon leader è colui che è capace di creare una visione, che sa dove vuole arrivare ed è in grado di guidare anche gli altri membri dell’azienda verso la stessa meta. I leader sono essenzialmente persone autentiche e umili, curiose e creative, che si pongono sempre nuove domande col desiderio di imparare. La leadership può essere appresa: non ci sono prove che dimostrano che essa sia qualcosa di genetico o ereditario». Perché tutti noi abbiamo bisogno di leader nella nostra vita? «Le persone hanno la necessità di contare su una guida che faccia sentire loro sicure, ed è per questo motivo che i leader diventano così potenti da ispirare e condurre le persone nella direzione giusta. Inoltre i leader san-
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no ascoltare i propri seguaci; si tratta perciò di un processo collettivo, nonostante la psiche umana sia fondamentalmente orientata a contare su autorità. Ciò non significa però che i leader debbano adottare un comportamento autoritario, ma instaurare fiducia nelle persone affinché diventino seguaci». Crede che la leadership orizzontale possa avere successo, nonostante non venga rispettata la forma tradizionale di gerarchia? «In vari casi il leader emerge a seguito di un processo psicologico che influenza le altre persone. Queste tendono ad avere bisogno di un leader per poter spingere l’energia nella giusta direzione. Per essere un leader con un’elevata capacità di performance, bisogna quindi canalizzare questa energia in modo che
riesca a raggiungere la visione dell’impresa».
setati di conoscenza, creatività e curiosità».
Crede che esistano dei leader negativi? «Assolutamente sì. Esistono molti leader distruttivi, come i narcisisti, ai quali interessa solo apparire come i più intelligenti. La principale differenza tra un leader distruttivo e un leader positivo è che il primo è focalizzato sul proprio ego, mentre il secondo è interessato principalmente a imparare sempre cose nuove. Esiste un pericoloso segnale che consente di riconoscere un leader distruttivo: la resistenza all’ascolto e il disinteresse a imparare. Invece i grandi leader sono e saranno sempre as-
Come riescono i leader a massimizzare il talento del proprio team? «In primo luogo simulando ciò che fanno i negoziatori di ostaggi: fare domande per capirne le motivazioni. Una volta identificati i talenti, un buon leader deve essere in
grado di creare un clima di sicurezza all’interno del proprio team, in modo tale che le persone si sentano libere di osare, fare ciò che normalmente non farebbero e dare libero sfogo alla propria creatività. I grandi leader fanno principalmente tre cose: ispirano, creano e cercano talenti, dando vita a team dall’alto rendimento e guidando l’inevitabile cambiamento».
George Kohlrieser sarà presente quest’anno come speaker al World Business forum, il più importante congresso di business leader in Europa che offre un’esperienza unica di apprendimento, ispirazione e prezioso networking tra oltre 2.300 senior manager. Visita l’area riservata My Manageritalia > Servizi professionali e scopri l’offerta esclusiva dedicata agli associati Manageritalia per parteciparvi.
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Ambiente
L’AMERICA FIRST SCHIACCIA L’ACCORDO DI PARIGI La decisione di Donald Trump appare come un boomerang per l’economia: i dati mostrano uno scenario diverso rispetto a quello descritto dal presidente degli Stati Uniti Rolando Polli fondatore e amministratore unico di IG Partners
Francesca Spinosi research analyst IG Partners
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T
RUMP colpisce ancora. È ufficiale. Gli Stati Uniti si sono inesorabilmente ritirati dall’accordo di Parigi in nome del mantra dell’“America first” e della difesa di migliaia di posti di lavoro nell’industria del carbone. Da un punto di vista meramente politico, la veridicità dei fatti e dei dati enunciati dal presidente nel suo intervento del 1° giugno al Rose Garden poco importa. Conta assicurare il continuo successo della commedia politica trumpiana, come ampliamente riconfermato dallo show del presidente. Da un punto di vista economico, invece, gli Usa, a nostro avviso, stanno correndo un altissimo rischio nella convinzione che una politica energetica nazionalista, basata su combustibili fossili altamente inquinanti, possa fortificare il paese e renderlo più competitivo. Efficace il commento di Ivo Daalder, direttore del Chicago Council on Global Affairs, per cui la politica dell’“America first”
può facilmente tramutarsi in “America alone” e di lì a poco in “Trump alone”. Più che far fede allo slogan trumpiano del “make American great again”, gli Stati Uniti avrebbero potuto adottare il
principio del “make our planet great again” come suggerito dal neo-presidente francese Macron, ma a quanto pare questa visione sarebbe stata troppo iniqua per l’economia americana… Il piano sulle politiche ambientali L’obbligo principale per i paesi firmatari dell’accordo sul clima è quello di presentare con cadenza quinquennale un piano che descriva le politiche volte alla mitigazione del cambiamento climatico. Con Obama gli Usa si erano impegnati a ridurre le emissioni di gas serra del 26-28% al 2025 rispet-
to ai livelli del 2005 e avevano stanziato mezzo miliardo di dollari nel “green climate fund”, istituito appositamente per aiutare i paesi in via di sviluppo a implementare le politiche ambientali. Una serie di standard sull’efficienza dei carburanti e di efficienza energetica per costruzioni ed elettrodomestici sono tra le principali misure previste nel piano americano per raggiungere l’obiettivo al 2025. Tuttavia, la maggior parte del contributo al target del 26-28% sarebbe dovuto derivare dallo storico “Clean Power Act” di Obama, che per la prima volta imponeva limiti stringenti alle emissioni di
anidride carbonica delle centrali elettriche, ma che il neo presidente ha prontamente provveduto a smantellare nel primo trimestre di quest’anno. Nel suo discorso Trump si è detto pronto a rinegoziare nuove condizioni con la comunità internazionale sul tema del cambiamento climatico a patto che esse siano favorevoli per l’economia americana. In realtà l’ac-
L’obbligo principale per i paesi firmatari dell’accordo sul clima è quello di presentare con cadenza quinquennale un piano che descriva le politiche volte alla mitigazione del cambiamento climatico
cordo di Parigi non è vincolante e non prevede penalizzazioni dirette per nessuno degli stati firmatari, per cui un singolo stato potrebbe tranquillamente indebolire i piani presentati originariamente, anche se ciò non è ovviamente auspicabile. Ma per meglio allietare i suoi sostenitori, Trump ha optato per il colpo di scena adottando la mossa radicale dell’uscita senza se e senza ma. Peccato che secondo i regolamenti di Parigi ci vogliono ben quattro anni per rendere efficace l’exit dal trattato… per cui gli Usa potrebbero ancora far parte
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Ambiente mossa Trump riuscirà davvero a fare da trampolino di lancio all’industria del carbone e a rallentare l’avanzata delle energie alternative? Basta guardare i dati che mette a disposizione il Department of energy americano per concludere che l’uscita dal trattato mette a rischio più posti di lavoro di quanti non riesca a salvarne. Come mostra il grafico 1, il totale degli impiegati nel settore del solare e dell’eolico (circa 476.000) è pari a circa tre volte il numero degli occupati nel carbone. Probabilmente a Trump interessa più la distribuzione degli occupati nei vari stati americani piuttosto che l’allocazione settoriale: circa il 40% degli impiegati del solare sono californiani, mentre gli occupati del carbone sono concentrati in West Virginia, Wyoming, Pennsylvania
Grafico 1. Occupati nel settore energetico per tecnologia negli Usa (migliaia, 2016) 600 500 400 300 200 100 0 Eolico
Carbone
Gas naturale
Solare
Petrolio
Fonte: Financial Times, Doe
Negli Usa il totale degli impiegati nel settore del solare e dell’eolico è pari a circa tre volte il numero degli occupati nel carbone
dell’accordo fino alle prossime elezioni presidenziali nel novembre del 2020. Una visione miope Ma più che sui cavilli di giurisprudenza internazionale, vale la pena soffermarsi sui fatti: con questa
Grafico 2. Produzione di gas naturale e carbone negli Usa Natural gas marketed production (bn cubic ft per day)
Coal production (rolling 12-month average, m short tons)
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Fonte: Financial Times, Thomson Reuters
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e Kentucky, guarda caso esattamente gli stati in cui Trump ha ottenuto più consensi. In più la recente battuta d’arresto del settore del carbone è stata causata in parte dall’avanzata delle energie rinnovabili, ma soprattutto dalla concorrenza con il gas naturale, che pur facendo parte della famiglia dei combustibili fossili è di gran lunga più economico e pulito del carbone (grafico 2). Ciò che rileva per il mercato del carbone non è tanto l’ammontare dei sussidi alle energie verdi, ma il prezzo del gas naturale, suo diretto concorrente. È la legge di mercato che stabilisce il futuro del carbone e le politiche di Trump potranno solo posticipare (di ben poco) la celebrazione dei suoi funerali. La crescita delle rinnovabili Stessa storia vale per le rinnovabili. Anche qui c’è ben poco che Trump possa fare per arrestare la crescita straordinaria che stanno vivendo il solare e l’eolico: in media parliamo di un aumento della capacità installata rispettivamente del 46% e 21% all’anno negli ultimi dieci anni. Per non parlare dei costi di produzione che continuano a diminuire a vista d’occhio e in molti casi sono già competitivi con il carbone e con il gas naturale. Le opportunità di business nel settore delle rinnovabili coniugate allo sviluppo dello storage, delle batterie agli ioni di litio, dei veico-
li elettrici sono elevatissime e sono questi i settori su cui Trump dovrebbe focalizzarsi se vuole davvero realizzare l’obiettivo del “make America great again”, piuttosto di tecnologie sporche, obsolete e sempre meno competitive come il carbone. La United States climate alliance Su questa linea un gruppo di stati tra cui California, New York e Washington, rappresentanti circa il 30% del Pil Usa, hanno dato vita alla “United States climate alliance”, una coalizione che si impegna a raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi tracciati da Obama. Di fatto, la responsabilità delle politiche energetiche americane è condivisa tra il governo federale, i governi statali e locali ed è curioso che la stessa divisione dei poteri che aveva tormentato Obama nell’imposizione di limiti alle emissioni per i singoli stati nel delineare il Clean power act stia ora giocando a favore delle politiche volte alla lotta al cambiamento climatico. Iniziative parallele includono l’“America’s pledge” lanciata da Michael Bloomberg per coordinare una serie di governi e imprese locali al raggiungimento del target del 26% al 2025 e altre alleanze di sindaci di grandi città e imprenditori che intendono sottoporre all’Onu un patto con cui si impegnano a rispettare gli accordi di Parigi. Tanto per dare un’idea dell’importanza di queste iniziati-
ve, ricordiamo che se la California fosse indipendente sarebbe la sesta economia globale mentre gli stati del “Climate alliance” assieme sarebbero la terza economia al mondo. Alla luce di tali osservazioni forse non bisogna dare tutti i torti all’economista dell’Università di Canberra Luke Kemp, che con la sua filosofia del “better out than in” delinea il paradosso della partecipazione degli Usa agli accordi sul clima sotto l’amministrazione Trump: un ostruzionista al tavolo della convenzione di Parigi con diritto di veto avrebbe probabilmente causato più danni che benefici al futuro del nostro Pianeta, avendo il potere di bloccare lunghi processi decisionali e negoziazioni chiave per raggiungere l’obiettivo dei 2C al 2100. Meglio out.
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INIZIATIVE MANAGERITALIA
TENNIS IN TERRA ROSSA
Si è concluso con successo il trentesimo torneo di tennis Manageritalia a cui hanno partecipato 63 atleti che hanno disputato 130 match tra singolare e doppio
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Cifre tonde per il torneo di tennis di Manageritalia 2017: 30 le candeline che quest’anno spegne l’iniziativa sportiva, 40 (in media) i gradi con cui si sono disputati i match. Andiamo con ordine! Come ricordato dalla presidente di Manageritalia Servi1 zi Marisa Montegiove, in occasione del cocktail di benvenuto per i 320 ospiti, il torneo di tennis ha festeggiato quest’anno il suo 30° compleanno. La bella e tonda ricorrenza
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è stata ricordata anche con la consegna di una targa al presidente di Manageritalia Guido Carella che, nel 1988, all’epoca in cui era presidente dell’Associazione di Bari, diede vita al primo torneo che si disputò a Pugnochiuso in Puglia con 100 partecipanti. Da allora il numero degli ospiti è esponenzialmente cresciuto dimostrando come il connubio tra sport, relax, sole, mare e cultura, grazie alle splendide location in cui il torneo si è sempre svolto, sia gradito a chi desidera vivere una parentesi ludica e di relazioni. Siamo stati ospiti del Club Med di Kamarina, villaggio turistico sito in provincia di Ragusa, all’interno della splendida cornice del mare siciliano e
di un angolo della Trinacria, ricco di storia e tradizioni della nostra meravigliosa Italia. Le attività ricreative di ogni genere e la gastronomia hanno rappresentato un ottimo (e gustoso!) richiamo per tutti gli ospiti, accanto a una spiaggia e piscina splendide nelle quali hanno trovato refrigerio anche i tennisti dopo le fatiche sportive. L’altra cifra tonda (i 40 gradi di temperatura) ha costituito la sfida nella sfida; il tennis, si sa, è sport di gambe e di mente ancor prima che di braccio e di tecnica e la temperatura ha rappresentato il terzo incomodo in campo con cui ogni atleta si è dovuto confrontare nonostante l’organizzazione non prevedesse match nelle ore più calde della giornata. Sessantatre tennisti (dagli 8 agli 84 anni), tra cui alcune new entry di tutto rispetto, 7 tornei (di cui 5 con round robin di qualificazione), 130 match tra singolare e doppio. Ai crudi numeri, fanno da cornice la buona tecnica, la sportività e la correttezza vista in campo, senza distinzioni di età e genere. Certamente in alcune occasioni sarebbe stata gradita la presenza dell’“occhio di falco” e in altre una recinzione un pizzico più alta per contenere il lancio della racchetta ma il tennis è lo sport del diavolo: tanto lo si ama, tanto lo si odia per quanto mette alla prova la pazienza, in primis con se stessi! Fatta la cornice, veniamo al quadro!
Singolare maschile associati over 60 (Trofeo Manageritalia) Si presentano decisamente “freschi” in finale Angelo Ghidotti e Primo Donati (Foto n.) dopo aver affrontato in semifinale rispettivamente Ugo Casagranda e Vessillo Valentinis, due
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possibili favoriti alla vittoria. Prevale la concretezza e solidità di Donati che chiude su un buon Ghidotti con un perentorio 6-2/6-0. Una menzione particolare va a Gaetano Biondi che, non domo dall’avanzare degli anni (84!), si arrende solo per un guaio muscolare durante le qualificazioni.
Roberto Baldacci e Marco Rugginenti, danno vita a una partita combattuta e di ottimo livello. Porta a casa il trofeo Odorizzi che, pur spingendo molto sui colpi, necessita di 3 set contro un solido Bertini (4-6/ 6-3/6-1). (Foto n.)
Singolare maschile associati under 60 (Trofeo Assidir)
Singolare femminile (Trofeo Manageritalia Servizi)
È stato battezzato “L’anno di Lamanuzzi” ma è mancato veramente solo l’ultimo sforzo perché portasse a casa entrambi i trofei dei tornei a cui ha partecipato. Dopo averla spuntata in una combattutissima semifinale con l’ottimo mancino Andrea Salvetti (7-6/7-5), nuovo volto del nostro tennis, Gabriele Lamanuzzi si è presentato in finale contro il vincitore della scorsa edizione, Andrea Rustioni, che in semifinale ha superato la sorpresa del torneo, Stefano Barbieri (6-3/61). Sotto gli occhi attenti degli spettatori presenti all’ombra della Club House, Lamanuzzi e Rustioni hanno dato vita a una finale intrigante per tecnica, tenuta fisica e mentale, sicuramente condizionata dal caldo (poco meno di 3 ore di partita), al termine della quale si è riconfermato campione Rustioni (5-7/6-3/6-4). (Foto n.)
Di tutto e di più: pazienti da fondo campo, aggressive con volé in avanzamento, colpi piatti, back e top spin. Tutti avvincenti i match disputati dalle signore in campo. Dopo aver superato in semifinale le ottime Marta Volterrani e Elena Arnaboldi, si presentano in finale Giovanna La Rocca e Patrizia Riboni.
Singolare maschile familiari e ospiti (Trofeo Aviva) Grazie alla disponibilità dei numerosi campi da tennis, anche questo torneo è stato caratterizzato dalle qualificazioni prima di giungere al tabellone. Si presentano in finale Fabrizio Bertini e Paolo Odorizzi che, dopo aver superato rispettivamente
... e grazie a
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BELLEZZA IBLEA Dalla penna di un nostro associato Pensare che non volevo nemmeno andare. Un’escursione in 280 in un centro storico piccolo come Ragusa Ibla può trasformarsi in un incubo. E invece. La nostra bravissima guida, bella voce e deliziose vocali strette, già nel tragitto ci ha detto cose interessanti. Per esempio, che la Sicilia ha subito tredici dominazioni, tutti hanno lasciato qualcosa, e forse per questo è così bella. E che il tardo barocco è uno stile verticale, cosa che mi ha dato nuovi occhi per vederlo. Una volta arrivati, poi – la vista della città abbarbicata sul colle che si vede dalle ultime curve è magnifica – ci siamo divisi in gruppetti, e l’effetto-invasione si è attenuato. Quindi passeggiando tra i giardini Iblei, le palme, le chiese, le salite, gli archi, i circoli di conversazione, siamo arrivati alla piazza del Duomo di San Giorgio. “Qualcuno sa dirmi perché è messo così, di sbieco rispetto alla piazza?”. Non perché è rivolto a Gerusalemme, come ha detto qualcuno. Ma per far vedere contemporaneamente la facciata e la cupola. Wow. Anche se era in corso un pittoresco matrimonio, l’aperitivo lì sotto la scalinata era il nostro. L’apoteosi è stata infine arrivare in piazzetta Pola, sul sagrato di san Giuseppe, tutta apparecchiata per noi dai tre ristoranti del luogo. A un certo punto è arrivato anche uno spicchio di luna, nel cielo ancora blu. E i sapori delle ricette ragusane si sono mescolati con i profumi della sera. Angelo Ghidotti
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In 2 caldissime ore di gioco e 3 set, di cui l’ultimo con un avvincente tie-break, conquista il trofeo Riboni (4-6/6-2/7-6), anche lei per la prima volta presente sui nostri tabelloni. (Foto n.)
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Doppio giallo associati (Trofeo Cargeas) Affidarsi alla sorte per scoprire il proprio compagno di gioco nel doppio giallo è sicuramente uno degli aspetti avvincenti di questo torneo, insieme a quello del doppio misto. Mani innocenti pescano però le stesse coppie per semifinale e finale. Irnerio Del Treppo e Vessillo Valentinis, dopo aver superato Franco Corradini e Enrico Caglioni, affrontano in finale Andrea Rustioni e Ernesto Zinghini che escono vittoriosi da un combattuto match con Giovanni CanducciVenanzio Bregoli. Bella, vivace, divertente, avvincente la finale che vede prevalere la coppia RustioniZinghini. (Foto n.)
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Condizionato da un infortunio che lo ha lasciato fuori dal singolare, ma spinto alla prestazione da chi ama guardare il bel tennis, scende in campo anche nel doppio misto il quotato Irnerio Del Treppo, che nella semifinale gioca con Raffaella Totonelli. La coppia non riesce però a superare Gabriele Lamanuzzi e Samanta Agosti. Non è invece l’anno di Marta Volter-
Novità della 30° edizione: Chef Manageritalia, un gioco “creativo-culinario” che ha piacevolmente accompagnato la settimana dei nostri ospiti, proponendo ogni giorno la creazione su carta di una ricetta per le 4 portate principali con 3 ingredienti obbligatori e altri a scelta. Numerose le ricette pervenute che sono state selezionate e premiate dal sous chef, Carlo Finotto nella serata di premiazioni e saluti. Nella foto, oltre ai presidenti di Manageritalia Guido Carella e Manageritalia Servizi Marisa Montegiove, le vincitrici di Chef Manageritalia. Da destra Paola Patrizia Curti (cat. Secondo Nome del piatto: Insalata di polpo estiva); Paola Paleari (cat. Antipasto - Nome del piatto: Salazà); Raffaella Totonelli (cat. Primo - Nome del piatto: La fine del gambero); la piccola Madhuri Rossini (cat. Dessert - Nome del piatto: La dolcezza di Maddy).
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rani che, insieme a Paolo Odorizzi, deve arrendersi in semifinale alla coppia Giovanni La Rocca e Ugo Casagranda. (Foto n.) Il sorteggio mischia le carte e in finale si fronteggiano Agosti-Casagranda e La Rocca-Lamanuzzi con la vittoria del trofeo ad appannaggio dei primi.
Singolare ragazzi Due i tornei dedicati alle tenniste e ai tennisti in erba: si fronteggiano gli “over” (classe dal 2002 al 2005) e gli “under” (nati tra il 2006 e il 2009). Grandi e più piccoli hanno dato vita a un bel tennis: dritti e rovesci profondi (nonostante, in alcuni casi, la racchetta fosse alta metà del giocatore!) e grande agonismo accompagnato da una sana competizione e tanta correttezza. Escono dalle qualificazioni 4 giocatori per ciascun tabellone e portano a casa il trofeo “over” Lorenzo Corradini su Federico Spessotto e quello “under” Davide Martinengo sul pur determinato Federico Giordano. Onore anche ad Alessandro Fiaschi, Alessandro Zavi, Matteo Biffi e Giovanni Rugginenti fermatisi in semifinale, e a tutte le altre nostre giovani promesse. (Foto n.)
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PILLOLE DI BENESSERE
benessere
A cura della redazione
CRIOTERAPIA: UN TRATTAMENTO SHOCK
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È sempre più diffusa e spopola tra le star, che postano sui social le foto: da Lindsay Lohan a Demi Moore, passando per Jessica Alba, Jennifer Aniston, Carla Bruni, calciatori famosi, sportivi ma anche gente comune. Parliamo della crioterapia, o terapia del freddo, che può essere effettuata immergendosi in vasche o particolari “saune al contrario” ultratecnologiche, con temperature ben al di sotto lo zero. La crioterapia originariamente veniva prescritta ai calciatori per risolvere i problemi muscolari, mentre oggi sembra prevalente la motivazione estetica. Essere informati prima di effettuare una sessione di crioterapia è importan-
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te, non tanto perché esistano controindicazioni particolari – a patto di essere in buona salute, non avere problemi gravi di ipertensione e non essersi sottoposti di recente a un intervento chirurgico – quanto perché si tratta di un trattamento benessere decisamente shock. La crioterapia è vietata a ipertesi e cardiopatici perché con il freddo l’organismo reagisce con una violenta vasodilatazione. Stesso discorso per le donne incinte. I benefici? Sembrano parecchi e notevoli, tanto che viene definita una terapia curativa a tutti gli effetti. Oltre a rassodare la pelle e dare sollievo a traumi muscolari e infiammazioni come la
cervicale, fa aumentare il livello di serotonina, migliorando l’umore e dando la possibilità a chi soffre di insonnia o è sfasato per via del jetlag di risolvere questi problemi. È stato calcolato che con un trattamento di 3 minuti si possono perdere fino a 800 calorie. Ci si sottopone a una seduta di crioterapia nudi, con slip, guanti di lana, calzettoni spessi, una fascia per coprire la testa e una mascherina. Nelle saune per la crioterapia, supervisionate sempre da un responsabile che controlla in ogni momento il cliente, l’ambiente è diviso normalmente in due sezioni: la prima ha una temperatura di circa -60° mentre la seconda un’altra che sembra sfidare la resistenza umana: tra i -110° e i -140°. Cosa succede a questo punto? L’obiettivo è superare i due minuti nella sezione “estrema”, affinché la sessione faccia effetto. Ci si può muovere per sopportare meglio l’impatto e la durata massima, in ogni caso, non supera i 4 minuti. Diverse le strutture in Europa dove è possibile sottoporsi a una seduta di crioterapia, tra quelle più vicine all’Italia, le Terme Marine di Montecarlo, la spa della Swiss Diamond Hotel di Lugano o, in Austria, presso il Centro di Cura di Bad Bleiberg Kurzentrum, a venti chilometri da Tarvisio, e all’hotel AlpenMed Lamm di Seefeld, a dieci minuti da Innsbruck.
ARTE Claudia Corti
È
arte
VIVIAN MAIER, “MARY POPPINS” DELLA FOTOGRAFIA DOVE Vivian Maier, una fotografa ritrovata Palazzo Ducale di Genova fino all’8 ottobre
È il 2007 quando il giovane giornalista John Maloof sta scrivendo un libro sulla sua città, Chicago, e a corto di materiale iconografico, si aggiudica a un’asta per meno di 400 dollari un baule, colmo sì di cianfrusaglie, ma anche di migliaia di negativi di foto mai sviluppate. Il baule apparteneva a una vecchia signora in difficoltà economica a cui erano stati pignorati beni conservati in un box di cui da anni non veniva pagato l’affitto. Incuriosito, Maloof pubblica su vari social network alcuni scatti ricevendo in breve tempo un consenso tale da spingerlo a intraprendere una vera e propria indagine alla ricerca del misterioso fotografo. Ben due anni di ricerche portano nel 2009 Maloof a un nome, Vivian Maier, un’anziana bambinaia che, destino crudele e beffardo, è morta solo da poche settimane a seguito di un banale incidente. Sembrerebbe la trama di un romanzo senza un lieto fine, se non fosse che Maloof decide di proseguire nella sua ricerca e ricostruire la storia della misteriosa Vivian. Nata nel 1926 a New York, subito dopo la guerra aveva trovato impiego presso una famiglia benestante come bambinaia, mestiere che porterà avanti per tutta la vita. Non sappiamo come e quando fosse nata la passione per la fotografia, né quando avesse fatto la sua comparsa al
collo della donna l’inseparabile Rolleiflex, sostituita anni più tardi da una Leica; eppure alcuni sostengono che avesse scelto di fare la tata proprio per poter lavorare spesso all’aperto dedicandosi ai suoi scatti. Comincia così la “non carriera” di fotografa di questa donna alta dal volto enigmatico, incorniciato da un taglio di capelli corto, che passeggia con bambini di ottima famiglia nei sobborghi di New York prima e di Chicago poi, scattando compulsivamente e catturando ogni particolare o imperfezione di un mondo in movimento. È attratta dalla vita intorno a sé, dalle architetture di quartieri in rapida evoluzione, dalla gente comune che attraversa le strade, che lavora, dalle coppie che si tengono per mano e dai bambini dal volto autentico e genuino. Quello della Maier è un ritratto dell’America del Dopoguerra non in posa, realizzato dalla prima streetphotographer in un’epoca in cui ancora quest’arte neppure esisteva. Antesignana anche nella sperimentazione di ciò che oggi definiremmo “selfie”, centinaia di scatti che vedono protagonista il suo volto riflesso in specchi, pozzanghere, vetrine, senza guardare mai l’obiettivo, quasi a non voler disturbare mantenendosi in disparte. Chissà se avrebbe apprezzato la notorietà che oggi l’avvolge?
CURIOSITÀ Tra il 1959 e il 1960, sfruttando ferie accumulate, intraprese un viaggio di sei mesi on the road dagli Stati Uniti ai Caraibi, dall’Egitto all’India scattando migliaia di foto. Di lei oggi abbiamo oltre 100.000 scatti.
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LIBRI Davide Mura
Mio figlio non legge Due insegnanti e padri scrivono un libro su come stimolare l’amore e l’interesse verso i libri nei bambini. Non a tutti piace leggere, c’è chi prova non solo insofferenza ma addirittura odio nei confronti dei libri. Di fronte ai crucci di chi ha figli “allergici” alla lettura, gli autori di questo saggio invitano a tracciare un profilo dei propri figli proponendo allo stesso tempo un metodo collaudato. Esistono volumi per determinati lettori e la pretesa che ogni titolo possa incontrare l’interesse di un bambino in età scolare è illusoria. Inoltre, spesso, il problema non è dei figli ma dei genitori, che per primi preferiscono trascorrere i momenti liberi davanti alla tv. Un’analisi completa, ricca di consigli e astuzie. Leggere per piacere, Marcello Bramati, Lorenzo Sanna, Sperling & Kupfer, pagg. 196, 16.
L’identità del migrante
Lo faccio io, gratis Sociologo e studioso delle evoluzioni nel mondo del lavoro, Lambert Craig traccia un quadro delle molte attività quotidiane che un tempo prevedevano specifiche figure professionali. L’avvento della robotica e il web hanno distrutto lavori un tempo retribuiti e che oggi ognuno di noi svolge in modo gratuito e automatico: dall’home banking al check-in online. Lambert approfondisce l’impatto psicologico di queste forme di consumo personalizzate e le conseguenze sulla comunità. Il lavoro ombra è molto più insidioso di quanto si possa credere: come reimparare a gestire il nostro tempo? Il lavoro ombra, Lambert Craig, Baldini & Castoldi, pagg. 320, 18.
di Anna Zinola
libri
Che cosa vuol dire essere un migrante? Che cosa si lascia (talora si perde in modo irrimediabile) della propria identità originaria? Sono alcune delle domande che attraversano il racconto-saggio di Tash Aw, Stranieri su un molo. Un piccolo libro in cui l’autore, nato in Malesia da una famiglia di origini cinesi, ripercorre la storia dei suoi nonni. Sono loro gli stranieri sul molo, che negli anni 20 del 900 lasciarono la Cina per sfuggire alla povertà. E costruire un futuro migliore per sé e i propri figli. “Diventeranno più benestanti, anche se mai davvero ricchi. Vivranno e lavoreranno in una grande città. I loro figli diventeranno professionisti e guadagneranno stipendi cospicui. I loro nipoti cresceranno così borghesi e agiati che l’idea della privazione non avrà alcun posto nella loro vita”. Ma in questa ascesa verso il benessere (se non la ricchezza) che caratterizza l’Asia contemporanea, che cosa è andato perduto? Come Aw spiega bene, si è persa la memoria. O, meglio, la memoria è stata “depurata” per creare una sorta di narrazione ideale. “Noi prendiamo a limare ossessivamente, raschiando via interi blocchi dalla struttura, e poi ancora e ancora, finché finalmente abbiamo una massa senza difetti, senza volto. Questa è la forma che ci piace”. Il risultato è un’immagine in apparenza omogenea: una sorta di grande Asia piatta e appiattita. Il libro di Aw mostra quanto questa immagine (o, per meglio dire, questo stereotipo) sia lontano dalla realtà. E invoglia a capire che cosa sia davvero oggi il Far East, a scoprire come sono cambiati (e cosa sono diventati) gli stranieri sul molo. Stranieri su un molo, Tash Aw, ADD Editore, pagg. 92, 12.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
BIG DATA: UNA NUOVA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Andate su Linkedin, sezione ricerca lavoro, “Jobs”. Nella maschera di ricerca inserite la parola “digital”. Verranno visualizzate decine di offerte di lavoro legate al mondo di internet. Le professioni del digitale sono sempre più richieste. Non più solo comunicazione online, marketing o social, gli esperti del digital ora sono chiamati a ridisegnare i processi aziendali, anche quelli di staff. Impensabile fino a pochi anni fa, il digitale sta rivoluzionando le organizzazioni aziendali. Non basta più il sito aziendale, quello per l’ecommerce o il self-care per interagire con i propri clienti. L’era del customer relationship management (o più semplicemente crm) è finita. È iniziata quella dei big data. Che cosa sono i big data e quali professioni servono per gestirli? Che tipo di formazione devono avere? Come reclutare i migliori talenti in questo campo? Quale vantaggio competitivo offrono alle aziende capaci di gestirli? Il libro La grande sfida della trasformazione digitale, con l’introduzione di Enrico Sassoon (Mind Edizioni, collana Harward Business Review), ci aiuta a fare chiarezza su cosa vuol dire fare entrare il digitale in azienda e come gestire le informazioni che questa rivoluzione rende disponibili. Per competere ora le aziende devono saper raccogliere, organizzare e interpretare i cosiddetti “big data”, ossia tutta quella vastità di dati complessi generati da strumenti, sensori, transazioni internet, email, video, click e in generale da ogni fonte digitale a oggi disponibile e che lo sarà in futuro. Che cosa cambia rispetto al mondo dei software analitici che conosciamo? I big data sono costituiti da una
serie così grande di dati che gli strumenti tradizionali non sono più in grado di catturare, gestire e processare in un tempo accettabile per il business. Vecchi software quindi che diventano obsoleti ma anche professionalità che devono aggiornarsi per sopravvivere. Oggi servono data scientist capaci di identificare tendenze e fare previsioni basate sull’analisi e combinazione di dati provenienti da fonti pubblicamente disponibili, private o generate tramite oggetti connessi in rete, la cosiddetta Internet of thing. Nuovi professionisti, quindi, dotati di una mentalità olistica, capaci di cogliere il significato nascosto nei dati. Pensiamo solo alla quantità di dati resi disponibili dalle cosiddette tecnologie “indossabili”, come i braccialetti che utilizziamo per misurare i nostri allenamenti. Dati che incrociati ad esempio alle nostre abitudini d’acquisto, i “like” sui social e i nostri spostamenti, permetteranno un livello di conoscenza della clientela impensabile fino a poco tempo fa. Un’enorme mole di dati, quindi, dalla quale estrarre un senso, un significato da tradurre in linee guida, in decisioni manageriali per affrontare il mercato e la sua trasformazione digitale. Trasformazione che, citando Neelie Kroes, commissario europeo per l’Agenda digitale, ha i caratteri ormai di una nuova rivoluzione industriale.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Il supplemento di pensione
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Dopo aver raggiunto i requisiti e aver ottenuto il trattamento pensionistico, ho avuto la possibilità di intraprendere un nuovo lavoro dipendente. Cosa accadrà dei contributi versati successivamente al pensionamento per questo nuovo impiego? L.P. - Torino
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I contributi versati per attività lavorativa svolta dopo il pensionamento non vanno persi, ma permettono di richiedere un supplemento di pensione che andrà a sommarsi a quella principale, dando luogo a un’unica pensione. Il supplemento può essere concesso solo passato un periodo di tempo minimo dalla decorrenza della pensione di cui si è titolare o dal precedente supplemento. Inoltre, la disciplina è differente a seconda della gestione in cui si è titolare di pensione e di quella in cui si chiede il supplemento. Infine, ai fini della liquidazione del supplemento, il riconoscimento del diritto è subordinato al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia nella gestione in cui il supplemento stesso dovrà essere liquidato. Nel Fondo pensione lavoratori dipendenti Inps (Fpld), la richiesta del supplemento può essere effettuata per una sola volta, dopo aver cessato l’attività lavorativa e trascorsi due anni
dalla decorrenza della pensione, se in possesso del requisito di età previsto per la pensione di vecchiaia. Se non si è in possesso del requisito anagrafico per il pensionamento di vecchiaia, il supplemento può essere richiesto dopo cinque anni dalla decorrenza della pensione. Successivi supplementi possono essere richiesti decorsi ulteriori cinque anni. Il supplemento spetta anche nei confronti di quei lavoratori che abbiano ottenuto il trattamento pensionistico attraverso il cumulo o la totalizzazione dei periodi assicurativi. In tal caso, il supplemento dovrà essere liquidato secondo le regole della gestione dove risultano accreditati i contributi successivi alla decorrenza della pensione conseguita in cumulo. In caso di morte del pensionato, i contributi relativi a periodi successivi alla decorrenza della pensione devono essere computati d’ufficio ai fini della misura della pensione di reversibilità, indipendentemente dalla circostanza che siano stati utilizzati o meno per supplementi nella pensione diretta del defunto. La domanda si presenta online all’Inps attraverso il servizio dedicato o tramite un patronato e la relativa liquidazione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, se a tale data sono soddisfatti tutti i requisiti previsti dalla legge.
inserto mensile di Dirigente n. 7-8 / 2017
DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #36
FUTURE COMMERCE Conversare, conversare, conversare
p. 2
FUTURE BUSINESS
Sesso in modalità remota
p. 4
FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI INFOGRAFICA DEL MESE DA AMAZON A BEZOSON
SAVE THE DATE: KEEP CALM: IT’S D-TIME DIGITALIZZAZIONE ANNO ZERO 27 SETTEMBRE 2017 ROMA CFMT-FMT https://tinyurl.com/y7epy9mh
Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo
FUTURO ESTREMO Intimamente acritico
Ci crediamo tutti perché ce lo raccontano così bene. Cosa? Il futuro. Chi? Coloro che lo forzano e lo rendono fatale. Raymond Kurzweil, il guru della singolarità tecnologica, Elon Musk, il visionario ceo di Tesla, Sergey Brin, il più eclettico dei due fondatori di Google e ovviamente il solito Mit e i soliti narratori dell’intelligenza artificiale. Tutti con un unico obiettivo: raccontare un futuro già scritto. Oggi il futuro appartiene a chi racconta le migliori storie. Le visioni estreme indirizzano
FUTURE INNOVATION Le migliori del 2017
p. 8
e seducono ricercatori, imprese, investitori, politici e consumatori. Anche perché siamo di fronte a un cambiamento epocale nella fruizione della conoscenza. La percezione dello sviluppo scientifico e tecnologico non proviene più da scuola, università o circoli culturali ma in prima istanza dai media che, poveretti, impoveriti, fungono da ufficio stampa dei grandi narratori danarosi e desiderosi di imporre la loro Weltanschauung economica e sociale. Il confine fra scienza e finzione si è dissolto. Le storie che circolano di tecnologia, economia, società e comportamenti umani di domani hanno una funzione virale che contamina e si autoreplica nella mente delle persone. La science-fiction diventa un programma sostenibile. I ceo delle imprese multinazionali si presentano volentieri come portavoce e visionari di un futuro estremamente diverso e di fatto hanno sostituito i veri pensatori e intellettuali, in passato custodi del pensiero critico.
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FUTURE COMMERCE / CONVERSARE, CONVERSARE, CONVERSARE. “Tacete, il nemico vi ascolta” si diceva in guerra. In pace si dovrebbe dire “parlate, l’amico vi ascolta” oppure meglio “ascoltate, il cliente vi parla”. Questo il diktat del commercio conversazionale. Conversare per vendere. Ovvio: grazie alle nuove tecnologie.
DIALOGO NEL WEB
IN PRINCIPIO FU UBER
Che “i mercati sono conversazioni” lo sappiamo grazie al Cluetrain Manifesto sin dal lontano 1999, quando si posero le basi teoriche di internet. Perché allora tutta quest’eccitazione e affermazione che il 2017 sarà l’anno del conversational commerce, ribattezzato da qualche relatore all’ultimo Netcomm Forum addirittura “the next big thing in marketing”? Semplice: perché le conversazioni digitali sono la nuova forma d’interazione con i clienti e messenger, sotto forma di testi, video, audio o automatizzati chatbot, il nuovo ecosistema per ogni brand, azienda o servizio. Un sistema che deve essere naturale e anche veloce, come nel caso di Domino’s Pizza: basta l’invio di un emoji per ordinarne una. Una conversazione che può anche fare a meno dell’interfaccia grafica. Amazon Echo e Google Home hanno aperto la strada: basta parlare per ordinare. Voice first, o text first per ogni attività e non solo per chi vuole vendere meglio online.
O meglio, Chris Messina, ex developer experience di Uber, che in un post pubblicato nel 2015 fece prendere il largo al termine conversational commerce con la definizione: “is about delivering convenience, personalization and decision support while people are on the go, with only partial attention to spare”. Insomma, convenienza, personalizzazione e supporto mentre si è in movimento e con poca attenzione e concentrazione da mettere in campo, per esempio in metropolitana quando serve ordinare biglietti del cinema o prenotare un treno. Gesti veloci e risposte veloci, magari corredate da consigli. L’avanzata dei software cognitivi e di sistemi di intelligenza artificiale in grado di elaborare il linguaggio con estrema precisione, delle tecnologie di pagamento rapide nelle transazioni e dei vari tools per notifiche e comunicazioni hanno resa vera la visione che il futuro smartphone sarà un chatphone.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
RICHIEDERE ASSISTENZA I social in difficoltà devono forse richiedere assistenza ai servizi sociali? Forse è prematuro ma intanto il dominio della chat sui social pare sempre più evidente. Come evidenzia un recente grafico di BI Intelligence (Business Insider), le app di messaggistica hanno superato (per numero di utenti) le app dei social network. Naturale: le persone vogliono parlare con altre persone o almeno riprodurre e simulare in modalità digitale quei gesti che hanno abbandonato nella vita reale, anche con le aziende e i servizi. L’e-commerce del futuro si basa su una semplice evidenza, gli utenti vogliono la chat (testuale o vocale), vogliono conversare e vogliono risposte subito, proprio come accade in un negozio fisico: entri, chiedi e ottieni risposte, in modo colloquiale. Semplicemente Iot marketing: la vecchia interazione (web 2.0) passa alla nuova conversazione facilitata dal tanto osannato internet delle cose.
INTANTO MICROSOFT
LA VOCE DEL PADRONE
Non dorme e sogna di farci raccogliere in casa di nuovo in cerchio attorno a un fuoco, questa volta vocale, per raccontare e ascoltare storie, per ordinare e prenotare e ovviamente gestire tutti i gingilli digitali della futura smart home, compresi lampade e termostati. Tutto questo è e sarà HomeHub, il pc come centro dell’universo familiare. Un assistente tuttofare che ascolta e parla grazie all’integrazione con Cortana (assistente vocale Microsoft) e che rende possibile la condivisione di tutti i device e computer. Non più personal computer ma collective computer. Piacerà?
Chi sono gli attori in gioco? Da un punto di vista tecnologico i soliti noti. Jeff Bezos è colui che ha creduto per primo nei smart speaker con assistente vocale. Amazon Echo ha venduto a oggi solo negli Usa più di 8 milioni di pezzi (dato: fine gennaio 2017) e secondo le previsioni della banca di investimenti RBC Capital Markets Amazon riuscirà a piazzarne altri 60 milioni entro il 2020. A livello globale si parla addirittura di 500 milioni venduti in tutto il mondo nei prossimi tre anni. Cifre importanti per un gadget che nel frattempo si è evoluto diventando una famiglia di prodotti fra cui Echo Show, dispositivo dotato di display, touchscreen, telecamera integrata e ovviamente comando vocale. Nella lotta per il controllo dei futuri “voice controller” c’è ovviamente anche Google. Google Home potrebbe invadere le case di mezza Europa già entro la fine dell’anno. Il colosso californiano arriva dopo ma con la tranquillità di ogni monopolista: l’onnipresenza del suo motore di ricerca fa sì che le future sinergie fra applicazioni e integrazioni di servizi risultino facili e prive di complicazioni. Per esempio voice ads mirati che alla domanda vocale “cosa potrei regalare alla mia ragazza per il compleanno?” rispondono in tempo reale con estrema precisione e pertinenza (certo, frugando nei dati). Non vanno poi sottovalutati i vari Apple, Facebook e Samsung, anche se a oggi le priorità paiono altre.
http://tinyurl.com/yctekbzn https://madeby.google.com/home/ https://www.apple.com/homepod/ http://tinyurl.com/mlz6qjf https://chatfuel.com/
SCARICA IL WHITE PAPER CONVERSATIONAL COMMERCE DI IADVIZE http://tinyurl.com/ydeggpya
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SEX AND THE BUSINESS 01 SESSO IN MODALITÀ REMOTA Lontano nello spazio ma non nel tempo, che può coincidere. Inizia così il racconto del sesso in modalità remota, un sesso dove il piacere (presunto) si può praticare e attivare anche fra due amanti a migliaia di chilometri di distanza. I sex toys, gestiti da un’app e tramite smartphone, sono l’ultimo divertimento della generazione digitale (ma nel 1983 Milo Manara nel fumetto erotico Il Gioco aveva già sperimentato il sesso telecomandato). Ovviamente un vibratore connesso porta appresso anche il rischio di trafugamento di dati estremamente “sensibili” (vedi la class action in Canada contro We Vibe). Da piangere. Poi si può ridere di Kissenger, il “world’s first mobile kiss messenger”, un dispositivo con mini materassino in silicone dotato di sensori che si applica allo smartphone e che permette di inviare baci realistici (??) o di Little Bird, che fonde vibrazioni con narrativa erotica tramite sincronizzazione smartphone (il sextoy si attiva con storie eccitanti). Da ridere, ma mai troppo in un’epoca dominata dal delirio tecnoeuforico. Sembra remota a questo punto anche l’esperienza fisica con un vero partner in carne e ossa, almeno a dare retta alla spagnola Lumi Dolls, che ha inaugurato a Barcellona il primo “bordello” di sexbots, dunque prostituzione robotica, in Europa. Ma più del sesso artificiale è quello virtuale (con occhiali VR) a promettere i migliori (futuri) affari con immersioni e simulazioni a 360°. Too much per i vostri gusti? Avete ragione. Ma chi li fermerà?
SEX AND THE BUSINESS 02 SMART: BASTA LA PAROLA? Per alcuni sì. È il caso di i.Con. Lanciato da BritishCondoms, il maggiore sito e-commerce inglese di preservativi online “the world first smart condom”, è il primo profilattico intelligente al mondo in grado di memorizzare le informazioni delle performance sessuali (calorie bruciate, durata rapporto, velocità media, frequenza, intensità e persino il numero totale dei movimenti e delle posizioni assunte) che, attraverso l’app, possono essere condivise sui social di tutto il mondo, anche in forma anonima. Insomma, sex tracking con tanto di sensori e bluetooth. Non un caso isolato. L’eros hi-tech è in pieno fermento: si va dal preservativo ST.EYE che cambia colore in presenza di infezioni, a Fundawear, la lingerie 2.0 che vibra grazie agli impulsi trasmessi via smartphone, fino al love management vero e proprio, ovvero tool come couple.me che espandono la relazione amorosa in un social digitale di coppia. Il futuro del sesso sempre più smart è anche il segno dei tempi. Negli ultimi anni, complice anche il best seller 50 sfumature di grigio, il mercato dei giocattoli e device erotici è uscito dal ghetto e si è affermato grazie a un sapiente restyling basato sul design thinking: i classici nero e rosso sono stati sostituiti da allegre (e innocue) tinte pastello, i sextoys rinominati lovetoys (perché le parole sono importanti) e i toyparty hanno preso il posto dei “casalinghi” tupperparty.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
SEX AND THE BUSINESS 03 IL FUTURO SECONDO EMILY WITT L’attività più antica del mondo è sempre stata un mercato, spesso illegale e spesso basato sullo sfruttamento della donna (direi di default). La digitalizzazione ha un po’ mischiato le carte, garantendo il privato accesso alla diffusione del sesso sia come fruizione sia come produzione (vedi chat). Ovviamente, come sempre in rete, la “democratizzazione” non ha protetto, non protegge e non proteggerà mai i minori se non con palliativi. Si cresce, oggi, emulando non modelli d’amore (vedi romanticismo) ma modelli di performance (siti porno) facendo a meno di ogni intelligenza emotiva. Insomma, un tema complesso che Emily Witt ha affrontato nel recente libro Future Sex (maggio 2017), ovvero la rivoluzione del sesso nell’era del porno web. Niente di veramente nuovo ma quando una giovane donna, giornalista investigativa anche per il New York Times, affronta le pieghe spinose del porno vale la pena di dare un’occhiata. Nessun pistolotto femminista o accusa al sistema, ma piuttosto una raccolta di narrazioni dopo un abbondante periodo di frequentazioni hard tra set porno, orge al Burning Man nel deserto del Nevada, meditazioni orgasmiche, dating online ed esibizioni su webcam tipo Chaturbate (un nome che è già un programma) per provare che la sessualità (e dunque il mercato) di tutti noi si sta geneticamente modificando per via del web e che l’eccesso di scelta e delle relazioni occasionali alla fine sfinisce. Tutto sommato, conclude lei, “continuo a pensare che quando sei veramente innamorato di qualcuno, le opzioni, alla fine, rimangono molto limitate”. Di buon auspicio.
http://tinyurl.com/j3ld2z3 http://we-vibe.com/we-vibe-4-plus http://kissenger.mixedrealitylab.org http://britishcondoms.uk/icon-smart-condom.html https://couple.me https://en.b-sensory.com/ http://www.lumidolls.com/en/ https://www.hologirlsvr.com http://loveandsexwithrobots.org/
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Infografica del mese
DA AMAZON A BEZOSON IN SINTESI L’IMPRESA IMPERO DI UNA SOLA PERSONA, DA MARZO 2017 IL SECONDO UOMO PIÙ RICCO DEL MONDO.
ACQUISIZIONI INVESTIMENTI
Fonte: Visualcapitalist
ACQUISIRE
INVESTIRE
MORIRE
Jeff sa come si fa ad accontentare e acquisire il cliente. Il maniacale focus sui bisogni alla fine paga. Come la semplificazione di ogni gesto d’acquisto. Prima risparmiandoci il pellegrinaggio nei negozi, poi risparmiandoci la digitazione sul browser (con Amazon Echo) e infine risparmiandoci code e casse con il futuro Amazon Go. E a chi piace vendere “acquisti” (come formula) piace anche comprare “acquisizioni” (come espansione). Dell’ambiziosa acquisizione di Whole Foods tutti hanno già scritto, non tanto per sottolineare l’ingresso nel mondo del retail, ma per chiarire che Amazon si muove già nel post digitale, dove non ha più senso parlare di offline, online, omnichannel o superconvergenze. Acquisire per unire e ovviamente dominare il mercato in ogni sua forma ed espressione.
Jeff non sta mai fermo un minuto. Giorno dopo giorno investe in qualcosa. Talvolta come Amazon talvolta come Bezos Expeditions e talvolta a titolo puramente personale, ovviamente in molteplici direzioni. Da Uber a Airbnb fino alla robotica, grande passione di Jeff e non solo per far correre i suoi magazzinieri meccanici 24 ore su 24 ma anche per sperimentare i nuovi robot collaborativi (Rethink Robotics). Core business ma anche future ambizioni come Grail, una startup di San Francisco che sta lavorando su esami del sangue in grado di predire l’insorgere di un tumore, oppure come Everfi, un software di educazione con base a Washington. Per non parlare poi di Blue Origin, con cui fare concorrenza, a SpaceX di Elon Musk della Tesla nella conquista e colonizzazione della galassia.
Amazon è un category killer della disintermediazione, ma anche lui deve guardarsi alle spalle per non essere accoltellato e a sua volta disintermediato. Da chi? Dall’oste con cui spesso nessuno fa i conti. L’oste in questione è Google, il vero padrone di casa, che a ragione può gridare “io sono internet e solo io garantisco la porta d’accesso ai clienti di Amazon & Co”. Google è “la ricerca” sul web che ridireziona verso altri motori di ricerca (Amazon, Booking ebay ecc.). Non sappiamo dove porterà l’offensiva del pulsante “Buy now with Google” e non sappiamo se Google abbia la convenienza o la voglia di scatenare una guerra e magari “disindicizzare” i risultati. Ma sappiamo che questa è un’epoca dove vivere e morire in rete è come vivere e morire a Los Angeles (film): tutto accade in fretta.
IL DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
AMAZON > KEY ACQUISITIONS IN BILLIONS WHOLE FOODS ZAPPOS TWITCH KIVA SYSTEMS SOUQ.COM QUIDSI ELEMENTAL TECH ANNAPURNA LABS AUDIBLE ALEXA GOODREADS WOOT ACCEPT.COM IMDB
CASH
STOCK
U UNDISCLOSED $13.70
$1.20 $0.97 $0.78 $0.65 U $0.55 $0.50 $0.37 U $0.30 $1.25 $0.15 U $0.11 $0.10 U $0.06
AMAZON > KEY INVESTMENTS ROUND SIZE, IN MILLIONS LIVINGSOCIAL LIVINGSOCIAL LIVINGSOCIAL TWILIO HOMEGROCER.COM BILL ME LATER EZIBA.COM BANKBAZAAR.COM KOZMO.COM IONIC SECURITY WINE.COM SONGZA
$400 $183 $176 $130 $100 $72 $70 $60 $60 $45 $30 $4.7
BEZOS EXPEDITIONS > KEY INVESTMENTS ROUND SIZE, IN MILLIONS LOOKOUT JUNO THERAPEUTICS GRAIL WORKDAY VESSEL DOMO VESSEL JUNO THERAPEUTICS FUNDBOX STACK OVERFLOW EVERFI REMITLY RETHINK ROBOTICS GENERAL FUSION RETHINK ROBOTICS RETHINK ROBOTICS GENERAL FUSION RETHINK ROBOTICS TWITTER RETHINK ROBOTICS STACK OVERFLOW MAKERBOT RETHINK ROBOTICS REMITLY RETHINK ROBOTICS
$150 $134 $100 $185 $75 $60 $57.5 $56 $50 EVERFI $40 UNITY BIOTECH $40 AIRBNB $38.5 DOMO $30 STACK OVERFLOW $27 UBER $26.5 BUSINESS INSIDER $20 BUSINESS INSIDER $19.5 GENERAL ASSEMBLY $18 GOOGLE $15 $11.5 $10 $10 $7 $5.5 $5
JEFF BEZOS > INVESTMENTS ROUND SIZE, IN MILLIONS $190 $116 $112 $60 $40 $37 $25 $12 $4.5 $1
https://www.amazon.com/b?node=16008589011 http://www.visualcapitalist.com
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
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FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI IMPRESE INNOVATIVE LE MIGLIORI DEL 2017 Come ogni anno, la rivista Fast Company pubblica la classifica delle 50 imprese più innovative nel mondo. Anche in questa edizione (la decima) dominano le imprese californiane e a volte viene il dovuto sospetto di eccessiva autoreferenzialità, un po’ come per le classifiche dei migliori artisti e album di Rolling Stone (sempre di lingua inglese). Ciò nonostante una consultazione dello speciale resta obbligatoria per ogni manager, se non altro per trarre spunti per la propria organizzazione. Ovvio, il podio è
EATALYWORLD.IT
Il più grande parco agroalimentare del pianeta aprirà in ottobre ed è un’innovazione italiana di cui andare fieri. Le meraviglie della biodiversità contadina. Fico. http://tinyurl.com/yct8bb7h
URNABIOS.COM
Bios Incube trasforma i morti (le ceneri) in piante dal design impeccabile da tenere, volendo, anche in casa. Roba da startup. E non dite che non è innovativo. https://www.youtube.com/watch?v=RMynd1oplC8
composto dai soliti noti (Amazon, Google, Uber e Apple in quarta posizione), ma non mancano esempi di aziende meno scontate con cui fare i conti (come immersione nella lettura). Lo so: è una delle classifiche più citate e commentate (anche da blog italiani), ma siamo sicuri che a molti manager (sommersi da riunioni, grane o, meglio, opportunità) sia mancato il dovuto tempo per un approfondimento? Giusto allora dedicare il numero di luglio-agosto a un mediato ripasso, certo non trascurando le meritate vacanze. http://tinyurl.com/y8qo9alt
01ST.COM
Pet, il divano modulare con cuccia integrata, disegnata da Jiranan Pisannan per Zero First Design; è l’ennesima conferma che la vita da cani non è poi così male. http://tinyurl.com/y8twup8r
GREENCITYSOLUTIONS.DE/EN
Basato su tecnologia Iot, la parete compatta e mobile Citytree della startup tedesca, purifica l’aria con la potenza di 275 piante e funge anche da arredo urbano. http://tinyurl.com/yayfj2tj
TTRACK.TOTTO.COM
Visto su Indiegogo, lo zaino intelligente e connesso della colombiana Totto, avvisa tramite vibrazioni se qualcosa è stato lasciato in giro (device, portafogli ecc.). http://tinyurl.com/ya8emnb7
GETSENSATE.COM
La cosa più “sensata” contro lo stress non è il famosissimo Spinner, ma Sensate, un device che promette di ridurre la tensione tramite impulsi acustici riequilibranti. https://vimeo.com/202380909#at=1
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
QUADRI
QUADRI ALLA RISCOSSA MA DA QUALE PUNTO DI VISTA? L’evoluzione del mercato del lavoro italiano negli ultimi 10 anni ha toccato in maniera significativa – e non positiva – la popolazione manageriale. Tuttavia, se i dirigenti affrontano ancora un periodo di difficoltà, per i quadri si rileva finalmente qualche buona notizia Matteo Gallina
data manager di JobValue
Stando ai risultati dell’Osservatorio manageriale annuale di Manageritalia e Cfmt, che si avvale della collaborazione di Job Value, due quadri su cinque dichiarano di attendersi un cambio di azienda entro i prossimi tre anni in mancanza di concretizzazione nel breve
periodo di una di queste due opportunità. In questo senso si tratta di una categoria per cui la crescita professionale e di carriera resta un traguardo fondamentale. La misura di questa crescita, come ovvio, risiede nel passaggio alla dirigenza o nella crescita retributiva. Ma
Tabella 1. Ral 2014, 2015 e 2016 e trend ral 2016-2015 e 2015-2014 per inquadramento Qualifica
Ral 2014 (e)
Ral 2015 (e)
Ral 2016 (e)
Trend (%) 2015-2014
Trend (%) 2016-2015
Dirigenti
106.230
104.266
101.224
–1,8
–2,9
Quadri
53.231
53.217
53.799
+0,0
+1,1
Impiegati
30.465
30.624
30.894
+0,5
+0,9
Operai
23.707
23.937
24.608
+1,0
+2,8
Totale
28.665
28.693
29.309
+0,1
+2,1
LUGLIO/AGOSTO 2017
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R
oggi quanto guadagna un quadro? Questa figura, che nel mercato delle aziende private rappresenta il 4-5% della forza lavoro, hanno percepito nel 2016 una retribuzione annua lorda (ral) pari a 53.799 euro.
Tabella 2. Il peso della retribuzione variabile Qualifica
Quota variabile nel compensation mix (%)
Retribuzione variabile annua lorda (in e) per i percettori di variabile
Dirigenti
16,5
18.835
Quadri
10,0
5.732
Impiegati
7,2
2.335
Operai
6,4
1.636
MANAGERITALIA QUADRI
Trend 2016-2015 Nel 2016 le retribuzioni sono cresciute in maniera abbastanza significativa, con un trend positivo pari al 2,1% rispetto all’anno precedente. Seppur con un tasso inferiore, tale crescita tocca anche la popolazione dei quadri, la cui ral è aumentata del +1,1%, (circa 580 euro lordi annui in più). Normalmente le retribuzioni della categoria non si limitano ai livelli retributivi dei ccnl, ma prevedono più o meno consistenti superminimi, che ampliano la forbice rispetto agli impiegati.
Compensation mix Per i quadri il 90% del compenso monetario è fisso e circa il 10% è variabile, con un valore medio di quasi 6.000 euro annui. Una cifra insomma che comincia ormai a essere significativa, anche se il gap con i dirigenti resta notevole. Rispetto al 2016 per i quadri la quota variabile passa dal 54% circa al 68% circa. Una crescita significativa, che dimostra come le aziende stiano sempre più legando la retribuzione ai risultati raggiunti attraverso sistemi di incentivazione formalizzati, individuali o collettivi.
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Tabella 3. Ral media 2016 per industry - quadri Settore Alimentari, bevande e beni di largo consumo
Ral media 2016 (e) 57.022
Energia, utility e servizi ambientali
56.644
Carta
56.477
Oil & gas
56.162
Macchine utensili, impianti ind. e prod. in metallo
56.095
Cemento, laterizi e ceramica
56.090
Banche e servizi finanziari
55.990
Edilizia e costruzioni
55.964
Assicurazioni
55.852
Apparecchiature elettroniche ed elettriche, automazione
55.746
Arte, intrattenimento e divertimento
55.559
Chimica
55.316
Moda e lusso
55.290
Tessile, abbigliamento e accessori
55.148
Farmaceutica e biotecnologie
54.349
Aeronautica
53.782
Gomma e plastica
53.674
Metallurgia e siderurgia
53.615
Agenzie per il lavoro
53.573
Telecomunicazioni
53.111
Navale
52.995
Hotel, bar e ristorazione
52.948
Legno
52.772
Ingegneria
52.330
Grande distribuzione e commercio al dettaglio
52.241
Consulenza legale, fiscale, gestionale e amministrativa
52.229
Automotive
52.173
Architettura, design e arredamento
52.032
Servizi e consulenza It e software
51.680
Media, web, comunicazione ed editoria
51.650
Trasporti e logistica
51.317
Agricoltura, allevamento, silvicoltura e pesca
51.020
Le industry più remunerative
Turismo e viaggi
50.735
Dove dovrebbe lavorare un quadro per guadagnare di più? Il
Servizi integrati alle imprese
50.154
Servizi alla persona
47.443
LUGLIO/AGOSTO 2017
Tabella 4. Ral media 2016 per dimensione aziendale e qualifica Dimensione aziendale
Quadri (in e)
Micro (fino a 10 dipendenti)
50.823
Piccola (da 11 a 50 dipendenti)
53.196
Media (da 51 a 250 dipendenti)
54.815
Medio-grande (da 251 a 1.000 dipendenti)
55.189
Grande (oltre 1.000 dipendenti)
54.852
Gap micro - grande azienda
7,9%
ruolo organizzativo ricoperto è il primo elemento di differenziazione, ma si possono individuare ambiti settoriali più remunerativi di altri. E qui si osserva come il settore dell’alimentare, bevande e beni di largo consumo sia quello che riconosce la retribuzione media più elevata, 57.022
Tabella 5. - Leve di cambiamento per i quadri - Salary satisfaction Cambierei posto Cambierei posto di lavoro, sono di lavoro, non sono soddisfatto (%) soddisfatto (%) Retribuzione fissa
66,3
28,8
Retribuzione variabile individuale
35,3
15,5
Retribuzione variabile aziendale contrattuale (es. contratto di II livello e/o premio di risultato)
11,6
16,7
Benefit / Welfare - servizi ai dipendenti
21,2
23,3
Training e formazione / Possibilità di sviluppo di carriera
31,8
11,0
Altri premi non monetari (esempio: viaggi, strumenti tecnologici, buoni benzina ecc.)
4,5
20,8
Flessibilità orari - work life balance
27,5
36,4
Ambiente di lavoro (spazio, location, arredamento ecc.)
10,1
31,6
Relazioni interpersonali positive con capi, colleghi e collaboratori
20,5
32,9
Contenuto del lavoro (attività interessanti, importanti, con mansioni ricche)
33,8
30,1
Essere parte di un’organizzazione con una missione di valore per i clienti e per la società
17,8
22,3
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MANAGERITALIA QUADRI
R
euro lordi annui. All’opposto, il settore dei servizi alla persona è quello meno remunerato, con una ral del 17% circa inferiore rispetto a quella del settore alimentare. In generale si può rilevare come i settori legati al campo industriale siano maggiormente premianti in termini retributivi rispetto ai settori legati ai servizi, con l’eccezione di quello bancario e creditizio e del settore assicurativo, che garantiscono retribuzioni più allineate a quelle del settore industriale (tabella 3).
L’influenza della dimensione aziendale Le retribuzioni – in generale – crescono all’aumentare della dimensione aziendale. Tuttavia, per
i quadri tale aspetto ha un peso minore che per gli impiegati. Dai dati di mercato si può osservare infatti come un ruolo da quadro trovi una realizzazione retributiva già in aziende di fascia media. Ad esclusione delle aziende con meno di 10 dipendenti, inoltre, la dimensione aziendale non determina differenze retributive significative nella categoria, come evidenziato nella tabella 4.
Salary satisfaction I quadri non sono complessivamente soddisfatti del proprio compenso. Secondo un recente studio di JobPricing, con un voto da 0 a 10 i quadri danno infatti un giudizio di 4,4 rispetto alla salary satisfaction. In questo giudizio
sono recepiti come forti elementi di insoddisfazione l’aspetto meritocratico interno all’azienda e il collegamento percepito tra la performance e la retribuzione. A supporto di quanto anticipato in precedenza, si possono osservare gli elementi di reward sui quali i quadri fanno un ragionamento se cambiare o no (tabella 5), e la retribuzione fissa è al primo posto come elemento generatore di insoddisfazione e determinante nella scelta di cambiare azienda. Si può osservare inoltre come i principali elementi di insoddisfazione, oltre alla retribuzione variabile, sono il contenuto di lavoro e le prospettive di crescita professionale.
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PER LA QUARTA VOLTA, VOGLIO FARE IL MANAGER!
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i è chiusa a Genova la quarta edizione di “Voglio fare il manager!” e l’incontro del 5 giugno ha permesso di ascoltare dalla viva voce dei protagonisti i risultati delle loro esperienze sul campo. L’iniziativa, ideata da Manageritalia Genova e Federmanager Liguria, ha lo scopo di offrire agli studenti più meritevoli iscritti a un corso di laurea dell’Università degli Studi genovese una serie di incontri: nello specifico da cinque a otto giornate in una o più aziende del territorio, affiancando i manager che le dirigono. Grazie alla collaborazione con Aidp, Confcommercio e Confindustria è stato possibile avviare il percorso per 46 studenti, con l’adesione e la disponibilità dei manager di 30 aziende del territorio che garantiranno, ai più meritevoli, anche l’attivazione di un tirocinio. Questo perché da ormai quattro anni Manageritalia Genova e Federmanager Liguria si pongono l’obiettivo di essere propulsori e garanti di azioni concrete a tutela dei giovani, favorendo il loro ingresso nel mondo del lavoro e diffondendo la cultura manageriale presso i luoghi di formazione giovanile. E su questi presup-
posti, in collaborazione con l’Ateneo genovese, è stato possibile avviare il progetto di orientamento lavorativo “Voglio fare il manager!”.
Un obiettivo condiviso
Cristina Rossi, cluster marketing specialist Italy di Carestream; Teresina Torre, professore di organizzazione e gestione delle risorse umane; oltre naturalmente a Carlo Ghio, presidente Manageritalia Genova e Paolo Filauro,
Scopo finale dell’iniziativa è facilitare il passaggio dei giovani dall’università al mondo del lavoro e accrescere così il capitale umano che rappresenta il fattore strategico del successo dell’impresa. Un messaggio che deve rafforzarsi, grazie all’impegno e alla collaborazione dei soggetti coinvolti in prima linea nel progetto stesso, ma anche più marginalmente nell’evento conclusivo del 5 giugno: rappresentanti delle istituzioni, del mondo accademico, imprenditoriale, sindacale e studentesco che si sono confrontati in una tavola rotonda. All’incontro hanno infatti preso parte Marco Giovine, delegato del rettore per l’orientamento Università degli Studi di Genova; Lorenzo Bagnara, presidente Gruppo giovani Ascom-Confcommercio Genova; Enrico Botte, presidente Gruppo giovani Confindustria Genova; Andrea Del Chicca, presidente Aidp Liguria; Flavio Leone, responsabile relazioni sindacali Manageritalia;
presidente Federmanager Liguria e ai ragazzi che hanno portato a termine l’esperienza. Interessante l’intervento del giovane europarlamentare Brando Benifei, che ha elogiato il progetto “Voglio fare il manager!”, reputandolo in linea con gli sforzi che si stanno cercando di fare al Parlamento europeo in termini di occupabilità e politiche giovanili.
MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
Anche quest’anno un successo il progetto portato a termine a Genova in cui un giovane laureando o laureato affianca i manager di almeno due aziende del territorio
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MANAGERITALIA
www.askmit.it
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UN’ECCELLENZA NELL’ASSISTENZA SANITARIA PRIVATA
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er risolvere a pieni voti il problema dell’assistenza sanitaria, sono necessarie almeno quattro condizioni essenziali: completezza dei servizi forniti, qualità e tempestività degli interventi, costo accessibile. Noi italiani, nonostante le frequenti lamentele, dobbiamo riconoscere che il nostro sistema di welfare pubblico non è tra i peggiori, soprattutto se si considera che in altri paesi si deve ricorrere a polizze assicurative o ad altre forme di tutela anche per soddisfare le esigenze più basilari. Strumenti, questi, che hanno un costo molto elevato e condizionano notevolmente le possibilità di accesso alle cure per molte persone. Questi costi, però, si possono ridurre in maniera sensibile quando ci si misura con realtà che hanno caratteristiche omogenee come, ad esempio, l’insieme dei dipendenti di un’azienda. Per questo motivo anche in Italia, negli anni Sessanta, il decennio del boom economico, molte grandi aziende costituirono delle “casse sanitarie aziendali” con lo
scopo di supportare i propri dipendenti attraverso interventi economici e convenzioni che garantivano un’assistenza sanitaria migliore di quella offerta dal sistema pubblico. Così facendo, gli assistiti non dovevano più attendere qualche mese per sottoporsi a una visita specialistica e potevano ottenere un rimborso, molto significativo anche se parziale,
E oggi? Nel nostro Paese, grazie alla volontà di alcune associazioni di categoria che rappresentano i dipendenti o le aziende in cui lavorano, si sono sviluppate negli anni alcune forme di welfare sanitario in grado di soddisfare tutte e quattro le condizioni essenziali che abbiamo citato in apertura. Una di queste è la Cassa interaziendale di assistenza sanitaria Carlo De Lellis, ente senza fini di lucro costituito nel 1998 per volontà di Manageritalia, che risponde alle frequenti richieste delle aziende di trovare una forma di welfare sanitario per il proprio personale. Interaziendale, ecco il magico aggettivo che caratterizza questa realtà: una cassa sanitaria che può essere appannaggio dei dipendenti di aziende di qualsiasi dimensione, anche con un numero limita-
ASSIDIR CASSA DE LELLIS
Grazie alle innovative condizioni e a un capillare network convenzionato su tutto il territorio italiano, la Cassa sanitaria Carlo De Lellis è senza dubbio uno strumento vantaggioso per assistiti e aziende
per un intervento o una protesi odontoiatrica.
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to di persone, in quanto la cosiddetta “massa critica” viene ottenuta unendo tra loro le forze delle aziende aderenti.
ASSIDIR CASSA DE LELLIS
Come entrare nella Cassa De Lellis? Entrare nella famiglia della Cassa De Lellis è molto semplice. L’unico vincolo per poter garantire il welfare sanitario ai dipendenti di qualsiasi livello è solamente un accordo tra loro e l’azienda. Un accordo grazie al quale il personale dell’azienda può accedere a una serie di servizi e prestazioni molto ampia (vedi box sotto). Inoltre, sia l’azienda che i dipendenti, destinando alla problematica del welfare sanitario delle limitate risorse
economiche, possono ottenere sgravi fiscali e contributivi di assoluto rilievo.
I vantaggi per il dipendente Prima di tutto è importante sapere che la Cassa De Lellis realizza il proprio piano di welfare attraverso Unisalute, che dispone della migliore rete italiana di strutture e specialisti convenzionati cui rivolgersi. I criteri ispiratori del servizio possono essere riassunti in: garanzia di qualità dell’assistenza fornita da centri, strutture e medici convenzionati; estrema rapidità dell’autorizzazione alle prestazioni; elevata riduzione dei tempi di attesa per accedere alle prestazio-
LE PRESTAZIONI La Cassa interaziendale di assistenza sanitaria Carlo De Lellis offre, attraverso Unisalute, un numero molto elevato di prestazioni che fanno parte di un piano sanitario di assoluto rilievo; eccone alcune delle più importanti. Rimborso spese per: ricoveri ospedalieri, trasporto e ospedalizzazione domiciliare post ricovero; parto naturale o cesareo; diagnostica extra-ospedaliera di alta specializzazione; cure e accertamenti diagnostici domiciliari e ambulatoriali; assistenza infermieristica domiciliare; acquisto di lenti e occhiali; acquisto di protesi e ausili medico ortopedici e acustici; trattamenti fisioterapici; cure termali; prestazioni psichiatriche; spese dentarie; long term care. Inoltre: possibilità di effettuare, ogni anno, esami diagnostici a scopo preventivo presso strutture convenzionate; aumento dei massimali dei rimborsi in caso di prestazioni oncologiche.
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ni, oltretutto senza necessità di anticipare alcuna somma di denaro per ottenerle; minimo impegno per la gestione delle pratiche; importanti sconti (anche del 25%) per prestazioni non incluse nelle convenzioni. Ricordiamo inoltre che gli iscritti alla Cassa De Lellis possono includere, alle stesse speciali condizioni, i propri familiari. Tra gli altri vantaggi l’estensione delle prestazioni a particolari aree dell’assistenza sanitaria (ad esempio dentarie, medicina preventiva), il rimborso al 100% dei ticket del Servizio sanitario nazionale e la mancanza di un questionario anamnestico da compilarsi preventivamente all’adesione, permettendo così di ottenere i rimborsi anche per le patologie pregresse. Passando poi a un aspetto meno importante sul piano della salute, ma di assoluto rilievo quando si pensa al “bilancio familiare”, non bisogna dimenticare i vantaggi in campo fiscale: i contributi pagati dall’azienda per il dipendente sono deducibili dal reddito; la quota eventualmente trattenuta nella busta paga per il dipendente e i suoi familiari non è fiscalmente imponibile; sull’importo del contributo versato alla Cassa De Lellis non si paga il contributo Inps previsto per la retribuzione dei dipendenti (risparmio del 9% circa). Infine, per alcune categorie di dipendenti che godono già di altre casse o fondi sanitari per effetto di accordi collettivi di lavoro che riguardano la propria categoria, è prevista la possibilità di una formula integrativa. In altre parole, per il dipendente, poter aderire alla Cassa De Lellis
è un vero e proprio “benefit” estremamente più vantaggioso di altre forme di integrazione della retribuzione.
I vantaggi per l’azienda Passando all’altra parte del fronte, quello dell’azienda, è altrettanto importante esaminare quali sono le motivazioni che fanno puntare l’ago della bilancia verso l’adesione alla Cassa De Lellis. Infatti, per le aziende, è prima di tutto uno strumento utile per diminuire la pressione sul costo del lavoro. I contributi alla Cassa De Lellis godono di un trattamento fiscale e contributivo agevolato. Infatti, sono un costo aziendale interamente deducibile dal reddito d’impresa; consentono di ridur-
re il versamento obbligatorio all’Inps dal 33% circa al solo 10% (contributo di solidarietà); non sono soggetti al versamento del 7% circa per gli accantonamenti relativi al tfr. Inoltre, l’accordo è un importante strumento di fidelizzazione dei dipendenti, in quanto concede loro un benefit di assoluto rilievo. Un benefit che offre anche la possibilità di estendere le coperture sanitarie ai propri familiari a costi e condizioni non reperibili al di fuori del contesto aziendale in cui si trovano.
Più ritorni dagli investimenti In conclusione, soprattutto oggi che siamo in un momento in cui l’attenzione di tutti è rivolta a timi-
di segnali di ripresa, investire in benefit realmente utili e misurabili sia da parte delle aziende che dei dipendenti può costituire un investimento molto vantaggioso per tutti. La risposta più semplice, con ritorni sicuri sotto ogni punto di vista, è a portata di mano con la soluzione voluta da Manageritalia per aziende, quadri, dipendenti e loro familiari: la Cassa interaziendale di assistenza sanitaria Carlo De Lellis.
Per qualsiasi informazione di dettaglio sulla Cassa De Lellis i responsabili aziendali o quelli dei dipendenti possono fare riferimento al sito
www.cassadelellis.it o contattare Assidir al numero verde 800.401345.
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A SCUOLA DI MANAGEMENT NE
MARKETING E ORGANIZZAZIO FORZE DI VENDITA
ent Creare engagem ney nel customer jour proprio pubblico il e er Come coinvolg enzionale in maniera non conv Roma 23 giugno Milano 10 ottobre Udine 10 dicembre ork Channel & netw ent partner managem li delle reti commercia ne zio nta La rapprese buzione e dei canali di distri ma 30 ottobre Ro re ob Milano 18 ott
CFMT
ficio acquisti Incursione nell’uf ite pere per chi fa vend Che cosa è utile sa Milano 18 ottobre
STRATEGIA E ORGANIZZAZIO
NE
CONTROLLO DI GE
STIONE E FINANZA
Indicatori d i performa nce Come costru ire i più rap presentativi sulle per form indicatori ance di gestio ne Milano 3 otto bre Modelli fin anziari in e xcel Come costru irli e valutarl i Milano 21 se ttembre - Rom a 13 dicembr e La lettura d el bilancio per non ad Come appro detti cciare i “basi c” dell’area economico-fi nanziaria Milano 28 e 29 settembre - Roma 17 e 18 ottobre
GESTIONE RISORSE UMANE
Anticipation: usar e il futuro nel pres ente L’anticipazione è un a versione innovati va del pensiero strate gico Roma 19 settembre - Bologna 26 settem bre Milano 10 novembre Abbattiamo i silos ! Come risolvere i pr oblemi inter-funzio nali Milano 28 settembr e e 30 novembre Roma 10 ottobre - Ge nova 28 novembre Startup e aziende : culture e metod ologie a confronto Dinosauri e gazzell e? Come costruire un linguaggio comu ne tra mondi diver si Roma 28 settembre - Milano 31 ottobre
SEGRETERIA CORSI:
MILANO
Luigia Vendola lvendola@cfmt.it, 02 54063137
da! Chi domanda... coman ntri: inco li Cambiare le regole deg io! do gui oggi la conversazione la ottobre 19 ano Udine 22 settembre - Mil Padova 16 novembre Coopetition: la squadra con la voglia di vincere l’unione fa la forza? Chi fa da sé, fa per tre vs 1 dicembre ova Pad Milano 17 novembre Roma 7 dicembre Talk like ted e diventare Come agganciare l’audience relatori ispirazionali 24 ottobre Genova 21 settembre - Udine Milano 8 novembre
ROMA
Lucia Canullo lcanullo@cfmt.it, 06 5043053
La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.
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GOOD BOSS VS BAD BOSS Quali sono i comportamenti dei manager efficaci?
L
a ricerca Gallup 2009, che misura il grado di onestà ed etica attribuito dagli intervistati alle diverse professioni, riporta i manager in penultima posizione, appena poco più onesti dei rivenditori di macchine usate. In altre parole, se volessimo conoscere la felicità di un collaboratore all’idea di trascorrere del tempo con il proprio capo, scopriremmo che è mediamente bassissima: preferirebbe passare del tempo con chiunque altro o addirittura stare da solo. Il polso italiano non è molto diverso: i primi dati della ricerca di Cfmt e Aiads (Associazione italiana di analisi dinamica dei sistemi), svolta in collaborazione con il Clep (Centro di ricerca sul cambiamento, la leadership e il people management dell’Università Liuc) e la London business school, mostrano che solo il 23% dei collaboratori intervistati se la sentirebbe di promuovere il proprio capo come una persona con cui lavorare.
Odio il mio capo! Su un campione di 248 rispondenti, il 45% rappresenta la popolazione dei cosiddetti “detractors”, ovvero persone infelici e insoddisfatte, non propense a
tamente alle esigenze dei collaboratori.
dare un giudizio positivo sul proprio capo e molto pericolose per l’azienda: contribuiscono a più dell’80% del passaparola negativo nei confronti dei manager e dell’azienda, non mostrano passione per ciò che fanno, sono
Good boss vs Bad boss
demotivati e il loro atteggiamento condiziona i colleghi, deteriorando il clima del gruppo e generando ulteriore scontentezza. Il 25% del campione invece rappresenta i “neutral”, i collaboratori passivamente soddisfatti, che mediamente lavorano senza particolare entusiasmo e motivazione, ma non sono nocivi alla reputazione dell’azienda. Questi risultati sono un chiaro segnale del fatto che le competenze e i comportamenti manageriali non rispondono adegua-
come gestiscono le persone, ma dà la parola a collaboratori, dirigenti, quadri e impiegati principalmente di aziende di grandi dimensioni e di più settori merceologici. La ricerca, con un approccio quindi del tutto innovativo basato sull’employee-point of view, si focalizza sulle esigenze e le aspettative dei collaboratori nei confronti dei loro capi gerarchici e permette di identificare l’elenco dei comportamenti manageriali che consentono ai collaboratori di lavorare al meglio e di essere totalmente engaged.
Il 29 settembre a Milano, Cfmt presenterà i risultati della prima ricerca che non chiede ai manager
PER MAGGIORI INFORMAZIONI: www.cfmt.it rcorradini@cfmt.it 02 5406311 La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti in regola con il versamento dei contributi.
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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, è
curatore dell’inserto Dirigibile e responsabile del progetto Future
Management Tools di Cfmt.
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Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
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Matteo Gallina è data manager di JobValue, società cui fa capo l’Osservatorio JobPricing sulle (71) retribuzioni in Italia.
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Alessandro Frè è ceo & partner di Risorsa Uomo, azienda che offre progetti personalizzati nell’ambito della formazione commerciale e manageriale. Da 20 anni consulente e formatore esperto nei processi di cambiamento e train the trainer nelle riorganizzazioni commerciali, vendita e negoziazione, coaching (36) e tematiche manageriali (www.risorsauomo.it).
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di ope(61) ratori virtuali. Federico Ott è managing partner di Risorsa Uomo. È stato global hr director del Gruppo Landi Renzo. Nel 2010 entra in Comau come hr business partner e global hr industrial operations. Nel 2012 ha pubblica(36) to È tutto oro che cola, il suo primo libro legato a un progetto benefico.
Rolando Polli è fondatore e amministratore unico di IG Partners, nel 2005 ha contribuito alla creazione dell’investors Club Atmos, dove tramite IGP Ambiente, di cui è presidente, ha effettuato investimenti nel settore delle rinnovabili. Nel 2007 ha fondato, insieme a Nino Tronchetti Provera, Ambienta SGR, e nel 2008 Ambienta I, fondo ambientale europeo di cui è socio, membro del consiglio di ammini(50) strazione e del comitato investimenti.
Anna Paola Simonetti fa parte di The Hofstede Centre e opera da molti anni come consulente, do(22) cente e coach in ambito interculturale: www.itimitaly.it.
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Francesca Spinosi è project manager per l’Intelligence energy agency di Malta, è research analyst
Editore: Manageritalia Servizi srl
di IG Partners dal 2011. Si occupa prevalentemente dell’analisi dell’andamento delle maggiori società quotate sulle borse europee attive nei settori delle energie rinnovabili ed efficienza energetica e svolge (50) attività di ricerca sui temi dell’ambiente e del cambiamento climatico.
Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it
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