OTTOBRE 2020
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA Intervista a Guido Carella
I SETTE DRIVER PER FAR RIPARTIRE L’ITALIA Economia
Educazione finanziaria: non c’è tempo da perdere Innovazione
Il rilancio economico passa dalle startup? MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
ELEZIONI ALL’INSEGNA DEL RINNOVAMENTO
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on l’Assemblea del 13 e 14 novembre termina l’attuale consiliatura e si chiude un ciclo di lavoro. Nel mese di ottobre si sono svolte le assemblee elettive delle 13 Associazioni territoriali. Sono gli eventi statutari più importanti nella vita di un’Organizzazione di rappresentanza come Manageritalia. Infatti, fin dalla nascita, abbiamo affidato ai consigli direttivi delle Associazioni territoriali la delega a tutelare gli interessi professionali e familiari degli associati e la responsabilità di contribuire a disegnare le strategie di rappresentanza a livello territoriale e nazionale. Questa scelta ci ha consentito di attraversare 75 anni di storia, superando anche momenti difficili come quello attuale, con una progressione continua del nostro modello di rappresentanza. Grazie per l’importante lavoro svolto da chi ha deciso di non ricandidarsi lasciando spazio per un concreto rinnovo. Sono infatti numerosi i colleghi e le colleghe che hanno avviato questo percorso e che consentono così alla nostra Organizzazione un graduale ma significativo e virtuoso ricambio generazionale negli organismi decisionali. Buon lavoro invece a quegli associati che hanno deciso di dare il loro contributo alla nostra community, fino ad assumersi la responsabilità di rappresentarne gli interessi professionali, familiari, economici e sociali, nei consigli direttivi territoriali, negli organismi federali, nei cda dei fondi paritetici e nelle nostre società di sistema, nella Cida, nella fondazione Prioritalia. Per restare in tema di virus, lasciatevi contagiare da quello associativo, un contagio di valore che ci aiuta a rappresentare bene la nostra collettività. C’è spazio e lavoro per tutti. Ascolto, condivisione e partecipazione diffusa sono i pilastri di
un’Associazione democratica e viva come la nostra. Alle nuove squadre la responsabilità di attuare le linee guida approvate dal Congresso dello scorso novembre con le quattro mozioni in tema di trasformazione del mondo del lavoro, welfare, sindacato a km zero e conoscenza. Ci aspetta una consiliatura importante. Dobbiamo mettere tutti insieme le nostre forze a favore di una rinascita economica, sociale, culturale dell’Italia. Condivisione e collaborazione sono il punto di partenza e la chiave per il successo di qualsiasi piano di rilancio. Risolveremo i problemi non guardando indietro ma pensando al futuro, senza pessimismo. Senza divisioni tra chi minimizza e chi enfatizza. Naturalmente non dobbiamo compiere imprudenze e abbassare la guardia. Regole e comportamenti vanno rispettati. Anche Manageritalia, nel continuare la sua attività e nell’organizzazione delle assemblee, ha proceduto in assoluta sicurezza. Il momento è difficile e siamo ancora nel pieno della seconda ondata della pandemia. Per quanto riguarda la nostra categoria si registrano, anche se in percentuali ridotte, nuove nomine. Uno stato di incertezza complessivo ci accompagna in questo periodo. Eppure non dobbiamo dimenticare l’obiettivo da raggiungere: non sprecare l’occasione di avere ingenti risorse per predisporre progetti adeguati e riforme vere. L’Italia ha l’opportunità di mettere in cantiere investimenti fuori dall’ordinaria amministrazione, utilizzabili per un vero salto di qualità. Dobbiamo quindi stabilire priorità e linee d’intervento. Ora è il momento di articolarle con più efficacia e di passare una volta per tutte dalle parole ai fatti. Servono praticità e concretezza, agendo senza aspettare che siano gli altri a dover fare qualcosa ma impegnandosi ognuno a dare il massimo. Guido Carella - guido.carella@manageritalia.it
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Sommario Copertina 6 Intervista a Guido Carella I sette driver per far ripartire l’Italia
Intervista Sergio Rizzo 30 Si può sognare una Pa italiana un po’ meno “all’italiana”
Focus 12 Il mercato del lavoro oggi
Psicologia 40 Ma quali obiettivi? Parliamo di valori!
Economia 16 Educazione finanziaria: non c’è tempo da perdere
Organizzazioni 44 Scegliamo di essere felici: conviene
20 Innovazione Il rilancio economico passa dalle startup? Management 26 Condividiamo i nostri sogni? 36 È tempo di valorizzare il capitale umano 48 Disruption, un’opportunità per cambiare
InfoMANAGER Manageritalia 71 Stiamo in contatto! 76 Cida contro il taglio delle pensioni
Tecnologia 54 Cashless society: l’inizio di una nuova era?
Assidir 77 L’importanza del settore assicurativo in Italia Cfmt 80 Corsi di formazione 81 DigitAbility. Perché la sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale
RUBRICHE 34 Osservatorio legislativo 59 Arte 60 Libri
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61 Letture per manager 62 Lettere
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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA Intervista a Guido Carella
I SETTE DRIVER PER FAR RIPARTIRE L’ITALIA
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Economia
Educazione finanziaria: non c’è tempo da perdere
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
Innovazione
Il rilancio economico passa dalle startup? MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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GUIDO CARELLA: I SETTE DRIVER PER FAR RIPARTIRE L’ITALIA Ci vuole una presa di coscienza collettiva da parte di tutte le componenti sociali del Paese per uscire dalla crisi, attraverso una visione prospettica, obiettivi concreti e credibili. Si riparte solo avendo come stella polare il lavoro, con un programma di azioni che richiede uno sforzo enorme da parte di tutti coloro che possono decidere e influire sulle decisioni. È l’opinione di Guido Carella, presidente di Manageritalia.
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Il sistema Italia sta subendo pesanti ripercussioni dalla pandemia. Come ne possiamo uscire? «Le criticità del nostro Paese si sono manifestate con grande evidenza causa della crisi pandemica, ma arrivano da molto lontano, da scelte che da molti anni hanno sempre privilegiato l’oggi e non il domani. Con le dovute eccezioni di quanti hanno agito le proprie responsabilità nel bene della collettività, sia nella società civile sia tra i servitori dello Stato, molti fino al sacrificio estremo con la perdita della vita. Io credo sia opportuna una pubblica assunzione di responsabilità collettiva e individuale da parte delle diverse comunità sociali. A partire dalla mia, quella mana-
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I SETTE DRIVER PER RIPARTIRE
geriale, a quelle politica, imprenditoriale, scientifica e accademica, della tecnocrazia, della comunità giudiziaria, della comunicazione, dei saperi e anche dei sindacati. Noi abbiamo dilapidato negli ultimi 50 anni – soprattutto la politica che da decenni si è chiusa nell’angolo del consenso breve – il grande sforzo di rinascita che l’Italia ha 2 compiuto nel dopoguerra, e che ha reso a quel tempo quel Rafforzare il nostro piccolo Paese, quel puntino sulla carta geografica del sistema produttivo pianeta a nord dell’Africa ma al centro del Mediterraneo, delle tante, troppe, piccole imprese la quinta potenza economica e industriale del mondo. aiutandole a superare Aveva rigenerato la storia millenaria di un piccolo-grani gap tecnologici 1 de Paese che più di altri ha contribuito a generare la Sostenere le imprese cultura e la civiltà del mondo occidentale. Quindi, prima più produttive di parlare delle scelte che si faranno per rendere il Paese di tutti i settori che innovano e creano più sostenibile e dare maggiore sicurezza alle prossime nuovo lavoro generazioni, che finora ci hanno prestato il loro futuro, io 3 Sostenere credo che sia assolutamente necessario un Patto per il il completamento Paese tra tutte le comunità sociali che sono chiamate a della trasformazione prendere delle decisioni. Ciascuna nei limiti delle proprie digitale per l’intero azioni, dei propri diritti, dei propri doveri, ma con la Paese consapevolezza che le decisioni e le azioni da intraprendere ognuna ha riflessi e impatti su tutti gli altri contesti. Non si può continuare a lavorare per compartimenti stagni. Abbiamo quindi la necessità, come Paese, di esprimere, vivere e Su che cosa puntiamo per ripar«Abbiamo dilapidato tire? agire un maggiore senso di collettività, direi di senso civico, di rispetto «La risposta è semplice: lavoro, lavoro, negli ultimi 50 anni verso ogni singolo cittadino che possa lavoro. Io l’articolerei su sette driver di – soprattutto la politica poi riconoscersi in una collettività più progetto di azione. Il primo è il sosteche da decenni si è chiusa ampia. Con la consapevolezza che le gno alle imprese più produttive di tutdiversità di genere, di età, di competi i settori che innovano e creano nuovo nell’angolo del consenso tenze, di razza, di religione, politiche lavoro. Ricordo che queste imprese, breve – il grande sforzo e sociali, sono un valore per orientare che hanno iniziato processi di ristruttudi rinascita che le scelte atte a minimizzare o addiritrazione prima ancora della crisi, l’hanl’Italia ha compiuto tura a eliminare le polarizzazioni. no certamente attraversata meglio delQuindi, trovare convergenze per dare le altre. Il secondo driver è rafforzare il nel dopoguerra, che risposte concrete alle attese dei cittanostro sistema produttivo delle tante, l’ha resa la quinta dini. Ricordo che sono ricorrenti i ritroppe, piccole imprese aiutandole a potenza economica chiami su questi temi da parte del superare i gap tecnologici. Quello della nostro presidente della Repubblica digitalizzazione è un ritardo enorme e industriale del mondo» Sergio Mattarella». per le pmi. Occorre quindi aiutarle a
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Proseguire con il Piano Nazionale delle Infrastrutture, completando e aprendo il maggior numero di cantieri
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Riqualificare e aggiornare i nostri modelli formativi, dalla scuola materna fino all’università
Rivedere l’impianto delle politiche attive e ridimensionare quelle passive, rendendo universale il diritto alla formazione continua
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Mettere in sicurezza le persone con progetti rendano il nostro Paese più resiliente per rispondere meglio alle crisi ambientali, sanitarie, sociali e infrastrutturali
superare questi gap come quello dimensionale e quello organizzativo. Io credo che diventi sempre più ardua la competizione sia sul mercato interno, sia su quello internazionale. Il terzo driver è sostenere il completamento della trasformazione digitale per l’intero Paese, che non vuol dire immettere nuova tecnologia, ma immettere un volano per riprogettare e ripensare i nuovi assetti organizzativi e, soprattutto, i nuovi assetti produttivi. Qui devo sottolineare un’esigenza molto forte da attivare nella pubblica amministrazione. Il quarto driver è il Piano nazionale delle infrastrutture: completare e aprire il maggior numero di cantieri. Il quinto driver è riqualificare e aggiornare i nostri modelli formativi, a partire dalla scuola materna fino all’università. Dobbiamo porci come Paese l’obiettivo di recuperare nel tempo necessario – mi rendo conto che non è un processo che si può esaurire in tempi brevi – il gap di conoscenze degli italiani, che è in rapporto di uno a cinque ri-
spetto a tutti gli altri paesi industrializzati. E qui vorrei sottolineare che abbiamo un gran numero di italiani inconsapevoli e questo crea un terreno molto fertile e un humus per generare ogni tipo di populismo. Il sesto driver l’ho individuato nel rivedere tutto l’impianto delle politiche attive e, contemporaneamente, un drastico ridimensionamento delle politiche passive, rendendo universale il diritto alla formazione continua – cosa che qualche contratto ha cominciato a recepire – e affiancarlo con il diritto individuale di sostegno alla propria occupabilità. Questo significa dare capacità di sostegno alla propria capacità di disimparare e di riaggiornarsi con continuità. Quindi occorre progettare un modello che metta in connessione imprese, scuole, università, organizzazioni di rappresentanza, ministero del Lavoro e centri di analisi e studio dell’evoluzione o involuzione degli scenari prospettici dei cicli delle attività produttive, su possibili nuovi trend, sul lavoro che cambia, sui nuovi lavori, sulle politiche attive. Io credo che un modello del genere possa cogliere obiettivi davvero molteplici. Il primo è quello di fornire indicazioni e dati prospettici a scuola e università per aggiornare in continuità i programmi formativi in modo da cogliere i segnali di cambiamento. Il secondo è fornire benchmark, dati e tendenze al sistema produttivo, quindi rendere possibile alle aziende di orientare in modo prospettico le proprie capacità di innovare e così rifocalizzare le proprie attività produttive. Ancora, fornire servizi di riorientamento e sostegno alla propria occupabilità. Un altro obiettivo importante è ridurre in modo drastico il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, e questo metterebbe in condizione anche gli intermediari del lavoro di rendere la loro attività più efficace ed efficiente. Un lavoratore che si sostiene in continuità e che si aggiorna costantemente ha la possibilità, a fronte di una rete di servizi adeguata e moderna, di potersi scegliere da solo l’impresa e l’imprenditore con il quale andare a lavorare. E poi, dare maggiori opportunità ai nostri giovani di restare in Italia e magari incentivare il ritorno di quelli che già lavorano all’estero. Il settimo driver, quello che secondo me richiede il maggior sforzo, è quello di mettere in sicurezza le persone. Quindi progetti che possano rendere il nostro Paese più resiliente, per permetterci di
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Copertina rispondere meglio alle crisi ambientali, che saranno sempre più ricorrenti, alle crisi sanitarie, a quelle sociali e infrastrutturali. Ricordo le tante scuole che sono a rischio, i ponti che crollano e i cantieri stradali che sono in attività perenne su molte nostre strade. Queste sono, secondo me, le cose prioritarie per poter ripartire».
già da più parti, da molti opinion leader e anche da qualche politico viene evidenziato come questo sia il momento di dimostrare la centralità delle competenze. Questa centralità è stata posta drammaticamente alla ribalta dalla crisi pandemica. In subordine alle competenze, il riconoscimento del merito. Un’altra centralità che viene sempre più rivendicata è il coordinamento tra tutti i soggetti sociali Come possiamo mettere a terra questi driver? all’interno di una visione di sistema. Ulteriori evidenze «Con una grande assunzione di responsabilità da parte di sono l’essere concreti e rendere gli obiettivi credibili, per tutte le componenti sociali del Paese, a partire dalla politigenerare un’ampia condivisione nel Paese e soprattutto ca. E soprattutto mettere al centro delle decisioni le comgenerare fiducia nel futuro, per riannodare quel rapporto petenze. Queste hanno la possibilità di attivare dei circoli generativo tra cittadini e Stato. Ho la consapevolezza che virtuosi nei processi decisionali. In più, diciamo che le la situazione nel nostro Paese non può cambiare nel breve competenze fuori dal sistema produttivo possono svolgetermine, poiché occorrerà una fase di transizione, spero re un duplice ruolo di raccordo: il primo con la politica, non molto lunga, e che possa portare a metodo il Piano alla quale fornire analisi, scenari, dati, indirizzi e documennazionale di ripresa e resilienza, che mi auguro recepisca tazioni. Poi spetta assolutamente alla politica il dovere e gli insegnamenti, le indicazioni, gli indirizzi che il lungo l’obbligo di fare delle scelte e renderle utili nell’interesse periodo di crisi ci ha evidenziato. Il nostro Paese potrà della collettività. Il secondo raccordo è con la tecnocrazia, disporre di ingenti risorse rese disponibili dall’Unione che ha in questo caso il compito di semplificare e rendere europea, oltre alle risorse proprie che, a causa della crisi più agevole l’azione delle scelte politiche. In questa fase, pandemica, già sono andate a incrementare il nostro debito pubblico proiettandolo verso una cifra che si avvia ad essere quasi il doppio del nostro Pil. Chi possiede le competenze in questo momento ha il dovere e l’obbligo, insieme a tutti i decisori, di attivare tutte le possibili azioni per garantire il conte«Occorre un sistema nimento e la graduale discesa del debito pubblico. Anche per onorare quel di sostegno vero pagherò – come dicevo prima – che le all’occupabilità che metta generazioni future ci hanno prestato e in condizione i lavoratori che si aspettano venga fatto».
di aggiornarsi in funzione prospettica, non rispetto all’oggi, ma rispetto a quello che potrebbe essere tra cinque o dieci anni»
Guardando alle aziende, da dove deve partire il cambiamento per i manager?
«I manager ci sono e vogliono rivendicare in questo periodo il ruolo di attivatori di questi nuovi orizzonti. Noi non dobbiamo rassegnarci a una lunga stagione di sussidi ma, al contrario, i manager possono agire per attivare questa grande voglia di riscatto, per av-
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«La rivoluzione digitale dà indicazioni ben precise su quella che deve essere l’organizzazione, ma soprattutto il lavoro del futuro. Questo deve essere sempre più di qualità, man mano che cresce la competenza e la responsabilità nei ruoli»
viare una stagione di riforme innovative vere. Non riforme di riforme, di riforme già fatte, che non danno risposte sostenibili nel tempo. Dobbiamo avviare quindi una stagione di riforme vere che possano portare, dopo decenni, la produttività, i livelli occupazionali, la formazione, la sanità, il fisco, la giustizia, il welfare sociale, i servizi pubblici, la pubblica amministrazione su un sentiero di crescita produttiva, organizzativa e soprattutto di semplificazione burocratica. Da tempo, come Manageritalia, stiamo lavorando a una visione prospettica. Non è un caso che più di 25 anni fa abbiamo sancito, primo contratto, il diritto individuale alla formazione continua con la nostra Business School. Questo credo sia un supporto assolutamente necessario, ma in questo momento la formazione non basta più: occorre tutto un sistema di sostegno vero all’occupabilità che metta in condizione i lavoratori di aggiornarsi di continuo e di sapere di avere strumenti e indicazioni necessari per poter aggiornarsi in funzione prospettica, non rispetto all’oggi, ma rispetto a quello che potrebbe essere tra cinque o dieci anni. Questo sia per chi lavora, sia per chi è in cerca della prima occupazione».
La trasformazione digitale è in atto, ma non abbiamo poi tanto tempo. «La rivoluzione digitale dà indicazioni ben precise su quel-
la che deve essere l’organizzazione, ma soprattutto il lavoro del futuro. Questo deve essere sempre più di qualità, man mano che cresce la competenza e la responsabilità nei ruoli. È anche un’opportunità per rendere il lavoro più emancipato, retribuito in modo equo e dignitoso, più coerente e funzionale con la velocità della progressiva rivoluzione digitale. Il rischio è che l’innovazione corra ma l’aggiornamento delle competenze non mantenga il passo. Questa è la grande sfida: mantenere il passo nell’aggiornamento delle competenze rispetto alla velocità dei progressi tecnologici. C’è anche la possibilità che questo lavoro sempre più di qualità, che richiede competenze sempre aggiornate, possa aprire le porte alla partecipazione nei processi decisionali delle imprese, cosa che nel prossimo futuro ritengo sempre più necessaria, poiché i lavoratori potranno avere la possibilità di scegliere la propria impresa. Cambia il paradigma: non più il capitale e l’impresa contro la prestazione, ma capitale contro capitale, essendo il capitale di chi presta l’opera un patrimonio di competenze e conoscenze che possa mettere il lavoratore in condizione di scegliersi il proprio imprenditore. E in questo la digitalizzazione può fare un grandissimo lavoro in termini di evoluzione sia del modo di produrre, sia di lavorare». Tratto da Business Community, cover 30 settembre 2020
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Focus
IL MERCATO DEL LAVORO OGGI Gli effetti della crisi sono evidenti, ma non tutti i settori sono rimasti coinvolti. Anzi, negli ultimi due mesi c’è stato anche qualche timido segno di movimento e tante opportunità si apriranno in ambiti diversi da quelli di partenza. Ne abbiamo parlato con alcuni esperti specializzati nei servizi di outplacement e di sviluppo di carriera: Giulio Bertazzoli, amministratore delegato Spinlight Counseling; Cetti Galante, Intoo managing director and chair of career Star Group; Cristiano Pechy de Pechujfalu, country manager & ceo Italy Lee Hecht Harrison. Con loro abbiamo messo a fuoco le competenze fondamentali che deve avere il manager oggi per curare la propria presenza sul mercato, le posizioni più richieste e i settori più dinamici. Enrico Pedretti
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Com’è il mercato manageriale in Italia oggi? Giulio Bertazzoli «Alcuni settori non sono stati particolarmente coinvolti dalla crisi – telecomunicazioni, digitale, entertainment, e-commerce, grande distribuzione ecc. – e quindi hanno offerto opportunità in linea al pre-Covid. Il mondo industriale, così come il commercio, ha risentito di una crisi che ha ridotto sensibilmente nuove possibilità di sviluppo professionale. Negli ultimi due mesi il mercato del lavoro dei manager ha dato qualche timido segno di movimento.
Cetti Galante «È un mercato a diverse velocità. In generale oggi si richiede ai manager grande impatto in termini di energia e capacità di prendere decisioni in condizioni di grande incertezza, non sono sfide da poco. È importante, dunque, adesso come non mai, essere dinamici, informati sui grandi trend, anche all’estero e consapevoli delle proprie competenze in relazione ai bisogni del mercato, perché tante opportunità si apriranno in settori diversi da quello di partenza. In Italia il salto da un settore all’altro è più complesso da fare rispetto ad altri pa-
esi e dunque in caso di perdita del lavoro è fondamentale farsi supportare nella ricerca. Da tempo l’outplacement è stato introdotto nel contratto nazionale dei dirigenti di Manageritalia come un obbligo se ne viene fatta richiesta, da tenere presente che in questo modo si dimezzano i tempi di rientro nel mercato». Cristiano Pechy de Pechujfalu «Riscontriamo ancora un buon dinamismo sul mercato senior-executive, senza particolari flessioni rispetto ai tempi pre-Covid. Le aziende necessitano di guide, di leadership che permettano loro di
evolversi rispondendo alle necessità di cambiamento imposte dal momento storico. Qualsiasi sia lo stato dell’azienda, in contrazione o crescita, le guide apicali prenderanno scelte che ne determineranno il futuro». Ci sono comunque delle posizioni più richieste e/o dei settori più dinamici? G. B. «I settori più dinamici li ho citati prima, sono quelli che non hanno sofferto la crisi. Le posizioni più richieste sono quelle riguardanti l’informatica/digitale. Quindi digital marketing ma-
NE PARLIAMO CON...
Giulio Bertazzoli amministratore delegato Spinlight Counseling
Cetti Galante Intoo managing director and chair of career Star Group
Cristiano Pechy de Pechujfalu country manager & ceo Italy Lee Hecht Harrison
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Focus
«In forte crescita negli ultimi mesi le posizioni hr e di cfo, per questi ultimi con taglio Mergers and Acquisitions» Giulio Bertazzoli
«I settori più dinamici sono legati a tutti i trend accelerati dal lockdown o dalla nuova sensibilità all’ambiente quali l’energia e la logistica» Cetti Galante
«Private equity e/o fondi d’investimento sono dinamici. Anche profili di hr management riscontrano un forte interesse» Cristiano Pechy de Pechujfalu
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nager, chief information officer, il mondo commerciale con direttore vendite/commerciale e marketing. In forte crescita negli ultimi mesi le posizioni hr e di cfo, per questi ultimi con taglio Mergers and Acquisitions». C. G. «I settori più dinamici sono legati a tutti i trend accelerati dal lockdown o dalla nuova sensibilità all’ambiente, quali l’energia, la mobilità elettrica, la logistica, l’e-commerce, le reti di trasmissione dati e le piattaforme, il delivery, il food di base, l’agricoltura col suo indotto anche di macchinari e trattori, il mondo della salute e del farmaceutico, tecnologia e digital. Le posizioni più richieste sono soprattutto quelle specializzate, quelle tecniche, in molti casi si parla di skill shortage per tutti quei ruoli molto ricercati dove permangono posizioni scoperte. Sulle altre posizioni la differenza
la fa l’atteggiamento del manager, saper usare veri stili di leadership in base alla situazione e all’urgenza dell’azione». C. P. de P. «Private equity e/o fondi d’investimento sono dinamici, per cui figure di direzione generale/direzione operation o commerciale e figure di cfo con forte imprinting di controllo di gestione sono spesso fondamentali da inserire in una partecipata. Anche profili di hr management riscontrano un forte interesse, soprattutto in quelle aziende dove è necessaria un’evoluzione nella gestione del capitale umano. Tutti i settori stanno affrontando un periodo di cambiamento improvviso, più o meno radicale, quindi tali esigenze si riscontrano ovunque». Ci sono spazi per muoversi alla ricerca di un nuovo incarico per necessità e/o volontà di affrontare nuove sfide? G. B. «Certamente sì, anche se la ricerca deve essere sempre più mirata in quanto risente di maggiore competizione. Anche in situazioni di crisi le opportunità persistono, seppure in minor numero sono collegate a cambiamenti e discontinuità nelle aziende. La crisi porta mutamenti che cambiano le strategie aziendali e spesso portano a strategie di change management o di focalizzazione su aree di business diverse. Infine, le opportunità possono nascere da fusioni/acqui-
sizioni o integrazioni tra aziende o business unit». C. G. «Assolutamente sì, e devo dire che questo è un periodo di grandi opportunità. Tutti i cambi di direzione verso la creazione d’impresa, soprattutto nei settori tech innovativi (biotech, foodtech, agritech…), sono di grande potenziale: se si pensa di avere le caratteristiche personali non bisogna esitare. Poi sicuramente superati i 55 anni valuterei anche il passaggio a freelance, che consente di cogliere bei progetti portati avanti da imprenditori che non possono permettersi di assumere dirigenti: si tratta spesso di posizioni ben retribuite e di lungo periodo. Segnalo anche il fractional executive: lavorando per più aziende si favorisce la circolazione delle idee e si resta informati e dinamici». C. P. de P. «Aprile e maggio hanno visto un congelamento del mercato del lavoro, ma da giugno si è vista una ripresa. Diverse società di recruitment di senior management vedono percentuali di poco inferiori, se non addirittura simili a quelle pre-covid. C’è poco da dire, in un momento di cambiamento sono i leader a indicare la strada da percorrere e le aziende ne sono sempre alla ricerca». Quali i fattori da mettere in campo, anche in ottica prospettica, per emergere? G. B. «Flessibilità, preparazione
alle skill digitali, capacità di comunicazione e continuous learning». C. G. «Proattività, curiosità, empatia (oggi fondamentale per gestire persone spesso in remoto), resilienza, autoconsapevolezza, flessibilità e soprattutto solution thinking, come capacità di ricercare soluzioni nuove, che escono dai paradigmi del passato e dalla sfera delle nostre esperienze dirette». C. P. de P. «Senza ombra di dubbio oggi si cercano capacità di leadership e di visione strategica. Nella nebbia c’è bisogno di un capitano di cui fidarsi e che sia in grado di tracciare la rotta». Oggi come oggi, si metterebbe sul mercato? e come? G. B. «La differenza è come
mettersi sul mercato, non tanto il quando…». C. G. «Se volessi o dovessi farlo lo farei con tanta umiltà, perché mai come oggi abbiamo tutti dei gap importanti in paragone alla velocità dell’ambiente. Di sicuro poi non lo farei da sola, mi farei seguire da un consulente di carriera, visto che li conosco bene e li apprezzo». C. P. de P. «Cercherei di comprendere quali sono le competenze e attitudini richieste dalle aziende del mio territorio target, su quali formarmi nel breve periodo, quali sono i miei personali asset che possano rispondere a queste esigenze e su queste fondamenta porrei le basi del mio storytelling».
OUTPLACEMENT, NON SOLO PER GIOCARE IN DIFESA Che l’uscita dall’azienda sia subita o voluta, l’outplacement, che scatta anche in caso di accordo consensuale, se non si hanno già altri incarichi può essere un ottimo supporto per completare un progetto in essere tornando a fare il manager o anche ripartendo come imprenditore. Come previsto dai contratti Manageritalia, il dirigente licenziato o uscito per accordo consensuale può attivare tramite l’azienda un servizio di outplacement finanziato da quest’ultima (5.000 euro netti, salvo condizioni di maggior favore). Grazie alla convenzione Cfmt-Aiso questo dà diritto a un percorso costruito ad hoc per gli associati Manageritalia, che può sempre essere personalizzato e ampliato. È necessario valutare prima dell’uscita dall’azienda questa opportunità e poi scegliere, considerando bene nel corso di un incontro individuale gratuito e non impegnativo, con una o più società Aiso, tutte le caratteristiche e le condizioni del servizio. Per maggiori informazioni contatta XLabor (la divisione specializzata nel mercato del lavoro manageriale di Manageritalia) tel. 0292979470 - outplacement@xlabor.it http://bit.ly/Convenzione-Cfmt-Aiso
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Economia
EDUCAZIONE FINANZIARIA: NON C’È TEMPO DA PERDERE Il livello delle conoscenze di base dei temi legati alla finanza personale, al risparmio e agli investimenti in Italia è molto basso rispetto agli altri paesi e questo è un dato molto preoccupante
Antonella Portalupi vicepresidente Manageritalia
L’
EDUCAZIONE finanziaria è una leva strategica per lo sviluppo delle persone, della crescita delle imprese e di conseguenza per lo sviluppo economico del nostro Paese. La preparazione finanziaria degli individui è un elemento essenziale per la prosperità economica di un paese ed è tanto più essenziale se alla sua diffusione contribuisce un’azione sinergica che coinvolge tutti gli attori del sistema economico: enti regolatori, industria bancaria e finanziaria, media, sistema scolastico, piccoli e grandi investitori, associazioni di consumatori e organizzazioni che promuovono attività di responsabilità sociale collettiva.
L’Italia sotto i paesi Ocse Negli ultimi anni sono state condotte numerose ricerche e survey
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per valutare il grado di conoscenza delle popolazioni sui temi assicurativi, previdenziali e di gestione e programmazione delle risorse finanziarie personali e familiari. L’ultimo rapporto della Banca mondiale (2019) ha rilevato un gap sostanziale fra il nostro Paese e il resto dell’area Ocse in tema di alfabetizzazione finanziaria. Il livello di conoscenze di base dei temi legati alla finanza personale, al risparmio e agli investimenti è molto basso rispetto agli altri paesi e questo è un dato molto preoccupante. Il 30% degli italiani ha raggiunto
un livello di conoscenza di questi aspetti della propria economia domestica adeguato, contro una media Ocse del 62%. Questo è un problema di molti paesi, tuttavia quando si considera la conoscenza finanziaria di base, l’Italia si avvicina di più ai Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che ai paesi dei G7.
Donne e uomini: differenze rilevanti Dall’ultimo rapporto della Banca mondiale emerge anche che il livello di conoscenza finanziaria
non è uniforme in tutta la popolazione. Gli uomini presentano livelli di consapevolezza finanziaria maggiori delle donne, anche se il gap è minore rispetto ad altri paesi dell’area Ocse: le donne altamente istruite, in particolare, hanno punteggi di conoscenza finanziaria inferiori rispetto ai loro coetanei maschi. E guardando ai giovani è ancora peggio: un quindicenne ogni cinque non sa nulla di finanza; solo il 36,1% dei nostri ragazzi dichiara di apprezzare l’economia. A tutto ciò si aggiunge il fatto che
il mondo dei servizi finanziari destinati alle persone, alle famiglie e alle imprese è cambiato profondamente negli ultimi anni, nell’ottica di una crescente segmentazione e specializzazione dell’offerta. Senza una comprensione di base dei concetti finanziari, non tutti hanno gli strumenti utili e necessari per prendere decisioni relative alla gestione del proprio denaro. I soggetti finanziariamente “colti” hanno la capacità di fare scelte finanziarie informate per quanto riguarda il risparmio, gli investimenti, il prestito o altro, ma sono minoranze.
OTTOBRE 2020 - DIRIGENTE 17
Economia Grado di conoscenza finanziaria di base nei principali paesi Ocse e nei Brics Principali economie emergenti
Principali economie avanzate 0
20
40
Canada
60
0
20
40
60
Brasile
Francia Cina Germania India
Italia Giappone
Russia Gran Bretagna Stati Uniti
Sud Africa
Fonte: Rapporto della Banca Mondiale 2019
L’ignoranza costa Non essere al corrente delle nozioni base di finanza ha un prezzo, spiega una ricerca condotta dalla Banca mondiale e da Standard & Poors Rating Service. Un prezzo a volte non indifferente. Prendiamo il concetto di interesse composto, ossia quando gli interessi – invece di essere riscossi – vengono aggiunti al capitale iniziale che li ha prodotti, generando a loro volta interessi. Ecco, secondo il report non avere colto questo concetto significa «spendere di più per le transazioni, contrarre debiti maggiori, sostenere maggiori tassi d’interesse sui prestiti». In soldoni, ci si indebita di più e si risparmia meno. Chi invece conosce l’Abc della finanza è in grado di pianificare meglio (e diversificare) il proprio risparmio.
Perché è importante colmare i gap conoscitivi Di conseguenza, la conoscenza e la coscienza finanziaria degli individui sono particolarmente importanti in tempi in cui sempre più prodotti finanziari complessi sono facilmente disponibili per una vasta platea di popolazione. Sta diventando dunque molto importante colmare questi gap conoscitivi della popolazione italiana in un’ottica di accorciare le distanze
18 DIRIGENTE - OTTOBRE 2020
dagli altri paesi, essere credibili sui mercati finanziari internazionali e consentire al nostro Paese uno sviluppo e una crescita che trae spunto proprio dalla finanza e dagli strumenti finanziari. Anche perché nell’era del Fintech aumenta la velocità con la quale si evolvono e si moltiplicano le piattaforme finanziarie e i servizi bancari finanziari e assicurativi a disposizione degli individui per utilizzare, investire e accumulare le
proprie risorse. Al contrario diminuisce la consapevolezza di quanto questi strumenti possano essere rilevanti e rischiosi se utilizzati senza un’adeguata conoscenza dei costi/benefici ad essi correlati.
Azienda: i requisiti per raggiungere un percorso di sviluppo e crescita L’utilizzo dei diversi strumenti che il mercato finanziario mette a disposizione delle aziende – non solo per quelle grandi, ma anche per quelle piccole e medie – significherebbe per loro intraprendere un percorso di sviluppo e di crescita dimensionale con nuovi afflussi di risorse finanziarie. Il primo requisito però è la conoscenza delle diverse possibilità per la raccolta di capitale, complementare a quello tradizionale offerto dal sistema bancario, e un cambiamento cultu-
rale, che spinga le imprese a voler pensare più in grande e quindi a crescere. Il secondo requisito riguarda l’alfabetizzazione finanziaria delle persone e una divulgazione generalizzata della conoscenza delle regole fondamentali sulle quali poggia la finanza, in modo che sappiano sfruttare nuove forme di investimento in modo consapevole. I risultati dell’indagine invece mostrano una popolazione estremamente impreparata non solo sugli aspetti più approfonditi di come approcciare il mondo degli investimenti, ma più semplicemente nella quotidiana gestione delle proprie finanze, del proprio risparmio e del proprio patrimonio. Raggiungere una sufficiente conoscenza di base di economia e finanza non deve infatti essere vista come la strada per conseguire chissà quali risultati, molto spesso legati in modo troppo stretto alla disponibilità di capitale investibile e quindi appannaggio di pochi, ma deve essere il punto di partenza per saper gestire al meglio il proprio reddito, il risparmio accumulato durante l’intera vita lavorativa o anche solo per pianificare spese presenti e future. Il tema della cultura finanziaria ha assunto, quindi, un’importanza crescente e sempre più pervasiva: resta il dato per cui i fenomeni in atto aumentano la complessità nell’orientamento e nelle scelte finanziarie a carico delle persone.
L’innovazione digitale per il mondo finanziario e per il Fintech sta favorendo lo sviluppo di nuovi servizi e di nuove imprese, tante startup sono nate e tanti processi di open innovation sono in corso nel mondo delle banche, delle assicurazioni e in tutto il settore finanziario. Vista la loro natura altamente tecnologica, le imprese tecnofinanziarie sono generalmente nuove imprese che fondano la loro stessa filosofia di affari sulle Ict, contrapponendosi a quello più tradizionale delle aziende già esistenti. Questo implica che è ancora più importante conoscerne l’essenza, il modus operandi e i prodotti/servizi che offrono, anche perché come cittadini e/o lavoratori bastano pochi click per muoversi su ogni prodotto e in tutto il mondo. L’incontro con manager di importanti aziende nate digitali ci dà modo di approfondire opportunità e rischi sotto tanti punti di vista sia come cittadini che come manager e lavoratori che integrano questi prodotti e servizi nei loro business qualsiasi essi siano. Ne parliamo con Antonella Portalupi, vicepresidente Manageritalia; Tiziana Vallone, dottore commercialista esperta di finanza aziendale; Benedetta Arese Lucini, ceo Oval Money; Giangiacomo Olivi, partner Dentons, Europe co-head of the Data Privacy & Cibersecurity group.
webinar - mercoledì 28 ottobre, 17,30-19 Seguici e partecipa su Youtube e Facebook Manageritalia In Manageritalia opera dal 2019 il gruppo Financial literacy, di cui è responsabile Tiziana Vallone. Questo gruppo si propone di promuovere percorsi formativi e informativi sul tema della “cultura finanziaria”, sviluppando una maggiore consapevolezza nel pianificare la gestione prospettica delle proprie risorse finanziarie. L’attività prevede un percorso di acculturamento e approfondimento di queste materie a favore degli associati e delle loro famiglie nell’ottica di offrire un ulteriore servizio e favorire un arricchimento da trasferire alla società civile.
OTTOBRE 2020 - DIRIGENTE 19
Innovazione
IL RILANCIO ECONOMICO PASSA DALLE STARTUP? Un ecosistema in fermento tra investimenti, nuove opportunità occupazionali e piani di sviluppo. Per l’Italia alcuni nodi da sciogliere Silvia Pugi
business angel IAG e responsabile CSR Manageritalia
20 DIRIGENTE - OTTOBRE 2020
A
SETTEMBRE il fondatore e ceo di Spotify, lo svedese Daniel Ek, ha annunciato che nei prossimi dieci anni investirà 1 miliardo di euro in startup europee deeptech nei settori machine learning, biotecnologie, scienza dei materiali ed energy. «Voglio fare la mia parte, sappiamo tutti che una delle maggiori sfide è l’accesso ai capitali», ha detto Ek, aggiungendo di voler realizzare un “nuovo sogno europeo”. «Mi sento davvero frustrato – continua il ceo del colosso della musica online – quando vedo imprenditori europei rinunciare alle loro idee incredibili vendendo presto ad aziende non europee, o quando alcuni dei talenti tecnologici più promettenti in Europa se ne vanno perché non si sentono apprezzati qui [...]. Abbiamo bisogno di più di super aziende che alzino l’asticella e possano fungere da ispirazione». Contemporaneamente, l’Unione europea ha deciso per la prima volta di investire direttamente in startup altamente innovative attraverso l’Eic (European innova-
tion council equity fund), acquisendo quote di equity, ed è al lavoro al piano Next Generation Eu per mobilitare gli investimenti per il rilancio dell’economia. In Italia si discute di come usare i miliardi del Recovery fund.
Pandemia: il boom del digitale
La crisi del Covid ha colpito molto duramente alcuni settori, ma altri,
soprattutto quelli digitali, sono stati premiati, uscendone rafforzati. Le aziende tech in questi mesi hanno guadagnato fatturato. Così, mentre i cinema erano chiusi, le piattaforme di streaming sono cresciute e nel periodo nel quale non
In questo nuovo scenario, le startup possono giocare un ruolo importante per il rilancio dell’economia. Innanzitutto perché creano velocemente posti di lavoro, soprattutto quelle che scalano: la crescita degli ultimi anni dei giganti
do innovazione nelle aziende tradizionali, sia per rapporti di fornitura o partnership, sia come reazione alla concorrenza delle loro proposte. Infine, le persone che lavorano nelle startup, proprio per la natura innovativa della loro attività, sviluppano competenze che permetteranno loro di essere appetibili sul mercato del lavoro.
Il virus e le startup
si poteva andare al ristorante i locali che si sono organizzati per ordinazioni e consegne online hanno acquisito nuovi clienti. Il lockdown ha mostrato la fragilità del nostro sistema economico, nei prossimi mesi abbiamo la possibilità di resettare il sistema e porre le basi per costruire un futuro più resiliente e sostenibile, facendo leva su innovazione, nuove tecnologie e scoperte scientifiche.
digitali ne è l’esempio lampante. Ma non solo. Le startup hanno un moltiplicatore formidabile: per ogni nuovo posto di lavoro creato nell’hi-tech se ne creano altri cinque nell’indotto; minore è l’età dell’azienda e maggiore è il suo apporto all’occupazione (fonte: Startup Genome Covid-19 Impact Insights survey). Inoltre, le startup aumentano la produttività del sistema, portan-
L’impatto del Covid sulle startup è stato pesante. Nei mesi scorsi molte di queste si sono trovate in una duplice morsa: da un lato il blocco dei capitali, dall’altro il calo della domanda. Il risultato è stato drammatico: nel mondo solo il 28% delle startup ha visto mantenuti i piani di finanziamento e il 74% ha dovuto ridurre il personale (fonte: Startup Genome Covid-19 Impact Insights survey). In Italia, nel primo semestre del 2020 l’ecosistema dell’innovazione ha perso posizioni ma ha retto meglio rispetto ad altri paesi. Il venture capital (VC) ha fatto investimenti per 217 milioni, in calo del 30% rispetto allo scorso anno, distribuiti su 57 operazioni (-17%), quasi la metà sull’Ict. Interessante come la percentuale di partecipazione delle corporate ai round di VC si sia mantenuta uguale. Contemporaneamente, grazie all’avvio dell’operatività della piattaforma ITAtech, gli investimenti in technology transfer hanno totalizzato 38 milio-
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Innovazione L’evoluzione del mercato del VC e il ruolo delle corporate Initial e follow-on Evoluzione del mercato italiano Numero investimenti
Ammontare investimenti (€)
Partecipazione* delle corporate ai round di VC
21%
220 102 2016
208 78 2017
102 2018
148 2019
26%
26%
2019
H1 2020
13%
597
521
20%
217 57 H1 2020
2016
2017
2018
* Per partecipazione si intende la presenza di una o più corporate sia in qualità di lead investor (anche in operazioni non in sindacato), sia in qualità di co-investor in operazioni in sindacato
Fonte: VeM - Venture Capital Monitor
ni su 65 operazioni, in netta crescita. L’early stage – business angel, VC e corporate VC – hanno investito 248 milioni (-27%) su 88 round (fonte: VeM - Venture Capital Monitor). Se guardiamo invece alle aziende consolidate, la primissima reazione è stata di posticipare molti progetti di innovazione e alcuni sono stati semplicemente abbandonati. Però adesso, nell’adattarsi alla nuova normalità, si sono viste praterie di miglioramento, soprattutto lato digitalizzazione, ciò che “non si può fare” ora è possibile e i progetti di open innovation stanno ripartendo. C’è meno spazio per i progetti di sola visibilità, di fare qualcosa con le startup solo per immagine. Adesso i manager delle corporate hanno più chiaro come lavorare con queste realtà, quanto serve investire in termini di tempo e ri-
22 DIRIGENTE - OTTOBRE 2020
sorse e cosa si può ottenere come Kpi e Roi.
L’Italia e il resto dell’Europa
L’ecosistema italiano delle startup innovative è ancora piccolo rispetto ad altri paesi europei, ma conta oltre 11.500 startup e pmi innovative registrate, con un capitale sociale sottoscritto complessivamente di 656 milioni di euro. Al loro interno lavorano 65mila persone, tra soci e dipendenti, e la produzione complessiva ammonta a oltre un miliardo di euro. Per quanto riguarda la distribuzione per settori di attività, il 73% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese (soprattutto produzione di software, attività di ricerca e sviluppo) e il 18% opera nel manifatturiero. Milano è di gran lunga la provincia in cui è localizzato il numero più elevato di startup innovative, il 20% del totale
nazionale (fonte Unioncamere - 1° luglio 2020). Intorno a loro ruota un mondo di incubatori, acceleratori, business angel, VC, piattaforme di crowdfunding, parchi scientifici, università, corporate e fondi pubblici.
Investiamo troppo poco in innovazione?
Il nostro Paese resta ancora lontano dall’obiettivo europeo di investire il 3% del pil in Ricerca & Sviluppo: l’Italia investe l’1,2%, mentre la Francia il 2,2% e la Germania il 3,13% (dati Oecd, 2018); abbiamo ancora pochi ricercatori e pochi brevetti. Eppure, esiste una relazione diretta tra investimenti in R&S e crescita del pil. Siamo orgogliosi dei ricercatori italiani che hanno successo nei centri di ricerca stranieri, ma c’è poco da festeggiare questa fuga di cervelli. Questi giovani, altamente qualifi-
Il dilemma dei finanziamenti pubblici
cati dalle nostre università, non trovano opportunità professionali adeguate in Italia e scelgono di mettere a frutto le loro competenze in altri paesi. L’Italia continua ad avere meno laureati rispetto ad altri paesi europei e, nonostante ciò, i nostri migliori laureati vanno all’estero, dove trovano migliori retribuzioni e prospettive. In questo circolo vizioso, dove non ci sono abbastanza laureati e non ci sono abbastanza aziende in grado di attrarli, le startup spesso sono l’eccezione, offrendo opportunità fuori standard.
La crisi creata dal Covid ha acceso i riflettori sulla filiera dell’innovazione, università, startup, incubatori, acceleratori, VC e corporate. Con tante aziende in difficoltà e persone a rischio disoccupazione, e con risorse comunque non infinite, dove è più giusto mettere i soldi pubblici? Meglio metterli per tenere in piedi aziende ormai fuori mercato, oppure meglio puntare su nuova imprenditoria e startup ad alto contenuto tecnologico, rischiose ma potenzialmente in grado di
crescere velocemente e creare economia e ricchezza futura? Il decreto Rilancio contiene risorse importanti per ricerca e innovazione (ma ancora al disotto di quanto fatto in altri paesi europei), tra cui: 500 milioni per la costituzione del fondo per il Trasferimento tecnologico, Mise; 50 milioni per la creazione del fondo per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Mid; 200 milioni per il fondo di sostegno al VC. Come ha dichiarato Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cdp - Cassa depositi e prestiti, a
Relazione tra investimenti in R&S e crescita del Pil in 28 economie mondiali (2009-2017) Paesi Ue
Pil, tasso annuo di crescita composto 2000-2017 (%)
14
Paesi Extra Ue
Cina
12
10
Spagna
Islanda
8
Belgio
Canada
6
Croazia
Olanda
Israele
Polonia Austria
4
Germania
Finlandia
Usa
Francia
2
ITALIA
Estonia
Lettonia
Rep. Ceca Cuba
Russia
Bulgaria
Singapore
Ungheria Brasile Corea del Sud
Grecia
Regno Unito
0 0
5
10
15
20
Investimenti in R&S, tasso annuo di crescita composto 2000-2017 (%) Fonte: rielaborazione The European House - Ambrosetti su dati Word Bank e Oecd, 2020
OTTOBRE 2020 - DIRIGENTE 23
Innovazione I finanziamenti alla ricerca Erc Starting Grant 2020 102
273
100 90
+
*
70
=
Establishedby the European Commission
53
60 50
37
35
11
10
10
8
8
7
6
6
5 Finlandia
20
20
Portogallo
23
Austria
24
Polonia
30
26
Grecia
28
Cina
40
Svezia
Numero di grant
80
436
163
Svizzera
110
10
5
4
4
4
124
+
62
34
** 20 12
10
11
7
7
6
4
3
3
Austria
Danimarca
Italia
Belgio
Svezia
Israele
Spagna
Svizzera
Francia
Paesi Bassi
Regno Unito
Altri
Turchia
2
1
1
1
1
1
0 Germania
Russia
2
Slovenia
20
21
Romania
23
Lusemburgo
23
Ungheria
23
Cipro
30
Scienze sociali e umanistiche
Grecia
38
Scienze fisiche e ingegneria
** I 20 grant si riferiscono a istituzioni italiane e sono stati vinti da ricercatori sia italiani sia stranieri che lavorano in Italia.
Rep. Ceca
40
Scienze della vita
Turchia
42
436
Polonia
50
=
Irlanda
60
+
Portogallo
70
Norvegia
Numero di grant
80
all’attivo dei ricercatori italiani; più del 60% di essi sarà attivo in un’istituzione straniera.
126
186
Finlandia
88
Irlanda
* Sono 53 i grant
Nazionalità per numero di ricercatori beneficiari 90
Ungheria
Usa
Belgio
Paesi Bassi
Israele
Regno Unito
Spagna
Francia
Italia
Germania
0
Paesi ospitanti le istituzioni
Fonte: Erc - European Research Council
cui sono state assegnate risorse per un miliardo: «Entro il 2022 puntiamo a investire in oltre mille startup, sviluppare più di 15 acceleratori di nuova generazione, formare più di 20 nuovi team di gestori», con un effetto leva sul
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mercato del VC fino a 3 miliardi. Come insegna l’esperienza di altri mercati più evoluti, Usa in primis, il capitale pubblico è la base per creare velocemente massa critica per l’ecosistema dell’innovazione, innescando lo sviluppo di azien-
de e la crescita di competenze. Le startup sono una delle componenti più vitali della nostra economia, producono innovazione, opportunità, futuro. Sono uno dei pilastri della ripartenza del sistema economico italiano.
Management
CONDIVIDIAMO I NOSTRI SOGNI? Il social dreaming: un potente strumento per decifrare la realtà in cui viviamo e cogliere spunti per la nostra professione Valeria Cantoni Mamiani presidente di ArtsFor
26 DIRIGENTE - OTTOBRE 2020
O
LTRE AL COVID-19, anche i nostri sogni sono i protagonisti di questo momento storico in cui un virus sta giocando a domino con il mondo. Il coronavirus ha cambiato infatti le nostre vite, le nostre notti e dunque i nostri sogni. Contagio, isolamento, lockdown, mascherine, distanza di sicurezza, tamponi, smartworking forzato, apprendimento online fanno parte del vocabolario quotidiano e sono ora presenti anche nelle parti più profonde e segrete della nostra mente. Un trauma così ci è entrato nella pelle e si è impossessato dei nostri sogni rendendoli più intensi. I sogni di questi mesi ci raccontano infatti, con un’altra grammatica, come sono cambiate le nostre vite e le nostre abitudini, facendo emergere emozioni e paure condivise. Gli psicanalisti hanno avuto pane per i loro denti e si sono impegnati, chi a livello individuale, chi a livello universitario come Yale e Harvard, ma anche nei media, come ha fatto Vittorio Lingiardi con Repubblica, a raccogliere dalle persone il maggior numero di sogni,
sia durante il lockdown sia dopo, per cercare di misurare la temperatura emotiva della società. Franca Fubini, psicanalista di Torino attiva in Europa come esperta di gestione dei gruppi e di Group Relation Conferences, ha continuato a organizzare anche in questi mesi sessioni online di Social dreaming, una metodologia per accedere alla conoscenza dei sogni e dove la chiave di lettura si focalizza sul sogno e non sul sognatore. Un contenitore chiamato matrice (parola latina per utero) “ospita” la narrazione collettiva dei sogni e cat-
tura gli echi dei pensieri che si trovano nello spazio collettivo della mente, dove ciascuno di noi è connesso con l’ambiente sociale, culturale, naturale.
Una tecnica per rielaborare quello che ci succede
«Negli incontri di social dreaming – ci spiega Franca, che ha contribuito a portare questa tecnica in Italia dalla Gran Bretagna, dove è nata – si raccontano i sogni, quelli che si hanno dormendo, si associa liberamente ai sogni raccontati e ci si appoggia alle reti di connessioni che permettono di leggere quanto riveli l’insieme dei sogni». La matrice di social dreaming è il “luogo” dove la vita cosciente della veglia rispecchia il mondo inconscio/infinito del lavoro del sogno che avviene nel sonno. È un luogo dove “qualcosa può crescere”. La funzione dei sogni è infatti anche
quella di rielaborare quello che ci accade nella vita conscia, restituendoci, attraverso l’inconscio, uno specchio molto particolare di quello che proviamo, delle nostre paure, desideri più profondi e aspirazioni. Molte persone in questo periodo hanno sentito l’esigenza di condividere i propri sogni, non tanto per essere interpretati, quanto piuttosto per cercare una narrazione condivisa che riconsegnasse un senso più ampio al contesto in cui siamo tutti calati.
Cogliere le connessioni
Attraverso questa metodologia ci possiamo rendere conto di quanto le nostre vite siano connesse e interconnesse e di come siamo capaci, insieme, di creare un pensiero sistemico. «Il social dreaming non è un’invenzione – spiega Franca – secoli di condivisione dei sogni nella collettività lo testimoniano, ma è una scoperta che, insieme alle ricerche sulle dinamiche di gruppo, portò il professor W.G. Lawrence del Tavistock Institute of Human Relations negli anni 80 a ipotizzare che i sogni esplorati nel contesto dei molti – diverso da quello del due della stanza di ana-
lisi – avrebbero potuto rivelare significati sconosciuti e facilitare lo sviluppo del pensiero applicato a tematiche sociali, culturali e istituzionali». «Come in un brano musicale, si ascolta la musica creata dai diversi strumenti, o come i funghi, che emergono singoli nel terreno boschivo e sono in realtà i frutti della fittissima rete del micelio, anche i sogni sono l’espressione dell’infinita rete di connessioni, spesso non viste e non pensate, ma che influenzano comunque la vita di superficie», dice sempre Franca. Immergendosi nella rete, si sviluppano conversazioni e incontri significativi dove non prevale tanto la voce del singolo con le proprie opinioni e giudizi, quanto la voce dei sogni, paradossalmente molto personali e allo stesso tempo voce delle infinite sfaccettature della collettività.
Un approccio utile per la nostra vita professionale
Ora, se portiamo questo approccio nelle organizzazioni, creare matrici di social dreaming tra gruppi omogenei può aiutare a farsi un’idea delle relazioni nei e tra i gruppi, dove il punto non è più il singolo individuo, ma le geografie emotive del sistema, che emergono grazie alla rete dei sogni che viene tessuta.
OTTOBRE 2020 - DIRIGENTE 27
Management
IIl manager sognatore: essere attenti ai cambiamenti
Fin dall’antichità i sogni condivisi nella collettività sono stati uno strumento di comunicazione, di previsione del futuro e di analisi del presente. Le antiche tribù sono oggi le nuove organizzazioni, dove i manager sono chiamati a prendere decisioni importanti, che sono ancora più delicate, visto il tempo annebbiato, incerto e così difficile da interpretare. Con lo spirito di facilitare una presa di consapevolezza del tempo che stiamo attraversando, Cfmt e la scuola di ArtsFor Leading by Heart, propongono ai manager associati un’inedita esperienza di social dreaming condotta da Franca Fubini e Valeria Cantoni Mamiani con il webinar “Il manager sognatore”. Il workshop prevede due incontri online, il 10 e il 17 novembre, di due ore ciascuno, con esercitazioni intramodulo e momenti di condivisione durante i webinar. Lo scopo è fare una riflessione profonda sul contesto e sul momento in cui ci si trova per far emergere lo strato che abitualmente non esce e vedere finalmente quei segnali deboli di cambiamento che non si ha tempo né occasione di osservare. Un’opportunità unica per accedere a una zona di comprensione profonda che neppure la lettura di decine di libri e giornali ci potrebbe dare. Bisogna scavare la terra per vedere le radici di una foresta, allo stesso modo va scavata la superficie della mente di molti per vedere l’origine di alcuni comportamenti e reazioni sociali e individuali. Per i manager e le manager la partecipazione a questo corso offre stimoli e strumenti di lettura inediti sia per il business che per la relazione con il proprio team.
Il manager sognatore Zoom, 10 + 17 novembre – orario: 9.30-11.30 http://www.cfmt.it/formazione/corso/il-manager-sognatore Per maggiori informazioni:
Serena Buzzi serena.buzzi@cfmt.it - 02 5406311
Valentina Chiaramonte valentina.chiaramonte@cfmt.it - 06 5043053
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Ci si misura con l’inconscio degli altri. «I sogni ci connettono all’ambiente e possono illuminare il contesto sociale in cui viviamo. I sogni “pensano” la realtà, sono lo spazio mentale dove il conosciuto e il non conosciuto coesistono», spiega ancora Franca Fubini. In un’organizzazione o in un’istituzione il social dreaming facilita dunque l’introduzione di uno spazio non saturo di riflessione, dove i membri di uno stesso team possono esplorare le preoccupazioni correnti, ritrovare l’autorità del proprio ruolo e permettere a nuove soluzioni di emergere dal loro interno.
Una condivisione di esperienze senza limiti
E quando ci si incontra online? I sogni non hanno confini, si potrebbe dire. Infatti in questo periodo di pandemia gli incontri sono solo in modalità virtuale: si è persa la presenza corporea e la sensorialità, ma è anche stato possibile superare le restrizioni geografiche. E il fatto di poter mettere insieme persone diverse, provenienti anche da diverse geografie, professioni ed esperienze di vita, è un modo per intercettare dove si trova la comunità in termini di emozioni e visioni e dare maggiore senso alle nostre esperienze emotive che, come direbbe Edgar Morin, ci danno la consapevolezza di essere tutti appartenenti alla stessa comunità di destino.
Intervista
SI PUÒ SOGNARE UNA PA ITALIANA UN PO’ MENO “ALL’ITALIANA” La casta, La deriva, Rapaci, La cricca, Licenziare i padreterni, Se muore il Sud, Onorevoli e no, La repubblica dei brocchi, Il pacco, La memoria del criceto e Riprendiamoci lo Stato. Non ci è mai andato per il sottile Sergio Rizzo, vicedirettore di Repubblica e giornalista d’inchiesta che ha lavorato in alcune delle principali redazioni italiane. Del resto il ruolo autentico del giornalista è quello di sorvegliare il potere con i suoi articoli e i tanti saggi su scandali, distorsioni e tutto quello che non va nella nostra bellissima ma “ingolfata” Italia.
Sergio Rizzo, giornalista, vicedirettore di Repubblica.
Fabrizio Galassi giornalista Adnkronos
30 DIRIGENTE - OTTOBRE 2020
Dando per scontato che lo Stato e la burocrazia in Italia funzionano male, di chi è la colpa? «Il peccato originale è nella natura e nella storia del rapporto tra lo Stato e gli italiani, con questi ultimi che non sono mai riusciti ad ottenere lo status di cittadini veri e propri. Sono rimasti sudditi, perché lo Stato-apparato non si fida di loro e questo – di conseguenza – fa sì che loro non si fidino dello Stato. Il mezzo di questo insano rapporto è governato dalla burocrazia che agisce ostacolando e non agevolando la citta-
dinanza. Con l’avvento della Repubblica e della Costituzione formalmente è cambiato tutto, ma sostanzialmente niente. Basti pensare al principio introdotto dalla legge 241 del 1990 per il quale la pubblica amministrazione non deve richiedere al cittadino documenti che sono già in suo possesso, oppure ai principi espressi dall’art. 97 della Costituzione sul buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione… Ricordo che nel dibattito dell’Assemblea costituente, Togliatti propose di introdurre un
controllo popolare sulla burocrazia, ma dalla legge del ‘90 al decreto trasparenza del 2016 mi pare che nulla di tutto questo sia avvenuto». Qual è il ruolo dei sindacati, quelli che hanno a che fare con la Pa perché rappresentano i dipendenti? «Se non ci fossero stati i sindacati in questi decenni non vivremmo certo in un paese migliore. Col tempo però abbiamo assistito a una brutta deriva: i sindacati hanno stabilito un rapporto deleterio con la politica, che ha ovviamente interesse a conquistare e mantenere consensi. Questo ha impedito di esercitare un controllo sull’efficienza degli uffici pubblici, favorendo la conservazione di poltrone e di un sistema comples-
sivo non efficiente e ostile all’utente. I sindacati del pubblico impiego sono diventati molto potenti – ne è un esempio quanto accaduto all’Inps con il condizionamento delle nomine – ed è molto difficile che possano diventare promotori di un cambiamento». Chi rappresenta il Paese e l’economia, il mondo delle imprese, cosa potrebbero fare per richiedere e sollecitare un definitivo cambiamento? «Lo Stato non ha interesse come detto e di questo sistema inefficiente si sono giovate in passato anche le imprese, che da qualche anno si sono cominciate a lamentare del fisco e solo da pochissimo anche della burocrazia. C’è una forma perversa di cointeressenza che dà luogo a un circolo vizioso».
Gli italiani sono rimasti sudditi, perché lo Statoapparato non si fida di loro e questo – di conseguenza – fa sì che loro non si fidino dello Stato. Il mezzo di questo insano rapporto è governato dalla burocrazia che agisce ostacolando e non agevolando la cittadinanza
La dirigenza, i dirigenti dei ministeri e della Pa, cosa fanno e cosa potrebbero e dovrebbero fare? «A mio avviso, solo per fare un esempio, un dirigente della pubblica amministrazione dovrebbe
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Intervista confrontarsi con il suo utente, come fanno le imprese con i clienti, la cosiddetta misurazione della customer satisfaction: nessun altro meglio dei cittadini può stabilire se un servizio è utile, efficiente ed eseguito rapidamente. C’è un problema di quantità e di qualità: abbiamo il più alto rapporto dirigenti-dipendenti pubblici e 12-13 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti. Quanto alla qualità, è ampiamente fallito l’esperimento di intercettare dirigenti dal settore privato a causa delle scelte legate solo a rapporti personali per finalità politiche anziché alle competenze e capacità. E anche il criterio del valore regale delle lauree ha mostrato tutta la sua debolezza, per non parlare dei concorsi, i famosi concorsi all’italiana». Quindi non ci sono speranze di cambiamento dall’interno? «Credo che non siamo molto lontani dal raggiungere un punto di
rottura e anche i sindacati devono comprendere che la difesa di chi non produce, di uffici inutili, danneggia tutti gli altri, tutta la categoria. L’Italia non cresce dall’inizio del 2000, dal 2001 al 2011 abbiamo perso il 6,5% di pil, mentre altri paesi come la Germania sono cresciuti». Da dove ripartire per riprenderci lo Stato e avere una burocrazia veramente al servizio del cittadino, dell’economia e del Paese? Dal suo libro Riprendiamoci lo
Stato - Come l’Italia può ripartire pare di capire che una grande riforma non funzionerebbe... «Abbiamo assistito a troppi tentativi di grandi riforme e servirebbe un cambiamento culturale radicale ma non ci sono più i tempi. Ci proviamo dagli anni 80. Suggerirei di provare con piccoli cambiamenti: per la selezione del personale fare i concorsi veri, scegliendo i candidati per la capacità
e per la motivazione che è sempre un grande motore: una persona deve provare l’orgoglio di svolgere un servizio pubblico e non scegliere l’incarico soltanto per avere uno stipendio. Penso alla vocazione dell’insegnamento, ma lo stesso discorso si può applicare più in generale. E non si capisce perché il criterio della premialità debba risiedere nell’anzianità, quando a contare sono solo merito e competenza. Poi occorre la formazione, a livello di dipendenti e di dirigenti. E a proposito di dirigenti bisognerebbe aumentare la parte variabile dello stipendio e legarla a coefficienti oggettivi come il riscontro da parte di chi riceve il servizio pubblico. Altra cosa inaccettabile è il potere di nomina dei direttori sanitari attribuito alla politica. Questo è uno dei casi in cui la dirigenza si trova molto spesso a occupare una poltrona per meriti politici e non effettivi». Forse serve anche cominciare a ragionare e lavorare in ottica customer oriented? «Certo, non si capisce perché lo Stato, pur avendo tutte le informazioni possibili sul cittadino, debba di volta in volta chiedergli di produrre una serie di documenti diversi, a seconda dell’ufficio in cui si recherà. Non ci vuole molto a rimuovere questa assurdità, basta far dialogare tra loro le banche dati. Per stare invece alla stretta at-
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tualità, pensiamo al controllo eseguito solo a posteriori. L’esempio della Cig in deroga durante la fase più acuta dell’emergenza Covid è emblematico: sarebbe bastato consultare l’Inps per sapere che senza alcuna revisione del sistema ci sarebbero voluti almeno due mesi per l’erogazione e per potersi regolare di conseguenza». C’è forse anche un problema di ruoli? «Certo, ci sono due fenomeni contrapposti che creano un corto circuito nel sistema: l’amministrativizzazione delle leggi, quando il Parlamento eccede nei
suoi poteri e disciplina troppo nel dettaglio una materia sostituendosi alla Pa, e l’eccessivo ricorso ai decreti attuativi, con la rinuncia del legislatore ad abdicare dal suo ruolo, con il risultato di lasciar scrivere le leggi ai burocrati. Questi decreti oltretutto fanno bisticciare i ministeri perché spesso le competenze coinvolgono più dicasteri. Un esempio su tutti i ritardi sul varo del bonus bici deciso prima dell’estate. E, per concludere, citerei il modo in cui vengono scritte le norme: Max Weber ricordava che per il potere, rendere più complicata la vita allunga la vita».
rottura e anche i sin tani dal raggiungere un punto di Tito Boeri - Sergio Rizzo «Credo che non siamo molto lonRiprendiamoci lo Stato - Come l’Italia può ripartire Editore Feltrinelli
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OTTOBRE 2020 - DIRIGENTE
OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
osservatorio
RECEPITA LA DIRETTIVA UE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO NEL DISTACCO TRANSNAZIONALE
I
l decreto legislativo 122 del 15 settembre 2020, entrato in vigore il 30 settembre, integra la normativa nazionale (decreto legislativo 136/2020) in materia di distacco transnazionale. Le principali novità riguardano i rapporti di lavoro tra imprese e lavoratori distaccati, ai quali si applicano, se più favorevoli, le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia da disposizioni normative e contratti collettivi per coloro che svolgono prestazioni di lavoro subordinato analoghe nel luogo di distacco. Tale obbligo riguarda in particolare: periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo; durata minima dei congedi annuali retribuiti; retribuzione, comprese le maggiorazioni per lavoro straordinario; condizioni di somministrazione di lavoratori, con particolare riferimento alla fornitura di lavoratori da parte di agenzie di somministrazione; salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione
di gestanti o puerpere, bambini e giovani; parità di trattamento fra uomo e donna, nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione; condizioni di alloggio adeguate nei casi in cui questo sia fornito dal datore di lavoro ai lavoratori distaccati lontani dalla loro abituale sede di lavoro. Tale obbligo riguarda anche indennità o rimborsi a copertura delle spese di viaggio, vitto e alloggio per i lavoratori fuori sede per esigenze di servizio. Rientrano in tali ipotesi le spese sostenute dai lavoratori distaccati nel territorio italiano, sia nei casi in cui gli stessi debbano recarsi al loro abituale luogo di lavoro, sia nei casi in cui vengano inviati temporaneamente presso un’altra sede diversa da quella abituale, in Italia o all’estero. Il decreto si applica anche alle agenzie di somministrazione di lavoro. http://bit.ly/DLGS-122-2020
LE CONSEGUENZE DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE
A
seguito dell’esito referendario del 21 settembre relativo alla riduzione del numero dei parlamentari, si procede adesso alla modifica degli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione. Il numero dei deputati passa dagli attuali 630 a 400, quello dei senatori eletti da 315 a 200, inclusi i parlamentari eletti all’estero (8 deputati contro gli attuali 12 e 4 senatori contro gli attuali 6). I senatori a vita in carica non potranno essere più di cinque, esclusi gli ex presidenti della Repubblica. Oggi a Montecitorio c’è un deputato ogni 96mila abitanti, con il taglio ce ne sarà uno per 151mila. A Palazzo Madama siede un senatore ogni 188mila abi-
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tanti, con il taglio ce ne sarà uno ogni 302mila. Il taglio dei parlamentari non si riferisce all’attuale assetto di Camera e Senato: il Parlamento resta pienamente legittimo e la sua formazione non cambia. Il bicameralismo italiano resta, al momento, perfetto. Si dovranno adeguare poi i regolamenti parlamentari e l’orga-
nizzazione dei lavori delle Commissioni in modo tale che il Parlamento, una volta rinnovato, possa lavorare subito nel modo migliore. Le modifiche si applicheranno dalle prossime elezioni. La nuova legge è adesso in vigore, ma non operativa. Lo diventerà non prima di 60 giorni dall’entrata in vigore: i tempi tecnici per il ridisegno dei collegi. Il varo di una nuova legge elettorale di cui si questiona non è in alcun modo vincolante dal punto di vista tecnico. Se anche è unanime la volontà di cambiare la legge elettorale, quando si entra nel merito c’è ancora un totale disaccordo. http://bit.ly/Testo-Legge-Cost
RAPPORTO 2020 - WELFARE INDEX PMI
L
a quinta edizione Welfare Index pmi, promosso da Generali Italia, amplia ulteriormente il quadro di analisi con oltre 6.500 interviste e si arricchisce delle analisi su Covid-19 e impatti del welfare sui risultati di bilancio. L’emergenza Covid ha impresso un salto di qualità al welfare aziendale: per la prima volta le imprese attive superano il 50%, il 79% ha confermato le iniziative di welfare in corso e il 28% ne ha introdotte di nuove o potenziato quelle esistenti. Nel contesto Covid-19, le pmi con un welfare più maturo hanno avuto maggiore capacità di reagire all’emergenza e sono state un punto di riferimento per la comunità. Sanità, sicurezza, assistenza,
formazione, conciliazione vita-lavoro si confermano le aree di maggiore intervento. Il welfare aziendale fa crescere l’impresa in termini di produttività e occupazione: il nuovo modello di analisi dell’impatto delle azioni di welfare sui bilanci di 3mila pmi attesta che negli ultimi due anni le imprese più attive nel welfare registrano il maggiore aumento di produttività (+6% vs media +2,1%) e di occupazione (+11,5% vs media +7,5%). Il welfare aziendale si conferma una leva strategica per affrontare l’emergenza e la ripresa sostenibile del Paese. http://bit.ly/Generali-WelfareAziendale
NUOVI FINANZIAMENTI A FAVORE DI STARTUP E PMI
I
l Mise ha stanziato, con il decreto Rilancio, 200 milioni di euro per il sostegno e il rafforzamento, sull’intero territorio nazionale, delle startup e pmi innovative, emanando successivamente un decreto attuativo. Un investimento pubblico nel capitale delle imprese che si accompagna all’azione di investitori privati. Le risorse saranno gestite dal Fondo nazionale innovazione e potranno essere erogate risorse fino a un massimo di quattro volte il valore dell’investimento
privato nel limite complessivo di 1 milione per singola startup o pmi innovativa. È prevista nei primi sei mesi di operatività del Fondo anche una procedura accelerata di valutazione per imprese già beneficiarie dello strumento Smart&Start, imprese che, ricordiamo, si avvalgono dell’attività di mentoring di manager iscritti a Manageritalia. http://bit.ly/Mise-Startup-Pmi-innovative
DISEGNO DI LEGGE DEL CNEL DI AMMORTIZZATORI IN FAVORE DEI LAVORATORI AUTONOMI
P
er far fronte al periodo di forte riduzione del reddito dei lavori autonomi causato dalla pandemia, il Cnel, in forza dell’art. 99 della Costituzione, ha presentato un disegno di legge per ampliare gli strumenti di welfare a loro favore. Il provvedimento prevede una contribuzione figurativa per gli autonomi iscritti alla gestione separata che abbiano contratto malattie gravi con lunghe interruzioni dell’attività lavorativa. Introduce inoltre un ammortizzatore sociale generale (un’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa) finanziato dalla gestione separata Inps, finalizzato a salvaguardare l’attività professionale in caso di flessione dell’attività economica. È stato presentato dalla Consulta sul lavoro autonomo e le professioni, istituita presso il Cnel come espressione delle forze sociali e delle associazioni di rappresentanza di secondo livello del lavoro autonomo. http://bit.ly/Cnel-DDL-37-2020
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Management
È TEMPO DI VALORIZZARE IL CAPITALE UMANO Per non essere emarginati da un mondo nel quale il sapere è delegato sempre più alle tecnologie digitali, diventa fondamentale valorizzare le proprie competenze professionali. Un’attività che richiede concentrazione e approfondimento, al contrario di approcci esaltati come rapidità e superficialità. In queste pagine parliamo del volume appena pubblicato di Gian Carlo Cocco*, Time to mind.
L *Gian Carlo Cocco è professore universitario di Intelligenze manageriali e di Economia del capitale umano presso l’Università e-Campus di Novedrate (Co). Coordina progetti di consulenza e formazione incentrati sulla valorizzazione del capitale umano d’impresa e sullo sviluppo dei processi di innovazione. Titolare, in Svizzera, della Gian Carlo Cocco Sagl.
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A VASTISSIMA massa di competenze che caratterizza il mondo attuale non può essere raccolta nella mente di un singolo individuo (nel Rinascimento questa illusione era ancora in auge tramite la figura dell’uomo “enciclopedico”). Tutte le conoscenze (le hard skill delle competenze) sono distribuite capillarmente nelle comunità umane e, soprattutto, registrate in apparati di informazioni compo-
sti dai tradizionali manuali alle raccolte di dati, fino ai big data di ultima generazione. Nel loro libro L’illusione della conoscenza, Steven Sloman e Philip Fernbach chiariscono che le persone possono registrare nella loro mente un numero assai limitato di informazioni: in un certo senso gli esseri umani si comportano al pari delle api e fanno riferimento a una sorta di “mente collettiva”. Le conoscenze di ogni singola persona (che sono inestricabil-
mente connesse con quelle di altre persone) rappresentano comunque la tessera di un mosaico dinamico insostituibile e faticosamente delegabile, un prezioso
Il ruolo centrale dell’uomo nell’era digitale
“bagaglio” non facile da conservare, arricchire e utilizzare, che deve essere sostenuto da comportamenti che consentono di trasmetterle, applicarle e svilupparle tramite un processo di interazioni arricchenti. Questi comportamenti possono essere individuati e descritti in termini di capacità (le soft skill, che si dimostrano sempre più importanti nel mondo digitale) e vanno a completare le competenze professionali.
gie, le biotecnologie ecc., possano sostituire le competenze professionali individuali e collettive. Ma questa convinzione rischia di divenire una pericolosa illusione perché le sempre più diffuse tecnologie digitali stanno sì modificando la realtà sociale ed economica, ma hanno assolutamente bisogno della cura e dello sviluppo delle conoscenze e delle capacità delle persone reali. Abdicare alle proprie competenze e delegarle a sistemi informatici e tele-
Si sta diffondendo, infatti, la convinzione che l’intelligenza artificiale, la robotica, le nanotecnolo-
matici può aprire l’orizzonte al drammatico futuro disegnato da Yuval Harari nei suoi libri: far parte della maggioranza degli “inutili”.
La nuova ignoranza, figlia della superficialità. Come combatterla? Negli ultimi tempi l’ignoranza di massa è riapparsa (come accade sovente per molte epidemie che sembravano debellate), originata dalla superficialità, dal fascino della semplificazione, dalla cultura edonistica che, anziché premiare l’impegno, valorizza la furbizia e il minimo sforzo per ottenere il massimo risultato. Questo riflusso dell’ignoranza si è
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Management diffuso e si diffonde come un virus anche nelle scuole e nelle università, favorito dall’abbassamento degli standard di profitto e dal lassismo di molti docenti. La cultura digitale, basata sul reperimento delle informazioni essenziali in tempo reale, ha contribuito pericolosamente al diffondersi dell’ignoranza (mascherata da una patina di sapere superficiale). Perché sforzarsi di acquisire con
La cultura digitale, basata sul reperimento delle informazioni essenziali in tempo reale, ha contribuito pericolosamente al diffondersi dell’ignoranza. Perché sforzarsi di acquisire con fatica conoscenze quando la stesse sono a portata di mano con un click?
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fatica conoscenze quando la stesse sono a portata di mano con un click? Ma l’unica modalità per evitare di essere emarginati da un mondo nel quale il sapere è totalmente delegato all’intelligenza artificiale consiste nella valorizzazione delle competenze professionali che si accrescono nell’interscambio e nel gioco di squadra. Questa attività richiede concentrazione e approfondimento, al contrario degli approcci oggi esaltati: la rapidità e la superficialità. Come segnala Daniel Goleman nel suo libro Focus, oggi l’attenzione e la concentrazione rappresentano preziose risorse mentali molto poco apprezzate a scapito del sapere preconfezionato e, spesso, astutamente manipolato. Nell’attuale turbolenza e imprevedibilità economica e sociale, il valore professionale delle persone (che rimangono in ogni caso il perno insostituibile di ogni attività, cioè un capitale) rimane la risorsa strategica per eccellenza. Se non viene superato l’ostacolo fondamentale che tende a diffondere in modo subdolo l’ignoranza e a mantenere surrettiziamente la diffusa illusione di possedere il sapere in forma virtuale, questo capitale rischia di svanire. Le persone, soprattutto quelle che hanno potuto accumulare un solido bagaglio di competenze, devono necessariamente dedicare la massima attenzione, se vogliono sopravvivere alla minaccia dell’obsole-
scenza del proprio valore professionale e di quello dei propri collaboratori. Questo impegno richiede una modalità non solo mirata, ma anche veloce.
Time to mind, l’apprendimento come vantaggio competitivo In sintesi, occorre la progressiva riduzione del tempo di apprendimento accompagnata dal mantenimento dell’efficacia: un vantaggio competitivo che può essere sintetizzato nella formula Time to mind che dà il titolo al libro e che trae spunto dal diffuso e vincente approccio del Time to market. Seguendo il percorso del libro possiamo partire da una citazione tratta dall’introduzione: «Se le persone vogliono sopravvivere all’attuale “tempesta perfetta”, dove le onde della speculazione finanziaria originano drammatici naufragi (ingigantiti dalla pandemia), devono dedicare attenzione non solo ai risultati da raggiungere, ma anche al proprio valore professionale e a quello dei propri eventuali collaboratori». Il libro Time to mind rappresenta anche il seguito e il completamento della recente pubblicazione dello stesso autore dal titolo Governare l’impresa con il capitale umano, in quanto fornisce un contributo applicativo di come il capitale umano organizzativo e personale possa essere concretamente sviluppato tramite accor-
gimenti per rendere efficace l’apprendimento delle conoscenze e delle leve per incrementare in forma mirata l’espressione delle capacità.
Assessment per seguire le evoluzioni delle capacità Per seguire le evoluzioni delle capacità è indispensabile fare ricorso allo strumento diagnostico definito assessment che, a fronte dello sviluppo dello smartworking, può essere applicato a distanza secondo quanto illustrato nel libro. La metodologia di assessment ha il vantaggio di diagnosticare rapidamente e in modo affidabile il livello di espressione delle capacità chiave e di suggerire azioni mirate di automiglioramento e di autocoaching. L’applicazione del Time to mind consente di realizzare un sistema di “autoformazione permanente” che si pone l’obiettivo di sensibilizzare e coinvolgere direttamente le risorse di contenuto profes
I PIANI DI AUTOFORMAZIONE PER LE CAPACITÀ Questi innovativi piani di autoformazione sono basati su: Un percorso di auto-miglioramento composto di: Pro-memoria comportamentali che contengono un elenco di azioni che descrivono le attività fondamentali di ognuno dei tre momenti specifici di una capacità. Consentono di richiamare alla memoria le particolari azioni emblematiche che occorre mettere in atto per essere più efficaci e innescare e seguire un processo di miglioramento. Sintetiche letture finalizzate in grado di aprire orizzonti e di fornire consigli operativi. Guide, manuali e questionari collaudati in grado di stimolare riflessioni, approfondimenti e chiarimenti sull’applicazione di strategie comportamentali efficaci; Essenziali pacchetti di formazione che possono essere facilmente visionati e approfonditi;
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Una guida per la realizzazione dell’autocoaching in analogia con quello
che nello sport si è sperimentato con successo.
sionale significativo. In particolare, per la popolazione dei giovani (studenti universitari o studenti degli ultimi anni delle scuole superiori) è stato possibile individuare alcune capacità essenziali per svolgere qualsiasi tipo di attività. Queste capacità possono for-
Gian Carlo Cocco Time to Mind. Velocità ed efficacia dell’apprendimento: il nuovo vantaggio competitivo di imprese e individui Franco Angeli 2020 - Collana HR Innovation AIDP Alla conclusione del libro si trova un voucher che consente di provare gratuitamente alcuni assessment a distanza proposti dalla piattaforma multilingue di formazione messa a punto dalla Time to Mind SA, impresa svizzera della quale Cocco è presidente: https://www.timetomind.ch/
nire un primo orientamento per coloro che affrontano la sfida del primo impiego o sono neo-assunti. Il profilo che emerge dalla compilazione degli assessment può essere correlato ai risultati emergenti dalla compilazione del questionario sulle intelligenze multiple abbinato al questionario sullo stile di apprendimento, che forniscono utili indicazioni di orientamento. Dato che l’epoca dell’investimento professionale garantito dalle istituzioni e dalle imprese è sempre più in crisi, l’unica risposta possibile è l’investimento su se stessi realizzabile in un periodo di tempo ragionevole e con un impegno quotidiano limitato, purché continuativo.
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Psicologia
MA QUALI OBIETTIVI? PARLIAMO DI VALORI! Siamo “ossessionati” dagli obiettivi da raggiungere in ogni ambito della nostra vita e sul lavoro, ma il focus dovrebbe essere un altro
Anna Fonseca
psicologa e trainer
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L’
ATTUALE società è orientata verso la definizione di obiettivi, sia nella vita professionale che in quella personale. È ritenuto fondamentale essere guidati da traguardi da raggiungere. Infatti, abbiamo un obiettivo per ogni ambito della nostra vita, fin da quando siamo dei piccoli umani: essere promossi a scuola, poi superare gli esami all’università, poi la carriera, poi la vita privata ecc. La digitalizzazione ha dato un’ulteriore accelerata a questa obiettivo-mania, infatti esistono diverse app che tengono traccia dei nostri traguardi sulle calorie ingerite, sui passi eseguiti durante un’intera giornata, sulla corsetta giornaliera e chissà cos’altro. Le nostre vite sono piene di obiettivi e nelle aziende si vive praticamente solo di questi. Pochi conoscono la vera essenza di un obiettivo. Osservandoli meglio, però, ci si può rendere conto che gli obiettivi hanno un carattere infinto, non finiscono mai, appena se ne raggiunge uno, eccone spuntare un altro all’orizzonte.
La nostra vera guida
La psicologia ce lo insegna. Gli obiettivi servono per fornire la spinta all’azione e sono fortemente collegati al concetto di motivazione, ossia la ragione per cui facciamo ciò che facciamo. Ma c’è un aspetto più sottile che dovremmo considerare: un obiettivo può trasformare la nostra vita in qualcosa di meraviglioso, quando questo è in linea con i nostri valori più profondi. Se ne parla troppo poco, ma sono i valori i veri conducenti della nostra vita. I valori sono come lanterne, ci guidano verso le scelte di vita che compiamo tutti i giorni, dall’orientamento scolastico alla scelta di un compagno/a di vita, dal lavoro che svolgiamo fino alla scelta della casa in cui vivere. I valori chiariscono lo scopo delle nostre preferenze. Rispondono alla domanda “che cosa è importante per me?”.
delle persone. Tutti i manager dovrebbero conoscere le motivazioni profonde che danno la direzione alla vita dei loro collaboratori. Poiché queste motivazioni rispondono proprio alla domanda “cosa è importante per me?”, conoscere i
In ogni ambito delle relazioni conoscere i valori di una persona equivale a poter “toccare le corde giuste”
Gli obiettivi non sempre possono essere raggiunti, perché spesso coinvolgono fattori non sempre controllabili dalla nostra volontà. L’obiettivo di un determinato fatturato aziendale, per esempio, può dipendere da diversi fattori, non sempre controllabili dalla volontà del singolo. L’attuale pandemia è la conferma di uno di quei fattori non governabili e non prevedibili da noi comuni mortali. Mentre i valori mantengono un carattere più stabile e più legato alla volontà del soggetto. Allora l’obiettivo del fatturato aziendale, se collegato alla soddisfazione di un valore, quale per esempio la realizzazione personale o la crescita professionale, può diventare un traguardo realizzabile.
Gli ideali che guidano la nostra relazione con il mondo
I valori, dunque, sono i principi che
guidano la nostra vita. Sono i nostri desideri più profondi, portano in sé i nostri ideali, rispondono al come vorremmo essere e come interagiamo con il mondo. Si rivelano nelle conversazioni, con frasi tipo “odio le ingiustizie”, oppure, “per me la libertà è importante”, “credo nell’amicizia”, o ancora: “la famiglia per me viene al primo posto”, e ancora, “per me la soddisfazione lavorativa è fondamentale”. Diventa, così, importante poter comprendere quali sono le nostre leve personali, i nostri significati più profondi, se vogliamo vivere una vita più ricca e soddisfacente. È abbastanza semplice identificare i valori che guidano le persone: è sufficiente osservare e ascoltare le parole con cui si esprimono. Che si tratti di un cliente, di un compagno di vita, di un’amicizia, i valori rivelano sempre una parte importante
valori profondi di una persona può rappresentare un’opportunità unica per costruire relazioni basate su una profonda sintonia. In ogni ambito delle relazioni conoscere i valori di una persona equivale a poter “toccare le corde giuste”.
I valori hanno un impatto più forte degli obiettivi
I valori sono la nostra bussola, sono loro a dare la direzione alle nostre vite, ci indicano quando stiamo andando fuori rotta o quando invece il nostro viaggio è nella direzione giusta. Mentre gli obiettivi sono rappresentati dai luoghi che vorremmo raggiungere ed esplorare, ma non rappresentano la rotta. Sono semplici tappe e quando questi obiettivi non sono coerenti con la nostra rotta, ci mandano fuori strada e, talvolta, ce ne accorgiamo quando è troppo tardi, cau-
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Psicologia
QUALI SONO I VALORI CHIAVE DELLA TUA VITA E DEL TUO LAVORO? SCOPRILO CON QUESTO ESERCIZIO! Un semplice esercizio di coaching in grado di tracciare i tuoi valori e quelli degli altri.
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Elenca i vari ambiti della vita:
lavoro, relazioni sociali, tempo libero ecc. (è possibile analizzare qualsiasi ambito della vita).
3
Adesso prendi il primo valore della lista e confrontalo con il secondo: “tra questo valore e
quest’altro, qual è più importante per me?”. Il valore che “vince” confrontalo con il successivo, fino all’ultimo della lista.
2
Per ogni ambito, poniti la domanda “cosa è importante per me
(inserire l’ambito prescelto)?”. Fatti questa domanda per almeno 5 volte e scrivi le risposte su un foglio, una sotto l’altra. È importante rispondere spontaneamente, senza pensarci troppo.
4
Alla fine otterrai la lista dei tuoi valori con delle priorità assegnate, 1, 2, 3 ecc. Ora, riscri-
vili in base all’ordine di gerarchia ottenuto dal primo fino al quinto. Ecco la tua lista di valori in ordine di priorità.
Questo può essere un utile esercizio da fare ai propri collaboratori, considerando, per esempio, l’ambito professionale. I primi valori della lista di una persona dovrebbero essere in armonia con gli obiettivi stabiliti per un ambito specifico, ma se non lo sono le probabilità di fallimento sono molto alte. Assegnare degli obiettivi senza verificare i significati che ognuno di noi associa alle dimensioni della propria vita è un po’ come scrivere la lettera a Babbo Natale: non sai fino a Natale che cosa riceverai per davvero.
sando malessere e disorientamento. I valori ci guidano nel qui e ora, mentre gli obiettivi sono mire verso il futuro, per questo incerti. I valori sono meno mutevoli e hanno il potere di dare significato a ciò che facciamo. Un altro aspetto interessante dei valori è che questi hanno un impatto più forte rispetto agli obiettivi, in quanto ci permettono di soddisfare i nostri bisogni in più modalità, rendendoci così maggiormente appagati della nostra vita, mentre gli obiettivi indicano aspettative che non sempre è possibile soddisfare.
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Si ha più probabilità di soddisfare l’esigenza di essere un bravo manager che agisce con lealtà e determinazione, piuttosto che basare la propria soddisfazione sul raggiungimento di un milione di euro di fatturato al mese. “I valori sono i desideri più profondi del nostro cuore che riguardano il modo in cui vorremmo interagire con il mondo, con le altre persone e con noi stessi. Sono ciò per cui vogliamo impegnarci nella vita, come vogliamo comportarci, che tipo di persona vogliamo essere, quali punti di forza
e qualità vogliamo sviluppare” (Russ Harris, 2009).
Il compito di un bravo manager
In tutte le aziende, di solito, vengono definiti obiettivi per ogni business unit e la logica degli obiettivi è ben conosciuta da parte di tutto il polo aziendale. Questa pratica non ha nulla che non funziona. Certamente, senza un obiettivo da raggiungere chissà dove si arriverebbe. Non si tratta quindi di abolire gli obiettivi, ma di ancorarli a quelli che sono i valori personali di ogni collaboratore. Ogni manager dovrebbe conoscere i valori profondi che guidano i loro collaboratori, conoscere ciò che è importante per loro, perché questa conoscenza può essere predittiva dei risultati aziendali. Se un venditore ha come priorità, tra i suoi valori, la famiglia, sarà restio a continue trasferte, per esempio, e allora, aziendalmente parlando, sarà più utile coinvolgerlo in attività interne, certamente sarà più motivato e maggiormente produttivo. Ancora un altro esempio: se un collaboratore ha un forte valore legato alla coerenza, alla prima contraddizione in azienda potrebbe abbandonare il proprio incarico e cercarsi qualcos’altro. La formulazione di buoni obiettivi dovrebbe considerare i valori personali degli attori coinvolti, in questo modo gli obiettivi hanno maggiore probabilità di essere raggiunti.
Organizzazioni
SCEGLIAMO DI ESSERE FELICI: CONVIENE Chi è il chief happiness officer e come allenarsi alle organizzazioni positive
Laura Torretta consulente di trasformazione positiva, cho - chief happiness officer
S
ONO una ex dirigente, ora certified executive professional. La prima carriera? Venticinque anni nel business management di direzioni commerciali. Crisi di senso nel 2011: stavo diventando ciò che non avrei mai voluto essere, un manager “asettico e politico”, super efficace sui numeri ma sconnessa da bisogni, valori, propositi di vita, poco felice e positiva. Ricomincio da me, esco e rigenero motivazione e missione: far fiorire, rifiorire, fluire il potenziale di persone e relazioni nei sistemi organizzativi. Mi prendo cura delle persone e divento un counselor organizzativo Csr. Mancava qualcosa, però. Unisco i puntini scoprendo la scienza della felicità e delle organizzazioni positive. La trasformazione positiva include Business + Felicità in modo sostenibile.
Contesti organizzativi in profonda crisi Per l’Oms la depressione sarà la seconda malattia con cui il
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mondo dovrà fare i conti. In Europa 40 milioni di lavoratori soffrono di “stress da lavoro correlato”. Secondo Gallup, l’87% dei dipendenti è demotivato, con una perdita di produttività di 500 miliardi all’anno. La Harvard medical school ha indicato che il 96% dei leader sperimenta il burnout. Il 25% dei dipendenti vorrebbe cambiare lavoro, il 26% ha l’ansia di rientrare il lunedì, solo il 20% si sente veramente efficace. Il 66% dei Millennials crede di aver scelto la carriera sbagliata. Il 70% dei cambiamenti non porta i risultati attesi e il 50% dei progetti di digital transformation sono abbandonati. L’infelicità costa cara a tutto il sistema e il Covid ha esasperato il dilemma tra razionalizzazione e sviluppo: ora più che mai abbiamo bisogno di felicità e organizzazioni positive.
Una vera e propria scienza da prendere sul serio La scienza della felicità è il ter-
mine che aggrega tutte le discipline scientifiche che dimostrano che la felicità non è solo un’emozione, ma una competenza e come tale può essere coltivata e allenata. La scienza della felicità si basa su quattro principi: + Chimica positiva – Chimica negativa: lo sviluppo di chimica positiva che apre i centri dell’ascolto, dell’apprendimento, della creatività; + Essere – Avere/fare: lo sviluppo di consapevolezza di sé e degli altri, la capacità di auto-motivazione e realizzazione del proprio proposito di vita; + Noi – Io: insieme è meglio: siamo cablati per la socialità e sopravvive la specie che sa cooperare meglio e generare relazioni di senso;
+ Disciplina – Caos: dare ordine al percorso trasformativo e inserire una routine di pratiche positive. La felicità dipende (circa) per il 50% dalla genetica, per il 10% dalle circostanze della vita, per il 40% da comportamenti intenzionali della persona (fonte: Sonja Lyubomirsky, professor University of California, Phd Stanford University). Buone notizie: possiamo scegliere di essere felici e allenarci alla positività. Alcuni insight dal contesto lavorativo distinguono soddisfazione e felicità. Per esempio: i soldi non fanno la felicità, la soddisfazione ha un limite nell’ascesa della pura remunerazione, è incostante e limitata nel tempo. La soddisfazione di top manager nei cambiamenti di carriera è un pic-
La felicità dipende (circa) per il 50% dalla genetica; per il 10% dalle circostanze della vita; per il 40% da comportamenti intenzionali della persona. Buone notizie: possiamo scegliere di essere felici e allenarci alla positività
co nel passaggio, ma dopo circa 10/12 mesi crolla drammaticamente. Le organizzazioni positive e i leader positivi che le guidano sanno che le credenze “più ti pago, più sarai motivato” e “più hai potere e status, più sei felice” sono disattese dai fatti.
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Organizzazioni Come fioriscono le organizzazioni positive: 4 petali e 8 cho skills
Le persone felici al lavoro sono più felici anche nella vita privata, hanno matrimoni e relazioni migliori, stanno meglio fisicamente e mentalmente, sono me-
Le persone felici al lavoro sono più felici anche nella vita privata, hanno matrimoni e relazioni migliori, stanno meglio fisicamente e mentalmente, sono meno esposti allo stress, vivono più a lungo
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no esposti allo stress, vivono più a lungo. Ecco quattro aree sistemiche da attraversare per creare le condizioni di fioritura e un mantra per il leader positivo. Corporate happiness strategy, ossia fare della felicità e della positività una strategia organizzativa. Positive cultural transformation, ossia sviluppare una cultura positiva ancorata a un “purpose” capace di generare impatto sociale eco-sistemico. Positive leadership, ossia trasformare i manager in leader positivi, ispirativi, generativi, di esempio e coerenti. Infine, Positive process organization e cioè ri-disegnare processi e pratiche in coerenza per sostenere la positività. Chi guida questa trasformazione? Il chief happiness officer. Non può essere l’ennesimo ruolo specialistico, né il salvatore dell’organizzazione, né un ministro senza portafoglio alla berlina dei detrattori di questo nuovo paradigma. Forse è il ceo? L’imprenditore? Il founder? La direzione hr? Deve avere un ruolo strategico nella governance. Quali sono le otto cho skills? Strategic thinking & positive future planning, organization epigenetic, evolutionary cultural change, self energy management, positive leadership development, positive practice strategy, positive organizational
management, happiness & work strategy. Mi piace immaginare che diventino parte dell’employability del futuro del lavoro positivo e delle competenze evolutive di tutti i leader positivi.
Una trasformazione sostenibile: metriche e risultati?
Ci sono metriche di efficienza ed efficacia, risultati a breve, medio, lungo periodo che da più prospettive stimolano a riflettere su questi temi di frontiera. Il costo di un dipendente infelice è stimato in circa 16mila euro all’anno tra minor produttività e spese sanitarie. Le organizzazioni positive registrano mediamente una riduzione del 125% di episodi di burnout, del 66% di episodi di malattia e del 51% di indici di turnover. Nelle organizzazioni positive le persone ottengono risultati individuali e collettivi che superano le aspettative: aumento delle vendite (+37%), aumento della produttività (+31%), più capacità di innovazione (+300%), migliore retention (+44%). Le organizzazioni positive diffondono una cultura di prosperità, sono evidenti comportamenti tangibili che radicano fiducia, rispetto, autenticità, trasparenza, inclusività, gentilezza, gratitudine, coerenza. L’azienda diventa un best place to work e happy place to live.
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Management
DISRUPTION, UN’OPPORTUNITÀ PER CAMBIARE Nominata da Fast Company come una delle persone più creative nel mondo del business, Charlene Li è un’esperta di digital transformation e di strategie di crescita disruptive. Durante gli ultimi vent’anni ha aiutato le persone a visualizzare il futuro e, grazie alla sua profonda conoscenza in materia di leadership, strategia, interactive media e marketing, ha una visione unica sul mondo del business in continua evoluzione. Durante un evento WOBI (World of business ideas), Charlene ha condiviso la sua visione sulla trasformazione aziendale e ha svelato le chiavi per affrontare la disruption e per approfittare di ogni ondata di cambiamento come un’opportunità di crescita esponenziale. Vediamo i punti principali.
La mentalità in momenti di disruption: trasformare e reinventare il tuo business Charlene Li parla della trasformazione del business come una vera e propria esperienza umana. Le disruption creano sempre un sentimento di stress e di assenza di controllo, indipendente-
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mente dalle origini di ciascuna persona coinvolta. Ora è il momento di decidere quale ruolo rivestire. Sarai un vincitore oppure una vittima della disruption? Secon-
do Charlene la chiave risiede nel mettere in discussione tutto ciò che riguarda il tuo business e i tuoi clienti. Ora non è importante avere tutte le risposte, ma averle adeguate. Chi sono i tuoi clienti?
Conosci quelli del futuro? La disruption richiede di inseguire il cliente ogni volta che si muove e cambia, si tratta di guardare al futuro e investire oggi per il domani.
Il ciclo di vita della disruption Quando si affrontano grandi cambiamenti è fondamentale conoscere dove si trova la nostra organizzazione nel ciclo di vita della disruption. Solo in base a questo si può iniziare a pianificare le prossime mosse. La curva della disruption ha differenti fasi: comprensione: capire quello che sta accadendo attraverso la ricerca del cliente, lo sviluppo di scenari ecc.; valutazione: analizzare quale direzione sta prendendo l’organizzazione;
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pianificazione: una volta compreso quello che sta succedendo e come sta impattando sull’organizzazione, si può iniziare a elaborare un piano; sostegno: identificare le risorse necessarie per implementare il piano strategico; esecuzione: è fondamentale non solo come eseguiamo il piano ma anche come si può scalare e accelerare il processo.
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Le strategie della crescita disruptive La trasformazione è un processo duale, nel quale bisogna gestire allo stesso tempo il business già esistente e le nuove opportunità create. Per quanto riguarda il business già esistente, conviene focalizzarsi su come razionalizzare il proprio modello di
business, sull’efficienza operativa dell’organizzazione e su come non perdere mai di vista il bilancio. Tutto questo deve essere combinato con una visione verso il futuro e con le nuove opportunità che porta con sé. La strategia di trasformazione dipende sempre dal punto di partenza. Semplificando, esistono quattro punti di partenza principali per le organizzazioni: una forte posizione competitiva + un forte supporto finanziario: è un buon momento per adottare una posizione offensiva, lanciarsi in nuovi mercati e fare nuove acquisizioni; una posizione competitiva debole + un forte supporto finanziario: per queste organizzazioni la chiave è investire nella crescita, ridefinire la proposta di valore dell’azienda e finanziare la crescita futura;
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una forte posizione competitiva + un supporto finanziario debole: è il momento per ottenere finanziamenti. È importante che l’azienda riduca i costi dei prodotti e dei servizi non essenziali; una posizione competitiva e un supporto finanziario deboli: per queste organizzazioni è il momento di crescere, scommettendo sui nuovi mercati e sulle nuove opportunità come unico modo di sopravvivere.
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Pianificare per l’incertezza Viviamo in un mondo Vuca (volatile, incerto, complesso e ambiguo) in cui è molto difficile prevedere ed elaborare piani a lungo termine senza che le circostanze attorno a noi varino. Per questo è imprescindibile riformulare il processo di pianificazione strategica, in modo che le organizzazioni siano preparate per i grandi cambiamenti.
«Non si tratta di licenziare gli uomini, ma di vedere un cambiamento significativo, che ci sia almeno un 50% di donne nei consigli di amministrazione delle aziende» Per avere una revisione strategica periodica è fondamentale rilevare i trigger. Non si tratta di rielaborare la strategia ogni tre mesi, ma di continuare ad adattarla e aggiornarla in base ai cambiamenti e alle novità. Per renderlo possibile, è conveniente la pianificazione degli scenari che permettono di gestire l’incertezza. In questo modo i leader esplorano differenti futuri possibili per allargare la propria prospettiva, fare le mosse adeguate e identificare i segnali a cui stare attenti e, in questo modo, dare un senso agli avvenimenti mentre stanno accadendo.
Il triplo risultato Quando si parla di trasformazione del business bisogna pensare in grande. Non si tratta solo di cambiare l’organizzazione, ma anche la società in cui viviamo. Si è dimostrato che le organizzazioni che si focalizzano sugli investimenti socialmente responsabili resistono meglio alla crisi e sono le più resilienti. È inoltre provato che i clienti stanno prestando molta più attenzione a questo aspetto e sono più critici nei confronti delle aziende. Un terzo dei clienti hanno smesso di acquistare un brand perché lo considerano ingiusto e il 71% di questi sostiene che se il brand mette al primo posto i benefici invece delle persone, perde fiducia. La fiducia è molto difficile da costruire, ma molto facile da perdere.
Il futuro della customer experience Le organizzazioni disruptive coinvolgono ogni persona nella customer experience e hanno ben chiaro chi è il cliente. La customer experience non consiste solo nei punti di contatto con il cliente ma include processi e transazioni. Per questo è fondamentale che tutti i team dell’organizzazione comprendano che il proprio lavoro influisce nella relazione che l’azienda costruisce con il cliente. La customer experience tradizionale si caratterizza per essere funzionale, statica e basata su questionari e ricerche
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realizzati in un determinato momento. Una volta elaborata la strategia, questa non cambia e ci si aspetta che resista con il passare del tempo. Ma le circostanze e i clienti cambiano ogni volta a un ritmo sempre più veloce.
«La chiave della customer experience si basa sulle relazioni. Bisogna comprendere ciò che il cliente vuole e si aspetta dall’organizzazione»
Definire le esperienze della prossima generazione La nuova esperienza del consumatore si trasforma in una relazione molto intima e personalizzata, in cui l’emozione riveste un ruolo sempre più importante. È un’esperienza imprevedibile e in evoluzione che richiede la raccolta di dati e informazioni in tempo reale. Un altro punto importante è quello di mettere il focus sulle necessità dei clienti del futuro al momento di investire. In molte occasioni i clienti non
«Per scoprire la chiave della customer experience del cliente futuro è fondamentale dominare l’esperienza del cliente attuale, e questo è possibile solo mettendo il cliente al centro» sanno quello di cui hanno bisogno fino a che non glielo si presenta. Una delle caratteristiche delle organizzazioni disruptive è che investono sullo sviluppo per poter prevedere le necessità del futuro prima ancora che vengano espresse, senza trascurare il cliente attuale, le cui necessità non sono ancora state soddisfatte del tutto.
Sviluppare una strategia disruptive Ci sono cinque modi per ottenere informazioni sui clienti che diano fiducia all’organizzazione e sviluppare quindi una strategia disruptive: mappe dell’empatia: mettersi nei panni del cliente e scrivere cosa pensiamo che dicano, facciano, sentano; estrarre dati dei tuoi consumatori per trovare clienti affini: è raccomandabile ampliare il campo visivo e
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localizzare i clienti potenziali ai quali i nostri servizi non soddisfano del tutto; creare un advisory board dei clienti, in cui possano dare la loro opinione: non si tratta di riunire i migliori, bensì quelli che non sono del tutto soddisfatti; mantenere i clienti del futuro e non perderli di vista: stabilire le metriche con le quali poterli monitorare in modo costante ed efficace per comprenderli meglio;
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far sì che i dipendenti cerchino e ascoltino i clienti futuri: coinvolgerli poiché sono proprio loro che hanno il maggior contatto con i clienti, che li servono direttamente e li ascoltano. L’intelligenza artificiale oggi a disposizione delle organizzazioni permette di ottenere informazioni sui consumatori e agire di conseguenza. Non bisogna però trascurare le informazioni che i dipendenti sono in grado di acquisire direttamente dai clienti, che hanno un valore enorme.
Trasformare la tua organizzazione Caratteristiche, abilità e abitudini dei leader disruptive I leader autentici sono in grado di far sì che i propri dipendenti si sentano mo-
tivati, valorizzati e ispirati. Danno potere ai team e ottengono il meglio da ciascuno dei membri. Si può dire che la leadership si basa sulle relazioni.
La leadership è qualcosa di cui una persona si appropria per la relazione che stabilisce con chi la segue. Oggi il modo in cui instauriamo relazioni e
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Management comunichiamo è cambiato e, quindi, anche il modo in cui un leader si relaziona con i seguaci. «Le disruption devono essere un movimento», afferma Charlene. Nei momenti di difficoltà le persone hanno bisogno di leader capaci di spingerle ad alimentare questo movimento. Per creare delle disruption i leader necessitano dei seguaci e i seguaci dei leader. I leader disruptive hanno una serie di caratteristiche in comune: apertura a una mentalità del cambiamento; sperimentano costantemente poiché c’è sempre qualcosa di migliore; si sentono a proprio agio con l’incertezza; trovano interessanti i cambiamenti che si inseriscono nella routine; credono che il cambiamento sia la norma e crea opportunità di crescita. Hanno comportamenti che ispirano e danno potere ai dipendenti: prevedono nuove possibilità per l’organizzazione; interpretano gli avvenimenti per spie-
gare l’urgente necessità di un cambiamento; costruiscono una coalizione di persone chiave per permettere che il cambiamento avvenga; guardano oltre i limiti dell’organizzazione per trovare nuovi modi di migliorare; permettono alle persone di provare nuove strategie.
Superare la paura e l’insicurezza La più grande barriera della trasformazione è l’incertezza. Quando parliamo di disruption è importante analizzare come questa paura viene gestita e saper differenziare i diversi sentimenti che la trasformazione genera sia nel leader che nei team. Parliamo di paura, una minaccia conosciuta che si può evitare o mitigare; preoccupazione, un sentimento di cui una persona non può approfittare per essere produttivo perché culmina nell’ansia; ansia, paura e preoccupazione combinate all’interno della persona; pressione,
se si controlla, può migliorare le performance, altrimenti diventa stress; stress, manifestazione esterna di troppe domande e risorse insufficienti. Lo stress ha un impatto, a lungo termine, sulla salute. Come leader di un’organizzazione bisogna prestare attenzione a tutti questi punti, capire come gestirli sia come persona sia come azienda, e diventare resilienti. Per costruire fiducia, bisogna seguire una serie di passaggi. Come leader, fare i primi passi ed essere un esempio: bisogna far sì che ogni nuovo passo che facciamo rappresenti una sfida tanto quanto il precedente. Avere un buon team: quando sei circondato da persone adeguate, la fiducia aumenta e le persone che ti seguono possono aiutarti a navigare verso il cambiamento. Sforzarsi al massimo: si può chiedere
LE 4 TIPOLOGIE DEI LEADER DISRUPTIVE
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REALISTI-OTTIMISTI
I migliori leader disruptive sono quelli con un’alta apertura al cambiamento, in grado di ispirare e dare potere ai dipendenti.
AGENTI PROVOCATORI
Sono leader aperti di mente e disposti a cambiare ma non sono capaci di creare e connettersi con i team.
4 DECISI
Si comportano come leader ma sono dei manager. In questo caso, per un cambiamento efficace, è conveniente unire questi manager con gli agenti provocatori.
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SCETTICIPREOCCUPATI
Vedono la disruption come qualcosa di lontano. È importante riuscire a coinvolgerli affinché comprendano perché un cambiamento è necessario.
a tutti i membri del team, indipendentemente dal risultato.
L’obiettivo dell’obiettivo Un obiettivo chiaro aiuta a superare con successo i momenti di disruption. L’obiettivo all’interno di ogni organizzazione ha un enorme potere: ti connette con l’impatto che hai e vuoi avere, risponde alla domanda “come servirai?” invece di “cosa fai?”, e stabilisce dei limiti per aiutare a prendere decisioni difficili. È necessario poter articolare il tuo obiettivo e mantenerlo ben identificato. Ti permette di connetterti con i tuoi dipendenti, con il team di cui sei leader. Un buon obiettivo si caratterizza
principalmente per essere autentico, di ispirazione, condiviso e pratico.
Le credenze e la cultura del cambiamento costante Ci sono tre credenze principali che condividono tutte le organizzazioni disruptive. Queste sono il sentimento di apertura, la responsabilità e l’inclinazione all’azione. A partire da un obiettivo e da credenze salde e chiare, si può costruire una cultura organizzativa. È necessario che la cultura risponda al nostro obiettivo perché, una volta raggiunto, sappiamo come agire. Esistono due tipi di cultura. Quella stagnante e quella del cambiamento costante.
Essere leader nell’era digitale La leadership consiste nell’instaurare relazioni con le persone. Oggi il modo di comunicare e relazionarsi è cambiato e i leader si devono assicurare di arrivare alle persone attraverso i canali adeguati. È importante avere un impatto sulle persone affinché si uniscano al nostro obiettivo e non temere il mondo digitale. Gli strumenti digitali inoltre hanno un grande vantaggio, ci permettono un ascolto su grande scala, ossia ascoltare il doppio di quello che parliamo e comprendere le necessità dei nostri clienti e dei nostri consumatori del futuro.
LA RIVOLUZIONE MANAGERIALE NEL SANITARIO Negli ultimi anni la gestione delle aziende sanitarie è passata da un profilo tecnico-specialistico ad uno organizzativo-gestionale, sia a causa della maggiore attenzionesull’efficienza produttiva, sia per la necessità di incrementare continuamente l’efficacia dei servizi per soddisfare pazienti-clienti sempre più esigenti. Il manager, in aggiunta alle sue classiche funzioni, come coordinatore dell’intero organico dei professionisti clinici ha assunto anche la piena responsabilità sulla qualità e sicurezza delle cure. La capacità di analisi dei processi, oltre che il focus sugli indicatori di attività e sull’efficiente impiego di risorse, hanno proiettato le innovative gestioni delle aziende sanitarie verso nuovi orizzonti di crescita e sviluppo, garantendo un equilibrio assunto anche la piena responsabilità sulla qualità e sicurezza delle cure. ottimale tra qualità e produttività. L’introduzione del profilo gestionale puro ha contribuito al successo delle performance dei gruppi sanitari più rilevanti del paese, sopperendo le carenze manageriali tipicamente caratterizzanti i profili clinici, quasi mai adeguatamente preparati alle sfide di gestione e che tendono a vivere le responsabilitàorganizzative solo come mere attività burocratiche che fanno da contorno all’attività medica. Assunta Puerio direttore operativo Top Physio Clinics Roma
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Tecnologia
CASHLESS SOCIETY: L’INIZIO DI UNA NUOVA ERA? La pandemia ha accelerato modalità di pagamento contactless: uno studio a livello europeo di Capterra fotografa il fenomeno Chiara Cassé
analista e redattrice per Capterra Italia
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EI MESI di lockdown il digitale è diventato esponenziale per far fronte alle necessità quotidiane dei consumatori di tutta Europa. Dall’inizio della pandemia, si è evidenziato un trend interessante: i pagamenti contactless hanno subito una crescita non indifferente. I clienti, infatti, ricercano soluzioni di pagamento rapide e sicure non solo online ma anche in-store. Si tratta di soluzioni che siano in grado di rispettare il social distancing e che non richiedano contatto con il denaro contante, risultando completamente sicure dal punto di vista igienico. Quali sono i vantaggi dei pagamenti digitali? Quali sono i motivi che spingono i consumatori europei a utilizzarli? Ci stiamo muovendo verso una società cashless in cui il denaro contante non esisterà più? Per indagare più a fondo questo fenomeno, Capterra Italia ha condotto uno studio con 5.897 partecipanti provenienti da diversi paesi europei: Italia, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi.
Pagamenti contactless: cosa sono e come funzionano
Si definiscono contactless quei pagamenti che si possono realizzare attraverso un sistema che non richiede un contatto diretto
tra i dispositivi usati a tal fine (come carte di credito o dispositivi mobili) e i terminali autorizzati a ricevere il pagamento (Pos). Da qui il nome contactless, che letteralmente si traduce “senza contatto”: è sufficiente infatti avvicinare la carta o il cellulare al Pos e il gioco è fatto. Per poter effettuare pagamenti contacless, le carte di credito devono contare con la tecnologia Rfid (Identificazione a radio frequenza) che permette appunto di realizzare transazioni senza inserire le carte nei Pos. Nel caso si
voglia invece utilizzare uno smartphone, è necessario assicurarsi che quest’ultimo supporti la tecnologia Nfc (Near field communication) che permette di effettuare pagamenti senza contatto. In questo modo, il telefonino diventa anch’esso un borsellino virtuale.
Il 56% degli europei ha una mobile wallet app sul proprio smartphone
Il 56% degli intervistati ha un’applicazione mobile wallet installata sul proprio dispositivo
(smartphone o smartwatch). Si tratta di un’app che memorizza i dati della carta di credito e consente di effettuare pagamenti contactless. È importante sottolineare che non stiamo parlando di un’applicazione di mobile banking, che consente cioè di effettuare trasferimenti bancari. Si tratta invece di un’app per effettuare i pagamenti negli esercizi commerciali fisici, che di fatto sostituisce il borsellino fisico con uno digitale. Dallo studio emerge anche un dato interessante riguardo al nostro
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Tecnologia Tra le app più utilizzate troviamo Apple Pay (25%) e Google Pay (20%), seguite da quelle sviluppate direttamente dalle banche.
Un dato interessante: l’Italia si colloca al di sopra della media Covid-19 e diffusione europea degli intervistati per uso di portafogli digitali, di pagamenti elettronici Se è vero che l’uso di applicazioni con il 62% di questi che dichiara di avere sul proprio mobile wallet è un trend già da dispositivo un’applicazione tempo, è altrettanto vero che la pandemia ha contribuito in mamobile wallet
Paese: l’Italia si colloca al di sopra della media europea degli intervistati per uso di portafogli digitali, con il 62% di questi che dichiara di avere sul proprio dispositivo un’applicazione mobile wallet.
niera esponenziale alla sua crescita. Prima della crisi, solamente la metà (52%) degli europei intervistati effettuava già pagamenti con applicazioni mobile wallet. Dopo il lockdown, invece, ben il 92% degli intervistati ha risposto di voler continuare a utilizzare le mobile wallet app anche in futuro.
Pagamenti elettronici vs contanti: quale scegliere?
È un tema attuale, specialmente ora che il governo ha deciso di riprendere la lotta all’evasione fiscale ponendo limiti al pagamento in contanti e incentivando forme di pagamento cashless. Ma i vantaggi non sono solo in termini di tracciabilità per le finanze dello Stato. Tra gli intervistati che sono soliti effettuare pagamenti elettronici, il 51% evidenzia una maggiore sicurezza in quanto riducono il rischio di furti. Per il 49%, un altro importante elemento a favore è il risparmio di tempo che prima si investiva per ritirare i contanti agli sportelli.
Metodologia: studio Cashless payments in Europa 5.897 consumatori europei >18 anni 55%
Dipendenti a tempo pieno 18%
Dipendenti a tempo parziale Studenti Liberi professionisti Pensionati
10% 7% 6%
Persone che hanno perso il lavoro 4% a causa della pandemia
55% 45%
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Lo studio sulle abitudini di pagamento di Capterra si è svolto tra il 14 e il 22 luglio e ha voluto capire come gli europei stiano cambiando le loro abitudini di pagamento in seguito al Covid-19. Sono stati intervistati 5.897 consumatori europei provenienti da Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna con più di 18 anni. Il panel ha compreso: dipendenti a tempo pieno (55%), dipendenti a tempo parziale (18%), liberi professionisti (7%), studenti (10%), pensionati (6%) e persone che hanno perso il lavoro a causa della pandemia (4%). I partecipanti provengono da vari settori di attività. Le donne sono il 55% del panel e gli uomini il 45%. I redditi variano da meno di 15.000 euro all’anno a più di 200.000 euro all’anno.
Secondo il 42% degli intervistati, inoltre, è più facile tenere traccia delle proprie spese facendo acquisti con metodi di pagamento elettronici. In questo modo, non c’è più la necessità di conservare scontrini e fatture, il report mensile è a portata di clic. In epoca di pandemia, infine, non si può glissare sulla sicurezza sanitaria. Il 30% degli intervistati dichiara infatti di utilizzare pagamenti mobile wallet anche per tutelare meglio la propria salute. La necessità di digitare un pin, infatti, è considerata rischiosa in questo momento storico in cui siamo più attenti che mai all’igiene e alla sicurezza dei nostri gesti. A livello di inconvenienti, la minaccia rappresentata da possibili violazioni della sicurezza dei pagamenti elettronici è percepita come un pericolo dal 57% degli intervistati. È bene però ricordare che proprio la sicurezza è un forte elemento a favore dei nuovi metodi di pagamento. Le carte di credito con tecnologia contactless, infatti, sono “sempre attive”, quindi il chip per la trasmissione dei dati è sempre pronto a comunicare quando viene avvicinato a un terminale Pos. La situazione invece cambia decidendo di utilizzare i servizi di pagamento su smartphone in quanto è possibile disattivare la funzionalità Nfc: il dispositivo entra “in ascolto” solamente da sbloccato e con le funzionalità
Nfc attive, quindi non è possibile che i dati della carta vengano clonati quando il telefono è bloccato e la funzionalità è disattivata.
Pronti per una società cashless? Sì, ma solo a certe condizioni
Il 78% degli europei intervistati si dichiara pronto per una società cashless – in cui gli acquisti di beni o servizi vengano interamente effettuati con carta di credito o mobile wallet piuttosto che con contanti – solo nel caso in cui la grande maggioranza degli esercizi commerciali accettasse soluzioni di pagamento digitali. La principale motivazione per coloro che scelgono di pagare in contanti, infatti, è ancora il timore di
Il 78% degli europei intervistati si dichiara pronto per una società cashless solo nel caso in cui la grande maggioranza degli esercizi commerciali accettasse soluzioni di pagamento digitali anche per piccoli importi
non poter effettuare pagamenti elettronici per piccoli importi. Se i negozi accettassero pagamenti cashless, i clienti sarebbero dunque più propensi a utilizzare forme di pagamento digitali anche per un semplice caffè.
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ARTE Claudia Corti
C
arte
F. X. Messerschmidt, Uomo che sbadiglia, piombo, 1775 ca., Museo di Belle Arti Budapest.
QUANDO L’ARTE DIVENTA TERAPIA Il curioso caso di Franz Xaver Messerschmidt
Cosa succede quando nella testa di un artista famoso e destinato a una carriera di successo fanno capolino i primi demoni della follia? A cosa pensa quell’artista per cercare di concentrarsi sul lavoro iniziato, mentre la testa segue sentieri che portano troppo lontano? Che in arte ci sia una componente di irrazionalità è innegabile, ma mentre la “vena di follia” diventa un valore aggiunto e quasi scontato nelle produzioni moderne e contemporanee, la situazione è più complicata quando si ha a che fare con artisti legati a grandi committenti del passato. È il caso curioso ed emblematico di Franz Xaver Messerschmidt, tedesco, classe 1736. Formatosi come scultore tra Monaco di Baviera e l’Accademia di Belle Arti di Vienna, emerge quasi subito per il suo particolare talento, al punto da ricevere, giovanissimo, l’incarico per la realizzazione dei busti di Maria Teresa d’Austria e del marito Francesco I, esposti all’Arsenale. Seguono i ritratti di numerosi aristocratici e intellettuali viennesi, tutti caratterizzati da una sobria eleganza neoclassica, in posa frontale, e privi di ogni eccesso decorativo. Visita Londra, Parigi e, soprattutto, Roma, e questi viaggi di istruzione gli valgono la cattedra all’Accademia di Belle Arti di Vienna. Insomma, una carriera esemplare costellata di successi. Ma qualcosa si spezza e nel 1774 l’incarico di profes-
sore viene revocato; nella motivazione scritta si fa riferimento ai tre anni precedenti caratterizzati da “confusione mentale, che sebbene adesso sia attenuata permettendogli di lavorare come prima, pur si manifesta di quando in quando in immaginazioni non del tutto normali”. Gli viene offerta una pensione, ma lui, offeso, rifiuta e si ritira nell’odierna Bratislava, dove vive quasi da eremita e continua sì a scolpire, ma soggetti del tutto diversi. Ha origine qui la serie delle 69 (oggi ne restano 38) “teste di carattere”. Si tratta di teste scolpite e fuse quasi tutte in piombo, in cui si mostrano smorfie più o meno grottesche, a volte ridicole... inimmaginabili per il rigore neoclassico! Il modello è uno soltanto, il nostro Messerschmidt. Sosteneva che uno spirito demoniaco, geloso della sua perfezione nel rendere le proporzioni scultoree, lo tormentasse con vere angherie fisiche. L’artista aveva trovato proprio nell’arte un rimedio valido per sconfiggere il demone: si avvicinava allo specchio, si dava un pizzico fortissimo nel costato e ritraeva la smorfia che ne seguiva. E mentre ancora oggi si discute su quale patologia affliggesse Messerschmidt, schizofrenia o disturbi paranoidi, a noi resta la certezza che oggi, come 300 anni fa, l’arte resta un potente strumento di cura.
CURIOSITÀ “L’uomo che ride”, “Lo sbadiglio”, “L’uomo che piange come un bambino” o “L’uomo di cattivo umore” sono alcuni dei titoli con cui oggi identifichiamo le opere di Messerschmidt, ma è bene ricordare che sono titoli fasulli e dati a posteriori. L’artista in quelle teste vedeva solo se stesso e la proiezione del suo malessere, senza etichette.
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LIBRI Davide Mura
Cuore e memoria di una dattilografa
Il potere della parola Come calmare un vicino di casa aggressivo? Cosa dire per favorire un processo di negoziazione? Come uscire dall’impasse di una relazione professionale attraverso un dialogo costruttivo? La strategia è imparare a dire le cose giuste al momento giusto. Massimo Picozzi, psichiatra e criminologo, analizza attraverso un’ampia casistica le tecniche e le strategie per disinnescare i conflitti nella vita di tutti i giorni al lavoro, a scuola, in famiglia. Storie reali di negoziatori, leader e profiler per praticare l’autodifesa verbale e diventare “guerriero della parola”, per disarmare qualunque avversario e trasformarlo in un alleato. Verbal warrior, Massimo Picozzi, Sperling & Kupfer, pagg. 320, 17.
La protagonista del nuovo romanzo di Desy Icardi si chiama Dalia e grazie alla sua inseparabile Olivetti rossa è riuscita nel corso della sua vita a guadagnarsi un’indipendenza economica. Ormai anziana, un ictus, definito “piccolo incidente”, limita la sua memoria. Eppure, grazie alla sua fedele macchina da scrivere, la donna ripercorre il suo passato attraverso i decenni del Novecento. Anni di servizio in veste di dattilografa, durante i quali ha accumulato ricordi su ricordi che ora faticano ad affiorare. Nessuna madeleine, ma la vecchia cara macchina da scrivere e il senso del tatto assolvono la loro funzione proustiana. La ragazza con la macchina da scrivere, Desy Icardi, Fazi Editore, pagg. 366, 15.
dall’ESTERO Siamo tutti connessi e questa è la nostra forza
libri
Matthew O. Jackson, studioso di fama internazionale delle reti sociali ed economiche, ci mostra come la comprensione delle interazioni umane, nella sfera privata, pubblica e professionale, non possa prescindere dalla funzione dei network a cui tutti noi apparteniamo. Come capire e “sfruttare” le nostre reti per raggiungere la felicità personale e gli obiettivi di carriera? La domanda da un milione di dollari ha una risposta sfaccettata che presuppone concetti chiave di economia, matematica, sociologia e antropologia, che Jackson spiega per supportare la tesi di una vera e propria “scienza delle reti”. Dalle crisi finanziarie al marketing virale dei social media, dalle primavere arabe alle pandemie, il saggio offre una serie di interessanti spunti di riflessione che ci permetteranno di avviare conversazioni profonde su temi chiave per capire sempre più come funziona la nostra società e in definitiva la nostra natura. La forza del saggio è che spazia attraverso differenti discipline – psicologia, economia comportamentale, sociologia e business – e ci invita ad analizzare fatti noti balzati agli onori della cronaca con una lente diversa. Dal generale al particolare, Jackson infine ci aiuta a cogliere la forza delle nostre reti per potenziare le opportunità sul lavoro. Non un semplice libro di networking come tanti altri, ma un saggio profondo il cui mantra è “It’s not what you know, it’s who you know”. Per capire i molti “perché” dietro a fatti chiave della nostra esistenza e fenomeni sociali solo apparentemente inspiegabili. The human network: how we’re connected and why it matters, Matthew O. Jackson, Knopf Doubleday Publishing Group, pagg. 352, $ 16,95.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
LA DIGITAL TRANSFORMATION IN AZIENDA
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Mi sono sempre chiesto quale sia, alla fine, il ruolo del project manager. Se ci pensate, all’interno di un progetto di una certa complessità ci sono quelli del marketing e delle vendite con le idee chiare su come debba essere il prodotto o servizio da vendere al cliente. Dall’altra parte gli esperti, i tecnici, quelli che con le loro competenze realizzano il prodotto finito. In mezzo, il project manager. Un ruolo che sulla carta sembrerebbe superfluo, schiacciato da ruoli professionali specifici, gli esperti appunto di marketing, vendite e tecnologia. Il coordinatore di progetti ha una conoscenza in tutti questi settori ma senza esserne esperto in nessuno. Un ruolo alla ricerca della sua identità professionale. Ed è qui che l’apparenza lascia spazio alla realtà lavorativa di tutti i giorni, fatta di processi complessi che riescono ad essere costruiti e messi in opera grazie al lavoro di squadra di tutti gli esperti, ma anche o soprattutto grazie al ruolo del coordinatore, del project manager. Ecco quindi che la figura del capo progetto assume il ruolo di fluidificatore, facilitatore, coach, allenatore, motivatore e sminatore di grane lungo il percorso che porta al rilascio di un progetto. In definitiva, un direttore d’orchestra. Concetto, quello della direzione musicale, ben descritto in questo libro di Alberto Giusti e Massimo Calabrese dal titolo Il chief digital officer come direttore d’orchestra: immagina, ispira, abilita la digital transformation in azienda (La Zattera editore, 2020, 106 pagine). Un libro che contestualizza
il ruolo del project manager all’interno di un ambito specifico, quello della trasformazione digitale in azienda. Un racconto dalla trincea, del mestiere, di quali difficoltà un chief digital officer affronta ogni giorno per fare evolvere verso il digitale il modo di lavorare della propria organizzazione. Una sorta di prontuario che identifica quali sono le caratteristiche, competenze e gli strumenti che fanno del project manager una figura fondamentale all’interno di aziende e organizzazioni complesse. Questo, soprattutto quando parliamo della digital transformation, dove al digital transformation officer viene chiesto di favorire un cambio radicale nei processi, nelle pratiche, ma soprattutto di accompagnare le persone presenti in azienda lungo questo percorso. Percorso lungo il quale troviamo anche la risposta alla domanda iniziale, quale identità possibile per un responsabile di progetto in mezzo agli esperti del commerciale e delle tecnologie? Illuminante la definizione data in questo libro dove il coordinatore, nello specifico di progetti in ambito di trasformazione digitale, viene definito come un mediatore culturale in grado di costruire ponti tra due mondi divergenti, di dimostrare credibilità e affidabilità con le persone accompagnandole in questo processo di cambiamento. Una funzione quindi con forti people skill e una buona capacità di gestire compromessi per affrontare le inevitabili resistenze incontrate sul campo. Sia in ambito digitale che non.
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LETTERE Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it
L’APE SOCIALE È ANCORA IN VIGORE? vo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (non applicabile ai dirigenti) o, a particolari condizioni, a seguito di scadenza del contratto a termine, e abbiano terminato, da almeno tre mesi, di godere della prestazione per la disoccupazione loro spettante.
La legge di bilancio per il 2020, legge 160/2019, ha prorogato per tutto il 2020 la possibilità di accedere all’Ape sociale. Inoltre, nel confronto tra il governo e le parti sociali attualmente in atto in tema di riforma del sistema previdenziale, è stata manifestata la volontà che tale strumento possa essere confermato anche per i prossimi anni. L’Ape sociale è una prestazione assistenziale che viene erogata dallo Stato fino alla decorrenza della pensione ed è riservata a tutti i lavoratori, compresi i dirigenti, che hanno compiuto i 63 anni di età, abbiano maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni e si trovino in una delle seguenti situazioni: assistano da almeno sei mesi il coniuge, unito civilmente, o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104). Sono inclusi anche i soggetti che assistono un parente o un affine di secondo grado, convivente, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità; siano lavoratori dipendenti che, al momento della presentazione della richiesta del sussidio, risultino svolgere o aver svolto in Italia, per almeno sei anni negli ultimi sette, oppure per almeno sette anni negli ultimi dieci, una o più delle attività lavorative ritenute “gravose” e individuate in un apposito elenco (in questo caso, l’anzianità contributiva richiesta è di almeno 36 anni); siano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche colletti-
Infine, per le donne, è previsto uno sconto sul requisito contributivo pari a 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di due anni. Il sussidio consiste in un assegno che viene erogato per 12 mesi all’anno, sino alla decorrenza della pensione di vecchiaia, il cui valore è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso all’Ape, entro l’importo massimo mensile di 1.500 euro lordi, non rivalutabili. Per accedere al sussidio il lavoratore deve cessare qualsiasi attività lavorativa sia dipendente che autonoma, fermo restando la possibilità di cumulare l’indennità con piccoli redditi da lavoro dipendente o parasubordinato nei limiti di 8.000 euro lordi annui, o di lavoro autonomo nei limiti di 4.800 euro lordi annui. La presentazione della domanda avviene, di norma, entro tre finestre temporali, la prima entro il 31 marzo, in tal caso l’Inps risponde entro il 30 giugno, certificando il possesso dei requisiti (o rigettando la richiesta, con motivazione) e a quel punto si può presentare la domanda di Ape vera e propria. La seconda finestra è entro il 15 luglio, con risposta da parte dell’Inps entro il 15 ottobre, e infine l’ultima entro il 30 novembre, che viene evasa solo se ci sono ancora risorse residue. Per il 2020, a causa dell’emergenza Covid e al conseguente differimento dei termini, le domande di riconoscimento dei requisiti e delle condizioni per il diritto all’Ape sociale presentate, rispettivamente, dopo il 1° marzo e dopo il 31 marzo 2020, e comunque entro il 1° giugno 2020, ai fini del monitoraggio degli oneri, si considerano presentate, rispettivamente, entro il 1° e il 31 marzo. Il termine del 30 giugno, previsto per la risposta da parte dell’Inps, potrebbe anch’esso slittare, in base al numero delle richieste pervenute.
lettere
Vorrei sapere se è ancora possibile accedere all’Ape sociale, se tale strumento è previsto anche per i lavoratori dipendenti con qualifica di dirigente e quali requisiti sono richiesti per poterla ottenere. Attualmente sono disoccupato e sto percependo la Naspi. S. M. – Firenze
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Inserto mensile di Dirigente n. 10 / 2020
a cura di Thomas Bialas
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #67 02/ IL RECRUITING DEL FUTURO 04/ LA NUOVA ERA TECNOLOGICA 08/ ORDINARE LA PIZZA CON LA MENTE
Enoughness: il benessere dell’abbastanza Abbiamo troppo di tutto, ma niente di abbastanza? Forse sì. Abbiamo troppi vestiti, troppi viaggi, troppe auto, troppe mucche, troppo cibo, troppe malattie, troppi uffici e troppo inquinamento. Avere abbastanza inquinamento sarebbe già un bel traguardo. Altroché sviluppo sostenibile. Qui bisogna imparare o, più esattamente, scegliere di vivere nei limiti di un pianeta, per altro ferito a morte. Soprattutto bisogna smetterla di vivere perennemente nell’età della pubertà. Siamo (anche a 50 anni) capricciosi, istintivi e irragionevoli, proprio come ragazzini di 15 anni per niente maturi nelle scelte. Ora il coronavirus non è
solo una maledetta sciagura e crisi, ma anche un’occasione per premere il pulsante reset, perché improvvisamente abbiamo un gran bisogno di orientarci, di ascoltarci. Cos’è veramente importante per noi? Se ne abbiamo abbastanza di questa vita concepita come una folle corsa che tutto travolge (dal clima a noi stessi, ora), forse dobbiamo puntare sul vero abbastanza. Non sempre di più, ma sempre di meglio è quello che ci fa veramente bene. L’abbastanza come principio guida ci dà un valido orientamento per un futuro in cui l’essere umano e la qualità della vita umana siano realmente e finalmente al centro
SAVE THE DATE: COME FAREMO FUTURO CFMT: 25 ANNI VISTI PRIMA 05 NOV 2020 https://tinyurl.com/y3xlbcm3
dell’attenzione. Enoughness. Roba fatta di consapevolezza, decelerazione, minimalismo ed eccellenza (nelle esperienze e scelte). Il consumismo non è stato altro che una vomitata di cose inutili che ci hanno reso obesi (fisicamente e mentalmente). Etimologicamente consumare significa distruggere e una società basata sulla distruzione non può avere futuro. E poi: chi se ne frega del Pil, basta. Insomma, non abbiamo bisogno di una nuova normalità (fin troppo evocata in ogni discorso mediatico ed economico) ma di una nuova eccezionalità: essere eccezionali per essere un futuro diverso. Una sfida.
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––Future recruiting Largo ai giovani senza laurea
https://tinyurl.com/y6gggqcc https://tinyurl.com/yd9as96w https://tinyurl.com/ycy4lmf5 https://tinyurl.com/ycjaka7h https://whyapply.de
Basta titolo di studio. Basta curriculum vitae. Basta lettera di presentazione. Basta chiacchiere. Vogliamo fatti e competenze vere. E prove certe del talento da assumere. L’anno zero della selezione è giunto?
––Cosa non studiare per trovare lavoro Non studiate proprio e troverete lavoro. Sembra una provocazione, ma in realtà è una constatazione amichevole o, meglio, fotografia dei nuovi fatti in tema di selezione del personale. Alcuni recenti highlights, come riportato anche dalla stampa italiana: a settembre circolava su SpotifyJobs un’offerta di lavoro per il futuro capo degli studios per l’Europa meridionale e orientale con base a Madrid e Milano. I requisiti erano una decina (fra cui molte soft skills), fra cui spiccava la totale mancanza di un titolo di studio qualsiasi. Una stranezza svedese (stile gestione Covid) o piuttosto una tendenza? Propendo quasi per la seconda ipotesi, visto e considerato che molte grandi aziende del calibro di Google, Apple, Ibm, Hilton, Whole Foods, Starbucks e Bank of America non richiedono più la laurea per l’assunzione. Google, addirittura, con i suoi tre “career certificate”, rilasciati dopo sei mesi di studio al costo di 49 dollari al mese, di fatto fa concorrenza ai tradizionali percorsi formativi.
DIRIGIBILE #67
––Cv e laurea: irrilevante per Tesla
––Talenti: sfida all’ultimo posto disponibile Se non il curriculum, se non i test, se non i questionari, allora cosa? Per esempio una bella sfida chiamata, in perfetto gergo sportivo, JobChallenge (che fa più scena). Secondo la startup tedesca WhyApply, che ne ha lanciate parecchie, funziona alla grande per trovare e selezionare i famosi presunti talenti. In pratica, funziona così. Il reparto a caccia di personale qualificato lancia online una sfida con un compito/ problema da risolvere. Il tutto con una descrizione sintetica e concisa (max 1.200 battute) e senza menzionare il nome dell’azienda (avvolta nel mistero). I candidati che hanno qualche idea per la soluzione la postano con pochi click e poi attendono. Risultato? Secondo WhyApply un buon 97% di candidature interessanti.
Come sua consuetudine, Elon Musk non ha peli sulla lingua e afferma in modo netto che da loro il titolo di studio conta poco o niente. Quello che conta sono le competenze e la sopravvivenza ai loro test, ribattezzati “Hardcore Test”, tanto per chiarire subito che ai candidati vengono chieste prestazioni estreme oltre ogni limite. D’altra parte, l’eclettico imprenditore sudafricano è sempre estremo sia quando dice che per lavorare alla Tesla non serve essere andati all’università, tanto sono posti per divertirsi e basta, sia quando chiarisce che per candidarsi da loro è assai semplice, basta rispondere online alla domanda: “Cosa hai combinato di straordinario in ambito informatico, digitale o di intelligenza artificiale?”. Insomma, contano i fatti e non il solito “chiacchiere e distintivo” dei cv ben confezionati. Californiate? Non proprio. Anche nell’ex austera Germania si punta a cambiare le regole della selezione. Per dire: la classica lettera di presentazione viene ormai richiesta solo da un terzo delle grandi imprese tedesche e alcune come la Bosch la rifiutano (cestinano) a priori.
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––Future Wave L’onda lunga della civiltà tecnologica in cinque ere Dalla rivoluzione industriale in poi, abbiamo assistito a un crescendo di epoche dominate da una tecnologia di punta. Tre si sono già affermate e in parte concluse. Altre due sono all’orizzonte. Questo il responso di un paper realizzato da Trendone. A pagina 6/7 trovate sotto forma di infografica una sintetica istantanea dello stato dell’arte delle innovazioni dirompenti e relative ere. Ovviamente l’ottimismo della volontà tecnologica arieggia in questo lavoro e forse il tutto è un pochino didascalico e naïf nella sua proiezione lineare di futuro, ma utile come sintesi degli sviluppi attesi. Come sempre, per valutare il vero impatto del cambiamento tecnologico, bisogna vedere, oltre all’evoluzione possibile, anche il grado di accettazione probabile, nonché come l’improbabile (vedi cigni neri o wild cards) fa saltare il banco di ogni previsione.
DIRIGIBILE #67
––L’era industriale e dell’elettrificazione Come tutti sappiamo, la prima rivoluzione industriale è iniziata in Inghilterra con tanto rumore, tanto fumo (tossico) e poco arrosto per le classi lavoratrici. Un inizio che non prometteva niente di buono, ma che col tempo (diciamo due secoli) fra macchine a vapore, elettrificazione e illuminazione di massa, trasporti e collegamenti, radio e tv, ha portato infine al capitalismo moderno e alla produzione e al consumo di massa.
––L’era della super intelligenza artificiale e società interstellare
L’era informatica e della rivoluzione digitale Dalla metà del XX secolo in poi, il rapido sviluppo della tecnologia informatica ha portato a progressi senza precedenti in tutto il mondo. Che si tratti di internet, telefoni cellulari e smartphone, intelligenza artificiale, stampa 3D, realtà virtuale e aumentata, cloud computing o blockchain, guida autonoma e industry 4.0, tutte le tendenze tecnologiche del nostro tempo non sarebbero state possibili senza la rivoluzione digitale. Questa era durerà altri 30-50 anni con una presenza digitale sempre più invasiva e pervasiva.
Qualcosa di nuovo all’orizzonte. Chiamatela intelligenza artificiale forte, o magari computing quantistico. A partire dal 2070 ne vedremo delle belle, forse. In contrasto con gli attuali deboli sistemi di intelligenza artificiale, la super intelligenza artificiale raggiungerà, o addirittura supererà (almeno secondo i tecnoeuforici), le capacità intellettuali degli uomini. Robot modellati sulla biologia degli esseri umani ci daranno del filo da torcere. Infine, l’umanità si sposterà finalmente e realmente nello spazio, attraverso viaggi interplanetari, per scoprire nuovi mondi e forme di vita e, magari, stabilire nuove civiltà al di fuori della Terra, verrebbe da dire stufa della nostra presenza.
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––Future Wave L’onda lunga della civiltà tecnologica in cinque ere 2
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Flags: Countries with highest contributions Fonte: TRENDONE futuretimeline.net
INDUSTRIAL REVOLUTION 1770+
ELECTRIFICATION AGE 1870+
· First Machine Age · Steam Engine/1769 · Mechanized Factory Systems/1769 · Invention of the Optical Telegraph/1792 · The First Paper Machine/1799 · Invention of the Battery/1800 · Locomotive and Railway/1804 · The First Internal Combustion Engine/1807 · Electric Telegraph/1816 · Thermodynamics/1822 · Chemical Industry/1823 · The First Programmable Mechanical Computer/1822 · Electric Motor/1834 · Photovoltaic Solar Cell/1839 · Assembly Line/1853 · Mass Production of Steel/1856 · Emergence of the Modern Capitalist Economy · Massive Increase of GDP · Tech Leadership of Britain
· Invention of Light Bulb/1879 · Electrification/1880 · Transition of Tech Leadership from Britain to the United States and Germany · Invention of the Automobile/1886 · First Radar/1886 · Invention of the Telephone/1891 · Diesel Engine/1893 · Wireless Communication-Radio Waves/1895 · Emergence of First Giant Industry Corporations · First Motor-Powered Aircraft/1903 · First Regular Radio for Entertainment/1919 · First Full Electric TV/1926 · First Controlled Nuclear Fusion Test Success/1938 · First Jet Aircraft/1939 · First Freely Programmable Computer/1939 · First Digital Computer: Zuse Z3/1941 · Invention of the Transistor/1947 · First Civil Use of Nuclear Power/1951 · First IBM Mainframe/1952 · First Personal Computer/1957 · First Artificial Satellite/1957 · First Levitating Car/1959 · Invention of Laser/1960 · Manned Moon Landing/1969
DIRIGIBILE #67
I.C.E
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3 COMPUTING ERA 1970+ · Microprocessor/1971, GPS/1973, Nanotech/1974, Cell Phone/1984, World Wide Web/1990, First Commercial Virtual Reality/1990, Human Genome Project/1990, Ion Drive/1992, Cloud Computing/1995, Deep Blue defeated Garry Kasparov/1997, Deep Learning/2000, First 7-Qubit Quantum Computer/2001, China’s Peaceful Rise/2004, Mixed Reality/2006, Blockchain & Bitcoin/2008, Industry 4.0: Cyber Physical, Systems & IoT, 5G/2011, Hyperloop Mobility/2013, Neuralink Brain Computer Interface/2016, 4D Printing/2017 · Artemis Mission Moon Landing in/2024 · Clean Meat (cultured) in Mass Market/2025 · Large Scale Carbon Dioxide Removal: 1% of Global Co2 Emissions/2028 · Neuromorphic Computers/202X · Nanometer-Scale Swarm Robots/202X · Significant Commercial Space Industry/2035 · First New Genetic Modified Species/203X · Autonomous Mobility in Mass Market (10MIO+)/203X · Telepathic Links Between Humans Using Electronic Implants/204X · Humans Live in Permanent Moon Base/204X · Self Replicating Machines/204X · India as Economic Superpower/204X · Mission to Mars/2033/2048
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AGE OF SUPERINTELLIGENCE 2070+ · Artificial General Intelligence/pre 207X · Large Scale Space Tourism/207X · First Humans Born Off-Earth/207X · Bio Inspired Robots in Mass Market/207X · Full Body (not Head) Prosthesis/207X · Human Brain Transplant/207X · Transhumanism/207X · Full-Immersion 5-Sense VR Realism Near Identical to That of RealLife/207X · Circular Economy in All Areas of Value Creation/207X · Large Scale Geoengineering/207X · Fusion Power in Mass Market (100+ Power Plants)/207X · Asteroid Mining/207X · Next Generation Superconductivity and Breakthrough Applications for Energy and Mobility Sectors/207X · Breakthrough in Carbon Nanotube Production/208X · Claytronics/209X · 3D Nanofabricators in Mass Market/209X · Space Elevator for Planet-to-Space Transportation/21XX · First Initial Contact with Extraterrestrial Intelligence/2150
INTERSTELLAR SOCIETY 2170+ · Post-Earth Capitalism · Arrival of Unmanned Missions at Alpha Centauri and Proxima Centauri b · Interplanetary Travel with Humans · Terra Forming Cities on Mars · Brain Upload Possible · Longevity Treatments Stop Aging · Nanotechnology Self-Assemblers for Building Technology · Antimatter Power Plants in Mass Market · Transition to a Planetary Civilization · Antimatter Drive · Interstellar Travel · Self Replicating Spacecrafts Explore our Galaxy = Von Neumann Sonde · Space Colonization · Invention of Warp Drive
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FUTURETECH
INVENZIONI & INNOVAZIONI
ORDINARE UNA PIZZA CON LE ONDE CEREBRALI
Amazon il Pay with a Wave: pagamento a mani nude nelle quali sono contenuti i dati della carta di credito. Sono solo alcuni segnali della prossima Interface revolution. Fra 10 anni riconoscimento vocale, algoritmi predittivi, realtà aumentata e interfacce di tutti i tipi renderanno obsoleti i dispositivi basati su schermo e dominanti quelli che si fondono con gli accessori comuni della nostra vita quotidiana.
Alla fine del 2019 Facebook ha acquisito CTRL Labs, una società che produce un braccialetto che trasforma i segnali cerebrali in input per la gestione del computer. Quasi nello stesso tempo, Next Mind si è aggiudicata due importanti premi all’ultimo CES di Las Vegas per il suo interfaccia cervello-computer a mani libere. Intanto, Apple sperimenta il sistema operativo rOS (r sta per realtà aumentata) previsto per il 2022 e
TAKRAM.COM
Non il solito pallone gonfiato. Dal Giappone arriva POIMO, il primo scooter elettrico gonfiabile che si trasporta comodamente in uno zaino. Buffo. https://tinyurl.com/y5z9mbof
PRIESTMANGOODE.COM
Ennesimo prototipo a guida autonoma di PriestmanGoode. Questa volta un veicolo progettato in modo flessibile con diverse configurazioni per persone o merci. https://www.youtube.com/watch?v=XcDuUlx7wiU
https://www.next-mind.com https://www.ctrl-labs.com https://www.youtube.com/watch?v=nrej-OAZF20
GETPRESSO.CO
Instant Dry Cleaning Robot. A vederlo sembra, per dimensioni ed estetica, un frigorifero. Ma anziché conservare cibi lava e disinfetta vestiti in soli 5 minuti. https://tinyurl.com/y2yem7k6
JAMESDYSONAWARD.ORG
Premiato dal prestigioso James Dyson award 2020, il Cloud of Sea, disegnato dal giovane italiano Matteo Brasili, cattura microplastiche durante la navigazione. https://www.youtube.com/watch?v=KvX6XWYy1-s
STUDIOMISCHO.DE
Una presa quasi invisibile ed estraibile con un gesto della mano. Bell’idea per gli alberghi, un po’ meno per la casa dove i dispositivi sono inseriti nelle prese. https://vimeo.com/395076034
GOBE-ROBOTS.COM
Manda una tua copia virtuale in ufficio. Con il robot di telepresenza GoBe sei vicino ai tuoi colleghi ma anche distante dal coronavirus. Che sia la volta buona? https://www.youtube.com/watch?v=QYAS6B00XqQ
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
STIAMO IN CONTATTO!
Manageritalia c’è sempre, ed è il vostro “partner ideale di oggi e di domani”, come recita il nostro claim. Allora approfondiamo i punti di contatto nella customer journey dei nostri associati
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iamo nel pieno della trasformazione digitale e anche noi, tutta l’organizzazione di Manageritalia, abbiamo abbracciato questa rivoluzione facendo sinergia tra i nuovi touchpoint digitali introdotti nel tempo e quelli tradizionali, fisici e non, per dialogare
e offrire servizi e supporto agli oltre 37mila associati. Siamo solo all’inizio e abbiamo ancora tanto da fare per ottimizzare queste opportunità di contatto. Il fatto che quasi l’80% dei nostri iscritti ci dica da anni, nelle periodiche indagini di customer satisfaction, “Non mi sento solo
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ra centralizzata di customer care. Indirizzi email dedicati a cui rivolgersi in modo mirato, un contact center per avere informazioni di vario tipo ed essere orientati al meglio per trovare nella nostra Organizzazione il punto o la persona giusta per avere risposta e soddisfazione alle proprie esigenze. Questo articolato customer care, che lavora anche in outbound, è spesso anche lo step primario di manager non ancora associati e di chiunque voglia entrare in contatto con Manageritalia. Apriamo poi il capitolo media on e offline e supporti di comunicazione digitali. Strumenti di dialogo, contatto e servizio. A partire da Dirigente, il nostro mensile cartaceo, presente da anni anche online in versione sfogliabile, in pdf e attraverso artico-
MANAGERITALIA
un cliente, ma un associato verso il quale c’è attenzione e volontà di mettermi a mio agio e farmi sentire a casa mia” conferma che siamo sulla buona strada. E contano molto, oltre alle tecnologie, le persone. Vediamo quindi questi punti di contatto. Prima di tutto ci sono le nostre 14 Associazioni, tredici territoriali e una parasindacale dedicata agli executive professional (che risultano poi comunque iscritti anche alla propria associazione territoriale di riferimento). Le associazioni sono il primo e principale touch point, perché vicino sul territorio sia in modo fisico che digitale. Subito dopo abbiamo la Federazione, Manageritalia Servizi e Assidir. Fondamentale la nostra struttu-
LA FEDERAZIONE
06684016 manageritalia@manageritalia.it
MANAGERITALIA SERVIZI R
SERVIZI srl
0229516028 comunicazione@manageritalia.it
0220203.1 info@assidir.it
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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
CUSTOMER CARE
Intervista a Fabrizio Barca
UNA SOSTENIBILITÀ RIVOLUZIONARIA
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GIUGN
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Consumi
0227798825 infodirigenti@manageritalia.it infoquadri@manageritalia.it infoprofessional@manageritalia.it cardmanageritalia@manageritalia.it
IA
2020: shopping disruption
TIAM RIPARdalle
O
Economia
I gioielli italiani per affrontare la crisi del turismo
TENZEnel E P M O O C TRIAMTO” ed EN “MERI
Retribu
Calma pi zioni atta Int a Lisa Mcervista Knight
Barbie, un a di
Atomi &
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Il nuovo Bit podcas free trasform t sulla azione digitale
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meno frequenti, eventi e momenti di incontro in presenza, che sono stati immediatamente riorganizzati, laddove possibile, in incontri a distanza: occasioni dove trovare persone, dipendenti e volontari, che nella nostra Organizzazione mettono anima e corpo.
Le modalità non mancano, dunque non esitate a contattarci e a sfruttare ogni opportunità tra quelle qui sommariamente descritte per vivere le possibilità di ampio spettro tra servizi, network, informazione e formazione… che offriamo. Restiamo in contatto!
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CIDA CONTRO IL TAGLIO DELLE PENSIONI MANAGERITALIA
Aggiornamento del ricorso alla Corte costituzionale
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ell’ottobre 2019 la Corte dei conti di Trieste aveva rimandato alla Consulta il giudizio di un magistrato in pensione che aveva sollevato dubbi di costituzionalità rispetto all’accertamento del diritto alla corresponsione del trattamento pensionistico rivalutato senza il blocco imposto dall’art. 1, comma 260, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e alla condanna dell’Inps alla restituzione delle somme
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indebitamente non erogate al ricorrente. A seguito di tale rimando, lo scorso gennaio anche il magistrato del Tribunale di Milano – che aveva analizzato uno dei “ricorsi pilota” attuati da Cida – aveva sospeso il procedimento fino alla definizione della questione di costituzionalità. Il 20 maggio scorso, il professor Luciani, che segue le cause per la Cida, ha comunicato che l’udienza di fronte alla Corte costi-
tuzionale per il magistrato di Trieste è stata fissata, come detto, al 20 ottobre 2020. Questo significa che tale pronuncia andrà a condizionare anche le altre cause pilota intentate da Cida. Nei mesi scorsi alcuni dei nostri ricorsi sono stati rinviati a causa della diffusione del Covid-19. Lo scorso 7 luglio, invece, una delle nostre udienze presso il Tribunale di Milano si è celebrata con modalità “da remoto”. Il professor Luciani ha partecipato e ha insistito per una sospensione “impropria”, in attesa dell’esito del giudizio di fronte alla Corte costituzionale, in considerazione del fatto che l’udienza è già fissata, come detto, al 20 ottobre e un eventuale differimento (dovuto a nuove ordinanze di rimessione) non sarebbe da salutare con favore. Il giudice ha pertanto disposto il rinvio all’udienza del 15 dicembre 2020, quando la decisione della Corte costituzionale sarà – con buone probabilità – già stata pubblicata. Riteniamo che con molta probabilità anche le altre cause pilota, spostate tutte in autunno, saranno sospese in attesa della pronuncia della Consulta.
L’IMPORTANZA DEL SETTORE ASSICURATIVO IN ITALIA Dagli ultimi dati ufficiali emerge una raccolta premi vicina ai 145 miliardi di euro, che rappresenta quasi l’8% del pil nazionale
L
imprese e occupa 250mila persone (fonte: Bilancio a 4Ruote - studio Cdp e altri; grafico 1). A fine 2019 il personale del settore assicurativo era pari a 46.668 unità, di cui 5.398 erano i cosiddetti “produttori”, mentre i restanti 41.270 comprendevano amministrativi, personale dei contact center e dirigenti. Da sottolineare che il 47% era rappresentato da donne e il 49% circa da laureati (tabella 2).
La raccolta premi del ramo vita Come già indicato, per il ramo vita le polizze di assicurazione hanno raggiunto nel 2019 un valore superiore ai 107 miliardi di euro. Questo importo è stato sottoscritto per il 28,1% presso agenti e consulenti finanziari, per il 62% presso gli sportelli bancari e
postali e per il restante 9,9% direttamente presso le compagnie o i broker. Al ramo vita appartengono le assicurazioni sulla vita umana, le polizze di investimento e capitalizzazione, i fondi pensione aperti e i piani individuali pensionistici.
La raccolta premi del ramo danni Andiamo ora a esaminare l’entità delle assicurazioni danni, considerando come un caso a sé i premi per le coperture assicurative Rc auto obbligatoria che vengono raccolti da 42 imprese e hanno un valore di 13.244 milioni di euro rappresentando, così, circa il 37% del ramo danni. A fronte di questi premi, per l’anno 2019 c’è stata una sostanziale stabilità del numero dei sinistri rispetto all’anno precedente e si sono pagati importi
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ASSIDIR
o scorso 31 luglio l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (Ania) ha pubblicato il Rapporto annuale sull’andamento del mercato intitolato “L’assicurazione italiana 2019-2020”. Un documento che costituisce un importante strumento per valutare e riflettere su quanto sia stato realizzato dal settore assicurativo durante l’anno precedente e a cui faremo riferimento in questo articolo. Per prima cosa, esaminiamo il mercato assicurativo italiano del 2019, che è cresciuto, rispetto all’anno precedente, del 3,8% per il comparto vita e del 4,5% per quello danni, raggiungendo i 144,3 miliardi di euro. Le 46 imprese che operano nei rami vita hanno raccolto premi per più di 107 miliardi di euro, mentre per il ramo danni sono stati raccolti premi per più di 36 miliardi di euro dalle 73 imprese che vi operano in Italia (tabella 1). Un altro dato significativo riguarda il rapporto tra il volume dei premi assicurativi e il pil italiano negli ultimi tre anni, in lieve crescita per il ramo vita e sostanzialmente invariato per quello danni. A questo proposito, è utile sottolineare l’importanza del settore assicurativo che, nel complesso, ha rappresentato quasi l’8% del pil italiano del 2019 contro, ad esempio, il 5,6% di quello “automotive”, che è composto da 5.700
I rischi del ramo danni
Tabella 1 - LO SCENARIO ASSICURATIVO ITALIANO NEL 2019 Ramo
Numero imprese
Premi raccolti miliardi di €
Quota premi
Crescita su 2018
Vita
46
107,6
74,6%
3,8%
Danni
73
36,7
25,4%
4,5%
Grafico 1 - RAPPORTO TRA PREMI ASSICURATIVI E PIL
ASSIDIR
RAMO VITA
5,7%
5,8%
5,9%
2017
2018
2019
RAMO DANNI 1,9%
1,9%
1,9%
2017
2018
2019
Tabella 2 - PERSONALE DEL SETTORE ASSICURATIVO A FINE 2019 Produttori
5.398
Amministrativi
37.512
Addetti ai contact center
2.408
Dirigenti
1.350
Totale per un totale di 10.667 milioni di euro. Per il 2020, però, si stima una riduzione dei sinistri a causa del lockdown di tre mesi legato all’emergenza Covid-19. Insieme alla problematica Rc, è utile non dimenticare le altre coperture legate alle autovetture che
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46.668 vengono spesso proposte nella forma di “pacchetti”: incendio e furto, cui si aggiungono frequentemente anche altre garanzie che coprono, ad esempio, i danni da collisione (kasko), da rottura dei cristalli, da eventi atmosferici come la grandine, da atti vandalici ecc.
In campo assicurativo il ramo danni, una volta scorporati i veicoli terrestri e marittimi, viene suddiviso in ulteriori categorie che coprono da rischi totalmente diversi tra loro e che hanno avuto, nel 2019, una raccolta premi pari a 17.944 milioni di euro e un incremento del 6,3% rispetto al 2018. Esaminiamoli nel dettaglio. Per gli “Infortuni”, sia professionali sia extraprofessionali, le coperture comprendono le garanzie per il caso morte, l’invalidità permanente, l’inabilità temporanea e il rimborso delle spese di cura; l’ammontare dei premi versati nel 2019 è stato pari a 3.242 milioni di euro, con un tasso di crescita nominale del 4,6% rispetto al 2018. Per le coperture di “Responsabilità civile generale”, che comprendono anche quelle denominate “Rc professionale” e “Rc capofamiglia”, la crescita risulta essere stata del 6,2% e l’importo totale dei premi ha raggiunto i 3.210 milioni di euro; va sottolineato che in questa voce non confluiscono i premi delle garanzie per la conduzione di autoveicoli terrestri, aerei e mezzi marittimi o fluviali. Nelle polizze “Malattia”, che coprono i costi per ricoveri ospedalieri, analisi specialistiche, assistenza sanitaria ecc., il valore dei premi versati nel 2019 ha raggiunto i 3.062 milioni di euro, con una crescita nominale del 10,8%. Per quanto riguarda “Incendio ed elementi naturali” e gli “Altri danni ai beni”, i premi versati hanno raggiunto i 5.622 milioni di euro, con una crescita, rispettivamente, del 3,1% e del 5%.
Grafico 2 - VALORE DEI PREMI 2019 PER TIPO DI RAMO DANNI 14 12
Milioni di €
10 8
Totale 2019 “altri rami danni” 17.944
13.244
6 4 2 0
3.242 Infortuni
3.210 Rc generale
3.062 Malattia
2.593
3.029
Incendi ed Altri danni elementi naturali ai beni
801 Assistenza
423
1.584
Tutela legale
Altri rami*
Rc auto
* Perdite pecuniarie, cauzioni, merci trasportate, credito, corpo veicoli marittimi, aerei, ferroviari, rc aeromobili)
Ci sono inoltre le coperture destinate all’“Assistenza” alle persone in difficoltà, il cui valore dei premi versati nel 2019 è stato pari a 801 milioni di euro e la crescita ha raggiunto il 9,9%. Le polizze che garantiscono la copertura delle spese per la “Tutela legale” di privati e aziende hanno raggiunto i 423 milioni di euro di premi, con una crescita del 10,9% rispetto all’anno precedente. Infine, il totale dei premi per l’in-
sieme di tutti gli altri rami danni (perdite pecuniarie, cauzioni, merci trasportate, credito, corpo veicoli marittimi, aerei, ferroviari, Rc aeromobili) è stato pari a 1.584 milioni di euro (grafico 2). In un paese come il nostro le coperture assicurative contro il rischio di incendi ed eventi calamitosi (essenzialmente terremoti e alluvioni) i danni agli immobili assumono un valore particolare che è bene osservare e sottolineare. Si noti che il rapporto, per
Tabella 3 - ESTENSIONE ALLE CATASTROFI NATURALI AL MARZO 2020 Numero polizze Nessuna estensione terremoto-alluvione
Distribuzione numero polizze
9.239.681
88,4%
Solo rischio terremoto
664.773
6,4%
Solo rischio alluvione
234.431
3,0%
Entrambi i rischi
315.420
2,2%
10.454.305
100%
Totale
queste particolari coperture, non fa riferimento all’anno solare ma al periodo marzo 2019 marzo 2020. Il numero complessivo di queste polizze attive al 31 marzo 2020 era pari a 10,4 milioni, con un incremento del 7,3% rispetto al marzo dell’anno precedente, per un totale di somme assicurate pari a 3.811 miliardi di euro, ma è necessario evidenziare che l’88% delle polizze in essere relative ai beni (case, uffici, fabbricati civili o commerciali/industriali) non include l’estensione per i casi di terremoto e alluvione (tabella 3).
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DigitAbility Perché la sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale
U
n inedito ciclo di appuntamenti online, promossi da Cfmt e moderati da Stefano Epifani, presidente del Digital transformation institute, per delineare e approfondire le caratteristiche di un fenomeno ormai sempre più attuale. Il tema della sostenibilità ha un crescente impatto sull’agenda e sui comportamenti di imprese e manager. In particolare, all’interno del perimetro organizzativo corporate, questo tema induce e promuove l’adozione di nuove pratiche, potenzialmente in grado di coniugare crescita e performance economica, sostenibilità sociale e ambientale. In quest’ottica, gli aspetti economico-finanziari vengono inseriti in un più ampio quadro, che considera la dimensione della sostenibilità declinata in comportamenti e pratiche d’impresa misurabili. È indubbio, ormai, che i professionisti del terziario si troveranno a dover affrontare sfide nuove, plasmate dal periodo turbolento e di profonda incertezza che le aziende si sono trovate a gestire. Il termine “sostenibilità” acquista dunque una valenza multipla e si tinge di sfumature variegate: non solo azioni volte a ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività, ma anche tutela del benessere lavorativo del personale, miglioramento dei livelli di sicurezza e gestione più efficace ed efficiente delle risorse tecnologiche e digitali a disposizione. Ecco quindi rivelarsi la chiave di volta delle politiche innovative del prossimo futuro: la trasformazione digitale e gli
impatti su modelli e processi aziendali che da essa derivano. È chiaro ormai che la tecnologia rappresenti un valido alleato nel percorso verso l’innovazione sostenibile, tuttavia ciò che si rende necessario è un definitivo shift nell’approccio al digitale: la domanda da porsi, quindi, non è più se la tecnologia può essere uno strumento funzionale allo sviluppo sostenibile, ma piuttosto come.
I appuntamento Sostenibilità digitale 20 ottobre - ore 13-14:30 Mancano dieci anni alla data che le Nazioni Unite hanno fissato per il perseguimento degli obiettivi di Agenda 2030. Dieci anni nei quali il ruolo della tecnologia digitale sarà fondamentale e determinerà la possibilità di vincere le sfide della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Ma cosa si intende per sostenibilità? E perché questo tema diventerà sempre più centrale nella programmazione delle attività di aziende e istituzioni?
II appuntamento Sostenibilità del business e business sostenibile 19 novembre - ore 13–14:30 Guardare al concetto di sostenibilità vuol dire guardare a una realtà multidimensionale nella quale ambiente, società ed economia sono in strettissima correlazione. Le sfide che ci attendono non riguardano solo l’ambiente o il clima, ma la necessità di
ripensare il nostro sistema economico e sociale. La sempre maggiore sensibilità ai temi dell’ambiente da parte degli stakeholder, così come dei consumatori, è destinata a produrre impatti sempre più netti sull’economia. Da una parte gli obiettivi di sviluppo sostenibile ridefiniscono le dinamiche del business, dall’altra abilitano modelli di business del tutto nuovi. Quali sono gli impatti della sostenibilità sul business?
III appuntamento Dalla tecnologia sostenibile alla sostenibilità digitale 17 dicembre - ore 13-14:30 Nella gestione delle dinamiche di sistema che regolano le correlazioni tra economia, ambiente e società, la tecnologia digitale rappresenta un collante sempre più importante e un abilitatore insostituibile per governare la complessità. Il digitale rende possibili e attuabili in concreto modelli economici altrimenti impossibili da realizzare, abilita scenari di sviluppo altrimenti impensabili. Quali sono le principali tecnologie che possono essere utilizzate per supportare le dinamiche di sviluppo di modelli di business sostenibile? Che differenza c’è tra il concetto di tecnologia sostenibile e quello di sostenibilità digitale? Per iscrizioni e informazioni: http://bit.ly/cfmt_digitability Marika Franceschini marika.franceschini@cfmt.it
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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt e curato(63) re dell’inserto Dirigibile.
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA
Valeria Cantoni Mamiani è presidente di ArtsFor. Dirige progetti culturali e formativi con approccio
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
creative-based, ha portato la mediazione umanistica dei conflitti e la comunicazione non violenta nelle organizzazioni per facilitare percorsi e processi di apprendimento organizzativo in continua evoluzione. (26)
Chiara Cassé è analista e redattrice di contenuti per Capterra Italia. Esperta di tecnologia e software, è autrice del blog aziendale Capterra.it/blog e responsabile degli studi su hi-tech e digitalizzazione (54) aziendale rivolti alle pmi italiane.
Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
(59)
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Anna Fonseca è esperta di comunicazione telefonica. Ha collaborato con diverse realtà aziendali tra cui Hp, Ibm, Microsoft, Sap Italia, Citrix, Trend Micro e CA. È psicologa clinica, grafologa, coach in Programmazione neurolinguistica certificata in Life&Business Coach dalla Society of NLP di Richard (40) Bandler. Autrice di diversi libri sul tema.
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI
Fabrizio Galassi, giornalista, è responsabile ufficio stampa di Adnkronos Comunicazione, dove lavora da 20 anni occupandosi di consulenza di comunicazione e ufficio stampa di aziende, enti pubblici, (30) professionisti e associazioni di settori diversi.
Charlene Li è esperta di digital transformation e di strategie di crescita disruptive.
(48)
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di opera(61)
FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO
tori virtuali.
Silvia Pugi ha lavorato in più aziende e settori: consulenza strategica, telecom, travel, digital. Dopo
ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
anni da dirigente, ora segue le startup come angel investor. In Manageritalia è responsabile della Csr (20) Corporate social responsibility e gestisce il gruppo Innovazione in Lombardia.
Editore: Manageritalia Servizi srl
Laura Torretta è consulente di trasformazione positiva, cho - chief happiness officer®, hr innovation
Coordinamento: Roberta Roncelli
manager, counselor organizzativo sistemico relazionale, operatrice di scienza del sé e respiro consape(44) vole. 16 20
Direttore responsabile: Guido Carella
Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it
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da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale Manageri(62) talia. Antonella Portalupi, vicepresidente Manageritalia. (16)
Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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