Dirigente - Ottobre 2019

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OTTOBRE 2019

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)


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Editoriale a cura del presidente Manageritalia

CONGRESSO, LA BUSSOLA DI MANAGERITALIA

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l governo ha approvato la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) 2019 che definisce il perimetro di finanza pubblica nel quale si iscriveranno le misure della prossima legge di bilancio. Una buona notizia, certo, è l’azzeramento delle clausole di salvaguardia sull’Iva per il 2020 e la loro riduzione per il biennio 2021-2022. Ci piacciono anche il lungo elenco di intenti per ridurre il carico fiscale sul lavoro; l’aumento della produttività del sistema economico; il rafforzamento delle politiche di riduzione della disoccupazione e, non da ultimo, la ferma lotta all’evasione fiscale. Come non essere d’accordo. Ci preoccupa però il come verrà attuato tutto questo, se verrà attuato. Anche nel 2020 avremo una legge di bilancio in deficit, una scelta che ipoteca negativamente il futuro. La manovra 2020 vale circa 30 miliardi e, al di là del congelamento dell’Iva, prevede fondi limitati per il taglio del cuneo fiscale e tutte le altre misure promesse. Nuove entrate sono attese dalla lotta all’evasione, anche se per gli interventi riguardanti il recupero del “sommerso”, una quantificazione precisa è ardua. Persistono infatti livelli elevati di evasione fiscale e contributiva, aspetti critici per il rafforzamento della capacità competitiva e di crescita del nostro Paese e per l’efficacia e l’equità delle politiche pubbliche. C’è poco purtroppo di interventi che stimolino la crescita: gli investimenti non sono al centro del dibattito. Eppure le scelte di qualsiasi governo dovrebbero essere orientate a far sì

che la crescita aumenti e che il debito non salga. Intanto Manageritalia si avvicina al Congresso nazionale del 15-16 novembre. Nel mese di ottobre si sono svolti i Precongressi nelle 13 associazioni territoriali. La scelta dei temi è partita da lontano e sono stati evidenziati due grandi filoni. Il primo riguarda Il futuro di Manageritalia e quali iniziative vanno sostenute per assicurare la corretta rappresentatività della Federazione. Rientrano qui il tema del Welfare e quello del Sindacato a km 0. Il secondo filone, Manageritalia per il futuro, affronta i progetti della Federazione a beneficio del Paese e delle nuove generazioni. Rientrano qui la Trasformazione del mondo del lavoro e la Conoscenza. I lavori del Congresso nazionale vengono tradotti in priorità e contribuiscono a definire l’elenco dei progetti della Federazione per i quattro anni successivi alla celebrazione del Congresso. Le indicazioni che emergeranno dal Congresso di novembre saranno pertanto alla base del Piano operativo che stabilisce gli obiettivi e le priorità di Manageritalia per il quadriennio 2020-2024, traducendo le indicazioni congressuali in progetti e azioni. La sfida più grande è gestire il cambiamento, siamo in una grande trasformazione e dobbiamo continuare a cambiare, dimostrando di saper ascoltare, individuare e anticipare bisogni e necessità. Manageritalia si deve adeguare al contesto che si modifica con un ruolo da protagonista. Abbiamo molti progetti, a testimonianza del desiderio di cambiare, di ciò che vorremmo essere, di ciò che vorremmo costruire pensando al futuro. Guido Carella guido.carella@manageritalia.it

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Sommario   Copertina  6 Verso il Congresso Intervista a Guido Carella  8 Un appuntamento cruciale 12 I temi congressuali 14 Quale futuro per il lavoro? Economia 16 Cina: nuova frontiera del vino? 20 Pianificare lo sviluppo per andare lontano 38 Wedding marketing: Italia a nozze Management 24 Alla ricerca dell’innovazione 48 Horror leadership Intervista Dario Femiani 30 Trend viaggi: I camper condivisi Marketing 34 Le vendite al tempo del 4.0 Diritto 42 Infortuni del personale: la rivalsa del datore di lavoro

Prioritalia 44 Etica e tecnologie, verso il futuro Uno di noi Paola Floris 52 Manager della logistica all’estero

Iniziative Manageritalia 54 Da quarant’anni sempre in pistaaaaaaaa!!! dall’8 al 15 marzo 2020 RUBRICHE 28 Osservatorio legislativo 32 Filosofia in 58 Pillole di benessere 59 Arte 60 Libri 61 Letture per manager 62 Lettere

InfoMANAGER Assidir 71 Le spese mediche “out of pocket” Manageritalia Conoscere il contratto 74 Tfr: quale retribuzione per il calcolo? Associazioni territoriali 76 Perché i manager si occupano di startup? Cfmt 80 Scuola di management 81 Etologia manageriale: l’intelligenza cooperativa per sopravvivere

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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

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MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)

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Copertina

VERSO IL Dal 12 al 19 ottobre si sono svolte delle Associazioni di Manageritalia. Il 15 e 16 novembre

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N MIGLIAIO degli oltre 36mila manager associati hanno dato vita ai Precongressi sul territorio per portare i contributi al Congresso nazionale Manageritalia del 15 e 16 novembre a Milano. Un’ulteriore operazione di ascolto e partecipazione attiva che ha grande valore e significato. In ogni sede i lavori si sono concentrati su uno o più dei quattro temi congressuali (Welfare, Sindacato a km 0, Trasformazione del mondo del lavoro, Conoscenza) anche con una parte pubblica che ha visto coinvolti esperti e rappresentanti della politica e delle istituzioni locali. Condivisione e dialogo sui temi congressuali sono già partiti da settembre su un’apposita piattaforma online che abbiamo creato per arricchire i Precongressi e che verrà alimentata sino al Congresso per portare anche lì il pensiero di tutti quelli che on e/o offline hanno partecipato.

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CONGRESSO le Assemblee territoriali e i Precongressi Protagonisti i manager e i territori. l’appuntamento nazionale

Ogni quattro anni, infatti, l’organizzazione dei Precongressi rappresenta un momento fondamentale per coinvolgere tutti nel delineare le linee strategiche future della Federazione, in vista del Congresso nazionale e delle Assemblee che nel 2020 rinnoveranno le cariche elettive. Dell’importanza di questi momenti statutari e del nostro futuro ne parliamo a seguire con il presidente Guido Carella. Tutti i temi trattati sono declinati guardando all’evoluzione della rappresentanza e dei servizi per i manager associati, ma anche al contributo che la nostra Organizzazione e i suoi oltre 36mila manager vogliono portare a livello politico, istituzionale e nella società. In quest’ultimo caso anche attraverso Prioritalia, la fondazione creata con questo obiettivo. Dai quindi il tuo contributo su ENTRA NELLA COMMUNITY https://meeting.manageritalia.it questo e sugli altri temi nella Utilizza le credenziali dell’area riservata community (vedi a pagina 12). My Manageritalia (codice MIT e password). OTTOBRE 2019

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Verso il Congresso

UN APPUNTAMENTO CRUCIALE Il presidente Guido Carella ci racconta di un’Organizzazione in ottima forma, delle iniziative e dei progetti portati avanti per lo sviluppo e la crescita dei manager e del Paese. Ci parla del valore del lavoro svolto fin qui dalle Associazioni territoriali e dei Precongressi che hanno tracciato le linee guida per il prossimo quadriennio. Il futuro di Manageritalia sarà al centro del prossimo Congresso. Obiettivi, sfide e opportunità.

Guido Carella, presidente Manageritalia.

Come arriva Manageritalia a questo Congresso? «In ottima forma. I nostri associati continuano a crescere: nel corso del 2019 sono aumentati dell’1,8%, soprattutto per quanto riguarda gli attivi (dirigenti, quadri ed executive professional). I dirigenti privati con il nostro contratto sono a fine agosto 24mila (+1,2% rispetto a gennaio). Dal 2008 a oggi, a fronte di un calo del 5% dei dirigenti privati, quelli che hanno il nostro contratto sono invece cresciuti dell’8,2%. Inoltre, sono più di 8mila le aziende che applicano il nostro contratto e le donne diri-

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genti sono il 18%. Sono dati decisamente positivi. Abbiamo gestito bene i nostri fondi, adeguandoli ai mutamenti in atto e mantenendo il cardine della solidarietà tra le diverse età e le diverse categorie. L’attenzione adesso è rivolta a gestire la piattaforma per il rinnovo contrattuale. Con la controparte stiamo analizzando a fondo le tematiche che saranno oggetto della trattativa in modo da arrivare con le idee chiare sui possibili adeguamenti da apportare al contratto e pervenire a una soluzione condivisibile per entrambe le parti. Il contratto rimane sempre il veicolo


più importante per valorizzare il ruolo della cultura manageriale e promuoverne la diffusione nelle imprese. A questo si aggiunge l’attenzione a supportare tutti i manager con servizi adeguati a una professione sempre più sfidante». Un Congresso che guarda alle esigenze dei manager, ma anche al paese e al contributo che questi possono dare? «Certo, anche noi manager possiamo fare qualcosa subito. Vogliamo partire dalle ricchezze del territorio e andare a conoscere le imprese, parlare con loro di contratto collettivo e di tutti i benefici collegati alla sua applicazione, del welfare, della previdenza, offrire informazioni e sostegno.

Insomma, dobbiamo tornare anche un poco a fare il sindacato alla vecchia maniera, in modo da informare e aggiornare gli addetti ai lavori, ma anche gli associati che non sempre capiscono l’importanza dei fondi di categoria e dell’intero pacchetto di tutele. Guardiamo, come detto, alle esigenze dei manager associando e fornendo rappresentanza e servizi ai quadri e agli executive professional. Per questi ultimi è da poco nata la loro associazione che ci permetterà di rappresentarli ancor meglio a fronte di un’economia e di un mondo del lavoro che cambia vertiginosamente. Forti di questa base, possiamo e vogliamo di certo dare un importante contributo anche alla crescita del Paese».

«Dal dibattito interno è emersa con chiarezza la necessità di trovare opportune strategie e azioni per dare al territorio prospettive di sviluppo solide, inclusive e sostenibili»

Questo si capisce anche dalla selezione dei temi all’ordine del giorno… «La scelta dei temi è partita da lontano. Già nell’ultima Assemblea nazionale di giugno si era fatto un primo bilancio del Piano operativo 2016-2020 e ogni Associazione territoriale aveva dato

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Verso il Congresso indicazioni sui temi che riteneva prioritari per il futuro. Al Manageritalia Camp di luglio abbiamo poi iniziato a parlare di Congresso e, in tale occasione, sono stati evidenziati due grandi filoni. Il primo riguarda “Il futuro di Manageritalia” e quali iniziative vanno

«Il Piano operativo è lo strumento per affrontare la complessità di un contesto sempre più mutevole e dinamico e riconosce un ruolo incisivo alle associazioni territoriali, che concorrono sia alla progettazione sia alla realizzazione delle priorità e degli obiettivi definiti»

sostenute per assicurare la corretta rappresentatività dell’Organizzazione. Rientrano qui il tema del Welfare e quello del Sindacato a km 0. Il secondo filone, “Manageritalia per il futuro”, affronta i nostri progetti a beneficio del Paese e delle nuove generazioni. Rientrano qui la Trasformazione del mondo del lavoro e la Conoscenza (vedi i temi congressuali a pagina 12, ndr)». Qual è il ruolo degli oltre 36mila manager associati? «In preparazione delle assemblee

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e dei Precongressi delle Associazioni territoriali e del Congresso nazionale abbiamo chiesto a tutti i nostri 36mila associati l’opinione sui temi al centro del nostro futuro e li abbiamo invitati a esprimere le loro idee anche in un’apposita community online. Infatti, come già avvenuto quattro anni fa nella precedente tornata congressuale, abbiamo predisposto una piattaforma, attiva dal 16 settembre, alla quale hanno potuto accedere tutti gli iscritti a Manageritalia e alcuni ospiti che hanno dialogato e portato il loro contributo. Naturalmente ci attendiamo che il dibattito che ci ha condotto ai Precongressi e poi al Congresso nazionale aumenti il numero delle proposte e ne migliori i contenuti. E in questo modo i singoli associati e tutti i territori possono partecipare attivamente». Quindi, un forte collegamento con il territorio e con i vostri stakeholder per incidere davvero e in modo diffuso? «Dal dibattito interno è emersa con chiarezza la necessità di trovare opportune strategie e azioni per dare al territorio prospettive di sviluppo solide, inclusive e sostenibili. Per questo, in occasione dei Precongressi, le associazioni di Manageritalia hanno sottoscritto un manifesto d’intenti indirizzato alle istituzioni e agli stakeholder locali: “l’ImPat-

to dei Manager per…”, dove i manager stessi si impegnano a portare avanti azioni concrete per contribuire in maniera attiva allo sviluppo delle regioni in cui operano. Naturalmente ciascun “ImPatto dei Manager” è declinato in base alla specificità di ogni territorio e sulle tematiche affrontate in ciascun Precongresso. È quindi importante conoscere a fondo il contesto locale e le comunità; saper costruire una relazione a misura dei bisogni della persona e passare a una società con rinnovate aspirazioni e capacità di crescere. L’Italia ha smarrito la capacità di guardare avanti e si limita a utilizzare le risorse di cui dispone senza tuttavia seguire un programma preciso. Vogliamo contribuire a promuovere elementi di un immaginario collettivo vitale e palpitante che guarda agli altri e al futuro, che è concretamente ottimista: è questa la sfida nella quale ci vogliamo cimentare». Il Congresso farà una sintesi di tutto questo? In che modo? «Certo, dobbiamo fare sintesi e mettere a frutto il valore raccolto e condiviso sui territori. Un ulteriore modo per ascoltare la base e per condividere con questa la costruzione delle linee guida del nostro futuro. Infatti, il Congresso è indetto ogni quattro anni in concomitanza con le scadenze dei mandati conferiti agli organi sociali e al


quale prendono parte i delegati delle Associazioni territoriali costituenti Manageritalia, nonché esponenti del mondo politico, economico, sociale e istituzionale. Il suo ruolo è proprio quello di definire l’indirizzo politico e strategico della Federazione e indicarne le linee programmatiche». E poi? «I lavori del Congresso nazionale vengono tradotti in priorità e contribuiscono a definire l’elenco dei progetti dell’Organizzazione per i quattro anni successivi alla celebrazione dell’evento. Le indicazioni che emergeranno dal Congresso di novembre saranno alla base del Piano operativo che determina gli obiettivi e le priorità di Manageritalia per il quadriennio 2020-2024. Le indicazioni congressuali verranno dunque tradotte in progetti e azioni. Il Piano operativo è lo strumento per affrontare la

complessità di un contesto sempre più mutevole e dinamico e riconosce un ruolo incisivo alle Associazioni territoriali, che concorrono sia alla progettazione sia alla realizzazione delle priorità e degli obiettivi definiti». Guardando al futuro, come pensate di poter incidere e portare il vostro contributo per la crescita del Paese? «Noi vogliamo e dobbiamo incidere positivamente anche nella società in cui viviamo. Lo facciamo già, ma vogliamo farlo di più e meglio. Una classe dirigente degna di tale nome non può galleggiare nell’indifferenza e nell’inattivismo. Vogliamo mettere al centro ogni manager associato, facendolo diventare soggetto attivo e rendendolo nel contempo oggetto delle attenzioni che solo un complesso di servizi evoluto come il nostro sistema può offrire, dando-

gli anche l’opportunità di esprimersi nel sociale. Al centro del cambiamento deve esserci un lavoro di qualità e, aggiungo, giustamente retribuito, intorno al quale ruoterà l’intera trasformazione del mondo. La sfida è molto difficile e riguarda tutti: le imprese, che devono insistere sulla riqualificazione dell’attuale forza lavoro, i lavoratori, che devono continuamente aggiornare le proprie competenze in maniera trasversale, e i governi, che devono creare un ambiente adatto a questi cambiamenti con politiche adeguate, come quelle del lavoro. Noi rivendichiamo la centralità della qualità del lavoro e una visione nel futuro di crescita. Vogliamo che si intervenga efficacemente sulla crescita di alcuni fattori chiave quale la produttività e la partecipazione al mercato del lavoro, con un significativo incremento qualitativo della forza lavoro». 

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Verso il Congresso

I TEMI Partecipa alla nostra community! 4 temi per decidere i contenuti e tracciare le linee guida della nostra Organizzazione per i prossimi anni

ENTRA NELLA COMMUNITY https://meeting.manageritalia.it Utilizza le credenziali dell’area riservata My Manageritalia (codice MIT e password).

Secondo l’ultima fotografia Istat diffusa (luglio 2019), la popolazione italiana, oltre a segnare un calo demografico (nascite al minimo storico dall’Unità d’Italia), è tra le più longeve al mondo, con un’aspettativa di vita al di sopra della media europea in ogni regione del nostro Paese. Questo scenario porterà a delle inevitabili conseguenze anche nel mondo lavorativo. Secondo i dati Ocse, infatti, la partecipazione al mondo del lavoro degli over 65 nel 2018 ha raggiunto un record storico: in media nei paesi Ocse il 15,3% lavora. Complessivamente, la forza lavoro di paesi come Italia, Giappone, Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia è aumentata dal 2001 a oggi di quasi 18,8 milioni di unità, il 5,5% in più del totale, grazie all’afflusso di over 55. Per questa ragione, la sfida del futuro riguarderà il prevedere e l’anticipare gli impatti sociali ed economici di una popolazione sempre più “aged” e che rimane sempre di più attiva nel mondo del lavoro. Occorrerà ripensare e adattare i modelli di welfare e di tutele ai trend emergenti, tenendo in forte considerazione i cambiamenti in atto.

Per affrontare le trasformazioni del mondo del lavoro, è necessario ripensare il ruolo del sindacato, affinché sia in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze degli associati. Il “nuovo” sindacato dovrà fare della prossimità il suo valore aggiunto: essere vicino ai lavoratori, all’interno delle aziende, per affiancare i manager e affrontare in sinergia le questioni che riguardano il territorio di riferimento. Questa nuova modalità di fare sindacato dovrà fondarsi su alcuni capisaldi: difendere e sviluppare la professionalità; sviluppare nuove politiche attive e programmi di formazione; offrire una vasta gamma di servizi, anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie; tutelare l’equilibrio tra impegni lavorativi e vita privata (work-life balance); assistere i manager in tutte le fasi della contrattazione nazionale e territoriale. In questa prospettiva sarà importante avviare partnership con altre associazioni di categoria e organismi di rappresentanza, in modo da mettere in atto progetti e azioni congiunte a tutela dei manager italiani.

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CONGRESSUALI Le aree tematiche su cui lavorare per contribuire a definire le linee guida che dovranno tracciare l’attività di Manageritalia (Federazione e Associazioni territoriali) sono individuate in due principali direttrici e quattro temi di fondo:

> IL FUTURO DI MANAGERITALIA Quali iniziative dobbiamo sostenere e sviluppare per assicurare la corretta rappresentatività della Federazione, mantenendo una forte intergenerazionalità: > WELFARE > SINDACATO A KM 0

MANAGERITALIA PER IL FUTURO I progetti della Federazione per il miglioramento del Paese e delle nuove generazioni: TRASFORMAZIONI DEL MONDO DEL LAVORO CONOSCENZA

Negli ultimi anni le nuove tecnologie e la digitalizzazione hanno avuto un impatto rivoluzionario sul mondo del lavoro, modificando in maniera profonda l’organizzazione, le modalità e le condizioni di lavoro di un grande numero di individui. Si ritiene che questa trasformazione continuerà, con ritmi ancora più veloci, anche nei prossimi anni, con molte professioni che verranno meno, altre che nasceranno e altre ancora che cambieranno radicalmente a causa della spinta dell’innovazione tecnologica. Da qui la necessità di modelli organizzativi e forme contrattuali ripensati su nuovi tempi, luoghi e modalità retributive che siano in grado di adattarsi alle nuove esigenze e, al tempo stesso, di tutelare le diverse forme del lavoro.

Secondo i dati dell’analisi “New Skills at Work”, condotta a febbraio 2019 da J.P. Morgan e Università Bocconi, l’Italia è il terzo paese nel mondo con il più alto grado di disallineamento tra formazione dei giovani ed esigenze del mercato del lavoro (dopo Corea del Sud e UK) ed è tra i paesi in cui tale disallineamento comporta una più alta penalizzazione economica. È evidente quanto sia urgente affrontare questo problema, strutturando e integrando percorsi formativi che preparino le giovani generazioni ad affrontare il mondo del lavoro sin dalla scuola (attraverso i progetti di alternanza scuola-lavoro) e che continuino anche durante gli studi universitari e dopo l’ingresso nel mondo del lavoro. Parallelamente, anche l’aggiornamento continuo delle conoscenze e delle competenze professionali è diventato indispensabile per fare fronte alle nuove esigenze dell’economia e del mercato del lavoro. In questa prospettiva è prioritario strutturare piani di aggiornamento delle competenze aziendali, con un focus specifico sullo sviluppo delle competenze digitali.

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Verso il Congresso

Quale futuro per il lavoro? Il libro del vicepresidente Manageritalia Mario Mantovani Il lavoro ha un futuro, anzi tre edito da Guerini Next è appena uscito in libreria. Manageritalia e Mantovani vogliono mettere al centro dell’attenzione le trasformazioni del lavoro e gli effetti che queste avranno sull’economia e sulla società. Un modo per inserirsi ancor più in un dibattito aperto a diversi scenari portando la voce e il contributo dei manager. Non a caso il tema è uno dei quattro al centro del Congresso Manageritalia. Riportiamo l’introduzione nella quale l’autore spiega il perché di questo libro.

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erché ho scritto questo libro? Che obiettivo voglio raggiungere? Cosa può derivare dalla sua lettura? Vorrei raccogliere le idee e cercare interlocutori, suscitare discussioni e mettere al centro dell’attenzione le trasformazioni del lavoro e gli effetti che hanno, e soprattutto avranno, sull’economia e sulla società. È scritto al futuro e strutturato per leggerlo in modo dinamico, non lineare, tenendo conto del grado maggiore d’indeterminatezza all’aumentare della distanza temporale. Il libro non dedica perciò molto spazio all’analisi del passato e del presente, confidando nella possibilità per ciascun lettore di recuperare fonti e materiali, sia quelli citati che tanti altri rilevanti e facilmente accessibili. Ho cercato di articolare un ragionamento difficilmente inquadrabile in una categoria politica o ideale, seguendo certamente la mia inclinazione a elaborare concetti in modo non scontato, non tipizzato, non ripetitivo, ma soprattutto per facilitare il confronto e la discussione in un campo ampio. Sono convinto che in ogni contesto sociale e culturale, se vi sono competenza e buona fede, si possano trovare idee e spunti utili per miscelare e progettare soluzioni e nuovi modelli. Sono cresciuto progettando e realizzando organizzazioni e sistemi complessi, operazioni che necessariamente coinvolgono molte persone e strumenti; non sento la necessità di correre da solo, né di creare soluzioni semplici e geniali. Questo libro è anche una chiamata all’azione, ad azioni

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di gruppo, collettive, in grado di autoalimentarsi e rigenerarsi. Azioni progettuali, ma anche mediatiche e culturali. Azioni politiche in senso esteso, non partitico. È un libro che ho potuto scrivere perché appartengo a un’organizzazione, Manageritalia, che coltiva il pensiero e pratica le azioni, focalizzandosi sul lavoro, sulle organizzazioni, sulle aziende, ma in definitiva sulle persone. La dimensione associativa aiuta a vedere il mondo con sguardo più largo rispetto al focus, più concentrato, del lavoro in azienda, anche di quello manageriale, e dello studio accademico. Aiuta a comprendere i limiti di teorie, analisi e modelli, dando a essi un’utilità concreta, mostrando quanto siano necessari per comprendere i comportamenti, i sentimenti, le aspirazioni di migliaia di persone. Il poco che so l’ho appreso da libri e studi, ma soprattutto dalle conversazioni con le tante persone che ho avuto e ho la fortuna di conoscere e frequentare. Alcune sono state più importanti di altre, ma anche da un breve scambio di battute, da qualche tweet, da uno scambio di email si possono ricavare spunti interessanti e materiali rielaborabili. Questo libro è molto lontano dall’essere una summa di ciò che so e che credo d’aver compreso, non cerca di mettere un punto fermo; aspira invece ad aprire un filone di discussione e di progettazione destinato a espandersi e trasformarsi. Ma come primo passo deve trovare il modo di farsi vedere e ascoltare...


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Economia

CINA: NUOVA FRONTIERA DEL VINO? Il rapporto che le aziende vitivinicole italiane hanno con il mercato cinese secondo alcuni produttori ed esperti del settore Paolo Valente giornalista enogastronomico

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L MERCATO asiatico sta divenendo un grosso affare per il mondo del vino. Ma è un affare soprattutto targato Francia. Secondo l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, nel Far East (Cina, Giappone, Hong Kong, Corea, Vietnam, Singapore, Thailandia, Malesia, Taiwan, Indonesia, Filippine e altri stati minori) il 50,2%, a valore, dell’import di vini proviene dalla Francia. L’Italia si ferma solo al 6,5% con 419 milioni di euro, addirittura meno di Australia e Cile. Fermo restando che il Far East è un variegato insieme di stati e non deve essere semplicisticamente assimilato alla Cina, indubbiamente il più vasto, in questo articolo prenderemo in considerazione il rapporto che le aziende vitivinicole italiane hanno con il mercato cinese. Bastano la qualità e il fascino del made in Italy per conquistare il mercato cinese? Quali sono le particolarità e le difficoltà incontrate? Come si muovono gli operatori italiani? Abbiamo chiesto ad alcuni produttori la loro opinione.

Vino italiano, questo sconosciuto Paolo Ziliani, direttore export della Guido Berlucchi, sottolinea come quello cinese sia un mercato complesso e quasi sconosciuto agli operatori italiani. Ma il mondo del vino risulta anche, molte volte, sconosciuto ai cinesi stessi. Secondo Rodolfo Maralli, sales and marketing director di Banfi, il mercato cinese è stato, nel passato anche recente, sopravvalutato dalla stampa e dagli operatori italiani in termini di potenzialità. Oggi il consumo di vino in Cina si attesta intorno a un litro all’anno pro capite e l’export italiano nel 2018 si è fermato intorno ai 142 milioni di euro, sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (fonte Istat). La Cina è uno dei pochi paesi nei quali l’Italia non compare nella top 5 dei paesi esportatori di vino.

Serve più cultura e il fare squadra Il consumatore cinese non considera l’Italia un produttore di vino. È indispensabile creare cultura verso i nostri prodotti. Pierangelo


nota come la questione si complichi ancora di più nel caso del Franciacorta, che si ritrova ad essere schiacciato tra lo champagne e il prosecco: «Il nostro è un prodotto

Il mercato asiatico sta divenendo un grosso affare per il mondo del vino. Ma è un affare soprattutto targato Francia. Secondo l’Osservatorio VinitalyNomisma Wine Monitor, nel Far East il 50,2%, a valore, dell’import di vini proviene dalla Francia. L’Italia si ferma solo al 6,5% con 419 milioni di euro, addirittura meno di Australia e Cile

Tommasi, export director della Tommasi Family Estates, conferma come il mercato cinese abbia necessità di imparare cosa sia il vino italiano, quali siano le regioni e le denominazioni. C’è un grande lavoro da fare anche perché noi, come paese, siamo arrivati in ritardo rispetto alla Francia. Secondo Tommasi, in Italia in generale manca lavoro di squadra. Vinitaly sta promuovendo iniziative interessanti, mentre a volte è ancora difficile capire come i Consorzi si stiano muovendo. Penetrare in nuovi mercati è più difficile quando non si opera coordinati; si ri-

schia di fare confusione. Paolo Ziliani conferma che localmente, in Franciacorta, si fa squadra insieme al Consorzio ma che a livello istituzionale non si fa molto per sostenere l’export verso la Cina. Banfi, dal canto suo e in autonomia, è fortemente impegnato in attività di educational ma i risultati non sono particolarmente soddisfacenti perché manca la massa critica del Paese Italia.

che deve essere spiegato e deve trovare persone interessate ad approfondire il tema, condizione difficilmente riscontrabile in un mercato non ancora maturo che non ricerca vini che ancora non conosce». Al contrario, come precisa Tommasi, lo stile morbido e rotondo di vini come l’Amarone trova il consenso dei consumatori e facilita l’entrata in questi mercati.

Il rosso che piace

Dove viene consumato il vino in Cina?

Dal punto di vista delle tipologie, il consumatore cinese preferisce il vino rosso a quello bianco. Ziliani

A proposto di consumi, Anselmo Guerrieri Gonzaga, amministratore della Tenuta San Leonardo, po-

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Economia vero obiettivo delle autorità cinesi sia però quello di favorire il consumo di vino nazionale. La produzione sta aumentando, anche se sono ancora pochissimi i prodotti degni di nota. L’effetto positivo per il vino straniero dell’aumento della produzione interna sta nella spinta al consumo che porterà, indirettamente, a richiedere esperienze degustative diverse alimentando anche la richiesta di vini carichi di storia come lo sono i francesi, gli italiani, gli spagnoli o i tedeschi. Occorre anche lavorare molto sulla comunicazione: in Cina tutto passa sui social media e, attraverso gli influencer, sono pochissime le testate enogastronomiche. ne l’accento su come una gran parte del vino italiano in Cina sia consumato in ristoranti internazionali o frequentati anche da stranieri, i quali hanno una cultura e una propensione al vino differente da quella dei cinesi. Ma, purtroppo, il vero mercato è quello del consumo casalingo o personale, dove ancora una volta il cinese vuole esibire piuttosto che gustare. In questo caso il mercato online gioca un ruolo centrale. Ci sono numerosi siti di e-commerce che si fanno la guerra a colpi di ribassi anche minimi: l’indole alla negoziazione del cinese medio ha una sua rilevanza. Tommasi sottolinea come la scelta di avere quindi un importatore locale tradizionale

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che si rivolga principalmente al mercato di alto livello risponda meglio alla volontà di creare cultura e rafforzare il valore del brand in quanto tale. Concetto confermato anche da Ziliani, che sottolinea come per un’azienda italiana non sia possibile agire in autonomia ma sia necessario addirittura lavorare con più importatori che operano localmente, anche considerando le dimensioni delle città e le distanze. È più saggio trovare le giuste connessioni e coprire, con il tempo e la costanza, le varie zone della Cina.

Obiettivo Cina: favorire il consumo di vino nazionale Guerrieri Gonzaga nota come il

Burocrazia favorevole In ultimo, dal punto di vista burocratico, contrariamente a quanto si possa pensare, la Cina non richiede particolari attenzioni. Tommasi ci conferma che è un paese dalla burocrazia non particolarmente pesante e chi è già abituato a interfacciarsi con mercati esteri, con il supporto degli importatori, riesce tranquillamente a soddisfare tutti i requisiti. Volendo trovare una sintesi, sembra che la Cina sia un mercato in cui è opportuno che le aziende vitivinicole italiane siano presenti, ma senza che si attendano grandi risultati in termini di visibilità e di vendite. 


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Economia

PIANIFICARE LO SVILUPPO PER ANDARE LONTANO La necessità di un modello di sviluppo legato ai tratti distintivi di un paese Azzurra Rinaldi economista paesi emergenti

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EL 2019 la paura dell’altro sta prendendo il sopravvento, si parla sempre più di separazioni, di muri, di contrasti tra etnie, religioni e culture. La coesione, necessaria per migliorare, invece di divenire sempre più parte integrante dei sistemi politici nazionali e internazionali, diviene la paura da cavalcare per prendere il potere. Nel 2019 siamo in grado di affermare con convinzione che lo sviluppo umano verso il quale un paese deve tendere non solo deve essere equilibrato e sostenibile, ma deve anche essere libero. Per far sì che questo avvenga è necessario che un paese tenda non solo alla crescita economica, ma a una crescita su tre elementi – economia, sanità e istruzione – bilanciata e a lungo termine, rispettando primariamente le risorse materiali e immateriali dei paesi; ovvero a una crescita che non rinneghi le origini del paese, ma che si fondi sulla cultura dello stesso, le sue tradizioni, la sua religione, senza mai dimenticare di collegare le proprie caratteristiche alle prospettive dei mercati globalizzati a livello internazionale.

Superare l’idea di un modello unico Gli errori commessi in passato legati alla supposizione che un modello di sviluppo fosse universale, applicabile a tutti i contesti, non possono più essere riprodotti. Oggi è necessario che il modello di sviluppo di un paese sia legato ai suoi tratti distintivi, alla sua storia, al suo ambiente culturale e socio-economico, e progettato e implementato dal paese stesso. I fondi e le competenze internazionali restano ancora una chiave per avviare il processo di co-creazione dello sviluppo, diventando un volano di crescita, ma non l’unica permanente soluzione possibile. È necessario evitare che una situazione temporanea e contingente (l’immissione nel paese emergente di capitali, skills e tecnologie provenienti dai paesi avanzati) diventi lo strumento permanente di sviluppo del paese. Le risorse estere materiali e immateriali devono essere utilizzate per la co-creazione di uno sviluppo indipendente, per la definizione congiunta del valore unico e insostituibile del paese e non di uno stato sociale irrimediabilmente dipendente dagli aiuti stranieri.


Gli attori che partecipano allo sviluppo di un paese, intesi alla maniera latina, sono tutte quelle organizzazioni, istituzioni, persone che agiscono per lo sviluppo umano delle aree. Si può essere attori dello sviluppo in quanto: promotori di un processo di crescita, fonte economico-finanziaria, regolatore dei processi, destinatario delle azioni, stakeholder o partner di un altro attore.

I diversi attori coinvolti Come evidenziato nel volume Development management of transforming economies, esistono nel processo di sviluppo differenti tipologie di attori: attori principali, secondari e di supporto; attori globali, regionali e locali; attori inter-governativi, governativi e

non governativi; attori economici e sociali; attori tradizionali ed emergenti. Non è semplice, quindi, fornire una classificazione della tipologia di attori di un processo di sviluppo che sia esaustiva, senza perdere di chiarezza ed efficacia espositiva. Per questo motivo abbiamo ritenuto maggiormente significativo distinguere le organizzazioni che partecipano al processo di sviluppo delle aree deboli secondo due caratteristiche fondamentali: la natura “giuridica” divisa in pubblica, privata o mista e l’area di azione divisa in globale, regionale o locale. Tra gli attori pubblici troviamo gli attori inter-governativi globali e regionali e gli attori governativi.

Un paese deve tendere a una crescita su tre elementi – economia, sanità e istruzione – bilanciata e a lungo termine, rispettando primariamente le sue risorse materiali e immateriali; ovvero a una crescita che non rinneghi le proprie origini, ma che si fondi sulla sua cultura, le sue tradizioni, la sua religione, senza mai dimenticare di collegare le proprie caratteristiche alle prospettive dei mercati globalizzati a livello internazionale

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Economia Development Actors Matrix (Fonte: Sciarelli, Rinaldi, 2017)

PUBLIC

PRIVATE

MIXED

GLOBAL

Intergovernmental global actors

Multinational non governmental actors

Global PPP Network

REGIONAL

Intergovernmental regional actors

Regional non governmental actors

THO Network

Governmental and local public actors

Local Non Governmental Actors

Local PPP Network

LOCAL

Geographical Area

Nature

Gli attori privati, anche detti non governativi (Nga), sono tutti coloro che agiscono per lo sviluppo in modo distaccato da qualsiasi governo, ossia la società civile, le Ong, le imprese, i movimenti sociali, le università private, le fondazioni private ecc. In ultimo abbiamo gli attori pubblico-privati, ossia tutte quelle fondazioni, associazioni, commissioni, imprese fondate su partnership che vedono coesistere attori pubblici e privati (PPP), come il Fondo globale per la lotta all’Aids.

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Tutti questi attori, che possono poi svolgere ruoli differenti e anche multipli – attori propositivi, attori di supporto, fonti economiche, regolatori di processi, controller ecc. – sono fondamentali per il processo di pianificazione congiunta dello sviluppo.

L’Overall development management model L’Overall development management model, riportato nel volume Il macro management per le aree deboli del mondo, non intende,

quindi, essere una soluzione universale, ma semplicemente un metodo attraverso il quale ogni paese possa formulare un suo piano di sviluppo congiunto. È strutturato attorno ad alcune caratteristiche di base, a partire dalla considerazione stessa dello sviluppo, inteso come sviluppo umano nel suo complesso, in cui si preveda quindi un equilibrio tra le diverse aree e che sia gestito in maniera strategica, con una prospettiva di lunga durata e un ruolo del paese che, in particolar modo nel medio-lungo periodo, sia totalmente indipendente da soggetti esterni. Il modello si basa, inoltre, sull’ibridazione di approcci differenti: la programmazione strategica è basata sull’utilizzo di strumenti provenienti da sistemi differenti della scienza economica e gestionale e, all’interno del medesimo ambito del management, sono stati utilizzati strumenti differenti.

Punti di forza del modello Uno dei punti di forza del modello risiede, poi, nella scomposizione del modello stesso in tre fasi temporalmente differenziate, che vogliono cogliere lo stato di Overall development del paese. Tra le caratteristiche, è opportuno rammentare l’approccio adottato che, in una visione completamente sinergica di co-creazione di valore, non può che essere un approccio a due vie, top-down e


bottom-up, in quanto il governo e le istituzioni in genere hanno certamente il compito di dirigere il paese in una dinamica topdown ma, affinché lo sviluppo sia inclusivo, duraturo e stabile, devono necessariamente tenere conto delle istanze e delle necessità del territorio. Fondamentale, in questa prospettiva, è il coinvolgimento della popolazione, che rappresenta uno degli elementi davvero distintivi del modello proposto.

Obiettivi e priorità L’obiettivo è, come detto, la definizione per ogni paese di un proprio peculiare processo di sviluppo congiunto. Da qui, la necessità di una crescente indipendenza degli attori pubblici nazionali da quelli internazionali, snodo fondamentale per il raggiungimento di una reale autonomia del paese nel proprio percorso di crescita. Nella nostra prospettiva, tale obiettivo si raggiunge attraverso la strutturazione peculiare dei piani di svilup-

po, che devono essere non solo basati sulle caratteristiche del paese, ma anche orientati in base a quello che il paese stesso definisce come il proprio ordine di priorità. L’Overall development management model, quindi, rappresenta il processo metodologico per programmare e implementare lo sviluppo in modo congiunto, che aiuta un paese a raggiungere il proprio sviluppo bilanciato, sostenibile e libero, correndo insieme per arrivare lontano. 

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Management

ALLA RICERCA DELL’INNOVAZIONE Oggi, ma sempre di più in futuro, ci sarà bisogno di uno sviluppo delle organizzazioni lungo le dimensioni dell’apprendimento, della conoscenza e della comunicazione

Roberto Panzarani docente di Innovation management e presidente Studio Panzarani

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L VIAGGIO nell’innovazione significa uscire dalla zona di comfort per fare un’esperienza diretta con quella “conoscenza tacita” che non c’è altro modo di acquisire se non visitando luoghi, incontrando persone, vivendo emozioni che ci fanno imparare e comprendere come costruire un ecosistema innovativo. Siamo passati da una new economy a un’economia della conoscenza in cui, come dice Paul Tudor Jones, imprenditore, investitore e filantropo, «il capitale intellettuale vincerà sempre sul capitale finanziario». Come apprendere la giusta conoscenza allora? Oggi, ma sempre di più in futuro, ci sarà bisogno di uno sviluppo delle organizzazioni lungo le dimensioni dell’apprendimento, della conoscenza e della comunicazione e le aziende devono porsi nella migliore condizione possibile per poter garantire a questa crescita omogeneità nel tempo. Per fare in modo che l’apprendimento arrivi allo stadio della comprensione più alta bisognerà agire a livello più intimo e stimolare la più importante attitudine da possedere in azienda: l’attitudine alla decisione.

Attività cognitive al centro del lavoro Nell’epoca in cui viviamo il lavoro è per lo più speso per svolgere attività di tipo cognitivo che richiede il rinnovarsi continuo delle conoscenze e il generarsi di nuove. Ci siamo trovati a vivere anche un nuovo concetto di età che ricade sia sul corso della nostra vita (giovani adulti o adulti ancora adolescenti) sia sul piano professionale, cambiando anche i paradigmi organizzativi e produttivi delle imprese. Le parole d’ordine delle organizzazioni odierne sono dunque “corta, flessibile, veloce”. In una parola, learning organization, un’organizzazione cioè in cui, oltre ai beni e ai servizi, si produce apprendimento, si possiede una capacità di innovare e una diffusione rapida di know-how. L’approccio dunque che l’azienda deve


intraprendere perché non resti un fatto meramente formale quello di evolversi sia sul piano operativo sia su quello strategico, valorizzando il momento formativo come occasione di networking, di rafforzamento dei tratti culturali dell’organizzazione, come ineliminabile momento sociale e socializzante, anche grazie all’utilizzo di pratiche quali action learning ed experiential learning.

Osservazione e analisi La conoscenza si sviluppa dunque mediante l’osservazione e la trasformazione dell’esperienza, attraverso un processo che passa dalla fase delle esperienze concrete, in cui l’apprendimento avviene attraverso le percezioni e quindi come interpretazione personale di esperienze; la fase dell’osservazione riflessiva, in cui l’apprendimen-

to deriva invece dalla comprensione dei significati tramite l’osservazione e l’ascolto; la fase della concettualizzazione astratta, nella quale l’apprendimento deriva dall’analisi e dall’organizzazione logica dei flussi di informazioni; la fase della sperimentazione attiva, in cui l’apprendimento è il risultato di azione, sperimentazione e verifica di funzionamento ai fini dell’evoluzione o di possibili cambiamenti. Le esperienze sono oggi accelerate, frammentate, virtuali, da costruire attraverso uno sforzo creativo. Occorre “fare” l’esperienza e ciò avviene quando trasformiamo i fatti quotidiani in apprendimenti.

Una nuova cultura della formazione I learning tour sono, forse, la forma esperienziale di maggior livello

Le parole d’ordine delle organizzazioni odierne sono “corta, flessibile, veloce”. In una parola, learning organization, cioè un’organizzazione in cui, oltre ai beni e ai servizi, si produce apprendimento, si possiede una capacità di innovare e una diffusione rapida di know-how

nell’ambito formativo. Per best practice si intendono solitamente le migliori prassi aziendali conseguite in un determinato settore di mercato e costituiscono un modello al quale tendere e rispetto al quale valutare le proprie azioni e i

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Management produttive, nelle imprese, nella politica.

Alleanze globali per competere

risultati prodotti. Una volta che l’esperienza viene interiorizzata, ciò che realmente cambia all’interno dell’azienda è la cultura della formazione: separare la conoscenza acquisita dai suoi possessori e trasferirla in un dominio condiviso, attraverso le buone pratiche. Come dice giustamente Michel Serres, il quotidiano nella sua struttura routinaria sta finendo e la realtà ci richiede processi di adattamento continui, provocati dalla tecnologia e dalla globalizzazione appunto. Il punto di vista con cui guardare alla globalizzazione deve essere quello fatto di storie significative di come il mondo attuale, piccolo e interconnesso, riesce a creare al di là della tecnologia o con l’innovazione d’uso di quest’ultima, esperienze organizzative, sociali, di business, di cittadinanza attiva, di social innovation, che danno un colore diverso alla globalizzazione attuale e ci aiutano a comprenderla.

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Parchi e città dove fiorisce l’innovazione Esempi più emblematici e noti riportati nel mio ultimo libro Viaggio nell’innovazione (Guerini Associati), di parchi tecnologici dove coesistono ricerca, formazione e territorio sono la Silicon Valley, Sophia-Antipolis in Costa Azzurra, Porto Digital in Brasile, Adlershof in Germania, Kista Science City in Svezia, Cambridge Science Park in Inghilterra, Philips Research a Eindhoven in Olanda, campus Huawei di Dongguan in Cina, Kilometro Rosso e H-Farm in Italia. E le città che vengono ricordate come le più competitive e innovative al mondo che generano innovazione sono la Silicon Valley in California, la Chilecon Valley in Cile, Silicon Wadi, la Silicon Valley israeliana, l’Indian city of Bangalore in India e Shenzhen in Cina. In quei contesti il cambiamento si tocca con mano, è visibile: nell’architettura, nelle organizzazioni

Oltre che nelle realtà americane ed europee, l’innovazione sta nascendo ovunque e dobbiamo tenere ben presente che ormai fa parte della cultura diffusa entrata nel tessuto sociale. Se ci chiedessimo come stanno cambiando le nostre aziende, noteremo come la realtà sia in continua evoluzione. Per mantenere la propria competitività globale bisognerà monitorare gli sviluppi del business sul piano internazionale e attingere a un bacino globale di talenti molto più ampio. Le alleanze globali, i mercati del capitale umano e le comunità dedite alle peer production consentiranno di accedere a nuovi mercati, idee e tecnologie. Gli uomini sono delle risorse del sistema, non solo risorse da utilizzare. Il rapporto tra attore e sistema viene definito da una continua dialettica tra cooperazione e conflitto, tra partecipazione e distanza. Competenza e managerialità sono interne al modello e il capitale umano deve essere adeguatamente supportato e integrato al capitale strutturale dell’organizzazione. Come diceva Henri Matisse, “Sono fatto da tutto ciò che ho visto”, cerchiamo dunque di vedere e visitare il più possibile. 


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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia

osservatorio

SESTO OSSERVATORIO SULLA SPESA PUBBLICA E SULLE ENTRATE

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stato presentato a fine settembre al Cnel il sesto Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate curato dal centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali in collaborazione con Cida. Dallo studio emerge un Paese al quale servirebbero più equità e più strumenti in grado di contrastare efficacemente l’evasione fiscale. Dati alla mano, gran parte dell’Irpef è a carico del 12,28% dei dichiaranti, poco più di 5 milioni di soggetti che dichiarano redditi superiori ai 35.000 euro e che contribuiscono al 57,88% del gettito, contro il 2,62% versato dal 45,19%. Nel dettaglio, quelli con redditi lordi sopra i 100mila euro (circa 52mila euro netti) sono l’1,13%, pari a 467.442 contribuenti, che tuttavia pagano il 19,35% di tutta l’Irpef; tra 200mila e 300mila euro si trova lo 0,13% dei contribuenti, che versano però il 2,99% di Irpef; sopra i 300mila euro lo studio individua lo 0,093% dei contribuenti versanti che pagano però il 5,93% dell’Irpef. Sommando a questi contribuenti anche i titolari di redditi lordi superiori a 55.000 euro, si ottiene dunque che il

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4,39% paga il 37,02%, che diventa per l’appunto il 57,88% di tutta l’Irpef, considerando anche i redditi sopra i 35.000 euro lordi. Su 60,48 milioni di cittadini residenti in Italia a fine 2017 sono solo poco più di 30,67 milioni quelli che hanno versato almeno un euro di Irpef: secondo le dichiarazioni dei redditi rese nel 2018, con riferimento all’anno fiscale 2017, il 42,29% degli italiani non ha quindi reddito e, di conseguenza, non versa l’imposta sul reddito delle persone fisiche. È indubbio che l’imposizione fiscale in Italia, tenuto conto del combinato di imposte dirette e indirette, possa ritenersi eccessiva per quel 12,28% di contribuenti, che sono poi spesso anche oggetto di proposte o provvedimenti che mirano a ulteriori tagli e prelievi. In quella percentuale, ha rilevato Mario Mantovani, presidente Cida e vicepresidente Manageritalia, commentando i dati sulle entrate fiscali 2017 resi noti, vi sono dirigenti, professionisti, manager privati e pubblici, in servizio e in pensione, circa 2 milioni di lavoratori preparati e qualificati, tra cui i manager che Manageritalia rappresenta, che hanno sempre fatto il loro dovere di contribuenti, ma sui quali si accanisce una campagna mediatica che li dipinge come dei privilegiati e sui quali si concentrano sempre nuovi interventi legislativi di riduzione del reddito. È ormai improcrastinabile la riduzione del cuneo fiscale, il cui rapporto, quando va bene, è di uno a due e si spinge fino a uno a tre per i manager. Questo cronico difetto del sistema italiano va riportato in cima all’agenda politica. Di certo più soldi ai lavoratori favoriscono più consumi e più sviluppo, un aiuto per un Paese come il nostro sempre ultimo nella classifica di crescita del Pil e sempre primo in quella dei redditi evasi. Per realizzare davvero la progressività delle imposte prevista dalla Costituzione occorre infatti contrastare davvero l’evasione fiscale e contributiva e mettere tutti i cittadini sullo stesso piano, varando una politica fiscale coerente che misuri i redditi da lavoro, il patrimonio e il tenore di vita, impedendo a chi può di fare il furbo. http://bit.ly/dir10-19-Osservatorio


SICUREZZA SUL LAVORO: AUDITA IN PARLAMENTO LA DIRIGENZA

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o scorso 25 settembre rappresentanti di Cida e Manageritalia sono stati auditi dalla commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati nell’ambito dell’esame della proposta di legge C. 1266 Speranza, recante modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e altre disposizioni concernenti la vigilanza e la sicurezza sul lavoro, nonché prevenzione e assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. L’aumento dei casi di incidenti sul lavoro dimostra purtroppo che permane una soglia che non appare scalfita dai ripetuti interventi legislativi. Ciò ha fatto sì che fosse presentata una proposta di legge recante alcuni interventi per cercare di aggredire il fenomeno con un approccio nuovo, in base al quale la sicurezza non è da considerarsi un costo, bensì un vero e proprio investimento. La proposta di legge mira essenzialmente a intervenire sul fronte della prevenzione, introducendo meccanismi di incentivo e disincentivo efficaci, soprattutto nei settori delle piccole e medie imprese che sono le realtà produttive nelle quali si manifesta in maniera più significativa la carenza delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza sul lavoro, anche per il fatto che i meccanismi di sconto e di incentivo vigenti non si sono rilevati determinanti. In particolare, nel provvedimento vengono introdotte disposizioni volte a distinguere le funzioni di controllo (dell’Ispettorato nazionale del lavoro) da quelle di consulenza e prevenzione (dell’Inail), nonché a modificare il meccanismo di oscillazione del tasso per prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro. L’art. 3 del disegno di legge attribuisce all’Inail (e non al personale ispettivo delle direzioni regionali e provinciali del lavoro, come attual-

mente previsto) il compito di organizzare le attività di prevenzione e promozione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, svolte presso i datori di lavoro e volte a garantire il rispetto della normativa, in particolare in materia di lavoro e previdenza. Inoltre l’Inail ha anche l’obbligo di fornire indicazioni operative sulla corretta attuazione della normativa lavoristica e previdenziale. Questo nel caso in cui rilevi inosservanze o applicazioni non corrette, con particolare riferimento agli istituti di maggiore ricorrenza, da cui non consegua l’adozione di sanzioni penali o amministrative, nonché l’attività di informazione e aggiornamento proposta nei confronti di enti, datori di lavoro e associazioni, da svolgersi a cura e spese di questi ultimi, attraverso apposite convenzioni. Il provvedimento in esame, inoltre, demanda ad apposito decreto interministeriale la predisposizione di un piano pluriennale di assunzioni di ispettori del lavoro, da attuare a decorrere dal 2019 e finalizzato al rafforzamento del contrasto del lavoro illegale e della violazione delle norme in materia di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro mediante l’attività ispettiva svolta dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Ad oggi infatti gli ispettori del lavoro in Italia sono circa 5mila: 3mila per il ministero, 1.400 per l’Inps, 370 per l’Inail. I tassi di irregolarità in Italia sono altissimi: il calcolo è che ogni 100 visite ispettive, 88 si concludono positivamente per l’Inail, 81 per l’Inps e 51 per gli ispettori del lavoro. Considerato l’esiguo numero attuale di

ispettori, ogni azienda italiana con dipendenti ha oggi la probabilità di essere controllata dagli ispettori del lavoro una volta ogni 11 anni e mezzo. La delegazione Cida audita ha sottolineato come la sicurezza debba essere considerata un valore e va promossa la responsabilizzazione di tutti i lavoratori nell’assumere la consapevolezza del rischio e nel diventare soggetti protagonisti della sicurezza propria e di quella degli altri. Ovviamente il management riveste un ruolo fondamentale per la diffusione della cultura della sicurezza. La Cida ha sottolineato poi che occorre superare l’approccio esclusivamente ispettivo/punitivo e sostenerne uno più collaborativo, che porti i datori di lavoro a chiedere ispezioni e consigli utili, così come accade in Germania: è il datore di lavoro che chiama l’Ente ispettore, il quale rilascia una “lista delle cose da fare”. È ovvio che per le aziende che non ottempereranno ai consigli scatteranno sanzioni successivamente. La Commissione ha molto apprezzato l’intervento della Cida per la serietà dei contenuti espressi e per la chiarezza espositiva. Ha condiviso la necessità di formazione dei lavoratori e che occorra far capire alle aziende che avere un ispettore in azienda è uno strumento di aiuto, di prevenzione ed educativo. Migliorare la normativa sulla sicurezza comporta il miglioramento della qualità del lavoro e dei processi produttivi. http://bit.ly/dir10-19-doc-camera

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Intervista

TREND VIAGGI: I CAMPER CONDIVISI Conversazione con Dario Femiani, trentunenne torinese, country manager per l’Italia di Yescapa, azienda francese fondata nel 2012, leader in Europa del camper sharing peer to peer

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Dario Femiani, country manager per l’Italia di Yescapa.

Niccolò Gori Sassoli ricerca e innovazione Manageritalia

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L CAMPER SHARING peer to peer, noleggio di camper tra privati, è in espansione. Su varie piattaforme - come Yescapa, Camptoo, Goboony - è possibile prenotare in tutta Europa veicoli con cui viaggiare e dormire spendendo anche solo 20 euro al giorno a persona. Il fenomeno conferma la tendenza a preferire l’utilizzo condiviso di un bene alla sua proprietà. In Italia i viaggi itineranti hanno generato nell’ultimo anno un fatturato di circa 3 milioni di euro e coinvolto oltre 8,4 milioni di persone. L’industria dei veicoli ricreazionali produce 15mila veicoli l’anno, il parco circolante conta 225mila immatricolazioni. Un settore dinamico che, insieme alle innovazioni apportate al turismo, ai trasporti e alla manifattura, traina l’economia della condivisione e fa germogliare il fenomeno del neomadismo. “Dopo la cultura nomade, quella agricola e quella industriale, si ritornerà in modo circolare al neoma-

dismo. Il neomade vive spostandosi, utilizza l’energia del comportamento e non immobilizza alcun bene”. La definizione è del designer giapponese Isao Hosoe, che l’ha utilizzata nel gioco Play 40 sviluppato con il gruppo Loccioni e utilizzato da tecnici e manager come strumento di brainstorming e progettazione. Cos’è il camper sharing, come funziona e a chi è dedicato? «Il camper sharing consiste nella possibilità di noleggiare un camper direttamente da un privato tramite una piattaforma che garantisce la protezione assicurativa e l’assistenza stradale. Proprietario e viaggiatore si incontrano per la consegna delle chiavi, l’ispezione del veicolo e la firma del contratto. Poi il proprietario riceve il suo compenso e il viaggiatore parte». Quali sono i vantaggi della formula? «Facilità d’uso, accessibilità, convi-


vialità e risparmio: il camper sharing permette ai viaggiatori di trovare un veicolo, ovunque in Europa, a prezzi vantaggiosi. I proprietari ottengono un guadagno nei periodi di inutilizzo e ammortizzano manutenzione e parte dell’acquisto, in media 490 euro a settimana».

di euro. Ogni giorno, in Europa, più di cento camper si mettono in viaggio usando Yescapa».

Quali sono le caratteristiche chiave del mercato italiano? «Siamo in Italia dall’aprile 2018, c’è stata qualche difficoltà iniziale a causa del quadro burocratico-normativo complicato ma i risultati sono positivi: in un anno abbiamo registrato oltre 10mila utenti e 5mila richieste, riversando ai proprietari oltre 600mila euro. Gli italiani sono propensi alla condivisione».

Quali sono gli scenari del settore per il futuro? «All’inizio pochi credevano che lo sharing potesse affermarsi nel settore dei camper. “Sono veicoli troppo delicati”, “E se me lo rompono?”. Dopo 7 anni abbiamo convinto gli scettici, contribuendo all’innovazione di turismo e industria dei veicoli. Stiamo avviando partnership con concessionari e allestitori per incentivare lo sharing come modalità di finanziamento per l’acquisto del nuovo e collaborazioni con operatori ed enti turistici per sviluppare un incoming dedicato».

Qualche numero sulle vostre attività complessive? «Dal 2012 abbiamo confermato più di 50mila prenotazioni, per circa 350mila giorni di viaggio, riversando ai proprietari più di 16 milioni

Come credi che la tendenza verso la condivisione inciderà sull’evoluzione dell’economia? «In poco tempo la sharing economy si è trasformata da fenomeno di nicchia a realtà rilevante, trasforman-

do non solo i modelli economici ma anche quelli culturali e sociali. La sua forza sta nel permettere a singole persone di offrire direttamente sul mercato beni e servizi la cui erogazione, fino al recente passato, è stata monopolio esclusivo di soggetti professionali. In contrapposizione con il sistema capitalista basato sulla proprietà privata, si orienta il mercato verso modelli di consumo alternativi basati sull’accesso condiviso, dove la moneta di scambio è la fiducia. Lo sharing sta inoltre creando posizioni lavorative più mobili e flessibili». Quali sono i possibili rischi, dal tuo punto di vista? «Il cambiamento nelle abitudini di consumo si basa su un ecosistema di piattaforme p2p che rimane ancora troppo poco regolamentato. I settori tradizionali accusano le imprese dello sharing di operare illegalmente. Le dispute tra rappresentanti dell’economia della condivisione e associazioni di categoria sono quotidiane: dalle proteste dei tassisti contro Uber a quelle degli albergatori contro Airbnb». Ci sono rimedi per arginare questo scontro? «Urge una riforma legislativa per legittimare l’operato delle piattaforme. Come spesso avviene, credo che saranno le forze del mercato a definire l’equilibrio tra settori tradizionali e sharing. Di certo i confini tra produttori e consumatori, una

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Intervista volta netti, oggi si confondono e con essi anche i modelli di impresa, l’organizzazione del lavoro e le relazioni sociali ed economiche». L’impegno con Yescapa è la tappa attuale di un percorso di vita neomade: qual è la tua storia? «Il mio percorso è segnato dal desiderio di scoperta e dalla voglia di cambiare: fattori che trovano il loro connubio perfetto nel viaggio. Proprio i viaggi hanno dettato le tappe della mia formazione umana e professionale: uno student exchange in Brasile, un’esperienza a Shanghai nell’export, un working holiday visa in Australia e numerosi altri viaggi. Non avrei trovato la strada attuale se non avessi avuto il coraggio di perdermi. Mentre pensavo a come sviluppare una piattaforma dove far incontrare i viaggiatori su quattro ruote mi sono imbattuto in Yescapa, con cui condividevo gli stessi valori e obiettivi. Non ho potuto rifiutare la proposta di affidarmi la guida del mercato italiano». Quali sono le prossime tappe che vorresti raggiungere, di viaggio e professionali? «Punto a una maggiore autonomia geografica, a lavorare più da remoto e in mobilità, abitando nel furgone che sto camperizzando, praticando il vanlife, uno stile di vita nomade, adottato da sempre più manager, imprenditori e dipendenti di aziende innovative». 

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P O S I Z I O N A M E N T O

B E L L A

C O P I A

Raffaele Tovazzi filosofo esecutivo

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iamo il frutto dell’ambiente che ci circonda e la qualità della nostra performance lavorativa è direttamente proporzionale alla cura che abbiamo della nostra

postazione di lavoro. Quella che può sembrare un’affermazione eccessiva viene ben argomentata dall’antropologo britannico Gregory Bateson con la sua teoria dei livelli neurologici. Bateson dimostra come la tua percezione dello spazio (la tua scrivania, il tuo ufficio, ma anche in senso lato il desktop del tuo computer) influisce sulla capacità di attingere al tuo potenziale nel raggiungere gli obiettivi predefiniti. Un indizio inequivocabile di mediocrità professionale è la mancanza di attenzione nei riguardi della propria postazione di lavoro: chi non ha cura della propria “tela” non riuscirà mai a dipingere una “grande opera”… Fuor di metafora, produrre risultati di eccellenza. Mia moglie mi prende spesso in giro per la cura maniacale con cui riordino il mio studio a fine giornata e trova assurda la mia abitudine del venerdì quando, terminata la diretta con Radio Monte Carlo, libero la postazione, pulisco ogni superficie, svuoto tutti i cassetti e scollego ogni singolo cavo del mio complicato setup di registrazione… Per poi rimettere tutto in ordine! Lo fanno gli artisti, lo fanno gli artigiani sui cantieri, lo fanno i musicisti e lo fanno anche gli atleti con la propria sacca di allenamento… Mentre la maggior parte della gente vive la propria vita in brutta copia, chi fa il proprio mestiere con passione ricerca costantemente quel “bello” che, stando a Dostoevskij, “salverà il mondo”. Il riordino non è un’ossessione bensì un rito e, in quanto tale, ha il potere di rendere sacro ciò che facciamo ogni giorno.


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Marketing

LE VENDITE AL TEMPO DEL 4.0 Il commerciale è una figura chiave nei rapporti personali e di consulenza con i clienti. Ma oggi per vendere deve possedere competenze più evolute. Scopriamo quali Alessandro Masolini consulente e formatore

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L LAVORO del commerciale per qualsiasi azienda, b2b o b2c, è cruciale per espandersi e crescere, ma oggi per vendere non è più sufficiente avere buone soft skill, avere portato risultati o conoscere i clienti. L’imperativo è essere allineati con la modalità di ragionamento di chi si occupa degli acquisti o della produzione, possedere conoscenze digitali, saper utilizzare abilmente strumenti tecnologici, comprendere che non intercettare oggi il cambiamento in atto nel mercato rischia di far diventare obsoleto in brevissimo tempo il lavoro fatto sino a oggi. Le vendite stanno avendo o avranno un cambiamento importante nelle modalità e nei processi.

Tutto ha inizio con l’Industry 4.0 Quando parliamo di Industry 4.0 ci riferiamo a un’evoluzione delle modalità di produzione (digitalizzazione d’impresa) dove il primo posto è sicuramente occupato dall’acquisizione dei dati come strumento per creare valore con i

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temi relativi ai big data, alle informazioni disponibili in rete e alla semplicità con cui possono essere reperite. A questo l’Industry aggiunge di avere sviluppato competenze e capacità per utilizzare i dati reperiti e farli diventare utili. Non per ultimo, è rendere operativa la massa di dati ricavati per avviare nuove modalità produttive, come il controllo della produzione e manutenzione tramite la robotica, come far dialogare le macchine tra loro anche da remoto con soluzioni predittive e di tele-assistenza. In altre parole, produrre trovando un ideale connubio tra digitale e produzione, sia che si tratti di beni che di servizi, con l’obiettivo di ridurre lo spreco di risorse. Il trend di mercato è questo. Il punto critico, però, è il disallineamento tra le funzioni aziendali già evolute, come la produzione o l’ufficio acquisti/procurement, e le vendite. E sarebbe un errore pensare che basti acquisire tecniche di vendite per innovare la rete e colmare il gap. Il commerciale continua a essere


una figura chiave nei rapporti personali e di consulenza con i clienti, ma è da considerare che con l’aumentare della complessità del nuovo Mercato 4.0 sarà necessario possedere competenze più evolute: conoscere i principi di Marketing 4.0, avere padronanza degli strumenti tecnologici e digitali, essere in grado di analizzare ed elaborare grandi quantità di dati per renderli utili alla trattativa con i clienti. In questo senso il social selling è una delle risposte innovative di chi opera nell’area commerciale, cioè massimizzare lo sforzo nel creare valore dalle relazioni che un’azienda ha costruito con la clientela utilizzando i social network. Il concetto alla base è molto semplice: quanto tempo al giorno passa un nostro cliente su Google, LinkedIn, Facebook, Twitter, Instagram per informarsi, ricercare

fornitori o prodotti, avere informazioni o condividere contenuti? Perché non utilizzare questo modo di agire per fare business?

Quali ripercussioni avrà il 4.0 nelle trattative con i clienti? Non solo prodotti di qualità e a costi più competitivi, ma anche il saper comunicare ai clienti l’impegno che l’azienda mette nell’essere parte della società. E tutto questo entra a fare parte della strategia commerciale. Philip Kotler, una delle personalità più famose nel mondo del marketing, ci viene in aiuto per comprendere dove il consumatore/cliente si sta spostando. Nel suo libro Marketing 4.0 (edizione Hoepli) ha descritto l’evoluzione del marketing riguardando criticamente le 3 fasi storiche precedenti: Marketing 1.0 focus sul

Oggi per vendere non è più sufficiente avere buone soft skill, avere portato risultati o conoscere i clienti. L’imperativo è essere allineati con la modalità di ragionamento di chi si occupa degli acquisti o della produzione, possedere conoscenze digitali e saperne utilizzare gli strumenti

prodotto. Marketing 2.0 focus sul cliente. Marketing 3.0 umanistico: i clienti sono persone con un proprio pensiero e sentimento, per cui si affermava che le aziende dovessero creare prodotti e servizi in grado di recepire e riflettere i valori umani. La fase attuale indicata da Kotler

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Marketing

L’arte della vendita in 3 step Prepararsi, andare a segno, fidelizzare Il percorso Cfmt ha creato un Learning Path per tutti i dirigenti associati che sono impegnati nel complesso compito della vendita e che vivono la costante preoccupazione di offrire la soluzione più adatta a ciascun cliente, riuscire a raggiungere gli obiettivi aziendali e personali anche quando sembrano inconciliabili e di ottimizzare la gestione del tempo, che sembra sempre troppo poco! Trovare l’equilibrio tra le diverse esigenze non è semplice. Servono metodo e strumenti. Il Learning Path propone 3 step per allenarsi su tecniche e strategie di vendita, per gestire al meglio tutte le fasi del processo di vendita.

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come Marketing 4.0 evidenzia che il marketing adotterà i percorsi che i consumatori/clienti compiranno nell’economia digitale. Sino a pochissimi anni fa, quindi, erano i brand a parlare alle persone. Oggi la tendenza evidenziata da Kotler dice che la tecnologia ha permesso la connessione tra le persone, si sono create communi-

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ty e la comunicazione si è trasformata: sono le persone che parlano ai brand e dei brand. Tanto più quel brand rispecchia i miei valori e ideali, tanto più lo preferirò e lo consiglierò. Tutto questo significa che la comunicazione come l’abbiamo intesa sino a oggi non è più efficace: i consumatori tendono a volersi

identificare in un brand, oltre che per i prodotti, anche per i valori che questo trasmette e per l’impegno che le aziende mettono nel voler contribuire a risolvere dei problemi. Le aziende orientate al 4.0 stanno aumentando la propensione a dimostrarsi più attive, vicine e interessate ai bisogni dei propri clienti. Uno tra gli esempi più visibili è quello riferito alla sostenibilità dell’ambiente: le aziende che investono in questo campo spostano, nel loro mercato di riferimento, su di loro la brand preference.

Nuove sfide per i commerciali Per i commerciali si prospettano nuovi tempi e nuove sfide: non solo la pressione da parte dell’azienda su vendere di più visto che si produce in modo più efficiente, ma anche imparare come vendere ai clienti questo paradigma, cambiando per primi se stessi prima di essere cambiati. Abbandonare il cartaceo per il digitale, essere esperti di programmi informatici, utilizzare come proprio strumento il Crm: le aziende stanno già utilizzando il commercio o il contatto elettronico, ma ci sarà sempre bisogno di avere un contatto con il commerciale solo e se questo sarà davvero in grado di offrire qualcosa in più, cioè evolversi verso il consulente digitale esperto e competente per i propri clienti. 


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Economia

WEDDING MARKETING: ITALIA A NOZZE Numeri, tendenze e prospettive occupazionali di un settore in forte crescita Ines Pesce wedding marketing specialist

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ECONDO un’indagine di Eurostat del 2017, in Europa si celebrano sempre meno matrimoni e l’Italia rappresenta il paese in cui questo trend è più in crescita. Se da un lato quindi i matrimoni diminuiscono, i divorzi aumentano. E aumentano di contro anche le seconde e le terze nozze che danno speranza agli operatori del settore di organizzare ancora matrimoni. Altra speranza sono le unioni civili, entrate in vigore il 5 luglio 2016 con la legge Cirinnà. In un anno e mezzo, infatti, sono state costituite in Italia 6.712 unioni civili, di cui il 70% formate da uomini e il 30% da donne.

Investimento nella cerimonia: un vero e proprio evento Nonostante le nuove dinamiche sociali, nel 2017 i matrimoni celebrati in Italia sono stati 191mila, per un tasso di nuzialità pari al 3,2%, ancora una volta il più basso di tutta Europa e in continua discesa rispetto al trend nazionale degli ultimi 60 anni. Ciò che rende però il matrimonio ancora un business da oltre 300 miliardi di dollari, di cui 7 facenti capo all’Italia, sono

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tutte quelle voci di costo che fino a un decennio fa non erano parte della previsione di spesa. Un budget plan aumentato del 35% “grazie” a tutte quelle voci di spesa fortemente legate all’estetica, ad esempio i dettagli degli allestimenti (dai fiori al tableau de mariage, alla wedding stationery fino ad arrivare allo sweet corner) o l’intrattenimento con ospiti e performance. Se il budget plan del 2009 era quindi composto da voci “irrinunciabili”, oggi arriva a oltre 40mila euro (vedi infografica a pagina 40).

Scenario Secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza e Lodi sui dati del Registro delle imprese Istat, realizzata per Il Sole 24 Ore, tra il 2016 e il 2017 le imprese attive nel settore sono aumentate del 3,4%, per un totale di 56.692 attività. La crescita più considerevole è stata registrata nelle aziende di party e wedding planning, che oggi ammontano a circa 1.631 imprese, per una crescita del 9,4%. Matrimonio.com (noto portale dedicato all’organizzazione del matrimonio) ne conta nel suo databa-


se più del doppio: ben 3.615 wedding planner in tutta Italia, con una forte concentrazione su Roma, con ben 389 professionisti. Facebook ci informa, invece, che i profili iscritti in Italia con titolo professionale “wedding planner” sono ben 10.979: numeri quasi decuplicati. In ultimo, Google ci rivela che la search intent che si cela dietro la keyword “wedding planner” non è quella di una sposa alla ricerca di supporto per le nozze, bensì di utenti che vogliono intraprendere questo percorso professionale. Di contro però la figura della wedding planner è purtroppo percepita dalle spose italiane ancora come una voce di costo della quale poter fare a meno. Il valore prezioso di questa figura non è arrivato alle spose e questa dinamica è dovuta alla scarsa comunicazione che a volte viene fatta dagli appartenenti alla catego-

ria. La teoria del Gold Flamingo coniata ad hoc per il settore invita proprio a differenziarsi proponendosi sul mercato con un approccio finalmente imprenditoriale, propedeutico al wedding marketing. Potrà sembrare stridente, ma oggi l’Italia non è ancora il paese ideale per un wedding planner, ma per il wedding marketing sì. Per wedding marketing si intende quell’insieme di processi e attività essenziali per il successo di ogni professionista e azienda operante nel mercato dei matrimoni. È conoscenza del marketing management unito a creatività e a uno spiccato senso estetico.

Il wedding marketing specialist Il wedding marketing specialist conosce innanzitutto il marketing, i suoi canali e processi, da chi vie-

ne applicato, su cosa si concentra e perché. Inoltre, studia costantemente il mercato dei matrimoni analizzando i player e il target in tutte le sue sfaccettature, fino a saper delineare al meglio il bridal journey e ogni bridal touch point. Questo mercato ha bisogno di una formazione robusta per poter cogliere tutte le sue opportunità di business. Le aziende che operano in esso sono molte e di conseguenza c’è spazio per diversi professionisti che, oltre a possedere forti competenze, amano il mondo dei matrimoni.

Competenze manageriali da mettere in campo Un deciso cambio di mindset in questo ambito è necessario. Chi si cimenta nel settore oggi è attratto senz’altro dall’indotto, ma spesso manca di capacità tecniche e imprenditoriali: buona e solida or-

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Economia ganizzazione aziendale, imprescindibile competenza nel marketing management e nella gestione dei team di lavoro, estrema serietà, professionalità ed empatia. Sono queste le competenze

WEDDING BUDGET PLAN IDEALE 2019 I prezzi sono da considerarsi come compensi minimi praticati da professionisti qualificati e sono calcolati su un numero medio di invitati pari a 100

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minime richieste per poter gestire un progetto di marketing e il suo budget e portare risultati al cliente. Il wedding marketing specialist ha le spalle forti di chi il marketing lo mastica da ben oltre una decina di anni. Saper usare i social network con dimestichezza o avere un discreto numero di follower non possono bastare per mettersi a disposizione dei professionisti e chiedere loro di fidarsi. Studio e pratica: questa è la ricetta per chi vuole cominciare.

Trend del settore e prospettive occupazionali Sicuramente si stanno aprendo nuove nicchie nel mercato, tra queste particolarmente interessante è il destination wedding. Il nostro Paese ha un forte appeal per gli stranieri, al punto

che oggi l’Italia è tra i 10 best places for destination weddings. L’indotto di questo mercato è molto interessante: oltre 500 milioni di euro il fatturato, per quasi 9mila eventi, 60mila operatori coinvolti e oltre un milione e mezzo di presenze calcolate in collegamento con il turismo delle nozze. Molti professionisti (soprattutto wedding planner) spostano la loro attenzione verso questo genere di mercato per due motivi principali: gli stranieri hanno un budget medio più alto rispetto agli italiani (quasi 60k euro rispetto ai 30k scarsi stimati per un matrimonio italiano) e si tratta generalmente di eventi con un numero più ristretto di invitati (massimo 70/80 ospiti a fronte dei 150 in media per un matrimonio italiano) e quindi più facile da gestire. Altra nicchia da considerare sono i matrimoni unconventional. Tra questi rientrano ad esempio i wedding weekend (matrimonio non più come unico giorno ma come evento su più giorni), l’elopement wedding (la “fuga d’amore”, ovvero un matrimonio intimo che coinvolge solo i due sposi), l’engagement session (il servizio fotografico in una destinazione particolare per celebrare il fidanzamento ufficiale), il rinnovo delle promesse matrimoniali (una nuova occasione per festeggiare e al tempo stesso per rinnovare le promesse d’amore) e in ultimo il social wedding. 


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Diritto

INFORTUNI DEL PERSONALE: LA RIVALSA DEL DATORE DI LAVORO Cosa fare per recuperare risorse finanziarie e non correre il rischio di dovere rispondere personalmente? Ecco come agire in modo consapevole

Giacomo Di Blasi manager e consulente

L

A RIVALSA del datore di lavoro è un diritto riconosciuto, in particolare, dalla Cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 6132 del 12 novembre 1988. Con questa sentenza la Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro che subisce l’assenza di un suo collaboratore di impresa a causa, per esempio, di un incidente stradale, subisce anch’esso un danno patrimoniale derivante dall’assenza del lavoratore dal posto di lavoro e che, pertanto, ha diritto a un risarcimento.

Un fenomeno sommerso In Italia il diritto di rivalsa viene esercitato solo nella misura del 20% circa. La percentuale più alta è presente nelle aree sviluppate, nelle grandi aziende e, mediamente, dalla Pubblica amministrazione. I motivi sono da attribuire prima di tutto alla scarsa conoscenza della materia e all’eccessiva frammentazione del fenomeno. Inoltre, la maggior parte

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delle aziende ritiene che le indennità corrisposte dall’Inail o dall’Inps coprano in modo esaustivo il danno patrimoniale a causa dell’assenza del lavoratore, mentre le indennità coprono mediamente circa il 28% del danno subito.

Danno patrimoniale: da cosa è costituito? Il danno patrimoniale è costituito dal costo derivante dall’assenza del lavoratore al netto delle indennità erogate dall’Inps o dall’Inail; dal costo della sostituzione del lavoratore se si dimostra che si rendeva necessaria; qualsiasi altro danno derivante dall’assenza del lavoratore, ad esempio penali per ritardata consegna di beni e servizi, perdita di business ecc.

A chi compete il diritto di rivalsa e dimensione del fenomeno Il diritto di rivalsa compete al datore di lavoro, cioè al soggetto giuridico titolare attivo di un rap-


porto di lavoro, includendo le forme di collaborazione tipiche e atipiche con esclusione del rapporto con lavoratori autonomi. La dimensione del fenomeno è di notevole entità, se si considera che ogni anno in Italia si registrano circa 3.200 morti e 250.000 feriti con lesioni a seguito di incidenti stradali. Di questi, oltre il 30% riguarda casi per cui è esercitabile il diritto di rivalsa, pari a circa 61.000 casi, al netto cioè di quelli per cui il diritto viene esercitato.

Il ruolo del management Il dirigente, il quadro o il responsabile di settore deve predisporre pochi ma efficaci accorgimenti al fine di fare emergere il fenomeno e portarlo a livello di “fatto aziendale normale”, cioè che subisca un determinato, codificato, trattamento al suo verificarsi. Egli deve cogliere l’occasione per consentire l’esercizio di un diritto alla sua azienda, non rinunciando alle relative risorse finanziarie spettan-

ti; allargare le tutele e le garanzie personali e dei suoi colleghi in azienda; confermare uno stile dinamico e innovativo; diffondere cultura e sapere in azienda. Infine, per assicurare il raggiungimento del miglior risultato possibile, è consigliabile avvalersi di un team esterno composto da diverse professionalità che interviene ad esempio nella redazione della relazione a supporto della

necessità della sostituzione del lavoratore assente (nei casi in cui questa sia avvenuta e si rendeva necessaria) e che individua i danni patrimoniali legati al caso da un nesso di causalità. Tale ricerca spesso consiste nell’esame di documenti amministrativi come contratti commerciali, rilevazioni comparative ex ante ed ex post di bilanci, rilevazione di dati di vendite, comparazioni fra periodi significativi e quant’altro necessario per evidenziare eventuali penali, perdita di business e altri risultati derivanti dal caso.

Il procedimento più comune Nella maggioranza dei casi il percorso da seguire è quello stragiudiziale, tuttavia, solo raramente si rende necessaria la via giudiziale. 

IL DIRITTO DI RIVALSA, QUESTO SCONOSCIUTO Sono poche le aziende informate della possibilità di esercitare il diritto di rivalsa del datore di lavoro per il danno subito dall’azienda a seguito dell’infortunio di un dipendente, costretto ad assentarsi dal lavoro per colpa di terzi (ma anche per colpa dello stesso dipendente). Per tutelarsi in tali situazioni è consigliabile appoggiarsi a professionisti in possesso delle competenze necessarie al raggiungimento del miglior risultato possibile sia in termini di riconoscimento del danno sia del relativo ammontare. Se vuoi saperne di più o se hai bisogno di un consiglio, fai la tua domanda nell’area assicurativa di AskMit, il servizio online di Manageritalia riservato agli associati e ai loro familiari in 48 ore. Giacomo Di Blasi, esperto nel settore, è disponibile a rispondere alle tue domande e curiosità.

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Prioritalia

ETICA E TECNOLOGIE, VERSO IL FUTURO I manager promuovono la prima scuola di alta formazione sulla sfida umana nell’epoca della trasformazione digitale Marcella Mallen presidente Prioritalia

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L’

IMPORTANZA e la pervasività delle tecnologie digitali ci pongono di fronte a continui interrogativi: cosa e come utilizzare gli strumenti che l’evoluzione della scienza e della tecnica offrono all’umanità? Come guidarne la diffusione? Come districarci di fronte alle contraddizioni pratiche e filosofiche che ogni giorno emergono in tutti gli ambiti della nostra vita, dalla politica all’economia, dal lavoro alla medicina, dall’educazione alle relazioni sociali? Consapevoli di essere entrati nell’antropocene abbiamo bisogno di riorientare la nostra etica per affrontare le complesse sfide che ci aspettano, come individui e come società umane. Per favorire una riflessione su questi temi, con Fondazione Prioritalia abbiamo organizzato, dal 19 al 21 settembre, una scuola di alta formazione dedicata ai giovani. Per tre giorni, a Roma, insieme all’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell’Apra, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, nell’ambito del progetto Value@Work, abbiamo

così dato vita alla prima edizione di una Summer School cui hanno partecipato 21 giovani under 35 – universitari, dottorandi e ricercatori delle discipline più varie – selezionati tramite bando e provenienti da tutta Italia. Abbiamo invitato come docenti studiosi di etica, esperti del digitale, docenti di filosofia, economia e diritto, manager, artisti e imprenditori. Un gruppo di lavoro inedito e innovativo che ha unito organizzazioni di rappresentanza datoriale, sindacale, imprese e professionisti, accademici ed esponenti religiosi.

Come vincere la sfida della trasformazione Il buon esito dell’iniziativa deriva dalla soddisfazione di aver messo insieme esperienze, saperi e approcci diversi e apparentemente distanti tra loro, che riteniamo essere tutti egualmente indispensabili per approfondire, con approccio scientifico, critico, costruttivo, un fenomeno di grande complessità. Crediamo infatti che per cogliere la sfida della trasformazione digitale sia necessario costruire nuovi lega-


mi tra l’innovazione in senso ampio (tecnologica, sociale, produttiva ecc.) e l’etica. È l’etica che costituisce, ancor più della legge, il principio cardine per evitare gli usi impropri delle tecnologie. Con Prioritalia da tempo affermiamo che per diffondere su larga scala e in maniera duratura i benefici dell’innovazione tecnologica e digitale sia necessario orientarne l’impatto non solo in termini economici ma soprattutto sul piano sociale e culturale, elaborando e diffondendo una riflessione sul significato profondo del lavoro e della produzione di beni e servizi. Il programma di formazione e ricerca costruito con Apra, per la comunità manageriale, è un passo importante in questa direzione. Durante le tre giornate residenziali ci siamo confrontati sulle sfide

che le trasformazioni tecnologiche pongono all’umanità, cercando di coglierne le criticità, i punti di forza e le opportunità, sia per quanto riguarda l’ambito professionale, i cui rapidi cambiamenti pongono urgenti interrogativi etici e identitari agli esseri umani, sia sul piano della formazione, ovvero della produzione e trasmissione della conoscenza.

a nuove resistenze e a nuovi interrogativi. Per evolvere positivamente a questi cambiamenti non occorre soltanto acquisire nuovi strumenti, ma soprattutto modificare il nostro modo di stare al mondo, ovvero di pensare, di lavorare, di immaginare il futuro, di produrre e consumare. Dobbiamo costruirci una policy.

Costruire una policy per evolvere

Cambiamento culturale: la chiave della trasformazione digitale

È emerso con chiarezza che per sviluppare un atteggiamento culturale favorevole all’innovazione digitale sia necessario, a monte, domandarsi come governarla. Il cambiamento indotto dalle trasformazioni tecnologiche ha messo infatti le persone e le organizzazioni davanti a nuove possibilità, ma anche

Non basta quindi l’alfabetizzazione digitale, si tratta di elaborare e apprendere una nuova grammatica: occorre costruire comprensione, sensibilità e senso critico. La vera chiave della trasformazione digitale sta, insomma, nel cambiamento culturale: allargare lo sguardo oltre i paradigmi econo-

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Prioritalia Tecnica e filosofia: le competenze del futuro

micistici dominanti, aprirsi alla ricerca di nuovi valori e comportamenti, individuare nuovi modelli di relazione e di condivisione, saper distinguere le fonti autentiche della felicità e del benessere umano.

I DOCENTI Anita Cadavid, Istituto di Studi superiori sulla donna. Alessio Carciofi, esperto di digital detox, produttività e worklife balance. Alberto Carrara LC, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Stefania Celsi, consiglio direttivo Value@ Work. Alberto Maria Gambino, prorettore dell’Università europea di Roma. Salvatore Iaconesi, artista e performer. Andrea Latino, esperto di digital transformation. Vincenzo Linarello, presidente Consorzio Goel. Marcella Mallen, presidente Prioritalia. Jacopo Mele, presidente Fondazione Homo Ex Machina. Paolo Messa, Atlantic Council. Oriana Persico, artista e performer. Michele Petrocelli, Università Marconi. Michael Ryan LC, Università europea di Roma. Video testimonianze: http://tiny.cc/bcjgdz

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Con i partecipanti e con i docenti abbiamo condiviso una percezione: che la riflessione sull’intelligenza artificiale e sul rapporto uomo/ macchina sia ancora agli inizi e che serva un lungo processo di creazione dell’infrastruttura cognitiva – prima ancora che regolativa e istituzionale – per supportare questo processo epocale di transizione. Per generare le idee e raccontare le storie riguardo a ciò che per il momento non esiste ma che potrebbe esistere in futuro avremo sempre più bisogno di persone che hanno competenze sia tecniche sia filosofiche, con un background multidisciplinare, capaci di imparare a imparare costantemente. Persone che, come i partecipanti venuti da tutta Italia, sono curiose, attente e motivate. Persone che crediamo abbiano le potenzialità per diventare iniziatori di una bella e generativa comunità di ricerca e di lavoro. Prioritalia, insieme agli altri organizzatori e ai partner della Scuola, è già al lavoro per alimentare la crescita di questa comunità. Siamo orgogliosi di poterlo fare con i docenti e con i partner che hanno supportato questa prima edizione – l’Istituto Luigi Gatti di Confartigianato, Manageritalia, il Fasdac, Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria, l’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti – con cui auspichiamo di proseguire il percorso avviato. 


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Management

HORROR LEADERSHIP Quando i manager rovinano il clima interno in azienda. Consigli per invertire la rotta

Anna Fonseca psicologa e trainer

S

EMPRE più spesso si parla di leadership, di intelligenza emotiva, di grandi personaggi da modellare. Sul web le teorie sulla leadership investono i nostri display digitali con corsi di formazione, workshop e chi più ne ha più ne metta! Mi domando spesso: ma poi c’è qualcuno che mette in pratica tutta questa roba? Lungi da me l’idea di generalizzare, ma nella mia umile e circoscritta esperienza incontro diverse realtà aziendali, e francamente non mi pare che ci sia tutta questa “leadership” in giro.

Dalla receptionist ai manager: le organizzazioni senza sorriso Talvolta basta mettere un solo piede in un’azienda che già alla reception ci si rende conto di dove si è capitati. La receptionist, che dovrebbe rappresentare il biglietto da visita di un’azienda, 9 volte su 10 non sorride, è frettolosa, chiede i riferimenti e poi si dimentica totalmente dell’ospite, mettendosi a sbrigare le proprie faccende. Allora sorgono spontanee alcune

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domande: ma chi è il suo capo? come può un responsabile non accorgersi di un tale atteggiamento? Ma certo che non può – come potrebbe? – lui stesso ha contribuito a generarlo! Quando le persone lavorano in un ambiente positivo, in un clima aziendale basato sulla riconoscenza, sulla reciproca comprensione, sulla disponibilità, sulla crescita e sulla cooperazione, l’atmosfera aziendale è percepibile fin dai primi contatti, inclusa la reception di un’azienda. Sarà dunque possibile incontrare una receptionist che ti accoglie con un sorriso, con parole di empatia e con sguardi amichevoli. Il sorriso, in particolare, più di ogni comportamento umano incarna l’identità aziendale. Ho in-


fatti constatato che quanto più circolano in un’azienda persone sorridenti, tanto più è presente una buona leadership ai piani alti.

Perché faccio quello che faccio? Ho menzionato la cooperazione e NON la collaborazione. Cooperare è un verbo che deriva dal latino e nasce dalla fusione di insieme e opera, significa quindi operare insieme, contribuire a ottenere un fine. Anche il verbo collaborare deriva dal latino, ma ha un’accezione più astratta, composto dalla locuzione CUM-Laborare, lavorare insieme, soprattutto nell’ambito giornalistico/letterario scientifico, collaborare insieme ad altri. Dunque nelle aziende si dovrebbe

più che altro cooperare, agire insieme per contribuire a un fine condiviso. Giustappunto, un fine condiviso = diviso con. Con chi? Con i propri collaboratori. Un vero leader dovrebbe saperlo che fornire un significato a ciò che si fa conferisce una grande carica motivazionale. Significa rispondere alla domanda: “Perché faccio quello che faccio tutti i giorni?”.

Killer routine È noto che l’essere umano tende a un adattamento edonico, tutti noi ricerchiamo freneticamente in cose materiali la felicità, ma nel nostro dna è contenuta una sorta di informazione che induce ad adattarci alle condizioni più piacevoli. Capita molto spesso che all’inizio di una carriera lavorativa, in una

nuova realtà aziendale, ci si senta carichi, motivati e soddisfatti della propria scelta professionale. Ma con il tempo anche la migliore delle organizzazioni finisce per diventare la solita routine. Figuriamoci quando la realtà aziendale non è delle migliori. Le parole

Quando le persone lavorano in un clima aziendale positivo, basato sulla riconoscenza, la reciproca comprensione, la disponibilità, la crescita e la cooperazione, l’atmosfera aziendale è percepibile fin dai primi contatti, inclusa la reception

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Management fecondano il cervello e chi mi legge da un po’ conosce bene questa indicazione. Quali parole circolano all’interno delle aziende? Sei sicuro di utilizzare le parole giuste che vanno nella direzione della leadership? Prima di addentrarci nelle parole anti-leadership, cominciamo a definire cosa sia la leadership.

Dalla teoria alla pratica Il termine leadership deriva dall’inglese to lead, che significa dirigere, guidare. Il vocabolo leadership ha dunque il significato di conduzione, guida, direzione e il termine leader dovrebbe avere l’accezione di conducente, condottiero, direttore, colui che dà la direzione. Negli anni si sono susseguite diverse teorie sulla leadership, dalla teoria dei tratti (Stodgill, 1948; Weber, 1946), improntata sulla ricerca di tratti di personalità che definiscono un vero leader (detta anche teoria del grande uomo) alla teoria situazionale di Hersey e Blanchard (1969), che definiscono la leadership legata più allo stile del leader e il livello di maturità lavorativa e psicologica dei collaboratori. Dalla teoria della leadership trasformazionale (Burns, 1978), che mira ad aumentare la consapevolezza dei collaboratori con il fine di salvaguardare il benessere dell’organizzazione, alla teoria della leadership transazionale (Burns, 1978), che si focalizza

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sulla relazione del leader e i suoi collaboratori, con la finalità di rendere queste interazioni gratificanti e orientate al vantaggio organizzativo e individuale. Queste sono solo le principali teorie sulla leadership, ma oggi il tema è più che attuale e, come ho anticipato, sia il web sia la letteratura su questo argomento sono sempre molto in fermento. Ma non è la teoria che manca, è proprio la pratica.

Quando conta solo il fatturato Torniamo al viaggio virtuale all’interno di un’azienda sufficientemente strutturata. Ho già illustrato la vignetta di ciò che potrebbe accadere alla reception di un’azienda. Analizziamo gli elementi di una buona accoglienza, a mo’ di check list: il “buongiorno!” dovrebbe essere pronunciato come una vera stretta di mano verbale.

Con un sorriso, con il contatto oculare e infine con un ascolto empatico. Ma ahimè, capita spesso che tutta la filiera dei ruoli aziendali si dimentichi l’importanza di questi comportamenti umani, così semplici ma capaci di generare emozioni positive e predisponenti verso qualsiasi interlocutore. Nelle aziende in cui domina la parola d’ordine “fatturato”, solitamente i manager riflettono questa apprensione anche nella comunicazione, dove tutti gli elementi empatici sono ritenuti dei fronzoli che non producono reddito. Allora sarà frequente in tali aziende incontrare manager che salutano frettolosamente, si siedono senza aspettare che l’ospite si accomodi, non sorridono neanche se li paghi e guardano il cellulare ogni tre secondi, come se fossero in attesa del comando di azionamento missili anti-satellitare.


Meeting da incubo Talvolta il manager “revenue style”, per spiegare anche il più banale dei concetti, prende un foglio di carta e comincia a disegnare diagrammi, a scrivere parole chiave e sigle strane, senza cercare il contatto oculare con chi ha di fronte, che invece è così importante per poter capire l’avvenuta comprensione dell’interlocutore. Le parole che accompagnano questo genere di meeting ovviamente sono in linea con questo revenue style: “La nostra azienda è l’unica ad avere tempi di risposta di 4,3 secondi in meno rispetto alle altre, siamo i primi ad avere individuato il dragone foglia digitale (ovviamente non esiste!) in formato dispari, perché quello pari lo avevano già scoperto (tutto inventato da me, naturalmente!), e così via, un lungo e lento sciorinamento di primati singolari, di cui davvero, talvolta, si rimane basiti davanti cotanta singolarità.

Quando l’azienda è la sola e ingombrante protagonista Le parole che accompagnano questi meeting sono sterili, ben lontane dal concetto di cooperazione, ma ricche di aggettivi, del pronome “io” o “noi” (inteso la loro azienda), oppositive, come “sfruttiamo, approfittiamo” – mal di pancia dei clienti – e altre ancora. Una comunicazione che, più che tendere verso la cooperazione, va

nella direzione della manipolazione, creando promesse illusorie, che si esprimono con parole quali risparmi (come no! e l’azienda ci rimette!), vantaggi (per l’azienda di sicuro!), prestazioni elevate (rispetto a cosa?), saldi esclusivi (dichiarati a milioni di utenti!) ecc. La questione è che questo linguaggio è utilizzato anche nei confronti dei collaboratori. Il manager di oggi è un commerciante digitale, deve vendere le sue idee ai suoi collaboratori/superiori o stakeholder, comprare la collaborazione dei propri collaboratori, minimizzare le perdite e massimizzare i guadagni in qualsiasi attività lo riguardi, compresa la comunicazione. In questo modo si perde di autenticità di empatia.

Il manager “revenue style” Il manager di oggi, “revenue style” e commerciante digitale, si esprime con i propri collaboratori facendo loro continui richiami al fatturato. Anche quando le cose vanno bene, si esprime dicendo “questo mese non è andato male, però dobbiamo fare di più!”, oppure “non ci siamo ragazzi, dobbiamo spingere di più”, “dobbiamo fare push, cross selling, over selling”: vendere, vendere, fatturare, fatturare. Conosco manager che evitano di restare vicino alla macchinetta del caffè in presenza dei loro responsabili, perché altrimenti parte immediatamente l’inquisizione: “Ma poi con quel

cliente hai chiuso?”, “Hai sentito Pincopallo per la chiusura del quarter?”. Davvero non c’è tregua! I manager di oggi sono stressatissimi. Dov’è la leadership in tutto questo?

La solitudine dei numeri primi e la cooperazione Possiamo frequentare tutti i corsi di formazione e partecipare ai migliori eventi sulla leadership, ma

I numeri primi sono separati da un solo numero pari, sono quindi vicini, ma mai abbastanza per toccarsi davvero, proprio come le persone che lavorano in una stessa azienda: vicine, ma mai abbastanza per creare una vera cooperazione

fino a quando saranno i numeri a definire il valore di un’azienda e delle persone, non ci sarà mai spazio per la cooperazione, saremo tutti dei numeri primi, così come nel romanzo La solitudine dei numeri primi: i numeri primi sono separati da un solo numero pari, sono quindi vicini, ma mai abbastanza per toccarsi davvero, proprio come le persone che lavorano in una stessa azienda, vicine, ma mai abbastanza per creare una vera cooperazione. 

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Uno di noi

MANAGER DELLA LOGISTICA ALL’ESTERO Paola Floris, vice president e country general manager di una multinazionale leader globale delle soluzioni di supply chain, ci offre il suo punto di vista sull’importanza di guardare all’estero, su come gestire il cambiamento e le qualità irrinunciabili che deve avere un manager del suo settore. Floris è associata a Manageritalia Lombardia.

Paola Floris è VP and country general manager CHEP Canada

Enrico Pedretti

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Cosa vuol dire oggi essere leader in Canada di una multinazionale della logistica? «Come in ogni azienda e Paese, essere leader significa saper gestire il continuo cambiamento e scegliere i collaboratori giusti, che hanno le capacità di compiere scelte in modo rapido ed efficace. Ciò significa eliminare la routine e mettere in discussione i paradigmi tradizionali, saper rovesciare la classica frase “abbiamo sempre fatto così”».

aziende hanno tipicamente tre obiettivi oggi, la riduzione dei costi operativi, la gestione efficiente delle scorte e il miglioramento del livello di servizio e lo possono fare ottimizzando la logistica in maniera intelligente, anche tramite il digitale. È per questo che la “digital dexterity”, ossia la capacità di adattarsi a nuove tecnologie in tempi brevi, dovrà essere una componente irrinunciabile in qualsiasi manager in ambito supply chain».

Come vede il futuro della supply chain in un settore che cambia alla velocità della luce ed è in piena digitalizzazione? «Il futuro è una supply chain connessa e digitale, una logistica che fornisca soluzioni che riescano a risolvere le sfide dei clienti. Le

Quale il contributo dei manager per essere vincenti sul nostro mercato? In un contesto caratterizzato dalla complessità, uno dei compiti del manager è costruire connessioni. Connessioni tra l’organizzazione e il mercato e i clienti, tra presente e


MANAGERITALIA LOMBARDIA

futuro, tra mondo reale e mondo digitale, tra culture e mondi differenti e tra generazioni di lavoratori differenti e spesso difficili da interpretare». Cosa fare per continuare a crescere professionalmente? «In passato le conoscenze acquisite sui banchi di scuola e all’università venivano utilizzate tutta la vita. Ora questo non basta più. Si deve continuare a essere curiosi e a voler investire incessantemente in conoscenze e competenze che permettano di interpretare il futuro ed essere competitivi. Manageritalia è fondamentale per chi ha la fortuna di risiedere nel nostro Paese, in quanto offre tramite Cfmt una formazione di alto livello grazie alla quale confrontarsi con altri manager e apprendere nuove skills». Bisogna guardare anche all’estero? «Bisogna guardare ovunque e quindi anche all’estero. Percorsi di carriera dove si resta nello stesso ruolo e nella stessa azienda per tutta la vita non sono più la norma. Occorre grande flessibilità e grande spirito di adattamento sapendo che si sta arricchendo la propria vita di nuove esperienze professionali e personali». Cosa significa prendere armi e bagagli e andare a lavorare in pianta stabile all’estero e in particolare in Canada? «Non è facile, ma apre la mente a

nuove idee e prospettive. Significa imparare a gestire la solitudine di alcuni momenti, lasciare le certezze di un mondo che si conosce e affrontare una cultura totalmente differente dalla nostra. Tutti cresciamo continuamente, ma un’esperienza all’estero è come un acceleratore e io come leader sono cresciuta enormemente in questi tre anni oltreoceano». Che ambiente professionale c’è in Canada, anche a livello manageriale, e come sfruttarlo? «In Canada, come in Italia, è molto importante relazionarsi con le altre persone. Le opportunità di networking professionale sono notevoli e sono un ottimo terreno per continuare a crescere e confrontarsi con gli altri. A differenza del nostro Paese, in Canada si ha l’opportunità di entrare in contatto con moltissime culture e nazionalità differenti in un clima inclusivo dove la diversità è un valore. Il Canada ha un modello di leadership pragmatico, razionale, veloce e ottimista, orientato alle decisioni e all’azione. Riunioni brevi ma efficienti dove però il contatto umano e la relazione hanno la stessa importanza che troviamo da noi. Il manager italiano ha delle capacità quasi innate di adattamento e di gestione dell’ambiguità e complessità molto apprezzate anche qui». Quali i modi per fare networking con vantaggi per sé e l’azienda?

L’associazione in numeri Dirigenti 11.242 Quadri 536 Executive professional 2.590 Pensionati 5.654 TOTALE 20.022 Maschi 15.845 Femmine 4.177 dati di settembre 2019

«Esistono diversi modi per costruire un networking efficace, la regola è quella di uscire dalle mura dell’azienda e dedicare tempo a ciò che ci porta in relazione con il mondo, soprattutto con l’obiettivo di aiutare gli altri e non solo se stessi. Mettere in contatto persone che possono avere cose in comune è la forma più potente di networking, ricordandoci sempre che è un processo di lungo periodo e quindi è bene non aspettarsi risultati immediati». Lei è associata a Manageritalia Lombardia pur essendo all’estero: che rapporto e quali vantaggi ha? Manageritalia è per me un’associazione molto importante in quanto mette a disposizione servizi di consulenza fiscale e legale preziosi, anche per una persona come me che vive all’estero ma che ha un lungo passato in Italia. Devo però confessare che dall’altra parte del mondo sento molto la mancanza dei corsi del Cfmt, dopo i quali tornavo in azienda ricaricata e con mille stimoli nuovi!». 

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INIZIATIVE MANAGERITALIA

L’appuntamento sportivo di Manageritalia torna a Madonna di Campiglio. Dall’8 al 15 marzo saremo ospiti del TH Madonna di Campiglio Golf Hotel, Località Campo Carlo Magno

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opo il successo dell’ultima edizione, si rinnova l’appuntamento con la tradizionale settimana bianca associata alla Coppa di sci Manageritalia. Si svolgerà, proprio come 40 anni fa, a Madonna di Campiglio. La prestigiosa località trentina, a 1.550 metri di altitudine, offre 150 chilometri di piste per sciare, senza contare lo snowpark per gli amanti dello snowboard e del freestyle.

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Hotel Il TH Madonna di Campiglio Golf è una residenza storica ricca di charme situata in Località Campo Carlo Magno. Da antico chalet, oggi l’hotel offre un moderno centro benessere dotato di sauna, bagno turco, doccia tropicale, piscina riscaldata con getti idromassaggio, percorso kneipp, l’ideale insomma per recuperare le energie e rilassarsi a fine giornata. A pochi metri dall’ingresso partono gli

impianti di risalita, mentre per gli amanti di sci di fondo un panoramico anello si snoda all’interno del parco dell’hotel.

Per maggiori informazioni www.manageritalia.it oppure 02 29516028


La quota di partecipazione si riferisce solo al soggiorno in pensione completa in camera Standard, bevande ai pasti incluse. Gli skipass dovranno essere acquistati dagli interessati direttamente presso gli impianti di risalita. Possibilità di camere Executive (monovano e bivano) e Deluxe su richiesta.

QUOTA DI PARTECIPAZIONE

ADULTI* in doppia uso singola in doppia, tripla e quadrupla

Quota e 1.050 e 700

* terzo e quarto letto adulti

e 490

BAMBINI (in camera con due adulti) da 3 a 15 anni non compiuti

z 350

BAMBINI (in camera con un adulto) Primo bambino da 3 a 15 anni non compiuti

z 350

Secondo bambino da 3 a 15 anni non compiuti

e 210

Bambini da 0 a 3 anni non compiuti free. Per loro Flinky card gratuita che comprende culla, seggiolone, latte fresco e pappe. Le camere saranno consegnate entro le ore 17 del giorno di arrivo (primo pasto in entrata: cena) e dovranno essere lasciate entro le ore 10 del giorno di partenza (ultimo pasto in uscita: pranzo). Pranzo extra: € 35; cena extra € 40. Le quote si intendono a persona e sono da pagare in loco.

LA QUOTA COMPRENDE

Sette notti con trattamento pensione completa, bevande ai pasti, sistemazione in camere con servizi privati, TH Land (3-10 anni) a orari prestabiliti, Teeny e junior (11-17 anni, no assistenza), servizio navetta da/per Madonna di Campiglio a orari stabiliti, wifi, ingresso spazi spa&benessere per maggiori di 16 anni, parcheggio scoperto non custodito.

LA QUOTA NON INCLUDE

Extra in genere, scuola di sci, teli per spa e/o piscina, tassa di soggiorno.

PENALI PER ANNULLAMENTI

Fino al 30° giorno prima della partenza 20% della quota; dal 29° al 16° giorno, 30%; oltre il 15° giorno, 100%.

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INFORMAZIONI UTILI TH MADONNA DI CAMPIGLIO GOLF HOTEL Via Cima Tosa, 3 - Località Campo Carlo Magno 38086 Madonna di Campiglio (Tn) www.th-resorts.com/golf-hotel-campiglio Animali: ammessi cani di piccola taglia (su richiesta e salvo disponibilità) con supplemento di € 20 a notte. COME ARRIVARE In auto: autostrada A22 Brennero, uscita Trento Nord, SP235, SS43 direzione Cles, continuare sulla SS42 fino a Dimaro quindi SS239. In treno: stazione F.S. di Trento. In pullman: un servizio di pullman di linea collega Milano con Madonna di Campiglio, con partenza dal terminal di Lampugnano.

MODALITÀ DI PRENOTAZIONE E VERSAMENTO DELLA QUOTA DI PARTECIPAZIONE La prenotazione deve essere effettuata entro e non oltre il

7 febbraio

online al link http://bit.ly/schedasci2020

Oppure è possibile inviare la scheda qui a fianco, scaricabile anche dal portale di Manageritalia (Manageritalia > chi siamo > sport e tempo libero > coppa di sci), tramite email a amministrazione. servizi@manageritalia.it o via fax allo 02 29516093. Manageritalia Servizi provvederà a comunicare all’associato la conferma della prenotazione o, nel caso fossero già esaurite le camere, dell’inserimento del nominativo nella lista d’attesa. Entro massimo 5 giorni dalla conferma dovrà avvenire il pagamento della quota con bonifico bancario in un’unica soluzione intestato a HOTELTURIST SPA, presso: Intesa San Paolo spa, Padova ag. 2 Iban – IT90A0306912171100000001809 Causale: GRP MANAGERITALIA 8/3/2020 – GOLF – REF 208432 Copia del bonifico completa di cro deve essere inviata a Manageritalia Servizi per email a amministrazione.servizi@ manageritalia.it o via fax allo 02 29516093.

REGOLAMENTO COPPA DI SCI Gara in programma: slalom gigante in due manche (sabato 14 marzo). Quota di partecipazione alla sola gara per chi non soggiorna: € 25 da pagare in loco. Partecipanti: possono gareggiare gli iscritti a Manageritalia, i loro familiari e ospiti, tesserati Fisi e non. Eventuali tesserati Fisi dovranno comunicare all’atto dell’iscrizione il punteggio e la categoria di appartenenza. Responsabilità: nessuna responsabilità verrà assunta per quanto possa accadere a concorrenti o a terzi durante allenamenti o gare.

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scheda di prenotazione

Invia la tua prenotazione online http://bit.ly/schedasci2020

SCHEDA DI PRENOTAZIONE 40a COPPA DI SCI MANAGERITALIA - 8/15 marzo TH Madonna di Campiglio Golf Hotel - Madonna di Campiglio (Tn) Da ritagliare e inviare a:

MANAGERITALIA SERVIZI

VIA STOPPANI 6 • 20129 MILANO • TEL. 0229516028 • FAX 0229516093 EMAIL amministrazione.servizi@manageritalia.it

Cognome.............................................................................. Nome

.................................................. Associazione ....................................................

Via .......................................................................................................................................................... Città Tel.

....................................................................

........................................................................ Cell. ...................................................................... Email ..................................................................

PRENOTO PER ME STESSO 1. .......................................................................................................................... data di nascita ........................................ codice fiscale*

partecipo alla gara Richiesta di emissione fattura da parte dell’Hotel sì

no

indicare i dati fiscali se diversi da quelli sopra riportati

ragione sociale..............................................................................

P. Iva

E/O PER LE SEGUENTI PERSONE 2.

.......................................................................................................................... data di nascita ........................................ Associato/Associazione............................................

codice fiscale*

familiare

3.

ospite

partecipa alla gara

.......................................................................................................................... data di nascita ........................................ Associato/Associazione ............................................

codice fiscale*

familiare

4.

ospite

partecipa alla gara

.......................................................................................................................... data di nascita ........................................ Associato/Associazione.............................................

codice fiscale*

familiare

PRENOTO:

ospite

CAMERA

partecipa alla gara

doppia uso singola n.

ANIMALI DI PICCOLA TAGLIA

doppia n.

tripla n.

quadrupla n.

(€ 20 a notte da pagare in loco)

Mi impegno a pagare la quota di .................................... con bonifico bancario in unica soluzione appena avuta conferma della mia prenotazione da parte di Manageritalia Servizi I dati personali raccolti con la presente scheda di adesione verranno utilizzati da Manageritalia e Manageritalia Servizi esclusivamente ai fini della gestione dell’evento denominato “40a Coppa di Sci”. In occasione di tale evento, al fine di gestirne l’organizzazione, i dati saranno trasmessi a soggetti terzi coinvolti nell’organizzazione stessa e solo per tale finalità quali l’hotel e la compagnia assicuratrice. La base giuridica di questo trattamento è il legittimo interesse alla corretta organizzazione dell’evento e alla tutela dei partecipanti. I dati saranno conservati per cinque anni. Ho preso visione dell’Informazione sul trattamento dei dati personali Durante l’intera settimana verranno effettuati foto e video per fini divulgativi sulle attività di Manageritalia. Base giuridica del trattamento il legittimo interesse alla documentazione delle attività dell’associazione e alla condivisione con gli iscritti.

* Codice fiscale richiesto ai fini assicurativi

Firma

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PILLOLE DI BENESSERE

benessere

Alessandra Ricchizzi beauty therapist

MANUAL LIFTING: IL BISTURI PUÒ ATTENDERE

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Per ottenere un viso levigato la chirurgia estetica può essere tranquillamente evitata. Ci sono tecniche naturali molto efficaci senza effetti collaterali. A rendersene conto sono sempre più attrici e personaggi pubblici preoccupati degli effetti, non di rado deleteri per la loro carriera, di botox e interventi invasivi. Invecchiando la pelle perde elasticità, il grasso del viso si assottiglia e le guance si scavano: il viso allora assume quell’aria cadente che ogni cosmetico che si rispetti promette di combattere. Ma aumentando il volume della muscolatura che sta sotto lo strato di grasso la pelle può ritrovare un sostegno e la forma del viso ritornare più piena, nonostante l’età e la forza di gravità.

Cos’è L’alternativa al bisturi è dunque il manual lifting, ossia un massaggio del viso particolarmente profondo in gra-

do di rendere più giovani di dieci anni. Il trattamento condensa in una sola seduta una serie di tecniche che assicurano un effetto levigato per almeno tre settimane. L’obiettivo di questo trattamento non è solo quello di spianare le rughe ma di dare vitalità ai muscoli del volto stimolandoli in modo diverso e innovativo, ovvero dall’interno della bocca. Il manual lifting ha la durata di un’ora ed è un vero e proprio workout per la pelle che tonifica la muscolatura interna ed esterna del viso risollevando gli zigomi. Il massaggio è coadiuvato da un beauty roller che ha la forma di due pollici e lavora in profondità sulla muscolatura, contribuendo a drenare i tessuti e a tonificare. Il trattamento si conclude con il massaggio posturale mandibolare all’interno della cavità orale che risolleva immediatamente l’ovale e rimette in asse eventuali asimmetrie.

Allenati a restare giovane Il manual lifting è l’espressione più interessante della cosiddetta face gym, la ginnastica facciale, che come tutti gli allenamenti richiede cura e costanza. Tra le appassionate di questo approccio alla bellezza del viso ci sono Chiara Ferragni, la duchessa del Sussex Meghan e Jennifer Aniston. L’efficacia della ginnastica facciale è stata anche approfondita di recente in uno studio pubblicato sulla rivista americana Jama dermatology. I risultati dimostrano che queste tecniche sono sicure, naturali e scientificamente efficaci per ridurre i segni dell’invecchiamento della pelle. Non da ultimo, hanno il vantaggio di avere un costo molto contenuto.


ARTE Claudia Corti

C Marianne Brandt, infusore per il tè, 1924

Joseph Albers, tavolini a incastro, 1926

Mies Van der Rohe, poltrona, 1929

Peter Keller, culla, 1923

100 ANNI E NON SENTIRLI

arte

Il Bauhaus e la nascita del design industriale

Che cosa hanno in comune una teiera, una poltrona, un set di tavoli a incastro e una culla? La teiera ha un corpo in argento e una maniglia in ebano a forma di lettera “D” girata verso l’alto per versare più facilmente l’infuso; la poltrona è costruita su un unico elemento tubolare in acciaio piegato in modo da consentire di reggere il peso solo su due gambe; i tavolini a incastro, ognuno di colore diverso dall’altro, sono realizzati in rovere e vetro acrilico laccato, mentre la culla, in legno, propone i moduli geometrici del triangolo, del rettangolo e del cerchio decorati con i colori primari. Materiali, forme, colori diversi, ma un tratto comune: ognuno di questi oggetti è nato dalla mente creativa di uno studente, o di un insegnante, del Bauhaus, la più nota e influente accademia di design mai esistita al mondo. La storia del Bauhaus inizia a Weimar esattamente 100 anni fa, nel 1919, in una Germania uscita sconfitta dalla guerra in cui è forte il desiderio di ripresa attraverso un imponente processo di industrializzazione. Fondatore della scuola è Walter Gropius, architetto profondamente convinto che nell’era moderna ognuno, a prescindere dallo strato sociale di appartenenza, abbia diritto al “vivere felice”, circondato da oggetti che siano funzionali, ma anche belli, spo-

gliati di ogni elemento superfluo e realizzati con i materiali innovativi dell’industria. Da questo principio nasce una scuola in cui, per la prima volta, si fondono arte, artigianato e tecnologia; un’accademia in cui insegnanti e studenti sono coinvolti insieme nella progettazione, fondata sul criterio della creatività, da stimolare con ogni sollecitazione. Proprio l’organizzazione della didattica, improntata all’interdisciplinarietà, svolge un ruolo determinante: artisti del calibro di Kandinskij, Klee e Mondrian non tengono solo corsi di pittura, ma di falegnameria, decorazione del vetro, grafica pubblicitaria e persino tipografia. Naturalmente tutto questo avrà un’influenza enorme anche sul loro modo di lavorare! Non solo una scuola, ma un luogo vivo in cui progettare architettura, come le case-modello, in cui spazi funzionali e razionali sono arredati con mobili dalle superfici lisce per essere pulite con più facilità, e le camere dei bambini sono organizzate per essere vissute, con addirittura pareti su cui si può disegnare e scrivere. Il Bauhaus ha vita breve, solo 14 anni prima della chiusura perché “istituzione produttrice di arte degenerata”; ma per nostra fortuna la creatività non si arresta, e ancora oggi l’eco delle idee del Bauhaus continua a farsi sentire.

CURIOSITÀ Una delle teiere realizzate dalla studentessa Marianne Brandt nel 1924 è stata battuta all’asta recentemente da Sotheby’s per ben 361.000 dollari, prova che la bellezza non ha età.

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LIBRI Davide Mura

L’arte dei furti Da Caravaggio a Picasso, da de Chirico a Munch, da Renoir a Klimt, fino alle statue della classicità: non si contano gli episodi di omicidi, furti, razzie, corruzioni, contrabbandi, soprusi, roghi, devastazioni, confische che hanno contraddistinto la vita di molti capolavori. Il critico d’arte Luca Nannipieri illustra i casi più clamorosi di furti di opere di artisti celebri, affrontando anche i traumi storici di saccheggi e spoliazioni coloniali e imperialiste. Capolavori rubati, Luca Nannipieri, Skira, pagg. 192,  15.

Yoga: tutta salute La fisiologia e l’anatomia degli asana e i loro benefici sul nostro stato psicofisico sono al centro della scienza dello yoga, di cui Ann Swanson è un’autorevole esperta. Il testo che firma è ricco di illustrazioni e mostra che cosa succede al nostro corpo durante la pratica: le angolazioni, la circolazione sanguigna, la respirazione, quali muscoli lavorano maggiormente, qual è la posizione più corretta e molto altro. Scienza dello yoga, Ann Swanson, Gribaudo, pagg. 224,  19,90.

Imprese, prendete una posizione

libri

Perché le imprese non possono più restare politicamente neutrali. È il sottotitolo del libro di Vittorio Cino e Andrea Fontana. Un sottotitolo che è anche un assunto. I due autori ritengono, infatti, che oggi le aziende debbano schierarsi, prendere una posizione di fronte ai grandi temi della società. Si pensi, per esempio, ai flussi migratori, alla questione dell’eguaglianza di genere o, ancora, al cambiamento climatico. Che cosa c’entra – ci si può domandare – un’azienda che vende abiti o soft drink con la politica sull’immigrazione di Trump? C’entra – rispondono Cino e Fontana – poiché i consumatori vogliono sapere quali sono le linee guida che orientano le società. Vogliono sapere quali sono i loro valori. Il motivo è semplice: è (anche) in base a tali valori che decidono di acquistare un certo brand o un certo prodotto. Il mondo del business del XXI secolo non può, dunque, rifuggire dalla politica (intesa nella sua accezione più ampia), né rimanere politicamente neutrale. Certo, ciò comporta, per le imprese, un impegno non indifferente. Occorre, prima di tutto, la capacità di leggere la realtà e individuare, di volta in volta, i temi “caldi”. Quindi è necessario elaborare una strategia di “risposta” che sia coerente con il posizionamento del brand. Infine – ma non ultimo – è importante monitorare i feed back dei clienti (attuali e potenziali), la loro percezione delle iniziative di corporate diplomacy intraprese. Tutte attività che sottendono investimenti ingenti (in termini di risorse economiche, tempo, persone). E, soprattutto, implicano un pensiero articolato e approfondito. In un periodo, come quello attuale, in cui la gran parte delle aziende punta al risparmio e si muove in base a un approccio prettamente tattico, non pare così semplice… Anna Zinola Corporate diplomacy, Vittorio Cino, Andrea Fontana, Egea, pagg. 128,  16.

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LETTURE per MANAGER

...permanager

Marco Lucarelli

COME NAVIGARE NEL MONDO DEL LAVORO “LIQUIDO” Che del domani non ci sia più certezza l’abbiamo capito. Ci hanno spiegato che i mercati sono turbolenti, che non esistono più le risorse umane a guidarci nei nostri percorsi di carriera e che dovremo cambiare lavoro più volte nella nostra vita. In più, per chi ricopre posizioni manageriali e deve prendere decisioni, l’avvento dei big data ha sicuramente fornito maggiori informazioni per decidere, ma di fatto ha ampliato anche la gamma delle scelte possibili. Quindi, se una volta i manager erano abituati a decidere sulla base di cicli di budget e piani di produzione, ora la questione si fa più complessa a causa della realtà in cui viviamo e lavoriamo. Difficile decidere. Il rischio è di non fare nulla, oppure puntare ai soli risultati di breve periodo. I manager entrano così nella loro zona di comfort, rimangono all’interno di quello che già conoscono e continuano a “fare quello che è sempre stato fatto”. È in questo momento che le aziende cadono, dai loro traguardi raggiunti e dai loro fatturati, senza accorgersene e capire perché. Le aziende cadono perché sono diventate “liquide”, così come sono diventate “liquide” le persone che ci lavorano, come ci racconta questo libro, Lavorare nell’azienda liquida utilizzando l’apofenia: La capacità di riconoscere le connessioni nelle situazioni complesse di Massimo Bornengo, Ezio Civitareale e Gianpiero Tufilli (Franco Angeli editore, 2019). Il concetto di “società liquida” deriva dal pensiero del sociologo polacco Zygmunt Bauman e indica la condizione dei tempi moderni dove strutture, ruoli, gerarchie e certezze solidificate nel tempo tendono,

appunto, a liquefarsi. Certezze e conoscenze che si sciolgono e diventano come l’acqua che scorre adattandosi alle forme che incontra durante il suo cammino. Allo stesso modo le imprese e le persone che ci lavorano dentro, dovendosi adattare a questo mutato contesto, devono diventare anch’esse liquide e abbracciare un approccio “apofenico”, come ci spiega questo libro. Rendiamola semplice, per apofenia si intende la capacità di cogliere piccoli segnali e trame di un mondo di dati complesso, anche apparentemente non legati tra loro. Rendiamola ancora più semplice, avete presente quando guardate le nuvole in cielo e durante il loro movimento vi sembra che assumano la forma di cose, animali o persone? Dura solo un attimo perché subito dopo la stessa forma è già dissolta oppure diventata qualcos’altro. Questa esperienza comune descrive bene la capacità degli individui di immaginare trame finite, percorsi possibili sulla base di indizi anche minimi. Se ci pensate, tutto questo assume un’importanza strategica nell’era dei big data. L’enorme mole di informazioni a disposizione delle aziende, di chi si occupa di marketing o deve prendere decisioni strategiche, necessita di persone capaci di cogliere appunto le trame possibili. La sfida è individuare fili conduttori nell’oceano di dati apparentemente slegati tra loro. Questa è la conferma di come, al di là di tutte le possibili automazioni e robot destinati a sostituire il lavoro umano, la conoscenza rimarrà sempre e solo umana.

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LETTERE Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it

Il contratto a termine per sostituzione del lavoratore

lettere

Mi è stato proposto un contratto a tempo determinato di 12 mesi, prorogabile, per sostituire un lavoratore in congedo speciale per assistere un familiare disabile. Non assumerò le funzioni e il ruolo del lavoratore in congedo, compito assegnato a un altro dipendente dell’azienda. La mia assunzione servirebbe appunto a compensare tale spostamento di personale interno. È regolare tutto ciò? Quali altre informazioni è necessario conoscere prima di sottoscrivere un contratto simile? R.G. - Roma

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Ad esclusione dei rapporti di lavoro inferiori a 12 giorni, il contratto a tempo determinato stipulato per sostituire altri lavoratori deve essere sempre redatto per iscritto e deve contenere l’esplicita indicazione del termine. Inoltre, se il contratto dura più di 12 mesi, anche per effetto di proroga o rinnovo, a seguito delle modifiche introdotte con il decreto 87/2018 (cosiddetto decreto dignità), va sempre inserita una causale. Il decreto dignità ha stabilito infatti un doppio limite: la durata massima del contratto a termine (24 mesi) e la causale (sempre necessaria oltre i 12 mesi di durata). I lavoratori con contratto a termine per ragioni sostitutive non vengono considerati ai fini del raggiungimento del limite massimo di lavoratori che possono essere assunti con tale tipologia di contratto (20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio, salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva). Inoltre tale contratto non è soggetto al contributo addizionale dell’1,4% a carico del datore di lavoro, né quindi all’incremento dello 0,5% in occasione dell’eventuale rinnovo. Nel contratto di assunzione, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, è possibile omettere

l’indicazione del lavoratore sostituito, ma le ragioni sostitutive devono comunque essere specificate al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Ciò può avvenire “nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non sia riferita a una singola persona, ma a una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta. In tal caso l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti (da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse) risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente” (Cassazione, sentenza 5311/2017). Inoltre, sempre secondo la giurisprudenza consolidata (da ultimo Cassazione, sentenza 23352/2018), “il lavoratore assunto a termine per ragioni sostitutive di lavoratore assente non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni o allo stesso posto del lavoratore assente, atteso che la sostituzione ipotizzata dalla norma va intesa nel senso più confacente alle esigenze dell’impresa; pertanto non può essere disconosciuta all’imprenditore – nell’esercizio del potere di autorganizzazione – la facoltà di disporre (in conseguenza dell’assenza di un dipendente) l’utilizzo del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena, sempre che vi sia una correlazione tra assenza e assunzione a termine, nel senso che la seconda deve essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell’azienda per effetto della prima”.


Inserto mensile di Dirigente n. 10 / 2019

a cura di Thomas Bialas

DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #58 02/ BYE BYE VENDING MACHINE 04/ ALEXA, TROVAMI UN ALTRO LAVORO 06/ L’INTELLIGENZA PROVVISORIA

New work needs new pay Logica conseguenza del nuovo mantra Il termine New work, che passa per roba nuovissima, è stato in realtà coniato parecchio tempo fa, negli anni 80, dal filosofo austro-americano Frithjof Bergmann per contrapporre all’obsoleto mondo del lavoro di stampo fordista una nuova realtà lavorativa fatta di creatività, collaborazione, condivisione, autogestione e autorealizzazione. Con l’avvento dell’economia digitale il termine è diventato il nuovo mantra (o hype per i critici) dell’organizzazione aziendale con anche qualche eccesso di

self management non sempre all’altezza. Va da sé che il “nuovo lavoro” pretenda anche nuovi compensi, stabiliti con modelli retributivi completamente nuovi, giusto? Per esempio contrattazioni trasparenti, compensi decisi con coinvolgimento diretto dei dipendenti e collaboratori (stile assemblea di condominio), formule retributive basate su reali esigenze (esempio single o famiglia) o addirittura autodeterminate. Tutto molto bello ma intanto il nuovo che avanza è il vecchio sfruttamento che ritorna.

SAVE THE DATE: INTELLIGENZA ARTIFICIALE MILANO, 20 NOV 2019 http://bit.ly/cfmtdai2019

Chiedete ai vari rider che manifestano in piazza con cartelli di protesta “valgo meno di un hamburger” o ai vari bodyguard vestiti di tutto punto e auricolare all’orecchio (fa molto FBI) che a Milano in via Monte Napoleone lavorano per pochi euro. Alla fine non c’entra il vecchio o il nuovo ma l’eterna avidità umana. Nel centro Yoga di mia moglie paghiamo la giovane (22 anni) istruttrice di ginnastica posturale 30 euro all’ora (media palestre 8 euro). Non diventeremo mai ricchi? Assai probabile.


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––Future vending machine L’evoluzione della specie

https://popcom.shop http://www.aretail.it https://www.deepmagic.cc https://www.ostelzzz.com https://www.smallhold.com https://tinyurl.com/y5dq5drc https://tinyurl.com/y69tcu69 https://tinyurl.com/jk6m7ys https://www.luckincoffee.com https://robomart.co https://themobymart.com

La prima vending machine risale al 1880. Sa già di muffa. Tempo di rivedere concetti, parole e soluzioni osando una nuova missione. ––Climate change L’insostenibile leggerezza Di essere, in fondo, un peso, per l’ambiente. Come omaggio per Fridays for Future (l’ormai noto sciopero scolastico per il clima) il seguitissimo fumettista Sio Scottex ha postato su Youtube un video sulle 52 cose che puoi fare per salvare il pianeta e la prima (guarda un po’) dice testualmente “non bere il caffè alle macchinette, bevilo al Bar”. Un invito, e segnale. Questa volta davvero il terreno scotta sotto ciò che è o sa di plastica. Inutile girarci intorno: il futuro dogma plastic free sarà legge, morale, valore e consumo (stile di). Ma non si tratta solo di eliminare (tanto per fare un esempio) la plastica usa e getta dei distributori, con magari apposite stazioni con bottiglie riutilizzabili dotate di codice QR individuale, quanto di adattare la progettazione e i prodotti e servizi al cambiamento climatico. Anche qui urge, oltre al solito digital transformation manager, un climate transformation manager al motto di “il mio distributore è sostenibile”. Prevedo grossi cambiamenti.


DIRIGIBILE #58

––Survival change O la va o la spacca

––Automated change L’intelligenza vi salverà

In Italia il mercato della distribuzione automatica ha chiuso il 2018 con una crescita del +4,7% rispetto al 2017. Tutto va a gonfie vele, perché mai qualcuno dovrebbe cambiare per sopravvivere? Anche Nokia (e con lei tanti altri) la pensava così. Quando improvvisamente si cade, il problema non è la caduta ma l’atterraggio. Sopravvivere all’impatto, dunque. Le cose possono anche cambiare velocemente se dovesse affermarsi l’accanimento verso tutto ciò che sa di “troppa spazzatura”. Le future innovazioni non sono, come in passato, un’affannosa rincorsa al vendere di tutto con le vending machine in ogni luogo possibile e immaginabile, ma soprattutto vera innovazione sociale, ambientale e culturale. Civic vending machine. Macchine che migliorano la nostra vita. Una sfida.

Non necessariamente quella artificiale. Allora vediamo un po’: una macchina che vende e distribuisce prodotti. Un po’ triste non credete? E poi queste parole retaggio del fordismo. Tutti parlano di machine learning e automazione della conoscenza e voi ancora lì a blaterare di vending machine e distributori automatici. Così poco glam. Si va verso l’automazione delle soluzioni (automated solutions). La startup di Pordenone ARetail, che al Ces di Las Vegas ha presentato un concept di vending machine dove il controllo da remoto e l’analisi dei dati rappresentano il cuore dell’attività, si presenta sul sito come specialista in “automated retail”. Stessa cosa per l’americana PopCom che al motto “automated retail reimagined for autonomous sales” intende rivoluzionare il settore con distributori biometrici e supportati da blockchain per vendere legalmente prodotti regolati dallo Stato come alcol, farmaci e cannabis. Automated. Non è solo un vezzo linguistico, ma trend e soprattutto posizionamento. Dai supermercati automatizzati, come quello di Amazon Go (ora funzionante) ai mini market a guida autonoma, come lo sperimentale self driven store di Themobymart e di Robomart, la prossima tappa sarà trasformare i muti automatismi in vivi, o meglio vivaci, dialoghi del consumatore con smart vending machine pompati di internet delle cose e intelligenza artificiale. Macchine avatar concepite come agenti e assistenti digitali in grado di interagire con le persone.


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––Future human resources Selezionati da un algoritmo

https://www.mobilejob.com https://www.bamboohr.com https://www.docebo.com/it/ https://mya.com https://talentsnap.co https://tinyurl.com/y4eefmkc

Puoi dimenarti quanto vuoi, se non piaci a me macchina, niente lavoro. La completa autonomia (la mia, non la tua) è infine giunta.

––Alexa, trovami un altro lavoro “Alexa, chiedi un aumento. Alexa, manda al diavolo il mio collega. Alexa, vai a lavorare al posto mio e mandami un bonifico a fine mese. Alexaaaaa!” Da Manpower ad Alexapower il passo sarà breve. A cosa mai può servire un Centro per l’impiego (erede del vecchio ufficio di collocamento) se il nuovo centro dell’universo lavorativo è l’onnipresente assistente digitale? Candidarsi con un clic. Ecco cosa ci attende. O veramente pensate che in futuro qualcuno vorrà ancora perdere tempo a presentare certificati, lettere e curriculum? Sul sito di Amazon ci sarà a breve un bottone “Apply-Now” a fianco dei prodotti in vendita: quando l’utente cliccherà sul pulsante, Amazon trasmetterà in tempo reale i dati personali della candidatura alla rispettiva azienda.


DIRIGIBILE #58

––La tirannia del feedback inanimato

––Il catalogo delle risorse artificiali

I lavoratori danno l’anima e meritano più feedback, inanimato. Come sono andato oggi? Te lo dice la mamma macchina. Merito un compenso maggiore? Te lo dice la mamma macchina. Subito, fra l’altro, come nel caso di Bamboohr. Big data genera grandi quantità di dati e, grazie all’intelligenza artificiale, posso valutare se la tua prestazione ci può garbare. Con questo tono e approccio. “Caro signor Rossi, la comprensibilità delle sue frasi è stata la seguente: nella presentazione odierna del progetto un buon 7% è sopra la media del settore, ma durante la settimana il suo margine di contribuzione è stato del 10% inferiore a quello della settimana precedente. Migliorare”.

Le piattaforme automatizzate di reclutamento e conversazione con i candidati come Mya, TalentSnap o TalentSonar sono ormai un classico. Profezie. Nel 2025 l’80% dei candidati verrà selezionata direttamente dall’algoritmo. Il privilegio del tocco umano sarà, come nelle relazioni in banca, riservato esclusivamente ai “candidati premium”, ovvero al personale altamente qualificato (fra cui i manager). Il marketing omnichannel diventerà sempre più una priorità per presidiare (analogamente al retail) tutti i canali e contesti in cui transita il potenziale candidato. Il tutto a velocità inaudita: già oggi servizi come Mobilejob garantiscono un “fast automated active sourcing” e domani l’assunzione quasi in tempo reale (tre giorni al massimo dal primo contatto) diverrà la norma. Il curriculum vitae, già dato per morto anni addietro, verrà completamente sostituito da biografie tracciabili, inclusa la cronologia online su siti e social.

––Asino chi legge ancora libri Scritti da saccenti umani. L’automazione della conoscenza implica anche l’automazione della formazione. Wall Street English, uno dei più grandi fornitori di lingua inglese al mondo, diventa scuola automatizzata – tutta app e clip online – senza quasi più insegnanti, declassati (anche nello stipendio) a tutor di supporto alle macchine. È solo l’inizio. “Scopri la formazione intelligente basata sull'intelligenza artificiale per una learning experience automatizzata e personalizzata” si legge sulla piattaforma Docebo. Il vero problema però è come le macchine leggono le cose. La banalizzazione della selezione è infatti in agguato in quanto l’algoritmo opera in base a un dogmatico pattern ideale di risposte rintracciate meccanicamente nel dialogo dell’intervistato, che ovviamente non tiene conto delle molteplici espressioni e sfumature (anche non verbali) con cui un essere umano risponde, nella sua pura soggettività, a banali domande. Pericolosissimo. O rimaniamo molto umani (allora la macchina non riesce a selezionarci) o ci disumanizziamo ad amebe ripetitive (allora la macchina riesce a selezionarci).


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––Future Mind Intelligenza provvisoria

http://thomas-meyer.com

La macchina può tanto ma può anche improvvisare risultati provvisori? Il fotografo Thomas Meyer di Belino Ostkreuz con il progetto Provisorium documenta l’arte dell’ingegnosità umana per inaspettate soluzioni di fortuna. Una lezione, anche per i manager.


DIRIGIBILE #58


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FUTURETECH

INVENZIONI & INNOVAZIONI

CARA ITALIA COSA SOGNI DI FARE DA GRANDE?

a Berlino. Un luogo disposto su tre piani per discutere, esplorare e sperimentare il futuro che vogliamo o forse temiamo. Un luogo che dà spazio a scenari, fantasie e, sì, anche utopie. Perché il futuro deve essere un disegno e non un destino da subire. Forse abbiamo bisogno di un coraggioso ministero del futuro che non si nutre di quotidiani e compulsivi tweet ma di lontani e pazienti progetti da realizzare.

Ecco una domanda saggia da porsi. Invece al business as usual corrisponde anche il politics as usual. Certo, ora abbiamo anche un ministro dell’innovazione, che tanto partorirà la solita stereotipata agenda digitale. Invece bisognerebbe porsi ben altri quesiti, per esempio: come vogliamo vivere? Quello che in Germania fa Futurium, la casa dei futuri possibili o sognati, inaugurata a settembre

INOUTSIDE.COM.AU

Inoutside office. Aggiungere spazio interno all’esterno, magari per piazzarci in giardino, un perfetto ufficio da nomade digitale o “vecchio” home worker. https://www.inoutside.com.au/design-ideas

OPEN-MEALS.COM

Nel 2020 apre a Tokyo il futuristico sushi singularity restaurant. Biometria, 3D e diagnostica della saliva per una personalizzazione assai macchinosa. https://www.youtube.com/watch?v=zNcfQrzMVTc

https://futurium.de

THESANSBAR.COM

Roba sana. Roba sobria. Ad Austin il primo bar del Texas non plastic free (troppo facile) ma alcohol free, in un ambiente divertente che punta sull’intrattenimento. https://www.youtube.com/watch?v=vYeFvJcm7YQ

OPTIMUSRIDE.COM

A New York parte il primo servizio navetta gratuito con veicoli a guida autonoma della flotta di Optimus Ride. Certo, rimane la resistenza delle strade pubbliche. https://www.youtube.com/watch?v=KKnbKdULVeI

FCINY.ORG

Sostenibilità & design. Lo Zero Waste pop-up Bistro non solo utilizza materiale riciclato al 100% e ingredienti locali e sottoprodotti trascurati ma è pure bello. https://www.youtube.com/watch?v=dt9sa3HRDGg

ORUKAYAK.COM

Visto su Kickstarter. Una canoa che si maneggia come un origami. Lo pieghi più volte e si apre o si chiude in pochi istanti. Leggera e facile da trasportare. Geniale. https://www.orukayak.com/pages/kayak-videos


Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione

ASSIDIR

LE SPESE MEDICHE “OUT OF POCKET” Sotto la lente di ingrandimento il costo delle spese mediche e le possibilità di rimborso per gli associati Manageritalia e i loro familiari con le polizze assicurative proposte da Assidir

C

osa si intende di norma per spese mediche? Sono tutti quei costi sostenuti, ad esempio, per visite specialistiche, trattamenti fisioterapici, interventi chirurgici, degenze, esami di laboratorio, cure odontoiatriche. Nel nostro Paese ci sono aree in cui l’assistenza sanitaria pubblica raggiunge livelli di eccellenza, tuttavia capita di dover fare ricorso a strutture alternative con la

possibilità di scegliere personalmente il medico a cui rivolgersi, superando in alcuni casi lo scoglio delle lunghe liste di attesa. Infatti, come risulta dagli ultimi dati presentati durante il Welfare Day di giugno (vedi box a pagina 72), ci siamo praticamente spostati dal mondo della sanità pubblica a quello “privatistico” per il quale è sempre necessario mettere mano al portafo-

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ASSIDIR

glio in maniera decisamente significativa. Spese che possono essere fortemente ridotte in quanto trasferite al di fuori del nostro nucleo familiare in vari modi, a seconda della nostra posizione lavorativa e personale. Per i dirigenti in servizio, i prosecutori volontari e i loro familiari interviene il Fasdac con un’assistenza completa e di alto livello; per i quadri c’è il Quas, un’importante garanzia di base che non offre, però, il rimborso dei

costi per le spese mediche e gli interventi dei familiari.

A chi servono le polizze sanitarie Ebbene, chi sono coloro che possono ottenere un supporto significativo per risolvere il problema dei costi in ambito sanitario? I familiari dei dirigenti e degli ex dirigenti che sono ormai usciti dal nucleo familiare originario e quindi non sono più coperti dal Fasdac, i familiari dei quadri, gli executive professional – e i loro

familiari – per i quali non esiste al momento alcuna forma di assistenza di derivazione contrattuale in quanto professionisti indipendenti. A questa comunità appartengono anche i figli dei dirigenti che non sono più assistibili dal Fasdac pur essendo ancora all’interno del nucleo familiare originario. In altre parole, si tratta di tutti i figli di dirigenti o ex dirigenti che, anche se studenti o disoccupati, hanno superato il 26° anno di età. Inoltre, un altro dettaglio che vale la pena ricordare riguarda i quadri che desiderano integrare le prestazioni offerte loro dal Quas.

Cosa fa Assidir Per tutti, Assidir ha selezionato o messo a punto dei piani sanitari che possono essere attivati a livello “individuale” per integrare o sostituire ciò che offre il Servizio sanitario nazionale, senza necessità di accordi contrattuali o collettivi. In altre parole, si tratta di piani sanitari veri e propri o polizze

L’ASSISTENZA SANITARIA PRIVATA IN ITALIA Come risulta dal IX rapporto RBM-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata presentato a giugno al Welfare Day di Roma, in Italia il ricorso all’assistenza sanitaria al di fuori del Ssn è in sensibile aumento. La spesa sanitaria privata ha raggiunto infatti la cifra stellare di quasi 40 miliardi di euro nel 2018 (+9,9% rispetto al periodo 2013-2018). L’annuale report evidenzia anche che il nostro è un paese dove la spesa sanitaria out of pocket è fuori controllo e, nel 2019, si prevede che circa il 44% degli italiani spenderà di tasca propria, per pagare prestazioni sanitarie per intero o con il ticket, un valore medio pro capite di 691 euro, che rischia di arrivare a mille euro nel 2025.

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LE PRINCIPALI GARANZIE OFFERTE DAI PIANI SANITARI • Spese per ricovero ospedaliero con o senza intervento chirurgico

Polizze “grandi rischi”

• Spese per day hospital • Spese per interventi chirurgici ambulatoriali • Spese per “alta diagnostica” • Spese per ricovero ospedaliero per “parto”

Polizze “multigaranzie”

POLIZZE “GRANDI RISCHI”

+

• Spese per diagnostica di base • Spese per visite specialistiche • Spese per trattamenti fisioterapici • Spese per acquisto di farmaci

• Spese odontoiatriche • Spese per cure a lungo termine (Ltc)

Polizze “estese”

POLIZZE “GRANDI RISCHI”

POLIZZE “MULTI-GARANZIE

+

+

• Spese per cure ospedaliere domiciliari • Spese per protesi ortopediche • Spese per protesi acustiche • Spese per lenti • Spese per prestazioni psichiatriche e psicoterapiche

assicurative adattabili alle specifiche esigenze delle singole persone per le quali è utile attivare una copertura che consenta di azzerare, o ridurre sensibilmente, le spese sostenute. Senza entrare nel dettaglio delle differenti polizze disponibili per il nostro universo, individuiamo quali sono le garanzie offerte, dividendole in tre categorie principali.

Alla prima categoria appartengono le coperture che riguardano i cosiddetti “grandi rischi”. Alla seconda le polizze sanitarie che possono essere definite “multigaranzie”, che coprono non solo le spese per i grandi rischi, ma anche quelle per diagnostica di base, visite specialistiche ecc. Alla terza categoria, infine, appartengono le cosiddette polizze “estese” che includono, ad esem-

pio, anche il rimborso delle spese per le cure odontoiatriche. Per una più semplice comprensione, la tabella qui sopra riporta gli esempi delle principali garanzie offerte dai piani sanitari. Per saperne di più contatta ASSIDIR

numero verde 800401345 email info@assidir.it www.assidir.it

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MANAGERITALIA CONOSCERE IL CONTRATTO

R

TFR: QUALE RETRIBUZIONE PER IL CALCOLO? Cosa prevedono il contratto dirigenti e le leggi in vigore per il trattamento di fine rapporto Mariella Colavito

ufficio sindacale Manageritalia Lombardia

I

l dirigente, come tutti i lavoratori subordinati, durante il rapporto di lavoro matura una retribuzione che non gli viene corrisposta in costanza del rapporto, ma viene “differita” alla sua cessazione. Si tratta del trattamento di fine rapporto (tfr), nel quale dal lontano giugno 1982, data della sua entrata in vigore a seguito della legge 297, è confluito il precedente istituto dell’indennità di anzianità. Con la riforma della previdenza complementare, dal 2007 il dirigente rappresentato da Manageritalia può scegliere di mantenere il tfr come retribuzione differita oppure destinarlo al Fondo di previdenza complementare Mario Negri. In un caso come nell’altro, il datore di lavoro ogni anno deve accantonare a favore del proprio dirigente un importo a titolo di tfr,

[1] art. 37 ccnl 31/7/2013 dirigenti terziario; art. 42 ccnl 18/12/2013 dirigenti dei trasporti; art. 38 ccnl 24/6/2004 dirigenti Federalberghi; art. 40 ccnl 23/1/2014 dirigenti Aica (alberghi); art. 36 ccnl 8/1/2014 dirigenti magazzini generali; art. 40 ccnl 31/10/2014 dirigenti agenzie marittime.

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corrispondente alla retribuzione lorda dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5 (divisore fisso).

Definizione di retribuzione annua lorda Cosa si deve intendere per “retribuzione lorda dovuta per l’anno stesso”? L’art. 2120 del codice civile dà la definizione di retribuzione dovuta, affermando che si tratta di “tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale, con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese”. Inoltre il legislatore vieta che si utilizzino altre somme o compensi aggiuntivi, rispetto a quelli dovuti nell’anno in dipendenza del rapporto di lavoro, per il conteggio del tfr. Al contrario, permette ai contratti collettivi di escludere alcune voci retributive dal calcolo. Si tratta di una facoltà riservata ai contratti collettivi in via esclusiva, perciò sarebbe nullo un patto

individuale (cioè un contratto stipulato tra singolo datore di lavoro e singolo lavoratore) che escludesse una o più voci retributive dalla retribuzione lorda annua utile per il calcolo del tfr. Per contratto collettivo si deve intendere non solo quello nazionale di lavoro ma anche un eventuale contratto collettivo territoriale o aziendale.

La contrattazione stipulata da Manageritalia Per quanto riguarda la contrattazione collettiva nazionale stipulata da Manageritalia, tutti i nostri contratti[1] richiamano espressamente la legge 297/82, pur con qualche differenziazione tra loro. I contratti dei dirigenti del terziario, delle agenzie marittime e dei magazzini generali fanno riferimento alla legge tout court senza eccezioni. I due contratti dei dirigenti alberghieri precisano che, ai fini del calcolo del tfr, non si devono includere nella retribuzione annuale la misura del vitto e alloggio né l’eventuale elemento retributivo autonomo. Infine, il contratto dei dirigenti dei trasporti esclude le gratifiche straordinarie, eventualmente riconosciute dal datore di lavoro. Tuttavia, nonostante la precisa definizione data dalla legge su cosa debba intendersi per “retribuzione dovuta nell’anno”, il criterio di calcolo del tfr, che matura annualmente, è a volte causa di controversia tra datore di lavoro e dirigente alla cessazione del rapporto. A fronte delle numerose cause di lavoro, insorte soprattutto nei primi anni di entrata in


TFR

vigore della legge sul tfr, si è venuta però formando e consolidando una copiosa giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ormai costante e pacifica, che ha (o dovrebbe avere) sgombrato il campo da dubbi o possibilità di errori interpretativi.

Il principio di omnicomprensività La Corte di cassazione ha infatti ormai definitivamente chiarito che, ai fini del calcolo e dell’accantonamento annuale del tfr, il concetto di retribuzione lorda annualmente dovuta è improntato al principio dell’omnicomprensività. Non è retribuzione quanto corrisposto a titolo di rimborso delle spese vive sostenute nell’esecuzione dell’attività lavorativa, così come – pur essendo retribuzione – non si devono considerare per il calcolo del tfr quelle voci retributive che siano espressamente escluse dal contratto collettivo applicato (compresa la contrattazione collettiva di 2° livello, cioè territoriale o aziendale).

Fringe benefit e compensi occasionali

Per “equivalente delle prestazioni in natura” si deve intendere il corrispettivo del fringe benefit riconosciuto al dirigente come parte del suo trattamento economico (per esempio l’uso privato dell’auto aziendale e del telefono cellulare). Tale corrispettivo (nel valore reale o convenzionale, a seconda del caso) è retribuzione utile ai fini del calcolo del tfr. E veniamo infine a che cosa debba intendersi per somma ricevuta a titolo occasionale, perché il concetto di occasionalità è stato quello che maggiormente ha dato origine a contenziosi e vertenze in materia di tfr e, pertanto, è stato sottoposto innumerevoli volte al vaglio della giurisprudenza. La Corte di cassazione ha ormai senza eccezioni chiarito che un compenso, in denaro o in natura, erogato per una prestazione o per un avvenimento, previsti nel contesto della normale organizzazione aziendale, non è mai

occasionale. Perciò, è del tutto irrilevante la ripetitività e la frequenza con cui questa prestazione sia resa o questo avvenimento si verifichi. Facciamo degli esempi: un premio aziendale, sebbene legato a una decisione unilaterale e liberale del datore di lavoro, ma pur sempre collegato al rendimento del lavoratore; la parte variabile della retribuzione, ancorché legata al raggiungimento di determinati obiettivi o al verificarsi di una determinata condizione (e pertanto incerta nell’an e/o nel quantum), anche se pagata con cadenza periodica (trimestrale, semestrale, annuale); le festività che cadono di domenica; i permessi retribuiti monetizzati; l’indennità sostitutiva del preavviso. Tutte queste voci – seppure aleatorie, periodiche o eccezionali – sono corrisposte in dipendenza del contratto di lavoro (concetto più esteso di quello di prestazione lavorativa) e, perciò, rientrano nel concetto di retribuzione dovuta disposto dalla legge per il calcolo del tfr.

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MANAGERITALIA CONOSCERE IL CONTRATTO ASSOCIAZIONI TERRITORIALI

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PERCHÉ I MANAGER SI OCCUPANO DI STARTUP? Incontrare startup è come fare formazione sul campo, ecco perché l’associazione lombarda organizza visite periodiche e incontri tra hub e incubatori Silvia Pugi

responsabile Gruppo Innovazione Manageritalia Lombardia

C’

è un gruppo di manager che viaggiano per la Silicon Valley italiana: si incontrano nei centri dell’innovazione per conoscere le aziende più avanzate e le startup e scambiare idee. È un gruppo fatto di persone curiose, dinamiche, aperte ad apprendere cose nuove e a imparare. Ma partiamo dall’inizio. Cos’è una startup? Una startup è un’azienda nata da poco, con un prodotto o servizio innovativo e

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l’ambizione di crescere in fretta. Quando è nata, 25 anni fa, Amazon era una startup che proponeva come innovazione la vendita di libri online… come è andata lo sappiamo tutti! L’ecosistema delle startup in Italia è ancora piccolo se confrontato con quello di altri paesi: in termini di investimenti vale circa metà di quello della Spagna, un sesto della Francia, un decimo della Gran Bretagna; per non parlare delle inarrivabili Cina e

Stati Uniti. Ma sta crescendo velocemente e le oltre 10.000 startup innovative italiane iniziano ad avere un ruolo nell’economia, dando lavoro a 55mila persone e generando un valore della produzione di circa un miliardo.

Perché i manager si occupano di startup? Innanzitutto per restare collegati alle novità del mercato, perché incontrare startup è come fare


LE ATTIVITÀ DEL GRUPPO INNOVAZIONE LOMBARDIA NEL 2019 Il Gruppo Innovazione di Manageritalia Lombardia organizza visite ai centri dell’innovazione, percorsi per manager mentor di startup e occasioni di networking tra colleghi e startup. Visita all’incubatore ComoNExT

È un digital innovation hub e un incubatore di startup certificato, nato per volontà della Camera di commercio di Como. Oggi ospita 125 startup innovative, dove lavorano 650 persone. Gli obiettivi di ComoNExT sono attrarre imprese innovative, trasferire innovazione sul territorio e favorire lo sviluppo di nuova imprenditoria. Abbiamo incontrato i vertici dI ComoNExT e i fondatori di alcune startup in ambito intelligenza artificiale, stampa 3D, neuromarketing, ottica.

Visita all’incubatore PoliHub

È l’incubatore del Politecnico di Milano, terzo incubatore universitario al mondo; ospita 114 aziende, varie startup nate da progetti sviluppati nei laboratori dell’università e alcuni centri innovazione di aziende strutturate. PoliHub ha l’obiettivo di aiutare la creazione di imprese tecnologiche innovative, supportarne la crescita e favorirne la collaborazione con aziende consolidate. Abbiamo incontrato i vertici di PoliHub, i fondatori di alcune startup in ambito nuovi materiali, fotonica, nuovi sistemi di pagamento e alcune grandi aziende che ci hanno raccontato la loro esperienza con le startup.

Accordo con Digital Magics È un incubatore certificato di startup innovative digitali quotato in borsa all’Aim Italia: costruisce e per trovare mentor sviluppa startup che propongono contenuti e servizi ad alto valore tecnologico, affiancandosi ai per startup nel retail fondatori e talenti digitali fornendo servizi di accelerazione. Abbiamo incontrato le startup vincitrici del programma di accelerazione Magic Wand dedicato al retail e alcuni manager hanno iniziato ad aiutarle come mentor.

Accordo con Plug and Play per trovare mentor per startup nel food & beverage

Con sede centrale nella Silicon Valley, Plug and Play ha creato la più grossa piattaforma di innovazione mondiale che include 10.000 startup e 280 partner aziendali ufficiali. In Italia ha appena aperto una sede. Abbiamo incontrato le startup selezionate per il loro programma di open innovation e alcuni manager hanno scelto di seguirle come mentor.

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MANAGERITALIA CONOSCERE IL CONTRATTO ASSOCIAZIONI TERRITORIALI

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formazione sul campo: ti raccontano che hanno inventato un servizio, un prodotto, un processo nuovo e tu sei costretto a informarti per capire di cosa si tratta. È così che, vedendo delle applicazioni pratiche, finalmente capisci cosa sono la “realtà virtuale” e la “realtà aumentata”! Conoscere startup è poi l’occasione per trovare opportunità di sviluppo per la propria azienda, per fare partnership, accordi commerciali con realtà che possono migliorare e far crescere il tuo business. Le startup rappresentano un modo alternativo per fare innovazione rispetto ai centri ricerca interni. Così sono soprattutto i manager che lavorano nelle pmi che attingono al mondo delle startup con un approccio di “open innovation”, guardando fuori dall’azienda per fare scouting di idee e brevetti. Infine, non

dimentichiamo una cosa: si parla tanto di fuga di cervelli, ma la sola via per non fare andare all’estero i giovani più brillanti è quella di offrirgli opportunità qui in Italia. Aiutare una startup significa darle un motivo per restare in Italia. Nelle startup incontro tanti ragazzi veramente in gamba, quasi tutti laureati, a volte con specializzazioni all’estero e dottorati di ricerca, con un paio d’anni di esperienza in azienda e tanta energia. Un manager può offrire loro quell’opportunità che serve per fare il salto di qualità, aiutandoli a ottenere l’appuntamento con un potenziale cliente, facendoli partecipare a una gara, sviluppando un progetto insieme, facendogli da mentor. Il numero di aziende tradizionali che puntano alla collaborazione con le startup per fare innovazio-

ne è in crescita costante, però l’incontro tra un manager d’azienda e una startup non è sempre facile. Le aziende strutturate lavorano per budget e con mille vincoli, cercano l’ottimizzazione, tendono verso un approccio incrementale, rifuggono il rischio. Le startup invece sono veloci, con poche procedure, puntano a cambiare le regole del mercato, hanno un’alta propensione al rischio. Il manager d’azienda che decide di collaborare con una startup deve sapere che su alcuni punti servirà un adattamento reciproco, ma ciò è parte del beneficio di questo incontro. La mia regola aurea quando incontro una startup è: sforzarsi di non guardare tutto quel che manca, ma concentrarsi su tutto quello che si potrebbe costruire!

MANAGER INNOVATORI DEL FARE IMPRESA L’innovazione e il supporto manageriale al mondo delle startup sono aspetti naturalmente fondamentali per la nostra associazione, anche a livello nazionale, tanto è vero che nel Piano operativo quadriennale di Manageritalia è presente un progetto dedicato. Si chiama “Manager innovatori del fare impresa” ed è coordinato da Roberto Saliola. Si pone come obiettivi far emergere e valorizzare la capacità dei manager nell’avviare nuove imprese e portare innovazione in quelle già esistenti. In questo quadriennio, si sta cercando di raggiungere questo traguardo mappando e stringendo relazioni e collaborazioni con partner che sviluppino l’innovazione di impresa e nuove forme imprenditoriali (hub di startup, incubatori, venture capital, angel investor) e facilitando l’incontro tra domanda e offerta di manager. Ma anche implementando il supporto manageriale alle startup e valorizzando le nostre competenze distintive e facilitando l’accesso al credito per la creazione di imprese. A livello territoriale sono state e sono tuttora in corso numerose iniziative in questo senso.

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AskMit è un servizio esclusivo di consulenza online in 48 ore su contratti, fisco, aspetti legali, previdenziali e assicurativi. A rispondere un team multidisciplinare formato da esperti di Manageritalia, avvocati, fiscalisti, giuslavoristi, notai e commercialisti appartenenti a studi professionali di tutta Italia. Fai la tua domanda su www.askmit.it.

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MANAGERITALIA OTTOBRE 2019

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SCUOLA DI MANAGEMENT Amministrazione Tax&Finance Il controllo di gestione Come utilizzare gli economics a supporto delle decisioni manageriali Roma

28 ottobre

MIlano

19 novembre

La responsabilità degli amministratori Evoluzione dei profili di rischio alla luce del primo impatto del codice della crisi d’impresa Milano

16 ottobre

Roma

30 ottobre

GDPR Primo bilancio dell’impatto della normativa europea sulle aziende 4 dicembre

Roma

9 dicembre

CFMT

Milano

Marketing e vendite Kpi: misurare e controllare le prestazioni delle vendite Costruire in modo pragmatico e semplice un set di indicatori specifici per il proprio settore Milano

Futurability tour Nuovi trend per le imprese e i manager Torino Genova

22 ottobre 28 novembre

Bologna Firenze

21 novembre 10 dicembre

Project Mannaggiament Il project management all’ombra del Vesuvio Napoli

8 novembre

-

Cosenza Firenze

Creativity and innovation Per sbloccare la propria creative confidence Roma

20 novembre

Milano

3 dicembre

MILANO

5 novembre 11 dicembre

Milano -

19 novembre -

23 ottobre 6 dicembre

Milano -

27 novembre -

Leadership e people management Trame - Tra me e te L’Apero-Business formativo per generare networking Ancona

25 ottobre

-

-

Leadership negoziale Essere leader di se stessi per influenzare gli altri 23 ottobre 10 dicembre

Roma -

28 novembre -

Yoga coaching Da capo a leader, cronaca di un’avventura possibile Roma

PER INFORMAZIONI:

29 novembre

Realtà aumentata e virtuale per il business Dati, Use-case e demo per capire come AR e VR cambiano il marketing e la comunicazione BtoB e BtoC

Milano Udine

-

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Marketing digitale Capire, pianificare e guidare l’implementazione di strategie digitali in azienda

Firenze Roma

Strategia e organizzazione

20 novembre

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12 dicembre

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La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.

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ETOLOGIA MANAGERIALE: L’INTELLIGENZA COOPERATIVA PER SOPRAVVIVERE “Il fatto che l’attività svolta in modo così imperfetto sia stata e sia tuttora per me fonte inesauribile di gioia, mi fa ritenere che l’imperfezione nell’eseguire il compito che ci siamo prefissi o ci è stato assegnato, sia più consona alla natura umana così imperfetta che non la perfezione.” Rita Levi-Montalcini

C

fmt - Centro di formazione management del terziario vi porta in una location d’eccezione: il 18 novembre saremo a Torino al Gruppo Abele, l’associazione fondata nel 1965 da don Luigi Ciotti, con Laura e Luca Varvelli e la biologa Claudia Bordese. Per l’occasione scopriremo cosa possiamo imparare dal regno animale, soprattutto per quanto riguarda la collaborazione e il lavoro in team.

Contenuti dell’incontro n Nessuno è perfetto! Imperfezioni e realtà mutante, gli ingredienti dell’evoluzione. Evolversi per non estinguersi: chiedere ai dinosauri. n Mi piego… ma non mi spezzo. Strategie, astuzie e compromessi nel regno animale: rigidità vs flessibilità. n Chi fa da sé… non fa per tre. Dal parassitismo alla simbiosi, quando e perché i viventi interagiscono tra loro: l’unione fa la forza. n Se io do una mano a te. Il successo della collaborazione in natura. L’intelligenza cooperativa e il win-win: collaboro, dunque sopravvivo.

Il percorso: imperfezioni manageriali Il management è scienza o arte? Risposta: è una scommessa. Si

gioca tra ragione ed emozione, realtà e fantasia, logica e intuizione, certezze e dilemmi. Il “dilemma” è condizione comune e diffusa nell’agire quotidiano del manager capace di decidere in una realtà indeterminata, incerta, inattesa e contraddittoria nella quale non trova un unico punto di riferimento ma più punti con cui misurarsi. Incontrare persone diverse e in apparenza lontane dal mondo delle aziende apre la mente al dialogo e alla riflessione. Chi

cammina sui sentieri del dialogo e della scoperta è sempre pronto al nuovo e all’inaspettato e sa che aumentare la conoscenza vuol dire aggiungere valore a tutto il sistema cui si appartiene: “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza” Dante XXVI Inferno. Siamo convinti che saper essere imperfetti sia un fattore di successo perché è così che si ottiene il miglioramento continuo, si continua a voler apprendere, si nutre la nostra insaziabile curiosità.

Etologia manageriale: l’intelligenza cooperativa per sopravvivere  Gruppo Abele di Torino

lunedì 18 novembre - orario 18,30-20

Per info e iscrizioni:

http://bit.ly/etologiamanageriale Luisa Panariello - luisa.panariello@cfmt.it - 02 5406311

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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, cura l’inserto Dirigibile ed è responsabile del progetto Future Manage(63) Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza. (59) Giacomo Di Blasi, laureato in economia, vanta una lunga carriera manageriale in società multina-

ment Tools di Cfmt.

zionali e pubbliche. Docente a contratto all’Università di Catania, è fondatore di Soluzioni Sinistri, società di consulenza che si occupa anche della rivalsa del datore di lavoro: appassionatosi all’argomento, ne ha fatto un campo di ricerca e di approfondimento fino a diventarne specialista. (42)

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Anna Fonseca è esperta di comunicazione telefonica. Ha collaborato con diverse realtà aziendali tra cui Hp, Ibm, Microsoft, Sap Italia, Citrix, Trend Micro e CA. È psicologa clinica, grafologa, coach in Programmazione neurolinguistica certificata in Life&Business Coach dalla Society of NLP di Richard Bandler. Autrice di diversi libri sul tema. (48)

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. (61) Marcella Mallen è presidente di Prioritalia. (44) Alessandro Masolini è consulente, formatore e coach con oltre 30 anni di esperienza in posizioni direzionali in grandi multinazionali e pmi. Opera nelle aree vendite, marketing e sviluppo del personale. Collabora con il Cfmt nelle aree vendite, leadership e people management. (34)

Roberto Panzarani, docente di Innovation management, ha fondato lo Studio Panzarani & Associates (www.robertopanzarani.com), nel quale si occupa di sviluppo di programmi di formazione manageriale per il top management delle principali aziende e istituzioni italiane. (24)

Ines Pesce è ceo di Daruma Adv, agenzia di marketing strategico e operativo che vanta all’attivo 70 progetti wedding e oltre 600 clienti provenienti da altri settori nei 18 anni di esperienza del suo fondatore, Sergio Maddalena. È autrice del libro Wedding marketing professionale. (38)

Alessandra Ricchizzi è una beauty therapist diplomata in estetica in Italia e in Svizzera. Ha approfondito tecniche coreane e ha collaborato con biologi elvetici. Attualmente lavora con il chirurgo plastico Marco Iera presso l’Istituto Clinico Brera di Milano, dove effettua il manual lifting. È la facialist di molti personaggi noti del mondo dello spettacolo e partecipa regolarmente a trasmissioni televisive come Detto Fatto. (58)

Azzurra Rinaldi

è professoressa di Economia all’Università degli studi di Roma Unitelma

(20)

Sapienza.

Raffaele Tovazzi

è il primo filosofo esecutivo italiano, un “pensatore” che fa della filosofia uno strumento pratico di innovazione. Ha fondato a Londra la prima media company che si occupa della creazione di contenuti per il podcasting e le piattaforme voice-first. Con i podcast “Action! Pensiero in azione” condivide citazioni e modi per mettere la teoria in pratica e migliorare la vita degli ascoltatori. (32)

Paolo Valente si dedica oggi totalmente al mondo del vino, del quale è appassionato partecipe da oltre 15 anni. Sommelier, degustatore e delegato per la provincia di Monza e Brianza per Associazione italiana sommelier, assaggiatore di formaggi Onaf, di grappe e acqueviti Anag e degustatore professionista di birre Adb. È relatore in enologia nei corsi per sommelier. Giornalista e autore per la rivista Viniplus di Lombardia e per le testate online vinodabere.it e aislombardia.it. (16)

da Manageritalia Mariella Colavito, ufficio sindacale Manageritalia

Lombardia. 63

Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale Manageritalia.

Niccolò Gori Sassoli, ricerca e innovazione

(74) (62)

Manageritalia.

(30)

Silvia Pugi, responsabile gruppo innovazione Manageritalia Lombardia.

(76)

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa

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La diffusione di ottobre 2019 è di 37.144 copie


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