N. 5 MAGGIO 2018
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
SPECIALE
t x o Un centenario pieno di sorprese
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Fondo Negri: fai la scelta giusta!
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
Editoriale a cura del presidente Manageritalia
SERVE UN GOVERNO, SUBITO!
N
el momento in cui scrivo il cantiere per la costruzione del nuovo governo è al lavoro, alla ricerca di quel compromesso ancora non raggiunto da oltre due mesi. C’è difficolta a trovare una sintesi dei mirabolanti obiettivi da raggiungere. L’economista Mario Baldassarri ha messo al vaglio le promesse dei partiti: il Pd propone di ridistribuire 38 miliardi senza indicare le coperture, i 5 Stelle 103 miliardi coperti solo per 40 miliardi, il Centrodestra 136 miliardi con coperture per poco più di 60… La speranza è che i calcoli di parte non prevalgano su una serena valutazione del bene comune e dell’interesse nazionale. Ciò che sta a cuore ai politici è solo il presente, oppure c’è posto anche per il futuro? Le possibili risposte hanno enormi conseguenze sull’economia e sulla società, nonostante il dibattito politico sia sempre più restio a ragionare su complessità e piani di lunga durata. Eppure un governo serve e subito, senza l’Italia rischia la paralisi legislativa e amministrativa. È anche per questo che la politica è fatta di accordi, di dialoghi e di intese nell’interesse del Paese. Vanno combinate visioni, si deve pensare alle prossime generazioni e non solo a chi ha votato. Non è mia intenzione proiettare uno scenario catastrofistico del nostro futuro; credo fermamente che ogni generazione che si sussegue all’altra porti indubbiamente innovazione e progresso, tuttavia il quadro dei contesti prospettici è davvero molto problematico: un’eredità complessa che in parte va attribuita alle generazioni che nella seconda metà del secolo scorso ne hanno creato le premesse. Ritengo che si debba guardare al futuro con una grande assunzione di responsabilità e il coraggio di
fare scelte sostenibili nel tempo, altrimenti ci sarà il trasferimento di un salatissimo conto per i nostri consumi di oggi sulle risorse di domani delle nuove generazioni. Vogliamo puntare con moderato ottimismo alla costruzione di una visione che socializzi e metta a fattore comune le grandi potenzialità che comunque il nostro Paese possiede. La prossima Assemblea di giugno vuole dare seguito a quanto abbiamo già fatto per elaborare un nuovo modello di rappresentanza della comunità manageriale, un percorso che poi proseguirà. Per portare avanti questo cammino occorre dare anima e consistenza a un movimento che possa mobilitare la comunità manageriale e pensante del Paese. L’obiettivo è elaborare e condividere proposte che possano ottenere l’imprescindibile consenso della politica, aiutandola a uscire dall’angolo del consenso a breve. Vogliamo promuovere un nuovo equilibrio sociale fondato sul merito, sull’inclusione, sull’equità sociale, sulla tolleranza, su una nuova coscienza e identità collettiva. Questa presa di coscienza generativa deve essere promossa e sostenuta dalla comunità manageriale pubblica e privata del Paese e da tutti coloro che possono mettere a fattore comune conoscenze e competenze per la futura sostenibilità generazionale. Data la trasversalità dei temi in agenda, abbiamo ritenuto che alla Fondazione Prioritalia spetti il compito di declinare e agire il ruolo socio-politico della comunità manageriale al servizio della collettività facendosi carico di ricercare tutte le possibili alleanze, con la partecipazione volontaria e convinta di ciascuno di noi, per dare forza al percorso di elaborazione e proposta. Guido Carella guido.carella@manageritalia.it
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O C I G O L O X U A UTILIZZA IN C A D S A F N O P U O I TUOI C L’Istituto Auxologico Italiano aderisce alla campagna di prevenzione Fasdac Prevenzione base Prevenzione cardiovascolare Prevenzione oncologica del seno Prevenzione oncologica dell’utero Prevenzione oncologica della prostata Prevenzione oncologica del colon-retto
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Sommario Copertina 6 Tfr: un centenario pieno di sorprese 14 Tfr, fai la scelta giusta! Generare intergenerazionalità 16 Non chiamateli vecchi
Intervista Ada Grecchi 50 C’era una volta una donna manager Green economy 54 Co2 e mercato delle emissioni
Uno di noi 20 Silver economy: una risorsa Ornella Pippa per il Paese 58 Nuova vita ai processi 24 Pensioni, quale futuro? Case history 28 Retail disruption: b8ta-Usa Fisco 32 Il Documento di economia e finanza 2018 Retribuzioni 36 Incrementi in vista
RUBRICHE 42 Osservatorio legislativo
InfoMANAGER Manageritalia Associazioni territoriali 75 Le associazioni si regionalizzano, anche nel nome Manageritalia Assidir 78 Cyber risk: come proteggersi Cfmt 80 Scuola di management 81 Driving change
46 Lavoro manageriale 60 Pillole di benessere 61 Arte
Management 44 Svantaggi strategici
è online su
62 Libri
Cfmt 48 Gli elementi chiave del media training
63 Letture per manager
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64 Lettere
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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
SPECIALE
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Un centenario pieno di sorprese
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
t x o x o f x o r
Associazione Antonio Pastore
Fondo Negri: fai la scelta giusta!
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Copertina
TFR: UN CENTENARIO PIENO DI SORPRESE Guida agli aspetti più inattesi del trattamento di fine rapporto, alla sua importanza sociale e finanziaria e, infine, alcuni recentissimi sviluppi sulla tassazione del tfr prodotto all’estero
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L TRATTAMENTO di fine rapporto (tfr), somma di denaro corrisposta ai lavoratori al termine del loro rapporto di lavoro, determinata in base all’anzianità di servizio e alla retribuzione, da circa un secolo fa parte del nostro ordinamento lavoristico ed è entrato nella nostra cultura, tanto da avere numerosi sinonimi o istituti analoghi: liquidazione, buonuscita, indennità di fine servizio, tfs, tfm… Ecco una guida agli aspetti del tfr più inattesi, che ne dimostrano la grande capacità di resistenza a mille riforme, l’importanza sociale e finanziaria e, infine, alcuni recentissimi sviluppi sulla tassazione del tfr prodotto all’estero.
Sergio Lombardi dottore commercialista
Storia del tfr Le origini del tfr sono antiche: nel 1916 era stata istituita un’indennità di anzianità a favore degli impiegati richiamati alle armi, estesa poi nel 1919 a tutti gli impiegati con anzianità “particolarmente elevata”. Nel 1924 fu prevista un’indennità di anzianità solo per gli impiegati (non per gli operai) e solo in caso di licenziamento, pari alla metà dell’importo di tante mensilità di stipendio per ogni anno di lavoro prestato. Solo nel 1942 fu approvato l’art. 2120 del codice civile, che estese il beneficio anche agli operai, in misura differenziata per categoria e per contrattazione collettiva.
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L’indennità di anzianità si sviluppò quindi con un carattere misto previdenziale/assistenziale ed era finalizzata ad assicurare il sostentamento al lavoratore durante il periodo di disoccupazione, nella ricerca di
un nuovo posto di lavoro o in attesa del trattamento pensionistico. Fino al 1966 l’indennità era dovuta solo in caso di licenziamento non per colpa del lavoratore, ma da allora è dovuta (come oggi) in tutti i casi di risoluzione del rapporto di lavoro subordinato. Il tfr assume quindi natura di accantonamento finanziario obbligatorio, gestito dal datore di lavoro per conto di tutti i propri lavoratori. Agli inizi degli anni 70, l’indennità di anzianità formava oggetto di contrattazione collettiva e veniva usualmente commisurata all’ultima retribuzione, con un parametro che variava sensibilmente secondo
le qualifiche (per i dirigenti una mensilità e mezza per ogni anno di anzianità, per gli impiegati una mensilità, per gli operai solo qualche settimana – con ampia variabilità da settore a settore). Si trattava quindi di un meccanismo del
tipo defined benefit, che, al pari del metodo retributivo di calcolo della pensione, favoriva le carriere più dinamiche. La modifica definitiva, che ha dato al tfr l’attuale forma con accantonamenti mensili (retribuzione annua diviso 13,5) rivalutati annualmente in base agli indici Istat e corresponsione differita, è avvenuta nel 1982. Il tfr è uno degli elementi del rapporto di lavoro su cui il legislatore è maggiormente intervenuto nel corso degli anni, soprat-
Le origini del tfr sono antiche: nel 1916 era stata istituita un’indennità di anzianità a favore degli impiegati richiamati alle armi, estesa poi nel 1919 a tutti gli impiegati con anzianità “particolarmente elevata” tutto recentemente, con riforme dai forti impatti negli ultimi 17 anni. Nel terzo millennio, le modifiche sul tfr hanno riguardato la riliquidazione, la contribuzione ai fondi di previdenza complementare, fino al recente esperimento (dall’esito negativo) del tfr liquidato mensilmente in busta paga e ancora il nuovo intervento (legge per la concorrenza 2017), ancora sul tfr ai fondi pensione, con la previsione di un ennesimo tavolo di confronto per una nuova riforma del
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Copertina sistema previdenziale complementare.
Geografia del tfr Il tfr, che diamo per scontato, è invece un elemento del rapporto di lavoro tipicamente italiano. Negli altri ordinamenti, infatti, salvo eccezioni (Abfertigung in Austria, Fundo de garantia do tempo de serviço in Brasile, Taechikum nella Corea del Sud), non esistono trattamenti equivalenti. Alcune indennità di fine rapporto previste in altre na-
Il tfr è un istituto ancora così innovativo da costituire insieme prestazione sociale, strumento gestionale, strumento di protezione del lavoratore e strumento di fidelizzazione. Nemmeno le soluzioni previdenziali/assistenziali più complesse o le policy di retention più recenti e trendy, come le stock option, riescono a ottenere tanti obiettivi insieme zioni sono inoltre tabellari rispetto alla durata del rapporto e non hanno natura retributiva come il tfr.
Le differenti funzioni del trattamento Il tfr è un istituto antico, come si è visto, ma ancora così innovativo da costituire insieme prestazione sociale, strumento gestionale, strumento di protezione del lavoratore e strumento di fidelizzazione. Nemmeno le soluzioni previdenziali/assistenziali più complesse o le policy di retention più recenti e trendy, come le stock option, riescono a ottenere tanti obiettivi insieme.
Il flop del tfr in busta paga Il prossimo 30 giugno scadrà il terzo anno di sperimentazione del tfr in busta paga. Alla misura, introdotta nel 2015 e che sarebbe dovuta servire per rilanciare i consumi, hanno aderito fino a settembre 2017 solo 205mila lavoratori (meno dell’1% degli interessati), che hanno richiesto alla propria azienda di anticipare mensilmente una parte del tfr. I motivi dell’insuccesso e del mancato rinnovo dell’esperimento di erogazione mensile on demand del tfr sarebbero la tassazione elevata, gli effetti negativi sulla posizione del fondo integrativo e il non voler rinunciare al “gruzzoletto” a fine carriera.
Scienza del tfr Tecnicamente, il trattamento di fine rapporto è una retribuzione differita, contabilmente una competenza e bilancisticamente un accantonamento.
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La riliquidazione del tfr (con una nuova sorpresa) Su tutti i trattamenti di fine rapporto percepiti dall’1/1/2001 è prevista per legge la riliquidazio-
ne automatizzata dell’imposta a cura dell’Agenzia delle entrate. La maggiore aliquota d’imposta rideterminata viene applicata anche alle somme relative all’incentivo all’esodo, al patto di non concorrenza e alle prestazioni in forma di capitale erogate da fondi pensione per lo stesso lavoratore. La ritassazione del tfr già erogato e altre riforme hanno rappresentato uno stravolgimento della funzione sociale del trattamento, che per lunghi decenni del ventesimo secolo rappresentava ancora una somma certa, anche se futura, su cui costruire il proprio avvenire o quello dei propri figli. Ma il vecchio modello “single employer” poteva avere senso solo in una economia florida con basso turnover, in cui sostanzialmente ogni lavoratore “sposava” un’unica azienda, nella quale si svolgeva la sua intera carriera lavorativa. Dell’aggravio fiscale sul tfr ci siamo già occupati anni orsono e molti contribuenti conoscono ormai la complicatissima scheda di riliquidazione, associata alla richiesta di pagamento di una maggiore imposta. Da allora, oltre all’accanimento sui titolari di tfr, con l’estensione del termine di riliquidazione da quattro a cinque anni, l’unica novità sul tema riguarda i rari casi in cui la riliquidazione dà un esito positivo per il lavoratore. Quando il ricalcolo è a favore del contribuente,
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che avrebbe diritto in quel caso a un rimborso d’imposta, sorprendentemente l’Agenzia delle entrate non invia nessuna comunicazione. Questo comportamento asimmetrico e ingiustificabile è stato riscontrato in diversi Uffici delle entrate sul territorio nazionale. Di conseguenza, attenzione se non ricevete alcuna comunicazione relativa alla riliquidazione del vostro tfr: potreste avere un credito giacente. Questa possibilità riguarda soprattutto i lavoratori che hanno passato negli ultimi anni prima della liquidazione dei periodi in aspettativa non retribuita, lunghi periodi di malattia o di congedo parentale o periodi di lavoro all’estero come non residenti fiscali in Italia. L’esistenza del credito sul tfr è agevolmente verificabile presso gli Uffici delle entrate o nel Cassetto fiscale e, nel caso di credito, va presentata un’istanza di rimborso del credito risultante dalla riliquidazione.
Senza tfr Anche l’introduzione nel nostro ordinamento dalla fine degli anni 90 di forme di rapporto parasubordinato che non prevedono il tfr, l’eccessivo ricorso alle stesse da parte dei datori di lavoro e la continua rimodulazione giuridica delle collaborazioni rappresentano in qualche modo una progressiva omologazione del rapporto di lavoro italiano con quelli pre-
senti in altri ordinamenti esteri, privi della nostra “liquidazione” e di altri istituti. La trasformazione di centinaia di migliaia di rapporti di lavoro dipendente “con tfr” in forme di rapporto di colla-
borazione “senza tfr” è un fenomeno contemporaneo non trascurabile dalla nostra analisi, con notevoli impatti sociali. La “flessibilità”, in molti casi, comporta la perdita di diritti.
RIMBORSO TFR PRODOTTO ALL’ESTERO
CHI
?
Outbound expatriates (italiani all’estero) e anche se il tfr è stato trasferito al fondo pensione
?
QUANDO
Entro 4 anni dalla percezione del tfr
?
COME
Con una istanza di rimborso
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Copertina Esenzione del tfr prodotto all’estero E veniamo all’aspetto più interessante dell’articolo, che rappresenta uno sviluppo recentissimo del diritto tributario. Fra i dirigenti è oggi molto comune, nell’attuale sistema economico globale intercomunicante, svolgere periodi di lavoro all’estero per trasferte, di-
stacchi o intere carriere svolte in sedi estere, uffici di rappresentanza o consociate di società italiane. Il tfr viene tassato dal datore di lavoro italiano o dal fondo pensione anche quando viene erogato a dipendenti residenti all’estero al momento della cessazione o lo sono stati in anni precedenti. Il lavoro all’estero rende il livello
esempio DIRIGENTE CON 30 ANNI DI SERVIZIO
di cui 20 anni all’estero e 10 anni in Italia
Tfr erogato: 90.000 euro
Incentivo all’esodo erogato: 300.000 euro
Aliquota di tassazione tfr: 30%
Imposte totali su tfr + esodo: 117.000 euro
IMPOSTE SU TFR ESTERO RIMBORSABILI: 78.000 EURO
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retributivo, e di conseguenza il tfr, molto più consistente. Le trattenute fiscali sulla liquidazione degli expatriates sono spesso considerevoli. La novità è costituita da recenti orientamenti dell’Agenzia delle entrate e della giurisprudenza tributaria verso l’esenzione pro quota del tfr prodotto all’estero da lavoratori assunti in Italia e trasferiti in altri paesi per motivi di servizio, i cosiddetti outbound expatriates. Questa possibilità vale anche se l’intero tfr o parte di questo è stato trasferito al fondo pensione. Per la prima volta, recentemente in una sentenza, la Cassazione, partendo dalla considerazione che il tfr e la retribuzione ordinaria sono componenti reddituali, aventi entrambi la loro causa nel rapporto di lavoro e che differiscono solo per il momento dell’erogazione, ha sostenuto che entrambi i redditi (mensile e tfr) devono subire un analogo trattamento tributario. Ne consegue che, se la retribuzione mensile è esente da tassazione in Italia, analoga esenzione deve essere applicata anche al tfr maturato sui medesimi redditi e periodi. I lavoratori interessati sono quelli che hanno trasferito la loro residenza all’estero, iscrivendosi all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) e risultando non residenti fiscali in Italia per alcuni periodi di lavoro.
CHI
Sulla base di tale orientamento, attraverso risoluzioni, sentenze tributarie, interpelli e successive sentenze della Corte di cassazione, si sono stabiliti importanti principi, convergenti verso l’esenzione del tfr prodotto all’estero, che in un numero sempre maggiore di casi consentono la restituzione della tassazione sul tfr subita. La residenza al momento della percezione del tfr non rileva, perché per il calcolo dell’esenzione viene preso in considerazione l’intero periodo di servizio per l’azienda, dall’assunzione alla cessazione. È sufficiente anche un periodo “antico” di lavoro all’estero di un anno per determinare una quota di imposta sul tfr che può essere oggetto di rimborso. La quota di esenzione è applicabile anche all’incentivo all’esodo percepito insieme al tfr alla cessazione del lavoratore. Se ad esempio il lavoratore ha prodotto all’estero i 2/3 del proprio tfr, come nell’esempio, la stessa quota si applica anche all’incentivo all’esodo, che si considera per 2/3 prodotto all’estero e quindi soggetto alla medesima esenzione.
Esenzione tfr: tempi e modalità Poiché i datori di lavoro e i fondi pensione italiani sono tenuti, secondo la normativa nazionale, a tassare il tfr erogato anche per i
lavoratori con periodi lavorativi all’estero, sulla base delle disposizioni sovranazionali delle Convenzioni internazionali, la strada per esentare le quote di tfr prodotto negli anni in altri paesi è quella dell’istanza di rimborso, presentabile entro quattro anni dalla percezione del tfr all’Ufficio delle entrate competente per territorio. L’Ufficio può disporre il rimborso totale o parziale delle imposte sul tfr richieste. Qualora l’Ufficio delle entrate rifiuti di erogare il rimborso, è possibile ricorrere in Commissione tributaria. Poiché raramente l’intera carriera di un lavoratore si è svolta all’estero, coesistono nel tfr quote
prodotte in Italia e quote prodotte all’estero. Un elemento vincente nella richiesta di rimborso è sicuramente l’indicazione della quota di tfr prodotta all’estero, della quale si chiede l’esenzione. È agevole determinare la quota di tfr estera, essendovene traccia nei fogli paga e, per molti anni, anche nei Cud/Cu. Si tratta frequentemente di somme molto rilevanti, che l’evoluzione del diritto tributario consente sempre più spesso di recuperare. Nell’eventuale pratica di rimborso dell’imposta sul tfr prodotto all’estero è necessario farsi assistere dal proprio consulente fiscale di fiducia.
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Copertina
TFR, FAI LA SCELTA GIUSTA! Destinando il tfr al Fondo Mario Negri aumenta la nostra previdenza integrativa, garantisce minore tassazione e maggiori rendimenti e può essere utile in caso di pensione anticipata
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È
INDUBBIO, destinando il tfr al Fondo contrattuale di previdenza integrativa Mario Negri i dirigenti possono prendere i classici “due piccioni con una fava”. Questo in quanto la tassazione è più conveniente di quella applicabile al tfr lasciato in azienda e anche i rendimenti sono in media superiori, poiché non sono legati all’inflazione, come avviene per la rivalutazione del tfr. Ma non è finita qui. Il capitale così accumulato, oltre ad accrescere l’ammontare della nostra pensione integrativa, può anche essere utilizzato a supporto dell’ipotesi di dovere o volere andare in pensione anticipata. Con l’introduzione della Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata) è infatti possibile utilizzare – in tutto o in parte – la posizione maturata presso il Fondo per avere una rendita in attesa della pensione Inps.
Tfr al Negri, convenienza rispetto al mantenimento in azienda Le agevolazioni riservate agli iscritti ai fondi pensione – per i dirigenti dei settori contrattuali Manageritalia, al Fondo Mario Negri – costituiscono uno dei (pochi) casi in cui il fisco viene incontro ai lavoratori. Infatti, con il decreto legislativo 252/2005, le prestazioni pensionistiche in rendita o in capitale, le anticipazioni per spese sanitarie, acquisto e ristrutturazione prima casa e altro e i riscatti espressamente previsti dalla normativa, se riferiti a contributi versati dal il 1° gennaio 2007, sono tassati in via sostitutiva con un’aliquota pari al massimo al 15% (riducibile fino al 9%) a confronto della tassazione separata con aliquota decisamente più alta (in media per i dirigenti superiore al 35%) riservata al tfr nel caso in cui rimanga in azienda. A questo si aggiunge il maggior rendimento, lordo e netto, che il
tfr al Fondo Negri ha garantito in media in questi anni nelle sue differenti modalità di gestione.
TASSAZIONE TFR
Facciamo un esempio Su un capitale accumulato di 82.000 euro, l’imposta ammonta a circa 25.000 euro in caso di tfr lasciato in azienda contro 10.000 euro in caso di tfr destinato al Fondo Mario Negri. Insomma, un guadagno netto di 15.000 euro.
Tfr al Negri a supporto della Rita Dopo aver apportato le necessarie modifiche statutarie e regolamentari, il Fondo Mario Negri è pronto a supportare chi volesse chiedere la Rita. Si tratterà di valutare, in base alle proprie esigenze personali e familiari, se utilizzare tutto il montante accumulato o parte di esso, avendo comunque l’opportunità di mantenere in gestione la parte non utilizzata
LASCIATO IN AZIENDA
AL FONDO MARIO NEGRI
MIN 32% MAX 40%
MIN 9% MAX 15%
per la Rita, beneficiando quindi anche dei relativi rendimenti. Ricordiamo che la Rita può essere richiesta, una volta cessata l’attività lavorativa, con un anticipo massimo di 5 anni, rispetto al compimento dell’età per il pensionamento di vecchiaia, almeno 20 anni di contribuzione alla previdenza pubblica e almeno 5 anni di anzianità contributiva nella
previdenza complementare. Se si è stati disoccupati per un periodo superiore a 24 mesi è possibile richiedere la Rita con un anticipo di 10 anni. La Rita è compatibile con redditi da lavoro che dovessero intervenire successivamente alla sua erogazione e con tutte le forme di Ape (sociale, volontario e aziendale).
RENDIMENTO TFR: AZIENDA VS FONDO MARIO NEGRI COMPARTO GARANTITO ANNO
COMPARTO BILANCIATO MEDIO TERMINE
AZIENDA
LUNGO TERMINE
Rendimento lordo*
Rendimento al netto dell’imposta sostitutiva
Rendimento lordo*
Rendimento al netto dell’imposta sostitutiva
Rendimento lordo*
Rendimento al netto dell’imposta sostitutiva
Rendimento lordo*
Rendimento al netto dell’imposta sostitutiva
2013
3,14%
2,79%
2,93%
2,61%
2,37%
2,11%
1,92%
1,71%
2014
3,16%
2,65%
2,80%
2,33%
3,71%
3,13%
1,50%
1,33%
2015
2,75%
2,31%
1,61%
1,31%
3,88%
3,13%
1,71%
1,52%
2016
2,89%
2,44%
1,93%
1,56%
0,00%
0,00%
1,79%
1,49%
2017
2,73%
2,30%
2,80%
2,23%
4,34%
3,44%
2,09%
1,74%
* Al netto delle spese amministrative.
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Generare intergenerazionalità
NON CHIAMATELI VECCHI Una fotografia degli over 65enni italiani, una fascia d’età oggi vivace e un target decisamente interessante. Caratteristiche e punti di vista a confronto
L’
INTERESSE per il target degli italiani di età superiore ai 65 anni sta crescendo: sono sempre più numerose le ricerche, con un taglio di marketing o uno sociale, che riguardano le attitudini della popolazione verso i concittadini in questa fascia di età, ma anche le ricerche che coinvolgono direttamente (e spesso esclusivamente) gli over 65enni. Vediamo i risultati di alcune recenti indagini e rielaborazioni di dati svolte da AstraRicerche.
Cosimo Finzi amministratore delegato AstraRicerche
In salute e attenti al proprio benessere I cittadini maggiorenni sono convinti che gli over 65enni sono un gruppo caratterizzato da un buono stato di salute (certamente migliore di quello degli over 65enni di 30 anni fa, ne è convinto l’83,2% degli intervistati), che sono attivi e dinamici (75,9%). Il miglioramento non riguarda solo lo stato di salute ma anche l’attenzione che tale gruppo sociale presta alla propria condizione fisica, al proprio benessere (solo il 23,2% ritiene che gli appartenenti alla terza e alla quarta età siano meno attenti al proprio be-
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nessere rispetto alle altre generazioni). Per poco più della metà dei 18-85enni gli over 65enni possono contare su una rete familiare e amicale che dà sostegno e relazioni (54,4%), mentre la rete assistenziale (rappresentata in primis dal Servizio sanitario nazionale, ma non solo) è ritenuta accessibile ed efficiente verso i meno giovani solo dal 41,7%.
Target necessario Abbiamo definito gli over 65enni come target, utilizzando un termine che associa questo gruppo sociale al suo possibile ruolo di consumatore e acquirente, tuttavia solo il 38,9% degli italiani maggiorenni reputa che le aziende stiano creando beni e servizi proprio per gli over 65enni. E proprio i 65-85en-
ni sono più critici in merito all’offerta mirata (solo il 35% si sente destinatario di prodotti ad hoc). In effetti le analisi svolte da AstraRicerche mostrano come le necessità siano duplici: da una parte ideare prodotti specificamente pensati per gli over, dall’altra parte utilizzare una comunicazione specifica (adatta al target per mezzi, modalità di comunicazione, stile di comunicazione, bilanciamento tra elementi testuali ed elementi visuali).
Supporto prezioso per la famiglia Secondo gli italiani è fondamentale che gli over 65enni siano in salute, con una buona condizione fisica (70,8%) e indipendenti, autonomi (57,1%). Gli intervistati affermano che conta maggiormente che siano
inseriti in un solido contesto sociale e familiare (45%) più che essere accuditi (30,6%) o convivere (o vivere molto vicino) con i propri familiari (29,1%). I cittadini italiani, in sintesi, non vedono gli over 65enni come dipendenti dalle fa-
miglie, ma mettono l’accento sulla necessità di una loro indipendenza, pur in un contesto relazionale intenso. D’altra parte l’idea che gli over 65enni non siano e non debbano assolutamente essere isolati è co-
Cosa pensano tutti gli italiani Cosa pensano tutti 65 gli italiani degli over degli over 65
66% 66%
60,6% 60,6%
53,2% 53,2%
Sono custodi di Sono custodi di memoria collettiva memoria collettiva (54% tra i 18-29enni) (54% tra i 18-29enni)
Sono in grado Sono in grado di proporre consigli di eproporre consigli insegnamenti e insegnamenti
Sono punto Sono punto di riferimento di riferimento anche per i giovani anche per i giovani
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Generare intergenerazionalità
Cosa pensano gli italiani 18-54enni Cosa 18-54enni degli over 65
80,6% Hanno valori valori ee ideali ideali Hanno positivi oggi carenti positivi oggi carenti molto 38,8% 38,8% molto abbastanza 45,8% abbastanza 45,8%
81,4%
Le maggiori maggiori difficoltà Sono Le difficoltà Sono ee saranno saranno affrontate li hanno sempre affrontate li hanno sempre più più risorsa risorsa temprati preziosa temprati preziosa per per la la società società
Le necessità degli over 65 sono duplici: da una parte creare prodotti mirati, dall’altra utilizzare una comunicazione specifica (adatta al target per mezzi, modalità di comunicazione, stile di comunicazione, bilanciamento tra elementi testuali ed elementi visuali)
mune alla grande maggioranza dei 18-85enni: per il 70,8% “sono un importante supporto alle famiglie nella custodia e nell’educazione di bambini e ragazzi” e solo per l’11,4% sono un peso, un elemento di difficile gestione in famiglia (con una nota rilevante, a pensarlo maggiormente sono proprio i 60-69enni, 16%, e i 70-85enni, 29%, come a dire che sono più loro a sentirsi un
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73,9%
peso di quanto non venga avvertito da chi tale ipotetico gravame dovrebbe sopportare).
Valori positivi Il gruppo degli over 65enni è associato a valori positivi: per due terzi (66,1%) gli appartenenti a questa fascia di età sono custodi della memoria collettiva, trasmettendo quell’insieme di ideali e valori comuni che reggono e guidano la convivenza sociale (lo pensano in particolare i più anziani, ma anche tra i giovani si trovano percentuali elevate, ad esempio il 54% tra i 18-29enni). Non solo: viene riconosciuto un possibile ruolo di mentori (“grazie alla loro esperienza sono in grado di proporre consigli e insegnamenti”: 60,6%) e per più di un italiano su due (53,2%) sono un punto di riferimento anche per i cittadini più lontani da loro per aspetti anagrafici (“sono un punto di riferimento
per i più giovani, in un rapporto che mescola elementi di compagnia, autorevolezza, protezione e divertimento”).
Temprati dal passato e dalle esperienze D’altra parte, coloro che non fanno parte della generazione di cui stiamo parlando (specificamente i 18-54enni) ritengono che gli over 65enni abbiano un bagaglio di valori e ideali positivi con cui si sono formati e che oggi sembrano persi dalla cittadinanza (il 34,8% concorda pienamente, il 45,8% abbastanza), forse anche perché “rispetto alle generazioni successive” – cioè quelle dei rispondenti – “hanno sopportato e affrontato momenti di maggiore difficoltà che li hanno portati a dare il giusto valore alle cose e alle situazioni della vita” (qui il consenso è amplissimo: 81,4%, di cui più della metà con un convinto molto). E sempre i 18-54enni riconoscono che saranno sempre più una risorsa preziosa per la società (in ambito produttivo, sociale, culturale) di cui non si potrà non tenere conto (73,9%).
Il giudizio su se stessi Ma diamo la parola ai 65-85enni: hanno la stessa visione degli italiani maggiorenni? Innanzitutto è vero che descrivono se stessi con forti ideali (56,2%) e complessivamente in buono stato di salute (più della metà descrive lo stato di salu-
te attuale come buono o – molto minoritariamente – ottimo). Il loro desiderio è più relativo al proprio benessere mentale, alla lucidità (73,7%) che al benessere fisico (68,2%), mentre viene pienamente confermato il desiderio di essere autonomi, indipendenti (64,5%) come prevalente su quello di essere accuditi (13,3%). I 65-85enni rivendicano chiaramente il ruolo di supporto alla famiglia, sotto l’aspetto economico (82,2%) e sotto quello dell’educazione e custodia dei più piccoli (85,5%), oltre all’essere una risorsa per l’intera società (79,4%).
Gap generazionale? Il distacco dalle nuove generazioni c’è ma è probabilmente meno ampio di quanto si ritenga: gli over 65enni hanno una buona apertura verso le tecnologie, soprattutto perché gli strumenti digitali facilitano loro la vita, rendendo semplice restare in contatto con persone, accedere a servizi ecc. Certo non è così per tutti, ma l’onda della digitalizzazione ha raggiunto ampiamente anche le persone sopra i 65 anni di età, soprattutto grazie alla facile utilizzabilità di strumenti come smartphone e tablet rispetto al classico computer. Per approfondire possiamo dare uno sguardo ai principali indicatori di Istat (anno 2017): la soddisfazione per la vita nel complesso ha, sia per gli uomini sia per le donne 65-74enni, valori allineati
alla media dei 20-64enni, mentre si assiste a una sensibile riduzione dei voti indicati dopo i 75 anni di età. Le relazioni familiari hanno valori simili (molto + abbastanza) rispetto a tutte le altre classi di età e per la sola risposta “molto soddisfatto” superano i valori dei 45-64enni, mentre meno positivi sono i valori delle relazioni con amici e affini, che scendono attorno ai 60 anni di età e crollano dopo i 75. La soddisfazione per il tempo libero è superiore alla media nazionale sia per i 65-74enni sia per gli over 75enni ed è superiore a quella di 35-64enni, nel pieno dell’età lavorativa. E non sorprende che la soddisfazione per gli aspetti economici sia la massima della popolazione maggiorenne.
Una visione nel complesso positiva Complessivamente ci troviamo di fronte a una visione sia autoriferita (da parte dei 65-85enni) sia eteroriferita (da chi ha qualche o molti anni in meno) decisamente positiva dei nostri anziani: ne viene riconosciuto il ruolo sociale innanzitutto in termini di supporto concreto alle famiglie; se ne afferma l’importanza come tutor delle nuove generazioni grazie all’esperienza maturata, ma anche a valori e sistemi di idee differenti da quelli attuali e da non perdere; si chiede attenzione per la loro salute e il loro benessere complessivo e, infine, si capisce che sono un target commerciale sottovalutato e di grande interesse per molti.
Come si vedono gli italiani 65-85enni
56,2%
73,7%
68,2%
Dicono di di avere avere Dicono forti ideali e buono forti ideali e buono stato di salute stato di salute
Desiderano Desiderano il benessere il benessere mentale mentale
Desiderano Desiderano ilil benessere benessere fisico fisico
64,5%
13,3%
Desiderano essere essere Desiderano autonomi e indipendenti autonomi e indipendenti
Desiderano Desiderano essere essere accuditi accuditi
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SILVER ECONOMY: UNA RISORSA PER IL PAESE L’invecchiamento della popolazione come opportunità sociale ed economica da cogliere
Mariuccia Rossini presidente e amministratore delegato di Korian Italia
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EI PROSSIMI cinque anni il numero di individui di età uguale o superiore a 65 anni supererà quello dei bambini al di sotto dei cinque anni. Il segmento di popolazione che aumenterà maggiormente sarà quello degli ultraottantenni, il cui numero assoluto risulterà praticamente quadruplicato entro il 2050. Si stima che nel 2050 la quota di anziani nel nostro Paese raggiungerà il 35,9% della popolazione totale, pari a circa 18 milioni di persone. Un nuovo “pianeta demografico” con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni: 79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne (dati Istat, Popolazione anziana in Italia, 1° gennaio 2017). L’invecchiamento è diventato una vera e propria opportunità sociale ed economica. Sempre più startup e imprese innovative calibrano la propria offerta di prodotti e servizi, con un focus strategico sulla prevenzione in un’ottica di active ageing. Sempre di più anche gli esperimenti di imprenditoria giovanile per l’inclu-
sione sociale. Fra i progetti imprenditoriali di maggiore interesse in questo senso l’app Vis (Very important senior) che funziona come un’agenda per incrociare la disponibilità di ragazzi tra i 16 e i 18 anni e le necessità dei cosiddetti senior su base territoriale. E ancora, il sito Accessible tourism for aged people per la vendita di pacchetti e itinerari di viaggio per anziani.
Un nuovo concetto di terza età L’invecchiamento è un processo multifattoriale caratterizzato da una progressiva perdita delle ca-
pacità funzionali e da una crescente presenza di più patologie. Oggi, però, la maggiore consapevolezza dei fattori di rischio per l’insorgenza delle diverse malattie, abbinata a una sempre maggiore prevenzione, porta a identificare un nuovo concetto di terza età che punta al mantenimento del benessere psicofisico e relazionale. L’evoluzione del concetto stesso di invecchiamento, dagli anni 60 a oggi, sembra essere improntata a uno stile di vita di qualità, più che mai attivo, nel segno del benessere, della cura di sé e del tempo ritrovato. Il cambio di denomina-
zione da anziano a senior non è casuale e rispecchia la pienezza dell’età d’argento come percorso di opportunità e di riconquistata libertà.
L’Italia e le potenzialità del mercato dei senior Sullo sfondo di uno scenario a sempre maggiore tasso di invecchiamento, l’Italia può diventare un vero e proprio benchmark europeo sul quale misurare l’efficacia degli investimenti per l’offerta di servizi innovativi per le esigenze dei senior. Un mercato con barriere all’ingresso relativamente
basse, ancora piuttosto frammentato e che si candida a diventare un polo di attrazione anche per gli anziani degli altri paesi dell’Unione europea. Un dato su tutti riassume, senza bisogno di commenti, l’incidenza della silver economy: in Italia il valore di questo mercato è stimato intorno a 620 miliardi di euro in termini di prodotto interno lordo.
Il potere d’acquisto e i trend di consumo dei baby boomer I baby boomer, coloro che sono nati tra il 1945 e il 1961, sono oggi protagonisti dell’età d’argento e
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mantengono un elevato potere di acquisto. Il 40% delle famiglie fra 55 e 64 anni ha al suo attivo una ricchezza netta superiore a 250mila euro, percentuale che resta superiore al 30% per le famiglie i cui componenti hanno da 65 anni in su. L’anziano over 65 vive in una casa di proprietà, in un caso su tre dispone di mezzi e tempo libero
e per la pratica sportiva (fonte Assoprevidenza 2017). Puntare sugli anziani con servizi innovativi può essere un importante motore per rilanciare la crescita in un paese che invecchia come il nostro. Entro il 2030 il numero degli ultraottantenni triplicherà. La combinazione di big data e nuove tecnologie, inclusa
per sostenere economicamente i familiari e avere una vita sociale appagante, alla quale abbina lo sport (il 14,4% tra i 65 e i 74 anni) e le vacanze. I consumi restano più alti della media per casa, salute e alimentari, ma rispetto a dieci anni fa gli anziani spendono di più per internet (utilizzato da quasi il 30% dei 64-74enni), per attività culturali (teatro, cinema e musei)
l’intelligenza artificiale, offre grandissime opportunità di sviluppare nuove soluzioni. Dai corsi per l’alfabetizzazione digitale ai centri sportivi dedicati, fino ai pacchetti vacanze silver, senza dimenticare la progettazione di dispositivi ad hoc – dagli smartphone alle app – per la comunicazione e l’inclusione sociale degli over 65.
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Un mercato del lavoro attivo sempre più “silver” A livello professionale, per valorizzare appieno il capitale umano rappresentato dai senior è fondamentale attuare una riorganizzazione del work environment e un’attenta gestione delle diversity dei professionisti over 65. Per creare opportune sinergie sarà di importanza cruciale dare risalto all’importanza del loro pensiero strategico e delle soft skill, ma anche adottare programmi di valorizzazione generazionale per l’aggiornamento delle conoscenze anche in età avanzata. E, ancora, adottare pratiche specifiche come il reverse mentoring, in cui sono i più giovani a trasmettere il proprio sapere ai colleghi più maturi, soprattutto in ambito informatico e tecnologico, e implementare appositi programmi di job redesign, come lo smart working e il telelavoro. Quello tra anziani e tecnologia è un binomio vincente che, se curato con attenzione, potrebbe offrire molte opportunità a una fascia di popolazione sempre più ampia. Gli anziani che ricorrono al supporto di pc, tablet, smartphone per informarsi sull’attualità, monitorare la propria salute, effettuare pagamenti e mantenersi in contatto con i propri cari sono in continua crescita. L’Istat rileva che oggi il 25,6% delle persone tra 65 e 74 anni utilizza internet, il 12,6% tutti i giorni.
AI e robot: alleanze con i senior In un paese come il nostro, inoltre, caratterizzato come già detto da un calo inarrestabile delle nascite e dall’aumento dell’età media della popolazione, una delle prossime emergenze sociali diventa trovare qualcuno che si occupi degli anziani. Ecco perché robot e intelligenza artificiale potrebbero avere un impatto dirompente per l’assistenza della terza età e stanno, in parte, già rivoluzionando le professioni tradizionali al servizio dei senior, dall’assistenza sanitaria degli anziani fino alla chirurgia robotica, alla diagnosi e alla chirurgia da remoto, fino alla telemedicina. Non a caso il Giappone, paese della tecnica e dell’ingegneria futuristica, ha già allo studio il primo robot caregiver che sarà in grado di fornire prestazioni infermieristiche e di monitorare le persone con demenza che vivono da sole. Paro è uno dei primi progetti di micro robotica giapponesi per la cura degli anziani: una specie di foca di peluche che risponde alle stimolazioni e viene utilizzata per l’affettività. In Europa, invece, è stato implementato GiraffPlus, che dialoga a distanza tramite uno schermo con l’anziano autosufficiente.
Manager e imprenditori over 60: punti di forza e stili manageriali Nel 2000 i lavoratori di età compresa fra i 55 e i 64 anni erano
6.761.145 milioni, nel 2015 7.649.309 milioni, mentre nel 2030 assisteremo a un ulteriore balzo che porterà i professionisti in età matura a ben 9.614.878 milioni. Sono dati che rivelano la sempre maggiore incisività della presenza dei senior sul nostro mercato del lavoro, al centro della recente indagine dal titolo “Aspettative delle imprese verso i lavoratori over 55” condotta dall’Associazione culturale osservatorio senior, www.osservatoriosenior.it, in collaborazione con il progetto “Dai un senso al profitto” dell’Università Bocconi. L’indagine rivela che le imprese italiane attribuiscono un ruolo di crescente rilevanza alla presenza di lavoratori senior in azienda. In linea generale, i datori di lavoro tendono ad ascrivere ai lavoratori senior qualità definite come “hard”, consistenti nella maggiore preparazione e capacità di indagare problemi complessi, dettate
dall’esperienza maturata negli anni. I lavoratori senior, inoltre, oltre al proprio bagaglio esperienziale e professionale, risultano essere portatori della cultura e della filosofia aziendale. Non sorprende, in tal senso, la decisione di imprese come AstraZeneca e Trenitalia di richiamare dei dipendenti ormai in pensione per trasmettere ai lavoratori più giovani le proprie conoscenze in modo da favorirne l’inserimento e l’operatività immediata. Ecco, dunque, che emerge come i lavoratori senior consentano alle imprese di attuare un trasferimento del knowhow e della cultura aziendale verso i più giovani. Viene cioè a instaurarsi un passaggio generazionale progressivo, con conseguente risparmio dei costi di formazione per l’impresa. Da questo punto di vista l’età non viene vista affatto come un problema ma come un’opportunità da cogliere.
I robot caregiver Paro e GiraffPlus.
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PENSIONI QUALE FUTURO? La previdenza tra aspettativa di vita, andamento demografico e bilanciamento generazionale Giuliano Cazzola esperto ed editorialista in tema di lavoro, previdenza e welfare
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EL MOMENTO in cui scrivo sembrano essersi ridimensionate le minacce di condannare al rogo la riforma pensioni del 2011. I documenti che si scambiano i partiti nella loro disordinata quadriglia non lasciano intendere quali provvedimenti saranno assunti qualora riuscissero a formare una maggioranza e un governo. Rimane come punto di riferimento quanto era indicato – in modo convergente – nei programmi elettorali del M5S e della Lega: un sostanziale ripristino per il pensionamento di anzianità delle regole previgenti rispetto alla riforma Fornero (quota 100 per la somma
di età e anzianità o 41 anni di contribuzione a prescindere dal requisito anagrafico). A dire la verità quel superamento della pensione di anzianità contenuto nell’art. 24 del decreto Salva Italia (l’istituto aveva persino cambiato nome) era diventato da tempo una promessa mancata. Era stata dapprima sospesa, poi abolita, l’applicazione di una modesta penalizzazione economica nel caso di quiescenza anticipata prima dei 62 anni di età, poi erano state escogitate delle uscite di sicurezza parallele con il pacchetto Ape e Rita (le due possibilità di anticipo della pensione di vecchiaia introdotte dalla legge di stabilità 2017, ndr) e le norme a
favore dei cosiddetti precoci. Mentre nella legge di bilancio per il 2018 si erano individuate 15 categorie di lavori usuranti alle quali non sarà applicato il requisito dei 67 anni a partire dal 2019, come sarebbe previsto in conseguenza dell’aggancio automatico all’attesa di vita. Sappiamo che c’è un impegno a rivedere questa materia per individuare aspettative di vita specifiche in rapporto alle professioni svolte. Una sfida infernale sotto molti punti di vista che il governo Gentiloni ha accettato per guadagnare tempo rispetto al grande problema tuttora aperto e in grado di condizionare il futuro del sistema pensionistico: cosa fare
della norma sull’aggancio automatico dell’età pensionabile e dei requisiti contributivi rispetto all’aspettativa di vita.
Un ritorno al pensionamento anticipato? Probabilmente una risposta a questa cruciale domanda può venire, indirettamente, dalle proposte contenute nell’ultimo (quinto) rapporto di Itinerari previdenziali: «Sono quindi preferibili – è detto nel testo – politiche che tendano a premiare il “lavoro”, la “fedeltà contributiva” e le lunghe carriere per cui l’indicizzazione dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita resta un requisito irrinuncia-
bile per gli equilibri del sistema (soprattutto per le pensioni di vecchiaia con carriere brevi e per quelle assistenziali), ma occorre altresì reintrodurre elementi di flessibilità in uscita ripristinando le caratteristiche della legge 335/1995». A tal fine – è questo il cuore della proposta a cui si aggiunge un ripristino strutturale (e assai oneroso) del pensionamento flessibile in un range definito – si dovrebbe in prima battuta sganciare l’anzianità contributiva dall’aspettativa di vita, prevedendo un massimo di 41 anni e mezzo di versamenti con un bonus non superiore a 3 anni di contributi figurativi e un’età minima di 63 anni d’età. «È scarsamente equo (e forse anche poco costituzionale) – si dice ancora nel Rapporto – immaginare che un lavoratore possa accedere alla pensione con solo 20 anni di contributi e 67 anni di età (magari facendosi integrare la prestazione per via della modesta pensione a calcolo) e che un altro con oltre il doppio dei contributi e senza rischi di integrazioni a carico dell’erario debba lavorare per oltre 43 anni (nel 2019)».
Troppe pensioni di anzianità A mio modesto avviso, restituire una centralità al pensionamento anticipato creerebbe (sarebbe meglio dire continuerebbe a creare) effetti iniqui, onerosi e privi di una reale prospettiva per le nuove generazioni. Il trattamento di anzianità è nei fatti riservato ai lavora-
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PENSIONI LIQUIDATE DI ANZIANITÀ E VECCHIAIA ANNI 1997-2016 (REGIMI PUBBLICI E PRIVATI) Totale
Vecchiaia
Anzianità
8.407.849
3.927.445
4.480.404
131.620
36.546
95.074
Età media
60,4
63,1
58,0
Importo medio
1.204
716
1.632
Numero Spesa (mlrd)
In Italia il numero dei trattamenti anticipati supera quelli della vecchiaia, con un’incidenza sulla spesa dei primi multipla di quella relativa ai secondi
tori maschi delle generazioni del baby boom. Le pensioni vigenti (ovvero lo stock) nei settori privati all’inizio del 2018 confermavano una drastica differenza di genere: 3,3 milioni di uomini erano in pensione anticipata contro 940mila donne; nel caso della vecchiaia il rapporto si invertiva con 3,1 milioni di donne contro 1,7 milioni di uomini. Nel 2017 per ogni 100 pensioni di vecchiaia ne sono state liquidate 180 di anzianità nel complesso del Fondo dei lavoratori dipendenti, 210 nella gestione dei coltivatori diretti, 179 in quella degli artigiani e 110 nei commercianti. In sostanza, è vero che forme di uscita anticipate esistono anche in ordinamenti previdenziali di altri
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paesi (solitamente penalizzati sul piano economico o legati a particolari condizioni di lavoro). Ma in nessun altro paese il numero dei trattamenti anticipati supera quelli della vecchiaia come avviene in Italia, con un’incidenza sulla spesa dei primi multipla di quella relativa ai secondi (vedi tabella).
Pensioni liquidate di anzianità e vecchiaia Peraltro, le generazioni che possono avvalersi dell’uscita anticipata non devono aspettare di arrivare a 67 anni, ma sono in grado di farlo a un’età intorno ai 61-62 anni. Nel novero del lavoro dipendente privato, i lavoratori sono stati in condizione di avvalersi in maggioranza del trattamento anticipato (nel 2017 a 61,2 anni in media); le lavoratrici hanno dovuto, in prevalenza, attendere la maturazione dei requisiti della vecchiaia, ritirandosi a un’età media di 64,8 anni. Come si vede, sia pure con una significativa differenza di genere imposta da situazioni di fatto, i 67 anni sono ancora di là da venire. Tutto ciò premesso, una
proposta che fornisse ulteriori benefici al pensionamento di anzianità non sarebbe certo rispondente alle prospettive non solo delle donne ma in generale delle giovani generazioni, per le quali raggiungere elevati standard contributivi è molto difficile, mentre dispongono di un’attesa di vita più lunga. Infine, una linea che abbassi nei fatti l’età effettiva alla decorrenza del pensionamento e determini di conseguenza un allungamento del periodo della quiescenza farebbe a pugni con le prospettive demografiche e le stesse esigenze del mercato del lavoro. Lo stock delle pensioni di anzianità, erogate a persone relativamente anziane e quindi destinate a essere percepite per un significativo arco temporale (quando si dice che 41 anni di lavoro sono sufficienti per meritarsi di andare in pensione ci si accontenta di una mezza verità perché non si calcola il tempo in cui si usufruirà di tale diritto), finirebbe per rappresentare nell’Italia benestante quel macigno posto sul cammino della previdenza obbligatoria che, nell’Italia povera, fu costituito dai trattamenti di invalidità, prima della riforma del 1984.
E la demografia? Del resto è lo stesso Rapporto di Itinerari previdenziali a tracciare un quadro demografico, sociale e occupazionale che, a mio parere, entra in palese contraddizione con
la proposta conclusiva riguardante l’istituto dell’anzianità. Leggiamo insieme: «La popolazione invecchia per l’azione combinata di diversi fattori demografici: la prima causa è identificabile nell’aumento della speranza di vita in corrispondenza delle età anziane. Un fenomeno che è noto come “invecchiamento dall’alto” e contribuisce, per l’appunto, a incrementare la quota di popolazione che si colloca nella parte alta (età senile) della piramide delle età. Ma il fatto che la vita si prolunghi non è di per sé sufficiente a spiegare l’invecchiamento demografico. Per interpretarne l’intensità e la dina-
mica, è bene rivolgere lo sguardo anche verso la base della piramide delle età. Nel nostro Paese – prosegue il Rapporto – il forte calo della fecondità, registrato negli ultimi decenni, ha prodotto una drastica riduzione del numero di nascite e quindi delle presenze giovani, concorrendo così a rafforzare, nel complesso della popolazione, il peso relativo della componente più anziana. Tale meccanismo è definito “invecchiamento dal basso” perché il fenomeno, evidenziato anche dall’aumento dell’indice di vecchiaia e dell’indice di dipendenza degli anziani, è indotto dalla diminuzione del nu-
mero di nuovi ingressi e quindi della base della piramide delle età. Va poi tenuto presente che se da un lato il forte calo del numero annuo di nascite rispetto a 30-40 anni fa (circa 830mila mediamente negli anni 70 contro le 473mila del 2016) comporta un minor afflusso di forze giovani, dall’altro gioca un ruolo fondamentale nel produrre invecchiamento demografico anche la struttura per età già acquisita dalla popolazione attraverso le dinamiche demografiche passate. Un fattore, quest’ultimo, che talvolta – conclude il documento – tende a essere sottovalutato».
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Case history
RETAIL DISRUPTION: b8ta-Usa Un concept che offre l’opportunità ai clienti di scoprire una selezione delle ultime novità del mercato, soprattutto lifestyle tech, e alle aziende di testare nuovi lanci di prodotto con feedback immediati dai target chiave Fabrizio Valente fondatore e amministratore di Kiki Lab - Ebeltoft Italy
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L RETAIL è un settore esposto come pochi alla velocità dei cambiamenti, accelerati anche per la rivoluzione imposta da web, digital, e-commerce. Nel giro di pochissimo tempo abbiamo assistito a un fenomeno di disruption del settore. Un concetto difficile da tradurre in italiano. Può significare caos o disturbo, ma sempre più spesso indica una rottura degli schemi. Una rottura necessaria per affrontare mercati in evoluzione, con correnti sempre più forti e non facilmente prevedibili: c’è il rischio di perdere la rotta e addirittura affondare, cioè chiudere bottega. Ma c’è anche, sapendo sfruttare la corrente, l’opportunità di prendere l’abbrivio e dirigersi verso gli obiettivi molto più velocemente di prima. Nel retail Observa, l’osservatorio di Kiki Lab, la disruption è un concetto ricorrente: nei nostri meeting internazionali, nei casi che
riscrivono con successo le regole dei mercati, nei congress mondiali che seguiamo costantemente e di cui siamo partner.
Interaction B8ta è un concept nato a San Francisco specializzato in una selezione di prodotti trendy e innovativi a 360°, soprattutto ad alto contenuto di innovazione tecnologica e un po’ di nicchia, come l’apparecchio che, applicato sulla testa, rileva il grado di attività del cervello ed emette i suoni più adatti per facilitare la meditazione (costo 179$). Il nome b8ta richiama il concetto di versione “beta” dei prodotti, ovvero quella ancora non definitiva, e il progetto è strutturato come una piattaforma di lancio – sia online, ma soprattutto fisica – a disposizione dei produttori che intendono sondare l’interesse di clienti in target, in primis trendsetter, e ricevere anche eventuali suggerimenti per possibili mi-
glioramenti prima di investire nella produzione di alti quantitativi di prodotto e nella distribuzione in vari canali.
Scelta e negozi local I brand che lanciano prodotti innovativi che hanno bisogno di essere toccati e provati per essere valorizzati – esigenze che l’online non riesce a soddisfare – faticano a trovare canali efficaci per farsi conoscere in modo economicamente sostenibile. I negozi b8ta sono strutturati in quattro aree principali: home (device smart home come telecamere di sicurezza, …); play (giochi, prodotti didattici, …); sense (cuffie realtà virtuale, prodotti audio, …); move (zaini, skateboard elettrici, gadget per il fitness, …). Per ciascun negozio vengono decisi un’identità e un assortimento specifico determinati in base ai trend dell’area in cui si trova.
b8ta-Usa: INFO CHIAVE LIFESTYLE CONCEPT STORE 30$ > 4.500$
8
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range di prezzi (2017)
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80
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6 mln
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1
corner in Macy’s New York
70
corner in negozi Lowe’s
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Case history Inoltre i prodotti cambiano ogni mese. La piattaforma online include un numero maggiore di item, lasciando spazio a prodotti voluminosi (ad esempio di arredo).
Collaboratori empowered Gli addetti dei negozi, definiti tester b8ta, vengono avvisati da un alert quando i clienti usano gli schermi digitali per avere informazioni o acquistare un prodotto. b8ta usa l’app Slack per consentire sia agli addetti sia alle aziende partner di monitorare in diretta le
diverse interazioni e le vendite. Gli addetti annotano inoltre domande, commenti, dubbi espressi dai clienti durante le dimostrazioni di uso del prodotto, gli aspetti che facilitano la vendita e le cause di eventuali resi, possibili fino a trenta giorni. Informazioni preziose che sono inoltrate in tempo reale ai brand.
Partnership virtuose L’azienda partner decide come gestire in tempo reale il display digitale che presenta il prodotto, con informazioni e prezzo, poten-
do così anche testare variazioni di prezzo e campagne promozionali in tempo reale, senza doverle concordare con b8ta. Il business model di b8ta è basato su forme di abbonamento mensile proposte ai brand, che decidono in autonomia il pricing e incassano tutto il venduto, perché il negozio non trattiene percentuali sulle vendite. Gli abbonamenti sono flessibili e consentono ai brand di scegliere in quali città e location inserire le proprie proposte fra una lista che si sta espandendo velocemente, anche grazie alla partnership con Lowe’s.
Strategia test’n’learn
Scenari internazionali e implicazioni per il mercato italiano Cfmt presenta la quarta edizione di Retail Disruption. Partendo dagli scenari emersi dai principali congress internazionali degli ultimi mesi, verranno approfondite le principali tendenze e casi di successo che stanno ridefinendo il linguaggio del retail del futuro, per comprendere in che modo questo fenomeno interessi anche il mercato italiano. Inoltre, testimonianze dal mondo delle imprese.
Milano, 6 giugno Cfmt, Sala Leonardo Da Vinci, h 17.30-20.30 Per info e iscrizioni: emassaro@cfmt.it
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In collaborazione con
B8ta è un caso innovativo di reinvenzione del negozio fisico, al servizio di molte categorie di prodotto e aziende che vogliono entrare o svilupparsi sul mercato, con un approccio di investimenti graduali. Una strategia che ottimizza le lezioni imparate dai popup store per valutare l’interesse dei potenziali clienti e raccogliere dati, senza ulteriori investimenti per il lancio su larga scala. I dati sono un elemento chiave e strategico per riuscire a comprendere i clienti, le loro aspettative e le loro scelte. b8ta sta riuscendo a generare valore attirando un numero crescente di clienti in target, diventando un destination store che collabora sia con startup, sia con brand del calibro di Google e Bang & Olufsen.
Il laser a femtosecondi al Centro Diagnostico Italiano
COMPETENZA MEDICA E TECNOLOGIA AVANZATA PER LA CHIRURGIA OCULISTICA Negli ultimi 20 anni la chirurgia della cataratta, in assoluto l’intervento più eseguito nel mondo, ha raggiunto una grande standardizzazione e degli ottimi risultati grazie alla anestesia topica (solo gocce di collirio), alla microincisione (circa 1,8-2,2 mm.) e alle lentine intraoculari Premium. L’utilizzo del laser a femtosecondi, approvato da FDA e CE, aggiunge una sicurezza e una delicatezza irraggiungibili con l’intervento classico. Il laser a femtosecondi ha una risoluzione nanometrica, può operare direttamente all’interno dell’occhio senza dover “aprire” il bulbo oculare, può essere programmato al computer in modo da effettuare in pochi secondi interventi impossibili manualmente. Le fasi principali dell’intervento, infatti, vengono programmate dal chirurgo al computer ed effettuate dal laser in pochi secondi, senza l’utilizzo di bisturi metallici, pinze chirurgiche e sonde di facoemulsificatori ad ultrasuoni. Il laser può costruire l’incisione corneale seguendo una forma intrastromale impossibile da eseguire manualmente, garantendo così un posizionamento, un dimensionamento e una tenuta perfetti. Questa tecnica consente minor invasività, minor infiammazione e decorso post operatorio più veloce con ripresa delle normali attività quasi dal giorno dopo l’intervento.
di cristallini di ultima generazione, Piccola chirurgia oculistica (calazio, cisti, neoformazioni palpebrali, xantelasmi), Pterigion, Interventi laser per glaucoma e retinopatie, Interventi laser per correzione difetti visivi (laser a femtosecondi ed eccimeri), Crosslinking corneale, Trapianti corneali (cheratoplastica lamellare, endoteliale e perforante).
Per organizzare il percorso del paziente, CDI ha istituito un call center dedicato per la prenotazione sia di visite che esami che di interventi chirurgici: 02.48317600
Ma il laser a femtosecondi non è utilizzato solo per la sostituzione del cristallino in caso di cataratta. Viene impiegato anche per effettuare la cosiddetta Bladeless LASIK, l’intervento che risolve i difetti visivi. Ed inoltre oggi viene utilizzato anche per la chirurgia dei trapianti corneali, sia lamellari che endoteliali. In questo caso col laser a femtosecondi effettua un accoppiamento perfetto tra donatore e ricevente con miglior risultato refrattivo post operatorio. La chirurgia refrattiva che problemi può risolvere? Miopia, astigmatismo, ipermetropia e oggi anche la presbiopia se le condizioni anatomiche oculari lo consentono. Il servizio di chirurgia oculistica del Centro Diagnostico Italiano di Milano si avvale non solo di strumentazioni tecnologiche all’avanguardia, ma anche e soprattutto della competenza professionale dell’equipe chirurgica, in grado di operare in Day Surgery o in One Day Surgery, le principali patologie oculari che necessitano di intervento: Interventi di cataratta con impianto
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MAGGIO 2018
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Fisco
IL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2018 In sintesi, cosa contiene il Def, il principale documento di programmazione della politica economica Carla Panizza responsabile centro studi Manageritalia
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MAGGIO 2018
I
L CONSIGLIO dei ministri dello scorso 26 aprile ha approvato il Documento di economia e finanza (Def) 2018. Il Def avrebbe dovuto essere presentato dal governo per l’approvazione del Parlamento entro il 10 aprile, ma quest’anno la scadenza non è stata rispettata e in attesa del nuovo governo è stata rinviata. Il Def si compone di tre sezioni ed è completato da alcuni allegati. In ragione dell’attuale momento di transizione caratterizzato dall’avvio dei lavori della XVIII legislatura, il Def approvato non contempla alcun impegno per il futuro, ma si limita alla descrizione dell’evoluzione economico-finanziaria internazionale, all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l’Italia e del quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue. Il Parlamento trova quindi nel Documento un quadro aggiornato della situazione economica e finanziaria quale base per la valutazione delle politiche economiche e dei programmi di riforma che il pros-
simo esecutivo vorrà adottare. Il Def cerca di mettere in evidenza il percorso di risanamento delle finanze pubbliche: il debito pubblico in rapporto al Pil è stato stabilizzato a partire dal 2015, dopo sette anni di incrementi consecutivi, mentre il deficit è sceso costantemente dal 3% del Pil al 2,3% del 2017. Il Paese è uscito dalla recessione, registrando quattro anni consecutivi di progressi del Pil, dallo 0,1% del 2014 all’1,5% del 2017.
Il mercato del lavoro Negli ultimi due anni il mercato del lavoro ha recuperato, in buona parte, i livelli di occupazione precedenti la crisi. A gennaio 2018 il tasso di occupazione era pari al 58,1%, ai livelli massimi dal dicembre 2008 (58,2%). Il tasso di disoccupazione è sceso dal picco del novembre 2013 (13%)
In ragione dell’avvio dei lavori della XVIII legislatura, il Def approvato non contempla alcun impegno per il futuro, ma si limita alla descrizione dell’evoluzione economicofinanziaria internazionale e all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l’Italia
all’11,2% del 2017, mentre il numero di occupati è aumentato di quasi 1 milione di unità dal punto più basso della crisi nel settembre 2013, di cui oltre la metà con contratti a tempo indeterminato. In particolare, a febbraio 2018 il numero di lavoratori con contratto a tempo indeterminato (14,935 milioni) è vicino al livello massimo raggiunto prima della crisi (15,032 milioni nel luglio 2008). Il rafforzamento della crescita nel 2017 e le buone prospettive per l’anno in corso consentono di nutrire una ragionevole fiducia nel proseguimento della dinamica positiva degli indicatori occupazionali.
zione rispettivamente al 10,7% nel 2018 e al 10,2% nel 2019. Per quanto riguarda la finanza pubblica, il quadro tendenziale prevede una riduzione del deficit all’1,6% del Pil nel 2018 e allo 0,8% nel 2019, con l’avanzo primario in crescita rispettivamente all’1,9% e al 2,7%. Il debito pubblico è previsto scendere al 130,8% del Pil nell’anno in corso e al 128% l’anno prossimo.
Gli indicatori del Bes Le stime macroeconomiche Le stime macroeconomiche contemplano una crescita del Pil rispetto all’anno precedente dell’1,5% nel 2018 e dell’1,4% nel 2019 e una riduzione del tasso di disoccupa-
Dopo l’esercizio sperimentale dello scorso anno, il Def 2018 è corredato da un allegato in cui si analizzano le tendenze recenti dei 12 “In-
Evoluzione del rapporto debito/Pil periodo 2014-2017 e previsione 2018-2019 2014
131,8%
2015
132,1%
2016
132% 131,8%
2017
130,8%
2018 2019
128%
Avanzo primario periodo 2014-2017 e previsione 2018-2019 2014
1,6%
2015
1,5%
2016
1,5%
2017
1,5%
2018
1,9% 2,7%
2019
MAGGIO 2018
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Fisco
Rapporto deficit/Pil periodo 2014-2017 e previsione 2018-2019
Variazione del Pil periodo 2014-2017 e previsione 2018-2019
3,0%
1,5% 2,6%
2,4%
1,5% 1,4%
2,3% 0,8%
1,6%
0,9%
0,8% 0,1% 2014
2015
2016
2017
2018
2019
dicatori di benessere equo e sostenibile” selezionati dal comitato previsto dalla riforma che fanno luce sulla qualità delle politiche e sui loro effetti nella vita dei cittadini e si proiettano le future evoluzioni degli indicatori attualmente simulabili (del reddito medio disponibile pro capite, dell’indice di diseguaglianza del reddito disponibile, delle emissioni di Co2, dell’efficienza della giustizia civile, dell’indice di povertà assoluta e di quello di abusivismo edilizio ecc.). Nel complesso, emerge come la crisi abbia intaccato il benessere dei cittadini, in particolare accentuando le diseguaglianze e aggravando il fenomeno della povertà assoluta, soprattutto fra i giovani. È tuttavia già in corso un recupero dei redditi e dell’occupazione; si attenuano fenomeni di esclusione sociale quali la mancata partecipazione al mercato del lavoro e l’abbandono
34
MAGGIO 2018
2014
2015
2016
scolastico precoce; migliorano alcuni indicatori di efficienza del settore pubblico quali, ad esempio, la durata dei processi civili. Molto resta da fare, i progressi non sono uniformi ma esiste una base su cui proseguire e allargare lo sforzo di miglioramento del benessere, dell’equità e della sostenibilità sociale, economica e ambientale. L’inserimento dell’analisi del benessere nei documenti programmatici è di certo funzionale a una maggiore attenzione dei decisori politici e dell’opinione pubblica verso questi temi così rilevanti per i cittadini.
Il rialzo dell’Iva Il quadro economico-finanziario prospettato nel Def, non avendo come già evidenziato natura programmatica, contempla l’aumento delle imposte indirette nel 2019 e, in misura minore, nel 2020, previ-
2017
2018
2019
sto dalle clausole di salvaguardia in vigore. Come già avvenuto negli anni scorsi, tale aumento potrà essere sostituito da misure alternative con futuri interventi legislativi che dovranno essere valutati dal prossimo governo, che spiegherà come intende trovare i 12,5 miliardi necessari per evitare gli aumenti nel solo 2019, mentre per il 2020 ne occorrono 19,2. Il Def non è una legge e non può introdurre nuove tasse né disporre tagli, ma deve comunque dare indicazioni sulle coperture, da dettagliare poi nella prossima manovra finanziaria. L’Italia è nelle condizioni per proseguire lungo il cammino dell’irrobustimento strutturale della crescita, dell’aumento dell’occupazione, della sostenibilità delle finanze pubbliche e della riduzione della pressione fiscale e miglioramento della composizione della spesa pubblica.
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Retribuzioni
INCREMENTI IN VISTA Le retribuzioni di dirigenti e quadri in Italia, seppur ferme da qualche anno, lasciano finalmente vedere qualche segnale positivo all’orizzonte
Matteo Gallina data manager Osservatorio JobPricing
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MAGGIO 2018
L
E RETRIBUZIONI dei manager (dirigenti e quadri in Italia sono poco meno del 6% dei lavoratori dipendenti totali), pur mantenendo un differenziale significativo rispetto a quelle di impiegati e operai (un dirigente guadagna circa 4 volte un operaio, un quadro circa il doppio), hanno vissuto negli ultimi anni, come ben noto, forti tensioni che ne hanno limitato se non azzerato la crescita. Per i dirigenti, infatti, tra il 2014 e il 2017 si è avuta una riduzione del 4,2%, mentre per i quadri una dinamica sostanzialmente stazionaria (+1,5%) e comunque inferiore al trend complessivo del mercato (+2,5%). Tale dinamica, secondo lo studio condotto dall’Osservatorio JobPricing per Manageritalia,
sembrerebbe finalmente aver segnato un’inversione nel 2017, anno in cui si registra una crescita seppure modesta sia della retribuzione dei dirigenti (+0,6%) sia dei quadri (+0,4%). Tutto ciò appare poi tanto più significativo se lo si confronta con l’andamento generale del mercato, che di fatto appare in stagnazione (+0,2%; tabella 1). La retribuzione media di un dirigente nel 2017 era pari a 101.821 euro lordi (con un delta di 600 euro circa sul 2016), quella di un quadro a 54.021 euro lordi, con un delta di circa 220 euro lordi (vedi grafico). Naturalmente una valutazione delle retribuzioni manageriali non può prescindere oggi da un’analisi delle componenti variabili: i dirigenti, in media, nel 2017 hanno
Il numero di manager a cui vengono assegnati premi variabili nel proprio pacchetto retributivo è in crescita. Per i dirigenti si è vicino alla soglia dell’80%, mentre per i quadri è stato “abbattuto” il muro del 70%. Appare chiaro che le politiche retributive per i manager si muovono sempre più verso strutture “pay for performance” e “pay for competence”
Tabella 1 - RAL 2014-2017 E TREND RAL 2017-2016 E 2017-2014 PER INQUADRAMENTO QUALIFICA
DIRIGENTI
RAL 2014 (E)
RAL 2015 (E)
RAL 2016 (E)
RAL 2017 (E)
TREND 2017-2016 (%)
TREND 2017-2014 (%)
106.230
104.266
101.224
101.821
0,6
-4,2
QUADRI
53.231
53.217
53.799
54.021
0,4
1,5
IMPIEGATI
30.465
30.624
30.894
30.814
-0,3
1,1
OPERAI
23.707
23.937
24.608
24.865
1,0
4,9
TOTALE
28.665
28.693
29.309
29.380
0,2
2,5
percepito circa 19.500 euro lordi, i quadri circa 6.000.
Trend 2017-2016 Interessante osservare che, come già nel 2016 rispetto al 2017, è in crescita il numero di manager a cui vengono assegnati premi variabili nel proprio pacchetto retributivo. Per i dirigenti si è ormai vicino alla soglia dell’80% di percettori, men-
RAL MEDIA 2017 (VALORI IN EURO) VS OCCUPATI DIPENDENTI 2014-2015-2016 (% SUL TOTALE OCCUPATI)
€ 101.821
Dirigenti
1,4%
€ 54.021
Quadri
4,3%
€ 30.814
Impiegati
35,8%
€ 24.865
Operai
58,5%
Job Pricing – Ral media
Composizione occupati – Istat
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Retribuzioni
Tabella 2 - IL PESO DELLA RETRIBUZIONE VARIABILE QUOTA VARIABILE NEL COMPENSATION MIX (%)
RETRIBUZIONE VARIABILE ANNUA LORDA (IN EURO) PER I PERCETTORI DI VARIABILE (E)
DIRIGENTI
16,8
19.459
QUADRI
10,4
6.058
IMPIEGATI
7,6
2.472
OPERAI
6,8
1.766
QUALIFICA
Tabella 3 - TREND 2016-2017 PERCETTORI VARIABILE QUALIFICA
2016 (%)
2017 (%)
DIFFERENZA
DIRIGENTI
76,1
77,8
1,7
QUADRI
68,2
70,6
2,4
IMPIEGATI
61,9
65,9
4,0
OPERAI
71,1
76,2
5,1
Tabella 4 - RAL MEDIA 2017 PER SETTORE E QUALIFICA SETTORE
38
MAGGIO 2018
DIRIGENTI (E)
QUADRI (E)
AGRICOLTURA
90.267
48.794
SERVIZI
96.934
51.458
COMMERCIO
101.632
52.863
EDILIZIA
102.525
55.436
UTILITIES
102.528
56.519
INDUSTRIA MANIFATTURIERA
104.365
55.785
INDUSTRIA DI PROCESSO
105.676
54.797
SERVIZI FINANZIARI
110.122
56.498
tre per i quadri nel 2017 è stato “abbattuto” il muro del 70% (vedi tabelle 2 e 3). Appare chiaro che le politiche retributive per i manager (ma non solo, visto che si tratta di una dinamica generale per tutte le qualifiche) si muovono sempre più decisamente e con velocità verso strutture “pay for performance” e “pay for competence”, sia di breve che di mediolungo termine, così da collegare la retribuzione in modo significativo al “valore” portato da ciascuna risorsa all’azienda e al business. E del resto queste prassi appaiono molto apprezzate dai lavoratori (manager e non) come rilevato dal “Salary satisfaction report 2018” dell’Osservatorio JobPricing, che ha messo in luce come l’indice di soddisfazione rispetto alla propria remunerazione sia intimamente connesso all’integrazione della retribuzione fissa con elementi variabili cash o in “natura” (benefit, welfare ecc.). In particolare, l’indice può più che raddoppiare (da 2,9 a 6,3 su una scala da 0 a 10) in presenza di sistemi incentivanti di medio e lungo termine (cosiddetti Lti).
L’azienda conta: settore e dimensione Passando a un’analisi settoriale, si conferma che i servizi finanziari sono il comparto che meglio paga i manager. L’agricoltura, invece, è ancora il fanalino di coda (tabella 4). Oltre al settore, un fattore di differenziazione importante per i livelli
retributivi dei manager italiani è naturalmente la dimensione dell’azienda: il delta fra una micro-impresa e una grande (+1.000 dipendenti) è di circa 20.000 euro lordi nel caso dei dirigenti e di circa 3.000 euro lordi nel caso dei quadri (tabella 5). Il differenziale tra dirigenti e quadri, in conseguenza di questo
Tabella 5 - RAL MEDIA 2017 PER DIMENSIONE AZIENDALE E QUALIFICA SETTORE
aspetto, cresce al crescere della dimensione aziendale (passando dai circa 40.000 euro lordi delle micro-
DIRIGENTI (E)
QUADRI (E)
MICRO (fino a 10 dipendenti)
90.575
51.690
PICCOLA (da 11 a 50)
96.268
53.420
MEDIA (da 51 a 250)
103.776
54.827
MEDIO-GRANDE (da 251 a 1.000)
103.806
55.366
GRANDE (oltre 1.000 dipendenti)
109.269
54.920
20,6%
6,2%
GAP MICRO-GRANDE AZIENDA
Tabella 6 - RAL MEDIA E RETRIBUZIONE VARIABILE (INCIDENZA % SULLA RAL DEI PERCETTORI) PER POSIZIONI MANAGERIALI DIRIGENTI
RAL (E)
VAR (%)
QUADRI
RAL (E)
VAR (%)
DIRETTORE GENERALE
119.519
21,2
NATIONAL KEY ACCOUNT MANAGER
59.864
19,4
DIRETTORE MARKETING
108.628
22,3
RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE E SVILUPPO
59.158
12,9
DIRETTORE AMMINISTRAZIONE, FINANZA E CONTROLLO
108.002
20,0
RESPONSABILE LEGALE
58.986
11,6
DIRETTORE RISORSE UMANE
106.138
21,3
RESPONSABILE ACQUISTI
57.759
10,6
DIRETTORE R&S
104.906
22,0
RESPONSABILE COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE
56.589
11,4
DIRETTORE ICT/SISTEMI INFORMATIVI
104.894
19,1
RESPONSABILE SOFTWARE E APPLICAZIONI
56.329
9,8
DIRETTORE LOGISTICA E SUPPLY CHAIN
101.853
18,8
RESPONSABILE COMMESSA
54.997
10,9
DIRETTORE VENDITE ITALIA
101.498
23,5
PROJECT MANAGER/PROJECT LEADER
53.260
9,9
DIRETTORE QUALITÀ
100.220
16,7
RESPONSABILE CONTROLLO QUALITÀ DI PRODOTTO
53.026
10,4
imprese agli oltre 54.000 delle grandi). I dati mettono in evidenza come, escludendo il vertice azien-
dale, sia la funzione marketing quella in cui i dirigenti sono meglio pagati in media (108.628 euro
lordi annui). Tale dato dipende con ogni probabilità dal fatto che questo tipo di professionalità è
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Retribuzioni
Tabella 7 - LIVELLI RETRIBUTIVI: SODDISFAZIONE COMPLESSIVA (DA 0 A 10) DIRIGENTI
5,5
QUADRI
4,9
IMPIEGATI / OPERAI
3,1
TOTALE
3,7
Tabella 8 - SISTEMI RETRIBUTIVI APPLICATI: INDICE DI SODDISFAZIONE (DA 0 A 10) DIRIGENTI (E)
QUADRI (E)
SODDISFAZIONE COMPLESSIVA
5,5
4,9
EQUITÀ INTERNA
6,9
5,7
COMPETITIVITÀ ESTERNA
6,4
5,4
PERFORMANCE E RETRIBUZIONE
5,6
4,8
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presente soprattutto in aziende medio-grandi e grandi e con modelli di business evoluti. Al secondo posto troviamo i dirigenti di area amministrativa e finanziaria, mentre a fondo classifica quelli responsabili della qualità. Venendo ai quadri, i primi posti spettano a ruoli di vendita (national key account manager), come è del resto lecito aspettarsi. Meno scontato, senz’altro, il fatto che al secondo posto si trovi la figura di responsabile organizzazione e sviluppo. La qualità, invece, risulta a fondo classifica anche tra i quadri (tabella 6).
Tutti soddisfatti? Ma i manager sono contenti dei loro livelli retributivi? Stando a quanto emerso sempre dall’indagine “Salary satisfaction report 2018”, sembrerebbe di sì, ma moderatamente per i dirigenti, mentre i quadri si posizionano in una zona di sostanziale “indifferenza” (tabella 7). È tuttavia interessante rilevare che tanto i dirigenti (in modo più significativo) quanto i quadri esprimono giudizi positivi rispetto all’equità interna delle proprie retribuzioni e anche alla competitività esterna. Qualche perplessità in più, invece, i manager di tutti i livelli sembrano averla circa il fatto che i sistemi retributivi a loro applicati siano effettivamente capaci di riconoscere in modo adeguato il contributo individuale ai risultati aziendali (tabella 8).
MAGGIO 2018
41
OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
POLITICHE ATTIVE SUL LAVORO: LE NOVITÀ DEL 2018
N
osservatorio
el marzo 2018 sono stati emanati dal governo due decreti nell’ambito delle politiche attive, ovvero le linee di indirizzo triennali dell’azione in materia di politiche attive e il decreto che introduce i nuovi criteri per l’accreditamento dei servizi per il lavoro. Tali provvedimenti sono importanti perché vanno nuovamente nel solco di una visione centralistica del sistema delle politiche attive e in particolare della governance, portata avanti dall’Anpal con qualche difficoltà dopo il referendum costituzionale del dicembre 2016. Viene confermato per l’Anpal il ruolo di “connettore tra tutte le regioni”. Il primo decreto in particolare definisce
gli obiettivi triennali 2018-2020 (riduzione della durata media della disoccupazione, miglioramento dei tempi e della qualità delle politiche erogate e innalzamento della quota di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, coordinamento tra sistema nazionale e quelli regionali, dell’implementazione piena del sistema informativo unitario ecc.) e gli obiettivi annuali (2018), che riguardano la diffusione dell’assegno di ricollocazione, l’attuazione dei meccanismi di condizionalità, il contrasto della disoccupazione di lunga durata. Il secondo decreto stabilisce i criteri per l’idoneità dei soggetti pubblici e privati a erogare i servizi per il lavoro e per ot-
IL NUOVO PARLAMENTO
D
opo l’elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento e dei gruppi parlamentari non sono stati ancora nominati i presidenti delle Commissioni parlamentari. Al momento stanno lavorando solo le due Commissioni speciali per l’esame degli atti urgenti del governo di Camera e Senato.
Decreto sulle linee guida in materia di politiche attive: http://bit.ly/dir1-5-18 Decreto sui nuovi criteri per l’accreditamento dei servizi per il lavoro: http://bit.ly/dir2-5-18
UE: MODERNIZZARE IL MODELLO DI CV EUROPASS
S
hi desidera creare un curriculum vitae alternativo rispetto a quello classico europeo può farlo consultando i numerosi siti a disposizione. Oggi ci sono diversi modi per parlare di sé e delle proprie esperienze e competenze in maniera originale: il videocurriculum, il cv grafico, l’info curriculum o il cv infografico, i Ted talk ecc. Il nostro consiglio è quello di dotarsi di più modalità di presentazione, dalle più tradizionali a quelle più innovative.
empre a proposito di cv segnaliamo che, nell’ottica di garantire strumenti e servizi migliori per le competenze e le qualifiche dei cittadini europei, l’Unione europea sta lavorando a una revisione del quadro Europass. Tale revisione, intesa a semplificare e modernizzare il modello di cv Europass e gli altri strumenti in materia di competenze per l’era digitale, consentirà ai cittadini in tutta l’Ue di rendere più visibili le proprie competenze e qualifiche e aiuterà i responsabili politici ad anticipare le esigenze e le tendenze del mercato del lavoro. Gli accessi al portale Europass sono oltre 55.000 al giorno e dal 2004 il modello di cv è stato scaricato più di 100 milioni di volte. Europass ha dimostrato il suo valore aggiunto come veicolo per comunicare le competenze in tutta l’Ue, ma deve evolvere in parallelo con le sfide e le opportunità dell’era digitale. Per la prima volta Europass offrirà anche informazioni per sostenere la gestione della carriera, comprese informazioni sulle tendenze e sulle esigenze del mercato del lavoro e in materia di orientamento e opportunità di apprendimento in Europa.
Approfondimento:
Approfondimento:
IL CURRICULUM CREATIVO PRENDE IL POSTO DI QUELLO EUROPEO
C
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tenere l’accreditamento. Obiettivo del decreto è di procedere alla standardizzazione dei livelli di qualità nell’erogazione dei servizi del lavoro in tutto il territorio nazionale e di introdurre criteri di ammissibilità per l’accreditamento, cui i sistemi regionali dovranno uniformarsi. I requisiti sono generali, di carattere giuridico-finanziario e strutturali.
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http://bit.ly/dir4-5-18
http://bit.ly/dir5-5-18
LE PMI DEL SUD TORNANO A CRESCERE
L
a 4ª edizione del rapporto Pmi Mezzogiorno di Cerved e Confindustria mostra come le piccole e medie imprese del Sud – dopo anni di contrazione – abbiano ricominciato a crescere. Il numero di pmi è aumentato nel 2016 del 4,1% (contro la media nazionale del 3,76%), mentre il fatturato è a +2,7%. Sono aumentati, tra il 2015 e il 2016, gli investimenti materia-
li lordi, con una performance dell’8,5%, superando così la media nazionale che si attesta al 7,8%. Riguardo alle cessazioni, sono diminuiti sia i fallimenti (-25% tra 2016 e 2017), sia le procedure concorsuali (-18%), sia le chiusure. Rapporto Pmi-Mezzogiorno 2018:
http://bit.ly/dir3-5-18
PRESENTATO L’OSSERVATORIO STATISTICO INPS SUL REDDITO DI INCLUSIONE
A
tre mesi dal lancio del Reddito di inclusione (Rei), l’Osservatorio statistico Inps ha diffuso i primi dati sulle domande di accesso al beneficio. L’Osservatorio ha lo scopo di fornire informazioni sui nuclei familiari percettori della misura strutturale di contrasto alla povertà diventata operativa lo scorso 1° gennaio, in sostituzione del Sostegno per l’inclusione attiva (Sia). Il Rei si compone di un beneficio economico erogato mensilmente e di un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione (sociale e lavorativa) volto al superamento della condizione di povertà. Il progetto personalizzato è di competenza dei servizi sociali comunali. A differenza di quanto previsto inizialmente, a partire dal 1° gennaio tutti i disoccupati di età superiore ai 55 anni (e non solo quelli in possesso di specifici requisiti di disoccupazione) sono eleggibili. Tuttavia, la modifica più rilevante si avrà a partire dal prossimo luglio, quando verranno meno tutti i requisiti familiari e la misura diventerà universalistica. Se si considerano le persone raggiunte dalle misure nazionali di contrasto alla povertà (Sia e Rei) e quelle che beneficiano di misure regionali che integrano quelle nazionali (presenti in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Puglia), i beneficiari sono quasi 900.000, i nuclei circa 250.000.
Nel primo trimestre 2018 le misure hanno raggiunto il 50% dei potenziali beneficiari; il Rei è stato erogato a 110.000 famiglie raggiungendo 317.000 persone, per lo più nelle regioni del Sud (72%), dove si trova il 76% delle persone coinvolte. Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni con maggiore numero assoluto di nuclei beneficiari (insieme rappresentano il 60% del totale dei nuclei e il 64% del totale delle persone coinvolte). Se si guarda alla numerosità dei nuclei, emerge che il 49% dei beneficiari appartiene a una famiglia con quattro o più componenti, il 24% con tre componenti, il 16% con due componenti e il rimanente 11% a nuclei monocomponenti. Considerando la composizione dei nuclei che beneficiano del Rei, 57.000 sono quelli con minori. Si tratta del 52% dei nuclei beneficiari
complessivi e del 69% del totale delle persone interessate. Le famiglie con disabili sono invece 21.500, che rappresentano il 20% dei nuclei beneficiari e il 20% delle persone interessate. Il Rei è generalmente più generoso rispetto al Sia, in particolare nel caso delle famiglie numerose. L’importo medio del Rei è pari a 297 euro. Le differenze territoriali sono tuttavia consistenti, con un range che va da 225 euro per i beneficiari della Valle d’Aosta a 328 euro per la Campania. Data la natura stessa della misura, l’importo medio del Rei varia significativamente in considerazione del numero dei componenti il nucleo familiare. Si va da 177 euro per quelli monocomponenti a 429 euro per quelli con sei o più componenti. Osservatorio statistico sul Rei: http://bit.ly/dir6-5-18
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Management
SVANTAGGI STRATEGICI L’apprendimento per compensazione delle proprie debolezze è un percorso difficile e faticoso, ma al tempo stesso rende più forti. Ce lo insegnano noti imprenditori dislessici Malcolm Gladwell giornalista, sociologo e autore di bestseller
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L’
ESSERE umano ha due modi di apprendere: per capitalizzazione o per compensazione. Il primo è il più comune e si basa sui punti di forza. Chi nasce e cresce in una famiglia benestante, si laurea presso un’eccellente università e consegue un master, ha già la strada spianata per una vita di successo. Il secondo invece è inusuale. Non consiste nello sfruttare i propri punti di forza, ma nel compensare le proprie debolezze. L’apprendimento per compensazione è molto più difficile e faticoso, ma al tempo stesso più potente. Ci sono numerosi casi di imprenditori ai quali, in un certo momento della loro vita, viene diagnosticato un problema di apprendimento, come la dislessia. E non stiamo parlando di una mi-
noranza, ma di casi come Charles Schwab, Craig McCaw, il fondatore di McCaw Cellular, Richard Branson e Paul Orfalea, il creatore della catena Kinko’s, servizio in outsourcing per la stampa. Immaginate di soffrire di dislessia e di dover iniziare la prima elementare. A scuola vi chiedono di leggere e scrivere, due cose che non siete in grado di fare. Come reagireste? La maggioranza si dà per vinta, altri invece non si lasciano abbattere e finiscono per vincere.
Quattro abilità sviluppate grazie alla dislessia Per sopravvivere durante gli anni scolastici, chi soffre di dislessia ha bisogno di trovare qualcuno che faccia i compiti al posto suo. Sembrerà strano ma, parlando con
persone dislessiche, ho scoperto che tutte loro hanno trovato, sin dall’inizio del percorso scolastico, qualcuno di cui potersi fidare, un amico stretto, che svolgeva i compiti al loro posto. In altre parole, hanno imparato a delegare. Un’altra cosa che una persona apprende è risolvere i problemi. Infatti, quando ci si trova davanti a uno dei più grandi ostacoli che uno studente possa incontrare, si scopre che l’unica soluzione è affrontare questo ostacolo e trovare il modo e la forza di superarlo. Inoltre una persona dislessica sviluppa una grande capacità di comunicazione verbale. Ho trascorso molti anni intervistando persone dislessiche e questo punto è ricorrente: tutti loro sono riusciti a risolvere situazioni complicate grazie all’uso della parola.
Infine, una persona dislessica ha la potenzialità per diventare un grande leader. L’unico modo per affrontare la scuola è con un gruppo di amici, all’interno del quale serve sempre una persona che sia di ispirazione e motivazione. In conclusione, quando una persona che soffre di dislessia termina i suoi studi e intraprende la sua carriera lavorativa, ha già sviluppato inconsapevolmente quattro abilità essenziali per un imprenditore: capacità di delegare, leadership, comunicazione verbale e problem solving. Questo è affascinante, in quanto una persona non avrebbe potuto apprendere tutto ciò se non avesse sofferto di dislessia. Ciò obbliga a ripensare alcuni concetti sta-
biliti intorno all’educazione. Oggi i genitori si preoccupano di offrire ai loro figli il maggior numero possibile di vantaggi ma... se questa non fosse la strada più conveniente? E se gli svantaggi strategici fossero in realtà più importanti dei vantaggi strutturali? Ciascuno degli imprenditori con cui ho parlato mi ha confessato che, se non fosse stato per la dislessia, non sarebbe mai arrivato dove è ora. Difficilmente un genitore vorrebbe che il proprio figlio soffrisse di alcun tipo di difficoltà e ostacolo. Sarebbe però opportuno dare un freno alla costante ricerca di vantaggi e agevolazioni e iniziare a chiedersi che tipo di svantaggi sarebbe utile frapporre nel proprio cammino e in quello dei propri figli.
Malcolm Gladwell, giornalista, sociologo e autore di bestseller, è uno degli autori più influenti della sua generazione e i suoi lavori si caratterizzano per contenuti pungenti e controintuitivi e per un eccezionale storytelling. Gladwell è stato nominato fra le cento persone più influenti dal Time e top global thinkers da Foreign Policy. Sarà presente quest’anno come speaker al World Business Forum che si terrà il 30 e 31 ottobre al Mico a Milano, il più importante congresso di business leader in Europa che offre un’esperienza unica di apprendimento, ispirazione e prezioso networking tra oltre 2.300 senior manager. Visita l’area riservata My Manageritalia > Servizi professionali e scopri l’offerta esclusiva dedicata agli associati Manageritalia per parteciparvi.
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Lavoro manageriale
CREARE UNA CULTURA DELL’EXECUTION Chris McChesney global practice, leader of execution presso Franklin Covey Organization. Ha partecipato come relatore al World Business Forum Milano 2017
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C
osa è più difficile per un lea-
che riconosca la difficoltà di queste
der? La strategia o l’execution?
ultime.
Quello che un leader deve met-
Edwards Deming, docente di gestio-
tere in pratica nella strategia di exe-
ne aziendale e manager statunitense,
cution si divide in due parti: colpo di
ha detto: «Tutte le volte che la mag-
penna e cambio di comportamento.
gioranza delle persone si comporta in
Il primo riguarda tutto quello che
un certo modo, la maggior parte del-
puoi fare perché hai i soldi e l’autori-
le volte il problema non sono le per-
tà e solitamente tutti pensano che le
sone ma il sistema». E la responsabi-
attività che fanno parte di questo
lità dei leader ruota intorno a questo
gruppo siano quelle di cui un leader
concetto.
deve occuparsi. Il secondo riguarda
All’interno dell’azienda ci sono due
un cambio del comportamento o del-
elementi che si scontrano: da una
le abitudini umane, che sono in real-
parte il lavoro di tutti i giorni, tutto
tà le cose davvero complesse da fare.
quello da fare per mantenere il busi-
Tuttavia non è facile trovare un leader
ness funzionante, dall’altra le opera-
zioni che servono per far progredire il
gia solo su alcune. Solo così si crea
business. Questi due aspetti compe-
innovazione.
tono per le disponibilità economiche
Un altro problema è quello di focaliz-
e per il tempo dell’azienda e uno dei
zarsi solo sulle cose misurabili all’in-
due è dominante. E sono le attività
terno dell’azienda per lavorare sull’ot-
ordinarie.
timizzazione. Le operazioni del day by
Spesso le nuove iniziative muoiono
day dovrebbero occupare non più
perché soffocate dalle attività ordi-
dell’80% del tempo di un’azienda.
narie. La difficoltà, infatti, non sta nel
Servono solo poche battaglie da por-
mettere in pratica un obiettivo, ma
tare a termine, solo un obiettivo mol-
Gli obiettivi devono essere semplici, fa-
nel farlo nel mezzo di tutte le attività
to importante per ogni team (il quale
cilmente visibili agli attori in gioco, de-
ordinarie che servono per tenere vivo
infatti è in grado di eseguire le attivi-
vono avere il giusto rapporto tra indica-
il business. La buona notizia è che
tà giornaliere con solo un obiettivo
tori lead e lag e dirci immediatamente
esistono delle regole per gestire que-
extra), lasciare scegliere a ogni team
se stiamo vincendo o perdendo. È im-
ste situazioni, quella cattiva è che so-
di cosa si vuole occupare e definire lo
portante che se anche non tutti i pro-
no appunto regole.
stato di partenza, l’obiettivo da rag-
getti sono vincenti, almeno uno lo sia e
Noi crediamo che ci siano quattro re-
giungere e la data di scadenza per ot-
che i membri del team si sentano parte
gole da seguire, chiamate discipline:
tenere il risultato in oggetto.
di un progetto vincente.
[2]
[4]
[3]
Mantieni un tabellone degli obiettivi
focus, influenza, coinvolgimento e responsabilità.
[1]
Agisci sulla lead measure
Crea un ritmo della responsabilità
Focus
La lag measure misura il risultato,
Con cadenza settimanale è importante
mentre la lead measure misura qual-
che ogni team si chieda quali sono le
Per operare bene devi restringere il
cosa che conduce al risultato ed è un
azioni lead da mettere in pratica per far
focus. Se vengono aggiunti due o tre
indicatore predittivo e influenzabile.
progredire il progetto. Ogni persona a
obiettivi rispetto alle attività ordinarie
Per fare un esempio pratico, la lag
ogni meeting dovrebbe riassumere i
dell’azienda saranno raggiunti lo
measure corrisponde al peso in chilo-
propri compiti della settimana prece-
stesso numero di obiettivi in maniera
grammi, mentre la lead measure cor-
dente, rivedere e aggiornare il tabellone
eccellente. Man mano che gli obietti-
risponde al numero di calorie giorna-
degli obiettivi e prendersi impegni per
vi extra aumentano, diminuiscono
liere e chilometri di corsa da rispetta-
la settimana a venire. Questo non è un
quelli raggiunti per la regola della di-
re per raggiungere quel determinato
sistema per insegnarvi come attivare il
minuzione dei ritorni. Questo signifi-
peso. Solitamente ci si concentra sul-
vostro business, ma uno per insegnare
ca che non tutte le buone idee pos-
la lag measure, che è assurdo perché
come umanizzare il vostro business. As-
sono e devono essere messe in prati-
non è modificabile, ma è modificabile
segnate ai vostri team dei progetti con-
ca. Bisogna scegliere e mettere ener-
attraverso la lead measure.
quistabili, ottenibili e vincibili.
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Cfmt
Utili consigli per veicolare pubblicamente un messaggio Claudio Cosetti partner Barabino & Partners
Francesca Manco senior consultant Barabino & Partners
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GLI ELEMENTI CHIAVE DEL MEDIA TRAINING
Q
UANDO si è spokeperson della propria azienda, e si è quindi “esposti ai media”, è necessario comunicare i messaggi chiave in maniera efficace. Questo lo si può fare solo avendo una preparazione adeguata e un allenamento costante che si acquisiscono grazie al media training. Molti pensano infatti che gestire efficacemente i media richieda un buon eloquio, una buona capacità di convincimento e un’attitudine alle relazioni interpersonali. Fattori sicuramente importanti ma che non sono vincenti nella relazione con i media, in cui la preparazione e la corretta definizione della strategia risultano determinanti. Il punto centrale della preparazione riguarda la corretta definizione dei messaggi chiave che si vogliono trasferire. Questi devono essere pochi (meglio se uno o due), declinati con elementi a supporto (dati, fonti, esempi), coerenti con la più generale strategia aziendale e quindi credibili e, soprattutto, mediaticamente interessanti. Quest’ultimo
punto è fondamentale: affinché siano interessanti per i media, i contenuti devono avere caratteristiche di attualità, novità, discontinuità e, per quanto possibile, memorabilità, ovvero la capacità di essere ricordati.
Come trasferire il messaggio Nella preparazione delle interviste bisogna inoltre tenere conto dell’evoluzione in atto sui media, sempre più orientati verso sintesi, prevalenza del video e quindi rilevanza del non verbale, e verso la diffusione filtrata dai social network. Definiti i messaggi efficaci, sintetici e indicizzabili, è importante capire il timing, ossia quando trasferirli nel corso dell’intervista, sia essa video, radiofonica o di persona. La regola d’oro è trasferire il messaggio all’inizio e alla fine dell’intervista, tenendo conto che i messaggi saranno tanto più efficaci quanto più sia in grado di trasferirli anche attraverso uno “slogan”. È chiaro che questo esercizio di definizione dei contenuti non può essere fatto astrattamente ma deve tenere in grande considerazione diversi fat-
stress. I primi riguardano la consapevolezza di come la valorizzazione della performance non dipenda solo dai contenuti e dai messaggi chiave ma anche, e spesso soprattutto, da come questi messaggi vengono esposti.
Preparazione e tecniche tori quali la tipologia della testata giornalistica, l’attualità delle notizie e le caratteristiche del giornalista che sta conducendo l’intervista, oltre al target a cui vogliamo trasferire i messaggi chiave. La definizione di tutti questi fattori contribuisce a creare la strategia di comunicazione alla base della quale l’intervistato, e di conseguenza l’azienda, devono rispondere a una domanda, ossia: “Quale obiettivo ho? perché faccio l’intervista?”.
Il tono di voce, le pause, gli occhi, il movimento delle mani: sono tutti fattori che influenzano il modo in cui l’ascoltatore recepisce i messaggi. Le tecniche di gestione
dello stress aiutano a far sì che prevalga uno stress tonico, che aiuti la performance, piuttosto che uno stress tossico che la vincoli. Si tratta di tecniche molto semplici che possono aiutare a gestire, supportandola, l’emotività, tenendo sempre presente, tra l’altro, che un’efficace gestione dei media dipende molto, anzi moltissimo, da quanto mi sono preparato, da quanto ho preparato la performance e da come mi sono avvicinato a essa.
Media Training - Come comunicare efficacemente con i media
Opportunità e rischi dell’esposizione mediatica Ci possono essere infatti valutazioni interne o esterne all’azienda che portino a consigliare di soprassedere dal fare l’intervista. Se ben pensata e gestita, l’esposizione mediatica è infatti un’opportunità di visibilità sul brand e sull’azienda, ma se affrontata in modo non approfondito e se non è ben preparata può anche essere foriera di minacce. Nel media training altri elementi che si vanno a considerare sono quelli legati al non verbale e al paraverbale, oltre ad aspetti legati alla gestione dello
Il corso è appositamente studiato per tutti i dirigenti che, all’interno delle aziende, per funzione e ruolo, si trovano nella posizione di “essere esposti” verso i media e sono quindi chiamati a parlare con loro attraverso interviste televisive, radiofoniche o con la carta stampata. L’impostazione del corso è partecipativa: sono previsti case study con cui confrontarsi e riprese video ai partecipanti stessi, che potranno mettere immediatamente in pratica quanto appreso durante la parte teorica del corso. Faculty: Claudio Cosetti, partner Barabino & Partners Francesca Manco, senior consultant Barabino & Partners
Roma, 21 giugno || Cfmt Roma - Via Palestro, 32 Milano, 28 giugno || Officina22 - Foro Buonaparte, 22 Orario: 9,30 - 17,30 Per info e iscrizioni: sbuzzi@cfmt.it
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Intervista
C’ERA UNA VOLTA UNA DONNA MANAGER La più recente storia di Milano e dei suoi protagonisti attraverso la biografia di Ada Grecchi, in un quadro familiare declinato al femminile. Nel racconto in prima persona dell’autrice l’infanzia povera, i bombardamenti, la ricostruzione, i milanesi in piazza per Toscanini, i tram, la nebbia, la Madonnina incappucciata… E poi il Sessantotto, l’Autunno caldo, gli anni di piombo, la strage di Piazza Fontana, le Brigate Rosse, gli scontri in piazza, la “Milano da bere” socialista, Tangentopoli, il pool di Mani Pulite, il nuovo millennio e la rinascita cosmopolita. Un libro per leggere il presente (anche) alla luce del passato. Ada Grecchi vive a Milano, dove è nata e ha fatto i suoi studi. All’università frequenta i primi circoli politici giovanili. Gli amici che incontra diventeranno presto i protagonisti della Milano riformista. Tra le prime donne manager con incarichi importanti, è stata una pioniera della parità nelle aziende. È stata vicedirettore centrale all’Enel e vicepresidente della Commissione parità della presidenza del consiglio dei ministri. Assessore alla Provincia di Milano, membro dei cda di MM SpA e di Sea Handling. È autrice di numerosi libri.
Enrico Pedretti
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Com’era l’Italia ai tempi nei quali lei faceva l’università ed entrava nel mondo del lavoro? «L’Italia nella seconda metà degli anni 50 si stava riprendendo dalle ferite della Seconda guerra mondiale, politicamente divisa in due blocchi, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Berlino era divisa tra zona americana e zona sovietica. Il mondo del lavoro era caratterizzato da una presenza massiccia della classe operaia. A Milano riprendevano vita le grandi fabbriche. Le donne, che durante la guerra avevano sostituito gli uomini anche alla guida dei tram, erano state rimandate a casa».
Milano era già la capitale economica d’Italia: rapportata ai tempi era, come oggi, un po’ il traino sociale ed economico del Paese? «Milano era anche allora il motore economico del Paese. Era però una città piccola raffrontata con le grandi metropoli europee. Ricordo che nel 1956, quando ero tornata a Milano dopo un soggiorno di sei mesi a Londra (dove ero andata in autostop come ragazza alla pari per imparare l’inglese) mi sembrava di abitare in una piccola città di provincia. Poi incominciarono ad arrivare i meridionali, guardati malissimo dai milanesi, si costruirono nuove case e la città cominciò a pensare a una prima linea metropolitana, inaugurata nel 1964».
Trovare il primo lavoro, farsi strada in quel mondo, era così diverso da oggi? «Trovare lavoro per una laureata in giurisprudenza che non avesse alle spalle un padre o un amico con un importante studio legale era difficile, non ti pagavano e, quanto a molestie, quello che adesso lamentano le attrici mi fa sorridere rispetto a quello che succedeva a una povera aspirante procuratrice legale dell’inizio anni 60. Ricordo che ho pianto parecchio, da sola, perché allora non esistevano movimenti che difendessero i diritti delle donne». Qual era a quel tempo il ruolo della donna nella società? «Il ruolo della donna nella società era quello lasciato in eredità dalle nostre nonne ed esaltato dalla cultura fascista. Come ricordava Franca Rame in una sua famosa commedia, “Tutta casa, letto e chiesa”. A mio figlio, che è nato nel ‘63 e ha fatto il liceo allo Zaccaria, i compagni di scuola dicevano: “Poverino Giancarlo, sua mamma lavora”». E nel mondo del lavoro? «Nel mondo del lavoro, nel quale io ero entrata nel 1960 alla EdisonVolta, le donne erano soprattutto dattilografe, le diplomate potevano diventare, se veramente capaci, segretarie di qualche dirigente. Quando divenni dirigente, all’Enel, dopo la nazionalizzazione delle aziende elettriche, nel 1971,
le dirigenti donne in Enel, in tutta Italia, erano 3, gli uomini, soprattutto ingegneri, 1.560». Com’è stato il cammino che l’ha portata a essere una delle poche top manager donna? «Il cammino che mi ha portato alla dirigenza è stato caratterizzato da due fatti: il primo fu la fuga dei dirigenti Edison che non vollero venire all’Enel, il secondo furono le contestazioni sindacali sempre più forti, che spaventarono i dirigenti anziani. Si defilarono in molti, tanto che io mi trovai a nemmeno 30 anni ad affrontare riunioni difficili, in cui a difendere le tesi della direzione c’ero solo io e dalla parte dei sindacalisti anche un centinaio di persone. All’inizio non avevo paura, o forse era la novità di quanto stava accadendo. Ho avuto come controparte anche persone che seppi poi erano membri delle Brigate Rosse». Cosa ricorda in negativo? «Ricordo la paura quando fu ucciso il capo del personale della Marelli da un ragazzo in metropolita-
na che non fu mai identificato. Mi resi conto che avrebbe potuto accadere anche a me. I miei capi romani non si rendevano conto dei rischi che correvo. Quando in una riunione agitata mi tirano dietro un posacenere di vetro e telefonai al direttore generale, mi sentii dire: “Signorina, sostituisca i posaceneri di vetro con quelli di plastica, fanno meno male”». E in positivo? «L’orgoglio di essere riuscita a superare quasi da sola un periodo pericoloso e complicato. Era necessario essere molto preparati per affrontare i nuovi esponenti sindacali, laureati senza scrupoli e decisi a ottenere i risultati che si proponevano e che, qualche volta, non erano del tutto sbagliati. Erano i metodi ad essere sbagliati, perché ai ragionamenti pacati talvolta si sostituiva la violenza». Ripercorrendo i mutamenti avvenuti per le donne nella società e nel mondo del lavoro sino ad oggi, si sarebbe potuto fare di più e
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Intervista meglio? Cosa ha frenato questa corsa verso la parità? «Le donne del mondo del lavoro hanno incominciato a lottare per la parità intorno agli anni 80, prima erano poche e in posizioni modeste. Sono entrate nel lavoro negli anni 70 e dopo un periodo di maturazione hanno capito che avrebbero potuto avere di più. Ma non c’era solo il rifiuto e l’opposizione degli uomini, molte donne avevano paura di chiedere e non si fidavano di chi si dava da fare per loro. La corsa verso la parità è stata rallentata non solo dagli uomini, che non hanno mai sopportato che le donne li sorpassassero, ma anche dalla timidezza di molte donne». Quanto siamo ancora lontani dalla parità e cosa fare per arrivarci? «Mi sembra che adesso siamo a buon punto, ma diremo di aver raggiunto la parità quando la maternità sarà premiata e non penalizzata, come ancora accade nel mondo del lavoro, nonostante il nostro Paese si vada estinguendo per mancanza di nascite. Oggi bisogna avere un gran coraggio per fare un figlio e magari essere precaria». Ma poi parità è ancora il termine giusto per descrivere l’obiettivo di una società dove tutti possano esprimere le loro diversità? «Più che di “parità”, direi “pari opportunità”, così che, a parità di me-
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riti, le donne non incontrino ostacoli dovuti a pregiudizi duri a morire». Lei ha avuto anche esperienze in politica. Cosa ricorda nel bene e nel male? «Sono cresciuta in un periodo in cui i giovani avevano “passioni”. Adesso mi sembra ci sia indifferenza e calcolo. Fare il parlamentare è una professione onorevole e redditizia, non è necessario studiare, fare gavetta. Si arriva prima che in azienda. Ma si può anche cadere prima, se le basi culturali non sono solide. Ai miei nipoti consiglio prima di studiare, poi, se vogliono cambiare il mondo, come da giovani abbiamo tutti sognato di fare, si accomodino». C’è qualcosa che come manager e come politica avrebbe voluto fare, ma non ci è riuscita? «Come manager non ho condiviso alcune scelte fatte a suo tempo dall’Enel, come quella di entrare in Wind, e se una non è d’accordo con l’amministratore delegato è chiaro che deve andarsene. Ed è quello che ho fatto dopo 39 anni. Come politica, non ho avuto mai sufficiente potere per portare avanti certe mie idee. Ricordo che, quando facevo parte di quel faraonico organismo che era l’Assemblea socialista, mi diedero la parola una volta alle sette di sera, quando in sala non c’era più nessuno e parlare sarebbe stato inutile».
Oggi in Italia i manager sono ancora troppo pochi per la prevalenza di imprese a guida familiare. Qual è il loro ruolo per competere ed è cambiato rispetto a prima? «È vero che i manager sono ancora pochi e soprattutto le manager. Noi abbiamo imprese piccole, quelle grandi sono in parte state acquistate da entità misteriose, quali fondi pensioni di cui si sa poco o niente. Il ruolo del manager oggi è soprattutto prevedere l’innovazione, prima ci si poteva accontentare di ripetere modelli consolidati, oggi non basta più. Poi, con i nuovi strumenti informatici uno deve essere a disposizione 24 ore su 24. Non è facile se si ha una famiglia e magari un bambino piccolo. Si stanno però sviluppando nuove aree nell’ambito dei servizi, in cui si potranno delineare nuovi e ottimi spazi di crescita». In alcuni casi si rimpiangono i suoi tempi perché difficili, anche se di crescita e dinamici. Come si vedrebbe a ripartire da capo quale giovane donna nell’Italia di oggi? «Non ho più l’energia per ripartire da capo. Posso solo dare qualche consiglio ai nuovi aspiranti manager: qualche volta spegnete il cellulare e ascoltate le persone, guardate l’interlocutore negli occhi e non con un occhio solo, perché l’altro è sullo smartphone».
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Green economy
CO2 E MERCATO DELLE EMISSIONI A inizio febbraio il Parlamento europeo ha finalmente dato l’ok alla riforma del mercato della CO2: nuovo sistema di scambio di quote di emissione, Ets, e una carbon tax per salvare il budget dell’Unione europea
Francesca Spinosi research analyst IG Partners
Rolando Polli fondatore e amministratore unico di IG Partners
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I
L 27 FEBBRAIO scorso il prezzo di una tonnellata di anidride carbonica sul mercato europeo della CO2 ha
raggiunto il suo picco dopo oltre 5 anni risalendo a 10 euro per tonnellata, come non accadeva da novembre 2012. Il ritorno di un prezzo a doppia cifra è il risultato di oltre due anni di negoziati a Bruxelles volti a ristrutturare un mercato poco efficace e in perenne sovraccapacità, che ad aprile 2013 ha visto i prezzi crollare fino a 3,5Regular/ton! A inizio febbraio il Parlamento europeo ha finalmente dato l’ok alla riforma del mercato della CO2 che genererà i suoi effetti a partire dal 2020, dando una spinta evidente ai prezzi delle quote (vedi figura). Ma come si fa a definire un prezzo per il diritto di emettere una tonnellata di anidride carbonica e come mai il mercato necessitava di una riforma strutturale?
tonnellata di CO2 emessa dalle attività produttive. Il sistema alternativo è chiamato Ets (Emission trading system) e prevede la fissazione di un tetto (o cap) alle emissioni totali consentite e la distribuzione dei “diritti a inquinare” (detti allowance) alle aziende energivore, le quali possono negoziare tra loro tali diritti, dando vita a una sorta di Borsa artificiale.
Il perché della riforma
Il perché del fallimento del mercato Ets
Attualmente ci sono due meccanismi alternativi per “prezzare la CO2”: il primo, relativamente semplice e diretto, è la carbon tax, una forma di tassazione diretta che impone un’aliquota fissa per ogni
L’Ets europeo è il primo mercato della CO2 al mondo per dimensione e anzianità. È stato lanciato nel 2005 per sostenere la lotta al cambiamento climatico, riducendo in modo economicamente efficiente
le emissioni climalteranti di CO2. Purtroppo l’Ets non è mai riuscito nel suo intento dato che non è stato in grado di dare alle imprese lo
stimolo necessario a investire nella riduzione delle emissioni di CO2. Il fallimento di questo mercato è dovuto a una serie di problemi strut-
turali derivanti dalla sua artificialità. Nella prima fase (2005-07) si è fissato un cap alle emissioni decisamente troppo basso che ha portato a un prezzo della CO2 prossimo allo zero nel 2007 - emettere CO2 non costava nulla. Nella seconda fase (2008-12) il cap fu ridotto, ma a seguito della crisi economica e della riduzione della produzione industriale il mercato si è trovato in una situazione di eccesso di offerta permanente, con prezzi troppo bassi per incentivare le aziende a investire nell’abbattimento delle emissioni, che hanno piuttosto ritenuto conveniente acquistare le quote sul mercato. La terza fase ha introdotto un sistema di allocazione basato su aste, ma i prezzi sono comunque rimasti inferiori di oltre un terzo rispetto alle aspettative. Se ciò non bastasse nessuno si è preoccupato di fissare dei vincoli di destinazione degli
EVOLUZIONE DEL PREZZO DELLA CO2 NEGLI ULTIMI 5 ANNI (E/TON) 11,00 10.00 9,00 8,00 7,00 6,00 5,00 4,00
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Green economy impieghi dei fondi derivanti dai ricavi della CO2, che hanno in alcuni casi, come per la Polonia, finanziato degli investimenti di miliardi di euro in combustibili fossili. Il mercato europeo della CO2 è quindi storicamente pervaso da inefficienze e distorsioni e le istituzioni dell’Ue si sono riunite più volte negli ultimi anni per proporre l’introduzione di meccanismi correttivi che portino a un’allocazione efficiente delle quote scambiate e che incentivino realmente alla decarbonizzazione.
La misura della riforma La riforma dell’Ets prevede una serie di misure che vanno dal semplice backloading – ritiro delle allowance sul mercato – all’introduzione di una market stability reserve per contrastare il surplus di quote e aumentare la resilienza del sistema agli shock, all’aumento del fattore che riduce annualmente il cap alle emissioni dall’1,74% al 2,2% per consentire una riduzione più rapida delle quote disponibili, fino all’incremento del target europeo di riduzione di gas serra al 2030 pari al 40%, contro il 20% al 2020. Sono state approvate delle regole più stringenti sulla destinazione dei fondi ricavati dalle quote che non potranno più finanziare centrali a carbone né progetti industriali alimentati a carbone. A quanto pare l’approvazione della riforma, che entrerà in vigore come abbiamo detto dal 2020, ha scosso
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E/ immediatamente gli attori del mercato – oltre 11.000 impianti industriali e centrali termoelettriche – che, aspettandosi una crescita consistente dei prezzi nei prossimi anni, hanno spinto gli acquisti di quote per coprire le emissioni future, facendo tornare il prezzo della CO2 a valori a doppia cifra dopo anni.
Carbon tax europea sui combustibili fossili In affiancamento a questo sviluppo molto positivo e tanto atteso sull’Ets europeo, il 20 febbraio scorso, in occasione del vertice dei leader europei per definire il budget dell’Unione 2021-2027, 19 esperti in economia, tra cui Enrico Letta, l’ex ministro delle finanze tedesco Hans Eichel e l’ex direttore della World trade organization (Wto) Pascal Lamy, hanno avanzato una proposta di carbon tax europea sui combustibili fossili (carbone, petrolio, gas). L’obiettivo è duplice: da una parte chiamare proprio le fonti fossili a colmare quel vuoto di budget europeo causato dalla Brexit e allo stesso tempo velocizzare il processo di transizione energetica verso le tecnolo-
gie più pulite e affidabili con uno strumento diretto e di più facile attuazione rispetto alla creazione di un mercato ad hoc. I 19 esperti stimano che basterebbe partire da una tassa molto bassa, pari a soli 5 euro per tonnellata di CO2, per generare ricavi annui per 17 miliardi di euro da destinare a investimenti in trasporti pubblici, sicurezza energetica e decarbonizzazione degli Stati membri più poveri. Il budget europeo è essenziale per garantire il funzionamento dell’Unione. È tra i budget più ingenti del continente ed è volto a finanziare progetti di ricerca, innovazione, agricoltura, coesione territoriale, giustizia sociale e sostenibilità ambientale. Secondo i 19 esperti in economia sarebbe legittimo, efficiente ed efficace richiedere il contributo dei combustibili fossili al finanziamento di tale budget per rafforzare le potenzialità di investimento verso un’Europa più sostenibile ed equa. Speriamo che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, e il commissario europeo per il Bilancio, Günther Oettinger, condividano tale punto di vista.
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NUOVA VITA AI PROCESSI Questo mese parliamo di numeri. Nello specifico quelli di amministrazione vendite in uno dei campi consumer per eccellenza: il mondo dell’elettrodomestico. Piccolo, grande, originariamente bianco, l’importante, per la nostra Ornella, che sia tedesco. Perché è la filiale italiana di Miele quella in cui lavora l’associata altoatesina Ornella Pippa.
Ornella Pippa è a capo della direzione sales administration & logistics di Miele Italia
Enrico Pedretti
Cosa significa oggi essere il manager che gestisce il rapporto amministrativo con i clienti dalla vendita alla consegna, fino alla gestione del credito? «Sicuramente è un punto di vista privilegiato perché in Miele Italia si è voluto creare un unico punto di contatto per tutte le attività amministrative. Le caratteristiche del cliente diventano conoscenza diffusa e soprattutto vengono riconosciute per permettere una diversificazione dell’approccio sulla base delle leve distintive. Per esempio gestire il recupero del credito o definire un flusso logistico è tanto più efficace quanto più si conosce il cliente che, nel caso di Miele, può essere una grande catena, un rivenditore di mobili, un hotel o una pubblica amministrazione». Quali sono i vostri punti di forza? «Non stancarsi mai di mettere in discussione i processi. Con l’avvento di internet ad esempio, Mie-
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le Italia, così come altre aziende, ha dovuto cambiare il modo di fornire determinati servizi. Il processo amministrativo di un ordine piuttosto che il processo logistico sono stati fortemente rivisti». Come date valore a un brand che si posiziona come il lusso degli elettrodomestici? «Miele non è solo un brand, ma come piace dire a noi una filosofia che si declina nella frase “immer besser”, sempre meglio. Il mio più grande impegno è quello di orientare il mio team, ogni momento, in ogni decisione verso questi valori. Amo ripetere che non può esserci qualità di prodotto se non è sostenuta dalla qualità di ogni attività che l’accompagna». Qual è il vostro ruolo e quali sono le sinergie con gli acquisti e il marketing nella vostra azienda e in qualsiasi azienda? «In Miele Italia abbiamo da tempo
MANAGERITALIA TRENTINO-ALTO ADIGE
adottato un’organizzazione a matrice dove direzione vendite, direzione marketing e direzione sal (il mio ruolo) si confrontano continuamente sulle strategie aziendali. È un processo interfunzionale che stiamo continuamente affinando, ma soprattutto che cerchiamo di diffondere all’interno dei nostri reparti affinché vengano abbattuti i silos tipici delle organizzazioni gerarchiche».
sto tema recepiamo delle linee guida da Casa madre e siamo costantemente misurati. Stiamo formando e testando, proprio in questi giorni, un nuovo partner per la gestione dell’home delivery che ci auguriamo possa confermarsi all’altezza degli standard Miele».
Come cambia il vostro ruolo tra vendite off e online? «Con l’avvento delle vendite dirette dato dall’online, ma anche da tre negozi diretti, il mio staff si è dovuto in qualche modo riorientare. Abbiamo dovuto dedicare dei team a rivedere i processi e i flussi di lavoro per rispondere al consumatore Miele, che per sua natura è ancora più esigente verso un top brand».
Cosa fa per crescere professionalmente nella sua funzione? «Cerco il contatto con altri professionisti nei vari settori e quindi sono iscritta in Acmi - Associazione credit manager. Partecipo a convegni di logistica o incontro i clienti per affrontare assieme a loro eventuali richieste».
In tempi di e-commerce, la logistica e la delivery sono sempre più importanti e parte determinante dell’experience del cliente, lo sono anche per voi e perché? «Siamo perfettamente consci dell’importanza che gioca la logistica quando si parla di consumatore finale e di quanto sia difficile garantire al consumatore un’esperienza all’altezza del brand. Consegna e installazione sono uno dei punti fondamentali di contatto tra azienda e cliente. Proprio su que-
L’associazione in numeri Dirigenti 257 Quadri 123 Executive professional 87 Pensionati 156 TOTALE 623 Maschi 558 Femmine 65
Lei vive a Bolzano, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo? «Bolzano è una città forse un po’ provinciale, con una natura “montanara” e quindi più chiusa di molte altre realtà. L’interazione con altri professionisti è limitata e prova ne è che si fatica a mettere assieme un numero di persone sufficienti per organizzare dei corsi in provincia. Ma mi sembra di vedere che qualcosa si stia muovendo grazie anche a persone, come ce ne sono in Manageritalia Trentino-Alto Adige, che si spendono personalmente per cercare di coinvolgerci».
dati ad aprile 2018
Come fare networking a Bolzano e in Trentino-Alto Adige con vantaggi per sé e l’azienda, magari anche divertendosi? «Possibilità ce ne sono, si tratta di volerlo fare. Personalmente, per esempio, ho partecipato al gioco intergenerazionale Big promosso da Cfmt assieme a degli studenti di Trento. L’esperienza è stata davvero interessante: se ci si sente bene e si è stimolati ad aprire i propri orizzonti, il vantaggio è sicuramente per sé ma anche per l’azienda». Lei è associata a Manageritalia Trentino-Alto Adige: che rapporto e quali vantaggi ha? «L’associazione è sempre presente in tutte quelle attività inerenti le pratiche sanitarie. Tuttavia relegare un’associazione solo a questo sarebbe abbastanza limitante. Cerco di approfittare delle offerte formative, ma a essere sincera ancora troppo poco…».
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PILLOLE DI BENESSERE Fabrizio Salamanca referente Centro per la diagnosi e la cura della roncopatia presso Humanitas Pio X
benessere
la riduzione dell’ossigeno nell’organismo e quindi una serie di reazioni a catena che riguardano tutto il corpo, in particolare l’apparato cardiovascolare e il sistema nervoso centrale.
LA SINDROME DELLA RONCOPATIA CRONICA
S
Stanchezza sul lavoro e scarsa concentrazione potrebbero avere una causa subdola che si manifesta durante il sonno, cioè quando non possiamo accorgercene. In ambito internazionale si parla di Obstructive sleep apnea sindrome (Osas), conosciuta a livello italiano come roncopatia cronica, che comprende il russamento (semplice o patologico) e la sindrome delle apnee notturne ostruttive (apnee del sonno). La roncopatia cronica provoca disturbi indiretti quali sonnolenza diurna, stanchezza fin dal risveglio e una generale riduzione dell’efficienza lavorativa e dell’invecchiamento precoce. Meglio dunque informarsi. Cosa sono le apnee notturne ostruttive? Sono momenti di ostruzione respiratoria dovuti al collasso di una parte delle vie aeree superiori che superano i 10 secondi. Durante questi intervalli la persona, addormentata, non respira. Questo provoca
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E il russamento patologico? Si parla di questa patologia in presenza di rumore respiratorio durante il sonno, in assenza di apnee. Il russamento in questo caso mantiene il soggetto a un sonno superficiale, con continui microrisvegli di cui non ha coscienza (anche 400 microrisvegli in 6/7 ore). Nel caso invece del russamento semplice, i risvegli sono generalmente dovuti al partner che, per trovare pace dal rumore, stimola chi russa impedendogli di raggiungere la giusta profondità di sonno. I rischi della roncopatia cronica Dal punto di vista clinico, è pericolosa perché mette a dura prova tutti gli apparati dell’organismo. Dal punto di vista sociale, è una grave patologia perché durante la giornata provoca micro sleep (brevi sonni di 2/3 secondi che servono al cervello per recuperare il riposo mancato durante la notte), le cui conseguenze vanno dall’“appisolamento” durante una riunione agli incidenti stradali. Secondo gli studi più recenti, la roncopatia cronica, in particolare le apnee del sonno, è responsabile del 22% degli incidenti. Come si diagnostica la sindrome delle apnee notturne Con la polisonnografia, un esame poligrafico notturno che rileva vari parametri: dalla presenza di apnee alla frequenza cardiaca (e dunque gli sforzi del cuore durante le apnee), dall’ossigenazione del sangue alla posizione del corpo (ci sono apnee che dipendono da questo fattore) e
degli arti. Così possiamo anche classificare il livello della sindrome, da “grado normale” (fino a 5 apnee all’ora) a “grado molto severo” (sopra le 40 apnee all’ora). Prima di decidere la terapia bisogna però anche capire cosa, durante il sonno, dà ostruzione. Sappiamo che l’unico tratto collassabile delle vie aeree va da dietro il naso (rinofaringe) alle corde vocali (laringe). L’esame in grado di dirci dove avviene il collasso è la Sleep endoscopy. Si svolge in sala operatoria, in day hospital, e consiste nell’indurre farmacologicamente un sonno parafisiologico della durata di 10 minuti. Attraverso un endoscopio si registra cosa succede internamente al tratto collassabile durante il sonno. Trattandosi di una patologia che coinvolge molti organi, la diagnosi andrebbe fatta in centri multidisciplinari in cui siano presenti otorinolaringoiatri, pneumologi, neurologi, cardiologi, dietologi, odontoiatri e internisti. Le terapie Possono essere di vario genere. La terapia ventilatoria impiega una macchina (Cpap - Continuous positive airway pressure) che si applica sul naso durante la notte e insuffla aria nelle vie aeree impedendone il collasso: è indicata per chi non può ricorrere a interventi, magari per l’età o la preesistenza di patologie croniche. Le terapie chirurgiche sono volte a disostruire le vie aeree. Le terapie ortodontiche utilizzano apparecchi dentali durante il sonno che portano in avanti la mandibola e riescono ad aprire le prime vie aeree. A volte questo metodo è combinato alla chirurgia per avere migliori risultati. Per quanto riguarda la terapia farmacologica, sono allo studio medicinali che servono per mantenere il tono muscolare del tratto rinofaringeo quando si dorme. Infine, spesso occorre rivedere la propria dieta.
ARTE Claudia Corti
Tabernacolo del Santissimo Sacramento, bronzo dorato, lapislazzuli e marmi colorati, 1672-1675, Basilica di San Pietro, Roma.
arte
TRA WELFARE E LAPISLAZZULI: IL CASO FRANCESCA BRESCIANI
I
La Basilica di San Pietro a Roma, il cuore della Cristianità, la chiesa più grande al mondo, ha il potere di far sentire il visitatore piccolo piccolo di fronte a tanta maestosità, imponenza ed eleganza. Percorrendo la navata centrale verso l’altare, sulla destra, ecco la Cappella del Santissimo Sacramento, l’ultimo monumentale intervento di un ormai ottantenne Gian Lorenzo Bernini alla direzione della Fabbrica di San Pietro. Voluta dal Pontefice Clemente IX nel 1672, la cappella si configura come un vero e proprio altare, preceduto da due angeli inginocchiati che introducono verso l’interno su cui troneggia il tabernacolo; quest’ultimo, alto circa quattro metri e realizzato interamente in bronzo dorato e lapislazzuli, riprende la forma del Tempietto di San Pietro in Montorio del Bramante e si configura come la Gerusalemme Celeste. Ma oltre a essere un capolavoro di oreficeria e arti applicate, quel tabernacolo ci conduce per mano alla scoperta di un mondo affascinante per quanto sconosciuto, quello delle donne che costruirono San Pietro. Il tabernacolo infatti fu realizzato quasi interamente da Francesca Bresciani, figlia d’arte e massima esperta e tagliatrice di lapislazzuli sulla scena romana. Bernini la scelse dopo una regolare gara d’appalto perché superiore agli altri, non perché congiunta
di un “sanpietrino” defunto. La Fabbrica di San Pietro, infatti, dal XVI secolo in poi attuò una politica di welfare di vera avanguardia, che prevedeva l’assunzione di mogli o figlie di “sanpietrini” defunti o resi inabili per infortuni in cantiere, donne che subentravano ai congiunti operai, artisti o tecnici per mantenere la famiglia. Non solo, in San Pietro si registravano i salari più alti d’Europa, erano previste ferie retribuite, giorni di malattia pagati, oltre a premi di rendimento che incentivavano a un lavoro migliore. Fu in questo contesto che trovarono impiego centinaia di donne, dando un apporto fondamentale alla costruzione della Basilica: vetrare come Giovanna Jafrate, ferrare come le sorelle Palombi, cristallare, indoratrici o capatrici di smalto, ovvero quelle figure che seguivano la progressiva demolizione della vecchia chiesa di Costantino cercando di recuperare le tessere dei mosaici che si potevano reimpiegare. Donne che lavoravano duramente proprio come Francesca Bresciani, che quando si vide diminuire drasticamente il compenso da Bernini (non a caso definito il “padrone del mondo”!) non esitò a mettere in piedi una vera battaglia sindacale inviando lettere di protesta persino al Pontefice, fino a quando Bernini dovette cedere restituendo gli arretrati! Un primo passo su una lunga, lunghissima, strada...
CURIOSITÀ Definito da Plinio il Vecchio “frammento della volta stellata del cielo”, il lapislazzuli è una pietra originaria dell’Afghanistan. Utilizzata per la prima volta nel V millennio a.C. nelle tombe dei Faraoni, è sempre stata considerata l’eccellenza e il suo costo equivalente a quello dell’oro.
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LIBRI Davide Mura
Guida al benessere per lui Lucilla Titta è biologa nutrizionista, ricercatrice all’Istituto europeo di oncologia di Milano. Poiché i clienti del suo studio sono sempre più uomini, ha pensato di offrire in questo libro una serie di indicazioni alimentari per contrastare le più comuni patologie che colpiscono proprio il mondo maschile, con alcune specificità legate ad esempio alle professioni svolte e agli stili di vita. Il saggio non tralascia consigli molto pratici, come ad esempio quelli per una cena al ristorante o per gli acquisti al supermercato. La dieta del maschio, Lucilla Titta, Rizzoli, pagg. 256, 18.
Il vademecum di Friedman Giornalista pluripremiato e divulgatore, Alan Friedman firma un saggio sull’economia italiana che si rivolge ai non addetti ai lavori per rispondere ad alcune domande che molti si pongono senza trovare risposte convincenti. I dieci punti chiave per capire le condizioni in cui versa il nostro Paese spaziano dal debito pubblico al mercato del lavoro ingessato, per toccare poi temi spinosi come le tasse e le pensioni, senza trascurare naturalmente la classe politica. Dieci cose da sapere sull’economia italiana prima che sia troppo tardi, Alan Friedman, Newton Compton, pagg. 256, 10.
dall’ESTERO
L’amico di un mio amico... mi ha trovato un lavoro!
libri
Tra le skill più importanti che andrebbero insegnate a scuola, sostiene David Burkus, docente di management e divulgatore, non ci dovrebbe essere solo la capacità di farsi nuovi amici, ma di mantenerli. L’uomo è un animale sociale e mai come in questa epoca di contatti virtuali su Facebook ha bisogno di riscoprire i rapporti umani, costruire e sviluppare una rete di relazioni in grado di proteggerlo. L’obiettivo non è solo uscire per un drink, ma far sì che da questo drink si possano recuperare informazioni e soprattutto nuovi contatti e relazioni, in un processo potenzialmente senza fine. Dai tempi dei bestseller di Dale Carnegie sembra che poco sia cambiato, ma certi insegnamenti acquistano un nuovo significato se si pensa che interessarci a chi è già accanto a noi e condividere quello che sappiamo ci può aprire molte porte. Il punto di forza di questo saggio molto pratico e fresco di stampa negli Stati Uniti è nella costruzione del cosiddetto “network secondario”, ovvero nella capacità di cogliere i vantaggi della rete già esistente che ciascuno di noi possiede. Sì, perché l’idea supportata da numerosi esempi è come attraverso il meccanismo della raccomandazione/intermediazione di una persona di fiducia, come può essere appunto un nostro amico, si riesca ad arrivare ad altre persone magari lontane dal nostro mondo, ma a loro volta miniere di contatti e informazioni. L’approccio è diverso rispetto a chi consiglia in mille modi di mirare a sconosciuti, molto spesso indifferenti nei nostri confronti. La regola sempre valida è che questa abilità e apertura verso i contatti già in essere non deve essere scatenata da un evento improvviso, ma va mantenuta costante, come una zuppa sempre calda su un fornello perennemente acceso. Non ci sono scuse: perfino chi è troppo impegnato col proprio lavoro “deve” ritagliarsi del tempo per la vita sociale e le relazioni, rifuggendo l’unico vero problema ancor più grave della perdita del lavoro: l’isolamento. Il libro è ricco di dati, ricerche e aneddoti in stile TED Talk e può essere utilmente consultato insieme alla popolare serie di podcast online su davidburkus.com. Friend of a friend: understanding the hidden networks that can transform your life and your career, David Burkus, Houghton Mifflin Harcourt, pagg. 256, $ 16,20.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
LA REGOLA BENEDETTINA E IL MANAGEMENT Ho sempre nutrito una certa diffidenza verso gli accostamenti tra grandi personaggi della storia e il management: Napoleone per il business, Machiavelli e la strategia, Gandhi e la gestione delle persone... Titoli che riempiono gli scaffali di management e che fanno riflettere: come si comporterebbe Napoleone di fronte alla complessità della digital transformation o alla rivisitazione della supply chain? Machiavelli riuscirebbe a capire quali sono i target strategici da colpire per il lancio sul mercato di un nuovo prodotto b2c? E ancora, Gandhi cosa ci insegnerebbe sul tema delle relazioni industriali o del change management? Certo, direte voi, l’approccio deve essere metaforico, un’astrazione che possa attingere saggezza e insegnamenti dai grandi della storia. Però, spesso, questi tentativi sono forzati e si fa fatica a coglierne la vera utilità. Con lo stesso approccio critico ho iniziato la lettura di Amministrare con sapienza. Regola di San Benedetto e management (Maria Cristina Bombelli, GueriniNEXT editore, 175 pagine). Come è possibile confrontare il mondo delle organizzazioni aziendali e quello di un monastero benedettino arroccato sulla montagna di Montserrat in Spagna? In realtà, guardando a precedenti pubblicazioni, di libri che accostano regola benedettina e mondo manageriale ne sono stati scritti diversi. Citiamo ad esempio L’organizzazione perfetta. La regola di San Benedetto. Una saggezza antica al servizio dell’impresa moderna (di Massimo Folador, GueriniNEXT editore) oppure Ora et labora. La regola
benedettina applicata alla strategia d’impresa e al lavoro manageriale (di Paolo Bianchi, Xenia editore). Possiamo affermare quindi che il “Prologo” insieme ai settantatre “capitoli” che costituiscono la Regola dell’Ordine di San Benedetto (o Regola benedettina) sono ancora oggi fonte di ispirazione, nonostante San Benedetto da Norcia le abbia scritte nel 534 d.C. Questo libro di Maria Cristina Bombelli contestualizza ulteriormente l’ambito di applicazione della Regola e la cala nella gestione quotidiana, amministrativa, gestionale di un convento. Convento che gestisce attività liturgiche, formative, iniziative editoriali e l’organizzazione di convegni. Di fatto quindi una pmi e, come tale, sottoposta a simili problematiche organizzative e gestionali. Diversi i temi trattati in questo libro, dove si parla di leadership, obbedienza, gestione delle persone e del potere. Interessante come viene affrontato il passaggio di ruolo: la promozione ad abate. Un ruolo manageriale con responsabilità crescenti che sottopongono l’individuo di fresca nomina ad affrontare nuove difficoltà, ostilità e incertezze che scatenano riflessioni sulla propria capacità di essere all’altezza della nuova sfida. Istruttivo leggere cosa la Regola prescrive a chi assume il ruolo di “capo”. Prescrizioni utili anche a un neomanager, che così come “un abate degno di governare il monastero deve sempre ricordarsi del titolo con cui viene chiamato e confermare con i fatti il suo nome di superiore”.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Il contratto di collaborazione
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Percepisco la pensione di anzianità da parte dell’Inps e ho ricevuto una proposta di lavoro da un’azienda con cui avevo collaborato in passato. È ancora possibile sottoscrivere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa? R.C. - Bergamo
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Il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sul riordino delle tipologie contrattuali, nell’abrogare il contratto a progetto ha delineato i contorni di una nuova forma contrattuale definita “collaborazione organizzata dal committente” (è scomparso il termine “coordinata”), prevedendo l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretizzano in “prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (le cosiddette collaborazioni etero-organizzate)”. A seguito di tale intervento, i contratti di collaborazione possono continuare ad essere stipulati sotto forma di contratto di lavoro parasubordinato, ma dopo attente valutazioni, poiché risulta spesso arduo individuare il discrimine tra etero-organizzazione (che fa scattare la subordinazione) e coordinamento (compatibile con l’autonomia). Ad esempio, la presenza del collaboratore con regolarità in azienda, o anche solo la necessità di eseguire la prestazione secondo precise cadenze temporali, potrebbero essere considerate forme di organizzazione imposte dal committente, come tali sufficienti ai fini dell’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato. Maggiore chiarezza è intervenuta a seguito dell’entrata in vigore del Jobs act degli autonomi – legge 22 maggio 2017, n. 81 – che ha
riscritto l’art. 409 del codice di procedura civile e che, con riferimento ai “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato” ha precisato che “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”. Il legislatore offre così una definizione di coordinamento compatibile con la natura autonoma del rapporto: il collaboratore organizza autonomamente la propria attività ma può essere tenuto, senza pregiudizio per la natura autonoma del rapporto, a rispettare modalità di coordinamento stabilite di comune accordo tra le parti, l’importante è che non siano imposte dal committente. La riconduzione alla disciplina del lavoro subordinato dei contratti di collaborazione privi dei requisiti previsti dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, è invece esclusa in caso di: a) collaborazioni per le quali i ccnl prevedono discipline specifiche sul trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore; b) collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali; c) attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni; d) prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche; e) contratti in essere con le pubbliche amministrazioni alle quali è fatto divieto di stipulare nuovi contratti di collaborazione a decorrere dal 1° gennaio 2017.
SCHIERIAMO
SEMPRE LA FORMAZIONE MIGLIORE
Inserto mensile di Dirigente n. 5 / 2018
a cura di Thomas Bialas
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #44 02/ PRODUTTIVITÀ: ROBA DA ROBOT 04/ CHI LAVORA NEL 2020 06/ ARTIFICIALE? MA ANCHE NO
Self driven future Futuro a guida autonoma Il futuro si guida da solo senza l’intervento umano. Suona strano ma non è strano. Non futurologi, non politici, non scienziati, non filosofi, non manager ma macchine plasmano (e decidono) il nostro futuro. Mica domani, ma già oggi. Alcuni esempi sparsi. Prendere appunti all’università: un’app che registra e sintetizza la lezione, ci riduce a un mero passacarte di pensieri o, meglio, quello che in futuro ricordo e reputo importante lo decide la macchina. Online
dating: chi determina il mio futuro partner ideale è la macchina con il suo matching. Scelte esistenziali: in un futuro non troppo lontano chiederemo agli assistenti vocali e digitali (per esempio Amazon Echo) “Alexa cosa mi consiglia di fare dopo la maturità? Studiare? Lavorare? Sposarmi?”. Salute: quali malattie sono in agguato e quali cure sono adeguate lo decideranno supercomputer cognitivi come Watson Health. Per non parlare in ambito aziendale dei chatbot che
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organizzano l’agenda del manager (quindi il lavoro futuro) e della tirannia dei big data, in particolare l’analisi predittiva, fino ad arrivare al people analytics con software di selezione del personale che decidono chi assumere in futuro. Morale: per la prima volta nella storia il futuro non viene più sognato, immaginato, progettato e realizzato da menti umane bensì meccaniche. Prossimo step: la divinazione artificiale come nuovo rituale per predire e dominare il futuro. Auguri.
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––Future signals Segnali e trend in pillole ––Future partnership Piccole e medie innovazioni
SCARICA LA PRESENTAZIONE: COLLABORATION BETWEEN STARTUPS AND MID-SIZED COMPANIES LEARN. MATCH. PARTNER. https://tinyurl.com/y9chc4gt
Metti una sera a cena una startup con una media impresa. Per imparare, scambiare e collaborare. Un recente studio tedesco di Alexander von Humboldt Institute for Internet and Society (di cui potete scaricare la presentazione nel link a fianco) mette in evidenza le difficoltà, ma anche le opportunità, di dialogo fra media impresa e startup. Ovvero: quali sono i più indicati modelli di cooperazione che producono vantaggi per entrambi? Le grandi imprese spesso sanno come “sfruttare” le piccole startup, le medie spesso no, non avendo di norma delle unità interne dedicate all’innovazione e alla sperimentazione. Ben venga allora questo studio che mette in risalto il modello “impara, abbina, collabora”.
––Future productivity Roba da robot Il futuro non è per niente umano, ma è per molto robotizzato. Niente umano: 33mila persone licenziate da Toys “R” US, che negli Stati Uniti ha avviato la procedura di bancarotta e la chiusura di circa 800 negozi. Tutti puntano il dito contro il solito e-commerce, ma la verità è un’altra. Oggi si sopravvive (e anche bene) nel retail fisico con offerte non anonime (e la plastica “mass market” di Toys “R” US non brillava proprio per originalità e servizio). Il fordismo, insomma, funziona bene solo nella versione digitale online. Molto robotizzato: sostituire tutti gli esseri umani che lavorano alla rifinitura dei jeans con robot entro il 2020, questa la sfida-minaccia di Levi’s. Motivi? I soliti. L’essere umano è troppo lento (il robot impiega 90 secondi netti per la finitura del jeans, l’umano invece ben 8 minuti) e alla fine costa di più. Resta il solito dubbio: chi compra la merce in futuro?
https://tinyurl.com/y88hdnwu
https://tinyurl.com/yau4v4b5 https://tinyurl.com/y9y5q5ub
DIRIGIBILE #44
––Future space Quello privato sarà pubblico
https://tinyurl.com/ycsdfhwe https://tinyurl.com/ycbh5lmb https://tinyurl.com/y7o97965
Lo spazio pubblico diventa sempre più privato ma anche sempre più aperto al pubblico. Vogliamo chiamarla innovazione sociale o più semplicemente consapevolezza dei privati che il settore pubblico annaspa? Quello che vediamo all’orizzonte è una maggiore diffusione dei cosiddetti POPOS (privately owned public open spaces) realizzati non solo per altruismo, ma per rivitalizzare la vita e l’economia locale. Uno degli esempi giustamente citati come virtuoso è la trasformazione di King’s Cross a Londra con lo splendido Granary Square, uno spazio con wifi gratuito e zone di convivenza a cui tutti possono accedere. All’ingresso un cartello invita gli ospiti: “Please enjoy this private estate considerately”. Un nuovo ex quartiere abbandonato ora vivo, moderno, ricco di negozi, ristoranti e luoghi di ritrovo con tanto di nuovo quartier generale per l’Europa di Google. È un trend in atto: Nike, Daimler e Apple (vedi a Milano in Piazza Liberty) si appropriano di piazze per creare Urban entertainment center. Non sbagliato contro il degrado e per la reputazione attiva.
––Future food Mmmh, buono questo computer Parola del MIT Media Lab: «Build a food computer». Non per mangiarlo ma per farci mangiare meglio. Dove il meglio sta per più produttivo (più o meno). Sulle pagine del Dirigibile avevamo già parlato della digitalizzazione dell’agricoltura, quella, insomma, urbana e verticale di precisione tendenzialmente automatizzata in ogni aspetto. Riguardava però principalmente i grandi operatori e le grandi superfici. L’iniziativa Open Agriculture (OpenAg) del MIT intende invece supportare le micro produzioni agricole tanto da parlare di un personal food computer per un vertical farming di uso quasi domestico. Il prototipo costa circa 1.000 dollari, con l’obiettivo di portarlo a 500. Come un iPad di fascia bassa.
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––Future Work Scenari a confronto Lavoreremo di più? Lavoreremo di meno? Non lavoreremo affatto? Gli scenari sono spesso discordanti, ma concordano su un fatto: chi lavorerà lo farà in modo molto diverso.
––Lavoro 2020 Il futuro in un decalogo
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1) Superfici interattive rimpiazzano negli uffici le classiche postazioni con i computer. 2) Spazi aperti e di co-working eliminano la quasi totalità degli uffici singoli. 3) La produzione additiva si fonde con tecnologia convenzionale come fresatura e fusione. 4) Sistemi di riconoscimento biometrico mandano in soffitta l’uso delle password. 5) La digitalizzazione alimenta l’esternalizzazione di sempre più fasi di lavoro. 6) Il crowd-engineering si afferma
come metodo per sfruttare “l’intelligenza collettiva” degli sviluppatori. 7) L’interfaccia neurale inizia a mostrare i primi progressi nella comunicazione diretta fra mente umana e macchina. 8) La gestione a progetto dissolve gli ultimi residui della gestione gerarchica. 9) Reale e virtuale si fondono, nei prodotti e servizi, in un unico sistema percettivo. 10) L’automazione cognitiva invade ogni ambito dell’economia e società.
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––Lavoro 2020 Il futuro secondo i tedeschi Beh, non di tutti ma di alcuni (tanti) che lavorano al Fraunhofer, la più grande organizzazione di ricerca applicata in Europa. Andando a spulciare nel fin troppo ampio repertorio dei lavori di ricerca e innovazione in corso, per supportare il nuovo mondo del lavoro, si trova un po’ di tutto. Dagli spazi di lavoro (e arredi) sempre più flessibili e trasformisti, che consentono sia di socializzare e collaborare, sia di isolarsi e concentrarsi sulle tecnologie che trasformano ogni superficie in un “device” interattivo e ogni oggetto o persona in un ologramma, fino ad arrivare alla solita interfaccia cervello-computer del progetto Neurolab. Anche per loro il lavoro diventerà sempre più smart working e Work-Life-Blending, liberando tutti dal vecchio diktat delle otto ore, ma anche costringendo i cosiddetti click-und crowd worker (economia delle piattaforme) a un precariato a tempo, infinitamente determinato. Per chi ha tempo, i link selezionati all’interno della galassia Fraunhofer offrono una buona panoramica sull’impatto di alcune tecnologie in ambito lavorativo e organizzativo.
Un invito invitante e quasi rassicurante capeggia sulla copertina dello scenario ISS 2020 Vision: “Fai quello che ami”. Fosse così facile! Comunque sia il sesto (e conclusivo) libro bianco sul futuro del lavoro fatto a più mani dal Copenhagen Institute for Futures Studies e la società di consulenza ISS World Services, è una carrellata dei cambiamenti in atto nel mondo del lavoro che riprende “il meglio” dei cinque scenari precedenti con le dovute conclusioni finali. “The workplace is no longer viewed as the epicentre of an organization” avverte lo studio. Giusto. Il lavoro del futuro è un ecosistema olistico che, anziché ridurre, amplia e apre a tutti i luoghi di collaborazione (compreso i clienti). Da leggere? Certo, ma velocemente, trattandosi sì di un buon lavoro, ma per i miei gusti un pelino troppo compilativo (stato dell’arte) e troppo poco visionario (anche se vision appare nel titolo). Our work methods range from statistically based analyses and the identification of global trends to classifying the more inferential, subjective and emotional factors of the future. The Institute’s work is interdisciplinary and the staff represents various fields of academic and professional competencies, including economics, political science, ethnography, psychology, public relations and sociology. For more information, visit www.cifs.dk/en
ISS World Services A/S The ISS Group was founded in Copenhagen in 1901 and has grown to become one of the world’s leading Facility Services companies. ISS offers a wide range of services such as: Cleaning, Catering, Security, Property and Support Services as well as Facility and Workplace Management. Global revenue amounted to around DKK 80 billion in 2016 and ISS has around 500,000 employees and local operations in more than 50 countries across Europe, Asia, North America, Latin America and Pacific, serving thousands of both public and private sector customers.
Every day, ISS employees create value by working as integrated members of our clients’ organizations. A key component of the ISS People & Culture strategy is to develop capable employees in all functions. Team spirit and self-governance are encouraged, as is voluntary participation in additional training and multidisciplinary workflows. Besides developing our employees, ISS ensures compliance with Health, Safety and Environment (HSE) regulations. We demonstrate our social and ethical commitment through the ISS Code of Conduct, our membership in the UN Global Compact and by honouring the principles laid down in the Union Network International (UNI) agreement. For more information on the ISS Group, visit www.issworld.com
ISS 2020 Vision − Future of Work, Workforce and Workplace
Copenhagen Institute for Futures Studies (CIFS) The Copenhagen Institute for Futures Studies (CIFS) supports better decision making by contributing knowledge and inspiration. CIFS’ objective is to advise public and private organizations by raising awareness of the future and emphasizing its importance to the present. CIFS identifies, analyzes and explains the trends that influence the future through research, seminars, presentations, reports and newsletters.
White Book
––Lavoro 2020 Il futuro secondo i danesi
SCARICA: FUTURE OF WORK WHITE BOOK https://tinyurl.com/ybnmc3ry
ISS 2020 Vision Future of Work, Workforce and Workplace Capstone White Book The FM and CRE industries is undergoing a revolution. Over five ISS 2020 Vision white books, ISS and the Copenhagen Institute for Futures Studies (CIFS) have described the dynamics shaping the industries and their development. We have done this using valuable insights from IFMA and CoreNet members as well as dozens of subject-matter experts from the fields of FM, CRE, architecture, outsourcing service and workplace design. The ISS 2020 Vision - Future of Work, Workforce and Workplace, capstone white book is the sixth and final book, in the ISS 2020 series. This book expands on the scope of the previous five white books and focuses on, how the workplace combined with human-centric service approach can provide a holistic workplace experience, where the workforce can be productive and drive gains in business performance.
Do what you love White Book
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––Future intelligence Artificiale? Ma anche no Fabbrica, taxi o cane. Purché sia “intelligenza meccanica”. E se stessimo completamente sopravvalutando la questione?
––Ancora tu Ma non dovevamo vederci più? Lo so, parlo fin troppo (male) della presunta intelligenza artificiale. Ma sono seriamente preoccupato che questo tarlo si insinui nella mente di manager e imprese a mo’ della terribile neolingua immaginata e narrata da Orwell per il suo libro 1984. Una lingua artificiale che nel romanzo rende impossibile ogni forma di pensiero non conforme o eretica. Bene: ogni giorno apro i giornali (cartacei o digitali) e vengo assalito dall’assioma “ogni nuovo atto meccanico è intelligenza artificiale” (anche un robot che cuce jeans). Dalla guida autonoma all’industria 4.0 tutto pare ruotare intorno alla profondità dell’apprendimento artificiale. A dirla tutta il deep learning (vera reason why dell’AI) altro non è che un metodo statistico per verificare e collegare dati per i modelli ricorrenti. Gli euforici vendono l’idea di un’imminente precisione cognitiva delle macchine, gli scettici (e non intendo gli apocalittici stile Elon Musk ma ricercatori seri), pur riconoscendo il potenziale, temono il diffondersi di un wishful thinking laddove il thinking (artificiale) è assente. Uno di questi è Gary Marcus, che insegna e mastica neuroscienze cognitive alla New York University. Da leggere.
––Future intelligence /1 Profondo fordismo Con il deep learning tanti problemi possono essere risolti in modo molto affidabile. A una condizione però: che il punto di partenza sia estremamente chiaro (standardizzato mi verrebbe da dire) e che sia altrettanto chiaro il risultato desiderato. Questo il parere di Andrew Ng, professore di Stanford e soprattutto responsabile di Google Brain, il deep learning artificial intelligence research team di Google. Detto diversamente: la cosiddetta intelligenza artificiale ha bisogno di un ambiente “confortevolmente” strutturato (stile catena di montaggio fordista). In situazioni destrutturate (incasinate come solo la vita sa essere) l’AI si perde. Non perdiamolo di vista.
DIRIGIBILE #44
––Future intelligence /2 La tartaruga è un fucile Andiamoci piano quando parliamo di intelligenza artificiale. “AI image recognition fooled by single pixel change”. Modifica in una foto un singolo pixel e la tartaruga viene scambiata per un fucile e il taxi per un cane. Questo il risultato di una ricerca condotta dai ricercatori giapponesi della Kyushu University, per mettere in evidenza errori d’interpretazione nei sistemi di deep learning. Nulla di grave, ma utile da sapere. De facto: pensare astratto, imparare dall’esperienza, trasferire ciò che è stato appreso in altri contesti e maneggiare in modo creativo conoscenze e dati risulta allo stato attuale impossibile per la macchina.
Classified as a rifle from every angle!
––Future intelligence /3 Sentirsi soli e incompresi Direbbe (forse) il filosofo Heidegger: “Tu non sai essere-nel-mondo e non sai comprendere neanche di cosa stiamo parlando. Comprendere come ci muoviamo nella quotidianità, comprendere come conviviamo con i nostri simili, comprendere come combiniamo il nostro cognitivo con l’empatia, le emozioni, le visioni, le sensazioni, l’apprendimento sociale, le paure e i desideri. No, non puoi comprendere e apprendere i fondamenti esistenziali dell’esistenza umana. Il tuo non è pensiero intensivo, ma solo analisi intensiva dei dati”. Come chiarisce David Ferrucci, che ha contribuito alla realizzazione di IBM Watson, il supercomputer cognitivo di fronte a “Leggi questa storia e riassumi ciò che vuole raccontarci”, che è, voglio dire, un semplice compito da terza elementare, si trova spiazzato e in difficoltà.
https://tinyurl.com/y8lpqyl9 https://grabitinc.com https://tinyurl.com/ya2dw2qq http://www.psych.nyu.edu/gary/ https://tinyurl.com/yburxhxz https://tinyurl.com/y7zqnc94
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FUTURETECH
INVENZIONI & INNOVAZIONI
LOCALIZZAZIONE FUTURA
tipo Blockchain, smart contracts, un protocollo che fa a meno di fonti centralizzate esterne come il GPS, coordinate spaziali crittografiche ed Ethereum, la nota piattaforma decentralizzata del web 3.0. Questo (e tanto altro ancora) promette di fare il team di Foam Space, una startup di New York che fa molto “Matrix” come mood. Teoricamente rivoluzionario per lo sfruttamento consensuale dei dati.
Altro che Google maps. Mappe personalizzate. Immagina di vedere sul tuo device mappe geospaziali che gli altri non possono vedere. Immagina di localizzare nello spazio dettagli che gli altri non possono localizzare. Immagina di condividere dati geospaziali che gli altri non possono condividere (gli altri sono tutti quelli che non fanno parte della tua rete). Infine, immagina che, magari, dietro a questo ci sia (verosimilmente) roba
GUMDROPLTD.COM
L’inglese Gumdrop Ldt lancia un sistema di raccolta e riciclaggio di gomme da masticare ricavando nuovi prodotti come stivali di gomma, cover per cellulari. https://www.youtube.com/watch?v=2rJI3gwKK9Y
EKOPLAZA.NL
Nasce Ekoplaza Lab, il primo supermercato completamente privo di plastica. Ad Amsterdam, giustamente nota per le sue concrete “avanguardie sostenibili”. https://www.youtube.com/watch?v=B5SommPlkus
https://www.foam.space https://tinyurl.com/ycnux2ww
LEGO.COM
Green toys. In vendita la nuova linea di giocattoli sostenibili della Lego realizzati in una nuova plastica di origine vegetale ricavata dalla canna da zucchero. https://www.youtube.com/watch?v=oHX1o3RQEIg
SOTERANALYTICS.COM
Il monitor indossabile SoterSpine, con app analitica, traccia i movimenti e avverte chi lo indossa di eventuali movimenti pericolosi. Obiettivo: ridurre gli infortuni. https://vimeo.com/233778734
KICKSTARTER.COM
Roba da startup per il makeup. Morror (non mirror) svolge la duplice funzione di specchio e assistente personale al trucco, con tanto di tutorial per la cura del viso. https://www.youtube.com/watch?v=siF_ouxi9ZQ
SMANAPP.COM/IT
Non nuovissima ma utile. SmanApp, l’applicazione che protegge le persone più esposte a rischi stradali, quali pedoni, ciclisti, lavoratori in strada e disabili. https://www.youtube.com/watch?v=Li3nRhND6Ak
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
LE ASSOCIAZIONI SI REGIONALIZZANO, ANCHE NEL NOME Nel corso delle assemblee territoriali il via al rebranding che inserirà nel logo al posto della città le regioni rappresentate. Un cambio di forma, per ribadire e rafforzare quello che è già sostanza
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anageritalia, l’organizzazione che da oltre 70 anni rappresenta i manager del terziario, è da sempre formata dalle sue associazioni dislocate sull’intero territorio nazionale, che tutte insieme danno vita alla Federazione. Una struttura sinergica che opera in piena logica di sussidiarietà lasciando alle prime il rapporto più diretto con i manager associati e la rappresentanza sul territorio e alla seconda la rappresentanza istituzionale e contrattuale a livello nazionale. Sino ad oggi 11 delle 13 associazioni (escluse Manageritalia Veneto e Manageritalia TrentinoAlto Adige) – operanti nei capoluoghi delle maggiori regioni e in altri 10 capoluoghi di provincia – erano storicamente deno-
minate con il nome della città che ospitava la sede principale. Per intenderci Manageritalia Milano per la Lombardia, Napoli per la Campania e Roma per Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria… Dopo la ratifica delle assemblee territoriali di maggio tutto cambia e il nome della o delle regioni rappresentate prende il posto della città. Un modo per annullare sui vasti territori quella distanza anche nella forma già da tempo colmata in termini di servizio e partecipazione grazie ad attività itineranti e all’online. Un modo per rendere ancora più riconoscibile a tutti gli stakeholder la nostra rappresentanza territoriale. Un modo per ampliare quell’apparte-
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MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
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nenza già forte alla propria associazione e all’organizzazione tutta. Perché in un mondo ormai globa-
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le il nostro obiettivo è essere e accompagnare i manager in qualsiasi dimensione geografica li chiamino le loro sfide profes-
sionali, senza dimenticare specificità ed esigenze che ognuno ha, partendo da quelle collegate al suo territorio.
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013-PP01-01-2017-09
CYBER RISK: COME PROTEGGERSI
ASSIDIR
È sempre più necessario prendere coscienza dei rischi legati ai sistemi informatici e ridurne i danni. Ecco perché Assidir, in collaborazione con Dual Italia, ha pensato a una polizza per combatterli
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a diffusione dell’informatica, negli ultimi 50 anni, e quella di telematica e internet, negli ultimi 25, hanno portato alla creazione di nuovi termini per indicare elementi fisici e virtuali ormai indispensabili per il funzionamento del mondo in cui viviamo. L’insieme di questi elementi ha consentito di creare degli strumenti e dei sistemi che utilizziamo senza più pensare a “cosa c’è dietro”. Dai più semplici programmi di scrittura ai più complessi sistemi di gestione aziendale o di riconoscimento, da quelli di prenotazione e pagamento alla gestione dei cosiddetti “social” o la telefonia
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mobile, è quasi impossibile rinunciare all’uso dei sistemi che prevedono l’interazione, “a distanza”, tra più dispositivi elettronici. In moltissimi casi, inoltre, le aziende che gestiscono i servizi, sia pubblici che privati, obbligano all’utilizzo degli strumenti telematici in sostituzione di quelli più tradizionali come la carta.
Attacchi dietro l’angolo Ovviamente, in un universo con un elevato livello di interconnessione tra i diversi sistemi, è molto facile che si possano creare problemi di sicurezza dei dati che risiedono in “memorie” che non sappiamo
nemmeno dove si trovino. Il recente caso Facebook sull’illecito dei dati ne è un esempio. Limitandoci a casi meno eclatanti, è pur vero che anche sui nostri semplici personal computer vengono normalmente installati i cosiddetti antivirus per difendersi dagli attacchi informatici a distanza, che potrebbero distruggere i nostri archivi o bloccarli richiedendoci il pagamento di una somma per renderli di nuovo utilizzabili. Se, allargando un poco l’orizzonte, passiamo dalla scala dell’informatica a uso personale a quello aziendale, ecco che i rischi si moltiplicano in maniera esponenziale e la salvaguardia dei dati diviene un vero e proprio problema. Se perdere le fotografie delle nostre ultime vacanze è certamente grave dal punto di vista sentimentale, ben diverso è perdere l’archivio storico dei clienti di un’azienda, quello tecnico o quello in cui sono riposti dati storici indispensabili per una corretta gestione, sia interna che verso l’esterno, dell’impresa. Per ultimo, ma non meno importante, il rischio di un guasto tecnico che renda inutilizzabili i nostri archivi elettronici. Ebbene, tutti questi rischi possono essere identificati con due parole, cyber risk, che possiamo cercare di tradurre come “rischio informatico”. Questo rischio possiede caratteristiche molto particolari e sta assumendo un’importanza sempre maggiore a fronte della continua crescita della digitalizzazione. Il rischio informatico appartiene alla categoria dei rischi operativi e si associa a una serie di conseguenze che possono avere effetti
traumatici per le aziende che ne sono colpite. Tra tutti basta ricordare le perdite economiche che possono essere causate dalla mancata disponibilità di integrazione delle informazioni e dalla mancata confidenzialità o integrità delle stesse, dalla mancata disponibilità dei sistemi informativi di proprietà o di enti terzi. Tutti questi rischi possono dipendere sia da eventi assolutamente involontari, sia da azioni deliberate a sottrarre, modificare o distruggere dei dati, talvolta anche “sensibili”, in modo fraudolento.
Come ridurre i rischi Cosa fare, allora, per ridurre al minimo i possibili danni che sono nell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari l’anno e incidono sensibilmente sul Pil dei paesi più sviluppati? Oltre a mettere in atto delle “policy” su trattamento e protezione delle informazioni, le aziende possono sottoscrivere delle apposite polizze che le compagnie assicuratrici hanno messo a loro disposizione. Se è normale che le assicurazioni contro i cyber risk non possono evitare che vengano compiuti attacchi informatici, è invece certo che possono aiutare le aziende che hanno subito incidenti di questo tipo a sopportare i danni che sono sopravvenuti. In altri termini sono previsti interventi per ridurre i costi connessi con i danni causati a terze parti per le quali l’azienda è civilmente responsabile. Per fare un esempio, i costi per il ripristino delle situazioni antecedenti l’attacco e
COSA OFFRE LA POLIZZA DUAL CYBER
Risarcimento verso terzi per responsabilità derivanti da violazione dei dispositivi di sicurezza e privacy, nonché il rimborso delle spese conseguenti a tale violazione per investigare, informare, monitorare le posizioni di credito e i costi e le spese legali conseguenti. Indennizzo (in forma specifica) delle spese sostenute per la gestione dell’emergenza, il recupero dei dati elettronici, la decontaminazione del sistema informatico, nonché il ripristino dei dati e del relativo accesso al sistema in presenza di minaccia che richieda il pagamento di un riscatto (estorsione cyber). Indennizzo (sotto forma di diaria) delle perdite che derivano dall’interruzione totale o parziale dell’attività; la diaria è prestata per un’interruzione massima complessiva di 180 giorni ed è calcolata per ciascun giorno di interruzione di esercizio totale o parziale. La diaria è stabilita in funzione del margine di contribuzione diviso 360. Indennizzo dei costi relativi alle spese necessarie per la tutela dell’immagine e della reputazione, nonché il risarcimento verso i terzi per responsabilità derivanti da attività multimediale. Indennizzo di importi illegalmente sottratti tramite trasferimento elettronico (cyber crime) conseguenti ad accesso o utilizzo non autorizzato ai conti bancari, nonché alterazione dei dati elettronici nel sistema informatico. Indennizzo dei costi conseguenti alla violazione del sistema Payment card industry-Data security standard.
CHE COSA ASSICURA LA POLIZZA DUAL CYBER Dual Cyber è una polizza a copertura dei rischi informatici che prevede sia il risarcimento verso terzi (per responsabilità derivanti da violazioni della normativa in materia di protezione dei dati personali o violazioni della sicurezza informatica), sia l’indennizzo dell’assicurato, con incluso un servizio di assistenza per una gestione tempestiva e specialistica dell’emergenza, in lingua italiana.
per la fornitura di conseguenti servizi addizionali, i costi legali, i costi per una corretta informazione e notifica alla clientela dei problemi avuti, i costi per le attività per ricostruire la reputazione dell’azienda come campagne informative e pubblicitarie. Con la diffusione della digitalizzazione arriveremo in tempi brevi, pur senza l’obbligatorietà, a una situazione simile a quella che si presenta per l’utilizzo dell’autovettura: prima di metterci alla guida di un sistema informativo nessuno farà a meno della copertura assicurativa.
con Dual Italia, una polizza a copertura dei rischi informatici che prevede sia il risarcimento verso terzi (per responsabilità derivanti da violazioni della normativa in materia di protezione dei dati personali o violazioni della sicurezza informatica), sia l’indennizzo dell’assicurato. La polizza include anche un servizio di assistenza per una gestione tempestiva e specialistica dell’emergenza. Dual Cyber è destinata a tutte le società che esercitano in ambito produttivo, commerciale o dei servizi, e ai professionisti.
La polizza Dual Cyber Assidir, nel suo programma di assistenza per gli associati Manageritalia e le aziende in cui operano, offre, in collaborazione
Per informazioni contattare ASSIDIR
tel. 02 20203.1 – fax 02 29523022 email info@assidir.it
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SCUOLA DI MANAGEMENT ANCE
AMMINISTRAZIONE TAX&FIN
MARKETING E VENDITE
tori à di amministra La responsabilit e imprenditori nale profili di rischio pe Come analizzare i impresa di ità anti dall’attiv e patrimoniale deriv lano 10 luglio Roma 5 giugno - Mi
C’è chi dice no… c’è chi si fa dire sì! Chiudere l’incontro con un «sì», che all a fine è quello che conta ! Milano 5 giugno - Bo logna 14 giugno Win the deal: ad vanced sales negotiations Strategie e tecniche di negoziazione pe r creare valore nella vendita di soluzioni Milano 23 maggio Cagliari 24 maggio Brescia 7 giugno - Ro ma 3 luglio
ziaria La gestione finan anager m l cia an fin for non ziari con gli aspetti finan Come familiarizzare resa della gestione d’imp o 27 giugno lan Roma 18 giugno - Mi
CFMT
menti e gestione Verifiche, accerta del rischio fiscale strumenti di difesa Prassi accertativa e ma 18 luglio Milano 16 luglio - Ro
KPI: misurare e controllare le prestazioni de lle vendite Per prendere decis ioni oggettive e tem pestive in tempi brevi Roma 29 maggio - Mi lano 17 luglio
LEADERSHIP & PEOPLE MANAGEMENT Engagement! Impegno, commitment e amore per il lavoro ai tempi delle social org anization Padova 6 giugno - Roma 9 luglio Talk like TED Come agganciare l’audie nce e diventare relatori ispirazionali Milano 21 maggio - Bologn a 24 maggio Bolzano 25 maggio - Rom a 12 giugno
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STRATEGIA E ORGANIZZAZIO
l’azione Dalla strategia al ategia in risultati str la Per trasformare Bolzano 2 ottobre Milano 30 maggio -
Mindstrength Allenare il cer vello a lav orare bene in situazioni difficili Udine 31 maggio - Bologn a 5 ottobre
SEGRETERIA CORSI:
MILANO
Luigia Vendola lvendola@cfmt.it, 02 54063137
ence, analytics Business intellig e big data a servizio Oracoli informatici dell’azienda Genova 11 luglio Milano 22 maggio c) odel canvas (Om Organization m llo de mo proprio Come potenziare il o tiv organizza Roma 20 giugno Milano 24 maggio -
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ROMA
Lucia Canullo lcanullo@cfmt.it, 06 5043053
La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.
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DRIVING CHANGE Il gioco di squadra tra generi e generazioni per innovare i modelli competitivi
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riving Change è un gioco di parole a metà tra il linguaggio golfistico e quello d’impresa, sarà il campo pratica nel quale sperimentare spunti per guidare il cambiamento. Il golf, oltre a essere uno sport individuale e allo stesso tempo avere in sé un alto tasso di socialità, è una forma mentis vicina a quanto vivono quotidianamente manager e imprenditori. Sul campo da golf e nelle club house si gioca ma non solo: ci si confronta, si ragiona sugli stili di management e si costruiscono stra-
ordinarie occasioni di business. Così come l’impresa ha sempre più bisogno di un management di qualità, così il management quello di imprenditorializzare le sue logiche di azione. Questo processo ormai in atto ha bisogno di un “campo pratica” sul quale confrontarsi con modalità nuove e suggestive, alla ricerca di fonti di ispirazione capaci di alimentare il pensiero e innovare la cultura aziendale. Driving Change 2018 vuole affrontare il tema dell’intergenera-
zionalità da una prospettiva ampia: la strada è quella dello scambio e dell’integrazione tra le generazioni all’interno del mondo delle organizzazioni. Al momento della riflessione seguirà il momento del gioco, con qualche idea ed esperienza in più.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI: Lucia Canullo email: lcanullo@cfmt.it tel.: 06 5043053
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PROGRAMMA 10-12 12-13 13,30-18
Interviste condotte da Carlo Romanelli, fondatore e presidente di Net Working Brunch Gara di golf a squadre (shot gun) per i golfisti e attività e gioco a squadre per i neofiti, con l’assistenza di un pool di maestri di golf e di un team di formatori 11 giugno a Roma – Circolo del Golf Roma Acquasanta
La rivoluzione nel gioco di squadra tra generi e generazioni Maria Cristina Bombelli Fondatrice e presidente di Wise Growth È stata professore presso l’Università di Milano Bicocca e per anni della Scuola di direzione aziendale dell’Università Bocconi. Ha fondato, presso la Sda Bocconi, il laboratorio Armonia, un centro di ricerca sul diversity management sostenuto da un network di imprese. Pubblicista e autrice di numerosi articoli sui temi del comportamento organizzativo e della gestione delle diversità, ha pubblicato numerosi libri. Massimo Barbolini Allenatore di volley femminile di fama internazionale Ex allenatore della nazionale italiana con la quale ha vinto 2 campionati europei, 2 coppe del mondo e una Grand champions cup, oltre a 5 campionati Italiani, 7 Coppe Italia, 3 Champions league e diversi altri trofei con le squadre di club. Ora è alla guida del team Agil di Novara.
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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, cura l’inserto Dirigibile ed è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt. (67) Giuliano Cazzola è esperto ed editorialista in tema di lavoro, previdenza e welfare. Ha svolto funzioni di responsabilità negli enti previdenziali e nell’ambito dell’Unione europea. È stato deputato del PdL nella XVI legislatura e vicepresidente della commissione Lavoro, nonché componente della commissione di Vigilanza sugli enti previdenziali. È commendatore al merito della Repubblica Italiana. (24)
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza. (61) Claudio Cosetti è partner Barabino & Partners e Cfmt. Con una laurea in economia e commercio e un Mba alla Sda Bocconi, è attivo nella comunicazione corporate ed economico-finanziaria assistendo società, istituzioni finanziarie, studi legali e multinazionali nella definizione e implementazione di strategie di posizionamento e comunicazione sul mercato italiano. È inoltre partner Cfmt. (48)
Cosimo Finzi è amministratore delegato di AstraRicerche, società leader nelle indagini sociali e negli scenari di mercato. (16) Matteo Gallina è data manager in JobValue | JobPricing, società di consulenza aziendale in ambito total reward (analisi e politiche retributive, benchmarking, budgeting e cost-controlling). (36) Malcolm Gladwell è giornalista, sociologo e autore di bestseller. Parteciperà come speaker al Wobi di Milano 2018. (44) Sergio Lombardi è dottore commercialista, revisore legale autorizzato alle attività di consulenza del lavoro, già componente della commissione Diritto del lavoro dell’Ordine dei dottori commercialisti di Roma. È autore di numerosi articoli in quotidiani economici e riviste specializzate. www.sergiolombardi.net/; info@sergiolombardi.net. (6)
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. (63) Francesca Manco è senior consultant Barabino & Partners. Dopo una laurea in filosofia raggiunge
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
B&P nel 2008 per occuparsi di comunicazione corporate, brand ed economico-finanziaria per multinazionali di diversi settori, aziende italiane, studi legali. È inoltre partner Cfmt. (48)
Editore: Manageritalia Servizi srl
Chris McChesney è global practice, leader of execution presso Franklin Covey Organization. (46) Rolando Polli è fondatore e amministratore unico di IG Partners, ha contribuito alla creazione dell’in-
Coordinamento: Roberta Roncelli
vestors Club Atmos, dove tramite IGP Ambiente, di cui è presidente, ha investito nel settore delle rinnovabili. Nel 2007 ha fondato Ambienta SGR e nel 2008 Ambienta I, fondo ambientale europeo di cui è socio, membro del cda e del comitato investimenti. (54)
Mariuccia Rossini, dopo la laurea in medicina e chirurgia, inizia la sua carriera occupandosi, prima per Europe Assistance, poi per Filo Diretto, della creazione di un network italiano di cliniche convenzionate. Nel 1995 crea il Gruppo Segesta, acquisito nel 2007 da Gruppo Korian, azienda leader nell’offerta di servizi per l’invecchiamento di qualità. (20)
Francesca Spinosi è project manager per l’Intelligence energy agency di Malta e research analyst di IG Partners. Si occupa dell’analisi dell’andamento delle maggiori società quotate sulle borse europee attive nei settori delle energie rinnovabili ed efficienza energetica e svolge attività di ricerca sui temi dell’ambiente e del cambiamento climatico. (54)
Fabrizio Valente è partner fondatore di Kiki Lab - Ebeltoft Italy, società specializzata nel retail a 360°, Opera con attività di consulenza, ricerche e formazione per retailer e IdM di vari settori, posizionamenti e dimensioni, membro italiano del consorzio Ebeltoft Group, che oggi raggruppa 23 società e opera in tutto il mondo. È inoltre partner Cfmt. (28)
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da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale. Carla Panizza, responsabile centro studi.
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Direttore responsabile: Guido Carella
Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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La diffusione di maggio 2018 è di 35.425 copie